ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 154

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

60° anno
17 maggio 2017


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

II   Comunicazioni

 

COMUNICAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA

 

Commissione europea

2017/C 154/01

Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata (Caso M.8463 — CPPIB/PSPIB/Waiheke) ( 1 )

1

2017/C 154/02

Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata (Caso M.8418 — Peter Cremer Holding/Hage/König Transportgesellschaft) ( 1 )

1

2017/C 154/03

Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata (Caso M.8446 — ELO/AP1/Real Estate Portfolio in Finland) ( 1 )

2

2017/C 154/04

Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata (Caso M.8427 — KKR/Telefónica/Telxius) ( 1 )

2


 

IV   Informazioni

 

INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA

 

Commissione europea

2017/C 154/05

Tassi di cambio dell'euro

3

2017/C 154/06

Comunicazione della Commissione — Documento di orientamento — Regime dell’UE che disciplina gli scambi intra-UE e la riesportazione di avorio

4

2017/C 154/07

Comunicazione della Commissione — Documento di orientamento sugli esemplari lavorati ai sensi della normativa dell’Unione sul commercio delle specie selvatiche

15

2017/C 154/08

Comunicazione della Commissione sui tassi di interesse per il recupero degli aiuti di Stato e di riferimento/attualizzazione in vigore per i 28 Stati membri con decorrenza 1o giugno 2017[Pubblicata ai sensi dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004 ( GU L 140 del 30.4.2004, pag. 1 )]

27


 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE.

IT

 


II Comunicazioni

COMUNICAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA

Commissione europea

17.5.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 154/1


Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata

(Caso M.8463 — CPPIB/PSPIB/Waiheke)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2017/C 154/01)

Il 3 maggio 2017 la Commissione ha deciso di non opporsi alla suddetta operazione di concentrazione notificata e di dichiararla compatibile con il mercato interno. La presente decisione si basa sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (1). Il testo integrale della decisione è disponibile unicamente in lingua inglese e verrà reso pubblico dopo che gli eventuali segreti aziendali in esso contenuti saranno stati espunti. Il testo della decisione sarà disponibile:

sul sito Internet della Commissione europea dedicato alla concorrenza, nella sezione relativa alle concentrazioni (http://ec.europa.eu/competition/mergers/cases/). Il sito offre varie modalità per la ricerca delle singole decisioni, tra cui indici per impresa, per numero del caso, per data e per settore,

in formato elettronico sul sito EUR-Lex (http://eur-lex.europa.eu/homepage.html?locale=it) con il numero di riferimento 32017M8463. EUR-Lex è il sistema di accesso in rete al diritto comunitario.


(1)  GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.


17.5.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 154/1


Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata

(Caso M.8418 — Peter Cremer Holding/Hage/König Transportgesellschaft)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2017/C 154/02)

Il 3 maggio 2017 la Commissione ha deciso di non opporsi alla suddetta operazione di concentrazione notificata e di dichiararla compatibile con il mercato interno. La presente decisione si basa sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (1). Il testo integrale della decisione è disponibile unicamente in lingua tedesca e verrà reso pubblico dopo che gli eventuali segreti aziendali in esso contenuti saranno stati espunti. Il testo della decisione sarà disponibile:

sul sito Internet della Commissione europea dedicato alla concorrenza, nella sezione relativa alle concentrazioni (http://ec.europa.eu/competition/mergers/cases/). Il sito offre varie modalità per la ricerca delle singole decisioni, tra cui indici per impresa, per numero del caso, per data e per settore,

in formato elettronico sul sito EUR-Lex (http://eur-lex.europa.eu/homepage.html?locale=it) con il numero di riferimento 32017M8418. EUR-Lex è il sistema di accesso in rete al diritto comunitario.


(1)  GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.


17.5.2017   

IT

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C 154/2


Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata

(Caso M.8446 — ELO/AP1/Real Estate Portfolio in Finland)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2017/C 154/03)

Il 3 maggio 2017 la Commissione ha deciso di non opporsi alla suddetta operazione di concentrazione notificata e di dichiararla compatibile con il mercato interno. La presente decisione si basa sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (1). Il testo integrale della decisione è disponibile unicamente in lingua inglese e verrà reso pubblico dopo che gli eventuali segreti aziendali in esso contenuti saranno stati espunti. Il testo della decisione sarà disponibile:

sul sito Internet della Commissione europea dedicato alla concorrenza, nella sezione relativa alle concentrazioni (http://ec.europa.eu/competition/mergers/cases/). Il sito offre varie modalità per la ricerca delle singole decisioni, tra cui indici per impresa, per numero del caso, per data e per settore,

in formato elettronico sul sito EUR-Lex (http://eur-lex.europa.eu/homepage.html?locale=it) con il numero di riferimento 32017M8446. EUR-Lex è il sistema di accesso in rete al diritto comunitario.


(1)  GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.


17.5.2017   

IT

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C 154/2


Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata

(Caso M.8427 — KKR/Telefónica/Telxius)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2017/C 154/04)

Il 10 maggio 2017 la Commissione ha deciso di non opporsi alla suddetta operazione di concentrazione notificata e di dichiararla compatibile con il mercato interno. La presente decisione si basa sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (1). Il testo integrale della decisione è disponibile unicamente in lingua inglese e verrà reso pubblico dopo che gli eventuali segreti aziendali in esso contenuti saranno stati espunti. Il testo della decisione sarà disponibile:

sul sito Internet della Commissione europea dedicato alla concorrenza, nella sezione relativa alle concentrazioni (http://ec.europa.eu/competition/mergers/cases/). Il sito offre varie modalità per la ricerca delle singole decisioni, tra cui indici per impresa, per numero del caso, per data e per settore,

in formato elettronico sul sito EUR-Lex (http://eur-lex.europa.eu/homepage.html?locale=it) con il numero di riferimento 32017M8427. EUR-Lex è il sistema di accesso in rete al diritto comunitario.


(1)  GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.


IV Informazioni

INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA

Commissione europea

17.5.2017   

IT

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C 154/3


Tassi di cambio dell'euro (1)

16 maggio 2017

(2017/C 154/05)

1 euro =


 

Moneta

Tasso di cambio

USD

dollari USA

1,1059

JPY

yen giapponesi

125,67

DKK

corone danesi

7,4394

GBP

sterline inglesi

0,85868

SEK

corone svedesi

9,7215

CHF

franchi svizzeri

1,0958

ISK

corone islandesi

 

NOK

corone norvegesi

9,3918

BGN

lev bulgari

1,9558

CZK

corone ceche

26,420

HUF

fiorini ungheresi

309,54

PLN

zloty polacchi

4,1984

RON

leu rumeni

4,5478

TRY

lire turche

3,9330

AUD

dollari australiani

1,4920

CAD

dollari canadesi

1,5058

HKD

dollari di Hong Kong

8,6143

NZD

dollari neozelandesi

1,6090

SGD

dollari di Singapore

1,5457

KRW

won sudcoreani

1 234,76

ZAR

rand sudafricani

14,5287

CNY

renminbi Yuan cinese

7,6185

HRK

kuna croata

7,4303

IDR

rupia indonesiana

14 709,02

MYR

ringgit malese

4,7791

PHP

peso filippino

54,898

RUB

rublo russo

62,3000

THB

baht thailandese

38,187

BRL

real brasiliano

3,4316

MXN

peso messicano

20,6886

INR

rupia indiana

70,8505


(1)  Fonte: tassi di cambio di riferimento pubblicati dalla Banca centrale europea.


17.5.2017   

IT

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C 154/4


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

DOCUMENTO DI ORIENTAMENTO

Regime dell’UE che disciplina gli scambi intra-UE e la riesportazione di avorio

(2017/C 154/06)

Lo scopo del presente documento di orientamento è fornire un’interpretazione del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio (1) e raccomandare agli Stati membri dell’UE i) di sospendere l’esportazione e la riesportazione di avorio grezzo e ii) di garantire un’interpretazione rigorosa delle disposizioni del diritto UE che autorizzano gli scambi intra-UE di avorio e l’esportazione e la riesportazione dell’avorio lavorato.

1.   Contesto e giustificazione

i)   Le normative internazionali e dell’UE che disciplinano il commercio dell’avorio

Sia l’elefante africano, Loxodonta africana, che l’elefante asiatico, Elephas maximus, figurano negli elenchi contenuti nelle appendici della convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), che riunisce 183 parti contraenti, tra cui l’UE e tutti gli Stati membri dell’UE. Nell’ambito dell’attuale regime CITES, il commercio internazionale di avorio (2) è vietato, con alcune deroghe rigorosamente definite, riguardanti in particolare i beni acquisiti prima che le disposizioni della convenzione CITES venissero applicate all’avorio. La convenzione CITES non disciplina il commercio nazionale di avorio.

La convenzione CITES è stata attuata nell’UE con il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio e alcuni regolamenti della Commissione a esso collegati (regolamenti dell’UE sul commercio di specie della flora e della fauna selvatiche). Nel caso dell’avorio d’elefante [così come per altre specie elencate nell’allegato A del regolamento (CE) n. 338/97], l’UE ha inoltre adottato misure più severe rispetto alle disposizioni della convenzione CITES.

Pertanto, nell’UE il commercio di avorio è rigorosamente disciplinato dai regolamenti dell’UE sul commercio di specie della flora e della fauna selvatiche e sono in genere vietati gli scambi di avorio per fini commerciali verso e dall’UE nonché al suo interno.

Gli scambi intra-UE e la riesportazione di avorio a fini commerciali sono autorizzati soltanto alle seguenti condizioni:

gli scambi intra-UE sono autorizzati per l’avorio importato nell’UE prima dell’inserimento degli elefanti nell’elenco di cui all’Appendice I della convenzione CITES (il 18 gennaio 1990 per l’elefante africano e il 1o luglio 1975 per l’elefante asiatico) (3). Gli scambi intra-UE possono avvenire soltanto a condizione che lo Stato membro UE in questione abbia rilasciato un apposito certificato, eccezion fatta per gli «esemplari lavorati» (cfr. la definizione in appresso) acquistati prima del 3 marzo 1947, che possono essere commercializzati nell’UE senza un certificato;

la riesportazione dall’UE è autorizzata per esemplari di avorio acquistati prima che diventasse loro applicabile la convenzione CITES, vale a dire prima del 26 febbraio 1976 per gli elefanti africani e prima del 1o luglio 1975 per gli elefanti asiatici (4).

ii)   Il contesto internazionale: aumento della caccia di frodo agli elefanti e del traffico di avorio causato dalla crescente domanda asiatica

Negli ultimi anni, la caccia di frodo agli elefanti ha raggiunto livelli molto elevati. A partire dal 2011, risulta che ogni anno vengano uccisi tra 20 000 e 30 000 elefanti africani (5), con conseguente calo generalizzato delle popolazioni di elefanti africani, che sta mettendo in pericolo il recupero della specie osservato tra il 1990 e la metà degli anni 2000.

