ISSN 1725-258X

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

L 310

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

48o anno
25 novembre 2005


Sommario

 

I   Atti per i quali la pubblicazione è una condizione di applicabilità

pagina

 

 

 

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Direttiva 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali ( 1 )

1

 

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Direttiva 2005/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, sull’omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda la loro riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio

10

 

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Direttiva 2005/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa al miglioramento della sicurezza dei porti ( 1 )

28

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE.

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


I Atti per i quali la pubblicazione è una condizione di applicabilità

25.11.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 310/1


DIRETTIVA 2005/56/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 26 ottobre 2005

relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 44,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),

considerando quanto segue:

(1)

Vi è una necessità di cooperazione e di raggruppamento tra società di capitali di Stati membri diversi. Tuttavia, per quanto riguarda le fusioni transfrontaliere di società di capitali, esse incontrano molte difficoltà a livello legislativo ed amministrativo nella Comunità. È pertanto necessario, al fine di garantire il completamento ed il funzionamento del mercato unico, adottare disposizioni comunitarie volte a facilitare la realizzazione di fusioni transfrontaliere tra diversi tipi di società di capitali soggette alle legislazioni di Stati membri diversi.

(2)

La presente direttiva facilita la fusione transfrontaliera delle società di capitali quali da essa definite. È necessario che le legislazioni degli Stati membri consentano la fusione transfrontaliera di una società di capitali nazionale con una società di capitali di un altro Stato membro se la legislazione nazionale dello Stato membro in questione consente le fusioni fra tali tipi di società.

(3)

Per facilitare le operazioni di fusione transfrontaliera, è opportuno prevedere che, se la presente direttiva non dispone altrimenti, ogni società partecipante ad una fusione transfrontaliera ed ogni terzo interessato restino soggetti alle disposizioni e alle formalità della legislazione nazionale che sarebbe applicabile in caso di fusione nazionale. Nessuna delle disposizioni e delle formalità della legislazione nazionale cui si fa riferimento nella presente direttiva dovrebbe introdurre restrizioni alla libertà di stabilimento o di circolazione di capitali, a meno che tali restrizioni non possano essere giustificate in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia e, in particolare, da esigenze di interesse generale e non siano necessarie e proporzionate al raggiungimento di tali esigenze imperative.

(4)

È necessario che il progetto comune di fusione transfrontaliera sia realizzato negli stessi termini per ciascuna delle società interessate nei diversi Stati membri. Si dovrebbe di conseguenza precisare il contenuto minimo di tale progetto comune, fermo restando che le società in questione restano libere di mettersi d’accordo su altri elementi del progetto.

(5)

Per proteggere gli interessi sia dei soci che dei terzi, per ogni società partecipante alla fusione, sia il progetto comune di fusione transfrontaliera sia la realizzazione della fusione transfrontaliera devono essere oggetto di pubblicità nell’apposito registro pubblico.

(6)

Le legislazioni di tutti gli Stati membri dovrebbero prevedere l’elaborazione a livello nazionale di una relazione sul progetto comune di fusione transfrontaliera da parte di uno o più esperti per ogni società che partecipi ad una fusione. Per limitare le spese di esperti connesse alle fusioni transfrontaliere, si dovrebbe prevedere la possibilità di redigere una relazione unica destinata a tutti i soci delle società che partecipano ad un’operazione di fusione transfrontaliera. Il progetto comune di fusione transfrontaliera deve essere approvato dall’assemblea generale di ciascuna di tali società.

(7)

Per facilitare le operazioni di fusione transfrontaliera, il controllo del perfezionamento e della legittimità del processo decisionale di ogni società che partecipa ad una fusione transfrontaliera dovrebbe essere effettuato dall’autorità nazionale competente per ciascuna di tali società, mentre il controllo del perfezionamento e della legittimità della realizzazione della fusione transfrontaliera dovrebbe spettare all’autorità nazionale competente per la società derivante da detta fusione. Tale autorità nazionale può essere un tribunale, un notaio o qualsiasi altra autorità competente designata dallo Stato membro interessato. È inoltre opportuno stabilire in virtù di quale legislazione nazionale è determinata la data alla quale la fusione transfrontaliera acquista efficacia; tale legislazione è quella cui è soggetta la società derivante dalla fusione transfrontaliera.

(8)

Per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi, occorrerebbe indicare gli effetti giuridici della fusione transfrontaliera distinguendo a seconda che la società derivante dalla fusione transfrontaliera sia una società incorporante o una nuova società. Ai fini della certezza del diritto, non dovrebbe essere più possibile dichiarare nulla la fusione transfrontaliera dopo la data alla quale essa ha acquisito efficacia.

(9)

La presente direttiva non pregiudica l’applicazione della normativa sul controllo delle concentrazioni fra imprese, sia a livello comunitario da parte del regolamento (CE) n. 139/2004 (3) sia a livello degli Stati membri.

(10)

La presente direttiva lascia impregiudicate la normativa comunitaria che disciplina gli intermediari del credito e le altre società finanziarie e le disposizioni nazionali emanate in conformità di detta normativa comunitaria.

(11)

La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione di qualsiasi Stato membro che prescriva informazioni sulla sede dell’amministrazione centrale o il centro di attività principale proposto per la società derivante dalla fusione transfrontaliera.

(12)

I diritti dei lavoratori diversi dai diritti di partecipazione dovrebbero continuare ad essere disciplinati dalle disposizioni nazionali di cui alla direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, in materia di licenziamenti collettivi (4), dalla direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (5), dalla direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea (6), nonché dalla direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (7).

(13)

Se i lavoratori hanno diritti di partecipazione in una delle società che partecipano alla fusione, nelle circostanze previste dalla presente direttiva, e se la legislazione nazionale dello Stato membro in cui ha sede la società derivante dalla fusione transfrontaliera non prevede un livello di partecipazione identico a quello attuato nelle società che partecipano alla fusione, anche in comitati dell’organo di vigilanza che abbiano poteri decisionali, oppure non contempla un diritto ad esercitare diritti di partecipazione identico per i lavoratori di società derivanti dalla fusione transfrontaliera, vanno disciplinati la partecipazione dei lavoratori nella società derivante dalla fusione transfrontaliera e il loro coinvolgimento nella definizione di tali diritti. A tal fine, si applicano i principi e le procedure previsti nel regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, relativo allo statuto della Società europea (SE) (8) e nella direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che completa lo statuto della Società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (9), fatte salve tuttavia le modifiche ritenute necessarie in quanto la società derivante dalla fusione transfrontaliera sarà soggetta alla legislazione nazionale dello Stato membro in cui ha la sede sociale. Gli Stati membri possono provvedere, secondo quanto previsto dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/86/CE, a un rapido avvio dei negoziati a norma dell’articolo 16 della presente direttiva, al fine di non ritardare inutilmente le fusioni.

(14)

Al fine di stabilire il livello di partecipazione dei lavoratori nelle società che partecipano alla fusione di cui trattasi, si dovrebbe tener conto anche della quota di rappresentanti dei lavoratori tra i membri dell’organo di direzione che è competente per i centri di profitto delle società, qualora sia prevista la partecipazione dei lavoratori.

(15)

Poiché lo scopo dell’azione proposta, vale a dire l’adozione di una regolamentazione comprendente elementi comuni applicabili a livello transnazionale, non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’azione proposta, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(16)

Conformemente al paragrafo 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (10), gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a redigere e rendere pubbliche, nell’interesse proprio e della Comunità, tabelle indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Ambito d’applicazione

La presente direttiva si applica alle fusioni di società di capitali costituite in conformità della legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nella Comunità, a condizione che almeno due di esse siano soggette alla legislazione di Stati membri diversi (in seguito denominate «fusioni transfrontaliere»).

Articolo 2

Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1.

«società di capitali», in seguito denominata «società»:

a)

una società ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 68/151/CEE (11); o

b)

una società dotata di capitale sociale e avente personalità giuridica, che possiede un patrimonio distinto il quale risponde, da solo, dei debiti della società e che è soggetta in virtù della sua legislazione nazionale alle condizioni di garanzia previste dalla direttiva 68/151/CEE per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi;

2.

«fusione» l’operazione mediante la quale:

a)

una o più società trasferiscono, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio attivo e passivo ad altra società preesistente — la società incorporante — mediante l’assegnazione ai loro soci di titoli o quote rappresentativi del capitale sociale della società incorporante ed eventualmente di un conguaglio in contanti non superiore al 10 % del valore nominale di tali titoli o di tali quote o, in mancanza di valore nominale, della loro parità contabile; o

b)

due o più società trasferiscono, all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio attivo e passivo ad una società da loro costituita — la nuova società — mediante l’assegnazione ai propri soci di titoli o quote rappresentativi del capitale sociale della nuova società ed eventualmente di un conguaglio in contanti non superiore al 10 % del valore nominale di tali titoli o quote o, in mancanza di valore nominale, della loro parità contabile; o

c)

una società trasferisce, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del proprio patrimonio attivo e passivo alla società che detiene la totalità delle quote o dei titoli rappresentativi del suo capitale sociale.

Articolo 3

Ulteriori disposizioni sull’ambito di applicazione

1.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, la presente direttiva si applica anche alle fusioni transfrontaliere allorché la legislazione di almeno uno degli Stati membri interessati consente che il conguaglio in contanti di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), superi il 10 % del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli o delle quote che rappresentano il capitale della società risultante dalla fusione transfrontaliera.

2.   Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva alle fusioni transfrontaliere a cui partecipa una società cooperativa, anche nei casi in cui quest’ultima rientrerebbe nella definizione di «società di capitali» di cui all’articolo 2, paragrafo 1.

3.   La presente direttiva non si applica alle fusioni transfrontaliere a cui partecipa una società avente per oggetto l’investimento collettivo di capitali raccolti presso il pubblico, che opera secondo il principio della ripartizione del rischio e le cui quote, a richiesta dei possessori, sono riscattate o rimborsate, direttamente o indirettamente, attingendo alle attività di detta società. Gli atti o le operazioni compiuti da tale società per garantire che la quotazione in borsa delle sue quote non vari in modo significativo rispetto al valore netto d’inventario sono considerati equivalenti a un tale riscatto o rimborso.

Articolo 4

Condizioni relative alle fusioni transfrontaliere

1.   Se la presente direttiva non dispone altrimenti:

a)

le fusioni transfrontaliere sono possibili solo tra tipi di società a cui la legislazione nazionale degli Stati membri interessati consente di fondersi; e

b)

una società che partecipa ad una fusione transfrontaliera rispetta le disposizioni e le formalità della legislazione nazionale cui è soggetta. Se la legislazione di uno Stato membro consente alle autorità nazionali di opporsi, per motivi di interesse pubblico, ad una fusione a livello nazionale, tale legislazione si applica anche a una fusione transfrontaliera se almeno una delle società che partecipano alla fusione è soggetta al diritto di tale Stato membro. La presente disposizione non si applica nella misura in cui è applicabile l’articolo 21 del regolamento (CE) n. 139/2004.

2.   Le disposizioni e le formalità di cui al paragrafo 1, lettera b), riguardano, in particolare il processo decisionale relativo alla fusione e, tenuto conto del carattere transfrontaliero della fusione, la protezione dei creditori delle società che partecipano alla fusione, degli obbligazionisti e dei possessori di titoli o quote, nonché dei lavoratori per quanto riguarda i diritti diversi da quelli disciplinati dall’articolo 16. Uno Stato membro può, in caso di società partecipanti a una fusione transfrontaliera cui si applica la sua legislazione, adottare disposizioni volte ad assicurare una protezione adeguata dei soci di minoranza che si sono opposti alla fusione transfrontaliera.

