61994J0232

Sentenza della Corte dell'11 luglio 1996. - MPA Pharma GmbH contro Rhône-Poulenc Pharma GmbH. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht Köln - Germania. - Riconfezionamento di prodotti muniti di marchio - Art. 36 del Trattato CE. - Causa C-232/94.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-03671


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Atti delle istituzioni ° Direttive ° Effetto diretto ° Limiti ° Possibilità di far valere una direttiva nei confronti di un privato ° Esclusione ° Attuazione da parte degli Stati membri ° Obblighi dei giudici nazionali

(Trattato CE, art. 189, terzo comma)

2. Libera circolazione delle merci ° Proprietà industriale e commerciale ° Diritto di marchio ° Prodotto messo in commercio in uno Stato membro dal titolare o con il suo consenso ° Importazione, dopo riconfezionamento e riapposizione del marchio, in un altro Stato membro ° Opposizione del titolare ° Ammissibilità ° Presupposti

(Trattato CE, art. 36; direttiva del Consiglio 89/104/CEE, art. 7, n. 2)

Massima


1. Anche se una direttiva non può, di per sé, creare obblighi a carico di un singolo e quindi non può essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti, il giudice nazionale che applica il diritto interno ed è chiamato ad interpretarlo, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva, deve farlo, in tutta la misura possibile, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva stessa onde conseguire il risultato da questa perseguito e conformarsi così all' art. 189, terzo comma, del Trattato.

2. L' art. 36 del Trattato dev' essere interpretato nel senso che il titolare di un diritto di marchio può avvalersi di tale diritto per impedire a un importatore di smerciare un prodotto farmaceutico che è stato messo in commercio in un altro Stato membro dal titolare o con il suo consenso, qualora il detto importatore abbia riconfezionato il prodotto e vi abbia riapposto il marchio senza l' autorizzazione del titolare, a meno che

° sia provato che l' esercizio del diritto di marchio da parte del titolare per opporsi allo smercio dei prodotti riconfezionati con il detto marchio contribuirebbe ad isolare artificiosamente i mercati nazionali nell' ambito della Comunità. Ciò si verifica, in particolare, qualora il titolare abbia messo in commercio in vari Stati membri un prodotto farmaceutico identico in confezioni diverse e il riconfezionamento effettuato dall' importatore, da un lato, sia necessario per lo smercio del prodotto nello Stato membro dell' importazione e, dall' altro, avvenga secondo modalità tali che lo stato originario del prodotto non può risultarne alterato. Per contro, tale condizione non implica che debba essere dimostrato che il titolare del marchio abbia cercato deliberatamente di isolare i mercati nazionali nella Comunità;

° sia provato che il riconfezionamento non può alterare lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione. Ciò si verifica, in particolare, qualora l' importatore si sia limitato ad effettuare operazioni che non comportano rischi di alterazione, ossia, ad esempio, a togliere placchette alveolate dalla confezione esterna originale ed a metterle in una nuova confezione esterna o ad accludere alla confezione un nuovo foglietto di avvertenze per l' uso o di informazioni. Spetta tuttavia al giudice nazionale accertare che lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione non sia indirettamente alterato dal fatto che, segnatamente, la confezione esterna o interna del prodotto riconfezionato o un nuovo foglietto di avvertenze per l' uso o di informazioni non contengano talune informazioni importanti o contengano informazioni inesatte;

° siano indicati chiaramente sulla nuova confezione l' autore del riconfezionamento del prodotto e il nome del fabbricante di questo e tali indicazioni siano stampate in modo tale che una persona dotata di vista normale e che presta una normale attenzione sia in grado di comprenderle. Non occorre invece indicare che il riconfezionamento è stato effettuato senza l' autorizzazione del titolare del marchio;

° la presentazione del prodotto riconfezionato non sia atta a nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare: così, la confezione non dev' essere difettosa, di cattiva qualità o grossolana; e

° l' importatore, prima di mettere in vendita il prodotto riconfezionato, ne informi il titolare del marchio e gli fornisca, su sua richiesta, un campione del prodotto riconfezionato.

Questa interpretazione dell' art. 36 del Trattato vale anche per l' art. 7, n. 2, della prima direttiva 89/104 sui marchi, giacché queste due norme perseguono lo stesso scopo.

