ISSN 1977-0707

doi:10.3000/19770707.L_2013.180.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 180

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

56o anno
29 giugno 2013


Sommario

 

I   Atti legislativi

pagina

 

 

REGOLAMENTI

 

*

Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l'Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia

1

 

*

Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide

31

 

 

DIRETTIVE

 

*

Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale

60

 

*

Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale

96

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


I Atti legislativi

REGOLAMENTI

29.6.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 180/1


REGOLAMENTO (UE) N. 603/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 26 giugno 2013

che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (rifusione)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 78, paragrafo 2, lettera e), l'articolo 87, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 88, paragrafo 2, lettera a),

vista la proposta della Commissione europea,

visto il parere del garante europeo della protezione dei dati (1),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),

considerando quanto segue:

(1)

È necessario apportare una serie di modifiche sostanziali al regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell'11 dicembre 2000, che istituisce l'"Eurodac" per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino (3) e al regolamento (CE) n. 407/2002 del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che definisce talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 2725/2000 che istituisce l'"Eurodac" per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino (4). È quindi opportuno provvedere, per ragioni di chiarezza, alla rifusione di tali regolamenti.

(2)

Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un sistema europeo comune di asilo, costituisce un elemento fondamentale dell'obiettivo dell'Unione europea relativo alla progressiva realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano protezione internazionale nell'Unione.

(3)

Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha adottato il programma dell'Aia, che ha fissato gli obiettivi da conseguire nel periodo 2005-2010 nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Il patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, approvato dal Consiglio europeo del 15-16 ottobre 2008, ha chiesto il completamento dell'istituzione del sistema europeo comune di asilo introducendo una procedura unica, che preveda garanzie comuni e uno status uniforme per i rifugiati e per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria.

(4)

Ai fini dell'applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (5), è necessario determinare l'identità dei richiedenti protezione internazionale e delle persone fermate in relazione all'attraversamento irregolare delle frontiere esterne dell'Unione. È inoltre auspicabile, ai fini di un'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 e, in particolare, dell'articolo 18, paragrafo 1, lettere b) e d), consentire a ciascuno Stato membro di accertare se un cittadino di un paese terzo o un apolide trovato in condizioni di soggiorno irregolare nel suo territorio abbia presentato domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro.

(5)

Costituendo le impronte digitali un elemento importante per la determinazione dell'identità esatta di tali persone, occorre istituire un sistema per il confronto dei dati relativi alle loro impronte digitali.

(6)

A tal fine, è necessario istituire un sistema denominato ‧Eurodac‧, comprendente un sistema centrale, che gestirà una banca dati centrale informatizzata di dati relativi alle impronte digitali, e i mezzi telematici necessari per le trasmissioni tra gli Stati membri e il sistema centrale ("infrastruttura di comunicazione").

(7)

Il programma dell'Aia ha sollecitato il miglioramento dell'accesso agli archivi di dati esistenti nell'Unione. Inoltre, il programma di Stoccolma ha auspicato una raccolta di dati ben mirata e uno sviluppo dello scambio di informazioni e dei relativi strumenti, dettato dalle esigenze in materia di applicazione della legge.

(8)

Nella lotta al terrorismo e ad altri reati gravi è essenziale che le autorità di contrasto dispongano delle informazioni più complete e aggiornate possibili per poter svolgere i loro compiti. Le informazioni contenute nell'Eurodac sono necessarie a fini di prevenzione, accertamento o indagine di reati di terrorismo di cui alla decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (6), o di altri reati gravi di cui alla decisione quadro del Consiglio 2002/584/GAI, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (7). È pertanto necessario che i dati dell'Eurodac siano messi a disposizione delle autorità designate dagli Stati membri e dell'Ufficio europeo di polizia (Europol) a fini di confronto, nel rispetto delle condizioni previste dal presente regolamento.

(9)

I poteri conferiti alle autorità di contrasto di accedere all'Eurodac dovrebbero lasciare impregiudicato il diritto di un richiedente protezione internazionale di vedere esaminata la propria domanda a tempo debito conformemente al diritto vigente. Inoltre, anche l'eventuale seguito dato dopo aver ottenuto una "risposta pertinente" dall'Eurodac dovrebbe lasciare impregiudicato tale diritto.

(10)

La Commissione, nella sua comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 24 novembre 2005, concernente il miglioramento dell'efficienza e l'incremento dell'interoperabilità e delle sinergie tra le banche dati europee nel settore della giustizia e degli affari interni, ritiene che le autorità incaricate della sicurezza interna potrebbero accedere all'Eurodac in casi ben definiti, qualora vi sia il fondato sospetto che l'autore di un reato di terrorismo o altro reato grave abbia presentato domanda di protezione internazionale. In detta comunicazione la Commissione dichiara inoltre che, ai fini del rispetto del principio di proporzionalità, occorre che l'Eurodac sia interrogato a questo scopo soltanto quando prevalga l'interesse della sicurezza pubblica, vale a dire qualora il reato o l'atto terroristico del quale si cerca di identificare l'autore sia così riprovevole da giustificare l'interrogazione di una banca dati contenente dati relativi a persone con la fedina penale pulita, e conclude che i limiti che le autorità responsabili della sicurezza interna devono rispettare per poter consultare l'Eurodac devono pertanto essere sempre molto più elevati rispetto a quelli fissati per l'interrogazione di banche dati giudiziarie.

(11)

Inoltre, Europol svolge un ruolo fondamentale nell'ambito della cooperazione tra le autorità degli Stati membri nel settore dell'investigazione di reati transfrontalieri, contribuendo alla prevenzione, all'analisi e all'indagine di attività criminali su scala europea. Pertanto, anche Europol dovrebbe avere accesso all'Eurodac nel quadro dei suoi compiti e in conformità della decisione 2009/371/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l'Ufficio europeo di polizia (Europol) (8).

(12)

Le richieste di confronto con i dati Eurodac da parte di Europol dovrebbero essere autorizzate unicamente in casi specifici, in circostanze ben definite e sotto rigide condizioni.

(13)

Poiché l'Eurodac è stato originariamente istituito per agevolare l'applicazione della convenzione di Dublino, l'accesso all'Eurodac al fine di prevenire, accertare o indagare reati di terrorismo o altri reati gravi costituisce una nuova finalità rispetto a quella iniziale, nonché un'ingerenza nel diritto fondamentale al rispetto della vita privata di coloro i cui dati personali sono trattati nell'Eurodac. Un'ingerenza di questo tipo deve essere prevista dalla legge, che deve essere formulata con precisione sufficiente a consentire all'individuo di adeguare il proprio comportamento, e deve tutelare dall'arbitrarietà e indicare con sufficiente chiarezza il potere discrezionale conferito alle autorità competenti e il modo in cui tale potere è esercitato. In una società democratica qualunque ingerenza deve essere necessaria per proteggere un interesse legittimo e proporzionato e deve essere commisurata all'obiettivo legittimo che intende perseguire.

(14)

La finalità iniziale dell'istituzione dell'Eurodac non rendeva necessario prevedere la possibilità di chiedere confronti con la banca dati sulla base di un'impronta digitale latente, vale a dire di una traccia dattiloscopica rilevabile sul luogo del reato; tale possibilità è tuttavia fondamentale nel settore della cooperazione di polizia. La possibilità di confrontare un'impronta digitale latente con i dati relativi alle impronte digitali conservati nell'Eurodac, nei casi in cui si può ragionevolmente ritenere che l'autore o la vittima di un reato possano rientrare in una delle categorie contemplate dal presente regolamento, rappresenta, per le autorità designate dagli Stati membri, uno strumento utilissimo per la prevenzione, l'accertamento o l'indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi, quando per esempio l'unica prova disponibile sul luogo del reato consiste nelle impronte latenti.

(15)

Il presente regolamento stabilisce altresì le condizioni alle quali dovrebbero essere autorizzate le richieste di confronto dei dati relativi alle impronte digitali con i dati Eurodac a fini di prevenzione, accertamento o indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi, e le garanzie necessarie per assicurare la tutela del diritto fondamentale al rispetto della vita privata di coloro i cui dati personali sono trattati nell'Eurodac. Il rigore di dette condizioni rispecchia il fatto che la banca dati Eurodac registra i dati relativi alle impronte digitali di persone che non si presume abbiano commesso un reato di terrorismo o un altro reato grave.

(16)

Per assicurare la parità di trattamento di tutti i richiedenti e beneficiari di protezione internazionale, e per garantire la coerenza con l'acquis dell'Unione vigente in materia di asilo, in particolare con la direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (9), e con il regolamento (UE) n. 604/2013 è opportuno estendere l'ambito di applicazione del presente regolamento al fine di includervi i richiedenti protezione sussidiaria e i le persone aventi titolo a beneficiare di tale protezione.

(17)

È altresì necessario invitare gli Stati membri a rilevare e trasmettere tempestivamente i dati relativi alle impronte digitali di tutti i richiedenti protezione internazionale e di tutti i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che vengano fermati in relazione all'attraversamento irregolare di una frontiera esterna di uno Stato membro, qualora costoro abbiano almeno 14 anni.

(18)

È necessario dettare disposizioni precise in ordine alla trasmissione al sistema centrale dei dati relativi a tali impronte digitali, alla registrazione, nel sistema centrale, dei dati suddetti e di altri dati pertinenti, alla loro memorizzazione, al loro confronto con altri dati relativi a impronte digitali, nonché in ordine alla trasmissione dei risultati di tali confronti e al contrassegno ed alla cancellazione dei dati registrati. Dette disposizioni possono differire ed essere specificamente adattate per quanto riguarda altre categorie di cittadini di paesi terzi o apolidi.

(19)

Gli Stati membri dovrebbero assicurare la trasmissione di dati relativi alle impronte digitali di qualità adeguata ai fini del confronto mediante il sistema informatizzato per il riconoscimento delle impronte digitali. È opportuno che tutte le autorità aventi diritto di accesso all'Eurodac investano in idonee iniziative di formazione e nelle necessarie attrezzature tecniche. Le autorità aventi diritto di accesso all'Eurodac dovrebbero comunicare all'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, scurezza e giustizia, istituita dal regolamento (UE) n. 1077/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) (l'"Agenzia"), le difficoltà specifiche incontrate con riguardo alla qualità dei dati, onde consentire di porvi rimedio.

(20)

Il fatto che sia temporaneamente o permanentemente impossibile rilevare e/o trasmettere i dati relativi alle impronte digitali di una persona, per ragioni quali la qualità insufficiente dei dati ai fini di un confronto adeguato, problemi tecnici o motivi connessi alla tutela della salute, o che la persona interessata sia priva della capacità o della possibilità di far rilevare le proprie impronte digitali a causa di circostanze che esulano dal suo controllo, non influisce negativamente sull'esame o sulla decisione concernenti la domanda di protezione internazionale presentata da tale persona.

(21)

È opportuno che le risposte pertinenti ottenute dall'Eurodac siano verificate da un esperto avente una formazione specifica in dattiloscopia in modo da garantire l'esatta determinazione della competenza ai sensi del regolamento (UE) n. 604/2013 e la corretta identificazione dell'autore presunto o della vittima di un reato i cui dati potrebbero figurare nell'Eurodac.

(22)

I cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno presentato domanda di protezione internazionale in uno Stato membro possono avere la possibilità di chiedere protezione internazionale per vari anni ancora in un altro Stato membro. Pertanto, il periodo massimo durante il quale le impronte digitali dovrebbero essere conservate dal sistema centrale dovrebbe essere piuttosto lungo. Dato che la maggior parte dei cittadini di paesi terzi e degli apolidi che hanno soggiornato nell'Unione per vari anni avranno ottenuto uno status giuridico definito ovvero avranno persino acquisito la cittadinanza di uno Stato membro al termine di tale periodo, si ritiene che dieci anni costituiscano un periodo ragionevole per la conservazione dei dati relativi alle impronte digitali.

(23)

Il periodo di conservazione dovrebbe essere ridotto in talune situazioni particolari in cui non vi sia necessità di conservare i dati dattiloscopici così a lungo. I dati dattiloscopici dovrebbero essere cancellati non appena i cittadini di paesi terzi e gli apolidi cui tali dati si riferiscono acquisiscono la cittadinanza di uno Stato membro.

(24)

È opportuno conservare i dati di coloro le cui impronte digitali sono state inizialmente registrate nell'Eurodac al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale e ai quali è stata riconosciuta la protezione in uno Stato membro, al fine di consentire il confronto di detti dati con quelli registrati al momento della presentazione di una domanda di protezione internazionale.

(25)

L'agenzia è stata incaricata di svolgere i compiti della Commissione relativi alla gestione operativa dell'Eurodac ai sensi del presente regolamento, nonché di determinati aspetti dell'infrastruttura di comunicazione a decorrere dalla data in cui l'agenzia é entrata in funzione il 1o dicembre 2012. L'agenzia dovrebbe assumere i compiti ad essa conferiti dal presente regolamento e le disposizioni in materia del regolamento (UE) n. 1077/2011 dovrebbero essere modificate di conseguenza. Inoltre, Europol dovrebbe beneficiare dello status di osservatore alle riunioni del consiglio di amministrazione dell'agenzia quando è all'ordine del giorno una questione relativa all'applicazione del presente regolamento riguardante l'accesso per la consultazione dell'Eurodac da parte delle autorità designate dagli Stati membri e di Europol a fini di prevenzione, accertamento o indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi. È opportuno che Europol possa nominare un rappresentante in seno al gruppo consultivo Eurodac dell'agenzia.

(26)

Lo statuto dei funzionari dell'Unione europea ("statuto dei funzionari") e il regime applicabile agli altri agenti dell'Unione europea ("regime applicabile"), stabiliti con regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio (11) (indicati complessivamente come "statuto dei funzionari"), dovrebbero applicarsi a tutti i membri del personale dell'agenzia che si occupano di questioni attinenti al presente regolamento.

(27)

È necessario precisare chiaramente le competenze rispettive della Commissione e dell'agenzia, nei riguardi del sistema centrale e dell'infrastruttura di comunicazione, e degli Stati membri, per quanto concerne il trattamento, la sicurezza, l'accesso e la rettifica dei dati registrati.

(28)

È necessario designare le autorità competenti degli Stati membri e il punto di accesso nazionale attraverso i quali sono inoltrate le richieste di confronto con i dati Eurodac, e conservare un elenco delle unità operative in seno alle autorità designate autorizzate a chiedere tale confronto ai fini specifici della prevenzione, dell'accertamento o dell'indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi.

(29)

Le richieste di confronto con i dati conservati nel sistema centrale dovrebbero essere presentate dalle unità operative in seno alle autorità designate al punto di accesso nazionale attraverso l'autorità di verifica e dovrebbero essere motivate. Le unità operative in seno alle autorità designate che sono autorizzate a chiedere i confronti con i dati Eurodac non dovrebbero agire in qualità di autorità di verifica. Le autorità di verifica dovrebbero agire in piena indipendenza rispetto alle autorità designate e dovrebbero assicurare, in modo indipendente, l'assoluta conformità alle condizioni di accesso previste nel presente regolamento, per poi trasmettere la richiesta di confronto, senza comunicare le ragioni della medesima, al sistema centrale attraverso il punto di accesso nazionale, previa verifica del rispetto di tutte le condizioni di accesso. In casi eccezionali di urgenza in cui sia necessario un accesso tempestivo per rispondere a una minaccia specifica e reale connessa a reati di terrorismo o altri reati gravi, l'autorità di verifica dovrebbe trattare la richiesta immediatamente ed effettuare la verifica a posteriori.

(30)

L'autorità designata e l'autorità di verifica possono far parte della stessa organizzazione se il diritto nazionale lo consente, ma l'autorità di verifica dovrebbe agire con indipendenza quando svolge i propri compiti ai sensi del presente regolamento.

(31)

Ai fini della protezione dei dati personali e per escludere confronti sistematici, che dovrebbero essere vietati, il trattamento dei dati Eurodac dovrebbe avvenire solo in casi specifici e quando necessario a fini di prevenzione, accertamento o indagine di reati di terrorismo o altri reati gravi. Costituisce un caso specifico il fatto che la richiesta di confronto sia connessa a un evento specifico e concreto o a un pericolo specifico e concreto associato a un reato di terrorismo o a un altro reato grave, oppure a persone specifiche nei cui confronti sussistano fondati motivi di ritenere che intendano commettere o abbiano commesso un tale reato. Un altro caso specifico è quello in cui la richiesta di confronto è connessa a una persona che è vittima di un reato di terrorismo o altro reato grave. Le autorità designate ed Europol dovrebbero pertanto chiedere un confronto con Eurodac soltanto quando hanno fondati motivi per ritenere che tale confronto fornisca informazioni che contribuiranno in modo sostanziale alla prevenzione, all'accertamento o all'indagine di reati di terrorismo o altri reati gravi.

(32)

Inoltre, l'accesso dovrebbe essere consentito soltanto a condizione che i confronti con le banche dati nazionali d'identificazione dattiloscopica degli Stati membri e con i sistemi automatizzati d'identificazione dattiloscopica di tutti gli altri Stati membri ai sensi della decisione 2008/615/GAI del Consiglio, del 23 giugno 2008, sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera (12), non consentano di stabilire l'identità della persona interessata. Tale condizione richiede che lo Stato membro richiedente esegua confronti con i sistemi automatizzati d'identificazione dattiloscopica di tutti gli altri Stati membri ai sensi della decisione 2008/615/GAI che sono tecnicamente disponibili, a meno che detto Stato membro non possa dimostrare che esistono fondati motivi per ritenere che ciò non consentirebbe di stabilire l'identità della persona interessata. Tali fondati motivi esistono in particolare quando il caso specifico non presenta alcun legame operativo o investigativo con un dato Stato membro. Tale condizione richiede la preventiva attuazione giuridica e tecnica della decisione 2008/615/GAI da parte dello Stato membro richiedente nel campo dei dati relativi alle impronte digitali, poiché non dovrebbe essere consentito svolgere un controllo nell'ambito dell'Eurodac a fini di contrasto senza aver prima adottato le disposizioni di cui sopra.

(33)

Prima di cercare sull'Eurodac le autorità designate dovrebbero inoltre, purché siano soddisfatte le condizioni per un confronto, consultare il sistema di informazione visti ai sensi della decisione 2008/633/GAI del Consiglio, del 23 giugno 2008, relativa all'accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) da parte delle autorità designate degli Stati membri e di Europol ai fini della prevenzione, dell'individuazione e dell'investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi (13).

(34)

Ai fini di un confronto e di uno scambio di dati personali efficaci, gli Stati membri dovrebbero attuare e applicare pienamente gli accordi internazionali esistenti nonché il diritto dell'Unione in materia di scambio di dati personali già in vigore, in particolare la decisione 2008/615/GAI.

(35)

L'interesse superiore del minore dovrebbe costituire una considerazione preminente per gli Stati membri in sede di attuazione del presente regolamento. Qualora lo Stato membro richiedente stabilisca che i dati Eurodac si riferiscono a un minore, tali dati possono essere utilizzati soltanto a fini di contrasto dallo Stato membro richiedente nel rispetto del proprio diritto applicabile ai minori e conformemente all'obbligo di considerare in primo luogo l'interesse superiore del minore.

(36)

Mentre la responsabilità extracontrattuale dell'Unione in relazione alle attività del sistema Eurodac sarà disciplinata dalle pertinenti disposizioni del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), è necessario dettare regole specifiche per la responsabilità extracontrattuale degli Stati membri in relazione al funzionamento del sistema.

(37)

Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire l'istituzione di un sistema per il confronto dei dati relativi alle impronte digitali come supporto all'attuazione della politica di asilo dell'Unione, non può, per sua stessa natura, essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea (TUE). Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(38)

La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (14), si applica al trattamento dei dati personali effettuato dagli Stati membri in applicazione del presente regolamento, a meno che tale trattamento sia effettuato dalle autorità designate o dalle autorità di verifica degli Stati membri a fini di prevenzione, accertamento o indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi.

(39)

I trattamenti di dati personali effettuati dalle autorità degli Stati membri a fini di prevenzione, accertamento o indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi in conformità del presente regolamento dovrebbero essere soggetti a standard di protezione dei dati personali ai sensi del rispettivo diritto nazionale conformi alla decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (15).

(40)

I principi sanciti dalla direttiva 95/46/CE in tema di protezione dei diritti e delle libertà delle persone fisiche, in particolare il loro diritto alla tutela della vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali, andrebbero rafforzati o chiariti, in particolare in rapporto ad alcuni settori.

(41)

È opportuno vietare il trasferimento dei dati personali ottenuti da uno Stato membro o da Europol ai sensi del presente regolamento dal sistema centrale a qualunque paese terzo, organizzazione internazionale o soggetto di diritto privato con sede nell'Unione o fuori di essa, onde garantire il diritto di asilo e tutelare i richiedenti protezione internazionale dalla divulgazione dei loro dati a paesi terzi. Ciò significa che gli Stati membri non dovrebbero trasferire informazioni ottenute dal sistema centrale concernenti: lo Stato membro o gli Stati membri d'origine; il luogo e la data in cui è stata presentata la domanda di protezione internazionale; il numero di riferimento assegnato dallo Stato membro d'origine; la data di rilevamento delle impronte digitali nonché la data in cui lo Stato membro o gli Stati membri hanno trasmesso i dati all'Eurodac; l'identificativo utente dell'operatore; e qualunque informazione relativa a un trasferimento dell'interessato ai sensi del regolamento (UE) n. 604/2013. Tale divieto non dovrebbe pregiudicare il diritto degli Stati membri di trasferire tali dati a paesi terzi cui si applica il regolamento (UE) n. 604/2013 in modo che gli Stati membri possano cooperare con quei paesi terzi ai fini del presente regolamento.

(42)

Le autorità nazionali di controllo dovrebbero vigilare sulla liceità del trattamento dei dati personali effettuato dagli Stati membri, mentre l'autorità di controllo istituita dalla decisione 2009/371/GAI dovrebbe vigilare sulla liceità delle attività di trattamento dei dati eseguite da Europol.

(43)

Il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché alla libera circolazione di tali dati (16), in particolare gli articoli 21 e 22 sulla riservatezza e sulla sicurezza del trattamento, si applica al trattamento dei dati personali effettuato da istituzioni, organi e organismi dell'Unione in applicazione del presente regolamento. Occorre tuttavia precisare taluni punti per quanto concerne la responsabilità in materia di trattamento dei dati e il controllo della protezione degli stessi, tenendo presente che la protezione dei dati è un fattore chiave per il successo operativo dell'Eurodac e che la sicurezza dei dati, l'alta qualità tecnica e la legittimità della consultazione sono elementi essenziali per assicurare il regolare e corretto funzionamento dell'Eurodac nonché per facilitare l'applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013

(44)

L'interessato dovrebbe essere informato dello scopo per cui i suoi dati saranno trattati nell'ambito dell'Eurodac nonché ricevere una descrizione delle finalità del regolamento (UE) n. 604/2013 e dell'uso che le autorità di contrasto possono fare dei suoi dati.

(45)

È opportuno che le autorità nazionali di controllo verifichino la liceità del trattamento dei dati personali effettuato dagli Stati membri e che il garante europeo della protezione dei dati, di cui al regolamento (CE) n. 45/2001, controlli le attività delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione attinenti al trattamento dei dati personali effettuato ai sensi del presente regolamento.

(46)

Gli Stati membri, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dovrebbero garantire che le autorità di controllo nazionali ed europee siano in grado di controllare adeguatamente l'uso dei dati Eurodac e l'accesso ai medesimi.

(47)

È opportuno controllare e valutare l'attività dell'Eurodac a intervalli regolari, onde stabilire, fra l'altro, se l'accesso a fini di contrasto determini una discriminazione indiretta nei confronti dei richiedenti protezione internazionale, come indicato nella valutazione della Commissione in merito alla conformità del presente regolamento con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ("la Carta"). L'agenzia dovrebbe trasmettere annualmente al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle attività del sistema centrale.

(48)

Gli Stati membri dovrebbero istituire un sistema di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per punire il trattamento dei dati inseriti nel sistema centrale con finalità contrarie a quelle dell'Eurodac.

(49)

È necessario che gli Stati membri siano informati della situazione di determinate procedure di asilo onde facilitare un'adeguata applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013

(50)

Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti segnatamente nella Carta. In particolare, il presente regolamento intende assicurare il pieno rispetto della protezione dei dati personali e del diritto di richiedere protezione internazionale nonché promuovere l'applicazione degli articoli 8 e 18 della Carta. Il presente regolamento dovrebbe pertanto essere applicato di conseguenza.

(51)

A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.

(52)

A norma dell'articolo 3 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione del presente regolamento.

(53)

A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, e fatto salvo l'articolo 4 di tale protocollo, l'Irlanda non partecipa all'adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata né è soggetta alla sua applicazione.

(54)

È opportuno far coincidere l'ambito di applicazione territoriale del presente regolamento con quello del regolamento (UE) n. 604/2013,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Scopo dell'"Eurodac"

1.   È istituito un sistema denominato "Eurodac", allo scopo di concorrere alla determinazione dello Stato membro competente, ai sensi del regolamento (UE) n. 604/2013, per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, e di facilitare inoltre l'applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 secondo le condizioni stabilite dal presente regolamento.

2.   Il presente regolamento stabilisce inoltre le condizioni per le richieste di confronto dei dati relativi alle impronte digitali con i dati conservati nel sistema centrale, presentate dalle autorità designate degli Stati membri e dall'Ufficio europeo di polizia (Europol) a fini di contrasto.

3.   Fatto salvo il trattamento dei dati destinati all'Eurodac da parte dello Stato membro d'origine in banche dati istituite ai sensi del proprio diritto nazionale, i dati relativi alle impronte digitali e gli altri dati personali possono essere trattati nell'Eurodac solo per gli scopi previsti dal presente regolamento e dall'articolo 34, paragrafo 1, del regolamento UE n. 604/2013.

Articolo 2

Definizioni

1.   Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)   "richiedente protezione internazionale": il cittadino di un paese terzo o l'apolide che abbia manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale ai sensi dell'articolo 2, lettera h), della direttiva 2011/95/UE, sulla quale non sia stata ancora adottata una decisione definitiva;

b)   "Stato membro d'origine":

i)

in relazione alle persone di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lo Stato membro che trasmette i dati personali al sistema centrale e che riceve i risultati del confronto;

ii)

in relazione alle persone di cui all'articolo 14, paragrafo 1, lo Stato membro che trasmette i dati personali al sistema centrale;

iii)

in relazione alle persone di cui all'articolo 17, paragrafo 1, lo Stato membro che trasmette detti dati al sistema centrale e che riceve i risultati del confronto;

c)   "beneficiario di protezione internazionale": il cittadino di un paese terzo o l'apolide al quale è stato riconosciuto il diritto alla protezione internazionale quale definita all'articolo 2, lettera a), della direttiva 2011/95/UE;

d)   "risposta pertinente": la corrispondenza constatata o le corrispondenze constatate dal sistema centrale, sulla base di un confronto, tra i dati relativi alle impronte digitali registrati nella banca dati centrale informatizzata e quelli trasmessi da uno Stato membro relativi a una persona, fatto salvo l'obbligo degli Stati membri di controllare immediatamente l'esito del confronto a norma dell'articolo 25, paragrafo 4;

e)   "punto di accesso nazionale": il sistema nazionale designato per comunicare con il sistema centrale;

f)   "agenzia": l'agenzia istituita con regolamento (UE) n. 1077/2011;

g)   "Europol": l'Ufficio europeo di polizia istituito con decisione 2009/371/GAI;

h)   "dati Eurodac": tutti i dati conservati nel sistema centrale conformemente all'articolo 11 e all'articolo 14, paragrafo 2;

i)   "contrasto": la prevenzione, l'accertamento o l'indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi;

j)   "reati di terrorismo": i reati che, ai sensi del diritto nazionale, corrispondono o sono equivalenti a quelli di cui agli articoli da 1 a 4 della decisione quadro 2002/475/GAI;

k)   "reati gravi": le forme di reato che corrispondono o sono equivalenti a quelle di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584/GAI, se punibili conformemente al diritto nazionale con una pena detentiva o una misura di sicurezza privativa della libertà personale per un periodo massimo di almeno tre anni;

l)   "dati relativi alle impronte digitali": i dati sulle impronte digitali di tutte le dita o almeno degli indici e, qualora queste ultime non fossero disponibili, sulle impronte di tutte le altre dita, oppure un'impronta digitale latente.

2.   I termini definiti nell'articolo 2 della direttiva 95/46/CE hanno lo stesso significato nel presente regolamento, nella misura in cui i dati personali siano trattati dalle autorità degli Stati membri ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, del presente regolamento.

3.   Salvo diverse disposizioni, i termini definiti nell'articolo 2 del regolamento (UE) n. 604/2013 hanno lo stesso significato nel presente regolamento.

4.   I termini definiti nell'articolo 2 della decisione quadro 2008/977/GAI hanno lo stesso significato nel presente regolamento laddove i dati personali siano trattati dalle autorità degli Stati membri ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del presente regolamento.

Articolo 3

Architettura del sistema e principi di base

1.   L'Eurodac consta di:

a)

una banca dati centrale informatizzata per le impronte digitali ("sistema centrale") costituita da:

i)

un'unità centrale,

ii)

un piano e un sistema di continuità operativa;

b)

un'infrastruttura di comunicazione tra il sistema centrale e gli Stati membri, dotata di una rete virtuale cifrata dedicata ai dati Eurodac ("infrastruttura di comunicazione").

2.   Ciascuno Stato membro dispone di un unico punto di accesso nazionale.

3.   I dati riguardanti le persone di cui agli articoli 9, paragrafo 1, 14, paragrafo 1, e 17, paragrafo 1, sono trattati dal sistema centrale per conto dello Stato membro d'origine alle condizioni indicate nel presente regolamento e sono tenuti separati con mezzi tecnici adeguati.

4.   Le norme cui è soggetto l'Eurodac si applicano anche alle operazioni effettuate dagli Stati membri dal momento della trasmissione dei dati al sistema centrale fino all'utilizzazione dei risultati del confronto.

5.   La procedura di rilevamento delle impronte digitali è stabilita e applicata in conformità delle prassi nazionali dello Stato membro interessato e in conformità delle salvaguardie previste dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.

Articolo 4

Gestione operativa

1.   L'agenzia è responsabile della gestione operativa dell'Eurodac.

La gestione operativa dell'Eurodac consiste nell'insieme dei compiti necessari a garantire un funzionamento dell'Eurodac 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, ai sensi del presente regolamento, e comprende in particolare la manutenzione e gli adeguamenti tecnici necessari a garantire che il sistema funzioni a un livello di qualità operativa soddisfacente, specialmente per quanto riguarda il tempo richiesto per l'interrogazione del sistema centrale. Sono elaborati un piano e un sistema di continuità operativa che prendono in considerazione le esigenze di manutenzione e i periodi di inattività del sistema imprevisti, incluso l'impatto delle misure per la continuità operativa sulla protezione e sulla sicurezza dei dati.

In cooperazione con gli Stati membri, l'agenzia provvede a che in qualsiasi momento siano utilizzate, previa analisi costi/benefici, le migliori e più sicure tecnologie e tecniche disponibili per il sistema centrale.

2.   L'agenzia è responsabile dei seguenti compiti relativi all'infrastruttura di comunicazione:

a)

controllo;

b)

sicurezza;

c)

coordinamento delle relazioni tra gli Stati membri e il gestore.

3.   La Commissione è responsabile di tutti i compiti relativi all'infrastruttura di comunicazione diversi da quelli di cui al paragrafo 2, in particolare:

a)

l'esecuzione del bilancio;

b)

acquisizione e rinnovo;

c)

aspetti contrattuali.

4.   Fatto salvo l'articolo 17 dello statuto dei funzionari, l'agenzia applica norme adeguate in materia di segreto professionale o altri doveri di riservatezza equivalenti a tutti i membri del proprio personale che devono lavorare con i dati Eurodac. Questo obbligo vincola tale personale anche dopo che abbia lasciato l'incarico o cessato di lavorare, ovvero portato a termine i suoi compiti.

Articolo 5

Autorità designate degli Stati membri a fini di contrasto

1.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, gli Stati membri designano le autorità autorizzate a chiedere il confronto con i dati Eurodac a norma del presente regolamento. Le autorità designate sono le autorità degli Stati membri responsabili della prevenzione, dell'accertamento o dell'indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi. Le autorità designate non includono le agenzie o le unità esclusivamente responsabili delle attività di intelligence concernenti la sicurezza nazionale.

2.   Ciascuno Stato membro conserva un elenco delle autorità designate.

3.   Ciascuno Stato membro conserva un elenco delle unità operative in seno alle autorità designate che possono chiedere il confronto con i dati Eurodac attraverso il punto di accesso nazionale.

Articolo 6

Autorità di verifica degli Stati membri a fini di contrasto

1.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, ciascuno Stato membro designa un'autorità nazionale unica o un'unità di tale autorità affinché eserciti le funzioni di autorità di verifica. L'autorità di verifica è l'autorità dello Stato membro responsabile della prevenzione, dell'accertamento o dell'indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi.

L'autorità designata e l'autorità di verifica possono far parte della stessa organizzazione se il diritto nazionale lo consente, ma l'autorità di verifica agisce indipendentemente nello svolgimento dei propri compiti ai sensi del presente regolamento. L'autorità di verifica è distinta dalle unità operative di cui all'articolo 5, paragrafo 3, e non riceve istruzioni dalle stesse in merito al risultato della verifica.

Gli Stati membri possono designare più di un'autorità di verifica al fine di rispecchiare le proprie strutture organizzative e amministrative, conformemente ai rispettivi obblighi costituzionali o giuridici.

2.   Compete all'autorità di verifica garantire il rispetto delle condizioni per la richiesta di confronto delle impronte digitali con i dati Eurodac.

Soltanto il personale debitamente autorizzato dell'autorità di verifica è autorizzato a ricevere e a trasmettere una richiesta di accesso all'Eurodac ai sensi dell'articolo 19.

Soltanto l'autorità di verifica è autorizzata a trasmettere le richieste di confronto delle impronte digitali al punto di accesso nazionale.

Articolo 7

Europol

1.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, Europol designa un'unità specializzata composta di funzionari di Europol autorizzati ad agire in qualità di autorità di verifica, che agisce in piena indipendenza rispetto all'autorità designata di cui al paragrafo 2 del presente articolo quando svolge i propri compiti ai sensi del presente regolamento, e non riceve istruzioni dall'autorità designata in merito al risultato della verifica. Compete all'unità assicurarsi che siano rispettate le condizioni per la richiesta di confronto delle impronte digitali con i dati Eurodac. Europol, di concerto con ciascuno Stato membro, designa il punto di accesso nazionale di quello Stato membro che comunica al sistema centrale le sue richieste di confronto dei dati relativi alle impronte digitali.

2.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, Europol designa un'unità operativa autorizzata a chiedere il confronto con i dati Eurodac attraverso il suo punto di accesso nazionale. L'autorità designata è un'unità operativa di Europol competente per la raccolta, la conservazione, l'elaborazione, l'analisi e lo scambio di informazioni al fine di sostenere e potenziare l'azione degli Stati membri nel campo della prevenzione, dell'accertamento o dell'indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi che sono di competenza di Europol.

Articolo 8

Statistiche

1.   Ogni tre mesi l'agenzia elabora una statistica sull'attività del sistema centrale da cui risultano in particolare:

a)

il numero dei dati trasmessi relativi alle persone di cui all'articolo 9, paragrafo 1, all'articolo 14, paragrafo 1, e all'articolo 17, paragrafo 1;

b)

il numero delle risposte pertinenti riguardanti i richiedenti protezione internazionale che hanno presentato domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro;

c)

il numero delle risposte pertinenti riguardanti le persone di cui all'articolo 14, paragrafo 1, che hanno presentato domanda di protezione internazionale in un momento successivo;

d)

il numero delle risposte pertinenti riguardanti le persone di cui all'articolo 17, paragrafo 1, che hanno presentato in precedenza domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro;

e)

il numero dei dati relativi alle impronte digitali che il sistema centrale ha dovuto richiedere più di una volta agli Stati membri di origine, in quanto i dati relativi alle impronte digitali trasmessi inizialmente non erano idonei al confronto mediante il sistema informatizzato per il riconoscimento delle impronte digitali;

f)

il numero delle serie di dati con contrassegno e senza contrassegno, congelate e sbloccate in conformità dell'articolo 18, paragrafi 1 e 3;

g)

il numero delle risposte pertinenti riguardanti le persone di cui all'articolo 18, paragrafo 1, per le quali erano state registrate risposte pertinenti ai sensi delle lettere b) e d) del presente articolo;

h)

il numero di richieste e di risposte pertinenti di cui all'articolo 20, paragrafo 1;

i)

il numero di richieste e di risposte pertinenti di cui all'articolo 21, paragrafo 1.

2.   Alla fine di ogni anno viene elaborata una statistica in cui sono sintetizzati i dati delle statistiche trimestrali relative all'anno in questione e da cui risulta il numero delle persone nei cui confronti sono state constatate risposte pertinenti, ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) e d). La statistica contiene dati separati per ciascuno Stato membro. I risultati sono resi pubblici.

CAPO II

RICHIEDENTI PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Articolo 9

Rilevamento, trasmissione e confronto delle impronte digitali

1.   Ciascuno Stato membro procede tempestivamente al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di ogni richiedente protezione internazionale di età non inferiore a 14 anni, non appena possibile e in ogni caso entro 72 ore dalla presentazione della domanda di protezione internazionale ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 604/2013, trasmette tali dati al sistema centrale insieme ai dati di cui all'articolo 11, lettere da b) a g), del presente regolamento.

L'inosservanza del termine di 72 ore non dispensa gli Stati membri dal rilevare e trasmettere le impronte digitali al sistema centrale. Quando lo stato dei polpastrelli non consente di effettuare un rilevamento delle impronte di qualità tale da assicurare un confronto appropriato ai sensi dell'articolo 25, lo Stato membro d'origine provvede a rilevare nuovamente le impronte digitali del richiedente e le ritrasmette quanto prima e in ogni caso entro 48 ore dal buon esito del rilevamento.

2.   In deroga al paragrafo 1, quando non è possibile rilevare le impronte digitali di un richiedente protezione internazionale a causa di provvedimenti che ne tutelano la salute o per motivi di salute pubblica, gli Stati membri rilevano e inviano tali impronte digitali quanto prima e in ogni caso entro 48 ore dal momento in cui tali motivi di salute sono venuti meno.

Nel caso di gravi problemi tecnici gli Stati membri possono prorogare di ulteriori 48 ore al massimo il termine di 72 ore di cui al paragrafo 1, al fine di attuare i piani di continuità nazionali.

3.   I dati relativi alle impronte digitali di cui all'articolo 11, lettera a), trasmessi da qualsiasi Stato membro, a eccezione dei dati trasmessi a norma dell'articolo 10, lettera b), sono automaticamente confrontati con i dati relativi alle impronte digitali trasmessi da altri Stati membri e già registrati nel sistema centrale.

4.   Il sistema centrale provvede affinché, su richiesta di uno Stato membro, il confronto di cui al paragrafo 3 venga effettuato con i dati relativi alle impronte digitali trasmessi precedentemente dallo stesso Stato membro, oltre che con i dati trasmessi dagli altri Stati membri.

5.   Il sistema centrale trasmette automaticamente la risposta pertinente o il risultato negativo del confronto allo Stato membro d'origine. In caso di risposta pertinente vengono trasmessi, per tutte le serie di dati corrispondenti alla risposta pertinente, i dati di cui all'articolo 11, lettere da a) a k), insieme al contrassegno di cui all'articolo 18, paragrafo 1, se applicabile.

Articolo 10

Informazioni sullo status dell'interessato

Le seguenti informazioni sono inviate al sistema centrale e ivi conservate in conformità dell'articolo 12 ai fini della trasmissione di cui all'articolo 9, paragrafo 5:

a)

quando un richiedente protezione internazionale, o altro richiedente di cui all'articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (UE) n. 604/2013, giunge nello Stato membro competente in seguito a un trasferimento effettuato in forza di una decisione che acconsente a una richiesta di ripresa in carico di cui all'articolo 25 dello stesso, lo Stato membro competente aggiorna i dati registrati in conformità dell'articolo 11 del presente regolamento relativi all'interessato, aggiungendo la data di arrivo;

b)

quando un richiedente protezione internazionale giunge nello Stato membro competente in seguito a un trasferimento effettuato in forza di una decisione che acconsente a una richiesta di presa in carico di cui all'articolo 22 del regolamento (UE) n. 604/2013, lo Stato membro competente invia i dati registrati in conformità dell'articolo 11 del presente regolamento relativi all'interessato, e include la data di arrivo;

c)

non appena stabilisce che l'interessato, i cui dati sono stati registrati nell'Eurodac ai sensi dell'articolo 11 del presente regolamento, ha lasciato il territorio degli Stati membri, lo Stato membro d'origine aggiorna i dati registrati ai sensi dell'articolo 11 del presente regolamento relativi all'interessato, aggiungendo la data in cui questi ha lasciato il territorio, in modo da agevolare l'applicazione dell'articolo 19, paragrafo 2, e dell'articolo 20, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 604/2013;

d)

non appena si assicura che l'interessato, i cui dati sono stati registrati nell'Eurodac ai sensi dell'articolo 11 del presente regolamento, ha lasciato il territorio degli Stati membri per effetto di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento emessi da quello Stato membro a seguito del ritiro o del rigetto della domanda di protezione internazionale come previsto all'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 604/2013, lo Stato membro d'origine aggiorna i dati registrati ai sensi dell'articolo 11 del presente regolamento relativi all'interessato, aggiungendo la data di allontanamento o la data in cui questi ha lasciato il territorio;

e)

lo Stato membro che diventa competente ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 aggiorna i dati registrati ai sensi dell'articolo 11 del presente regolamento relativi al richiedente protezione internazionale, aggiungendo la data in cui è stata presa la decisione di esaminare la domanda.

Articolo 11

Registrazione dei dati

Nel sistema centrale sono registrati unicamente i seguenti dati:

a)

dati relativi alle impronte digitali;

b)

Stato membro d'origine, luogo e giorno in cui è stata presentata la domanda di protezione internazionale; nei casi di cui all'articolo 10, lettera b), la data della domanda corrisponde alla data inserita dallo Stato membro che ha provveduto al trasferimento del richiedente;

c)

sesso;

d)

numero di riferimento assegnato dallo Stato membro d'origine;

e)

data di rilevamento delle impronte digitali;

f)

data della trasmissione dei dati al sistema centrale;

g)

identificativo utente dell'operatore;

h)

nei casi di cui all'articolo 10, lettera a) o b), la data di arrivo dell'interessato in seguito a trasferimento;

i)

nei casi di cui all'articolo 10, lettera c), la data in cui l'interessato ha lasciato il territorio degli Stati membri;

j)

nei casi di cui all'articolo 10, lettera d), la data in cui l'interessato ha lasciato il territorio degli Stati membri o ne è stato allontanato;

k)

nei casi di cui all'articolo 10, lettera e), la data in cui è stata presa la decisione di esaminare la domanda.

Articolo 12

Conservazione dei dati

1.   Ciascuna serie di dati di cui all'articolo 11 è conservata presso il sistema centrale per dieci anni a decorrere dalla data alla quale le impronte sono state rilevate.

2.   Decorso il termine di cui al paragrafo 1, i dati sono cancellati automaticamente dal sistema centrale.

Articolo 13

Cancellazione anticipata dei dati

1.   I dati riguardanti le persone che hanno acquisito la cittadinanza di uno Stato membro prima della scadenza del periodo di cui all'articolo 12, paragrafo 1, sono cancellati dal sistema centrale, a norma dell'articolo 27, paragrafo 4, non appena lo Stato membro d'origine viene a conoscenza che gli interessati hanno acquisito tale cittadinanza.

2.   Il sistema centrale informa, quanto prima e in ogni caso entro un periodo non superiore a 72 ore, tutti gli Stati membri d'origine della cancellazione, a cura di un altro Stato membro d'origine, dei dati ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo che hanno generato una risposta pertinente con i dati da quelli trasmessi riguardanti persone di cui all'articolo 9, paragrafo 1, o all'articolo 14, paragrafo 1.

CAPO III

CITTADINI DI PAESI TERZI O APOLIDI FERMATI IN RELAZIONE ALL'ATTRAVERSAMENTO IRREGOLARE DI UNA FRONTIERA ESTERNA

Articolo 14

Rilevamento e trasmissione di dati relativi alle impronte digitali

1.   Ciascuno Stato membro procede tempestivamente al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di cittadini di paesi terzi o apolidi di età non inferiore a 14 anni, che siano fermati dalle competenti autorità di controllo in relazione all'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della propria frontiera in provenienza da un paese terzo e che non siano stati respinti o che rimangano fisicamente nel territorio degli Stati membri e che non siano in stato di custodia, reclusione o trattenimento per tutto il periodo che va dal fermo all'allontanamento sulla base di una decisione di respingimento.

2.   Lo Stato membro interessato trasmette quanto prima e in ogni caso entro 72 ore dopo la data del fermo al sistema centrale i seguenti dati relativi ai cittadini di paesi terzi o apolidi di cui al paragrafo 1 non respinti:

a)

dati relativi alle impronte digitali;

b)

Stato membro d'origine, luogo e data del fermo;

c)

sesso;

d)

numero di riferimento assegnato dallo Stato membro d'origine;

e)

data di rilevamento delle impronte digitali;

f)

data della trasmissione dei dati al sistema centrale;

g)

identificativo utente dell'operatore.

