ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 125

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

60° anno
21 aprile 2017


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

522a sessione plenaria del CESE dei giorni 25 e 26 gennaio 2017

2017/C 125/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo — Minacce e ostacoli al mercato unico (parere d'iniziativa)

1

2017/C 125/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali[COM(2016) 127 final]

10


 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

522a sessione plenaria del CESE dei giorni 25 e 26 gennaio 2017

2017/C 125/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale[COM(2016) 593 final – 2016/0280 (COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme relative all'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici[COM(2016) 594 final – 2016/0284 (COD)] e sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni utilizzi consentiti delle opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione[COM(2016) 596 final – 2016/0278 (COD)]

27

2017/C 125/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di certificazione dell’Unione per le apparecchiature di controllo di sicurezza dell’aviazione[COM(2016) 491 final – 2016/0236 (COD)]

34

2017/C 125/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro dell'Unione per il reinsediamento e modifica il regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio[COM(2016) 468 final — 2016/0225 (COD)]

40

2017/C 125/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Consiglio concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e la sottrazione internazionale di minori (rifusione)[COM(2016) 411 final – 2016/019 (CNS)]

46

2017/C 125/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Connettività per un mercato unico digitale competitivo: verso una società dei Gigabit europea [COM(2016) 587 final]

51

2017/C 125/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione)[COM(2016) 590 final – 2016/0288 (COD)]

56

2017/C 125/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche[COM(2016) 591 final — 2016/0286(COD)]

65

2017/C 125/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 1316/2013 e (UE) n. 283/2014 per quanto riguarda la promozione della connettività internet nelle comunità locali[COM(2016) 589 final — 2016/0287 (COD)]

69

2017/C 125/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Il 5G per l'Europa: un piano d'azione[COM(2016) 588 final]

74

2017/C 125/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo seulla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla partecipazione dell'Unione al partenariato per la ricerca e l'innovazione nell'area del Mediterraneo (PRIMA) avviato congiuntamente da più Stati membri[COM(2016) 662 final - 2016/0325 (COD)]

80


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

522a sessione plenaria del CESE dei giorni 25 e 26 gennaio 2017

21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo — Minacce e ostacoli al mercato unico

(parere d'iniziativa)

(2017/C 125/01)

Relatore:

Oliver RÖPKE

Decisione dell'Assemblea plenaria

21.1.2016

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 2, del regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

13.1.2017

Adozione in sessione plenaria

25.1.2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

166/62/8

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il mercato unico è una conquista importante che rappresenta un elemento fondamentale del processo di integrazione europea e dovrebbe costituire la pietra angolare della prosperità dell'Europa. L'introduzione dell'euro e l'adozione dell'accordo di Schengen sono stati tappe fondamentali nel cammino verso il completamento del mercato unico. Tuttavia, queste due realizzazioni sono sempre più sotto pressione, in parte a causa di miopi interessi nazionali, e vengono messe sempre più spesso in discussione da una parte non trascurabile della popolazione, anche a causa di reali preoccupazioni dei cittadini europei.

1.2

Il CESE si è sempre pronunciato a favore di un rafforzamento della libera circolazione di merci, servizi, capitali, pagamenti e persone, e della ricerca del necessario equilibrio tra le politiche economiche e quelle sociali e ambientali. Occorre proseguire con coerenza sul cammino della convergenza economica e sociale tra gli Stati membri.

1.3

Se si vuole portare avanti lo sviluppo del mercato unico bisogna eliminare qualsiasi ostacolo inutile, al fine di garantire crescita, occupazione, benessere a lungo termine e un'economia sociale di mercato altamente competitiva. Ciò vale in particolare per gli ostacoli al mercato rappresentati, ad esempio, dall'inadeguato riconoscimento delle qualifiche e dei diplomi, da restrizioni tecniche a livello locale, da barriere normative dovute alla diversità delle disposizioni giuridiche nazionali o da un insufficiente coordinamento a livello europeo delle soluzioni di amministrazione online.

1.4

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che, da quando è iniziata la crisi finanziaria, la crescita del mercato unico dell'UE è stata quasi nulla. Nella zona euro, tra il 2008 e 2015, l'economia ha fatto registrare addirittura una contrazione dell'1,6 %, mentre altre regioni economiche, quali gli Stati Uniti, l'Australia o il Giappone, hanno superato di gran lunga l'Unione europea in termini di domanda interna e di crescita. Per riavvicinare l'Europa agli obiettivi politici della strategia Europa 2020 sono quindi necessari sforzi energici.

1.5

Il CESE sottolinea ancora una volta l'importanza della mobilità transfrontaliera per le imprese e per i lavoratori. Non va però ignorato il fatto che il sostegno ai principi del mercato unico sta diminuendo in maniera netta in una parte non trascurabile della popolazione, anche a causa di crescenti rischi di persistenti pratiche sleali e illegali nella prestazione transfrontaliera di servizi. L'elevato rischio di abuso mina gravemente la fiducia dei lavoratori e delle imprese oneste verso il mercato unico.

1.6

Occorre contrastare queste tendenze con determinazione e garantire una concorrenza leale, anche nell'interesse delle imprese. Il buon funzionamento del mercato unico presuppone il rispetto delle normative europee e nazionali nello svolgimento di attività transfrontaliere. È per tale motivo che la maggior parte dei membri del CESE appoggia tutti gli sforzi messi in campo per tradurre in pratica l'appello del Presidente Juncker secondo il quale, nell'UE, lo stesso lavoro nello stesso posto dovrebbe essere retribuito allo stesso modo.

1.7

Il mercato unico dispone di una solida dimensione sociale basata sul TFUE e sul diritto derivato dell'UE, ma bisognerebbe considerare di migliorare l'equilibrio tra le libertà economiche di mercato e i diritti sociali fondamentali nel diritto primario, per venire incontro al disagio di numerosi cittadini che vedono sempre meno garantiti i loro interessi e le loro esigenze sociali nel mercato unico.

1.8

In linea di principio, il CESE accoglie favorevolmente le misure volte a verificare se il diritto dell'Unione sia efficace o meno. Questa iniziativa potrebbe svolgere un ruolo importante nella riduzione degli oneri amministrativi applicabili a uno stesso campo per effetto di disposizioni nazionali o regionali diverse. È proprio nell'interesse delle PMI che bisognerebbe quindi esaminare la necessità di normative armonizzate. Il CESE ribadisce però il suo giudizio, secondo cui gli standard elevati di tutela dei consumatori non rappresentano un onere inutile.

1.9

Il CESE sottolinea che il mercato unico digitale dovrebbe costituire una priorità politica, considerato l'enorme potenziale di crescita che esso offre. Le incertezze giuridiche esistenti nel settore dell'occupazione, dell'economia e dei consumatori devono essere analizzate e risolte al più presto. La Commissione dovrebbe attuare un quadro giuridico chiaro che disciplini le nuove forme di economia e i nuovi modelli di impresa nel mercato unico, quali l'economia della condivisione nelle sue molteplici forme e modalità, al fine di colmare le lacune normative. La legislazione in vigore in questo settore deve essere pienamente rispettata e, in particolare, devono essere garantiti i diritti dei consumatori e dei lavoratori, come anche la concorrenza leale.

1.10

Anche la creazione dell'unione dei mercati dei capitali deve rimanere una priorità, dal momento che la più efficiente allocazione dei capitali che ne deriverà potrà avere ricadute positive sia per l'economia e l'occupazione che per i consumatori. Una serie di recenti sviluppi, quali l'uscita del Regno Unito dall'UE, non deve ritardare inutilmente, se non addirittura compromettere, l'attuazione di questi progetti.

1.11

Il CESE ribadisce che le lacune normative in materia di politica fiscale determinano una concorrenza sleale all'interno del mercato unico. Il Comitato sostiene pertanto i lavori portati avanti per giungere a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società, a una rendicontazione paese per paese, e appoggia gli sforzi messi in atto per contrastare l'elusione fiscale e i paradisi fiscali. Inoltre, l'introduzione di un'aliquota minima comune per l'imposta sulle società potrebbe integrare positivamente tali iniziative e porre fine alla corsa all'aliquota fiscale più bassa.

1.12

I servizi pubblici, noti anche come servizi di interesse generale, svolgono un ruolo fondamentale nell'economia sociale di mercato e sono di importanza fondamentale per la popolazione. Tali servizi sono tra i valori comuni dell'UE e contribuiscono a promuovere la coesione sociale e territoriale.

1.13

Proprio questo ruolo di promozione della coesione sociale e territoriale dovrebbe essere tenuto in considerazione nel quadro dei «principi» e delle «condizioni» che l'UE può stabilire per tali servizi. Nell'ambito della prevista riforma della direttiva sui servizi, il CESE rimanda al protocollo n. 26 del Trattato UE concernente i servizi di interesse generale, che riconosce un ampio potere discrezionale alle autorità nazionali, regionali e locali nel fornire servizi di interesse economico generale.

1.14

Nel quadro degli appalti pubblici è necessario adottare diverse misure contro le pratiche sleali, consistenti nell'abbassare i costi delle offerte al di sotto di un prezzo equo o, talvolta, nel non conformarsi ai requisiti vigenti in materia di retribuzione minima previsti dalle pertinenti disposizioni e pratiche nazionali, e che, alla fine, portano spesso a notevoli sforamenti dei costi. Occorre, in particolare, garantire trasparenza sul miglior prezzo e sul miglior servizio offerti nonché su eventuali superamenti dei costi che potrebbero intervenire in un secondo momento. L'obiettivo deve essere quello di far prevalere il principio dell'offerta migliore, e non quello del prezzo più basso.

2.   Sfide per il mercato unico

2.1

L'integrazione europea deve perseguire l'obiettivo di raggiungere il necessario equilibrio tra la politica economica, la politica sociale e quella ambientale. La libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali, dei pagamenti e delle persone deve essere integrata dal rispetto dei diritti sociali fondamentali sanciti nei Trattati dell'UE attraverso la Carta dei diritti fondamentali. I diritti sociali fondamentali devono essere fatti rispettare nel mercato interno nella pratica. Al tempo stesso, deve essere eliminato qualsiasi ostacolo inutile ancora sussistente nel mercato unico, al fine di garantire la prosperità a lungo termine e un'economia sociale di mercato altamente competitiva.

2.2

Il CESE ha affermato in più occasioni, l'ultima di queste in un parere sul tema Migliorare il mercato unico  (1), che il mercato unico è un elemento centrale dell'integrazione europea, in grado di offrire vantaggi concreti e di generare una crescita sostenibile per le economie europee.

2.3

Il mercato unico è una realizzazione importante e dovrebbe costituire la pietra angolare della prosperità europea. L'introduzione dell'euro nella zona euro e l'adozione dell'accordo di Schengen sono stati tappe fondamentali nel cammino verso la creazione di un mercato unico comune. Tuttavia, questi due elementi sono ora sottoposti a gravi pressioni che rivelano quanto siano differenti gli interessi dei diversi Stati membri dell'UE. In una certa misura, il processo decisionale e il controllo hanno ancora luogo a livello nazionale.

2.4

Il CESE osserva che sussistono ancora significativi ostacoli al mercato, rappresentati dall'inadeguato riconoscimento delle qualifiche e dei diplomi, dalla divisione dei curricula, da restrizioni tecniche a livello locale, da barriere normative dovute principalmente alla frammentazione del mercato unico per effetto di quadri giuridici nazionali differenti, da oneri amministrativi quali quelli relativi alla conformità alle normative fiscali e doganali nazionali e dalla mancanza di strutture di amministrazione online come anche di coordinamento a livello europeo delle soluzioni applicate in questo campo.

2.5

La Commissione mira a realizzare la piena armonizzazione in determinate aree, cosa che potrebbe portare a ridurre i livelli di tutela esistenti in alcuni Stati membri. Il CESE sottolinea di essersi opposto a tali misure in una serie di pareri. La piena armonizzazione, ove sia perseguita dalla Commissione, deve essere realizzata mantenendo inalterati i livelli di tutela già in atto.

2.6

I cittadini degli Stati membri ritengono sempre di più che l'Europa faccia poco per proteggere gli standard sociali e i redditi, ma anche per giungere a una tassazione e a oneri sociali equi. Il mercato unico dispone di una solida dimensione sociale basata sul TFUE e sul diritto derivato dell'UE, ma bisognerebbe considerare di migliorare l'equilibrio tra le libertà economiche di mercato e i diritti sociali fondamentali.

2.7

Le misure presentate nel quadro del pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbero rispecchiare i principi fondanti dell'Unione e si basano sulla convinzione che lo sviluppo economico debba tradursi in maggiore progresso sociale e maggiore coesione e che, oltre a garantire le opportune reti di sicurezza nel rispetto dei valori dell'Europa, la politica sociale debba essere considerata anche come un fattore produttivo.

2.8

Nonostante i molteplici successi della politica di coesione dell'UE, una reale convergenza economica e sociale tra gli Stati membri è ancora lungi dall'essere realizzata e vi sono grandi differenze nei livelli delle retribuzioni e delle tutele sociali. Il fatto che in alcuni Stati membri le retribuzioni siano attualmente più basse è un risultato dell'evoluzione storica e della diversità naturale del vasto mercato interno europeo, oltre a essere un effetto dei livelli di produttività locali e di molti altri fattori, tra cui gli interessi degli investitori. Ciononostante, occorre prestare maggiore attenzione al dumping sociale che deve essere considerato come pratica sleale e illegale, consistente nel non rispettare le regole in materia di retribuzione del lavoro o di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, acquisendo in tal modo un indebito vantaggio nei confronti dei concorrenti (2).

2.9

Da quando è iniziata la crisi finanziaria, ossia nel periodo dal 2008 al 2015, il mercato unico ha registrato una crescita in termini reali dello 0,4 %, ossia pressoché nulla. Nella zona euro il mercato unico si è addirittura contratto dell'1,6 %. In termini di domanda interna, la maggior parte delle altre regioni economiche ha superato di gran lunga l'Unione europea (ad esempio, +8,8 % negli USA, +17,9 % in Australia e +3,8 % in Giappone) (3). Le misure volte a rilanciare la domanda nel mercato unico, quali il piano europeo per gli investimenti con il Fondo europeo per gli investimenti strategici, non hanno ancora sortito gli effetti auspicati.

2.10

Il CESE teme che gli obiettivi occupazionali e sociali della strategia Europa 2020, basata su una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (4), non potranno essere realizzati. Il rallentamento dell'economia, la lenta attuazione di riforme strutturali significative e la debolezza della domanda nel mercato unico hanno finora avuto l'effetto opposto: dal 2008 al 2014 il tasso di occupazione è sceso dal 70,3 % al 69,2 %, mentre dovrebbe arrivare al 75 % entro il 2020. Invece di calare di 20 milioni entro il 2020, il numero di persone colpite dalla povertà e dall'esclusione sociale è salito di 4,9 milioni nel 2014. Inoltre, alla fine del 2015 nell'Unione europea oltre sei milioni di persone in più risultavano disoccupate rispetto a prima della crisi.

2.11

Un altro aspetto importante della strategia Europa 2020 è quello dell'istruzione. Il CESE si compiace del fatto che la percentuale della popolazione che ha abbandonato anticipatamente l'istruzione o la formazione sia scesa all'11 %, rispetto al 14,2 % del 2008. Anche il tasso di istruzione terziaria è migliorato, passando dal 31,3 al 38,7 % tra il 2008 e il 2015. Il CESE accoglie con favore la strategia sulle competenze proposta dalla Commissione europea e sottolinea che per attrarre le imprese e creare nuovi posti di lavoro è indispensabile disporre di un elevato livello di qualificazione.

2.12

La decisione del Regno Unito di uscire dall'Unione europea rappresenta una grande sfida per il mercato unico europeo. Il CESE raccomanda di basare i futuri negoziati sul rispetto di tutti i principi e i valori fondamentali e del mercato unico.

3.   Osservazioni particolari

3.1    Il lavoro autonomo e la mobilità dei lavoratori all'interno del mercato unico

3.1.1

La mobilità dei lavoratori può essere importante per consentire sia alle imprese di trovare manodopera qualificata che ai lavoratori autonomi e a quelli subordinati di avere l'opportunità di un buon lavoro, di accedere alle nuove competenze e a buone condizioni di lavoro. Esistono, però, ancora degli ostacoli.

3.1.2

Uno studio in cui vengono esaminati gli ostacoli e i costi (5) mette in evidenza che, oltre ai risparmi sui costi per i servizi amministrativi, i cittadini e le imprese, l'interoperabilità dei servizi di amministrazione online dovrebbe avere un'incidenza particolarmente elevata sulla mobilità del lavoro. Per far sì che le imprese e i lavoratori possano spostarsi da un paese all'altro è essenziale migliorare il riconoscimento dei diplomi professionali.

3.1.3

Nel suo parere sul tema Abuso della qualifica di lavoratore autonomo  (6), il CESE ha sottolineato che il lavoro autonomo fittizio può comportare il mancato versamento dei contributi previdenziali, l'evasione fiscale, la violazione dei diritti del lavoratore e il lavoro non dichiarato, e deve pertanto essere eliminato. A questo riguardo, il CESE si compiace per la piattaforma europea, ormai costituita, contro il lavoro sommerso, in quanto rappresenta un passo nella giusta direzione (7).

3.1.4

L'obiettivo di tale piattaforma è quello di prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso, attraverso una migliore cooperazione tra le autorità di contrasto degli Stati membri, quali gli ispettorati del lavoro, le autorità fiscali e gli ispettorati di sicurezza sociale. Tale cooperazione comprende lo scambio di buone pratiche in materia di misure preventive e deterrenti, l'individuazione di principi comuni in materia di ispezione dei datori di lavoro, la promozione di scambi di personale e di programmi di formazione in comune e l'agevolazione di azioni di controllo congiunte.

3.1.5

Oggi numerosi lavoratori vengono impiegati come «prestatori autonomi di servizi» anziché come dipendenti, come accadeva in passato. Queste persone non hanno un contratto di lavoro perché lavorano per conto proprio, conformemente al loro status di lavoratore autonomo. In tale rapporto di lavoro, nella maggior parte dei casi non vi è alcuna necessità di rispettare il diritto del lavoro nazionale. Occorre utilizzare criteri chiari e vincolanti che consentano di valutare se una persona sia lavoratore subordinato o realmente autonomo. Per questo motivo, il CESE ha criticato la proposta di direttiva della Commissione relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio, osservando che «non è ancora pienamente matura» (8). Essa pone sotto pressione in modo particolare le microimprese, le PMI e i lavoratori autonomi veri e propri.

3.2    Il mercato unico e il distacco dei lavoratori

3.2.1

La direttiva del 1996 definisce il quadro normativo dell'UE al fine di stabilire un equilibrio corretto ed equo tra diversi obiettivi: promuovere e facilitare la prestazione transfrontaliera di servizi, fornire tutela ai lavoratori distaccati e garantire la parità di condizioni tra concorrenti locali e stranieri.

3.2.2

La direttiva di applicazione del 2014 (9) prevede strumenti nuovi e rafforzati per combattere e sanzionare le elusioni, la frode e le violazioni, integrando la direttiva 96/71/CE e contribuendo a un più efficace quadro complessivo in materia di distacco dei lavoratori.

3.2.3

Il CESE ha recentemente adottato un parere distinto nel quale ha esaminato la proposta della Commissione europea concernente una revisione mirata della direttiva sul distacco dei lavoratori e formula osservazioni in merito alle principali modifiche e proposte (10) basandosi sull'appello lanciato dal presidente Juncker nei suoi orientamenti politici per la Commissione che si accingeva a guidare, secondo il quale: «nella nostra Unione, lo stesso lavoro nello stesso posto dovrebbe essere retribuito allo stesso modo» (11).

3.2.4

Nel parere sul tema Più equità nella mobilità dei lavoratori all'interno dell'UE  (12), il CESE ha raccomandato alla Commissione di lottare contro le pratiche sleali che portano al dumping sociale. La soluzione di questo problema diventa sempre più urgente in quanto esempi concreti provenienti dagli Stati membri mostrano che il rischio di dumping salariale e sociale è in rapido aumento nei contesti transfrontalieri. Dai controlli effettuati dalla cassa austriaca dei lavoratori edili (BUAK) (13) in Austria è emerso che, delle 7 238 imprese austriache ispezionate nel 2015, 38 erano sospettate di sottopagare i dipendenti in relazione alla legge sulla lotta contro il dumping salariale e sociale. Ciò significa che lo 0,53 % delle imprese era sospettato di sottopagare i dipendenti. Nello stesso periodo sono stati effettuati controlli su 1 481 imprese operanti in Austria ma con sede in altri paesi dell'UE. Di queste imprese, 398, vale a dire il 26,87 %, erano sospettate di sottopagare i dipendenti, ossia di praticare dumping salariale.

3.2.5

Nel caso di società straniere, che operano a livello transfrontaliero e utilizzano lavoratori distaccati, la probabilità di dumping salariale è 50 volte superiore rispetto ai fornitori locali. Questa situazione rappresenta un campanello d'allarme del (non) funzionamento del mercato unico. L'elevato rischio di abuso mina gravemente la fiducia dei lavoratori europei verso il mercato interno.

3.2.6

Un altro problema è rappresentato dal distacco fittizio dei lavoratori. I casi di lavoratori distaccati fittiziamente, ossia di abuso attraverso falsi certificati di distacco A1, sono indicativi dei problemi derivanti da attestati, certificati o documenti analoghi rilasciati ufficialmente o da pubbliche istituzioni. Ciò rende sempre più difficile per le microimprese, per le PMI e per i lavoratori qualificati resistere a concorrenti che agiscono in maniera sleale. Il falso distacco dei lavoratori deve pertanto essere eliminato.

3.2.7

La Commissione ha recentemente proposto una modifica del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, e al riguardo il CESE adotterà un parere distinto in linea con la richiesta della Commissione europea di sviluppare un moderno sistema di coordinamento della sicurezza sociale che risponda alla realtà sociale ed economica degli Stati membri e che rispetti i principi del diritto dell'UE, in particolare per quanto riguarda la parità di trattamento e la non discriminazione.

3.2.8

Il CESE prende atto della proposta di passaporto per i servizi (o carta d'identità dei servizi), che dovrebbe far venir meno la necessità di richieste multiple di informazioni e documentazioni già fornite allo Stato membro di origine, grazie alla creazione di un archivio elettronico comune di documenti. Il CESE è contrario a qualsiasi indebolimento del principio del paese di destinazione ed elaborerà un parere distinto su questo argomento.

3.3    Il programma REFIT e l'approccio Legiferare meglio

3.3.1

In linea di principio, sono da accogliere favorevolmente le misure volte a verificare se il diritto dell'Unione sia efficace o meno. Un accordo interistituzionale tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo può fornire un utile meccanismo per agevolare la realizzazione dell'obiettivo di una legislazione UE più semplice e più efficace. In termini di cooperazione, occorre tuttavia garantire che siano protette e non messe in discussione le norme giuridiche europee che offrono benefici sul piano della politica sociale o economica.

3.3.2

Questa situazione grava sia sulle PMI che sui consumatori e sui lavoratori. Secondo il principio «pensare anzitutto in piccolo» è particolarmente importante evitare oneri inutili a carico delle PMI. Per il buon funzionamento del mercato unico è necessaria una politica di tutela dei consumatori, basata su un elevato livello di protezione, conformemente all'articolo 169 del TFUE.

3.3.3

Il programma REFIT potrebbe inoltre svolgere un ruolo importante nella riduzione degli oneri amministrativi applicabili a uno stesso campo per effetto di disposizioni regionali diverse. L'armonizzazione delle norme produrrebbe notevoli risparmi sui costi e potrebbe favorire la crescita nelle regioni dell'UE grazie all'abbattimento di questi ostacoli; per tali ragioni dovrebbe esserne esaminata la fattibilità.

3.3.4

Numerosi atti legislativi che devono essere riesaminati nel quadro del programma REFIT volto a ridurre la burocrazia riguardano disposizioni giuridiche che proteggono gli standard a tutela dei lavoratori e dei consumatori e sono quindi di notevole utilità sociopolitica ed economica. Il CESE ribadisce il suo giudizio, secondo cui gli standard elevati di tutela dei consumatori non costituiscono un onere inutile.

3.3.5

Al riguardo, il Comitato rimanda al suo parere del 14 dicembre 2014 (14), ribadendo che una legislazione intelligente non esime dal rispetto della regolamentazione in materia di protezione dei cittadini, dei consumatori e dei lavoratori, né dall'osservanza delle norme sulla parità di genere o di quelle sulla tutela ambientale. Inoltre, il principio Pensare anzitutto in piccolo non deve significare che le microimprese e le PMI siano esenti dall'applicazione della normativa, quest'ultima deve però tener conto dei loro interessi e delle loro esigenze.

3.3.6

Il rifiuto della Commissione di portare avanti l'iniziativa legislativa prevista sui parrucchieri, anche se in merito vi è accordo tra le parti sociali europee, è del tutto incomprensibile. L'approccio adottato dalla Commissione è in contraddizione con i principi e i valori del dialogo sociale, non rispetta il principio della rappresentatività ed è estremamente miope, perché la mancanza di norme in materia di salute sul luogo di lavoro può comportare malattie professionali e quindi costi considerevoli sia per le imprese che per il settore pubblico.

3.3.7

Il CESE richiama l'attenzione sulla dichiarazione comune delle parti sociali europee per il rilancio del dialogo sociale, sulla base dei risultati dei gruppi tematici, nel quale si menziona l'interazione tra il dialogo sociale a livello UE e l'approccio Legiferare meglio.

3.3.8

Il CESE accoglie con favore l'avvio dei lavori nel quadro della nuova piattaforma REFIT. Oltre all'obiettivo di agevolare l'attività imprenditoriale e garantire gli standard per i lavoratori, sia la Commissione che gli esperti della piattaforma devono far sì che nei lavori intesi a semplificare la legislazione dell'UE sia salvaguardato il livello dei diritti dei consumatori.

3.4    L'economia digitale, le nuove forme di economia e i nuovi modelli di impresa

3.4.1

Il mercato unico digitale dovrebbe essere una priorità, considerati i benefici che possono scaturire dal completamento del mercato unico in questo settore. Il potenziale aumento del PIL derivabile da tale completamento è stimato nell'ordine di 415 miliardi di EUR l'anno (15).

3.4.2

Il CESE conviene con la Commissione europea sulla necessità di analizzare e risolvere le incertezze giuridiche nel settore dell'occupazione, dell'economia e dei consumatori. In proposito occorre tenere in considerazione la salvaguardia degli standard esistenti in materia di protezione sociale, dei lavoratori e dei consumatori, e garantire un quadro giuridico affidabile per le imprese. Nel mercato unico digitale non vi dovrebbero essere regole diverse per il mondo «completamente digitale» e per quello «non digitale». La Commissione dovrebbe fornire standard giuridici che potrebbero essere utilizzati per il mercato unico digitale e quello non digitale.

3.4.3

Nel suo parere sul tema dei geoblocchi ingiustificati (16), il CESE ha accolto con favore la proposta di regolamento sui blocchi geografici in quanto essa costituisce, sia per le imprese che per i consumatori, un elemento indispensabile della strategia per il mercato unico digitale. Si tratta, tuttavia, di un piccolo passo e non di un punto di svolta. Occorre mettere fine alla pratica dei blocchi geografici, ossia alla discriminazione nell'accesso ai servizi online sulla base della residenza, dell'indirizzo IP geografico o della nazionalità dell'utente. Il reindirizzamento dell'utente a un sito web locale con prezzi più elevati costituisce anch'esso una pratica discriminatoria nel quadro del mercato unico. Il CESE esaminerà le conclusioni raggiunte dal Consiglio «Competitività» nel novembre 2016 in merito all'approccio generale al testo proposto, sottolineando chiaramente la necessità di operare una distinzione tra la discriminazione e la differenziazione a livello di prezzi.

3.4.4

In settori quali quello dei geoblocchi, della consegna transfrontaliera dei pacchi, delle assicurazioni transfrontaliere, delle licenze di diritti d'autore e dei mercati finanziari, occorre considerare che l'Unione europea e gli Stati membri sono responsabili principalmente di eliminare gli ostacoli agli scambi transfrontalieri e di garantire un migliore funzionamento del mercato.

3.4.5

La libera circolazione dei dati richiede una maggiore protezione dei dati personali e della vita privata, aspetto questo che sarà essenziale in futuro, e si dovrebbe considerare una politica coerente in materia di megadati, di servizi di cloud e di Internet degli oggetti.

3.4.6

La crescente digitalizzazione dell'economia genera nuovi modelli di impresa, schiude nuove opportunità, ma pone anche nuove sfide. Il CESE ha tenuto approfondite discussioni su questo nuovo fenomeno, adottando diversi pareri in merito (17).

3.4.7

La Commissione dovrebbe inoltre portare avanti la sua proposta sullo sportello digitale unico, per far sì che tale strumento divenga veramente efficace.

3.4.8

L'imprenditoria sociale e collaborativa è fondamentale per la coesione sociale, per assicurare ai cittadini europei una crescita economica più efficiente e sostenibile. Il CESE esorta nuovamente la Commissione ad adottare una serie di misure di natura politica indispensabili affinché, a livello dell'UE e nei diversi Stati membri, le molteplici forme e modalità dell'economia della condivisione siano sostenute e applicate, e acquistino credibilità e fiducia (18).

3.5    La creazione di un mercato unico dei capitali

3.5.1

Nel 2015 la Commissione ha pubblicato un piano di azione per creare un'unione europea dei mercati dei capitali. A giudizio del Comitato (19), tale unione deve promuovere la stabilità economica e finanziaria dell'UE e portare a una migliore e più efficiente allocazione dei capitali, con conseguenti ricadute positive sia per gli investimenti e la crescita, che per l'occupazione e i consumatori. Il Comitato (20) ha anche espresso preoccupazione per il fatto che ci vorrà del tempo prima di giungere al risultato finale, e tale preoccupazione non può che rinforzarsi alla luce di una serie di recenti sviluppi, quali l'uscita del Regno Unito dall'UE e altri fattori di cui sopra (cfr. punto 2).

3.5.2

Il piano di azione contiene almeno 33 misure in diversi ambiti da realizzare a breve e medio termine. Alcune di queste misure consentiranno di reperire risorse finanziarie supplementari da mettere a disposizione, in particolare, delle PMI e delle famiglie. Il Comitato (21) ritiene importante che queste proposte siano realizzate in tempi rapidi, tenendo conto dei principi di sicurezza, trasparenza e applicazione della legge. Per le stesse preoccupazioni di sicurezza e di stabilità, il Comitato (22) ha sottolineato in più occasioni la necessità di affrontare la questione del sistema bancario ombra chiedendo che sia regolamentato.

3.5.3

La regolamentazione UE dei mercati finanziari e la relativa applicazione non sono state sufficienti a prevenire operazioni speculative, il sovraindebitamento e l'assunzione di rischi irresponsabili che hanno portato alla crisi finanziaria, con gravi conseguenze per la società nel suo insieme. Il CESE ricorda alla Commissione di presentare una proposta in materia di sovraindebitamento delle famiglie.

3.6    La politica fiscale

3.6.1

Come ha sostenuto il CESE nel 2012, nella sua relazione sul tema Ostacoli al mercato unico europeo (disponibile soltanto in inglese, Obstacles to the European single market, o francese Obstacles au marché unique européen), le lacune normative in materia di politica fiscale determinano una concorrenza sleale. Sono quindi da accogliere con favore i progetti della Commissione europea per una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società. Su questo tema, il CESE ha istituito un gruppo di studio. Per porre fine alla corsa al ribasso delle aliquote d'imposta sulle società e realizzare una politica fiscale più equa si potrebbe anche prendere in considerazione l'ipotesi di introdurre un'aliquota minima d'imposta sulle società.

3.6.2

Vanno accolti con favore lo scambio di informazioni in materia fiscale tra gli Stati membri e le azioni legali volte a bloccare i metodi più comuni utilizzati per eludere il pagamento delle imposte. In quest'ottica, un'esigenza fondamentale è quella di introdurre in ogni paese, senza aumentare gli oneri amministrativi inutili, un obbligo di rendicontazione per le imprese che operano a livello transfrontaliero.

3.6.3

Si dovrebbe inoltre intervenire contro i paradisi fiscali. In un'audizione al Parlamento europeo, l'economista e premio Nobel Joseph Stiglitz ha lanciato un appello a combattere in tutto il mondo contro questi sistemi di evasione fiscale (23). L'economista francese Gabriel Zucman ha stimato che nei paradisi fiscali sparsi per il mondo siano occultati circa 5 800 miliardi di EUR di attivi finanziari, l'80 % dei quali non è tassato (24). La Commissione propone ora misure a livello internazionale per lottare contro i paradisi fiscali.

3.6.4

Come primo passo, occorre assicurare che siano attuati gli accordi di mutua assistenza e che sia realizzato lo scambio automatico di informazioni tra i singoli paesi. Per le società multinazionali bisognerebbe prendere in considerazione la messa in rete, a livello internazionale, delle verifiche fiscali. In caso di trasferimenti di attività o di capitale verso paesi considerati paradisi fiscali, un possibile punto di partenza è quello di imporre agli istituti finanziari di segnalare tali trasferimenti (25).

3.7    I servizi di interesse generale e la direttiva sui servizi

3.7.1

Nella sua relazione del 2012 in merito agli ostacoli al mercato unico europeo, il CESE ha sottolineato gli ostacoli esistenti nel settore dei servizi. La Commissione ha riscontrato che molti Stati membri non rispettano l'obbligo di notificare alle autorità dell'UE i progetti di misure regolamentari, il che rende difficile per la Commissione valutare se una nuova norma sia giustificata e proporzionata.

3.7.2

La Commissione intende pertanto modificare la procedura di notifica, che ora dovrebbe valere anche per i servizi attualmente esclusi dal campo di applicazione della direttiva sui servizi. La Commissione deve assicurarsi che le proposte non siano concepite in modo da pregiudicare la sovranità o il principio democratico degli Stati membri.

3.7.3

I servizi d'interesse generale, svolgono un ruolo fondamentale nell'economia sociale di mercato. La disponibilità di alloggi, di acqua ed energia, di servizi di smaltimento dei rifiuti e delle acque reflue, di trasporti pubblici, di servizi di assistenza sanitaria, di servizi sociali, di servizi per la gioventù e la famiglia, di cultura e comunicazione è fondamentale per i cittadini. I servizi di interesse generale sono tra i valori comuni dell'UE e contribuiscono a promuovere la coesione sociale e territoriale. Proprio questo ruolo di promozione della coesione sociale e territoriale dovrebbe essere tenuto in considerazione nel quadro dei «principi» e delle «condizioni».

3.7.4

Nell'ambito della prevista riforma della direttiva sui servizi, il CESE rimanda al protocollo n. 26 del Trattato UE concernente i servizi di interesse generale, ossia all'interpretazione giuridica vincolante dell'articolo 14 del TFUE, sottolineando l'ampio potere discrezionale di cui dispongono le autorità nazionali, regionali e locali, in virtù delle diverse situazioni culturali, sociali e geografiche, nel fornire servizi di interesse economico generale. Tali servizi devono essere messi a disposizione in funzione delle esigenze degli utenti, garantendo, oltre a un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la parità di trattamento, la promozione dell'accesso universale e dei diritti degli utenti e assicurando nello stesso tempo l'efficienza e la buona gestione di tali servizi

3.8    Appalti pubblici

3.8.1

In materia di appalti pubblici non esistono statistiche sui costi effettivi rispetto a quelli prospettati dal miglior offerente nelle procedure di appalto. In molti casi si verificano poi significativi sforamenti (26).

3.8.2

I vincitori delle gare sono spesso offerenti che operano in maniera sleale, abbassando i costi della loro offerta al di sotto di un prezzo equo e ricorrendo a subappaltatori inaffidabili, con il risultato che i costi reali spesso si gonfiano, superando il prezzo del secondo o del terzo miglior offerente.

3.8.3

Per contrastare questa pratica occorre adottare diverse misure: l'introduzione di una procedura di appalto elettronico dovrebbe creare una capacità di raccolta di dati statistici che dovrebbe, a sua volta, consentire di individuare coloro che presentano offerte a prezzo basso e incoraggiare i responsabili ad agire in maniera positiva. Nel quadro dell'analisi statistica bisogna registrare a livello centrale il miglior prezzo di offerta e i successivi costi effettivi sostenuti, al fine di creare trasparenza per quanto riguarda eventuali sforamenti. Le offerte basate su prezzi che non rispondono ai requisiti minimi stabiliti nelle pertinenti disposizioni e pratiche nazionali devono essere escluse dalla gara per evitare un'eventuale corsa al ribasso dei costi e degli standard di qualità.

Bruxelles, 25 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 177 del 18.5.2016, pag. 1.

(2)  Magdalena Bernaciak, Social dumping: political catchphrase or threat to labour standards? [«Dumping sociale: slogan politico oppure minaccia alle garanzie in materia di lavoro?»].

(3)  Commissione europea, DG ECFIN, banca dati AMECO.

(4)  Comunicazione della Commissione dal titolo Europa 2020 — Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) 2020 final.

(5)  Reducing Costs and Barriers for Businesses in the Single Market [Ridurre i costi e gli ostacoli per le imprese sul mercato unico], studio realizzato per la commissione IMCO del Parlamento europeo, DG Politiche interne.

(6)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 14.

(7)  Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'istituzione di una piattaforma europea per il rafforzamento della cooperazione volta a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso, COM(2014) 221 final.

(8)  GU C 458 del 19.12.2014, pag. 19.

(9)  Direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 , concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (GU L 159 del 28.5.2014, pag. 11).

(10)  GU C 75 del 10.3.2017, pag. 81.

(11)  Discorso pronunciato il 15 luglio 2014, all'apertura della sessione plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo.

(12)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 11.

(13)  Bauarbeiter-Urlaubs- und Abfertigungskasse [Cassa austriaca dei lavoratori edili], statistiche annuali 2015.

(14)  GU C 230 del 14.7.2015, pag. 66.

(15)  Studio Reducing Costs and Barriers for Businesses in the Single Market [Ridurre i costi e gli ostacoli per le imprese sul mercato unico].

(16)  GU C 34 del 2.2.2017, pag. 93.

(17)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 57, GU C 303 del 19.8.2016, pag. 28, GU C 303 del 19.8.2016, pag. 36, GU C 264 del 20.7.2016, pag. 86, GU C 389 del 21.10.2016, pag. 50.

(18)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 36.

(19)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17, (punti 1.2, 1.3 e 1.7).

(20)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17, (punto 1.12).

(21)  GU C 82 del 3.3.2016, pag. 1, (punti 1.2, 1.6 e 1.7).

(22)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17 (punti 1.9 e 3.8) e GU C 251 del 31.7.2015, pag. 33 (punto 4.2).

(23)  Cfr. la pagina sulle notizie del Parlamento europeo (Newsroom), rif. 20161114STO51063 del 17.11.2016.

(24)  Cfr. Steueroasen: wo der Wohlstand der Nationen versteckt wird [La ricchezza nascosta delle nazioni: la piaga dei paradisi fiscali], Gabriel Zucman, 2014, Suhrkamp-Verlag.

(25)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 93.

(26)  Si pensi ai lavori per l'aeroporto di Berlino, per il progetto Skylink dell'aeroporto di Vienna o per la stazione ferroviaria di Stoccarda.


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/10


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali»

[COM(2016) 127 final]

(2017/C 125/02)

Relatori:

Jacek KRAWCZYK

Gabriele BISCHOFF

Luca JAHIER

Consultazione

Commissione europea, 8 marzo 2016

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

10 gennaio 2017

Adozione in sessione plenaria

25 gennaio 2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

247/1/2

Premessa

Articolo 3 del TUE: «[…] L'Unione […] si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. […].»

Nel presente parere viene illustrato il contributo iniziale del Comitato economico e sociale europeo per dar forma a ciò che potrà, a conclusione di un percorso, costituire un Pilastro europeo dei diritti sociali. Per redigere questo testo ci si è avvalsi delle ricche e articolate discussioni che si sono svolte nel corso dei 28 dibattiti organizzati dal Comitato a livello nazionale, i quali, a giudizio dello stesso CESE, conferiscono al parere il suo specifico valore aggiunto. Il Comitato insiste sulla necessità che il Pilastro sia elaborato con un forte coinvolgimento della società civile, e in particolare delle parti sociali, a tutti i livelli. Sottolinea altresì che occorre fare maggiore chiarezza su quale sia, in definitiva, l'obiettivo del Pilastro e nel definirne l'ambito di applicazione.

Il Comitato ritiene che il Pilastro debba tradursi in un progetto positivo per tutti e valere per l'insieme degli Stati membri dell'Unione europea, sebbene riconosca che ai paesi della zona euro possa risultare necessario applicare specifici strumenti o meccanismi. Infine, è convinto che il futuro del lavoro — con tutte le opportunità e le sfide che esso implica — dovrebbe essere una priorità chiave nell'ambito dei dibattiti sul Pilastro.

1.   Introduzione

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), dopo aver ricevuto dal Presidente della Commissione europea la richiesta di fornire un contributo alla consultazione su un Pilastro europeo dei diritti sociali (1), si è impegnato in una serie di ampie consultazioni della società civile (2) nei 28 Stati membri. Ai dibattiti nazionali hanno partecipato complessivamente circa 116 consiglieri del CESE e quasi 1 800 altri rappresentanti di organizzazioni della società civile.

1.2

Il parere del CESE sul Pilastro europeo dei diritti sociali riflette e integra le principali conclusioni e raccomandazioni dei dibattiti nazionali. Il CESE prende atto dell'intenzione della Commissione di «…definire una serie di principi essenziali per il buon funzionamento e l'equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale»  (3) e ritiene che il Pilastro rappresenti un'iniziativa molto importante per la sostenibilità dell'UE. In questo contesto, il presente parere del CESE rappresenta un primo passo nell'ambito del processo attualmente in corso per la creazione di un Pilastro europeo dei diritti sociali. Il CESE afferma la sua intenzione di continuare a contribuire alle discussioni su questo tema, in particolare in seguito all'adozione del Libro bianco della Commissione nel 2017.

2.   Sfide e priorità

2.1

Nel 2017 l'Unione europea celebrerà il 60o anniversario della firma del Trattato di Roma. Questo storico anniversario offre l'opportunità di celebrare i risultati ottenuti dall'UE, ma deve anche essere l'occasione per affrontare le grandi sfide politiche, economiche e sociali. La fiducia dei cittadini nell'Unione europea è diminuita in molti Stati membri. Per la prima volta nella sua storia, probabilmente si vedrà uno Stato membro abbandonare l'Unione.