Parti


Nel procedimento C-232/94,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CE, dall' Oberlandesgericht di Colonia nella causa dinanzi ad esso pendente tra

MPA Pharma GmbH

e

Rhône-Poulenc Pharma GmbH,

domanda vertente sull' interpretazione dell' art. 36 del Trattato CE, in relazione al diritto dei marchi,

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, C.N. Kakouris, J.-P. Puissochet e G. Hirsch, presidenti di sezione, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann (relatore), P. Jann e H. Ragnemalm, giudici,

avvocato generale: F.G. Jacobs

cancellieri: H. von Holstein, vicecancelliere

signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

° per la MPA Pharma GmbH, dall' avv. Wolfgang A. Rehmann, del foro di Monaco di Baviera;

° per la Rhône-Poulenc Pharma GmbH, dall' avv. Kurt Bauer, del foro di Colonia;

° per il governo francese, dalla signora Catherine de Salins, vicedirettore presso la direzione degli affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e dal signor Philippe Martinet, segretario per gli affari esteri presso la stessa direzione, in qualità di agenti;

° per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Richard Wainwright, consigliere giuridico principale, e dalla signora Angela Bardenhewer, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali della MPA Pharma GmbH, della Rhône-Poulenc Pharma GmbH, del governo francese e della Commissione all' udienza del 4 ottobre 1995,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 14 dicembre 1995,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 29 luglio 1994, pervenuta in cancelleria l' 11 agosto successivo, l' Oberlandesgericht di Colonia ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CE, talune questioni pregiudiziali relative all' interpretazione dell' art. 36 del Trattato CE in relazione al diritto dei marchi.

2 Tali questioni sono state sollevate nell' ambito di una controversia fra la società Rhône-Poulenc Pharma (in prosieguo: la "Rhône-Poulenc"), fabbricante di prodotti farmaceutici, e la società MPA Pharma (in prosieguo: la "Pharma"), che importa in Germania taluni suoi prodotti.

3 La Rhône-Poulenc è la controllata tedesca della società francese Rhône-Poulenc Rover SA, titolare del marchio Orudis in Germania e in altri paesi. Essa commercializza in Germania, su licenza della controllante, il prodotto farmaceutico Orudis retard come antireumatico in confezioni da 20, 50 e 100 compresse, contenute in placchette alveolate (blister), corrispondenti alle dimensionali raccomandate da varie associazioni professionali e commerciali e dagli enti tedeschi di assicurazione contro le malattie.

4 In Spagna l' Orudis retard è venduto, unicamente in confezioni da 20 compresse, da una consociata della Rhône-Poulenc.

5 La Pharma smercia in Germania l' Orudis retard che importa dalla Spagna in via cosiddetta parallela. Per ottenere confezioni da 50 compresse, essa riconfeziona il prodotto in nuove confezioni esterne di sua ideazione nelle quali inserisce placchette alveolate prelevate da varie confezioni originali spagnole.

6 Su ogni faccia visibile di tali nuove confezioni figura la seguente dicitura in lingua tedesca:

"MPA Import Pharmaceutical Products

50 compresse ad azione ritardata

di Orudis retard

Per via orale"

e su una delle facce principali le menzioni:

"Produttore:

Rhône-Poulenc SAE

Spagna"

e

"Impresa farmaceutica importatrice e responsabile:

MPA Pharma GmbH, D-22946 Trittau".

Su uno dei lati della confezione si legge la seguente dicitura:

"Il contenuto di questa confezione di Orudis retard è stato prodotto in Spagna dalla Rhône-Poulenc Pharma SAE, Alcorcón (Madrid), e importato e confezionato nella Repubblica federale di Germania dalla MPA Pharma GmbH, D-22946 Trittau, in conformità della normativa tedesca in materia di prodotti farmaceutici".

7 La Pharma acclude inoltre un foglietto di avvertenze per l' uso di sua ideazione.

8 La Rhône-Poulenc considera che lo smercio del prodotto riconfezionato costituisca una violazione del marchio Orudis e quindi ha convenuto in giudizio la Pharma chiedendo che le venisse ingiunto di cessare tale pratica. Poiché tale domanda è stata accolta del Landgericht, la Pharma ha interposto appello dinanzi al giudice di rinvio, il quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se la circostanza che l' esercizio del diritto nazionale di marchio, in connessione con un determinato sistema di smercio adottato dal titolare del marchio IR, determini un obiettivo isolamento dei mercati degli Stati membri sia sufficiente a far ritenere la sussistenza di restrizioni dissimulate agli scambi commerciali tra gli Stati membri, ai sensi dell' art. 36 del Trattato CE, ovvero se occorra la prova che il titolare del marchio IR, adottando quel sistema di smercio, abbia usato il proprio diritto di marchio al fine di realizzare un artificioso isolamento dei mercati

