ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 192

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

49o anno
16 agosto 2006


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

II   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

63a Sessione plenaria del 16 febbraio 2006

2006/C 192/1

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta riveduta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia

1

2006/C 192/2

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori e alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori (2007-2013)

8

2006/C 192/3

Parere del Comitato delle regioni, in merito al Libro verde sull'efficienza energetica: fare di più con meno

12

2006/C 192/4

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio sulle politiche europee concernenti la gioventù Rispondere alle preoccupazioni dei giovani in Europa — attuare il Patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva

15

2006/C 192/5

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni i2010 — Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione

21

2006/C 192/6

Parere del Comitato delle regioni in merito alla:

25

2006/C 192/7

Risoluzione del Comitato delle regioni in merito agli Obiettivi politici del Comitato per il periodo 2006-2008

34

2006/C 192/8

Risoluzione del Comitato delle regioni sul tema La cooperazione transfrontaliera fa dell'Europa una realtà — Appello all'adozione del regolamento sul gruppo europeo di cooperazione territoriale

38

IT

 


II Atti preparatori

Comitato delle regioni

63a Sessione plenaria del 16 febbraio 2006

16.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/1


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta riveduta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia

(2006/C 192/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta rivista di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia (COM(2005) 319 def. — 2000/0212 (COD)),

vista la decisione del Consiglio del 27 settembre 2005 di consultarlo in materia conformemente all'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 23 marzo 2005, di incaricare la commissione Politica di coesione territoriale di elaborare un parere sull'argomento,

visto il regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, relativo all'azione degli Stati membri in materia di obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile, modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 1893/91,

vista la proposta di regolamento COM(2000) 7 def., modificata dal documento COM(2002) 107 def., relativo all'azione degli Stati membri in tema di obblighi di servizio pubblico e di aggiudicazione di contratti di servizio pubblico nel settore del trasporto di passeggeri per ferrovia, su strada e per via navigabile interna,

visto il proprio parere (CdR 292/2000 fin) (1) in merito alla suddetta proposta di regolamento COM(2000) 7 def. — 2000/0212 (COD)) relativo all'azione degli Stati membri in tema di obblighi di servizio pubblico e di aggiudicazione di contratti di servizio pubblico nel settore del trasporto di passeggeri per ferrovia, su strada e per via navigabile interna,

viste la sentenza della Corte di giustizia, del 24 luglio 2003, nella causa C-280/00 Altmark Trans GmbH e Regierungspräsidium Magdeburg contro Nahverkehrsgesellschaft Altmark GmbH, e quella dell'11 gennaio 2005 nella causa C-26/03 Stadt Halle, RPL Recyclingpark Lochau GmbH contro Arbeitsgemeinschaft Thermische Restabfall — und Energieverwertungsanlage TREA Leuna,

visto il progetto di parere (CdR 255/2005 riv. 1) adottato il 2 dicembre 2005 dalla commissione Politica di coesione territoriale (relatore: Bernard SOULAGE, primo vicepresidente del consiglio regionale della regione Rodano-Alpi, FR/PSE),

ha adottato il 16 febbraio 2006, nel corso della 63a sessione plenaria, il seguente parere.

I.   Osservazioni generali

Il Comitato delle regioni,

reputa che i trasporti pubblici saranno favoriti dall'uniformazione delle condizioni di concorrenza e dalla diminuzione dell'incertezza giuridica;

ritiene che, per garantire una maggiore trasparenza in merito agli obblighi di servizio pubblico e alla remunerazione delle prestazioni, sia necessario armonizzare e specificare meglio le condizioni di concorrenza per la prestazione di servizi di trasporto pubblico.

1.   Per quanto riguarda la contrattualizzazione degli obblighi di servizio pubblico (OSP):

1.1

si compiace che sia stata riconosciuta la specificità degli aiuti di Stato alla fornitura di servizi di interesse economico generale e approva la definizione di contratti di servizio pubblico che stabiliscano con chiarezza i diritti e i doveri di tutte le parti coinvolte;

1.2

si compiace della neutralità del regolamento riguardo agli obiettivi sociali e territoriali perseguiti da ciascuna autorità competente;

1.3

è in favore della logica contrattuale, che riconosce il ruolo degli OSP nella realizzazione degli obiettivi di coesione sociale e territoriale. I contratti di servizio pubblico consentono di definire in modo trasparente gli OSP e i loro costi.

2.   Per quanto riguarda l'organizzazione dei servizi:

2.1

si compiace che il progetto di regolamento, nel rispetto del principio di sussidiarietà, offra agli enti territoriali i margini di flessibilità necessari per far fronte nel miglior modo possibile alla peculiarità o alla complessità delle esigenze locali in termini di servizi pubblici di trasporto, in linea con gli obiettivi di coesione sociale e territoriale degli enti locali;

2.2

ribadisce l'importanza del principio di autonomia amministrativa degli enti locali, in base al quale essi hanno la facoltà dio decidere liberamente come gestire i propri servizi di trasporto pubblico, come d'altronde prevede la legislazione della maggior parte degli Stati membri;

2.3

accoglie con favore la libera scelta delle modalità di gestione da parte delle autorità competenti, che permette di tenere conto della varietà delle esigenze locali e delle condizioni di produzione;

2.4

è favorevole in linea di principio alla regola della limitazione geografica per gli operatori interni (art. 5, par. 2), che consentirà di dissipare la maggior parte dei sospetti di aiuti «incompatibili», mantenendo al medesimo tempo la possibilità di ricorrere a un operatore interno; ritiene che il principio della limitazione geografica non pregiudichi la facoltà degli enti locali di assicurare la continuità di determinati servizi di trasporto al di là delle frontiere amministrative;