Articolo 5

Progetto comune di fusione transfrontaliera

L’organo di direzione o di amministrazione di ogni società che partecipa ad una fusione prepara il progetto comune di fusione transfrontaliera. Tale progetto comprende almeno:

a)

la forma, la denominazione e la sede statutaria delle società che partecipano alla fusione e quelle previste per la società derivante dalla fusione transfrontaliera;

b)

il rapporto di cambio dei titoli o delle quote rappresentativi del capitale sociale ed eventualmente l’importo del conguaglio in contanti;

c)

le modalità di assegnazione dei titoli o delle quote rappresentativi del capitale sociale della società derivante dalla fusione transfrontaliera;

d)

le probabili ripercussioni della fusione transfrontaliera sull’occupazione;

e)

la data a decorrere dalla quale tali titoli o quote rappresentativi del capitale sociale danno diritto alla partecipazione agli utili, nonché ogni modalità particolare relativa a tale diritto;

f)

la data a decorrere dalla quale le operazioni delle società che partecipano alla fusione si considerano, dal punto di vista contabile, compiute per conto della società derivante dalla fusione transfrontaliera;

g)

i diritti accordati dalla società derivante dalla fusione transfrontaliera ai soci titolari di diritti speciali o ai possessori di titoli diversi dalle quote rappresentative del capitale sociale o le misure proposte nei loro confronti;

h)

tutti i vantaggi particolari eventualmente attribuiti agli esperti che esaminano il progetto di fusione transfrontaliera nonché ai membri degli organi di amministrazione, di direzione, di vigilanza o di controllo delle società che partecipano alla fusione;

i)

l’atto costitutivo e lo statuto della società derivante dalla fusione transfrontaliera;

j)

se del caso, informazioni sulle procedure secondo le quali sono fissate a norma dell’articolo 16 le modalità relative al coinvolgimento dei lavoratori nella definizione dei loro diritti di partecipazione nella società derivante dalla fusione transfrontaliera;

k)

informazioni sulla valutazione degli elementi patrimoniali attivi e passivi che sono trasferiti alla società derivante dalla fusione transfrontaliera;

l)

la data della chiusura dei conti delle società partecipanti alla fusione utilizzati per definire le condizioni della fusione transfrontaliera.

Articolo 6

Pubblicazione

1.   Il progetto comune di fusione transfrontaliera è pubblicato, per ciascuna delle società che partecipano alla fusione, secondo le modalità previste dalla legislazione nazionale di ciascuno Stato membro, a norma dell’articolo 3 della direttiva 68/151/CEE, al più tardi un mese prima dell’assemblea generale che deve decidere al riguardo.

2.   Per ciascuna delle società che partecipano alla fusione, e fatti salvi altri requisiti imposti dallo Stato membro alla cui legislazione la società è soggetta, sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dello Stato membro in questione le seguenti indicazioni:

a)

la forma, la denominazione e la sede statutaria delle società che partecipano alla fusione;

b)

il registro presso il quale sono stati depositati gli atti di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 68/151/CEE di ciascuna delle società che partecipano alla fusione e il loro numero di iscrizione in tale registro;

c)

l’indicazione, per ciascuna delle società che partecipano alla fusione, delle modalità d’esercizio dei diritti da parte dei creditori e dei soci di minoranza delle società che partecipano alla fusione, nonché l’indirizzo presso il quale si possono ottenere gratuitamente informazioni esaurienti su tali modalità.

Articolo 7

Relazione dell’organo di direzione o di amministrazione

L’organo di direzione o di amministrazione di ciascuna delle società partecipanti alla fusione redige una relazione destinata ai soci, nella quale illustra e giustifica gli aspetti giuridici ed economici della fusione transfrontaliera e spiega le conseguenze della fusione transfrontaliera per i soci, i creditori e i lavoratori.

La relazione è messa a disposizione dei soci e dei rappresentanti dei lavoratori o, in assenza di questi ultimi, dei lavoratori stessi, almeno un mese prima della data dell’assemblea generale di cui all’articolo 9.

Qualora l’organo di direzione o di amministrazione di una delle società che partecipa ad una fusione riceva in tempo utile un parere espresso dai rappresentanti dei lavoratori della società, secondo quanto previsto dalla legge nazionale, il parere è allegato alla relazione.

Articolo 8

Relazione di esperti indipendenti

1.   Una relazione di esperti indipendenti destinata ai soci e disponibile almeno un mese prima della data della riunione dell’assemblea generale di cui all’articolo 9 è redatta per ciascuna delle società che partecipano alla fusione. Tali esperti possono essere, a seconda della legislazione dei singoli Stati membri, persone fisiche o giuridiche.

2.   In alternativa ad esperti che operino per conto di ciascuna delle società che partecipano alla fusione, possono esaminare il progetto comune di fusione transfrontaliera e redigere una relazione scritta unica destinata a tutti i soci uno o più esperti indipendenti designati a tal fine, su richiesta congiunta di tali società, da un’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato membro alla cui legislazione è soggetta una delle società che partecipano alla fusione o la società risultante dalla fusione, o abilitati da tale autorità.

3.   La relazione degli esperti include almeno gli elementi previsti dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 78/855/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1978, relativa alle fusioni delle società per azioni (12). Gli esperti hanno il diritto di chiedere a ciascuna delle società che partecipano alla fusione tutte le informazioni che ritengono necessarie per l’assolvimento del loro compito.

4.   L’esame del progetto comune di fusione transfrontaliera da parte di esperti indipendenti o la relazione degli esperti non sono richiesti qualora tutti i soci di ciascuna delle società che partecipano alla fusione transfrontaliera vi rinuncino.

Articolo 9

Approvazione da parte dell’assemblea generale

1.   Dopo aver preso conoscenza delle relazioni di cui agli articoli 7 e 8 l’assemblea generale di ciascuna delle società che partecipano alla fusione decide sull’approvazione del progetto comune di fusione transfrontaliera.

2.   L’assemblea generale di ciascuna delle società che partecipano alla fusione transfrontaliera può subordinare la sua realizzazione alla condizione che l’assemblea stessa approvi espressamente le modalità della partecipazione dei lavoratori nella società derivante dalla fusione transfrontaliera.

3.   Non è necessario che la legislazione di uno Stato membro richieda l’approvazione della fusione da parte dell’assemblea generale della società incorporante se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 8 della direttiva 78/855/CEE.

Articolo 10

Certificato preliminare alla fusione

1.   Ogni Stato membro designa l’organo giurisdizionale, il notaio o altra autorità competente per controllare la legittimità della fusione transfrontaliera per la parte della procedura relativa a ciascuna delle società che vi partecipano e che sono soggette alla sua legislazione nazionale.

2.   In ogni Stato membro interessato le autorità di cui al paragrafo 1 rilasciano senza indugio a ciascuna delle società che partecipano alla fusione e che sono soggette alla legislazione di tale Stato un certificato attestante a titolo definitivo l’adempimento regolare degli atti e delle formalità preliminari alla fusione.

3.   Se la legislazione di uno Stato membro cui è soggetta una società che partecipa alla fusione prevede una procedura di controllo e modifica del rapporto di cambio dei titoli o delle quote o di compensazione dei soci di minoranza, senza che ciò impedisca l’iscrizione della fusione transfrontaliera nel registro, tale procedura si applica unicamente se, al momento dell’approvazione del progetto di fusione transfrontaliera a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, le altre società che partecipano alla fusione, situate in Stati membri la cui legislazione non prevede siffatta procedura, accettano esplicitamente la possibilità per i soci di tale società che partecipa alla fusione di far ricorso alla procedura summenzionata, da avviare dinanzi all’organo giurisdizionale che ha la competenza su tale società. In tali casi, le autorità di cui al paragrafo 1 possono rilasciare il certificato di cui al paragrafo 2, anche se tale procedura è già avviata. Il certificato deve tuttavia menzionare che la procedura è in corso. La decisione relativa alla procedura è vincolante nei confronti della società derivante dalla fusione transfrontaliera e di tutti i suoi soci.

Articolo 11

Controllo della legittimità della fusione transfrontaliera

1.   Ogni Stato membro designa l’organo giurisdizionale, il notaio o altra autorità competente per controllare la legittimità della fusione transfrontaliera per la parte della procedura relativa alla realizzazione della fusione transfrontaliera e, se necessario, alla costituzione di una nuova società derivante dalla fusione transfrontaliera quando quest’ultima è soggetta alla sua legislazione nazionale. Tali autorità controllano in particolare che le società che partecipano alla fusione transfrontaliera abbiano approvato il progetto comune di fusione transfrontaliera negli stessi termini e, se necessario, che le modalità relative alla partecipazione dei lavoratori siano state fissate a norma dell’articolo 16.

2.   A tale scopo, ciascuna delle società che partecipano alla fusione trasmette alle autorità di cui al paragrafo 1 il certificato di cui all’articolo 10, paragrafo 2, entro sei mesi dal suo rilascio nonché il progetto comune di fusione transfrontaliera approvato dall’assemblea generale di cui all’articolo 9.

Articolo 12

Efficacia della fusione transfrontaliera

La legislazione dello Stato membro cui è soggetta la società derivante dalla fusione transfrontaliera determina la data a partire dalla quale la fusione transfrontaliera ha efficacia. Tale data deve essere posteriore all’esecuzione dei controlli di cui all’articolo 11.

Articolo 13

Registrazione

La legislazione di ciascuno degli Stati membri a cui sono soggette le società partecipanti alla fusione determina, per quanto riguarda il territorio di tale Stato, le modalità, a norma dell’articolo 3 della direttiva 68/151/CEE, della pubblicità della realizzazione della fusione transfrontaliera nel registro pubblico presso il quale ciascuna di queste società era tenuta a depositare gli atti.

Il registro per l’iscrizione della società derivante dalla fusione transfrontaliera notifica immediatamente al registro presso il quale ciascuna di queste società era tenuta a depositare gli atti che la fusione transfrontaliera ha acquisito efficacia. La precedente iscrizione è cancellata, all’occorrenza, all’atto di ricezione della notifica, ma non prima.

Articolo 14

Effetti della fusione transfrontaliera

1.   La fusione transfrontaliera realizzata secondo l’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e c), comporta, a partire dalla data di cui all’articolo 12, gli effetti seguenti:

a)

l’intero patrimonio attivo e passivo della società incorporata è trasferito alla società incorporante;

b)

i soci della società incorporata diventano soci della società incorporante;

c)

la società incorporata si estingue.

2.   La fusione transfrontaliera realizzata secondo l’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), comporta, a partire dalla data di cui all’articolo 12, gli effetti seguenti:

a)

l’intero patrimonio attivo e passivo delle società che partecipano alla fusione è trasferito alla nuova società;

b)

i soci delle società che partecipano alla fusione diventano soci della nuova società;

c)

le società che partecipano alla fusione si estinguono.

3.   Qualora, in caso di fusione transfrontaliera di società cui si applica la presente direttiva, la legislazione di uno Stato membro prescriva formalità particolari per l’opponibilità ai terzi del trasferimento di determinati beni, diritti e obbligazioni apportati dalle società partecipanti alla fusione, tali formalità sono adempiute dalla società derivante dalla fusione transfrontaliera.

4.   I diritti e gli obblighi delle società che partecipano alla fusione derivanti dai contratti di lavoro individuali o dai rapporti di lavoro esistenti alla data in cui la fusione transfrontaliera acquista efficacia sono, in virtù dell’efficacia della fusione transfrontaliera, trasferiti alla società derivante dalla fusione transfrontaliera alla data a partire dalla quale la fusione ha efficacia.