2) Se sussista 'una restrizione dissimulata al commercio fra gli Stati membri' ai sensi dell' art. 36, seconda frase, del Trattato CE, qualora il titolare di un diritto di marchio tutelato negli Stati membri A e B eserciti il proprio diritto di marchio nazionale per impedire che un importatore acquisti nello Stato membro B medicinali muniti del marchio, acquistabili nello Stato membro A solo su ricetta medica e che sono smerciati con tale marchio nello Stato membro B da un' impresa appartenente al gruppo del titolare del marchio, li riconfezioni e li metta in commercio nello Stato membro A in una nuova confezione di sua ideazione, sulla quale appone il marchio senza l' autorizzazione del titolare, qualora l' esercizio di detto diritto di marchio si risolva in un isolamento dei mercati degli Stati membri [v. questione sub 1)], sia dimostrato che il riconfezionamento non incide affatto sullo stato originario del prodotto, il titolare del marchio sia stato informato in precedenza dell' immissione in commercio del prodotto riconfenzionato e, inoltre, sulla nuova confezione siano indicati non solo produttore ed importatore, ma anche il nome della ditta che ha riconfezionato il medicinale, e qualora

a) l' indicazione di chi ha riconfezionato il prodotto non risulti sufficientemente comprensibile sulla confezione esterna, sicché può sfuggire all' attenzione della clientela,

e/o

b) né dalle indicazioni relative al riconfezionamento né da altre caratteristiche esterne del contenitore risulti che il riconfezionamento è stato operato dall' importatore senza l' assenso del titolare del marchio o dell' impresa appartenente al suo gruppo".

9 Con tali questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice nazionale chiede in sostanza che siano precisate le condizioni sussistendo le quali il titolare di un diritto di marchio, in forza dell' art. 36 del Trattato, può avvalersi di tale diritto per impedire ad un importatore di smerciare un prodotto farmaceutico che è stato messo in commercio in un altro Stato membro dal titolare o con il suo consenso, qualora il detto importatore abbia riconfezionato il prodotto e vi abbia riapposto il marchio. A questo proposito si chiede segnatamente alla Corte di spiegare l' importanza e il contenuto della nozione "isolamento artificioso dei mercati nazionali" e di pronunciarsi sull' esistenza di talune ulteriori condizioni che l' importatore deve soddisfare.

10 Prima di iniziare l' esame delle dette questioni, si deve rilevare come sia stato sostenuto dinanzi alla Corte che la normativa nazionale in questione dev' essere valutata non con riguardo all' art. 36 del Trattato, ma alla luce dell' art. 7 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d' impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la "direttiva"). Questa direttiva doveva essere recepita nell' ordinamento nazionale entro il 31 dicembre 1992, termine fissato dalla decisione del Consiglio 19 dicembre 1991, 92/10/CEE, che proroga la data di messa in vigore della direttiva 89/104/CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d' impresa (GU 1992, L 6, pag. 35).

11 Ora, poiché il giudice nazionale non ha sollevato questioni sull' interpretazione dell' art. 7 della direttiva, è sufficiente rilevare, sul punto, quanto segue.

12 Anzitutto, risulta dalla costante giurisprudenza della Corte che una direttiva non può, di per sé, creare obblighi a carico di un singolo e quindi non può essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (v., in particolare, sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 48; 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing, Racc. pag. I-4135, punto 6, e 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori, Racc. pag. I-3325, punto 20). Tuttavia, secondo la stessa giurisprudenza, nell' applicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale chiamato ad interpretarlo deve farlo, in tutta la misura possibile, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva stessa onde conseguire il risultato da questa perseguito e conformarsi così all' art. 189, terzo comma, del Trattato CE.

13 Inoltre, come risulta dall' odierna sentenza della Corte nei procedimenti riuniti C-427/93, C-429/93 e C-436/93, Bristol-Myers Squibb e a., punto 40, l' art. 7 della direttiva, al pari dell' art. 36 del Trattato, mira a conciliare gli interessi fondamentali attinenti alla tutela dei diritti di marchio e quelli relativi alla libera circolazione delle merci nel mercato comune, cosicché tali norme, che perseguono lo stesso risultato, devono essere interpretate in modo identico.

14 Per quanto riguarda l' interpretazione dell' art. 36 del Trattato, si deve ricordare che esso ammette i divieti d' importazione e le restrizioni all' importazione giustificati da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale, purché non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al commercio fra gli Stati membri.

15 Secondo una giurisprudenza costante, l' art. 36 ammette deroghe al principio fondamentale della libera circolazione delle merci nel mercato comune soltanto nei limiti in cui esse sono giustificate dalla salvaguardia dei diritti che costituiscono l' oggetto specifico della proprietà industriale e commerciale di cui trattasi.

