ORDINANZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

1° ottobre 2010 (*)

«Art. 104, n. 3, del regolamento di procedura – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato – Contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico – Successione di contratti – Abuso – Misure di prevenzione – Sanzioni – Trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato – Divieto – Risarcimento del danno – Principi di equivalenza e di effettività»

Nel procedimento C‑3/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunale di Rossano con decisione 21 dicembre 2009, pervenuta in cancelleria il 22 dicembre 2009, nella causa

Franco Affatato

contro

Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta dalla sig.ra P. Lindh, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh (relatore) e A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: sig. N. Jääskinen

cancelliere: sig. R. Grass

intendendo statuire con ordinanza motivata in conformità agli artt. 92, n. 1, 103, n. 1, e 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura,

sentito l’avvocato generale,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle clausole 2‑5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, siglato il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che compare in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43), nonché del principio della parità di trattamento.

2        Questa domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Affatato e il suo datore di lavoro, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, in merito alla qualificazione dei contratti di lavoro che vincolavano l’attore a quest’ultima e al mancato rinnovo dell’ultimo contratto del sig. Affatato.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        La direttiva 1999/70 si fonda sull’art. 139, n. 2, CE e mira, ai sensi del suo art. 1, ad «attuare l’accordo quadro (…), che figura nell’allegato, concluso (…) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, UNICE, CEEP)».

4        Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro,

«[l]’obiettivo del presente accordo quadro è:

a)      migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b)      creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

5        La clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro così dispone:

«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

6        La clausola 3 del medesimo accordo quadro così recita:

«Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

(…)».

7        La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro dispone quanto segue:

«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».

8        La clausola 5 dell’accordo quadro così recita:

«1.      Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)      devono essere considerati “successivi”;

b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

9        A norma dell’art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70:

«Gli Stati membri mettono in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il 10 luglio 2001 o si assicurano che, entro tale data, le parti sociali introducano le disposizioni necessarie mediante accordi. Gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione».

 La normativa nazionale

10      L’art. 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235 del 9 ottobre 2001, pag. 4; in prosieguo: il «d. lgs. n. 368/2001»), nella versione in vigore al momento dei fatti su cui verte la causa principale, dispone quanto segue:

«1.      È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (…).

2.      L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.

(…)».

11      L’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (Supplemento ordinario alla GURI n. 106 del 9 maggio 2001; in prosieguo: il «d. lgs. n. 165/2001»), dispone quanto segue:

«1.      Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35.

2.      Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato (…)

(…)

5.      In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave (…)

(…)».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

12      Dall’ordinanza di rinvio emerge che il sig. Affatato ha stipulato con l’Azienda Sanitaria Locale n. 3 di Rossano, poi incorporata nell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, ambedue enti pubblici, sei contratti di lavoro a tempo determinato in successione, sulla base dei quali ha svolto l’attività di ausiliario specializzato socio-sanitario. Questi contratti sono stati validi, rispettivamente, dal 18 marzo 1996 al 16 maggio 1996, dal 3 agosto 1996 al 2 ottobre 1996, dal 18 dicembre 2000 al 17 febbraio 2001, dal 6 marzo 2002 al 5 luglio 2002, dal 20 agosto 2002 al 19 dicembre 2002 e dal 21 febbraio 2003 al 20 giugno 2003.

13      Poiché riteneva che questa attività soddisfacesse in realtà esigenze permanenti e durature del suo datore di lavoro, il sig. Affatato ha adito il Tribunale di Rossano per ottenere, in via principale, la conversione di questi contratti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato e la condanna del suo datore di lavoro a reintegrarlo, occupandolo in forza di un siffatto contratto, e a versargli l’importo delle retribuzioni maturate a partire dalla data di scadenza dell’ultimo contratto sino a quella della sua effettiva reintegrazione. Il sig. Affatato chiede, in subordine, la condanna dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza al pagamento delle retribuzioni per i periodi di sospensione del rapporto di lavoro trascorsi tra il primo e l’ultimo contratto di lavoro.