2.2

Dallo shock della crisi finanziaria del 2008, l'Unione europea ha visto un susseguirsi di altre crisi. Sebbene le situazioni degli Stati membri siano tra loro diverse e sebbene vi siano state risposte politiche diverse, oggi l'UE si trova ad affrontare numerose sfide, tra le quali un prolungato periodo di elevata disoccupazione, livelli inaccettabili di disoccupazione giovanile, instabilità economica e deterioramento della situazione sociale, anche con un aumento dei livelli di povertà e disuguaglianza. A tali sfide si possono aggiungere anche la globalizzazione, gli sviluppi demografici e la digitalizzazione. L'incapacità dell'Unione di gestire adeguatamente l'afflusso di richiedenti asilo e migranti ha rafforzato la sensazione generale che l'UE non riesca più a offrire le soluzioni politiche e pratiche che funzionano nell'interesse di tutti. Partiti euroscettici, populisti e nazionalisti cercano di trarre vantaggio da queste paure proponendo soluzioni semplicistiche a problemi complessi, puntando il dito contro determinate sezioni delle nostre comunità e creando pericolose divisioni nella società.

2.3

Alcune delle sfide e divergenze esistenti tra gli Stati membri e al loro interno sono state aggravate dalla crisi. Tali sfide e divergenze derivano o sono aggravate, tra l'altro, da una mancanza di crescita e dalle debolezze strutturali dei nostri mercati del lavoro e sistemi di protezione sociale, che in larga misura già esistevano prima della crisi. Ciò che può fare la differenza è la capacità collettiva dell'UE e degli Stati membri di creare le condizioni per la crescita sostenibile e l'occupazione.

2.4

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di avviare una consultazione pubblica sul Pilastro europeo dei diritti sociali, come parte dello sforzo volto a garantire «un mercato del lavoro equo e veramente paneuropeo», al fine di realizzare un'Europa sociale a «tripla A» che funga da quadro di riferimento per una rinnovata convergenza nella zona euro. Tuttavia è grande l'incertezza per quanto riguarda in che cosa, nelle intenzioni, dovrebbe consistere in definitiva questo «Pilastro». Prima di ogni altra cosa, il CESE sottolinea che il Pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbe tradursi in un progetto positivo per tutti. In questo modo esso può contribuire a riconquistare la fiducia nella capacità dell'UE di migliorare le prospettive di vita delle generazioni attuali e future.

2.5

A tal fine, il Pilastro deve anche affrontare le sfide specifiche che si presentano nel mercato del lavoro e nei sistemi di sicurezza sociale, al fine di pervenire ad un giusto equilibrio tra la dimensione economica e quella sociale, nonché di contribuire alla lotta contro la povertà, l'esclusione sociale e le disuguaglianze.

2.6

Il CESE prende atto che il modello economico e sociale europeo si basa su una visione comune dell'importanza di incrementare l'occupazione, la produttività e il progresso sociale, in quanto fattori essenziali per una crescita economica sostenibile che vada a beneficio di tutti all'insegna dell'equità. Il processo di preparazione del Pilastro è un'occasione per ribadire il nostro impegno comune a favore del modello sociale europeo, garantendo nel contempo che i sistemi di sicurezza sociale e i mercati del lavoro nazionali siano adattabili e idonei a proiettarsi nel futuro (4). Il CESE richiama l'attenzione sull'esigenza di promuovere la crescita e la competitività nell'insieme dell'UE e pone, a questo proposito, l'accento sulla necessaria interrelazione tra politiche economiche, sociali e occupazionali (5).

2.7

Il CESE è convinto che le politiche dell'UE e le politiche nazionali, nonché le misure finalizzate ad ottenere buoni risultati economici e progresso sociale debbano diventare più centrali nei dibattiti politici europei. Inoltre è importante arrivare a una definizione delle politiche a livello UE e nazionale che sia coerente e che si rafforzi mutualmente. Nel quadro di tali sforzi, occorre sviluppare una nuova mentalità nei confronti del cambiamento.

2.8

Mentre il processo del semestre europeo continua, si registra l'emarginazione della strategia Europa 2020 volta a ottenere «una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva» e le speranze di raggiungere i suoi obiettivi sociali, in particolare l'obiettivo di conseguire un tasso di attività del 75 % o quello di far uscire 20 milioni di persone dalla povertà, sono svanite. Analogamente, la raccomandazione relativa all'inclusione attiva (6) del 2008 ha avuto un impatto limitato.

2.9

Come punto di partenza, il Pilastro dovrebbe promuovere l'acquis sociale esistente dell'UE e la sua piena e corretta applicazione. Nel caso in cui si studino nuove iniziative e nuovi strumenti legislativi vincolanti, ciò deve essere fatto a norma delle basi e delle procedure giuridiche in vigore. Lo status giuridico del Pilastro deve ancora essere determinato, così come la sua relazione con i principali strumenti internazionali sui diritti umani (7). Ma il CESE sottolinea che i diritti sociali devono applicarsi a tutti coloro che vivono nell'UE e a tutti gli Stati membri dell'UE, pur riconoscendo che per l'eurozona possono rendersi necessari strumenti/meccanismi particolari.

2.10

Investire nel futuro è fondamentale, ma l'Europa continua a risentire di una mancanza di investimenti pubblici e privati produttivi. Il CESE prende atto degli sforzi compiuti dal «piano Juncker» per gli investimenti (8) e accoglie con favore la sua estensione. Nella seconda fase, investimenti maggiori devono essere destinati ai paesi e alle regioni che più ne hanno bisogno, in modo da rilanciare le loro economie e la loro crescita ed evitare una divergenza ancora più forte tra gli Stati membri e al loro interno. Attraverso il «piano Juncker» devono inoltre essere sufficientemente sostenuti progetti di investimenti in infrastrutture sociali.

2.11

Le discussioni sul Pilastro si svolgono parallelamente ad altri dibattiti fondamentali a livello dell'UE e a livello globale, in particolare sul Futuro dell'Europa e sul Futuro del lavoro. Le discussioni sul futuro dell'Europa al vertice di Roma nel 2017 dovrebbero tenere conto dei dibattiti in merito al Pilastro europeo dei diritti sociali. Il CESE sottolinea la necessità che tali discussioni, che plasmeranno il nostro futuro comune, siano improntate a sinergia e coerenza. Lo sviluppo del Pilastro dovrebbe tenere conto della strategia Europa 2020 e trarre insegnamenti dai problemi incontrati nella sua attuazione. Dovrebbe inoltre essere correlato ad una strategia generale dell'UE (9) per l'attuazione dell'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile adottata dalle Nazioni Unite nel 2015, con i relativi obiettivi di sviluppo sostenibile. Questi definiscono un programma di cambiamento trasformazionale per eliminare la povertà e proteggere il pianeta, assicurare la protezione dei diritti umani, compresi i diritti delle persone con disabilità sanciti dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD), che l'UE e gli Stati membri sono tenuti ad attuare, e garantire la prosperità per tutti (10). A livello UE, occorre inoltre adoperarsi per garantire l'attuazione integrale della legislazione UE in materia di parità di genere e lotta alla discriminazione (11).

2.12

Parallelamente alla consultazione pubblica della Commissione, il CESE ha avviato una serie di dibattiti nazionali nei 28 Stati membri per sensibilizzare l'opinione pubblica, al di fuori di Bruxelles, in merito all'iniziativa, stimolare il dibattito e discutere apertamente di come il Pilastro dovrebbe essere sviluppato. Una buona parte degli esiti di tali discussioni figura nel presente parere.

2.13

È assolutamente necessario definire meglio il campo d'applicazione del Pilastro. Il CESE ritiene che tale iniziativa dovrebbe includere tutti i cittadini e coprire tutte le fasi del ciclo di vita. È inoltre preoccupato per l'assenza di riferimenti ai richiedenti asilo e ai migranti nella comunicazione della Commissione sul Pilastro.

2.14

Il ruolo della società civile deve essere maggiormente riconosciuto e rafforzato. Il dialogo civile deve essere potenziato al fine di assicurare che le persone, compresi i giovani (12) e coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità o che sono vittime di discriminazioni, sentano di essere in grado di partecipare all'elaborazione, all'attuazione e alla revisione dei processi decisionali. Le parti sociali hanno un ruolo specifico da svolgere nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche che interessano direttamente o indirettamente i mercati dell'occupazione e del lavoro. Il dialogo sociale deve essere promosso e sostenuto, sempre nel rispetto dell'autonomia delle parti sociali e della contrattazione collettiva, e intensificando la capacità delle parti sociali di impegnarsi in un dialogo sociale. L'importanza di un adeguato coinvolgimento delle parti sociali e della società civile nelle discussioni relative al Pilastro è stata sottolineata in numerosi dibattiti nazionali (13). In tre dibattiti è stato posto l'accento sull'importanza di promuovere un approccio basato sul consenso e la titolarità (14).

3.   Il Futuro del lavoro

3.1

Il CESE è convinto che il futuro del lavoro dovrebbe essere una priorità chiave nell'ambito dei dibattiti sul Pilastro per affrontare gli importanti cambiamenti in atto nel mondo del lavoro. Il CESE ritiene che sia ora necessario un approccio più coerente e integrato e pertanto chiede una Strategia europea coerente per l'occupazione relativa, tra l'altro, al lavoro del futuro e che si occupi degli aspetti seguenti:

investimenti e innovazione;

occupazione e creazione di posti di lavoro di qualità;

condizioni di lavoro eque per tutti;

transizioni eque e senza scosse sostenute da politiche attive del mercato del lavoro;

coinvolgimento di tutte le parti interessate, in particolare delle parti sociali (15).

3.2

Il compito di definire e gestire le trasformazioni che si registrano nel mondo del lavoro è ripartito tra più attori istituzionali. Tutte le parti interessate devono lavorare insieme per far sì che il futuro del lavoro sia equo e inclusivo e offra opportunità di occupazione per tutti e porti al progresso sociale. Il CESE è convinto che una forza lavoro motivata, con un buon livello d'istruzione e di qualificazioni, con un reddito dignitoso e con accesso a posti di lavoro di qualità sia nell'interesse di tutti. Il raggiungimento di risultati futuri positivi dipenderà dalla realizzazione degli investimenti richiesti per offrire alle persone gli strumenti necessari ad adattarsi a questi cambiamenti, per fornire reti di sicurezza adeguate e promuovere l'innovazione, non ultima l'innovazione sociale.

3.3

Tali cambiamenti nel mondo del lavoro dovrebbero essere utilizzati per «promuovere una crescita economica sostenuta inclusiva e sostenibile, una piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti» (16). Tale obiettivo dovrebbe essere oggetto degli sforzi dell'UE, degli Stati membri e delle parti sociali nei loro diversi ruoli. Dovrebbero essere inoltre coinvolte le organizzazioni della società civile che rappresentano le persone lontane dal mercato del lavoro. I prerequisiti per la creazione di posti di lavoro più numerosi e di qualità sono distribuiti in maniera disomogenea tra gli Stati membri e all'interno degli Stati membri. Il CESE esorta gli attori istituzionali degli Stati membri a passare rapidamente a una strategia «di alto profilo» combinata con una politica attiva del mercato del lavoro. Essa dovrebbe essere supportata da una Strategia europea per l'occupazione rinnovata e inclusiva e da una Strategia industriale europea ambiziosa e coerente.

3.4

Il CESE ha già espresso il suo apprezzamento per la scelta di basare l'agenda dell'UE per nuove competenze e per l'occupazione (17) sul concetto di flessicurezza e ha sottolineato la necessità di trovare il giusto equilibro tra flessicurezza interna ed esterna, nell'interesse sia di un funzionamento più efficiente del mercato del lavoro sia della protezione dei lavoratori. Ha inoltre posto l'accento sull'importanza di coinvolgere attivamente le parti sociali nel monitoraggio e nella valutazione dell'attuazione delle politiche in materia di flessicurezza (18). Il CESE ha altresì ribadito che l'esistenza di politiche macroeconomiche solide, volte a favorire la crescita occupazionale e a creare un ambiente favorevole per il pieno sviluppo del potenziale di crescita, è un presupposto importante per garantire l'efficacia delle iniziative di flessicurezza. Inoltre ha incoraggiato gli Stati membri e l'Unione europea a creare e mantenere un quadro legale che favorisca l'adattabilità e che sia semplice, trasparente e prevedibile, nonché a rafforzare e sostenere i diritti dei lavoratori e la giustiziabilità, e a promuovere in tutta l'Unione un quadro giuridico stabile per la contrattazione collettiva e il dialogo sociale nell'attuazione della flessicurezza. Ha anche sottolineato l'importanza di un coinvolgimento attivo delle parti sociali nel dibattito e nel processo decisionale sul tema della flessicurezza (19). La ricerca dell'equilibrio tra flessibilità e sicurezza (20), nonché la capacità del mercato del lavoro di adattarsi alle nuove sfide sono questioni affrontate ed evidenziate nei dibattiti a livello nazionale in diversi Stati membri (21).

3.5

Le condizioni quadro nei mercati del lavoro devono sostenere percorsi di carriera nuovi e più diversificati. Nell'ambito della vita lavorativa sono necessarie varie forme di assunzione della forza lavoro e diverse forme di lavoro. Ciò richiede che si crei un contesto adatto di norme sulla protezione dell'occupazione per fornire un quadro di riferimento per condizioni di lavoro eque e per stimolare le assunzioni a titolo di tutti i tipi di contratto di lavoro.

3.6

I cambiamenti che avvengono nel mondo del lavoro sono numerosi e molteplici. Dobbiamo trovare soluzioni che garantiscano a tutta la forza lavoro transizioni sicure da un posto di lavoro o da uno status lavorativo all'altro, come pure dalla disoccupazione all'occupazione e dai percorsi educativi al mondo del lavoro. La capacità dei cittadini di compiere le necessarie transizioni nelle diverse fasi della loro vita e la disponibilità di quadri e meccanismi di sostegno per consentire loro di farlo determineranno la società in cui vivremo e la nostra prosperità economica. Il CESE propone di discutere in modo olistico i quadri e i meccanismi di supporto a sostegno di tali transizioni.

3.7

Anche i rapidi progressi tecnologici stanno definendo il nostro modo di vivere e lavorare. Una definizione proattiva delle politiche a livello nazionale e dell'UE può e deve garantire il pieno sfruttamento delle opportunità offerte dalla digitalizzazione evitando o attenuando nel contempo i relativi inconvenienti (22). Nei dibattiti nazionali la digitalizzazione, insieme con frequenti riferimenti alla necessità di effettuare gli investimenti richiesti nella formazione e nelle infrastrutture (23), è stata largamente individuata come uno dei principali problemi di cui si dovrebbe tener conto nel Pilastro (24). Occorre quindi valutare attentamente l'impatto di questi sviluppi sul mercato del lavoro e sulle norme che si applicano al lavoro, sull'economia, sui regimi fiscali e di sicurezza sociale e sul salario di sussistenza (25).

3.8

L'agenda digitale e l'iniziativa sul mercato unico digitale dovrebbero essere collegate a un nuovo approccio globale sul futuro del lavoro, che affronti le sfide economiche, occupazionali e sociali, compreso l'obiettivo di fornire le necessarie competenze e un contesto in cui vi siano condizioni di parità. Il CESE ritiene che ciò possa essere conseguito nel modo migliore, in conformità dei Trattati, adottando un approccio basato sui diritti al livello appropriato, sostenendo l'accesso, tra l'altro, all'istruzione e alla protezione sociale e attraverso un migliore coordinamento dell'UE in settori in cui essa non ha competenza legislativa.

3.9

Come il CESE ha già sottolineato, la «cooperazione è fondamentale» (26) quando si affrontano le sfide della digitalizzazione. In tale contesto, il CESE si rivolge, in particolare, alla Commissione europea e alla governance a livello europeo nel suo complesso, ai governi nazionali, alle parti sociali e alla società civile nel suo insieme. Il CESE ha già raccomandato che la Commissione europea, l'OCSE e l'OIL lavorino insieme con le parti sociali, a tutti i livelli appropriati, e più generalmente con le organizzazioni della società civile, per sviluppare le opportune disposizioni sulle condizioni di lavoro dignitose e sulla protezione richiesta per tener conto delle nuove forme di lavoro (ad esempio lavoro online, l'economia della gig — singola prestazione lavorativa attivata su richiesta tramite piattaforme online o applicazioni di cellulari, smartphone ecc. — e l'economia collaborativa) (27).

3.10

Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ad aumentare i livelli di occupazione giovanile. Come già affermato in precedenti pareri del CESE, nei programmi nazionali di riforma dovrebbero essere adottate misure specifiche volte a combattere la disoccupazione giovanile (28). Apprendistati ben funzionanti, e altri sistemi di «apprendimento basato sul lavoro» di comprovata qualità, possono aiutare i giovani a compiere un passaggio più agevole dalla scuola all'impiego (29). Il CESE ha sostenuto l'idea della creazione di sistemi di garanzia per i giovani negli Stati membri, finanziati tramite uno specifico Fondo per l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile, stabilito all'interno del Quadro finanziario pluriennale, ed ha espresso apprezzamento quando detti sistemi sono stati creati (30).

3.11

Il ruolo del dialogo sociale è stato sottolineato in molti dei dibattiti nazionali (31). Il CESE esprime la sua preoccupazione per il fatto che si conti un numero di paesi senza un adeguato dialogo sociale (32), come pure di paesi/settori, in cui i datori di lavoro e i lavoratori non sono rappresentati nel dialogo sociale e non sono coinvolti nella contrattazione collettiva. Questo elemento dovrebbe essere preso in considerazione (33), come pure dovrebbe esserlo la necessità di promuovere un dialogo sociale orientato a trovare soluzioni, che contribuisca positivamente alla protezione dei lavoratori e alla competitività delle imprese. La contrattazione collettiva dovrebbe essere promossa a tutti i livelli appropriati; per monitorare quest'aspetto, il CESE raccomanda di raccogliere dati sull'estensione della contrattazione collettiva in Europa, attraverso indicatori da includere nel semestre europeo, sempre nel rispetto delle prassi e dei sistemi di relazioni industriali nazionali.

3.12

Il progresso tecnologico sta creando nuove opportunità di occupazione, ma si assisterà anche a una distruzione di posti di lavoro. La portata di questo fenomeno è oggetto di discussioni e le previsioni contenute in studi recenti non sono concordi (34).

3.13

In ogni caso gli investimenti nelle persone devono essere al centro di qualsiasi strategia sul futuro del lavoro. Il livello di competenze e qualificazioni, in particolare delle competenze digitali, sarà fondamentale per attrezzare cittadini e lavoratori per il futuro. L'introduzione di una Garanzia delle competenze (35), sostenuta dai necessari investimenti, potrebbe fornire il quadro giuridico necessario per consentire alle persone di acquisire le competenze necessarie, durante tutta la loro vita. L'accesso a un'istruzione di qualità che includa tutti i cittadini dell'Unione europea e che comprenda l'istruzione professionale, l'apprendimento permanente e le opportunità di riqualificazione e acquisizione di competenze più elevate sarà fondamentale a tal fine.

3.14

Il cambiamento tecnologico può rafforzare lo sviluppo delle competenze, ma può anche accelerare potenzialmente il processo di obsolescenza delle competenze dei lavoratori in molti settori professionali. Oltre agli attori dell'istruzione, anche le imprese, in collaborazione con i sindacati, il Cedefop e i governi devono fare la loro parte nell'assicurare che siano sviluppate competenze e qualificazioni per soddisfare le esigenze di un mondo del lavoro in cambiamento (36) anche aumentando la capacità dei sistemi nazionali di istruzione e di formazione di rispondere alla domanda di nuove competenze. Ciò deve essere fatto in modo coerente. Lo sviluppo di competenze richiede tempo e necessita di risorse sufficienti e sono urgentemente richiesti investimenti maggiori e più efficienti nell'istruzione e nella formazione. Inoltre devono essere presi in considerazione i diversi effetti/risultati che i sistemi di istruzione e di sicurezza sociale hanno nei paesi e nelle regioni d'Europa.

3.15

Le nuove forme di lavoro si stanno sviluppando così rapidamente che le disposizioni contrattuali non possono tenere il passo, ragion per cui occorre esaminarne lo status giuridico. Il CESE ha invocato un chiarimento urgente dello status degli intermediari nel mercato del lavoro e delle piattaforme online, nonché un'indagine riguardo alla situazione contrattuale dei lavoratori il cui lavoro è organizzato attraverso piattaforme online, oltre che su altre nuove forme e rapporti di lavoro. Servono inoltre degli orientamenti per chiarire eventuali zone grigie legate alla situazione occupazionale in relazione alla situazione fiscale e all'assicurazione sociale (37). L'obiettivo generale deve essere quello di garantire condizioni di lavoro eque per tutti e di puntare ad assicurare che a tutti i lavoratori si applichino gli standard fondamentali in materia di lavoro e una protezione sociale adeguata.

3.16

Le parti sociali, in particolare, hanno un ruolo chiave nella promozione della flessibilità negoziata e della stabilità del lavoro a tutti i livelli appropriati, ma questo richiede un impegno da parte dei governi e del livello di governance europeo, nonché una migliore cooperazione tra le istituzioni dell'UE, i governi e le parti sociali. Il CESE ha già affermato che l'UE e gli Stati membri, dovrebbero, di concerto con le parti sociali, testare strategie per adeguare l'ambito di applicazione delle norme sociali e del lavoro affinché rispecchino le condizioni di un mondo del lavoro digitalizzato (38).

3.17

L'«economia della condivisione» e altri nuovi modelli di occupazione non dovrebbero essere utilizzati come mezzo per evitare di pagare salari dignitosi o di rispettare gli obblighi fiscali e previdenziali (39). Il CESE, inoltre, ha già proposto che l'UE consideri le modalità secondo cui lo sviluppo di piattaforme europee possa essere incoraggiato in modo tale che il valore creato rimanga nelle economie locali (40).

3.18

Temi quali la convergenza dei salari e la fissazione di salari minimi negli Stati membri sono stati sollevati dai partecipanti in alcuni dei dibattiti nazionali (41). Il CESE ritiene che siano necessari ulteriori sforzi in questa direzione. Un utile riferimento è rappresentato da uno studio dell'OIL intitolato Building a Social Pillar for European convergence  (42), nel quale viene posto l'accento sulla possibilità di utilizzare una serie di indicatori per confrontare i livelli salariali minimi tenendo conto delle circostanze nazionali, anche se il più diffuso è il rapporto tra salari minimi e mediani (o medi). Secondo tale studio inoltre l'adozione di un approccio comune per la politica in materia di salari minimi a livello UE potrebbe contribuire a limitare la diffusione della povertà nell'Unione allargata e la percentuale di persone a basso livello salariale nei contesti nazionali. Sempre secondo lo studio un punto di partenza potrebbe essere un'analisi tripartita a livello nazionale dei salari minimi, in termini di copertura, livello e conformità, come indicato dagli strumenti dell'OIL. Lo studio dell'OIL osserva altresì che i risultati di una serie di studi evidenziano l'importanza di un approccio equilibrato (come sottolineato nella convenzione n. 131) per quanto riguarda gli elementi da prendere in considerazione per determinare il livello di salario minimo che, per quanto possibile e opportuno in relazione alle pratiche e alle condizioni nazionali, comprendono: (a) le esigenze dei lavoratori e delle loro famiglie, tenendo conto del livello generale delle retribuzioni nel paese, del costo della vita, delle prestazioni di sicurezza sociale, nonché del tenore di vita relativo degli altri gruppi sociali; e b) i fattori economici, compresi i requisiti di sviluppo economico, i livelli di produttività e l'opportunità di raggiungere e mantenere un elevato livello di occupazione. Tali questioni meritano di formare oggetto di ulteriori discussioni che dovrebbero tenersi nell'ambito dello sviluppo del Pilastro sociale. Il CESE sottolinea che la competenza chiave e l'autonomia delle parti sociali nazionali nei confronti dei processi di determinazione dei salari devono essere pienamente rispettate, conformemente alle pratiche nazionali. La necessità di rispettare la ripartizione delle competenze e il principio di sussidiarietà, così come il ruolo delle parti sociali nella fissazione del livello dei salari minimi (43), è stata menzionata anche in alcuni dibattiti nazionali. Complessivamente il CESE ha già affermato che non si è verificata una convergenza tra gli Stati membri della zona euro, malgrado le aspettative di un'area monetaria ottimale endogena (44).

3.19

In alcuni dibattiti nazionali si è riconosciuto che i mutamenti demografici (45) e l'evoluzione della struttura della società sono altri fattori che incidono profondamente sul mondo del lavoro. Le politiche attive del mercato del lavoro devono essere efficaci e mirate per poter conseguire buoni risultati in termini di occupazione. In uno Stato è stata discussa la possibilità di concentrarsi sul coinvolgimento di agenzie private per migliorare l'assistenza attiva a chi cerca lavoro (46). Le politiche per l'occupazione e il mercato del lavoro in Europa devono continuare ad attuare misure concrete al fine di applicare il principio della non discriminazione sul lavoro e garantire la parità tra tutti i gruppi di lavoratori (47).

3.20

La parità di genere è un elemento centrale per garantire condizioni di lavoro eque per tutti. Oltre al maggior numero di donne nel mercato del lavoro, l'invecchiamento della popolazione e l'allungamento della vita lavorativa determineranno probabilmente un aumento delle responsabilità di assistenza nel corso del ciclo di vita. La flessibilità nella vita lavorativa e nell'orario di lavoro e un equilibrio sostenibile tra lavoro e vita privata saranno di importanza crescente per tutti i lavoratori. Il CESE ha già sottolineato che la possibilità di conciliare le responsabilità professionali e quelle familiari richiede il coordinamento in tutta una serie di aspetti, come la fornitura di servizi di assistenza, il congedo parentale e luoghi di lavoro compatibili con la famiglia (48). Il CESE chiede un approccio integrato tra le misure legislative e non legislative da introdurre al livello appropriato per promuovere la conciliazione tra vita professionale e vita familiare negli Stati membri. È importante che un volume sufficiente di investimenti sia destinato a strutture di assistenza accessibili ed economicamente convenienti, che contribuiranno a incrementare la partecipazione generale al mercato del lavoro, e in particolare delle donne, anche per impieghi a tempo pieno.

3.21

È opportuno prestare particolare attenzione all'integrazione nel mercato del lavoro delle categorie vulnerabili della società e delle minoranze. La situazione economica, sociale e culturale dei Rom non sta migliorando nella maggior parte degli Stati membri e, come indicato in una relazione del CESE, la strategia per i Rom dovrebbe essere inclusa sistematicamente nel semestre europeo (49).

3.22

Tenuto conto dell'invecchiamento delle società europee, è di fondamentale importanza disporre di sistemi pensionistici sostenibili. La Commissione ha affermato che l'aumento dell'età pensionabile in linea con l'incremento della speranza di vita, combinato con gli sforzi per promuovere l'invecchiamento attivo, non solo consente una riduzione sostanziale della spesa pensionistica, ma permette anche di aumentare i diritti pensionistici maturati. Il CESE, tuttavia, ha già criticato la proposta della Commissione di indicizzare l'età di pensionamento correlandola all'aumento della speranza di vita, e propone invece misure che avvicinino l'età effettiva di pensionamento all'età pensionabile prevista dalla legge (50). Come indicato dal comitato per la protezione sociale, ridurre la disoccupazione e incentivare i lavoratori ad una più lunga permanenza nel mercato del lavoro oggi, anche aumentando la partecipazione delle donne allo stesso, sarà cruciale per la sostenibilità e l'adeguatezza future delle prestazioni pensionistiche (51). Ad esempio, un indice comparativo della sostenibilità e adeguatezza delle pensioni sarebbe un utile punto di riferimento per sostenere gli sforzi degli Stati membri volti a riformare i propri sistemi pensionistici e a ridurre la povertà.

3.23

L'obiettivo di prolungare la vita lavorativa deve essere accompagnato da un approccio basato sul ciclo di vita che comprenda buone condizioni di lavoro, incluse le politiche in materia di salute e sicurezza e orario di lavoro, e incoraggi a sfruttare le opportunità di apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Anche una carriera lavorativa più lunga fino al raggiungimento dell'età pensionabile, con un reddito dignitoso durante gli anni di lavoro, una pensione dignitosa e strategie che rendano possibile una transizione più agevole dei lavoratori anziani al pensionamento, è un requisito essenziale: anche l'evoluzione del modo in cui lavoriamo è un fattore chiave a tale riguardo.

3.24

Nell'UE le norme di sicurezza sociale differiscono notevolmente, a seconda dei diversi sistemi e tradizioni. Il CESE ha auspicato la definizione di priorità strategiche più precise nel campo della politica sociale da parte dell'UE, nonché l'inserimento di principi generali di politica sociale nel quadro di un programma di lavoro concreto. Il CESE ha altresì sottolineato la necessità di aspirare a una base minima di protezione sociale (minimum social protection floor) (52) vincolante e propone di definire standard elevati a livelli appropriati, pur tenendo in debito conto gli obblighi in materia sia di sostenibilità che di adeguatezza. Un migliore scambio di buone pratiche è necessario per una rete di sicurezza sociale più inclusiva per tutti coloro che vivono legalmente nell'UE. Nel contesto delle sfide del lavoro 4.0 e dell'avvento di nuove forme di occupazione e semi-occupazione, è essenziale riflettere e decidere in che modo gli Stati membri possono riformare i propri sistemi di sicurezza sociale per trasformare l'assicurazione contro il rischio disoccupazione in un'assicurazione inclusiva per l'occupazione che possa fungere da futura rete di sicurezza e facilitare l'occupazione e il lavoro dignitoso. È importante garantire che il lavoro sia un'opzione più interessante rispetto alle prestazioni sociali, creando gli incentivi giusti affinché le persone stiano meglio lavorando e garantendo nel contempo la sicurezza del reddito per le persone che non trovano lavoro. L'analisi comparativa in questo settore potrebbe apportare un valore aggiunto capace di aiutare gli Stati membri a migliorare, laddove necessario, le condizioni di ammissibilità, la durata e i livelli delle prestazioni.

3.25

Già nel 2009 il CESE ha sottolineato che l'Europa ha bisogno di ritrovare il suo ruolo di leader nel campo della ricerca e dell'innovazione, osservando che i risultati ottenuti in campo tecnico e scientifico, e la loro applicazione in un'economia globalizzata competitiva, garantirebbero all'Europa un futuro sulla scena industriale mondiale. Inoltre, ha rilevato che un clima sociale aperto al progresso costituisce un presupposto essenziale per l'innovazione (53). Anche l'imprenditorialità creativa che comporta opportunità di lavoro svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo di un ambiente favorevole all'innovazione. La società civile ha un ruolo chiave da svolgere in questo processo.

3.26

Il CESE ritiene che vi sia un nesso tra le capacità di innovazione sul lavoro e la partecipazione dei lavoratori. Inoltre, un governo societario «adeguato» e in questo senso anche «sostenibile» deve basarsi sulle strutture giuridiche e sulle pratiche di coinvolgimento dei lavoratori mediante l'informazione, la consultazione e anche, dove applicabile, la partecipazione alle decisioni, che hanno dato buoni risultati nel mercato interno (54). Le disposizioni in materia di coinvolgimento obbligatorio dei lavoratori dovrebbero essere raccolte e universalmente applicate nel diritto dell'UE sulla base del livello normativo già raggiunto (55).

3.27

Il cambiamento climatico pone importanti sfide ambientali e sociali all'Europa e al resto del mondo. Il futuro del lavoro sarà inoltre determinato dall'urgente necessità di trasformare le nostre economie, le industrie e il lavoro al fine di salvaguardare il pianeta. Il CESE accoglie con favore la ratifica da parte dell'UE dell'accordo di Parigi e ha invocato la costruzione di una coalizione della società civile e degli enti subnazionali per il rispetto degli impegni della COP21 (56). Il rispetto di tali impegni deve essere conciliato con gli impegni assunti dall'UE sul fronte della riduzione della povertà. Il sostegno a una transizione equa, a condizioni di lavoro dignitose e all'occupabilità richiederà investimenti di risorse volti a aiutare le comunità e i lavoratori nei settori già interessati da questa transizione, nonché ad anticipare e agevolare la futura ristrutturazione e la transizione verso un'economia più verde e più sostenibile. Il piano di investimenti per l'Europa dovrebbe sostenere progetti in linea con gli impegni della COP21.

4.   La necessità di investimenti sociali

4.1

Gli squilibri sia sociali che economici rappresentano una minaccia per l'UE, poiché compromettono la coesione sociale e la credibilità politica e ostacolano il progresso economico. Il CESE ha già espresso il suo punto di vista sulla necessità di considerare la lotta alla povertà come una priorità e di fare della lotta contro la povertà e l'esclusione sociale una delle componenti principali del Pilastro (57).

4.2

Pur riconoscendo che la riduzione della povertà è in primo luogo di competenza degli Stati membri, il CESE esorta altresì il Consiglio dell'UE a rinnovare l'impegno assunto nella strategia Europa 2020 rispetto all'obiettivo di riduzione della povertà, adottando nel contempo un approccio più integrato. Ciò significa che la riduzione della povertà dovrebbe essere affrontata sistematicamente durante l'intero processo del semestre europeo e che la strategia Europa 2020 dovrebbe essere collegata all'Agenda 2030 (58). La crescita economica e la competitività sono essenziali, e quindi una politica macroeconomica che contribuisca a creare posti di lavoro dignitosi è importante per ridurre la disuguaglianza e la povertà.

4.3

Il CESE ha già dichiarato in precedenza che più si proseguirà con l'attuale politica orientata al risparmio, incentrata prima di tutto sul taglio della spesa, senza provvedimenti adeguati volti a generare crescita, coesione sociale e solidarietà, più diventerà evidente che l'aumento delle diseguaglianze sociali mette a rischio l'integrazione economica e la prosperità dell'Europa (59). Il CESE sollecita un rinnovato impegno per promuovere il concetto di investimento sociale in tutti gli ambiti di intervento pertinenti (60). Il CESE ritiene che sia necessario valutare ulteriormente in che modo collegare il «piano Juncker 2» con gli obiettivi del pacchetto di investimenti sociali. Inoltre, invoca un Patto europeo per gli investimenti sociali (61) per sostenere le riforme sociali e gli investimenti sociali e contribuire alla convergenza economica, sociale e territoriale rinnovata.

4.4

Il CESE ha accolto con favore il pacchetto di investimenti sociali della Commissione, che sembra indicare un cambiamento di paradigma verso un maggiore accento sugli investimenti sociali, considerati non come un fattore di costo ma come un investimento nel potenziale di crescita e di occupazione dell'Europa (62). Il CESE deplora che non si sia fatto di più per attuare tali obiettivi in modo efficace. Gli investimenti sociali generano in prospettiva una serie di ricadute economiche e sociali in termini di incremento dell'occupazione o dei redditi da lavoro, migliori condizioni generali di salute, riduzione della disoccupazione, migliore livello di istruzione, diminuzione della povertà e dell'esclusione sociale, ecc. Inoltre, essi apportano più benessere e prosperità ai singoli, oltre a favorire nel contempo la ripresa economica garantendo una forza lavoro meglio qualificata, un'accresciuta produttività e un aumento dell'occupazione. Tali investimenti, in particolare quando stimolano la crescita, contribuirebbero anche a rafforzare le qualifiche e le competenze dei cittadini e a migliorare le loro opportunità nella società e nel mercato del lavoro, nonché a stimolare l'economia, aiutando l'UE a uscire dalla crisi più forte e più competitiva. Inoltre assicurerebbero una spesa pubblica più efficiente ed efficace, con conseguenti risparmi nei bilanci pubblici a medio e a lungo termine.

4.5

Il CESE ha già accolto con favore l'esplicito riconoscimento, da parte della Commissione, dell'importante ruolo dell'economia sociale, delle imprese sociali, della società civile e delle parti sociali nell'attuazione del pacchetto di investimenti sociali (63).

4.6

Il CESE ha già affermato che l'introduzione di un reddito minimo europeo nell'ambito di una direttiva quadro può contribuire a combattere l'esclusione sociale, a garantire la coesione economica e territoriale, a tutelare i diritti umani fondamentali, a trovare un equilibrio tra gli obiettivi economici e quelli sociali e a ridistribuire equamente le risorse e i redditi. Invita nuovamente la Commissione a esaminare le possibilità di finanziare un reddito minimo europeo e l'istituzione di un fondo adeguato a tal fine (64).

4.7

Il CESE ribadisce che sistemi di sicurezza sociale sostenibili, efficaci ed efficienti sono di assoluta importanza per tutte le società dell'UE. Essi sono essenziali per mantenere la coesione sociale e territoriale, la solidarietà, la stabilità nella società, nonché per sostenere la crescita economica. I sistemi di protezione sociale svolgono inoltre un'importante funzione di stabilizzatori automatici, come dimostrato durante la crisi. Pur riconoscendo che le decisioni in merito alla struttura e al contenuto della politica sociale sono principalmente di competenza degli Stati membri, le iniziative nazionali ed europee dovrebbero mirare a rafforzare e a rendere più efficienti i sistemi di protezione sociale, che includono la sicurezza sociale, l'assistenza sociale e i servizi sociali, l'assistenza sanitaria e gli alloggi (65). Come indicato dal Consiglio e dal comitato per la protezione sociale, gli Stati membri devono proseguire i loro sforzi volti a migliorare l'efficacia dei sistemi di protezione sociale e garantire migliori risultati a livello sociale, massimizzando nel contempo gli effetti positivi sull'occupazione e la crescita (66).

4.8

Gli istituti nazionali di sicurezza sociale e le autorità pubbliche hanno la responsabilità di assicurare servizi sociali universali, a prezzi abbordabili, di qualità e accessibili. Lo Stato deve investire, accreditandola e controllandola, nella prestazione di tali servizi, che possono essere erogati da soggetti pubblici o privati, con o senza scopo di lucro, come già avviene in diversi paesi dell'UE. Le organizzazioni rappresentative della società civile, e in particolare le parti sociali, le imprese sociali e le mutue, svolgono un ruolo importante. Tale ruolo si estende anche all'elaborazione, all'attuazione, all'erogazione e al controllo dei sistemi di sicurezza sociale, di assicurazione sanitaria e di assistenza sociale. Inoltre, una più stretta cooperazione tra tutti i soggetti può contribuire ad un impiego delle risorse pubbliche migliore e più efficace nell'attuazione delle politiche sociali. Ciò dovrebbe includere anche la possibilità di avvalersi di partenariati tra autorità pubbliche e attori privati, rispettando nel contempo le caratteristiche dei sistemi nazionali.

4.9

Il CESE ritiene necessario un dialogo più incisivo e trasparente fra soggetti pertinenti per modificare i sistemi di protezione sociale rendendoli più sostenibili in termini di destinazione prioritaria delle risorse ad investimenti pubblici efficaci, efficienti e appropriati, nel pieno rispetto dei diritti sociali e allo scopo di promuoverli, e in particolare nel rispetto e per la promozione dei principi fondamentali dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri.

4.10

Il passaggio al lavoro 4.0 deve essere accompagnato da una transizione parallela alla sicurezza sociale 4.0. La crisi, la crescita lenta, elevati livelli di disoccupazione e una combinazione di un crescente invecchiamento della popolazione e della diminuzione della forza lavoro stanno mettendo a dura prova la sostenibilità e l'adeguatezza dei sistemi di protezione sociale. In parallelo, i servizi sociali sono sempre più richiesti, soprattutto per effetto dell'invecchiamento della popolazione, ma le risorse per rispondere a questa domanda sono limitate. È pertanto indispensabile introdurre riforme al fine di rendere efficaci ed economicamente efficienti i sistemi di protezione sociale e le politiche e i servizi sociali. Il Pilastro non soltanto deve essere in grado di rispondere alle trasformazioni che si verificano nel mondo del lavoro, ma deve altresì mirare ad aiutare gli Stati membri a fornire soluzioni adeguate in risposta agli importanti cambiamenti che riguardano i sistemi di sicurezza sociale e le politiche e i servizi sociali. Il principale obiettivo dovrebbe consistere nel salvaguardare la loro qualità, sostenibilità, accessibilità anche economica e adeguatezza per tutti coloro che da essi dipendono, attraverso quadri normativi e politiche adeguati.

4.11

Il CESE riconosce inoltre che la pressione costante sui bilanci pubblici, i cambiamenti demografici e le trasformazioni della società, oltre che l'emergere di nuove sfide sociali, hanno portato in molti Stati membri alla creazione di forme organizzative nuove e innovative per il finanziamento e l'erogazione delle prestazioni e dei servizi sociali. Questo fenomeno, denominato «innovazione sociale», è generato dalla necessità di far fronte a bisogni sociali insoddisfatti, e viene a integrare la tradizionale offerta di prestazioni sociali da parte dello Stato, attraverso la mobilitazione di un ventaglio di soggetti sociali ed economici e di risorse finanziarie che operano in cooperazione con gli enti locali. Tuttavia, non deve sostituire la responsabilità e il ruolo dello Stato e delle sue diverse componenti pubbliche nel garantire l'accesso universale a servizi a prezzi abbordabili, di qualità, sostenibili e accessibili per coloro che risiedono nell'UE, conformemente alle pratiche nazionali. L'innovazione sociale genera capitale sociale e rafforza il ruolo delle comunità locali. Si raccomanda che la Commissione europea e gli Stati membri assicurino che strumenti importanti quali gli appalti pubblici e i fondi strutturali e di investimento europei siano utilizzati efficacemente per sostenere l'innovazione sociale e le imprese dell'economia sociale.

4.12

Il CESE ha più volte sottolineato il ruolo particolare e importante svolto dall'economia sociale, comprese le imprese sociali, nel reperimento di soluzioni economiche e sociali (67). Il settore costituisce un elemento chiave del modello sociale europeo e contribuisce direttamente alla coesione e al cambiamento in ambito sociale ed economico, a una più equa distribuzione del reddito e della ricchezza e alla cittadinanza attiva. Più di recente, il CESE ha auspicato l'elaborazione di un piano d'azione dell'UE per l'economia sociale (68).

4.13

In generale, e nell'ambito delle competenze dell'UE, il Pilastro dovrebbe essere inteso a fornire un quadro di riferimento comune per valutare e monitorare il necessario quadro giuridico e politico nazionale, al fine di garantire il diritto a servizi di buona qualità, in particolare le prestazioni della protezione sociale (69), ivi compresa la disponibilità e l'accessibilità, anche economica, nonché la sostenibilità e l'efficacia, dei servizi sociali. Quanto sopra si dovrebbe applicare a tutti i settori della sicurezza sociale (70), nonché a tutti gli altri servizi (di protezione) sociali.

4.14

Analogamente, il Pilastro dovrebbe puntare a creare gli incentivi necessari agli Stati membri per garantire la trasferibilità dei diritti acquisiti in conformità dei pertinenti criteri nazionali, e in tal mondo garantire la libera circolazione. Tale riconoscimento potrebbe consentire di offrire a ogni singolo un sostegno più adeguato per organizzare la sua vita professionale e privata, nonché mettere a disposizione mezzi più rispettosi e flessibili per adattare il ciclo di vita di qualsiasi cittadino dell'UE, rendendo possibile in particolare un'agevole transizione verso, all'interno e fuori del mercato del lavoro.