16 Per quanto riguarda il diritto di marchio, la Corte ha affermato che esso costituisce un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il Trattato mira a stabilire. In tale sistema, le imprese debbono essere in grado di attirare la clientela con la qualità delle loro merci o dei loro servizi, il che è possibile solo grazie all' esistenza di contrassegni distintivi che consentano di identificarli. Per svolgere questa funzione il marchio deve garantire che tutti i prodotti con esso contrassegnati sono stati fabbricati sotto il controllo di un' unica impresa cui possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità (sentenze 17 ottobre 1990, causa C-10/89, HAG, Racc. pag. I-3711, punto 13; in prosieguo: la "sentenza HAG II"; 22 giugno 1994, causa C-9/93, IHT Internationale Heiztechnik e Danziger, Racc. pag. I-2789, punti 37 e 45).

17 Di conseguenza, come la Corte ha più volte rilevato, l' oggetto specifico del diritto di marchio consiste segnatamente nel garantire al titolare il diritto esclusivo di utilizzare il marchio per la prima messa in commercio del prodotto e di tutelarlo in tal modo dai concorrenti che volessero abusare della posizione e della reputazione del marchio vendendo prodotti indebitamente contrassegnati con questo (v., in particolare, sentenze 23 maggio 1978, causa 102/77, Hoffmann-La Roche, Racc. pag. 1139, punto 7; 3 dicembre 1981, causa 1/81, Pfizer, Racc. pag. 2913, punto 7; HAG II, citata, punto 14, e IHT Internationale Heiztechnick e Danziger, citata, punto 33).

18 Ne deriva in particolare che il titolare di un diritto di marchio tutelato dalle norme di uno Stato membro non può invocare tali norme per opporsi all' importazione o allo smercio di un prodotto che è stato messo in commercio in un altro Stato membro da lui stesso o con il suo consenso (v., in particolare, sentenze 31 ottobre 1974, causa 16/74, Winthrop, Racc. pag. 1183, punti 7-11; HAG II, citata, punto 12, e IHT Internationale Heiztechnick e Danziger, citata, punti 33 e 34).

19 Infatti, l' oggetto del diritto di marchio non consiste nel consentire ai titolari di isolare i mercati nazionali e di favorire in tal modo la conservazione delle differenze di prezzo che possono esistere fra gli Stati membri. Vero è che, specialmente sul mercato dei prodotti farmaceutici, tali differenze di prezzo possono derivare da fattori sui quali i titolari dei marchi non esercitano alcun controllo, in particolare dalle normative, divergenti da uno Stato membro all' altro, sulla fissazione dei prezzi massimi, dai margini di utile dei grossisti di prodotti farmaceutici e delle farmacie o dai massimali di rimborso delle spese mediche previsti dai regimi di assicurazione contro le malattie. Orbene, alle distorsioni provocate da una diversa disciplina dei prezzi vigente in uno Stato membro deve ovviarsi mediante provvedimenti emanati dalle istituzioni comunitarie, non con l' istituzione, da parte di un altro Stato membro, di misure incompatibili con le norme relative alla libera circolazione delle merci (v., in particolare, sentenza Winthrop, citata, punti 16 e 17).

20 Per stabilire se il diritto esclusivo riconosciuto al titolare del marchio implichi la facoltà di opporsi all' utilizzazione del marchio da parte di un terzo dopo il riconfezionamento del prodotto, occorre tener conto della funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire al consumatore o all' utente finale l' identità originale del prodotto contrassegnato dal marchio, consentendogli di distinguerlo senza alcuna possibilità di confusione da prodotti di provenienza diversa. Tale garanzia di provenienza implica per il consumatore o per l' utente finale la certezza che il prodotto marchiato che gli viene offerto non ha subito, in una precedente fase della commercializzazione, alcun intervento da parte di un terzo, senza l' autorizzazione del titolare del marchio, che ne abbia alterato lo stato originario (citate sentenze Hoffmann-La Roche, punto 7, e Pfizer, punto 8).

21 Ne consegue che il diritto riconosciuto al titolare del marchio di opporsi a qualsiasi uso del marchio stesso che possa falsare la garanzia di provenienza, intesa nel senso sopra menzionato, rientra nell' oggetto specifico del diritto di marchio, la cui tutela può giustificare deroghe al principio fondamentale della libera circolazione delle merci (citate sentenze Hoffmann-La Roche, punto 7, e Pfizer, punto 9).