A fronte di questo notevole aumento del livello della caccia di frodo agli elefanti africani, il commercio illegale di avorio ha subito un’impennata, trainato dalla continua crescita della domanda di avorio sui mercati asiatici. Secondo l’Elephant Trade Information System (ETIS) (6), tra il 2010 e il 2015 sono state sequestrate circa 39 tonnellate di avorio grezzo all’anno mentre i sequestri di avorio lavorato sono costantemente aumentati nel corso degli anni, con una media di circa 5,6 tonnellate all’anno (7). Un traffico di partite di avorio di tale entità dimostra che le reti internazionali della criminalità organizzata svolgono un ruolo sempre più importante nel commercio illegale di avorio.

In risposta all’inasprimento della caccia di frodo agli elefanti e del traffico di avorio, la comunità internazionale ha assunto numerosi impegni, sottoscrivendo risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente e nel quadro di numerose conferenze di alto livello.

In occasione della 17a Conferenza delle parti della convenzione CITES (CITES CoP 17) dell’ottobre 2016 è stata concordata una serie di nuove misure volte a rafforzare l’applicazione della normativa contro la caccia di frodo agli elefanti e il traffico di avorio, a ridurre la domanda di avorio illegale e a intensificare il controllo sulla legalità dell’avorio presente sui mercati nazionali.

La risoluzione CITES 10.10 (Rev. CoP17) sul commercio di esemplari di elefanti esorta le parti a porre in atto misure nazionali esaustive a livello legislativo, regolamentare e attuativo nonché altre misure applicabili al commercio di avorio e ai mercati nazionali. La risoluzione raccomanda inoltre che «tutte le parti, così come i paesi non aderenti, nella cui giurisdizione esista un mercato nazionale legale dell’avorio che contribuisce all’incremento della caccia di frodo o del commercio illegale adottino con la massima urgenza tutte le necessarie misure a livello legislativo, regolamentare e attuativo per smantellare tali mercati nazionali del commercio di avorio grezzo e lavorato» riconoscendo che «a tale smantellamento possano essere ammesse alcune limitate deroghe per determinate tipologie di prodotti, nessuna delle quali agevoli contribuisca però all’incremento della caccia di frodo o del commercio illegale».

iii)   Aumento del livello del commercio legale di avorio dall’UE all’Asia

Le riesportazioni commerciali di avorio grezzo e lavorato in uscita dall’UE, effettuate conformemente al regolamento (CE) n. 338/97 («riesportazioni legali»), sono notevolmente aumentate negli ultimi anni con una marcata tendenza al rialzo per quanto riguarda le riesportazioni verso l’Asia orientale (cfr. riquadro 1).

Riquadro 1

Livelli delle riesportazioni legali di avorio dall’UE — dati e cifre di base

Le zanne di elefante sono l’articolo che rappresenta la quota maggiore delle riesportazioni di avorio grezzo dall’UE. Mentre il numero di zanne riesportate ogni anno dall’UE è sempre stato inferiore alle 100 unità tra il 2006 e il 2012 (a eccezione del 2008, quando ha raggiunto le 111 unità), la cifra è cresciuta notevolmente nel 2013 (superando le 300 unità) e in misura più significativa nel 2014 e nel 2015 (con più di 600 unità ogni anno). Quasi tutte le zanne di elefante riesportate nel 2014 e nel 2015 dall’UE erano destinate alla Cina o alla regione amministrativa speciale di Hong Kong.

Oltre al commercio di zanne, nel corso dell’ultimo decennio gli Stati membri dell’UE hanno dichiarato inoltre di avere commercializzato l’avorio grezzo anche sotto forma di avorio in pezzi. Dai dati disponibili risulta che vi sia stata una diminuzione generale delle riesportazioni di avorio in pezzi in termini di peso, ma un aumento generale delle riesportazioni in termini di numero di esemplari (con ampie fluttuazioni tra i diversi anni); ciò sembra indicare che il commercio di questo prodotto sia rimasto relativamente costante nel corso dell’ultimo decennio. L’effettiva entità degli scambi commerciali di avorio in pezzi è però molto difficile da quantificare, in quanto i pezzi possono variare enormemente in termini di dimensioni.

Negli ultimi anni anche il numero di articoli in avorio lavorato riesportati dall’UE è aumentato, con un marcato incremento a partire dal 2012, come indicano i dati comunicati dagli Stati membri dell’UE. Per quanto riguarda il commercio di singoli esemplari, i quantitativi più elevati si sono registrati nel 2015 (10 000 esemplari riesportati). Va tuttavia osservato che gli Stati membri comunicano i dati sugli scambi commerciali utilizzando unità di misura diverse. Oltre a indicare il numero degli esemplari, gli scambi commerciali vengono anche descritti utilizzando unità di peso (kg). Le riesportazioni di avorio comunicate dagli Stati membri utilizzando unità di peso hanno evidenziato fluttuazioni notevoli, raggiungendo i livelli più alti nel 2012 (circa 600 kg a cui vanno aggiunti 7 000 esemplari singoli) e nel 2015 (200 kg).

La riesportazione di articoli in avorio lavorato riguarda diversi tipi di oggetti (tra cui oggetti d’antiquariato, strumenti musicali e diversi altri tipi di sculture in avorio). I principali mercati di destinazione di questi articoli sono la Cina e la regione amministrativa speciale di Hong Kong, ma, seppure a livelli inferiori, il commercio riguarda anche altri paesi, in particolare gli Stati Uniti, la Svizzera, il Giappone e la Federazione russa).

I dati utilizzati per valutare il livello degli scambi commerciali provengono dalle informazioni sulle riesportazioni trasmesse dagli Stati membri dell’UE nell’ambito delle rispettive relazioni annuali CITES, in linea con l’articolo 15, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 338/97.

iv)   Iniziative dell’UE contro il traffico di specie selvatiche in relazione agli scambi intra-UE di avorio e all’esportazione di avorio

La comunicazione sul piano d’azione dell’UE contro il traffico di specie selvatiche (8) invita l’UE e gli Stati membri ad attuare una strategia globale contro il traffico di specie selvatiche. Tale comunicazione prevede, in particolare (nell’ambito dell’azione 2, «Continuare a limitare il commercio di avorio all’interno e in provenienza dall’UE») che la Commissione europea pubblichi entro la fine del 2016 degli orientamenti «intesi a garantire un’interpretazione uniforme delle norme dell’UE, al fine di sospendere l’esportazione di avorio grezzo pre-convenzione e di garantire che siano commercializzati nell’UE soltanto oggetti antichi in avorio legali».

Nelle sue conclusioni del giugno 2016 su tale comunicazione, il Consiglio dell’Unione europea ha esortato «gli Stati membri, sulla base degli orientamenti dell’UE, a non emettere documenti di esportazione o riesportazione per l’avorio grezzo pre-convenzione proveniente da elefanti e a considerare ulteriori misure per porre fine al commercio di avorio di elefanti».

Il presente documento di orientamento è stato elaborato in risposta a tale esortazione.

L’aumento della domanda di avorio dei mercati asiatici è uno dei fattori più importanti all’origine degli attuali elevati livelli di caccia di frodo agli elefanti e di traffico di avorio. Con il presente documento di orientamento, l’UE contribuirà a ridurre tale domanda e a sostenere gli sforzi compiuti da importanti mercati di destinazione dei prodotti di specie selvatiche, come la Cina, che nel 2016 ha adottato misure specifiche per limitare l’importazione di avorio sul suo territorio e ha annunciato l’intenzione di smantellare gradualmente, entro la fine del 2017, il proprio mercato interno dell’avorio. Con il presente documento di orientamento ci si prefigge inoltre di garantire che l’avorio di origine illegale non sia oggetto di scambi all’interno dell’UE o in partenza dall’UE e che il commercio legale di avorio non venga utilizzato come copertura per commercializzare l’avorio illegale.

Il presente documento di orientamento riguarda la riesportazione di avorio dalla UE (sezione 3) e gli scambi intra-UE di avorio (sezione 4).

2.   Origine e finalità del presente documento di orientamento

Il presente documento di orientamento è stato discusso ed elaborato in collaborazione con i rappresentanti degli Stati membri riuniti nel «Gruppo di esperti dei competenti organi di gestione della convenzione CITES».

La presente comunicazione è pertanto intesa a sostenere cittadini, imprese e autorità nazionali nell’applicazione del regolamento (CE) n. 338/97 e dei relativi regolamenti di applicazione. Essa non sostituisce, integra o modifica le disposizioni del regolamento del Consiglio e dei regolamenti di applicazione e non va applicata in modo separato e autonomo, ma congiuntamente a tali normative. Solo la Corte di giustizia dell’Unione europea è infatti competente a interpretare autorevolmente il diritto dell’Unione.

Il documento è pubblicato in formato elettronico dalla Commissione e può essere pubblicato dagli Stati membri.

Il documento sarà riesaminato dalla Commissione, in consultazione con il «Gruppo di esperti dei competenti organi di gestione della convenzione CITES», nel secondo semestre del 2019. Tuttavia, la Commissione e gli Stati membri presteranno particolare attenzione alle problematiche relative al commercio nazionale di avorio e alle riesportazioni dell’avorio lavorato dall’UE, per valutare se non sia opportuno modificare i presenti orientamenti, per quanto riguarda tali aspetti, anche prima del secondo semestre del 2019.

3.   Orientamenti sull’interpretazione delle normative dell’UE in materia di riesportazione dell’avorio

i)   Orientamenti sulla riesportazione dell’avorio grezzo

Le norme che disciplinano la riesportazione di esemplari di avorio grezzo (9) acquistati prima che diventasse loro applicabile la convenzione CITES sono sancite all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 338/97.

A norma dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (CE) n. 338/97, al momento di valutare le domande di riesportazione dell’avorio grezzo, le autorità di gestione devono aver «accertato, previa consultazione della competente autorità scientifica, l’insussistenza di altri fattori relativi alla conservazione della specie che ostino al rilascio della licenza di esportazione».