5.   Nessuna quota della società incorporante è scambiata con quote della società incorporata detenute:

a)

dalla società incorporante stessa o tramite una persona che agisce in nome proprio ma per conto della società incorporante;

b)

dalla società incorporata o tramite una persona che agisce in nome proprio ma per conto della società incorporata.

Articolo 15

Formalità semplificate

1.   Quando una fusione transfrontaliera mediante incorporazione è realizzata da una società che detiene tutte le quote e tutti gli altri titoli che conferiscono diritti di voto nell’assemblea generale della società o delle società incorporate:

non si applicano l’articolo 5, lettere b), c) ed e), l’articolo 8 e l’articolo 14, paragrafo 1, lettera b),

non si applica l’articolo 9, paragrafo 1, alla società o alle società incorporate.

2.   Quando una fusione transfrontaliera mediante incorporazione è realizzata da una società che detiene una quota pari o superiore al 90 %, ma non la totalità delle quote e degli altri titoli rappresentativi del capitale sociale che conferiscono diritti di voto nell’assemblea generale della società o delle società incorporate, le relazioni di uno o più esperti indipendenti, nonché i documenti necessari per il controllo sono richiesti soltanto qualora ciò sia previsto dalla legislazione nazionale cui è soggetta la società incorporante o la società incorporata.

Articolo 16

Partecipazione dei lavoratori

1.   Fatto salvo il paragrafo 2, la società derivante dalla fusione transfrontaliera è soggetta alle disposizioni vigenti in materia di partecipazione dei lavoratori, ove esistano, nello Stato membro in cui è situata la sua sede sociale.

2.   Tuttavia, le eventuali disposizioni in vigore riguardanti la partecipazione dei lavoratori nello Stato membro in cui è situata la sede sociale della società derivante dalla fusione transfrontaliera non si applicano, se almeno una delle società che partecipano alla fusione ha un numero medio di lavoratori, nei sei mesi precedenti la pubblicazione del progetto di fusione transfrontaliera di cui all’articolo 6, superiore a 500 ed è gestita in regime di partecipazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 2, lettera k), della direttiva 2001/86/CE, oppure se la legislazione nazionale applicabile alla società derivante dalla fusione transfrontaliera:

a)

non prevede un livello di partecipazione dei lavoratori almeno identico a quello attuato nelle società che partecipano alla fusione di cui trattasi, misurato con riferimento alla quota di rappresentanti dei lavoratori tra i membri dell’organo di amministrazione o dell’organo di vigilanza o dei rispettivi comitati o del gruppo dirigente competente per i centri di profitto della società, qualora sia prevista la rappresentanza dei lavoratori; oppure

b)

non contempla, per i lavoratori di stabilimenti della società derivante dalla fusione transfrontaliera situati in altri Stati membri, un diritto ad esercitare diritti di partecipazione identico a quello di cui godono i lavoratori impiegati nello Stato membro in cui è situata la sede sociale della società derivante dalla fusione transfrontaliera.

3.   Nei casi di cui al paragrafo 2 la partecipazione dei lavoratori nella società derivante dalla fusione transfrontaliera e il loro coinvolgimento nella definizione dei relativi diritti sono disciplinati dagli Stati membri, mutatis mutandis e fatti salvi i paragrafi da 4 a 7, secondo i principi e le modalità di cui all’articolo 12, paragrafi 2, 3 e 4, del regolamento (CE) n. 2157/2001 e a norma delle disposizioni seguenti della direttiva 2001/86/CE:

a)

articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3, paragrafo 4, primo comma, primo trattino, e secondo comma, e paragrafi 5 e 7;

b)

articolo 4, paragrafo 1, paragrafo 2, lettere a), g) e h), e paragrafo 3;

c)

articolo 5;

d)

articolo 6;

e)

articolo 7, paragrafo 1, paragrafo 2, primo comma, lettera b), e secondo comma, e paragrafo 3. Tuttavia, ai fini della presente direttiva, le percentuali richieste nell’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, lettera b), della direttiva 2001/86/CE per l’applicazione delle disposizioni di riferimento riportate nella parte terza dell’allegato di detta direttiva, sono aumentate dal 25 % al 33 1/3 %;

f)

articoli 8, 10 e 12;

g)

articolo 13, paragrafo 4;

h)

allegato, parte terza, lettera b).

4.   Nello stabilire i principi e le modalità di cui al paragrafo 3, gli Stati membri:

a)

conferiscono ai competenti organi delle società che partecipano alla fusione il diritto di scegliere, senza negoziati preliminari, di essere direttamente assoggettati alle disposizioni di riferimento per la partecipazione di cui al paragrafo 3, lettera h), stabilite dalla legislazione dello Stato membro in cui sarà situata la sede sociale della società derivante dalla fusione transfrontaliera, e di ottemperare a tali disposizioni a decorrere dalla data di iscrizione;

b)

conferiscono alla delegazione speciale di negoziazione il diritto di decidere, alla maggioranza dei due terzi dei suoi membri che rappresenti almeno due terzi dei lavoratori e che comprenda i voti di membri che rappresentano i lavoratori di almeno due Stati membri diversi, di non avviare negoziati o di porre termine ai negoziati già avviati e di attenersi alle disposizioni in materia di partecipazione vigenti nello Stato membro in cui sarà situata la sede sociale della società derivante dalla fusione transfrontaliera;

c)

possono stabilire, qualora in seguito a negoziati preliminari si applichino le disposizioni di riferimento per la partecipazione e nonostante tali disposizioni, di limitare la quota di rappresentanti dei lavoratori nell’organo di amministrazione della società derivante dalla fusione transfrontaliera. Tuttavia, qualora in una delle società che partecipano alla fusione i rappresentanti dei lavoratori costituiscano almeno un terzo dell’organo di amministrazione o di vigilanza, tale limitazione non può in nessun caso tradursi in una quota di rappresentanti dei lavoratori nell’organo di amministrazione inferiore a un terzo.

5.   L’estensione dei diritti di partecipazione ai lavoratori della società derivante dalla fusione transfrontaliera impiegati in altri Stati membri, di cui al paragrafo 2, lettera b), non comporta alcun obbligo, per gli Stati membri che optano per questa formula, di tener conto di tali lavoratori al momento di calcolare l’ordine di grandezza delle soglie che fanno scattare i diritti di partecipazione in virtù della legislazione nazionale.

6.   Se almeno una delle società che partecipano alla fusione è gestita in regime di partecipazione dei lavoratori e se la società derivante dalla fusione transfrontaliera sarà disciplinata da un siffatto regime a norma delle disposizioni di cui al paragrafo 2, tale società è obbligata ad assumere una forma giuridica che preveda l’esercizio dei diritti di partecipazione.

7.   Qualora la società derivante dalla fusione transfrontaliera sia gestita in regime di partecipazione dei lavoratori, essa è obbligata ad adottare provvedimenti per garantire la tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori in caso di successive fusioni interne, entro tre anni dalla data in cui prende effetto la fusione transfrontaliera, applicando, mutatis mutandis, le disposizioni stabilite nel presente articolo.

Articolo 17

Validità

Non può essere pronunciata la nullità di una fusione transfrontaliera che ha acquisito efficacia a norma dell’articolo 12.

Articolo 18

Riesame

Cinque anni dopo la data stabilita all’articolo 19, primo comma, la Commissione riesamina la presente direttiva in base all’esperienza acquisita nell’applicazione della medesima e, se necessario, propone una modifica.

Articolo 19

Attuazione

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 15 dicembre 2007.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 20

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 21

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Strasburgo, addì 26 ottobre 2005.

Per il Parlamento europeo

Il presidente

J. BORRELL FONTELLES

Per il Consiglio

Il presidente

D. ALEXANDER


(1)  GU C 117 del 30.4.2004, pag. 43.

(2)  Parere del Parlamento europeo del 10 maggio 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 19 settembre 2005.

(3)  Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese («Regolamento comunitario sulle concentrazioni») (GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1).

(4)  GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16.

(5)  GU L 82 del 22.3.2001, pag. 16

(6)  GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29.

(7)  GU L 254 del 30.9.1994, pag. 64. Direttiva modificata dalla direttiva 97/74/CE (GU L 10 del 16.1.1998, pag. 22).

(8)  GU L 294 del 10.11.2001, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 885/2004 (GU L 168 dell’1.5.2004, pag. 1).

(9)  GU L 294 del 10.11.2001, pag. 22.

(10)  GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.

(11)  Prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 65 del 14.3.1968, pag. 8). Direttiva modificata da ultimo dall’atto di adesione del 2003.

(12)  GU L 295 del 20.10.1978, pag. 36. Direttiva modificata da ultimo dall’atto di adesione del 2003.


25.11.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 310/10


Direttiva 2005/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

del 26 ottobre 2005

sull’omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda la loro riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l’articolo 95,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),

considerando quanto segue:

(1)

Ai sensi della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso (3) vanno fissate norme adeguate che permettano la commercializzazione dei veicoli omologati delle categorie M1 e N1 solo se sia riutilizzabile e/o riciclabile almeno l’85 % della loro massa e se sia riutilizzabile e/o recuperabile almeno il 95 % della loro massa.

(2)

La riutilizzabilità dei componenti, la riciclabilità e la recuperabilità dei materiali rappresentano una parte sostanziale della strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti. I costruttori di autoveicoli e i loro fornitori dovrebbero essere tenuti a integrare tali aspetti già nelle primissime fasi dello sviluppo di nuovi veicoli, allo scopo di agevolarne il trattamento allorché vanno fuori uso.

(3)

La presente direttiva costituisce una direttiva particolare nel quadro del sistema di omologazione comunitaria per veicoli completi stabilito dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (4).

(4)

Il sistema di omologazione per veicoli completi è attualmente obbligatorio per i veicoli appartenenti alla categoria M1 e sarà prossimamente esteso ai veicoli di tutte le categorie. Occorre dunque inserire nel sistema di omologazione per veicoli completi le norme relative alla riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità dei veicoli.

(5)

È pertanto necessario prendere disposizioni dato che i veicoli della categoria N1 non rientrano ancora nel sistema dell’omologazione per veicoli completi.

(6)

Il costruttore deve fornire all’autorità di omologazione tutte le pertinenti informazioni tecniche sui materiali di fabbricazione e le rispettive masse per permettere di verificare i calcoli del costruttore in base alla norma ISO 22628: 2002.

(7)

All’atto dell’omologazione si possono convalidare correttamente i calcoli del costruttore solo se questi ha attuato disposizioni e procedure che gli consentano di gestire tutte le informazioni ricevute dai fornitori. Prima di rilasciare una qualsiasi omologazione, l’organo competente deve valutare in via preliminare tali disposizioni e procedure e rilasciare un certificato attestante la loro correttezza.

(8)

La pertinenza delle variabili che entrano nel calcolo delle percentuali di riciclabilità e recuperabilità va valutata alla luce del trattamento dei veicoli fuori uso. Il costruttore dovrebbe attenersi dunque a una strategia per il trattamento dei veicoli fuori uso e descriverla in dettaglio all’organo competente. Tale strategia dovrebbe basarsi su tecnologie collaudate, disponibili o in via di sviluppo all’atto della domanda di omologazione del veicolo.

(9)

I veicoli speciali sono destinati a funzioni particolari e richiedono allestimenti specifici della carrozzeria che non sono del tutto sotto il controllo del costruttore. Le quote di riciclabilità e recuperabilità non possono perciò essere calcolate correttamente. A tali veicoli non vanno dunque applicati i requisiti relativi al calcolo.

(10)

I veicoli incompleti sono una parte notevole dei veicoli N1. Il costruttore del veicolo di base non può calcolare le quote di riciclabilità e recuperabilità dei veicoli completati perché i dati sulle fasi di costruzione successive gli sono ignoti quando progetta il veicolo di base. Alla presente direttiva si conformerà perciò il solo veicolo di base.