22 Nella citata sentenza Hoffmann-La Roche la Corte ha dichiarato che, in base ai principi sopra richiamati, l' art. 36 del Trattato dev' essere interpretato nel senso che il titolare di un diritto di marchio può avvalersene per impedire ad un importatore di smerciare un prodotto messo in commercio in un altro Stato membro dal titolare o con il suo consenso, qualora il detto importatore abbia riconfezionato il prodotto in una nuova confezione sulla quale è stato riapposto il marchio, a meno che

° sia provato che l' esercizio del diritto di marchio da parte del titolare, tenuto conto del sistema di distribuzione da questo adottato, contribuirebbe ad isolare artificiosamente i mercati nazionali nell' ambito della Comunità;

° sia dimostrato che il riconfezionamento non può alterare lo stato originario del prodotto;

° il titolare del marchio venga previamente informato della messa in vendita del prodotto riconfezionato;

° sulla nuova confezione sia precisato da chi è stato effettuato il riconfezionamento.

23 Occorre tuttavia precisare questa giurisprudenza in considerazione degli argomenti prospettati in questo procedimento e nei procedimenti riuniti Bristol-Myers Squibb e a., citati, e C-71/94, C-72/94 e C-73/94, Eurim-Pharm Arzneimittel, nei quali la Corte si è pronunciata in data odierna.

Per quanto riguarda l' isolamento artificioso dei mercati nazionali nell' ambito della Comunità

24 Si deve rilevare che l' uso del diritto di marchio da parte del suo titolare per opporsi allo smercio, con il suo marchio, dei prodotti riconfezionati da un terzo contribuirebbe ad isolare i mercati nazionali nella Comunità, segnatamente nel caso in cui il titolare abbia messo in commercio in vari Stati membri un prodotto farmaceutico identico in confezioni diverse e tale prodotto non possa essere, nello Stato in cui il titolare del diritto lo ha messo in commercio in uno Stato membro, importato e smerciato in un altro Stato membro da un importatore parallelo.

25 Ne consegue che il titolare del marchio non può opporsi al riconfezionamento del prodotto in una nuova confezione esterna quando il formato usato dal titolare nello Stato membro nel quale l' importatore ha acquistato il prodotto non può essere smerciato nello Stato membro in cui avviene l' importazione a causa, in particolare, di una normativa che autorizza solo confezioni aventi un determinato formato o di una prassi nazionale in tal senso, di norme in materia di assicurazione contro le malattie che subordinano al formato della confezione il rimborso delle spese mediche o di consolidate prassi in materia di prescrizioni mediche che si basano, fra l' altro, su norme dimensionali raccomandate da associazioni di categoria e dagli enti di assicurazione contro le malattie.

26 A questo proposito va precisato che, qualora, in conformità delle norme e delle prassi vigenti nello Stato membro importatore, il titolare usi in tale Stato confezioni di formati diversi, il fatto che uno di tali formati sia smerciato anche nello Stato membro esportatore non è sufficiente perché si possa concludere che non è necessario riconfezionare il prodotto. Infatti, sussisterebbe un isolamento dei mercati se l' importatore potesse smerciare il prodotto soltanto su una parte limitata del mercato di questo.

27 Per contro, il titolare può opporsi al riconfezionamento del prodotto in una nuova confezione esterna quando l' importatore è in grado di realizzare una confezione smerciabile nello Stato membro in cui avviene l' importazione, ad esempio apponendo sulla confezione originale esterna o interna nuove etichette redatte nella lingua di tale Stato o aggiungendovi un nuovo foglietto contenente avvertenze per l' uso o informazioni nella detta lingua.

28 Infatti, la facoltà del titolare di un diritto di marchio tutelato in uno Stato membro di opporsi allo smercio, con il detto marchio, dei prodotti riconfezionati dev' essere limitata solo se il riconfezionamento effettuato dall' importatore sia necessario per lo smercio del prodotto nello Stato membro importatore.

29 Va precisato, infine, che, contrariamente a quanto sostiene la convenuta nella causa principale, l' uso, da parte della Corte, dell' espressione "isolamento artificioso dei mercati nazionali" non implica che l' importatore debba dimostrare che, mettendo in commercio in vari Stati membri lo stesso prodotto in confezioni diverse, il titolare del marchio abbia intenzionalmente cercato di isolare i mercati nazionali nella Comunità. Infatti, specificando che deve trattarsi di un isolamento artificioso, la Corte ha voluto sottolineare che il titolare può sempre far valere il diritto di marchio per opporsi allo smercio dei prodotti riconfezionati quando ciò sia giustificato dalla necessità di salvaguardare la funzione essenziale del marchio, e in tal caso l' isolamento che ne deriva non può essere considerato artificioso.