Tali disposizioni devono essere interpretate alla luce delle circostanze di cui alla sezione 1 e tenendo presenti le caratteristiche specifiche del commercio internazionale di avorio grezzo. L’avorio grezzo rappresenta, a livello mondiale, la tipologia di avorio soggetta a traffico illegale quantitativamente più rappresentata a livello internazionale, come dimostrano i dati che le parti contraenti della convenzione CITES trasmettono a ETIS, che indicano che i sequestri di avorio grezzo illegale rappresentano la grande maggioranza dell’avorio sequestrato a livello mondiale. L’avorio grezzo consiste principalmente di zanne, che sono difficili da distinguere una dall’altra. Il rischio che la riesportazione legale di avorio grezzo venga utilizzata come copertura per il commercio illegale di avorio grezzo è più elevato rispetto all’avorio lavorato, nonostante il fatto che le zanne di origine legale possono essere commercializzate soltanto se riportano l’apposita marcatura.

La sospensione delle riesportazioni di avorio grezzo dall’UE garantirà che le zanne di origine legale non si mescolino all’avorio illegale e aiuterà i paesi di destinazione ad attuare le iniziative volte a ridurre la domanda di avorio, riduzione che costituisce una tappa importante della lotta contro il commercio illegale di avorio e contro l’attuale incremento della caccia di frodo agli elefanti.

Alla luce delle circostanze attuali e nel rispetto del principio di precauzione, a meno che non emergano elementi di prova scientifici che dimostrino il contrario, la Commissione raccomanda agli Stati membri di considerare che, sulla base di importanti fattori che possono incidere sulla conservazione della specie degli elefanti, non è più opportuno rilasciare certificati di riesportazione per l’avorio grezzo.

Di conseguenza, in linea con il regolamento (CE) n. 338/97, la Commissione raccomanda, come misura temporanea a decorrere dal 1o luglio 2017, che gli Stati membri non rilascino certificati di riesportazione per l’avorio grezzo, salvo nei casi eccezionali in cui l’organo di gestione dello Stato membro interessato abbia accertato che l’articolo in questione:

1)

sia oggetto di un effettivo scambio di beni culturali tra istituti di nota affidabilità (ad esempio, musei);

2)

faccia parte di un’eredità trasferita nel contesto di un trasferimento familiare;

3)

venga trasferito per ragioni di contrasto o per fini scientifici o didattici.

In tali casi eccezionali, si raccomanda alle autorità di gestione di seguire gli orientamenti di cui al presente documento in materia di acquisizione di prove adeguate sull’origine legale degli esemplari (allegato I del presente documento), di marcatura (allegato II) ed eventualmente di coordinamento con altri Stati membri e con paesi terzi (sottosezione iii).

ii)   Orientamenti sulla riesportazione dell’avorio lavorato

Contrariamente all’avorio grezzo, l’«avorio lavorato» comprende diverse tipologie di esemplari, tra cui articoli che sono legalmente in commercio da decenni (ad esempio, strumenti musicali e oggetti d’antiquariato) e non è chiaro se una sospensione totale della riesportazione degli articoli di questo tipo avrebbe un impatto tangibile sul commercio internazionale illegale di avorio. In considerazione dell’aumento delle riesportazioni di avorio lavorato dall’UE negli ultimi anni, è tuttavia necessario rafforzare i controlli sull’attuazione delle norme in vigore.

In ogni caso, è indispensabile che gli Stati membri dell’UE applichino un elevato livello di controllo in relazione alle domande di riesportazione dell’avorio lavorato e che rilascino i documenti necessari soltanto quando ricorrano le condizioni stabilite dalla legislazione dell’UE che garantiscono che l’avorio sia di origine legale. Per evitare che vengano esportati articoli in avorio che non soddisfano le condizioni previste, si raccomanda che le condizioni di rilascio di tali certificati di riesportazione vengano interpretate in modo restrittivo.

Al fine di valutare le condizioni alle quali tali transazioni commerciali possono essere autorizzate, si raccomanda agli Stati membri dell’UE di applicare gli orientamenti relativi alle «prove che dimostrano la legalità dell’acquisizione», che figurano all’allegato I del presente documento e quelli relativi a «marcatura, registrazione e altri requisiti per il rilascio dei certificati», contenuti nell’allegato II.

È particolarmente importante che il richiedente che presenta domanda di certificato di riesportazione dimostri che gli esemplari sono stati acquisiti anteriormente alla data in cui è diventata loro applicabile la convenzione CITES. Se il richiedente non è in grado di fornire tali elementi di prova, il certificato non va rilasciato.

Se viene rilasciato, il certificato deve descrivere l’articolo in questione con sufficiente precisione, in modo tale che esso possa essere utilizzato soltanto per l’esemplare per cui è stato rilasciato. Inoltre, nei casi in cui la normativa lo consente, gli Stati membri possono prendere in considerazione l’opportunità di collazionare, verificare e registrare l’identità del richiedente e, ove possibile, dell’acquirente (ad esempio conservando copia dei loro documenti di identità).

iii)   Coordinamento all’interno degli Stati membri dell’UE, tra Stati membri dell’UE e con i paesi terzi

Nei casi in cui gli organi responsabili del rilascio della documentazione CITES siano le autorità regionali e locali di gestione della convenzione CITES, si raccomanda agli Stati membri di attivarsi affinché le autorità regionali comunichino alle autorità centrali di gestione della convenzione CITES i dati relativi a tutte le domande di certificati di riesportazione e di certificati intra-UE che ricevono. Ciò permetterà adeguate verifiche coordinate della legalità delle acquisizioni e la coerenza delle valutazioni delle domande. A tal fine potrebbe risultare utile costituire opportune banche dati nazionali dove conservare le informazioni pertinenti.

Se, nel quadro di una domanda di riesportazione, viene presentato come prova della legalità dell’acquisizione un certificato intra-UE rilasciato da uno Stato membro, tale Stato membro andrebbe contattato affinché confermi la validità del certificato. Tale procedura dovrebbe essere seguita per tutte le domande relative a esemplari in avorio, in particolar modo se si tratta di avorio grezzo.

Inoltre, è possibile che si applichino restrizioni o verifiche supplementari alla riesportazione verso taluni paesi e territori che hanno introdotto misure nazionali più severe relative al commercio di avorio, ad esempio la Cina continentale, la regione amministrativa speciale di Hong Kong e gli Stati Uniti d’America. Prima di rilasciare un certificato di riesportazione per un esemplare in avorio, lo Stato membro interessato dovrebbe informare le autorità CITES del paese di destinazione in modo che queste possano verificare se l’importazione dell’esemplare in questione sia conforme alla normativa in vigore.

4.   Orientamenti per l’attuazione della normativa UE relativa agli scambi intra-UE di avorio

Per quanto riguarda la valutazione delle domande dei certificati per gli scambi intra-UE di avorio e l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione europea in materia di scambi intra-UE di «esemplari lavorati» di avorio, si raccomanda che gli Stati membri dell’UE seguano i presenti orientamenti, che sono basati sulle migliori pratiche attualmente utilizzate dagli Stati membri.

A partire dalla decisione CITES del 1989 di vietare il commercio internazionale di avorio, la domanda di avorio in Europa è notevolmente diminuita e gli Stati membri dell’UE non sono più stati indicati nei documenti CITES come importanti mercati di destinazione dell’avorio di origine illegale. La maggior parte degli scambi intra-UE è rappresentata da oggetti d’antiquariato in avorio. Anche nell’UE si sono tuttavia verificati casi di commercio illegale di avorio. Inoltre, gli Stati membri adottano approcci diversi nel trattamento delle domande di certificati per uso commerciale di esemplari di avorio all’interno dell’UE e di certificati per gli scambi intra-UE di «esemplari lavorati» in avorio. In base alla risoluzione CITES 10.10 (Rev. CoP17) e al regolamento (CE) n. 338/97, è compito dell’UE garantire che l’uso commerciale dell’avorio nell’UE sia severamente controllato e regolamentato. Risulta pertanto necessario intensificare la vigilanza e i controlli sugli scambi intra-UE di articoli in avorio, in particolare trattando adeguatamente le domande di certificati per gli scambi intra-UE di avorio e verificando la legalità degli scambi intra-UE di «esemplari lavorati».

In tale contesto, e alla luce dei diversi regimi applicabili a ciascuno di questi casi, si raccomanda agli Stati membri di seguire gli orientamenti specifici per ciascuno dei seguenti casi:

scambi intra-UE di articoli in avorio (punto i),

i casi specifici di scambi intra-UE di «esemplari lavorati» (punto ii).

i)   Orientamenti relativi agli scambi intra-UE di articoli in avorio

Gli scambi intra-UE di esemplari di cui all’allegato A sono generalmente vietati ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 338/97. L’articolo 8, paragrafo 3, autorizza gli Stati membri ad applicare una deroga a tale divieto a condizione che determinate condizioni (elencate alle lettere da a) ad h)] siano rispettate. Tuttavia, l’uso del verbo «potere» all’articolo 8, paragrafo 3, significa che gli Stati membri non sono obbligati a rilasciare un certificato per scambi intra-UE se tali condizioni sono rispettate (tranne quando diversamente previsto dal diritto dell’Unione, ad esempio in applicazione del principio di proporzionalità). Nel decidere in merito alla concessione o meno di un certificato, l’autorità deve utilizzare il proprio potere discrezionale in modo appropriato.

Di conseguenza, non si può ritenere che l’articolo 8, paragrafo 3, conferisca ad alcun richiedente il diritto al rilascio di un certificato per scambi intra-UE, anche qualora risulti rispettata una delle condizioni di cui alle lettere da a) ad h). Inoltre, all’articolo 8, paragrafo 3, si applica il principio di precauzione e, come esposto sopra, l’onere della prova di dimostrare la legittimità della transazione e la sua coerenza con gli obiettivi del regolamento (CE) n. 338/97 incombe al richiedente.

Quando riceve una domanda relativa all’uso commerciale di avorio all’interno dell’UE ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, uno Stato membro ha la facoltà, ai sensi del diritto dell’Unione, di rifiutare il rilascio di un certificato, anche se risulta soddisfatta una delle condizioni di cui alle lettere da a) a h), a condizione che il rifiuto sia compatibile con il principio di proporzionalità (vale a dire, qualora il rifiuto sia opportuno per proteggere le specie della flora e della fauna selvatiche o garantire il loro stato di conservazione e non vada al di là di quanto necessario per raggiungere detto scopo). La Commissione europea e il gruppo di esperti dei competenti organi di gestione della convenzione CITES sono del parere che tale sia ad esempio il caso qualora il richiedente non abbia dimostrato in maniera irrefutabile la legittimità della transazione e la coerenza con gli obiettivi del regolamento (CE) n. 338/97.