(11)

Le quote di mercato di veicoli prodotti in piccola serie sono marginali e i vantaggi per l’ambiente, se si conformano alla presente direttiva, sono scarsi. È pertanto opportuno che siano esclusi da talune norme della presente direttiva.

(12)

Ai sensi della direttiva 2000/53/CE, per motivi di sicurezza stradale e di tutela dell’ambiente, va impedita la riutilizzazione di taluni componenti tolti ai veicoli fuori uso. Ciò si limiterà alla riutilizzazione di componenti nella costruzione di veicoli nuovi.

(13)

Quanto stabilito dalla presente direttiva imporrà ai costruttori di fornire nuovi dati in merito all’omologazione e ciò si deve riflettere nella direttiva 70/156/CEE, che fissa l’elenco completo dei dati da presentare per l’omologazione. Tale direttiva va perciò modificata di conseguenza.

(14)

Le misure necessarie per l’adeguamento al progresso tecnico e scientifico della presente direttiva andrebbero adottate dalla Commissione ai sensi della procedura di cui all’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 70/156/CEE.

(15)

Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente dei veicoli fuori uso facendo sì che essi siano fin dall’inizio concepiti per facilitarne il riuso, il riciclo e il recupero, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, per le sue dimensioni, può essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. In ottemperanza al principio di proporzionalità, enunciato nello stesso articolo, la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo.

(16)

Conformemente al paragrafo 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (5), gli Stati membri saranno incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Scopo

La presente direttiva stabilisce le disposizioni amministrative e tecniche per l’omologazione di veicoli di cui all’articolo 2, per garantire che loro componenti e materiali possano essere riutilizzati, riciclati e recuperati nelle percentuali minime precisate all’allegato I.

Essa fissa provvedimenti particolari atti a garantire che il riuso di componenti non comprometta la sicurezza o dia luogo a rischi ambientali.

Articolo 2

Campo d’applicazione

La presente direttiva si applica ai veicoli delle categorie M1 ed N1, definiti nell’allegato II, sezione A, della direttiva 70/156/CEE e ai componenti nuovi o riutilizzati di tali veicoli.

Articolo 3

Esenzioni

Senza pregiudicare quanto previsto all’articolo 7, la presente direttiva non si applica:

a)

ai veicoli speciali definiti nell’allegato II, sezione A, punto 5, della direttiva 70/156/CEE;

b)

ai veicoli costruiti in più fasi della categoria N1, se il veicolo di base è conforme alla presente direttiva;

c)

ai veicoli prodotti in piccola serie di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 70/156/CEE.

Articolo 4

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

1.

«veicolo» significa un veicolo a motore;

2.

«componente» significa qualsiasi parte, o gruppo assemblato di parti, incluso in un veicolo al momento della sua produzione ed indica anche i componenti e le unità tecniche distinti definiti all’articolo 2 della direttiva 70/156/CEE;

3.

«tipo di veicolo» significa il tipo di un veicolo definito nella sezione B, punti 1 e 3, dell’allegato II alla direttiva 70/156/CEE;

4.

«veicolo fuori uso» indica un veicolo definito all’articolo 2, punto 2), della direttiva 2000/53/CE;

5.

«veicolo di riferimento» indica la versione di un tipo di veicolo che l’autorità di omologazione, previa consultazione del costruttore e conformemente ai criteri di cui all’allegato I, ritiene essere la più problematica a fini di riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità;

6.

«veicolo costruito in più fasi» indica un veicolo prodotto con un processo di costruzione in più fasi;

7.

«veicolo di base» indica un veicolo definito all’articolo 2, quarto trattino, della direttiva 70/156/CEE, usato nella fase iniziale di una costruzione in più fasi;

8.

«costruzione in più fasi» indica il processo con cui un veicolo è prodotto in più fasi aggiungendo componenti a un veicolo di base o modificando tali componenti;

9.

«riuso» indica la riutilizzazione definita all’articolo 2, punto 6), della direttiva 2000/53/CE;

10.

«riciclo» indica il riciclaggio definito nell’articolo 2, punto 7), prima frase, della direttiva 2000/53/CE;

11.

«recupero di energia» indica il recupero di energia definito nell’articolo 2, punto 7), seconda frase, della direttiva 2000/53/CE;

12.

«recupero» indica il recupero definito nell’articolo 2, punto 8), della direttiva 2000/53/CE;

13.

«riutilizzabilità» indica il potenziale di riuso di componenti tolti a veicoli fuori uso;

14.

«riciclabilità» indica il potenziale di riciclo di componenti o materiali tolti a veicoli fuori uso;

15.

«recuperabilità» indica il potenziale di recupero di componenti o materiali tolti a veicoli fuori uso;

16.

«quota di riciclabilità di un veicolo (Rcyc)» indica la percentuale della massa di un veicolo nuovo, potenzialmente riutilizzabile e riciclabile;

17.

«quota di recuperabilità di un veicolo (Rcov)» indica la percentuale della massa di un veicolo nuovo, potenzialmente riutilizzabile e recuperabile;

18.

«strategia» significa progetto su vasta scala consistente in azioni coordinate e accorgimenti tecnici relativi alla demolizione, frantumazione o simili, al riciclo e recupero di materiali per fissare le quote di riciclabilità e recuperabilità previste di un veicolo già al momento del suo progetto;

19.

«massa» significa la massa del veicolo in ordine di marcia definito nell’allegato I, punto 2.6, della direttiva 70/156/CEE, escluso il conducente, la cui massa è data in 75 kg;

20.

«organo competente» indica l’ente, ad esempio un servizio tecnico o altro organo esistente, incaricato da uno Stato membro di effettuare una valutazione preliminare del costruttore e rilasciare un certificato di conformità, nel rispetto delle disposizioni della presente direttiva. L’organo competente può essere l’autorità di omologazione, purché la sua competenza in materia sia opportunamente documentata.

Articolo 5

Norme di omologazione

1.   Gli Stati membri rilasciano, a seconda del caso, l’omologazione CE o nazionale, riguardo alla riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità, solo ai tipi di veicolo che rispondono ai requisiti della presente direttiva.

2.   Ai fini del paragrafo 1, il costruttore fornisce all’autorità di omologazione le informazioni tecniche dettagliate necessarie ai calcoli e ai controlli di cui all’allegato I, riguardanti la natura dei materiali usati nella costruzione del veicolo e dei suoi componenti. Se tali informazioni sono coperte da diritti di proprietà intellettuale o costituiscono tecnologia specifica del costruttore o dei suoi fornitori, il costruttore o i suoi fornitori forniscono informazioni sufficienti per effettuare correttamente tali calcoli.

3.   Ai fini della domanda di omologazione CE del veicolo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE, gli Stati membri fanno sì che, in materia di riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità, il costruttore usi il modello di documento informativo di cui all’allegato II della presente direttiva.

4.   Per il rilascio di un’omologazione CE ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 70/156/CEE, l’autorità di omologazione fa uso del modello di certificato d’omologazione CE di cui all’allegato III.

Articolo 6

Valutazione preliminare del costruttore

1.   Gli Stati membri non rilasciano alcuna omologazione senza prima accertarsi che il costruttore abbia attuato disposizioni e procedure, ai sensi dell’allegato IV, punto 3, per gestire correttamente gli aspetti di riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità di cui alla presente direttiva. Una volta effettuata questa valutazione preliminare, si rilascerà al costruttore un certificato di conformità all’allegato IV («certificato di conformità»).

2.   Nell’ambito della valutazione preliminare del costruttore, gli Stati membri assicurano che i materiali impiegati per la costruzione di un tipo di veicolo siano conformi alle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/53/CE.

La Commissione, ai sensi della procedura di cui all’articolo 9, definisce le norme dettagliate richieste per la verifica della conformità con il presente disposto.

3.   Ai fini del paragrafo 1, il costruttore deve raccomandare una strategia finalizzata alla demolizione, al riuso di componenti, al riciclaggio e al recupero dei materiali. Essa si fonda su tecnologie collaudate, disponibili o in via di sviluppo all’atto della domanda di omologazione.

4.   Gli Stati membri nominano un organo competente, ai sensi dell’allegato IV, punto 2, che effettua la valutazione preliminare del costruttore e rilascia il certificato di conformità.

5.   Il certificato di conformità, corredato di un’adeguata documentazione, descrive la strategia raccomandata dal costruttore. L’organo competente fa uso del modello di cui all’appendice dell’allegato IV.

6.   Il certificato di conformità è valido per almeno due anni a decorrere dalla data del suo rilascio, prima che vengano effettuati nuovi controlli.

7.   Il costruttore informa l’organo competente di qualsiasi cambiamento significativo che influisca sulla pertinenza del certificato di conformità. L’organo competente, consultato il costruttore, decide se siano necessari nuovi controlli.

8.   Alla fine del periodo di validità del certificato di conformità, l’organo competente rilascia un nuovo certificato di conformità o ne estende la validità per altri due anni. L’organo competente rilascia un nuovo certificato se sono stati portati alla sua attenzione cambiamenti significativi.

Articolo 7

Riutilizzazione dei componenti

I componenti di cui all’allegato V:

a)

non vanno considerati riutilizzabili ai fini del calcolo della quota di riciclabilità e di recuperabilità;

b)

non vanno riutilizzati nella costruzione di veicoli di cui alla direttiva 70/156/CEE.

Articolo 8

Modifiche alla direttiva 70/156/CEE

La direttiva 70/156/CEE viene modificata ai sensi dell’allegato VI della presente direttiva.

Articolo 9

Modifiche

Le modifiche apportate alla presente direttiva, necessarie ad adeguarla al progresso tecnico e scientifico, sono adottate dalla Commissione ai sensi della procedura di regolamentazione di cui all’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 70/156/CEE.

Articolo 10

Date di entrata in vigore dell’omologazione

1.   Con effetto dal 15 dicembre 2006, gli Stati membri, nei confronti di un tipo di veicolo che soddisfa i requisiti della presente direttiva, non possono:

a)

rifiutare il rilascio dell’omologazione CE o nazionale;

b)

proibire l’immatricolazione, la vendita o l’entrata in funzione di nuovi veicoli.

2.   Con effetto dal 15 dicembre 2008, gli Stati membri, nei confronti di un tipo di veicolo che non soddisfa i requisiti della presente direttiva, devono:

a)

rifiutare il rilascio dell’omologazione della CE;

b)

rifiutare il rilascio dell’omologazione nazionale.

3.   Con effetto dal 15 luglio 2010, gli Stati membri devono, se non sono rispettati i requisiti della presente direttiva:

a)

considerare i certificati di idoneità che accompagnano i nuovi veicoli come non più validi ai fini dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE;

b)

rifiutare l’immatricolazione, la vendita o l’entrata in funzione di nuovi veicoli, salvo i casi in cui si applica l’articolo 8, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 70/156/CEE.

4.   L’articolo 7 si applica a decorrere dal 15 dicembre 2006.

Articolo 11

Attuazione

1.   Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 15 dicembre 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 15dicembre 2006.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di riferimento sono decise dagli Stati membri.

2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni della normativa nazionale, da essi adottata nella materia oggetto della presente direttiva.

Articolo 12

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 13

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Strasburgo, addì 26 ottobre 2005.

Per il Parlamento europeo

Il presidente

J. BORRELL FONTELLES

Per il Consiglio

Il presidente

D. ALEXANDER


(1)  GU C 74 del 23.3.2005, pag. 15.

(2)  Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 ottobre 2005.

(3)  GU L 269 del 21.10.2000, pag. 34. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 2005/673/CE del Consiglio (GU L 254 del 30.9.2005, pag. 69).