Per quanto riguarda l' alterazione dello stato originario del prodotto

30 A questo proposito occorre precisare anzitutto che la nozione di alterazione dello stato originario del prodotto si riferisce allo stato del prodotto contenuto nella confezione.

31 Quindi, il titolare di un diritto di marchio può opporsi a riconfezionamenti che implichino il rischio di esporre il prodotto contenuto nella confezione a manipolazioni o influenze che incidano sul suo stato originario. Per giudicare se ciò si verifichi, è necessario tener conto, come la Corte ha rilevato nel punto 10 della citata sentenza Hoffmann-La Roche, della natura del prodotto e delle modalità del riconfezionamento.

32 Per quanto riguarda i prodotti farmaceutici, dallo stesso punto della citata sentenza Hoffmann-La Roche risulta che il riconfezionamento deve considerarsi effettuato in circostanze che non possono alterare lo stato originario del prodotto qualora, in particolare, il titolare del marchio abbia messo in commercio il prodotto in una confezione doppia e il riconfezionamento interessi soltanto la confezione esterna, lasciando intatta quella interna, oppure quando le operazioni di riconfezionamento sono controllate da una pubblica autorità al fine di garantire l' integrità del prodotto.

33 Deriva pertanto da tale giurisprudenza che il semplice fatto di togliere placchette alveolate dalla confezione esterna originale e di metterle con una o più confezioni originali in una nuova confezione esterna o di inserirle in un' altra confezione originale non è idoneo ad alterare lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione.

34 E' stato però sostenuto dinanzi alla Corte che anche tali manipolazioni comportano il rischio di alterazioni dello stato originario del prodotto. Ad esempio, le placchette alveolate prelevate da confezioni originali diverse e collocate tutte assieme in un' unica confezione esterna potrebbero provenire da partite prodotte in momenti diversi ed avere date di scadenza diverse.

35 Questo argomento non può essere accolto. Non può ammettersi, infatti, che ogni rischio ipotetico di errore isolato sia sufficiente per attribuire al titolare del marchio il diritto di opporsi in ogni caso al riconfezionamento dei prodotti farmaceutici in nuove confezioni esterne.

36 Per quanto riguarda un' operazione consistente nell' aggiungere alla confezione un nuovo foglietto contenente avvertenze per l' uso o informazioni nella lingua dello Stato membro importatore, nulla consente di presumere che lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione ne risulti direttamente alterato.

37 Tuttavia, si deve ammettere che lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione può essere indirettamente alterato qualora, in particolare, la confezione esterna o interna del prodotto riconfezionato o un nuovo foglietto di avvertenze per l' uso o di informazioni non contengano talune informazioni importanti o rechino informazioni inesatte per quanto riguarda la natura del prodotto, la sua composizione, il suo effetto, il suo uso o la sua conservazione.

38 Spetta al giudice nazionale stabilire se ciò si verifichi, in particolare facendo un raffronto con il prodotto smerciato dal titolare del marchio nello Stato membro dell' importazione. Non si deve escludere, tuttavia, la facoltà dell' importatore di fornire talune informazioni supplementari, purché tali informazioni non contraddicano quelle fornite dal titolare nello Stato membro in cui avviene l' importazione. Tale condizione è soddisfatta quando si tratti, segnatamente, di informazioni diverse rese necessarie dal tipo di confezione usato dal titolare nello Stato membro esportatore.

Per quanto riguarda le altre condizioni che l' importatore parallelo deve soddisfare

39 Nel caso in cui il riconfezionamento sia effettuato secondo modalità che non possono alterare lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione, la funzione essenziale del marchio come garanzia di provenienza è salvaguardata. Infatti, il consumatore o l' utilizzatore finale non sono indotti in errore circa la provenienza del prodotto, ma ricevono effettivamente prodotti fabbricati sotto il controllo unico del titolare del marchio.

40 Orbene, si deve rilevare che, sebbene, ricorrendo tali presupposti, la conclusione secondo cui il titolare non può far valere il diritto di marchio per opporsi allo smercio, con il suo marchio, dei prodotti riconfezionati da un importatore sia necessaria per garantire la libera circolazione delle merci, essa equivale però a riconoscere all' importatore una certa facoltà che, di regola, è riservata allo stesso titolare.

41 Di conseguenza, nell' interesse del titolare, in quanto proprietario del marchio e per proteggerlo contro qualsiasi abuso, occorre ammettere tale facoltà solo se l' importatore rispetta talune altre condizioni, come la Corte ha affermato nella citata sentenza Hoffmann-La Roche.