3.   In deroga al paragrafo 2, i dati di cui al medesimo paragrafo 2 relativi alle persone fermate ai sensi del paragrafo 1 che rimangono fisicamente nel territorio dello Stato membro ma sono in stato di custodia, reclusione o trattenimento dal momento del fermo per oltre 72 ore, sono trasmessi prima della loro liberazione.

4.   L'inosservanza del termine di 72 ore di cui al paragrafo 2 del presente articolo non dispensa gli Stati membri dal rilevare e trasmettere le impronte digitali al sistema centrale. Quando lo stato dei polpastrelli non consente di effettuare un rilevamento delle impronte di qualità tale da assicurare un confronto appropriato ai sensi dell'articolo 25, lo Stato membro d'origine provvede a rilevare nuovamente le impronte digitali delle persone fermate ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo e le ritrasmette quanto prima e in ogni caso entro 48 ore dal buon esito del rilevamento.

5.   In deroga al paragrafo 1, quando non è possibile rilevare le impronte digitali della persona fermata a causa di provvedimenti che ne tutelano la salute o per motivi di salute pubblica, lo Stato membro interessato rileva e invia dette impronte digitali quanto prima e in ogni caso entro 48 ore dal momento in cui tali motivi di salute sono venuti meno.

Nel caso di gravi problemi tecnici gli Stati membri possono prorogare di ulteriori 48 ore al massimo il termine di 72 ore di cui al paragrafo 2 al fine di attuare i piani di continuità nazionali.

Articolo 15

Registrazione dei dati

1.   Sono registrati nel sistema centrale i dati di cui all'articolo 14, paragrafo 2.

Fatto salvo l'articolo 8, i dati trasmessi al sistema centrale ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 2, sono registrati unicamente ai fini del confronto con i dati relativi ai richiedenti protezione internazionale trasmessi successivamente allo stesso sistema centrale e ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2.

Il sistema centrale non confronta i dati trasmessigli ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 2, con dati già registrati nel sistema centrale né con i dati che gli vengono successivamente trasmessi ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 2.

2.   Ai fini del confronto dei dati relativi ai richiedenti protezione internazionale trasmessi successivamente al sistema centrale con i dati di cui al paragrafo 1, si applicano le procedure di cui all'articolo 9, paragrafi 3 e 5, e all'articolo 25, paragrafo 4.

Articolo 16

Conservazione dei dati

1.   Ciascuna serie di dati riguardanti i cittadini di paesi terzi o gli apolidi di cui all'articolo 14, paragrafo 1, è conservata nel sistema centrale per 18 mesi a decorrere dal rilevamento delle loro impronte digitali. Decorso tale termine, tali dati sono cancellati automaticamente dal sistema centrale.

2.   I dati relativi ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi di cui all'articolo 14, paragrafo 1, sono cancellati immediatamente dal sistema centrale a norma dell'articolo 28, paragrafo 3, non appena lo Stato membro d'origine, prima che scada il termine di 18 mesi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, viene a conoscenza di una delle seguenti circostanze:

a)

al cittadino di un paese terzo o all'apolide è stato rilasciato un titolo di soggiorno;

b)

il cittadino di un paese terzo o l'apolide ha lasciato il territorio degli Stati membri;

c)

il cittadino di un paese terzo o l'apolide ha acquisito la cittadinanza di uno Stato membro.

3.   Il sistema centrale informa, quanto prima e in ogni caso entro un periodo non superiore a 72 ore, tutti gli Stati membri d'origine della cancellazione, a cura di un altro Stato membro d'origine per i motivi di cui al paragrafo 2, lettera a) o b), del presente articolo, di dati che hanno generato una risposta pertinente con i dati da quelli trasmessi riguardanti persone di cui all'articolo 14, paragrafo 1.

4.   Il sistema centrale informa, quanto prima e in ogni caso entro un periodo non superiore a 72 ore, tutti gli Stati membri d'origine della cancellazione, a cura di un altro Stato membro d'origine per il motivo di cui al paragrafo 2, lettera c), del presente articolo, di dati che hanno generato una risposta pertinente con i dati da quelli trasmessi riguardanti persone di cui all'articolo 9, paragrafo 1, o 14, paragrafo 1.

CAPO IV

CITTADINI DI PAESI TERZI O APOLIDI SOGGIORNANTI IRREGOLARMENTE IN UNO STATO MEMBRO

Articolo 17

Confronto dei dati relativi alle impronte digitali

1.   Al fine di stabilire se un cittadino di un paese terzo o un apolide soggiornante irregolarmente nel suo territorio abbia precedentemente presentato una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, ciascuno Stato membro può trasmettere al sistema centrale qualsiasi dato relativo alle impronte digitali eventualmente rilevate di tale cittadino di paese terzo o apolide, purché di età non inferiore a 14 anni, insieme al numero di riferimento assegnato.

Di norma, la verifica dell'avvenuta presentazione di una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro ha luogo quando:

a)

il cittadino di un paese terzo o l'apolide dichiara di avere presentato una domanda di protezione internazionale, ma non indica lo Stato membro in cui l'ha presentata;

b)

il cittadino di un paese terzo o l'apolide non chiede protezione internazionale ma rifiuta di essere rimpatriato nel suo paese di origine affermando che vi si troverebbe in pericolo; oppure

c)

il cittadino di un paese terzo o l'apolide cerca di evitare l'allontanamento con altri mezzi, rifiutandosi di cooperare alla propria identificazione, in particolare non esibendo alcun documento di identità oppure esibendo documenti falsi.

2.   Quando partecipano alla procedura di cui al paragrafo 1, gli Stati membri trasmettono al sistema centrale i dati relativi alle impronte di tutte le dita o almeno degli indici e, qualora queste ultime non fossero disponibili, alle impronte di tutte le altre dita dei cittadini di paesi terzi o degli apolidi di cui al paragrafo 1.

3.   I dati relativi alle impronte digitali dei cittadini di paesi terzi o degli apolidi di cui al paragrafo 1 sono trasmessi al sistema centrale esclusivamente ai fini del confronto con i dati relativi alle impronte digitali dei richiedenti protezione internazionale trasmessi da altri Stati membri e già registrati nel sistema centrale.

I dati relativi alle impronte digitali di detti cittadini di paesi terzi o apolidi non sono registrati nel sistema centrale né sono confrontati con i dati trasmessi al sistema centrale ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 2.

4.   Una volta trasmessi i risultati del confronto dei dati relativi alle impronte digitali allo Stato membro d'origine, la registrazione della ricerca è conservata dal sistema centrale esclusivamente ai fini di cui all'articolo 28. Gli Stati membri o il sistema centrale non possono conservare alcuna altra registrazione della ricerca per fini diversi.

5.   Ai fini del confronto dei dati relativi alle impronte digitali trasmessi a norma del presente articolo con i dati relativi alle impronte digitali dei richiedenti protezione internazionale trasmessi da altri Stati membri e già registrati presso il sistema centrale, si applicano le procedure di cui all'articolo 9, paragrafi 3 e 5, e all'articolo 25, paragrafo 4.

CAPO V

BENEFICIARI DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Articolo 18

Contrassegno dei dati

1.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lo Stato membro d'origine che ha concesso protezione internazionale a un richiedente protezione internazionale i cui dati siano stati precedentemente registrati nel sistema centrale conformemente all'articolo 11 contrassegna a fini di contrasto i relativi dati nel rispetto dei requisiti della comunicazione elettronica con il sistema centrale definiti dall'agenzia. Il contrassegno è conservato nel sistema centrale ai sensi dell'articolo 12 ai fini della trasmissione di cui all'articolo 9, paragrafo 5. Il sistema centrale informa tutti gli Stati membri d'origine del contrassegno apposto da un altro Stato membro d'origine ai dati che hanno generato una risposta pertinente con i dati da essi trasmessi riguardanti persone di cui all'articolo 9, paragrafo 1, o 14, paragrafo 1. Detti Stati membri d'origine contrassegnano a loro volta le serie di dati corrispondenti.

2.   I dati dei beneficiari di protezione internazionale conservati nel sistema centrale e contrassegnati ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo sono resi disponibili per il confronto a fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, per un periodo di tre anni a decorrere dalla data in cui all'interessato è stata concessa la protezione internazionale.

In caso di risposta pertinente, il sistema centrale trasmette i dati di cui all'articolo 11, lettere da a) a k), per tutte le serie di dati corrispondenti alla risposta pertinente. Il sistema centrale non trasmette il contrassegno di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Al termine del periodo di tre anni, il sistema centrale blocca automaticamente la trasmissione di tali dati nel caso di richieste di confronto presentate a fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2; i dati restano invece disponibili per il confronto ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, fino al momento della loro cancellazione. I dati bloccati non sono trasmessi e, in caso di risposta pertinente, il sistema centrale comunica allo Stato membro richiedente un risultato negativo.

3.   Lo Stato membro d'origine rimuove il contrassegno precedentemente apposto ai dati di un cittadino di un paese terzo o di un apolide oppure sblocca i dati precedentemente bloccati conformemente ai paragrafi 1 o 2 del presente articolo se lo status dell'interessato è revocato o è cessato, oppure se ne viene rifiutato il rinnovo ai sensi degli articoli 14 o 19 della direttiva 2011/95/UE.

CAPO VI

PROCEDURA PER IL CONFRONTO E LA TRASMISSIONE DEI DATI A FINI DI CONTRASTO

Articolo 19

Procedura per il confronto dei dati relativi alle impronte digitali con i dati Eurodac

1.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, le autorità designate di cui agli articoli 5, paragrafo 1, e 7, paragrafo 2, possono presentare all'autorità di verifica una richiesta motivata in formato elettronico ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 1, unitamente al numero di riferimento da loro utilizzato, affinché siano trasmessi al sistema centrale, a fini di confronto, dati relativi alle impronte digitali attraverso il punto di accesso nazionale. Ricevuta tale richiesta, l'autorità di verifica controlla se ricorrono tutte le condizioni per richiedere un confronto di cui all'articolo 20 o all'articolo 21, a seconda dei casi.

2.   Se ricorrono tutte le condizioni per richiedere un confronto di cui all'articolo 20 o all'articolo 21, l'autorità di verifica trasmette la richiesta al punto di accesso nazionale che la trasmette, ai sensi dell'articolo 9, paragrafi 3 e 5, al sistema centrale per il confronto con i dati trasmessi al sistema centrale a norma degli articoli 9, paragrafo 1, e 14, paragrafo 2.

3.   In casi eccezionali di urgenza ove sia necessario per prevenire un pericolo imminente associato a reati di terrorismo o ad altri reati gravi, l'autorità di verifica può trasmettere al punto di accesso nazionale i dati relativi alle impronte digitali per un confronto immediato appena ricevuta la richiesta da un'autorità designata e verificare solo a posteriori se siano rispettate tutte le condizioni per richiedere un confronto di cui all'articolo 20 o all'articolo 21, compresa l'effettiva sussistenza di un caso eccezionale di urgenza. La verifica a posteriori ha luogo senza indebiti ritardi previo trattamento della richiesta.

4.   Se con una verifica a posteriori si accerta che l'accesso ai dati Eurodac non era giustificato, tutte le autorità che hanno avuto accesso a tali dati cancellano le informazioni comunicate dall'Eurodac e ne informano l'autorità di verifica.

Articolo 20

Condizioni per l'accesso delle autorità designate all'Eurodac

1.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, le autorità designate possono presentare una richiesta motivata in formato elettronico per il confronto dei dati relativi alle impronte digitali con i dati conservati nel sistema centrale nei limiti delle loro competenze, soltanto se il confronto con le seguenti banche dati non ha consentito di stabilire l'identità dell'interessato:

le banche nazionali dei dati dattiloscopici;

i sistemi automatizzati d'identificazione dattiloscopica di tutti gli altri Stati membri ai sensi della decisione 2008/615/GAI, qualora il confronto sia tecnicamente disponibile, a meno che non sussistano fondati motivi per ritenere che un confronto con tali sistemi non consentirebbe di stabilire l'identità dell'interessato. Tali fondati motivi sono inclusi nella richiesta motivata di confronto con i dati Eurodac presentata in formato elettronico dall'autorità designata all'autorità di verifica; e

il sistema di informazione visti, purché siano soddisfatte le condizioni per il confronto previste dalla decisione 2008/633/GAI;

e se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni nel loro insieme:

a)

il confronto è necessario a fini di prevenzione, accertamento o indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi, vale a dire esiste un interesse prevalente di sicurezza pubblica tale da rendere proporzionata l'interrogazione della banca dati;

b)

il confronto è necessario in un caso specifico (vale a dire non si eseguono confronti sistematici); e

c)

esistono fondati motivi per ritenere che il confronto contribuisca in misura sostanziale alla prevenzione, all'individuazione o all'investigazione di uno dei reati in questione. Tali fondati motivi ricorrono in particolare laddove sussista il sospetto fondato che l'autore presunto o effettivo oppure la vittima di un reato di terrorismo o di un altro reato grave rientri in una delle categorie contemplate dal presente regolamento.

2.   Le richieste di confronto con i dati Eurodac sono limitate alla ricerca dei dati relativi alle impronte digitali.

Articolo 21

Condizioni per l'accesso di Europol all'Eurodac

1.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, l'autorità designata da Europol può presentare una richiesta motivata in formato elettronico per il confronto dei dati relativi alle impronte digitali con i dati conservati nel sistema centrale nei limiti del mandato di Europol ove ciò sia necessario per l'adempimento delle funzioni di Europol, soltanto se il confronto con i dati relativi alle impronte digitali conservati nei sistemi di trattamento delle informazioni tecnicamente e giuridicamente accessibili da Europol non ha consentito di stabilire l'identità dell'interessato, e se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni nel loro insieme:

a)

il confronto è necessario per sostenere e rafforzare l'azione degli Stati membri in materia di prevenzione, accertamento o indagine di reati di terrorismo o di altri reati gravi che sono di competenza di Europol, ossia esiste un interesse prevalente di sicurezza pubblica tale da rendere proporzionata la ricerca della banca dati;

b)

il confronto è necessario in un caso specifico (vale a dire non si eseguono confronti sistematici); e

c)

esistono fondati motivi per ritenere che il confronto contribuisca in misura sostanziale alla prevenzione, all'individuazione o all'investigazione di uno dei reati in questione. Tali fondati motivi ricorrono in particolare laddove sussista il sospetto fondato che l'autore presunto o effettivo oppure la vittima di un reato di terrorismo o di un altro reato grave rientri in una delle categorie contemplate dal presente regolamento.

2.   Le richieste di confronto con i dati Eurodac sono limitate al confronto dei dati relativi alle impronte digitali.

3.   Il trattamento delle informazioni ottenute da Europol mediante il confronto con i dati Eurodac è soggetto all'autorizzazione dello Stato membro d'origine. Tale autorizzazione è ottenuta attraverso l'unità nazionale Europol dello Stato membro.

Articolo 22

Comunicazione tra le autorità designate, le autorità di verifica e i punti di accesso nazionali

1.   Fatto salvo l'articolo 26, tutte le comunicazioni tra le autorità designate, le autorità di verifica e i punti di accesso nazionali sono sicure e avvengono per via elettronica.

2.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, le impronte digitali vengono digitalizzate dagli Stati membri e trasmesse nel formato dei dati indicato nell'allegato I, in modo che i dati possano essere confrontati dal sistema informatizzato per il riconoscimento delle impronte digitali.

CAPO VII

TRATTAMENTO, PROTEZIONE DEI DATI E RESPONSABILITÀ

Articolo 23

Responsabilità in materia di trattamento dei dati

1.   Lo Stato membro d'origine è tenuto a garantire:

a)

la liceità del rilevamento delle impronte digitali;

b)

la liceità della trasmissione al sistema centrale dei dati relativi alle impronte digitali e degli altri dati di cui all'articolo 11, all'articolo 14, paragrafo 2, e all'articolo 17, paragrafo 2;

c)

l'esattezza e l'attualità dei dati al momento della trasmissione al sistema centrale;

d)

ferma restando la responsabilità dell'agenzia, la liceità della registrazione, della conservazione, della rettifica e della cancellazione dei dati nel sistema centrale;

e)

la liceità del trattamento dei risultati del confronto dei dati relativi alle impronte digitali trasmessi dal sistema centrale.

2.   A norma dell'articolo 34, lo Stato membro d'origine garantisce la sicurezza dei dati di cui al paragrafo 1 prima e durante la trasmissione al sistema centrale, nonché la sicurezza dei dati che esso riceve da quest'ultimo.

3.   Lo Stato membro d'origine è responsabile dell'identificazione definitiva dei dati ai sensi dell'articolo 25, paragrafo 4.

4.   L'agenzia provvede affinché il sistema centrale operi ai sensi delle disposizioni del presente regolamento. In particolare, l'agenzia:

a)

adotta le misure necessarie affinché le persone che lavorano con il sistema centrale non trattino i dati ivi registrati per scopi diversi da quelli dell'Eurodac, quali definiti all'articolo 1;

b)

adotta le misure necessarie per garantire la sicurezza del sistema centrale a norma dell'articolo 34;

c)

fatte salve le competenze del garante europeo della protezione dei dati, garantisce che solo le persone autorizzate a lavorare con il sistema centrale abbiano accesso ai dati ivi registrati.

L'agenzia comunica al Parlamento europeo e al Consiglio, nonché al garante europeo della protezione dei dati, le misure adottate ai sensi del primo comma.

Articolo 24

Trasmissione

1.   Le impronte digitali vengono digitalizzate e trasmesse nel formato dei dati di cui all'allegato I. Se necessario al funzionamento efficace del sistema centrale, l'agenzia definisce i requisiti tecnici per la trasmissione del formato dei dati da parte degli Stati membri al sistema centrale e viceversa. L'agenzia assicura che i dati relativi alle impronte digitali trasmessi dagli Stati membri possano essere confrontati dal sistema informatizzato per il riconoscimento delle impronte digitali.

2.   Gli Stati membri trasmettono i dati di cui all'articolo 11, all'articolo 14, paragrafo 2, e all'articolo 17, paragrafo 2, per via elettronica. I dati di cui all'articolo 11 e all'articolo 14, paragrafo 2, sono automaticamente registrati nel sistema centrale. Se necessario al funzionamento efficace del sistema centrale, l'agenzia definisce i requisiti tecnici per assicurare che i dati possano essere adeguatamente trasmessi per via elettronica dagli Stati membri al sistema centrale e viceversa.

3.   Il numero di riferimento di cui all'articolo 11, lettera d), all'articolo 14, paragrafo 2, lettera d), all'articolo 17, paragrafo 1, e all'articolo 19, paragrafo 1, rende possibile l'attribuzione univoca dei dati a una persona e allo Stato membro che trasmette i dati. Esso inoltre rende possibile asserire se tali dati si riferiscono a una persona di cui agli articoli 9, paragrafo 1, 14, paragrafo 1, o 17, paragrafo 1.

4.   Il numero di riferimento inizia con la lettera o le lettere di identificazione che contraddistinguono lo Stato membro che ha trasmesso i dati, conformemente alla norma di cui all'allegato I. La lettera o le lettere di identificazione sono seguite dal codice che identifica la categoria di persone o di richieste. I dati relativi alle persone di cui all'articolo 9, paragrafo 1, sono contrassegnati da "1", quelli relativi alle persone di cui all'articolo 14, paragrafo 1, da "2", quelli relativi alle persone di cui all'articolo 17, paragrafo 1, da "3", quelli relativi alle richieste di cui all'articolo 20 da "4", quelli relativi alle richieste di cui all'articolo 21 da "5" e quelli relativi alle richieste di cui all'articolo 29 da "9".

5.   L'agenzia definisce le procedure tecniche necessarie affinché gli Stati membri assicurino il ricevimento di dati univoci da parte del sistema centrale.

6   Il sistema centrale conferma il più rapidamente possibile il ricevimento dei dati trasmessi. A tal fine l'agenzia definisce i requisiti tecnici necessari ad assicurare che agli Stati membri sia fornita, se richiesta, la ricevuta di conferma.

Articolo 25

Effettuazione dei confronti e trasmissione dei risultati

1.   Gli Stati membri assicurano la trasmissione di dati relativi alle impronte digitali di qualità adeguata al confronto mediante il sistema informatizzato per il riconoscimento delle impronte digitali. L'agenzia definisce la qualità adeguata dei dati relativi alle impronte digitali trasmessi, se necessario ad assicurare che i risultati del confronto effettuato dal sistema centrale raggiungano un livello molto elevato di accuratezza. Il sistema centrale verifica, non appena possibile, la qualità dei dati relativi alle impronte digitali trasmessi. Qualora essi non siano idonei al confronto mediante il sistema informatizzato per il riconoscimento delle impronte digitali, il sistema centrale informa lo Stato membro interessato. Detto Stato membro trasmette dati relativi alle impronte digitali qualitativamente adeguati usando lo stesso numero di riferimento dei precedenti dati.

2.   Il sistema centrale effettua i confronti seguendo l'ordine di arrivo delle richieste. Ogni richiesta è esaminata entro 24 ore. Uno Stato membro può chiedere che, per motivi di diritto interno, i confronti ritenuti particolarmente urgenti siano effettuati entro un'ora. Qualora questi tempi non possano essere rispettati a causa di circostanze che esulano dalla responsabilità dell'agenzia, il sistema centrale esamina la richiesta in via prioritaria non appena dette circostanze sono venute meno. In tali casi, se necessario ad assicurare il funzionamento efficace del sistema centrale, l'agenzia definisce i criteri per assicurare che le richieste siano esaminate in via prioritaria.

3.   L'agenzia, se necessario ad assicurare il funzionamento efficace del sistema centrale, definisce le procedure operative per l'elaborazione dei dati ricevuti e per la trasmissione del risultato del confronto.

4.   Il risultato del confronto è immediatamente controllato nello Stato membro ricevente da un esperto in dattiloscopia, quale definito ai sensi delle disposizioni nazionali, avente una formazione specifica per quanto concerne i tipi di confronti di impronte digitali di cui al presente regolamento. Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1,del presente regolamento, l'identificazione definitiva è effettuata dallo Stato membro d'origine in collaborazione con gli altri Stati membri interessati, a norma dell'articolo 34 del regolamento (UE) n. 604/2013.

Le informazioni pervenute dal sistema centrale riguardanti dati comunque ritenuti inattendibili sono cancellate non appena ne sia stata accertata l'inattendibilità.

5.   Se l'identificazione definitiva ai sensi del paragrafo 4 rivela che il risultato del confronto ricevuto dal sistema centrale non corrisponde ai dati relativi alle impronte digitali inviati per il confronto, gli Stati membri cancellano immediatamente il risultato del confronto e comunicano questa circostanza alla Commissione e all'agenzia quanto prima e in ogni caso entro tre giorni lavorativi.

Articolo 26

Comunicazione tra gli Stati membri e il sistema centrale

I dati trasmessi dagli Stati membri al sistema centrale e viceversa utilizzano l'infrastruttura di comunicazione. L'agenzia, se necessario ad assicurare il funzionamento efficace del sistema centrale, definisce le procedure tecniche necessarie all'utilizzo dell'infrastruttura di comunicazione.

Articolo 27

Accesso ai dati registrati nell'Eurodac e loro rettifica o cancellazione

1.   Lo Stato membro d'origine ha accesso ai dati da esso trasmessi che sono registrati nel sistema centrale, ai sensi del presente regolamento.

Nessuno Stato membro può consultare i dati trasmessi da un altro Stato membro né può ricevere tali dati, ad eccezione di quelli risultanti dal confronto di cui all'articolo 9, paragrafo 5.

2.   Le autorità degli Stati membri che, ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, hanno accesso ai dati registrati nel sistema centrale sono designate da ciascuno Stato membro ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1. Tale designazione indica la specifica unità competente a svolgere i compiti connessi all'applicazione del presente regolamento. Ogni Stato membro comunica senza indugio alla Commissione e all'agenzia l'elenco di dette unità e le relative modifiche. L'agenzia pubblica l'elenco consolidato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Qualora l'elenco subisca modifiche, l'agenzia pubblica online una volta all'anno un elenco consolidato aggiornato.

3.   Fatte salve le cancellazioni effettuate a norma dell'articolo 12, paragrafo 2, o dell'articolo 16, paragrafo 1, soltanto lo Stato membro d'origine ha il diritto di modificare i dati che ha trasmesso al sistema centrale, rettificandoli o integrandoli, ovvero cancellandoli.

4.   Se uno Stato membro o l'agenzia è in possesso di indizi dai quali risulta che dati registrati nel sistema centrale sono di fatto inesatti, ne avvisa quanto prima lo Stato membro d'origine.

Se uno Stato membro è in possesso di indizi dai quali risulta che nel sistema centrale sono stati registrati dati in violazione del presente regolamento, ne avvisa quanto prima l'agenzia, la Commissione e lo Stato membro d'origine. Quest'ultimo controlla i dati in questione e, ove necessario, li modifica o cancella senza indugio.

5.   L'agenzia non trasferisce né rende disponibili alle autorità di un paese terzo i dati registrati nel sistema centrale. Tale divieto non è applicabile ai trasferimenti dei suddetti dati verso i paesi terzi cui si applica il regolamento (UE) n. 604/2013.

Articolo 28

Conservazione delle registrazioni

1.   L'agenzia conserva le registrazioni di tutti i trattamenti dei dati avvenuti nel sistema centrale. Le registrazioni indicano lo scopo, la data e la durata dell'accesso, i dati trasmessi, i dati impiegati per l'interrogazione e il nome dell'unità che ha inserito o estratto i dati, nonché le persone responsabili.

2.   Le registrazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo possono essere utilizzate esclusivamente per controllare, a fini di protezione dei dati, l'ammissibilità del trattamento dei dati, nonché per garantire la sicurezza dei dati ai sensi dell'articolo 34. Le registrazioni devono essere protette da adeguate misure contro l'accesso non autorizzato e sono cancellate un anno dopo la scadenza del periodo di conservazione di cui all'articolo 12, paragrafo 1, e all'articolo 16, paragrafo 1, a meno che non siano necessarie per procedure di controllo già avviate.

3.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, ciascuno Stato membro adotta, in relazione al proprio sistema nazionale, le misure necessarie per conseguire gli obiettivi enunciati ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo. Ciascuno Stato membro conserva altresì le registrazioni del personale debitamente autorizzato ad inserire e ad estrarre i dati.

Articolo 29

Diritti dell'interessato

1.   Lo Stato membro d'origine provvede a informare la persona di cui agli articoli 9, paragrafo 1, 14, paragrafo 1, o 17, paragrafo 1, per iscritto e se necessario oralmente, in una lingua che la persona comprende o che ragionevolmente si suppone a lei comprensibile:

a)

dell'identità del responsabile del trattamento ai sensi dell'articolo 2, lettera d), della direttiva 95/46/CE ed eventualmente del suo rappresentante;

b)

dello scopo per cui i suoi dati saranno trattati nell'Eurodac, compresa una descrizione delle finalità del regolamento (UE) n. 604/2013, conformemente all'articolo 4 dello stesso, nonché una spiegazione, in forma intelligibile e con un linguaggio semplice e chiaro, del fatto che è ammesso l'accesso degli Stati membri e di Europol all'Eurodac a fini di contrasto;

c)

dei destinatari dei dati;

d)

riguardo alla persona di cui all'articolo 9, paragrafo 1, o all'articolo 14, paragrafo 1, dell'esistenza di un obbligo di rilevamento delle sue impronte digitali;

e)

del diritto di accesso ai dati che la riguardano e del diritto di chiedere che i dati inesatti che la riguardano siano rettificati o che i dati che la riguardano trattati illecitamente siano cancellati, nonché del diritto di ottenere informazioni sulle procedure da seguire per esercitare tali diritti, compresi gli estremi del responsabile del trattamento e delle autorità nazionali di controllo di cui all'articolo 30, paragrafo 1.

2.   Per quanto riguarda la persona di cui all'articolo 9, paragrafo 1, o 14, paragrafo 1, le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo sono fornite all'atto del rilevamento delle sue impronte digitali.

Per quanto riguarda la persona di cui all'articolo 17, paragrafo 1, le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo sono fornite al più tardi quando i dati che la concernono sono trasmessi al sistema centrale. Questo obbligo non sussiste nei casi in cui fornire dette informazioni risulta impossibile o implicherebbe uno sforzo sproporzionato.

Se una persona soggetta all'articoli 9, paragrafo 1, all'articolo 14, paragrafo 1, e all'articolo 17, paragrafo 1, è un minore, gli Stati membri provvedono a comunicare le informazioni in modo consono alla sua età.

3.   È redatto un opuscolo comune contenente quanto meno le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo e all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013, secondo la procedura di cui all'articolo 44, paragrafo 2, di detto regolamento.

L'opuscolo è scritto in modo chiaro e semplice, in una lingua che la persona interessata comprende o che o che ragionevolmente si suppone a lei comprensibile.

L'opuscolo è realizzato in modo da consentire agli Stati membri di completarlo con informazioni aggiuntive specifiche per ciascuno Stato membro. Tali informazioni specifiche includono quanto meno i diritti dell'interessato, la possibilità di ricevere assistenza da parte delle autorità nazionali di controllo nonché gli estremi dell'ufficio del responsabile del trattamento e delle autorità nazionali di controllo.

4.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, del presente regolamento in ciascuno Stato membro gli interessati possono, secondo le leggi, i regolamenti e le procedure di tale Stato, esercitare i diritti di cui all'articolo 12 della direttiva 95/46/CE.

Gli interessati hanno il diritto di ottenere la comunicazione dei dati a essi relativi registrati nel sistema centrale e dello Stato membro che li ha trasmessi al sistema centrale, fermo restando l'obbligo di fornire altre informazioni ai sensi dell'articolo 12, lettera a), della direttiva 95/46/CE. L'accesso ai dati può essere autorizzato soltanto da uno Stato membro.

5.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, in ciascuno Stato membro tutti gli interessati possono chiedere che i dati di fatto inesatti siano rettificati o che i dati registrati illecitamente siano cancellati. La rettifica e la cancellazione sono effettuate senza eccessivo indugio dallo Stato membro che ha trasmesso i dati, secondo le proprie leggi, regolamenti e procedure.

6.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, se i diritti di rettifica e di cancellazione sono esercitati in uno Stato membro diverso da quello o da quelli che hanno trasmesso i dati, le autorità di detto Stato membro prendono contatto con le autorità dello Stato membro o degli Stati membri che hanno trasmesso i dati affinché questi verifichino l'esattezza dei dati, nonché la liceità della loro trasmissione e registrazione nel sistema centrale.

7.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, qualora risulti che i dati registrati nel sistema centrale sono di fatto inesatti o vi sono stati registrati illecitamente, lo Stato membro che li ha trasmessi li rettifica o li cancella a norma dell'articolo 27, paragrafo 3. Lo Stato membro conferma per iscritto agli interessati, senza eccessivo indugio, di aver adottato le opportune misure per rettificare o cancellare i dati che li riguardano.

8.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, ove contesti che i dati registrati nel sistema centrale sono di fatto inesatti o vi sono stati registrati illecitamente, lo Stato membro che li ha trasmessi indica per iscritto agli interessati, senza eccessivo indugio, i motivi per cui rifiuta di rettificare o cancellare i dati in questione.

Lo Stato membro fornisce agli interessati anche le informazioni relative alle azioni che possono avviare se non accettano le spiegazioni fornite. Queste comprendono le modalità per proporre ricorso o se del caso presentare denuncia dinanzi alle autorità competenti o agli organi giurisdizionali di detto Stato membro, nonché l'assistenza finanziaria o di altro tipo disponibile secondo le leggi, i regolamenti e le procedure di tale Stato membro.

9.   Ogni richiesta a norma dei paragrafi 4 e 5 contiene tutti i particolari necessari per l'identificazione dell'interessato, comprese le impronte digitali. Questi dati sono utilizzati unicamente ai fini dell'esercizio dei diritti di cui ai paragrafi 4 e 5 e sono cancellati subito dopo.

10.   Le autorità competenti degli Stati membri collaborano attivamente fra di loro per rendere rapidamente effettivo l'esercizio dei diritti di cui ai paragrafi 5, 6 e 7.

11.   Se una persona chiede la comunicazione dei dati che la riguardano in conformità del paragrafo 4, l'autorità competente conserva una registrazione della richiesta e delle modalità della sua presentazione sotto forma di documento scritto, che mette senza indugio a disposizione delle autorità nazionali di controllo.

12.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, del presente regolamento, in ciascuno Stato membro l'autorità nazionale di controllo assiste l'interessato, su sua richiesta, nell'esercizio dei suoi diritti, ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 4, della direttiva 95/46/CE.

13.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, del presente regolamento, l'autorità nazionale di controllo dello Stato membro che ha trasmesso i dati e l'autorità nazionale di controllo dello Stato membro in cui l'interessato si trova gli prestano assistenza e, a richiesta, consulenza nell'esercizio dei suoi diritti di rettifica o di cancellazione. Le autorità nazionali di controllo dei due Stati cooperano a tal fine. Le richieste di assistenza possono essere rivolte all'autorità nazionale di controllo dello Stato membro in cui l'interessato si trova, che le trasmette all'autorità dello Stato membro che ha trasmesso i dati.

14.   In ciascuno Stato membro qualsiasi persona alla quale sia stato rifiutato il diritto di accesso di cui al paragrafo 4 può proporre ricorso o, se del caso, può presentare denuncia dinanzi alle autorità competenti o agli organi giurisdizionali di detto Stato secondo le leggi, i regolamenti e le procedure di detto Stato.

15.   Chiunque può, secondo le leggi, i regolamenti e le procedure dello Stato membro che ha trasmesso i dati, proporre ricorso o, se del caso, presentare denuncia dinanzi alle autorità competenti o agli organi giurisdizionali di detto Stato in merito ai dati che lo riguardano e che sono registrati nel sistema centrale, al fine di esercitare i suoi diritti ai sensi del paragrafo 5. Alle autorità nazionali di controllo è fatto obbligo di prestare assistenza e, a richiesta, consulenza all'interessato, ai sensi del paragrafo 13, per tutto l'iter processuale.

Articolo 30

Vigilanza dell'autorità nazionale di controllo

1.   Ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 1, del presente regolamento ciascuno Stato membro dispone che l'autorità o le autorità nazionali di controllo designate a norma dell'articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE controllino in modo indipendente, secondo il proprio diritto interno, che il trattamento dei dati a carattere personale da parte dello Stato membro in questione, nonché la loro trasmissione al sistema centrale avvengano lecitamente e ai sensi del presente regolamento.

2.   Ogni Stato membro garantisce che la rispettiva autorità nazionale di controllo possa avvalersi della consulenza di persone in possesso di adeguate conoscenze in materia di dati relativi alle impronte digitali.

Articolo 31

Vigilanza del garante europeo della protezione dei dati

1.   Il garante europeo della protezione dei dati controlla che tutte le attività di trattamento dei dati personali relative all'Eurodac, in particolare da parte dell'agenzia, siano effettuate ai sensi del regolamento (CE) n. 45/2001 e del presente regolamento.

2.   Il garante europeo della protezione dei dati provvede affinché almeno ogni tre anni sia svolto un controllo delle attività di trattamento dei dati personali effettuate dall'agenzia, conformemente alle norme di revisione contabile internazionali. Una relazione su tale controllo è trasmessa al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, all'agenzia e alle autorità nazionali di controllo. All'agenzia è data la possibilità di presentare osservazioni prima dell'adozione della relazione.

Articolo 32

Cooperazione tra le autorità nazionali di controllo e il garante europeo della protezione dei dati

1.   Le autorità nazionali di controllo e il garante europeo della protezione dei dati, ciascuno nei limiti delle proprie competenze, cooperano attivamente nell'ambito delle rispettive responsabilità e assicurano la vigilanza coordinata dell'Eurodac.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché, ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 2, ogni anno un organo indipendente svolga un controllo del trattamento dei dati personali a fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, inclusa l'analisi di un campione di richieste motivate in formato elettronico.

Il controllo è accluso alla relazione annuale degli Stati membri di cui all'articolo 40, paragrafo 7.

3.   Le autorità nazionali di controllo e il garante europeo della protezione dei dati, se necessario, ciascuno nei limiti delle proprie competenze, si scambiano informazioni pertinenti, si assistono vicendevolmente nello svolgimento di revisioni e ispezioni, esaminano difficoltà di interpretazione o applicazione del presente regolamento, studiano problemi inerenti all'esercizio di una vigilanza indipendente o all'esercizio dei diritti delle persone cui i dati si riferiscono, elaborano proposte armonizzate per soluzioni congiunte di eventuali problemi e promuovono la sensibilizzazione del pubblico in materia di diritti di protezione dei dati, se necessario.

4.   Al fine di cui al paragrafo 3, le autorità nazionali di controllo e il garante europeo della protezione dei dati si riuniscono almeno due volte l'anno. I costi di tali riunioni e la gestione delle stesse sono a carico del garante europeo della protezione dei dati. Nella prima riunione è adottato un regolamento interno. Ulteriori metodi di lavoro sono elaborati congiuntamente, se necessario. Ogni due anni è trasmessa al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e all'agenzia una relazione congiunta sulle attività svolte.

Articolo 33

Protezione dei dati personali a fini di contrasto

1.   Ciascuno Stato membro provvede affinché le disposizioni adottate a norma del diritto nazionale in applicazione della decisione quadro 2008/977/GAI siano altresì applicabili al trattamento dei dati personali effettuato dalle proprie autorità nazionali a fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del presente regolamento.

2.   Le autorità nazionali di controllo designate a norma della decisione quadro 2008/977/GAI controllano la liceità del trattamento dei dati personali effettuato ai sensi del presente regolamento dagli Stati membri ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del presente regolamento, nonché la trasmissione di tali dati all'Eurodac e dall'Eurodac.

3.   Il trattamento dei dati personali da parte di Europol ai sensi del presente regolamento è effettuato conformemente alla decisione 2009/371/GAI ed è sottoposto al controllo di un garante della protezione dei dati esterno e indipendente. Al trattamento dei dati personali da parte di Europol a norma del presente regolamento si applicano pertanto gli articoli 30, 31e 32 di detta decisione. Il garante della protezione dei dati esterno e indipendente assicura che i diritti della persona non siano violati.

4.   I dati personali ottenuti ai sensi del presente regolamento dall'Eurodac ai fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, sono trattati soltanto a fini di prevenzione, accertamento o indagine nel quadro del caso specifico in relazione al quale i dati sono stati richiesti da uno Stato membro o da Europol.

5.   Il sistema centrale, le autorità designate e di verifica ed Europol conservano la registrazione relativa alle ricerche onde permettere alle autorità nazionali di protezione dei dati e al garante europeo della protezione dei dati di verificare la conformità del trattamento dei dati alle norme dell'Unione in materia di protezione dei dati, in particolare al fine di conservare registrazioni che permettano di preparare le relazioni annuali di cui all'articolo 40, paragrafo 7. Qualora l'obiettivo sia diverso da tali fini, i dati personali e la registrazione relativa alla ricerca sono cancellati da tutti gli archivi nazionali e da quelli di Europol dopo un mese, salvo se necessari ai fini di specifiche indagini penali per le quali i dati sono stati richiesti da quello Stato membro o da Europol.

Articolo 34

Sicurezza dei dati

1.   Lo Stato membro d'origine garantisce la sicurezza dei dati prima e nel corso della trasmissione al sistema centrale.

2.   Ciascuno Stato membro, in relazione a tutti i dati trattati dalle proprie autorità competenti a norma del presente regolamento, adotta le misure necessarie, compreso un piano di sicurezza, al fine di:

a)

proteggere fisicamente i dati, tra l'altro mediante l'elaborazione di piani di emergenza per la protezione delle infrastrutture critiche;

b)

negare alle persone non autorizzate l'accesso alle strutture nazionali nelle quali lo Stato membro effettua operazioni ai fini dell'Eurodac (controlli all'ingresso delle strutture);

c)

impedire che supporti di dati possano essere letti, copiati, modificati o cancellati senza autorizzazione (controllo dei supporti di dati);

d)

impedire che siano inseriti dati senza autorizzazione e che sia presa visione, senza autorizzazione, di dati personali memorizzati o che essi siano modificati o cancellati senza autorizzazione (controllo della conservazione);

e)

impedire che i dati siano trattati nell'Eurodac senza autorizzazione e che i dati trattati nell'Eurodac siano modificati o cancellati senza autorizzazione (controllo dell'inserimento dei dati);

f)

garantire che le persone autorizzate ad accedere all'Eurodac abbiano accesso soltanto ai dati previsti dalla loro autorizzazione di accesso, ricorrendo all'identificativo utente individuale e unico e utilizzando esclusivamente modalità di accesso riservato (controllo dell'accesso ai dati);

g)

garantire che tutte le autorità con diritto di accesso all'Eurodac creino profili che descrivano le funzioni e le responsabilità delle persone autorizzate ad accedere ai dati e ad inserire, aggiornare, cancellare e consultare i dati, e mettano senza indugio tali profili, come pure ogni altra informazione pertinente che dette autorità possano richiedere a fini di controllo, a disposizione delle autorità nazionali di controllo di cui all'articolo 28 della direttiva 95/46/CE e all'articolo 25 della decisione quadro 2008/977/GAI, su richiesta di queste ultime (profili personali);

h)

garantire la possibilità di verificare e stabilire a quali organismi possano essere trasmessi dati personali mediante apparecchiature di comunicazione dei dati (controllo della comunicazione);

i)

garantire che sia possibile verificare e stabilire quali dati siano stati trattati nell'Eurodac, quando, da chi e per quale scopo (controllo della registrazione dei dati);

j)

impedire, in particolare mediante tecniche appropriate di cifratura, che all'atto della trasmissione di dati personali dall'Eurodac o verso l'Eurodac, oppure durante il trasporto dei supporti di dati, tali dati personali possano essere letti, copiati, modificati o cancellati senza autorizzazione (controllo del trasporto);

k)

controllare l'efficacia delle misure di sicurezza di cui al presente paragrafo e adottare le necessarie misure di carattere organizzativo relative al controllo interno per garantire l'osservanza del presente regolamento (autocontrollo) e per individuare automaticamente entro 24 ore qualsiasi evento pertinente si verifichi nell'applicazione delle misure di cui alle lettere da b) a j) che possa indicare il verificarsi di un incidente di sicurezza.

3.   Gli Stati membri informano l'agenzia degli incidenti di sicurezza rilevati nei propri sistemi. L'agenzia informa gli Stati membri, Europol e il garante europeo della protezione dei dati su incidenti di sicurezza. Gli Stati membri interessati, l'agenzia ed Europol collaborano in caso di tali incidenti.

4.   L'agenzia adotta le misure necessarie per conseguire gli obiettivi enunciati al paragrafo 2 per quanto riguarda il funzionamento dell'Eurodac, compresa l'adozione di un piano di sicurezza.

Articolo 35

Divieto di trasferire dati a paesi terzi, organizzazioni internazionali o soggetti di diritto privato

1.   I dati personali provenienti dal sistema centrale, trasmessi a uno Stato membro o ad Europol ai sensi del presente regolamento, non sono trasferiti a paesi terzi, organizzazioni internazionali o soggetti di diritto privato stabiliti all'interno o all'esterno dell'Unione, né sono messi a loro disposizione. Questo divieto si applica altresì al trattamento ulteriore di tali dati effettuato a livello nazionale o tra Stati membri ai sensi dell'articolo 2, lettera b), della decisione quadro 2008/977/GAI.

2.   I dati personali provenienti da uno Stato membro e scambiati tra Stati membri in seguito a una risposta pertinente ottenuta a fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, non sono trasferiti a paesi terzi se sussiste un grave rischio che, a causa di tale trasferimento, l'interessato sia sottoposto a torture, pene o trattamenti disumani o degradanti o qualsiasi altra violazione dei diritti fondamentali.

3.   I divieti di cui ai paragrafi 1 e 2 non pregiudicano il diritto degli Stati membri di trasferire tali dati a paesi terzi cui si applica il regolamento (UE) n. 604/2013.

Articolo 36

Registrazione e documentazione

1.   Gli Stati membri ed Europol provvedono affinché tutte le operazioni di trattamento dei dati derivanti dalle richieste di confronto con i dati Eurodac a fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2, siano registrate o documentate per verificare l'ammissibilità della richiesta, per controllare la liceità del trattamento dei dati, l'integrità e la sicurezza dei dati, e ai fini dell'autocontrollo.

2.   Il registro o la documentazione indicano in ogni caso:

a)

lo scopo esatto della richiesta di confronto, compresa la forma di reato di terrorismo o altro reato grave in questione e, per Europol, lo scopo esatto della richiesta di confronto;

b)

i fondati motivi addotti per giustificare, conformemente all'articolo 20, paragrafo 1, del presente regolamento, il mancato confronto con altri Stati membri di cui alla decisione 2008/615/GAI;

c)

il riferimento del fascicolo nazionale;

d)

la data e l'ora esatta della richiesta di confronto inviata al sistema centrale dal punto di accesso nazionale;

e)

l'autorità che ha chiesto l'accesso per il confronto e il responsabile che ha presentato la richiesta ed elaborato i dati;

f)

se è stata esperita la procedura d'urgenza di cui all'articolo 19, paragrafo 3, e la decisione presa in merito alla verifica a posteriori;

g)

i dati usati per il confronto;

h)

conformemente alle disposizioni nazionali o alla decisione 2009/371/GAI, l'identificazione del funzionario che ha effettuato la consultazione e del funzionario che ha ordinato di consultare i dati o di fornirli.

3.   Le registrazioni e i documenti sono usati solo ai fini del controllo della liceità del trattamento dei dati e per garantire l'integrità e la sicurezza dei dati. Soltanto le registrazioni che non contengono dati personali possono essere usate ai fini del controllo e della valutazione di cui all'articolo 40. Le autorità nazionali di controllo competenti a verificare l'ammissibilità della richiesta e controllare la liceità del trattamento dei dati, l'integrità e la sicurezza dei dati, hanno accesso a tali registrazioni, su loro richiesta, per l'adempimento delle loro funzioni.