14      Il Tribunale di Rossano rileva nell’ordinanza di rinvio che i contratti di lavoro di cui è causa non contengono nessuna indicazione riguardo alle ragioni per le quali questi ultimi sono stati conclusi a tempo determinato e che l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza non nega che il ricorso a tale durata determinata sia stato motivato non da ragioni tecniche, organizzative o produttive relative alle obiettive necessità di un rapporto di lavoro a carattere temporaneo, bensì per l’impossibilità di procedere ad assunzioni ordinarie a causa del blocco delle assunzioni previsto da diverse leggi finanziarie.

15      Secondo il giudice del rinvio, da ciò deriverebbe che questi contratti debbano essere dichiarati nulli, dal momento che la durata determinata prevista dai medesimi sarebbe stata stabilita in violazione delle norme di cui all’art. 1 del d. lgs. n. 368/2001.

16      Per quanto concerne le conseguenze da trarre da una siffatta violazione, questo giudice osserva tuttavia che, a differenza del regime in vigore per i rapporti di lavoro nel settore privato, l’art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001 vieta tassativamente, nel settore pubblico, la conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati in successione, in un contratto a durata indeterminata. Peraltro, la giurisprudenza nazionale sarebbe contraddistinta dall’esistenza di posizioni contrastanti in merito alla risarcibilità del danno sofferto dal lavoratore interessato a causa della conclusione in successione di siffatti contratti di lavoro a tempo determinato e, comunque, questa giurisprudenza non fornirebbe nessun orientamento chiaro in merito ai criteri da prendere in considerazione per garantire un carattere effettivo e dissuasivo al risarcimento di detto danno.

17      D’altronde, il Tribunale di Rossano rileva che la normativa introdotta con i decreti legislativi nn. 165/2001 e 368/2001 al fine di recepire la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro non si applicano né ai lavoratori socialmente utili né a quelli di pubblica utilità, per i quali il diritto nazionale esclude persino che esista un rapporto di lavoro, né ai lavoratori del settore della pubblica istruzione.

18      Questo giudice sottolinea inoltre che l’art. 2, comma 1 bis, del d. lgs. n. 368/2001 prevede che le imprese concessionarie di servizi postali, ossia in realtà la sola impresa Poste Italiane SpA (in prosieguo: le «Poste Italiane»), possano concludere contratti di lavoro a tempo determinato per un periodo massimo di sei mesi, compreso tra il mese di aprile e quello di ottobre, o per un periodo di quattro mesi in altri momenti dell’anno, in una misura che non superi il 15% degli organici dell’impresa calcolati al 1° gennaio dell’anno interessato, senza doverne indicare i motivi.

19      Tale giudice rileva parimenti che le procedure di «stabilizzazione» istituite mediante leggi finanziarie tra il 2006 e il 2008, in forza delle quali taluni contratti di lavoro a tempo determinato possono essere convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, non si applicano a talune categorie di lavoratori.

20      Alla luce di ciò, il giudice del rinvio si chiede se una norma nazionale, quale l’art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, volta al recepimento della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro, possa essere considerata una misura generale che garantisca efficacemente la prevenzione e la sanzione per l’uso abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato, dato che la normativa interna introduce talune distinzioni in merito al regime legislativo vigente per i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato, in base alle categorie di lavoratori interessati.

21      Il Tribunale di Rossano ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      se la clausola 2, punto 1, dell’Accordo Quadro recepito dalla direttiva [1999/70] osti ad una norma interna, come quella dettata per i lavoratori socialmente utili/lavoratori di pubblica utilità dall’art. 8, comma 1, del D.lgs. n. 468/97 e dall’art. 4, comma 1, [del d. lgs.] n. 81/00, che, nell’escludere per [i] lavoratori da essa disciplinati la instaurazione di un rapporto di lavoro, finisce con l’escludere la applicabilità della normativa sul rapporto di lavoro a termine di recepimento della direttiva 1999/70 (…);

2)      se la clausola n. 2.2 dell’Accordo Quadro recepito dalla direttiva [1999/70] consenta di includere lavoratori come i lavoratori socialmente utili/lavoratori di pubblica utilità, disciplinati dal D.lgs. n. 468/97 e dal [d. lgs.] n. 81/00, nell’ambito di non applicazione della direttiva 1999/70 (…);

3)      se i lavoratori di cui al quesito n. 2 rientrino nell’ambito definitorio di cui alla clausola 3.1 dell’Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70 (…);