42 Così, tenuto conto dell' interesse del titolare del marchio a che il consumatore o l' utilizzatore finale non possano essere indotti a considerarlo responsabile del riconfezionamento, è necessario che sulla confezione sia indicato l' autore di questa operazione.

43 Come la Corte ha già precisato, tale indicazione deve figurare chiaramente sulla confezione esterna del prodotto riconfezionato (citate sentenze Hoffmann-La Roche, punto 12, e Pfizer, punto 11). Ciò implica, come ha rilevato l' avvocato generale nel paragrafo 128 delle sue conclusioni, che il giudice nazionale deve valutare se essa sia stampata in modo da essere compresa da una persona dotata di vista normale che presti una normale attenzione.

44 Per contro, non è necessario esigere che sulla confezione figuri l' espressa menzione che il riconfezionamento è stato effettuato senza l' autorizzazione del titolare del marchio. Infatti, come ha osservato l' avvocato generale nel paragrafo 88 delle sue conclusioni, tale menzione potrebbe essere intesa come implicante che il prodotto riconfezionato non è del tutto regolare.

45 Tuttavia, come deriva dal punto 11 della citata sentenza Pfizer, si può esigere che sulla confezione esterna sia chiaramente indicato da chi è stato fabbricato il prodotto, giacché il fabbricante può avere interesse a che il consumatore o l' utilizzatore finale non vengano indotti a credere che l' importatore sia titolare del marchio e che il prodotto sia stato fabbricato sotto il suo controllo.

46 Anche quando sulla confezione è indicato l' autore del riconfezionamento del prodotto, non può escludersi che la reputazione del marchio e, quindi, quella del suo titolare possano ugualmente essere scalfite da un' inadeguata presentazione del prodotto riconfezionato. In tale ipotesi il titolare del marchio ha un interesse legittimo, connesso all' oggetto specifico del diritto di marchio, a poter opporsi alla messa in commercio del prodotto. Per giudicare se la presentazione del prodotto riconfezionato sia atta a nuocere alla reputazione del marchio occorre tener conto della natura del prodotto e del mercato al quale questo è destinato.

47 Per quanto riguarda i prodotti farmaceutici, è innegabile che si tratta di un settore delicato in cui il pubblico è particolarmente esigente quanto alla qualità e all' integrità del prodotto e che, in realtà, la presentazione del prodotto può ispirare la fiducia del pubblico sotto questo profilo. Di conseguenza, una confezione difettosa, di cattiva qualità o grossolana potrebbe nuocere alla reputazione del marchio.

48 Ciò premesso, le condizioni che la presentazione di un prodotto farmaceutico riconfezionato deve soddisfare variano secondo che si tratti di prodotti venduti ai nosocomi oppure, attraverso le farmacie, ai consumatori. Nel primo caso, i prodotti farmaceutici sono somministrati ai pazienti da personale competente e quindi la loro presentazione non ha grande importanza. Nel secondo caso, la presentazione riveste maggiore importanza per il consumatore, anche se il fatto che si tratti di prodotti prescritti dal medico può, di per sé, ispirare al consumatore una certa fiducia nella loro qualità.

49 Infine, come la Corte ha rilevato nella citata sentenza Hoffmann-La Roche, il titolare del marchio dev' essere previamente informato della messa in vendita del prodotto riconfezionato. Inoltre, il titolare può esigere che l' importatore gli fornisca un campione di tale prodotto prima di metterlo in commercio per poter accertare che il riconfezionamento non è stato effettuato in modo da alterare direttamente o indirettamente lo stato originario del prodotto e che la presentazione del prodotto a seguito del riconfezionamento non è atta a nuocere alla reputazione del marchio. Tale esigenza, per di più, consente al titolare del marchio di tutelarsi meglio contro le attività dei contraffattori.

50 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le questioni pregiudiziali vanno risolte come segue: l' art. 36 del Trattato dev' essere interpretato nel senso che il titolare di un diritto di marchio può avvalersi di tale diritto per impedire a un importatore di smerciare un prodotto farmaceutico che è stato messo in commercio in un altro Stato membro dal titolare o con il suo consenso, qualora il detto importatore abbia riconfezionato il prodotto e vi abbia riapposto il marchio, a meno che