4.15

Inoltre, il Pilastro dovrebbe essere utilizzato per fissare parametri di riferimento concernenti la fornitura di servizi essenziali. Le strategie di attuazione degli Stati membri dovrebbero essere messe a punto tenendo conto della specifica situazione socioeconomica e di bilancio di ciascun paese. I parametri di riferimento non devono limitarsi alla disponibilità dei servizi e dovrebbero dare impulso all'attuazione dei principi essenziali sanciti nel Protocollo n. 26 (accesso universale, qualità, sicurezza, accessibilità economica, parità di trattamento e promozione dei diritti degli utenti). Il quadro europeo volontario di qualità dei servizi sociali e il quadro europeo di qualità per l'educazione e la cura della prima infanzia dovrebbero essere utilizzati come sistemi di riferimento per la definizione dei parametri.

4.16

Il principio delle pari opportunità per tutti è sancito nei Trattati europei e un pilastro sociale inclusivo deve tenerne pienamente e adeguatamente conto. L'acquis dell'UE prevede già una serie di norme minime comuni per i lavoratori di tutta Europa, norme che devono pertanto essere effettivamente applicate. L'uguaglianza e la non discriminazione devono essere garantite sia agli uomini che alle donne nonché a tutti i gruppi sociali, comprese le persone con disabilità, le persone LGBTI, le persone appartenenti a minoranze etniche e altre persone che sono vittime di discriminazioni.

4.17

Conseguire tassi più alti di partecipazione al mercato del lavoro di differenti gruppi della popolazione in Europa è essenziale per poter affrontare i problemi dell'invecchiamento demografico e del calo della popolazione in età lavorativa. Occorre inoltre compiere passi avanti per quanto riguarda la promozione dell'eguaglianza e della non discriminazione in altri ambiti della vita, al di là del lavoro, ad esempio l'accesso a beni e servizi, l'istruzione, l'alloggio e l'assistenza sanitaria. In tale contesto, è auspicabile che le discussioni su una direttiva dell'UE sulla parità di trattamento nell'accesso a beni e servizi vengano rapidamente riavviate.

5.   Risultati emersi dai dibattiti con le organizzazioni della società civile

5.1

Il CESE ha organizzato una serie di dibattiti con le organizzazioni della società civile in tutti gli Stati membri nel periodo compreso tra il 2 settembre e il 2 novembre 2016. I dibattiti in ciascun paese UE sono stati coordinati da tre consiglieri CESE (Trio) del paese in questione, in molti casi in cooperazione con la Commissione europea (15 dibattiti) o con i consigli economici e sociali nazionali (7 dibattiti). I partecipanti ai dibattiti erano esponenti di un ampio spettro di organizzazioni dei datori di lavoro, sindacati e altre organizzazioni della società civile, o, ma più di rado, del mondo accademico. In totale, quasi 1 800 rappresentanti di organizzazioni della società civile hanno preso parte ai 28 dibattiti organizzati.

5.2

Una serie di domande chiave è stata utilizzata come spunto di discussione nella maggior parte dei dibattiti. Questi ultimi hanno riguardato un'ampia gamma di tematiche, in funzione dei diversi sistemi, priorità e circostanze nazionali. Al termine dei dibattiti, i coordinatori (trio) hanno elaborato relazioni nazionali che, nella maggior parte dei casi, includevano conclusioni e/o raccomandazioni. Sono state utilizzate le seguenti domande orientative:

1)

Quali sono, a vostro avviso, le sfide più urgenti in campo economico e sociale in Europa e nel vostro paese? Che cosa serve per affrontarle?

2)

Considerate necessario un pilastro dei diritti sociali? Se la risposta è sì, come dovrebbe essere concepito per poter affrontare le principali sfide sociali ed economiche in Europa e nel vostro paese?

3)

In che modo una strategia rinnovata dell'UE per il mercato del lavoro potrebbe andare incontro alle esigenze di flessibilità e sicurezza delle imprese, dei lavoratori e di chi è in cerca di lavoro? In che modo questa strategia potrebbe prendere in considerazione questioni importanti quali le nuove realtà delle economie e dei mercati del lavoro sempre più digitalizzati, le sfide poste dall'invecchiamento demografico e la necessità di agevolare le transizioni nel mercato del lavoro?

4)

Come si può garantire la sostenibilità dei sistemi di sicurezza sociale e fare in modo che le risorse disponibili siano destinate in via prioritaria ad investimenti sociali e servizi sociali efficienti, pertinenti e necessari? Qual è il ruolo dei diversi attori?

5)

In che modo il Pilastro europeo dei diritti sociali potrebbe contribuire positivamente alla convergenza economica e sociale in tutta Europa?

6)

Che cosa serve per promuovere e sostenere delle società coese in Europa?

5.3

Dalle conclusioni/raccomandazioni contenute nelle relazioni nazionali elaborate dai consiglieri coordinatori (trio) è emerso che una serie di temi/questioni comuni sono stati sollevati nel corso dei diversi dibattiti. Questi temi sono riassunti nella presente sezione del parere.

5.3.1

Per quanto riguarda il campo di applicazione e il formato del Pilastro europeo dei diritti sociali:

In 18 Stati membri, le conclusioni/raccomandazioni indicano che da parte della società civile organizzata, o di alcune sue componenti, è stata sostenuta l'iniziativa di lanciare il Pilastro europeo dei diritti sociali (CY, DE, EE, EL, ES, FI, FR, IE, IT, LT, LV, MT, PL, PT, RO, SE, SI, SK). In 12 Stati membri (DE, EE, ES, FI, HR, HU, IE, IT, LU, MT, PT, SK) è stato osservato che gli obiettivi, l'ambito di applicazione e/o il contenuto del Pilastro dovrebbero essere ulteriormente chiariti.

In 13 Stati membri, le conclusioni hanno evidenziato l'interdipendenza esistente tra politiche economiche e sociali (BG, CY, CZ, DE, ES, FI, HR, IE, IT, RO, SE, SI, UK). È stata inoltre sottolineata l'importanza della crescita in 9 Stati membri (DE, DK, EE, EL, ES, FI, MT, RO, SE) e della competitività in 6 Stati membri (EE, ES, FI, DK, MT, SE).

In 12 Stati membri, le conclusioni hanno indicato che il Pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbe applicarsi all'insieme dell'UE (BG, DE, CZ, EE, ES, FI, HR, HU, IT, PL, SK, SE).

In 9 Stati membri, le conclusioni hanno fatto riferimento o all'attuazione/applicazione del Pilastro o all'attuazione/applicazione dell'acquis e delle politiche esistenti (BG, DK, EE, HR, IE, LV, LT, PL, SE). In 5 di tali Stati (BG, HR, IE, LV, LT) è stato specificamente osservato che il Pilastro dovrebbe essere incluso nell'esercizio del semestre europeo.

Nelle conclusioni di 8 Stati membri (DE, EL, ES, FI, HU, PT, RO, SK), è stata evidenziata la necessità di promuovere la coesione sociale e lottare contro l'aumento della povertà, delle disuguaglianze e dell'esclusione.

In 7 Stati membri (BE, CZ, DE, DK, FI, HR, SE), si è richiamata l'attenzione sulla necessità di rispettare il principio di sussidiarietà. In tale contesto, 3 Stati membri del nord Europa (FI, SE, DK) hanno difeso le competenze nazionali in materia di contrattazione collettiva e altri 3 Stati la ripartizione delle competenze (FI, SE, BE).

La questione della convergenza (che comprende la convergenza verso l'alto, la convergenza in materia di politiche sociali e/o la convergenza tra Stati membri in generale) è stata affrontata da 8 Stati membri (BG, DE, FR, HR, HU, IT, PT, SK).

Nelle conclusioni/raccomandazioni di 6 Stati membri (CZ, EL, ES, HR, IE, SI) è stato posto l'accento sulla necessità di investimenti pubblici, privati e/o sociali.

5.3.2

Temi principali sollevati nelle conclusioni/raccomandazioni e collegati al progetto preliminare del Pilastro europeo dei diritti sociali elaborato dalla Commissione europea:

Nelle conclusioni/raccomandazioni di 11 Stati membri (CY, EE, ES, FI, HR, HU, IE, LV, RO, SI, SK) è stato ricordato il ruolo fondamentale del dialogo sociale.

In 7 Stati membri (CY, EE, FI, IE, LV, RO, SI) è stata sottolineata l'importanza del dialogo civile (anche se questo tema non è stato incluso nel progetto preliminare del Pilastro elaborato dalla Commissione).

In 6 Stati membri (CY, DK, HR, HU, PL, SI) le conclusioni hanno sottolineato la necessità di adattarsi ai cambiamenti, in particolare a seguito della digitalizzazione.

Nelle conclusioni di 3 Stati membri (BG, CY, SI) si è fatto riferimento alla necessità di prendere in considerazione le sfide e le modifiche derivanti dagli sviluppi demografici.

Tra le questioni più ricorrenti sollevate nelle conclusioni/raccomandazioni figurano le prestazioni e i servizi sociali integrati, le indennità per assistenza sanitaria e malattia, le pensioni, le indennità di disoccupazione, il reddito minimo e l'accesso ai servizi essenziali (che figurano tra i 20 principi citati nel progetto preliminare del Pilastro elaborato dalla Commissione), nonché la sicurezza sociale, gli standard sociali e la sostenibilità della protezione sociale. Almeno una o più di tali questioni figurano nelle conclusioni di 22 Stati membri (BE, BG, CY, CZ, DE, DK, EL, FI, FR, HR, HU, IT, LT, LU, LV, MT, PT, RO, SE, SI, SK, UK).

Nelle conclusioni/raccomandazioni di 7 Stati membri (BE, CZ, EL, ES, FI, HR, RO) vengono citati i seguenti temi: occupazione, creazione di posti di lavoro e lotta alla disoccupazione (compresa la disoccupazione giovanile).

In 11 Stati membri (BE, BG, CY, CZ, DE, DK, FI, FR, HR, HU, SI) le conclusioni si concentrano sul tema dell'istruzione e delle qualifiche (anche nel quadro della digitalizzazione del mercato del lavoro).

In 10 Stati membri (BE, CY, CZ, DK, FI, HR, HU, MT, RO, UK), le conclusioni hanno sottolineato la necessità di garantire la partecipazione al mercato del lavoro di gruppi sottorappresentati o emarginati e in 7 di questi paesi (BE, DE, DK, FI, HU, MT, UK) la parità di genere è stata citata in tale contesto.

In 8 Stati membri (CZ, CY, DK, FI, FR, HR, RO, SE), si è richiamata l'attenzione su uno o più dei seguenti temi, facendo talvolta riferimento anche alla digitalizzazione del mercato del lavoro: necessità di stabilità dell'occupazione, transizioni, lavoro dignitoso e/o sicurezza sociale,

In 3 Stati membri (DK, FI, SI) le conclusioni hanno fatto rispettivamente riferimento al fatto che il concetto di «flessicurezza» contribuirebbe a rendere il modello sociale europeo «a prova di futuro», alla necessità di un equilibrio tra flessibilità e sicurezza, e alla necessità di prendere in considerazione le esigenze economiche di flessibilità del mercato del lavoro.

5.4

Dalle conclusioni/raccomandazioni è inoltre emerso che il principale punto di divergenza riguardava la necessità o meno per il Pilastro di prevedere misure legislative. A questo proposito sono state infatti espresse opinioni divergenti, non solo tra partecipanti provenienti da Stati diversi ma anche tra quelli dello stesso paese: i rappresentanti dei datori di lavoro sono risultati (generalmente) contrari all'idea di un'ulteriore legislazione, al contrario dei rappresentanti sindacali che si sono (generalmente) espressi a favore.

6.   Governance

6.1.1

Il Pilastro europeo dei diritti sociali deve essere definito con molta più chiarezza per quanto riguarda il contenuto, i processi, le iniziative concrete per attuarlo, il finanziamento e il monitoraggio, e occorre inoltre fare maggiore chiarezza sul ruolo dei diversi soggetti. La questione della governance è della massima importanza, e va affrontata nel rispetto delle disposizioni dei Trattati, in particolare del principio di sussidiarietà. I cittadini hanno il diritto di sapere quale è il soggetto competente e responsabile per ciascuna decisione.

6.1.2

Come nel caso dei vari soggetti pertinenti e del loro ruolo, il CESE sottolinea che, per le questioni relative al mercato del lavoro, un partenariato tra autorità pubbliche e parti sociali sia in ambito UE che a livello nazionale costituisce lo strumento fondamentale per migliorare i progressi compiuti nell'attuare la strategia verso il conseguimento di obiettivi ampiamente condivisi. Nel campo della protezione sociale un ruolo centrale è svolto dalle amministrazioni pubbliche, dalle autorità pubbliche e dagli enti regionali/locali nonché dai vari enti nazionali incaricati dell'organizzazione della sicurezza sociale, senza dimenticare i prestatori di servizi sociali. Inoltre, anche le parti sociali spesso ricoprono un ruolo e hanno delle responsabilità nell'elaborazione e nell'attuazione dei regimi di protezione sociale e nel campo dei servizi sociali. Altri soggetti interessati, come le agenzie sociali, possono disporre di competenze, soprattutto nel campo dell'assistenza sociale, e possono svolgere un ruolo e fornire reti di sicurezza per una fascia della popolazione esposta al rischio di povertà.

6.1.3

Il CESE sottolinea che il Pilastro può diventare un progetto positivo per l'Europa, e per tutti, ma unicamente se tale progetto produrrà risultati visibili. In questo periodo di crisi, il Pilastro può rappresentare una buona occasione di dimostrare che il livello dell'UE è ancora in grado di offrire una risposta adeguata, se necessario, alle sfide che devono affrontare i comuni cittadini, pur nel pieno rispetto della ripartizione delle competenze e del principio di sussidiarietà. Il Pilastro dovrebbe in particolare puntare alla promozione del benessere dei cittadini, conformemente all'obbligo sancito dal Trattato di conseguire, tra l'altro, «un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale e un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente» (articolo 3 del TUE). Inoltre, il Pilastro dovrebbe contribuire a un migliore funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale. Il CESE esprime nel contempo la propria preoccupazione per la scarsa chiarezza del Pilastro riguardo al suo ambito di applicazione, e teme che questo elemento possa determinare un'incertezza e una frustrazione ancora maggiori suscitando aspettative che non saranno o non potranno essere soddisfatte (71).

6.2    Diritti sociali per tutti

6.2.1

La Commissione europea propone che il Pilastro si applichi anzitutto alla zona euro, dal momento che quest'ultima ha già avviato un processo di ulteriore integrazione e consolidamento verso una maggiore convergenza. Tuttavia, le disposizioni sociali dei Trattati UE (72) si applicano a tutti gli Stati membri dell'UE. In linea con quanto già affermato in numerosi dibattiti nazionali, il CESE è dell'avviso che il Pilastro dovrebbe applicarsi a tutti i 28 Stati membri dell'UE.

6.2.2

In un precedente parere il CESE ha rilevato che politiche macroeconomiche socialmente sostenibili sono una condizione sine qua non per una ripresa economica più forte e per garantire la coesione sociale. Inoltre, tenere meglio conto delle realtà economiche costituisce un presupposto essenziale per conseguire un'occupazione produttiva e realizzare politiche sociali correttamente definite, sia a livello nazionale che dell'UE, nel rispetto dell'equità tra le generazioni. Il Comitato accoglie con favore l'accento posto sull'introduzione di una certa flessibilità nelle regole del Patto di stabilità e crescita, per cui la Commissione terrà conto di taluni investimenti pubblici nel calcolo del disavanzo di bilancio. Ritiene tuttavia che si tratti di un provvedimento parziale e di portata limitata (73).

6.3    Il semestre europeo

6.3.1

Il semestre europeo e i programmi nazionali di riforma, che si applicano anche ai paesi non appartenenti alla zona euro, dovrebbero diventare i principali strumenti per l'attuazione e il monitoraggio del Pilastro. Tuttavia, considerati i meccanismi supplementari di sorveglianza macroeconomica in vigore nel quadro del semestre europeo per i paesi della zona euro, è possibile che detti paesi abbiano facoltà di definire parametri di riferimento supplementari a sostegno delle riforme nazionali. Il collegamento tra il Pilastro e il semestre europeo è stato citato in diversi dibattiti nazionali (74).

6.3.2

Il CESE fa notare che alcuni degli obiettivi di politica economica della governance economica degli ultimi anni devono essere messi meglio in sintonia con gli obiettivi di politica sociale dell'UE di cui all'articolo 4, comma 2, del TFUE (75). In base alla clausola sociale orizzontale (76), tutte le misure adottate nel quadro del semestre europeo sono soggette a una valutazione d'impatto sociale. I risultati di detta valutazione dovrebbero essere resi pubblici e discussi a livello nazionale e dell'UE (77).

6.3.3

Il CESE ha già avuto modo di dichiarare che, nel corso del semestre europeo, gli obiettivi sociali e quelli in materia di occupazione dovrebbero essere posti sullo stesso piano delle considerazioni macroeconomiche (78). Ha inoltre già raccomandato in precedenza di introdurre indicatori comparabili e comuni, ad esempio in materia di povertà e di diseguaglianza, nonché valutazioni d'impatto sociale obbligatorie di tutti i pacchetti di riforme proposti dai programmi nazionali di riforma (PNR) e dalle raccomandazioni specifiche per paese (RSP) (79).

6.3.4

Il CESE invoca un riequilibrio del semestre europeo, cosicché al momento di formulare le raccomandazioni specifiche per paese si tenga conto dell'attuale quadro di valutazione dei principali indicatori occupazionali e sociali.

6.3.5

Il raggiungimento del traguardo di una maggiore convergenza verso il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dovrebbe essere agevolato da una serie di obiettivi specifici, che tengano conto della strategia Europa 2020 e degli obiettivi di sviluppo sostenibile e orientino il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali.

6.4    Governance economica e sociale

6.4.1

Il CESE è estremamente preoccupato per la stabilità dell'UE, poiché le riforme necessarie, con o senza modifiche dei Trattati, sono adottate sempre e soltanto all'ultimo momento e in presenza di fortissime pressioni. Si tratta di tornare a rafforzare la coesione sociale, politica ed economica nell'UE e di perseguire un'integrazione economica e monetaria coerente, in modo da gettare le basi di un'Unione economica e monetaria (UEM) ben funzionante. È quindi indispensabile condurre un dibattito serio su un'architettura dell'UEM basata su solide fondamenta, la quale richiede un consenso sugli obiettivi economici e sociali e una governance concordata (80).

6.4.2

Occorre conseguire la coesione sociale, politica ed economica per rafforzare la capacità di assorbimento degli shock dell'Unione economica e monetaria. Il CESE sottolinea che la divergenza tra le economie dei paesi dell'UEM deve essere considerata con maggiore attenzione e che in tali paesi devono essere adottate riforme strutturali equilibrate, basate sui requisiti dell'Unione monetaria e in sintonia con le esigenze nazionali, al fine di garantire la necessaria convergenza.

6.4.3

Il CESE ha già formulato proposte su come rendere più efficace la struttura dell'UEM e sui modi di sviluppare ulteriormente, il più rapidamente possibile e nel quadro del metodo comunitario, la configurazione democratica e sociale dell'UEM, così da migliorarne la resilienza democratica e metterla in grado di adempiere gli obblighi sociali imposti dai Trattati (81).

6.4.4

Un'Unione economica e monetaria economicamente solida è della massima importanza. Come già dichiarato dal CESE in precedenza, in tale contesto ai governi degli Stati membri incombe una grande responsabilità per quanto concerne l'ulteriore sviluppo di un'UEM democratica e sociale. E lo stesso vale per le parti sociali, sia nazionali che europee, per le quali l'UEM rappresenta il quadro globale cui devono conformarsi i diversi sistemi da loro adottati per fissare i salari e definire la politica occupazionale e sociale. In quanto attori economici e sociali, questi soggetti svolgono un ruolo decisivo ai fini del rispetto dell'obiettivo comune di stabilità dell'UEM (82). Un migliore coinvolgimento delle parti sociali può contribuire a una governance più efficace dell'UEM. Nelle discussioni sul futuro dell'UEM è quindi necessario prendere in considerazione anche le loro opinioni su come definire la politica del mercato del lavoro e la politica sociale (83). Un dialogo rafforzato e strutturato con la società civile contribuirebbe altresì a consolidare la resilienza democratica e a migliorare la governance.

6.4.5

Il CESE è del parere che, per affrontare gli squilibri che permangono e infondere fiducia nei cittadini in tutta Europa, sia necessaria una governance economica più efficace e democratica, in particolare nella zona euro (84).

6.5    Applicare efficacemente e confermare l'acquis sociale esistente

6.5.1

Il Pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbe proporsi di contribuire all'effettiva attuazione dell'acquis giuridico sociale in vigore sancito dal diritto primario e secondario dell'UE relativo ai diritti del lavoro e ai diritti sociali, compresi, tra l'altro e in particolare, la protezione sociale e controlli efficaci da parte degli ispettorati del lavoro, nonché il diritto a un ricorso effettivo e l'accesso alla giustizia. Le fonti internazionali giuridicamente vincolanti dei diritti dei cittadini dell'UE che hanno formato oggetto di ratifica da parte degli Stati membri dovrebbero essere pienamente rispettate.

6.5.2

Secondo il CESE, il Pilastro offre l'occasione di confermare l'acquis sociale esistente. Inoltre, il processo di elaborazione del Pilastro permette altresì di valutare i punti forti e i punti deboli, le carenze e gli elementi che andrebbero migliorati nei metodi applicati dall'UE e dagli Stati membri, in modo tale da favorire una rinnovata convergenza sociale ed economica, una crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro nell'Unione.

6.6    Risorse per una stabilizzazione sociale dell'Europa

6.6.1

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e i fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) sono stati progettati per svolgere un ruolo cruciale nella creazione di occupazione e di crescita e nel promuovere la coesione territoriale e sociale. Il CESE ritiene che tali fondi debbano essere utilizzati in modo più efficace ed efficiente e che si debba dare la priorità a investimenti UE a lungo termine in infrastrutture sociali e servizi sociali di elevata qualità, anche tramite il Fondo europeo per gli investimenti strategici e la Banca europea per gli investimenti, abbinando detti investimenti a lungo termine all'attuazione del Pilastro.

6.6.2

Nei limiti consentiti dal Patto di stabilità e di crescita, il CESE ha presentato un ventaglio di opzioni e di proposte. Una proposta prevede una «regola d'oro» (golden rule), o meglio «d'argento» (silver rule) (85), per gli investimenti pubblici degli Stati membri, anche nel settore sociale, che andrebbero a integrare gli investimenti pubblici dell'UE mediante un sistema di parametri concordati a livello comune, e che, in combinazione con le opportune riforme strutturali, promuoverebbero anche gli investimenti privati (86).

6.6.3

Nell'ambito dei bilanci e delle revisioni del quadro finanziario pluriennale, il CESE ritiene necessario utilizzare, come già indicato dalla Commissione, il 25 % dei Fondi strutturali e di investimento europei, soprattutto il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo di sviluppo regionale, per la promozione di investimenti sociali in servizi e politiche sociali, sanitarie, per l'istruzione e l'alloggio. Inoltre, una quota di risorse dell'FSE dovrebbe essere accantonata a livello UE come fondi disponibili per rafforzare le capacità delle parti sociali. La Commissione europea dovrebbe fornire orientamenti agli Stati membri su come promuovere nella pratica gli investimenti sociali e su come controllare la qualità e l'efficacia dei progetti.

6.6.4

Nel 2014 il CESE ha fatto riferimento all'introduzione di un meccanismo redistributivo da utilizzare in caso di shock asimmetrici (87), e ha fatto presente che l'UE, e in particolare la zona euro, non può continuare ad ignorare le conseguenze sociali delle attuali politiche economiche, lasciando che tali ripercussioni siano interamente a carico dei singoli Stati. Ha anche insistito sul fatto che i bilanci per l'istruzione e la formazione debbano essere considerati un investimento nel futuro (88). In alcuni dibattiti nazionali i partecipanti hanno discusso se sia necessario, e fattibile, un sistema UE di assicurazione contro la disoccupazione o un fondo di adeguamento (89). Dai dibattiti è emerso che non c'è consenso sulla questione e che occorre continuare a discutere di questi argomenti (90).

6.7    Collegamento tra strategie a livello globale e strategia dell'UE

6.7.1

Nelle riflessioni sul Pilastro europeo dei diritti sociali si dovrebbe anche tenere presente, laddove sia il caso, la dimensione globale. Sono di fondamentale importanza i più recenti dibattiti svoltisi in sede di ILO, Consiglio d'Europa, OCSE e FMI, soprattutto per quanto riguarda le prove emerse che dimostrano l'impatto della diseguaglianza sulla sostenibilità della crescita e il fatto che quest'ultima non viene in alcun modo pregiudicata dalla redistribuzione. Le riflessioni dovrebbero inoltre riconoscere che la sostenibilità del modello sociale europeo è interconnessa con il miglioramento della competitività dell'Europa a livello globale.

6.7.2

L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è stata adottata di comune accordo da tutti i paesi membri delle Nazioni Unite nel 2015: conseguire gli obiettivi definiti dall'Agenda è pertanto un obbligo per gli Stati membri dell'Unione europea. Il CESE è convinto che il Pilastro potrebbe contribuire in misura considerevole all'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell'ONU, in particolare per quanto riguarda l'obiettivo 1 (eliminare la povertà), l'obiettivo 3 (salute e benessere), l'obiettivo 5 (parità di genere) e l'obiettivo 8 (lavoro dignitoso e crescita economica).

6.8    Una strategia globale chiara per un futuro migliore in Europa

6.8.1

Il CESE invita la Commissione a proporre una strategia chiara e coerente per il Pilastro. Concorda con il parere del comitato per l'occupazione (EMCO) e del comitato per la protezione sociale (CPS), i quali sostengono che «il pilastro europeo dei diritti sociali debba basarsi sugli strumenti esistenti — tra cui la strategia europea per l'occupazione e il metodo aperto di coordinamento in materia di protezione e inclusione sociale (MAC sociale) — e migliorarli e, così facendo, fungere da bussola per il processo di promozione di una convergenza verso l'alto sostenibile in termini di risultati occupazionali e sociali, pur rispettando le competenze nazionali.» (91) Parte di questo processo può consistere nel definire nuovi e adeguati parametri di riferimento, relativi ad un numero limitato di sfide principali per il mercato del lavoro e sociali, che servano a valutare i progressi compiuti. La creazione di un simile quadro di cooperazione aiuterebbe gli Stati membri ad ottenere risultati positivi grazie alle riforme (92), nonché a contribuire ad una maggiore coesione sociale.

6.8.2

Malgrado i rischi evidenti, il CESE è pur sempre convinto che l'UE possa diventare migliore, più democratica e più sociale. Il CESE farà tutto il necessario per prestare il proprio sostegno ai dibattiti negli Stati membri e a livello dell'UE al fine di coinvolgere i cittadini «per un futuro migliore in Europa». Una globalizzazione equa, che offra una buona qualità di vita, sufficienti opportunità occupazionali e condizioni di lavoro eque per tutti, sarà possibile soltanto se l'UE preserverà la sua unità e sarà capace di agire. Per preservare il suo modello sociale, l'Europa deve essere in grado di adattarsi alle trasformazioni in atto, al fine di massimizzare le opportunità per tutti. Questa è la nostra ricetta alternativa al protezionismo, al nazionalismo e al populismo.

Bruxelles, 25 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Lettera del Presidente della Commissione europea Juncker al presidente del CESE Dassis, datata 8 marzo 2016.

(2)  Secondo la terminologia in uso al CESE, con «società civile» si intendono «le organizzazioni e i rappresentanti della società civile». cfr. i pareri pubblicati nella GU C 329 del 17.11.1999, pag. 30 e nella GU C 193 del 10.7.2001, pag. 117.

(3)  Cfr. la nota 1.

(4)  I dibattiti nazionali in Irlanda, Lettonia, Portogallo e Spagna.

(5)  Articolo 3 TUE: «(L'Unione) si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente».

(6)  GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11.

(7)  http://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CoreInstruments.aspx.

(8)  https://ec.europa.eu/priorities/jobs-growth-and-investment/investment-plan_it.

(9)  GU C 34 del 2.2.2017, pag. 58.

(10)  http://www.un.org/sustainabledevelopment/sustainable-development-goals/.

(11)  Direttiva 2000/43/CE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (GU L 180 del 19.7.2000).

Direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303 del 2.12.2000).

Direttiva 2004/113/CE che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GU L 373 del 21.12.2004).

Direttiva 2006/54/CE riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204 del 26.7.2006).

(12)  L'importanza di coinvolgere i giovani nel dialogo è stata sottolineata, ad esempio, in vari dibattiti nazionali. in Slovenia.

(13)  I dibattiti nazionali in Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Finlandia, Belgio, Grecia, Slovacchia, Slovenia, Croazia.

(14)  I dibattiti nazionali ad esempio, a Cipro, in Belgio e nei Paesi Bassi.

(15)  I dibattiti nazionali ad esempio in Finlandia e Ungheria.

(16)  Obiettivo di sviluppo sostenibile 8.

(17)  Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione- Un contributo europeo verso la piena occupazione, COM(2010) 682 final.

(18)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 142.

(19)  GU C 211 del 19.8.2008, pag. 48.

(20)  I dibattiti nazionali in Danimarca, Finlandia e Ungheria.

(21)  I dibattiti nazionali, ad esempio, in Bulgaria, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia.

(22)  GU C 13, del 15.1.2016, pag. 161.

(23)  I dibattiti nazionali in Austria, Bulgaria, Repubblica ceca, Croazia, Danimarca, Germania, Finlandia, Lussemburgo, Polonia, Slovacchia, Spagna, Ungheria.

(24)  I dibattiti nazionali, ad esempio, in Bulgaria.

(25)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 54.

(26)  GU C 389 del 21.10.2016, pag. 50.

(27)  Cfr. la nota 25.

(28)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 67.

(29)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 57.

(30)  CFr. la nota 28.

(31)  I dibattiti nazionali a Cipro e in Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria.

(32)  I dibattiti nazionali, ad esempio, in Ungheria.

(33)  Cfr. la nota 25.

(34)  Cfr. ad es. Frey e Osborne 2013. The Future of employment: how susceptible are jobs to computerisation («Il futuro dell'occupazione: quanto sono soggetti i lavori alla computerizzazione»), e Breughel 2014: The computerisation of European jobs («La computerizzazione dei posti di lavoro in Europa»).

(35)  Il 21 e 22 novembre 2016 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico in merito a una Raccomandazione del Consiglio sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze: nuove opportunità per gli adulti (ex «Garanzia delle competenze»).

(36)  Cfr. la nota 25.

(37)  Cfr. la nota 25.

(38)  Cfr. la nota 22.

(39)  Cfr. la nota 22.

(40)  Cfr. la nota 22.

(41)  Questioni sollevate nei paesi dell'Europa centrale e orientale, ad esempio in Bulgaria, Repubblica ceca e Slovacchia, ma anche in Francia.

(42)  Organizzazione internazionale del lavoro. Studies on Growth with Equity. Building a Social Pillar for European convergence («Studi sulla crescita con equità. Costruire un pilastro sociale per una convergenza europea»), 2016.

(43)  I dibattiti nazionali, ad esempio, in Finlandia e Danimarca.

(44)  Trasformazioni economiche nel mondo, conseguenze per la competitività dell'Unione europea (relazione informativa).

(45)  I dibattiti nazionali, ad esempio, in Finlandia, Slovenia, Malta, Irlanda, Polonia ed Estonia.

(46)  I dibattiti nazionali nella Repubblica ceca.

(47)  Cfr. la nota 18.

(48)  GU C 341, del 21.11.2013, pag. 6.

(49)  Relazione del CESE sul tema Una migliore inclusione della comunità Rom tramite le iniziative della società civile, 2014.

(50)  GU C 299 del 4.10.2012, pag. 115 e GU C 332 dell'8.10.2015, pag. 68.

(51)  Comitato per la protezione sociale, Monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (SPPM) — Relazione sulle sfide sociali più importanti e messaggi principali del CPS, 12606/16.

(52)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 40.

(53)  Documento di sintesi del CESE sulla ricerca e l'innovazione nell'UE (EESC-13-19-EN).

(54)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 35.

(55)  Cfr. la nota 54.

(56)  GU C 389 del 21.10.2016, pag. 20.

(57)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 9.

(58)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 9.

(59)  Cfr. la nota 57.

(60)  Contributo del CESE al programma di lavoro della Commissione europea per il 2017, 14 luglio 2016.

(61)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 1.

(62)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 91.

(63)  Cfr. la nota 62.

(64)  GU C 170 del 5.6.2014, pag. 23 (questo parere non ha ottenuto il sostegno del gruppo Datori di lavoro; cfr. www.eesc.europa.eu/resources/docs/statement-minimum-income.pdf).

(65)  I dibattiti nazionali ad es. in Bulgaria, Irlanda, Romania, Spagna.

(66)  Conclusioni del Consiglio del 2015 sulla governance sociale in un'Europa inclusiva (documento del Consiglio 14129/15) e Comitato per la protezione sociale, Monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (SPPM) — Relazione sulle sfide sociali più importanti e messaggi principali del CPS, (documento del Consiglio 12606/16).

(67)  Cfr. ad esempio: GU C 117 del 26.4.2000, pag. 52; GU C 318 del 23.12.2009, pag. 22; GU C 229 del 31.7.2012, pag. 44; GU C 458 del 19.12.2014, pag. 14; Progetto per l'imprenditoria sociale. L'importante ruolo dell'economia sociale è stato inoltre menzionato in numerosi dibattiti nazionali, ad esempio in Bulgaria, Estonia, Italia, Lituania, Portogallo e Spagna.

(68)  Contributo del CESE al programma di lavoro della Commissione europea per il 2017, 15/06/2016.

(69)  Anche in caso di disabilità, assistenza a lungo termine e assistenza all'infanzia.

(70)  Indennità per assistenza sanitaria e malattia, indennità di disoccupazione, pensioni di anzianità, indennità per infortunio sul lavoro, prestazioni familiari, indennità di maternità, indennità di invalidità, prestazioni di reversibilità.

(71)  Il problema della mancanza di chiarezza è stato sollevato in molti Stati membri, e alcuni settori della società civile si sono detti preoccupati poiché tale lacuna potrebbe ritorcersi contro il Pilastro stesso («effetto boomerang»). Suscitare aspettative che, alla fine, non saranno soddisfatte potrebbe generare persino maggiore sfiducia e una frustrazione ancora più forte.

(72)  Articolo 3 TUE, articolo 9 TFUE, titolo X TFUE e Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

(73)  GU C 268 del 14.8.2015, pag. 33.

(74)  I dibattiti nazionali in Austria, Bulgaria, Italia, Paesi Bassi e Romania.

(75)  Cfr. la nota 59.

(76)  Articolo 9 del TFUE.

(77)  Cfr. la nota 57.

(78)  Cfr. la nota 61.

(79)  Cfr. la nota 57.

(80)  Cfr. la nota 59.

(81)  GU C 332 dell'8.10.2015, pag. 8 e GU C 13 del 15.1.2016, pag. 33.

(82)  Cfr. la nota 59.

(83)  Cfr. ad esempio l'analisi approfondita della situazione occupazionale.

(84)  GU C 332 dell'8.10.2015, pag. 8.

(85)  Cfr. la nota 73.

(86)  GU C 451 del 16.12.2014, pag.10, su una maggiore flessibilità del Patto di stabilità e di crescita nel caso di determinati «investimenti pubblici».

(87)  Cfr. la nota 86.

(88)  GU C 327 del 12.11.2013, pag. 58 e GU C 271 del 19.9.2013, pag. 1.

(89)  Ad esempio i dibattiti nazionali svoltisi in Finlandia e in Francia.

(90)  Cfr. la nota 59.

(91)  Pilastro europeo dei diritti sociali. Parere congiunto dell'EMCO e del CPS 12605/16, approvato dal Consiglio EPSCO (Occupazione, politica sociale, salute e consumatori) il 13 ottobre 2016.

(92)  I dibattiti nazionali svoltisi, ad esempio, in Romania.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

522a sessione plenaria del CESE dei giorni 25 e 26 gennaio 2017

21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/27


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale»

[COM(2016) 593 final – 2016/0280 (COD)]

e sulla

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme relative all'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici»

[COM(2016) 594 final – 2016/0284 (COD)]

e sulla

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni utilizzi consentiti delle opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione»

[COM(2016) 596 final – 2016/0278 (COD)]

(2017/C 125/03)

Relatore:

Juan MENDOZA CASTRO

Consultazione

Parlamento europeo, 6 ottobre 2016

 

Consiglio, 26 ottobre 2016 e 24 ottobre 2016

Base giuridica

Articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

13 gennaio 2017

Adozione in sessione plenaria

25 gennaio 2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

144/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie con soddisfazione il pacchetto di misure per adeguare il diritto d'autore alle esigenze dell'economia digitale.

1.2

L'UE manca di un sistema integrato per il diritto d'autore. Nel quadro dell'istituzione di un tale sistema l'obiettivo principale è quello di eliminare la frammentazione, aumentando nel contempo la protezione dei creatori rispetto ai giganti tecnologici che dominano i mercati.

1.3

L'ambito del diritto d'autore è molto complesso, in quanto coesistono al suo interno varie parti interessate portatrici di interessi diversi, ma che necessitano l'una dell'altra. La normativa deve trovare un equilibrio tra i diritti di tutte le parti, evitando gli oneri burocratici e i requisiti superflui.

1.4

Di fronte all'approccio «graduale» della Commissione, il CESE suggerisce di rivedere e consolidare la normativa vigente, anche apportando modifiche ad altre direttive, contemplare l'opportunità di proporre misure per i casi di motori di ricerca in Internet e per il trasferimento gratuito di contenuti tramite reti Wi-Fi e di disciplinare determinati aspetti per mezzo di un regolamento.

1.5

Il Comitato rammenta l'importanza e la necessità che l'UE ratifichi in tempi brevi il Trattato di Marrakech in materia di diritto d'autore per il caso delle persone non vedenti.

1.6

Trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni digitali di programmi televisivi e radiofonici: il CESE ritiene che la proposta della Commissione sia adeguata e favorirà la distribuzione delle produzioni cinematografiche europee. Il principio del «paese d'origine» non è in contraddizione con la territorialità del diritto e con la libertà contrattuale.

1.7

Adattare le eccezioni all'ambiente digitale e a quello transfrontaliero: benché le proposte della Commissione individuino in maniera corretta i problemi, il CESE suggerisce una serie di modifiche a tali proposte al fine di meglio adeguare il diritto d'autore alle attuali esigenze. In particolare propone quanto segue:

l'inclusione nel principio di nullità ipso iure di qualsivoglia accordo contrario alle eccezioni e alle limitazioni del diritto d'autore (1);

estrazione di testo e dati:

per promuovere le imprese innovatrici, il campo di applicazione (articolo 2 della proposta) dovrebbe includere i ricercatori e le imprese che agiscono a scopo di lucro;

è opportuno inserire nel testo il principio che i semplici fatti e dati non dovrebbero essere soggetti al diritto d'autore (di cui al considerando 8);

copie di opere per la conservazione del patrimonio culturale  (2): chiarire e ampliare l'eccezione per rendere accessibili online, senza scopo di lucro, le opere fuori commercio o che non vengano fornite in maniera attiva dai titolari del diritto;

sostituire il requisito che prevede l'uso di terminali dedicati situati nei locali delle istituzioni  (3), rendendo tecnologicamente neutro l'accesso alle opere e agli altri materiali protetti;

includere una nuova eccezione relativa alla fornitura transfrontaliera non commerciale di documenti da parte delle biblioteche e degli archivi europei;

modificare l'eccezione per la ricerca scientifica a scopo non commerciale nella direttiva InfoSoc, in quanto si ritiene sia di difficilissima applicazione in determinati casi (4).

1.8

La sentenza con la quale la Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato che, a determinate condizioni, il prestito di libri elettronici (e-book) può essere assimilato a quello di un libro tradizionale (5) risponde ad una domanda ripetuta da parte degli utenti di biblioteche e istituti di istruzione.

1.9

Si giudica positivamente la proposta per la digitalizzazione, la distribuzione e l'uso transfrontaliero di opere fuori commercio (Titolo III, Capo 1).

1.10

È opportuno armonizzare l'eccezione della «libertà di panorama» mediante norme europee.

1.11

Il CESE sostiene il diritto esclusivo degli editori di giornali ad autorizzare o proibire, per un periodo di vent'anni, l'utilizzo digitale delle proprie pubblicazioni di carattere giornalistico.

1.12

Il CESE concorda con l'obbligo imposto ai prestatori di servizi della società dell'informazione che memorizzano e rendono accessibile al pubblico grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti di adottare misure adeguate e proporzionate volte a garantire il funzionamento degli accordi conclusi con i titolari dei diritti e a evitare che i loro servizi rendano disponibili determinati contenuti (value gap).

1.13

Il CESE ritiene che la proposta della Commissione comporti un progresso nella protezione dei diritti degli autori, i quali hanno diritto a una giusta remunerazione del loro sforzo creativo, ad essere associati al successo commerciale delle opere e al mantenimento di un alto livello di protezione e di finanziamento delle opere.

1.14

Va ricordata la necessità che le istituzioni della società civile contribuiscano a sensibilizzare ulteriormente gli utenti al rispetto delle disposizioni legislative in materia di diritti d'autore. Il CESE sostiene gli sforzi intrapresi dalla Commissione per combattere la pirateria e qualsiasi forma di uso illegale dei contenuti protetti dalle leggi.

2.   Le proposte della Commissione

2.1

L'evoluzione delle tecnologie digitali ha cambiato il modo in cui si creano, si producono si distribuiscono e si sfruttano le opere e altro materiale protetto. Sono emersi nuovi utilizzi, nonché nuovi attori e nuovi modelli imprenditoriali. Nell'ambiente digitale si sono inoltre intensificati gli utilizzi transfrontalieri e si sono concretizzate nuove possibilità per il consumatore di accedere a contenuti protetti da diritto d'autore.

2.2

Per quanto gli obiettivi e i principi stabiliti nella legislazione dell'UE in materia di diritto d'autore restino validi, è necessario adattare tale legislazione alla nuova realtà. Si rende necessario un intervento a livello di UE anche per evitare la frammentazione del mercato interno.

2.3

In questo contesto, nella comunicazione sulla Strategia per il mercato unico digitale (6), adottata a maggio 2015, si constatava la necessità di «assorbire le differenze fra i diversi regimi nazionali del diritto d'autore e aprire maggiormente agli utenti l'accesso online alle opere in tutta l'UE», sottolineando l'importanza di migliorare l'accesso transfrontaliero ai servizi di contenuti protetti da diritti di proprietà intellettuale e chiarendo altresì la funzione dei servizi online nella distribuzione delle opere e degli altri materiali protetti.