4)      se la clausola 5 dell’Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70 (…) ed il principio di uguaglianza/non discriminazione ostino ad una disciplina per lavoratori nel settore scuola (cfr. in particolare l’art. 4, comma 1, L. n. 124/99 e l’art. 1, comma 1, lettera a, del D.M. n. 430/00), che consenta di non indicare la causalità del primo contratto a termine, prevista in via generale dalla disciplina interna per ogni altro rapporto di lavoro a termine, nonché di rinnovare i contratti indipendentemente dalla sussistenza di esigenze permanenti e durevoli, non preveda la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti, nonché normalmente nessuna distanza tra i rinnovi ovvero, nell’ipotesi delle supplenze annuali, corrispondente alle vacanze estive in cui la attività scolastica è sospesa, ovvero fortemente ridotta;

5)      se il corpus di disposizioni normative del settore scuola, come descritto, possa ritenersi complesso di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi;

6)      se, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 1999/70 (…), il D.lgs. n. [368/2001] e l’art. 36 del D.lgs. n. [165/2001] possano ritenersi disposizioni aventi caratteristiche di disposizione di recepimento della direttiva 1999/70 (…) in relazione ai rapporti di lavoro a termine nel settore scuola;

7)      se un soggetto, avente le caratteristiche di [Poste Italiane], ovvero:

a)      è di proprietà dello Stato;

b)      è sottopost[o] al controllo dello Stato;

c)      il Ministero delle comunicazioni opera la scelta del fornitore del servizio universale ed in genere svolge tutte le attività di verifica e controllo materiale e contabile del soggetto in questione, con fissazione degli obiettivi relativi al servizio universale reso;

d)      esercita un servizio di pubblica necessità di preminente interesse generale;

e)      il bilancio del soggetto è collegato al bilancio dello Stato;

f)      i costi del servizio reso sono determinati dallo Stato che corrisponde al soggetto importi per coprire i maggiori costi del servizio,

debba ritenersi organismo statale, ai fini della diretta applicazione del diritto [dell’Unione];

8)      in caso di risposta positiva al quesito n. 7, se ai sensi della clausola 5 detta società possa costituire settore, ovvero l’intero ambito del personale da questa impiegabile possa essere ritenuto categoria specifica di lavoratori, ai fini della differenziazione delle misure ostative;

9)      in caso di risposta positiva al quesito n. 7, se la clausola 5 [dell’accordo quadro di cui all’allegato] della direttiva [1999/70] da sé sola, ovvero in uno con la clausole 2 e 4 ed il principio di uguaglianza/non discriminazione, osti ad una disposizione quale l’art. 2, comma 1 bis, del D.lgs. n. [368/2001], che consente una a-causale apposizione del termine al contratto di lavoro in relazione ad uno specifico soggetto, ovvero esima detto soggetto, differentemente dalla misura ostativa interna ordinariamente prevista (art. 1 del d.lgs. n. [368/2001]), dall’indicare per iscritto e provare, in caso di contestazione, le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che hanno determinato la apposizione del termine al contratto di lavoro, tenuto conto che è possibile procedere ad una proroga dell’originario contratto richiesta da ragioni oggettive e riferentesi alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato;

10)      se il D.lgs. n. [368/2001] e l’art. 36, comma 5, del D.lgs. n. [165/2001] costituiscano normativa generale di recepimento della direttiva 1999/70 (…) per il personale dipendente dello Stato, tenuto conto delle eccezioni a dette disposizioni generali come definite all’esito della risposta ai quesiti da 1 a 9;

11)      se, in mancanza di disposizioni sanzionatorie in relazione ai lavoratori socialmente utili/lavoratori di pubblica utilità e della Scuola come descritti, la direttiva 1999/70 (…), ed in particolare la clausola 5, comma 2, lett. b), osti alla applicazione analogica di una disciplina meramente risarcitoria, quale quella prevista dall’art. 36, comma 5, del D.lgs. n. [165/2001], ovvero se la clausola 5, comma 2, lett. b, ponga un principio di preferenza perché i contratti o rapporti siano ritenuti a tempo indeterminato;

12)      se il principio [dell’Unione] di uguaglianza/non discriminazione, la clausola 4, la clausola 5.1, ostino ad una differenziazione di discipline sanzionatorie nel settore “personale dipendente degli organismi [dello] Stato” sulla scorta della genesi del rapporto di lavoro, ovvero del soggetto datore di lavoro, o ancora nel settore Scuola;