Articolo 37

Risarcimento dei danni

1.   Le persone e gli Stati membri che hanno subito un danno in conseguenza di un trattamento illecito di dati o di qualsiasi altro atto incompatibile con il presente regolamento hanno diritto di ottenere un risarcimento dallo Stato membro responsabile del pregiudizio. Lo Stato membro è esonerato in tutto o in parte da tale responsabilità se prova che l'evento dannoso non gli è imputabile.

2.   Ogni Stato membro è responsabile per i danni causati al sistema centrale in caso di inosservanza da parte sua degli obblighi derivanti dal presente regolamento, tranne nel caso e nei limiti in cui l'agenzia o un altro Stato membro abbia omesso di adottare misure ragionevolmente idonee ad evitare i danni o a minimizzarne gli effetti.

3.   Le azioni proposte contro uno Stato membro per il risarcimento dei danni di cui ai paragrafi 1 e 2 sono disciplinate dalle leggi dello Stato membro convenuto.

CAPO VIII

MODIFICHE AL REGOLAMENTO (UE) N. 1077/2011

Articolo 38

Modifiche del regolamento (UE) n. 1077/2011

Il regolamento (UE) n. 1077/2011 è cosi modificato:

1)

l'articolo 5 è sostituito dal seguente:

"Articolo 5

Compiti relativi a Eurodac

Con riguardo a Eurodac, l'agenzia svolge:

a)

i compiti attribuiti all'agenzia conformemente al regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l'"Eurodac" per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto (17); e

b)

i compiti relativi alla formazione sull'uso tecnico di Eurodac.

2)

l'articolo 12, paragrafo 1, è così modificato:

a)

le lettere u) e v) sono sostituite dalle seguenti:

"u)

adotta la relazione annuale sulle attività del sistema centrale di Eurodac conformemente all'articolo 40, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 603/2013;

v)

presenta osservazioni sulle relazioni del garante europeo della protezione dei dati relative ai controlli di cui all'articolo 45, paragrafo 2, del regolamento (CE n. 1987/2006, all'articolo 42, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 767/2008 e all'articolo 31, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 603/2013 e assicura adeguato seguito a tali controlli";

b)

la lettera x) è sostituita dalla seguente:

"x)

elabora statistiche sulle attività del sistema centrale di Eurodac conformemente all'articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 603/2013;";

c)

la lettera z) è sostituita dalla seguente:

"z)

provvede alla pubblicazione annuale dell'elenco delle unità conformemente all'articolo 27, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 603/2013";

3)

all'articolo 15, il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:

"4.   Europol e Eurojust possono assistere alle riunioni del consiglio di amministrazione in qualità di osservatori quando sono all'ordine del giorno questioni concernenti il SIS II, in relazione all'applicazione della decisione 2007/533/GAI. Europol può assistere alle riunioni del consiglio di amministrazione in qualità di osservatore anche quando sono all'ordine del giorno questioni concernenti il VIS, in relazione all'applicazione della decisione 2008/633/GAI, o questioni concernenti Eurodac, in relazione all'applicazione del regolamento (UE) n. 603/2013";

4)

l'articolo 17 è così modificato:

a)

al paragrafo 5, la lettera g) è sostituita dalla seguente:

"g)

fatto salvo l'articolo 17 dello statuto, stabilisce le clausole di riservatezza per conformarsi, rispettivamente, all'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1987/2006, dell'articolo 17 della decisione 2007/533/GAI, all'articolo 26, paragrafo 9, del regolamento (CE) n. 767/2008 e all'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 603/2013;";

b)

al paragrafo 6, la lettera i) è sostituita dalla seguente:

"i)

relazioni sul funzionamento tecnico di ogni sistema IT su larga scala di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera t), e la relazione annuale sulle attività del sistema centrale di Eurodac di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera u), sulla base dei risultati del controllo e della valutazione.";

5)

all'articolo 19, il paragrafo 3 è sostituito dal seguente:

"3.   Sia Europol che Eurojust possono nominare un rappresentante in seno al gruppo consultivo SIS II. Europol può nominare anche un rappresentante in seno ai gruppi consultivi VIS ed Eurodac.".

CAPO IX

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 39

Spese

1.   Le spese connesse all'istituzione e alla gestione del sistema centrale e dell'infrastruttura di comunicazione sono a carico del bilancio generale dell'Unione europea.

2.   Le spese per i punti di accesso nazionali, incluse quelle per il loro collegamento con il sistema centrale, sono a carico dei singoli Stati membri.

3.   Gli Stati membri ed Europol istituiscono e mantengono a loro spese l'infrastruttura tecnica necessaria all'attuazione del presente regolamento e si fanno carico degli oneri derivanti dalle richieste di confronto con i dati Eurodac a fini di cui all'articolo 1, paragrafo 2.

Articolo 40

Relazione annuale, monitoraggio e valutazione

1.   L'agenzia trasmette annualmente al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e al garante europeo della protezione dei dati una relazione sull'attività del sistema centrale, nella quale esamina tra l'altro il suo funzionamento tecnico e la sua sicurezza. La relazione annuale contiene anche informazioni sulla gestione e le prestazioni dell'Eurodac, misurate sulla base di indicatori quantitativi predeterminati per gli obiettivi di cui al paragrafo 2.

2.   L'agenzia provvede affinché vengano attivate procedure atte a monitorare il funzionamento del sistema centrale in rapporto a determinati obiettivi di produzione, economicità e qualità del servizio.

3.   Ai fini della manutenzione tecnica, delle relazioni e delle statistiche, l'agenzia ha accesso alle informazioni necessarie riguardanti i trattamenti effettuati nel sistema centrale.

4.   Entro 20 luglio 2018, e successivamente ogni quattro anni, la Commissione presenta una valutazione complessiva dell'Eurodac, nella quale analizza i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi e l'impatto sui diritti fondamentali, onde stabilire, fra l'altro, se l'accesso a fini di contrasto provochi una discriminazione indiretta delle persone contemplate dal presente regolamento, valuta se continuino a sussistere i motivi che ne avevano giustificato l'istituzione e studia le eventuali implicazioni per la sua futura attività, formulando, se del caso, le raccomandazioni necessarie. La Commissione trasmette la valutazione al Parlamento europeo e al Consiglio.

5.   Gli Stati membri forniscono all'agenzia e alla Commissione le informazioni necessarie per redigere le relazioni annuali di cui al paragrafo 1.

6.   L'agenzia, gli Stati membri ed Europol forniscono alla Commissione le informazioni necessarie per redigere le relazioni di valutazione di cui al paragrafo 4. Tali informazioni non mettono a repentaglio i metodi di lavoro o non comprendono indicazioni sulle fonti, sui membri del personale o sulle indagini delle autorità designate.

7.   Nel rispetto delle disposizioni del diritto nazionale relative alla pubblicazione di informazioni sensibili, gli Stati membri ed Europol predispongono ciascuno una relazione annuale sull'efficacia del confronto dei dati relativi alle impronte digitali con i dati Eurodac a fini di contrasto, in cui figurino informazioni e statistiche su:

la finalità precisa del confronto, compreso il tipo di reato di terrorismo o altro reato grave,

i motivi di ragionevole sospetto,

i ragionevoli motivi addotti per giustificare il mancato confronto con altri Stati membri di cui alla decisione 2008/615/GAI, conformemente all'articolo 20, paragrafo 1, del presente regolamento,

il numero di richieste di confronto,

il numero e il tipo di casi in cui si è giunti a un'identificazione, e

la necessità di trattare casi eccezionali d'urgenza, compresi i casi in cui l'autorità di verifica non ha confermato l'urgenza dopo la verifica a posteriori.

Le relazioni annuali degli Stati membri e di Europol sono trasmesse alla Commissione entro il 30 giugno dell'anno successivo.

8.   Sulla base delle relazioni degli Stati membri e di Europol di cui al paragrafo 7 e oltre alla valutazione complessiva di cui al paragrafo 4, la Commissione predispone una relazione annuale sull'accesso all'Eurodac a fini di contrasto e la trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e al garante europeo della protezione dei dati.

Articolo 41

Sanzioni

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che ogni trattamento dei dati inseriti nel sistema centrale contrario ai fini dell'Eurodac quali definiti all'articolo 1 sia passibile di sanzioni, anche a carattere amministrativo e/o penale in conformità della legislazione nazionale, che siano effettive, proporzionate e dissuasive.

Articolo 42

Applicazione territoriale

Le disposizioni del presente regolamento non si applicano ai territori a cui non si applica il regolamento (UE) n. 604/2013.

Articolo 43

Notifica delle autorità designate e delle autorità di verifica

1.   Entro 20 ottobre 2013 gli Stati membri notificano alla Commissione le autorità designate, le unità operative di cui all'articolo 5, paragrafo 3, e la sua autorità di verifica e notificano senza indugio le eventuali modifiche.

2.   Entro 20 ottobre 2013 Europol notifica alla Commissione la sua autorità designata, la sua autorità di verifica e il punto di accesso nazionale designato e notifica senza indugio le eventuali modifiche.

3.   La Commissione pubblica annualmente le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e attraverso una pubblicazione elettronica è disponibile online e tempestivamente aggiornata.

Articolo 44

Disposizione transitoria

I dati bloccati nel sistema centrale ai sensi dell'articolo 12 del regolamento (CE) n. 2725/2000 sono sbloccati e contrassegnati ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 1, del presente regolamento al 20 luglio 2015.

Articolo 45

Abrogazione

Il regolamento (CE) n. 2725/2000 e il regolamento (CE) n. 407/2002 sono abrogati con effetto dal 20 luglio 2015.

I riferimenti ai regolamenti abrogati vanno intesi come riferimenti al presente regolamento e letti secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III.

Articolo 46

Entrata in vigore e decorrenza dell'applicazione

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Il presente regolamento si applica a decorrere da 20 luglio 2015.

Gli Stati membri notificano alla Commissione e all'agenzia di aver espletato i preparativi tecnici necessari per trasmettere i dati al sistema centrale, quanto prima e in ogni caso non oltre 20 luglio 2015.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati.

Fatto a Bruxelles, il 26 giugno 2013

Per il Parlamento europeo

Il presidente

M. SCHULZ

Per il Consiglio

Il presidente

A. SHATTER


(1)  GU C 92 del 10.4.2010, pag. 1.

(2)  Posizione del Parlamento europeo del 12 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 giugno 2013.

(3)  GU L 316 del 15.12.2000, pag. 1.

(4)  GU L 62 del 5.3.2002, pag. 1.

(5)  Cfr. la pagina 31 della presente Gazzetta ufficiale.

(6)  GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3.

(7)  GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1.

(8)  GU L 121 del 15.5.2009, pag. 37.

(9)  GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9.

(10)  GU L 286 dell'1.11.2011, pag. 1.

(11)  GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1.

(12)  GU L 210 del 6.8.2008, pag. 1.

(13)  GU L 218 del 13.8.2008, pag. 129.

(14)  GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.

(15)  GU L 350 del 30.12.2008, pag. 60.

(16)  GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.

(17)  GU L 180 del 29.6.2013, pag. 1.".


ALLEGATO I

Formato dei dati e modulo per le impronte digitali

Formato per lo scambio dei dati relativi alle impronte digitali

È stabilito il seguente formato per lo scambio di dati relativi alle impronte digitali:

ANSI/NIST-ITL 1a-1997, Ver.3, giugno 2001 (INT-1) e qualsiasi altro futuro sviluppo di questo standard.

Norma per le lettere che contraddistinguono lo Stato membro

Si applica la seguente norma ISO: ISO 3166 – codice di 2 lettere.

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ALLEGATO II

Regolamenti abrogati (di cui all'articolo 45)

Regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio

(GU L 316 del 15.12.2000, pag. 1)

Regolamento (CE) n. 407/2002 del Consiglio

(GU L 62 del 5.3.2002 pag. 1.)


ALLEGATO III

Tavola di concordanza

Regolamento (CE) n. 2725/2000

Il presente regolamento

Articolo 1, paragrafo 1

Articolo 1, paragrafo 1

Articolo 1, paragrafo 2, primo comma, lettere a) e b)

Articolo 3, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 1, paragrafo 2, primo comma, lettera c)

Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 3, paragrafo 4

Articolo 1, paragrafo 3

Articolo 1, paragrafo 3

Articolo 2, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 2, paragrafo 1, lettere da b) a e)

Articolo 2, paragrafo 1, lettere da a) a d)

Articolo 2, paragrafo 1, lettere da e) a j)

Articolo 3, paragrafo 1

Articolo 3, paragrafo 2

Articolo 3, paragrafo 3

Articolo 3, paragrafo 3, lettere da a) a e)

Articolo 8, paragrafo 1, lettere da a) a e)

Articolo 8, paragrafo 1, lettere da f) a i)

Articolo 3, paragrafo 4

Articolo 4, paragrafo 1

Articolo 9, paragrafo 1, e articolo 3, paragrafo 5

Articolo 4, paragrafo 2

Articolo 4, paragrafo 3

Articolo 9, paragrafo 3

Articolo 4, paragrafo 4

Articolo 9, paragrafo 4

Articolo 4, paragrafo 5

Articolo 9, paragrafo 5

Articolo 4, paragrafo 6

Articolo 25, paragrafo 4

Articolo 5, paragrafo 1, lettere da a) a f)

Articolo 11, lettere da a) a f)

Articolo 11, lettere da g) a k)

Articolo 5, paragrafo 1, lettere g) e h)

Articolo 6

Articolo 12

Articolo 7

Articolo 13

Articolo 8

Articolo 14

Articolo 9

Articolo 15

Articolo 10

Articolo 16

Articolo 11, paragrafi da 1 a 3

Articolo 17, paragrafi da 1 a 3

Articolo 11, paragrafo 4

Articolo 17, paragrafo 5

Articolo 11, paragrafo 5

Articolo 17, paragrafo 4

Articolo 12

Articolo 18

Articolo 13

Articolo 23

Articolo 14

Articolo 15

Articolo 27

Articolo 16

Articolo 28, paragrafi 1 e 2

Articolo 28, paragrafo 3

Articolo 17

Articolo 37

Articolo 18

Articolo 29, paragrafi 1, 2, da 4 a 10 e da 12 a 15

Articolo 29, paragrafi 3 e 11

Articolo 19

Articolo 30

Articoli da 31 a 36

Articolo 20

Articolo 21

Articolo 39, paragrafi 1 e 2

Articolo 22

Articolo 23

Articolo 24, paragrafi 1 e 2

Articolo 40, paragrafi 1 e 2

Articolo 40, paragrafi da 3 a 8

Articolo 25

Articolo 41

Articolo 26

Articolo 42

Articoli da 43 a 45

Articolo 27

Articolo 46


Regolamento (CE) n. 407/2002

Il presente regolamento

Articolo 2

Articolo 24

Articolo 3

Articolo 25, paragrafi da 1 a 3

Articolo 25, paragrafi 4 e 5

Articolo 4

Articolo 26

Articolo 5, paragrafo 1

Articolo 3, paragrafo 3

Allegato I

Allegato I

Allegato II


29.6.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 180/31


REGOLAMENTO (UE) N. 604/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 26 giugno 2013

che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 78, paragrafo 2, lettera e),

vista la proposta della Commissione europea,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

visto il parere del Comitato delle regioni (2),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),

considerando quanto segue:

(1)

È necessario apportare una serie di modifiche sostanziali al regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (4). È quindi opportuno provvedere, per ragioni di chiarezza, alla rifusione di tale regolamento.

(2)

Una politica comune nel settore dell’asilo, che preveda un sistema europeo comune di asilo (CEAS), costituisce un elemento fondamentale dell’obiettivo dell’Unione europea di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nell’Unione.

(3)

Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha deciso di lavorare all’istituzione del CEAS basato sulla piena e completa applicazione della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, quale integrata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967 («convenzione di Ginevra»), garantendo in tal modo che nessuno sia rinviato in un paese nel quale rischia di essere nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio di «non respingimento» (non-refoulement). Sotto tale profilo, e senza pregiudizio dei criteri di competenza definiti nel presente regolamento, gli Stati membri, tutti rispettosi del principio di non respingimento, sono considerati Stati sicuri per i cittadini di paesi terzi.

(4)

Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il CEAS dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.

(5)

Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale.

(6)

Si è ora completata la prima fase dei lavori per l’istituzione di un CEAS che dovrebbe portare, a più lungo termine, all’instaurazione di una procedura comune e a uno status uniforme valido in tutta l’Unione per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale. Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha adottato il programma dell’Aia, fissando gli obiettivi da conseguire nel periodo 2005-2010 nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Al riguardo, il programma dell’Aia ha invitato la Commissione a concludere la valutazione degli strumenti giuridici adottati nella prima fase e a sottoporre al Parlamento europeo e al Consiglio gli strumenti e le misure relativi alla seconda fase in vista della loro adozione entro il 2010.

(7)

Nel programma di Stoccolma il Consiglio europeo ha ribadito il suo impegno per il raggiungimento dell’obiettivo di istituire, entro il 2012, uno spazio comune di protezione e solidarietà per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale, ai sensi dell’articolo 78 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Ha inoltre sottolineato che il sistema di Dublino resta una pietra miliare nella costruzione del CEAS, poiché ripartisce con chiarezza tra gli Stati membri la competenza per l’esame delle domande di protezione internazionale.

(8)

Le risorse dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), istituito dal regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) dovrebbero essere disponibili per fornire sostegno adeguato agli uffici competenti degli Stati membri responsabili dell’attuazione del presente regolamento. In particolare, l’EASO dovrebbe prevedere misure di solidarietà, quali il gruppo d’intervento in materia d’asilo con le squadre di sostegno per l’asilo, per fornire assistenza agli Stati membri che sono sottoposti a pressione particolare e in cui i richiedenti protezione internazionale («richiedenti») non possono beneficiare di standard adeguati, in particolare con riguardo all’accoglienza e alla protezione.

(9)

Alla luce dei risultati delle valutazioni effettuate dell’attuazione degli strumenti della prima fase, è opportuno in questa fase ribadire i principi che ispirano il regolamento (CE) n. 343/2003 apportando i miglioramenti necessari, in vista dell’esperienza acquisita, a migliorare l’efficienza del sistema di Dublino e la protezione offerta ai richiedenti nel contesto di tale sistema. Dato che il buon funzionamento del sistema di Dublino è fondamentale per il CEAS, i suoi principi e il suo funzionamento dovrebbero essere periodicamente riesaminati parallelamente all’introduzione di altre componenti del CEAS e di altri strumenti di solidarietà dell’Unione. Dovrebbe essere previsto un «controllo di qualità» completo sotto forma di esame fattuale, che contempli gli effetti giuridici, economici e sociali del sistema di Dublino, comprese le sue ripercussioni sui diritti fondamentali.

(10)

Per assicurare la parità di trattamento di tutti i richiedenti e beneficiari di protezione internazionale e la coerenza con l’attuale acquis dell’Unione in materia di asilo, in particolare con la direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (6), l’ambito di applicazione del presente regolamento comprende i richiedenti protezione sussidiaria e le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria.

(11)

La direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (7), dovrebbe applicarsi alla procedura di determinazione dello Stato membro competente disciplinata dal presente regolamento, fatti salvi i limiti nell’applicazione di detta direttiva.

(12)

La direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (8), dovrebbe integrare e lasciare impregiudicate le disposizioni relative alle garanzie procedurali disciplinate dal presente regolamento, fatti salvi i limiti nell’applicazione di detta direttiva.

(13)

Conformemente alla Convenzione della Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’interesse superiore del minore dovrebbe costituire un criterio fondamentale per gli Stati membri nell’applicazione del presente regolamento. Nel valutare l’interesse superiore del minore gli Stati membri dovrebbero tenere debito conto in particolare del benessere e dello sviluppo sociale del minore, delle considerazioni attinenti alla sua incolumità e sicurezza, nonché del parere del minore in funzione dell’età o della maturità del medesimo, compreso il suo contesto di origine. È opportuno inoltre che siano fissate specifiche garanzie procedurali per i minori non accompagnati, in considerazione della loro particolare vulnerabilità.

(14)

Conformemente alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il rispetto della vita familiare dovrebbe costituire un criterio fondamentale nell’applicazione, da parte degli Stati membri, del presente regolamento.

(15)

Il trattamento congiunto delle domande di protezione internazionale degli appartenenti alla stessa famiglia da parte di un unico Stato membro consente di garantire un esame approfondito delle domande, la coerenza delle decisioni adottate nei loro confronti e di non separare i membri di una stessa famiglia.

(16)

Per garantire il pieno rispetto del principio dell’unità familiare e dell’interesse superiore del minore, è opportuno che il sussistere di una relazione di dipendenza tra un richiedente e suo figlio, fratello o genitore, a motivo della sua gravidanza o maternità, del suo stato di salute o dell’età avanzata, costituisca un criterio di competenza vincolante. Analogamente è opportuno che anche la presenza in un altro Stato membro di un familiare o parente che possa occuparsene costituisca un criterio di competenza vincolante quando il richiedente è un minore non accompagnato.

(17)

Uno Stato membro dovrebbe poter derogare ai criteri di competenza, in particolare per motivi umanitari e caritatevoli, al fine di consentire il ricongiungimento di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela ed esaminare una domanda di protezione internazionale presentata in quello o in un altro Stato membro, anche se tale esame non è di sua competenza secondo i criteri vincolanti stabiliti nel presente regolamento

(18)

È opportuno organizzare un colloquio personale con il richiedente al fine di agevolare la determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale. Non appena sia presentata la domanda di protezione internazionale, il richiedente dovrebbe essere informato dell’applicazione del presente regolamento e della possibilità, nel corso del colloquio, di fornire informazioni sulla presenza negli Stati membri di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela, al fine di agevolare il processo di determinazione dello Stato membro competente.

(19)

Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito.

(20)

Il trattenimento dei richiedenti dovrebbe essere regolato in conformità del principio fondamentale per cui nessuno può essere trattenuto per il solo fatto di chiedere protezione internazionale. Il trattenimento dovrebbe essere quanto più breve possibile e dovrebbe essere soggetto ai principi di necessità e proporzionalità. In particolare, il trattenimento dei richiedenti deve essere conforme all’articolo 31 della convenzione di Ginevra. Le procedure previste dal presente regolamento con riguardo alla persona trattenuta dovrebbero essere applicate in modo prioritario, entro i termini più brevi possibili. Per quanto concerne le garanzie generali che disciplinano il trattenimento, così come le condizioni di trattenimento, gli Stati membri dovrebbero, se del caso, applicare le disposizioni della direttiva 2013/33/UE anche alle persone trattenute sulla base del presente regolamento.

(21)

Carenze o collassi dei sistemi di asilo, spesso aggravati da particolari pressioni, o a cui contribuiscono particolari pressioni alle quali detti sistemi sono sottoposti, possono mettere a repentaglio il regolare funzionamento del sistema istituito ai sensi del presente regolamento, con conseguente possibile rischio di violazione dei diritti dei richiedenti previsti dall’acquis dell’Unione in materia di asilo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, da altri diritti umani internazionali e dai diritti dei rifugiati.

(22)

Per garantire una solida cooperazione nell’ambito del presente regolamento e per sviluppare la fiducia reciproca tra Stati membri con riguardo alla politica in materia di asilo, è opportuno istituire un meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione in caso di crisi nel settore dell’asilo atto a prevenire un deterioramento o il collasso dei sistemi di asilo, in cui l’EASO svolga un ruolo determinante avvalendosi delle sue competenze ai sensi del regolamento (UE) n. 439/2010. Tale meccanismo dovrebbe assicurare che l’Unione sia avvisata il prima possibile qualora si tema che sia messo a repentaglio il corretto funzionamento del sistema istituito dal presente regolamento a causa di una particolare pressione sui sistemi di asilo di uno o più Stati membri e/o di loro carenze. Tale processo consentirebbe all’Unione di promuovere misure preventive in una fase precoce e di prestare la debita attenzione politica a tali situazioni. La solidarietà, che è un elemento cardine del CEAS, va di pari passo con la fiducia reciproca. Attraverso il rafforzamento della fiducia, il meccanismo di allerta rapido, preparazione e gestione di crisi nel settore dell’asilo potrebbe migliorare l’indirizzo delle misure concrete di solidarietà reale e pratica verso gli Stati membri, allo scopo di assistere gli Stati membri colpiti in generale e i richiedenti in particolare. Ai sensi dell’articolo 80 TFUE, ogniqualvolta necessario, gli atti dell’Unione dovrebbero contenere misure appropriate ai fini dell’applicazione del principio di solidarietà e il meccanismo dovrebbe essere accompagnato da questo tipo di misure. Le conclusioni su un quadro comune per una reale e concreta solidarietà nei confronti degli Stati membri i cui sistemi di asilo subiscono particolari pressioni anche a causa di flussi migratori misti, adottate dal Consiglio l’8 marzo 2012, prevedono uno «strumentario» composto di misure esistenti e di possibili nuove misure di cui si dovrebbe tener conto nell’ambito di un meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi.

(23)

È opportuno che gli Stati membri collaborino con l’EASO nella raccolta d’informazioni riguardanti la loro capacità di gestire pressioni particolari sui rispettivi sistemi di asilo e di accoglienza, in particolare nell’ambito dell’applicazione del presente regolamento. L’EASO dovrebbe riferire periodicamente sulle informazioni raccolte ai sensi del regolamento (UE) n. 439/2010.

(24)

Ai sensi del regolamento (CE) n. 1560/2003 della Commissione (9) i trasferimenti verso lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale possono avvenire su base volontaria, sotto forma di partenza controllata o sotto scorta. Gli Stati membri dovrebbero promuovere i trasferimenti volontari fornendo al richiedente informazioni adeguate e garantire che i trasferimenti controllati o sotto scorta siano svolti in maniera umana, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana, nonché nell’interesse superiore del minore e tenendo nella massima considerazione l’evoluzione della pertinente giurisprudenza, in particolare per quanto riguarda i trasferimenti per motivi umanitari.

(25)

La progressiva instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, entro il quale è garantita la libera circolazione delle persone in forza del TFUE e la definizione di politiche dell’Unione relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, compresi gli sforzi comuni per la gestione delle frontiere esterne, rende necessario instaurare un equilibrio tra i criteri di competenza in uno spirito di solidarietà.

(26)

La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (10), si applica al trattamento dei dati personali operato dagli Stati membri a norma del presente regolamento.

(27)

Lo scambio dei dati personali di un richiedente, compresi i dati sensibili sul suo stato di salute, effettuato prima di un trasferimento, permetteranno alle autorità competenti in materia di asilo di prestare un’assistenza adeguata ai richiedenti e di assicurare la continuità della protezione e dei diritti concessi. È opportuno prevedere specifiche disposizioni che garantiscano la protezione dei dati relativi ai richiedenti che si trovano in detta situazione, ai sensi della direttiva 95/46/CE.

(28)

Si può facilitare l’attuazione del presente regolamento e rafforzarne l’efficacia attraverso accordi bilaterali tra Stati membri volti a migliorare le comunicazioni tra i servizi competenti, ridurre le scadenze procedurali o semplificare il trattamento delle richieste di prendere o riprendere in carico i richiedenti o stabilire le modalità per l’esecuzione dei trasferimenti.

(29)

È opportuno garantire la continuità tra il meccanismo di determinazione dello Stato competente istituito dal regolamento (CE) n. 343/2003 e quello previsto dal presente regolamento. Inoltre, occorre garantire la coerenza tra il presente regolamento e il regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e sulle richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto (11).

(30)

Il funzionamento del sistema Eurodac, quale istituito dal regolamento (UE) n. 603/2013, dovrebbe facilitare l’applicazione del presente regolamento.

(31)

Il funzionamento del sistema di informazione visti previsto dal regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (12), in particolare l’attuazione dei suoi articoli 21 e 22, dovrebbe facilitare l’applicazione del presente regolamento.

(32)

Per quanto riguarda il trattamento di persone che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi che a essi derivano dagli strumenti giuridici internazionali, compresa la pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

(33)

Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (13).

(34)

Si dovrebbe far ricorso alla procedura di esame per l’adozione di un opuscolo comune su Dublino/Eurodac, nonché di un opuscolo specifico per i minori non accompagnati; di un formulario uniforme per lo scambio di informazioni pertinenti su minori non accompagnati; di condizioni uniformi per la consultazione e lo scambio di informazioni su minori e persone a carico; di condizioni uniformi per la predisposizione e la trasmissione di richieste di presa in carico e ripresa in carico; di due elenchi in cui figurano elementi di prova e prove circostanziate pertinenti e la periodica revisione degli stessi; di un lasciapassare; di condizioni uniformi per la consultazione e lo scambio di informazioni su trasferimenti; di un formulario per lo scambio di dati prima di un trasferimento; di un certificato sanitario comune; di condizioni uniformi e modalità pratiche per lo scambio di informazioni sui dati sanitari di una persona prima di un trasferimento e di linee di comunicazione elettronica sicure per la trasmissione di richieste.

(35)

Al fine di prevedere norme complementari, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE riguardo all’identificazione dei familiari, fratelli o parenti di un minore non accompagnato; ai criteri per accertare l’esistenza di legami familiari comprovati; ai criteri per valutare la capacità di un parente di occuparsi di un minore non accompagnato, anche nei casi in cui i familiari, fratelli o parenti del minore non accompagnato soggiornino in più di uno Stato membro; agli elementi per valutare un vincolo di dipendenza; ai criteri per valutare la capacità di una persona di occuparsi di una persona a carico e gli elementi di cui tener conto per valutare l’impossibilità di viaggiare per un periodo di tempo significativo. Nell’esercizio dei suoi poteri di adottare atti delegati, la Commissione non va al di là dell’ambito del superiore interesse del minore previsto nell’articolo 6, paragrafo 3, del presente regolamento. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell’elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.

(36)

Nell’applicazione del presente regolamento, compresa la preparazione degli atti delegati, la Commissione dovrebbe consultare esperti, tra gli altri, di tutte le autorità nazionali pertinenti.

(37)

Le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 sono state stabilite dal regolamento (CE) n. 1560/2003. È opportuno integrare alcune disposizioni del regolamento (CE) n. 1560/2003 nel presente regolamento, a fini di chiarezza o perché possono contribuire a un obiettivo generale. In particolare è importante, sia per gli Stati membri che per i richiedenti interessati, che sia disposto un meccanismo generale per la composizione delle eventuali divergenze tra gli Stati membri sull’applicazione di una disposizione del presente regolamento. È quindi giustificato inserire nel presente regolamento il meccanismo di composizione delle controversie sulla clausola umanitaria previsto dal regolamento (CE) n. 1560/2003, ed estenderne l’ambito di applicazione a tutto il presente regolamento.

(38)

Per essere efficacemente controllata, l’applicazione del presente regolamento deve formare oggetto di periodiche valutazioni.

(39)

Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, il presente regolamento intende assicurare il pieno rispetto del diritto d’asilo garantito dall’articolo 18 della Carta, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della stessa. Il presente regolamento dovrebbe pertanto essere applicato di conseguenza.

(40)

Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’introduzione di criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della portata e degli effetti del presente regolamento, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(41)

A norma dell’articolo 3 e dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, detti Stati membri hanno notificato che desiderano partecipare all’adozione e all’applicazione del presente regolamento.

(42)

A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

CAPO I

OGGETTO E DEFINIZIONI

Articolo 1

Oggetto

Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide («Stato membro competente»).

Articolo 2

Definizioni

Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)   «cittadino di un paese terzo»: qualsiasi persona che non è un cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE e che non è cittadino di uno Stato che partecipa al presente regolamento in virtù di un accordo con l’Unione europea;

b)   «domanda di protezione internazionale»: la domanda di protezione internazionale quale definita all’articolo 2, lettera h), della direttiva 2011/95/UE;

c)   «richiedente»: il cittadino di un paese terzo o l’apolide che abbia manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

d)   «esame di una domanda di protezione internazionale»: l’insieme delle misure d’esame, le decisioni o le sentenze pronunciate dalle autorità competenti su una domanda di protezione internazionale conformemente alla direttiva 2013/32/UE e alla direttiva 2011/95/UE ad eccezione delle procedure volte a determinare quale sia lo Stato competente in applicazione del presente regolamento;

e)   «ritiro di una domanda di protezione internazionale»: l’azione con la quale il richiedente mette termine, esplicitamente o tacitamente, alle procedure avviate con la presentazione della sua domanda di protezione internazionale, conformemente alla direttiva 2013/32/UE;

f)   «beneficiario di protezione internazionale»: il cittadino di un paese terzo o l’apolide al quale è stato riconosciuto il diritto alla protezione internazionale ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2011/95/UE;

g)   «familiari»: i seguenti soggetti appartenenti alla famiglia del richiedente, purché essa sia già costituita nel paese di origine, che si trovano nel territorio degli Stati membri:

il coniuge del richiedente o il partner non legato da vincoli di matrimonio con cui abbia una relazione stabile, qualora il diritto o la prassi dello Stato membro interessato assimilino la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della normativa sui cittadini di paesi terzi,

i figli minori delle coppie di cui al primo trattino o del richiedente, a condizione che non siano coniugati e indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale,

se il richiedente è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il richiedente in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova l’adulto,

se il beneficiario di protezione internazionale è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il beneficiario in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova il beneficiario;

h)   «parenti»: la zia o lo zio, il nonno o la nonna adulti del richiedente che si trovino nel territorio di uno Stato membro, indipendentemente dal fatto che il richiedente sia figlio legittimo, naturale o adottivo secondo le definizioni del diritto nazionale;

i)   «minore»: il cittadino di un paese terzo o l’apolide di età inferiore agli anni diciotto;

j)   «minore non accompagnato»: il minore che entra nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile per legge o per prassi dello Stato membro interessato, fino a quando non sia effettivamente affidato a un tale adulto; il termine include il minore che viene abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri;

k)   «rappresentante»: la persona o l’organizzazione designata dagli organismi competenti per assistere e rappresentare un minore non accompagnato nelle procedure previste dal presente regolamento, allo scopo di garantirne l’interesse superiore e di esercitare la capacità giuridica di agire per suo conto, ove necessario. L’organizzazione designata come rappresentante nomina una persona responsabile di assolvere le sue funzioni nei confronti del minore, ai sensi del presente regolamento;

l)   «titolo di soggiorno»: qualsiasi permesso rilasciato dalle autorità di uno Stato membro che autorizza il soggiorno di un cittadino di un paese terzo o di un apolide nel suo territorio, compresi i documenti che consentono all’interessato di soggiornare nel territorio nazionale nell’ambito di un regime di protezione temporanea o fino a quando avranno termine le circostanze che ostano all’esecuzione di un provvedimento di allontanamento, ad eccezione dei visti e delle autorizzazioni di soggiorno rilasciati nel periodo necessario a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento o durante l’esame di una domanda di protezione internazionale o di una richiesta di permesso di soggiorno;

m)   «visto»: l’autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per il transito o per l’ingresso ai fini di soggiorno in tale Stato membro o in diversi Stati membri. La natura del visto è illustrata dalle seguenti definizioni:

—   «visto per soggiorno di lunga durata»: l’autorizzazione o la decisione, emessa da uno degli Stati membri conformemente al suo diritto interno o al diritto dell’Unione, necessaria per l’ingresso ai fini di un soggiorno nel territorio di tale Stato membro per una durata superiore ai tre mesi,

—   «visto per soggiorno di breve durata»: l’autorizzazione o la decisione emessa da uno Stato membro ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio di uno o più o tutti gli Stati membri la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi a decorrere dalla data del primo ingresso nel territorio degli Stati membri,

—   «visto di transito aeroportuale»: visto valido per il transito nelle zone internazionali di transito di uno o più aeroporti degli Stati membri;

n)   «rischio di fuga»: la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un richiedente o un cittadino di un paese terzo o un apolide oggetto di una procedura di trasferimento possa fuggire.

CAPO II

PRINCIPI GENERALI E GARANZIE

Articolo 3

Accesso alla procedura di esame di una domanda di protezione internazionale

1.   Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

2.   Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.

Qualora non sia possibile eseguire il trasferimento a norma del presente paragrafo verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III o verso il primo Stato membro in cui la domanda è stata presentata, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione diventa lo Stato membro competente.

3.   Ogni Stato membro mantiene la possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro, nel rispetto delle norme e delle garanzie previste dalla direttiva 2013/32/UE.

Articolo 4

Diritto di informazione

1.   Non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro, le autorità competenti dello stesso informano il richiedente dell’applicazione del presente regolamento, specificando in particolare:

a)

le finalità del presente regolamento e le conseguenze dell’eventuale presentazione di un’altra domanda in uno Stato membro diverso, nonché le conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e in cui è esaminata la domanda di protezione internazionale;

b)

i criteri di determinazione dello Stato membro competente, la gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e la loro durata, compreso il fatto che una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro può comportare che tale Stato membro diventi competente ai sensi del presente regolamento anche se tale competenza non si basi su tali criteri;

c)

il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 e la possibilità di presentare informazioni relative alla presenza di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela negli Stati membri, compresi i modi in cui il richiedente può presentare tali informazioni;

d)

la possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento;

e)

il fatto che le autorità competenti degli Stati membri possono scambiarsi dati relativi al richiedente al solo scopo di rispettare i loro obblighi derivanti dal presente regolamento;

f)

il diritto di accesso ai propri dati e il diritto di chiedere che tali dati siano rettificati se inesatti o che siano cancellati se trattati illecitamente, nonché le procedure da seguire per esercitare tali diritti, compresi gli estremi delle autorità di cui all’articolo 35 e delle autorità nazionali garanti per la protezione dei dati personali che sono responsabili in merito alla tutela dei dati personali.

2.   Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite al richiedente per iscritto in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile. A questo fine gli Stati membri si avvalgono dell’opuscolo comune redatto conformemente al paragrafo 3.

Ove necessario per la corretta comprensione del richiedente, le informazioni sono fornite anche oralmente, ad esempio in relazione con il colloquio personale di cui all’articolo 5.

3.   La Commissione, mediante atti di esecuzione, redige un opuscolo comune, nonché un apposito opuscolo per i minori non accompagnati, contenenti quanto meno le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Detto opuscolo comune contiene anche informazioni riguardanti l’applicazione del regolamento (UE) n. 603/2013 e, in particolare, lo scopo per il quale i dati di un richiedente possono essere trattati nell’ambito di Eurodac. L’opuscolo comune è realizzato in modo da consentire agli Stati membri di completarlo con informazioni aggiuntive specifiche per ciascuno Stato membro. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2, del presente regolamento.

Articolo 5

Colloquio personale

1.   Al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione effettua un colloquio personale con il richiedente. Il colloquio permette anche la corretta comprensione delle informazioni fornite al richiedente ai sensi dell’articolo 4.

2.   Il colloquio personale può non essere effettuato qualora:

a)

il richiedente sia fuggito; o

b)

dopo aver ricevuto le informazioni di cui all’articolo 4, il richiedente abbia già fornito informazioni pertinenti per determinare lo Stato membro competente in altro modo. Gli Stati membri che non effettuano il colloquio offrono al richiedente l’opportunità di presentare ogni altra informazione pertinente per determinare correttamente lo Stato membro competente prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1.

3.   Il colloquio personale si svolge in tempo utile e, in ogni caso, prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1.

4.   Il colloquio personale é effettuato in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile e nella quale questi è in grado di comunicare. Ove necessario, gli Stati membri si avvalgono di un interprete che sia in grado di garantire una comunicazione adeguata tra il richiedente e la persona che effettua il colloquio personale.

5.   Il colloquio personale si svolge in condizioni tali da garantire un’adeguata riservatezza. Esso è condotto da una persona qualificata a norma del diritto nazionale.

6.   Lo Stato membro che effettua il colloquio personale redige una sintesi scritta dello stesso che contenga almeno le principali informazioni fornite dal richiedente durante il colloquio. Tale sintesi può assumere la forma di una relazione o di un modulo standard. Lo Stato membro provvede affinché il richiedente e/o l’avvocato o altro consulente legale che rappresenta il richiedente abbiano tempestivamente accesso alla sintesi.

Articolo 6

Garanzie per i minori

1.   L’interesse superiore del minore deve costituire un criterio fondamentale nell’attuazione, da parte degli Stati membri, di tutte le procedure previste dal presente regolamento.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché un rappresentante rappresenti e/o assista un minore non accompagnato in tutte le procedure previste dal presente regolamento. Il rappresentante possiede le qualifiche e le competenze necessarie ad assicurare che durante le procedure svolte ai sensi del presente regolamento sia tenuto in considerazione l’interesse superiore del minore. Tale rappresentante ha accesso al contenuto dei documenti pertinenti della pratica del richiedente, compreso l’apposito opuscolo per i minori non accompagnati.

Il presente paragrafo lascia impregiudicate le pertinenti disposizioni dell’articolo 25 della direttiva 2013/32/UE.

3.   Nel valutare l’interesse superiore del minore, gli Stati membri cooperano strettamente tra loro e tengono debito conto, in particolare, dei seguenti fattori:

a)

le possibilità di ricongiungimento familiare;

b)

il benessere e lo sviluppo sociale del minore;

c)

le considerazioni di sicurezza, in particolare se sussiste un rischio che il minore sia vittima della tratta di esseri umani;

d)

l’opinione del minore, secondo la sua età e maturità.

4.   Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, lo Stato membro in cui il minore non accompagnato ha presentato una domanda di protezione internazionale adotta il prima possibile opportune disposizioni per identificare i familiari, i fratelli o i parenti del minore non accompagnato nel territorio degli Stati membri, sempre tutelando l’interesse superiore del minore.

A tal fine, detto Stato membro può chiedere l’assistenza di organizzazioni internazionali o altre organizzazioni pertinenti e può agevolare l’accesso del minore agli uffici che svolgono attività identificative presso dette organizzazioni.

Il personale delle autorità competenti di cui all’articolo 35 che tratta domande relative a minori non accompagnati ha ricevuto e continua a ricevere una specifica formazione in merito alle particolari esigenze dei minori.

5.   Al fine di facilitare l’azione appropriata per l’identificazione dei familiari, fratelli o parenti del minore non accompagnato che soggiornano nel territorio di un altro Stato membro ai sensi del paragrafo 4 del presente articolo, la Commissione adotta atti di esecuzione compreso un formulario uniforme per lo scambio di informazioni pertinenti tra Stati membri. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

CAPO III

CRITERI PER DETERMINARE LO STATO MEMBRO COMPETENTE

Articolo 7

Gerarchia dei criteri

1.   I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo.

2.   La determinazione dello Stato membro competente in applicazione dei criteri definiti dal presente capo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro.

3.   Ai fini dell’applicazione dei criteri di cui agli articoli 8, 10 e 16, gli Stati membri tengono conto di qualsiasi elemento di prova disponibile per quanto riguarda la presenza nel territorio di uno Stato membro, di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela con il richiedente, a condizione che tali prove siano prodotte prima che un altro Stato membro accolga la richiesta di presa o ripresa in carico dell’interessato ai sensi, rispettivamente, degli articoli 22 e 25, e che le precedenti domande di protezione internazionale del richiedente non siano state ancora oggetto di una prima decisione sul merito.

Articolo 8

Minori

1.   Se il richiedente è un minore non accompagnato, è competente lo Stato membro nel quale si trova legalmente un familiare o un fratello del minore non accompagnato, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore. Se il richiedente è un minore coniugato il cui coniuge non è legalmente presente nel territorio degli Stati membri, lo Stato membro competente è lo Stato membro in cui si trova legalmente il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il minore, per legge o per prassi di detto Stato membro, o un fratello se legalmente presente.

2.   Laddove il richiedente sia un minore non accompagnato che ha un parente presente legalmente in un altro Stato membro e qualora sia accertato in base a un esame individuale che il parente può occuparsi di lui/lei, detto Stato membro provvede al ricongiungimento del minore con il(i) parente(i) ed è lo Stato membro competente, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore.

3.   Se familiari, fratelli o parenti di cui ai paragrafi 1 e 2 soggiornano in più di uno Stato membro, lo Stato membro competente è determinato sulla base dell’interesse superiore del minore non accompagnato.

4.   In mancanza di un familiare, di un fratello o di un parente di cui ai paragrafi 1 e 2, è competente lo Stato membro in cui il minore non accompagnato ha presentato la domanda di protezione internazionale, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore.

5.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 45 riguardo all’identificazione di familiari, fratelli o parenti del minore non accompagnato; ai criteri per accertare l’esistenza di legami familiari comprovati e ai criteri per valutare la capacità di un parente di occuparsi del minore non accompagnato anche nei casi in cui familiari, fratelli o parenti del minore non accompagnato soggiornino in più di uno Stato membro. Nell’esercizio del suo potere di adottare atti delegati, la Commissione non eccede l’ambito del superiore interesse del minore previsto nell’articolo 6, paragrafo 3.

6.   La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, condizioni uniformi per la consultazione e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Articolo 9

Familiari beneficiari di protezione internazionale

Se un familiare del richiedente, a prescindere dal fatto che la famiglia fosse già costituita nel paese di origine, è stato autorizzato a soggiornare in qualità di beneficiario di protezione internazionale in uno Stato membro, tale Stato membro è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale, purché gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto.

Articolo 10

Familiari richiedenti protezione internazionale

Se un familiare di un richiedente ha presentato in uno Stato membro una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una prima decisione di merito, l’esame della domanda di protezione internazionale compete a detto Stato membro, sempre che gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto.