(4)  GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/49/CE della Commissione (GU L 194 del 26.7.2005, pag. 12).

(5)  GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.


ALLEGATO

ELENCO DEGLI ALLEGATI

Allegato I:

Requisiti

Allegato II:

Documento informativo per l’omologazione CE dei veicoli

Allegato III:

Modello del certificato di omologazione CE

Allegato IV:

Valutazione preliminare del costruttore

Appendice:

modello del certificato di conformità

Allegato V:

Componenti considerati non riutilizzabili

Allegato VI:

Modifiche alla direttiva 70/156/CEE

ALLEGATO I

REQUISITI

1.

I veicoli appartenenti alla categoria M1 e quelli appartenenti alla categoria N1 saranno costruiti per essere:

riutilizzabili e/o riciclabili per almeno l’85 % della loro massa, e

riutilizzabili e/o recuperabili per almeno il 95 % della loro massa,

come stabilito dalle procedure di cui al presente allegato.

2.

Ai fini dell’omologazione, il costruttore presenterà un modulo di presentazione dei dati debitamente compilato, redatto ai sensi dell’allegato A della norma ISO 22628: 2002, comprendente la ripartizione di materiali.

Ad esso allegherà un elenco dei componenti smontati, dichiarato dal costruttore riguardo alla fase di demolizione e al processo che raccomanda per il loro trattamento.

3.

Per l’applicazione dei punti 1 e 2, il costruttore dimostrerà all’autorità di omologazione che i veicoli di riferimento rispettano i requisiti. Si usa il metodo di calcolo prescritto nell’allegato B della norma ISO 22628: 2002.

Tuttavia, il costruttore deve poter dimostrare che qualsiasi versione nell’ambito del tipo di veicolo soddisfa i requisiti della presente direttiva.

4.

Ai fini della scelta dei veicoli di riferimento, si terrà conto dei seguenti criteri:

tipo di carrozzeria,

livelli di allestimento disponibili (1),

accessori facoltativi disponibili (1), montabili sotto la responsabilità del costruttore.

5.

Se l’autorità di omologazione e il costruttore non riescono a convenire sulla versione più problematica di un tipo di veicolo ai fini della riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità, si sceglie un veicolo di riferimento:

a)

per ogni «tipo di carrozzeria» definita nell’allegato II, sezione C, punto 1, della direttiva 70/156/CEE, nel caso di veicoli M1;

b)

per ogni «tipo di carrozzeria», cioè furgone, telaio cabinato, pick-up ecc., nel caso di veicoli N1.

6.

Ai fini del calcolo, i pneumatici si considerano riciclabili.

7.

Le masse vanno espresse in kg con una cifra decimale. Le quote vanno calcolate in percentuale con una cifra decimale e arrotondate come segue:

a)

se la cifra dopo la virgola è tra 0 e 4, il totale è arrotondato all’unità inferiore;

b)

se la cifra dopo la virgola è tra 5 e 9, il totale è arrotondato all’unità superiore.

8.

Per controllare i calcoli di cui al presente allegato, l’autorità di omologazione si accerterà che il modulo di presentazione dei dati (di cui al punto 2) sia coerente con la strategia raccomandata citata dal certificato di conformità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della presente direttiva.

9.

Per controllare i materiali e le masse dei componenti, il costruttore metterà a disposizione veicoli e componenti considerati necessari dall’autorità di omologazione.


(1)  Come rivestimenti in pelle, impianto radiofonico, condizionamento d’aria, cerchioni in lega, ecc.

ALLEGATO II

DOCUMENTO INFORMATIVO PER L’OMOLOGAZIONE CE DEL VEICOLO

ai sensi dell’allegato I della direttiva 70/156/CEE del Consiglio (1), relativo all’omologazione CE di un veicolo riguardo alla sua riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità

Le seguenti informazioni vanno eventualmente fornite in triplice copia e devono includere un indice. Tutti i disegni saranno in una scala adeguata e sufficientemente dettagliati in formato A4 o su fogli piegati in formato A4. Eventuali fotografie devono essere sufficientemente particolareggiate.

0.

ASPETTI GENERALI

0.1.

Marca (ragione sociale del costruttore):…

0.2.

Tipo:…

0.2.0.1.

Telaio:…

0.2.1.

Eventuale denominazione commerciale:…

0.3.

Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo(b):…

0.3.1.

Posizione di tale marcatura:…

0.4.

Categoria del veicolo(c):…

0.5.

Nome e indirizzo del costruttore:…

0.8.

Indirizzo/i dello/degli stabilimento/i di assemblaggio:…

1.

CARATTERISTICHE GENERALI DI COSTRUZIONE DEL VEICOLO

1.1.

Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo:…

1.2.

Disegno con le dimensioni dell’intero veicolo:…

1.3.

Numero di assi e di ruote:…

1.3.1.

Numero e posizione degli assi con ruote doppie:…

1.3.3.

Assi motori (numero, posizione, interconnessione):

1.7.

Cabina di guida (avanzata o normale)(z):…

3.

MOTORE(q) [per i veicoli con motore a benzina, a gasolio, ecc., o anche in combinazione con un altro combustibile, ripetere questa voce (+)]

3.1.

Costruttore:…

3.2.

Motore a combustione interna

3.2.1.

Caratteristiche

3.2.1.1.

Principio di funzionamento: accensione comandata/accensione a compressione, quattro tempi/due tempi (1)

3.2.1.2.

Numero e disposizione dei cilindri:…

3.2.1.3.

Cilindrata(s):… cm3

3.2.2.

Combustibile: gasolio/benzina/GPL/GN/etanolo (1):…

4.

TRASMISSIONE(v)

4.2.

Tipo (meccanica, idraulica, elettrica, ecc.):…

4.5.

Cambio

4.5.1.

Tipo [manuale/automatica/variazione continua (CVT)] (1)

4.9.

Bloccaggio del differenziale: sì/no/facoltativo (1)

9.

CARROZZERIA

9.1.

Tipo di carrozzeria:…

9.3.1.

Numero e configurazione delle porte:…

9.10.3.

Sedili

9.10.3.1.

Numero:…

15.

RIUTILIZZABILITÀ, RICICLABILITÀ E RECUPERABILITÀ

15.1.

Versione cui appartiene il veicolo del riferimento:…

15.2.

Massa del veicolo di riferimento con carrozzeria o massa del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio se il costruttore non installa la carrozzeria e/o il dispositivo di aggancio (compresi liquidi, strumenti, ruota di scorta, se di serie), senza conducente:…

15.3.

Masse dei materiali del veicolo del riferimento

15.3.1.

Massa del materiale considerato nella fase di pretrattamento(##):…

15.3.2.

Massa del materiale considerato nella fase di demolizione(##):…

15.3.3.

Massa del materiale considerato nella fase di trattamento dei residui non metallici, ritenuto riciclabile(##):…

15.3.4.

Massa del materiale considerato nella fase di trattamento dei residui non metallici, ritenuto energia recuperabile(##):…

15.3.5.

Ripartizione dei materiali(##):…

15.3.6.

Massa totale dei materiali riutilizzabili e/o riciclabili:…

15.3.7.

Massa totale dei materiali riutilizzabili e/o recuperabili:…

15.4.

Percentuali

15.4.1.

Percentuale di riciclabilità «Rcyc( %)»:…

15.4.2.

Percentuale di recuperabilità «Rcov( %)»:…


(1)  I numeri delle voci e le note di questo documento informativo corrispondono a quelle elencate nell’allegato I della direttiva 70/156/CEE. Le voci non pertinenti ai fini della presente direttiva sono omesse.

ALLEGATO III

MODELLO DI CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE

Formato massimo: A4 (210 x 297 mm)

CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE

Timbro dell’autorità di omologazione CE

Comunicazione riguardante:

omologazione CE (1) di un tipo di veicolo

estensione dell’omologazione CE (1)

rifiuto dell’omologazione CE (1)

ai sensi della direttiva 2005/64/CE

Numero di omologazione CE:

Motivo dell’estensione:

SEZIONE I

0.1.

Marca (ragione sociale del costruttore):…

0.2.

Tipo:…

0.2.1.

Denominazione/i commerciale/i (2) :…

0.3.

Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo:…

0.3.1.

Posizione della marcatura:…

0.4.

Categoria del veicolo (3) :…

0.5.

Nome e indirizzo del costruttore:…

0.8.

Nome/i e indirizzo/i dello/degli stabilimento/i di assemblaggio:…

[...]

SEZIONE II

1.

Informazioni supplementari:…

Percentuale/i di riciclabilità del/dei veicolo/i di riferimento:…

Percentuale/i di recuperabilità del/dei veicolo/i di riferimento:…

2.

Servizio tecnico che effettua le prove:…

3.

Data della relazione di prova:…

4.

Riferimento della relazione di prova:…

5.

Eventuali osservazioni:…

6.

Allegati: indice e documentazione informativa

7.

Il veicolo rispetta/non rispetta (1) i requisiti tecnici della presente direttiva:…

(Luogo)

(Firma)

(Data)

Allegati: Documentazione informativa.


(1)  Cancellare le menzioni inutili.

(2)  Se non disponibile al momento del rilascio dell'omologazione CE, completare questa voce almeno quando il veicolo sarà presentato sul mercato.

(3)  Definita nell'allegato II, sezione A, della direttiva 70/156/CEE.

ALLEGATO IV

VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL COSTRUTTORE

1.   Scopo del presente allegato

Il presente allegato descrive la valutazione preliminare che l’organo competente effettua per accertare che il costruttore abbia messo in atto le necessarie disposizioni e procedure.

2.   Organo competente

L’organo competente deve soddisfare la norma EN 45012: 1989 o Guide ISO/IEC 62: 1996 sui criteri generali per gli enti di certificazione che rilasciano un certificato di qualità nei confronti di sistemi di gestione attuati dal costruttore.

3.   Controlli che l’organo competente deve eseguire

3.1.   L’organo competente si accerta che il costruttore abbia provveduto a:

a)

raccogliere dati pertinenti dall’intera catena di fornitura, come natura e massa di tutti i materiali usati nella costruzione dei veicoli, in modo da eseguire i calcoli prescritti dalla presente direttiva;

b)

avere a sua disposizione tutti gli altri dati pertinenti del veicolo richiesti dal calcolo, come il volume dei fluidi, ecc.;

c)

controllare adeguatamente le informazioni ricevute dai fornitori;

d)

gestire la ripartizione dei materiali;

e)

eseguire il calcolo delle quote di riciclabilità e recuperabilità ai sensi di ISO 22628: 2002;

f)

contrassegnare i componenti fatti di polimeri ed elastomeri ai sensi della decisione 2003/138/CE della Commissione, del 27 febbraio 2003, che stabilisce norme di codifica dei componenti e dei materiali per i veicoli a norma della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (1);

g)

verificare che nessun componente di cui all’allegato V sia riusato nella costruzione di nuovi veicoli.

3.2.   Il costruttore fornirà all’organo competente ogni informazione pertinente, in forma documentaria. In particolare, riciclaggio e recupero dei materiali vanno debitamente documentati.


(1)  GU L 53 del 28.2.2003, pag. 58.

Appendice dell’allegato IV

MODELLO DEL CERTIFICATO DI CONFORMITÀ

Image

ALLEGATO V

COMPONENTI RITENUTI NON RIUTILIZZABILI

1.   Introduzione

Il presente allegato riguarda i componenti di veicoli appartenenti alle categorie M1 ed N1 che non devono essere riutilizzati nella costruzione di nuovi veicoli.