Gli Stati membri devono evitare di rilasciare certificati che potrebbero agevolare attività illegali e dovrebbero pertanto trattare le domande di certificati per scambi intra-UE in modo da ridurre al minimo tale rischio. Si raccomanda agli Stati membri di applicare controlli quanto più possibile severi nel trattamento delle domande di certificati intra-UE e di interpretare in senso restrittivo le condizioni per il rilascio di tali certificati, in particolare per quanto riguarda l’avorio grezzo.

A tal fine, si raccomanda agli Stati membri dell’UE di applicare gli orientamenti relativi alle «prove che dimostrano la legalità dell’acquisizione», che figurano all’allegato I del presente documento, e quelli relativi a «marcatura, registrazione e altri requisiti per il rilascio dei certificati», contenuti nell’allegato II.

Uno degli aspetti fondamentali dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera a) (esemplari «acquisiti o introdotti nella Comunità prima che le disposizioni relative alle specie elencate nell’appendice I della convenzione o nell’allegato C1 del regolamento (CEE) n. 3626/82 del Consiglio (2), ovvero nell’allegato A del presente regolamento, siano divenute applicabili a tali esemplari»), prevede che spetti al richiedente dimostrare che gli esemplari sono stati acquisiti o introdotti nell’UE prima del 18 gennaio 1990 per quanto riguarda l’elefante africano e prima del 1o luglio 1975 per quanto riguarda l’elefante asiatico. Se il richiedente non è in grado di fornire tali elementi di prova, il certificato non va rilasciato.

Se viene rilasciato, il certificato dovrebbe descrivere l’esemplare in questione con sufficiente precisione, in modo tale che sia chiaro che il certificato può essere utilizzato soltanto per l’esemplare per cui è stato rilasciato, un aspetto che riveste particolare importanza per l’avorio grezzo, tipicamente caratterizzato da pochi tratti distintivi. Inoltre, nei casi in cui la normativa lo consente (10), gli Stati membri possono prendere in considerazione l’opportunità di collazionare, verificare e registrare l’identità del richiedente e l’identità dell’acquirente (ad esempio conservando copia dei loro documenti di identità). Potrebbe inoltre essere introdotta una condizione specifica per gli scambi intra-UE di avorio grezzo che obblighi il venditore a informare le autorità in merito all’identità dell’acquirente.

Quando le domande di certificati per gli scambi intra-UE di avorio sono presentate ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera c), si ricorda agli Stati membri che, a norma di tale articolo, poiché l’importazione di avorio (sotto forma di effetti personali, in particolare trofei di caccia) è possibile soltanto per motivi non commerciali, non vi è alcuna possibilità per i proprietari di ottenere il rilascio di un certificato per un uso commerciale all’interno dell’Unione.

ii)   Orientamenti specifici relativi agli scambi intra-UE di «esemplari lavorati» in avorio

Il regolamento contiene disposizioni specifiche che disciplinano gli scambi intra-UE di «esemplari lavorati acquisiti da oltre cinquant’anni», definiti all’articolo 2, lettera w), del regolamento (CE) n. 338/97 come «esemplari che hanno subito una significativa alterazione rispetto al loro naturale stato grezzo per uso nella gioielleria, ornamentale, artistico, pratico o nel settore degli strumenti musicali, più di cinquant’anni prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, vale a dire prima del 3 marzo 1947, e che sono stati acquisiti in tali condizioni a giudizio dell’organo di gestione dello Staro membro interessato. Tali esemplari sono considerati come lavorati soltanto se riconducibili univocamente a una delle categorie sopra menzionate e se non richiedano ulteriori interventi di taglio, lavorazione o manifattura per servire ai relativi scopi». Agli esemplari che la normativa UE sul commercio delle specie selvatiche definisce «esemplari lavorati» si fa spesso riferimento utilizzando l’espressione «oggetti d’antiquariato». Tuttavia, è importante osservare che gli oggetti d’antiquariato acquisiti prima del 1947 ma che sono rimasti sostanzialmente immutati rispetto al loro naturale stato non rientrano nella definizione di «esemplari lavorati» ai sensi del regolamento (CE) n. 338/97.

L’uso commerciale all’interno dell’UE degli «esemplari lavorati» è disciplinato dall’articolo 8, paragrafo 3, lettera b), del regolamento (CE) n. 338/97 e dall’articolo 62, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 865/2006 della Commissione. Se un articolo soddisfa le condizioni di cui all’articolo 2, lettera w), del regolamento del Consiglio per poter essere considerato un esemplare lavorato, non sono necessari certificati per il suo uso commerciale all’interno dell’UE.

Al fine di garantire un’interpretazione comune della denominazione «esemplari lavorati» in tutti gli Stati membri dell’UE, la Commissione europea, in cooperazione con gli Stati membri, ha messo a punto una serie di orientamenti interni in materia (11). Tali orientamenti, che non sono specifici per l’avorio, riguardano ad esempio l’accettabilità degli elementi di prova che certificano che l’esemplare sia stato acquisito prima del 3 marzo 1947, e contengono esempi tipici di esemplari cui si applica la descrizione «che hanno subito una significativa alterazione rispetto al loro naturale stato grezzo» e di esemplari destinati, ad esempio, a un «uso nella gioielleria» o a un «uso ornamentale», nonché esempi di articoli restaurati o «rielaborati».

In generale, si raccomanda agli Stati membri di interpretare in modo restrittivo la definizione di esemplari lavorati, procedendo come segue:

in primo luogo, il proprietario di un esemplare deve dimostrare che l’esemplare è stato acquisito «50 anni prima dell’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 338/97», vale a dire prima del 3 marzo 1947,

in secondo luogo, il fatto che una zanna di elefante sia semplicemente montata su una targa, uno scudo o un altro tipo di supporto, senza alcuna altra modifica del suo stato naturale, non dovrebbe di norma essere sufficiente per considerare il prodotto un «esemplare lavorato» ai sensi dell’articolo 2, lettera w), del regolamento (CE) n. 338/97,

in terzo luogo, anche il requisito di cui all’articolo 2, lettera w), che prevede che l’alterazione sia stata apportata per «uso nella gioielleria, ornamentale, artistico, pratico o nel settore degli strumenti musicali» dovrebbe essere oggetto di un esame rigoroso e attento, poiché sono stati riportati casi recenti in cui la natura dell’alterazione artistica (ad esempio, incisione, intaglio, inserimento o aggiunta di oggetti artistici o pratici ecc.) era talmente dubbia da rendere impossibile considerare soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 2, lettera w),

per ulteriori indicazioni sull’interpretazione della denominazione «esemplari lavorati», si invita a consultare il documento di orientamento elaborato in materia dalla Commissione europea.

Inoltre, sebbene all’interno dell’UE non siano richiesti certificati intra-UE per gli scambi di «esemplari lavorati», si raccomanda agli Stati membri di controllare i rispettivi mercati interni degli oggetti d’antiquariato in avorio, anche procedendo a verifiche periodiche volte ad appurare se gli operatori posseggano i documenti che certificano l’età e/o l’origine degli oggetti d’antiquariato di avorio in vendita, e a considerare l’opportunità di obbligare gli operatori a dichiarare l’origine e l’età degli oggetti d’antiquariato di avorio in vendita, sia sui loro siti web che negli spazi fisici di vendita (bancarelle o negozi).

Va infine osservato che per la riesportazione dall’UE degli «esemplari lavorati» è necessario un certificato di riesportazione, conformemente all’articolo 5, paragrafo 6, lettera i), del regolamento (CE) n. 338/97. Si raccomanda agli Stati membri di utilizzare gli orientamenti di cui alla sezione 3, punto ii), per la valutazione delle domande di certificati di riesportazione per tali articoli.


(1)  Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1).

(2)  Nel presente documento di orientamento, per avorio si intende soltanto l’avorio ricavato dall’elefante.

(3)  A norma dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 338/97.

(4)  Cfr. articolo 5, paragrafo 6, punto ii), del regolamento (CE) n. 338/97. La convenzione CITES si applica dal 26 febbraio 1976 agli elefanti africani, con l’inserimento delle specie nell’appendice III da parte del Ghana; gli elefanti asiatici sono stati inseriti nell’appendice I della convenzione CITES il 1o luglio 1975.

(5)  Nellemann, C., Henriksen, R., Raxter, P., Ash, N., Mrema, E. (a cura di). (2014). The Environmental Crime Crisis – Threats to Sustainable Development from Illegal Exploitation and Trade in Wildlife and Forest Resources. Valutazione per una risposta rapida da parte dell’UNEP. Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente e GRID-Arendal, Nairobi e Arendal.

(6)  L’ETIS è stato istituito con la risoluzione CITES Conf. 10.10 (Rev. CoP17) sul traffico di esemplari di elefanti, al fine, tra gli altri obiettivi, di «i) misurare e registrare i livelli e le tendenze, nonché i cambiamenti di tali livelli e tendenze, dell’abbattimento illegale di elefanti e del traffico illegale di avorio». L’ETIS compila una relazione completa sui sequestri di avorio in tutto il mondo prima di ogni conferenza delle parti della convenzione CITES. Le relazioni più recenti, redatte nel 2016 per la CITES CoP 17, sono disponibili al seguente indirizzo:

https://cites.org/sites/default/files/eng/cop/17/WorkingDocs/E-CoP17-57-06-R1.pdf

https://cites.org/sites/default/files/eng/cop/17/WorkingDocs/E-CoP17-57-06-R1-Add.pdf

(7)  Nel 50 % dei casi registrati dall’ETIS, le parti della convenzione CITES non hanno precisato il peso dell’avorio sequestrato.

(8)  http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52016DC0087&from=EN

(9)  Si raccomanda agli Stati membri dell’UE di utilizzare la definizione di avorio grezzo di cui alla risoluzione CITES Conf. 10.10 (Rev. CoP17), secondo la quale:

«a)

la denominazione “avorio grezzo” comprende tutte le zanne intere di elefante, lucidate o non lucidate, in qualsiasi forma esse si presentino, e l’avorio di elefante tagliato in pezzi, lucidati o non lucidati, in qualsiasi forma diversa dalla forma originale, a eccezione dell’“avorio lavorato” e

b)

la denominazione “avorio lavorato” si riferisce all’avorio che è stato scolpito, modellato o trasformato, completamente o parzialmente, e non comprende le zanne intere, in qualsiasi forma esse si presentino, a eccezione dei casi in cui l’intera superficie della zanna sia stata scolpita».