Articolo 11

Procedura familiare

Quando diversi familiari e/o fratelli minori non coniugati presentano una domanda di protezione internazionale nel medesimo Stato membro simultaneamente, o in date sufficientemente ravvicinate perché le procedure di determinazione dello Stato competente possano essere svolte congiuntamente, e se l’applicazione dei criteri enunciati nel presente regolamento porterebbe a trattarle separatamente, la determinazione dello Stato competente si basa sulle seguenti disposizioni:

a)

è competente per l’esame delle domande di protezione internazionale di tutti i familiari e/o di fratelli minori non coniugati lo Stato membro che i criteri designano come competente per prendere in carico il maggior numero di essi;

b)

negli altri casi, è competente lo Stato membro che i criteri designano come competente per l’esame della domanda del più anziano di essi.

Articolo 12

Rilascio di titoli di soggiorno o visti

1.   Se il richiedente è titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è quello che ha rilasciato tale titolo.

2.   Se il richiedente è titolare di un visto in corso di validità, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è quello che ha rilasciato il visto, a meno che il visto non sia stato rilasciato per conto di un altro Stato membro nel quadro di un accordo di rappresentanza ai sensi dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (14). In tal caso, l’esame della domanda di protezione internazionale compete allo Stato membro rappresentato.

3.   Se il richiedente è titolare di più titoli di soggiorno o visti in corso di validità, rilasciati da vari Stati membri, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è, nell’ordine:

a)

lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno che conferisce il diritto di soggiorno più lungo o, se la validità temporale è identica, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno la cui scadenza è più lontana;

b)

lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana, quando i visti sono di analoga natura;

c)

quando si tratta di visti di natura diversa, lo Stato membro che ha rilasciato il visto di validità più lunga o, in caso di validità identica, lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana.

4.   Se il richiedente è titolare soltanto di uno o più titoli di soggiorno scaduti da meno di due anni o di uno o più visti scaduti da meno di sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l’ingresso nel territorio di uno Stato membro, si applicano i paragrafi 1, 2 e 3 fino a che il richiedente non abbia lasciato i territori degli Stati membri.

Qualora il richiedente sia titolare di uno o più titoli di soggiorno scaduti da oltre due anni o di uno o più visti scaduti da oltre sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l’ingresso nel territorio di uno Stato membro e non abbia lasciato i territori degli Stati membri, è competente lo Stato membro in cui è presentata la domanda di protezione internazionale.

5.   Il fatto che il titolo di soggiorno o il visto sia stato rilasciato ad un cittadino di un paese terzo che ha declinato una identità falsa o usurpata o dietro presentazione di documenti falsificati, contraffatti o non validi non osta all’attribuzione della competenza allo Stato membro che lo ha rilasciato. Tuttavia, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno o il visto non è competente se può dimostrare che la frode è avvenuta successivamente al rilascio del titolo o del visto.

Articolo 13

Ingresso e/o soggiorno

1.   Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 22, paragrafo 3, del presente regolamento, inclusi i dati di cui al regolamento (UE) n. 603/2013, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. Detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera.

2.   Quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 22, paragrafo 3, che il richiedente - entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell’ingresso - ha soggiornato per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro prima di presentare domanda di protezione internazionale, detto Stato membro è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.

Se il richiedente ha soggiornato per periodi di almeno cinque mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui ha soggiornato più di recente è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.

Articolo 14

Ingresso con esenzione dal visto

1.   Se un cittadino di un paese terzo o un apolide entra nel territorio di uno Stato membro in cui è dispensato dal visto, l’esame della domanda di protezione internazionale compete in questo caso a tale Stato membro.

2.   Il principio di cui al paragrafo 1 non si applica se il cittadino di un paese terzo o l’apolide presenta la domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro in cui è parimenti dispensato dal visto per l’ingresso nel suo territorio. In questo caso tale altro Stato membro è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.

Articolo 15

Domanda nella zona internazionale di transito di un aeroporto

Quando la volontà di chiedere la protezione internazionale è manifestata nella zona internazionale di transito di un aeroporto di uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, detto Stato membro è competente per l’esame della domanda.

CAPO IV

PERSONE A CARICO E CLAUSOLE DISCREZIONALI

Articolo 16

Persone a carico

1.   Laddove a motivo di una gravidanza, maternità recente, malattia grave, grave disabilità o età avanzata un richiedente sia dipendente dall’assistenza del figlio, del fratello o del genitore legalmente residente in uno degli Stati membri o laddove un figlio, un fratello o un genitore legalmente residente in uno degli Stati membri sia dipendente dall’assistenza del richiedente, gli Stati membri lasciano insieme o ricongiungono il richiedente con tale figlio, fratello o genitore, a condizione che i legami familiari esistessero nel paese d’origine, che il figlio, il fratello, il genitore o il richiedente siano in grado di fornire assistenza alla persona a carico e che gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto.

2.   Se il figlio, il fratello o il genitore di cui al paragrafo 1 risiede legalmente in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova il richiedente, lo Stato membro competente è lo Stato membro in cui il figlio, il fratello e o il genitore risiede legalmente, a meno che la salute del richiedente non impedisca allo stesso, per un periodo di tempo significativo, di recarsi in detto Stato membro. In tal caso, lo Stato membro competente è lo Stato membro in cui si trova il richiedente. Detto Stato membro non è soggetto all’obbligo di condurre il figlio, il fratello o il genitore del richiedente nel suo territorio.

3.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 45 riguardo agli elementi di cui tenere conto per valutare il vincolo di dipendenza, ai criteri per accertare l’esistenza di legami familiari comprovati, ai criteri per valutare la capacità della persona in questione di occuparsi della persona a carico e agli elementi di cui tenere conto per valutare l’impossibilità di viaggiare per un periodo di tempo significativo.

4.   La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, condizioni uniformi per la consultazione e lo scambio di informazioni tra Stati membri. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Articolo 17

Clausole discrezionali

1.   In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento.

Lo Stato membro che decide di esaminare una domanda di protezione internazionale ai sensi del presente paragrafo diventa lo Stato membro competente e assume gli obblighi connessi a tale competenza. Se applicabile, esso ne informa, utilizzando la rete telematica «DubliNet» istituita a norma dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1560/2003, lo Stato membro precedentemente competente, lo Stato membro che ha in corso la procedura volta a determinare lo Stato membro competente o quello al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente.

Lo Stato membro che diventa competente ai sensi del presente paragrafo lo indica immediatamente nell’Eurodac ai sensi del regolamento (UE) n. 603/2013, aggiungendo la data in cui è stata adottata la decisione di esaminare la domanda.

2.   Lo Stato membro nel quale è manifestata la volontà di chiedere la protezione internazionale e che procede alla determinazione dello Stato membro competente, o lo Stato membro competente, può, in ogni momento prima che sia adottata una prima decisione sul merito, chiedere a un altro Stato membro di prendere in carico un richiedente al fine di procedere al ricongiungimento di persone legate da qualsiasi vincolo di parentela, per ragioni umanitarie fondate in particolare su motivi familiari o culturali, anche se tale altro Stato membro non è competente ai sensi dei criteri definiti agli articoli da 8 a 11 e 16. Le persone interessate debbono esprimere il loro consenso per iscritto.

La richiesta di presa in carico consta di tutti gli elementi a disposizione dello Stato membro richiedente che consentano allo Stato membro richiesto di valutare la situazione.

Lo Stato richiesto provvede a ogni necessaria verifica per esaminare i motivi umanitari invocati e risponde allo Stato membro richiedente entro due mesi dal ricevimento della richiesta avvalendosi della rete telematica «DubliNet» istituita a norma dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1560/2003. L’eventuale risposta di rifiuto della richiesta deve essere motivata.

Se lo Stato membro richiesto accetta tale richiesta, la competenza dell’esame della domanda gli è trasferita.

CAPO V

OBBLIGHI DELLO STATO MEMBRO COMPETENTE

Articolo 18

Obblighi dello Stato membro competente

1.   Lo Stato membro competente in forza del presente regolamento è tenuto a:

a)

prendere in carico, alle condizioni specificate negli articoli 21, 22 e 29, il richiedente che ha presentato domanda in un altro Stato membro;

b)

riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, il richiedente la cui domanda è in corso d’esame e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno;

c)

riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, un cittadino di un paese terzo o un apolide che ha ritirato la sua domanda in corso d’esame e che ha presentato una domanda in un altro Stato membro o che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno;

d)

riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, un cittadino di un paese terzo o un apolide del quale è stata respinta la domanda e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno.

2.   Per quanto riguarda i casi che rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 1, lettere a) e b), lo Stato membro competente esamina o porta a termine l’esame della domanda di protezione internazionale presentata dal richiedente.

Nei casi che rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 1, lettera c), qualora lo Stato membro competente abbia interrotto l’esame di una domanda in seguito al ritiro di quest’ultima da parte del richiedente, prima di una decisione sul merito di primo grado, detto Stato membro provvede affinché al richiedente sia concesso il diritto di chiedere che l’esame della domanda sia portato a termine o di presentare una nuova domanda di protezione internazionale, che non sarà trattata come domanda reiterata di cui alla direttiva 2013/32/UE. In tali casi gli Stati membri provvedono affinché l’esame della domanda sia portato a termine.

Nei casi che rientrano nell’ambito di applicazione del paragrafo 1, lettera d), qualora la domanda sia stata respinta solo in primo grado, lo Stato membro competente assicura che l’interessato abbia o abbia avuto la possibilità di ricorrere a un mezzo di impugnazione efficace ai sensi dell’articolo 46 della direttiva 2013/32/UE.

Articolo 19

Cessazione delle competenze

1.   Se uno Stato membro rilascia al richiedente un titolo di soggiorno, gli obblighi previsti all’articolo 18, paragrafo 1, ricadono su detto Stato membro.

2.   Gli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 1, vengono meno se lo Stato membro competente può stabilire, quando gli viene chiesto di prendere o riprendere in carico un richiedente o un’altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), che l’interessato si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, sempre che l’interessato non sia titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato dallo Stato membro competente.

La domanda presentata dopo il periodo di assenza di cui al primo comma è considerata una nuova domanda e dà inizio a un nuovo procedimento di determinazione dello Stato membro competente.

3.   Gli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere c) e d), vengono meno se lo Stato membro competente può stabilire, quando gli viene chiesto di riprendere in carico un richiedente o un’altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), che l’interessato ha lasciato il territorio degli Stati membri conformemente a una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento emessa da quello Stato membro a seguito del ritiro o del rigetto della domanda.

La domanda presentata dopo che avuto luogo un allontanamento effettivo è considerata una nuova domanda e dà inizio a un nuovo procedimento di determinazione dello Stato membro competente.

CAPO VI

PROCEDURE DI PRESA IN CARICO E RIPRESA IN CARICO

SEZIONE I

Avvio della procedura

Articolo 20

Avvio della procedura

1.   La procedura di determinazione dello Stato membro competente è avviata non appena una domanda di protezione internazionale è presentata per la prima volta in uno Stato membro.

2.   La domanda di protezione internazionale si considera presentata non appena le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un formulario presentato dal richiedente o un verbale redatto dalle autorità. Nel caso di domanda non scritta, il periodo che intercorre dalla dichiarazione di volontà e la stesura del relativo verbale deve essere quanto più breve possibile.

3.   Ai fini del presente regolamento, la situazione di un minore che accompagna il richiedente e risponde alla definizione di familiare, è indissociabile da quella del suo familiare e rientra nella competenza dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale del suddetto familiare, anche se il minore non è personalmente un richiedente, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore. Lo stesso trattamento è riservato ai figli nati dopo che i richiedenti sono giunti nel territorio degli Stati membri senza che sia necessario cominciare una nuova procedura di presa in carico degli stessi.

4.   Quando una domanda di protezione internazionale è presentata alle autorità competenti di uno Stato membro da un richiedente che si trova nel territorio di un altro Stato membro, la determinazione dello Stato membro competente spetta allo Stato membro nel cui territorio si trova il richiedente. Tale Stato membro è informato tempestivamente della presenza del richiedente dallo Stato membro che ha ricevuto la domanda di protezione internazionale e, ai fini del presente regolamento, è considerato lo Stato nel quale la domanda è stata presentata.

Il richiedente è informato per iscritto di tale modifica nello Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione e della data alla quale essa è avvenuta.

5.   Lo Stato membro nel quale è stata presentata per la prima volta la domanda di protezione internazionale è tenuto, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29 e al fine di portare a termine il procedimento di determinazione dello Stato membro competente, a riprendere in carico il richiedente che si trova in un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno o ha presentato colà una nuova domanda di protezione internazionale dopo aver ritirato la prima domanda presentata in uno Stato membro diverso durante il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente.

Tale obbligo viene meno qualora lo Stato membro tenuto a portare a termine il procedimento di determinazione dello Stato membro competente possa stabilire che il richiedente ha lasciato nel frattempo il territorio degli Stati membri per un periodo di almeno tre mesi o che un altro Stato membro gli ha rilasciato un titolo di soggiorno.

La domanda presentata dopo il periodo di assenza di cui al secondo comma è considerata una nuova domanda e dà inizio a una nuova procedura di determinazione dello Stato membro competente.

SEZIONE II

Procedure per le richieste di presa in carico

Articolo 21

Presentazione di una richiesta di presa in carico

1.   Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di protezione internazionale e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può chiedere a tale Stato membro di prendere in carico il richiedente quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.

In deroga al primo comma, nel caso di una risposta pertinente di Eurodac con dati registrati ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (UE) n. 603/2013, la richiesta è inviata entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di tale regolamento.

Se la richiesta di prendere in carico un richiedente non è formulata entro i termini previsti al primo e al secondo comma, la competenza dell’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata.

2.   Lo Stato membro richiedente può sollecitare una risposta urgente nei casi in cui la domanda di protezione internazionale sia stata presentata a seguito di un rifiuto d’ingresso o di soggiorno, di un arresto per soggiorno irregolare, della notificazione o dell’esecuzione di un provvedimento di allontanamento.

La richiesta riporta i motivi che giustificano una risposta urgente e il termine entro il quale tale risposta è attesa. Tale termine è pari ad almeno una settimana.

3.   Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la richiesta di presa in carico da parte di un altro Stato membro è effettuata utilizzando un formulario uniforme e accludendo elementi di prova o circostanze indiziarie quali descritti nei due elenchi dell’articolo 22, paragrafo 3, e/o elementi pertinenti tratti dalla dichiarazione del richiedente, che permettano alle autorità dello Stato richiesto di verificare la competenza di questo in base ai criteri definiti dal presente regolamento.

La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, condizioni uniformi relative alla preparazione e alla presentazione delle richieste di presa in carico. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Articolo 22

Risposta a una richiesta di presa in carico

1.   Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie e delibera sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dal ricevimento della richiesta.

2.   Nella procedura di determinazione dello Stato membro competente, sono utilizzati elementi di prova e circostanze indiziarie.

3.   La Commissione, mediante atti di esecuzione, stabilisce e riesamina periodicamente due elenchi nei quali figurano gli elementi di prova e le circostanze indiziarie pertinenti conformemente ai criteri di cui alle lettere a) e b) del presente paragrafo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

a)

Prove:

i)

si tratta di prove formali che determinano la competenza ai sensi del presente regolamento, finché non siano confutate da prove contrarie;

ii)

gli Stati membri forniscono al comitato di cui all’articolo 44 modelli dei diversi tipi di documenti amministrativi, conformemente alla tipologia stabilita nell’elenco di prove formali;

b)

circostanze indiziarie:

i)

si tratta di elementi indicativi che, pur essendo oppugnabili, possono essere sufficienti, in alcuni casi, a seconda del valore probatorio ad essi attribuito;

ii)

il loro valore probatorio, in relazione alla competenza per l’esecuzione della procedura di protezione internazionale, è esaminato caso per caso.

4.   Il requisito della prova non deve andare oltre quanto necessario ai fini della corretta applicazione del presente regolamento.

5.   In mancanza di prove formali, lo Stato membro richiesto si dichiara competente se le circostanze indiziarie sono coerenti, verificabili e sufficientemente particolareggiate per stabilire la competenza.

6.   Se lo Stato membro richiedente ha invocato l’urgenza, conformemente alle disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 2, lo Stato membro richiesto compie ogni sforzo al fine di rispettare il termine indicato. In casi eccezionali, quando è possibile dimostrare che l’esame di una richiesta ai fini della presa in carico di un richiedente è particolarmente complessa, lo Stato membro richiesto può fornire la sua risposta dopo il termine richiesto, ma comunque entro un mese. In tali situazioni lo Stato membro richiesto deve comunicare la propria decisione di differire la risposta allo Stato richiedente entro il termine originariamente richiesto.

7.   La mancata risposta entro la scadenza del termine di due mesi citato al paragrafo 1 e di quello di un mese citato al paragrafo 6 equivale all’accettazione della richiesta e comporta l’obbligo di prendere in carico la persona, compreso l’obbligo di prendere disposizioni appropriate all’arrivo della stessa.

SEZIONE III

Procedure per le richieste di ripresa in carico

Articolo 23

Presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora sia stata presentata una nuova domanda nello Stato membro richiedente

1.   Uno Stato membro presso il quale una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), abbia presentato una nuova domanda di protezione internazionale che ritenga che un altro Stato membro sia competente ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), può chiedere all’altro Stato membro di riprendere in carico tale persona.

2.   Una richiesta di ripresa in carico è presentata quanto prima e in ogni caso entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente Eurodac ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 603/2013.

Se la richiesta di ripresa in carico è basata su prove diverse dai dati ottenuti dal sistema Eurodac, essa è inviata allo Stato membro richiesto entro tre mesi dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.

3.   Se la richiesta di ripresa in carico non è presentata entro i termini prescritti al paragrafo 2, la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro in cui la nuova domanda è stata presentata.

4.   Una richiesta di ripresa in carico è effettuata utilizzando un formulario uniforme e comprende elementi di prova o circostanze indiziarie che figurano nelle due liste di cui all’articolo 22, paragrafo 3, e/o elementi pertinenti tratti dalle dichiarazioni dell’interessato, che permettano alle autorità dello Stato membro richiesto di verificare se è competente sulla base dei criteri stabiliti dal presente regolamento.

La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, condizioni uniformi per la preparazione e la presentazione delle richieste di ripresa in carico. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Articolo 24

Presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora non sia stata presentata una nuova domanda nello Stato membro richiedente

1.   Uno Stato membro sul cui territorio una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), soggiorna senza un titolo di soggiorno e presso cui non è stata presentata una nuova domanda di protezione internazionale che ritenga che un altro Stato membro sia competente ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), può chiedere all’altro Stato membro di riprendere in carico tale persona.

2.   In deroga all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (15), ove uno Stato membro sul cui territorio una persona soggiorna senza un titolo di soggiorno decida di consultare il sistema Eurodac ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (UE) n. 603/2013, la richiesta di ripresa in carico di una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b) o c), del presente regolamento o di una persona di cui al suo articolo 18, paragrafo 1, lettera d), la cui domanda di protezione internazionale non è stata respinta con una decisione definitiva è presentata quanto prima e in ogni caso entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente Eurodac ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 603/2013.

Se la richiesta di ripresa in carico è basata su prove diverse dai dati ottenuti dal sistema Eurodac, essa è inviata allo Stato membro richiesto entro tre mesi dalla data in cui lo Stato membro richiedente apprende che un altro Stato membro può essere competente per detta persona.

3.   Se la richiesta di ripresa in carico non è presentata entro i termini prescritti al paragrafo 2, lo Stato membro sul cui territorio l’interessato soggiorna senza titolo di soggiorno gli offre la possibilità di presentare una nuova domanda.

4.   Qualora una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del presente regolamento, la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta con decisione definitiva in uno Stato membro, si trovi nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno, quest’ultimo Stato membro può chiedere al primo Stato membro di riprendere in carico l’interessato o di avviare una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115/CE.

Se il secondo Stato membro decide di chiedere al primo Stato membro di riprendere in carico l’interessato, non si applicano le norme previste dalla direttiva 2008/15/CE.

5.   La richiesta di ripresa in carico della persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), è effettuata utilizzando un formulario uniforme e comprende elementi di prova o circostanze indiziarie che figurano nei due elenchi di cui all’articolo 22, paragrafo 3, e/o elementi pertinenti tratti dalle dichiarazioni dell’interessato, che permettano alle autorità dello Stato membro richiesto di verificare se è competente sulla base dei criteri stabiliti dal presente regolamento.

La Commissione, mediante atti di esecuzione, stabilisce e riesamina periodicamente i due elenchi nei quali figurano gli elementi di prova e le circostanze indiziarie pertinenti conformemente ai criteri di cui all’articolo 22, paragrafo 3, lettere a) e b), e adotta condizioni uniformi per la preparazione e la presentazione delle richieste di ripresa in carico. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Articolo 25

Risposta a una richiesta di ripresa in carico

1.   Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie e decide in merito alla richiesta di ripresa in carico dell’interessato quanto prima e in ogni caso entro il termine di un mese dalla data in cui perviene la richiesta. Quando la richiesta è basata su dati ottenuti dal sistema Eurodac, tale termine è ridotto a due settimane.

2.   L’assenza di risposta entro la scadenza del termine di un mese o di due settimane previsto al paragrafo 1 equivale all’accettazione della richiesta e comporta l’obbligo di riprendere in carico l’interessato, compreso l’obbligo di adottare disposizioni appropriate all’arrivo dello stesso.

SEZIONE IV

Garanzie procedurali

Articolo 26

Notifica di una decisione di trasferimento

1.   Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere o riprendere in carico un richiedente o un’altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), lo Stato membro richiedente notifica all’interessato la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente e, se del caso, di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale. Se l’interessato è rappresentato da un avvocato o un altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di notificare la decisione a tale avvocato o consulente legale invece che all’interessato e, se del caso, comunicare la decisione all’interessato.

2.   La decisione di cui al paragrafo 1 contiene informazioni sui mezzi di impugnazione disponibili, compreso quello sul diritto di chiedere l’effetto sospensivo, ove applicabile, e sui termini per esperirli e sui termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui l’interessato deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi.

Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni sulle persone o sugli enti che possono fornire assistenza legale all’interessato siano comunicate a quest’ultimo unitamente alla decisione di cui al paragrafo 1, sempre che non siano già state comunicate in precedenza.

3.   Qualora l’interessato non sia assistito o rappresentato da un avvocato o da un altro consulente legale, gli Stati membri lo informano dei principali elementi della decisione, e in ogni caso dei mezzi di impugnazione disponibili e dei termini per esperirli, in una lingua che il richiedente capisce o che è ragionevole supporre possa capire.

Articolo 27

Mezzi di impugnazione

1.   Il richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

2.   Gli Stati membri stabiliscono un termine ragionevole entro il quale l’interessato può esercitare il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo 1.

3.   Ai fini di ricorsi avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati membri prevedono nel proprio diritto nazionale:

a)

che il ricorso o la revisione conferisca all’interessato il diritto di rimanere nello Stato membro interessato in attesa dell’esito del ricorso o della revisione; o

b)

che il trasferimento sia automaticamente sospeso e che tale sospensione scada dopo un determinato periodo di tempo ragionevole durante il quale un organo giurisdizionale ha adottato, dopo un esame attento e rigoroso, la decisione di concedere un effetto sospensivo al ricorso o alla revisione; o

c)

che all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine ragionevole, all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima. Gli Stati membri assicurano un ricorso effettivo sospendendo il trasferimento fino all’adozione della decisione sulla prima richiesta di sospensione. La decisione sulla sospensione dell’attuazione della decisione di trasferimento è adottata entro un termine ragionevole, permettendo nel contempo un esame attento e rigoroso della richiesta di sospensione. La decisione di non sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento deve essere motivata.

4.   Gli Stati membri possono disporre che le autorità competenti possano decidere d’ufficio di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione.

5.   Gli Stati membri assicurano l’accesso dell’interessato all’assistenza legale nonché, se necessario, all’assistenza linguistica.

6.   Gli Stati membri provvedono affinché l’assistenza legale sia, a richiesta, concessa gratuitamente all’interessato che non può assumersene i costi. Gli Stati membri possono prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese, che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevole di quello di norma concesso ai propri cittadini per questioni che rientrano nell’assistenza legale.

Senza limitare in modo arbitrario l’accesso all’assistenza legale, gli Stati membri possono prevedere che non sia concessa l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite quando l’autorità competente o l’organo giurisdizionale ritengono che il ricorso o la revisione non abbiano prospettive concrete di successo.

Se la decisione di non concedere gratuitamente l’assistenza e la rappresentanza legale ai sensi di tale paragrafo è adottata da un’autorità diversa da un organo giurisdizionale, gli Stati membri prevedono il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un organo giurisdizionale avverso tale decisione.

Nel soddisfare i requisiti di cui al presente paragrafo, gli Stati membri garantiscono che l’assistenza e la rappresentanza legale non sia oggetto di restrizioni arbitrarie e che non sia ostacolato l’accesso del richiedente alla giustizia.

L’assistenza legale comprende almeno la preparazione dei documenti procedurali richiesti e la rappresentanza dinanzi all’autorità giudiziaria e può essere limitata ad avvocati o consulenti che sono specificamente designati dal diritto nazionale a fornire assistenza e rappresentanza.

Le modalità di accesso all’assistenza legale sono stabilite dal diritto nazionale.

SEZIONE V

Trattenimento ai fini del trasferimento

Articolo 28

Trattenimento

1.   Gli Stati membri non possono trattenere una persona per il solo motivo che sia oggetto della procedura stabilita dal presente regolamento.

2.   Ove sussista un rischio notevole di fuga, gli Stati membri possono trattenere l’interessato al fine di assicurare le procedure di trasferimento a norma del presente regolamento, sulla base di una valutazione caso per caso e solo se il trattenimento è proporzionale e se non possano essere applicate efficacemente altre misure alternative meno coercitive.

3.   Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile e non supera il tempo ragionevolmente necessario agli adempimenti amministrativi previsti da espletare con la dovuta diligenza per eseguire il trasferimento a norma del presente regolamento.

Qualora una persona sia trattenuta a norma del presente articolo, il periodo per presentare una richiesta di presa o di ripresa in carico non può superare un mese dalla presentazione della domanda. Lo Stato membro che esegue la procedura a norma del presente regolamento chiede una risposta urgente in tali casi. Tale risposta è fornita entro due settimane dal ricevimento della richiesta. L’assenza di risposta entro due settimane equivale all’accettazione della richiesta e comporta l’obbligo di prendere in carico o di riprendere in carico la persona, compreso l’obbligo di adottare disposizioni appropriate all’arrivo della stessa.

Qualora una persona sia trattenuta a norma del presente articolo, il trasferimento di tale persona dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente deve avvenire non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei settimane dall’accettazione implicita o esplicita della richiesta da parte di un altro Stato membro di prendere o di riprendere in carico l’interessato o dal momento in cui il ricorso o la revisione non hanno più effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

Quando lo Stato membro richiedente non rispetta i termini per la presentazione di una richiesta di presa o ripresa in carico o qualora il trasferimento non avvenga entro il termine di sei settimane di cui al terzo comma, la persona non è più trattenuta. Gli articoli 21, 23, 24 e 29 continuano ad applicarsi di conseguenza.

4.   Per quanto riguarda le condizioni per il trattenimento delle persone e le garanzie applicabili alle persone trattenute, al fine di assicurare le procedure di trasferimento verso lo Stato membro competente, si applicano gli articoli 9, 10 e 11 della direttiva 2013/33/UE.

SEZIONE VI

Trasferimenti

Articolo 29

Modalità e termini

1.   Il trasferimento del richiedente o di altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato, o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

Se i trasferimenti verso lo Stato membro competente avvengono sotto forma di partenza controllata o sotto scorta, gli Stati membri garantiscono che siano svolti in modo umano e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana.

Se necessario, lo Stato membro richiedente rilascia al richiedente un lasciapassare. La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, il modello del lasciapassare. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Lo Stato membro competente informa lo Stato membro richiedente dell’arrivo a destinazione dell’interessato o, eventualmente, del fatto che il medesimo non si è presentato nei termini prescritti.

2.   Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia fuggito.

3.   Se una persona è stata trasferita erroneamente o se la decisione di trasferimento è riformata in appello o in seguito a revisione dopo l’esecuzione del trasferimento, lo Stato membro che ha provveduto al trasferimento lo riprende in carico immediatamente.

4.   La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, condizioni uniformi per la consultazione e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, in particolare nel caso di trasferimenti differiti o ritardati, di trasferimenti a seguito di accettazione automatica, trasferimenti di minori o persone a carico e di trasferimenti sorvegliati. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Articolo 30

Costi del trasferimento

1.   I costi del trasferimento di un richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), verso lo Stato membro competente sono a carico dello Stato membro che provvede al trasferimento.

2.   Se l’interessato deve essere trasferito in uno Stato membro a seguito di un trasferimento erroneo o perché la decisione di trasferimento è stata riformata in appello o in seguito a revisione dopo l’esecuzione del trasferimento, i costi di tale rinvio sono a carico dello Stato membro che ha inizialmente provveduto al trasferimento.

3.   I costi del trasferimento non sono imputabili alle persone da trasferire a norma del presente regolamento.

Articolo 31

Scambio di informazioni utili prima del trasferimento

1.   Lo Stato membro che provvede al trasferimento di un richiedente o di un’altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), comunica allo Stato membro competente i dati personali relativi alla persona da trasferire che sono idonei, pertinenti e non eccessivi al solo fine di garantire che le autorità competenti conformemente al diritto nazionale dello Stato membro competente siano in grado di fornire all’interessato un’assistenza adeguata, comprese le cure mediche immediate richieste per la salvaguardia dei suoi interessi vitali, e di garantire la continuità della protezione e dei diritti concessi dal presente regolamento e da altri strumenti giuridici pertinenti in materia di asilo. Tali dati sono comunicati allo Stato membro competente entro un periodo ragionevole prima del trasferimento, al fine di garantire che le sue autorità competenti conformemente al diritto nazionale dispongano di un lasso di tempo sufficiente per adottare le misure necessarie.

2.   Nella misura in cui l’autorità competente dispone delle pertinenti informazioni conformemente al diritto nazionale, lo Stato membro che effettua il trasferimento trasmette allo Stato membro competente qualsiasi informazione che ritiene necessaria per tutelare i diritti e le esigenze specifiche immediate della persona da trasferire, in particolare:

a)

qualsiasi misura immediata che lo Stato membro competente deve adottare onde far sì che siano adeguatamente soddisfatte le esigenze particolari della persona da trasferire, comprese eventuali cure mediche immediate che possono essere richieste;

b)

gli eventuali estremi di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela nello Stato membro destinatario;

c)

nel caso dei minori, informazioni sulla loro istruzione;

d)

una stima dell’età di un richiedente.

3.   Lo scambio di informazioni ai sensi del presente articolo avviene unicamente tra autorità notificate alla Commissione ai sensi dell’articolo 35 del presente regolamento tramite la rete telematica «DubliNet» istituita a norma dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1560/2003. Le informazioni scambiate possono essere utilizzate soltanto per le finalità previste dal paragrafo 1 del presente articolo e non sono oggetto di ulteriore trattamento.

4.   Al fine di agevolare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, la Commissione redige, mediante atti di esecuzione, un formulario uniforme per il trasferimento dei dati richiesti ai sensi del presente articolo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

5.   Allo scambio di informazioni a norma del presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 34, paragrafi da 8 a 12.

Articolo 32

Scambio di dati sanitari prima di un trasferimento

1.   Al solo scopo di somministrare assistenza medica o terapie, in particolare a disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, minori e persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, lo Stato membro che provvede al trasferimento comunica, qualora la competente autorità ne disponga conformemente al diritto nazionale, informazioni allo Stato membro competente su eventuali esigenze specifiche della persona da trasferire, ivi compresi, in determinati casi, dati sullo stato di salute fisica e mentale di tale persona. Dette informazioni sono trasferite in un certificato sanitario comune con i necessari documenti acclusi. Lo Stato membro competente assicura che si provveda adeguatamente a tali esigenze specifiche, prestando in particolare cure mediche essenziali.

La Commissione redige, mediante atti di esecuzione, il certificato sanitario comune. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

2.   Lo Stato membro che provvede al trasferimento trasmette allo Stato membro competente le informazioni di cui al paragrafo 1 soltanto previo consenso esplicito del richiedente e/o del suo rappresentante o, se il richiedente si trova nell’incapacità fisica o giuridica di dare il proprio consenso, quando tale trasmissione è necessaria per la salvaguardia degli interessi vitali del richiedente o di un’altra persona. Il mancato consenso, compreso un rifiuto del consenso, non osta al trasferimento.

3.   Il trattamento dei dati personali sanitari di cui al paragrafo 1 è effettuato unicamente da un professionista della sanità che è tenuto al segreto professionale ai sensi del diritto nazionale o di norme stabilite da organismi nazionali competenti, o da altra persona soggetta a un equivalente obbligo di segretezza professionale.

4.   Lo scambio di informazioni ai sensi del presente articolo avviene unicamente tra professionisti della sanità o altre persone di cui al paragrafo 3. Le informazioni scambiate possono essere utilizzate soltanto per le finalità previste al paragrafo 1 e non sono oggetto di ulteriore trattamento.

5.   La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, condizioni uniformi e modalità pratiche per lo scambio di informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

6.   Allo scambio di informazioni a norma del presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 34, paragrafi da 8 a 12.

Articolo 33

Meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi

1.   Qualora, sulla base in particolare delle informazioni ottenute dall’EASO a norma del regolamento (UE) n. 439/2010, la Commissione stabilisca che l’applicazione del presente regolamento può essere ostacolata da un rischio comprovato di speciale pressione sul sistema di asilo di uno Stato membro e/o da problemi nel funzionamento del sistema di asilo di uno Stato membro, in cooperazione con l’EASO, rivolge raccomandazioni a tale Stato membro invitandolo a redigere un piano d’azione preventivo.

Lo Stato membro interessato informa il Consiglio e la Commissione della sua intenzione di presentare un piano d’azione preventivo al fine di porre rimedio alla pressione e/o ai problemi nel funzionamento del sistema di asilo pur garantendo la protezione dei diritti fondamentali dei richiedenti la protezione internazionale.

Uno Stato membro può redigere, su propria discrezione e iniziativa, un piano d’azione preventivo e procedere alle revisioni successive del medesimo. Nell’elaborare tale piano, lo Stato membro può chiedere l’assistenza della Commissione, di altri Stati membri, dell’EASO e di altre agenzie pertinenti dell’Unione.

2.   Quando è redatto un piano d’azione preventivo, lo Stato membro interessato lo sottopone unitamente alle relazioni periodiche sull’attuazione del medesimo al Consiglio e alla Commissione. Quest’ultima informa pertanto il Parlamento europeo in merito agli elementi principali del piano d’azione preventivo. La Commissione presenta le relazioni sull’attuazione del piano al Consiglio e le trasmette al Parlamento europeo.

Lo Stato membro interessato adotta tutte le misure appropriate per affrontare la situazione di speciale pressione sul suo sistema di asilo o per assicurare che le carenze individuate siano risolte prima del deteriorarsi della situazione. Qualora il piano d’azione preventivo contenga misure intese a porre rimedio alla speciale pressione sul sistema di asilo di uno Stato membro che può ostacolare l’applicazione di tale regolamento, la Commissione chiede il parere dell’EASO prima di riferire al Parlamento europeo e al Consiglio.

3.   Qualora la Commissione stabilisca, sulla base dell’analisi dell’EASO, che l’attuazione del piano d’azione preventivo non abbia posto rimedio alle carenze individuate o vi siano gravi rischi che la situazione in materia di asilo nello Stato membro interessato diventi critica, alla quale è improbabile porre rimedio con un piano d’azione preventivo, essa, in cooperazione con l’EASO, se del caso, può chiedere allo Stato membro interessato di redigere un piano d’azione per la gestione delle crisi e, ove necessario, provvedere alle revisioni del medesimo. Per tutta la durata del processo il piano d’azione per la gestione delle crisi assicurerà il rispetto dell’acquis in materia di asilo dell’Unione, in particolare dei diritti fondamentali dei richiedenti protezione internazionale.

In seguito alla richiesta di redigere un piano d’azione per la gestione delle crisi, lo Stato membro interessato, in cooperazione con la Commissione e l’EASO, interviene tempestivamente e al più tardi entro tre mesi dalla richiesta.

Lo Stato membro interessato sottopone il suo piano d’azione per la gestione delle crisi e, almeno ogni tre mesi, una relazione sull’attuazione del medesimo alla Commissione e agli altri soggetti interessati pertinenti, come, se del caso, l’EASO.

La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio del piano d’azione per la gestione delle crisi, delle eventuali revisioni e dell’attuazione del medesimo. In tali relazioni lo Stato membro interessato riferisce sui dati per controllare il rispetto del piano d’azione per la gestione delle crisi, quali la durata della procedura, le condizioni di trattenimento e la capacità di accoglienza in relazione all’afflusso di richiedenti.

4.   Per tutta la durata del meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi di cui al presente articolo il Consiglio segue la situazione da vicino e può chiedere maggiori informazioni e fornire orientamenti politici, in particolare per quanto riguarda l’urgenza e la gravità della situazione e, pertanto, l’esigenza per uno Stato membro di redigere o un piano d’azione preventivo o, se necessario, un piano d’azione per la gestione delle crisi. Per tutta la durata del processo il Parlamento europeo e il Consiglio possono esaminare e fornire orientamenti in merito a eventuali misure di solidarietà che ritengano opportune.

CAPO VII

COOPERAZIONE AMMINISTRATIVA

Articolo 34

Scambio di informazioni

1.   Ciascuno Stato membro comunica allo Stato membro che ne faccia richiesta i dati di carattere personale riguardanti il richiedente che sono idonei, pertinenti e non eccessivi ai fini:

a)

della determinazione dello Stato membro competente;

b)

dell’esame della domanda di protezione internazionale;

c)

dell’attuazione di qualsiasi obbligo derivante dal presente regolamento.

2.   Le informazioni di cui al paragrafo 1 possono riguardare soltanto:

a)

i dati relativi all’identificazione del richiedente e, eventualmente, dei suoi familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela (cognome, nome e, eventualmente, cognome precedente; soprannomi o pseudonimi; cittadinanza, attuale e precedente, data e luogo di nascita);

b)

i documenti d’identità e di viaggio (riferimento, periodo di validità, date di rilascio, autorità di rilascio, luogo di rilascio ecc.);

c)

gli altri elementi necessari per stabilire l’identità del richiedente, comprese le impronte digitali trattate a norma del regolamento (UE) n. 603/2013;

d)

i luoghi di soggiorno e gli itinerari di viaggio;

e)

i titoli di soggiorno o i visti rilasciati da uno Stato membro;

f)

il luogo nel quale la domanda è stata presentata;

g)

la data di presentazione di un’eventuale domanda di protezione internazionale precedente, la data di presentazione della domanda attuale, lo stato di avanzamento della procedura e l’eventuale decisione adottata.

3.   Inoltre, e sempre che ciò sia necessario ai fini dell’esame della domanda di protezione internazionale, lo Stato membro competente può chiedere a un altro Stato membro di comunicargli le ragioni invocate dal richiedente a sostegno della sua domanda e le ragioni dell’eventuale decisione adottata nei suoi confronti. L’altro Stato membro può rifiutare di dare seguito alla richiesta se la comunicazione delle informazioni può ledere i suoi interessi fondamentali o la protezione delle libertà e dei diritti fondamentali della persona interessata o di terzi. In ogni caso, la comunicazione di dette informazioni è subordinata al consenso scritto del richiedente protezione internazionale, ottenuto dallo Stato membro richiedente. In tal caso, il richiedente deve conoscere le informazioni specifiche alla cui comunicazione acconsente.

4.   Qualsiasi richiesta di informazioni può essere inviata soltanto nel contesto di una specifica domanda di protezione internazionale. Essa è motivata e, quando ha per oggetto la verifica dell’esistenza di un criterio che potrebbe determinare la competenza dello Stato membro richiesto, indica su quale indizio, comprese le informazioni pertinenti, provenienti da fonti affidabili, sulle modalità e sui mezzi con cui i richiedenti entrano nei territori degli Stati membri, o elemento circostanziato e verificabile delle dichiarazioni del richiedente essa si fonda, fermo restando che tali informazioni pertinenti provenienti da fonti affidabili non sono di per sé sufficienti a determinare la responsabilità e la competenza di uno Stato membro ai sensi del presente regolamento, ma che possono contribuire alla valutazione degli ulteriori indizi relativi a un singolo richiedente.

5.   Lo Stato membro richiesto è tenuto a rispondere entro cinque settimane. Eventuali ritardi devono essere debitamente giustificati. Il mancato rispetto del termine di cinque settimane non dispensa lo Stato membro richiesto dall’obbligo di rispondere. Se dalla ricerca svolta dallo Stato membro richiesto che non abbia rispettato il termine massimo emergono informazioni che ne dimostrano la competenza, tale Stato membro non può invocare la scadenza dei termini previsti agli articoli 21, 23 e 24 come motivo per rifiutare di conformarsi alla richiesta di presa o ripresa in carico. In questo caso i termini di cui agli articoli 21, 23 e 24 per la presentazione di una richiesta di presa o ripresa in carico sono prorogati di un periodo equivalente al ritardo della risposta da parte dello Stato membro.

6.   Lo scambio di informazioni avviene dietro richiesta di uno Stato membro e può avere luogo soltanto tra le autorità di cui lo Stato membro ha dato comunicazione alla Commissione ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 1.

7.   Le informazioni scambiate possono essere utilizzate soltanto ai fini previsti al paragrafo 1. In ciascuno Stato membro, tali informazioni possono, secondo la loro natura e secondo la competenza dell’autorità destinataria, essere comunicate soltanto alle autorità e giurisdizioni incaricate:

a)

della determinazione dello Stato membro competente;

b)

dell’esame della domanda di protezione internazionale;

c)

dell’attuazione di qualsiasi obbligo derivante dal presente regolamento.

8.   Lo Stato membro che trasmette i dati ne garantisce l’esattezza e l’aggiornamento. Se risulta che ha trasmesso dati inesatti o che non avrebbero dovuto essere trasmessi, gli Stati membri destinatari ne sono informati immediatamente. Essi sono tenuti a rettificare tali informazioni o a cancellarle.

9.   Il richiedente ha il diritto, dietro richiesta, di conoscere i dati trattati che lo riguardano.

Se il richiedente constata che i dati sono stati trattati in violazione del presente regolamento o della direttiva 95/46/CE, soprattutto perché essi sono incompleti o inesatti, ha il diritto di ottenerne la rettifica o la cancellazione.

L’autorità che effettua la rettifica o la cancellazione dei dati ne dà comunicazione, a seconda dei casi, allo Stato membro emittente o destinatario delle informazioni.

Il richiedente ha il diritto di proporre ricorso o presentare un reclamo alle autorità o agli organi giurisdizionali competenti dello Stato membro che gli ha negato il diritto di accedere ai dati che lo riguardano o di ottenerne la rettifica o la cancellazione.

10.   In ciascuno Stato membro interessato è fatta menzione, nel fascicolo intestato alla persona interessata e/o in un registro, della trasmissione e della ricezione delle informazioni scambiate.

11.   I dati scambiati sono conservati per una durata non superiore a quanto necessario ai fini per i quali sono scambiati.

12.   Se i dati non sono trattati automaticamente o non sono contenuti o non sono destinati ad essere inseriti in un archivio, ciascuno Stato membro adotta misure idonee per garantire il rispetto del presente articolo mediante idonei mezzi di controllo.

Articolo 35

Autorità competenti e risorse

1.   Gli Stati membri notificano immediatamente alla Commissione le specifiche autorità responsabili dell’esecuzione degli obblighi risultanti dal presente regolamento e gli eventuali cambiamenti in ordine alle autorità designate. Gli Stati membri provvedono affinché tali autorità dispongano delle risorse necessarie per lo svolgimento dei loro compiti e in particolare per rispondere entro i termini previsti alle richieste di informazione, alle richieste di presa in carico e alle richieste di ripresa in carico dei richiedenti.

2.   La Commissione pubblica un elenco consolidato delle autorità di cui al paragrafo 1 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. In caso di cambiamenti, la Commissione pubblica una volta all’anno un elenco consolidato aggiornato.

3.   Le autorità di cui al paragrafo 1 ricevono la necessaria formazione in merito all’applicazione del presente regolamento.

4.   La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, linee di comunicazione elettronica sicure tra le autorità di cui al paragrafo 1, per inviare richieste, risposte e tutta la corrispondenza scritta e per garantire che il mittente riceva automaticamente un avviso di ricevimento per via elettronica. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

Articolo 36

Disposizioni amministrative

1.   Gli Stati membri possono concludere tra loro accordi amministrativi bilaterali relativi alle modalità pratiche di esecuzione del presente regolamento, al fine di facilitarne l’attuazione e aumentarne l’efficacia. Detti accordi possono avere per oggetto:

a)

scambi di ufficiali di collegamento;

b)

una semplificazione delle procedure e un accorciamento dei termini applicabili alla trasmissione e all’esame delle richieste di presa in carico o di ripresa in carico dei richiedenti.

2.   Gli Stati membri possono anche mantenere gli accordi amministrativi conclusi ai sensi del regolamento (CE) n. 343/2003. Qualora tali accordi non siano compatibili con il presente regolamento, gli Stati membri interessati li modificano in modo da eliminare le incompatibilità constatate.

3.   Prima di concludere o modificare un accordo di cui al paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri interessati consultano la Commissione riguardo alla sua compatibilità con il presente regolamento.

4.   Qualora la Commissione ritenga che un accordo di cui al paragrafo 1, lettera b), sia incompatibile con il presente regolamento, lo notifica agli Stati membri interessati entro un periodo ragionevole. Gli Stati membri adottano tutti i provvedimenti appropriati per modificare l’accordo in questione entro un termine ragionevole in modo da eliminare le incompatibilità constatate.