2.   Elenco dei componenti

Tutti gli air-bag (1), cioè i cuscini, gli attuatori pirotecnici, le unità di controllo e i sensori elettronici,

i gruppi automatici, o non automatici, delle cinture di sicurezza, cioè corregge, ganci, avvolgitori, attuatori pirotecnici,

sedili (solo se sono incorporati nel sedile ancoraggi delle cinture di sicurezza e/o gli air-bag),

bloccasterzi agenti sulla colonna dello sterzo,

immobilizzatori compresi transponder e unità di controllo elettroniche,

sistemi di post-trattamento delle emissioni (ad esempio, marmitte catalitiche, filtri antiparticolato),

silenziatori del tubo di scarico.


(1)  Quando l’air-bag è inserito dentro il volante, il volante stesso.

ALLEGATO VI

MODIFICHE ALLA DIRETTIVA 70/156/CEE

La direttiva 70/156/CEE è modificata come segue:

1)

all’allegato I vanno aggiunti i seguenti punti:

«15.

RIUTILIZZABILITÀ, RICICLABILITÀ E RECUPERABILITÀ

15.1.

Versione cui appartiene il veicolo del riferimento:

15.2.

Massa del veicolo di riferimento con carrozzeria o massa del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio se il costruttore non installa la carrozzeria e/o il dispositivo di aggancio (compresi liquidi, strumenti, ruota di scorta, se di serie), senza conducente:

15.3.

Massa dei materiali del veicolo del riferimento

15.3.1.

Massa del materiale considerato nella fase di pretrattamento (1):

15.3.2.

Massa del materiale considerato nella fase di demolizione (1):

15.3.3.

Massa del materiale considerato nella fase di trattamento dei residui non metallici, ritenuto riciclabile (1):

15.3.4.

Massa del materiale considerato nella fase di trattamento dei residui non metallici, ritenuto energia recuperabile (1):

15.3.5.

Ripartizione dei materiali (1):

15.3.6.

Massa totale dei materiali riutilizzabili e/o riciclabili:

15.3.7.

Massa totale dei materiali riutilizzabili e/o recuperabili:

15.4.

Percentuali

15.4.1.

Percentuale di riciclabilità “Rcyc( %)”:

15.4.2.

Percentuale di recuperabilità “Rcov( %)”:

2)

all’allegato IV, sezione I, viene aggiunto il punto seguente:

«Oggetto

Numero della direttiva

Riferimento della Gazzetta ufficiale

Applicabilità

M1

M2

M3

N1

N2

N3

O1

O2

O3

O4

59.

“Riciclabilità”

2005/64/CE

L 310, 25 novembre 2005, pag. 10

X

X

 

 

 

»

3)

l’allegato XI viene modificato come segue:

a)

all’appendice 1, viene aggiunto il punto seguente:

«Voce

Soggetto

Numero della direttiva

M1 ≤ 2 500

(1) kg

M1 > 2 500

(1) kg

M2

M3

59

“Riciclabilità”

2005/64/CE

N/A

N/A

—»

b)

all’appendice 2, viene aggiunto il punto seguente:

«Voce

Soggetto

Numero della direttiva

M1

M2

M3

N1

N2

N3

O1

O2

O3

O4

59

“Riciclabilità”

2005/64/CE

N/A

N/A

—»

c)

all’appendice 3, viene aggiunto il punto seguente:

«Voce

Soggetto

Numero della direttiva

M2

M3

N1

N2

N3

O1

O2

O3

O4

59

“Riciclabilità”

2005/64/CE

N/A

—»


(1)  Concetti definiti alla norma ISO 22628: 2002.»;


25.11.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 310/28


DIRETTIVA 2005/65/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 26 ottobre 2005

relativa al miglioramento della sicurezza dei porti

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

visto il parere del Comitato delle regioni (2),

deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3),

considerando quanto segue:

(1)

Gli incidenti di sicurezza conseguenti ad atti di terrorismo sono fra le minacce più gravi per gli ideali di democrazia, di libertà e di pace che rappresentano l’essenza dell’Unione europea.

(2)

Le persone, gli impianti e gli equipaggiamenti nei porti devono essere protetti dagli incidenti di sicurezza e dai loro effetti devastanti. Tale protezione gioverebbe agli utenti dei trasporti, all’economia e alla società in generale.

(3)

Il 31 marzo 2004 il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato il regolamento (CE) n. 725/2004 relativo al miglioramento della sicurezza delle navi e degli impianti portuali (4). Le misure di sicurezza marittima imposte da quel regolamento rappresentano solo una parte delle misure necessarie per garantire un livello di sicurezza adeguato in tutta la catena di trasporto di ambito marittimo e il regolamento citato si limita a misure di sicurezza a bordo delle navi e nell’immediata interfaccia nave/porto.

(4)

Per raggiungere il massimo grado possibile di protezione per le industrie marittime e portuali occorrerebbe introdurre misure di sicurezza nei porti che coprano ciascun porto situato entro i confini stabiliti dallo Stato membro interessato e che garantiscano che le misure di sicurezza adottate in applicazione del regolamento (CE) n. 725/2004 beneficino del miglioramento della sicurezza nelle zone di attività portuale. Queste misure dovrebbero applicarsi a tutti i porti in cui sono situati uno o più impianti portuali coperti dal regolamento (CE) n. 725/2004.

(5)

L’obiettivo di sicurezza di cui alla presente direttiva andrebbe realizzato adottando misure appropriate ferme restando le normative degli Stati membri in materia di sicurezza nazionale e le misure che potrebbero essere adottate sulla base del titolo VI del trattato sull’Unione europea.

(6)

Gli Stati membri dovrebbero appoggiarsi su valutazioni di sicurezza dettagliate per individuare i limiti esatti dell’area portuale pertinentemente interessata dalle misure di sicurezza, nonché le diverse disposizioni necessarie per garantire un’adeguata sicurezza dei porti. Tali misure dovrebbero variare in funzione del livello di sicurezza in vigore e rispecchiare le differenze insite nel profilo di rischio delle diverse zone del porto.

(7)

Gli Stati membri dovrebbero approvare piani di sicurezza portuale che incorporino le conclusioni della valutazione di sicurezza del porto. L’efficacia delle misure di sicurezza richiede chiare divisioni dei compiti fra tutte le parti interessate, nonché l’effettuazione di addestramenti periodici. Si ritiene che l’inclusione nel piano di sicurezza del porto di chiare divisioni dei compiti e di procedure relative agli addestramenti contribuisca significativamente all’efficacia delle misure di sicurezza del porto sia preventive che correttive.

(8)

I traghetti roll-on/roll-off sono particolarmente vulnerabili a incidenti di sicurezza, in particolare se trasportano passeggeri e merci. Occorrerebbe pertanto adottare misure adeguate in base alla valutazione dei rischi per assicurare che le autovetture e i veicoli commerciali destinati a essere trasportati su traghetti roll-on/roll-off su rotte interne e internazionali non costituiscano un rischio per il traghetto, i passeggeri, l’equipaggio o il carico. Dette misure dovrebbero essere adottate in modo da assicurare il più possibile la fluidità delle operazioni.

(9)

Gli Stati membri dovrebbero poter istituire commissioni per la sicurezza del porto incaricate di fornire consulenza pratica nei porti che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva.

(10)

Gli Stati membri dovrebbero far sì che le responsabilità in materia di sicurezza portuale siano chiaramente riconosciute da tutte le parti interessate. Gli Stati membri dovrebbero sorvegliare l’adempimento delle norme di sicurezza, istituire con chiarezza un’autorità responsabile per tutti i loro porti, approvare tutte le valutazioni di sicurezza e i piani di sicurezza per i loro porti, definire e comunicare se opportuno i livelli di sicurezza e badare a che le misure adottate siano adeguatamente notificate, attuate e coordinate.

(11)

Gli Stati membri dovrebbero approvare valutazioni e piani e controllarne l’attuazione nei loro porti. Per ridurre al minimo i disagi nei porti e l’onere amministrativo per gli organi ispettivi, il controllo da parte della Commissione sull’applicazione della direttiva dovrebbe essere effettuato unitamente alle ispezioni di cui all’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 725/2004.

(12)

Gli Stati membri dovrebbero garantire che un punto di contatto per la sicurezza del porto mantenga i collegamenti fra la Commissione e gli Stati membri. Essi dovrebbero comunicare alla Commissione quali siano i porti cui si applica la direttiva, sulla base delle valutazioni di sicurezza effettuate.

(13)

L’applicazione effettiva ed uniforme delle misure della politica di sicurezza solleva importanti questioni connesse con gli aspetti del suo finanziamento. Il finanziamento di talune misure di sicurezza addizionali non dovrebbe portare a distorsioni della concorrenza. Entro il 30 giugno 2006, la Commissione dovrebbe sottoporre al Parlamento europeo e al Consiglio i risultati di uno studio sui costi connessi alle misure adottate nell’ambito della presente direttiva, che affronti in particolare la questione della ripartizione degli oneri finanziari tra le autorità pubbliche, le autorità portuali e gli operatori.

(14)

La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(15)

Le misure necessarie per l’attuazione della presente direttiva andrebbero adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).

(16)

Occorrerebbe stabilire una procedura per adeguare la presente direttiva agli sviluppi degli strumenti internazionali e, in seguito alle esperienze acquisite, adattare o completare le disposizioni dettagliate di cui agli allegati della presente direttiva, senza ampliare il campo di applicazione di quest’ultima.

(17)

Poiché gli scopi della presente direttiva, vale a dire l’instaurazione equilibrata di misure utili nel settore della politica dei trasporti e dei porti marittimi non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della dimensione europea della presente direttiva, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi.

(18)

Poiché la presente direttiva riguarda i porti marittimi, gli obblighi in essa contenuti non si applicano all’Austria, alla Repubblica ceca, all’Ungheria, al Lussemburgo e alla Slovacchia,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Oggetto

1.   Obiettivo principale della presente direttiva è quello di introdurre misure comunitarie volte a migliorare la sicurezza dei porti di fronte al pericolo costituito da incidenti di sicurezza. La presente direttiva garantisce altresì che le misure di sicurezza adottate in applicazione del regolamento (CE) n. 725/2004 beneficino di un rafforzamento della sicurezza nei porti.

2.   Le misure di cui al paragrafo 1 sono:

a)

norme comuni fondamentali sulle misure di sicurezza nei porti;

b)

un meccanismo attuativo per tali norme;

c)

meccanismi appropriati di controllo di adempienza.

Articolo 2

Campo di applicazione

1.   La presente direttiva fissa misure di sicurezza che vanno osservate nei porti. Gli Stati membri possono applicare le disposizioni della presente direttiva alle zone connesse con i porti.

2.   Le misure disposte dalla presente direttiva si applicano a tutti i porti situati nel territorio di uno Stato membro che contengono uno o più impianti portuali contemplati da un piano di sicurezza dell’impianto portuale approvato a norma del regolamento (CE) n. 725/2004. La presente direttiva non si applica alle installazioni militari portuali.

3.   Gli Stati membri individuano i confini di ciascun porto ai fini della presente direttiva, tenendo in debito conto le informazioni contenute nella valutazione di sicurezza del porto.

4.   Ove i confini di un impianto portuale ai sensi del regolamento (CE) n. 725/2004, quali definiti da uno Stato membro, inglobino tutto il porto, le disposizioni pertinenti del regolamento (CE) n. 725/2004 prevalgono su quelle della presente direttiva.

Articolo 3

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1.

«porto», una specifica area terrestre e marittima con confini definiti dallo Stato membro in cui il porto è situato, comprendente impianti e attrezzature intesi ad agevolare le operazioni commerciali di trasporto marittimo;

2.