(10)  In particolare le disposizioni in materia di protezione dei dati personali.

(11)  Cfr. C(2017) 3108.


ALLEGATO I

Prove che dimostrano la legalità dell’acquisizione

Considerazioni generali

Tanto per i certificati di riesportazione quanto per i certificati intra-UE, spetta al richiedente dimostrare, con piena soddisfazione delle autorità di gestione della convenzione CITES dello Stato membro in questione, che le condizioni per il rilascio dei documenti risultano soddisfatte e in particolare che gli esemplari di avorio sono stati acquisiti legalmente (1).

Poiché le domande per il rilascio dei certificati di riesportazione e dei certificati per gli scambi intra-UE possono differire in misura significativa (in termini di circostanze dell’acquisizione originaria dell’avorio, di quantitativi da riesportare o commercializzare e dell’origine e dell’età dichiarate degli esemplari), gli Stati membri dovranno in generale valutare gli elementi di prova forniti dai richiedenti individualmente, caso per caso.

Se da una parte è ovvio che la legalità dell’acquisizione deve essere dimostrata in tutti i casi, dall’altra gli Stati membri possono prendere in considerazione l’opportunità di adottare un approccio basato sui rischi per quanto riguarda la valutazione delle domande dei certificati di riesportazione e di quelli per gli scambi intra-UE. Le transazioni potrebbero richiedere controlli di entità diversa in funzione della quantità di avorio da riesportare o da commercializzare, della tipologia dell’esemplare in avorio (oggetto d’antiquariato, avorio lavorato o avorio grezzo), delle circostanze in cui è stato originariamente acquisito l’avorio (ad esempio, avorio acquistato nel quadro di una transazione commerciale o acquisito come donazione o lascito) e della data in cui è avvenuta l’acquisizione. Gli Stati membri dovranno fare affidamento sul proprio potere discrezionale al momento di determinare, in funzione del tipo di transazione, il tipo e l’entità degli elementi di prova da richiedere a sostegno della domanda.

È opportuno che gli Stati membri sottopongano gli scambi intra-UE di avorio grezzo a un più elevato livello di controllo, ad esempio, in caso di domande relative a zanne non lavorate o grandi pezzi di avorio non lavorato, in particolare quando si tratta di domande relative a più di una zanna intera o a più di un pezzo di avorio non lavorato. Gli Stati membri possono inoltre prendere in considerazione l’ipotesi di applicare un livello di controllo maggiore alle domande di certificati per scambi intra-UE di avorio grezzo acquisito in tempi recenti o nel quadro di una transazione commerciale (e non come donazione o lascito).

È importante osservare che il tipo di prova dell’origine legale dell’esemplare dipenderà dalla modalità di acquisizione. Ad esempio:

se gli articoli in avorio sono stati importati dallo stesso richiedente prima dell’entrata in vigore della Convenzione, si potrebbe invitare il richiedente a dimostrare di avere risieduto o lavorato nel paese di esportazione. Come prova del fatto che il richiedente ha vissuto in tale paese straniero, possono essere accettati documenti quali vecchie fotografie, contratti, certificati di nascita, estratti dal registro anagrafico o dichiarazioni dello stesso richiedente o di membri della sua famiglia. Il richiedente dovrà inoltre dimostrare che l’articolo in avorio è stato acquisito o importato nell’UE legalmente (cfr. la sezione seguente, Tipi di prove);

se l’articolo in avorio è stato acquistato nell’UE, il richiedente deve dimostrare che esso è stato acquistato legalmente o che soddisfa le condizioni per essere considerato un esemplare lavorato risalente a prima del 1947 (cfr. la sezione seguente, Tipi di prove).

Tipi di prove

A sostegno delle domande di certificati di riesportazione e di certificati per scambi intra-UE sono in genere considerati preferibili i seguenti tipi di prove:

la licenza di importazione originale CITES rilasciata al richiedente e vistata dalle autorità doganali o i documenti originali di importazione (ad esempio, i documenti doganali). I documenti andrebbero verificati, se possibile confrontandoli con le informazioni contenute nelle banche dati pertinenti, ad esempio le banche dati delle autorità doganali nazionali e la banca dati delle licenze CITES concesse;

certificati per gli scambi intra-UE: in tal caso, per verificare la validità del certificato in questione, andrebbe consultato lo Stato membro dell’UE che lo ha rilasciato. Se le informazioni riportate sul certificato per gli scambi intra-UE non sono chiare o se sussistono dubbi o timori circa la validità del certificato o la legalità dell’origine dell’avorio, è opportuno chiedere al richiedente o alle autorità che hanno rilasciato il certificato informazioni supplementari. Se, ad esempio, il certificato è privo di dati (ad esempio, fotografie, descrizioni dettagliate, informazioni sul peso e sulle dimensioni delle zanne) che permettono di individuare univocamente l’articolo in avorio o se il certificato è particolarmente datato, andrebbero richieste informazioni supplementari. Gli Stati membri hanno il diritto di richiedere eventuali elementi di prova che forniscano ulteriori informazioni dettagliate sull’articolo in avorio e sulla sua storia che non siano già riportate sul certificato per gli scambi intra-UE. Talvolta, in particolare se il certificato è relativo alla specifica transazione, può inoltre essere opportuno richiedere una ricevuta o una copia dell’atto di trasferimento che dimostri che il proprietario attuale ha acquistato l’esemplare direttamente dal titolare del certificato;

risultati delle analisi radiometriche per determinare l’età (e l’origine) dell’esemplare (2), non dimenticando però che la determinazione dell’età non è di per sé sufficiente a dimostrare la legalità dell’acquisizione;

pareri di esperti, sotto forma di perizie o stime dell’età dell’esemplare da parte di un esperto indipendente autorizzato, ad esempio un collaboratore di un’università o di un istituto di ricerca, un consulente del tribunale o un perito giudiziario o un esperto autorizzato e riconosciuto (3). I pareri degli esperti possono essere considerati elementi di prova sufficienti tanto per gli articoli in avorio lavorato che non lavorato (quando non si può procedere ad analisi scientifiche legali). Per quanto riguarda gli oggetti di antiquariato in avorio lavorato, la determinazione dell’età può essere fatta in base allo stile dell’incisione e alle tecniche artigianali utilizzate.

Se gli elementi di prova di cui sopra non sono disponibili, è opportuno chiedere ai richiedenti di fornire una combinazione di altri elementi di prova che dimostrino la legalità degli esemplari (cfr. elenco degli altri tipi di prove, in appresso). Gli Stati membri dovrebbero chiedere ai richiedenti di fornire quanti più tipi di prove possibile a sostegno della loro domanda. Come osservato in precedenza nel capitolo Considerazioni generali, le quantità e i tipi delle prove che saranno considerati soddisfacenti come dimostrazione della legalità dell’acquisizione dipende dalla natura della domanda e dai rischi associati. Se una domanda di certificato per scambi intra-UE riguarda quantità di avorio grezzo destinate a un uso commerciale, gli Stati membri dovrebbero valutare l’opportunità di accettare soltanto gli elementi di prova di cui ai primi tre punti.

Gli altri tipi di prove che possono dimostrare in modo soddisfacente la legalità dell’acquisizione comprendono i seguenti documenti o, preferibilmente, una combinazione di essi:

le licenze originali CITES di esportazione dal paese di esportazione o i documenti originali (ad esempio, i documenti doganali). I documenti andrebbero verificati, se possibile confrontandoli con le informazioni contenute nelle banche dati pertinenti;

per gli «esemplari lavorati» contenenti avorio, un documento redatto da un esperto autorizzato/riconosciuto;

una ricevuta, una fattura, un atto di donazione o un documento di successione, ad esempio un testamento;

vecchie fotografie dell’esemplare di avorio (riportanti la data, raffiguranti una persona riconoscibile o scattate nel luogo di origine), una vecchia licenza di caccia (o altri documenti relativi alla caccia), documenti relativi a un’assicurazione, lettere o vecchi documenti non privati (ad esempio articoli di giornale o altre relazioni o pubblicazioni originali che dimostrino l’origine degli esemplari);

altri elementi di prova secondari a sostegno delle indicazioni relative alla legalità dell’acquisizione, ad esempio documenti che certifichino che la persona che ha acquisito gli esemplari ha lavorato nella zona geografica di provenienza degli esemplari (ad esempio, in un paese africano) o copie dei timbri sul passaporto;

una dichiarazione o una deposizione scritta e giurata di un testimone o una dichiarazione firmata del proprietario. Gli Stati membri possono valutare la possibilità di esigere che il richiedente presenti una deposizione scritta e giurata a sostegno del certificato rilasciato, in cui si dichiari a conoscenza delle conseguenze di una falsa dichiarazione. Le dichiarazioni o le deposizioni scritte e giurate di un testimone dovrebbero comunque essere avallate da altre prove, ad esempio fotografie, ricevute o fatture;

per quanto riguarda gli esemplari lavorati e gli strumenti prodotti nell’UE, una conferma da parte del fabbricante o di un esperto che lo strumento è stato prodotto nel territorio di uno Stato membro dell’UE prima della data di inserimento nel pertinente elenco CITES.

Se dopo avere analizzato gli elementi di prova forniti da un richiedente a sostegno di una domanda di certificato di riesportazione o di certificato per scambi intra-UE permangono dubbi circa la legalità dell’acquisizione dell’avorio in questione, gli Stati membri dovrebbero considerare l’opportunità di consultare un esperto indipendente o di richiedere un’analisi scientifica legale per verificare l’età degli esemplari. I relativi costi dovrebbero essere a carico del richiedente.


(1)  Cfr. articolo 5, paragrafo 3 e paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 338/97 per quanto riguarda i certificati di riesportazione e, per quanto riguarda gli scambi intra-UE, l’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 338/97 in combinato disposto con l’articolo 59 del regolamento (CE) n. 865/2006.

(2)  Gli orientamenti dell’UNODC sui metodi e sulle procedure di campionatura e di analisi di laboratorio relative all’avorio forniscono una panoramica delle possibili analisi di laboratorio disponibili e istruzioni per il prelievo di campioni per test, ivi compreso un elenco degli strumenti e dei materiali necessari per la campionatura dell’avorio (cfr. UNODC, (2014) Guidelines on Methods and Procedures for Ivory Sampling and Laboratory Analysis. United Nations, New York, in particolare la sezione 14.2.2 Isotopes (pag. 30 e successive e pag. 46), disponibile all’indirizzo https://www.unodc.org/documents/Wildlife/Guidelines_Ivory.pdf).

Cfr. anche il sito web www.ivoryid.org.