2.5

ribadisce di essere favorevole a un'apertura dei mercati nel settore dei trasporti pubblici locali, in base ai principi della «concorrenza disciplinata», vale a dire rispettando l'ambiente e tenendo conto delle esigenze dei cittadini più vulnerabili e di quanti sono in cerca di lavoro e vivono in zone disagiate;

2.6

si compiace che sia stata riconosciuta la responsabilità delle autorità competenti per quanto riguarda l'organizzazione contrattuale della fornitura dei servizi. Esse potranno scegliere di ricorrere a uno o più contratti per l'esercizio dei servizi di trasporto e avranno ampi margini nella ripartizione dei rischi;

2.7

si compiace dei margini di flessibilità nelle gare d'appalto: il contratto di servizio pubblico può dar luogo a negoziati tra le parti (art. 5, par. 3) o essere sostituito dall'aggiudicazione diretta in caso di interruzione del servizio (art. 5, par. 5);

2.8

si meraviglia che la nuova proposta di regolamento non contempli i trasporti urbani fluviali o marittimi e si duole che essa non sia applicabile anche ai servizi di trasporto pubblico effettuati per via navigabile, tanto più che tali servizi sono integrati nella rete dei trasporti pubblici locali.

3.   Per quanto riguarda i fornitori di servizi di trasporto:

3.1

constata che il regolamento non ostacola l'iniziativa privata sui mercati dei trasporti passeggeri deregolamentati sul piano nazionale (senza diritti esclusivi e senza compensazioni);

3.2

ritiene che il regolamento sia tale da evitare la formazione di nuove posizioni monopolistiche nel settore dei trasporti pubblici locali e permetta di non escludere le PMI dal mercato;

3.3

è soddisfatto dell'equilibrio proposto nel rapporto di forza tra le autorità competenti e le grandi imprese di trasporto. Per garantire un trasporto locale valido ed efficace, è importante che gli enti regionali influiscano direttamente sulla pianificazione e sull'organizzazione dei trasporti pubblici. Il crescente fenomeno del pendolarismo richiede inoltre un elevato grado di coordinamento degli appalti pubblici a livello nazionale e regionale nel settore del trasporto pubblico;

3.4

è favorevole ad escludere i trasporti ferroviari regionali e a lunga distanza dal campo di applicazione dell'articolo 5 del regolamento;

3.5

esprime perplessità sull'applicazione delle regole proposte per valutare la giusta (fair) compensazione degli OSP. La difficoltà (se non l'impossibilità) di stabilire una compensazione equa potrebbe essere fonte di incertezza giuridica;

3.6

constata che non è prevista alcuna regolamentazione dell'aggiudicazione diretta di contratti nel settore dei trasporti ferroviari regionali o a lunga distanza. Talune imprese ricorreranno alla «aggiudicazione diretta»nel trasporto regionale e a lunga distanza e, al medesimo tempo, parteciperanno a gare d'appalto. Occorre fare attenzione alle possibili distorsioni della concorrenza.

4.   Per quanto riguarda la forma del testo:

4.1

si meraviglia che la Commissione non giustifichi affatto la sua scelta a favore del più vincolante strumento di integrazione comunitaria, e cioè il regolamento;

4.2

constata che, dato che la situazione varia notevolmente a seconda degli Stati membri, il progetto di regolamento propone definizioni talvolta imprecise, ma lascia agli Stati membri la responsabilità di definirle meglio per i rispettivi territori. Questo vale in particolare per la definizione di «territorio urbano» (art. 2, lettera m)), per il quale l'area di riferimento per le esigenze di trasporto coincide solo raramente con l'area di competenza istituzionale.

II.   Raccomandazioni

Emendamenti

Raccomandazione 1

Articolo 1, par. 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2.

Il presente regolamento si applica all'esercizio di servizi nazionali ed internazionali di trasporto pubblico di passeggeri su strada e per ferrovia ed altri modi di trasporto ferroviario, ad eccezione dei servizi di trasporto prestati prevalentemente in ragione del loro interesse storico o della loro vocazione turistica.

2.

Il presente regolamento si applica all'esercizio di servizi nazionali ed internazionali di trasporto pubblico di passeggeri su strada e per ferrovia ed altri modi di trasporto ferroviario, ad eccezione dei servizi di trasporto prestati prevalentemente in ragione del loro interesse storico o della loro vocazione turistica.

Motivazione

Per quanto riguarda il campo di applicazione del regolamento, il Comitato si duole che la proposta della Commissione abbia un approccio modale che tende a sottovalutare l'importanza di sviluppare l'intermodalità nelle politiche locali integrate di mobilità. Il Comitato auspica che si tenga conto delle sfide dell'intermodalità affinché gli enti locali siano incoraggiati a contrattualizzare gli obblighi di servizio pubblico mediante sistemi multimodali (metro, tram, autobus, funicolari, vie navigabili, parcheggi, noleggio di biciclette e di automobili, stazioni multimodali, sistemi d'informazione ecc.).