2.4

A dicembre 2015, la Commissione ha pubblicato una comunicazione (7) nella quale delinea alcune azioni mirate e una visione a lungo termine ed esprime la necessità di far avanzare il mercato unico in quest'ambito, di aggiornare le norme adeguandole alla realtà digitale, di garantire che i settori creativi europei continuino ad essere competitivi e di mantenere un giusto equilibrio tra il diritto d'autore e gli altri obiettivi di politica pubblica.

2.5

Sulla base della recente proposta sulla portabilità transfrontaliera (8), la Commissione propone ora un insieme di misure legislative che si prefiggono tre obiettivi:

i)

garantire un accesso più ampio ai contenuti all'interno dell'UE e raggiungere nuovo pubblico;

ii)

adattare determinate eccezioni al contesto digitale e transfrontaliero; e

iii)

favorire un mercato per il diritto d'autore equo e ben funzionante.

2.6

In primo luogo, vi è una proposta di regolamento (9) volta a creare condizioni favorevoli per le nuove forme di distribuzione dei programmi televisivi e radiofonici online e digitali, simili a quelle che si applicano alle trasmissioni tradizionali via satellite o via cavo. Le nuove norme, ispirate a quelle vigenti ai sensi della direttiva Satellite e cavo (10), faciliteranno e agevoleranno l'acquisizione dei diritti che sono necessari per alcuni servizi online forniti dagli organismi di diffusione radiotelevisiva, nonché per i servizi di ritrasmissione. Tali norme sono volte a facilitare lo sviluppo del mercato e una maggiore diffusione delle produzioni televisive e radiofoniche europee, il che, a sua volta, porterà a una maggiore varietà a disposizione del consumatore in un contesto di maggiore diversità culturale.

2.7

Parallelamente, la proposta di direttiva sul diritto d'autore nel mercato unico digitale (11) crea un nuovo meccanismo di negoziazione che faciliterà gli accordi di concessione di licenze al fine di diffondere le opere audiovisive nelle piattaforme di video su richiesta. Essa fa parte di uno sforzo politico più ampio volto a far fronte ai diversi fattori alla base della scarsa disponibilità di opere audiovisive europee, e in particolare di film, nell'UE.

2.7.1

I problemi relativi alla concessione di licenze e le difficoltà giuridiche e contrattuali connesse allo sfruttamento delle opere audiovisive europee nei servizi di video su richiesta saranno anche oggetto di un dialogo strutturato con le parti interessate, al fine di razionalizzare le modalità pratiche relative alla concessione di licenze e facilitare accordi di settore che portino a uno sfruttamento più costante e a una maggiore disponibilità di opere europee. La Commissione darà conto dei risultati di questo dialogo alla fine del 2018.

2.7.2

Infine, la presente proposta di direttiva presenta altresì soluzioni per facilitare la concessione di licenze sui diritti da parte delle istituzioni responsabili del patrimonio culturale, necessarie per la digitalizzazione e la diffusione di opere fuori commercio, ma presentano comunque un grande valore culturale. L'accesso alle opere in contesti non commerciali, come ad esempio gli istituti d'istruzione, le biblioteche pubbliche o locali diversi dai teatri è altresì di grande importanza per alimentare la diversità culturale a fini didattici e a fini di partecipazione alla vita sociale. Inoltre, insieme all'associazione europea dei registi e delle agenzie cinematografici (EFAD) e al settore degli audiovisivi, la Commissione sta studiando la creazione e il finanziamento, per il 2017, di un catalogo di film europei con fini didattici.

2.8

Parallelamente, sono state adottate due proposte legislative (12) per l'applicazione della legislazione dell'UE relativa al Trattato di Marrakech, che impone alle parti di disporre eccezioni a favore delle persone con difficoltà di accesso al testo stampato affinché possano accedere ai libri e agli altri materiali stampati in un formato a loro adatto. La proposta di direttiva disporrà un'eccezione obbligatoria e ne garantirà l'esecuzione affinché tali copie in formati accessibili vengano prodotte e scambiate all'interno del mercato unico. La proposta di regolamento permetterà lo scambio transfrontaliero di tali copie all'interno dell'UE e dei paesi terzi che siano parti del Trattato.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie con soddisfazione il pacchetto di misure per adeguare il diritto d'autore alle esigenze dell'economia digitale.

3.2

L'arte europea vanta posizioni di leadership mondiale, ma la produzione cinematografica, l'industria editoriale e la creazione artistico-musicale devono affrontare la frammentazione del mercato, la grande ricchezza che comporta la diversità culturale e linguistica, la transizione digitale e le difficoltà finanziarie.

3.3

La semplificazione del sistema delle autorizzazioni ha l'obiettivo di contribuire a diminuire tale frammentazione, a facilitare l'accesso transfrontaliero ai contenuti online e a creare un maggiore equilibrio nella protezione degli autori, soprattutto rispetto ai giganti imprenditoriali che controllano i mercati digitali.

3.4

L'ambito del diritto d'autore è molto complesso, in quanto coesistono al suo interno varie parti interessate portatrici di interessi diversi, ma che necessitano l'una dell'altra. La normativa deve trovare un equilibrio tra i diritti di tutte le parti.

3.5

La Commissione adotta un approccio «graduale» (13) e non propone una revisione completa, bensì integrazioni importanti alla normativa attuale. Il CESE suggerisce di prendere in considerazione:

la revisione e il consolidamento del diritto in vigore, tra cui anche modifiche ad altre direttive come quelle concernenti la durata di protezione del diritto d'autore (14) e gli utilizzi consentiti di opere orfane (15);

il regolamento, come strumento adatto per la costruzione del mercato unico digitale (16).

La necessità o l'opportunità di prendere in considerazione i casi dei motori di ricerca in Internet e della trasmissione gratuita dei contenuti attraverso le reti Wi-Fi (17).

4.   Le misure per garantire un accesso più ampio ai contenuti in tutta l'UE

4.1    Trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni digitali di programmi televisivi e radiofonici  (18)

4.1.1

Nell'UE, il settore della programmazione e della trasmissione radiofonica e televisiva conta quasi 12 000 imprese, impiega 255 000 persone e ha un giro d'affari pari a 66 500 milioni di euro (19). La riforma è giustificata dal fatto che i meccanismi esistenti per facilitare l'autorizzazione dei diritti d'autore e dei diritti connessi non comprendono la trasmissione online né determinate trasmissioni digitali.

4.1.2

Il CESE sostiene l'introduzione del principio di «paese d'origine» che è già sancito in materia di satellite (20) e non è in contraddizione con la territorialità del diritto e con la libertà contrattuale.

4.1.3

Il CESE ritiene che una modifica neutra dal punto di vista tecnologico della normativa sulla ritrasmissione digitale dovrebbe semplificare il processo di acquisizione dei diritti per i nuovi prestatori e, pertanto, anche migliorare l'accesso ai contenuti importanti per i consumatori.

4.1.4

La riforma, in modo opportuno, dispone che, laddove sussistano difficoltà relative alla concessione delle licenze, gli Stati membri garantiranno che un «organismo imparziale» faciliti gli accordi sull'accesso e sulla disponibilità di opere audiovisive nelle piattaforme di video su richiesta.

5.   Adattare le eccezioni all'ambiente digitale e a quello transfrontaliero  (21)

5.1

Le biblioteche, i musei e gli archivi europei costituiscono uno spazio culturale per i cittadini europei e sono fondamentali per il trasferimento delle conoscenze, dell'istruzione e della ricerca. Al contempo, apportano un contributo economico importante in termini di diritto d'autore (22).

5.2

La mancata armonizzazione, legislazioni complesse, barriere geografiche e differenze linguistiche pongono i ricercatori europei in una situazione di svantaggio rispetto alle nazioni leader, come ad esempio gli USA. La riforma deve quindi conseguire tre obiettivi: ampliamento e adattamento alla nuova realtà tecnologica, creazione di un contesto obbligatorio e armonizzato e garanzia della certezza del diritto nella disciplina delle eccezioni e delle limitazioni (23).

5.3

La convenzione dell'Aia (2014) mette in risalto il grande potenziale per l'innovazione e la ricerca rappresentato dall'estrazione di testo e dati. Per i ricercatori, le PMI e le grandi aziende tecnologiche, l'estrazione di testo e dati costituisce uno strumento fondamentale che, nell'UE, è sottoutilizzato a causa di restrizioni di natura giuridica, tecnologica e contrattuale.

5.4

La Commissione propone di istituire eccezioni obbligatorie in varie fattispecie:

estrazione di testo e dati a fini di ricerca scientifica nel caso di riproduzioni ed estrazioni condotte da organismi di ricerca senza scopo di lucro;

utilizzo digitale di opere e altro materiale a titolo puramente illustrativo ad uso didattico, nella misura in cui ciò sia motivato dallo scopo non commerciale perseguito; e

copie di opere per la conservazione del patrimonio culturale.

5.5

Pur ritenendo che le proposte della Commissione individuino in modo corretto i problemi, il CESE propone delle modifiche per meglio adeguare la disciplina alle attuali esigenze (cfr. le conclusioni) Tra l'altro, è importante che le eccezioni al diritto d'autore non vengano meno a causa di accordi contrattuali o strumenti tecnologici. D'altra parte, è opportuno rivedere l'eccezione al diritto d'autore relativa alla ricerca scientifica a fini non commerciali [articolo 5, paragrafo 3, lettera a)] perché ritenuta di difficilissima applicazione (24).

5.6

Il CESE chiede inoltre di armonizzare l'eccezione della «libertà di panorama», in base alla quale i privati cittadini possono scattare e condividere su Internet immagini di opere quali edifici e sculture che si trovano in luoghi pubblici. Pur confermando la rilevanza dell'eccezione, la Commissione ha deciso di lasciare in capo agli Stati membri la decisione sulla sua possibile applicazione, con carattere opzionale.

5.7    Diritto d'autore e diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà

5.7.1

Il Comitato rammenta l'importanza e la necessità che l'UE ratifichi, in tempi brevi, il Trattato di Marrakech volto a facilitare l'accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, entrato in vigore il 30 settembre 2016. Il Trattato permetterà a molti cittadini europei non vedenti o con disabilità visive di accedere a un maggior numero di opere accessibili, aprendo così loro le porte della cultura, dell'istruzione, dell'occupazione e, quindi, di una vera inclusione sociale.

5.7.2

Con le proposte di regolamento (25) e di direttiva (26), l'Unione potrà adempiere a un obbligo internazionale assunto nel quadro del Trattato di Marrakech. Ciò è inoltre in linea con altri obblighi dell'Unione che derivano dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.

5.8

Concessione di licenze e maggiore accesso ai contenuti. Opportunamente, sarà possibile digitalizzare e diffondere opere fuori commercio pubblicate per la prima volta nell'UE (articolo 7) e la concessione di una licenza in uno Stato membro sarà valida in tutta l'UE (articolo 8).

5.9    Nuovo diritto connesso per le pubblicazioni

5.9.1

Ai sensi dell'articolo 11, paragrafi 1 e 4, della proposta di direttiva (27), gli Stati membri riconoscono agli editori di giornali il diritto esclusivo, per un periodo di vent'anni, ad autorizzare o vietare l'utilizzo digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico.

5.9.2

Il CESE sostiene questa misura per garantire una distribuzione giusta ed equa del valore tra gli editori di giornali che generano tali pubblicazioni e le piattaforme online che le utilizzano.

5.9.3

Il CESE rammenta che mentre molti editori di giornali, che svolgono un ruolo essenziale per la democrazia, si trovano a fronteggiare una crisi finanziaria che si traduce nella chiusura di pubblicazioni e nella perdita massiccia di posti di lavoro, i ricavi degli utilizzatori delle informazioni da essi generate sono in aumento (28).

5.10    Utilizzo di contenuti protetti online

5.10.1

I prestatori di servizi della società dell'informazione che memorizzano e danno pubblico accesso a grandi quantità di opere o altro materiale caricati dagli utenti adottano, in collaborazione con i titolari dei diritti, misure miranti a garantire il funzionamento degli accordi con essi conclusi per l'uso delle loro opere o altro materiale identificati dai titolari dei diritti in collaborazione con gli stessi prestatori di servizi. Da un lato, si disporrà di misure come l'uso di «tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti» e, dall'altro, tali prestatori dovranno fornire «informazioni adeguate» ai titolari dei diritti e istituiranno meccanismi di reclamo e ricorso. Gli Stati membri faciliteranno la cooperazione tra le parti (29).

5.10.2

La misura, che il Comitato considera opportuna tende a colmare il divario di valore ( value gap ) esistente attualmente tra i titolari dei diritti e i prestatori di servizi della società dell'informazione, consentendo a tali titolari dei diritti di prendere decisioni migliori in merito all'uso dei loro prodotti. Vi sono esempi di servizi basati sulla pubblicità che ormai non compensano più in misura adeguata i creatori per il loro diritto d'autore, a differenza dei servizi online pagati tramite abbonamento che, invece, lo fanno (30).

6.   Un migliore funzionamento del mercato dei diritti d'autore

6.1

Il CESE condivide la dichiarazione della Commissione secondo cui le violazioni del diritto d'autore su scala commerciale, in cui i trasgressori traggono indebito vantaggio dalle opere e dagli investimenti altrui, costituiscono oggi una minaccia seria per i creatori europei. In assenza di un sistema di applicazione efficace ed equilibrato, il diritto d'autore e gli altri diritti di proprietà intellettuale (DPI) non sono adeguatamente protetti e gli investimenti nella creatività e nell'innovazione sono frenati (31).

6.2

Gli autori hanno diritto a una giusta remunerazione del loro sforzo creativo, ad essere associati al successo commerciale delle opere e al mantenimento di un alto livello di protezione e di finanziamento delle opere (32).

6.3

Nella proposta, che il CESE ritiene adeguata, si dispongono misure volte a rafforzare i poteri contrattuali degli autori. Se da un lato gli Stati membri dovranno garantire l'obbligo di trasparenza e meccanismi di adeguamento dei contratti e di risoluzione extra-giudiziale dei conflitti, la riforma rafforza la capacità negoziale degli autori e degli artisti (33).

6.4

È opportuno segnalare la necessità che le organizzazioni pubbliche e private della società civile contribuiscano, negli ambiti di loro competenza, a sensibilizzare gli utenti sul fatto che gli autori devono essere retribuiti per le loro opere nel quadro stabilito dalla legge.

Bruxelles, 25 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Come prevede la direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 (GU L 111 del 5.5.2009, pagg. 16-22, articolo 5) e la direttiva 96/9/CE (articolo 5), e la direttiva 96/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 1996 (GU L 77 del 27.3.1996, pagg. 20-28, articolo 15).

(2)  Articolo 5 della proposta della Commissione COM(2016) 593 final.

(3)  Articolo 5, paragrafo 3, lettera n) della direttiva InfoSoc (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10).

(4)  http://libereurope.eu/blog/2016/10/14/basic-guide-eu-copyright-limitations-exceptions-libraries-educational-research-establishments/

(5)  Caso C-174/15 Vereniging Openbare Bibliotheken/Stichting Leenrecht (GU C 14 del 16.1.2017, pag. 6).

(6)  COM(2015) 192 final.

(7)  COM(2015) 626 final.

(8)  COM(2015) 627 final.

(9)  COM(2016) 594 final.

(10)  Direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993 (GU L 248 del 6.10.1993, pag. 15).

(11)  COM(2016) 593 final.

(12)  COM(2016) 596 final, COM(2016) 595 final.

(13)  Comunicazione della Commissione COM(2016) 592 final.

(14)  Direttiva 2006/116 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 (versione consolidata) (GU L 372 del 27.12.2006, pagg. 12-18).

(15)  Direttiva 2012/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (GU L 299 del 27.10.2012, pagg. 5-12).

(16)  Parere del CESE (GU C 264 del 20.7.2016, pag. 51).

(17)  Si veda la sentenza della CGUE sul caso C-484/14 Tobias Mc Fadden/Sony Music Entertainment Germany GmbH (GU C 419 del 14.11.2016, pagg. 4-5).

(18)  Cfr. la nota 9.

(19)  Eurostat: Programming and broadcasting statistics (2015).

(20)  Cfr. la nota 10.

(21)  Cfr. la nota 11.

(22)  Gli acquisti in questo campo valgono 4,8 miliardi di EUR l'anno: Outsell report, «Library Market Size, Share, Performance and Trends».

(23)  Cfr. Towards a modern, more European Copyright Framework. EBLIDA (European Bureau of Library, Information and Documentation Associations); Europeana; Association of European Research Libraries (LIBER); Public Libraries 2020; International Federation of Library Associations and Institutions (IFLA).

(24)  Cfr. la nota 4.

(25)  COM(2016) 595 final.

(26)  COM(2016) 596 final.

(27)  Cfr. la nota 11.

(28)  Nel 2015, gli incassi delle piattaforme Internet sono stati pari a 153,65 miliardi di USD e, secondo le stime, raggiungeranno i 260,36 miliardi di USD nel 2020. Cfr. https://www.statista.com/statistics/237800/global-internet-advertising-revenue/.

(29)  Cfr. articolo 13.

(30)  Secondo Jan Hückmann & Dora Grunwald, YouTube, con 1 miliardo di utenti, ha pagato nel 2015 630 milioni di USD in diritti d'autore; Spotify, con poco più di 10 milioni di utenti, ha pagato 2 miliardi di USD. Cfr. l'argomentazione di Google contro questa misura all'indirizzo https://europe.googleblog.com/2016/09/european-copyright-theres-better-way.html

(31)  Cfr. la nota 13.

(32)  Cfr. la nota 16.

(33)  Come si contempla attualmente nella direttiva 2014/26/CE (GU L 84 del 20.3.2014, pag. 72).


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di certificazione dell’Unione per le apparecchiature di controllo di sicurezza dell’aviazione»

[COM(2016) 491 final – 2016/0236 (COD)]

(2017/C 125/04)

Relatore:

Stefan BACK

Consultazione

Parlamento europeo, 15 settembre 2016

Consiglio, 24 ottobre2016

Base giuridica

Articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

13 gennaio 2017

Adozione in sessione plenaria

25 gennaio 2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

138/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE ribadisce il suo sostegno a favore del piano d’azione del 2012 per un’industria della sicurezza innovativa e competitiva (il piano d’azione) (1).

1.2

Il CESE richiama altresì l’attenzione sull’agenda europea sulla sicurezza (l’agenda sulla sicurezza) (2) ed esprime nuovamente il proprio sostegno al piano d’azione contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi nonché alla proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo (3)  (4).

1.3

Fatte salve le osservazioni presentate qui di seguito, il CESE accoglie ora con favore anche la proposta di regolamento della Commissione che istituisce un sistema di certificazione dell’Unione per le apparecchiature di controllo di sicurezza dell’aviazione (5) (la proposta) quale primo passo nell’attuazione del piano d’azione. Plaude all’obiettivo della proposta di istituire un sistema di omologazione per le apparecchiature di controllo con una certificazione unica al fine di semplificare l’immissione di prodotti sul mercato, ridurre i costi, aumentare il volume di mercato e migliorare la competitività dell’industria europea della sicurezza.

1.4

Il CESE deplora, tuttavia, che la proposta non introduca un’unica autorità di omologazione dell’UE con un servizio tecnico integrato, la quale avrebbe garantito un livello di efficienza ottimale e una riduzione dei costi. Il CESE manifesta seri dubbi in merito all’efficienza nell’impiego delle risorse dell’opzione proposta, che prevede la separazione dei servizi tecnici e delle autorità di omologazione.

1.5

Il CESE si rammarica altresì del fatto che la proposta non preveda la possibilità di cui all’articolo 6 del regolamento (CE) n. 300/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008, che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile (6) di applicare misure più severe a livello nazionale rispetto alle norme fondamentali di cui allo stesso regolamento, possibilità che era stata espressamente accolta con favore dal CESE nel suo parere (7) in merito a tale proposta di regolamento.

1.6

Il CESE deplora il fatto che le considerazioni relative al mercato interno sembrino prevalere sulle preoccupazioni relative alla sicurezza, al punto che non è stata concessa nemmeno la possibilità di consentire requisiti aggiuntivi in materia di sicurezza nazionale per tutelare gli interessi nazionali vitali, in conformità dell’articolo 114, paragrafo 10, TFUE.

1.7

Al riguardo, il CESE deplora altresì che il TFUE non consenta un’azione nazionale mirata intesa a tutelare gli interessi nazionali essenziali dagli atti terroristici, in linea con quanto definito in merito al materiale militare dall’articolo 346 TFUE o agli appalti pubblici dall’articolo 15 della direttiva 2014/24 sugli appalti pubblici (8).

1.8

Il CESE mette in dubbio l’adeguatezza della disposizione di cui all’articolo 24, paragrafo 3, della proposta, che specifica che la Commissione presiede il gruppo di coordinamento dei servizi tecnici, considerando la natura estremamente tecnica e complessa delle questioni che i suoi servizi dovranno affrontare.

1.9

Al riguardo, il CESE esprime altresì rammarico per il fatto che non sembra che si sia tenuto conto della possibilità di inserire nella proposta un sistema per lo scambio di informazioni e per il coordinamento tra le varie autorità nazionali di omologazione.

1.10

Il Comitato si domanda se il limite entro il quale la proposta autorizza l’uso di atti delegati per modificare le disposizioni tecniche non vada oltre il campo di applicazione di quanto autorizzato ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE. Ciò vale in particolare per l’articolo 27, lettera a), della proposta, che non definisce limiti al campo di applicazione o al carattere dei nuovi requisiti di prestazione che possono essere inclusi nell’allegato I della proposta mediante atti delegati.

1.11

In ogni caso, il CESE rammenta che, al fine di legiferare in tale ambito, la Commissione avrà bisogno delle competenze tecniche necessarie a garantire la qualità degli atti legislativi.

1.12

In linea di principio, il CESE accoglie con favore la proposta secondo cui l’Unione europea dovrebbe cercare di diventare un membro a pieno titolo della Conferenza europea dell’aviazione civile (European Civil Aviation Conference — ECAC). Tuttavia, considerando che l’attuale costituzione dell’ECAC consente solo l’adesione di Stati nazionali, che il numero dei membri dell’ECAC è maggiore di quello degli Stati membri dell’UE e che l’esito di eventuali negoziati per l’adesione alla Conferenza non può essere dato per scontato, potrebbe essere più realistico affermare che l’UE deve adottare le opportune misure volte al conseguimento dello status di membro dell’ECAC.

1.13

Il CESE prende atto della disposizione della proposta che prevede che il tempo medio che intercorre tra la richiesta di sottoporre un’apparecchiatura a una prova e la trasmissione dei risultati della prova all’autorità di omologazione non sia superiore a sei mesi. Il CESE suggerisce che un’alternativa migliore sarebbe la realizzazione di una valutazione iniziale di una richiesta da parte del servizio tecnico, allo scopo di definire il lasso di tempo necessario per la prova e di informare il richiedente entro un termine stabilito. Se in seguito il termine per la prova non viene rispettato, il richiedente verrebbe informato e i motivi del ritardo gli verrebbero spiegati.

1.14

Il CESE rileva che attualmente il sistema dell’ECAC per la valutazione dei prodotti funziona in modo efficiente e che il valore aggiunto di un sistema di omologazione UE, a fini operativi, può pertanto essere messo in discussione. Detta osservazione non pregiudica gli obiettivi del mercato interno di cui alla proposta.

1.15

Per i motivi summenzionati, il CESE esprime dubbi riguardo al valore aggiunto della proposta nella sua forma attuale e chiede pertanto alla Commissione di rivederne il contenuto, tenendo conto delle osservazioni formulate nel presente parere.

2.   Introduzione

2.1

La proposta costituisce un passo verso l’attuazione del piano d’azione (9) che si prefigge i seguenti obiettivi:

il superamento della frammentazione del mercato attraverso la creazione di norme UE/internazionali, l’armonizzazione delle procedure UE di certificazione e valutazione della conformità e la valorizzazione delle sinergie tra le tecnologie di sicurezza e di difesa;

la riduzione del divario tra ricerca e mercato;

il miglioramento dell’integrazione della dimensione sociale con una prova tempestiva dell’impatto sociale, ivi compresi i possibili effetti sui diritti fondamentali.

2.2

Un obiettivo importante del piano d’azione è superare la frammentazione del mercato della sicurezza introducendo sistemi di certificazione UE delle tecnologie della sicurezza, a cominciare da apparecchiature di controllo aeroportuale e sistemi d’allarme, che devono essere realizzati istituendo un sistema unico che consenta di ottenere una certificazione in grado di concedere ai prodotti certificati l’accesso al mercato in tutta l’Unione. Ciò porterebbe a una maggiore semplificazione, a una riduzione dei costi di certificazione, a maggiori volumi di mercato interno e pertanto a una maggiore competitività rispetto ai prodotti statunitensi e cinesi, che hanno il vantaggio di volumi più elevati in mercati interni di grandi dimensioni.

2.3

L’agenda sulla sicurezza (10) approva il piano d’azione in riferimento ad azioni di sostegno quali formazione, finanziamenti, ricerca e innovazione.

2.4

L’agenda sulla sicurezza contiene un’ampia gamma di misure che comprendono il contrasto al finanziamento del terrorismo, il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi e ulteriori misure per la protezione dei cittadini e delle infrastrutture critiche, ivi compreso un piano d’azione contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi e una proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo (11).

2.5

La proposta introduce un sistema di certificazione basato su requisiti comuni di prestazione, metodi comuni di prova e accreditamento dei laboratori di prova (servizi tecnici).

2.6

I requisiti di prestazione sono quelli istituiti dal regolamento (CE) n. 300/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile (12) e dai suoi atti di esecuzione (articolo 4 e allegato I della proposta).

2.7

I metodi di valutazione sono quelli elaborati nell’ambito del processo di valutazione comune approvato dall’ECAC.

2.8

Ciascuno Stato membro disporrà di un’autorità di omologazione competente per tutti gli aspetti dell’omologazione di apparecchiature (articolo 6 della proposta). Nessuno Stato membro può imporre prescrizioni supplementari relativamente alle apparecchiature certificate (articolo 4 della proposta).

2.9

La proposta istituisce procedure a livello nazionale per le apparecchiature che presentano rischi o che non sono conformi alla certificazione (articoli da 17 a 19).

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE ha già accolto con favore il piano d’azione (13), l’agenda europea sulla sicurezza, il piano d’azione contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi e la proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo (14).

3.2

Il CESE valuta altresì positivamente il proposito contenuto nella proposta, di attuare il piano d’azione mediante il rafforzamento del settore europeo della sicurezza, creando un mercato interno più ampio e migliorando la competitività di questo settore.

3.3

Il Comitato accoglie inoltre con favore gli obiettivi della proposta di rafforzare la competitività dell’industria europea della sicurezza e semplificare le procedure amministrative introducendo una certificazione unica al fine di ridurre i costi e creare un mercato interno più ampio. Il CESE rileva che la proposta dedica particolare attenzione al mercato interno e alla competitività, e osserva che le questioni della sicurezza vengono affrontate principalmente in ragione del fatto che un aumento della competitività dell’industria può migliorarne il potenziale di innovazione nonché lo sviluppo di nuovi prodotti.

3.4

Il CESE sottoscrive l’approccio della proposta di legiferare sui requisiti di prestazione e utilizzare i metodi comuni di prova elaborati dall’ECAC, convenendo che il carattere riservato di una parte consistente del materiale giuridico rende necessario questo approccio. Tuttavia, il Comitato ritiene che la proposta possa essere migliorata in molti aspetti importanti.

3.5

Il CESE deplora pertanto che la proposta non preveda la possibilità di cui all’articolo 6 del regolamento (CE) n. 300/2008, che uno Stato membro possa applicare misure più severe rispetto alle norme fondamentali comuni menzionate nella proposta stessa. Né le procedure a livello nazionale per le apparecchiature che presentano rischi, né la procedura di salvaguardia dell’Unione risultano adeguate per affrontare questo tipo di problema.

3.6

Il CESE ribadisce al riguardo di aver specificamente approvato la possibilità che gli Stati membri applichino misure più severe ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 300/2008 nel suo parere sulla proposta concernente detto regolamento (15).

3.7

Il Comitato è consapevole delle difficoltà derivanti dall’autorizzazione di disposizioni nazionali supplementari sui prodotti disciplinati da criteri armonizzati; richiama tuttavia l’attenzione sulla possibilità offerta dall’articolo 114, paragrafo 10, TFUE, di autorizzare disposizioni nazionali sulla base della necessità di tutelare gli interessi di sicurezza nazionale, per esempio, sebbene solo per un periodo di tempo limitato.

3.8

Il CESE prende nota del fatto che, nel quadro di proposte di pareri motivati sul tema della sussidiarietà (una delle quali è stata già presentata), i parlamenti di almeno due Stati membri hanno menzionato la necessità di poter adeguare i requisiti di sicurezza in base ai diversi livelli di esposizione al rischio nei vari Stati membri (16). Ne consegue l’eventuale necessità di inasprire i requisiti di sicurezza rispetto ai normali requisiti UE, introducendo caratteristiche supplementari e una miglior prestazione delle apparecchiature, ivi comprese le apparecchiature di controllo aeroportuale.

3.9

Il CESE ritiene che, nell’attuazione di una politica volta a migliorare la protezione contro gli atti terroristici, tale obiettivo debba essere considerato quale elemento cardine di qualsiasi misura proposta. Un’agenda della politica industriale relativa a detto obiettivo è da considerarsi subordinata all’obiettivo della lotta contro il terrorismo.

3.10

Dev’esserci pertanto un margine nettamente definito per un’azione separata degli Stati membri riguardante le minacce terroristiche, anche per quanto riguarda requisiti aggiuntivi per le apparecchiature di controllo aeroportuale, che vadano oltre i requisiti di certificazione standard. Gli articoli 17 e 18 della proposta non riguardano questo problema e non conferiscono agli Stati membri sufficiente libertà di valutazione per tutelarsi dalle minacce terroristiche. Il CESE è consapevole che il TFUE nella sua forma attuale non contiene norme specifiche che consentano l’esenzione delle apparecchiature di sicurezza dalle norme del mercato interno per motivi di tutela degli interessi nazionali vitali, poiché l’articolo 346 TFUE prevede tale possibilità unicamente per le apparecchiature militari e le disposizioni di cui alla direttiva 2014/24/UE (articolo 15) riguardano solo gli appalti pubblici (17).

3.11

Il CESE prende nota del fatto che la proposta autorizza la Commissione ad adottare atti delegati al fine di modificare l’allegato I per tener conto dell’introduzione di nuovi requisiti di prestazione per le apparecchiature di controllo di sicurezza dell’aviazione (articolo 27, lettera a)) e di modificare gli allegati del regolamento per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche (articolo 27, lettera b)). L’articolo 290, paragrafo 1, TFUE limita la delega a elementi non essenziali dell’atto legislativo in questione, ivi compresi gli aggiornamenti dovuti agli sviluppi tecnici. La delega di cui all’articolo 27, lettera a), della proposta sembra andare oltre suddetto limite. Il CESE mette in dubbio pertanto la compatibilità della delega di cui all’articolo 27, lettera a), della proposta con il TFUE.

3.12

In ogni caso, il CESE rammenta che, al fine di legiferare in tale ambito, la Commissione avrà bisogno delle competenze tecniche necessarie a garantire la qualità degli atti legislativi.

3.13

La proposta prevede l’istituzione di un’autorità di omologazione in ciascuno Stato membro. Il CESE mette in dubbio sia la capacità di tutti gli Stati membri di istituire tale autorità al momento dell’entrata in vigore della proposta, che l’efficacia di tale requisito in termini di impiego delle risorse e il suo valore aggiunto, tenendo presente che attualmente solo cinque Stati membri sono in grado di provare le apparecchiature e rilasciare un’omologazione. Il Comitato ritiene che un’unica autorità di omologazione dell’UE sarebbe stata una soluzione più efficiente, in linea con l’approccio dello sportello unico.

3.14

Al riguardo, il CESE si interroga altresì sull’utilità di ripartire le funzioni di prova e di certificazione tra i servizi tecnici e le autorità di omologazione, perché la prova effettiva della prestazione di un prodotto deve essere eseguita da un servizio tecnico il cui livello di competenza sia stato certificato, mentre la decisione di rilasciare la certificazione (omologazione) deve essere adottata dall’autorità di omologazione, la quale, chiaramente, non è tenuta a soddisfare alcun criterio specifico di competenza tecnica, ma si basa interamente sulle valutazioni effettuate dal servizio tecnico. Qualora tale sistema articolato in due stadi dovesse essere giustificato dal fatto che non tutti gli Stati membri possiedono un’adeguata competenza tecnica, il CESE propone di integrare le due funzioni in un numero ridotto di autorità di omologazione oppure, idealmente, come già proposto, di istituire un’unica autorità di omologazione comune per l’intera Unione europea.

3.15

Il CESE prende altresì nota del fatto che la metodologia comune di prova della certificazione dell’ECAC funziona al momento in maniera adeguata, il che mette in discussione il valore aggiunto del sistema che la proposta intende creare, poiché il quadro dell’ECAC garantisce la libera circolazione dei prodotti interessati tra gli Stati membri dell’ECAC. Questa osservazione non pregiudica gli obiettivi del mercato interno di cui alla proposta.

3.16

Il Comitato rileva che l’articolo 10 della proposta prevede che l’Unione europea diventi membro a pieno titolo dell’organismo responsabile dell’elaborazione delle metodologie comuni di prova, ovvero l’ECAC. Il CESE sottolinea che l’adesione dell’UE all’ECAC richiede la previa modifica della Costituzione di detto organismo, la quale attualmente consente unicamente agli Stati nazionali di diventare membri a pieno titolo. Poiché lo status di membro è il risultato di un processo negoziale, il CESE propone di modificare la disposizione, al fine di prevedere che l’Unione debba ricevere il mandato di avviare i negoziati per divenire membro a pieno titolo dell’ECAC.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

La proposta dispone che la Commissione istituisce e presiede un gruppo settoriale di servizi tecnici incaricato di garantire la cooperazione e il coordinamento tra i servizi tecnici. Considerando che questo gruppo potrebbe trattare questioni tecniche estremamente complesse, il CESE mette in dubbio l’adeguatezza di tale soluzione.

4.2

Il CESE è sorpreso che non si reputi necessario proporre uno scambio di informazioni e un coordinamento tra le varie autorità nazionali di omologazione, nonché tra le autorità di omologazione e la Commissione, tenuto conto del fatto che tale sistema è stato considerato utile per i servizi tecnici e in altri contesti in cui le autorità nazionali esercitano un potere decisionale rilevante ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione europea, per esempio nel settore della concorrenza.

4.3

Sebbene la proposta preveda un’autorità di omologazione per ciascuno Stato membro, nessun requisito simile viene applicato ai servizi tecnici che, come sottolineato in precedenza, svolgono un ruolo fondamentale nel sistema di certificazione previsto. Ciò conferma la necessità del valore puramente simbolico di un’autorità di omologazione in ciascuno Stato membro, considerando che la certificazione di omologazione e i certificati di conformità rilasciati sulla base di detta certificazione sono validi in tutta l’Unione europea. La procedura a livello nazionale per le apparecchiature che presentano rischi (articolo 17 della proposta) potrebbe spettare a un’autorità nazionale competente per le questioni di sicurezza.

4.4

La proposta specifica che i servizi tecnici garantiscono che il tempo medio che intercorre tra la richiesta di sottoporre un’apparecchiatura a una prova e la trasmissione dei risultati della prova all’autorità di omologazione non sia superiore a sei mesi, tranne in casi eccezionali o su richiesta formale del fabbricante. Il CESE ritiene che un periodo di tempo stabilito di questo tipo non sia né auspicabile né realistico. Un’alternativa migliore potrebbe essere l’obbligo per il servizio tecnico di valutare subito il tempo necessario al disbrigo di una richiesta e di informare il richiedente entro un periodo di tempo stabilito, per esempio quindici giorni lavorativi. Se in seguito il termine stabilito non può essere rispettato, il servizio tecnico dovrà fornire una spiegazione motivata.

Bruxelles, 25 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS,


(1)  COM(2012) 417 final (GU C 76 del 14.3.2013, pag. 37).

(2)  COM(2015) 185 final (GU C 71 del 24.2.2016, pag. 75).

(3)  COM(2015) 624 final: attuazione dell’agenda europea sulla sicurezza: piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi e COM(2015) 625 final: proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo.

(4)  GU C 177 del 18.5.2016, pag. 51.

(5)  COM(2016) 491 final.

(6)  GU L 97 del 9.4.2008, pag. 72.

(7)  GU C 185 dell’8.8.2006, pag. 17.

(8)  Cfr. anche la comunicazione interpretativa sull’applicazione dell’articolo 296 del Trattato CE (attualmente articolo 346 TFUE) agli appalti pubblici della difesa (COM(2006) 779 final).

(9)  COM(2012) 417 final.

(10)  COM(2015) 185 final.

(11)  COM(2015) 624 final: attuazione dell’agenda europea sulla sicurezza: piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi e COM(2015) 625 final: proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo.

(12)  Cfr. nota a piè di pagina 6.

(13)  Cfr. nota a piè di pagina 1.

(14)  Cfr. nota a piè di pagina 4.

(15)  Cfr. nota a piè di pagina 6.

(16)  Parere motivato della Camera dei Comuni del Parlamento del Regno Unito, del 1o novembre 2016, nel documento del Consiglio 14180/16 e Assemblée Nationale (Francia) 4060 rect. Proposition de Résolution Europeenne.

(17)  Comunicazione interpretativa sull’applicazione dell’articolo 296 del Trattato CE (attualmente articolo 346 TFUE) agli appalti pubblici della difesa, pagina 6, nota a piè di pagina 10. La direttiva 2004/18/CE è stata sostituita dalla direttiva 2014/24/CE [COM(2006) 779 final].


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/40


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro dell'Unione per il reinsediamento e modifica il regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio»

[COM(2016) 468 final — 2016/0225 (COD)]

(2017/C 125/05)

Relatore:

Christian MOOS

Consultazione

Consiglio dell'Unione europea, 7.9.2016

Parlamento europeo, 12.9.2016

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

10.1.2017

Adozione in sessione plenaria

25.1.2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

177/8/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il CESE,

1.1

si esprime a favore di una vera politica comune in materia di asilo che rispetti i valori europei, e accoglie con favore la creazione di un quadro dell'Unione per il reinsediamento;

1.2

invita l'Unione ad assumersi maggiori responsabilità nei confronti delle persone bisognose di protezione internazionale, a compiere, per la loro accoglienza, sforzi maggiori di quelli fatti finora, e a dare prova di maggiore solidarietà nei confronti dei paesi terzi, ma anche di Stati membri come la Grecia, sulla questione dei rifugiati;

1.3

sottolinea la propria richiesta di costruire solidi sistemi di integrazione negli Stati membri;

1.4

chiede che i criteri comuni per il reinsediamento si basino principalmente sul bisogno di protezione delle persone interessate e non solo sull'efficace cooperazione del paese terzo in materia di asilo, e che detti criteri non siano discriminatori;

1.5

ritiene discutibile l'applicazione dei concetti di «paese di primo asilo» e di «paese terzo sicuro», a causa dell'incertezza e dell'instabilità della situazione attuale nelle regioni e nei paesi terzi interessati. A suo avviso, nella situazione attuale la dichiarazione UE-Turchia riveste un'estrema importanza. È nell'interesse di entrambe le parti che, nella sua attuazione, venga monitorata la situazione dei diritti umani;

1.6

chiede di stralciare il programma di reinsediamento dagli accordi di partenariato che sono intesi ad ottenere la collaborazione dei paesi terzi per la prevenzione delle fughe, poiché ciò comporta il pericolo di violazioni del diritto internazionale e dei diritti fondamentali; sottolinea che né le misure previste nel quadro di partenariati con i paesi terzi né, più in generale, gli aiuti allo sviluppo devono essere condizionati ad accordi di rimpatrio o ad altri accordi di cooperazione analoghi con paesi terzi;

1.7

chiede che l'UNHCR assuma un ruolo chiave nell'identificazione dei cittadini di paesi terzi o apolidi da reinsediare, e manifesta perplessità riguardo alla concessione di diritti speciali che consentano ai paesi terzi di effettuare una selezione dei rifugiati;

1.8

accoglie con favore il rilievo dato alla necessità di assicurare la protezione delle donne, dei bambini e dei giovani, ma considera problematica la categoria delle «persone vulnerabili dal punto di vista socioeconomico». Non operando alcuna distinzione tra le diverse vie legali di ingresso, la proposta della Commissione rischia, in generale, di compromettere la quantità e la qualità dei reinsediamenti;

1.9

esprime dei dubbi, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati (in appresso «Convenzione di Ginevra»), quanto all'esclusione collettiva delle persone che hanno soggiornato, sono entrate o hanno tentato di entrare irregolarmente nel territorio degli Stati membri nei cinque anni precedenti il reinsediamento, nonché di coloro a cui gli Stati membri hanno negato il reinsediamento nei cinque anni precedenti, se soddisfano tutti gli altri criteri di ammissibilità;

1.10

sottolinea che il reinsediamento non deve pregiudicare il diritto di asilo. In generale, è necessario accertarsi che venga garantito il rispetto dei diritti fondamentali ai sensi della Convenzione di Ginevra, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in appresso «Carta») e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (in appresso «CEDU»);

1.11

invita a prefiggersi obiettivi ambiziosi al momento di determinare il numero annuo di persone da reinsediare, e raccomanda di fissare come numero minimo quello stabilito dal comitato ad alto livello;

1.12

si aspetta di partecipare all'istituendo comitato ad alto livello per il reinsediamento;

1.13

raccomanda inoltre un coinvolgimento permanente dell'UNHCR nel comitato di alto livello per il reinsediamento. In generale, dalla proposta della Commissione non risulta chiaramente in che modo e con quali procedure verranno identificate — dall'UNHCR o dagli Stati membri — le persone bisognose di protezione internazionale, né quale ruolo spetterà in tale processo all'Agenzia europea per l'asilo;

1.14

è favorevole alla sperimentazione di programmi alternativi di accoglienza e finanziamento complementari secondo il modello canadese del Private Sponsorship of Refugees Program (Programma di sponsorizzazione privata dei rifugiati) (1). Un quadro dell'UE per il reinsediamento può trarre beneficio, in generale, dall'istituzionalizzazione di un approccio trilaterale, che includa cioè gli Stati membri, l'UNHCR e attori privati/della società civile, purché ciò non comprometta la qualità e la quantità del reinsediamento; esorta gli Stati membri a garantire che la società civile sia adeguatamente informata in merito ai piani di reinsediamento e sostenuta affinché partecipi al processo;

1.15

consiglia una più forte presenza istituzionale dell'UE e degli Stati membri nei paesi di origine e di transito particolarmente oberati, e raccomanda di alleviare la situazione di tali paesi potenziando le capacità di accoglienza e protezione in loco.