(3)  Qualora si ricorresse al parere di esperti di case d’asta, è necessario prestare particolare attenzione ai conflitti d’interessi che potrebbero insorgere.


ALLEGATO II

Marcatura, registrazione e altri requisiti per il rilascio dei certificati.

Ai sensi del diritto UE, la marcatura permanente degli articoli in avorio non è obbligatoria ai fini del rilascio di un certificato per scambi intra-UE, ma alcuni Stati membri la praticano. In aggiunta, per alcuni prodotti di avorio, le licenze di importazione e i certificati di riesportazione possono essere rilasciati dagli Stati membri dell’UE soltanto se i prodotti sono marcati [cfr. articolo 64, paragrafo 1, lettera d), e articolo 65, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 865/2006] e la risoluzione CITES 10.10 (Rev. CoP 17) incoraggia inoltre la marcatura delle «zanne intere di qualsiasi dimensione e parti ricavate da esse di lunghezza pari o superiore a 20 cm e di peso pari o superiore a 1 kg».

In tale contesto, si raccomanda che gli Stati membri prendano in considerazione la possibilità di una marcatura permanente di: i) zanne intere di qualsiasi dimensione, nonché ii) pezzi tagliati d’avorio di lunghezza pari o superiore a 20 cm e di peso pari o superiore a 1 kg. La marcatura permette di disporre di certificati univocamente associati ai corrispondenti esemplari in avorio e migliora la tracciabilità all’interno del sistema.

Si raccomanda che tale marcatura venga effettuata in conformità con la risoluzione CITES 10.10 (Rev. CoP 17): «le zanne intere di qualsiasi dimensione, nonché i pezzi tagliati d’avorio di lunghezza pari o superiore a 20 cm e di peso pari o superiore a 1 kg, vanno marcati tramite un punzone, inchiostro indelebile o altre forme di marcatura permanente, utilizzando la seguente formula: codice ISO a due caratteri alfabetici del paese d’origine, le ultime due cifre dell’anno/il numero di serie relativo all’anno/il peso in chilogrammi (ad esempio KE 00/127/14). Nonostante le diverse parti dispongano di sistemi di marcatura diversi e possano applicare procedure diverse per specificare il numero di serie e l’anno (che può essere, ad esempio, l’anno della registrazione o del recupero), a ogni articolo in avorio marcato corrisponde, indipendentemente dal sistema, un numero specifico e unico. Tale numero deve essere stampigliato nella zona del segno del labbro (lip mark) ed evidenziato con una chiazza di colore.»

La risoluzione stabilisce che la marcatura deve indicare il paese di origine; se però tale paese non è noto al momento in cui uno Stato membro dell’UE procede alla marcatura, il codice ISO riportato dovrebbe essere quello del paese che effettua la marcatura. Gli Stati membri possono ritenere opportuno decidere che le spese della marcatura permanente siano a carico del detentore o del proprietario dell’articolo in avorio.

Per agevolare le verifiche future, una volta che l’articolo è stato marcato in modo permanente, è opportuno inserire in una banca dati elettronica il codice stampigliato, nonché il numero del certificato e ogni informazione pertinente, ad esempio dimensioni, peso e situazione pre-convenzione. Ove possibile, tali informazioni dovrebbero essere registrate a livello nazionale. Se tali informazioni vengono registrate a livello regionale o locale, dovrebbe essere previsto un meccanismo di condivisione delle informazioni o di controllo delle informazioni da parte delle autorità centrali (nazionali) di gestione della convenzione CITES. Dopo la marcatura, si raccomanda inoltre di procedere a una documentazione fotografica degli articoli in avorio e di conservare le fotografie assieme alle altre informazioni pertinenti.

Gli Stati membri hanno segnalato alcuni problemi di verifica della validità dei certificati per gli scambi intra-UE che rendono difficile confermare l’identità degli esemplari oggetto del controllo (per quanto riguarda le zanne grezze). Per risolvere tali problemi, si raccomanda agli Stati membri di:

richiedere la documentazione fotografica degli esemplari di avorio (in particolare per quanto riguarda le zanne intere grezze) e, se previsto dai sistemi nazionali, fare in modo che le fotografie siano allegate/appuntate al corrispondente certificato per scambi intra-UE. Le fotografie dovrebbero essere scansionate e conservate in forma elettronica assieme agli altri dati relativi al certificato rilasciato. Tra le caratteristiche che potrebbero essere documentate (in quanto agevolano l’identificazione degli esemplari) figurano la colorazione caratteristica, la presenza di incrinature o di altri tipi di lesioni, la curvatura della zanna e la base (ad esempio, se caratterizzata da un taglio regolare o irregolare). In questo senso, sarebbe utile disporre di fotografie della zanna completa e della base. In caso la zanna presenti un’incisione, andrebbe allegata una fotografia che riporta i dettagli dell’incisione e la posizione sulla superficie della zanna. Le fotografie dell’esemplare in avorio per il quale viene rilasciato il certificato sono particolarmente importanti se l’esemplare non è stato marcato;

includere nel certificato dettagli relativi ai metodi di misurazione del peso e della lunghezza dell’esemplare di avorio e della circonferenza della base. Per quanto riguarda il peso, le informazioni pertinenti comprendono la data in cui il peso è stato determinato (l’esemplare è stato pesato al momento del rilascio del certificato o sono state utilizzate informazioni raccolte in precedenza?) e se il peso comprende eventuali accessori applicati alla zanna (ad esempio una calotta protettiva che copre la base o un sistema di fissaggio della zanna al muro) che potrebbero essere stati tolti prima della pesatura. Per quanto riguarda la lunghezza, le informazioni pertinenti comprendono l’indicazione se la lunghezza riportata è la lunghezza interna o esterna e se è il risultato di una misurazione dall’estremità alla base (o di un’altra misurazione);

registrare sia il numero degli esemplari che la quantità espressa in peso (kg), in quanto le dimensioni degli esemplari variano considerevolmente.


17.5.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 154/15


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

Documento di orientamento sugli esemplari lavorati ai sensi della normativa dell’Unione sul commercio delle specie selvatiche

(2017/C 154/07)

Il presente documento è inteso ad aiutare gli Stati membri dell’Unione e i portatori d’interesse a stabilire se un articolo può essere considerato «un esemplar[e] lavorat[o] acquisit[o] da oltre 50 anni» («esemplare lavorato»), ai sensi della normativa dell’Unione sul commercio delle specie selvatiche, e a determinare quindi i casi in cui chiedere la deroga generale al certificato per gli scambi intra-UE relativamente agli esemplari delle specie elencate nell’allegato A del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio (1).

Gli orientamenti forniti nel presente documento possono applicarsi anche all’introduzione nell’Unione o alla (ri)esportazione dall’Unione degli esemplari lavorati che figurano negli allegati del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, per i quali vigono condizioni di rilascio delle licenze/dei certificati meno restrittive rispetto a quelle vigenti per altri esemplari delle stesse specie (2).

Dato che la definizione di «esemplari lavorati» può denotare articoli di svariata natura, con il presente documento s’intende unicamente fornire orientamenti utili a individuare gli esemplari lavorati che vi corrispondono. In caso di dubbi riguardo al fatto che un esemplare possa rientrare nella definizione di esemplare lavorato, occorre presentare all’organo di gestione della convenzione CITES una domanda di certificato per uso commerciale intra UE.

Il presente documento di orientamento è stato redatto dalla Commissione e approvato all’unanimità dal gruppo di esperti degli organi di gestione competenti della convenzione CITES.

Il presente documento rispecchia l’interpretazione del regolamento (CE) n. 338/97 secondo la Commissione e indica le misure da essa ritenute costituire la migliore prassi. È inteso come strumento d’ausilio per le autorità nazionali, i cittadini e le imprese che devono applicare la normativa dell’Unione sul commercio delle specie selvatiche. Solo la Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a fornire un’interpretazione vincolante del diritto dell’Unione.

È possibile che alcuni Stati membri dell’Unione e paesi terzi applichino controlli nazionali più rigorosi sugli articoli che possono essere utilizzati o meno a fini commerciali. Occorre pertanto verificare le norme vigenti nel paese di destinazione prima di trasportarvi un esemplare lavorato.

1.   Introduzione

1.1.

La definizione di «esemplare lavorato» figura all’articolo 2, lettera w), del regolamento (CE) n. 338/97, secondo cui s’intende per

«“esemplari lavorati acquisiti da oltre cinquant’anni”, [gli] esemplari che hanno subito una significativa alterazione rispetto al loro naturale stato grezzo per uso nella gioielleria, ornamentale, artistico, pratico o nel settore degli strumenti musicali, più di cinquant’anni prima dell’entrata in vigore del presente regolamento (3) e che sono stati acquisiti in tali condizioni a giudizio dell’organo di gestione dello Staro membro interessato. Tali esemplari sono considerati come lavorati soltanto se riconducibili univocamente a una delle categorie sopramenzionate e se non richiedano ulteriori interventi di taglio, lavorazione o manifattura per servire ai relativi scopi».

Gli esemplari che possiedono i requisiti degli esemplari lavorati sono comunemente denominati «oggetti di antiquariato».

Il presente documento vale per tutti i casi in cui si applica la definizione di esemplari lavorati ai sensi della normativa dell’Unione sul commercio delle specie selvatiche, nella fattispecie:

articolo 4 del regolamento (CE) n. 338/97 relativo all’introduzione nella Comunità;

articolo 5 del regolamento (CE) n. 338/97 relativo all’esportazione e riesportazione dalla Comunità;

articolo 8 del regolamento (CE) n. 338/97 contenente le disposizioni relative al controllo delle attività commerciali all’interno dell’UE;

articolo 62, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 865/2006 della Commissione (4), relativo alle esenzioni generali dall’applicazione dell’articolo 8, paragrafi 1 e 3, del regolamento (CE) n. 338/97.

1.2.

In base alla definizione di «esemplare lavorato», l’organo di gestione dello Stato membro interessato deve avere accertato che l’esemplare sia stato acquisito in condizioni che rispondono alla definizione stessa.

La definizione racchiude i seguenti criteri, rispetto a ciascuno dei quali l’articolo va valutato:

l’articolo è stato fabbricato/lavorato prima del 3 marzo 1947;

l’articolo ha subito una significativa alterazione rispetto al suo stato naturale;

l’articolo rientra chiaramente in una delle categorie (gioielleria, uso ornamentale, artistico, pratico o strumenti musicali) e non richiede ulteriori interventi di taglio, lavorazione o manifattura per servire al relativo scopo;

l’organo di gestione dello Stato membro interessato ha accertato che l’articolo è stato acquisito in tali condizioni.