Raccomandazione 2

Articolo 2, lettera j) (Definizioni)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

j)

«operatore interno»: un soggetto giuridicamente distinto dall'autorità competente, sulla quale quest'ultima esercita un controllo completo e analogo a quello che essa esercita sui propri servizi. Al fine di determinare l'esistenza di tale controllo, devono essere presi in considerazione elementi come il livello della sua presenza in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni negli statuti, l'assetto proprietario, l'influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione.

j)

«operatore interno»: un soggetto giuridicamente distinto dall'autorità competente, sulla quale quest'ultima esercita un controllo completo e analogo a quello che essa esercita sui propri servizi. Al fine di determinare l'esistenza di tale controllo, devono essere presi in considerazione elementi come il livello della sua presenza in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni negli statuti, l'assetto proprietario, l'influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione. La qualità di «operatore interno» esclude qualsiasi partecipazione di un'impresa privata al capitale sociale del prestatore di servizi che sia superiore al 33%; l'aggiudicazione diretta all'operatore interno è anche possibile se, in deroga all'articolo 2, lettera j), l'operatore interno avvia per un'opera di ristrutturazione una collaborazione con un operatore esterno sul quale l'autorità competente non esercita alcun controllo. Una volta portato a termine il contratto che si è aggiudicato in via diretta, l'operatore interno non potrà più fruire di questa forma di aggiudicazione.

Motivazione

Per quanto riguarda la definizione di «operatore interno», il Comitato chiede una più precisa definizione di tale concetto e delle norme che disciplinano il controllo pubblico degli operatori interni.

La raccomandazione iniziale implica, nei fatti, un allineamento sulla giurisprudenza sancita dalla sentenza Stadt Halle dell'11 gennaio 2005 (Causa C-26/03), che al punto 49 dispone quanto segue: «(…) la partecipazione, anche minoritaria, di un'impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi.»

Nella sentenza in questione si afferma chiaramente che la partecipazione di un qualunque operatore privato, indipendentemente dall'entità di tale partecipazione, ad un'impresa pubblica locale o regionale è soggetta alle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, le cui procedure amministrative sono estremamente complesse. Nei fatti, viene rimesso in discussione il principio di neutralità rispetto alla proprietà, sancito dall'articolo 265 del TCE, e viene applicata una restrizione al margine di manovra dei partenariati pubblico-privato (PPP). La sentenza pone quindi alle società di economia mista più problemi di quanti ne risolva.

Pertanto il CdR invita il legislatore europeo a non accettare che la legislazione comunitaria venga dettata dalla giurisprudenza comunitaria e a proporre un valore massimo al di sotto del quale si possa ritenere che l'autorità competente eserciti un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi. In questo caso l'autorità competente sarebbe esonerata dall'indire una gara d'appalto.

La proposta di regolamento contribuisce alla creazione nell'Unione europea di un mercato della concorrenza regolamentato. Ciò presuppone l'esistenza di aziende — pubbliche o private che siano — che funzionino bene. Le regole sugli aiuti di Stato contenute nel Trattato CE dovrebbero impedire alle autorità statali di provocare distorsioni della concorrenza destinando risorse pubbliche a determinate aziende, ma non dovrebbero nemmeno servire ad allontanare dal mercato le aziende pubbliche. Per preparare le aziende pubbliche di trasporto all'apertura del mercato sono necessarie disposizioni transitorie, in mancanza delle quali tali aziende risulteranno svantaggiate rispetto a quelle private a motivo degli «oneri» connessi in passato all'aggiudicazione di appalti pubblici (quali tariffe sindacali, servizi garantiti anche in periodi caratterizzati da una domanda debole e destinati a determinate fasce della popolazione, ecc.). Alle aziende pubbliche dovrebbe pertanto esser accordato un periodo di transizione ben delimitato per poter raggiungere un buon livello di competitività grazie all'apporto di capitale privato senza che — in tale periodo — scatti automaticamente l'obbligo di gara d'appalto. Altrimenti alle aziende pubbliche verrebbe imposta la privatizzazione o la rinuncia alla possibilità di dotarsi di strutture più efficienti.

Raccomandazione 3

Articolo 2, lettera m) (Definizioni)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

m)

«trasporto regionale o a lunga distanza»: il servizio di trasporto che non risponde alle esigenze di trasporto di una regione, di un centro urbano o di un'agglomerazione o dei trasporti tra un'agglomerazione e le sue zone periferiche.

m)

«trasporto regionale o a lunga distanza»: il servizio di trasporto che non risponde alle esigenze di trasporto di una regione, di un centro urbano o di un'agglomerazione o dei trasporti tra un'agglomerazione e le sue zone periferiche non specificamente urbano o suburbano.

Motivazione

Per quanto riguarda la deroga di cui all'articolo 5, paragrafo 6, sarebbe spiacevole che in questo settore si creasse un'incertezza giuridica a causa di interpretazioni divergenti. Per migliorare la definizione di servizi di «trasporto regionale o a lunga distanza», il Comitato propone o di precisare, nel testo, che gli Stati membri saranno tenuti a definire essi stessi i servizi a cui si applica l'articolo 2, lettera m), oppure di scegliere una definizione che riprenda concetti giuridicamente consolidati. In questo caso, il Comitato propone di sostituire la definizione basata sulle esigenze di una determinata area geografica (agglomerazione, centro urbano, zone periferiche) con una definizione improntata ai servizi, che sia coerente in particolare con i pacchetti ferroviari. A questo proposito nelle direttive 2001/13/CE (art. 1, par. 2, lettera b)) e 2001/14/CE (art. 1, par. 3, lettera b)) si parla di servizi passeggeri urbani e suburbani. Va notato che dal 1991 anche nel regolamento n. 1191/69 (art. 1, par. 1, modificato dal reg. n. 1893/91) la classificazione è basata sui servizi.