2.   Valutazione delle singole disposizioni della proposta

2.1    Quadro dell'Unione per il reinsediamento

2.1.1

Il CESE accoglie con favore il reinsediamento nell'Unione di persone bisognose di protezione internazionale. In linea con il proprio parere sull'agenda europea sulla migrazione (2), il CESE sottolinea l'esigenza di accompagnare il reinsediamento con la creazione di solidi sistemi di integrazione negli Stati membri, per consentire l'accesso al mercato del lavoro, il riconoscimento delle qualifiche e la formazione professionale e linguistica.

2.1.2

Il CESE sostiene le misure per un'integrazione rapida, efficace e riuscita delle persone reinsediate nel quadro del piano d'azione presentato il 7 giugno 2016per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi  (3). Tali misure, tuttavia, sono in contrasto con lo status di protezione sussidiaria, in quanto gli Stati membri devono verificare di nuovo lo status di protezione di una persona e potrebbero eventualmente non riconoscerle lo status di rifugiato. Pertanto, sussiste il rischio di deportazione o rimpatrio nel paese d'origine o terzo di una persona bisognosa di protezione internazionale.

2.2    Regioni o paesi terzi da cui deve avvenire il reinsediamento

2.2.1

Il CESE sostiene la flessibilità, prevista agli articoli 7 e 8, nella determinazione di criteri comuni per la selezione delle regioni o paesi terzi da cui dovrebbe aver luogo il reinsediamento. Tuttavia, tali criteri non dovrebbero essere troppo esclusivi e non dovrebbero dipendere dalla qualità della cooperazione di uno Stato terzo o regione in materia di migrazione e asilo, bensì sul bisogno di protezione delle persone interessate. Il CESE rifiuta qualsiasi forma di discriminazione in base alla rotta intrapresa, al paese di origine, alla razza o alla religione (articolo 3 della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati).

2.2.2

Riguardo alla creazione delle condizioni per l'applicazione dei concetti di «paese di primo asilo» e di «paese terzo sicuro» nel quadro del rimpatrio dei richiedenti asilo, già nel parere sull'istituzione di un elenco comune dell'UE di paesi di origine sicuri  (4) il CESE osservava che è ancora troppo presto per un elenco inclusivo e che occorre accordarsi su un elenco di paesi di origine sicuri basato esclusivamente sui criteri comuni sanciti nella direttiva 2013/32/UE, mentre, per la valutazione di un paese, è necessario definire indicatori specifici, precisi e basati sull'esperienza, attingendo in particolare alle fonti dell'UNHCR, dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), del Consiglio d'Europa, della Corte europea dei diritti dell'uomo e di altre organizzazioni per i diritti umani. Il CESE avverte che tali concetti non devono essere applicati in nessun caso ai paesi che violano i diritti umani e i principi dello Stato di diritto. Inoltre, un paese terzo può essere considerato «sicuro» solo se si è accertato che esso rispetta il principio di non respingimento e che, in generale, ha pienamente riconosciuto e applica la Convenzione di Ginevra, il protocollo di New York del 31 gennaio 1967 sullo status dei rifugiati e gli altri trattati pertinenti.

2.2.3

Dal punto di vista del CESE, tuttavia, l'Unione, attraverso la conclusione di questi partenariati, sta cercando di trasferire il problema dei rifugiati e la propria responsabilità nei confronti delle persone in cerca di protezione verso alcuni paesi terzi e di indurre questi ultimi, mediante incentivi materiali, a trattenere le persone bisognose di protezione all'esterno dei confini esterni dell'UE. In tal senso va anche discussa la riammissione, rinforzata dai nuovi accordi, di cittadini di paesi terzi e apolidi che soggiornano irregolarmente nel territorio degli Stati membri. Gli sforzi per ridurre il numero di rifugiati espongono al rischio che i paesi terzi, in violazione del divieto di respingimento previsto dalla Carta, dalla Convenzione di Ginevra e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, fermino, respingano o espellano i rifugiati in arrivo ai loro confini. Il CESE chiede pertanto la rigorosa applicazione dei principi del diritto internazionale e la creazione di meccanismi di controllo efficaci.

2.3    Criteri per determinare le regioni o i paesi terzi da cui deve avvenire il reinsediamento (articolo 4)

2.3.1

Il CESE chiede di stralciare il programma di reinsediamento dagli accordi di partenariato, eliminando quindi la seconda parte della lettera a) dell'articolo 4 («e gli eventuali movimenti successivi di tali persone verso il territorio degli Stati membri»). Dal punto di vista del CESE, i criteri di cui all'articolo 4, lettera c) e d), con l'eccezione del punto iii), mettono in discussione il diritto di asilo e protezione dal respingimento di cui agli articoli 18 e 19 della Carta e, pertanto, anch'essi devono essere soppressi.

2.3.2

Il CESE, di concerto con l'UNHCR, chiede che, per le misure di riammissione, ci si assicuri che la regione o il paese terzo abbia riconosciuto pienamente ed applichi la Convenzione di Ginevra, in modo da garantire l'accesso a una procedura di esame delle domande di protezione ai sensi di tale convenzione.

2.3.3

Il CESE nota con preoccupazione che il meccanismo di rimpatrio nel quadro della dichiarazione UE-Turchia potrebbe trasformare i punti di crisi (hot spot) in centri di detenzione. Ciò violerebbe il diritto alla libertà e alla protezione da arresti arbitrari (articolo 5 della CEDU, articolo 6 della Carta). Il CESE esprime, pertanto, forte preoccupazione per gli arresti e i rimpatri effettuati nel quadro della dichiarazione UE-Turchia, e reputa che l'attuale meccanismo di rimpatrio debba essere riesaminato con urgenza al fine di garantire una protezione appropriata in questo e nei nuovi accordi di partenariato.

2.3.4

Il CESE sostiene, in linea di principio, l'intensificazione delle relazioni diplomatiche come pure l'adozione di misure finanziarie e tecniche nel quadro di partenariati con paesi terzi, tra cui la creazione di capacità locali per l'accoglienza e la protezione delle persone bisognose di protezione internazionale, che servono a gestire la problematica dei profughi nelle regioni e nei paesi terzi. Tali interventi devono essere conformi alla Convenzione di Ginevra, alla CEDU e alla Carta. Le misure adottate nel quadro dei reinsediamenti o, in generale, gli aiuti allo sviluppo non devono essere condizionati da accordi per il rimpatrio o altri accordi di cooperazione simili con paesi terzi, poiché questi ultimi sono in contrasto con l'obiettivo umanitario di tali interventi.

2.4    Criteri di ammissibilità (articolo 5)

2.4.1

Il CESE accoglie con favore il particolare accento posto sulla necessità di assicurare la protezione di donne e ragazze, nonché di bambini ed adolescenti, compresi i minori non accompagnati, e l'aggiunta delle persone con legami familiari alle categorie classiche di reinsediamento. In particolare, il CESE approva la volontà di garantire l'unità del nucleo familiare della persona, tenendo conto anche di fratelli e sorelle in quanto «familiari». Queste disposizioni, tuttavia, possono applicarsi solo nel caso in cui l'obiettivo non sia raggiungibile tramite disposizioni già vigenti in materia di ricongiungimento familiare, come quelle della direttiva sul ricongiungimento familiare del 2003. Il CESE sottolinea la necessità di rispettare i principi di uguaglianza e non discriminazione, che dovrebbero valere anche a prescindere dai casi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell'articolo in esame.

2.4.2

Nondimeno, il CESE giudica problematica l'inclusione, tra i suddetti casi, della categoria delle «persone vulnerabili dal punto di vista socioeconomico», qualora si tratti di persone che hanno, ad esempio, un reddito, status professionale o livello di formazione basso. L'inserimento di questa categoria, per la quale non è prevista alcuna protezione ai sensi della Convenzione sullo statuto dei rifugiati, potrebbe infatti condurre alla discriminazione di persone bisognose di protezione internazionale. Pertanto, si devono assolutamente creare altri canali di ingresso legale e adottare misure orientate alla necessità di proteggere le persone vulnerabili dal punto di vista socioeconomico.

2.4.3

In generale, il CESE raccomanda di adottare i criteri di riconoscimento stabiliti già da tempo dall'UNHCR, rafforzando così il ruolo centrale di tale organismo nell'identificazione delle persone bisognose di protezione internazionale.

2.5    Motivi di esclusione (articolo 6)

2.5.1

Il CESE rifiuta l'esclusione in blocco delle persone di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettere d) ed f), in quanto ciò è in contrasto con il diritto fondamentale all'asilo. Se si vogliono preservare l'integrità e la credibilità dell'istituto dell'asilo, entrambe queste categorie di esclusi devono essere stralciate.

2.5.2

È inoltre necessario accertarsi che l'articolo 6, paragrafo 1, lettera c) sia applicato soltanto secondo il principio di proporzionalità. E ancora, in merito ai criteri di ammissione e ai motivi di esclusione, è necessario sopprimere o specificare i termini e le formule vaghi, come ad esempio «abbiano commesso un reato grave» [articolo 6, paragrafo 1, lettera a), punto ii)], considerata la diversità delle norme — e delle relative interpretazioni — nei vari Stati membri.

2.5.3

Nel caso dei motivi di esclusione facoltativi (articolo 6, paragrafo 2), secondo cui gli Stati membri possono rifiutare il reinsediamento di cittadini di paesi terzi o apolidi a cui si applicano prima facie i motivi di esclusione di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera a) o b), essi devono essere fondati su indizi chiari e verificabili oppure vanno soppressi. Decidendo sulla base di un semplice sospetto, lo Stato membro violerebbe il principio di non discriminazione.

2.6    Piano annuale e programmi mirati di reinsediamento dell'Unione (articoli 7 e 8)

2.6.1

Il CESE accoglie con favore la possibilità di reagire in modo flessibile alle fluttuazioni dei flussi migratori e ai cambiamenti della situazione internazionale. Chiede tuttavia, in accordo con l'UNHCR e altre organizzazioni della società civile (5), che il numero di persone da reinsediare sia imperativamente definito come numero minimo, a differenza di quanto previsto all'articolo 7, e che la relazione annuale dell'UNHCR (6) venga utilizzata come base per determinare le esigenze prevedibili di reinsediamento. Il CESE ritiene adeguata, per l'Europa, una quota pari ad almeno il 25 % delle esigenze globali di reinsediamento comunicate dall'UNHCR.

2.6.2

Il CESE nutre delle preoccupazioni quanto al coinvolgimento degli Stati membri nell'attuazione del piano annuale di reinsediamento. Tali dubbi si basano sull'attuazione data finora alle conclusioni del Consiglio del 20 luglio 2015, ma anche sulle procedure di infrazione avviate dalla Commissione per la mancata attuazione del sistema europeo comune di asilo (7) e sulla relazione della Commissione sui progressi compiuti nell'attuazione della dichiarazione UE-Turchia (8).

2.6.3

All'articolo 8 occorre distinguere più chiaramente tra il quadro di reinsediamento dell'UNHCR e le misure di reinsediamento — e altre vie d'ingresso legali — dell'UE, degli Stati membri o di altre parti interessate. In generale, il CESE accoglie con favore l'istituzionalizzazione di un approccio tripartito nel quadro dell'UE per il reinsediamento, in base al quale i reinsediamenti vengano effettuati dall'UNHCR, dall'UE e dai suoi Stati membri, come pure da soggetti privati/della società civile.

2.7    Consenso (articolo 9)

2.7.1

Anche se le procedure di reinsediamento di cui agli articoli 10 e 11 devono essere basate sul consenso dei cittadini di paesi terzi o apolidi, questi ultimi, se rifiutano il reinsediamento in un determinato Stato membro, ad esempio per motivi familiari, sociali o culturali, non devono essere esclusi dal reinsediamento in un altro Stato membro.

2.8    Procedura ordinaria e accelerata (articoli 10 e 11)

2.8.1

Il CESE ritiene che l'UNHCR debba svolgere un ruolo chiave nell'identificazione dei cittadini di paesi terzi e apolidi. L'UNHCR può essere sostenuto da un'agenzia dell'Unione per l'asilo, i cui scopi e le cui competenze siano specificamente stabiliti in via preliminare dalla Commissione, oppure da organismi internazionali pertinenti. Il CESE manifesta perplessità riguardo al conferimento di diritti speciali, come quelli previsti dalla dichiarazione UE-Turchia, secondo cui è il paese terzo anziché l'UNHCR a selezionare i migranti; tale situazione, infatti, non garantisce il rispetto dei diritti fondamentali ai sensi della Convenzione di Ginevra, della Carta e della CEDU.

2.8.2

Secondo la proposta, il reinsediamento dovrebbe essere la via preferenziale per la protezione internazionale nel territorio degli Stati membri e non dovrebbe sovrapporsi a una procedura di asilo. Tali restrizioni rischiano di compromettere il diritto all'asilo di una persona bisognosa di protezione. Si deve garantire la possibilità di chiedere asilo nel territorio degli Stati membri anche in altri modi, altrimenti si rischia di violare il diritto e il dovere della persona in cerca di protezione di chiedere asilo nel primo paese ospitante dell'Unione.

2.8.3

Il CESE avverte che, per quanto riguarda l'integrazione delle persone reinsediate in uno Stato membro, nel quadro della procedura accelerata (articolo 11) vi è un conflitto con lo status di protezione sussidiaria. Nello Stato membro di reinsediamento, infatti, lo status di rifugiato di una persona deve essere nuovamente verificato e, in talune circostanze, può essere rifiutato. Occorre quindi astenersi dal concedere lo status di protezione sussidiaria poiché la procedura accelerata viene attuata per necessità urgenti, ad esempio di assistenza sanitaria. In entrambe le procedure occorre verificare le condizioni per il pieno riconoscimento dello status di rifugiato (9).

2.9    Comitato ad alto livello (articolo 13)

2.9.1

Il CESE raccomanda alla Commissione di non limitarsi a consultare il comitato ad alto livello, ma di definire con quest'ultimo un piano annuale di reinsediamento e la sua attuazione obbligatoria. La Commissione e il Parlamento dovrebbero presiedere il comitato congiuntamente, in stretta cooperazione con la società civile. Anche il CESE, in quanto portavoce della società civile, dovrebbe essere rappresentato nel comitato ad alto livello come membro a pieno titolo, o almeno parteciparvi in modo permanente come osservatore o consulente.

2.9.2

Il CESE chiede che siano membri permanenti del comitato ad alto livello un'agenzia dell'Unione per l'asilo, l'UNHCR e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni.

2.10    Esercizio della delega

Il CESE approva il conferimento al Parlamento e al Consiglio di un diritto di veto e revoca in relazione agli atti delegati della Commissione adottati conformemente all'articolo 10, paragrafo 9.

2.11    Associazione con l'Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera

Il CESE sostiene espressamente la partecipazione di Stati associati all'attuazione dei piani di reinsediamento e al comitato ad alto livello. Il CESE raccomanda di invitare a parteciparvi anche il Regno Unito, l'Irlanda e la Danimarca.

3.   Raccomandazioni specifiche

3.1    Partecipazione degli Stati membri all'attuazione dei piani annuali di reinsediamento

3.1.1

Il CESE esorta ancora una volta gli Stati membri dell'UE e la comunità internazionale ad assumersi maggiori responsabilità nei confronti delle persone bisognose di protezione internazionale, a dare prova di maggiore solidarietà con le regioni e i paesi terzi verso cui o all'interno dei quali tali persone sono state sfollate nonché a compiere maggiori sforzi per il reinsediamento e l'ammissione volontaria per motivi umanitari.

3.1.2

Il CESE chiede all'Unione e agli Stati membri di adempiere gli impegni assunti finora per la ricollocazione e il reinsediamento nel quadro delle decisioni del Consiglio di luglio e settembre 2015, prendendo maggiormente in considerazione la limitata capacità di uno Stato membro come la Grecia, nonché di intensificare gli sforzi per creare un quadro di reinsediamento dell'Unione basato sulla solidarietà e un sistema europeo comune di asilo. Poiché, secondo i dati dell'UNHCR, nel mondo vi sono 65,3 milioni di persone bisognose di protezione internazionale, il CESE chiede di mostrare un maggiore impegno e di reinsediare ogni anno molto più di 20 000 persone.

3.1.3

Il CESE raccomanda agli Stati membri di espandere al più presto la propria presenza istituzionale nei paesi di origine e transito, dando alle ambasciate, ai consolati o ai centri di migrazione ancora da istituire i mezzi per riconoscere rapidamente il bisogno di protezione dei singoli sulla base dei dossier dell'UNHCR e consentire il reinsediamento di queste persone negli Stati membri. In questo modo si darebbe un ulteriore contributo allo sviluppo delle infrastrutture necessarie per i piani di reinsediamento dell'Unione.

3.2    Cooperazione

3.2.1

Il CESE raccomanda di istituzionalizzare uno stretto partenariato con l'UNHCR in ragione delle sue competenze riconosciute a livello internazionale. Tale cooperazione può essere affiancata da partenariati analoghi con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e altre organizzazioni certificate della società civile, come la Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME) e il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE). Il Comitato desidera incoraggiare gli Stati membri a coinvolgere i cittadini e le organizzazioni della società civile nelle fasi iniziali a livello locale per ottenere il sostegno della comunità locale, aumentando in tal modo la prospettiva di una integrazione riuscita dei rifugiati reinsediati.

3.2.2

Vanno presi in considerazione anche programmi alternativi di accoglienza e finanziamento, ad esempio da parte di individui, organizzazioni non governative, organizzazioni della società civile — tra cui le associazioni impegnate nel sociale — o altre parti interessate, al fine di creare canali legali di ingresso nell'Unione. Queste iniziative possono utilmente integrare il piano di reinsediamento europeo, ma non devono in alcun caso sostituirlo. Il CESE richiama l'attenzione, a tale proposito, su un lodevole progetto canadese: il Private Sponsorship of Refugees Program. La società civile, le parti sociali e gli enti locali svolgono importanti funzioni di integrazione dopo il reinsediamento delle persone, e dovrebbero pertanto essere coinvolti quanto prima nei processi di pianificazione e decisione relativi al reinsediamento.

3.2.3

I programmi privati di ammissione dovrebbero essere valutati regolarmente dagli Stati membri per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali stabiliti dalla Carta, dalla CEDU e dalla Convenzione di Ginevra, e garantire che non siano perseguiti altri interessi. Le persone reinsediate nel quadro dei programmi privati di ammissione devono soddisfare i requisiti necessari ad ottenere lo status di rifugiati e, nel paese ospitante, godere dello stesso status giuridico dei rifugiati ammessi tramite programmi statali.

Bruxelles, 25 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  http://www.cic.gc.ca/english/resources/publications/ref-sponsor/.

(2)  GU C 71 del 24.2.2016, pag. 46.

(3)  COM(2016) 377 final.

(4)  GU C 71 del 24.2.2016, pag. 82.

(5)  Joint Comments Paper by Caritas Europe, CCME, ECRE, ICMC Europe, IRC, Red Cross EU Office (Documento di osservazioni congiunte di Caritas Europa, CCME, ECRE, CICM Europa, IRC e ufficio UE della Croce Rossa), 14 novembre 2016.

(6)  UNHCR Projected Global Resettlement Needs 2016 (UNHCR, Proiezione delle esigenze globali di reinsediamento 2016).

(7)  IP/15/6228.

(8)  COM(2016) 349 final.

(9)  Cfr. GU C 34 del 2.2.2017, pag. 144; SOC/547 sul secondo pacchetto di riforme per il sistema europeo comune di asilo, Bruxelles, 14 dicembre 2016 e la Convenzione di Ginevra del 1951 (cfr. pag. … della presente Gazzetta ufficiale).


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/46


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Consiglio concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e la sottrazione internazionale di minori (rifusione)»

[COM(2016) 411 final – 2016/019 (CNS)]

(2017/C 125/06)

Relatore:

Christian BÄUMLER

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 20 luglio 2016

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

10 gennaio 2017

Adozione in sessione plenaria

26 gennaio 2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

116/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Gli orientamenti politici della Commissione europea presieduta da Juncker sottolineano — giustamente, secondo il CESE — che la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri deve essere gradualmente migliorata per stare al passo con la realtà di un numero crescente di cittadini coniugati e con figli che si sposta da un paese all’altro dell’UE.

1.2

Il CESE si compiace che l’obiettivo della proposta della Commissione sia quello di tenere in maggiore considerazione l’interesse superiore del minore nelle decisioni sul ritorno di quest’ultimo. Il CESE sostiene i diritti del minore, e sottolinea che il rispetto di tali diritti in tutti i campi d’intervento delle politiche che interessano i minori riveste la massima importanza. L’interesse del minore deve avere la priorità assoluta.

1.3

Il CESE si compiace che la Commissione proponga numerose modifiche essenziali con l’obiettivo di rendere più efficiente la procedura per il ritorno di un minore illecitamente sottratto dal suo paese di residenza. A giudizio del CESE, ciò potrebbe comportare anche l’adozione di norme minime comuni che stabiliscano, tra le altre cose, una procedura di esecuzione uniforme.

1.4

Il CESE reputa di vitale importanza sostenere in maniera efficace la cooperazione tra autorità centrali prevista dall’articolo 55 del regolamento «nell’ambito di cause specifiche alla responsabilità genitoriale», ed è favorevole alla rifusione delle relative disposizioni.

1.5

Il CESE si compiace che le modifiche proposte obblighino gli Stati membri a concentrare la competenza — sia pure in modo coerente con la struttura dei rispettivi ordinamenti giuridici — in un numero limitato di autorità giurisdizionali.

1.6

Il CESE si compiace che la proposta chiarisca il termine per l’emanazione di un provvedimento di ritorno esecutivo ed abbrevi il procedimento di ritorno fissando una durata massima complessiva di 18 settimane.

1.7

Il CESE considera ragionevole il fatto che la proposta limiti ad una sola le possibilità di impugnare una decisione che disponga o neghi il ritorno del minore.

1.8

Il CESE si compiace che, in base alla proposta, il giudice dello Stato membro di origine possa dichiarare una decisione provvisoriamente esecutiva anche se tale possibilità non è prevista dal suo diritto nazionale.

1.9

Il CESE reputa che l’adozione di norme minime per l’audizione del minore potrebbe contribuire a migliorare l’accettazione della decisione in questione.

1.10

Il CESE è inoltre favorevole all’abolizione dell’exequatur. Detto questo, però, secondo il CESE occorrerebbe comunque mantenere dei meccanismi di tutela.

1.11

Il CESE apprezza inoltre il fatto che, in base alla proposta, qualora il minore rischi di essere esposto a un serio pericolo, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione abbia la possibilità di disporre i necessari provvedimenti cautelari urgenti.

1.12

Il CESE si rallegra che, in base alla proposta, il collocamento del minore presso una famiglia affidataria o un istituto di un altro Stato membro debba essere in ogni caso subordinato all’approvazione delle autorità del paese ospitante.

1.13

Il CESE ritiene che siano necessari dei chiarimenti per quanto riguarda l’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles II bis. Anche partendo da una concezione «nazionale» del matrimonio, gli Stati membri sono tenuti a rispettare l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Il CESE propone che il rispetto di tale articolo venga espressamente incluso in uno dei considerando del regolamento.

1.14

Il CESE ravvisa un’esigenza di regolamentazione per i casi in cui un genitore provenga da un paese al di fuori dell’Unione europea, e raccomanda la conclusione di accordi bilaterali soprattutto con i paesi che non hanno aderito alla convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il 30 giugno 2016 la Commissione europea ha presentato alcune proposte di riforma del regolamento Bruxelles II bis. Tale regolamento costituisce la chiave di volta della cooperazione giudiziaria in materia familiare nell’Unione europea. Esso stabilisce norme uniformi sulla competenza giurisdizionale in materia di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio, nonché nelle controversie relative alla responsabilità genitoriale in situazioni transfrontaliere, e facilita la libera circolazione delle decisioni, degli atti pubblici e degli accordi all’interno dell’Unione dettando disposizioni riguardo al loro riconoscimento e alla loro esecuzione in un altro Stato membro. Il regolamento è in vigore dal 1o marzo 2005 e si applica in tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.

2.2

La parte del regolamento Bruxelles II bis che concerne la protezione dei minori stabilisce la competenza internazionale in materia all’interno dell’Unione europea e disciplina il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni riguardanti minori adottate in altri Stati membri. Inoltre, il regolamento stabilisce disposizioni per il ritorno dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in uno Stato membro diverso da quello in cui essi risiedevano, potenziando così il meccanismo di rimpatrio previsto dalla convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

2.3

Il regolamento, che ha già formato oggetto di 24 decisioni della Corte di giustizia europea, dovrà ora essere riformato sotto molteplici aspetti. L’attuale proposta della Commissione mira a rendere il regolamento ancora più efficace: essa riguarda soltanto la parte di esso concernente i minori e lascia immutate le disposizioni relative alle procedure di divorzio.

2.4

Gli orientamenti politici della Commissione europea presieduta da Juncker sottolineano — giustamente, secondo il CESE — che la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri deve essere gradualmente migliorata per stare al passo con la realtà di un numero crescente di cittadini coniugati e con figli che si sposta da un paese all’altro dell’UE.

2.5

Il CESE ha già sottolineato in precedenti pareri (1) che i Trattati e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE garantiscono l’accesso alla giustizia e il rispetto dei diritti fondamentali, e in particolare: il diritto di proprietà, l’uguaglianza davanti alla legge, il divieto di discriminazione, il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia e il diritto a un giudice imparziale.

2.6

Nel quadro del programma sull’adeguatezza della regolamentazione (REFIT), la Commissione ha proceduto al riesame del regolamento sotto il profilo della sua funzionalità; e, nella relazione dell’aprile 2014 concernente l’applicazione del regolamento [COM(2014) 225] (2), ha ritenuto necessario che vi fosse apportata una serie di modifiche.

2.7

La nuova versione del regolamento è intesa a sviluppare ulteriormente lo spazio europeo di giustizia e di diritti fondamentali basato sulla fiducia reciproca, ad abbattere gli ultimi ostacoli alla libera circolazione delle decisioni giudiziarie in linea con il principio del reciproco riconoscimento, e a tutelare meglio il superiore interesse del minore rendendo le procedure più semplici e più efficienti.

2.8

Il CESE si compiace che l’obiettivo della proposta della Commissione sia quello di tenere in maggiore considerazione l’interesse superiore del minore nelle decisioni sul ritorno di quest’ultimo. L’aumento dell’immigrazione rende sempre più necessarie modalità e strutture di cooperazione che consentano di proteggere i minori al di là delle frontiere nazionali.

2.9

Il CESE si compiace che la Commissione proponga numerose modifiche essenziali con l’obiettivo di rendere più efficiente la procedura per il ritorno di un minore illecitamente sottratto dal suo paese di residenza. Nei casi di sottrazione di minore da parte di un genitore, agire tempestivamente è di vitale importanza per il buon esito della procedura di ritorno del minore prevista dal regolamento.

2.10

Secondo il CESE, sostenere in maniera efficace la cooperazione tra autorità centrali prevista dall’articolo 55 del regolamento «nell’ambito di cause specifiche alla responsabilità genitoriale» è di vitale importanza per i genitori e i minori coinvolti in procedimenti transfrontalieri riguardanti questi ultimi.

2.11

A giudizio del CESE, un problema fondamentale è quello della formulazione imprecisa dell’articolo concernente l’assistenza che le autorità centrali devono fornire nell’ambito di cause specifiche alla responsabilità genitoriale. Così come è formulato oggi, infatti, tale articolo non costituisce, per le autorità nazionali di alcuni Stati membri, una base giuridica sufficiente per agire in tal senso.

2.12

Il CESE si compiace che la proposta in esame specifichi quali siano le autorità abilitate rispettivamente a presentare o ricevere le richieste di assistenza e informazioni, nonché quale tipo di assistenza o informazioni, e a quali condizioni, possa essere richiesto e ottenuto. Inoltre, la proposta chiarisce che anche le autorità giurisdizionali e le autorità preposte alla tutela dei minori possono chiedere l’assistenza delle autorità centrali. La rifusione fornisce dunque alle autorità di tutela dei minori una base giuridica per ricevere le necessarie informazioni da altri Stati membri per il tramite delle autorità centrali.

2.13

Il CESE si compiace che le modifiche proposte obblighino gli Stati membri a concentrare la competenza — sia pure in modo coerente con la struttura dei rispettivi ordinamenti giuridici — in un numero limitato di autorità giurisdizionali. I ritardi nella trattazione delle cause, infatti, si verificano perché in diversi Stati membri le autorità giurisdizionali investite delle domande di ritorno di minori non sono specializzate in materia e, di conseguenza, i giudici hanno meno dimestichezza con le relative disposizioni e procedure e hanno meno occasioni di cooperare con le autorità giudiziarie di altri Stati membri, mentre invece una cooperazione regolare contribuirebbe a creare condizioni di reciproca fiducia.

2.14

Il CESE si compiace che la proposta chiarisca il termine per l’emanazione di un provvedimento di ritorno esecutivo ed abbrevi il procedimento di ritorno fissando una durata massima complessiva di 18 settimane.

2.15

La proposta impone un termine di sei settimane anche alle autorità centrali affinché ricevano e trattino la domanda, localizzino il convenuto e il minore e promuovano una mediazione garantendo nel contempo che ciò non ritardi il procedimento, mentre ad oggi per tali autorità non è previsto alcun termine.

2.16

Un termine distinto di sei settimane si applicherà rispettivamente ai procedimenti dinanzi al giudice di primo grado e a quelli dinanzi al giudice dell’impugnazione, rendendo così più realistico, ad avviso del CESE, il termine previsto per le autorità giurisdizionali, in un’ottica di tutela del diritto del convenuto ad un processo equo. Il CESE insiste sulla necessità di garantire il rispetto di questi termini in ciascun sistema giudiziario.

2.17

Il CESE considera ragionevole il fatto che la proposta limiti ad una sola le possibilità di impugnare una decisione che disponga o neghi il ritorno del minore. La maggior parte delle Costituzioni degli Stati membri, infatti, garantisce soltanto un grado di ricorso contro le decisioni dei poteri pubblici sovrani.

2.18

Il CESE si compiace che, in base alla proposta, il giudice dello Stato membro di origine possa dichiarare una decisione provvisoriamente esecutiva anche se tale possibilità non è prevista dal suo diritto nazionale. Ciò è utile negli ordinamenti giuridici in cui la decisione non è esecutiva fintanto che è ancora oggetto di un ricorso. In tal modo, infatti, un genitore potrà, sulla base di una decisione dichiarata provvisoriamente esecutiva, garantirsi il proprio diritto di visita nelle more del procedimento di appello avverso tale decisione instaurato su ricorso dell’altro genitore.

2.19

Il CESE ritiene positivo il fatto che i giudici siano espressamente incoraggiati a valutare se una decisione sul ritorno del minore debba essere provvisoriamente esecutiva. I ritardi nell’esecuzione di tali decisioni, infatti, incidono negativamente sui rapporti tra genitori e figli e sull’interesse superiore del minore. Il CESE si compiace che, tra le modifiche proposte, figuri anche una serie di chiarimenti intesi a garantire una migliore applicazione delle norme vigenti: così, ad esempio, essa impone allo Stato membro in cui il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento illecito o del mancato rientro di svolgere un esame approfondito dell’interesse superiore del minore prima di emettere una decisione definitiva sull’affidamento, che potrebbe anche disporre il ritorno del minore. In un caso siffatto, il minore capace di discernimento ha diritto di essere ascoltato ai fini dell’esame del suo interesse superiore, e ciò anche se egli non è fisicamente presente, utilizzando in tal caso mezzi alternativi quali la videoconferenza.

2.20

Norme minime per l’audizione del minore potrebbero, a giudizio del CESE, contribuire ad evitare il diniego del riconoscimento e dell’esecuzione, o della dichiarazione di esecutività, di una decisione in un altro Stato membro e dunque a migliorare l’accettazione (della decisione stessa) da parte dei cittadini dell’UE. Tali norme potrebbero, ad esempio, stabilire l’età minima che un minore deve avere per essere sentito, ma dovrebbero evitare di occuparsi anche di altre questioni procedurali — stabilendo ad esempio a chi spetti ascoltare il minore — le quali dovrebbero continuare ad essere disciplinate dai singoli Stati membri. Il CESE raccomanda che ai giudici incaricati di sentire i minori venga impartita una formazione sociopedagogica supplementare.

2.21

Il CESE è inoltre favorevole all’abolizione dell’exequatur per tutte le decisioni emesse (nonché per gli atti pubblici formati e gli accordi conclusi) in un altro Stato membro in materia di responsabilità genitoriale. Per quanto riguarda l’esecuzione, materia che di per sé rientra nella competenza degli Stati membri, vale il principio, enunciato nella giurisprudenza della Corte di giustizia europea, secondo cui l’applicazione delle disposizioni nazionali pertinenti non deve compromettere l’effetto utile del regolamento.

2.22

Inoltre, il permanere del requisito dell’exequatur fa sì che, in ciascun procedimento, i tempi si allunghino in media di diversi mesi, oltre a comportare per i cittadini un aggravio di spese che può arrivare a 4 000 euro (3).

2.23

Detto questo, però, secondo il CESE occorrerebbe comunque mantenere determinati meccanismi di tutela. Tra questi dovrebbero figurare quantomeno la regolare notifica degli atti del procedimento, il diritto delle parti e del minore di essere ascoltati, in particolare nei casi di decisioni contrastanti, e il rispetto di determinate disposizioni procedurali sul collocamento del minore in un altro Stato membro dell’UE, sulla base dell’attuale art. 56 del regolamento Bruxelles II bis.

2.24

Il CESE apprezza inoltre il fatto che, in base alla proposta, qualora il minore rischi di essere esposto a un serio pericolo o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile, il giudice dello Stato membro dell’esecuzione abbia la possibilità di disporre i necessari provvedimenti cautelari urgenti: così, ad esempio, il giudice dinanzi al quale penda un procedimento di ritorno potrà accordare ad uno dei genitori il diritto di visita, e questa sua decisione potrà essere eseguita (ossia tale diritto sarà esercitabile) anche nello Stato membro di residenza abituale del minore finché il giudice di quest’ultimo paese non avrà reso una decisione definitiva in merito a tale diritto.

2.25

Il CESE si rallegra che, in base alla proposta della Commissione, il collocamento del minore presso una famiglia affidataria o un istituto di un altro Stato membro debba essere in ogni caso subordinato all’approvazione delle autorità del paese ospitante. Tale requisito, infatti, garantisce che il minore sia assistito in modo mirato in tale paese. Il CESE, inoltre, raccomanda di collocare i minori in via prioritaria all’interno della loro stessa famiglia; qualora ciò non sia possibile o non sia conforme all’interesse del minore, questi dovrebbe essere collocato presso una famiglia affidataria o una struttura di assistenza in comunità.

2.26

Il CESE osserva che, secondo la relazione concernente l’applicazione, occorrono talvolta diversi mesi per accertare se, in un dato caso, il consenso sia necessario. Nei casi in cui il consenso è necessario occorre applicare la procedura di consultazione, che richiede tempi lunghi anche perché alle autorità interpellate non è imposta alcuna scadenza. Di conseguenza, molte autorità richiedenti dispongono il collocamento del minore nel paese ospitante mentre la procedura di consultazione è ancora in corso o prima ancora che sia avviata, perché giudicano che tale collocamento sia urgente e sono consapevoli della durata della procedura. Questo determina una situazione di incertezza giuridica per il minore.

2.27

Il CESE si compiace che la proposta preveda l’introduzione di un termine massimo di otto settimane entro il quale lo Stato membro deve prendere una decisione sulla richiesta. L’accelerazione della procedura tutela l’interesse superiore del minore.

2.28

Il CESE riconosce che, ai sensi della convenzione dell’Aia, la decisione spetta al giudice dello Stato in cui il minore si trova, e fa osservare che, nei casi di sottrazione di minore, il giudice competente sarà quello dello Stato di residenza dell’autore della sottrazione. Il CESE fa osservare che il regolamento Bruxelles II bis prevede già dei servizi gratuiti di consulenza per i genitori che provengono da un paese diverso da quello di residenza attuale del minore.

2.29

Il CESE è, nel complesso, favorevole ad accelerare il procedimento di ritorno con l’adozione di norme minime comuni che stabiliscano, tra le altre cose, anche una procedura di esecuzione uniforme.

3.   Osservazioni particolari

3.1

Il CESE ravvisa un’esigenza di regolamentazione per i casi in cui un genitore provenga da un paese al di fuori dell’Unione europea. Le migrazioni e lo scambio globale di beni e servizi determinano un aumento dei casi di questo tipo. Il CESE ritiene necessaria la conclusione di accordi bilaterali in particolare con i paesi che non hanno aderito alla convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

3.2

Il CESE ritiene che siano necessari dei chiarimenti per quanto riguarda l’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles II bis. La proposta della Commissione non contiene alcuna indicazione riguardo alla questione se nuove forme di matrimonio o di divorzio siano contemplate dal regolamento. Non viene fornita alcuna definizione del concetto di matrimonio, che viene dato per scontato. Anche partendo da una concezione «nazionale» del matrimonio, gli Stati membri sono tenuti a rispettare l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale. Il CESE propone che il rispetto dell’articolo 21 venga espressamente incluso in uno dei considerando del regolamento.

Bruxelles, 26 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 87.

(2)  COM(2014) 225 final.

(3)  COM(2016) 411 final, pag. 8.


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Connettività per un mercato unico digitale competitivo: verso una società dei Gigabit europea

[COM(2016) 587 final]

(2017/C 125/07)

Relatore unico:

Ulrich SAMM

Consultazione

Commissione europea, 24 novembre 2016

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sezione

11 gennaio 2017

Adozione in sessione plenaria

26 gennaio 2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

163/2/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE sottolinea che la tecnologia digitale svolge un ruolo sempre più importante nell'economia e nella vita sociale. È necessario attribuire un'elevata priorità alla realizzazione di significativi investimenti nelle infrastrutture digitali per restare competitivi e consentire la creazione di nuove imprese e nuovi posti di lavoro, in particolare alla luce degli investimenti effettuati dai principali concorrenti dell'Europa, gli USA e l'Asia.

1.2

Il CESE accoglie con favore la comunicazione e le iniziative dell'UE collegate riguardanti il codice europeo delle comunicazioni elettroniche, l'organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), il piano di azione sulla connettività 5G e il regime di sostegno per gli enti pubblici che intendono offrire connessioni Wi-Fi gratuite (WiFi4EU).

1.3

Data la frammentazione dei fornitori dei servizi di rete in Europa, sono necessari degli orientamenti dell'UE per realizzare una modernizzazione paneuropea coerente a sostegno del mercato unico digitale.

1.4

Il CESE osserva che gli obiettivi strategici per il 2025 sono ambiziosi ma realistici, benché dipendano in larga misura da finanziamenti nazionali (pubblici e privati), mentre i fondi dell'UE sono destinati ad avviare e a coordinare i progetti. In tale contesto il CESE accoglie con favore l'istituzione a livello regionale/nazionale della rete europea di centri di competenza sulla banda larga (Broadband Competence Offices — BCO) e il sostegno a detta rete che aiuterà le amministrazioni locali ad applicare e utilizzare i fondi strutturali.

1.5

Il CESE si compiace inoltre dell'introduzione di un sistema basato su voucher, destinato a ridurre i costi e gli oneri amministrativi soprattutto per le piccole comunità e le PMI.

1.6

Il CESE nota con soddisfazione che i fondi strutturali e d'investimento europei (fondi SIE) sono un'importante fonte di finanziamento delle reti a banda larga ad alta velocità. Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) svolge anch'esso un ruolo importante che il CESE raccomanda di rafforzare sostenendo i progetti europei su larga scala per reti a banda larga ad alta velocità, ivi compresa la rete centrale TEN-T, e individuando il quadro finanziario e regolamentare più appropriato.

1.7

I vantaggi economici e sociali di questa transizione alla connettività Gigabit saranno pienamente raggiunti soltanto se l'Europa potrà garantire il dispiegamento di reti ad alta capacità nelle aree urbane e rurali e in tutti gli strati della società. È indispensabile realizzare investimenti pubblici dato che il mercato da solo non potrà coprire tutte le zone periferiche né garantire un accesso digitale minimo ai soggetti più vulnerabili della nostra società.

1.8

Il CESE riconosce lo slancio positivo in atto negli Stati membri in relazione agli obiettivi di banda larga fissati dall'Agenda digitale europea nel 2010, che fungono da riferimento per le strategie e i piani nazionali o regionali per la banda larga.

1.9

Il CESE si compiace dell'iniziativa «WIFI4EU» che garantisce Wi-Fi gratuito a tutti i cittadini europei nei luoghi pubblici, nelle pubbliche amministrazioni, nelle biblioteche e negli ospedali, nonché negli spazi all'aperto. Questa iniziativa dovrebbe offrire a tutti la possibilità di disporre di una connessione gratuita a Internet avvalendosi della medesima identità digitale in tutta l'UE. Il CESE raccomanda in particolare di seguire il regolamento e-IDAS (1) sull'identità digitale, che offre garanzie in materia di protezione dei dati e di sicurezza pubblica contro l'uso improprio del servizio (ad esempio, terrorismo).

2.   Introduzione

2.1

La connettività Internet ad altissima capacità costituisce un'infrastruttura fondamentale per il trasporto dei dati e riveste un'importanza analoga a quella di strade, ferrovie, porti e aeroporti per il trasporto di merci e persone. Dal momento che il trasporto dei dati va assumendo un'importanza crescente per l'economia e la vita sociale, è fondamentale che la società investa in queste infrastrutture per rimanere competitiva e favorire la creazione di nuove imprese e nuovi posti di lavoro.

2.2

La connettività Internet è essenziale per il mercato unico digitale e la strategia per il mercato unico digitale, presentata dalla Commissione nel maggio 2015, ha creato il contesto e le condizioni favorevoli alla realizzazioni di reti digitali avanzate. Il CESE ha preso atto dell'importanza di tali questioni in diversi pareri (2), (3).

2.3

Le aspettative in merito al miglioramento della qualità dei servizi di connessione a Internet entro il 2025 sono ben documentate (ad esempio nella consultazione pubblica della Commissione europea).

2.4

La banda larga di base attualmente a disposizione di quasi tutti i cittadini europei non è più sufficiente. Nei prossimi 10 anni saranno necessarie reti a banda larga ad altissima capacità (Gigabit) per un'ampia gamma di applicazioni, quali l'Internet degli oggetti (per lo più senza fili), il cloud computing, i sistemi informatici a prestazione elevata e i megadati, la TV di nuova generazione o la realtà virtuale e la realtà aumentata.

2.5

La qualità del trasferimento di dati è contraddistinta non soltanto dalla velocità, ma anche dalla latenza e dall'affidabilità. Una latenza molto inferiore rispetto al livello attuale e un'elevata affidabilità apriranno le porte a nuove applicazioni che richiedono un rapido controllo di retroazione, quali, ad esempio, la guida connessa e automatizzata, gli interventi chirurgici a distanza, l'Internet tattile o la navigazione di precisione.