13)      se, definito l’ambito interno di recepimento della direttiva 1999/70 (…) nei confronti dello Stato e degli organismi ad esso equiparati a seguito della risposta ai quesiti precedenti, la clausola 5 osti ad una disciplina quale quella di cui all’art. 36, comma 5, del D.lgs. n. [165/2001], che vieti in maniera assoluta verso lo Stato la conversione dei rapporti di lavoro, ovvero quali ulteriori verifiche debbano essere compiute dal giudice interno al fine della non applicazione del divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni;

14)      se la direttiva 1999/70 (…) debba operare integralmente nei confronti della [Repubblica italiana], ovvero se la conversione dei rapporti di lavoro nei confronti della PA appaia essere contraria ai principi fondamentali dell’ordinamento interno e, quindi, da non applicare in parte qua la clausola 5, perché determinante effetto contrario all’art. [4 TUE], non rispettando la struttura fondamentale, politica e costituzionale ovvero funzioni essenziali del[la Repubblica italiana];

15)      se la clausola 5 [dell’accordo quadro di cui all’allegato] della direttiva 1999/70 (…), nel prevedere, in ipotesi di divieto di conversione del rapporto di lavoro, la necessità di una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, rispetto ad analoghe situazioni di diritto interno, al fine di sanzionare debitamente gli abusi derivanti dalla violazione della stessa clausola 5 e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto [dell’Unione], imponga di tener conto quale situazione analoga di diritto interno del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con lo Stato, cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in assenza dell’art. 36, ovvero di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con soggetto privato, nei confronti del quale il rapporto di lavoro avrebbe avuto caratteristiche di stabilità analoghe a quelle di un rapporto di lavoro con lo Stato;

16)      se la clausola 5 [dell’accordo quadro di cui all’allegato] della direttiva 1999/70 (…), nel prevedere, in ipotesi di divieto di conversione del rapporto di lavoro, la necessità di una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, rispetto ad analoghe situazioni di diritto interno, al fine di sanzionare debitamente gli abusi derivanti dalla violazione della stessa clausola 5 e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto [dell’Unione], imponga di tener conto quale sanzione:

a)      del tempo necessario a trovare nuova occupazione e della impossibilità ad accedere ad una occupazione che presenti le caratteristiche di cui al quesito sub 15;

b)      ovvero, di contro, del monte delle retribuzioni che si sarebbero percepite in ipotesi di conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato».

22      Il giudice del rinvio, ritenendo che dette questioni richiedessero una risposta urgente da parte della Corte in considerazione, in particolare, del fatto che il diritto del lavoro mal si concilia con tempi lunghi di giudizio e della circostanza che un gran numero di controversie identiche sono pendenti dinanzi ai giudici nazionali, ha chiesto alla Corte di sottoporre questo rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in applicazione dell’art. 104 bis, primo comma, del regolamento di procedura.

23      Il presidente della Corte ha respinto tale richiesta con ordinanza 16 marzo 2010, ritenendo non soddisfatte le condizioni previste da detto art. 104 bis, primo comma.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle questioni dalla prima alla dodicesima

24      Con le sue questioni dalla prima alla dodicesima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni dell’accordo quadro, in particolare le clausole 2, 4 e 5 del medesimo, ostino a una normativa nazionale relativa ai lavoratori socialmente utili o di pubblica utilità, nonché a quelle applicabili al personale della Poste Italiane e del settore della scuola posto che, segnatamente, queste ultime contengono eccezioni alla disciplina adottata dallo Stato membro interessato al fine di recepire la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro nell’ordinamento interno, quale risultante dai decreti legislativi nn. 165/2001 e 368/2001 rilevanti nella causa principale, con conseguente vigenza di regimi sanzionatori diversi nell’ipotesi di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato.

25      In forza degli artt. 92, n. 1, e 103, n. 1, del suo regolamento di procedura, quando una domanda di pronuncia pregiudiziale è manifestamente irricevibile, la Corte, sentito l’avvocato generale, senza proseguire il procedimento, può statuire con ordinanza motivata.