Raccomandazione 4

Per quanto riguarda i progetti ai quali si applicano le direttive sugli appalti pubblici, il Comitato delle regioni:

chiede una chiara regola di prevalenza delle disposizioni della proposta di regolamento rispetto alle norme delle direttive generali sugli appalti pubblici in conformità del principio della lex specialis,

auspica che per i contratti di concessione nel presente regolamento siano previste disposizioni precise che chiariscano il loro regime rispetto alle direttive sugli «appalti pubblici» (93/37/CE e 2004/18/CE),

chiede che il caso dei contratti «BOT» (Built Operate and Transfer) venga trattato in modo più esplicito di quanto non avvenga all'articolo 5, paragrafo 1, e all'articolo 8, paragrafo 1. Il regolamento deve assolutamente chiarire le condizioni legali applicabili qualora un diritto esclusivo (e/o una compensazione) sia associato alla realizzazione di infrastrutture pesanti.

Raccomandazione 5

Articolo 4.6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

6.

Se necessario, tenuto conto delle modalità di ammortamento dei cespiti, la durata del contratto può essere prorogata, al massimo, di un periodo pari alla metà della durata contrattuale a condizione che l'operatore fornisca cespiti di entità significativa in rapporto all'insieme dei cespiti necessari per la fornitura dei servizi oggetto del contratto di pubblico servizio e che essi siano esclusivamente finalizzati ai servizi di trasporto previsti dal contratto.

6.

Se necessario, tenuto conto delle modalità di ammortamento dei cespiti, la durata del contratto può essere prorogata, al massimo, di un periodo pari alla metà della durata contrattuale a condizione che l'operatore fornisca cespiti di entità significativa in rapporto all'insieme dei cespiti necessari per la fornitura dei servizi oggetto del contratto di pubblico servizio e che essi siano esclusivamente finalizzati ai servizi di trasporto previsti dal contratto. Gli investimenti materiali o immateriali non possono giustificare una proroga della durata del contratto se esiste un mercato secondario o se il loro valore residuo al termine del contratto non pone difficoltà di valutazione.

Motivazione

La deroga di cui all'articolo 4, paragrafo 6, sull'ammortamento dei cespiti non deve essere tale da frenare la dinamica concorrenziale estendendo la durata dei contratti senza giustificazioni economicamente fondate.

Raccomandazione 6

Articolo 4 (inserire un nuovo paragrafo)

Emendamento del CdR

4.8

I paragrafi 5 e 6 del presente articolo non vengono applicati qualora siano applicabili le direttive sull'aggiudicazione degli appalti pubblici. In tal caso la durata massima del contratto di servizio pubblico è fissata a 30 anni a partire dalla data effettiva dell'inizio dei lavori.

Motivazione

Il Comitato delle regioni propone che il caso delle concessioni di lavori e di fornitura di servizi formi oggetto di un paragrafo specifico in quanto la durata del periodo di fornitura del servizio è un parametro fondamentale dell'equilibrio economico del progetto. In questo caso va prevista una deroga alla durata massima di 22,5 anni 'prevista dalla proposta di regolamento.

Raccomandazione 7

Articolo 5, par. 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

4.

Le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1 milione di euro oppure che riguardano la fornitura di servizi di trasporto per meno di 300 000 chilometri all'anno.

4.

Le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato per ogni impresa è inferiore a 1 milione e mezzo di euro oppure che riguardano la fornitura di servizi di trasporto per meno di 300 000 500 000 chilometri all'anno.

Motivazione

Il Comitato delle regioni propone di vietare esplicitamente l'aggiudicazione diretta, da parte di un'autorità competente, di più contratti con un unico prestatore di servizi qualora il valore complessivo dei contratti oltrepassi la soglia fissata all'articolo 5, paragrafo 4. Il presente articolo non va utilizzato per aggirare l'obbligo di indire una gara d'appalto, bensì per evitare i costi di transazione di una gara pubblica qualora il servizio delegato sia di «piccola entità» o quando l'autorità competente sostituisce la competizione tra i concorrenti della gara con un raffronto tra i diversi «piccoli operatori» che prestano servizio sul suo territorio. Il Comitato propone inoltre che le soglie vengano fissate da ciascuno Stato membro in base alle condizioni economiche nazionali.

Raccomandazione 8

Articolo 8, paragrafi 2 e 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2.

Ciascuna autorità competente provvede affinché:

a)

almeno la metà del valore dei suoi contratti di servizio pubblico di trasporto con autobus venga aggiudicata in conformità delle disposizioni del presente regolamento entro quattro anni dall'entrata in vigore del regolamento medesimo; nonché

b)

la totalità dei suoi contratti di servizio pubblico di trasporto con autobus venga aggiudicata in conformità delle disposizioni del presente regolamento entro otto anni dall'entrata in vigore del regolamento medesimo.

3.

Ciascuna autorità competente provvede affinché:

a)

almeno la metà del valore dei suoi contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia venga aggiudicata in conformità delle disposizioni del presente regolamento entro cinque anni dall'entrata in vigore del regolamento medesimo; nonché

b)

la totalità dei suoi contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia venga aggiudicata in conformità delle disposizioni del presente regolamento entro dieci anni dall'entrata in vigore del regolamento medesimo.

2.

Ciascuna autorità competente provvede affinché:

a)

almeno la metà del valore dei i suoi contratti di servizio pubblico di trasporto con autobus venga aggiudicata in conformità delle disposizioni siano conformi all'articolo 4 del presente regolamento entro quattro anni dall'entrata in vigore del regolamento medesimo; nonché

b)

la totalità dei suoi contratti di servizio pubblico di trasporto con autobus venga aggiudicata in conformità delle disposizioni dell'articolo 5 del presente regolamento entro otto anni dall'entrata in vigore del regolamento medesimo.