Ai suddetti criteri il presente documento di orientamento associa le seguenti azioni:

a)

stabilire se un esemplare lavorato è stato fabbricato/lavorato prima del 3 marzo 1947;

b)

stabilire se un esemplare ha subito una significativa alterazione rispetto al suo naturale stato grezzo per uso nella gioielleria, ornamentale, artistico, pratico o nel settore degli strumenti musicali e se non richiede ulteriori interventi di taglio, lavorazione o manifattura per servire al relativo scopo;

c)

stabilire se il grado di restauro è accettabile affinché l’esemplare continui a «non richied[ere] ulteriori interventi di taglio, lavorazione o manifattura per servire a[l] relativ[o] scop[o]»;

d)

stabilire se l’organo di gestione dello Stato membro interessato ha accertato che l’articolo è stato acquisito in condizioni che rispondono alla definizione di «esemplare lavorato».

2.   Stabilire se l’esemplare lavorato è stato fabbricato/lavorato prima del 3 marzo 1947

2.1.

L’esemplare deve essere stato fabbricato/lavorato più di 50 anni prima dell’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 338/97, vale a dire prima del 3 marzo 1947.

2.2.

Gli esemplari che sono stati rilavorati prima del 3 marzo 1947 possono essere considerati esemplari lavorati ai fini della deroga purché soddisfino le altre condizioni della definizione.

2.3.

L’esemplare che è stato lavorato o rilavorato dopo il 1947 non soddisfa la definizione anche se databile anteriormente al 3 marzo 1947. Ad esempio, una palla da biliardo in avorio che è stata trasformata nel pomello di un bastone da passeggio non otterrebbe la deroga se la trasformazione fosse stata eseguita negli anni 60 anche se l’avorio risalisse a prima del 1947. Altro esempio: legno databile anteriormente al 1947, ma l’esemplare lavorato dopo il 3 marzo 1947.

2.4.

La persona che ha acquisito l’esemplare prima del 3 marzo 1947 non deve necessariamente essere il proprietario attuale.

3.   Stabilire se l’esemplare ha «subito una significativa alterazione rispetto al [suo] naturale stato grezzo per uso nella gioielleria, ornamentale, artistico, pratico o nel settore degli strumenti musicali»

3.1.

Il fine dell’alterazione dell’esemplare deve essere chiaramente per uso nella gioielleria, ornamentale, artistico, pratico o nel settore degli strumenti musicali. Inoltre, l’esemplare non deve richiedere ulteriori interventi di taglio, lavorazione o manifattura per servire al relativo scopo.

3.2.

Queste condizioni possono essere valutate unicamente caso per caso (cfr. punto 4).

3.3.

Per essere considerate esemplari lavorati, le parti di un animale (come denti, zanne, corni, palchi, pelle, ossa o gusci) devono avere subito un’alterazione significativa rispetto al loro naturale stato grezzo, ad esempio mediante interventi di taglio, lavorazione o manifattura che hanno conferito loro altra forma.

3.4.

La lucidatura di un esemplare o il suo fissaggio su un altro materiale (ad esempio il montaggio su un supporto) non ne fanno un esemplare lavorato.

3.5.

Qualsiasi alterazione apportata all’esemplare deve essere irreversibile. Deve inoltre essere evidente l’assenza di interesse o proposito a usare l’esemplare per altri fini.

3.6.

Per quanto concerne l’avorio di elefante, ciò significa che le zanne grezze o loro pezzi (lucidati o meno, ma non tagliati o incisi), attaccati o meno al cranio, non hanno i requisiti per essere considerati esemplari lavorati (5). Per poter essere considerata «esemplare lavorato», una zanna o parte di essa deve aver subito interventi significativi di taglio o incisione su almeno il 90 % della superficie. L’intaglio, l’incisione o la scalfitura superficiali, che lasciano la zanna sostanzialmente al naturale stato grezzo, non sono considerati interventi di lavorazione.

3.7.

Per quanto concerne il corno di rinoceronte o parte di esso, l’intaglio, l’incisione o la scalfitura superficiali, che lasciano sostanzialmente invariato il naturale stato grezzo del corno, non sono considerati interventi di lavorazione.

3.8.

Gli esemplari di corno di rinoceronte, quali corni interi o parti di essi, in cui sono stati inseriti orologi, calamai, barometri o altri oggetti senza alterare sostanzialmente il corno e/o il cui insufficiente valore artistico può essere dimostrato da esperti indipendenti in conformità del punto 5.6 non sono considerati esemplari lavorati. Per questo tipo di esemplari occorre tener conto anche del documento di orientamento dell’Unione sull’esportazione, la riesportazione, l’importazione e il commercio all’interno dell’Unione di corni di rinoceronte (6).

3.9.

I crani, gli scheletri (totalmente o parzialmente articolati) o le singole ossa che sono stati puliti, imbiancati, lucidati, montati o altrimenti preparati non sono considerati esemplari lavorati. I crani e gli scheletri che sono stati montati (anche con i corni attaccati al cranio) su una targa o una base di legno, ad esempio, non sono considerati esemplari lavorati.

3.10.

In genere, gli animali imbalsamati (sottoposti a tassidermia), come gli uccelli imbalsamati e montati su supporti, non soddisfano la condizione di aver «subito una significativa alterazione rispetto al loro naturale stato grezzo», racchiusa nella definizione di «esemplari lavorati» (cfr. Corte di giustizia dell’Unione europea, causa C-154-2).

3.11.

L’appendice I del presente documento contiene alcuni esempi illustrativi di esemplari che, sebbene acquisiti allo stato di articoli finiti prima del 3 marzo 1947, non sarebbero considerati esemplari lavorati in quanto non sono stati sufficientemente alterati.

3.12.

L’appendice II del presente documento contiene alcuni esempi illustrativi di esemplari acquisiti allo stato di articoli finiti prima del 3 marzo 1947 che sarebbero considerati esemplari lavorati in quanto sono stati sufficientemente alterati.

4.   Stabilire se il grado di «restauro» e «rilavorazione» è accettabile affinché l’esemplare continui a «non richied[ere] ulteriori interventi di taglio, lavorazione o manifattura per servire al relativo scopo»

4.1.

In genere gli esemplari lavorati non possono essere rilavorati e devono conservare lo stato «lavorato» originario dopo il 3 marzo 1947, a prescindere dall’età del materiale interessato (7).

4.2.

Poiché non è realistico aspettarsi che un articolo attraversi vari secoli conservandosi allo stato originario, sono ammesse le attività commerciali legittime svolte nell’ambito del restauro degli oggetti d’antiquariato. Il restauro non modifica lo scopo dell’esemplare previsto in origine.

4.3.

Un articolo rilavorato utilizzando materiale che figura nelle appendici della CITES e acquisito dopo il 3 marzo 1947 non è più considerato esemplare lavorato: ad esempio, la trasformazione di esemplari di Dalbergia nigra (Palissandro brasiliano), come assi o pannelli, in casse di chitarre nuove non è considerata restauro. È altrettanto escluso dal campo della definizione l’uso di due articoli danneggiati per farne uno integro, come nel caso di una scatola da tè costruita utilizzando gli elementi intatti di due scatole da tè danneggiate.

4.4.

Un articolo riparato utilizzando materiali che non figurano nelle appendici della CITES può invece essere considerato esemplare lavorato: ad esempio, una scatola da tè antica fatta con il guscio di testuggini che figurano nelle appendici della CITES e a cui sono sostituite le cerniere di ottone corrisponde alla definizione, purché soddisfi anche gli altri requisiti.

4.5.

Molti articoli sono restaurati prelevando materiale da esemplari irrimediabilmente danneggiati allo scopo di restaurarne o ripararne uno in buone condizioni. Affinché un articolo restaurato continui a essere considerato esemplare lavorato, il materiale che figura nelle appendici CITES utilizzato a fini di restauro deve essere anteriore all’iscrizione della specie nelle appendici della convenzione: ad esempio, l’applicazione in un mobile intarsiato d’avorio danneggiato, a fini di riparazione, di inserti d’avorio supplementari risalenti a prima dell’iscrizione della specie nelle appendici della CITES (ossia pre-convenzione) può essere considerata restauro e l’articolo può continuare a essere considerato esemplare lavorato, purché soddisfi anche gli altri requisiti. Può essere considerato parimenti restauro e non rilavorazione l’uso di guscio di testuggine pre-convenzione prelevato da una scatola da tè per restaurarne un’altra.

5.   Stabilire se l’organo di gestione dello Stato membro interessato ha accertato che l’articolo è stato acquisito in condizioni che rispondono alla definizione di «esemplare lavorato»

5.1.

Spetta al proprietario o al venditore dimostrare che l’articolo corrisponde alla definizione di esemplare lavorato.

5.2.

Al ricevimento della domanda, gli organi di gestione determinano se l’articolo soddisfa le condizioni per essere considerato esemplare lavorato basandosi sulla normativa dell’Unione in materia di commercio delle specie selvatiche, sul presente documento di orientamento, su altri eventuali documenti d’orientamento specifici sulla specie e sui casi precedenti.

5.3.

Fatta eccezione per i casi di cui al punto 5.6, l’organo di gestione potrebbe consentire che la verifica dell’età dell’esemplare lavorato e della categoria in cui esso rientra (gioielleria, uso ornamentale, uso artistico) sia effettuata da una persona con competenza nel settore. Può trattarsi di uno specialista di antichità, un curatore museale ecc., riconosciuto dalla pertinente associazione di categoria, da un organo rappresentativo o da organizzazione analoga; se dotata della competenza necessaria, può trattarsi della persona coinvolta nell’uso commerciale dell’esemplare in causa.

5.4.

Alcuni Stati membri possono avere selezionato una rosa di professionisti cui ricorrere per stabilire l’età degli esemplari o la categoria in cui essi rientrano (gioielleria, uso ornamentale, uso artistico), pertanto i richiedenti dovrebbero consultare i rispettivi organi di gestione.

5.5.

L’organo di gestione CITES può anche ammettere come prova dell’età documenti comprovanti la provenienza dell’esemplare forniti dai proprietari, nella fattispecie fatture o atti di vendita originali datati, o articoli di giornale datati contenenti fotografie o descrizioni dettagliate dell’esemplare.

5.6.