2.6

La comunicazione COM(2016) 587, accompagnata dal documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2016) 300, illustra una visione per una società europea del Gigabit con tre obiettivi strategici per il 2025:

la connettività Gigabit come motore di sviluppo socioeconomico,

la copertura 5G (senza fili) per tutte le aree urbane e le principali vie di trasporto terrestre,

l'accesso per tutte le famiglie europee a connessioni Internet di almeno 100 Mbps.

Tutti e tre gli obiettivi sono cruciali per promuovere la crescita, la creazione di posti di lavoro, la competitività e la coesione in Europa.

3.   La necessità del coordinamento a livello UE

3.1

L'Europa deve far fronte alla costante modernizzazione delle infrastrutture digitali dei suoi principali concorrenti negli Stati Uniti e in Asia. A causa della maggiore concorrenza sul suo mercato interno, l'UE presenta il vantaggio di prezzi al consumo più bassi per i servizi Internet, ma anche l'inconveniente di una maggiore frammentazione dei fornitori dei servizi di rete. È pertanto evidente la necessità di disporre di orientamenti dell'UE per realizzare una modernizzazione paneuropea e coerente a sostegno del mercato unico digitale.

3.2

In questo contesto il CESE accoglie con favore la comunicazione e le iniziative dell'UE correlate che il CESE ha affrontato nei seguenti pareri specifici (4), (5), (6), (7):

un nuovo codice per i fornitori di accesso a Internet e di servizi di comunicazione — Codice europeo in materia di comunicazioni elettroniche,

l'organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC),

il piano d'azione per il 5G.

Un regime di sostegno per gli enti pubblici che intendono offrire l'accesso Wi-Fi gratuito.

3.3

Il CESE riconosce che, a tutt'oggi, gli obiettivi in materia di banda larga fissati dall'Agenda digitale europea nel 2010 sono stati accolti negli Stati membri e costituiscono un riferimento per la definizione delle politiche a livello nazionale. Molti Stati membri hanno di fatto allineato i rispettivi piani nazionali o regionali in materia di banda larga a tali obiettivi.

3.4

Il CESE si compiace anche del fatto che gli obiettivi siano stati ripresi come punti di riferimento nelle norme e negli orientamenti sia dei fondi strutturali e d'investimento europei sia del Meccanismo per collegare l'Europa (CEF banda larga), nonché nel quadro degli orientamenti in materia di aiuti di Stato alla banda larga.

3.5

Gli obiettivi strategici per il 2025, così come vengono presentati nella comunicazione, definiscono un calendario per lo sviluppo delle infrastrutture europee per la banda larga ad alta capacità. Essi vengono stabiliti ipotizzando un'accelerazione del tasso di investimento con valori ambiziosi ma comunque realistici:

connettività Internet per i principali motori socioeconomici,

copertura 5G ininterrotta in tutte le aree urbane e su tutti i principali assi di trasporto terrestre,

connettività 5G disponibile come servizio commerciale a tutti gli effetti in almeno una grande città in ciascuno Stato membro,

accesso per tutte le famiglie europee, nelle aree rurali e in quelle urbane, a connettività Internet che offra un downlink di almeno 100 Mbps, potenziabile a velocità Gigabit,

invito agli Stati membri a combinare in modo efficace il sostegno pubblico erogato mediante sovvenzioni e strumenti finanziari per realizzare gli obiettivi a lungo termine,

lancio, entro la fine dell'anno, di un Fondo per la banda larga, sulla base del CEF e del FEIS,

valutazione della necessità di predisporre risorse di bilancio adeguate per un efficace finanziamento della banda larga in regioni scarsamente servite nell'ambito della programmazione finanziaria del CEF per il periodo successivo al 2020,

sostegno dedicato a titolo dei fondi SIE, possibilmente con una quota indicativa, per la trasformazione digitale,

istituzione di un sistema Wi-Fi pubblico basato su voucher per consentire agli enti pubblici di fornire connessioni Wi-Fi gratuite nei centri della vita comunitaria,

invito agli Stati membri a riesaminare i progressi dei rispettivi piani nazionali per la banda larga e ad aggiornarli entro la fine del 2017,

istituzione entro la fine del 2016 di una piattaforma partecipativa per la banda larga volta a garantire un elevato livello di coinvolgimento e collaborazione tra i soggetti pubblici e privati pertinenti per quanto riguarda gli investimenti nella banda larga e i progressi nell'attuazione dei piani nazionali per la banda larga,

costituzione e sostegno alla rete europea dei centri di competenza per la banda larga a livello regionale/nazionale.

Entro il 1o luglio 2018 valutazione dell'impatto sul costo dei progetti di banda larga finanziati dall'UE, e definizione di orientamenti sulla promozione delle buone pratiche.

3.6

I vantaggi economici e sociali di questa trasformazione digitale saranno pienamente raggiunti soltanto se l'Europa potrà garantire il dispiegamento e l'utilizzo su vasta scala di reti ad altissima capacità, nelle aree rurali e urbane e in tutti gli strati della società. Tuttavia, il mercato non è in grado di risolvere tutti i problemi e, in particolare, non potrà:

assicurare la copertura delle zone periferiche, e/o

colmare i grandi divari esistenti tra l'attuazione delle tecnologie di punta, le prime applicazioni e i primi acquirenti di nuovi servizi,

garantire l'accesso digitale minimo ai soggetti più vulnerabili della società.

Occorre pertanto ricorrere a regimi di sostegno pubblici per conseguire gli obiettivi stabiliti per l'intera UE e per tutti i cittadini europei.

4.   Nuove iniziative per l'Europa

4.1

Il CESE accoglie con favore la costituzione della rete europea dei centri di competenza per la banda larga a livello regionale/nazionale e il sostegno a detta rete, che avrà un'importanza cruciale per le aree rurali e le piccole comunità. Essa aiuterà infatti le amministrazioni locali ad applicare e utilizzare i fondi strutturali, mettendo a disposizione le migliori pratiche e fornendo consulenza alle amministrazioni locali. Si tratterà di un importante passo avanti anche per lo sviluppo delle zone rurali.

4.2

Le strategie e gli strumenti dell'UE sono neutri sotto il profilo tecnologico. Tuttavia, è noto che, in ultima analisi, solo la fibra ottica è in grado di assicurare prestazioni ottimali. I vecchi monopoli (ad esempio la Telekom tedesca) non dovrebbero ostacolare l'installazione di fibre ottiche, pur continuando a investire nelle proprie infrastrutture in rame.

4.3

Solo alcuni paesi, tra i quali Malta, la Lituania, il Belgio e i Paesi Bassi, sono già dotati di una copertura quasi globale grazie alle reti d'accesso di prossima generazione (reti NGA), mentre negli altri paesi tale copertura è meno avanzata. Alcuni Stati membri dotati di infrastrutture meno sviluppate sono persino stati in grado di saltare a piè pari una serie di tappe tecnologiche e l'installazione di fibre ottiche conferisce loro un vantaggio.

4.4

La rete «Eduroam» costituisce il più esteso ed efficace sistema di roaming al mondo che offre un accesso wireless gratuito alla rete, ed è stato messo a punto nell'UE per gli utenti del mondo accademico. Tale servizio consente a milioni di studenti e docenti di collegarsi gratuitamente al Wi-Fi. Il CESE nota con soddisfazione che questa storia di successo potrebbe costituire un esempio da seguire per l'iniziativa «WIFI4EU» che garantisce Wi-Fi gratuito a tutti i cittadini europei nei luoghi pubblici, nelle pubbliche amministrazioni, nelle biblioteche e negli ospedali, nonché negli spazi all'aperto accessibili gratuitamente. Questa iniziativa dovrebbe offrire a tutti la possibilità di disporre di una connessione gratuita a Internet avvalendosi della medesima identità digitale in tutta l'UE. In particolare il CESE raccomanda di seguire il regolamento e-IDAS sull'identità digitale, che offre garanzie in materia di protezione dei dati e sicurezza pubblica contro l'uso improprio del servizio (ad esempio, terrorismo).

4.5

Gli enti locali potranno utilizzare dei voucher, appositamente concepiti per sostenere le PMI, per pagare gli impianti (cavi, antenne, ecc.). Le imprese responsabili dell'installazione del materiale invieranno i voucher all'UE per ottenere il pagamento. Oltre a ridurre i costi e gli oneri amministrativi, il sistema consentirà di effettuare facilmente un monitoraggio e di conseguire obiettivi di qualità.

4.6

Il CESE si compiace dell'obiettivo della simmetria nelle operazioni di upload e download per tutti i motori socioeconomici, poiché si tratterà di un elemento essenziale per molte applicazioni future.

4.7

Il CESE chiede un regime che garantisca agli utenti finali più vulnerabili l'accesso ad una connettività ragionevole e adeguata che consenta loro di partecipare alla società moderna sul piano sia sociale che economico. L'Iniziativa «WIFI4EU» potrebbe rappresentare un elemento di tale sistema.

4.8

Gli incentivi normativi che incoraggiano i fornitori di servizi di rete a sostenere gli obiettivi definiti dalla comunicazione COM(2016) 587 non dovrebbero essere in contrasto con altri obiettivi importanti come la neutralità della rete.

4.9

Nel lungo periodo, anche i cittadini che risiedono nelle zone rurali dovrebbero poter beneficiare di una sana concorrenza e della libertà di scegliere il proprio fornitore di accesso a Internet. Pertanto, le misure di regolamentazione dovrebbero prevedere anche incentivi per questo tipo di concorrenza.

4.10

La tecnologia 5G non solo consentirà nuove applicazioni mobili, ma fungerà anche da tecnologia ponte poiché porterà più rapidamente la connettività ad alta velocità nelle aree rurali. Tuttavia, solo un'infrastruttura a fibre ottiche garantirà la larghezza di banda con la stabilità e l'affidabilità necessarie a molte nuove applicazioni.

5.   Finanziamenti

5.1

Il CESE è lieto di constatare un netto aumento dei finanziamenti a titolo dei fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) per le reti a banda larga ad alta velocità, finanziamenti che passano da 2,7 miliardi di EUR nel periodo 2007-2013 a 6 miliardi di EUR circa per il periodo 2014-2020. Questi investimenti dovrebbero per lo più assumere la forma di sovvenzioni. A seguito dell'effetto leva dei cofinanziamento nazionali e/o regionali e dei cofinanziamenti privati, si prevede che, nel periodo di programmazione 2014-2020, si investirà un importo pari a 9-10 miliardi di EUR nella banda larga. Questo si rivelerà fondamentale per consentire agli investimenti commerciali di assicurare una connettività ad alta velocità alla popolazione rurale.

5.2

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) svolge anch'esso un ruolo importante che potrebbe essere rafforzato se sostenesse i progetti europei su larga scala per reti a banda larga ad alta velocità, ivi compresi la rete transeuropea dei trasporti, Giganet industriale e Industria 4.0, e se la DG Connect fosse rappresentata nel comitato direttivo del FEIS. La Commissione dovrebbe da parte sua giocare d'anticipo individuando il quadro finanziario e regolamentare più appropriato.

5.3

Il Meccanismo per collegare l'Europa (CEF) dispone di una dotazione di 150 milioni di EUR destinata al settore digitale al fine di sostenere la realizzazione di infrastrutture a banda larga all'avanguardia, grazie alla fornitura di strumenti finanziari tramite la Banca europea per gli investimenti (BEI). La componente del CEF relativa alla banda larga dovrebbe permettere di mobilitare almeno 1 miliardo di EUR di investimenti aggiuntivi attraverso un fondo specifico per le infrastrutture di rete a banda larga, che potrebbe essere ulteriormente integrato dal FEIS.

Bruxelles, 26 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (identificazione, autenticazione e firma elettroniche) (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 7).

(2)  GU C 487 del 28.12.2016, pag. 92.

(3)  TEN/601 Le piattaforme online e il mercato unico digitale (cfr. pag. … della presente Gazzetta ufficiale).

(4)  TEN/612 Codice europeo in materia di comunicazioni elettroniche (rifusione) (cfr. pag. … della presente Gazzetta ufficiale).

(5)  TEN/613 Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) (cfr. pag. … della presente Gazzetta ufficiale).

(6)  TEN/614 La connettività Internet nelle comunità locali (cfr. pag. … della presente Gazzetta ufficiale).

(7)  TEN/615 5G per l'Europa (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione)»

[COM(2016) 590 final – 2016/0288 (COD)]

(2017/C 125/08)

Relatore unico:

Jorge PEGADO LIZ

Consultazione

Parlamento europeo, 24 ottobre 2016

Consiglio, 09 novembre 2016

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sezione

11 gennaio 2017

Adozione in sessione plenaria

26 gennaio 2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

162/3/23

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE si dichiara d'accordo tanto con il tenore generale della proposta della Commissione relativa al codice europeo delle comunicazioni elettroniche — che considera opportuna — quanto con le modalità scelte per affrontare il tema e procedere alla codificazione e rifusione orizzontale delle quattro direttive esistenti (quadro, autorizzazioni, accesso e servizio universale), le quali vengono inglobate in un'unica direttiva e semplificate sul piano della struttura, allo scopo di rafforzarne la coerenza e l'accessibilità in linea con l'obiettivo di adeguatezza della regolamentazione (REFIT).

1.2

Il CESE evidenzia in particolare la difficoltà dell'esercizio di rifusione delle varie direttive in questione e sottolinea l'eccellente lavoro sul piano giuridico che è stato realizzato per la prima volta, ma richiama l'attenzione sulla necessità di un'accurata revisione delle varie versioni linguistiche allo scopo di rimediare ad alcune piccole carenze redazionali.

1.3

Il CESE condivide gli obiettivi generali della proposta volti ad assicurare una migliore connettività Internet per tutti i cittadini e le imprese nell'intero pacchetto di iniziative, allo scopo di rendere più allettanti per tutte le imprese gli investimenti in nuove infrastrutture di alta qualità nell'intera l'UE, sia a livello locale che al di là delle frontiere nazionali.

1.4

Il CESE si rammarica, tuttavia, della scelta di non includere la direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche (e-privacy), che per i cittadini dovrebbe essere un chiaro segnale dell'azione positiva dell'UE nei loro confronti. La proposta viene così privata di uno dei pilastri più importanti a garanzia degli interessi più rilevanti degli utenti della rete, e tale scelta costituisce — quindi — un punto debole della proposta.

1.5

Deplora inoltre che la Commissione abbia optato per una direttiva con diversi regimi di armonizzazione lasciando molte questioni importanti alla decisione degli Stati membri, dato che questo non impedisce la frammentazione dei mercati, invece di preferire un regolamento direttamente applicabile e stabilire un livello di protezione più alto per i consumatori, contribuendo così a una maggiore integrazione del mercato unico.

1.6

Gli aspetti salienti del regime proposto, che il CESE sostiene, sono in particolare i seguenti:

a)

la preoccupazione circa l'accessibilità dei servizi per gli utenti con disabilità, oltre che la necessità di definire meglio «i diritti degli utenti finali», fatta salva l'applicazione delle norme dell'UE in materia di tutela dei consumatori, in particolare le direttive 93/13/CEE, 97/7/CE e 2011/83/UE;

b)

la pertinenza della formulazione di nuovi concetti e nuove definizioni, mettendo l'accento sul chiarimento e l'interpretazione del quadro giuridico;

c)

la modifica delle procedure di analisi dei mercati e la codificazione delle migliori prassi vigenti, per assicurare che gli obblighi in materia di accesso siano imposti solo quando e ove sia necessario per far fronte alle carenze del mercato al dettaglio, nonché per garantire risultati all'utente finale assicurando al tempo stesso risultati competitivi;

d)

una condivisione più facile dello spettro radio nelle reti 5G e la promozione dell'accesso degli utenti finali alla connettività di base Wi-Fi, il cui uso condiviso dello spettro — basato su un'autorizzazione generale o su diritti di uso individuali — può permettere uno sfruttamento intensivo e più efficiente di questa scarsa risorsa;

e)

il rafforzamento dell'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione e di altre autorità competenti che è messo in rilievo attraverso le speciali garanzie concesse nell'ambito della selezione, limitazione della durata dei mandati, autonomia di gestione e revoca dei membri dei rispettivi organi di gestione.

1.7

Il CESE nutre invece forti riserve e dubbi fondati per quel che riguarda i seguenti aspetti:

a)

le innovazioni introdotte nel servizio universale attraverso le quali, con il pretesto di una presunta modernizzazione del relativo regime, vengono sostituiti i servizi, eliminano persino una serie di obblighi (come i telefoni pubblici a pagamento, gli elenchi telefonici completi e i servizi di consultazione degli elenchi) dal campo di applicazione e rendendo così superfluo il risultato che si intende raggiungere;

b)

la definizione di banda larga funzionale, dato che potrà dare origine soltanto a un elenco arbitrario di servizi accessibili via Internet e non a una connessione di qualità minima neutra, e questo potrebbe generare in futuro pratiche discriminatorie a danno degli utenti finali;

c)

il riferimento all'assistenza o sicurezza sociale, vale a dire, al bilancio nazionale attraverso le tasse, per fornire «un sostegno agli utenti finali a basso reddito o con esigenze sociali particolari al fine di garantire l'accessibilità economica dei servizi di accesso funzionale a Internet e di comunicazione vocale almeno in postazione fissa», il che equivale a sottrarre tali obblighi dalla sfera di competenza dei fornitori di servizi permettendo loro di fornire una copertura soltanto per i settori redditizi, e questo protegge i loro interessi riducendo al contempo la portata del servizio universale e i diritti dei consumatori; analogamente, l'erario è chiamato a sostenere i costi del servizio pubblico, visto che è eliminata la possibilità di condivisione dei costi che era prevista in precedenza;

d)

l'esplicita scelta del metodo della massima armonizzazione, per quanto riguarda i diritti degli utenti finali, a con la conseguenza di un basso livello di protezione, con la conseguenza di indebolire i diritti degli utenti per volontà di semplificazione, in contrasto con la posizione sistematicamente sostenuta dal CESE;

e)

l'abolizione di alcuni obblighi normativi oppure i minori diritti o le minori garanzie, con l'allegazione non comprovata che non sono più necessari o che sono disciplinati dalla normativa generale sui consumatori, come — ad esempio — la revoca del potere delle autorità nazionali di regolamentazione di imporre direttamente la regolamentazione dei prezzi al dettaglio degli operatori con un significativo potere di mercato, oppure di talune disposizioni in materia di contratti, trasparenza, equivalenza di accesso per gli utenti con disabilità, servizi di elenchi e interoperabilità delle apparecchiature di televisione digitale;

f)

la carente regolamentazione di certe pratiche denunciate come abusive nei contratti con gli utenti, come — ad esempio — nel caso dei limiti massimi applicabili alla durata dei contratti o alla loro rescissione, dei rinnovi contrattuali per le offerte di pacchetti, della mancanza di sanzioni volte ad assicurare l'efficienza del processo di cambiamento del fornitore per l'utente finale, nonché del mantenimento dell'obbligo di indennizzo da parte dell'utente finale «oltre al valore pro rata temporis delle apparecchiature sovvenzionate abbinate al contratto al momento della stipula e un rimborso pro rata temporis per gli altri eventuali vantaggi promozionali indicati come tali al momento della stipula del contratto»;

g)

infine, la proposta non costituisce una risposta all'esplicita richiesta del Consiglio di un «codice europeo dei diritti degli utenti di servizi di comunicazioni elettroniche», il cui obiettivo sarebbe di «disporre a livello dell'UE di uno strumento semplice e conviviale che riunisca tutti i diritti degli utenti di servizi di comunicazione elettronica nei settori delle TIC (tecnologie dell'informazione e della comunicazione) e della protezione dei consumatori».

2.   Brevissima sintesi della proposta della Commissione

2.1    Proposta di direttiva

2.1.1

Nel quadro della strategia per il mercato unico digitale (1), alla luce delle trasformazioni rapide e profonde avvenute di recente nelle strutture del mercato delle comunicazioni elettroniche e tenuto conto della comparsa di tipi di operatori precedentemente sconosciuti che sono entrati in concorrenza con gli operatori di telecomunicazioni già presenti — comparsa che è andata di pari passo con l'accresciuta quantità e popolarità dei servizi di contenuti online — è emersa la necessità di rivedere e aggiornare il quadro normativo delle comunicazioni elettroniche che risale al 2009, allo scopo — in particolare — di consentire ai cittadini e alle imprese di beneficiare di un accesso senza ostacoli alle attività online e di sviluppare tali attività in condizioni di concorrenza leale. La garanzia di una migliore connettività Internet per tutti i cittadini e le imprese costituisce il principale obiettivo che la Commissione si è prefissa nella proposta pubblicata il 14 settembre 2016 (2).

2.1.2

La proposta in esame fa parte di un pacchetto che si prefigge di rendere più allettanti per tutte le imprese gli investimenti in nuove infrastrutture di alta qualità nell'intera l'UE, sia a livello locale che al di là delle frontiere nazionali; essa comprende anche una proposta di regolamento sull'organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) e una comunicazione della Commissione dal titolo Connettività per un mercato unico digitale competitivo — verso una società dei Gigabit europea Sono stati anche presentati un piano d'azione per l'introduzione dei servizi 5G in tutta l'UE a partire dal 2018 e una proposta di regolamento per la promozione della connettività Internet nelle comunità locali e negli spazi pubblici — WIFI4EU.

2.1.3

Tutti questi strumenti sono finalizzati ai tre grandi obiettivi strategici della connettività all'orizzonte del 2025:

a)

tutti i principali operatori socioeconomici devono avere accesso a una connettività ad altissima velocità, a livello di gigabit;

b)

tutte le famiglie europee, nelle aree rurali e in quelle urbane, avranno accesso a connettività internet che offra un downlink di almeno 100 Mbps, potenziabile a velocità gigabit;

c)

copertura 5G ininterrotta in tutte le aree urbane e su tutti i principali assi di trasporto terrestre; come obiettivo intermedio, entro il 2020 la connettività 5G deve essere disponibile come servizio commerciale in almeno una grande città di ogni Stato membro dell'UE.

2.1.4

La proposta, che si basa sull'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, punta a dare attuazione al mercato interno delle comunicazioni elettroniche e ad assicurarne il funzionamento mediante una rifusione orizzontale delle quattro direttive esistenti (quadro, autorizzazioni, accesso e servizio universale), le quali vengono inglobate in un'unica direttiva e semplificate sul piano della struttura allo scopo di rafforzarne la coerenza e l'accessibilità, in linea con l'obiettivo di adeguatezza della regolamentazione (REFIT), assumendo così la forma di un vero e proprio Codice europeo delle comunicazioni elettroniche.

2.1.5

In funzione dei temi trattati, nella proposta vengono adottate forme differenti di armonizzazione legislativa, dall'armonizzazione piena mirata o selettiva — ad esempio in materia di norme per la tutela degli utenti finali — a un'armonizzazione minima delle competenze delle autorità nazionali di regolamentazione (ANR) fino alla massima armonizzazione nelle questioni attinenti allo spettro radio.

2.1.6

La proposta è basata su un'ampia consultazione pubblica delle parti interessate che è durata 12 settimane, su una consulenza di esperti esterni richiesta dal PE e dal Consiglio, su vari studi spiegati e commentati nel dettaglio nella valutazione d'impatto, nonché sui lavori di un gruppo di esperti di alto livello creato nel quadro dello studio SMART 2015/00058.

2.1.7

Con la proposta in esame, la Commissione intende conseguire i seguenti obiettivi:

a)

una maggiore concorrenza e investimenti più prevedibili;

b)

un impiego migliore delle radiofrequenze;

c)

una maggiore protezione dei consumatori nei settori in cui le regole generali in materia sono insufficienti a causa delle specifiche necessità del settore considerato;

d)

un ambiente online più sicuro per gli utenti e regole più eque per tutti soggetti interessati.

2.1.8

In sintesi, numerose modifiche tra quelle proposte — in particolare quelle in materia di spettro radio, servizio universale, accesso, utenti finali, numerazione e governance — mirano a introdurre regole chiare, a permettere alle parti di comprendere facilmente i loro diritti e obblighi, e a evitare un livello eccessivo di regolamentazione e di oneri amministrativi.

2.1.9

Le modifiche proposte riguardano nello specifico: la semplificazione e la personalizzazione geografica della regolamentazione dell'accesso; il ricorso (ove possibile) alle autorizzazioni generali in via preferenziale rispetto alle licenze individuali per lo spettro radio; la promozione della commercializzazione secondaria dello spettro radio; la soppressione di certi obblighi di servizio universale, come la necessità di garantire telefoni pubblici a pagamento ed elenchi cartacei; la restrizione dell'ambito di applicazione del servizio universale; la precisazione dell'ambito di applicazione del quadro normativo e la soppressione di taluni obblighi in materia di protezione dei consumatori, purché già contemplati dalla legislazione orizzontale o soddisfatti dal mercato; l'armonizzazione e la precisazione delle norme e della governance per la numerazione da macchina a macchina (M2M).

2.1.10

La Commissione ha inoltre proposto di rafforzare il ruolo delle autorità di regolamentazione nazionali e dell'organismo BEREC, per assicurare un'applicazione coerente e prevedibile delle norme in tutto il mercato unico digitale, nonché per limitare la frammentazione e le incoerenze presenti al fine di promuovere una governance efficace delle nuove istituzioni (3).

2.2    Il metodo della «rifusione»

2.2.1

La Commissione non si è limitata a procedere a una semplice «codificazione» inglobando il contenuto — senza alterarlo — delle varie direttive in un corpus armonico e coerente, come avviene di solito nella maggior parte dei casi. Ha invece deciso di avvalersi della facoltà che le è stata conferita dall'accordo interistituzionale firmato il 28 novembre 2001 (4) non solo per integrare orizzontalmente in un unico atto legislativo i vari atti precedenti, ma anche per apportare modifiche profonde e sostanziali al regime (le cosiddette «modifiche sostanziali»).

2.2.2

In questo tipo attività riguardante la semplificazione legislativa, la codificazione e la modifica sostanziale del regime giuridico di un atto legislativo, «il normale iter legislativo comunitario è integralmente rispettato» (punto 5 dell'accordo), nello specifico mediante la presentazione di un parere del CESE, e la proposta di rifusione deve rispettare una serie di criteri e norme espressamente indicati nei punti 6 e 7 del suddetto accordo.

3.   Osservazioni generali

3.1    Aspetti che non saranno presi in considerazione nel presente parere

3.1.1

Tenuto conto delle limitazioni imposte alla lunghezza dei propri pareri e della natura stessa della proposta, il CESE ritiene di non dovere pronunciarsi nuovamente sugli aspetti che passano dagli atti legislativi precedenti alla proposta in esame senza subire alcuna modifica, salvo nella misura strettamente necessaria per la comprensione di alcuni punti trattati.

3.1.2

Infatti, il CESE ha già avuto occasione di esprimersi dettagliatamente in pareri precedenti in merito a tutte questi argomenti, posizioni che si limita a ribadire in rapporto a tali questioni.

3.1.3

Analogamente, in questa sede il CESE non si pronuncerà in modo particolareggiato sugli aspetti trattati nella proposta che riguardano la struttura e il funzionamento del BEREC, che saranno esaminati in profondità nel parere che viene elaborato parallelamente al presente.

3.2    Valutazione dell'orientamento generale della proposta in esame

3.2.1

Il CESE desidera innanzitutto rallegrarsi con la Commissione per aver preso questa opportuna iniziativa, ampiamente giustificata da considerazioni di mercato, dall'evoluzione tecnologica e dalla tutela degli utenti delle comunicazioni elettroniche; è infatti necessaria una rifusione del quadro giuridico che assicuri che i cittadini beneficino di un accesso senza ostacoli alle attività online e che le imprese svolgano tali attività in condizioni di concorrenza leale. Il Comitato si congratula anche per la tecnica impiegata (la cosiddetta «rifusione»), che rappresenta uno strumento molto appropriato ai fini del programma REFIT, ma deplora che la Commissione se ne serva assai poco.

3.2.2

In rapporto a questo aspetto specifico, il CESE desidera congratularsi con la Commissione per la correttezza formale della difficile pratica della «rifusione» (recasting), con un rigoroso rispetto formale delle norme stabilite, ma si rammarica che la Commissione non segua la procedura della contemporanea pubblicazione di una versione «pulita» di più facile lettura, come è stato più volte suggerito.

3.2.3

Desidera inoltre esprimere il proprio assenso in rapporto sia alla maggior parte delle nuove norme introdotte nella proposta di nuovo atto legislativo che al modo seguito per allineare tali disposizioni di legge alle altre politiche dell'UE, che si tratti della regolamentazione specifica in vigore per il settore o, in particolare, dei principi relativi al diritto della concorrenza e della legislazione orizzontale sulla tutela dei consumatori.

3.2.4

Il CESE ritiene tuttavia che la scelta — peraltro non totalmente giustificata — di una direttiva così onnicomprensiva ed estesa, e con tanti aspetti lasciati alla regolamentazione nazionale, avrebbe guadagnato sul piano della semplicità e della certezza del diritto se si fosse invece optato per un regolamento quadro con applicazione diretta, immediata e uniforme in tutti gli Stati membri, come è stato proposto dalla Commissione, e se direttive specifiche avessero disciplinato alcune delle matterie trattate, con gradi di armonizzazione differenti in funzione delle condizioni dei mercati e della natura delle questioni considerate. Il tempo necessario affinché la procedura venga conclusa (non meno di 18 mesi) e l'atto sia prima recepito (non meno di 2 anni) e poi applicato ritarda l'effettiva entrata in vigore del nuovo regime, che non potrà avvenire prima del 2021 o 2022.

3.2.5

D'altro canto, l'esclusione della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche (e-privacy), la cui proposta di modifica è stata pubblicata il 10 gennaio 2017 (COM(2017) 10 final) e rappresenta che è uno dei temi più cruciali e importanti del pacchetto, benché comprensibile per ragioni di calendario legislativo, costituisce un punto debole della proposta, che si presenta così priva di uno dei pilastri più importanti a garanzia degli interessi più rilevanti degli utenti della rete, con la conseguenza di rinviare a un lontano futuro l'allineamento dell'attuale regolamentazione al futuro strumento sulla protezione della vita privata e di creare maggiori difficoltà in fase di recepimento e attuazione di tutte le misure.

3.2.6

Sono rimasti esclusi anche il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all'interno dell'Unione (5) e taluni aspetti della comunicazione della Commissione Promuovere l'uso condiviso delle risorse dello spettro radio nel mercato interno, che avrebbero dovuti essere integrati in questo codice (6).

3.2.7

Infine, è ben evidente che questa proposta non costituisce una risposta all'esplicita richiesta del Consiglio di un «codice europeo dei diritti degli utenti di servizi di comunicazioni elettroniche», il cui obiettivo sarebbe di «disporre a livello dell'UE di uno strumento semplice e conviviale che riunisca tutti i diritti degli utenti di servizi di comunicazione elettronica nei settori delle TIC (tecnologie dell'informazione e della comunicazione) e della protezione dei consumatori» (7), e neanche corrisponde all'intenzione, espressa nell'agenda digitale europea, di «pubblicare un codice dei diritti online nell'UE entro il 2011 che riassuma in modo chiaro e accessibile i diritti degli utenti digitali nell'UE» (8).

4.   Osservazioni particolari

4.1    Oggetto e finalità

Il CESE apprezza che la Commissione si preoccupi di mettere in evidenza, già all'articolo 1, la questione dell'accessibilità dei servizi per gli «utenti con disabilità» e la necessità di definire meglio «i diritti degli utenti finali». In quest'ottica è particolarmente importante la riserva stabilita all'articolo 1, paragrafo 4, secondo cui le disposizioni della direttiva in esame si applicano fatte salve le norme dell'Unione in materia di tutela dei consumatori, in particolare le direttive 93/13/CEE, 97/7/CE e 2011/83/UE, e le norme nazionali conformi al diritto dell'Unione, in merito alle quali il CESE ha da poco preparato i rispettivi studi di valutazione (relazioni informative INT/795 e 796, adottate nel dicembre 2016).

4.2    Definizioni

Per quanto concerne le definizioni, il CESE sottolinea la pertinenza della formulazione di nuovi concetti quali «rete ad altissima capacità», «servizio di comunicazione interpersonale», «servizio di comunicazione interpersonale basato sul numero», «servizio di comunicazione interpersonale indipendente dal numero», «sicurezza» delle reti e dei servizi, «punto di accesso senza fili di portata limitata», «rete locale in radiofrequenza» (RLAN), «uso condiviso dello spettro radio», «spettro radio armonizzato», «centro di raccolta delle chiamate di emergenza» (PSAP), «PSAP più idoneo», «comunicazione di emergenza» e «servizio di emergenza», che hanno rilevanza per il regime giuridico.

4.3    Obiettivi

4.3.1

Per quanto riguarda il conseguimento degli obiettivi, il CESE segnala la rilevanza della collaborazione fra le autorità nazionali di regolamentazione e altre autorità competenti, nonché tra gli Stati membri e il BEREC, sebbene il «modello» preferito dal Comitato si orienti in un'altra direzione, come indicato nel proprio parere sul nuovo status del BEREC.

4.3.2

In quest'ottica è particolarmente importante porre l'accento sulla ridefinizione degli obblighi delle autorità nazionali di regolamentazione e delle altre autorità competenti, oltre che del BEREC, stabiliti all'articolo 3, paragrafo 2.

4.3.3

Riveste importanza anche la collaborazione tra gli Stati membri, per il tramite del gruppo «Politica dello spettro radio», istituito dalla decisione 2002/622/CE della Commissione, tra questi e la Commissione e, su loro richiesta, con il Parlamento europeo e il Consiglio, per sostenere la pianificazione strategica e il coordinamento delle politiche in materia di spettro radio nell'Unione.

4.4    Alcune materie di rilevante interesse

4.4.1

Poiché nel quadro del presente parere non è possibile procedere all'esame di tutte le disposizioni, il CESE intende concentrare la propria attenzione su alcune che considera di grande rilevanza sociale.

4.4.2   Regolamentazione dell'accesso

4.4.2.1

Il CESE si rallegra che le regole in materia di accesso non siano state modificate in modo sostanziale e si allinea alla Commissione nello snellimento delle procedure e nella promozione della connettività universale ad altissima capacità (VHC), che costituisce l'obiettivo centrale del quadro normativo del settore, oltre alla promozione della concorrenza, al completamento del mercato interno e alla protezione dei consumatori.

4.4.2.2

Il CESE appoggia le modifiche specifiche apportate alla regolamentazione del mercato che sono volte sia a obbligare le autorità di regolamentazione a individuare le intenzioni di investimento che a permettere alle autorità pubbliche di reperire investitori nelle aree scarsamente coperte. In questo modo aumenterà la trasparenza sui piani per la realizzazione della rete, verrà assicurata una maggiore prevedibilità per gli investitori e le autorità di regolamentazione potranno tener conto in misura maggiore delle specificità geografiche nelle loro analisi di mercato.

4.4.2.3

Appoggia inoltre la Commissione nella modifica delle procedure di analisi dei mercati e nella codificazione delle migliori prassi vigenti, per assicurare che gli obblighi in materia di accesso siano imposti solo quando e ove sia necessario per far fronte alle carenze del mercato al dettaglio, nonché per garantire risultati all'utente finale assicurando al tempo stesso risultati competitivi. Il CESE non ritiene tuttavia giustificata l'estensione da 3 a 5 anni del periodo massimo coperto dalle analisi di mercato.

4.4.2.4

Infine, il CESE conviene che la concorrenza basata sulle infrastrutture costituisce uno dei modi più efficaci per fornire una nuova o migliore connettività Internet nelle zone in cui la densità della popolazione può giustificare l'esistenza di più reti.

4.4.3   Assegnazione dello spettro radio

4.4.3.1

Sebbene l'UE sia stata la prima a sviluppare tecnologie senza fili 4G, la loro diffusione ha subito ritardi rispetto ad altre regioni. La ripartizione e la gestione dello spettro radio sono, in linea di principio, di competenza degli Stati membri, e questa situazione è stata generalmente considerata la causa della frammentazione dei mercati, con un impatto negativo diretto sulla copertura della rete senza fili e sulla sua diffusione nell'intera Europa, con il rischio — se la situazione rimane immutata — di compromettere la riuscita dell'introduzione dei servizi 5G in Europa e lo sviluppo di nuovi servizi innovativi.

4.4.3.2

È per questo motivo che la proposta intende imporre un corpus di norme comuni — come, ad esempio, il periodo di licenza minimo per assicurare la redditività degli investimenti, un margine d'azione maggiore per il mercato delle frequenze, la coerenza e l'obiettività delle misure di regolamentazione (riserva, modalità di organizzazione delle aste, prezzi minimi e blocchi di spettro, riserva eccezionale dello spettro radio) — e una valutazione reciproca tra le autorità di regolamentazione nazionali al fine di assicurare la coerenza delle prassi di assegnazione nel quadro del BEREC. D'altro canto, gli operatori devono impegnarsi a utilizzare in modo efficiente lo spettro radio assegnato loro.

4.4.3.3

Il CESE condivide questo nuovo approccio, in quanto — oltre ad accelerare i processi di assegnazione dello spettro radio per le comunicazioni elettroniche, con scadenze chiare per il momento in cui lo spettro deve essere reso disponibile sul mercato — gli investitori nella banda larga senza fili di prossima generazione beneficiano di una maggiore prevedibilità e coerenza per quel che concerne i futuri modelli di concessione delle licenze e le condizioni essenziali per l'attribuzione o il rinnovo di diritti a livello nazionale in materia di spettro radio.

4.4.3.4

Infine, il CESE si rallegra per l'agevolazione data alla condivisione dello spettro radio nelle reti 5G e per la promozione dell'accesso degli utenti finali alla connettività di base Wi-Fi. Infatti, un uso condiviso dello spettro radio, basato su un'autorizzazione generale o su diritti di uso individuali, può permettere uno sfruttamento intensivo e più efficiente di questa scarsa risorsa. Gli utenti dello spettro delle radiofrequenze nel regime dell'autorizzazione generale beneficeranno di una maggiore tutela normativa contro le interferenze dannose, in modo da eliminare gli ostacoli alla realizzazione di punti d'accesso Wi-Fi e da rendere più facile l'accesso dell'utente finale a una connessione Internet senza fili condivisa.

4.4.4   La ridefinizione del regime del servizio universale

4.4.4.1

Il regime «rinnovato» del servizio universale e le modifiche ai servizi e alle norme per la tutela degli utenti finali rappresentano gli aspetti che suscitano le maggiori riserve del CESE. D'altro canto, il servizio universale rappresentava già uno degli aspetti che erano stati oggetto delle critiche maggiori in precedenti pareri del CESE.

4.4.4.2

Da molto tempo l'estensione di questo servizio ad altri, come i servizi mobili e l'accesso a Internet a banda larga, costituisce una priorità. Con il pretesto di una presunta modernizzazione del regime del servizio universale, quel che la proposta realizza effettivamente è la sostituzione di servizi e persino l'eliminazione di una serie di obblighi (come i telefoni pubblici a pagamento, gli elenchi telefonici completi e i servizi di consultazione degli elenchi) dal campo di applicazione, rendendo così superfluo il risultato che si intende raggiungere. Il CESE ignora se il settore sia sufficientemente maturo per garantire che tali servizi continuino ad essere prestati pur in assenza degli obblighi di servizio universale. L'articolo 82 non solo consente agli Stati membri di «continuare a garantire la disponibilità o l'accessibilità dei servizi diversi» se la «necessità di tali servizi è debitamente dimostrata sulla base delle circostanze nazionali», ma dischiude anche la via alla possibilità che tali servizi siano abbandonati nel breve termine per gli oneri che comportano.

4.4.4.3

Il CESE mette in discussione la definizione di banda larga funzionale, dato che potrà dare origine soltanto a un elenco arbitrario di servizi accessibili via Internet e non a una connessione di qualità minima neutra, e questo potrebbe generare in futuro pratiche discriminatorie a danno degli utenti finali.

4.4.4.4

È vero che l'articolo 79 impone agli Stati membri di garantire che «tutti gli utenti finali nel loro territorio abbiano accesso a un prezzo abbordabile, tenuto conto delle specifiche circostanze nazionali, a servizi disponibili di accesso funzionale a Internet e di comunicazione vocale al livello qualitativo specificato nel loro territorio, ivi inclusa la connessione sottostante, almeno in postazione fissa», e gli Stati possono persino «esigere che le imprese che prestano tali servizi offrano ai suddetti utenti finali opzioni o formule tariffarie diverse da quelle proposte alle normali condizioni commerciali» applicando «tariffe comuni, comprese le perequazioni tariffarie, in tutto il territorio».

Tuttavia, all'articolo 80, paragrafi 4 e 5, la proposta fa riferimento all'assistenza o sicurezza sociale, vale a dire, al bilancio nazionale attraverso le tasse, per fornire «un sostegno agli utenti finali a basso reddito o con esigenze sociali particolari al fine di garantire l'accessibilità economica dei servizi di accesso funzionale a Internet e di comunicazione vocale almeno in postazione fissa», il che equivale a sottrarre tali obblighi dalla sfera di competenza dei fornitori di servizi.

4.4.4.5

Inoltre, qualora le autorità nazionali di regolamentazione ritengano che un impresa sia soggetta a oneri eccessivi, l'intero sistema di finanziamento del servizio pubblico si limita a introdurre «un dispositivo inteso a indennizzare l'impresa per i costi netti così calcolati attingendo a fondi pubblici in condizioni di trasparenza». Questo significa che, vale a dire, ancora una volta è il bilancio nazionale attraverso le tasse, l'erario ad essere chiamato a sostenere i costi del servizio pubblico, in particolare in assenza di fornitori nelle aree non redditizie del servizio ai cittadini, visto che è eliminata la possibilità di condivisione dei costi che era prima prevista dall'articolo 13, lettera b), della direttiva abrogata, che disponeva quanto segue: «b) ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica».

4.4.5   Diritti degli utenti finali

4.4.5.1

Il punto per il quale il CESE ha tuttavia le maggiori perplessità riguarda il nuovo titolo relativo ai diritti degli utenti finali, in quanto, alla luce della maggior parte dei propri pareri adottati in questa materia, non si ritrova nelle soluzioni adottate, a cominciare dalla scelta della massima armonizzazione nei termini stabiliti all'articolo 94. Il CESE è dell'avviso che, nelle materie riguardanti i diritti dei consumatori, bisogna adottare direttive di armonizzazione minima oppure regolamenti che stabiliscano il livello di protezione più alto per i consumatori.

4.4.5.2

Non ritiene accettabile l'abolizione di alcuni obblighi normativi oppure i minori diritti o le minori garanzie, con l'allegazione non comprovata che non sono più necessari o che sono disciplinati dalla normativa generale sui consumatori, come — ad esempio — la revoca del potere delle autorità nazionali di regolamentazione di imporre direttamente la regolamentazione dei prezzi al dettaglio degli operatori con un significativo potere di mercato, oppure di talune disposizioni in materia di contratti, trasparenza, servizi di elenchi e interoperabilità delle apparecchiature di televisione analogica (articoli da 95 a 98 e da 103 a 105).