26      Si deve ricordare in proposito che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’art. 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, al quale è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità della decisione giurisdizionale da emanare, valutare, alla luce delle particolari circostanze della fattispecie, sia la necessità di una decisione pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice del rinvio vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v. sentenze 4 luglio 2006, causa C‑212/04, Adeneler e a., Racc. pag. I‑6057, punto 41; 7 settembre 2006, causa C‑53/04, Marrosu e Sardino, Racc. pag. I‑7213, punto 32, e 24 giugno 2010, causa C‑98/09, Sorge, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24, nonché ordinanza 12 giugno 2008, causa C‑364/07, Vassilakis e a., punto 42).

27      Tuttavia spetta alla Corte esaminare le condizioni in presenza delle quali è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte è investita, che è quella di contribuire all’amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o teoriche (v., in tal senso, citate sentenze Adeneler e a., punto 42, e Marrosu e Sardino, punto 33, nonché ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 43).

28      A questo proposito, il rigetto di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, oppure qualora il problema sia di natura teorica o la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v. sentenze Marrosu e Sardino, cit., punto 33, e 23 novembre 2006, causa C‑238/05, Asnef‑Equifax e Administración del Estado, Racc. pag. I‑11125, punto 17, nonché ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 44).

29      Dall’ordinanza di rinvio si ricava che, come osservato al punto12 della presente ordinanza, nella causa principale i contratti di lavoro di cui trattasi sono stati conclusi tra il sig. Affatato ed un ente sanitario locale in merito all’espletamento di mansioni di ausiliario specializzato socio-sanitario.

30      Risulta quindi chiaro che tali contratti di lavoro non sono stati conclusi dal ricorrente nella causa principale in quanto lavoratore socialmente utile o lavoratore di pubblica utilità, non vertono sull’espletamento di mansioni svolte nell’ambito del settore della scuola e non sono stati neppure conclusi con Poste Italiane.

31      Orbene, il giudice del rinvio, benché esponga nei dettagli il contenuto delle varie normative applicabili a queste specifiche categorie di lavoratori, non spiega assolutamente per quale ragione, anche ipotizzando che tali specifiche normative non siano conformi all’accordo quadro, questa circostanza possa incidere sulla causa principale dato che è pacifico che il sig. Affatato non rientra nell’ambito di applicazione di dette normative, bensì è soggetto ai provvedimenti previsti dai decreti legislativi nn. 165/2001 e 368/2001, adottati al fine di recepire la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro.

32      Pertanto, come osservato dalla Commissione e, in parte, dal governo italiano, è giocoforza constatare che l’interpretazione del diritto dell’Unione chiesta dal giudice del rinvio riguardo alle diverse specifiche normative che esso menziona non ha manifestamente nessun rapporto con la realtà e l’oggetto della causa principale.

33      Di conseguenza, occorre dichiarare manifestamente irricevibili le prime dodici questioni.

 Sulle questioni dalla tredicesima alla sedicesima

34      Con le sue questioni dalla tredicesima alla sedicesima, vertenti sul regime sanzionatorio previsto dalla normativa nazionale avente lo scopo di recepire l’accordo quadro nel settore pubblico, il giudice nazionale mira ad accertare se detta normativa costituisca un’attuazione adeguata di tale accordo quadro, dato che essa vieta in modo assoluto, nel settore pubblico, la conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione in un contratto di lavoro a tempo indeterminato (questioni tredicesima e quattordicesima), e chiede inoltre di precisare i criteri idonei a garantire l’adeguatezza delle sanzioni in caso di ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (questioni quindicesima e sedicesima).

35      Ai sensi dell’art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, qualora la soluzione di una questione pregiudiziale sia identica ad una questione sulla quale la Corte ha già statuito o qualora la soluzione di tale questione possa essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, dopo aver sentito l’avvocato generale, può statuire, in qualsiasi momento, con ordinanza motivata.

 Sul divieto assoluto di convertire contratti di lavoro a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato nel settore pubblico

36      Con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la clausola 5 dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, quale quella prevista dall’art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, la quale, nell’ipotesi di abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta che questi ultimi siano convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato; e, in caso di soluzione affermativa, se detta clausola possa danneggiare la struttura fondamentale politica e costituzionale dello Stato membro interessato, nonché le sue funzioni essenziali, in violazione dell’art. 4, n. 2, TUE.