5.   Gli Stati membri notificano alla Commissione tutti gli accordi di cui al paragrafo 1 e le relative denunce e modifiche.

CAPO VIII

CONCILIAZIONE

Articolo 37

Conciliazione

1.   In caso di disaccordo persistente su qualsiasi aspetto dell’applicazione del presente regolamento, gli Stati membri possono avvalersi della procedura di conciliazione di cui al paragrafo 2.

2.   La procedura di conciliazione è iniziata a domanda di uno degli Stati membri in disaccordo con richiesta indirizzata al presidente del comitato istituito dall’articolo 44. Accettando di ricorrere al procedimento di conciliazione, gli Stati membri interessati si impegnano a tenere in massima considerazione la soluzione che sarà proposta.

Il presidente del comitato designa tre membri del comitato, in rappresentanza di tre Stati membri estranei alla controversia. Questi ricevono per iscritto o oralmente le argomentazioni delle parti e, previa deliberazione, propongono una soluzione entro il termine di un mese, mettendola eventualmente ai voti.

Il presidente del comitato o il suo supplente presiede le deliberazioni. Il presidente può esprimere la sua opinione ma non partecipa al voto.

Che sia adottata o respinta dalle parti, la soluzione proposta è definitiva e non può formare oggetto di riesame.

CAPO IX

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Articolo 38

Sicurezza e protezione dei dati

Gli Stati membri adottano tutte le misure appropriate per garantire la sicurezza dei dati personali trasmessi e, in particolare, per evitare l’accesso o la divulgazione illeciti o non autorizzati, l’alterazione o la perdita dei dati personali trattati.

Ciascuno Stato membro provvede affinché l’autorità nazionale o le autorità di nazionali di controllo designate ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE sorvegli in modo indipendente, conformemente al rispettivo diritto interno, la legittimità del trattamento, ai sensi del presente regolamento, dei dati personali da parte dello Stato membro in questione.

Articolo 39

Riservatezza

Gli Stati membri garantiscono che le autorità di cui all’articolo 35 siano vincolate dalle norme in materia di riservatezza previste nel proprio diritto interno, relativamente a tutte le informazioni ottenute nel corso del loro lavoro.

Articolo 40

Sanzioni

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che qualsiasi abuso dei dati trattati ai sensi del presente regolamento sia passibile di sanzioni, anche a carattere amministrativo e/o penale conformemente al diritto nazionale, che siano effettive, proporzionate e dissuasive.

Articolo 41

Disposizioni transitorie

Quando la domanda è stata presentata dopo la data di cui all’articolo 49, secondo comma, i fatti che potrebbero determinare la competenza di uno Stato membro in virtù delle disposizioni del presente regolamento sono presi in considerazione anche se precedenti a tale data, a esclusione di quelli indicati all’articolo 13, paragrafo 2.

Articolo 42

Calcolo dei termini

I termini previsti dal presente regolamento si calcolano nel modo seguente:

a)

se un termine espresso in giorni, in settimane o in mesi deve essere calcolato dal momento in cui si verifica un evento o si compie un atto, il giorno nel quale si verifica tale evento o si compie tale atto non è incluso nel termine;

b)

un termine espresso in settimane o in mesi scade con lo spirare del giorno che, nell’ultima settimana o nell’ultimo mese ha lo stesso nome o lo stesso numero del giorno in cui si è verificato l’evento o è stato compiuto l’atto a partire dai quali il termine deve essere calcolato. Se in un termine espresso in mesi il giorno determinato per la sua scadenza manca nell’ultimo mese, il termine scade con lo spirare dell’ultimo giorno di detto mese;

c)

i termini comprendono i sabati, le domeniche e i giorni festivi legali nello Stato membro interessato.

Articolo 43

Ambito di applicazione territoriale

Per quanto riguarda la Repubblica francese, il presente regolamento si applica soltanto al suo territorio europeo.

Articolo 44

Comitato

1.   La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.

Se il comitato non esprime un parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l’articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.

Articolo 45

Esercizio della delega

1.   Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.

2.   Il potere di adottare atti delegati di cui agli articoli 8, paragrafo 5, e 16, paragrafo 3, è conferito alla Commissione per un periodo di 5 anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di 5 anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.

3.   La delega di potere di cui agli articoli 8 paragrafo 5, e 16, paragrafo 3, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

4.   Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.

5.   L’atto delegato adottato ai sensi degli articoli 8 paragrafo 5, e 16, paragrafo 3, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di quattro mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

Articolo 46

Controllo e valutazione

Entro il 21 luglio 2016, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento, proponendo all’occorrenza le necessarie modifiche. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione qualsiasi informazione utile per la stesura della relazione al più tardi sei mesi prima di detta data.

Successivamente alla presentazione di tale relazione, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del presente regolamento contemporaneamente alla presentazione delle relazioni sull’attuazione del sistema Eurodac di cui all’articolo 40 del regolamento (UE) n. 603/2013.

Articolo 47

Statistiche

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 826/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale (16), gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) statistiche sull’applicazione del presente regolamento e del regolamento (CE) n. 1560/2003.

Articolo 48

Abrogazione

Il regolamento (CE) n. 343/2003 è abrogato.

L’articolo 11, paragrafo 1, e gli articoli 13, 14 e 17 del regolamento (CE) n. 1560/2003 sono abrogati.

I riferimenti al regolamento abrogato o agli articoli abrogati si intendono fatti al presente regolamento e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II.

Articolo 49

Entrata in vigore e decorrenza dell’applicazione

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento si applica alle domande di protezione internazionale presentate a partire dal primo giorno del sesto mese successivo alla sua entrata in vigore e, da tale data, si applica ad ogni richiesta di presa in carico o di ripresa in carico di richiedenti indipendentemente dalla data di presentazione della domanda. Per le domande presentate prima di tale data, lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale è individuato conformemente ai criteri enunciati nel regolamento (CE) n. 343/2003.

I riferimenti nel presente regolamento al regolamento (UE) n. 603/2013, alla direttiva 2013/32/UE e alla direttiva 2013/33/UE si intendono fatti, fino alle date della loro applicazione, rispettivamente al regolamento (CE) n. 2725/2000 (17), alla direttiva 2003/9/CE (18) e alla direttiva 2005/85/CE (19).

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri conformemente ai trattati.

Fatto a Bruxelles, il 26 giugno 2013

Per il Parlamento europeo

Il presidente

M. SCHULZ

Per il Consiglio

Il presidente

A. SHATTER


(1)  GU C 317 del 23.12.2009, pag. 115.

(2)  GU C 79 del 27.3.2010, pag. 58.

(3)  Posizione del Parlamento europeo del 7 maggio 2009 (GU C 212 E del 5.8.2010, pag. 370) e posizione del Consiglio in prima lettura del 6 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 10 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).

(4)  GU L 50 del 25.2.2003, pag. 1.

(5)  GU L 132 del 29.5.2010, pag. 11.

(6)  GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9.

(7)  Cfr. pagina 96 della presente Gazzetta ufficiale.

(8)  Cfr. pagina 60 della presente Gazzetta ufficiale.

(9)  GU L 222 del 5.9.2003, pag. 3.

(10)  GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.

(11)  Cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.

(12)  GU L 218 del 13.8.2008, pag. 60.

(13)  GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.

(14)  GU L 243 del 15.9.2009, pag. 1.

(15)  GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98.

(16)  GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23.

(17)  Regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell’11 dicembre 2000, che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino (GU L 316 del 15.12.2000, pag. 1.).

(18)  Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18).

(19)  Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13).


ALLEGATO I

Regolamenti abrogati (di cui all’articolo 48)

Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio

(GU L 50 del 25.2.2003, pag. 1).

Regolamento (CE) n. 1560/2003 della Commissione, unicamente l’articolo 11, paragrafo 1, e gli articoli 13, 14 e 17

(GU L 222 del 5.9.2003, pag. 3).


ALLEGATO II

Tavola di concordanza

Regolamento (CE) n. 343/2003

Il presente regolamento

Articolo 1

Articolo 1

Articolo 2, lettera a)

Articolo 2, lettera a)

Articolo 2, lettera b)

Articolo 2, lettera c)

Articolo 2, lettera b)

Articolo 2, lettera d)

Articolo 2, lettera c)

Articolo 2, lettera e)

Articolo 2, lettera d)

Articolo 2, lettera f)

Articolo 2, lettera e)

Articolo 2, lettera g)

Articolo 2, lettera f)

Articolo 2, lettera h)

Articolo 2, lettera i)

Articolo 2, lettera h)

Articolo 2, lettera j)

Articolo 2, lettera i)

Articolo 2, lettera g)

Articolo 2, lettera k)

Articolo 2, lettere j) e k)

Articolo 2, lettere l) e m)

Articolo 2, lettera n)

Articolo 3, paragrafo 1

Articolo 3, paragrafo 1

Articolo 3, paragrafo 2

Articolo 17, paragrafo 1

Articolo 3, paragrafo 3

Articolo 3, paragrafo 3

Articolo 3, paragrafo 4

Articolo 4, paragrafo 1, frase introduttiva

Articolo 4, paragrafo 1, lettere da a) a f)

Articolo 4, paragrafi 2 e 3

Articolo 4, paragrafi da 1 a 5

Articolo 20, paragrafi da 1 a 5

Articolo 20, paragrafo 5, terzo comma

Articolo 5

Articolo 6

Articolo 5, paragrafo 1

Articolo 7, paragrafo 1

Articolo 5, paragrafo 2

Articolo 7, paragrafo 2

Articolo 7, paragrafo 3

Articolo 6, primo comma

Articolo 8, paragrafo 1

Articolo 8, paragrafo 3

Articolo 6, secondo comma

Articolo 8, paragrafo 4

Articolo 7

Articolo 9

Articolo 8

Articolo 10

Articolo 9

Articolo 12

Articolo 10

Articolo 13

Articolo 11

Articolo 14

Articolo 12

Articolo 15

Articolo 16

Articolo 13

Articolo 3, paragrafo 2

Articolo 14

Articolo 11

Articolo 15, paragrafo 1

Articolo 17, paragrafo 2, primo comma

Articolo 15, paragrafo 2

Articolo 16, paragrafo 1

Articolo 15, paragrafo 3

Articolo 8, paragrafo 2

Articolo 15, paragrafo 4

Articolo 17, paragrafo 2, quarto comma

Articolo 15, paragrafo 5

Articolo 8, paragrafi 5 e 6 e articolo 16, paragrafo 2

Articolo 16, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 18, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 16, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 18, paragrafo 2

Articolo 16, paragrafo 1, lettera c)

Articolo 18, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 16, paragrafo 1, lettera d)

Articolo 18, paragrafo 1, lettera c)

Articolo 16, paragrafo 1, lettera e)

Articolo 18, paragrafo 1, lettera d)

Articolo 16, paragrafo 2

Articolo 19, paragrafo 1

Articolo 16, paragrafo 3

Articolo 19, paragrafo 2, primo comma

Articolo 19, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 16, paragrafo 4

Articolo 19, paragrafo 3

Articolo 19, paragrafo 3, secondo comma

Articolo 17

Articolo 21

Articolo 18

Articolo 22

Articolo 19, paragrafo 1

Articolo 26, paragrafo 1

Articolo 19, paragrafo 2

Articolo 26, paragrafo 2, e articolo 27, paragrafo 1

Articolo 27, paragrafi da 2 a 6

Articolo 19, paragrafo 3

Articolo 29, paragrafo 1

Articolo 19, paragrafo 4

Articolo 29, paragrafo 2

Articolo 29, paragrafo 3

Articolo 19, paragrafo 5

Articolo 29, paragrafo 4

Articolo 20, paragrafo 1, frase introduttiva

Articolo 23, paragrafo 1

Articolo 23, paragrafo 2

Articolo 23, paragrafo 3

Articolo 23, paragrafo 4

Articolo 20, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 23, paragrafo 5, primo comma

Articolo 24

Articolo 20, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 25, paragrafo 1

Articolo 20, paragrafo 1, lettera c)

Articolo 25, paragrafo 2

Articolo 20, paragrafo 1, lettera d)

Articolo 29, paragrafo 1, primo comma

Articolo 20, paragrafo 1, lettera e)

Articolo 26, paragrafi 1 e 2, articolo 27, paragrafo 1, articolo 29, paragrafo 1, secondo e terzo comma

Articolo 20, paragrafo 2

Articolo 29, paragrafo 2

Articolo 20, paragrafo 3

Articolo 23, paragrafo 5, secondo comma

Articolo 20, paragrafo 4

Articolo 29, paragrafo 4

Articolo 28

Articolo 30

Articolo 31

Articolo 32

Articolo 33

Articolo 21, paragrafi da 1 a 9

Articolo 34, paragrafi da 1 a 9, primo, secondo e terzo comma

Articolo 34, paragrafo 9, quarto comma

Articolo 21, paragrafi da 10 a 12

Articolo 34, paragrafi da 10 a 12

Articolo 22, paragrafo 1

Articolo 35, paragrafo 1

Articolo 35, paragrafo 2

Articolo 35, paragrafo 3

Articolo 22, paragrafo 2

Articolo 35, paragrafo 4

Articolo 23

Articolo 36

Articolo 37

Articolo 40

Articolo 24, paragrafo 1

soppresso

Articolo 24, paragrafo 2

Articolo 41

Articolo 24, paragrafo 3

soppresso

Articolo 25, paragrafo 1

Articolo 42

Articolo 25, paragrafo 2

soppresso

Articolo 26

Articolo 43

Articolo 27, paragrafi 1 e 2

Articolo 44, paragrafi 1 e 2

Articolo 27, paragrafo 3

soppresso

Articolo 45

Articolo 28

Articolo 46

Articolo 47

Articolo 48

Articolo 29

Articolo 49


Regolamento (CE) n. 1560/2003

Il presente regolamento

Articolo 11, paragrafo 1

Articolo 13, paragrafo 1

Articolo 17, paragrafo 2, primo comma

Articolo 13, paragrafo 2

Articolo 17, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 13, paragrafo 3

Articolo 17, paragrafo 2, terzo comma

Articolo 13, paragrafo 4

Articolo 17, paragrafo 2, primo comma

Articolo 14

Articolo 37

Articolo 17, paragrafo 1

Articoli 9, 10, 17, paragrafo 2, primo comma

Articolo 17, paragrafo 2

Articolo 34, paragrafo 3


DICHIARAZIONE DEL CONSIGLIO, DEL PARLAMENTO EUROPEO E DELLA COMMISSIONE

Il Consiglio e il Parlamento europeo invitano la Commissione a prendere in considerazione, fatto salvo il suo diritto di iniziativa, una revisione dell’articolo 8, paragrafo 4 della rifusione del regolamento Dublino una volta che la Corte di giustizia si sarà pronunciata sulla causa C-648/11 MA e a. contro Secretary of State for the Home Department e comunque entro i termini prescritti dall’articolo 46 del regolamento Dublino. Il Parlamento europeo e il Consiglio eserciteranno successivamente entrambi le rispettive competenze legislative, tenendo conto del prevalente interesse del minore.

In uno spirito di compromesso e al fine di garantire un’immediata adozione della proposta, la Commissione accetta di prendere in considerazione tale invito, che intende limitato a queste specifiche circostanze e non tale da creare un precedente.


DIRETTIVE

29.6.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 180/60


DIRETTIVA 2013/32/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 26 giugno 2013

recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 78, paragrafo 2, lettera d),

vista la proposta della Commissione europea,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

previa consultazione del Comitato delle regioni,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),

considerando quanto segue:

(1)

È necessario apportare una serie di modifiche sostanziali alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (3). Per ragioni di chiarezza, è opportuno provvedere alla rifusione di tale direttiva.

(2)

Una politica comune nel settore dell’asilo, che preveda un sistema europeo comune di asilo, costituisce uno degli elementi fondamentali dell’obiettivo dell’Unione europea relativo all’istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nell’Unione. Tale politica dovrebbe essere governata dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario.

(3)

Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull’applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 («convenzione di Ginevra»), affermando in questo modo il principio di «non-refoulement» (non respingimento) e garantendo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione.

(4)

Le conclusioni di Tampere prevedono che il regime europeo comune in materia di asilo debba stabilire, a breve termine, norme comuni per procedure di asilo eque ed efficaci negli Stati membri e che, nel lungo periodo, le norme dell’Unione debbano indirizzarsi verso una procedura comune in materia di asilo nell’Unione.

(5)

La prima fase di un sistema europeo comune di asilo è stata completata con l’adozione dei pertinenti strumenti giuridici previsti dai trattati, tra cui la direttiva 2005/85/CE, che costituisce un primo passo in materia di procedure di asilo.

(6)

Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha adottato il programma dell’Aia, determinando gli obiettivi da conseguire nel periodo 2005-2010 nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Al riguardo, il programma dell’Aia invitava la Commissione europea a concludere la valutazione degli strumenti giuridici adottati nella prima fase e a sottoporre al Parlamento europeo e al Consiglio gli strumenti e le misure relativi alla seconda fase. Conformemente al programma dell’Aia, l’obiettivo che sottende la creazione del regime europeo comune in materia di asilo è l’istaurazione di una procedura comune di asilo e di uno status uniforme valido in tutta l’Unione.

(7)

Nel Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, adottato il 16 ottobre 2008, il Consiglio europeo ha rilevato che sussistevano forti divergenze fra gli Stati membri per quanto riguarda la concessione della protezione e sollecitava ulteriori iniziative, compresa una proposta di procedura unica in materia di asilo che preveda garanzie comuni, per completare l’istituzione, prevista dal programma dell’Aia, di un sistema europeo comune di asilo.

(8)

Nella riunione del 10-11 dicembre 2009 il Consiglio europeo ha adottato il programma di Stoccolma, ribadendo l’impegno per il raggiungimento dell’obiettivo di istituire, entro il 2012, uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d’asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale, e fondato su norme elevate in materia di protezione e su procedure eque ed efficaci. Secondo il programma di Stoccolma, le persone che necessitano di protezione internazionale devono avere un accesso garantito a procedure di asilo giuridicamente sicure ed efficaci ed è essenziale che agli interessati sia riservato un trattamento di pari livello quanto alle disposizioni procedurali e alla determinazione dello status indipendentemente dallo Stato membro in cui è presentata la domanda di protezione internazionale. L’obiettivo consiste nell’assicurare che casi analoghi siano trattati allo stesso modo, giungendo allo stesso risultato.

(9)

È opportuno mobilitare le risorse del Fondo europeo per i rifugiati e dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), per fornire sostegno adeguato agli sforzi degli Stati membri nell’attuazione delle norme stabilite nella seconda fase del sistema europeo comune di asilo e a quegli Stati membri, in particolare, i cui sistemi nazionali di asilo subiscono pressioni specifiche e sproporzionate a causa, per lo più, della loro situazione geografica o demografica.

(10)

Nell’attuazione della presente direttiva, è opportuno che gli Stati membri tengano conto dei pertinenti orientamenti elaborati dall’EASO.

(11)

Onde garantire una valutazione completa ed efficiente delle esigenze di protezione internazionale dei richiedenti ai sensi della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (4), è opportuno che il quadro dell’Unione sulle procedure per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale si fondi sul concetto di una procedura unica.

(12)

Obiettivo principale della presente direttiva è sviluppare ulteriormente le norme relative alle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, così da istituire una procedura comune di asilo nell’Unione.

(13)

Il ravvicinamento delle norme sulle procedure per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti alla diversità delle normative, e a creare condizioni equivalenti per l’applicazione negli Stati membri della direttiva 2011/95/UE.

(14)

Gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno Stato membro protezione internazionale, qualora tale richiesta sia intesa come basata sul fatto che la persona interessata è bisognosa di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.

(15)

Per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti.

(16)

È indispensabile che le decisioni in merito a tutte le domande di protezione internazionale siano adottate sulla base dei fatti e, in primo grado, da autorità il cui organico dispone di conoscenze adeguate o ha ricevuto la formazione necessaria in materia di protezione internazionale.

(17)

Al fine di garantire che le domande di protezione internazionale siano esaminate e le decisioni prese in modo obiettivo e imparziale, è necessario che i professionisti che agiscono nell’ambito delle procedure previste dalla presente direttiva svolgano le loro attività nel debito rispetto dei principi deontologici applicabili.

(18)

È nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo.

(19)

Per abbreviare in taluni casi la durata globale della procedura, gli Stati membri dovrebbero avere la flessibilità, conformemente alle loro esigenze nazionali, di dare la priorità all’esame di qualsiasi domanda esaminandola prima di altre domande presentate in precedenza, senza derogare ai tempi, ai principi e alle garanzie procedurali applicabili normalmente.

(20)

In circostanze ben definite per le quali una domanda potrebbe essere infondata o vi sono gravi preoccupazioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura di esame, introducendo in particolare termini più brevi, ma ragionevoli, in talune fasi procedurali, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo e un accesso effettivo del richiedente ai principi fondamentali e alle garanzie previsti dalla presente direttiva.

(21)

Fintantoché un richiedente sia in grado di motivare debitamente, la mancanza di documenti relativi all’ingresso o l’uso di documenti falsi non dovrebbero di per sé comportare un ricorso automatico alle procedure di frontiera o accelerate.

(22)

È altresì nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti garantire un corretto riconoscimento delle esigenze di protezione internazionale già in primo grado. A tale scopo i richiedenti dovrebbero ricevere già in primo grado, gratuitamente, informazioni giuridiche e procedurali, in funzione delle loro situazioni particolari. Tali informazioni dovrebbero tra l’atro consentire loro di comprendere meglio la procedura e aiutarli a rispettare gli obblighi in materia. Sarebbe sproporzionato chiedere agli Stati membri di fornire tali informazioni solo avvalendosi dei servizi di giuristi qualificati. Gli Stati membri dovrebbero quindi avere la possibilità di utilizzare gli strumenti più appropriati per fornire tali informazioni, ad esempio tramite organizzazioni non governative, professionisti di autorità governative o servizi statali specializzati.

(23)

È opportuno che nei procedimenti di ricorso i richiedenti possano usufruire, in presenza di determinate condizioni, dell’assistenza e rappresentanza legali gratuite fornite da persone competenti ai sensi del diritto nazionale, e che in tutte le fasi del procedimento abbiano il diritto di consultare, a proprie spese, avvocati o consulenti legali ammessi o autorizzati a tal fine dal diritto nazionale.

(24)

La nozione di ordine pubblico può, tra l’altro, contemplare una condanna per aver commesso un reato grave.

(25)

Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell’articolo 1 della convenzione di Ginevra ovvero persone ammissibili alla protezione sussidiaria, è opportuno che ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l’opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione, nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura. Inoltre, è opportuno che la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale contempli di norma per il richiedente almeno: il diritto di rimanere in attesa della decisione dell’autorità accertante; la possibilità di ricorrere a un interprete per esporre la propria situazione nei colloqui con le autorità; la possibilità di comunicare con un rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e con altre organizzazioni che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale; il diritto a un’appropriata notifica della decisione e della relativa motivazione in fatto e in diritto; la possibilità di consultare un avvocato o altro consulente legale; il diritto di essere informato circa la sua posizione giuridica nei momenti decisivi del procedimento, in una lingua che capisce o è ragionevole supporre possa capire; e, in caso di decisione negativa, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

(26)

Al fine di garantire l’effettivo accesso alla procedura di esame, è opportuno che i pubblici ufficiali che per primi vengono a contatto con i richiedenti protezione internazionale, in particolare i pubblici ufficiali incaricati della sorveglianza delle frontiere terrestri o marittime o delle verifiche di frontiera, ricevano le pertinenti informazioni e la formazione necessaria per riconoscere e trattare le domande di protezione internazionale tenendo debitamente conto, tra l’altro, dei pertinenti orientamenti elaborati dall’EASO. Essi dovrebbero essere in grado di dare ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi presenti sul territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, e che manifestano l’intenzione di presentare una domanda di protezione internazionale, le pertinenti informazioni sulle modalità e sulle sedi per presentare l’istanza. Ove tali persone si trovino nelle acque territoriali di uno Stato membro, è opportuno che siano sbarcate sulla terra ferma e che ne sia esaminata la domanda ai sensi della presente direttiva.

(27)

Considerato che i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale sono richiedenti protezione internazionale, essi dovrebbero adempiere gli obblighi e godere dei diritti conformemente alla presente direttiva e alla direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del .26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (5). A tal fine, gli Stati membri dovrebbero registrare il fatto che tali persone sono richiedenti protezione internazionale.

(28)

Per agevolare l’accesso alla procedura di esame ai valichi di frontiera e nei centri di trattenimento, è opportuno che siano rese disponibili informazioni sulla possibilità di chiedere protezione internazionale. È opportuno poi che sia garantita, con appositi servizi di interpretazione, la comunicazione di base necessaria per consentire alle autorità competenti di comprendere se le persone interessate dichiarino l’intenzione di chiedere protezione internazionale.

(29)

Taluni richiedenti possono necessitare di garanzie procedurali particolari, tra l’altro, per motivi di età, genere, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, grave malattia psichica o in conseguenza di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale. Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per individuare i richiedenti che necessitano di garanzie procedurali particolari prima che sia presa una decisione in primo grado. A tali richiedenti è opportuno fornire un sostegno adeguato, compreso tempo sufficiente, così da creare i presupposti necessari affinché accedano effettivamente alle procedure e presentino gli elementi richiesti per istruire la loro domanda di protezione internazionale.

(30)

Qualora un sostegno adeguato non possa essere fornito a un richiedente che necessita di garanzie procedurali speciali nell’ambito di procedure accelerate o di frontiera, tale richiedente dovrebbe essere esonerato da tali procedure. L’esigenza di garanzie procedurali particolari che potrebbero evitare l’applicazione di procedure accelerate o di frontiera dovrebbero significare altresì che al richiedente siano fornite garanzie supplementari nei casi in cui il suo ricorso non abbia un effetto sospensivo automatico, al fine di renderlo effettivo in circostanze specifiche.

(31)

Le misure nazionali dirette a identificare e documentare i sintomi e i segni di tortura o altri gravi atti di violenza fisica o psicologica, compresi atti di violenza sessuale, nell’ambito delle procedure oggetto della presente direttiva possono tener conto, tra l’altro, del Manuale per un’efficace indagine e documentazione di tortura e altro trattamento o pena crudele, disumano o degradante (protocollo di Istanbul).

(32)

Nell’intento di garantire una sostanziale parità tra i richiedenti di entrambi i sessi, è opportuno che le procedure di esame siano sensibili alle specificità di genere. In particolare, i colloqui personali dovrebbero essere organizzati in modo da consentire ai richiedenti di entrambi i sessi che abbiano subito persecuzioni per motivi di genere di parlare delle esperienze passate. È opportuno tenere debito conto della complessità delle domande con implicazioni di genere nelle procedure basate sui concetti di paese terzo sicuro e di paese di origine sicuro o sulla nozione di domanda reiterata.

(33)

L’interesse superiore del minore dovrebbe costituire una considerazione preminente degli Stati membri nell’applicazione della presente direttiva, conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la Carta) e della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989. Nella valutazione dell’interesse superiore del minore, gli Stati membri dovrebbero in particolare tenere debitamente conto del benessere e dello sviluppo sociale del minore, compreso il suo passato.

(34)

Le procedure di esame delle esigenze di protezione internazionale dovrebbero essere tali da consentire alle autorità competenti di procedere a un esame rigoroso delle domande di protezione internazionale.

(35)

Quando nell’ambito del trattamento di una domanda il richiedente è perquisito, tale perquisizione dovrebbe essere svolta da una persona dello stesso sesso. Ciò dovrebbe lasciare impregiudicata una perquisizione effettuata per motivi di sicurezza sulla base del diritto nazionale.

(36)

Qualora il richiedente esprima l’intenzione di presentare una domanda reiterata senza addurre prove o argomenti nuovi, sarebbe sproporzionato imporre agli Stati membri l’obbligo di esperire una nuova procedura di esame completa. In tali casi gli Stati membri dovrebbero poter respingere una domanda in quanto inammissibile conformemente al principio della cosa giudicata.

(37)

Per il coinvolgimento del personale di un’autorità diversa dall’autorità accertante che conduce tempestivamente i colloqui sul merito di una domanda, il concetto di «tempestivamente» dovrebbe essere valutato rispetto ai termini previsti all’articolo 31.

(38)

Molte domande di protezione internazionale sono presentate alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro prima che sia presa una decisione sull’ammissione del richiedente. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di prevedere procedure per l’esame dell’ammissibilità e/o del merito, che consentano di decidere delle domande sul posto in circostanze ben definite.

(39)

Nel determinare se nel paese di origine di un richiedente prevale una situazione di incertezza, gli Stati membri dovrebbero garantire l’ottenimento di informazioni precise e aggiornate da pertinenti fonti quali l’EASO, l’UNHCR, il Consiglio d’Europa e altre organizzazioni internazionali pertinenti. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che qualsiasi rinvio della conclusione della procedura rispetti pienamente gli obblighi ai sensi della direttiva 2011/95/UE e dell’articolo 41 della Carta senza pregiudizio dell’efficacia e dell’equità delle procedure previste dalla presente direttiva.

(40)

Criterio fondamentale per stabilire la fondatezza della domanda di protezione internazionale è la sicurezza del richiedente nel paese di origine. Se un paese terzo può essere considerato paese di origine sicuro, gli Stati membri dovrebbero poterlo designare paese sicuro e presumerne la sicurezza per uno specifico richiedente, a meno che quest’ultimo non adduca controindicazioni.

(41)

Visto il grado di armonizzazione raggiunto in relazione all’attribuzione della qualifica di rifugiato ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi o ai beneficiari della protezione internazionale, si dovrebbero definire criteri comuni per la designazione dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri.

(42)

La designazione di un paese terzo quale paese di origine sicuro ai fini della presente direttiva non può stabilire una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese. Per la sua stessa natura, la valutazione alla base della designazione può tener conto soltanto della situazione civile, giuridica e politica generale in tale paese e se in tale paese i responsabili di persecuzioni, torture o altre forme di punizione o trattamento disumano o degradante siano effettivamente soggetti a sanzioni se riconosciuti colpevoli. Per questo motivo è importante che, quando un richiedente dimostra che vi sono validi motivi per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione particolare, la designazione del paese come sicuro non può più applicarsi al suo caso.

(43)

Gli Stati membri dovrebbero esaminare tutte le domande nel merito, valutare cioè se al richiedente di cui trattasi è attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, salvo se altrimenti previsto dalla presente direttiva, in particolare se si può ragionevolmente presumere che un altro paese proceda all’esame o fornisca sufficiente protezione. In particolare, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di protezione internazionale se il paese di primo asilo ha concesso al richiedente lo status di rifugiato o ha altrimenti concesso sufficiente protezione e il richiedente sarà riammesso in detto paese.

(44)

Gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di protezione internazionale se si può ragionevolmente prevedere che il richiedente, per un legame sufficiente con un paese terzo definito nel diritto nazionale, chieda protezione in detto paese terzo e vi è motivo di ritenere che il richiedente sarà ammesso o riammesso in quel paese. Gli Stati membri dovrebbero procedere in tal modo solo nel caso in cui il richiedente in questione possa essere sicuro nel paese terzo interessato. Per evitare movimenti secondari di richiedenti, si dovrebbero definire principi comuni per la presa in considerazione o la designazione, da parte degli Stati membri, di paesi terzi quali paesi sicuri.

(45)

Inoltre, per determinati paesi terzi europei che rispettano norme particolarmente elevate in materia di diritti dell’uomo e di protezione dei rifugiati, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di non procedere all’esame o all’esame completo delle domande di protezione internazionale dei richiedenti che entrano nel loro territorio in provenienza da detti paesi terzi europei.

(46)

Qualora gli Stati membri applichino i concetti di paese sicuro caso per caso o designino i paesi sicuri adottando gli elenchi a tal fine, dovrebbero tener conto tra l’altro degli orientamenti e dei manuali operativi e delle informazioni relative ai paesi di origine e alle attività, compresa la metodologia della relazione sulle informazioni del paese di origine dell’EASO, di cui al regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, che istituisce l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (6), nonché i pertinenti orientamenti dell’UNHCR.

(47)

Per favorire lo scambio sistematico di informazioni sull’applicazione nazionale dei concetti di paese di origine sicuro, paese terzo sicuro e paese terzo europeo sicuro nonché un riesame periodico da parte della Commissione dell’uso di tali concetti da parte degli Stati membri, e per preparare un’eventuale nuova armonizzazione in futuro, è opportuno che gli Stati membri notifichino alla Commissione o comunque la informino periodicamente dei paesi terzi a cui applicano i concetti. È opportuno che la Commissione informi periodicamente il Parlamento europeo sui risultati dei propri riesami.

(48)

Al fine di garantire l’applicazione corretta dei concetti di paese sicuro basati su informazioni aggiornate, gli Stati membri dovrebbero condurre riesami periodici sulla situazione in tali paesi sulla base di una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni di altri Stati membri, dell’EASO, dell’UNHCR, del Consiglio d’Europa e di altre pertinenti organizzazioni internazionali. Quando gli Stati membri vengono a conoscenza di un cambiamento significativo nella situazione relativa ai diritti umani in un paese designato da essi come sicuro, dovrebbero provvedere affinché sia svolto quanto prima un riesame di tale situazione e, ove necessario, rivedere la designazione di tale paese come sicuro.

(49)

Riguardo alla revoca dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i beneficiari di protezione internazionale siano debitamente informati dell’eventuale riesame del loro status ed abbiano la possibilità di esporre la loro opinione prima che le autorità possano prendere una decisione motivata di revoca del loro status.

(50)

È un principio fondamentale del diritto dell’Unione che le decisioni relative a una domanda di protezione internazionale, al rifiuto di riaprire l’esame di una domanda che sia stato sospeso e alla revoca dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria siano soggette a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

(51)

A norma dell’articolo 72 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la presente direttiva non osta all’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.

(52)

La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (7), disciplina il trattamento dei dati personali effettuato negli Stati membri a norma della presente direttiva.

(53)

La presente direttiva non contempla le procedure tra Stati membri disciplinate dal regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (8).

(54)

La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai richiedenti cui si applica il regolamento (UE) n. 604/2013, quale integrazione e lasciare impregiudicate le disposizioni di detto regolamento.

(55)

È opportuno che l’attuazione della presente direttiva formi oggetto di valutazioni periodiche.

(56)

Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire l’istituzione di procedure comuni per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti della presente direttiva, essere conseguito meglio a livello dell’Unione, l’Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(57)

Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi (9), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi giustificati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi costitutivi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.

(58)

A norma degli articoli 1, 2 e dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, detti Stati membri non partecipano all’adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione.

(59)

A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione.

(60)

La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti nella Carta. In particolare, la presente direttiva intende assicurare il pieno rispetto della dignità umana nonché promuovere l’applicazione degli articoli 1, 4, 18, 19, 21, 23, 24 e 47 della Carta e deve essere attuata di conseguenza.

(61)

L’obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva 2005/85/CE. L’obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente.

(62)

La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine di recepimento nel diritto interno della direttiva 2005/85/CE, di cui all’allegato II, parte B,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Obiettivo

Obiettivo della presente direttiva è stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

a)   «convenzione di Ginevra»: la convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;

b)   «domanda di protezione internazionale» o «domanda»: una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione non contemplato nell’ambito di applicazione della direttiva 2011/95/UE e che possa essere richiesto con domanda separata;

c)   «richiedente»: il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

d)   «richiedente che necessita di garanzie procedurali particolari»: il richiedente la cui capacità di godere dei diritti e adempiere gli obblighi previsti dalla presente direttiva è limitata a causa di circostanze individuali;

e)   «decisione definitiva»: una decisione che stabilisce se a un cittadino di un paese terzo o a un apolide è concesso lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria a norma della direttiva 2011/95/UE e che non è più impugnabile nell’ambito del capo V della presente direttiva, indipendentemente dal fatto che l’impugnazione produca l’effetto di autorizzare i richiedenti a rimanere negli Stati membri interessati in attesa del relativo esito;

f)   «autorità accertante»: qualsiasi organo quasi giurisdizionale o amministrativo di uno Stato membro che sia competente ad esaminare le domande di protezione internazionale e a prendere una decisione di primo grado al riguardo;

g)   «rifugiato»: il cittadino di un paese terzo o l’apolide che soddisfa i requisiti di cui all’articolo 2, lettera d), della direttiva 2011/95/UE;

h)   «persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria»: il cittadino di un paese terzo o l’apolide che soddisfa i requisiti dell’articolo 2, lettera f), della direttiva 2011/95/UE;

i)   «protezione internazionale»: lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria di cui alle lettere j) e k);

j)   «status di rifugiato»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;

k)   «status di protezione sussidiaria»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale persona avente titolo alla protezione sussidiaria;

l)   «minore»: il cittadino di un paese terzo o l’apolide di età inferiore agli anni diciotto;

m)   «minore non accompagnato»: il minore non accompagnato quale definito all’articolo 2, lettera l), della direttiva 2011/95/UE;

n)   «rappresentante»: la persona o l’organizzazione designata dagli organismi competenti per assistere e rappresentare il minore non accompagnato nelle procedure previste dalla presente direttiva, allo scopo di garantirne l’interesse superiore ed esercitare la capacità di agire per suo conto, ove necessario. L’organizzazione designata come rappresentante nomina una persona responsabile di assolvere le funzioni di rappresentanza nei confronti del minore non accompagnato, in conformità della presente direttiva;

o)   «revoca della protezione internazionale»: la decisione di un’autorità competente di revocare, far cessare o rifiutare di rinnovare lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria a una determinata persona, a norma della direttiva 2011/95/UE;

p)   «rimanere nello Stato membro»: il fatto di rimanere nel territorio, compreso alla frontiera o in zone di transito, dello Stato membro in cui la domanda di protezione internazionale è stata presentata o è oggetto d’esame;

q)   «domanda reiterata»: un’ulteriore domanda di protezione internazionale presentata dopo che è stata adottata una decisione definitiva su una domanda precedente, anche nel caso in cui il richiedente abbia esplicitamente ritirato la domanda e nel caso in cui l’autorità accertante abbia respinto la domanda in seguito al suo ritiro implicito ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1.

Articolo 3

Ambito di applicazione

1.   La presente direttiva si applica a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca della protezione internazionale.

2.   La presente direttiva non si applica alle domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri.

3.   Gli Stati membri possono decidere di applicare la presente direttiva nei procedimenti di esame di domande intese a ottenere qualsiasi forma di protezione che esula dall’ambito di applicazione della direttiva 2011/95/UE.

Articolo 4

Autorità responsabili

1.   Per tutti i procedimenti gli Stati membri designano un’autorità che sarà competente per l’esame adeguato delle domande a norma della presente direttiva. Gli Stati membri provvedono affinché tale autorità disponga di mezzi appropriati, in particolare di personale competente in numero sufficiente, per assolvere ai suoi compiti ai sensi della presente direttiva.

2.   Gli Stati membri possono prevedere che sia competente un’autorità diversa da quella di cui al paragrafo 1 al fine di:

a)

trattare i casi a norma del regolamento (UE) n. 604/2013; e

b)

accordare o rifiutare il permesso di ingresso nell’ambito della procedura di cui all’articolo 43, secondo le condizioni di cui a detto articolo e in base al parere motivato dell’autorità accertante.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché il personale dell’autorità accertante di cui al paragrafo 1 abbia ricevuto una formazione adeguata. A tal fine essi predispongono formazioni pertinenti che comprendono gli elementi di cui all’articolo 6, paragrafo 4, lettere da a) a e), del regolamento (UE) n. 439/2010. Gli Stati membri tengono conto anche della pertinente formazione organizzata e sviluppata dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO). Le persone che conducono i colloqui con i richiedenti conformemente alla presente direttiva hanno altresì acquisito una conoscenza generale dei problemi che potrebbero compromettere la capacità del richiedente di sostenere il colloquio, quali indicazioni che il richiedente potrebbe essere stato torturato nel passato.

4.   Ove sia designata un’autorità a norma del paragrafo 2, gli Stati membri provvedono affinché il relativo personale disponga delle conoscenze adeguate o riceva la formazione necessaria per ottemperare agli obblighi che ad esso incombono nell’applicazione della presente direttiva.

5.   Le domande di protezione internazionale presentate in uno Stato membro alle autorità di un altro Stato membro che vi svolgono controlli di frontiera o sull’immigrazione sono trattate dallo Stato membro nel cui territorio è presentata la domanda.

Articolo 5

Disposizioni più favorevoli

Gli Stati membri possono introdurre o mantenere in vigore criteri più favorevoli in ordine alle procedure di riconoscimento e revoca dello status di protezione internazionale, purché tali criteri siano compatibili con la presente direttiva.

CAPO II

PRINCIPI FONDAMENTALI E GARANZIE

Articolo 6

Accesso alla procedura

1.   Quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale a un’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande, la registrazione è effettuata entro tre giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Se la domanda di protezione internazionale è presentata ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Gli Stati membri garantiscono che tali altre autorità preposte a ricevere le domande di protezione internazionale quali la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima. Qualora il richiedente non presenti la propria domanda, gli Stati membri possono applicare di conseguenza l’articolo 28.

3.   Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato.

4.   In deroga al paragrafo 3, una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando un formulario sottoposto dal richiedente o, qualora sia previsto nel diritto nazionale, una relazione ufficiale è pervenuta alle autorità competenti dello Stato membro interessato.

5.   Qualora le domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all’atto pratico rispettare il termine di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono stabilire che tale termine sia prorogato di dieci giorni lavorativi.

Articolo 7

Domande presentate per conto di persone a carico o minori

1.   Gli Stati membri provvedono affinché ciascun adulto con capacità di agire abbia il diritto di presentare una domanda di protezione internazionale per proprio conto.

2.   Gli Stati membri possono prevedere che una domanda possa essere presentata da un richiedente a nome delle persone a suo carico. In tali casi gli Stati membri provvedono affinché gli adulti a carico acconsentano a che la domanda sia presentata per conto loro, in caso contrario essi hanno l’opportunità di presentare la domanda per proprio conto.

Il consenso è chiesto all’atto della presentazione della domanda o, al più tardi, all’atto del colloquio personale con l’adulto a carico. Prima della richiesta di consenso, ciascun adulto a carico è informato in privato delle relative conseguenze procedurali della presentazione della domanda per proprio conto e del diritto di chiedere la protezione internazionale con domanda separata.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché il minore abbia il diritto di presentare domanda di protezione internazionale per proprio conto, se ha la capacità di agire in giudizio ai sensi del diritto dello Stato membro interessato, ovvero tramite i genitori o altro familiare adulto, o un adulto responsabile per lui secondo la legge o la prassi dello Stato membro interessato, o tramite un rappresentante.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché gli organismi appropriati di cui all’articolo 10 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (10), abbiano il diritto di presentare domanda di protezione internazionale a nome di un minore non accompagnato se, sulla base di una valutazione individuale della situazione personale del minore, ritengono che questi necessiti di protezione ai sensi della direttiva 2011/95/UE.

5.   Gli Stati membri possono determinare nel diritto nazionale:

a)

i casi in cui il minore può presentare per proprio conto una domanda;

b)

i casi in cui la domanda di un minore non accompagnato deve essere introdotta da un rappresentante a norma dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera a);

c)

i casi in cui si ritiene che la presentazione di una domanda di protezione internazionale costituisca anche la presentazione di una domanda di protezione internazionale per eventuali minori non coniugati.

Articolo 8

Informazione e consulenza nei centri di trattenimento e ai valichi di frontiera

1.   Qualora vi siano indicazioni che cittadini di paesi terzi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo. In tali centri di trattenimento e ai valichi di frontiera gli Stati membri garantiscono servizi di interpretazione nella misura necessaria per agevolare l’accesso alla procedura di asilo.

2.   Gli Stati membri garantiscono che le organizzazioni e le persone che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti abbiano effettivo accesso ai richiedenti presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito, alle frontiere esterne. Gli Stati membri possono adottare norme relative alla presenza di tali organizzazioni e persone nei suddetti valichi e, in particolare, subordinare l’accesso a un accordo con le autorità competenti degli Stati membri. I limiti su tale accesso possono essere imposti solo qualora, a norma del diritto nazionale, essi siano obiettivamente necessari per la sicurezza, l’ordine pubblico o la gestione amministrativa dei valichi interessati, purché l’accesso non risulti in tal modo seriamente ristretto o non sia reso impossibile.

Articolo 9

Diritto di rimanere nello Stato membro durante l’esame della domanda

1.   I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l’autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno.

2.   Gli Stati membri possono derogare a questa disposizione solo se l’interessato presenta una domanda reiterata ai sensi dell’articolo 41, o se essi intendono consegnare o estradare, ove opportuno, una persona in altro Stato membro in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo (11) o altro, o in un paese terzo, o presso un giudice o un tribunale penale internazionale.

3.   Gli Stati membri possono estradare un richiedente in un paese terzo ai sensi del paragrafo 2 soltanto se le autorità competenti hanno accertato che la decisione di estradizione non comporterà il «refoulement» diretto o indiretto, in violazione degli obblighi internazionali e dell’Unione di detto Stato membro.

Articolo 10

Criteri applicabili all’esame delle domande

1.   Gli Stati membri provvedono affinché le domande di protezione internazionale non siano respinte né escluse dall’esame per il semplice fatto di non essere state presentate tempestivamente.