3.

Ciascuna autorità competente provvede affinché:

a)

almeno la metà del valore dei i suoi contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia venga aggiudicata in conformità delle disposizioni siano conformi all'articolo 4 del presente regolamento entro quattro anni dall'entrata in vigore del regolamento medesimo; nonché

b)

la totalità dei suoi contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia venga aggiudicata in conformità delle disposizioni dell'articolo 5 del presente regolamento entro dieci anni dall'entrata in vigore del regolamento medesimo.

Motivazione

Nella versione proposta dalla Commissione i due paragrafi creerebbero grandi difficoltà alle autorità competenti che desiderano che la loro rete venga sfruttata da un solo operatore. In meno di 4 o 5 anni si vedrebbero costrette a stipulare contratti di servizio pubblico e ad indire gare d'appalto.

Raccomandazione 9

Articolo 8, paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

5.

Ai fini dell'applicazione dei paragrafi 2, 3 e 4 non si tiene conto dei contratti di servizio pubblico aggiudicati prima dell'entrata in vigore del presente regolamento in esito a procedure concorsuali eque, purché essi abbiano una durata limitata comparabile a quelle indicate all'articolo 4, paragrafo 5, del presente regolamento. Questi contratti restano in vigore fino alla loro scadenza.

5.

Ai fini dell'applicazione dei paragrafi 2, 3 e 4 non si tiene conto dei contratti di servizio pubblico aggiudicati prima dell'entrata in vigore del presente regolamento in esito a procedure concorsuali eque, purché essi abbiano una durata limitata comparabile a quelle indicate all'articolo 4, paragrafo 5, del presente regolamento. Questi contratti restano in vigore fino alla loro scadenza.

Motivazione

Per quanto riguarda il periodo transitorio, i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore del regolamento e che scadono prima della fine del periodo di validità del regolamento stesso dovrebbero restare in vigore fino alla loro scadenza onde evitare procedimenti legali per compensare il pregiudizio subito.

Raccomandazione 10

Articolo 8, paragrafo 6 (sopprimere)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Durante la seconda metà dei periodi transitori di cui ai paragrafi 2 e 3 le autorità competenti hanno facoltà di escludere dalla partecipazione all'aggiudicazione dei contratti mediante gara pubblica gli operatori che non possono fornire la prova che il valore dei servizi di trasporto pubblico per i quali beneficiano di una compensazione o di un diritto esclusivo conferiti conformemente al presente regolamento rappresenta almeno la metà del valore di tutti i servizi di trasporto pubblico per i quali beneficiano di una compensazione o di un diritto esclusivo. Nell'applicare tale disposizione non si tiene conto dei contratti aggiudicati in via di urgenza ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 5.

Nell'avvalersi di tale facoltà le autorità competenti evitano ogni discriminazione, escludono tutti i potenziali operatori che soddisfano tale criterio e informano i potenziali operatori della propria decisione all'inizio del procedimento di aggiudicazione del contratto di servizio pubblico.

Le autorità competenti informano la Commissione della loro intenzione di applicare tale disposizione come minimo due mesi prima della pubblicazione del bando di gara.

Durante la seconda metà dei periodi transitori di cui ai paragrafi 2 e 3 le autorità competenti hanno facoltà di escludere dalla partecipazione all'aggiudicazione dei contratti mediante gara pubblica gli operatori che non possono fornire la prova che il valore dei servizi di trasporto pubblico per i quali beneficiano di una compensazione o di un diritto esclusivo conferiti conformemente al presente regolamento rappresenta almeno la metà del valore di tutti i servizi di trasporto pubblico per i quali beneficiano di una compensazione o di un diritto esclusivo. Nell'applicare tale disposizione non si tiene conto dei contratti aggiudicati in via di urgenza ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 5.

Nell'avvalersi di tale facoltà le autorità competenti evitano ogni discriminazione, escludono tutti i potenziali operatori che soddisfano tale criterio e informano i potenziali operatori della propria decisione all'inizio del procedimento di aggiudicazione del contratto di servizio pubblico.

Le autorità competenti informano la Commissione della loro intenzione di applicare tale disposizione come minimo due mesi prima della pubblicazione del bando di gara.

Motivazione

Il presente articolo è particolarmente ambiguo e può comportare rischi di discriminazioni e di contenziosi.

Bruxelles, 16 febbraio 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 253 del 12.9.01, pag. 9.


16.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/8


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori e alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori (2007-2013)

(2006/C 192/02)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

viste la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniMigliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori e la Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione comunitaria in materia di salute e tutela dei consumatori (2007-2013) (COM(2005) 115 def. — 2005/0042 (COD)),

vista la decisione del Consiglio europeo, in data 2 giugno 2005, di consultarlo sull'argomento a norma degli articoli 265 e 152 del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione, presa il 12 aprile 2005 dal proprio Ufficio di presidenza, di affidare alla commissione Politica economica e sociale la stesura del parere sull'argomento,

visto il proprio parere riguardante la Comunicazione della CommissioneSeguito del processo di riflessione di alto livello sulla mobilità dei pazienti e sugli sviluppi dell'assistenza sanitaria nell'Unione europea (COM(2004) 301 def.) e la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniModernizzare la protezione sociale per sviluppare un'assistenza sanitaria ed un'assistenza a lungo termine di qualità, accessibili e sostenibili: come sostenere le strategie nazionali grazie al «metodo aperto di coordinamento» (COM(2004) 304 def.) (CdR 153/2004 fin) (1),