Tuttavia, l’organo di gestione che ha dubbi circa l’età dell’esemplare o la categoria in cui esso rientra (gioielleria, uso ornamentale, uso artistico), in particolare quando sono in causa animali di specie ad alto rischio, quali elefanti, rinoceronti e tigri, e/o nei casi in cui sospetti una violazione intenzionale delle norme, può decidere che la verifica indipendente deve essere eseguita da un esperto che non è coinvolto nell’uso commerciale dell’esemplare; non può trattarsi, ad esempio, dell’acquirente, del venditore o altro intermediario, come una casa d’aste, coinvolto nella vendita dell’esemplare.

5.7.

La verifica indipendente dell’età dell’esemplare può anche includere l’uso di ogni mezzo scientifico disponibile (ad esempio, la datazione al carbonio 14). Quando si chiede una verifica indipendente va tuttavia tenuto presente che, anche ricorrendo a metodi di questo tipo, non sempre si ottiene una datazione precisa e può essere necessario prelevare campioni voluminosi, rischiando di danneggiare l’esemplare e pregiudicandone il valore artistico e monetario.

5.8.

Gli animali imbalsamati, in particolare gli uccelli rapaci, sono difficili da datare e può essere arduo dimostrare che l’esemplare era allo stato di articolo finito prima del 3 marzo 1947. Il processo di verifica può inoltre essere ostacolato dall’eventuale restauro degli animali imbalsamati. Per attribuire a un animale imbalsamato restaurato lo status di esemplare lavorato occorre fornire all’organo di gestione prove sufficienti comprovanti che tale era lo status originario dell’esemplare all’acquisizione.

5.9.

L’organo di gestione può esigere o introdurre misure supplementari ai fini della valutazione, pertanto è importante che all’atto di presentazione della domanda il richiedente controlli di aver fornito tutte le informazioni necessarie.


(1)  Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1) e relativi regolamenti d’esecuzione.

(2)  Cfr. articolo 4, paragrafo 5, lettera b), e articolo 5, paragrafo 6, punto i), del regolamento (CE) n. 338/97.

(3)  Per «cinquant’anni prima dell’entrata in vigore del presente regolamento» s’intende prima del 3 marzo 1947.

(4)  Regolamento (CE) n. 865/2006 della Commissione, del 4 maggio 2006, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (GU L 166 del 19.6.2006, pag. 1).

(5)  10a Conferenza delle parti della CITES, risoluzione n. 10 (riveduta nella 17a Conferenza delle parti) [Resolution Conf. 10.10 (Rev. CoP17)]: a) con il termine «avorio grezzo» s’intendono le zanne intere di elefante, lucidate o non lucidate, in qualsiasi forma esse si presentino, e le parti ricavate da esse, lucidate o non lucidate, in qualsiasi forma diversa da quella originale, ad eccezione dell’«avorio lavorato»; e b) il termine «avorio lavorato» si riferisce all’avorio che è stato tagliato, modellato o trasformato, completamente o parzialmente, ma non include le zanne intere, in qualsiasi forma esse si presentino, salvo nel caso in cui l’intera superficie abbia subito interventi di taglio.

(6)  Comunicazione della Commissione – Documento di orientamento: Esportazione, riesportazione, importazione e commercio all’interno dell’Unione di corni di rinoceronte (GU C 15 del 16.1.2016, pag. 2).

(7)  Cfr. punti 2.2 e 3.1. del presente documento.


Appendice I

ESEMPI DI ARTICOLI NON CONSIDERATI «ESEMPLARI LAVORATI»

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Le zanne o le parti di zanne non intagliate, nonostante siano parte integrante di un oggetto d’antiquariato, non sono considerate lavorate. Esistono anche articoli di questo tipo fabbricati con corni di rinoceronte, zanne di narvalo e artigli di tigre.

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La zanna intagliata di elefante che non ha subito interventi significativi di taglio o incisione su almeno il 90 % della superficie non è considerata lavorata.

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Si trovano spesso in commercio gusci interi di tartaruga marina, che però non sono considerati lavorati a meno che l’animale imbalsamato vi sia ancora attaccato. Né la laccatura e/o lucidatura del guscio, né l’aggiunta di supporti per affissione alle pareti fa di questi articoli esemplari lavorati.

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Il rostro del pesce spada non è considerato esemplare lavorato.

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Le zanne di narvalo e i denti interi di cetaceo non sono considerati esemplari lavorati. Si vedano, tuttavia, i lavori d’intaglio nella sezione «Uso artistico».

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Il corno di rinoceronte e il corno e/o il cranio di altre specie iscritte nell’allegato A montati su targa di legno non sono considerati lavorati. Occorre prestare particolare attenzione agli esemplari di corno di rinoceronte spesso oggetto di compravendita (per lo più a peso) a prezzi esorbitanti nel mercato illegale che alimenta la medicina tradizionale. Non sono considerati lavorati neppure gli esemplari di corno di rinoceronte non sufficientemente alterati rispetto al loro naturale stato grezzo dall’inserimento di oggetti quali orologi, calamai, barometri o altro.

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Artigli di tigre montati su braccialetto d’argento. Poiché gli artigli di tigre non sono lavorati, ossia non hanno subito alterazioni rispetto al loro stato naturale, l’articolo non è considerato esemplare lavorato.


Appendice II

ESEMPI DI ARTICOLI CONSIDERATI «ESEMPLARI LAVORATI»

Sezione 1

Gioielleria e ornamenti

Sezione 2

Uso artistico

Sezione 3

Uso pratico

Sezione 4

Strumenti musicali

Sezione 1 — Gioielleria e uso ornamentale

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Braccialetti da polso di avorio intagliato risalenti a prima di marzo 1947. Si osserva tuttavia sul mercato la diffusione di braccialetti moderni spacciati per oggetti d’antiquariato, per cui occorre cautela nella compravendita di questi articoli. Poiché non è possibile stabilire la data della lavorazione, la datazione di questi esemplari deve basarsi su prove documentali.

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Perle d’avorio intagliate: vale quanto detto sopra.

Sezione 2 — Uso artistico

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Tazza di corno di rinoceronte intagliato. Datazione normalmente a cura di specialisti del settore antiquario. La maggior parte degli esemplari scambiati tra soggetti di nota affidabilità risalgono probabilmente al XVIII secolo o a epoche anteriori.

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Una zanna di elefante intagliata su almeno il 90 % della superficie potrebbe essere considerata esemplare lavorato.

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Statuetta di avorio intagliato

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Cucchiaio da cerimonia in corno di rinoceronte

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Esemplari imbalsamati (sul restauro, cfr. punto 5.8)

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Dente di balena intagliato (la superficie dell’esemplare reca immagini e/o scritte incise ed evidenziate con pigmento).

Sezione 3 — Uso pratico

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Borsette, scarpe, portafogli, cinturini ecc. Di solito fabbricati con pelle di coccodrillo o serpente.

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Scarpa da donna in pelle di alligatore. Articolo molto diffuso di cui esistono ancora molti esemplari risalenti intorno agli anni 30 e la cui vendita, tradizionalmente in negozi specializzati, avviene ora sempre più via Internet.

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Capo d’abbigliamento. Essendo molto difficile determinare l’età di un capo d’abbigliamento, se la data non figura nell’etichetta o non può essere ricavata dai registri del fabbricante può essere utile consultare esperti di moda.

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Scatola da tè, il cui esterno è spesso fabbricato con guscio di tartaruga marina o può essere costituito da intarsi di palissandro brasiliano o avorio.

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Mobile, in palissandro o con intarsi d’avorio

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Palle da biliardo in avorio Questi articoli, rilavorati, si trovano spesso in commercio sotto forma di manici di ombrelli o pomelli di bastoni da passeggio. Se rilavorati dopo il 3 marzo 1947 non corrispondono più alla definizione di «esemplari lavorati».

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Bastoni da passeggio da uomo con pomello in avorio per lo più fabbricati nel XVIII e XIX secolo. Questi articoli vanno tuttavia trattati con circospezione, perché in molti casi sono ottenuti rilavorando altri esemplari in avorio e sono pertanto di moderna fabbricazione.

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Portaombrelli ricavato da piede di elefante imbalsamato e rivestito con altro materiale per costituire l’esemplare lavorato.

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Tappeto di pelle di tigre, purché conciata. Se la pelle non è conciata il tappeto potrebbe comunque essere considerato lavorato quando la testa imbalsamata dell’animale originale è connessa naturalmente con la pelle. La presenza di artigli e denti non incide sulla conformità alla definizione di tappeti, teste imbalsamate o esemplari interi.

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Le scatole da tè in guscio di tartaruga con teste e zampe in legno e l’interno modificato potrebbero essere considerate esemplari lavorati.

Sezione 4 — Strumenti musicali

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Cornamuse, spesso ornate con ghiere d’avorio. Elementi in avorio possono essere presenti anche su altri strumenti a fiato in legno (ad esempio, i clarinetti).

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Pianoforti antichi, quasi sempre con tasti d’avorio ma anche con intarsi d’avorio o palissandro. Nota bene: nel settore del restauro dell’antiquariato spesso si prelevano tasti d’avorio di sostituzione da pianoforti considerati invendibili.

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È frequente trovare negli strumenti a corda, come le chitarre, intarsi d’avorio sul ponte, sulla tastiera e sulle chiavette (gli elementi che tengono in tensione le corde). La cassa di questi strumenti (fronte o retro) può essere in palissandro brasiliano.


17.5.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 154/27


Comunicazione della Commissione sui tassi di interesse per il recupero degli aiuti di Stato e di riferimento/attualizzazione in vigore per i 28 Stati membri con decorrenza 1o giugno 2017

[Pubblicata ai sensi dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004 (GU L 140 del 30.4.2004, pag. 1)]

(2017/C 154/08)

Tassi di base calcolati ai sensi della comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione (GU C 14 del 19.1.2008, pag. 6.). A seconda dell’uso del tasso di riferimento, vanno ancora aggiunti gli opportuni margini come definiti nella presente comunicazione. Per il tasso di sconto questo comporta l’aggiunta di un margine di 100 punti base. Il regolamento (CE) n. 271/2008 della Commissione, del 30 gennaio 2008, che modifica il regolamento (CE) n. 794/2004, prevede che, se non diversamente stabilito in una decisione specifica, anche il tasso di recupero venga calcolato aggiungendo 100 punti base al tasso di base.

I tassi modificati sono indicati in grassetto.

La tabella precedente è stata pubblicata nella GU C 133 del 27.4.2017, pag. 2.

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1,83

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1.4.2017

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1.3.2017

31.3.2017

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1.1.2017

28.2.2017

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-0,07

-0,07

1,05

0,75

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-0,07

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-0,07

-0,07

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1,83

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0,78