37      Va rilevato che la soluzione di tali questioni può essere chiaramente dedotta dalla giurisprudenza, in particolare dalle sentenze Adeneler e a. (cit., punti 91-105); Marrosu e Sardino (cit., punti 44-57); 7 settembre 2006, causa C‑180/04, Vassallo (Racc. pag. I‑7251, punti 33-42), e 23 aprile 2009, cause riunite da C‑378/07 a C‑380/07, Angelidaki e a. (Racc. pag. I‑3071, punti 145 e 182-190), nonché dalle ordinanze Vassilakis e a. (cit., punti 118-137); 24 aprile 2009, causa C‑519/08, Koukou (punti 82-91), e 23 novembre 2009, cause riunite da C‑162/08 a C‑164/08, Lagoudakis (punto 11), in cui era stata sollevata una questione simile. Del resto, le citate sentenze Marrosu e Sardino nonché Vassallo vertevano sulla stessa normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale.

38      Da questa giurisprudenza risulta che la clausola 5 dell’accordo quadro non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in un contratto a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce nemmeno le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi, lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia (citate sentenze Adeneler e a., punto 91; Marrosu e Sardino, punto 47; Angelidaki e a., punti 145 e 183, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 121, e Koukou, punto 85).

39      Infatti, la clausola 5, punto 2, lett. b), del citato accordo si limita a disporre che detti Stati possono, «se del caso», stabilire a quali condizioni i contratti di lavoro a tempo determinato possano essere «ritenuti (…) a tempo indeterminato» (sentenza Angelidaki e a., cit., punto 145).

40      Ne consegue in particolare che, come la Corte ha già dichiarato, la clausola 5 dell’accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro del settore pubblico (citate sentenze Marrosu e Sardino, punto 48, nonché Vassallo, punto 33, e ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 122).

41      Pertanto la clausola 5 dell’accordo quadro, in quanto tale, non è in alcun modo atta a pregiudicare le strutture fondamentali, politiche e costituzionali, né le funzioni essenziali dello Stato membro di cui è causa, ai sensi dell’art. 4, n. 2, TUE.

42      Ciò posto, affinché una normativa nazionale che vieta in via assoluta, nel settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato possa essere considerata conforme all’accordo quadro, l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un’altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione (v. citate sentenze Adeneler e a., punto 105; Marrosu e Sardino, punto 49; Vassallo, punto 34, e Angelidaki e a., punti 161 e 184, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 123; Koukou, punti 67 e 86, e Lagoudakis e a., punto 11).

43      Occorre ricordare in proposito che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, onde prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure enumerate in tale disposizione, qualora il diritto nazionale non preveda già misure equivalenti (v. sentenze Adeneler e a., cit., punti 65, 80, 92 e 101; Marrosu e Sardino, cit., punto 50; Vassallo, cit., punto 35; 15 aprile 2008, causa C‑268/06, Impact, Racc. pag. I‑2483, punti 69 e 70, e Angelidaki e a., cit., punti 74 e 151, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punti 80, 103 e 124, e Koukou, punto 53).

44      Le misure così elencate nella citata clausola 5, punto 1, lett. a)-c), in numero di tre, attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi (v. citate sentenze Impact, punto 69, e Angelidaki e a., punto 74, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 80, e Koukou, punto 54).

45      Del resto, quando, come nel caso di specie, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell’accordo quadro (citate sentenze Adeneler e a., punto 94; Marrosu e Sardino, punto 51; Vassallo, punto 36, e Angelidaki e a., punto 158, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 125, e Koukou, punto 64).

46      Benché, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, le modalità di attuazione di siffatte norme attengano all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere tuttavia meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, citate sentenze Adeneler e a., punto 95; Marrosu e Sardino, punto 52; Vassallo, punto 37, e Angelidaki e a., punto 159, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 126, e Koukou, punto 65).

47      Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. Infatti, secondo i termini stessi dell’art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva» (citate sentenze Adeneler e a., punto 102; Marrosu e Sardino, punto 53; Vassallo, punto 38, e Angelidaki e a., punto 160, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 127, e Koukou, punto 66).