«interfaccia nave/porto», le interazioni che hanno luogo quando una nave è direttamente ed immediatamente interessata da attività che comportano il movimento di persone o di merci o la fornitura di servizi portuali verso la nave o dalla nave;

3.

«impianto portuale», un luogo in cui avviene l’interfaccia nave/porto. Comprende aree quali le zone di ancoraggio, di ormeggio, le aree di accosto dal mare, secondo i casi;

4.

«punto di contatto per la sicurezza del porto», l’organismo nominato da ogni Stato membro per fungere da punto di contatto per la Commissione e gli altri Stati membri per l’attuazione, il controllo e l’informazione sull’applicazione delle misure di sicurezza dei porti di cui alla presente direttiva;

5.

«Autorità di sicurezza del porto», l’autorità responsabile per le questioni di sicurezza in un dato porto.

Articolo 4

Coordinamento con le misure adottate in applicazione del regolamento (CE) n. 725/2004

Gli Stati membri garantiscono lo stretto coordinamento fra le misure di sicurezza dei porti introdotte dalla presente direttiva e quelle adottate in applicazione del regolamento (CE) n. 725/2004.

Articolo 5

Autorità di sicurezza del porto

1.   Gli Stati membri designano un’autorità di sicurezza del porto per ciascuna area portuale rientrante nel campo di applicazione della presente direttiva. Un’autorità di sicurezza del porto può essere designata per più di un porto.

2.   L’autorità di sicurezza del porto ha la responsabilità di predisporre e applicare piani di sicurezza del porto in base alle conclusioni delle valutazioni di sicurezza del porto.

3.   Gli Stati membri possono designare una «autorità competente per la sicurezza marittima», prevista dal regolamento (CE) n. 725/2004 quale autorità di sicurezza del porto.

Articolo 6

Valutazione di sicurezza del porto

1.   Gli Stati membri provvedono a che siano effettuate valutazioni di sicurezza dei porti che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. Dette valutazioni tengono debito conto delle specificità delle diverse zone di un porto e, se ritenuto opportuno dalla pertinente autorità dello Stato membro di cui trattasi, delle aree adiacenti se queste hanno un impatto sulla sicurezza del porto, e si avvalgono delle valutazioni effettuate a norma del regolamento (CE) n. 725/2004 per impianti portuali all’interno dei loro confini.

2.   Ogni valutazione di sicurezza del porto è effettuata tenendo conto almeno delle prescrizioni dettagliate di cui all’allegato I.

3.   Le valutazioni di sicurezza dei porti possono essere effettuate da un organismo di sicurezza riconosciuto, ai sensi dell’articolo 11.

4.   Le valutazioni di sicurezza del porto sono soggette all’approvazione dello Stato membro interessato.

Articolo 7

Piano di sicurezza del porto

1.   In funzione delle conclusioni delle valutazioni di sicurezza del porto, gli Stati membri provvedono a che siano elaborati, mantenuti e aggiornati piani di sicurezza dei porti. I piani di sicurezza dei porti prendono in debita considerazione le specificità delle diverse zone di un porto e integrano i piani di sicurezza degli impianti portuali, elaborati a norma del regolamento (CE) n. 725/2004, situati nel loro territorio.

2.   I piani di sicurezza dei porti individuano, per ciascun livello di sicurezza di cui all’articolo 8:

a)

le procedure da seguire;

b)

le misure da attuare;

c)

le azioni da intraprendere.

3.   Ogni piano di sicurezza del porto tiene conto almeno delle prescrizioni dettagliate di cui all’allegato II. Se del caso e in misura appropriata, il piano di sicurezza del porto comprende in particolare misure di sicurezza da applicare ai passeggeri e ai veicoli destinati ad essere imbarcati su navi che trasportano passeggeri e veicoli. Nei trasporti marittimi internazionali gli Stati membri interessati collaborano alla valutazione di sicurezza.

4.   I piani di sicurezza dei porti possono essere elaborati da un organismo di sicurezza riconosciuto, ai sensi dell’articolo 11.

5.   I piani di sicurezza del porto, prima dell’attuazione, sono soggetti all’approvazione dello Stato membro interessato.

6.   Gli Stati membri assicurano che l’attuazione dei piani di sicurezza dei porti sia monitorata. Il monitoraggio viene coordinato con altre attività di controllo effettuate nei porti.

7.   Gli Stati membri assicurano che si svolgano addestramenti adeguati, tenendo conto dei requisiti fondamentali delle esercitazioni di addestramento in materia di sicurezza di cui all’allegato III.

Articolo 8

Livelli di sicurezza

1.   Gli Stati membri istituiscono un sistema di livelli di sicurezza dei porti o di parti dei porti.

2.   Vi sono tre livelli di sicurezza, definiti dal regolamento (CE) n. 725/2004:

«Livello di sicurezza 1» è il livello per cui vanno costantemente mantenute misure di sicurezza minime adeguate,

«Livello di sicurezza 2» è il livello per cui vanno mantenute adeguate misure di sicurezza supplementari per un determinato periodo, in conseguenza di un incremento del rischio che si verifichi un problema di sicurezza,

«Livello di sicurezza 3» è il livello per cui vanno mantenute adeguate misure di sicurezza specifiche, per il periodo limitato in cui un problema di sicurezza è probabile ed imminente, anche quando non sia possibile individuare l’obiettivo specifico.

3.   Gli Stati membri determinano i livelli di sicurezza in uso per ogni porto o parte del porto. Per ogni livello di sicurezza, uno Stato membro può determinare l’applicazione di diverse misure di sicurezza in diverse zone del porto, secondo le conclusioni della valutazione di sicurezza del porto.

4.   Gli Stati membri comunicano a chi di dovere il livello di sicurezza in uso in ciascun porto o parte del porto e ogni modifica dello stesso.

Articolo 9

Agente di sicurezza del porto

1.   In ogni porto lo Stato membro interessato approva un agente di sicurezza del porto. Ciascun porto dispone, ove possibile, di un agente di sicurezza distinto, ma, se del caso, può condividere lo stesso agente di sicurezza.

2.   Gli agenti di sicurezza dei porti fungono da punti di contatto per le questioni attinenti alla sicurezza portuale.

3.   Quando l’agente di sicurezza del porto e l’agente (o gli agenti) di sicurezza dell’impianto portuale o degli impianti portuali di cui al regolamento (CE) n. 725/2004 non sono la stessa persona, essi agiscono in stretta collaborazione fra loro.

Articolo 10

Riesame

1.   Gli Stati membri assicurano che le valutazioni di sicurezza e i piani di sicurezza dei porti siano riveduti ove opportuno e in ogni caso almeno una volta ogni cinque anni.

2.   L’ambito della procedura di riesame è rispettivamente quello di cui all’articolo 6 o quello di cui all’articolo 7.

Articolo 11

Organismo di sicurezza riconosciuto

Gli Stati membri possono designare organismi di sicurezza riconosciuti per i fini specificati nella presente direttiva. Gli organismi di sicurezza riconosciuti soddisfano le condizioni di cui all’allegato IV.

Articolo 12

Punto di contatto per la sicurezza del porto

Gli Stati membri dichiarano competente per gli aspetti di sicurezza portuale un punto di contatto. Gli Stati membri possono designare per gli aspetti di sicurezza portuale il punto di contatto nominato a norma del regolamento (CE) n. 725/2004. Il punto di contatto per la sicurezza del porto comunica alla Commissione l’elenco dei porti interessati dalla presente direttiva e le eventuali modifiche dell’elenco.

Articolo 13

Attuazione e controllo della conformità

1.   Gli Stati membri istituiscono un sistema che garantisca una supervisione adeguata e periodica dei piani di sicurezza dei porti e della loro applicazione.

2.   La Commissione, in cooperazione con i punti di contatto di cui all’articolo 12, controlla l’applicazione della presente direttiva da parte degli Stati membri.

3.   Detto controllo è effettuato congiuntamente alle ispezioni di cui all’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 725/2004.

Articolo 14

Adattamenti

Gli allegati da I a IV possono essere modificati secondo la procedura di cui all’articolo 15, paragrafo 2, senza ampliare il campo di applicazione della presente direttiva.

Articolo 15

Procedura di comitato

1.   La Commissione è assistita dal comitato istituito dal regolamento (CE) n. 725/2004.

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.

Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato ad un mese.

3.   Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

Articolo 16

Riservatezza e diffusione delle informazioni

1.   Nell’applicare la presente direttiva, la Commissione adotta, secondo il disposto della decisione 2001/844/CE, CECA, Euratom (6), misure appropriate per tutelare le informazioni soggette all’obbligo di riservatezza a cui ha accesso o che le sono comunicate dagli Stati membri.

Gli Stati membri adottano misure equivalenti, a norma della legislazione nazionale pertinente.

2.   Il personale addetto alle ispezioni di sicurezza o al trattamento di informazioni riservate relative alla presente direttiva è titolare di un livello appropriato di verifica di sicurezza da parte dello Stato membro di cui l’interessato è cittadino.

Articolo 17

Sanzioni

Spetta agli Stati membri predisporre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per le ipotesi di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva.

Articolo 18

Attuazione

1.   Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il/l’15 giugno 2007. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 19

Relazione di valutazione

Entro il/l’15 dicembre 2008 e in seguito ogni cinque anni, la Commissione presenta una relazione di valutazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla base, tra l’altro, delle informazioni ottenute ai sensi dell’articolo 13. Nella relazione la Commissione analizza l’ottemperanza alla direttiva da parte degli Stati membri e l’efficacia delle misure adottate. Se necessario presenta proposte per ulteriori misure.

Articolo 20

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell Unione europea.

Articolo 21

Destinatari

Destinatari della presente direttiva sono gli Stati membri sul cui territorio sono situati porti di cui all’articolo 2, paragrafo 2.

Fatto a Strasburgo, addì 26 ottobre 2005.

Per il Parlamento europeo

Il presidente

J. BORELL FONTELLES

Per il Consiglio

Il presidente

D. ALEXANDER


(1)  GU C 120 del 20.5.2005, pag. 28.

(2)  GU C 43 del 18.2.2005, pag. 26.

(3)  Parere del Parlamento europeo del 10 maggio 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 ottobre 2005.

(4)  GU L 129 del 29.4.2004, pag. 6.

(5)  GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.

(6)  GU L 317 del 3.12.2001, pag. 1. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 2005/94/CE, Euratom (GU L 31 del 4.2.2005, pag. 66).


ALLEGATO I

VALUTAZIONE DI SICUREZZA DEL PORTO

La valutazione di sicurezza del porto forma la base su cui poggiano il piano di sicurezza del porto e la sua applicazione. La valutazione di sicurezza del porto considera almeno i seguenti elementi:

individuazione e valutazione dei beni e delle infrastrutture che è importante proteggere,

individuazione di possibili minacce a beni e infrastrutture e della loro probabilità di verificarsi al fine di determinare le misure di sicurezza classificandole per ordine di priorità,

identificazione, selezione e classificazione per ordine di priorità delle contromisure e degli adattamenti procedurali e loro grado di efficacia per ridurre la vulnerabilità,

identificazione dei punti deboli, fattore umano compreso, delle infrastrutture, delle politiche e delle procedure.