2.   Nell’esaminare una domanda di protezione internazionale, l’autorità accertante determina anzitutto se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato e, in caso contrario, se l’interessato sia ammissibile alla protezione sussidiaria.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni dell’autorità accertante relative alle domande di protezione internazionale siano adottate previo congruo esame. A tal fine gli Stati membri dispongono:

a)

che le domande siano esaminate e le decisioni prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale;

b)

che pervengano da varie fonti informazioni precise e aggiornate, quali l’EASO e l’UNHCR e le organizzazioni internazionali per i diritti umani pertinenti, circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato e che tali informazioni siano messe a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito;

c)

che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito conosca i criteri applicabili in materia di asilo e di diritto dei rifugiati;

d)

che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito abbia la possibilità di consultare esperti, laddove necessario, su aspetti particolari come quelli d’ordine medico, culturale, religioso, di genere o inerenti ai minori.

4.   Le autorità di cui al capo V, per il tramite dell’autorità accertante o del richiedente o in altro modo, hanno accesso alle informazioni generali di cui al paragrafo 3, lettera b), necessarie per l’adempimento delle loro funzioni.

5.   Gli Stati membri prevedono norme relative alla traduzione dei documenti pertinenti ai fini dell’esame delle domande.

Articolo 11

Criteri applicabili alle decisioni dell’autorità accertante

1.   Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni sulle domande di protezione internazionale siano comunicate per iscritto.

2.   Gli Stati membri dispongono inoltre che la decisione con cui viene respinta una domanda riguardante lo status di rifugiato e/o lo status di protezione sussidiaria sia corredata di motivazioni de jure e de facto e che il richiedente sia informato per iscritto dei mezzi per impugnare tale decisione negativa.

Nel comunicare al richiedente una decisione negativa, gli Stati membri non sono tenuti a informarlo per iscritto dei mezzi per impugnare una decisione, qualora ne sia stata data comunicazione in precedenza per iscritto o per via elettronica, secondo i mezzi cui abbia accesso.

3.   Ai fini dell’articolo 7, paragrafo 2, e ogniqualvolta la domanda sia fondata sui medesimi motivi, gli Stati membri possono adottare un’unica decisione che contempli tutte le persone a carico, tranne qualora ciò comporti una divulgazione della situazione particolare di una persona che rischi di nuocere ai suoi interessi, in particolare nei casi di persecuzione per motivi di genere, orientamento sessuale, identità di genere e/o età. In tali casi, all’interessato è rilasciata una decisione separata.

Articolo 12

Garanzie per i richiedenti

1.   In relazione alle procedure di cui al capo III, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti godano delle seguenti garanzie:

a)

il richiedente è informato, in una lingua che capisce o che è ragionevole supporre possa capire, della procedura da seguire e dei suoi diritti e obblighi durante il procedimento, nonché delle eventuali conseguenze di un mancato adempimento degli obblighi e della mancata cooperazione con le autorità. È informato in merito ai tempi e ai mezzi a sua disposizione per adempiere all’obbligo di addurre gli elementi di cui all’articolo 4 della direttiva 2011/95/UE, nonché delle conseguenze di un ritiro esplicito o implicito della domanda. Tali informazioni sono fornite in tempo utile affinché il richiedente asilo possa far valere i diritti sanciti dalla presente direttiva e conformarsi agli obblighi descritti nell’articolo 13;

b)

il richiedente riceve, laddove necessario, l’assistenza di un interprete per spiegare la propria situazione nei colloqui con le autorità competenti. Gli Stati membri reputano necessario fornire tale assistenza almeno quando il richiedente è convocato a un colloquio personale di cui agli articoli da 14 a 17 e 34 e una comunicazione adeguata risulta impossibile in sua mancanza. In questo e negli altri casi in cui le autorità competenti convocano il richiedente asilo, tale assistenza è retribuita con fondi pubblici;

c)

non è negata al richiedente la possibilità di comunicare con l’UNHCR o con altre organizzazioni che prestino assistenza legale o altra consulenza ai richiedenti a norma del diritto dello Stato membro interessato;

d)

il richiedente e, ove del caso, i suoi avvocati o altri consulenti legali conformemente all’articolo 23, paragrafo 1, abbiano accesso alle informazioni di cui all’articolo 10, paragrafo 3, lettera b), e alle informazioni fornite dagli esperti di cui all’articolo 10, paragrafo 3, lettera d), se l’autorità accertante ha preso in considerazione tali informazioni al fine di prendere una decisione sulla domanda;

e)

la decisione dell’autorità accertante relativa alla domanda è comunicata al richiedente con anticipo ragionevole. Se il richiedente è legalmente rappresentato da un avvocato o altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di comunicare la decisione al suo avvocato o consulente anziché al richiedente;

f)

il richiedente è informato dell’esito della decisione dell’autorità accertante in una lingua che capisce o che è ragionevole supporre possa capire, quando non è assistito o rappresentato da un avvocato o altro consulente legale. Il richiedente è contestualmente informato dei mezzi per impugnare una decisione negativa a norma dell’articolo 11, paragrafo 2.

2.   In relazione alle procedure di cui al capo V, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti godano di garanzie equivalenti a quelle di cui al paragrafo 1, lettere da b) a e).

Articolo 13

Obblighi dei richiedenti

1.   Gli Stati membri impongono ai richiedenti l’obbligo di cooperare con le autorità competenti ai fini dell’accertamento dell’identità e degli altri elementi di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2011/95/UE. Gli Stati membri possono imporre ai richiedenti altri obblighi di cooperazione con le autorità competenti nella misura in cui tali obblighi siano necessari ai fini del trattamento della domanda.

2.   In particolare, gli Stati membri possono prevedere che:

a)

i richiedenti abbiano l’obbligo di riferire alle autorità competenti o di comparire personalmente dinanzi alle stesse, senza indugio o in una data specifica;

b)

i richiedenti debbano consegnare i documenti in loro possesso pertinenti ai fini dell’esame della domanda, quali i passaporti;

c)

i richiedenti siano tenuti a informare le autorità competenti del loro luogo di residenza o domicilio del momento e di qualsiasi cambiamento dello stesso, non appena possibile. Gli Stati membri possono prevedere che il richiedente sia tenuto ad accettare eventuali comunicazioni presso il luogo di residenza o domicilio più recente dallo stesso appositamente indicato;

d)

le autorità competenti possano perquisire il richiedente e i suoi effetti personali. Fatta salva qualsiasi perquisizione effettuata per motivi di sicurezza, alla perquisizione del richiedente ai sensi della presente direttiva provvede una persona dello stesso sesso nel pieno rispetto dei principi di dignità umana e di integrità fisica e psicologica;

e)

le autorità competenti possano fotografare il richiedente; e

f)

le autorità competenti possano registrare le dichiarazioni orali del richiedente, purché questi ne sia stato preventivamente informato.

Articolo 14

Colloquio personale

1.   Prima che l’autorità accertante decida, è data facoltà al richiedente di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di protezione internazionale con una persona competente, a norma del diritto nazionale, a svolgere tale colloquio. I colloqui personali sul merito di una domanda di protezione internazionale sono condotti dal personale dell’autorità accertante. Il presente comma lascia impregiudicato l’articolo 42, paragrafo 2, lettera b).

Qualora le domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano impossibile all’atto pratico all’autorità accertante svolgere tempestivamente colloqui sul merito di ogni domanda, gli Stati membri possono disporre che il personale di un’altra autorità partecipi temporaneamente allo svolgimento di tali colloqui. In questi casi, il personale di detta altra autorità riceve in anticipo la formazione pertinente, comprendente gli elementi elencati all’articolo 6, paragrafo 4, lettere da a) a e), del regolamento (UE) n. 439/2010. Le persone che conducono i colloqui personali con i richiedenti conformemente alla presente direttiva hanno altresì acquisito una conoscenza generale dei problemi che potrebbero compromettere la capacità dei richiedenti di sostenere il colloquio, quali indicazioni che il richiedente potrebbe essere stato torturato nel passato.

Quando un richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale a nome di persone a suo carico, a ciascun adulto a carico è data la possibilità di sostenere un colloquio personale.

Gli Stati membri possono stabilire nel diritto interno i casi in cui a un minore è data facoltà di sostenere un colloquio personale.

2.   Il colloquio personale sul merito della domanda può essere omesso se:

a)

l’autorità accertante è in grado di prendere una decisione positiva riguardo allo status di rifugiato basandosi sulle prove acquisite; oppure

b)

l’autorità accertante reputa che il richiedente asilo sia incapace o non sia in grado di sostenere un colloquio personale a causa di circostanze persistenti che sfuggono al suo controllo. In caso di dubbio, l’autorità accertante consulta un professionista del settore medico per stabilire se lo stato che rende il richiedente incapace o non in grado di sostenere il colloquio sia temporaneo o di lungo periodo.

Quando non viene sostenuto il colloquio personale a norma della lettera b) oppure, ove applicabile, con la persona a carico, devono essere compiuti ragionevoli sforzi al fine di consentire al richiedente o alla persona a carico di produrre ulteriori informazioni.

3.   La mancanza di un colloquio personale a norma del presente articolo non osta a che l’autorità accertante prenda una decisione sulla domanda di protezione internazionale.

4.   La mancanza di un colloquio personale a norma del paragrafo 2, lettera b), non incide negativamente sulla decisione dell’autorità accertante.

5.   A prescindere dall’articolo 28, paragrafo 1, gli Stati membri, all’atto di decidere riguardo a una domanda di protezione internazionale, possono tener conto del fatto che il richiedente non si sia presentato al colloquio personale, a meno che non avesse validi motivi per farlo.

Articolo 15

Criteri applicabili al colloquio personale

1.   Il colloquio personale si svolge, di norma, senza la presenza dei familiari, a meno che l’autorità accertante non ritenga che un esame adeguato deve comportare la presenza di altri familiari.

2.   Il colloquio personale si svolge in condizioni atte ad assicurare la riservatezza adeguata.

3.   Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il colloquio personale si svolga in condizioni che consentano al richiedente di esporre in modo esauriente i motivi della sua domanda. A tal fine gli Stati membri:

a)

provvedono affinché la persona incaricata di condurre il colloquio abbia la competenza per tener conto del contesto personale e generale in cui nasce la domanda, compresa l’origine culturale, il genere, l’orientamento sessuale, l’identità sessuale o la vulnerabilità del richiedente;

b)

se possibile prevedono, su istanza del richiedente, che a condurre il colloquio sia una persona del suo stesso sesso, a meno che l’autorità accertante abbia motivo di ritenere che tale domanda si basi su motivi non connessi alle difficoltà del richiedente di presentare i motivi della sua domanda in modo comprensibile;

c)

selezionano un interprete idoneo a garantire una comunicazione appropriata fra il richiedente e la persona incaricata di condurre il colloquio. Il colloquio si svolge nella lingua prescelta dal richiedente, tranne se esiste un’altra lingua che capisce e nella quale è in grado di comunicare chiaramente. Se possibile gli Stati membri prevedono, su istanza del richiedente, un interprete del suo stesso sesso, a meno che l’autorità accertante abbia motivo di ritenere che tale domanda si basi su motivi non connessi alle difficoltà del richiedente di presentare i motivi della sua domanda in modo comprensibile;

d)

provvedono affinché la persona che conduce il colloquio sul merito di una domanda di protezione internazionale non indossi un’uniforme militare o di polizia;

e)

provvedono affinché i colloqui con i minori siano condotti con modalità consone alla loro età.

4.   Gli Stati membri possono prevedere norme relative alla presenza di terzi durante un colloquio personale.

Articolo 16

Contenuto del colloquio personale

Nel condurre un colloquio personale sul merito di una domanda di protezione internazionale, l’autorità accertante assicura che al richiedente sia data una congrua possibilità di presentare gli elementi necessari a motivare la domanda ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2011/95/UE nel modo più completo possibile. In particolare, il richiedente deve avere l’opportunità di spiegare l’eventuale assenza di elementi e/o le eventuali incoerenze o contraddizioni delle sue dichiarazioni.

Articolo 17

Verbale e registrazione del colloquio personale

1.   Gli Stati membri assicurano che sia redatto un verbale accurato e circostanziato di ogni singolo colloquio personale, in cui figurino tutti gli elementi sostanziali, o una trascrizione dello stesso.

2.   Gli Stati membri possono disporre la registrazione sonora o audiovisiva del colloquio personale. Qualora si proceda a tale registrazione, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione o una trascrizione della stessa siano disponibili unitamente al fascicolo del richiedente.

3.   Gli Stati membri dispongono che al richiedente sia data la possibilità di formulare osservazioni e/o fornire chiarimenti, oralmente e/o per iscritto, su eventuali errori di traduzione o malintesi contenuti nel verbale o nella trascrizione, al termine del colloquio personale o entro un termine fissato prima che l’autorità accertante adotti una decisione. A tale scopo, gli Stati membri garantiscono che il richiedente sia pienamente informato del contenuto del verbale o degli elementi sostanziali della trascrizione, se necessario con l’assistenza di un interprete. Gli Stati membri chiedono poi al richiedente di confermare che il contenuto del verbale o della trascrizione rifletta correttamente il colloquio.

Gli Stati membri non devono necessariamente chiedere al richiedente di confermare che il contenuto del verbale o della trascrizione rifletta correttamente il colloquio personale se il colloquio personale è registrato ai sensi del paragrafo 2 e la registrazione è ammissibile come prova nelle procedure di impugnazione di cui al capo V. Fatto salvo l’articolo 16, qualora gli Stati membri prevedano sia la trascrizione che la registrazione del colloquio personale, essi possono derogare al diritto del richiedente di formulare osservazioni e/o fornire chiarimenti sulla trascrizione.

4.   Se il richiedente rifiuta di confermare che il contenuto del verbale o della trascrizione rifletta correttamente il colloquio personale, le motivazioni di tale rifiuto sono registrate nel suo fascicolo.

Tale rifiuto non osta a che l’autorità accertante adotti una decisione sulla sua domanda.

5.   Il richiedente e il suo avvocato o altro consulente legale definiti all’articolo 23 hanno accesso al verbale o alla trascrizione e, se del caso, alle registrazioni prima che l’autorità accertante abbia adottato una decisione.

Qualora gli Stati membri prevedano sia una trascrizione sia una registrazione del colloquio personale, essi non possono fornire l’accesso alla registrazione nelle procedure di primo grado di cui al capo III. In questi casi, essi forniscono nondimeno l’accesso alla registrazione nelle procedure di impugnazione di cui al capo V.

Fatto salvo il paragrafo 3 del presente articolo, qualora la domanda sia esaminata ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 8, gli Stati membri possono prevedere che sia concesso l’accesso al verbale o alla trascrizione e, se del caso, alla registrazione contemporaneamente alla decisione.

Articolo 18

Visita medica

1.   Qualora sia ritenuto pertinente dall’autorità accertante per la valutazione di una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2011/95/UE, gli Stati membri dispongono, previo consenso del richiedente, una visita medica del richiedente concernente i segni che potrebbero indicare persecuzioni o danni gravi subiti. In alternativa, gli Stati membri possono prevedere che il richiedente disponga tale visita medica.

La visita medica di cui al primo comma è effettuata da professionisti del settore medico qualificati e l’esito è sottoposto quanto prima all’autorità accertante. Gli Stati membri possono designare professionisti del settore medico che possono effettuare tale visita medica. Il fatto che il richiedente rifiuti di sottoporsi alla visita medica non osta a che l’autorità accertante adotti una decisione sulla domanda di protezione internazionale.

La visita medica effettuata conformemente a tale paragrafo è pagata con fondi pubblici.

2.   Quando non è effettuata alcuna visita medica ai sensi del paragrafo 1, gli Stati membri informano i richiedenti che possono disporre, su propria iniziativa e a loro spese, una visita medica concernente i segni che potrebbero indicare le persecuzioni e i gravi danni subiti.

3.   L’autorità accertante valuta gli esiti delle visite mediche di cui ai paragrafi 1 e 2 congiuntamente agli altri elementi della domanda.

Articolo 19

Informazioni giuridiche e procedurali gratuite nelle procedure di primo grado

1.   Nelle procedure di primo grado di cui al capo III gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti ricevano gratuitamente, su richiesta, informazioni giuridiche e procedurali, comprendenti, come minimo, le informazioni sulla procedura con riguardo alla situazione particolare del richiedente. In caso di decisione negativa su una domanda di primo grado, gli Stati membri forniscono altresì ai richiedenti, su richiesta, informazioni — oltre a quelle fornite ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, e dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera f), — al fine di chiarire i motivi di tale decisione e spiegare in che modo è possibile contestare la decisione.

2.   La fornitura gratuita di informazioni giuridiche e procedurali è soggetta alle condizioni di cui all’articolo 21.

Articolo 20

Assistenza e rappresentanza legali gratuite nelle procedure di impugnazione

1.   Gli Stati membri dispongono che, su richiesta, siano concesse assistenza e rappresentanza legali gratuite nelle procedure di impugnazione di cui al capo V. Sono ricomprese, come minimo, la preparazione dei documenti procedurali necessari e la partecipazione alle udienze dinanzi al giudice di primo grado a nome del richiedente.

2.   Gli Stati membri possono inoltre accordare assistenza e/o rappresentanza legali gratuite nelle procedure di primo grado di cui al capo III. In tal caso, l’articolo 19 non si applica.

3.   Gli Stati membri possono disporre che l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite non siano accordate se un giudice o un’altra autorità competente ritiene che il ricorso del richiedente non abbia prospettive concrete di successo.

Se una decisione di non concedere l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite ai sensi di tale paragrafo è presa da un’autorità diversa dal giudice, gli Stati membri garantiscono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso tale decisione.

In applicazione di tale paragrafo, gli Stati membri garantiscono che l’assistenza e la rappresentanza legali non siano oggetto di restrizioni arbitrarie e che non sia ostacolato l’accesso effettivo del richiedente alla giustizia.

4.   L’assistenza e la rappresentanza legali gratuite sono soggette alle condizioni di cui all’articolo 21.

Articolo 21

Condizioni per le informazioni giuridiche e procedurali gratuite e l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite

1.   Gli Stati membri possono disporre che a fornire le informazioni giuridiche e procedurali gratuite di cui all’articolo 19 siano organizzazioni non governative, professionisti di autorità governative o servizi statali specializzati.

L’assistenza e la rappresentanza legali gratuite di cui all’articolo 20 sono concesse da tali persone ammesse o autorizzate a norma del diritto nazionale.

2.   Gli Stati membri possono prevedere che siano fornite le informazioni giuridiche e procedurali gratuite di cui all’articolo 19 e l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite di cui all’articolo 20:

a)

soltanto a chi non disponga delle risorse necessarie; e/o

b)

soltanto tramite i servizi di avvocati o altri consulenti legali che sono specificamente designati dal diritto nazionale ad assistere e/o rappresentare i richiedenti.

Gli Stati membri possono prevedere che l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite di cui all’articolo 20 siano fornite soltanto nelle procedure di impugnazione a norma del capo V dinanzi a un giudice di primo grado e non per i ricorsi o riesami ulteriori previsti dal diritto nazionale, compresi i riesami ulteriori delle cause o i giudizi d’appello.

Gli Stati membri possono altresì disporre che non siano concesse l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite di cui all’articolo 20 ai richiedenti che non sono più presenti nel loro territorio in applicazione dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera c).

3.   Gli Stati membri possono prevedere le norme a disciplina delle modalità di presentazione e di trattamento di richieste di informazioni giuridiche e procedurali gratuite di cui all’articolo 19 e di assistenza e rappresentanza legali gratuite di cui all’articolo 20.

4.   Gli Stati membri possono altresì:

a)

imporre limiti monetari e/o temporali alla fornitura di informazioni giuridiche e procedurali gratuite di cui all’articolo 19 e alla prestazione di assistenza e rappresentanza legali gratuite di cui all’articolo 20, purché essi non costituiscano restrizioni arbitrarie all’accesso alla fornitura di informazioni giuridiche e procedurali e all’assistenza e rappresentanza legali;

b)

prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese, che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevole di quello di norma concesso ai propri cittadini per questioni che rientrano nell’assistenza legale.

5.   Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata presa in base a informazioni false fornite dal richiedente.

Articolo 22

Diritto all’assistenza e alla rappresentanza legali in ogni fase della procedura

1.   Ai richiedenti è data la possibilità di consultare, a loro spese, in maniera effettiva un avvocato o altro consulente legale, ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda di protezione internazionale, in ciascuna fase della procedura, anche in caso di decisione negativa.

2.   Gli Stati membri possono acconsentire a che le organizzazioni non governative prestino assistenza e/o rappresentanza legali gratuite ai richiedenti nell’ambito delle procedure di cui al capo III e al capo V conformemente al diritto nazionale.

Articolo 23

Ambito di applicazione dell’assistenza e della rappresentanza legali

1.   Gli Stati membri provvedono affinché l’avvocato o altro consulente legale ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale, che assiste o rappresenta un richiedente a norma del diritto nazionale, abbia accesso alle informazioni contenute nella pratica del richiedente sulla cui base che è o sarà presa una decisione.

Gli Stati membri possono derogare a tale disposizione, qualora la divulgazione di informazioni o fonti comprometta la sicurezza nazionale, la sicurezza delle organizzazioni o delle persone che forniscono dette informazioni o la sicurezza delle persone cui le informazioni si riferiscono o qualora gli interessi investigativi relativi all’esame delle domande di protezione internazionale da parte delle autorità competenti degli Stati membri o le relazioni internazionali degli Stati membri siano compromesse. In questi casi gli Stati membri:

a)

aprono l’accesso a tali informazioni o fonti alle autorità di cui al capo V; e

b)

stabiliscono nel diritto nazionale procedure che garantiscano il rispetto dei diritti di difesa del richiedente.

Con riguardo alla lettera b), gli Stati membri possono, in particolare, dare accesso a dette informazioni o fonti all’avvocato o ad altro consulente legale che abbia subito un controllo di sicurezza, nella misura in cui le informazioni sono pertinenti per l’esame della domanda o per decidere della revoca della protezione internazionale.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché l’avvocato o altro consulente legale che assiste o rappresenta un richiedente possa accedere alle aree chiuse, quali i centri di trattenimento e le zone di transito, per consultare quel richiedente, a norma dell’articolo 10, paragrafo 4, e dell’articolo 18, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 2013/33/UE.

3.   Gli Stati membri acconsentono a che al colloquio personale un richiedente possa farsi accompagnare da un avvocato o altro consulente legale ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale.

Gli Stati membri possono disporre che l’avvocato o altro consulente legale possano intervenire solo alla fine del colloquio personale.

4.   Fatto salvo il presente articolo o l’articolo 25, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono adottare norme che dispongano la presenza di un avvocato o altro consulente legale a tutti i colloqui previsti nel procedimento.

Gli Stati membri possono richiedere la presenza del richiedente al colloquio personale, anche se questi è rappresentato a norma del diritto nazionale da un avvocato o altro consulente legale, e possono chiedere al richiedente di rispondere personalmente alle domande poste.

Fatto salvo il presente articolo o l’articolo 25, paragrafo 1, lettera b), l’assenza di un avvocato o altro consulente legale non osta a che l’autorità competente svolga un colloquio personale con il richiedente.

Articolo 24

Richiedenti che necessitano di garanzie procedurali particolari

1.   Gli Stati membri valutano entro un termine ragionevole dopo la presentazione di una domanda di protezione internazionale se il richiedente sia un richiedente che necessita di garanzie procedurali particolari.

2.   La valutazione di cui al paragrafo 1 può essere integrata nelle procedure nazionali esistenti e/o nella valutazione di cui all’articolo 22 della direttiva 2013/33/UE e non deve assumere la forma di una procedura amministrativa.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché, qualora i richiedenti siano stati identificati come richiedenti che necessitano di garanzie procedurali particolari, essi siano forniti di sostegno adeguato per consentire loro di godere dei diritti e di adempiere gli obblighi della presente direttiva per tutta la durata della procedura d’asilo.

Qualora tale sostegno adeguato non possa essere fornito nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 31, paragrafo 8, e all’articolo 43, in particolare qualora gli Stati membri ritengano che il richiedente che necessita di garanzie procedurali particolari abbia subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, essi non applicano o cessano di applicare l’articolo 31, paragrafo 8, e l’articolo 43. Qualora gli Stati membri applichino l’articolo 46, paragrafo 6, ai richiedenti ai quali non possono essere applicati l’articolo 31, paragrafo 8, e l’articolo 43 a norma del presente comma, gli Stati membri forniscono almeno le garanzie previste dall’articolo 46, paragrafo 7.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché la necessità di garanzie procedurali speciali sia altresì affrontata, conformemente alla presente direttiva, qualora tale necessità emerga in una fase successiva della procedura, senza necessariamente riavviare la procedura.

Articolo 25

Garanzie per i minori non accompagnati

1.   In relazione a tutte le procedure previste dalla presente direttiva e fatti salvi gli articoli da 14 a 17, gli Stati membri:

a)

non appena possibile adottano misure atte a garantire che un rappresentante rappresenti e assista il minore non accompagnato per consentirgli di godere dei diritti e adempiere gli obblighi previsti dalla presente direttiva. Il minore non accompagnato è immediatamente informato della nomina del rappresentante. Il rappresentante svolge i suoi doveri in conformità del principio dell’interesse superiore del minore e ha la competenza necessaria a tal fine. La persona che funge da rappresentante è sostituita solo in caso di necessità. Le organizzazioni o gli individui i cui interessi contrastano o possono potenzialmente contrastare con quelli del minore non accompagnato non sono ammissibili ad assumere il ruolo di rappresentanti. Questi può anche essere il rappresentante a cui si fa riferimento nella direttiva 2013/33/UE;

b)

provvedono affinché al rappresentante sia data la possibilità di informare il minore non accompagnato sul significato e le eventuali conseguenze del colloquio personale e, laddove opportuno, di informarlo su come prepararsi ad esso. Gli Stati membri provvedono affinché il rappresentante e/o l’avvocato o altro consulente legale ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale partecipino al colloquio e abbiano la possibilità di porre domande o formulare osservazioni, nel quadro stabilito dalla persona che conduce il colloquio.

Gli Stati membri possono richiedere la presenza del minore non accompagnato al colloquio personale, anche se è presente il rappresentante.

2.   Gli Stati membri possono astenersi dal nominare un rappresentante, se il minore non accompagnato raggiungerà presumibilmente l’età di 18 anni prima che sia presa una decisione in primo grado.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché:

a)

qualora il minore non accompagnato sia convocato a un colloquio personale sulla sua domanda di protezione internazionale a norma degli articoli da 14 a 17 e 34, tale colloquio sia condotto da una persona con la competenza necessaria a trattare i particolari bisogni dei minori;

b)

la decisione sulla domanda di asilo di un minore non accompagnato, presa dall’autorità accertante, sia preparata da un funzionario con la competenza necessaria a trattare i particolari bisogni dei minori.

4.   I minori non accompagnati e i loro rappresentanti ricevono gratuitamente le informazioni giuridiche e procedurali di cui all’articolo 19 anche nelle procedure di revoca della protezione internazionale previste al capo IV.

5.   Gli Stati membri possono effettuare visite mediche per accertare l’età del minore non accompagnato nel quadro dell’esame di una domanda di protezione internazionale, laddove, in base a sue dichiarazioni generali o altre indicazioni pertinenti, gli Stati membri nutrano dubbi circa l’età. Se in seguito gli Stati membri continuano a nutrire dubbi circa l’età del richiedente, considerano il richiedente un minore.

Le visite mediche sono effettuate nel pieno rispetto della dignità della persona con l’esame meno invasivo possibile ed effettuato da professionisti nel settore medico qualificati che consentano, nella misura del possibile, un esito affidabile.

Se vengono effettuate visite mediche gli Stati membri provvedono affinché:

a)

il minore non accompagnato sia informato, prima dell’esame della domanda di protezione internazionale e in una lingua che capisce o che è ragionevole supporre possa capire, della possibilità che la sua età possa essere determinata attraverso una visita medica. Le informazioni comprendono il tipo di visita previsto e le possibili conseguenze dei risultati della visita medica ai fini dell’esame della domanda di protezione internazionale, così come le conseguenze cui va incontro il minore non accompagnato che si rifiuti di sottoporsi a visita medica;

b)

i minori non accompagnati e/o i loro rappresentanti acconsentano allo svolgimento di una visita medica atta ad accertare l’età dei minori interessati; e

c)

la decisione di respingere la domanda di protezione internazionale di un minore non accompagnato che ha rifiutato di sottoporsi a una visita medica non sia motivata unicamente da tale rifiuto.

Il fatto che un minore non accompagnato abbia rifiutato di sottoporsi a una visita medica non osta a che l’autorità accertante prenda una decisione sulla domanda di protezione internazionale.

6.   L’interesse superiore del minore costituisce un criterio fondamentale nell’attuazione, da parte degli Stati membri, della presente direttiva.

Qualora gli Stati membri individuino, durante la procedura di asilo, una persona come un minore non accompagnato, essi possono:

a)

applicare o continuare ad applicare l’articolo 31, paragrafo 8, solo se:

i)

il richiedente viene da un paese che soddisfa i criteri per essere considerato un paese d’origine sicuro ai sensi della presente direttiva; o

ii)

il richiedente ha introdotto una domanda reiterata di protezione internazionale ammissibile a norma dell’articolo 40, paragrafo 5; o

iii)

il richiedente può per gravi motivi essere considerato un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico dello Stato membro oppure il richiedente è stato espulso con efficacia esecutiva per gravi motivi di sicurezza o di ordine pubblico a norma del diritto nazionale;

b)

applicare o continuare ad applicare l’articolo 43, conformemente agli articoli da 8 a 11 della direttiva 2013/33/UE, solo se:

i)

il richiedente viene da un paese che soddisfa i criteri per essere considerato un paese d’origine sicuro ai sensi della presente direttiva; o

ii)

il richiedente ha introdotto una domanda reiterata; o

iii)

il richiedente può per gravi motivi essere considerato un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico dello Stato membro oppure il richiedente è stato espulso con efficacia esecutiva per gravi motivi di sicurezza o di ordine pubblico a norma del diritto nazionale; o

iv)

sussistono fondati motivi per ritenere un paese che non è uno Stato membro paese terzo sicuro per il richiedente, a norma dell’articolo 38; o

v)

il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando documenti falsi; o

vi)

in malafede, il richiedente ha distrutto o fatto sparire un documento d’identità o di viaggio che avrebbe permesso di accertarne l’identità o la cittadinanza.

Gli Stati membri possono applicare i punti v) e vi) solo in singoli casi qualora sussistano gravi motivi per ritenere che il richiedente stia tentando di nascondere pertinenti elementi che condurrebbero probabilmente a una decisione negativa e purché al richiedente sia data pienamente la possibilità, tenuto conto delle esigenze procedurali particolari dei minori non accompagnati, di motivare debitamente le azioni di cui ai punti v) e vi), compreso consultando il rappresentante;

c)

considerare la domanda inammissibile ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera c), se un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell’articolo 38, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore;

d)

applicare la procedura di cui all’articolo 20, paragrafo 3, quando il rappresentante del minore possiede le qualifiche giuridiche a norma del diritto nazionale.

Fatto salvo l’articolo 41, applicando l’articolo 46, paragrafo 6, ai minori non accompagnati, gli Stati membri forniscono almeno le garanzie previste dall’articolo 46, paragrafo 7, in tutti i casi.

Articolo 26

Trattenimento

1.   Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente. I motivi e le condizioni del trattenimento e le garanzie per i richiedenti trattenuti sono conformi alla direttiva 2013/33/UE.

2.   Qualora un richiedente sia trattenuto, gli Stati membri provvedono affinché sia possibile un rapido controllo giurisdizionale a norma della direttiva 2013/33/UE.

Articolo 27

Procedura in caso di ritiro della domanda

1.   Nella misura in cui gli Stati membri prevedano la possibilità di un ritiro esplicito della domanda in virtù del diritto nazionale, ove il richiedente ritiri esplicitamente la domanda di protezione internazionale, gli Stati membri provvedono affinché l’autorità accertante prenda la decisione di sospendere l’esame ovvero di respingere la domanda.

2.   Gli Stati membri possono altresì stabilire che l’autorità accertante può decidere di sospendere l’esame senza prendere una decisione. In tal caso, gli Stati membri dispongono che l’autorità accertante inserisca una nota nella pratica del richiedente asilo.

Articolo 28

Procedura in caso di ritiro implicito della domanda o di rinuncia ad essa

1.   Qualora vi siano ragionevoli motivi per ritenere che il richiedente abbia implicitamente ritirato la domanda o rinunciato ad essa, gli Stati membri provvedono affinché l’autorità accertante prenda la decisione di sospendere l’esame ovvero, se l’autorità accertante giudica la domanda infondata in base a un adeguato esame del merito della stessa in linea con l’articolo 4 della direttiva 2011/95/UE, respingere la domanda.

Gli Stati membri possono presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato la domanda di protezione internazionle o rinunciato a essa, in particolare quando è accertato che:

a)

il richiedente non ha risposto alla richiesta di fornire informazioni essenziali per la sua domanda a norma dell’articolo 4 della direttiva 2011/95/UE né è comparso al colloquio personale di cui agli articoli da 14 a 17 della presente direttiva, a meno che dimostri, entro un ragionevole periodo di tempo, di non aver potuto per cause di forza maggiore;

b)

è fuggito o si è allontanato senza autorizzazione dal luogo in cui viveva o era trattenuto, senza contattare l’autorità competente in tempi ragionevoli oppure, trascorso un termine ragionevole, non ha ottemperato al dovere di presentarsi o ad altri obblighi di comunicazione, a meno che il richiedente dimostri che ciò era dovuto a circostanze che sfuggono al suo controllo.

Per l’attuazione delle presenti disposizioni gli Stati membri possono fissare termini od orientamenti.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché un richiedente che si ripresenta all’autorità competente dopo che è stata presa la decisione di sospendere l’esame di cui al paragrafo 1 del presente articolo, abbia il diritto di chiedere la riapertura del suo caso o di presentare una nuova domanda che non sarà sottoposta alla procedura di cui agli articoli 40 e 41.

Gli Stati membri possono prevedere un termine di almeno nove mesi dopo il quale un caso non può più essere riaperto oppure la nuova domanda può essere trattata come domanda reiterata e sottoposta alla procedura di cui agli articoli 40 e 41. Gli Stati membri possono prevedere che il caso del richiedente sia riaperto solo una volta.

Gli Stati membri garantiscono che quella persona non sia allontanata in violazione del principio di «non-refoulement».

Gli Stati membri possono autorizzare l’autorità accertante a riprendere l’esame della domanda dal momento in cui è stato sospeso.

3.   Il presente articolo fa salvo il regolamento (UE) n. 604/2013.

Articolo 29

Ruolo dell’UNHCR

1.   Gli Stati membri consentono che l’UNHCR:

a)

abbia accesso ai richiedenti, compresi quelli trattenuti e quelli che si trovano alla frontiera e nelle zone di transito;

b)

abbia accesso, previo consenso del richiedente, alle informazioni sulle singole domande di protezione internazionale, sullo svolgimento della procedura e sulle decisioni prese;

c)

nell’esercizio della funzione di controllo conferitagli a norma dell’articolo 35 della convenzione di Ginevra, presenti pareri a qualsiasi autorità competente e in qualsiasi fase della procedura sulle singole domande di protezione internazionale.

2.   Il paragrafo 1 si applica anche a un’organizzazione che opera per conto dell’UNHCR nel territorio dello Stato membro interessato, conformemente a un accordo con lo Stato membro stesso.

Articolo 30

Raccolta di informazioni su singoli casi

Per l’esame di singoli casi, gli Stati membri:

a)

non rivelano ai presunti responsabili della persecuzione o del danno grave le informazioni relative alle singole domande di protezione internazionale o il fatto che sia stata presentata una domanda;

b)

non ottengono informazioni dai presunti responsabili della persecuzione o del danno grave secondo modalità che potrebbero rivelare direttamente a tali responsabili che il richiedente ha presentato una domanda, e che potrebbero nuocere all’incolumità fisica del richiedente o delle persone a suo carico o alla libertà e alla sicurezza dei familiari che ancora risiedono nel paese d’origine.

CAPO III

PROCEDURE DI PRIMO GRADO

SEZIONE I

Articolo 31

Procedura di esame

1.   Gli Stati membri esaminano le domande di protezione internazionale con procedura di esame conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché la procedura di esame sia espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché la procedura di esame sia espletata entro sei mesi dalla presentazione della domanda.

Qualora una domanda sia oggetto della procedura stabilita nel regolamento (UE) n. 604/2013, il termine di sei mesi inizia a decorrere dal momento in cui si è determinato lo Stato membro competente per l’esame ai sensi di detto regolamento, il richiedente si trova nel territorio di detto Stato ed è stato preso in carico dall’autorità competente.

Gli Stati membri possono prorogare il termine di sei mesi di cui al presente paragrafo per un periodo massimo di ulteriori nove mesi, se:

a)

il caso in questione comporta questioni complesse in fatto e/o in diritto;

b)

un gran numero di cittadini di paesi terzi o apolidi chiede contemporaneamente protezione internazionale, rendendo molto difficile all’atto pratico concludere la procedura entro il termine di sei mesi;

c)

il ritardo può essere chiaramente attribuito alla mancata osservanza degli obblighi di cui all’articolo 13 da parte del richiedente.

In casi eccezionali debitamente motivati gli Stati membri possono superare di tre mesi al massimo il termine stabilito nel presente paragrafo laddove necessario per assicurare un esame adeguato e completo della domanda di protezione internazionale.

4.   Fatti salvi gli articoli 13 e 18 della direttiva 2011/95/UE, gli Stati membri possono rimandare la conclusione della procedura di esame se non si può ragionevolmente attendere che l’autorità accertante decida entro i termini previsti al paragrafo 3 a causa di una situazione incerta nel paese di origine che sia presumibilmente temporanea. In tal caso gli Stati membri:

a)

riesaminano la situazione del paese di origine almeno ogni sei mesi;

b)

comunicano ai richiedenti interessati, entro un termine ragionevole, le ragioni del rinvio;

c)

comunicano alla Commissione, entro un termine ragionevole, il rinvio della procedura per il paese di origine in questione.

5.   In ogni caso gli Stati membri concludono la procedura di esame entro un termine massimo di 21 mesi dalla presentazione della domanda.

6.   Gli Stati membri provvedono affinché, nell’impossibilità di prendere una decisione entro sei mesi, il richiedente interessato:

a)

sia informato del ritardo; e

b)

sia informato, su sua richiesta dei motivi del ritardo e del termine entro cui è prevista la decisione in merito alla sua domanda.

7.   Gli Stati membri possono esaminare in via prioritaria una domanda di protezione internazionale conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, in particolare:

a)

qualora la domanda sia verosimilmente fondata;

b)

qualora il richiedente sia vulnerabile ai sensi dell’articolo 22 della direttiva 2013/33/UE, o necessiti di garanzie procedurali particolari, specialmente se si tratta di un minore non accompagnato.

8.   Gli Stati membri possono prevedere che una procedura d’esame sia accelerata e/o svolta alla frontiera o in zone di transito a norma dell’articolo 43 se:

a)

nel presentare domanda ed esporre i fatti il richiedente ha sollevato soltanto questioni che non hanno alcuna pertinenza per esaminare se attribuirgli la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE; oppure

b)

il richiedente proviene da un paese di origine sicuro a norma della presente direttiva; o

c)

il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi od omettendo informazioni pertinenti o documenti relativi alla sua identità e/o alla sua cittadinanza che avrebbero potuto influenzare la decisione negativamente; o

d)

è probabile che, in mala fede, il richiedente abbia distrutto o comunque fatto sparire un documento d’identità o di viaggio che avrebbe permesso di accertarne l’identità o la cittadinanza; o

e)

il richiedente ha rilasciato dichiarazioni palesemente incoerenti e contraddittorie, palesemente false o evidentemente improbabili che contraddicono informazioni sufficientemente verificate sul paese di origine, rendendo così chiaramente non convincente la sua asserzione di avere diritto alla qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE; o

f)

il richiedente ha presentato una domanda reiterata di protezione internazionale inammissibile ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 5; o

g)

il richiedente presenta la domanda al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione anteriore o imminente che ne comporterebbe l’allontanamento; o

h)

il richiedente è entrato illegalmente nel territorio dello Stato membro o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno e, senza un valido motivo, non si è presentato alle autorità o non ha presentato la domanda di protezione internazionale quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso; o

i)

il richiedente rifiuta di adempiere all’obbligo del rilievo dattiloscopico a norma del regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce «Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e sulle richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto (12); o

j)

il richiedente può, per gravi ragioni, essere considerato un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico dello Stato membro o il richiedente è stato espulso con efficacia esecutiva per gravi motivi di sicurezza o di ordine pubblico a norma del diritto nazionale.

9.   Gli Stati membri stabiliscono termini per l’adozione di una decisione nella procedura di primo grado di cui al paragrafo 8. I termini sono ragionevoli.

Fatti salvi i paragrafi da 3 a 5, gli Stati membri possono superare i termini laddove necessario per assicurare un esame adeguato e completo della domanda di protezione internazionale.

Articolo 32

Domande infondate

1.   Fatto salvo l’articolo 27, gli Stati membri possono ritenere infondata una domanda solo se l’autorità accertante ha stabilito che al richiedente non è attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.

2.   Nei casi di domande infondate cui si applichi una qualsiasi delle circostanze elencate nell’articolo 31, paragrafo 8, gli Stati membri possono altresì ritenere una domanda manifestamente infondata, se così definita dal diritto nazionale.

SEZIONE II

Articolo 33

Domande inammissibili

1.   Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento (UE) n. 604/2013, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, qualora la domanda sia giudicata inammissibile a norma del presente articolo.

2.   Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

a)

un altro Stato membro ha concesso la protezione internazionale;

b)

un paese che non è uno Stato membro è considerato paese di primo asilo del richiedente a norma dell’articolo 35;

c)

un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell’articolo 38;

d)

la domanda è una domanda reiterata, qualora non siano emersi o non siano stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi ai fini dell’esame volto ad accertare se al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE; o

e)

una persona a carico del richiedente presenta una domanda, dopo aver acconsentito, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a suo nome e non vi siano elementi relativi alla situazione della persona a carico che giustifichino una domanda separata.

Articolo 34

Norme speciali in ordine al colloquio sull’ammissibiltà

1.   Prima che l’autorità accertante decida sull’ammissibilità di una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri consentono al richiedente di esprimersi in ordine all’applicazione dei motivi di cui all’articolo 33 alla sua situazione particolare. A tal fine, gli Stati membri organizzano un colloquio personale sull’ammissibilità della domanda. Gli Stati membri possono derogare soltanto ai sensi dell’articolo 42, in caso di una domanda reiterata.

Il presente paragrafo non pregiudica l’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della presente direttiva e l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 604/2013.

2.   Gli Stati membri possono disporre che il personale di autorità diverse da quella accertante conduca il colloquio personale sull’ammissibilità della domanda di protezione internazionale. In tal caso gli Stati membri provvedono a che tale personale riceva preliminarmente la necessaria formazione basilare, soprattutto in ordine a diritto internazionale dei diritti umani, acquis dell’Unione in materia di asilo e tecniche di conduzione dei colloqui.

SEZIONE III

Articolo 35

Concetto di paese di primo asilo

Un paese può essere considerato paese di primo asilo di un particolare richiedente, qualora:

a)

quest’ultimo sia stato riconosciuto in detto paese quale rifugiato e possa ancora avvalersi di tale protezione; ovvero

b)

goda altrimenti di protezione sufficiente in detto paese, tra cui il fatto di beneficiare del principio di «non-refoulement»,

purché sia riammesso nel paese stesso.

Nell’applicare il concetto di paese di primo asilo alle circostanze particolari di un richiedente gli Stati membri possono tener conto dell’articolo 38, paragrafo 1. Il richiedente è autorizzato a impugnare l’applicazione del concetto di paese di primo asilo relativamente alle sue condizioni specifiche.

Articolo 36

Concetto di paese di origine sicuro

1.   Un paese terzo designato paese di origine sicuro a norma della presente direttiva può essere considerato paese di origine sicuro per un determinato richiedente, previo esame individuale della domanda, solo se:

a)

questi ha la cittadinanza di quel paese; ovvero

b)

è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel paese,

e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel paese non sia un paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso e per quanto riguarda la sua qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.

2.   Gli Stati membri stabiliscono nel diritto nazionale ulteriori norme e modalità inerenti all’applicazione del concetto di paese di origine sicuro.

Articolo 37

Designazione nazionale dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri

1.   Gli Stati membri possono mantenere in vigore o introdurre una normativa che consenta, a norma dell’allegato I, di designare a livello nazionale paesi di origine sicuri ai fini dell’esame delle domande di protezione internazionale.

2.   Gli Stati membri riesaminano periodicamente la situazione nei paesi terzi designati paesi di origine sicuri conformemente al presente articolo.

3.   La valutazione volta ad accertare che un paese è un paese di origine sicuro a norma del presente articolo si basa su una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.

4.   Gli Stati membri notificano alla Commissione i paesi designati quali paesi di origine sicuri a norma del presente articolo.

Articolo 38

Concetto di paese terzo sicuro

1.   Gli Stati membri possono applicare il concetto di paese terzo sicuro solo se le autorità competenti hanno accertato che nel paese terzo in questione una persona richiedente protezione internazionale riceverà un trattamento conforme ai seguenti criteri:

a)

non sussistono minacce alla sua vita ed alla sua libertà per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale;

b)

non sussiste il rischio di danno grave definito nella direttiva 2011/95/UE;

c)

è rispettato il principio di «non-refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra;

d)

è osservato il divieto di allontanamento in violazione del diritto a non subire torture né trattamenti crudeli, disumani o degradanti, sancito dal diritto internazionale; e

e)

esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, per chi è riconosciuto come rifugiato, ottenere protezione in conformità della convenzione di Ginevra.