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sulla strategia della Comunità europea in materia di sanità e alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che adotta un programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2001-2006) (COM(2000) 285 def.) (CdR 236/2000 fin) (2),

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniPotenziare la dimensione sociale della strategia di Lisbona: razionalizzare il coordinamento aperto nel settore della protezione sociale (COM(2003) 261 def.) (CdR 224/2003 fin) (3),

visto il proprio parere in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno (COM(2004) 2 def.) (CdR 154/2004) (4),

visto il proprio progetto di parere sull'argomento (CdR 149/2005 riv. 2), adottato il 28 novembre 2005 dalla commissione Politica economica e sociale (relatrice: Bente NIELSEN, membro del consiglio provinciale di Århus, DK/PSE),

ha adottato il seguente parere in data 16 febbraio 2006, nel corso della 63a sessione plenaria.

Il Comitato delle regioni

1.1

rileva che la comunicazione della Commissione Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori si propone di abbinare la politica in materia di salute a quella riguardante la tutela dei consumatori, in modo da creare una sinergia sotto il profilo della divulgazione delle conoscenze, dei metodi e dell'uso più efficiente delle risorse;

1.2

si compiace che la Commissione intenda consentire ai cittadini maggiori possibilità di operare scelte nell'interesse della loro salute e avere abitudini sane in materia di consumo. La comunicazione della Commissione fa presente la grande importanza che la salute presenta sia per il benessere dei cittadini, sia per il conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona, dato che migliori condizioni di salute favoriscono la produttività europea, il tasso di partecipazione dei lavoratori e lo sviluppo sostenibile. Un mercato interno caratterizzato da merci e servizi rispondenti alle esigenze e ai desiderata dei consumatori potrà inoltre migliorare la competitività dell'Unione europea;

1.3

sottolinea la necessità di tener conto degli aspetti inerenti alla salute e alla tutela dei consumatori anche in altre politiche dell'Unione europea. Un maggiore coordinamento delle politiche in altri ambiti, fra cui la politica del mercato del lavoro e la politica agricola, sarà importante per conseguire le grandi finalità della politica sanitaria e della politica dei consumatori. È ad esempio inopportuno che l'Unione europea continui a sovvenzionare il consumo di prodotti nocivi, ad esempio prodotti lattiero-caseari ad alto contenuto lipidico o che, con il bilancio comunitario stanziato nel 2005, continui a fornire al settore del tabacco aiuti per 916 milioni di euro, cifra di gran lunga superiore ai 14,4 milioni di euro stanziati dalla stessa UE per prevenire il tabagismo. Il Comitato è pertanto favorevole alla totale soppressione degli aiuti al settore del tabacco entro la fine del 2010;

1.4

appoggia la richiesta di definire un certo numero di diritti minimi, su base orizzontale, per tutti gli utenti che si avvalgono dei servizi d'interesse generale (ad es. gas ed elettricità, servizi postali, telecomunicazioni, acqua), a livello sia nazionale che transfrontaliero, ispirati al principio della fornitura di servizi universali (ad es. accesso universale ai servizi d'interesse generale essenziali per interagire nella società moderna). Si tratta di un ambito in cui il principio del servizio universale dovrebbe continuare a prevalere, e che deve essere all'altezza delle aspettative degli utenti sotto il profilo di: accesso, sicurezza, affidabilità, prezzo, qualità e scelta;

1.5

è convinto che occorra vigilare costantemente sulle implicazioni del mercato interno per il sistema sanitario e i modelli di consumo negli Stati membri. Occorrerà valutare l'interazione fra la legislazione comunitaria e le politiche nazionali relative alla salute e ai consumatori per quanto concerne l'attuazione degli obiettivi previsti dal Trattato onde garantire un livello elevato di protezione della salute e dei consumatori mediante iniziative comunitarie;

1.6

chiede che venga tenuto maggiormente conto degli interessi dei consumatori nella politica di concorrenza dell'UE, prendendo in considerazione il rapporto tra protezione dei consumatori e politica di concorrenza stabilito agli articoli 81 e 82 del Trattato CE, ai quali si afferma che l'obiettivo delle regole di concorrenza applicabili alle imprese è quello di proteggere la concorrenza sul mercato allo scopo di accrescere il benessere dei consumatori;

1.7

giudica necessario valutare le conseguenze delle iniziative comunitarie sotto il profilo della salute. Ciò vale per il modo in cui le decisioni incidono sulla salute dei cittadini e non solo per il modo in cui le diverse iniziative influiscono sull'organizzazione e sul funzionamento del sistema sanitario. La valutazione deve riguardare anche i valori che informano i sistemi sanitari dei singoli Stati membri. È importante tener presente che una stessa iniziativa comunitaria può avere conseguenze diverse a seconda degli Stati membri;

1.8

ritiene che al livello della politica dei consumatori occorra assicurare un processo decisionale democratico e trasparente e la cosiddetta responsabilità democratica (accountability). In particolare occorre garantire che il settore alimentare tenga conto delle esigenze ambientali e della salute dei cittadini e assicuri alimenti con proprietà nutritive e di freschezza a tutti loro, a prescindere dalla loro estrazione socioeconomica;