A tal fine la valutazione copre almeno i seguenti aspetti:

individuazione di tutte le zone pertinenti per la sicurezza del porto, definendo così anche i confini del porto. Sono compresi gli impianti portuali che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 725/2004, la cui valutazione del rischio servirà da base;

individuazione dei problemi di sicurezza connessi con l’interfaccia fra gli impianti portuali e le altre misure di sicurezza del porto,

individuazione dei membri del personale del porto da sottoporre ad un controllo dei precedenti e/o ad una verifica di sicurezza a causa della loro interazione con aree ad alto rischio,

suddivisione del porto, se opportuno, in base alla probabilità di attentati alla sicurezza. Le zone vanno valutate non solo sulla base del loro profilo quali potenziali bersagli, ma anche per la potenziale funzione di passaggio in caso di attacco diretto contro zone limitrofe,

individuazione delle variazioni del rischio, per esempio stagionali,

individuazione delle caratteristiche specifiche di ciascuna zona, quali ubicazione, punti di accesso, approvvigionamento elettrico, sistema di comunicazioni, proprietà, utenza e altri elementi ritenuti pertinenti dal punto di vista della sicurezza,

individuazione degli scenari di potenziale minaccia per il porto. Il porto nel suo insieme o una parte specifica della sua infrastruttura, un carico, bagagli, persone e mezzi di trasporto situati all’interno del porto possono essere l’oggetto immediato di una precisa minaccia,

individuazione delle conseguenze specifiche di uno scenario di pericolo. Le conseguenze possono interessare una o più zone. Occorre individuare le conseguenze dirette e indirette, prestando particolare attenzione al rischio di perdite umane,

individuazione del possibile grappolo di effetti di un incidente di sicurezza,

individuazione delle vulnerabilità di ciascuna zona,

individuazione di tutti gli aspetti organizzativi connessi con la sicurezza complessiva del porto, fra cui la divisione esistente fra tutte le autorità di sicurezza e le norme e procedure in vigore,

individuazione delle vulnerabilità della sicurezza globale del porto, connesse con gli aspetti organizzativi, legislativi e procedurali,

individuazione di misure, procedure e azioni volte a ridurre le vulnerabilità critiche. Occorre prestare un’attenzione particolare ad esigenze e mezzi di controllo o di restrizione dell’accesso a tutto il porto o a specifiche parti di esso, fra cui l’identificazione di passeggeri, dipendenti del porto e altri lavoratori, visitatori ed equipaggi delle navi, nonché i requisiti di monitoraggio delle zone e delle attività e il controllo delle merci e dei bagagli. Misure, procedure e azioni devono essere proporzionate alla percezione del rischio, che può variare da una zona all’altra del porto,

individuazione del modo in cui misure, procedure e azioni debbano essere rafforzate in caso di aumento del livello di sicurezza,

individuazione dei requisiti specifici per trattare determinati aspetti di sicurezza, quali merci, bagagli, serbatoi, provviste o persone «sospetti», pacchi sconosciuti, pericoli noti (per esempio bombe). Tali requisiti devono anche servire per determinare se sia preferibile risolvere il problema direttamente sul posto oppure trattarlo dopo il trasferimento in una zona sicura,

individuazione di misure, procedure e azioni volte a limitare e mitigare le conseguenze,

individuazione delle divisioni dei compiti che consentano l’applicazione adeguata e corretta delle misure, procedure e azioni individuate,

focalizzazione dell’attenzione, ove appropriato, sul rapporto con altri piani di sicurezza (per esempio piani di sicurezza degli impianti portuali) e su altre misure di sicurezza esistenti. Occorre anche considerare il rapporto con altri piani di risposta (per esempio piano di risposta in caso di marea nera, piano di emergenza del porto, piano di intervento medico, piano in caso di disastro nucleare, ecc.),

individuazione dei requisiti di comunicazione per l’attuazione delle misure e delle procedure,

focalizzazione dell’attenzione su misure volte ad evitare la diffusione di informazioni sensibili dal punto di vista della sicurezza,

individuazione della necessità di conoscere tutti i soggetti direttamente coinvolti, nonché il pubblico, ove necessario.


ALLEGATO II

PIANO DI SICUREZZA DEL PORTO

Il piano di sicurezza del porto contiene le disposizioni di sicurezza per il porto. Esso si basa sui risultati della valutazione di sicurezza del porto, riporta chiaramente le misure dettagliate e contiene un meccanismo di controllo che consente, ove necessario, l’adozione di misure correttive appropriate.

Il piano di sicurezza del porto:

definisce tutte le zone pertinenti per la sicurezza del porto. In funzione della valutazione di sicurezza del porto, misure, procedure ed azioni possono variare da una zona all’altra e alcune zone possono necessitare di misure preventive più rigorose. Occorre prestare un’attenzione particolare alle interfacce tra zone diverse, individuate dalla valutazione di sicurezza del porto,

garantisce il coordinamento tra misure di sicurezza relative a zone aventi caratteristiche di sicurezza diverse,

prevede, ove necessario, misure diversificate per diverse parti del porto, diversi livelli di sicurezza e specifiche informazioni di intelligence,

individua una struttura organizzativa a supporto del miglioramento della sicurezza del porto.

Sulla base di questi aspetti generali, il piano di sicurezza del porto assegna compiti e specifica piani di lavoro nei seguenti settori:

requisiti di accesso. Per alcune zone, tali requisiti entrano in vigore solo se i livelli di sicurezza superano un determinato limite. Tutti i requisiti e tutti i limiti devono essere riportati dettagliatamente nel piano di sicurezza del porto,

requisiti di controllo dei documenti di identità, dei bagagli e delle merci. I requisiti possono essere di applicazione solo in determinate zone ed essere di piena applicazione solo in talune di esse. Le persone in entrata o presenti in una determinata zona possono essere soggette al controllo. Il piano di sicurezza del porto rispecchia in modo appropriato i risultati della valutazione di sicurezza del porto, strumento di individuazione dei requisiti di sicurezza per ciascuna zona e ciascun livello di sicurezza. Se si ricorre a specifiche tessere di identificazione per fini di sicurezza del porto, occorre istituire procedure chiare per il rilascio, l’uso, il controllo e la restituzione di tali documenti. Tali procedure devono tener conto delle specificità di determinati gruppi di utenti del porto, consentendo misure specifiche per limitare l’impatto negativo dei requisiti di controllo di accesso. Le diverse categorie devono comprendere almeno marinai, funzionari pubblici, coloro che vi lavorano o vi si recano abitualmente, residenti del porto e lavoratori o visitatori occasionali,

collegamento con le autorità preposte al controllo delle merci, dei bagagli e dei passeggeri. Ove necessario, il piano deve disporre il collegamento dei sistemi di informazione e autorizzazione di tali autorità, compresi eventuali sistemi di autorizzazione che precede l’arrivo,

procedure e misure per il trattamento di merci, bagagli, serbatoi, provviste o persone sospette, compresa l’individuazione di una zona di sicurezza, nonché per altri casi di sicurezza e violazioni della sicurezza del porto,

requisiti di monitoraggio per zone specifiche o attività che vi si svolgono. Le esigenze di soluzioni tecniche e le stesse soluzioni tecniche si baseranno sulla valutazione di sicurezza del porto,

segnaletica. Le zone in cui vigono requisiti di accesso e/o controllo vanno segnalate adeguatamente. Le esigenze di controllo e di accesso tengono debito conto di tutte le pertinenti regolamentazioni e prassi esistenti. La sorveglianza delle attività deve essere indicata adeguatamente se la legislazione nazionale lo richiede,

autorizzazioni di comunicazione e sicurezza. Tutte le pertinenti informazioni di sicurezza devono essere comunicate in modo appropriato in conformità delle norme di autorizzazione di sicurezza contenute nel piano. In considerazione della delicatezza di talune informazioni, le comunicazioni sono autorizzate secondo necessità (principio della «necessità di sapere»), ma sono contemplate, ove necessario, procedure per le comunicazioni dirette al pubblico. Le norme di autorizzazione di sicurezza fanno parte del piano e sono volte a tutelare le informazioni sensibili dalla possibilità di comunicazione non autorizzata.

notifica degli incidenti di sicurezza. Onde garantire una risposta rapida, il piano di sicurezza del porto deve precisare chiari requisiti di notifica di tutti gli incidenti di sicurezza all’agente di sicurezza del porto e/o all’autorità di sicurezza del porto,

integrazione con altri piani o attività di prevenzione. Il piano deve trattare specificamente l’integrazione con altre attività di prevenzione e di controllo esistenti nel porto,

integrazione con altri piani di risposta e/o inclusione di specifiche misure, procedure e azioni di risposta. Il piano deve descrivere dettagliatamente l’interazione e il coordinamento con altri piani di risposta e d’emergenza. Ove necessario, occorre risolvere i conflitti e le lacune,

requisiti di formazione e per gli addestramenti,

organizzazione operativa della sicurezza del porto e procedure di lavoro. Il piano di sicurezza del porto descrive dettagliatamente l’organizzazione di sicurezza del porto, la suddivisione dei compiti e le procedure di lavoro. Esso descrive inoltre il coordinamento con gli agenti di sicurezza degli impianti portuali e delle navi, ove appropriato, e riporta i compiti del comitato di sicurezza del porto, ove esista,

procedure per adattare e aggiornare il piano di sicurezza del porto.


ALLEGATO III

REQUISITI ESSENZIALI DELLE ESERCITAZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA

Almeno una volta ogni anno civile e in ogni caso ad intervalli non superiori a 18 mesi, devono essere effettuate esercitazioni che possono coinvolgere agenti di sicurezza dell’impianto portuale, di concerto con le competenti autorità degli Stati membri, agenti di sicurezza della compagnia o agenti di sicurezza della nave, se disponibili. Le richieste di partecipazione ad esercitazioni comuni di agenti di sicurezza delle compagnie o delle navi devono essere formulate tenendo conto delle implicazioni di sicurezza e di lavoro per la nave. Le esercitazioni devono servire a mettere alla prova le comunicazioni, il coordinamento, la disponibilità delle risorse e le reazioni. Tali addestramenti possono consistere in:

1)

esercitazioni su grande scala o in situazione reale;

2)

simulazioni teoriche o seminari; oppure

3)

possono essere associati ad altri tipi di addestramento, ad esempio interventi di emergenza o altre esercitazioni delle autorità dello Stato del porto di approdo.


ALLEGATO IV

CONDIZIONI CHE UN ORGANISMO DI SICUREZZA RICONOSCIUTO DEVE SODDISFARE

Un organismo di sicurezza riconosciuto deve possedere:

1)

le competenze necessarie nei pertinenti settori della sicurezza del porto;

2)

conoscenze appropriate di operazioni portuali, fra cui conoscenze sulla progettazione e costruzione di un porto;

3)

conoscenze appropriate di altre operazioni significative sotto il profilo della sicurezza, che possano potenzialmente incidere sulla sicurezza del porto;

4)

la capacità di valutare i probabili rischi per la sicurezza del porto;

5)

la capacità di mantenere e migliorare l"esperienza di sicurezza portuale del proprio personale;

6)

la capacità di accertare in permanenza l’affidabilità del proprio personale;

7)

la capacità di adottare adeguate misure per impedire la divulgazione o l"accesso non autorizzati ad informazioni sensibili sotto il profilo della sicurezza;

8)

la conoscenza della pertinente legislazione nazionale e internazionale e dei requisiti di sicurezza;

9)

la conoscenza delle varie forme di minaccia alla sicurezza;

10)

la capacità di riconoscimento ed identificazione di armi, sostanze e apparecchiature pericolose;

11)

la capacità di riconoscimento, su base non discriminatoria, delle caratteristiche e dei modelli comportamentali delle persone che potrebbero rappresentare un rischio per la sicurezza;

12)

la conoscenza delle tecniche utilizzate per aggirare le misure di sicurezza;

13)

la conoscenza delle apparecchiature e dei sistemi di sicurezza e di sorveglianza e dei loro limiti di utilizzo.

Un organismo di sicurezza riconosciuto che abbia effettuato una valutazione di sicurezza del porto o una revisione di una valutazione siffatta non può elaborare o rivedere il piano di sicurezza del medesimo porto.