4.4.5.3

Analogamente, la proposta della Commissione non ravvede la necessità di introdurre non ritiene che sia stata introdotta una regolamentazione migliore per certe situazioni che sono state denunciate come pratiche abusive nei contratti con gli utenti, come — ad esempio — nel caso dei limiti massimi applicabili alla durata dei contratti o alla loro rescissione, dei rinnovi contrattuali per le offerte di pacchetti, della mancanza di sanzioni volte ad assicurare l'efficienza del processo di cambiamento del fornitore per l'utente finale, nonché del mantenimento dell'obbligo di indennizzo da parte dell'utente finale «oltre al valore pro rata temporis delle apparecchiature sovvenzionate abbinate al contratto al momento della stipula e un rimborso pro rata temporis per gli altri eventuali vantaggi promozionali indicati come tali al momento della stipula del contratto».

4.4.5.4

Si rallegra, tuttavia, per l'introduzione di un certo numero di nuove disposizioni come, ad esempio, una migliore leggibilità dei contratti mediante un contratto che riassuma l'aspetto essenziale delle informazioni presentate in forma semplificata, la fornitura di strumenti di controllo del consumo e di strumenti di raffronto dei prezzi e della qualità, nonché il divieto di discriminazione in base alla cittadinanza o al paese di residenza.

4.5    Autorità di regolamentazione e altre autorità competenti

4.5.1

Per quanto riguarda i compiti delle autorità di regolamentazione e di altre autorità competenti, è di particolare rilevanza la rifusione dell'attuale paragrafo 1 dell'articolo 5.

4.5.2

In particolare, per quanto riguarda l'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione e di altre autorità competenti, vanno messe in rilievo le disposizioni degli articoli da 7 a 9 per le speciali garanzie concesse nell'ambito della selezione, limitazione della durata dei mandati, autonomia di gestione e revoca dei membri dei rispettivi organi di gestione.

4.6    Composizione consensuale delle controversie

4.6.1

È di particolare importanza che la proposta si preoccupi di assicurare sistemi trasparenti, non discriminatori, rapidi, equi, semplici e poco costosi per la composizione extragiudiziale delle controversie che potrebbero sorgere tra consumatori e imprese che forniscono reti e/o servizi di comunicazione elettronica, compresi quelli accessibili al pubblico che non rientrano nei servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero, in rapporto alle condizioni contrattuali e/o all'esecuzione dei contratti riguardanti la fornitura di tali reti e/o servizi.

4.6.2

Più importante ancora è la possibilità concessa agli Stati membri di estendere l'accesso a tali procedure ad altri utenti finali, in particolare le microimprese e le piccole imprese.

4.6.3

Tuttavia, nel caso delle controversie transfrontaliere, la proposta prevede una soluzione che risente della mancanza di meccanismi istituiti a livello europeo per questo tipo di controversie, dato che finisce per avvilupparsi in una complessa trama procedurale dai risultati dubbi sul piano sia dell'efficacia che dell'effettiva garanzia di un'equa composizione degli interessi in tempo utile, e alla fine tutto sbocca in un'azione giudiziaria.

Bruxelles, 26 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  COM(2015) 192 final.

(2)  COM(2016) 590 final.

(3)  COM(2016) 591 final.

(4)  GU C 77 del 28.3.2002, pag. 1.

(5)  COM(2011) 402 final

(6)  COM(2012) 478 final

(7)  3017a sessione del Consiglio, del 31 maggio 2010.

(8)  COM(2010) 245 final.


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/65


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche»

[COM(2016) 591 final — 2016/0286(COD)]

(2017/C 125/09)

Relatore unico:

Jorge PEGADO LIZ

Consultazione

Parlamento europeo, 24.10.2016

Consiglio dell'Unione europea, 25.10.2016

Base giuridica

Articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sezione

11.1.2017

Adozione in sessione plenaria

25.1.2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

118/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

In diversi pareri, il CESE ha coerentemente auspicato un rafforzamento delle attribuzioni, delle competenze e dei poteri del BEREC affinché disponesse della capacità necessaria per svolgere un'efficace funzione di regolamentazione del settore a livello europeo.

1.2

Pertanto, non può non essere, in generale, d'accordo con l'intenzione alla base della proposta della Commissione.

1.3

Si rammarica, tuttavia, per il fatto che la Commissione non si sia piuttosto orientata verso quella che chiama opzione 4, che esclude senza motivo, preferendo invece mantenere il BEREC nell'ambito di una semplice cooperazione o di un puro coordinamento, anche se rafforzati.

1.4

Come ha già sostenuto, il CESE è convinto che solo un'opzione che trasformi il BEREC in una vera e propria autorità di regolamentazione sarà in grado, proponendo una visione per il futuro, di assicurare un'adeguata regolamentazione dei nuovi servizi di informazione a livello paneuropeo o globale, servizi ora in gran parte non regolamentati o soggetti a quadri normativi poco chiari (M2M, OTT e altri settori di grande importanza per l'Unione, come il roaming o i mercati transnazionali), o procedure vincolanti paneuropee per l'assegnazione di bande specifiche.

1.5

Un punto che dovrebbe essere specificamente sottoposto a un'attenta revisione e considerazione riguarda la composizione, l'organizzazione e il funzionamento della commissione di ricorso, al fine di garantire in tutte le circostanze una reale indipendenza e imparzialità e un adeguato sistema di ricorso, soprattutto nel caso di decisioni relative a controversie transfrontaliere.

2.   Brevissima sintesi della proposta

2.1

Nella comunicazione del maggio 2015 Strategia per il mercato unico digitale in Europa (1), la Commissione ha sottolineato che l'evoluzione delle condizioni di mercato e del contesto tecnologico rende necessario rafforzare il quadro istituzionale mediante il consolidamento del ruolo dell'Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC). Nella risoluzione «Verso un atto per il mercato unico digitale» (2) il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a una maggiore integrazione del mercato unico digitale mediante la creazione di un quadro istituzionale più efficiente. Tale obiettivo può essere conseguito consolidando il ruolo, la capacità e i poteri decisionali del BEREC al fine di mettere tale organo in condizione di poter promuovere un'applicazione coerente del quadro normativo per le comunicazioni elettroniche e di esercitare un controllo efficace sullo sviluppo del mercato unico e di poter cooperare alla risoluzione delle controversie transfrontaliere.

2.2

La presente proposta dovrebbe essere considerata insieme con la Proposta di direttiva che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (3), che affida al BEREC l'esecuzione di compiti addizionali per contribuire a garantire l'applicazione coerente del quadro normativo e che permetterà di promuovere lo sviluppo del mercato delle comunicazioni elettroniche in tutta l'Unione. Inoltre, il BEREC contribuirà a promuovere l'accesso e la diffusione di una connettività dei dati di capacità molto elevata, a incoraggiare la concorrenza nella fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica e a promuovere gli interessi dei cittadini dell'Unione.

2.3

L'obiettivo principale della proposta è pertanto quello di rafforzare il ruolo istituzionale del BEREC e rafforzare la sua struttura di governance di trasformare il BEREC e l'ufficio BEREC, in una vera e propria agenzia con un mandato più ampio per permettere lo svolgimento dei suoi futuri compiti. Ciò consentirà di garantire la continuità con il lavoro svolto dal BEREC e proseguire la condivisione delle competenze specifiche tra le autorità nazionali di regolamentazione, l'allineamento della struttura e della governance, della gestione, della programmazione e della rendicontabilità con la dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulle agenzie decentrate del 19 luglio 2012 («Orientamento comune») (4). La proposta incorpora inoltre nel regolamento BEREC i compiti assegnati al BEREC nel regolamento (UE) 2015/2120 di recente adozione, che definisce le norme per assicurare un accesso aperto a Internet e abolire i sovrapprezzi del roaming (5). Ne rimane esclusa invece la revisione della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche (6), che la Commissione aveva promesso per la fine del 2016.

2.4

Per raggiungere tale obiettivo, la Commissione ha preso in considerazione 4 opzioni, delle quali la 1a prevede il mantenimento dello status quo, la 2a il semplice rafforzamento delle competenze e del ruolo consultivo del BEREC, la 3a, quella preferita e che viene sviluppata in modo dettagliato, ipotizza il mantenimento del ruolo consultivo con taluni poteri prenormativi e un migliore processo di analisi di mercato e di assegnazione del diritto di utilizzo dello spettro radio e, infine, la 4a opzione, che la Commissione esclude in via preliminare e che si basa sulla creazione di un'effettiva autorità di regolamentazione dell'UE sotto forma di un'agenzia potenziata dotata delle risorse necessarie per accogliere un trasferimento di competenze di esecuzione, tra cui rientrano anche la vigilanza e poteri di controllo, con poteri vincolanti in settori in cui è necessario garantire un'applicazione uniforme delle norme dell'UE.

2.5

Nei punti che seguono si sviluppa dal punto di vista giuridico l'opzione scelta, di cui seguirà poi l'analisi.

3.   Osservazioni generali

3.1

In diversi pareri (7), il CESE ha auspicato un rafforzamento delle attribuzioni, delle competenze e dei poteri del BEREC affinché disponesse della capacità necessaria per svolgere un'efficace funzione di regolamentazione del settore a livello europeo. Pertanto, non può non essere, in generale, d'accordo con l'intenzione alla base della proposta della Commissione.

3.2

Tuttavia, il CESE si è indirizzato verso una soluzione più vicina alla opzione 4 della Commissione, nella misura in cui giudica che operazioni puramente cosmetiche per quanto riguarda lo statuto del BEREC non siano sufficienti per trasformarlo in una vera e propria autorità di regolamentazione.

3.3

È quello che ha detto esplicitamente nel suo parere TEN/534: «A giudizio del CESE, i cambiamenti proposti per quanto riguarda lo status del BEREC, ad esempio la nomina di un presidente a tempo pieno per il comitato dei regolatori, possono rivelarsi insufficienti, a fronte delle sfide da affrontare in tema di competitività e della necessità di creare incentivi agli investimenti, in particolare per le comunicazioni a banda larga e le reti NGN/NGA» (punto 4.7.1).

3.4

In effetti, perché il BEREC possa assolvere ai compiti attribuitigli in un campo in cui è nota a tutti la mancanza di una regolamentazione adeguata come è quello dei nuovi servizi d'informazione a livello paneuropeo o mondiale, attualmente in gran parte non regolamentati o soggetti a quadri normativi poco chiari (M2M, OTT e altri settori di grande importanza per l'Unione, come il roaming o i mercati transnazionali), o nel campo delle procedure vincolanti paneuropee per l'assegnazione di bande specifiche, oltre che alle nuove competenze conferitegli, non solo nella presente proposta, ma, ancora di più nella proposta relativa a un codice europeo delle comunicazioni elettroniche, non sembra accettabile mantenere il suo livello di intervento nell'ambito di una semplice cooperazione o di un mero coordinamento, anche se rafforzati.

3.5

E ciò che questa proposta certamente non costituisce è una visione che si proietta nel futuro, nel senso di un'ulteriore integrazione del mercato unico digitale, in quanto continua a consentire la frammentazione normativa per il tramite delle ANR.

3.6

Ciò spiega forse i risultati poco incoraggianti della valutazione del BEREC riportati nella proposta, in termini della sua rilevanza, efficacia, efficienza e dello stesso valore aggiunto del modello su cui, nonostante tutto, si vuole insistere.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

In generale, l'articolato segue, in termini di definizione delle competenze, di organizzazione e di funzionamento, il modello comune per le agenzie dello stesso tipo definito nella dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio dell'UE e della Commissione europea sulle agenzie decentrate e non dà adito ad alcuna osservazione particolare.

4.2

Tuttavia, la commissione di ricorso merita un commento per quel che si riferisce alla garanzia dell «imparzialità e dell'indipendenza dei suoi membri sulla base di criteri trasparenti e oggettivamente verificabili definiti dalle agenzie»; in particolare, se «il reclutamento dei membri delle commissioni di ricorso» si facesse «tra il personale dell'agenzia e/o i componenti del consiglio di amministrazione dell'agenzia (…)», ciò «non dovrebbe mettere in discussione i summenzionati principi di imparzialità e indipendenza» (punto 21 della dichiarazione comune).

4.3

Rispetto a quanto accade in altri organi identici, come l'EUIPO l'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (8), l'Ufficio comunitario delle varietà vegetali (9), l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (10) e l'Agenzia europea per le sostanze chimiche (11), per citarne solo alcuni, il CESE è sorpreso dalla laconicità delle disposizioni degli articoli da 11 a 14 della proposta che stabiliscono il quadro giuridico della commissione di ricorso.

4.4

Il CESE constata infatti che tutti i regolamenti relativi alle norme di organizzazione e alla procedura della commissione di ricorso delle suddette agenzie prevedono in modo dettagliato le modalità applicabili in tali commissioni e che le decisioni in tali sedi pronunciate possono essere oggetto di un ricorso per annullamento dinanzi al Tribunale dell'Unione europea, le cui sentenze sono impugnabili dinanzi alla Corte di giustizia su questioni di diritto.

4.5

È certo che, se le sue attribuzioni, nella maggior parte dei casi, sono puramente consultive, esistono casi in cui dalla combinazione di disposizioni della proposta di direttiva con quelle della presente proposta, deriva che il BEREC finirà per avere un potere decisionale con effetti sulla situazione giuridica di terzi, come sarà nel caso di determinate situazioni menzionate all'articolo 2, paragrafo 1, lettere da b) a d), ossia decisioni su:

l'individuazione di mercati transnazionali;

un modello sintetico di contratto;

un modello economico per aiutare la Commissione a stabilire il limite massimo delle tariffe di terminazione nell'Unione;

i pareri relativi alla risoluzione di controversie transfrontaliere;

i progetti di misure nazionali relative alle procedure per il mercato interno per la regolamentazione del mercato;

i progetti di misure nazionali relative alle procedure per il mercato interno per la valutazione tra pari dello spettro radio;

i progetti di decisioni e raccomandazioni relative all'armonizzazione.

4.6

Il caso di controversie transfrontaliere in cui «Le parti possono investire della controversia la o le competenti autorità nazionali di regolamentazione» per cui si stabilisce che «queste ultime notificano la controversia al BEREC in modo da pervenire alla risoluzione coerente della controversia secondo gli obiettivi indicati dall'articolo 3» è esemplare. Il BEREC emette un parere indicando alla o alle autorità nazionali di regolamentazione interessate la necessità di adottare provvedimenti specifici al fine di risolvere la controversia o di astenersi dall'agire, nel più breve tempo possibile, e in ogni caso entro quattro mesi salvo in circostanze eccezionali.

4.7

In una situazione del genere, difficilmente si potrà considerare che il ricorso contro una tale decisione dinanzi a una commissione di ricorso del tipo previsto nella proposta offra garanzie di indipendenza e di imparzialità.

4.8

La possibilità di adire un giudice, che è sempre prevista, non impedisce di ritenere che la procedura a livello amministrativo non sembri offrire un ricorso dinanzi a un organismo autenticamente indipendente.

4.9

Il CESE auspica che la questione sia opportunamente riconsiderata nella formulazione finale della proposta.

Bruxelles, 25 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 176.

(2)  Risoluzione del Parlamento europeo «Verso un atto per il mercato unico digitale» del 19 gennaio 2016 (TA(2016)0009).

(3)  COM(2016) 590 final, su cui il CESE si è espresso nel parere TEN/612 — Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (cfr. pag. … della presente Gazzetta ufficiale).

(4)  Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea sulle agenzie decentrate del 19 luglio 2012.

(5)  Regolamento (UE) 2015/2120 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015 (GU L 310 del 26.11.2015, pag. 1), in merito alla cui proposta il CESE ha adottato il parere TEN/534 (GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 64).

(6)  Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37); tema già affrontato nel parere TEN/612 — Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (cfr. pag. … della presente Gazzetta ufficiale).

(7)  Qualche esempio:

Parere CESE relativo alla proposta di modifica del regolamento (UE) n. 531/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2012 [COM(2016) 399 final], (punto 4.7) (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 162);

Parere CESE sulle proposte della Commissione relative a Nuove misure riguardanti il mercato unico europeo delle telecomunicazioni [COM(2013) 627 final e COM(2013) 634 final] (GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 64) (punto 4.7.1);

Parere CESE sulla Comunicazione della Commissione Promuovere l'uso condiviso delle risorse dello spettro radio nel mercato interno [COM(2012) 478 final] (GU C 133 del 9.5.2013, pag. 22) (punto 4.10);

Parere CESE su Un mercato unico digitale inclusivo (GU C 161 del 6.6.2013, pag. 8) (punto 3.1.1.1);

Parere CESE sulla Comunicazione della Commissione Apertura e neutralità della rete Internet in Europa (COM(2011) 222 final) (GU C 24 del 28.1.2012, pag. 139) (punto 2.4.1);

Parere CESE sulla Proposta di decisione che stabilisce il primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio [COM(2010) 471final] e sulla Comunicazione della Commissione — La banda larga in Europa: investire nella crescita indotta dalla tecnologia digitale [COM(2010) 472 final] (GU C 107 del 6.4.2011, pag. 53) (punti 2.13 e 2.14).

(8)  Regolamento (CE) n. 216/96 della Commissione, del 5 febbraio 1996 (GU L 28 del 6.2.1996), modificato dal regolamento (CE) n. 2082/2004 della Commissione, del 6 dicembre 2004 (GU L 360 del 7.12.2004).

(9)  Articoli 67 e seguenti del regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio 1994 (GU L 227 dell'1.9.1994, pag. 1).

(10)  Regolamento (CE) n. 1592/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2002 (GU L 240 del 7.9.2002, pag. 1).

(11)  Regolamento (CE) n. 771/2008 della Commissione, del 1o agosto 2008 (GU L 206 del 2.8.2008, pag. 5).


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/69


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 1316/2013 e (UE) n. 283/2014 per quanto riguarda la promozione della connettività internet nelle comunità locali»

[COM(2016) 589 final — 2016/0287 (COD)]

(2017/C 125/10)

Relatore unico:

Emilio FATOVIC

Consultazione

Parlamento europeo, 6.10.2016

Consiglio, 25.10.2016

Base giuridica

Articolo 172 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sezione

11.1.2017

Adozione in sessione plenaria

26.1.2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

195/1/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE si compiace dell'iniziativa della Commissione Wifi4EU volta a diffondere l'accesso gratuito a Internet nei luoghi pubblici e che porterà vantaggi sia in termini di accessibilità, in primis a favore delle categorie sociali più svantaggiate, sia di crescita economica dei territori, in particolare nei settori dei servizi pubblici, della sanità, del commercio e del turismo.

1.2

Il Comitato si rallegra del fatto che una sua proposta, più volte rilanciata in precedenti pareri, sia finalmente divenuta organica ai processi di digitalizzazione dell'Unione europea (1). Questa discende dalla convinzione che l'accesso a Internet rappresenti un diritto fondamentale di ogni cittadino, nonché uno strumento ineludibile di inclusione sociale e crescita economica.

1.3

Il CESE fa notare che il rapido progresso del digitale rischia di rendere obsolete nel breve periodo tutte le tecnologie installate. Il Comitato, quindi, invita la Commissione ad individuare obiettivi di sviluppo sociali oltre che tecnologici, in modo da rendere l'iniziativa Wifi4EU più dinamica, durevole e resiliente.

1.4

Il Comitato condivide l'idea di ispirarsi al progetto EDUROAM per dar vita a Wifi4EU, e propone di integrare i due processi in modo da garantire a tutti i cittadini un'identità digitale unica su tutto il suolo europeo, così come già fissato dal regolamento eIDAS. Tale processo avrebbe ricadute importanti anche in termini di rafforzamento del sentimento di cittadinanza europea e di superamento della « povertà digitale ».

1.5

Il CESE considera Wifi4EU un progetto strategico ed i 120 milioni di EUR stanziati una cifra ampliamente inadeguata a coprire i bisogni dell'intero territorio europeo. Il Comitato, quindi, auspica un incremento sostanziale della dotazione finanziaria in modo da poter ambire all'accesso al wifi gratuito e ad altissima velocità entro il 2025 in tutti i luoghi pubblici sul suolo europeo, in modo da implementare l'iniziativa secondo il principio «Quality Wifi4all». In tale ottica sarebbe importante prevedere una maggiore integrazione tra tutti i servizi pubblici wifi già attivi in modo da sfruttare a pieno le risorse disponibili ed evitare sprechi.

1.6

Il CESE considera poco chiari e contrastanti i criteri individuati per la ripartizione dei fondi («first come, first served» e il criterio geografico). Il Comitato raccomanda che si tengano in considerazione la popolazione degli Stati e la loro estensione geografica, stabilendo a priori l'entità massima dei fondi spettanti a ciascun Paese, in modo che tutti i territori possano accedervi in modo equilibrato.

1.7

Il CESE propone di riservare una quota del 20 % alle aree meno sviluppate economicamente e digitalmente con attenzione particolare alle isole, zone montagnose, di confine o periferiche oppure ai territori che sono stati esposti a calamità naturali, in modo da investire le risorse dove c'è maggiore necessità. Il Comitato raccomanda che i criteri per l'iscrizione all'albo fornitori non prevedano discriminazioni in merito alle dimensioni dell'azienda.

1.8

Il CESE condivide il principio di destinare i fondi per portare la connessione Internet gratuita dove oggi non è presente. Tuttavia, il Comitato, invita la Commissione ad integrare — nell'ambito della visione strategica — l'iniziativa pubblica con quelle che prevedono un partenariato pubblico-privato.

1.9

Il CESE chiede di implementare un servizio wifi gratuito di qualità, assicurando una connessione minima a 100 megabit/s nel periodo 2017-2020, ma immaginando fin d'ora che questo dovrà adeguarsi a velocità maggiori già nel medio periodo. Ciò risponde a tre ragioni:

a)

per rendere coerente Wifi4EU con la comunicazione la Società dei Gigabit;

b)

perché una semplice connessione adsl per propri limiti tecnici non garantirebbe una connessione di qualità soddisfacente a decine di persone contemporaneamente;

c)

perché un servizio pubblico gratuito non deve essere necessariamente di scarsa qualità.

1.10

Il CESE condivide l'adozione di meccanismi deburocratizzati e semplificati per accedere ai finanziamenti. Il Comitato, tuttavia, invita la Commissione a fissare un periodo minimo di erogazione del servizio pari a 3 anni, punito con la restituzione del finanziamento ricevuto.

2.   Introduzione e premessa metodologica

2.1

La proposta COM(2016) 589 che modifica i regolamenti (UE) n. 1316/2013 e (UE) n. 283/2014 per quanto riguarda la promozione della connettività Internet nelle comunità locali rientra in un pacchetto di misure sulle telecomunicazioni, adottato dalla Commissione europea il 13 settembre 2016, che comprende anche i seguenti provvedimenti:

la comunicazione «Connettività per un mercato unico digitale competitivo: verso una società dei Gigabit europea» — COM(2016) 587;

il piano d'azione «5G per l'Europa» — COM(2016) 588;

la proposta di direttiva per un nuovo codice europeo delle comunicazioni elettroniche — COM(2016) 590;

la proposta di regolamento volta a rafforzare l'attuale Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), trasformandolo in agenzia, pur mantenendone l'attuale denominazione — COM(2016) 591.

2.2

Il CESE ha elaborato un parere su ciascuna proposta ma con una regia unica, al fine di garantire che i rispettivi documenti siano armonici e coerenti nella visione e nei contenuti (il presente parere è strettamente correlato ai seguenti: TEN/611 «Società dei Gigabit europea», TEN/612 «Codice europeo delle comunicazioni elettroniche», TEN/613 «Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC)» e TEN/615 «Il 5G per l'Europa: un piano d'azione») nonché in continuità con i precedenti pareri del CESE in materia.

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1

La proposta di regolamento, con la quale si lancia l'iniziativa denominata «Wifi4EU», si inscrive in un pacchetto di misure riunite sotto la comunicazione «Società dei Gigabit europea». Tale iniziativa è volta a finanziare la creazione di hotspot gratuiti per il collegamento a Internet presso luoghi pubblici (biblioteche, piazze, parchi, ospedali, edifici pubblici in generale), ispirandosi e integrando l'iniziativa di successo EDUROAM che già consente di offrire tale servizio presso università e istituti superiori.

3.2

La Commissione ha stanziato 120 milioni di EUR stimando di coinvolgere nel periodo 2017-2020 tra 6 000 e 8 000 comuni, raggiungendo una volta a regime tra 40 e 50 milioni di connessioni al giorno. La ridotta dotazione finanziaria configura l'iniziativa come un progetto pilota.

3.3

Sono beneficiari dell'iniziativa i comuni che ad oggi ancora non offrono tale servizio. I progetti non potranno superare il budget di 60 000 euro e riceveranno la copertura fino al 100 % dei costi di acquisto e di installazione degli hotspot, mentre i costi di abbonamento al servizio Internet, così come la manutenzione delle apparecchiature, saranno a carico degli enti locali.

3.4

Gli enti locali saranno incentivati a sviluppare e promuovere i loro servizi digitali gratuiti soprattutto nei settori dell'e-tourism, e-health, e-government.

3.5

La proposta, circoscritta ai luoghi pubblici, è immaginata per non entrare in conflitto e non distorcere il libero mercato del traffico digitale, bensì rafforzarlo attraverso la diffusione del digitale nei territori meno sviluppati.

3.6

La proposta della Commissione stabilisce tre criteri chiave per l'assegnazione dei fondi:

a)

vi possono accedere solo le comunità locali che ad oggi non offrono tale servizio;

b)

erogazione diretta dei fondi in ordine cronologico di presentazione della domanda («first come, first served»);

c)

adozione di un criterio geografico per ripartire in modo equilibrato i fondi stanziati.

3.7

La proposta prevede un modello semplificato per accedere ai fondi e rendicontare l'attività svolta attraverso una serie di voucher che saranno successivamente utilizzati per pagare le imprese incaricate di istallare le apparecchiature. La Commissione potrà verificare in tempo reale l'effettivo funzionamento degli hotspot in modo da poter intervenire ed avviare controlli se necessario.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il CESE si compiace dell'iniziativa della Commissione Wifi4EU volta a diffondere Internet nei luoghi pubblici e che porterà vantaggi sia in termini di accessibilità (2), in primis a favore delle categorie sociali più svantaggiate affrontando il problema della povertà digitale  (3), sia di crescita economica dei territori, in particolare nei settori della salute, dei servizi pubblici, del commercio e del turismo (4).

4.2

Il Comitato si rallegra del fatto che una sua proposta, più volte rilanciata in precedenti pareri, sia finalmente divenuta organica ai processi di digitalizzazione dell'Unione europea (5). Questa discende dalla convinzione che l'accesso a Internet rappresenti un diritto fondamentale di ogni cittadino, nonché uno strumento di inclusione sociale e crescita economica.

4.3

Il CESE invita la Commissione ad immaginare un impatto durevole dell'iniziativa Wifi4EU nei territori beneficiari. Infatti, il rapido progresso del digitale rischia di rendere obsolete nel breve periodo tutte le tecnologie installate. Per questo il Comitato raccomanda di inserire il progetto pilota in una visione strategica più ampia e resiliente che ponga gli obiettivi sociali davanti a quelli meramente tecnologici.

4.4

Il Comitato ritiene che la proposta non chiarisca adeguatamente come questa iniziativa si inserirà nel processo di digitalizzazione dell'UE, attualmente a macchia di leopardo. Si oscilla, infatti, tra territori che non hanno ancora la connessione adsl e altri che hanno già le reti a banda ultra larga e che stanno già sperimentando con successo velocità a 1Gigabit/secondo. Il CESE auspica che l'iniziativa si ponga obiettivi ambiziosi in termini di qualità del servizio offerto.

4.5

Il CESE segnala che la proposta non è supportata da un adeguato ed approfondito studio di fattibilità. Ciò è dimostrato dal fatto che i dati forniti dalla Commissione sulla capacità d'impatto sono eccessivamente generici, non adeguatamente supportati da una valutazione socio-economica e, probabilmente, sovrastimati rispetto alle reali potenzialità a causa della ridotta dotazione finanziaria.

4.6

Il CESE si rammarica che lo stanziamento previsto si limiti a 120 milioni di euro, declassando un'iniziativa così importante ad un mero progetto pilota. Il Comitato, quindi, auspica che si aumenti sensibilmente la dotazione finanziaria in modo da elevare Wifi4EU al rango di misura strutturale e strategica, con obiettivi misurabili, organica al modello di Società dei Gigabit e funzionale a raggiungere gli obiettivi di sviluppo digitale previsti per il 2025. Il CESE evidenzia la necessità di integrare il programma Società dei Gigabit con l'obiettivo del 100 % di connessione gratuita wifi in tutti i luoghi pubblici entro il 2025.

4.6.1

Il CESE ricorda che la previsione iniziale del CEF riguardo al potenziamento di reti e servizi digitali ammontava a oltre 9 mld di EUR, successivamente ridotti a poco più di 1 miliardo. Il Comitato conferma ancora una volta il rammarico per tale riduzione di fondi disponibili per una priorità essenziale di una Europa competitiva, ed auspica di poter recuperare risorse dalle voci di bilancio.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Il Comitato riscontra che i criteri individuati per l'assegnazione dei fondi non sono adeguatamente sviluppati nella proposta e teme che questi possano entrare in conflitto tra loro. In modo particolare si evidenzia che il principio «first come, first served» rischia di favorire le realtà già digitalizzate sottraendo fondi agli Stati e alle realtà locali che ne hanno maggiore bisogno.

5.2

Il CESE raccomanda che si tengano in considerazione, nella ripartizione dei fondi, la popolazione degli Stati e la loro estensione geografica, stabilendo a priori l'entità massima dei fondi spettanti per ciascun Paese, in modo che tutti i territori possano accedervi in modo equilibrato.

5.2.1

Il CESE auspica che l'albo fornitori per la realizzazione della infrastrutture, al quale le aziende interessate dovranno iscriversi per essere selezionate dai comuni, non preveda discriminazioni in merito alle dimensioni dell'impresa.

5.3

Il Comitato auspica che una quota del 20 % del budget sia riservata alle aree meno sviluppate economicamente e digitalmente con attenzione particolare alle isole, alle zone montuose, di confine o periferiche oppure ai territori che sono stati esposti a calamità naturali, in modo da investire le risorse dove c'è maggiore necessità (6).

5.4

Il CESE condivide il principio di destinare i fondi per portare la connessione Internet gratuita dove oggi non è presente. Tuttavia, il Comitato è consapevole sia dell'urgenza sia della complessità dello sforzo tecnologico ed economico necessario per portare in tutta Europa tale servizio. Pertanto il CESE invita la Commissione a integrare — nell'ambito della visione strategica — l'iniziativa pubblica con quelle che prevedono un partenariato pubblico-privato.

5.5

Il CESE chiede di implementare un servizio wifi gratuito di qualità, assicurando una connessione minima a 100 magabit/s (banda ultra larga) nel periodo 2017-2020, ma immaginando fin d'ora che questo dovrà adeguarsi a velocità maggiori già nel medio periodo. Ciò risponde a tre ragioni:

a)

per rendere coerente Wifi4EU con la comunicazione la Società dei Gigabit, che punta a portare la fibra ultra veloce (1Gigabit/secondo) in tutti i siti dell'UE in cui sono erogati servizi pubblici (pubblica amministrazione, ospedali, biblioteche) entro il 2025;

b)

perché una semplice connessione adsl per propri limiti tecnici (tempi di latenza, stabilità di connessione e banda massima) non potrebbe garantire una connessione di qualità soddisfacente a decine di persone contemporaneamente;

c)

perché il concetto di servizio pubblico gratuito non deve corrispondere a quello di scarsa qualità.

5.6

Il CESE condivide l'idea di ispirarsi al progetto EDUROAM per dar vita a Wifi4EU, ma considera che tali iniziative devono essere rese da subito complementari a partire dal garantire a tutti i cittadini di accedere con un'identità digitale unica su tutto il suolo europeo. A tal proposito il Comitato propone di riutilizzare quanto già stabilito e previsto dal regolamento eIDAS (7) sull'identità digitale che ha dimostrato di offrire garanzie sia per la tutela dei dati sia per la sicurezza contro usi distorti del servizio (terrorismo). Tale processo avrebbe ricadute importanti anche in termini di rafforzamento del sentimento di cittadinanza europea.

5.7

Il CESE condivide l'adozione di meccanismi deburocratizzati e semplificati per accedere ai finanziamenti. Il Comitato, tuttavia, nota che la proposta della Commissione non prevede un periodo minimo nel quale gli enti locali beneficiari siano obbligati ad offrire il servizio di connessione wifi gratuita (punito con la restituzione dei fondi ricevuti). Il CESE raccomanda di fissare a 3 anni tale obbligo di erogazione minima del servizio.

5.8

La Commissione dovrebbe ulteriormente incentivare gli Stati a favorire la diffusione degli accessi gratuiti a Internet in wifi presso tutti i luoghi pubblici. Questo sarebbe di particolare importanza nelle cittadine di piccole dimensioni e nei territori a scarsa vocazione di mercato, dove i grandi operatori commerciali difficilmente faranno investimenti significativi nelle infrastrutture digitali, nell'ottica di uno sviluppo più armonico dell'UE che offra maggiori opportunità e qualità della vita a tutti.

5.9

Il CESE ribadisce la sua richiesta alla Commissione di tener conto dell'aspetto demografico. Molte persone anziane sono ancora, di fatto, degli analfabeti digitali. Il Comitato raccomanda pertanto che l'iniziativa Wifi4EU comporti la creazione di un punto di accesso unico, multilingue e facile da usare; e raccomanda inoltre che i comuni che ricevono mezzi finanziari offrano formazioni soprattutto per le persone anziane, in modo da promuovere la diffusione di Internet, garantire il successo dell'iniziativa, combattere l'esclusione sociale e rendere più coese le comunità locali.

Bruxelles, 26 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 8.

(2)  GU C 389 del 21.10.2016, pag. 28.

(3)  GU C 451 del 16.12.2014, pag. 25.

(4)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 9.

(5)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 8.

(6)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 8.

(7)  GU L 257 del 28.8.2014, pag. 73.


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/74


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Il 5G per l'Europa: un piano d'azione»

[COM(2016) 588 final]

(2017/C 125/11)

Relatore unico:

Mihai MANOLIU

Consultazione

Commissione, 24 novembre 2016

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sezione

11 gennaio 2017

Adozione in sessione plenaria

26 gennaio 2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

199/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE ritiene opportuno sostenere gli obiettivi della Commissione europea per il dispiegamento delle prime reti 5G entro il 2018 e il lancio di servizi commerciali in Europa entro la fine del 2020.

1.2

A giudizio del CESE, i fattori determinanti saranno la riuscita dei progetti realizzati nell'ambito del 5G-PPP durante la fase di ricerca e l'integrazione delle reti fronthaul con le reti backhaul nel trasporto dei dati mediante la realizzazione di switch ad alta capacità, collegamenti di trasmissione eterogenei e unità di elaborazione localizzate in cloud facendo ricorso a numerosi fornitori di servizi Internet.

1.3

Il CESE raccomanda alla Commissione di collaborare con gli Stati membri e gli organismi internazionali per risolvere i problemi tecnici relativi alle frequenze di funzionamento e alla larghezza di banda, nonché per sviluppare le norme (senza norme specifiche non è possibile parlare di sviluppo massiccio, e senza sviluppo non è possibile parlare di un mercato dei dispositivi accessibili a prezzi equi).

1.4

Il CESE ha presenti i possibili rischi per tutte le aree urbane e i principali assi di trasporto che in futuro beneficeranno della copertura 5G (vi sono diversi fattori che possono ostacolare il conseguimento degli obiettivi). Le misure volte a stimolare la domanda non si sono rivelate efficienti per la fornitura di servizi in queste aree.

1.5

Il Comitato appoggia l'iniziativa di compensare mediante investimenti pubblici, o altre soluzioni di finanziamento, la mancanza di investimenti privati nelle regioni remote e in quelle scarsamente popolate di alcuni Stati membri. Al contempo ritiene che, nel basare le decisioni di finanziamento su fondi pubblici, si debbano tenere presenti gli effetti sull'economia locale, il telelavoro, l'offerta di servizi sanitari e le nuove opportunità nel settore dell'istruzione (effetti spill-over).

1.6

Il CESE raccomanda di procedere all'armonizzazione delle procedure e alla definizione delle specifiche per tutte le fasi del progetto 5G quale premessa per rapporti di lavoro equi, in cui le parti sociali possano valutare in modo obiettivo sia le disfunzioni che il progresso nel raggiungimento degli obiettivi.

1.7

Il CESE reputa che le reti 5G, grazie a caratteristiche specifiche come l'interoperabilità, la trasparenza e la sicurezza dei dati, possano contribuire in maniera significativa alla modernizzazione delle pubbliche amministrazioni degli Stati membri e alla riduzione della burocrazia.

1.8

Il CESE evidenzia il ruolo che le PMI possono svolgere in ambito digitale. Esse hanno la possibilità di introdurre sul mercato nuovi modelli di innovazione; il finanziamento pubblico di cluster virtuali ad esse dedicati può rappresentare una soluzione per sostenere le start-up e un'opportunità di cui tener conto, unitamente ad altri modelli di finanziamento innovativi e personalizzati.

1.9

A giudizio del CESE, lo sviluppo delle competenze digitali (e-Competences) dei cittadini e, in particolare, dei lavoratori, deve costituire una priorità per l'UE. Le azioni dell'UE connesse alla strategia e-Skills e al partenariato multilaterale Grande coalizione per l'occupazione nel digitale costituiscono il punto di collegamento tra le parti sociali, gli operatori del settore dell'istruzione e altri attori sociali di rilievo in questo campo. Il CESE segnala che un'attenzione speciale va riservata alle persone con disabilità, per le quali vanno create le condizioni per un facile accesso alle nuove tecnologie generate dal 5G.

1.10

Il CESE raccomanda che gli investimenti finanziati con i fondi strutturali creino condizioni di parità per tutti gli Stati membri e consentano un accesso equilibrato e non discriminatorio per tutti gli operatori economici.

1.11

Ai settori dell'agricoltura e della silvicoltura e a molte imprese situate in zone rurali e remote d'Europa sono state costantemente promesse una banda larga più veloce e reti di telefonia mobile 3/4G, ma queste promesse non sono mai state mantenute. Se si vuole assicurare un futuro alle zone rurali, remote, montane e insulari d'Europa, queste aree devono indubbiamente avere il diritto di chiedere l'accesso ad almeno una banda larga da 5Mb e a comunicazioni mobili 3/4G.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il CESE ha sostenuto in tutti i suoi pareri le iniziative della Commissione nel settore delle TIC, quale premessa per la realizzazione di un mercato unico digitale che sia un motore per lo sviluppo economico e sociale dell'UE. Il CESE valuta positivamente l'impegno della Commissione nella realizzazione delle reti della generazione 5G (tecnologia CI per reti mobili) e appoggia le azioni da essa intraprese sin dalla fase della ricerca. Come avviene per qualsiasi nuovo prodotto o servizio, la sua immissione sul mercato e il suo sviluppo comportano una serie di rischi e opportunità da valutare in maniera obiettiva, al fine di attuare le migliori politiche per il conseguimento dei risultati prefissi.

2.2

Pur basandosi sulla tecnologia attuale, la generazione 5G non va confusa con quella 4G, che può includere diverse tecnologie avanzate globali tra cui: LTE e LTE Advanced (TD-LTE, AXGP, LTE-A, TD-LTE-A, LTE con VoLTE), WiMax, WiMAx2, Network Function Virtualization/Software Defined Network (NFV/SDN), HetNets (Heterogeneous Networks) e LPLT (Low Power Low Throughput network).

2.3

La caratteristica principale della tecnologia 5G rispetto alla 4G è la velocità molto più elevata (Samsung ha annunciato una velocità di 7,5 Gbps, Nokia di 10 Gbps, mentre la University of Surrey nel Regno Unito ha comunicato l'anno scorso di aver ottenuto la velocità sorprendente di 1 Tbps, pari alla tecnologia in fibra ottica; tutti questi risultati sono stati ottenuti in condizioni di laboratorio). Oltre alla velocità, la latenza ridotta (garantire una latenza sotto 1 ms nelle grandi reti) e l'alta capacità rappresentano altri benefici importanti. Se in condizioni reali non si raggiungerà un livello di latenza inferiore al valore di 1 ms, non sarà possibile realizzare parte dei servizi identificati per il 5G con le caratteristiche necessarie (realtà aumentata, realtà virtuale, automobili senza conducente, Internet tattile).

2.4

Nella medesima ottica, le reazioni che tutte le parti interessate avranno sul mercato dipenderanno da queste caratteristiche tecniche attese. È importante rammentare che, nel passaggio dalle reti 2G alle reti 3G, le aspettative degli utenti di telefonia mobile circa l'accesso a Internet non si sono concretizzate. Questa connessione è stata possibile solo con il reale dispiegamento delle capacità tecniche specifiche della tecnologia 3,5G, cosicché combinando gli smartphone alle reti mobili a banda larga si è potuto accedere a Internet da questi dispositivi.

2.5

Le reti 5G e quelle in fibra ottica sono complementari. Sulle brevi distanze e nelle aree molto congestionate per il grande numero di connessioni, il 5G rappresenta una soluzione migliore. Per il trasporto delle informazioni a lunga distanza, le reti in fibra ottica (di tipo backhaul e backbone) offrono vantaggi imbattibili: una velocità di trasmissione fino a 1 Tb, nessun rischio di interferenza con altri segnali elettromagnetici che inquinano l'ambiente e influiscono sulle tecnologie wireless, e nessuna attenuazione del segnale nell'ambiente di trasmissione.

2.6

L'armonizzazione delle specifiche tecniche necessarie sia per i dispositivi e le apparecchiature che per le reti rappresenta un fattore centrale nelle preoccupazioni delle società coinvolte e delle associazioni internazionali che lavorano nel settore. Le specifiche forniscono istruzioni per la verifica e la convalida dei componenti tecnici essenziali per il 5G. Lo sviluppo di tali specifiche offre ai partner del settore industriale, ai fornitori di componenti e reti, nonché agli operatori la possibilità di sviluppare soluzioni interoperabili e contribuire al processo che precede la normazione. Mentre l'UIT, il 3GPP e altri organismi di normazione hanno fissato il 2020 quale termine entro cui definire e norme 5G, i fornitori di telefonia mobile si stanno muovendo a ritmi accelerati per garantire un'offerta di servizi 5G il più competitiva possibile.

2.7

Il CESE è dell'avviso che i piani d'azione per lo sviluppo del 5G e la loro attuazione su larga scala debbano poter contare su iniziative di sostegno (volte a incoraggiare la domanda per un Internet a banda larga e a prezzi accessibili agli utenti) e di carattere operativo, affinché tali termini ottimistici possano essere rispettati.

2.8

Il CESE teme che questo sviluppo (le reti 5G) possa portare a una battuta d'arresto nell'attuale sviluppo del 3G e 4G nelle zone rurali, remote e montane a causa della promessa di qualcosa di più avanzato nei prossimi vent'anni.