1.9

reputa che il fatto di affrontare le problematiche della salute insieme a quelle della politica dei consumatori non deve offrire ai produttori il pretesto per commercializzare i prodotti alimentari attribuendo loro esplicitamente la proprietà di prevenire malattie o asserendo che essi siano consigliati dai medici. I produttori non debbono sfruttare il timore delle malattie per smerciare i prodotti alimentari o indurre i consumatori a credere, erroneamente, che taluni di essi possano sostituire un'alimentazione sana e varia. È quindi importante poter orientare verso una maggiore salvaguardia della salute della popolazione e verso prodotti più sani ed evitare che i consumatori siano indotti in errore nel quadro della politica europea dei consumatori;

1.10

sottolinea che le politiche comunitarie in materia di salute e di protezione dei consumatori poggiano su fondamenti giuridici del tutto diversi. In materia di sanità pubblica l'art. 152 del Trattato CE dispone fra l'altro che: «l'azione della Comunità completa le politiche nazionali». Tuttavia, la politica di protezione dei consumatori, come previsto all'art. 153 del Trattato CE, segue in larga misura un'impostazione comune destinata a promuovere i diritti dei consumatori e a proteggere i loro interessi, specie quando ciò riguarda il completamento del mercato interno. L'idea di adottare una base legale comune per le due politiche è quindi in contraddizione con il principio di sussidiarietà.

La legislazione a livello dell'Unione europea in materia di consumatori non deve comportare disposizioni specifiche per il settore sanitario che interferiscano con l'organizzazione e l'orientamento dei servizi sanitari dei singoli Stati membri. Improntare la politica di protezione dei consumatori ai criteri rigorosi di complementarità e sussidiarietà che ispirano la politica in materia di sanità pubblica può nondimeno avere un effetto negativo sulle competenze proprie dell'UE nel settore della tutela dei consumatori;

1.11

ritiene pertanto che, anziché parlare di una strategia in materia di «salute e protezione dei consumatori», sarebbe più preciso se nella sua comunicazione la Commissione facesse solo riferimento alla «sanità pubblica e protezione dei consumatori», il che sarebbe maggiormente in linea con le competenze dell'UE stabilite all'articolo 152;

1.12

insiste altresì che una tale strategia comune a livello europeo in materia di salute e di tutela dei consumatori non deve comportare un'equiparazione dei pazienti che fruiscono del sistema sanitario con i consumatori considerandoli come «soggetti di mercato». In effetti, il «mercato» dei servizi sanitari differisce per molti importanti aspetti dal normale mercato che interessa i consumatori, fra l'altro per l'incertezza relativa all'entità della domanda di servizi sanitari, l'incertezza dei costi, gli effetti esterni legati all'utilizzo dei servizi sanitari e l'asimmetria dell'informazione fra quanti offrono e quanti chiedono servizi sanitari. Al tempo stesso è opportuno assicurare che i cittadini abbiano parità di accesso ai servizi sanitari, e possano fruirne alle medesime condizioni, indipendentemente dalle loro condizioni socioeconomiche. È necessario che gli Stati membri conservino la possibilità di stabilire graduatorie di priorità e di prendere le disposizioni correttive e le iniziative che giudicano necessarie;

1.13

raccomanda di tenere sempre ben presenti le specificità dei settori della salute e della tutela dei consumatori malgrado essi vengano trattati in un programma unico. Ciò sarebbe ad esempio possibile distinguendo gli stanziamenti riservati, rispettivamente, all'uno e all'altro settore. Il programma della Commissione illustra ampiamente la ripartizione delle risorse durante il periodo 2007-2013. Occorre fare tutto il possibile per consentire modifiche nella graduatoria delle priorità alla luce dell'evolvere del programma, tenendo conto, se del caso, della prevista valutazione alla fine del 3o anno. Questa proposta è conforme all'intenzione, dichiarata nel programma, di lavorare con piani d'azione flessibili;

1.14

dà atto che in taluni ambiti è opportuno coordinare meglio i settori sanitari degli Stati membri mediante il metodo aperto di coordinamento. Ciò vale ad esempio per la mobilità dei pazienti e per la formazione e l'assunzione del personale sanitario;

1.15

è convinto che per contribuire positivamente alla salute dei cittadini occorra essere a loro contatto diretto e che l'organizzazione del sistema sanitario costituisca solo uno dei molti soggetti coinvolti. In molti Stati membri sono gli enti regionali e locali ad essere competenti per i servizi sanitari e per la sanità pubblica delle rispettive popolazioni. Di conseguenza, il Comitato delle regioni e gli enti territoriali responsabili al riguardo devono influire sulla strategia globale dell'Unione europea relativa alla salute. È necessario prestare speciale attenzione alle posizioni espresse dal Comitato delle regioni in merito alle decisioni e alle iniziative riguardanti i compiti degli enti locali e regionali relativi al settore sanitario come pure le competenze riguardanti la salute pubblica. Tali enti vanno ad esempio associati alle iniziative per mettere a punto indicatori e indici di riferimento (benchmarking) riguardanti la salute nonché le strategie per la sanità pubblica in settori quali la partecipazione e l'influenza, la salute psichica, i tipi di alimentazione e l'uso di bevande alcoliche in modo da potervi poi anche influire;

1.16

sottolinea la necessità d'invitare la società civile a partecipare e a dare il suo apporto alla definizione degli interventi: in pratica, i cittadini devono poter avere voce in capitolo nelle politiche dell'Unione europea riguardanti sia la salute sia la tutela dei consumatori. È importante assicurare che le «reti» specializzate in questi due settori trovino sostegno e ascolto a livello comunitario. Ciò vale ad esempio per le organizzazioni dei consumatori, le associazioni dei pazienti e le altre reti settoriali;

