SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

15 ottobre 2009 ( *1 )

«Direttiva 89/104/CEE — Diritto dei marchi — Esaurimento dei diritti del titolare del marchio — Immissione in commercio di prodotti nello Spazio economico europeo da parte di un terzo — Consenso tacito — Presupposti»

Nel procedimento C-324/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi), con decisione 11 luglio 2008, pervenuta in cancelleria il , nella causa

Makro Zelfbedieningsgroothandel CV,

Metro Cash & Carry BV,

Remo Zaandam BV

contro

Diesel SpA,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, facente funzioni di presidente della Prima Sezione, sigg. E. Levits, A. Borg Barthet, M. Ilešič e J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 giugno 2009,

considerate le osservazioni presentate:

per la Makro Zelfbedieningsgroothandel CV, la Metro Cash & Carry BV e la Remo Zaandam BV, dagli avv.ti T. van Engelen e V. Tsoutsanis, advocaten;

per la Diesel SpA, dagli avv.ti S. Klos, A.A. Quaedvlieg e B.R.J. van Ramshorst, advocaten;

per il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente, assistita dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. H. Krämer e A. Nijenhuis, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 7, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), come modificata dall’accordo sullo Spazio economico europeo (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: la «direttiva 89/104»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da una parte, la Makro Zelfbedieningsgroothandel CV (in prosieguo: la «Makro»), la Metro Cash & Carry BV e la Remo Zaandam BV e, dall’altra, la Diesel SpA (in prosieguo: la «Diesel») in merito all’immissione in commercio da parte della Makro di scarpe recanti un marchio di cui è titolare la Diesel, senza il consento esplicito di quest’ultima.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3

L’art. 5, nn. 1-3, della direttiva 89/104 prevedeva quanto segue:

«1.   Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. II titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)

un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)

un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa.

2.   Uno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi.

3.   Si può in particolare vietare, se le condizioni menzionate a[i] paragraf[i] 1 e 2 sono soddisfatte:

a)

di apporre il segno sui prodotti o sul loro condizionamento;

b)

di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;

c)

di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno;

d)

di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità».

4

L’art. 7 della direttiva 89/104, nella versione iniziale, così recitava:

«1.   Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare l’uso del marchio di impresa per prodotti immessi in commercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

2.   Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

5

Ai sensi dell’art. 65, n. 2, dell’accordo sullo Spazio economico europeo, in combinato disposto con l’allegato XVII, punto 4, dello stesso, tale art. 7, n. 1, è stato modificato ai fini del detto accordo, sostituendo l’espressione «nella Comunità» con i termini «in una Parte contraente».

La normativa internazionale

6

L’art. 2.23, n. 3, della Convenzione del Benelux in materia di proprietà intellettuale (marchi e disegni o modelli), firmata a l’Aia il 25 febbraio 2005, che ha sostituito il precedente art. 13, A, n. 9, della legge uniforme del Benelux sui marchi, è così formulato:

«Il diritto esclusivo non conferisce il diritto di opporsi all’uso del marchio per prodotti immessi in commercio nella Comunità europea o nello Spazio economico europeo [in prosieguo: il «SEE»] con tale marchio da parte del titolare o con il suo consenso, salvo che sussistano motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

Causa principale e questioni pregiudiziali

7

La Diesel è titolare del marchio denominativo Diesel, a seguito del deposito di quest’ultimo per il Benelux.

8

La Distributions Italian Fashion SA, con sede in Barcellona (Spagna) (in prosieguo: la «Difsa»), era il distributore dei prodotti recanti il marchio Diesel in Spagna, in Portogallo e ad Andorra.

9

Il 29 settembre 1994 la Difsa ha concluso un contratto di distribuzione in esclusiva con la società spagnola Flexi Casual SA (in prosieguo: la «Flexi Casual»), in forza del quale veniva concesso a quest’ultima il diritto di esclusiva per la vendita in Spagna, in Portogallo e ad Andorra di vari prodotti, incluse scarpe, recanti il marchio denominativo Diesel. Secondo l’art. 1.4 di tale contratto, la Flexi Casual era autorizzata a procedere alla «sperimentazione commerciale» per le scarpe recanti il marchio Diesel, mettendole in vendita per i suoi clienti nelle zone geografiche in questione, al fine di «determinare con sicurezza le esigenze del mercato».

10

L’11 novembre 1994 la Difsa ha quindi concesso alla Flexi Casual una licenza che l’autorizzava a produrre e distribuire scarpe di sua creazione a titolo di test di mercato, affinché tali articoli potessero essere proposti alla Diesel per la distribuzione ovvero per una «cessione della licenza di produzione».