2.   L’applicazione del concetto di paese terzo sicuro è subordinata alle norme stabilite dal diritto nazionale, comprese:

a)

norme che richiedono un legame tra il richiedente e il paese terzo in questione, secondo le quali sarebbe ragionevole per detta persona recarsi in tale paese;

b)

norme sul metodo mediante il quale le autorità competenti accertano che il concetto di paese terzo sicuro può essere applicato a un determinato paese o a un determinato richiedente. Tale metodo comprende l’esame caso per caso della sicurezza del paese per un determinato richiedente e/o la designazione nazionale dei paesi che possono essere considerati generalmente sicuri;

c)

norme conformi al diritto internazionale per accertare, con un esame individuale, se il paese terzo interessato sia sicuro per un determinato richiedente e che consentano almeno al richiedente di impugnare l’applicazione del concetto di paese terzo sicuro a motivo del fatto che quel paese terzo non è sicuro nel suo caso specifico. Al richiedente è altresì data la possibilità di contestare l’esistenza di un legame con il paese terzo ai sensi della lettera a).

3.   Quando applicano una decisione basata esclusivamente sul presente articolo gli Stati membri:

a)

ne informano il richiedente; e

b)

gli forniscono un documento con il quale informano le autorità del paese terzo, nella lingua di quest’ultimo, che la domanda non è stata esaminata nel merito.

4.   Se il paese terzo non concede al richiedente l’ingresso nel suo territorio, gli Stati membri assicurano il ricorso a una procedura in conformità dei principi e delle garanzie fondamentali descritti al capo II.

5.   Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto in questione a norma del presente articolo.

Articolo 39

Concetto di paese terzo europeo sicuro

1.   Gli Stati membri possono prevedere che l’esame della domanda di protezione internazionale e della sicurezza del richiedente stesso nel suo caso specifico, secondo quanto prescritto al capo II, non abbia luogo o non sia condotto esaurientemente nei casi in cui un’autorità competente abbia stabilito, in base agli elementi disponibili, che il richiedente sta cercando di entrare o è entrato illegalmente nel suo territorio da un paese terzo sicuro a norma del paragrafo 2.

2.   Un paese terzo può essere considerato paese terzo sicuro ai fini del paragrafo 1, se:

a)

ha ratificato e osserva la convenzione di Ginevra senza limitazioni geografiche;

b)

dispone di una procedura di asilo prescritta per legge; e

c)

ha ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ne rispetta le disposizioni, comprese le norme riguardanti i ricorsi effettivi.

3.   Il richiedente è autorizzato a impugnare l’applicazione del concetto di paese terzo europeo sicuro a motivo del fatto che il paese terzo interessato non è sicuro relativamente alle sue condizioni specifiche.

4.   Gli Stati membri interessati stabiliscono nel diritto interno le modalità di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 e le conseguenze di decisioni adottate a norma delle disposizioni stesse, in conformità del principio di «non-refoulement», prevedendo altresì le eccezioni all’applicazione del presente articolo per motivi umanitari o politici o di diritto internazionale.

5.   Quando applicano una decisione basata esclusivamente sul presente articolo gli Stati membri interessati:

a)

ne informano il richiedente; e

b)

gli forniscono un documento con il quale informano le autorità del paese terzo, nella lingua di quest’ultimo, che la domanda non è stata esaminata nel merito.

6.   Se il paese terzo non riammette il richiedente, gli Stati membri assicurano il ricorso a una procedura in conformità dei principi e delle garanzie fondamentali descritte al capo II.

7.   Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto in questione a norma del presente articolo.

SEZIONE IV

Articolo 40

Domande reiterate

1.   Se una persona che ha chiesto protezione internazionale in uno Stato membro rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello stesso Stato membro, questi esamina le ulteriori dichiarazioni o gli elementi della domanda reiterata nell’ambito dell’esame della precedente domanda o dell’esame della decisione in fase di revisione o di ricorso, nella misura in cui le autorità competenti possano tenere conto e prendere in considerazione tutti gli elementi che sono alla base delle ulteriori dichiarazioni o della domanda reiterata in tale ambito.

2.   Per decidere dell’ammissibilità di una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d), una domanda di protezione internazionale reiterata è anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE.

3.   Se l’esame preliminare di cui al paragrafo 2, permette di concludere che sono emersi o sono stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, la domanda è sottoposta a ulteriore esame a norma del capo II. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda reiterata sia sottoposta a ulteriore esame anche per altre ragioni.

4.   Gli Stati membri possono stabilire che la domanda sia sottoposta a ulteriore esame solo se il richiedente, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, la situazione esposta nei paragrafi 2 e 3 del presente articolo, in particolare esercitando il suo diritto a un ricorso effettivo a norma dell’articolo 46.

5.   Se una domanda reiterata non è sottoposta a ulteriore esame ai sensi del presente articolo, essa è considerata inammissibile ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d).

6.   La procedura di cui al presente articolo può essere applicata anche nel caso di:

a)

una persona a carico che presenti una domanda dopo aver acconsentito, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a nome suo; e/o

b)

un minore non coniugato che presenti una domanda dopo che è stata presentata una domanda a suo nome ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 5, lettera c).

In questi casi l’esame preliminare di cui al paragrafo 2 consiste nell’esaminare se i fatti connessi alla situazione della persona a carico o del minore non coniugato giustifichino una domanda separata.

7.   Se una persona nei cui confronti deve essere eseguita una decisione di trasferimento ai sensi del regolamento (UE) n. 604/2013 rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello Stato membro che provvede al trasferimento, le dichiarazioni o le domande reiterate sono esaminate dallo Stato membro competente ai sensi di detto regolamento, conformemente alla presente direttiva.

Articolo 41

Deroghe al diritto di rimanere in caso di di domanda reiterata

1.   Gli Stati membri possono ammettere una deroga al diritto di rimanere nel territorio qualora una persona:

a)

abbia presentato una prima domanda reiterata, che non è ulteriormente esaminata ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 5, al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dallo Stato membro in questione; o

b)

manifesti la volontà di presentare un’altra domanda reiterata nello stesso Stato membro a seguito di una decisione definitiva che considera inammissibile una prima domanda reiterata ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 5, o dopo una decisione definitiva che respinge tale domanda in quanto infondata.

Gli Stati membri possono ammettere tale deroga solo se l’autorità accertante ritenga che la decisione di rimpatrio non comporti il «refoulement» diretto o indiretto, in violazione degli obblighi incombenti allo Stato membro a livello internazionale e dell’Unione.

2.   Nei casi di cui al paragrafo 1 gli Stati membri possono altresì:

a)

derogare ai termini di norma applicabili alle procedure accelerate, conformemente al diritto nazionale qualora la procedura d’esame sia accelerata ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 8, lettera g);

b)

derogare ai termini di norma applicabili alle procedure di ammissibilità di cui agli articoli 33 e 34, conformemente al diritto nazionale; e/o

c)

derogare all’articolo 46, paragrafo 8.

Articolo 42

Norme procedurali

1.   Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti la cui domanda è oggetto di un esame preliminare a norma dell’articolo 40 godano delle garanzie di cui all’articolo 12, paragrafo 1.

2.   Gli Stati membri possono stabilire nel diritto nazionale norme che disciplinino l’esame preliminare di cui all’articolo 40. Queste disposizioni possono, in particolare:

a)

obbligare il richiedente a indicare i fatti e a produrre le prove che giustificano una nuova procedura;

b)

fare in modo che l’esame preliminare si basi unicamente su osservazioni scritte e non comporti alcun colloquio personale, a esclusione dei casi di cui all’articolo 40, paragrafo 6.

Queste disposizioni non rendono impossibile l’accesso del richiedente a una nuova procedura, né impediscono di fatto o limitano seriamente tale accesso.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché il richiedente sia opportunamente informato dell’esito dell’esame preliminare e, ove sia deciso di non esaminare ulteriormente la domanda, dei motivi di tale decisione e delle possibilità di presentare ricorso o chiedere il riesame della decisione.

SEZIONE V

Articolo 43

Procedure di frontiera

1.   Gli Stati membri possono prevedere procedure, conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, per decidere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro:

a)

sull’ammissibilità di una domanda, ai sensi dell’articolo 33, ivi presentata; e/o

b)

sul merito di una domanda nell’ambito di una procedura a norma dell’articolo 31, paragrafo 8.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché la decisione nell’ambito delle procedure di cui al paragrafo 1 sia presa entro un termine ragionevole. Se la decisione non è stata presa entro un termine di quattro settimane, il richiedente è ammesso nel territorio dello Stato membro, affinché la sua domanda sia esaminata conformemente alle altre disposizioni della presente direttiva.

3.   Nel caso in cui gli arrivi in cui è coinvolto un gran numero di cittadini di paesi terzi o di apolidi che presentano domande di protezione internazionale alla frontiera o in una zona di transito, rendano all’atto pratico impossibile applicare ivi le disposizioni di cui al paragrafo 1, dette procedure si possono applicare anche nei luoghi e per il periodo in cui i cittadini di paesi terzi o gli apolidi in questione sono normalmente accolti nelle immediate vicinanze della frontiera o della zona di transito.

CAPO IV

PROCEDURE DI REVOCA DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Articolo 44

Revoca della protezione internazionale

Gli Stati membri provvedono affinché un esame per la revoca della protezione internazionale di una data persona possa cominciare quando emergano elementi o risultanze nuovi dai quali risulti che vi sono motivi per riesaminare la validità della protezione internazionale di quella persona.

Articolo 45

Norme procedurali

1.   Gli Stati membri provvedono affinché, se l’autorità competente prende in considerazione di revocare la protezione internazionale di un cittadino di un paese terzo o di un apolide a norma degli articoli 14 o 19 della direttiva 2011/95/UE, l’interessato goda delle seguenti garanzie:

a)

sia informato per iscritto che l’autorità competente procede al riesame della sua qualifica di beneficiario di protezione internazionale e dei motivi del riesame; e

b)

gli sia data la possibilità di esporre in un colloquio personale a norma dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), e degli articoli da 14 a 17, o in una dichiarazione scritta, i motivi per cui la sua protezione internazionale non dovrebbe essere revocata.

2.   Inoltre, gli Stati membri provvedono affinché nell’ambito della procedura di cui al paragrafo 1:

a)

l’autorità competente sia in grado di ottenere informazioni esatte ed aggiornate da varie fonti, come, se del caso, dall’EASO e dall’UNHCR, circa la situazione generale esistente nei paesi di origine degli interessati; e

b)

se su ogni singolo caso sono raccolte informazioni ai fini del riesame della protezione internazionale, esse non siano ottenute dai responsabili della persecuzione o del danno grave secondo modalità che potrebbero rivelare direttamente a tali responsabili che l’interessato è un beneficiario di protezione internazionale il cui status è oggetto di riesame e che potrebbero nuocere all’incolumità fisica dell’interessato o delle persone a suo carico o alla libertà e alla sicurezza dei familiari rimasti nel paese di origine.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché la decisione dell’autorità competente di revocare la protezione internazionale sia comunicata per iscritto. La decisione specifica i motivi de jure e de facto e le informazioni sulle modalità per l’impugnazione della decisione sono comunicate per iscritto.

4.   Non appena l’autorità competente ha preso la decisione di revocare la protezione internazionale, sono applicabili anche l’articolo 20, l’articolo 22, l’articolo 23, paragrafo 1, e l’articolo 29.

5.   In deroga ai paragrafi da 1 a 4 del presente articolo, gli Stati membri possono decidere che la protezione internazionale decada per legge se il beneficiario di protezione internazionale ha rinunciato espressamente a essere riconosciuto come tale. Uno Stato membro può altresì disporre che la protezione internazionale decada per legge se il beneficiario di protezione internazionale è divenuto loro cittadino.

CAPO V

PROCEDURE DI IMPUGNAZIONE

Articolo 46

Diritto a un ricorso effettivo

1.   Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

a)

la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione:

i)

di ritenere la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato e/o allo status di protezione sussidiaria;

ii)

di considerare la domanda inammissibile a norma dell’articolo 33, paragrafo 2;

iii)

presa alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro a norma dell’articolo 43, paragrafo 1;

iv)

di non procedere a un esame a norma dell’articolo 39;

b)

il rifiuto di riaprire l’esame di una domanda, sospeso a norma degli articoli 27 e 28;

c)

una decisione di revoca della protezione internazionale a norma dell’articolo 45.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché le persone che l’autorità accertante reputa ammissibili alla protezione sussidiaria abbiano diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo 1 avverso una decisione di ritenere inammissibile una domanda in relazione allo status di rifugiato.

Fatto salvo il paragrafo 1, lettera c), qualora lo status di protezione sussidiaria concessa da uno Stato membro offra gli stessi diritti e gli stessi vantaggi che il diritto dell’Unione e quello nazionale riconoscono allo status di rifugiato, detto Stato membro può ritenere inammissibile un’impugnazione di una decisione di ritenere inammissibile una domanda in relazione allo status di rifugiato a motivo di un insufficiente interesse del richiedente alla continuazione del procedimento.

3.   Per conformarsi al paragrafo 1 gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l’esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE, quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado.

4.   Gli Stati membri prevedono termini ragionevoli e le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un ricorso effettivo di cui al paragrafo 1. I termini prescritti non rendono impossibile o eccessivamente difficile tale accesso.

Gli Stati membri possono altresì disporre il riesame d’ufficio delle decisioni adottate ai sensi dell’articolo 43.

5.   Fatto salvo il paragrafo 6, gli Stati membri autorizzano i richiedenti a rimanere nel loro territorio fino alla scadenza del termine entro il quale possono esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo oppure, se tale diritto è stato esercitato entro il termine previsto, in attesa dell’esito del ricorso.

6.   Qualora sia stata adottata una decisione:

a)

di ritenere una domanda manifestamente infondata conformemente all’articolo 32, paragrafo 2, o infondata dopo l’esame conformemente all’articolo 31, paragrafo 8, a eccezione dei casi in cui tali decisioni si basano sulle circostanze di cui all’articolo 31, paragrafo 8, lettera h);

b)

di ritenere inammissibile una domanda a norma dell’articolo 33, paragrafo 2, lettere a), b) o d);

c)

di respingere la riapertura del caso del richiedente, sospeso ai sensi dell’articolo 28; o

d)

di non esaminare o di non esaminare esaurientemente la domanda ai sensi dell’articolo 39,

un giudice è competente a decidere, su istanza del richiedente o d’ufficio, se autorizzare o meno la permanenza del richiedente nel territorio dello Stato membro, se tale decisione mira a far cessare il diritto del richiedente di rimanere nello Stato membro e, ove il diritto nazionale non preveda in simili casi il diritto di rimanere nello Stato membro in attesa dell’esito del ricorso.

7.   Il paragrafo 6 si applica soltanto alle procedure di cui all’articolo 43 a condizione che:

a)

il richiedente disponga dell’interpretazione e dell’assistenza legale necessarie e, al meno, di una settimana per preparare la domanda e presentare al giudice gli argomenti a sostegno della concessione del diritto di rimanere nel territorio in attesa dell’esito del ricorso; e

b)

nel quadro dell’esame della domanda di cui al paragrafo 6 il giudice esamini la decisione negativa dell’autorità accertante in termini di fatto e di diritto.

Se le condizioni di cui alle lettere a) e b) non sono soddisfatte si applica il paragrafo 5.

8.   Gli Stati membri autorizzano il richiedente a rimanere nel territorio in attesa dell’esito della procedura volta a decidere se questi possa rimanere nel territorio, di cui ai paragrafi 6 e 7.

9.   I paragrafi 5, 6 e 7 lasciano impregiudicato l’articolo 26 del regolamento (UE) n. 604/2013.

10.   Gli Stati membri possono stabilire i termini entro i quali il giudice di cui al paragrafo 1 esamina la decisione dell’autorità accertante.

11.   Gli Stati membri possono altresì stabilire nel diritto nazionale le condizioni che devono sussistere affinché si possa presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato o rinunciato al ricorso di cui al paragrafo 1, nonché le norme procedurali applicabili.

CAPO VI

DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI

Articolo 47

Impugnazione da parte delle autorità pubbliche

La presente direttiva non pregiudica per le autorità pubbliche la possibilità di impugnare le decisioni amministrative e/o giudiziarie conformemente a quanto previsto dal diritto nazionale.

Articolo 48

Riservatezza

Gli Stati membri garantiscono che le autorità che danno attuazione alla presente direttiva siano vincolate dal principio di riservatezza, quale definito nel proprio diritto interno, relativamente a tutte le informazioni ottenute nel corso del loro lavoro.

Articolo 49

Cooperazione

Ciascuno Stato membro designa un punto nazionale di contatto e ne trasmette l’indirizzo alla Commissione. La Commissione comunica tale informazione a tutti gli altri Stati membri.

Gli Stati membri, in collegamento con la Commissione, adottano ogni misura idonea a instaurare una cooperazione diretta e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti.

Allorché ricorrono alle misure di cui all’articolo 6, paragrafo 5, all’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, e all’articolo 31, paragrafo 3, lettera b), gli Stati membri informano la Commissione non appena cessano i motivi per applicare tali misure eccezionali e almeno annualmente. Quest’informazione comprende, ove possibile, dati sulla percentuale delle domande alle quali sono state applicate delle deroghe rispetto al totale delle domande esaminate nel periodo in questione.

Articolo 50

Relazioni

Entro il 20 luglio 2017, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri, proponendo all’occorrenza le necessarie modifiche. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni informazione utile ai fini della relazione. Dopo la prima relazione la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri almeno ogni cinque anni.

Nel contesto della prima relazione la Commissione riferisce altresì in particolare sull’applicazione dell’articolo 17 e sui vari strumenti usati in relazione al verbale del colloquio personale.

Articolo 51

Recepimento

1.   Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 30, all’articolo 31, paragrafi 1, 2 e da 6 a 9, agli articoli da 32 a 46, agli articoli 49 e 50 e all’allegato I entro il 20 luglio 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

2.   Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all’articolo 31, paragrafi 3, 4 e 5, entro il 20 luglio 2018. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

3.   Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui ai paragrafi 1 e 2, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì un’indicazione da cui risulti che i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva, contenuti in disposizioni legislative, regolamentari e amministrative previgenti, devono intendersi come riferimenti fatti alla presente direttiva. Le modalità di tale riferimento nonché la forma redazionale di tale indicazione sono determinate dagli Stati membri.

4.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 52

Disposizioni transitorie

Gli Stati membri applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di cui all’articolo 51, paragrafo 1, alle domande di protezione internazionale presentate e alle procedure di revoca della protezione internazionale avviate dopo il 20 luglio 2015 o ad una data precedente. Alle domande presentate prima del 20 luglio 2015 e alle procedure di revoca dello status di rifugiato avviate prima di tale data si applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate ai sensi della direttiva 2005/85/CE.

Gli Stati membri applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di cui all’articolo 51, paragrafo 2, alle domande di protezione internazionale presentate dopo il 20 luglio 2018 o ad una data precedente. Alle domande presentate prima di tale data si applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative ai sensi della direttiva 2005/85/CE.

Articolo 53

Abrogazione

La direttiva 2005/85/CE è abrogata per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva con effetto dal 21 luglio 2015, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine di recepimento della direttiva nel diritto interno di cui all’allegato II, parte B.

I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato III.

Articolo 54

Entrata in vigore e applicazione

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Gli articoli 47 e 48 si applicano dal 21 luglio 2015.

Articolo 55

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva in conformità dei trattati.

Fatto a Bruxelles, il 26 giugno 2013

Per il Parlamento europeo

Il presidente

M. SCHULZ

Per il Consiglio

Il presidente

A. SHATTER


(1)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 79.

(2)  Posizione del Parlamento europeo del 6 aprile 2011 (GU C 296 E del 2.10.2012, pag. 184) e posizione del Consiglio in prima lettura del 6 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 10 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).

(3)  GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13.

(4)  GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9.

(5)  Cfr. pagina 96 della presente Gazzetta ufficiale.

(6)  GU L 132 del 29.5.2010, pag. 11.

(7)  GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.

(8)  Cfr. pagina 31 della presente Gazzetta ufficiale.

(9)  GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.

(10)  GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98.

(11)  Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1).

(12)  Cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.


ALLEGATO I

Designazione dei paesi di origine sicuri ai fini dell’articolo 37, paragrafo 1

Un paese è considerato paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Per effettuare tale valutazione si tiene conto, tra l’altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:

a)

le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del paese ed il modo in cui sono applicate;

b)

il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, di detta Convenzione europea;

c)

il rispetto del principio di «non-refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra;

d)

un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.


ALLEGATO II

PARTE A

Direttiva abrogata

(cfr. articolo 53)

Direttiva 2005/85/CE del Consiglio

(GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13).

PARTE B

Termine di recepimento nel diritto interno

(cfr. articolo 51)

Direttiva

Termine del recepimento

2005/85/CE

Primo termine: 1o dicembre 2007

Secondo termine: 1o dicembre 2008


ALLEGATO III

Tavola di concordanza

Direttiva 2005/85/CE

La presente direttiva

Articolo 1

Articolo 1

Articolo 2, lettere da a) a c)

Articolo 2, lettere da a) a c)

Articolo 2, lettera d)

Articolo 2, lettere da d) a f)

Articolo 2, lettere da e) a g)

Articolo 2, lettere h) e i)

Articolo 2, lettera g)

Articolo 2, lettera j)

Articolo 2, lettere k) e l)

Articolo 2, lettere da h) a k)

Articolo 2, lettere da m) a p)

Articolo 2, lettera q)

Articolo 3, paragrafi 1 e 2

Articolo 3, paragrafi 1 e 2

Articolo 3, paragrafo 3

Articolo 3, paragrafo 4

Articolo 3, paragrafo 3

Articolo 4, paragrafo 1, primo comma

Articolo 4, paragrafo 1, primo comma

Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma

Articolo 4, paragrafo 2, lettera a)

Articolo 4, paragrafo 2, lettera a)

Articolo 4, paragrafo 2, lettere da b) a d)

Articolo 4, paragrafo 2, lettera e)

Articolo 4, paragrafo 2, lettera b)

Articolo 4, paragrafo 2, lettera f)

Articolo 4, paragrafo 3

Articolo 4, paragrafo 3

Articolo 4, paragrafo 4

Articolo 4, paragrafo 5

Articolo 5

Articolo 5

Articolo 6, paragrafo 1

Articolo 6, paragrafo 1

Articolo 6, paragrafi da 2 a 4

Articolo 6, paragrafi 2 e 3

Articolo 7, paragrafi 1 e 2

Articolo 7, paragrafo 3

Articolo 7, paragrafo 4

Articolo 6, paragrafo 4

Articolo 7, paragrafo 5

Articolo 6, paragrafo 5

Articolo 8

Articolo 7, paragrafi 1 e 2

Articolo 9, paragrafi 1 e 2

Articolo 9, paragrafo 3

Articolo 8, paragrafo 1

Articolo 10, paragrafo 1

Articolo 10, paragrafo 2

Articolo 8, paragrafo 2, lettere da a) a c)

Articolo 10, paragrafo 3, lettere da a) a c)

Articolo 10, paragrafo 3, lettera d)

Articolo 8, paragrafi 3 e 4

Articolo 10, paragrafi 4 e 5

Articolo 9, paragrafo 1

Articolo 11, paragrafo 1

Articolo 9, paragrafo 2, primo comma

Articolo 11, paragrafo 2, primo comma

Articolo 9, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 9, paragrafo 2, terzo comma

Articolo 11, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 9, paragrafo 3

Articolo 11, paragrafo 3

Articolo 10, paragrafo 1, lettere da a) a c)

Articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c)

Articolo 12, paragrafo 1, lettera d)

Articolo 10, paragrafo 1, lettere d) ed e)

Articolo 12, paragrafo 1, lettere e) ed f)

Articolo 10, paragrafo 2

Articolo 12, paragrafo 2

Articolo 11

Articolo 13

Articolo 12, paragrafo 1, primo comma

Articolo 14, paragrafo 1, primo comma

Articolo 12, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 14, paragrafo 1, secondo e terzo comma

Articolo 12, paragrafo 2, terzo comma

Articolo 14, paragrafo 1, quarto comma

Articolo 12, paragrafo 2, lettera a)

Articolo 14, paragrafo 2, lettera a)

Articolo 12, paragrafo 2, lettera b)

Articolo 12, paragrafo 2, lettera c)

Articolo 12, paragrafo 3, primo comma

Articolo 14, paragrafo 2, lettera b)

Articolo 12, paragrafo 3, secondo comma

Articolo 14, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 12, paragrafi da 4 a 6

Articolo 14, paragrafi da 3 a 5

Articolo 13, paragrafi 1 e 2

Articolo 15, paragrafi 1 e 2

Articolo 13, paragrafo 3, lettera a)

Articolo 15, paragrafo 3, lettera a)

Articolo 15, paragrafo 3, lettera b)

Articolo 13, paragrafo 3, lettera b)

Articolo 15, paragrafo 3, lettera c)

Articolo 15, paragrafo 3, lettera d)

Articolo 15, paragrafo 3, lettera e)

Articolo 13, paragrafo 4

Articolo 15, paragrafo 4

Articolo 13, paragrafo 5

Articolo 16

Articolo 14

Articolo 17

Articolo 18

Articolo 19

Articolo 15, paragrafo 1

Articolo 22, paragrafo 1

Articolo 15, paragrafo 2

Articolo 20, paragrafo 1

Articolo 20, paragrafi da 2 a 4

Articolo 21, paragrafo 1

Articolo 15, paragrafo 3, lettera a)

Articolo 15, paragrafo 3, lettere b) e c)

Articolo 21, paragrafo 2, lettere a) e b)

Articolo 15, paragrafo 3, lettera d)

Articolo 15, paragrafo 3, secondo comma

Articolo 15, paragrafi da 4 a 6

Articolo 21, paragrafi da 3 a 5

Articolo 22, paragrafo 2

Articolo 16, paragrafo 1, primo comma

Articolo 23, paragrafo 1, primo comma

Articolo 16, paragrafo 1, secondo comma, prima frase

Articolo 23, paragrafo 1, secondo comma frase introduttiva

Articolo 23, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 16, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase

Articolo 23, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 16, paragrafo 2, prima frase

Articolo 23, paragrafo 2

Articolo 16, paragrafo 2, seconda frase

Articolo 23, paragrafo 3

Articolo 16, paragrafo 3

Articolo 23, paragrafo 4, primo comma

Articolo 16, paragrafo 4, primo comma

Articolo 16, paragrafo 4, secondo e terzo comma

Articolo 23,paragrafo 4, secondo e terzo comma

Articolo 24

Articolo 17, paragrafo 1

Articolo 25, paragrafo 1

Articolo 17, paragrafo 2, lettera a)

Articolo 25, paragrafo 2

Articolo 17, paragrafo 2, lettere b) e c)

Articolo 17, paragrafo 3

Articolo 17, paragrafo 4

Articolo 25, paragrafo 3

Articolo 25, paragrafo 4

Articolo 17, paragrafo 5

Articolo 25, paragrafo 5

Articolo 25, paragrafo 6

Articolo 17, paragrafo 6

Articolo 25, paragrafo 7

Articolo 18

Articolo 26

Articolo 19

Articolo 27

Articolo 20, paragrafi 1 e 2

Articolo 28, paragrafi 1 e 2

Articolo 28, paragrafo 3

Articolo 21

Articolo 29

Articolo 22

Articolo 30

Articolo 23, paragrafo 1

Articolo 31, paragrafo 1

Articolo 23, paragrafo 2, primo comma

Articolo 31, paragrafo 2

Articolo 31, paragrafo 3

Articolo 31, paragrafi 4 e 5

Articolo 23, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 31, paragrafo 6

Articolo 23, paragrafo 3

Articolo 31, paragrafo 7

Articolo 23, paragrafo 4, lettera a)

Articolo 31, paragrafo 8, lettera a)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera b)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera c), punto i)

Articolo 31, paragrafo 8, lettera b)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera c), punto ii)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera d)

Articolo 31, paragrafo 8, lettera c)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera e)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera f)

Articolo 31, paragrafo 8, lettera d)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera g)

Articolo 31, paragrafo 8, lettera e)

Articolo 31, paragrafo 8, lettera f)

Articolo 23, paragrafo 4, lettere h) e i)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera j)

Articolo 31, paragrafo 8, lettera g)

Articolo 31, paragrafo 8, lettere h) e i)

Articolo 23, paragrafo 4, lettere k) e l)

Articolo 23, paragrafo 4, lettera m)

Articolo 31, paragrafo 8, lettera j)

Articolo 23, paragrafo 4, lettere n) e o)

Articolo 31, paragrafo 9

Articolo 24

Articolo 25

Articolo 33

Articolo 25, paragrafo 1

Articolo 33, paragrafo 1

Articolo 25, paragrafo 2, lettere da a) a c)

Articolo 33, paragrafo 2, lettere da a) a c)

Articolo 25, paragrafo 2, lettere d) ed e)

Articolo 25, paragrafo 2, lettere f) e g)

Articolo 33, paragrafo 2, lettere d) ed e)

Articolo 34

Articolo 26

Articolo 35

Articolo 27, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 38, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 38, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 27, paragrafo 1, lettere da b) a d)

Articolo 38, paragrafo 1, lettere da c) a e)

Articolo 27, paragrafi da 2 a 5

Articolo 38, paragrafi da 2 a 5

Articolo 28

Articolo 32

Articolo 29

Articolo 30, paragrafo 1

Articolo 37, paragrafo 1

Articolo 30, paragrafi da 2 a 4

Articolo 37, paragrafo 2

Articolo 30, paragrafi 5 e 6

Articolo 37, paragrafi 3 e 4

Articolo 31, paragrafo 1

Articolo 36, paragrafo 1

Articolo 31, paragrafo 2

Articolo 31, paragrafo 3

Articolo 36, paragrafo 2

Articolo 32, paragrafo 1

Articolo 40, paragrafo 1

Articolo 32, paragrafo 2

Articolo 32, paragrafo 3

Articolo 40, paragrafo 2

Articolo 32, paragrafo 4

Articolo 40, paragrafo 3, prima frase

Articolo 32, paragrafo 5

Articolo 40, paragrafo 3, seconda frase

Articolo 32, paragrafo 6

Articolo 40, paragrafo 4

Articolo 40, paragrafo 5

Articolo 32, paragrafo 7, primo comma

Articolo 40, paragrafo 6, lettera a)

Articolo 40, paragrafo 6, lettera b)

Articolo 32, paragrafo 7, secondo comma

Articolo 40, paragrafo 6, secondo comma

Articolo 40, paragrafo 7

Articolo 41

Articolo 33

Articolo 34, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a)

Articolo 42, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a)

Articolo 34, paragrafo 2, lettera b)

Articolo 34, paragrafo 2, lettera c)

Articolo 42, paragrafo 2, lettera b)

Articolo 34, paragrafo 3, lettera a)

Articolo 42, paragrafo 3

Articolo 34, paragrafo 3, lettera b)

Articolo 35, paragrafo 1

Articolo 43, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 43, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 35, paragrafo 2 e paragrafo 3, lettere da a) a f)

Articolo 35, paragrafo 4

Articolo 43, paragrafo 2

Articolo 35, paragrafo 5

Articolo 43, paragrafo 3

Articolo 36, paragrafi da 1 a 2, lettera c)

Articolo 39, paragrafi da 1 a 2, lettera c)

Articolo 36, paragrafo 2, lettera d)

Articolo 36, paragrafo 3

Articolo 39, paragrafo 3

Articolo 36, paragrafi da 4 a 6

Articolo 39, paragrafi da 4 a 6

Articolo 39, paragrafo 7

Articolo 36, paragrafo 7

Articolo 37

Articolo 44

Articolo 38

Articolo 45

Articolo 46, paragrafo 1, lettera a), punto i)

Articolo 39, paragrafo 1, lettera a), punti i) e ii)

Articolo 46, paragrafo 1, lettera a), punti ii) e iii)

Articolo 39, paragrafo 1, lettera a), punto iii)

Articolo 39, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 46, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 39, paragrafo 1, lettere c) e d)

Articolo 39, paragrafo 1, lettera e)

Articolo 46, paragrafo 1, lettera c)

Articolo 46, paragrafi 2 e 3

Articolo 39, paragrafo 2

Articolo 46, paragrafo 4, primo comma

Articolo 46, paragrafo 4, secondo e terzo comma

Articolo 39, paragrafo 3

Articolo 46, paragrafi da 5 a 9

Articolo 39, paragrafo 4

Articolo 46, paragrafo 10

Articolo 39, paragrafo 5

Articolo 39, paragrafo 6

Articolo 41, paragrafo 11

Articolo 40

Articolo 47

Articolo 41

Articolo 48

Articolo 49

Articolo 42

Articolo 50

Articolo 43, primo comma

Articolo 51, paragrafo 1

Articolo 51, paragrafo 2

Articolo 43, secondo e terzo comma

Articolo 51, paragrafi 3 e 4

Articolo 44

Articolo 52, primo comma

Articolo 52, secondo comma

Articolo 53

Articolo 45

Articolo 54

Articolo 46

Articolo 55

Allegato I

Allegato II

Allegato I

Allegato III

Allegato II

Allegato III


29.6.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 180/96


DIRETTIVA 2013/33/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 26 giugno 2013

recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 78, paragrafo 2, lettera f),

vista la proposta della Commissione europea,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

visto il parere del Comitato delle regioni (2),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),

considerando quanto segue:

(1)

È necessario apportare una serie di modifiche sostanziali alla direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (4). È quindi opportuno provvedere, per ragioni di chiarezza, alla rifusione di tale direttiva.

(2)

Una politica comune nel settore dell’asilo, che preveda un sistema europeo comune di asilo, costituisce un elemento fondamentale dell’obiettivo dell’Unione europea relativo alla progressiva realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nell’Unione. Tale politica dovrebbe essere governata dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario.

(3)

Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sulla piena e completa applicazione della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, quale integrata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967 («convenzione di Ginevra»), affermando così il principio di «non respingimento» (non-refoulement). La prima fase del sistema europeo comune di asilo è stata completata con l’adozione dei pertinenti strumenti giuridici, tra cui la direttiva 2003/9/CE, previsti dai trattati.

(4)

Nella riunione del 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha adottato il programma dell’Aia, determinando gli obiettivi da conseguire nel periodo 2005-2010 nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Al riguardo, il programma dell’Aia invitava la Commissione europea a concludere la valutazione degli strumenti giuridici adottati nella prima fase e a sottoporre al Parlamento europeo e al Consiglio gli strumenti e le misure relativi alla seconda fase.

(5)

Nella riunione del 10-11 dicembre 2009 il Consiglio europeo ha adottato il programma di Stoccolma, ribadendo il suo impegno per il raggiungimento dell’obiettivo di istituire, entro il 2012, uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d’asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale, fondato su norme elevate in materia di protezione e su procedure eque ed efficaci. Il programma di Stoccolma reputa inoltre essenziale che agli interessati, indipendentemente dallo Stato membro in cui è presentata la domanda di protezione internazionale, sia riservato un trattamento di livello equivalente quanto alle condizioni di accoglienza.

(6)

È opportuno mobilitare le risorse del Fondo europeo per i rifugiati e dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, per fornire sostegno adeguato agli sforzi degli Stati membri nell’attuazione delle norme stabilite nella seconda fase del sistema europeo comune di asilo e, in particolare, a quegli Stati membri i cui sistemi di asilo subiscono pressioni specifiche e sproporzionate a causa, per lo più, della loro situazione geografica o demografica.

(7)

Alla luce dei risultati delle valutazioni effettuate dell’attuazione degli strumenti della prima fase, è opportuno in questa fase ribadire i principi che ispirano la direttiva 2003/9/CE al fine di migliorare le condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale («richiedenti»).

(8)

Per assicurare la parità di trattamento dei richiedenti nell’Unione, la presente direttiva dovrebbe applicarsi in tutte le fasi e a tutti i tipi di procedure relative alla domanda di protezione internazionale, in tutti i luoghi e i centri di accoglienza dei richiedenti e purché essi siano autorizzati a soggiornare nel territorio degli Stati membri in qualità di richiedenti.

(9)

Nell’applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la direttiva rispetti pienamente i principi dell’interesse superiore del minore e dell’unità familiare, conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 e alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispettivamente.

(10)

Per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti.

(11)

È opportuno adottare norme in materia di accoglienza dei richiedenti che siano sufficienti a garantire loro un livello di vita dignitoso e condizioni di vita analoghe in tutti gli Stati membri.

(12)

L’armonizzazione delle condizioni di accoglienza dei richiedenti dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti dovuti alla diversità delle condizioni di accoglienza.

(13)

Per assicurare la parità di trattamento tra tutti coloro che chiedono protezione internazionale e per garantire la coerenza con il vigente acquis dell’Unione sull’asilo, in particolare con la direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (5), è opportuno ampliare l’ambito di applicazione della presente direttiva per estenderlo ai richiedenti protezione sussidiaria.

(14)

L’accoglienza di persone portatrici di particolari esigenze di accoglienza dovrebbe essere la prima preoccupazione per le autorità nazionali affinché tale accoglienza sia configurata specificamente per rispondere alle loro speciali esigenze in materia.

(15)

Il trattenimento dei richiedenti dovrebbe essere regolato in conformità al principio fondamentale per cui nessuno può essere trattenuto per il solo fatto di chiedere protezione internazionale, in particolare in conformità agli obblighi giuridici internazionali degli Stati membri, e all’ articolo 31 della convenzione di Ginevra. I richiedenti possono essere trattenuti soltanto nelle circostanze eccezionali definite molto chiaramente nella presente direttiva e in base ai principi di necessità e proporzionalità per quanto riguarda sia le modalità che le finalità di tale trattenimento. Il richiedente in stato di trattenimento dovrebbe godere effettivamente delle necessarie garanzie procedurali, quali il diritto a un ricorso giudiziario dinanzi a un’autorità giurisdizionale nazionale.

(16)

Per quanto riguarda le procedure amministrative correlate ai motivi di trattenimento, la nozione di «debita diligenza» richiede per lo meno che gli Stati membri adottino misure concrete e significative per assicurare che il tempo necessario per verificare i motivi di trattenimento sia il più breve possibile e che vi sia una prospettiva reale che tale verifica possa essere effettuata con successo il più rapidamente possibile. Il trattenimento non dovrebbe superare il tempo ragionevolmente necessario per completare le procedure pertinenti.

(17)

I motivi di trattenimento stabiliti nella presente direttiva lasciano impregiudicati altri motivi di trattenimento, compresi quelli che rientrano nell’ambito dei procedimenti penali, applicabili conformemente alla legislazione nazionale, non correlati alla domanda di protezione internazionale presentata dal cittadino di un paese terzo o dall’apolide.

(18)

È opportuno che i richiedenti che si trovano in stato di trattenimento siano trattati nel pieno rispetto della dignità umana e che la loro accoglienza sia configurata specificamente per rispondere alle loro esigenze in tale situazione. In particolare, gli Stati membri dovrebbero assicurare l’applicazione dell’articolo 37 della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989.

(19)

In alcuni casi può risultare impossibile, nella pratica, assicurare immediatamente il rispetto di determinate garanzie di accoglienza nel quadro del trattenimento, ad esempio a causa della situazione geografica o della struttura specifica del centro di trattenimento. È tuttavia opportuno che qualsiasi deroga a tali garanzie sia temporanea e sia applicata solo nelle circostanze eccezionali previste dalla presente direttiva. Le deroghe dovrebbero applicarsi solo in circostanze eccezionali e dovrebbero essere debitamente giustificate, tenendo conto delle circostanze di ogni singolo caso, tra cui il livello di gravità della deroga, la sua durata e i suoi effetti sul richiedente interessato.

(20)

Al fine di meglio garantire l’integrità fisica e psicologica dei richiedenti, è opportuno che il ricorso al trattenimento sia l’ultima risorsa e possa essere applicato solo dopo che tutte le misure non detentive alternative al trattenimento sono state debitamente prese in considerazione. Ogni eventuale misura alternativa al trattenimento deve rispettare i diritti umani fondamentali dei richiedenti.

(21)

Al fine di assicurare il rispetto di garanzie procedurali che prevedano la possibilità di contattare le organizzazioni o i gruppi di persone che forniscono assistenza legale, è opportuno che siano fornite informazioni su tali organizzazioni e gruppi di persone.

(22)

Nel decidere le disposizioni in materia di alloggio, gli Stati membri dovrebbero tenere in debito conto l’interesse superiore del minore, nonché le situazioni particolari del richiedente nel caso in cui questi è dipendente da familiari o da altri parenti stretti quali fratelli minori non sposati già presenti nello Stato membro.

(23)

Per favorire l’autosufficienza dei richiedenti e ridurre le ampie divergenze esistenti tra gli Stati membri, è essenziale stabilire norme chiare sull’accesso dei richiedenti al mercato del lavoro.

(24)

Per garantire che il sostegno materiale fornito ai richiedenti sia conforme ai principi stabiliti dalla presente direttiva, è necessario che gli Stati membri ne determinino il livello in base a riferimenti appropriati. Ciò non implica che le prestazioni concesse debbano essere identiche a quelle previste per i cittadini dello Stato in questione. Gli Stati membri possono prevedere un trattamento meno favorevole per i richiedenti rispetto ai propri cittadini secondo quanto disposto dalla presente direttiva.

(25)

La possibilità di abuso del sistema di accoglienza dovrebbe essere contrastata specificando le circostanze in cui le condizioni materiali di accoglienza dei richiedenti possono essere ridotte o revocate, pur garantendo nel contempo un livello di vita dignitoso a tutti i richiedenti.

(26)

È opportuno assicurare l’efficienza dei sistemi nazionali di accoglienza e la cooperazione tra gli Stati membri nel settore dell’accoglienza dei richiedenti.

(27)

È opportuno incoraggiare un appropriato coordinamento tra le autorità competenti per quanto riguarda l’accoglienza dei richiedenti, e pertanto promuovere relazioni armoniose tra le comunità locali e i centri di accoglienza.

(28)

Gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che chiedano la protezione internazionale in uno Stato membro.

(29)

In tale ottica, gli Stati membri sono inoltre invitati ad applicare le disposizioni della presente direttiva in relazione ai procedimenti di esame delle domande intese a conseguire una protezione diversa da quella conferita ai sensi della direttiva 2011/95/UE.

(30)

L’attuazione della presente direttiva dovrebbe formare oggetto di periodiche valutazioni.

(31)

Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire l’istituzione di norme relative all’accoglienza dei richiedenti negli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della portata e degli effetti della presente direttiva, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(32)

Conformemente alla dichiarazione politica comune, del 28 settembre 2011, degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi (6), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi giustificati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi costitutivi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.

(33)

A norma degli articoli 1, 2 e 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, il Regno Unito e l’Irlanda non partecipano all’adozione della presente direttiva e non sono da essa vincolati né soggetti alla sua applicazione.

(34)

A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione.

(35)

La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, la presente direttiva intende assicurare il pieno rispetto della dignità umana nonché promuovere l’applicazione degli articoli 1, 4, 6, 7, 18, 21, 24 e 47 della Carta e deve essere attuata di conseguenza.

(36)

L’obbligo di recepire la presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che rappresentano una modifica sostanziale rispetto alla direttiva 2003/9/CE. L’obbligo di recepire le disposizioni rimaste immutate deriva da detta direttiva.

(37)

La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine di recepimento nel diritto interno della direttiva 2003/9/CE, di cui all’allegato II, parte B,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I

SCOPO, DEFINIZIONI E AMBITO DI APPLICAZIONE

Articolo 1

Scopo

La presente direttiva stabilisce norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale («richiedenti») negli Stati membri.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)   «domanda di protezione internazionale»: la domanda di protezione internazionale quale definita all’articolo 2, lettera h), della direttiva 2011/95/UE;

b)   «richiedente»: il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

c)   «familiari»: i seguenti soggetti appartenenti alla famiglia del richiedente, purché essa sia già costituita nel paese di origine, che si trovano nel medesimo Stato membro in connessione alla domanda di protezione internazionale:

il coniuge del richiedente o il partner non legato da vincoli di matrimonio che abbia una relazione stabile con il richiedente, qualora il diritto o la prassi dello Stato membro interessato assimili la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della legge sui cittadini di paesi terzi,

i figli minori delle coppie di cui al primo trattino o del richiedente, a condizione che non siano coniugati e, indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale,

il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il richiedente in base alla legge o alla prassi dello Stato membro interessato,nei casi in cui detto richiedente è minore e non coniugato,

d)   «minore»: il cittadino di un paese terzo o l’apolide d’età inferiore agli anni diciotto;

e)   «minore non accompagnato»: il minore che entri nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile per legge o per prassi dello Stato membro interessato, fino a quando non sia effettivamente affidato a un tale adulto; il termine include il minore che viene abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri;

f)   «condizioni di accoglienza»: il complesso delle misure garantite dagli Stati membri a favore dei richiedenti ai sensi della presente direttiva;

g)   «condizioni materiali di accoglienza»: le condizioni di accoglienza che includono alloggio, vitto e vestiario, forniti in natura o in forma di sussidi economici o buoni, o una combinazione delle tre possibilità, nonché un sussidio per le spese giornaliere;

h)   «trattenimento»: il confinamento del richiedente, da parte di uno Stato membro, in un luogo determinato, che lo priva della libertà di circolazione;

i)   «centro di accoglienza»: qualsiasi struttura destinata all’alloggiamento collettivo di richiedenti;

j)   «rappresentante»: la persona o l’organizzazione designata dagli organismi competenti per assistere e rappresentare il minore non accompagnato nelle procedure previste dalla presente direttiva, allo scopo di garantirne l’interesse superiore del minore ed esercitare la capacità di agire per suo conto, ove necessario. L’organizzazione designata come rappresentante nomina una persona responsabile di assolverne le funzioni nei confronti del minore non accompagnato, in conformità della presente direttiva;

k)   «richiedente con esigenze di accoglienza particolari»: una persona vulnerabile ai sensi dell’articolo 21, che necessita di garanzie particolari per godere dei diritti e adempiere gli obblighi previsti dalla presente direttiva.