48      A tale proposito, nelle sue osservazioni scritte il governo italiano ha sottolineato, in particolare, che l’art. 5 del d. lgs. n. 368/2001, quale modificato nel 2007, al fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico, ha aggiunto una durata massima oltre la quale il contratto di lavoro è ritenuto concluso a tempo indeterminato e ha introdotto, a favore del lavoratore che ha prestato lavoro per un periodo superiore a sei mesi, un diritto di priorità nelle assunzioni a tempo indeterminato. Inoltre, l’art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, come modificato nel 2008, prevedrebbe, oltre al diritto del lavoratore interessato al risarcimento del danno subìto a causa della violazione di norme imperative e all’obbligo del datore di lavoro responsabile di restituire all’amministrazione le somme versate a tale titolo quando la violazione sia dolosa o derivi da colpa grave, l’impossibilità del rinnovo dell’incarico dirigenziale del responsabile, nonché la presa in considerazione di detta violazione in sede di valutazione del suo operato.

49      Analogamente a quanto già dichiarato dalla Corte nelle citate sentenze Marrosu e Sardino (punti 55 e 56), nonché Vassallo (punti 40 e 41), nei confronti dei provvedimenti previsti dal decreto n. 368/2001 nella sua versione originaria (v., altresì, ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 128), così come in quelle riguardanti altre disposizioni nazionali paragonabili (v. sentenza Angelidaki e a., cit., punto 188, nonché ordinanza Koukou, cit., punto 90), una disciplina nazionale siffatta potrebbe soddisfare i requisiti ricordati nei punti 45-47 della presente ordinanza.

50      Spetta tuttavia al giudice del rinvio, l’unico competente a pronunciarsi sull’interpretazione del diritto interno, accertare se le condizioni di applicazione nonché l’attuazione effettiva delle pertinenti disposizioni di diritto interno configurino uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare l’utilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato (v. citate sentenze Marrosu e Sardino, punto 56; Vassallo, punto 41, e Angelidaki e a., punti 164 e 188, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 135; Koukou, punti 69, 77 e 90, e Lagoudakis e a., punto 11).

51      Le questioni sollevate dal giudice del rinvio vanno pertanto risolte dichiarando che la clausola 5 dell’accordo quadro dev’essere interpretata nel senso che:

–        essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui all’art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, la quale, nell’ipotesi di abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta che questi ultimi siano convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato quando l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato prevede, nel settore interessato, altre misure effettive per evitare, ed eventualmente sanzionare, il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato stipulati in successione. Spetta tuttavia al giudice del rinvio accertare se le condizioni di applicazione nonché l’attuazione effettiva delle pertinenti disposizioni di diritto interno configurino uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare il ricorso abusivo da parte della pubblica amministrazione a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione;

–        essa, in quanto tale, non è in alcun modo atta a pregiudicare le strutture fondamentali, politiche e costituzionali, né le funzioni essenziali dello Stato membro di cui è causa, ai sensi dell’art. 4, n. 2, TUE.

 Sull’adeguatezza delle sanzioni in caso di ricorso abusivo a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato

52      Con le sue questioni, il giudice del rinvio mira sostanzialmente a determinare i criteri rilevanti per valutare l’adeguatezza delle sanzioni previste da una normativa nazionale, quale quella enunciata dall’art. 36, n. 5, del d. lgs. n. 165/2001, in caso di ricorso abusivo a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato previsto dalla normativa nazionale rilevante nella causa principale.

53      Il giudice del rinvio chiede, in particolare, se tale adeguatezza debba essere valutata alla luce delle norme dell’ordinamento nazionale che definiscono le sanzioni applicabili nell’ambito dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato con lo Stato o con un ente privato.

54      Esso si chiede parimenti se, per garantire un siffatto carattere alla sanzione, occorra tener conto del tempo necessario al lavoratore interessato per trovare un nuovo posto di lavoro e dell’impossibilità di accedere a un lavoro a tempo indeterminato, nonché l’importo della retribuzione che sarebbe stato riscosso in caso di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in uno a tempo indeterminato.

55      Nelle sue osservazioni scritte il governo italiano afferma che, su quest’ultimo punto, le questioni sarebbero irricevibili dato che, nella domanda che ha proposto al giudice del rinvio, il ricorrente nella causa principale si limita a chiedere un risarcimento collegato alle retribuzioni riscosse tra la conclusione del primo e dell’ultimo contratto di lavoro a tempo determinato. Le opzioni alternative ipotizzate da detto giudice sarebbero pertanto prive di collegamento con l’oggetto della causa principale.