11

Il 21 ottobre 1997 un amministratore della Flexi Casual ha concesso per iscritto alla società Cosmos World SL (in prosieguo: la «Cosmos») una licenza per la produzione e la vendita di scarpe, di borse e di cinture del marchio Diesel. Conseguentemente, sulla base di tale accordo, ma senza l’approvazione espressa della Difsa o della Diesel, la Cosmos ha prodotto e commercializzato scarpe recanti il detto marchio.

12

Nell’estate del 1999 la Makro ha messo in vendita scarpe recanti il marchio denominativo e figurativo Diesel acquistate da due imprese spagnole, che le avevano acquistate dalla Cosmos.

13

Conseguentemente, il 26 ottobre 1999 invocando il fatto che essa non aveva mai dato il suo consenso all’immissione in commercio da parte della Cosmos delle scarpe di cui trattasi, la Diesel ha agito contro la Makro nonché contro una sua società in accomandita, ovvero la Deelnemingmij Nedema BV, dinnanzi al Rechtbank te Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) al fine, in particolare, di ottenere la cessazione della violazione dei suoi diritti di autore e dei diritti relativi al marchio di cui essa è titolare nonché il risarcimento del danno subito.

14

Con sentenza 29 dicembre 2004 il Rechtbank te Amsterdam ha sostanzialmente accolto tale richiesta. Adito in appello, il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha confermato tale decisione con sentenza .

15

Le ricorrenti nella causa principale hanno quindi proposto un ricorso in cassazione avverso la detta sentenza dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte di cassazione dei Paesi Bassi), sostenendo, in particolare, che i diritti conferiti dal marchio alla Diesel si erano esauriti a causa del fatto che la Cosmos aveva immesso in commercio le scarpe di cui trattasi con il consenso della Diesel ai sensi degli artt. 2.23, n. 3, della Convenzione del Benelux in materia di proprietà intellettuale e 7, n. 1, della direttiva 89/104.

16

Gli argomenti dedotti dalle parti dinanzi al giudice del rinvio vertono in particolare sui criteri applicabili al fine di determinare se la Diesel avesse o meno dato il proprio consenso tacito, ai sensi dell’art. 7, n. 1, della detta direttiva, all’immissione in commercio delle scarpe prodotte dalla Cosmos nel SEE. Al riguardo, tra le parti è controversa in particolare la pertinenza dell’interpretazione della detta disposizione data dalla sentenza 20 novembre 2001, cause riunite da C-414/99 a C-416/99, Zino Davidoff e Levi Strauss (Racc. pag. I-8691), in quanto, nella causa decisa con tale sentenza, i prodotti recanti il marchio in questione erano stati immessi in commercio per la prima volta al di fuori del SEE e non direttamente al suo interno come nella controversia principale.

17

Ciò considerato, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, qualora prodotti recanti un marchio siano stati inizialmente immessi in commercio nel SEE da un [operatore] diverso dal titolare del marchio e senza il consenso espresso di quest’ultimo, si debbano applicare al fine di valutare se ci sia stato il consenso (tacito) del titolare del marchio, ai sensi de l’art. 7, n. 1, della [direttiva 89/104], gli stessi criteri che sono stati stabiliti per il caso in cui tali prodotti siano stati precedentemente immessi in commercio al di fuori del SEE da parte del titolare del marchio o con il suo consenso.

2)

In caso di soluzione negativa della prima questione, quali criteri — desumibili o meno (in particolare) dalla sentenza 22 giugno 1994, causa C-9/93, IHT Internationale Heiztechnik e (…) Danzinger (Racc. pag. I-2789) — debbano essere applicati nel primo caso al fine di valutare se sussista il consenso (tacito) del titolare del marchio ai sensi della prima direttiva sui marchi».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

18

Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se la nozione di «consenso tacito» del titolare di un marchio, ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 89/104, possa essere interpretata sulla base dei criteri determinati nella citata sentenza Zino Davidoff e Levi Strauss, qualora la prima immissione in commercio di prodotti recanti tale marchio sia stata effettuata direttamente nel SEE e non precedentemente al di fuori di tale zona.