Articolo 3

Ambito di applicazione

1.   La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, comprese la frontiera, le acque territoriali o le zone di transito, purché siano autorizzati a soggiornare in tale territorio in qualità di richiedenti, nonché ai familiari, se inclusi nella domanda di protezione internazionale ai sensi del diritto nazionale.

2.   La presente direttiva non si applica alle domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri.

3.   La presente direttiva non si applica quando si applicano le disposizioni della direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi (7).

4.   Gli Stati membri possono decidere di applicare la presente direttiva in relazione a procedimenti di esame di domande intese a ottenere forme di protezione diverse da quella conferita dalla direttiva 2011/95/UE.

Articolo 4

Disposizioni più favorevoli

Gli Stati membri possono stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti e di parenti stretti dei richiedenti presenti nello stesso Stato membro quando siano a loro carico, oppure per motivi umanitari, purché tali disposizioni siano compatibili con la presente direttiva.

CAPO II

DISPOSIZIONI GENERALI SULLE CONDIZIONI DI ACCOGLIENZA

Articolo 5

Informazione

1.   Gli Stati membri informano i richiedenti, entro un termine ragionevole non superiore a quindici giorni dopo la presentazione della domanda di protezione internazionale, almeno di qualsiasi beneficio riconosciuto e degli obblighi loro spettanti in riferimento alle condizioni di accoglienza.

Gli Stati membri provvedono a che i richiedenti siano informati sulle organizzazioni o sui gruppi di persone che forniscono specifica assistenza legale e sulle organizzazioni che possono aiutarli o informarli riguardo alle condizioni di accoglienza disponibili, compresa l’assistenza sanitaria.

2.   Gli Stati membri provvedono a che le informazioni di cui al paragrafo 1 siano fornite per iscritto e in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile. Se del caso, tali informazioni possono anche essere fornite oralmente.

Articolo 6

Documentazione

1.   Gli Stati membri provvedono affinché, entro tre giorni dalla presentazione della domanda di protezione internazionale, ai richiedenti sia rilasciato un documento nominativo che certifichi lo status di richiedente o che attesti che il richiedente è autorizzato a soggiornare nel territorio dello Stato membro nel periodo in cui la domanda è pendente o in esame.

Per i titolari che non possono circolare liberamente in tutto il territorio dello Stato membro o in una parte di esso, il documento attesta altresì questa situazione.

2.   Gli Stati membri possono escludere l’applicazione del presente articolo quando il richiedente è in stato di trattenimento e durante l’esame della domanda di protezione internazionale presentata alla frontiera o nel contesto di un procedimento volto a determinare se il richiedente abbia il diritto di entrare nel territorio di uno Stato membro. In determinati casi, durante l’esame della domanda di protezione internazionale, gli Stati membri possono rilasciare ai richiedenti altre prove documentali equivalenti al documento di cui al paragrafo 1.

3.   Il documento di cui al paragrafo 1 non certifica necessariamente l’identità del richiedente.

4.   Gli Stati membri adottano le misure necessarie per rilasciare ai richiedenti il documento di cui al paragrafo 1, che deve essere valido finché sono autorizzati a restare nel territorio dello Stato membro interessato.

5.   Gli Stati membri possono fornire ai richiedenti un documento di viaggio quando sussistano gravi ragioni umanitarie che ne rendano necessaria la presenza in un altro Stato.

6.   Gli Stati membri non esigono documenti inutili o sproporzionati né impongono altri requisiti amministrativi ai richiedenti prima di riconoscere loro i diritti conferiti dalla presente direttiva, per il solo fatto che chiedono protezione internazionale.

Articolo 7

Residenza e libera circolazione

1.   I richiedenti possono circolare liberamente nel territorio dello Stato membro ospitante o nell’area loro assegnata da tale Stato membro. L’area assegnata non pregiudica la sfera inalienabile della vita privata e permette un campo d’azione sufficiente a garantire l’accesso a tutti i benefici della presente direttiva.

2.   Gli Stati membri possono stabilire un luogo di residenza per il richiedente, per motivi di pubblico interesse, ordine pubblico o, ove necessario, per il trattamento rapido e il controllo efficace della domanda di protezione internazionale.

3.   Gli Stati membri possono subordinare la concessione delle condizioni materiali d’accoglienza all’effettiva residenza del richiedente in un determinato luogo, da determinarsi dagli Stati membri. Tale decisione, che può essere di carattere generale, è adottata caso per caso e definita dalla diritto nazionale.

4.   Gli Stati membri prevedono la possibilità di concedere ai richiedenti un permesso temporaneo di allontanarsi dal luogo di residenza di cui ai paragrafi 2 e 3 e/o dall’area assegnata di cui al paragrafo 1. Le decisioni sono adottate caso per caso, in modo obiettivo ed imparziale e sono motivate qualora siano negative.

Il richiedente non necessita di permesso per presentarsi dinanzi alle autorità e ai giudici se è necessaria la sua comparizione.

5.   Gli Stati membri fanno obbligo ai richiedenti di comunicare il loro indirizzo alle autorità competenti e di notificare loro con la massima tempestività qualsiasi sua successiva modificazione.

Articolo 8

Trattenimento

1.   Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo fatto di essere un richiedente ai sensi della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (8).

2.   Ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, gli Stati membri possono trattenere il richiedente, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive.

3.   Un richiedente può essere trattenuto soltanto:

a)

per determinarne o verificarne l’identità o la cittadinanza;

b)

per determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero ottenersi senza il trattenimento, in particolare se sussiste il rischio di fuga del richiedente;

c)

per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio;

d)

quando la persona è trattenuta nell’ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (9), al fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento e lo Stato membro interessato può comprovare, in base a criteri obiettivi, tra cui il fatto che la persona in questione abbia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo, che vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio;

e)

quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico;

f)

conformemente all’articolo 28 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (10).

I motivi di trattenimento sono specificati nel diritto nazionale.

4.   Gli Stati membri provvedono affinché il diritto nazionale contempli le disposizioni alternative al trattenimento, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato.

Articolo 9

Garanzie per i richiedenti trattenuti

1.   Un richiedente è trattenuto solo per un periodo il più breve possibile ed é mantenuto in stato di trattenimento soltanto fintantoché sussistono i motivi di cui all’articolo 8, paragrafo 3.

Gli adempimenti amministrativi inerenti ai motivi di trattenimento di cui all’articolo 8, paragrafo 3, sono espletati con la debita diligenza. I ritardi nelle procedure amministrative non imputabili al richiedente non giustificano un prolungamento del trattenimento.

2.   Il trattenimento dei richiedenti è disposto per iscritto dall’autorità giurisdizionale o amministrativa. Il provvedimento di trattenimento precisa le motivazioni di fatto e di diritto sulle quasi si basa.

3.   Se il trattenimento è disposto dall’autorità amministrativa, gli Stati membri assicurano una rapida verifica in sede giudiziaria, d’ufficio e/o su domanda del richiedente, della legittimità del trattenimento. Se effettuata d’ufficio, tale verifica è disposta il più rapidamente possibile a partire dall’inizio del trattenimento stesso. Se effettuata su domanda del richiedente, è disposta il più rapidamente possibile dopo l’avvio del relativo procedimento. A tal fine, gli Stati membri stabiliscono nel diritto nazionale il termine entro il quale effettuare la verifica in sede giudiziaria d’ufficio e/o su domanda del richiedente.

Se in seguito a una verifica in sede giudiziaria il trattenimento è ritenuto illegittimo, il richiedente interessato è rilasciato immediatamente.

4.   I richiedenti trattenuti sono informati immediatamente per iscritto, in una lingua che essi comprendono o che ragionevolmente si suppone a loro comprensibile, delle ragioni del trattenimento e delle procedure previste dal diritto nazionale per contestare il provvedimento di trattenimento, nonché della possibilità di accesso gratuito all’assistenza e/o alla rappresentanza legali.

5.   Il provvedimento di trattenimento è riesaminato da un’autorità giurisdizionale a intervalli ragionevoli, d’ufficio e/o su richiesta del richiedente in questione, in particolare nel caso di periodi di trattenimento prolungati, qualora si verifichino circostanze o emergano nuove informazioni che possano mettere in discussione la legittimità del trattenimento.

6.   Nei casi di verifica in sede giudiziaria del provvedimento di trattenimento di cui al paragrafo 3, gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti abbiano accesso gratuito all’assistenza e alla rappresentanza legali.Ciò comprende, come minimo, la preparazione dei documenti procedurali necessari e la partecipazione all’udienza dinanzi alle autorità giurisdizionali a nome del richiedente.

L’assistenza e la rappresentanza legali gratuite sono prestate da persone adeguatamente qualificate, autorizzate o riconosciute ai sensi del diritto nazionale, i cui interessi non contrastano o non possono potenzialmente contrastare con quelli del richiedente.

7.   Gli Stati membri possono anche disporre che l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite siano concesse:

a)

soltanto a chi non disponga delle risorse necessarie; e/o

b)

soltanto mediante i servizi forniti da avvocati o altri consulenti legali che sono specificamente designati dal diritto nazionale ad assistere e rappresentare i richiedenti.

8.   Gli Stati membri possono altresì:

a)

imporre limiti monetari e/o temporali alla prestazione di assistenza e rappresentanza legali gratuite, purché essi non restringano arbitrariamente l’assistenza e la rappresentanza legali;

b)

prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese, che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevole di quello di norma concesso ai propri cittadini per questioni che rientrano nell’assistenza legale.

9.   Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata adottata in base a informazioni false fornite dal richiedente.

10.   Le modalità di accesso all’assistenza e alla rappresentanza legali sono stabilite dal diritto nazionale.

Articolo 10

Condizioni di trattenimento

1.   Il trattenimento dei richiedenti ha luogo, di regola, in appositi centri di trattenimento. Lo Stato membro che non possa ospitare il richiedente in un apposito centro di trattenimento e sia obbligato a sistemarlo in un istituto penitenziario, provvede affinché il richiedente trattenuto sia tenuto separato dai detenuti ordinari e siano applicate le condizioni di trattenimento previste dalla presente direttiva.

Per quanto possibile, i richiedenti sono tenuti separati dai cittadini di paesi terzi che non hanno presentato domanda di protezione internazionale.

Quando i richiedenti non possono essere tenuti separati da altri cittadini di paesi terzi, lo Stato membro interessato provvede affinché siano applicate le condizioni di trattenimento previste dalla presente direttiva.

2.   I richiedenti trattenuti hanno accesso a spazi all’aria aperta.

3.   Gli Stati membri garantiscono ai rappresentanti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) la possibilità di comunicare con i richiedenti e di rendere loro visita in condizioni che rispettano la vita privata. Tale possibilità si applica alle organizzazioni che operano nel territorio dello Stato membro interessato per conto dell’UNHCR, conformemente a un accordo con detto Stato membro.

4.   Gli Stati membri garantiscono ai familiari, avvocati o consulenti legali e rappresentanti di organizzazioni non governative competenti riconosciute dallo Stato membro interessato la possibilità di comunicare con i richiedenti e di rendere loro visita in condizioni che rispettano la vita privata. Possono essere imposte limitazioni all’accesso al centro di trattenimento soltanto se obiettivamente necessarie, in virtù del diritto nazionale, per la sicurezza, l’ordine pubblico o la gestione amministrativa del centro di trattenimento, e purché non restringano drasticamente o rendano impossibile l’accesso.

5.   Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti trattenuti siano sistematicamente informati delle norme vigenti nel centro e dei loro diritti e obblighi in una lingua che essi comprendono o che ragionevolmente si suppone a loro comprensibile. Gli Stati membri possono derogare a tale obbligo in casi debitamente giustificati e per un periodo ragionevole di durata più breve possibile, qualora i richiedenti siano trattenuti in un posto di frontiera o in una zona di transito. Tale deroga non si applica nei casi di cui all’articolo 43 della direttiva 2013/32/UE.

Articolo 11

Trattenimento di persone vulnerabili e di richiedenti con esigenze di accoglienza particolari

1.   Lo stato di salute, anche mentale, dei richiedenti trattenuti che sono persone vulnerabili costituisce la preoccupazione principale delle autorità nazionali.

Alle persone vulnerabili trattenute gli Stati membri assicurano controlli periodici e sostegno adeguato tenendo conto della loro particolare situazione, anche dal punto di vista sanitario.

2.   I minori sono trattenuti solo come ultima risorsa e dopo aver accertato che misure alternative meno coercitive non possono essere applicate in maniera efficace. A tale trattenimento deve farsi ricorso per un periodo di durata più breve possibile ed è fatto il possibile perché siano rilasciati e ospitati in alloggi idonei per i minori.

L’interesse superiore del minore, come prescritto all’articolo 23, paragrafo 2, deve essere una considerazione preminente per gli Stati membri.

I minori trattenuti devono potere avere la possibilità di svolgere attività di tempo libero, compresi il gioco e attività ricreative consone alla loro età.

3.   I minori non accompagnati sono trattenuti solo in circostanze eccezionali. È fatto il possibile affinché i minori non accompagnati trattenuti siano rilasciati il più rapidamente possibile.

I minori non accompagnati non sono mai trattenuti in istituti penitenziari.

Per quanto possibile, ai minori non accompagnati deve essere fornita una sistemazione in istituti dotati di personale e strutture consoni a soddisfare le esigenze di persone della loro età.

Ai minori non accompagnati trattenuti gli Stati membri garantiscono una sistemazione separata dagli adulti.

4.   Alle famiglie trattenute è fornita una sistemazione separata che ne tuteli l’intimità.

5.   Alle richiedenti trattenute gli Stati membri garantiscono una sistemazione separata dai richiedenti uomini, salvo che si tratti di familiari e che tutti gli interessati vi acconsentano.

Si possono applicare eccezioni al primo comma anche per l’uso degli spazi comuni destinati ad attività ricreative o sociali, compresa la fornitura dei pasti.

6.   In casi debitamente giustificati e per un periodo ragionevole di durata più breve possibile, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 2, terzo comma, al paragrafo 4 e al paragrafo 5, primo comma, se il richiedente è trattenuto in un posto di frontiera o in una zona di transito, fatti salvi i casi di cui all’articolo 43 della direttiva 2013/32/UE.

Articolo 12

Nucleo familiare

Quando provvedono ad alloggiare il richiedente, gli Stati membri adottano misure idonee a mantenere nella misura del possibile l’unità del nucleo familiare presente nel loro territorio. Tali misure sono applicate con il consenso del richiedente.

Articolo 13

Esami medici

Gli Stati membri possono disporre che i richiedenti siano sottoposti a esame medico per ragioni di sanità pubblica.

Articolo 14

Scolarizzazione e istruzione dei minori

1.   Gli Stati membri consentono ai figli minori di richiedenti e ai richiedenti minori di accedere al sistema educativo a condizioni simili a quelle dei propri cittadini, finché non sia concretamente eseguito un provvedimento di espulsione nei confronti loro o dei loro genitori. Tale istruzione può essere impartita nei centri di accoglienza.

Gli Stati membri interessati possono stabilire che tale accesso sia limitato al sistema educativo pubblico.

Gli Stati membri non revocano la possibilità di accedere all’istruzione secondaria per il solo fatto che il minore abbia raggiunto la maggiore età.

2.   L’accesso al sistema educativo non è differito di oltre tre mesi dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale da parte o per conto del minore.

Sono impartiti corsi di preparazione, anche di lingua, ai minori, se necessari per agevolarne l’accesso e la partecipazione al sistema educativo come stabilito al paragrafo 1.

3.   Qualora l’accesso al sistema educativo previsto al paragrafo 1 non sia possibile a causa della situazione specifica del minore, lo Stato membro interessato offre altre modalità d’insegnamento conformemente al proprio diritto e alla propria prassi nazionali.

Articolo 15

Lavoro

1.   Gli Stati membri garantiscono l’accesso dei richiedenti al mercato del lavoro entro nove mesi dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale nei casi in cui l’autorità competente non abbia adottato una decisione in primo grado e il ritardo non possa essere attribuito al richiedente.

2.   Gli Stati membri decidono a quali condizioni è concesso al richiedente l’accesso al mercato del lavoro conformemente al diritto nazionale, senza limitare indebitamente tale accesso

Per ragioni connesse alle politiche del mercato del lavoro, gli Stati membri possono dare la precedenza ai cittadini dell’Unione e ai cittadini degli Stati parti dell’accordo sullo spazio economico europeo, nonché ai cittadini di paesi terzi in soggiorno regolare.

3.   L’accesso al mercato del lavoro non è revocato durante i procedimenti di ricorso, quando un ricorso presentato avverso una decisione negativa adottata in esito ad un procedimento ordinario abbia effetto sospensivo, fino al momento della notifica della decisione negativa sul ricorso.

Articolo 16

Formazione professionale

Gli Stati membri possono autorizzare l’accesso dei richiedenti alla formazione professionale indipendentemente dal fatto che abbiano accesso al mercato del lavoro.

L’accesso alla formazione professionale collegata a un contratto di lavoro è subordinato alla possibilità, per il richiedente, di accedere al mercato del lavoro conformemente all’articolo 15.

Articolo 17

Disposizioni generali relative alle condizioni materiali di accoglienza e all’assistenza sanitaria

1.   Gli Stati membri provvedono a che i richiedenti abbiano accesso alle condizioni materiali d’accoglienza nel momento in cui manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale.

2.   Gli Stati membri provvedono a che le condizioni materiali di accoglienza assicurino un’adeguata qualità di vita che garantisca il sostentamento dei richiedenti e ne tuteli la salute fisica e mentale.

Gli Stati membri provvedono a che la qualità di vita sia adeguata alla specifica situazione delle persone vulnerabili, ai sensi dell’articolo 21, nonché alla situazione delle persone che si trovano in stato di trattenimento.

3.   Gli Stati membri possono subordinare la concessione di tutte le condizioni materiali d’accoglienza e dell’assistenza sanitaria, o di parte delle stesse, alla condizione che i richiedenti non dispongano di mezzi sufficienti a garantire loro una qualità della vita adeguata per la loro salute, nonché ad assicurare il loro sostentamento.

4.   Gli Stati membri possono obbligare i richiedenti a sostenere o a contribuire a sostenere i costi delle condizioni materiali di accoglienza e dell’assistenza sanitaria previsti nella presente direttiva, ai sensi del paragrafo 3, qualora i richiedenti dispongano di sufficienti risorse, ad esempio qualora siano stati occupati per un ragionevole lasso di tempo.

Qualora emerga che un richiedente disponeva di mezzi sufficienti ad assicurarsi le condizioni materiali di accoglienza e l’assistenza sanitaria all’epoca in cui tali esigenze essenziali sono state soddisfatte, gli Stati membri possono chiedere al richiedente un rimborso.

5.   Qualora gli Stati membri forniscano le condizioni materiali di accoglienza in forma di sussidi economici o buoni, l’ammontare dei medesimi è fissato sulla base del livello o dei livelli stabiliti dallo Stato membro interessato, secondo la legge o la prassi, in modo da garantire una qualità di vita adeguata ai propri cittadini. Gli Stati membri possono accordare ai richiedenti un trattamento meno favorevole di quello che accordano ai loro cittadini, in particolare nei casi in cui un sostegno materiale è parzialmente fornito in natura o quando il livello o i livelli, applicati ai cittadini, sono intesi ad assicurare un tenore di vita più elevato di quello prescritto per i richiedenti ai sensi della presente direttiva.

Articolo 18

Modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza

1.   Nel caso in cui l’alloggio è fornito in natura, esso dovrebbe essere concesso in una delle seguenti forme oppure mediante una combinazione delle stesse:

a)

in locali utilizzati per alloggiare i richiedenti durante l’esame della domanda di protezione internazionale presentata alla frontiera o in zone di transito;

b)

in centri di accoglienza che garantiscano una qualità di vita adeguata;

c)

in case private, appartamenti, alberghi o altre strutture atte a garantire un alloggio per i richiedenti.

2.   Fatte salve le condizioni specifiche di trattenimento di cui agli articoli 10 e 11, in relazione agli alloggi di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c) del presente articolo, gli Stati membri provvedono affinché:

a)

sia garantita ai richiedenti la tutela della vita familiare;

b)

i richiedenti abbiano la possibilità di comunicare con i parenti, gli avvocati o i consulenti legali, i rappresentanti dell’UNHCR e altri organismi e organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi competenti;

c)

ai familiari, agli avvocati o ai consulenti legali nonché ai rappresentanti dell’UNHCR e di organizzazioni non governative competenti riconosciute dallo Stato membro interessato, sia consentito l’accesso al fine di assistere i richiedenti. Possono essere previste limitazioni dell’accesso soltanto per la sicurezza dei locali e dei richiedenti.

3.   Gli Stati membri tengono conto delle differenze di genere e di età e della situazione delle persone con esigenze particolari all’interno dei locali e dei centri di accoglienza di cui al paragrafo 1, lettere a) e b).

4.   Gli Stati membri adottano le misure opportune per prevenire la violenza e la violenza di genere in particolare, compresa la violenza sessuale e le molestie, all’interno dei locali e dei centri di accoglienza di cui al paragrafo 1, lettere a) e b).

5.   Gli Stati membri provvedono, per quanto possibile, che i richiedenti che sono adulti dipendenti con particolari esigenze di accoglienza siano alloggiati insieme a parenti stretti adulti già presenti nel medesimo Stato membro e che sono responsabili nei loro confronti in base alla legge o alla prassi dello Stato membro interessato.

6.   Gli Stati membri provvedono a che i trasferimenti di richiedenti da una struttura alloggiativa a un’altra avvengano soltanto se necessari. Gli Stati membri dispongono che i richiedenti possano informare i loro avvocati o consulenti legali del trasferimento e del loro nuovo indirizzo.

7.   Le persone che lavorano nei centri di accoglienza ricevono una formazione adeguata e sono soggette alle norme in materia di riservatezza previste dal diritto nazionale, in ordine alle informazioni di cui vengano a conoscenza nel corso della loro attività.

8.   Gli Stati membri possono coinvolgere i richiedenti nella gestione delle risorse materiali e degli aspetti non materiali della vita nei centri attraverso comitati o consigli consultivi rappresentativi delle persone residenti.

9.   In casi debitamente giustificati gli Stati membri possono stabilire in via eccezionale modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza diverse da quelle previste nel presente articolo, per un periodo ragionevole e di durata più breve possibile, qualora:

a)

sia richiesta una valutazione delle esigenze specifiche del richiedente, ai sensi dell’articolo 22,

b)

le capacità di alloggio normalmente disponibili siano temporaneamente esaurite.

Siffatte diverse condizioni soddisfano comunque le esigenze essenziali.

Articolo 19

Assistenza sanitaria

1.   Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti ricevano la necessaria assistenza sanitaria che comprende quanto meno le prestazioni di pronto soccorso e il trattamento essenziale delle malattie e di gravi disturbi mentali.

2.   Gli Stati membri forniscono la necessaria assistenza medica, o di altro tipo, ai richiedenti con esigenze di accoglienza particolari, comprese, se necessarie, appropriate misure di assistenza psichica.

CAPO III

RIDUZIONE O REVOCA DELLE CONDIZIONI MATERIALI DI ACCOGLIENZA

Articolo 20

Riduzione o revoca delle condizioni materiali di accoglienza

1.   Gli Stati membri possono ridurre o, in casi eccezionali debitamente motivati, revocare le condizioni materiali di accoglienza qualora il richiedente:

a)

lasci il luogo di residenza determinato dall’autorità competente senza informare tali autorità, oppure, ove richiesto, senza permesso; o

b)

contravvenga all’obbligo di presentarsi alle autorità o alla richiesta di fornire informazioni o di comparire per un colloquio personale concernente la procedura d’asilo durante un periodo di tempo ragionevole stabilito dal diritto nazionale; o

c)

abbia presentato una domanda reiterata quale definita all’articolo 2, lettera q), della direttiva 2013/32/UE.

In relazione ai casi di cui alle lettere a) e b), se il richiedente viene rintracciato o si presenta volontariamente all’autorità competente, viene adottata una decisione debitamente motivata, basata sulle ragioni della scomparsa, nel ripristino della concessione di tutte le condizioni materiali di accoglienza revocate o ridotte o di una parte di esse.

2.   Gli Stati membri possono inoltre ridurre le condizioni materiali di accoglienza quando possono accertare che il richiedente, senza un giustificato motivo, non ha presentato la domanda di protezione internazionale non appena ciò era ragionevolmente fattibile dopo il suo arrivo in tale Stato membro.

3.   Gli Stati membri possono ridurre o revocare le condizioni materiali di accoglienza qualora un richiedente abbia occultato risorse finanziarie, beneficiando in tal modo indebitamente delle condizioni materiali di accoglienza.

4.   Gli Stati membri possono prevedere sanzioni applicabili alle gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza nonché ai comportamenti gravemente violenti.

5.   Le decisioni di ridurre o revocare le condizioni materiali di accoglienza o le sanzioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 del presente articolo, sono adottate in modo individuale, obiettivo e imparziale e sono motivate. Le decisioni sono basate sulla particolare situazione della persona interessata, specialmente per quanto concerne le persone contemplate all’articolo 21, tenendo conto del principio di proporzionalità. Gli Stati membri assicurano in qualsiasi circostanza l’accesso all’assistenza sanitaria ai sensi dell’articolo 19 e garantiscono un tenore di vita dignitoso per tutti i richiedenti.

6.   Gli Stati membri provvedono a che le condizioni materiali di accoglienza non siano revocate o ridotte prima che sia adottata una decisione ai sensi del paragrafo 5.

CAPO IV

DISPOSIZIONI A FAVORE DELLE PERSONE VULNERABILI

Articolo 21

Principio generale

Nelle misure nazionali di attuazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili quali i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime della tratta degli esseri umani, le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali e le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, quali le vittime di mutilazioni genitali femminili.

Articolo 22

Valutazione delle particolari esigenze di accoglienza delle persone vulnerabili

1.   Al fine di applicare efficacemente l’articolo 21, gli Stati membri valutano se il richiedente abbia esigenze di accoglienza particolari e precisano la natura delle stesse.

Tale valutazione è avviata entro un termine ragionevole dopo la presentazione della domanda di protezione internazionale e può essere integrata nelle procedure nazionali esistenti. Gli Stati membri provvedono affinché tali esigenze di accoglienza particolari siano affrontate, secondo le disposizioni della presente direttiva, anche se si manifestano in una fase successiva della procedura di asilo.

Gli Stati membri assicurano che il sostegno fornito ai richiedenti con esigenze di accoglienza particolari ai sensi della presente direttiva tenga conto delle loro esigenze di accoglienza particolari durante l’intera procedura di asilo e provvedono a un appropriato controllo della loro situazione.

2.   La valutazione di cui al paragrafo 1 non deve assumere la forma di una procedura amministrativa.

3.   Solo le persone vulnerabili ai sensi dell’articolo 21 possono essere considerate come persone con esigenze di accoglienza particolari e possono pertanto beneficiare del sostegno particolare previsto conformemente alla presente direttiva.

4.   La valutazione di cui al paragrafo 1 non pregiudica la valutazione delle esigenze di protezione internazionale di cui alla direttiva 2011/95/UE.

Articolo 23

Minori

1.   L’interesse superiore del minore costituisce un criterio fondamentale nell’attuazione, da parte degli Stati membri, delle disposizioni della presente direttiva concernenti i minori. Gli Stati membri assicurano un livello di vita adeguato allo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale del minore.

2.   Nel valutare l’interesse superiore del minore, gli Stati membri tengono debito conto, in particolare, dei seguenti fattori:

a)

la possibilità di ricongiungimento familiare;

b)

il benessere e lo sviluppo sociale del minore, con particolare riguardo ai trascorsi del minore;

c)

le considerazioni in ordine all’incolumità e alla sicurezza, in particolare se sussiste il rischio che il minore sia vittima della tratta di esseri umani;

d)

l’opinione del minore, secondo la sua età e maturità.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché i minori possano svolgere attività di tempo libero, compresi il gioco e le attività ricreative consone alla loro età, all’interno dei locali e dei centri di accoglienza di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere a) e b), e attività all’aria aperta.

4.   Gli Stati membri garantiscono l’accesso ai servizi di riabilitazione per i minori che abbiano subito qualsiasi forma di abuso, negligenza, sfruttamento, tortura, trattamento crudele, disumano o degradante o che abbiano sofferto gli effetti di un conflitto armato e assicurano che siano predisposte, ove necessario, appropriate misure di assistenza psichica e una consulenza qualificata.

5.   Gli Stati membri provvedono, affinché i figli minori dei richiedenti e i richiedenti minori siano alloggiati assieme ai loro genitori, i fratelli minori non coniugati o gli adulti che ne abbiano la responsabilità per legge o per la prassi dello Stato membro interessato, purché sia nell’interesse superiore dei minori in questione.

Articolo 24

Minori non accompagnati

1.   Gli Stati membri adottano quanto prima misure atte ad assicurare che un rappresentante rappresenti e assista il minore non accompagnato per consentirgli di godere dei diritti e assolvere agli obblighi previsti dalla presente direttiva. Il minore non accompagnato è immediatamente informato della nomina del rappresentante. Il rappresentante svolge i suoi doveri in conformità del principio dell’interesse superiore del minore, come prescrive l’articolo 23, paragrafo 2, e possiede le competenze necessarie a tale scopo. Al fine di assicurare il benessere e lo sviluppo sociale del minore di cui all’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), la persona che funge da rappresentante è sostituita solo in caso di necessità. Le organizzazioni o gli individui i cui interessi contrastano o possono potenzialmente contrastare con quelli del minore non accompagnato non sono ammissibili ad assumere il ruolo di rappresentanti.

Le autorità competenti effettuano periodiche verifiche, anche per quanto riguarda la disponibilità dei mezzi necessari per rappresentare il minore non accompagnato.

2.   I minori non accompagnati che presentano domanda di protezione internazionale, dal momento in cui entrano nel territorio dello Stato membro in cui la domanda di protezione internazionale è stata presentata o é esaminata sino al momento in cui ne debbono uscire, sono alloggiati:

a)

presso familiari adulti;

b)

presso una famiglia affidataria;

c)

in centri di accoglienza che dispongano di specifiche strutture per i minori;

d)

in altri alloggi idonei per i minori.

Gli Stati membri possono alloggiare i minori non accompagnati che abbiano compiuto i 16 anni in centri di accoglienza per adulti richiedenti, se è nel loro interesse superiore, come prescrive l’articolo 23, paragrafo 2.

Per quanto possibile i fratelli sono alloggiati insieme, tenendo conto dell’interesse superiore del minore in questione e, in particolare, della sua età e del grado di maturità. I cambi di residenza di minori non accompagnati sono limitati al minimo.

3.   Gli Stati membri iniziano a rintracciare quanto prima i familiari del minore non accompagnato, se necessario con l’assistenza di organizzazioni internazionali o altre organizzazioni competenti, non appena sia manifestata la volontà di chiedere la protezione internazionale, sempre tutelandone l’interesse superiore. Nei casi in cui sussistano rischi per la vita o l’integrità del minore o dei suoi parenti stretti, in particolare se questi sono rimasti nel paese di origine, la raccolta, il trattamento e la diffusione delle informazioni relative a queste persone sono effettuate in via confidenziale, in modo da non mettere in pericolo la loro sicurezza.

4.   Le persone che si occupano di minori non accompagnati hanno ricevuto e continuano a ricevere una specifica formazione in merito alle particolari esigenze degli stessi e sono soggette, conformemente a quanto stabilito dal diritto nazionale, all’obbligo di riservatezza relativamente alle informazioni di cui dovessero venire a conoscenza durante l’attività da loro svolta.

Articolo 25

Vittime di tortura e di violenza

1.   Gli Stati membri provvedono affinché le persone che hanno subito torture, stupri o altri gravi atti di violenza ricevano il necessario trattamento per il danno provocato da tali atti, e accedano in particolare ad assistenza o cure mediche e psicologiche appropriate.

2.   Le persone che si occupano delle vittime di torture, stupri o altri gravi atti di violenza hanno ricevuto e continuano a ricevere una specifica formazione in merito alle esigenze delle stesse e sono soggette, conformemente a quanto stabilito dal diritto nazionale, all’obbligo di riservatezza relativamente alle informazioni di cui dovessero venire a conoscenza nello svolgimento della loro attività.

CAPO V

MEZZI DI RICORSO

Articolo 26

Mezzi di ricorso

1.   Gli Stati membri garantiscono che le decisioni relative alla concessione, alla revoca o alla riduzione di benefici ai sensi della presente direttiva o le decisioni adottate ai sensi dell’articolo 7 che riguardano individualmente i richiedenti possano essere impugnate secondo le modalità stabilite dal diritto nazionale. Almeno in ultimo grado è garantita la possibilità di ricorso o riesame, in fatto e in diritto, dinanzi a un’autorità giurisdizionale.

2.   Nei casi di ricorso o riesame dinanzi a un’autorità giurisdizionale di cui al paragrafo 1, gli Stati membri garantiscono l’accesso gratuito all’assistenza e alla rappresentanza legali su richiesta, nella misura in cui tale assistenza e rappresentanza legali sono necessarie per garantire l’accesso effettivo alla giustizia. Ciò include, come minimo, la preparazione dei documenti procedurali necessari e la partecipazione all’udienza dinanzi alle autorità giurisdizionali a nome del richiedente.

L’assistenza e la rappresentanza legali gratuite sono fornite da persone adeguatamente qualificate, autorizzate o riconosciute ai sensi del diritto nazionale, i cui interessi non contrastano o non possono potenzialmente contrastare con quelli del richiedente.

3.   Gli Stati membri possono anche disporre che l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite siano concesse:

a)

soltanto a chi non disponga delle risorse necessarie; e/o

b)

soltanto mediante i servizi forniti da avvocati o altri consulenti legali che sono specificamente designati dal diritto nazionale ad assistere e rappresentare i richiedenti.

Gli Stati membri possono disporre che l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite non siano accordate se un’autorità competente ritiene che il ricorso o la revisione non abbiano prospettive concrete di successo. In tal caso, gli Stati membri garantiscono che l’assistenza e la rappresentanza legali non siano oggetto di restrizioni arbitrarie e che non sia ostacolato l’accesso effettivo del richiedente alla giustizia.

4.   Gli Stati membri possono altresì:

a)

imporre limiti monetari e/o temporali alla prestazione di assistenza e rappresentanza legali gratuite, purché essi non costituiscano restrizioni arbitrarie all’assistenza e alla rappresentanza legali;

b)

prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese, che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevole di quello di norma concesso ai propri cittadini per questioni che rientrano nell’assistenza legale.

5.   Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata adottata in base a informazioni false fornite dal richiedente.

6.   Le modalità di accesso all’assistenza e alla rappresentanza legali sono stabilite dal diritto nazionale.

CAPO VI

AZIONI VOLTE A MIGLIORARE L’EFFICIENZA DEL SISTEMA DI ACCOGLIENZA

Articolo 27

Autorità competenti

Gli Stati membri notificano alla Commissione le autorità responsabili dell’esecuzione degli obblighi risultanti dalla presente direttiva. Gli Stati membri informano la Commissione di qualsiasi cambiamento in ordine alle autorità designate.

Articolo 28

Sistema di orientamento, sorveglianza e controllo

1.   Gli Stati membri, nel debito rispetto della loro struttura costituzionale, mettono in atto opportuni meccanismi con cui assicurare adeguate misure di orientamento, sorveglianza e controllo del livello delle condizioni di accoglienza.

2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione le pertinenti informazioni usando il modulo di cui all’allegato I entro il 20 luglio 2016.

Articolo 29

Personale e risorse

1.   Gli Stati membri adottano le misure adeguate per garantire che le autorità competenti e le organizzazioni che danno attuazione alla presente direttiva abbiano ricevuto la necessaria formazione di base riguardo alle esigenze dei richiedenti di entrambi i sessi.

2.   Gli Stati membri stanziano le risorse necessarie per le misure nazionali di attuazione della presente direttiva.

CAPO VII

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 30

Relazioni

Entro il 20 luglio 2017 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva, proponendo all’occorrenza le necessarie modifiche.

Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni utili ai fini della relazione entro il 20 luglio 2016.

Successivamente alla prima relazione, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio almeno ogni cinque anni sull’applicazione della presente direttiva.

Articolo 31

Recepimento

1.   Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 12, da 14 a 28 e 30 e all’allegato I entro il 20 luglio 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì un’indicazione da cui risulti che i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva, contenuti in disposizioni legislative, regolamentari e amministrative previgenti, devono intendersi come riferimenti fatti alla presente direttiva. Le modalità di tale riferimento nonché la formulazione di detta indicazione sono decise dagli Stati membri.

2.   Gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle principali disposizioni nazionali che essi adottano nel settore contemplato dalla presente direttiva.

Articolo 32

Abrogazione

La direttiva 2003/9/CE è abrogata per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva con effetto dal 21 luglio 2015, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine di recepimento nel diritto interno di cui all’allegato II, parte B.

I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato III.

Articolo 33

Entrata in vigore e applicazione

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Gli articoli 13 e 29 si applicano dal 21 luglio 2015.

Articolo 34

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva in conformità dei trattati.

Fatto a Bruxelles, il 26 giugno 2013

Per il Parlamento europeo

Il presidente

M. SCHULZ

Per il Consiglio

Il presidente

A. SHATTER


(1)  GU C 317 del 23.12.2009, pag. 110 e GU C 24 del 28.1.2012, pag. 80.

(2)  GU C 79 del 27.3.2010, pag. 58.

(3)  Posizione del Parlamento europeo del 7 maggio 2009 (GU C 212 E del 5.8.2010, pag. 348) e posizione del Consiglio in prima lettura del 6 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 10 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).

(4)  GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18.

(5)  GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9.

(6)  GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.

(7)  GU L 212 del 7.8.2001, pag. 12.

(8)  Cfr. pag. 60 della presente Gazzetta ufficiale.

(9)  GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98.

(10)  Cfr. pag. 31 della presente Gazzetta ufficiale.


ALLEGATO I

Modulo per la comunicazione, a cura degli Stati membri, delle informazioni di cui all’articolo 28, paragrafo 2

Trascorsa la data di cui all’articolo 28, paragrafo 2, le informazioni a cura degli Stati membri devono essere ripresentate alla Commissione se una modifica sostanziale nel diritto o nella prassi nazionale rende necessario sostituirle.

1.

Sulla base dell’articolo 2, lettera k), e dell’articolo 22, indicare le varie fasi di identificazione delle persone con particolari esigenze di accoglienza, specificando il momento in cui tale identificazione ha inizio e come vengono affrontate di conseguenza tali esigenze, in particolare per quanto riguarda i minori non accompagnati, le vittime di tortura, stupro o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale e le vittime della tratta di esseri umani.

2.

Fornire informazioni complete su tipo, denominazione e formato dei documenti di cui all’articolo 6.

3.

Con riferimento all’articolo 15, indicare in quale misura l’accesso dei richiedenti al mercato del lavoro è subordinato a determinate condizioni e descrivere tali limitazioni in dettaglio.

4.

Con riferimento all’articolo 2, lettera g), descrivere in che modo sono fornite le condizioni materiali di accoglienza (vale a dire in natura, in denaro, in buoni o in una combinazione di questi elementi) e indicare l’importo del sussidio per le spese giornaliere versato ai richiedenti.

5.

Ove opportuno, con riferimento all’articolo 17, paragrafo 5, illustrare il criterio o i criteri di riferimento applicati per diritto o prassi nazionali per determinare il livello di assistenza finanziaria accordata ai richiedenti. Se i richiedenti sono trattati in modo meno favorevole rispetto ai cittadini nazionali, spiegarne i motivi.


ALLEGATO II

PARTE A

Direttiva abrogata

(cfr. articolo 32)

Direttiva 2003/9/CE del Consiglio

(GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18).

PARTE B

Termine di recepimento nel diritto interno

(cfr. articolo 32)

Direttiva

Termine del recepimento

2003/9/CE

6 febbraio 2005


ALLEGATO III

Tavola di concordanza

Direttiva 2003/9/CE

La presente direttiva

Articolo 1

Articolo 1

Articolo 2, frase introduttiva

Articolo 2, frase introduttiva

Articolo 2, lettera a)

Articolo 2, lettera b)

Articolo 2, lettera a)

Articolo 2, lettera c)

Articolo 2, lettera b)

Articolo 2, lettera d), frase introduttiva

Articolo 2, lettera c), frase introduttiva

Articolo 2, lettera d), punto i)

Articolo 2, lettera c), primo trattino

Articolo 2, lettera d), punto ii)

Articolo 2, lettera c), secondo trattino

Articolo 2, lettera c), terzo trattino

Articolo 2, lettere e), f) e g)

Articolo 2, lettera d)

Articolo 2, lettera h)

Articolo 2, lettera e)

Articolo 2, lettera i)

Articolo 2, lettera f)

Articolo 2, lettera j)

Articolo 2, lettera g)

Articolo 2, lettera k)

Articolo 2, lettera h)

Articolo 2, lettera l)

Articolo 2, lettera i)

Articolo 2, lettera j)

Articolo 2, lettera k)

Articolo 3

Articolo 3

Articolo 4

Articolo 4

Articolo 5

Articolo 5

Articolo 6, paragrafi da 1 a 5

Articolo 6, paragrafi da 1 a 5

Articolo 6, paragrafo 6

Articolo 7, paragrafi 1 e 2

Articolo 7, paragrafi 1 e 2

Articolo 7, paragrafo 3

Articolo 7, paragrafi da 4 a 6

Articolo 7, paragrafi da 3 a 5

Articolo 8

Articolo 9

Articolo 10

Articolo 11

Articolo 8

Articolo 12

Articolo 9

Articolo 13

Articolo 10, paragrafo 1

Articolo 14, paragrafo 1

Articolo 10, paragrafo 2

Articolo 14, paragrafo 2, primo comma

Articolo 14, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 10, paragrafo 3

Articolo 14, paragrafo 3

Articolo 11, paragrafo 1

Articolo 15, paragrafo 1

Articolo 11, paragrafo 2

Articolo 15, paragrafo 2

Articolo 11, paragrafo 3

Articolo 15, paragrafo 3

Articolo 11, paragrafo 4

Articolo 12

Articolo 16

Articolo 13, paragrafi da 1 a 4

Articolo 17, paragrafi da 1 a 4

Articolo 13, paragrafo 5

Articolo 17, paragrafo 5

Articolo 14, paragrafo 1

Articolo 18, paragrafo 1

Articolo 14, paragrafo 2, primo comma, frase introduttiva, lettere a) e b)

Articolo 18, paragrafo 2, frase introduttiva, lettere a) e b)

Articolo 14, paragrafo 7

Articolo 18, paragrafo 2, lettera c)

Articolo 18, paragrafo 3

Articolo 14, paragrafo 2, secondo comma

Articolo 18, paragrafo 4

Articolo 14, paragrafo 3

Articolo 18, paragrafo 5

Articolo 14, paragrafo 4

Articolo 18, paragrafo 6

Articolo 14, paragrafo 5

Articolo 18, paragrafo 7

Articolo 14, paragrafo 6

Articolo 18, paragrafo 8

Articolo 14, paragrafo 8, primo comma, frase introduttiva, primo trattino

Articolo 18, paragrafo 9, primo comma, frase introduttiva, lettera a)

Articolo 14, paragrafo 8, primo comma, secondo trattino

Articolo 14, paragrafo 8, primo comma, terzo trattino

Articolo 18, paragrafo 9, primo comma, lettera b)

Articolo 14, paragrafo 8, primo comma, quarto trattino

Articolo 14, paragrafo 8, secondo comma

Articolo 18, paragrafo 9, secondo comma

Articolo 15

Articolo 19

Articolo 16, paragrafo 1, frase introduttiva

Articolo 20, paragrafo 1, frase introduttiva

Articolo 16, paragrafo 1, lettera a), primo comma, primo, secondo e terzo trattino

Articolo 20, paragrafo 1, primo comma, lettere a), b) e c)

Articolo 16, paragrafo 1, lettera a), secondo comma

Articolo 20, paragrafo 1, secondo comma

Articolo 16, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 16, paragrafo 2

Articolo 20, paragrafi 2 e 3

Articolo 16, paragrafi da 3 a 5

Articolo 20, paragrafi da 4 a 6

Articolo 17, paragrafo 1

Articolo 21

Articolo 17, paragrafo 2

Articolo 22

Articolo 18, paragrafo 1

Articolo 23, paragrafo 1

Articolo 23, paragrafi 2 e 3

Articolo 18, paragrafo 2

Articolo 23, paragrafo 4

Articolo 23, paragrafo 5

Articolo 19

Articolo 24

Articolo 20

Articolo 25, paragrafo 1

Articolo 25, paragrafo 2

Articolo 21, paragrafo 1

Articolo 26, paragrafo 1

Articolo 26, paragrafi da 2 a 5

Articolo 21, paragrafo 2

Articolo 26, paragrafo 6

Articolo 22

Articolo 27

Articolo 23

Articolo 28, paragrafo 1

Articolo 28, paragrafo 2

Articolo 24

Articolo 29

Articolo 25

Articolo 30

Articolo 26

Articolo 31

Articolo 32

Articolo 27

Articolo 33, primo comma

Articolo 33, secondo comma

Articolo 28

Articolo 34

Allegato I

Allegato II

Allegato III