2.9

In molte parti d'Europa non esiste alcun segnale di telefonia mobile, sia esso 2G, 3G o 4G. Questa situazione è dovuta al fatto che, ogniqualvolta diventa disponibile una nuova tecnologia, viene interrotto il dispiegamento delle versioni precedenti, e questo significa che molte zone rurali, remote e montane d'Europa hanno servizi di comunicazione che sono obsoleti da vent'anni.

2.10

L'impiego della banda larga ad altissima velocità diventerà parte integrante della rete 5G, ma cosa succederà se le imprese non disporranno di un collegamento in fibra ad altissima velocità e se la velocità della loro rete cablata sarà inferiore a 1 Mb? Ai settori dell'agricoltura e della silvicoltura e a molte imprese situate in zone rurali e remote d'Europa sono state costantemente promesse una banda larga più veloce e reti di telefonia mobile 3/4G, ma queste promesse non sono mai state mantenute.

2.11

Una bassa densità demografica in un'area molto estesa rappresenta un problema diffuso in tutta l'Europa, e questa situazione viene spesso indicata dai fornitori come la ragione dell'assenza di servizio in queste zone. Se si vuole assicurare un futuro alle zone rurali, remote, montane e insulari d'Europa, queste aree devono indubbiamente avere il diritto di chiedere l'accesso ad almeno una banda larga da 5 Mb e a comunicazioni mobili 3/4G.

3.   Osservazioni specifiche

3.1

Tenuto conto del fatto che l'introduzione della nuova tecnologia comporta costi enormi, il CESE sottolinea che il fabbisogno di investimenti nell'UE supera di gran lunga il valore degli investimenti previsti nel quadro del partenariato pubblico-privato al quale partecipa la Commissione (4,2 miliardi di EUR). Il CESE è dell'avviso che le azioni proposte dalla Commissione europea possano contribuire a sostenere gli sforzi sul piano delle risorse finanziare, umane e tecniche se ci sarà un impegno costante, se verrà creato un quadro che stimoli gli investimenti privati, nonché se verrà operato un coordinamento perfetto tra gli sforzi della Commissione e quelli degli Stati membri.

Azione 1. La Commissione collaborerà con gli Stati membri e le parti interessate dell'industria per stabilire, su base volontaria, un programma di lavoro per il lancio tempestivo delle reti 5G.

3.2

L'obiettivo della Commissione di introdurre le prime reti 5G entro la fine del 2018, seguito dal lancio in Europa di servizi commerciali entro la fine del 2020, dipende principalmente dai risultati dei progetti realizzati nel quadro del 5G-PPP durante la fase di ricerca. Tra questi ultimi, si rivela essenziale il progetto 5GXCrosshaul, relativo all'integrazione delle reti fronthaul (reti wireless 5G) con le reti backhaul (reti realizzate in gran parte in fibra ottica) nel trasporto dei dati. È necessario realizzare switch ad alta capacità, collegamenti di trasmissione eterogenei, unità di elaborazione localizzate nel cloud (minicentri dati), nonché punti di presenza delle reti di base di uno o più fornitori di servizi Internet.

Azioni 2 e 3. La Commissione collaborerà con gli Stati membri per stilare un elenco provvisorio di bande di frequenza «pioniere» per il lancio iniziale dei servizi 5G (entro la fine del 2016), nonché per concordare l'armonizzazione della serie completa delle bande di frequenza in vista del dispiegamento iniziale delle reti 5G commerciali in Europa (entro la fine del 2017).

3.3

Le frequenze radio su cui operano le tecnologie 3G e 4G sono molto congestionate, pertanto la risoluzione dei problemi di natura tecnica riguardanti le frequenze e la larghezza di banda per il 5G rappresenta un obiettivo a livello globale. Oltre alla collaborazione con gli Stati membri, la Commissione deve tenere conto anche dei passi già compiuti a livello internazionale dagli organismi del settore. Per la tecnologia 5G, l'UIT e il 3GPP — che raggruppano organismi di normazione quali ARIB, ATIS, ETSI, TSDSI, TTA, TTC e CCSA — hanno concordato un piano in due fasi: la prima riguarderà specificamente l'attività di ricerca, mentre la seconda l'attività per lo sviluppo massiccio.

Azione 4. Nell'ambito dell'elaborazione delle tabelle di marcia nazionali sul 5G, la Commissione collaborerà con l'industria, gli Stati membri e altre parti interessate (copertura 5G ininterrotta entro il 2025).

3.4

L'obiettivo della Commissione di raggiungere entro il 2025 una copertura 5G in tutte le aree urbane e in tutti i principali assi di trasporto non è semplice da realizzare. Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che un calendario con scadenze a breve termine per il conseguimento di obiettivi tanto ambiziosi comporta rischi considerevoli. L'analisi del dispiegamento delle reti di tipo Next Generation Network e le politiche per la riduzione del divario digitale hanno mostrato che le aree bianche e quelle grigie, definite negli orientamenti sulle reti a banda larga, sono ancora estese. Né le regolamentazioni ex ante né le misure adottate per stimolare la domanda si sono rivelate sufficienti per la fornitura di servizi a banda larga in queste aree.

3.5

Il CESE sottolinea che la promozione e il finanziamento dei progetti per il dispiegamento delle reti 5G attraverso la riduzione dei fondi per le reti in fibra ottica (NGA e NGN) può portare ad ampliare il divario digitale tra le regioni di alcuni Stati membri. La mancanza di investimenti privati nelle reti 5G e nelle reti in fibra ottica nelle regioni remote e in quelle con una popolazione ridotta e dispersa sul territorio, dovuta al modesto rendimento del capitale investito, deve essere compensata con investimenti pubblici o altre soluzioni di finanziamento individuate nei singoli Stati membri. Nel basare alcune decisioni di finanziamento su fondi pubblici, è necessario tenere presenti gli effetti di ricaduta (spill-over) sull'economia locale, il telelavoro, i servizi sanitari e le opportunità nel campo dell'istruzione.

Azione 5. La Commissione invita gli Stati membri e l'industria a impegnarsi a perseguire una serie di obiettivi riguardanti l'approccio alla normazione (norme globali iniziali al più tardi entro la fine del 2019).

3.6

I piani 5G non sono sufficienti per proteggere la rete e gli utenti. Al fine di garantire un livello di protezione adeguato, l'armonizzazione delle reti 5G e delle procedure diviene una necessità. Il monitoraggio dell'infrastruttura delle reti 5G, la separazione tra reti di gestione e rete di servizi, l'adozione di procedure ben definite per la gestione degli incidenti, nonché altri processi, possono portare a garantire un livello ottimale di sicurezza sia per gli utenti che per l'infrastruttura di rete. La verifica del livello di sicurezza riveste un ruolo cruciale. Tutti i protocolli di interazione devono funzionare correttamente, anche in caso di attacco informatico (gli hacker cercano continuamente di individuare e sfruttare le vulnerabilità dei prodotti).

3.7

Il CESE considera che l'armonizzazione delle procedure nei processi industriali e l'esistenza di specifiche tecniche per i dispositivi siano le premesse per assicurare rapporti di lavoro equi nelle società del settore, in cui le parti sociali possano valutare in modo obiettivo le cause delle disfunzioni eventualmente osservate e collaborare sia per porvi rimedio che per conseguire gli obiettivi prefissati. In alcuni pareri precedenti, il CESE ha richiamato l'attenzione sul fatto che un eccesso di normazione potrebbe costituire un ostacolo per il progresso in questo settore.

Azione 6. Per favorire la nascita di ecosistemi digitali basati su connettività 5G, sarà necessario pianificare esperimenti tecnologici chiave e sperimentare nuove applicazioni attraverso il 5G-PPP (2017), nonché definire tabelle di marcia dettagliate per l'attuazione di sperimentazioni precommerciali (marzo 2017) (2018: Europa — leader mondiale per l'introduzione del 5G).

3.8

La verifica quanto più precoce di terminali e applicazioni a livello europeo può costituire, nella corsa a livello mondiale, un vantaggio in più rispetto ai grandi attori internazionali. Dal punto di vista commerciale, lo sviluppo del 5G su vasta scala comporta una serie di condizioni da rispettare. Pertanto, il CESE è dell'avviso che, finché non verranno adottate norme specifiche, non sia possibile uno sviluppo massiccio; inoltre, senza questo sviluppo non faranno la loro comparsa sul mercato dispositivi accessibili sul piano economico, e l'assenza dei dispostivi porterà alla mancanza dei componenti essenziali che definiscono il 5G.

3.9

A giudizio del CESE, una delle maggiori sfide del 5G consiste nell'attirare gli investimenti per lo sviluppo e il dispiegamento su vasta scala, dato che la tecnologia 4G — che la maggior parte degli utenti confonde con l'LTE — racchiuderà un potenziale notevole anche in futuro e gli operatori avranno grandi opportunità di generare profitti grazie agli investimenti nelle reti LTE.

3.10

In Europa, la migrazione dalle reti 3G alle 4G si situa ancora a livelli ridotti rispetto alla Corea del Sud, agli Stati Uniti e al Giappone. È possibile che gli operatori, e persino gli utenti, preferiscano le reti di tipo 4G, tanto più che il loro lo sviluppo continuerà indipendentemente dal 5G, poiché ciascuna delle tecnologie che compongono il 4G è in grado di generare benefici quantificabili per gli operatori negli anni a venire, con costi molto minori rispetto a una tecnologia nuova.

Azione 7. La Commissione incoraggia gli Stati membri a prendere in considerazione l'utilizzo della futura infrastruttura 5G per migliorare le prestazioni dei servizi di comunicazione utilizzati per l'ordine pubblico e la sicurezza, la protezione civile e i soccorsi in caso di catastrofe (tabelle di marcia nazionali sul 5G).

3.11

Il CESE è convinto che le reti 5G possano apportare un contributo significativo alla modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, all'utilizzo dei dati e all'interoperabilità. Incoraggiare gli Stati membri a sostenere l'utilizzo della futura infrastruttura 5G da parte degli enti pubblici costituisce uno strumento di promozione delle nuove reti. Il CESE raccomanda alla Commissione di tener presente anche la possibilità di investimenti periodici per la sostituzione delle apparecchiature utilizzate dai dipendenti delle istituzioni europee nelle loro normali attività, quale testimonianza del ruolo di consumatore che essa intende svolgere nella promozione del 5G. La stessa raccomandazione dovrebbe essere inoltre rivolta agli Stati membri per quanto concerne gli investimenti pubblici.

3.12

Il CESE è dell'avviso che attirare investimenti privati sia vitale per l'UE; pertanto, devono essere prese in considerazione combinazioni di politiche che stimolino non solo l'attività di ricerca, ma anche le attività di innovazione. Il Consiglio per l'innovazione istituito a livello UE può apportare un contributo importante nella promozione dell'attività di innovazione, unitamente a diversi altri strumenti.

3.13

Per la Commissione europea, una delle preoccupazioni di primaria importanza deve consistere nello stimolare la ricerca, l'innovazione e lo sviluppo sul territorio dell'Unione, nell'indurre le imprese europee ad aumentare la spesa per la ricerca e lo sviluppo (R&S) all'interno dell'UE e nell'attirare altri investitori di paesi terzi. Nel periodo 2007-2015 sono aumentati i fondi destinati dalle imprese europee per la R&S in paesi terzi. Questa crescita dei fondi per attività di R&S in paesi terzi (la Cina è diventata il principale beneficiario della spesa sostenuta dalle imprese per la R&S), unita a una flessione degli investimenti destinati alla R&S provenienti dall'estero, ha contribuito a un calo degli investimenti in Europa per questo settore.

Azione 8. La Commissione collaborerà con l'industria e con il gruppo BEI/FEI (finanziamento per le PMI) per individuare gli obiettivi, la configurazione e le modalità di uno strumento di finanziamento basato su capitale di rischio (fattibilità da valutare entro la fine di marzo 2017, finanziamenti privati e varie fonti di finanziamento pubblico).

3.14

Il CESE accoglie con favore le iniziative della Commissione volte ad incoraggiare gli imprenditori del settore digitale. Il forum strategico per le politiche relative all'imprenditoria digitale, creato nel 2014, ha pubblicato i risultati dell'attività portata avanti nel settore. Il CESE è convinto che le PMI possano svolgere un ruolo importante nella promozione di nuovi modelli di innovazione. La definizione e la diffusione di modalità di finanziamento per la creazione e lo sviluppo di cluster virtuali innovativi dedicati alle PMI rappresenta una delle soluzioni per sostenere le start-up innovative europee attraverso l'utilizzo di fondi pubblici destinati allo sviluppo di servizi e applicazioni. È un'opportunità che non deve essere trascurata.

3.15

Il CESE ritiene che, nel contesto dell'introduzione della generazione di reti 5G, lo sviluppo delle competenze digitali dei cittadini in generale e dei lavoratori in particolare debba restare una priorità dell'UE. Le azioni dell'Unione relative alla strategia e-Skills e il quadro europeo per le competenze nel settore digitale (e-Competences) restano di attualità.

3.16

Il CESE sostiene la Grande coalizione per l'occupazione nel digitale (The Grand Coalition for Digital Jobs), che può rappresentare il punto di collegamento tra parti sociali, operatori del settore dell'istruzione e altri attori pubblici e privati, al fine di attirare il maggior numero di giovani nel settore delle TIC.

Le difficoltà di accesso ai servizi delle reti 5G e alle loro specifiche applicazioni, incontrate dalle persone appartenenti a gruppi svantaggiati a causa del loro ridotto potere d'acquisto, rappresenteranno una sfida per le future politiche dell'UE. Un'attenzione particolare dovrà essere rivolta alle persone con disabilità, che dovranno poter accedere agevolmente ai nuovi dispositivi e alle nuove tecnologie che i produttori svilupperanno.

3.17

Il CESE ritiene che i piani di investimento basati sui fondi strutturali debbano creare condizioni di parità tra tutti gli Stati membri. I criteri previsti dai bandi di gara per l'approvazione dei progetti devono consentire l'accesso equilibrato e non discriminatorio degli Stati membri, oltre che degli operatori economici di tutti gli Stati membri. Al fine di evitare l'ampliamento delle disparità digitali tra gli Stati membri, con ricadute negative sull'obiettivo di realizzare un mercato digitale unico nell'UE, il CESE raccomanda di valutare le modalità di attuazione del Piano Juncker. La correzione delle disfunzioni riscontrate deve diventare l'occasione per trarre un insegnamento, affinché la decisione politica sul finanziamento delle reti 5G divenga un pilastro di sostegno che rafforzi la coesione all'interno dell'UE.

3.18

Oltre ai rischi connessi alle prestazioni tecniche delle nuove reti, alle politiche e decisioni in materia di ripartizione delle risorse finanziarie pubbliche, e alle considerazioni commerciali che fanno privilegiare l'assunzione di rischi di investimento nelle nuove tecnologie oppure la continuazione degli investimenti per migliorare quelle esistenti (si stima che il 4G giungerà a saturazione nel 2030), esistono altri rischi che gli investitori stanno valutando con molta attenzione, prima di prendere la decisione di investire o meno.

3.19

Il monitoraggio costante dei progressi registrati nella realizzazione delle reti 5G consentirà di correggere le inevitabili discrepanze tra le valutazioni ex ante e quelle ex post, in modo da poter conseguire i due obiettivi indicati nella comunicazione, ossia quello relativo ai brevetti essenziali per le norme (SEP), il 20 % dei quali deve essere detenuto da organizzazioni europee, e quello relativo alla quota minima di mercato del 35 % che dovrebbe essere detenuta da fornitori europei di infrastrutture di rete 5G.

Bruxelles, 26 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/80


Parere del Comitato economico e sociale europeo seulla «Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla partecipazione dell'Unione al partenariato per la ricerca e l'innovazione nell'area del Mediterraneo (PRIMA) avviato congiuntamente da più Stati membri»

[COM(2016) 662 final - 2016/0325 (COD)]

(2017/C 125/12)

Relatore:

Emilio FATOVIC

Consultazione

Commissione, 18 ottobre 2016, Consiglio, 09 novembre 2016, Parlamento, 27 ottobre 2016

Base giuridica

Articolo 188 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

REX

Adozione in sessione plenaria

26 gennaio 2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

164/3/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), in linea con i suoi precedenti numerosi pareri, accoglie con favore la partecipazione al programma PRIMA al fine di sviluppare soluzioni innovative comuni per rendere l'approvvigionamento idrico e i sistemi alimentari nella regione del Mediterraneo più sicuri, efficaci, efficienti e sostenibili sia in termini ambientali che di costi.

1.2

Il CESE ritiene che partecipare a PRIMA rappresenterebbe un valore aggiunto per tutta l'UE, poiché consentirebbe di affrontare in modo integrato alcune delle cause profonde che sono alla base dell'instabilità dell'area del Mediterraneo e che fomentano le migrazioni di massa. D'altro canto, il partenariato contrattuale e il superamento della logica bilaterale a favore di una multilaterale e condivisa potrebbero rendere PRIMA un importante modello negli anni futuri.

1.3

Il Comitato ritiene che un approccio realmente olistico, multilivello e trans-settoriale, unitamente a degli obiettivi concreti e misurabili in materia di sostenibilità, resilienza, qualità della vita e del lavoro, diritti umani e democrazia siano condizioni imprescindibili per il successo di PRIMA.

1.4

Il CESE condivide la proposta di fondare la partecipazione al programma PRIMA sulla base dell'art. 185 del TFUE al fine di garantire la massima integrazione possibile a livello scientifico, di gestione e finanziario e coinvolgendo gli Stati membri e i paesi terzi, per la prima volta sul medesimo livello. Tutto ciò, inserendosi in una più ampia Strategia Macroregionale per il Mediterraneo che tenga conto di tutte le altre politiche (PEV), iniziative e partenariati (UpM) già in essere nella suddetta regione, sarà funzionale ad affrontare con maggiore efficacia i problemi comuni con i paesi terzi in una logica di co-sviluppo e co-decisione.

1.5

Il CESE condivide il principio che i finanziamenti dell'Unione al programma PRIMA siano almeno equivalenti a quelli nazionali e, in caso di mancato o ritardato contributo da parte degli Stati promotori, la possibilità da parte della Commissione di ridurre in proporzione il contributo finanziario dell'UE.

1.6

Il Comitato sostiene la creazione di PRIMA-IS, quale struttura esecutiva responsabile per la gestione e il controllo del programma PRIMA. Il CESE auspica che questo organismo sia caratterizzato da una governance aperta e preveda meccanismi di ingresso inclusivi in particolare per l'adesione di nuovi Stati terzi o Stati membri. Inoltre, il Comitato auspica il coinvolgimento di tutti gli stakeholders potenzialmente interessati (regioni, enti locali, università e società civile organizzata) all'interno di PRIMA-IS al fine di rafforzarne la governance e contribuire ad individuare e monitorare congiuntamente gli impatti economici, occupazionali e sociali del programma.

1.7

Il CESE, in linea con il principio di trasversalità con le altre politiche UE, raccomanda di integrare PRIMA con il pacchetto sull'economia circolare e tutte le iniziative ad esso collegate (es. sfruttamento dei suoli e fertilizzanti).

1.8

Il Comitato rinnova l'urgenza di una direttiva quadro sui suoli, che tenga conto delle differenze esistenti tra i vari paesi UE, al fine di focalizzare al meglio l'attività di innovazione e ricerca del programma PRIMA.

1.9

Il CESE ribadisce la necessità che il programma affronti il tema dell'acqua in modo globale, tenendo in considerazione le dimensioni ambientale, economica e sociale, nonché tutto il ciclo dell'acqua, incluse le tappe artificiali, nell'ottica di uno sviluppo sostenibile. Occorre, infatti, un approccio più equo al prelievo d'acqua, bilanciando le esigenze e la concorrenza tra i settori economici ed energetici, la necessità di preservare gli ecosistemi d'acqua dolce e il dovere di garantire ai cittadini un diritto fondamentale.

1.10

Il CESE considera che il programma Horizon 2020 sia lo strumento più adatto per distribuire i fondi, così come condivide la scelta di far rientrare gran parte delle attività previste dal programma PRIMA tra le cosiddette «Sfide della Società». In particolare, il Comitato raccomanda di favorire processi di ricerca e innovazione del settore agricolo e della produzione alimentare dal forte impatto sociale, accessibili economicamente e facilmente trasferibili, ma che prevedano altresì la valorizzazione di conoscenze tradizionali, contrastando il fenomeno della fuga dei cervelli e favorendo la crescita economica e l'occupabilità in linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

1.11

Nel caso in cui uno o più progetti non potessero essere finanziati con fondi nazionali poiché è stata esaurita la dotazione nazionale, il CESE è favorevole a finanziarli con il supporto di PRIMA-IS. Tale finanziamento, che non potrà superare il 20 % dell'intero contributo UE al programma PRIMA, garantirà la realizzazione di progetti di elevata qualità.

1.12

Il CESE è favorevole alla partecipazione di soggetti provenienti da paesi UE non aderenti a PRIMA nel caso in cui le loro competenze non fossero disponibili nei paesi già aderenti al programma PRIMA. In tal caso il loro tasso di finanziamento non potrà superare il 50 % nelle «azioni ricerca e innovazione» e sarà compreso tra il 35 % e il 50 % per le «azioni innovazione». Ciò permetterà di realizzare progettualità ambiziose in una logica UE e sostenere i paesi che intendono aderire e investire nel programma PRIMA.

1.13

Il Comitato, alla luce delle grandi difficoltà incontrate da molti Stati terzi già aderenti ad Horizon 2020 ad ottemperare con rapidità ed efficacia ai requisiti formali del programma, auspica una semplificazione dei suddetti requisiti, laddove ciò sia possibile, e supportando attivamente il processo di capacity building

2.   Introduzione

2.1

Secondo le Nazioni Unite nella regione mediterranea vivono 180 milioni di persone «povere di risorse idriche», che corrispondono al 50 % dei «poveri d'acqua» dell'intero pianeta (1). Tutto ciò ha conseguenze gravissime sull'alimentazione, la salute, i mezzi di sussistenza, il tenore di vita e di benessere.

2.2

Il rapporto FAO «Mediterra 2016» evidenzia come negli ultimi anni questo fenomeno sia stato ulteriormente aggravato dall'instabilità politica, dai cambiamenti climatici e dalla rapida crescita della popolazione. A questi fattori, poi, si aggiunge il «triplo spreco» rappresentato dal cattivo uso delle risorse naturali, dagli sprechi alimentari e dalla lenta scomparsa dei saperi tradizionali (2).

2.3

I problemi della scarsità di risorse idriche e produzioni alimentari accessibili e sostenibili sono tra le cause principali dell'ondata migratoria che sta investendo l'Europa. Se tali fenomeni non vengono risolti all'origine, sarà impossibile fronteggiarne le conseguenze sia nel breve sia nel lungo periodo.

2.4

Gli investimenti in Ricerca e Innovazione (R&I) fatti dagli Stati membri nell'area mediterranea in materia di approvvigionamento idrico e produzione alimentare sostenibile non sono mai stati commisurati all'altezza della sfida e si sono spesso limitati a forme di cooperazione frammentata in quanto disciplinata da accordi bilaterali.

2.5

L'idea di un Partenariato per la Ricerca e l'Innovazione dell'area del Mediterraneo (PRIMA) nasce in occasione della Conferenza euromediterranea sulla scienza, la tecnologia e l'innovazione tenutasi a Barcellona nel 2012. L'obiettivo è quello di rafforzare la cooperazione euromediterranea nel campo della Ricerca e Innovazione (R&I), nel contesto degli obiettivi più ampi della politica estera dell'Unione per quanto attiene al vicinato meridionale (3).

2.6

La Commissione europea ha elaborato una dettagliata valutazione di impatto (4) ed una proposta partecipazione al programma (5), oggetto di analisi del suddetto parere, a seguito delle Conclusioni del Consiglio «Competitività» del 5 dicembre 2014 e di una formale proposta presentata nel dicembre dello stesso anno da parte degli Stati membri e dei paesi terzi del bacino del Mediterraneo (6).

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1

La partecipazione al programma PRIMA ha come base giuridica l'art. 185 del TFUE. Questo strumento consente all'Unione, nell'attuazione del programma quadro pluriennale, di partecipare ai programmi di ricerca e sviluppo avviati da più Stati membri, d'intesa con gli Stati membri interessati, compreso il coinvolgimento nelle strutture istituite per l'esecuzione di detti programmi.

3.2

Il programma, di durata decennale, sarà congiuntamente avviato da 14 paesi:

9 Stati membri: Cipro, Francia, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Repubblica ceca e Spagna;

2 paesi terzi associati a Horizon 2020: Israele e Tunisia;

3 paesi terzi non associati a Horizon 2020 Egitto, Libano e Marocco.

3.2.1

La partecipazione dei paesi terzi non associati a Horizon 2020 sarà subordinata ad un accordo internazionale con l'UE al fine di estendere il regime giuridico di PRIMA.

3.3

L'obiettivo di PRIMA è quello di sviluppare soluzioni innovative comuni per l'approvvigionamento idrico e i sistemi alimentari di cui la regione del Mediterraneo ha urgente bisogno. Tali soluzioni renderanno i sistemi di accesso all'acqua e all'alimentazione più sicuri, efficaci, efficienti e sostenibili sia in termini ambientali che di costi.

3.4

Il programma PRIMA sarà inserito in un quadro più ampio e vasto di azioni di alto livello e integrerà altre iniziative europee diverse dalla R&I. Tra esse:

La diplomazia scientifica

Revisione della politica europea di vicinato (PEV)

Obiettivi di sviluppo sostenibile

Migrazione

La diplomazia climatica europea dopo la COP21

3.5

Il programma PRIMA, in linea con la Comunicazione della Commissione sulla creazione di un nuovo quadro di partenariato con i paesi terzi nel quadro dell'agenda europea sulla migrazione  (7), si pone l'obiettivo di affrontare le cause profonde della migrazione avvalendosi di tutte le politiche UE disponibili (8), attraverso il meccanismo di partenariato contrattuale.

3.6

Per quanto concerne la sussidiarietà, PRIMA è strutturato come un programma congiunto fondato su e costituito da programmi nazionali gestiti e attività svolte dagli Stati membri partecipanti e dai paesi associati, con il sostegno e la partecipazione dell'UE. L'approccio multilaterale e multisettoriale, insieme ad un importante investimento in termini di risorse, dovrebbero consentire di raggiungere gli obiettivi sia tecnici sia politici di medio e lungo periodo che finora i singoli Stati membri non sono riusciti, da soli, a conseguire.

3.7

Sotto il profilo della proporzionalità, l'Unione parteciperà al programma PRIMA nell'ambito delle competenze previste dal TFUE e si limiterà ad agevolare e sostenere, anche finanziariamente, il conseguimento degli obiettivi di PRIMA da parte degli Stati partecipanti. Gli Stati partecipanti dovranno collaborare tra loro per coordinare, allineare e integrare meglio i programmi o le attività nazionali pertinenti e, infine, mettere a punto un programma strategico comune di ricerca a lungo termine.

3.8

L'Unione fornirà un sostegno finanziario equivalente agli investimenti nazionali. L'importo massimo del contributo UE, compresi gli stanziamenti EFTA, è pari a 200 milioni di euro. Il contributo sarà reso disponibile attraverso il programma quadro per la ricerca e l'innovazione Horizon 2020. Tale impegno coprirà sette anni di lavoro annuali nel periodo 2018-2024.

3.9

Il contributo massimo dell'UE non può superare quanto stanziato dagli Stati promotori. Inoltre, in caso di mancata o ridotta contribuzione degli Stati partecipanti al programma PRIMA, la Commissione potrà ridurre in proporzione il contributo finanziario dell'UE.

3.10

La Commissione prevede che per realizzare il programma di durata decennale sia necessario elaborare un programma strategico di ricerca completo e la sua attuazione integrale attraverso una serie di inviti a presentare proposte transnazionali, avviato da vari Stati partecipanti e attuato attraverso una struttura specifica di esecuzione. Il contributo dell'UE sarà prevalentemente gestito dalla struttura di esecuzione primaria di PRIMA, denominata PRIMA-IS.

3.11

La Commissione prevede che i piani di lavoro annuali (PLA) garantiranno la coerenza e il coordinamento a tutte le attività di PRIMA, e saranno orientati al raggiungimento degli obiettivi generali e specifici previsti dal programma. Il PLA, soggetto all'approvazione della Commissione, comprenderà:

inviti a presentare proposte transnazionali finanziate da PRIMA-IS con il contributo dell'UE, secondo le regole di Horizon 2020

attività finanziate esclusivamente dagli Stati partecipanti di cui si tiene conto per raggiungere l'equilibrio rispetto al contributo dell'UE.

Tali attività saranno valutate da una commissione di esperti esterni prima di essere inserite all'interno del PLA.

3.12

La relazione annuale di PRIMA-IS riguarderà entrambe le tipologie di intervento e sarà funzionale ad apportare modifiche e cambiamenti, anche in termini di impegno economico previo decisione della Commissione, laddove sia necessario. Inoltre, il programma Prima sarà sottoposto ad una valutazione intermedia nel 2022 e ad una valutazione finale nel 2028.

4.   Osservazioni generali

4.1

Premesso che:

Il CESE ha più volte sottolineato che acqua (9) e sostenibilità nella catena di produzione alimentare e agricola (10) devono rappresentare temi cardine delle politiche europee del presente e del futuro.

Il Comitato ha altresì denunciato che la crisi idrica e alimentare in atto nei paesi dell'area mediterranea (11) è, insieme alle guerre e al mancato rispetto dei diritti umani fondamentali, tra le cause principali dell'ondata migratoria che sta investendo l'Europa.

Il CESE ha più volte ribadito la necessità di rafforzare la cooperazione con i paesi terzi, in primis con quelli rientranti nella politica europea di vicinato (PEV) e nella Unione per il Mediterraneo (UpM), al fine di affrontare con maggiore efficacia le sfide comuni  (12) secondo la logica del co-sviluppo  (13).

Il Comitato ha più volte raccomandato azioni decise e risolutive per affrontare e risolvere i fenomeni all'origine della crisi politica, economica, sociale e umanitaria in atto nell'area del Mediterraneo (14).

Il CESE accoglie con favore il programma PRIMA a patto che sia sviluppato secondo un approccio realmente olistico (15), multilivello (16) e trans-settoriale (17), quali condizioni imprescindibili per una sua riuscita che comprenda il raggiungimento di standard concreti e misurabili in termini di sostenibilità (18), resilienza, qualità della vita e del lavoro, diritti umani e democrazia.

4.2

Il Comitato condivide la proposta della Commissione, supportata dai governi nazionali, le regioni, le autorità locali, le università, la società civile organizzata e tutti gli stakeholders interessati (19), di basare il programma PRIMA sull'art. 185 del TFUE al fine di garantire la massima integrazione possibile a livello scientifico, di gestione e finanziario e coinvolgendo gli Stati membri e i paesi terzi.

4.3

Il Comitato ritiene che il programma PRIMA possa rappresentare un'importante iniziativa nonché un ottimo modello, in quanto consentirebbe di superare la logica degli accordi di partenariato bilaterale che fino ad oggi hanno impedito, unitamente alla scarsa disponibilità di fondi, di affrontare in maniera coerente alcuni dei principali problemi che affliggono l'area mediterranea, nell'ottica più ampia di una Strategia Macroregionale per il Mediterraneo  (20).

4.4

Il CESE condivide il principio che finanziamenti dell'Unione al programma PRIMA siano equivalenti a quelli nazionali e, in caso di mancato o ritardato contributo da parte degli Stati promotori, la possibilità da parte della Commissione di ridurre in proporzione il contributo finanziario dell'UE.

4.5

Il Comitato ritiene PRIMA-IS una struttura esecutiva indispensabile e cruciale di gestione e controllo del programma PRIMA e dei finanziamenti europei ad essa destinati, per questo auspica che sia caratterizzata da una governance aperta.

4.6

Il CESE considera che il programma Horizon 2020 sia lo strumento più adatto per distribuire i fondi, così come condivide la scelta di far rientrare gran parte delle attività previste dal programma PRIMA tra le cosiddette «Sfide della Società», dato il loro carattere globale e transnazionale (21).

4.6.1

Il Comitato, riscontra che ad oggi molti Stati terzi già aderenti ad Horizon 2020 denunciano grandi difficoltà ad ottemperare con rapidità ed efficacia ai requisiti formali del programma. Il CESE, quindi, auspica una semplificazione dei suddetti requisiti, laddove ciò sia possibile al fine di facilitare la partecipazione e massimizzare i risultati.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Il Comitato riscontra che non tutti gli Stati mediterranei sono coinvolti nel processo. In linea di principio, qualsiasi altro Stato membro o paese terzo dovrebbe poter partecipare all'iniziativa PRIMA a condizione che contribuisca al suo finanziamento. Tuttavia, il CESE nota che sarà l'Assemblea Generale di PRIMA-IS, ove siedono i rappresentanti dei governi nazionali, a dover approvare all'unanimità l'ingresso di nuovi paesi terzi (22). Compatibilmente con le condizioni politiche e sociali del paese terzo candidato, il Comitato raccomanda all'UE di avere un approccio maggiormente inclusivo e di evitare il meccanismo di voto all'unanimità, sostituendolo con uno a maggioranza qualificata, poiché potrebbe trasformarsi in un potere di veto di alcuni Stati verso altri. Si raccomanda altresì di affrontare, nelle attività da intraprendere nell'attuazione del Programma, un'ampia gamma di livelli tecnologici (TRL) al fine di coprire tutte le fasi della produzione scientifica.

5.2

Il CESE raccomanda che il programma sia effettivamente trasversale alle altre politiche e iniziative UE già in essere o ancora da realizzare al fine di rafforzare la propria capacità di impatto. Il Comitato, in modo particolare, ravvisa la necessità di procedere in maniera coerente con il pacchetto sull'economia circolare (23). Questo fattore giocherà un ruolo cruciale per un utilizzo sostenibile delle acque e per una produzione alimentare e agricola sostenibile (es. sfruttamento dei suoli e fertilizzanti (24)).

5.2.1

Il Comitato considera che l'iniziativa PRIMA rinnova l'urgenza di una direttiva quadro sui suoli  (25), che tenga conto delle differenze esistenti tra i vari paesi UE, indispensabile per circoscrivere e focalizzare al meglio l'attività di innovazione e ricerca.

5.3

Il CESE raccomanda un approccio multilivello che preveda la partecipazione attiva della società civile organizzata. Questa potrebbe giocare un ruolo chiave non solo per il raggiungimento e la diffusione degli obiettivi specifici, ma anche di quelli più generali di democratizzazione e rafforzamento della tutela dei diritti umani in numerosi paesi terzi (26). Per questo il Comitato auspica una partecipazione diretta della società civile organizzata, sotto forma di comitato consultivo, anche all'interno di PRIMA-IS al fine di rafforzarne la governance e contribuire ad individuare e monitorare congiuntamente gli impatti economici e sociali del programma (27).

5.4

Nel caso in cui uno o più progetti non potessero essere finanziati con fondi nazionali attraverso le agenzie nazionali di finanziamento poiché è stata esaurita la dotazione nazionale, il Comitato propone di finanziare tali progetti con il supporto di PRIMA-IS. Tale finanziamento UE non potrà superare il 20 % dell'intero contributo UE e qualora il fondo addizionale non fosse sufficiente, sarà selezionato il progetto seguente nella graduatoria. Questa misura sarà fondamentale per mantenere elevata la qualità delle progettualità realizzate.

5.5

Il CESE è favorevole alla possibilità che soggetti provenienti da paesi UE non aderenti a PRIMA possano essere ammissibili a finanziamento nei casi in cui le loro competenze non fossero disponibili nei paesi già aderenti al programma PRIMA. In tal caso il loro tasso di finanziamento dovrebbe essere limitato al 50 % dei costi ammissibili nelle «azioni per ricerca e innovazione» e compreso tra il 35 % e il 50 % dei costi ammissibili per le «azioni innovazione». Ciò sarà funzionale a mantenere un alto livello delle progettualità realizzate in una logica UE e sostenere al contempo i paesi che intendono aderire e finanziare il programma PRIMA.

5.6

Il CESE ribadisce la necessità di affrontare il tema dell'acqua in modo globale, tenendo in considerazione le dimensioni ambientale, economica e sociale, e considerando tutto il ciclo dell'acqua, incluse le tappe artificiali rese possibili dalle nuove tecnologie, nell'ottica di uno sviluppo sostenibile. Occorre, infatti, un approccio più equo al prelievo d'acqua, che risponda alle esigenze e alla concorrenza tra settori economici ed energetici, alla necessità di preservare gli ecosistemi d'acqua dolce e all'esigenza di garantire ai cittadini un diritto fondamentale (28).

5.7

Il CESE ricorda che uno dei grandi problemi dell'area mediterranea, in modo particolare sul versante africano, è dato dalla perdita delle tecniche di produzione agricola sostenibili tradizionali legata alla fuga dei cervelli (principalmente giovani). Il Comitato raccomanda, nell'ambito degli studi e ricerche ad alto valore aggiunto nel quadro del programma Horizon 2020, di immaginare processi dal forte impatto sociale, caratterizzati da accessibilità economica e facilmente trasferibili, in modo da valorizzare tali conoscenze e favorendo la crescita economica e l'occupabilità.

Bruxelles, 26 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  UNEP/MAP-Plan Bleu, State of the Environment and Development in the Mediterranean, Athens, 2009. Nel bacino del Mediterraneo si dispone di appena il 3 % delle risorse idriche dell’intero pianeta. Secondo le Nazioni Unite, ogni persona ha bisogno di almeno 1 700 m3 di acqua all’anno per vivere dignitosamente. Nel bacino del Mediterraneo, abitato da 460 milioni di persone, ben 180 sono considerate «water poor» in quanto hanno meno di 1 000 m3 di acqua pro-capite/anno, e di queste ben 80 milioni non superano i 500 m3, il che le colloca in una condizione di povertà estrema di risorse idriche.

(2)  CIHEAM/FAO. Mediterra 2016. Zero Waste in the Mediterranean. Natural Resources, Food and Knowledge, Paris, Presses de Sciences Po, 2016.

(3)  COM(2016) 385 final. Comunicazione della Commissione sull’istituzione di un nuovo quadro di partenariato per i paesi terzi nel quadro dell’agenda europea sulla migrazione.

(4)  SWD(2016) 332 final.

(5)  Cfr. nota a piè di pagina 3.

(6)  Tale proposta è stata presentata da19 paesi.

(7)  COM(2016) 385 final.

(8)  Istruzione, ricerca, cambiamenti climatici, energia, ambiente, agricoltura.

(9)  Cfr. parere del CESE (GU C 44 del 15.2.2013, pag. 147); (GU C 12 del 15.1.2015, pag. 33).

(10)  Cfr. parere del CESE (GU C 303 del 19.8.2016, pag. 64).

(11)  Cfr. parere del CESE (GU C 347 del 18.12.2010, pag. 41.

(12)  Cfr. parere del CESE (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 91).

(13)  Cfr. risoluzione del CESE sul contributo del CESE al programma di lavoro della Commissione europea per il 2017», 2016. Punto 9.4 «La valutazione della PEV dovrebbe costituire una priorità. Le relazioni con i paesi del Mediterraneo meridionale e orientale non dovrebbero essere incentrate su un approccio difensivo basato su aspetti relativi alla sicurezza o alla crisi dei profughi, ma dovrebbero invece dar vita a un'autentica politica di co-sviluppo tra partner di pari livello».

(14)  Cfr. parere del CESE, «Il CESE si compiace dell'ultima proposta della Commissione in cui si esorta a rivolgere l'attenzione alla «dimensione esterna della crisi dei rifugiati (…). Questa ultima proposta sembra riconoscere il fatto che affrontare le cause profonde della migrazione è un compito che va oltre il campo degli affari interni e della sicurezza ed è connesso ad altri settori politici quali commercio, sviluppo, politica esterna, integrazione. Tale considerazione è in linea con il principio di coerenza delle politiche dell'UE in materia di cooperazione internazionale allo sviluppo» (GU C 71 del 24.2.2016, pag. 75, punto 1.7).

(15)  Cfr. parere del CESE sul tema Strategia macroregionale per la regione del Mediterraneo, (GU C 44 del 15.2.2013, pag. 1, punto 1.4).

(16)  Cfr. parere del CESE: «Il CESE ritiene che, nonostante la situazione particolarmente delicata (…) che regna nel Mediterraneo, esistano oggi i presupposti per l'instaurarsi di un dialogo multilivello tra la Commissione europea, gli Stati membri, i paesi aderenti al partenariato euromediterraneo, gli enti regionali e locali, nonché la società civile organizzata, ai fini della creazione di una strategia per la macroregione del Mediterraneo (suddivisa in due unità), in grado di soddisfare le esigenze della regione rafforzandone la competitività a livello internazionale» (GU C 44 del 15.2.2013, pag. 1, punto 1.1).

(17)  Cfr. parere del CESE sul tema La promozione delle energie rinnovabili e la politica europea di vicinato: il caso della regione euro mediterranea, (GU C 376 del 22.12.2011, pag. 1, punti 1.3, 1.10, 1.11); parere CESE sul tema La dimensione esterna della politica energetica dell'UE, (GU C 264 del 20.7.2016, pag. 28, punti 1.1; 1.2.3; 1.3); parere CESE sul tema Sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo, (GU C 43 del 15.2.2012, pag. 56).

(18)  Cfr. parere del CESE sul tema Euromed — gli obiettivi post 2015, (GU C 383 del 17.11.2015, pag. 44).

(19)  PRIMA Impact Assessment — Stakeholder Event. Malta, 17 aprile 2016.

(20)  Cfr. parere del CESE sul tema Verso una strategia per lo sviluppo della coesione nel Mediterraneo, (GU C 170 del 5.6.2014, pag. 1).

(21)  Cfr. parere del CESE sul tema ITC e PPP/Orizzonte 2020, (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 24).

(22)  COM(2016) 662 final. Art. 12.2.

(23)  Cfr. parere del CESE sul tema Pacchetto sull’economia circolare, (GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98).

(24)  Cfr. parere del CESE sul tema Economia circolare- Fertilizzanti, (GU C 389 del 21.10.2016, pag. 80).

(25)  Cfr. parere del CESE sul tema Strategia tematica per la protezione del suolo, (GU C 168 del 20.7.2007, pag. 29); parere del CESE sul tema Economia circolare-Fertilizzanti, (GU C 389 del 21.10.2016, pag. 80, punti 1.4; 3.6).

(26)  Cfr. parere del CESE sul tema Le società civili nella regione euromediterranea, (GU C 376 del 22.12.2011, pag. 32).

(27)  Cfr. parere del CESE sul tema Governance delle strategie macroregionali, (GU C 12 del 15.1.2015, pag. 64).

(28)  Cfr. parere del CESE sul tema Integrazione della politica dell'acqua nelle politiche europee, (GU C 248 del 25.8.2011, pag. 43, punto 1.13).