19

Al riguardo, va anzitutto ricordato che, al punto 46 della citata sentenza Zino Davidoff e Levi Strauss, la Corte ha precisato che il consenso all’immissione in commercio nel SEE di prodotti precedentemente commercializzati al di fuori di tale zona può risultare non solo da una sua manifestazione espressa, ma anche «risultare in modo tacito da elementi e circostanze anteriori, concomitanti o posteriori all’immissione in commercio al di fuori del SEE [i] quali, valutat[i] dal giudice nazionale, esprimano parimenti, con certezza, una rinuncia del titolare al proprio diritto». Ai punti 53-58 della stessa sentenza, la Corte ha aggiunto che un siffatto consenso tacito deve basarsi su elementi atti a dimostrare positivamente la rinuncia del detto titolare del marchio a far valere il suo diritto esclusivo e che, in particolare, non può essere dedotto dal mero silenzio di tale titolare.

20

Ciò detto, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, gli artt. 5-7 della direttiva 89/104 procedono ad un’armonizzazione completa delle norme relative ai diritti conferiti dal marchio e definiscono in tal modo i diritti di cui godono i titolari di marchi all’interno della Comunità (sentenze 16 luglio 1998, causa C-355/96, Silhouette International Schmied, Racc. pag. I-4799, punti 25 e 29, nonché Zino Davidoff e Levi Strauss, cit., punto 39).

21

Segnatamente l’art. 5 della detta direttiva attribuisce al titolare del marchio un diritto esclusivo che gli consente di vietare ai terzi, in particolare, d’importare prodotti recanti il suo marchio, di offrirli, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini. L’art. 7, n. 1, della stessa direttiva contiene un’eccezione a tale norma, prevedendo che il diritto del titolare si esaurisce qualora i prodotti siano stati immessi in commercio nel SEE dal titolare stesso o con il suo consenso (sentenze Zino Davidoff e Levi Strauss, cit., punto 40; 8 aprile 2003, causa C-244/00, Van Doren + Q, Racc. pag. I-3051, punto 33, nonché , causa C-16/03, Peak Holding, Racc. pag. I-11313, punto 34).

22

Risulta pertanto che il consenso, il quale equivale ad una rinuncia del titolare al suo diritto esclusivo ai sensi del detto art. 5, costituisce l’elemento determinante per l’esaurimento di tale diritto e deve, pertanto, essere manifestato in un modo che esprima con certezza la volontà del titolare di rinunciare a tale diritto (sentenza 23 aprile 2009, causa C-59/08, Copad, Racc. pag. I-3421, punto 42).

23

Una siffatta volontà risulta normalmente da una manifestazione espressa del detto consenso (sentenze Zino Davidoff e Levi Strauss, cit., punto 46, nonché Copad, cit., punto 42). Tuttavia, le esigenze collegate alla tutela della libera circolazione delle merci, sancita in particolare agli artt. 28 CE e 30 CE, hanno indotto la Corte a ritenere che una tale regola sia passibile di adattamenti.

24

Infatti, da una parte, la Corte ha affermato che l’esaurimento del diritto esclusivo previsto dall’art. 5 della direttiva 89/104 è applicabile, in particolare, qualora l’immissione in commercio dei prodotti venga effettuata da un operatore economicamente legato al titolare del marchio, come, ad esempio, un licenziatario (v., in tal senso, sentenze IHT Internationale Heiztechnik e Danzinger, cit., punto 34, nonché Copad, cit., punto 43).

25

Dall’altra, come ricordato al punto 19 della presente sentenza, dalla giurisprudenza della Corte risulta parimenti che, anche qualora la prima immissione in commercio dei prodotti in questione nel SEE sia stata effettuata da un soggetto che non ha alcun legame economico con il titolare del marchio e senza il consenso esplicito di quest’ultimo, la volontà di rinunciare al diritto esclusivo previsto dall’art. 5 della direttiva 89/104 può risultare dal consenso tacito del detto titolare, il quale consenso può essere dedotto sulla base dei criteri determinati al punto 46 della citata sentenza Zino Davidoff e Levi Strauss.

26

Orbene, va osservato che se è pur vero che, al detto punto 46 della summenzionata sentenza Zino Davidoff et Levi Strauss, la Corte ha fatto riferimento ad una prima immissione in commercio al di fuori del SEE, un siffatto riferimento deve però essere interpretato alla luce del fatto che, nella causa decisa con tale sentenza, i prodotti in questione erano stati precedentemente commercializzati al di fuori del SEE, poi erano stati importati e immessi in commercio al suo interno.

27

Il testo della citata sentenza Zino Davidoff e Levi Strauss, tuttavia, non consente affatto di ritenere che le precisazioni apportate dalla Corte al detto punto 46 di tale sentenza, relative agli elementi e alle circostanze da cui può essere dedotto un consenso tacito del titolare del marchio, possano essere applicate unicamente nell’ambito di un siffatto contesto di fatto e non possano avere una portata generale.