° sia provato che l' esercizio del diritto di marchio da parte del titolare per opporsi allo smercio dei prodotti riconfezionati con il detto marchio contribuirebbe ad isolare artificiosamente i mercati nazionali nell' ambito della Comunità. Ciò si verifica, in particolare, qualora il titolare abbia messo in commercio in vari Stati membri un prodotto farmaceutico identico in confezioni diverse e il riconfezionamento effettuato dall' importatore, da un lato, sia necessario per lo smercio del prodotto nello Stato membro dell' importazione e, dall' altro, avvenga secondo modalità tali che lo stato originario del prodotto non può risultarne alterato. Per contro, tale condizione non implica che debba essere dimostrato che il titolare del marchio abbia cercato deliberatamente di isolare i mercati nazionali nella Comunità;

° sia provato che il riconfezionamento non può alterare lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione. Ciò si verifica, in particolare, qualora l' importatore si sia limitato ad effettuare operazioni che non comportano rischi di alterazione, ossia, ad esempio, a togliere placchette alveolate dalla confezione esterna originale ed a metterle in una nuova confezione esterna o ad accludere alla confezione un nuovo foglietto di avvertenze per l' uso o di informazioni. Spetta tuttavia al giudice nazionale accertare che lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione non sia indirettamente alterato dal fatto che, segnatamente, la confezione esterna o interna del prodotto riconfezionato o un nuovo foglietto di avvertenze per l' uso o di informazioni non contengano talune informazioni importanti o contengano informazioni inesatte;

° siano indicati chiaramente sulla nuova confezione l' autore del riconfezionamento del prodotto e il nome del fabbricante di questo e tali indicazioni siano stampate in modo tale che una persona dotata di vista normale e che presta una normale attenzione sia in grado di comprenderle. Non occorre invece indicare che il riconfezionamento è stato effettuato senza l' autorizzazione del titolare del marchio;

° la presentazione del prodotto riconfezionato non sia atta a nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare: così, la confezione non dev' essere difettosa, di cattiva qualità o grossolana, e

° l' importatore, prima di mettere in vendita il prodotto riconfezionato, ne informi il titolare del marchio e gli fornisca, su sua richiesta, un campione del prodotto riconfezionato.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

51 Le spese sostenute dal governo francese e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall' Oberlandesgericht di Colonia con ordinanza 29 luglio 1994, dichiara:

L' art. 36 del Trattato dev' essere interpretato nel senso che il titolare di un diritto di marchio può avvalersi di tale diritto per impedire a un importatore di smerciare un prodotto farmaceutico che è stato messo in commercio in un altro Stato membro dal titolare o con il suo consenso, qualora il detto importatore abbia riconfezionato il prodotto e vi abbia riapposto il marchio, a meno che

° sia provato che l' esercizio del diritto di marchio da parte del titolare per opporsi allo smercio dei prodotti riconfezionati con il detto marchio contribuirebbe ad isolare artificiosamente i mercati nazionali nell' ambito della Comunità. Ciò si verifica, in particolare, qualora il titolare abbia messo in commercio in vari Stati membri un prodotto farmaceutico identico in confezioni diverse e il riconfezionamento effettuato dall' importatore, da un lato, sia necessario per lo smercio del prodotto nello Stato membro dell' importazione e, dall' altro, avvenga secondo modalità tali che lo stato originario del prodotto non può risultarne alterato. Per contro, tale condizione non implica che debba essere dimostrato che il titolare del marchio abbia cercato deliberatamente di isolare i mercati nazionali nella Comunità;

° sia provato che il riconfezionamento non può alterare lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione. Ciò si verifica, in particolare, qualora l' importatore si sia limitato ad effettuare operazioni che non comportano rischi di alterazione, ossia, ad esempio, a togliere placchette alveolate dalla confezione esterna originale ed a metterle in una nuova confezione esterna o ad accludere alla confezione un nuovo foglietto di avvertenze per l' uso o di informazioni. Spetta tuttavia al giudice nazionale accertare che lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione non sia indirettamente alterato dal fatto che, segnatamente, la confezione esterna o interna del prodotto riconfezionato o un nuovo foglietto di avvertenze per l' uso o di informazioni non contengano talune informazioni importanti o contengano informazioni inesatte;

° siano indicati chiaramente sulla nuova confezione l' autore del riconfezionamento del prodotto e il nome del fabbricante di questo e tali indicazioni siano stampate in modo tale che una persona dotata di vista normale e che presta una normale attenzione sia in grado di comprenderle. Non occorre invece indicare che il riconfezionamento è stato effettuato senza l' autorizzazione del titolare del marchio;

° la presentazione del prodotto riconfezionato non sia atta a nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare: così, la confezione non dev' essere difettosa, di cattiva qualità o grossolana; e

° l' importatore, prima di mettere in vendita il prodotto riconfezionato, ne informi il titolare del marchio e gli fornisca, su sua richiesta, un campione del prodotto riconfezionato.