56      Tuttavia, è giocoforza riconoscere che, nel caso di specie, nessun elemento presentato alla Corte è in grado di escludere che il giudice del rinvio, in forza delle norme del suo diritto nazionale – circostanza che comunque esso ha il compito di verificare –, possa discostarsi dalla domanda presentata dal ricorrente nella causa principale, diretta al riconoscimento a favore di quest’ultimo di un diritto al risarcimento. Del resto, la decisione di rinvio sottolinea espressamente la mancanza di un chiaro orientamento della giurisprudenza nazionale in merito alle modalità per il risarcimento del danno derivante dalla conclusione di contratti di lavoro a tempo determinato abusivi.

57      Alla luce di ciò, in considerazione della giurisprudenza citata nei punti 26-28 della presente ordinanza, dato che il giudice del rinvio è il solo, in linea di principio, tenuto a valutare la rilevanza delle questioni che esso propone alla Corte, non si può giudicare manifesto il fatto che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione sia priva di utilità ai fini della soluzione della causa principale.

58      Tuttavia, occorre constatare che la soluzione delle questioni sollevate può essere dedotta chiaramente dalla giurisprudenza della Corte.

59      Difatti, da detta giurisprudenza, ricordata nei punti 45-47 della presente ordinanza, si evince che, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, le norme vertenti sulle sanzioni applicabili in caso di ricorso abusivo ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato devono essere stabilite dall’ordinamento interno degli Stati membri nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

60      Conformemente alla giurisprudenza citata nel punto 49 della presente ordinanza, spetta al giudice del rinvio valutare in che misura le norme di diritto interno dirette a sanzionare il ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi in successione rispettino i principi di effettività e di equivalenza.

61      Pertanto, in mancanza di qualsiasi ulteriore precisazione fornita dalla decisione di rinvio riguardo alle norme di diritto nazionale menzionate nel punto 53 della presente ordinanza, poiché la Corte non è nemmeno in grado di guidare il giudice a quo nel compiere la sua valutazione a tal riguardo, spetta a quest’ultimo esaminare se i rapporti di lavoro disciplinati da queste norme coprano situazioni analoghe a quella di cui trattasi nella causa principale, e se le sanzioni applicabili a siffatti rapporti di lavoro siano equivalenti a quelle previste per le ipotesi di ricorso abusivo a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato.

62      Per quanto concerne il principio di effettività, è sempre compito del giudice del rinvio valutare in che misura la considerazione degli elementi menzionati nel punto 54 della presente ordinanza sia necessaria per attribuire al risarcimento del danno sofferto dal ricorrente nella causa principale, a causa del ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, la natura di sanzione effettiva e dissuasiva, in grado di cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione.

63      Di conseguenza, occorre rispondere al giudice del rinvio dichiarando che l’accordo quadro dev’essere interpretato nel senso che le misure previste da una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, al fine di sanzionare il ricorso abusivo a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna, né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Spetta al giudice del rinvio valutare in che misura le disposizioni di diritto nazionale miranti a sanzionare il ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione siano conformi a questi principi.

 Sulle spese

64      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

1)      Le prime dodici questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunale di Rossano, con ordinanza 21 dicembre 2009, sono manifestamente irricevibili.

2)      La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, siglato il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che:

–        essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui all’art. 36, quinto comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, la quale, nell’ipotesi di abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta che questi ultimi siano convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato quando l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato prevede, nel settore interessato, altre misure effettive per evitare, ed eventualmente sanzionare, il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato stipulati in successione. Spetta tuttavia al giudice del rinvio accertare se le condizioni di applicazione nonché l’attuazione effettiva delle pertinenti disposizioni di diritto interno configurino uno strumento adeguato a prevenire e, se del caso, a sanzionare il ricorso abusivo da parte della pubblica amministrazione a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione;

–        essa, in quanto tale, non è in alcun modo atta a pregiudicare le strutture fondamentali, politiche e costituzionali, né le funzioni essenziali dello Stato membro di cui è causa, ai sensi dell’art. 4, n. 2, TUE.

3)      Detto accordo quadro dev’essere interpretato nel senso che le misure previste da una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, al fine di sanzionare il ricorso abusivo a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna, né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Spetta al giudice del rinvio valutare in che misura le disposizioni di diritto nazionale miranti a sanzionare il ricorso abusivo, da parte della pubblica amministrazione, a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione siano conformi a questi principi.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.