28

Infatti, i punti 53-55 della stessa sentenza, che precisano i requisiti applicabili in materia di prova dell’esistenza di un consenso tacito, sono formulati in termini generali, non operando alcuna distinzione di principio a seconda che la commercializzazione iniziale sia intervenuta all’esterno del SEE o al suo interno.

29

Inoltre, una siffatta distinzione andrebbe contro il sistema stabilito dalla direttiva 89/104.

30

Infatti, come risulta dallo stesso testo dell’art. 7, n. 1, della detta direttiva, la regola dell’esaurimento comunitario, di cui trattasi nella presente causa, può essere applicata solo a prodotti immessi in commercio nel SEE con il consenso del titolare del marchio di cui trattasi. In altri termini, ai fini dell’esaurimento del diritto esclusivo del titolare del marchio sancito all’art. 5 della stessa direttiva, è rilevante solo il fatto che l’immissione in commercio dei prodotti in questione sia intervenuta all’interno di tale zona.

31

Invece, come ha del resto precisato la giurisprudenza comunitaria, l’eventuale commercializzazione al di fuori della detta zona non produce alcun effetto estintivo al riguardo (v. sentenze 1o luglio 1999, causa C-173/98, Sebago e Maison Dubois, Racc. pag. I-4103, punto 21; Van Doren + Q, cit., punto 26, e Peak Holding, cit., punto 36).

32

Pertanto, al fine di assicurare la tutela dei diritti conferiti dal marchio e per rendere possibile l’ulteriore commercializzazione di prodotti recanti un marchio senza che il titolare di questo possa opporvisi, è essenziale che quest’ultimo possa controllare la prima immissione in commercio di tali prodotti nel SEE, a prescindere dal fatto che questi siano stati eventualmente oggetto di una prima immissione in circolazione al di fuori di tale zona (v., in tal senso, citate sentenze Sebago e Maison Dubois, punti 20 e 21; Zino Davidoff e Levi Strauss, punto 33; Van Doren + Q, punto 26, nonché Peak Holding, punti 36 e 37).

33

Dalle considerazioni che precedono discende che la circostanza meramente di fatto che i prodotti recanti il marchio interessato siano stati commercializzati per la prima volta nel SEE o al di fuori di esso non ha, come tale, alcuna rilevanza ai fini dell’applicazione della regola dell’esaurimento sancita all’art. 7, n. 1, della direttiva 89/104.

34

Ciò considerato, limitare ai soli casi in cui la prima immissione in commercio dei prodotti in questione è intervenuta al di fuori del SEE la possibilità di dedurre da talune circostanze e da taluni elementi un consenso tacito del titolare del marchio, ai sensi della citata sentenza Zino Davidoff e Levi Strauss, non sarebbe conforme né al testo né alle finalità del detto art. 7, n. 1.

35

Alla luce di quanto precede, si deve risolvere la questione sottoposta dichiarando che l’art. 7, n. 1, della direttiva 89/104 dev’essere interpretato nel senso che il consenso del titolare di un marchio all’immissione in commercio di prodotti recanti tale marchio effettuata direttamente nel SEE da parte di un terzo che non ha alcun legame economico con tale titolare può essere tacito, nei limiti in cui un siffatto consenso risulti da elementi e circostanze anteriori, concomitanti o posteriori all’immissione in commercio in tale zona i quali, valutati dal giudice nazionale, esprimano con certezza una rinuncia del detto titolare al proprio diritto esclusivo.

Sulla seconda questione

36

La seconda questione pregiudiziale si pone unicamente in caso di soluzione negativa della prima questione. Essendo stata quest’ultima risolta positivamente, non occorre esaminare tale seconda questione.

Sulle spese

37

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

L’art. 7, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa, come modificata dall’accordo sullo Spazio economico europeo, dev’essere interpretato nel senso che il consenso del titolare di un marchio all’immissione in commercio di prodotti recanti tale marchio effettuata direttamente nello Spazio economico europeo da parte di un terzo che non ha alcun legame economico con tale titolare può essere tacito, nei limiti in cui un siffatto consenso risulti da elementi e circostanze anteriori, concomitanti o posteriori all’immissione in commercio in tale zona i quali, valutati dal giudice nazionale, esprimano con certezza una rinuncia del detto titolare al proprio diritto esclusivo.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’olandese.