1.17

auspica vivamente che all'interno delle agenzia esecutiva la Commissione assicuri la disponibilità di personale provvisto delle necessarie competenze per poter attuare e portare a termine il programma della stessa Commissione. Esso dovrà disporre non solo di esperienza, rispettivamente, in materia di salute e di tutela dei consumatori, ma anche di competenze interdisciplinari;

1.18

ritiene che per affrontare i futuri problemi comuni nei settori della salute e della tutela dei consumatori sarà essenziale prestare particolare attenzione ai nuovi Stati membri. Essi vanno infatti aiutati decisamente, e in via prioritaria, a promuovere la salute e la tutela dei consumatori onde attenuare le disparità e gli squilibri riscontrabili in questi campi all'interno dell'Unione europea, e quindi ad avvicinarsi progressivamente ai livelli di protezione più elevati conseguiti in Europa. È ad esempio inaccettabile che, stando alle statistiche di Eurostat, l'aspettativa di vita media nei nuovi Stati membri sia nettamente inferiore a quella dei vecchi Stati membri;

1.19

riconosce che gli stanziamenti dei fondi strutturali previsti nel programma proposto dalla Commissione per il Fondo europeo di sviluppo regionale durante il periodo 2007-2013 possono essere utilizzati per promuovere la salute delle popolazioni. Al riguardo il Comitato delle regioni rileva che le risorse dei fondi strutturali possono essere utilizzate solo nelle fasi iniziali dei progetti riguardanti la salute pubblica e non già nella loro gestione corrente;

1.20

rileva che per affrontare i futuri problemi comuni nei settori della salute e della tutela dei consumatori sarà essenziale prestare particolare attenzione anche ai paesi confinanti con l'Unione europea. Occorre aiutare decisamente, e in via prioritaria, tali paesi a promuovere la salute e la tutela dei consumatori onde attenuare le disparità e gli squilibri constatabili in questi campi nell'intera Europa e alle sue frontiere;

1.21

sottolinea che collegando la tutela dei consumatori alla salute sarà anche possibile realizzare un maggiore equilibrio all'interno degli Stati membri, poiché le disparità socioeconomiche comportano spesso anche diversi livelli di protezione della salute e dei consumatori. Oltre alle disparità all'interno degli Stati membri occorrerà prestare però anche particolare attenzione agli squilibri riscontrabili fra gli Stati membri. Per realizzare l'obiettivo fondamentale delle pari opportunità per tutti è indispensabile concentrarsi maggiormente sui gruppi marginali della popolazione, come le fasce a basso reddito, gli obesi e le minoranze etniche. È altresì importante evidenziare la responsabilità individuale nello sforzo di conseguire una salute migliore. È pure auspicabile una politica sanitaria e della tutela dei consumatori che incoraggi scelte attente alla salute per debellare le malattie legate allo stile di vita. Le ricerche mostrano che i gruppi socialmente emarginati accusano più frequentemente problemi di salute e soffrono di malattie legate al loro stile di vita. Aiutando i gruppi marginali a fare scelte sane sarà possibile attenuare gli squilibri socioeconomici;

1.22

ritiene che le informazioni che la Commissione intende divulgare dovranno rivelarsi effettivamente utili per i loro destinatari. Andranno escogitati metodi per organizzare campagne capaci di raggiungere effettivamente i gruppi bersaglio. Si propongono quindi di preferenza campagne di divulgazione e d'informazione interattiva piuttosto che la semplice trasmissione di materiale informativo uguale per tutti. Nell'opera di divulgazione delle informazioni sulla salute e la tutela dei consumatori può essere particolarmente utile orientare le iniziative all'infanzia e alla gioventù per poter eliminare sin dall'inizio cattive abitudini di consumo che a lungo termine rischino di ripercuotersi negativamente sulla salute. A tale fine possono svolgere un ruolo importante l'istruzione prescolare e scolastica, nonché l'attività delle organizzazioni di volontariato;

1.23

ritiene che nella sua attività d'informazione la Commissione dovrà rispettare sia il diritto dei singoli Stati membri di stabilire regole circa i diritti e gli obblighi inerenti alla copertura dei costi del sistema sanitario previsto dai rispettivi sistemi di sicurezza sociale, sia le diverse condizioni previste per il ventaglio dei servizi offerti e per i diritti dei loro beneficiari;

1.24

raccomanda che l'informazione sia accessibile là dove è richiesta dai cittadini, e in ciascuno Stato membro sia anche accompagnata da una valida consulenza e da indicazioni pratiche pertinenti. È compito degli enti locali e regionali informare le categorie più «marginali» e occorre assicurare che anche i pazienti più vulnerabili abbiano accesso alle informazioni in materia di salute e tutela dei consumatori. Una documentazione uniforme a tutti i cittadini europei finirà solo per aggravare le disparità fra le diverse categorie socioeconomiche all'interno degli Stati membri: infatti, gli studi compiuti evidenziano come le categorie che dispongono di maggiori risorse reagiscano alle campagne d'informazione meglio dei gruppi con risorse minori. Il buon esito delle campagne d'informazione dipende dal coinvolgimento degli enti locali e regionali in queste attività;

1.25

invita la Commissione a raccogliere dati e a programmare le sue campagne d'informazione in base ad un attento monitoraggio dei rapidissimi sviluppi tecnologici nel settore della comunicazione. Per accrescere la visibilità della sua azione essa deve infatti tenere il passo con i tempi;

1.26

considerato che il mercato dei prodotti agroalimentari è soggetto in larga parte all'importazione da paesi terzi in cui le garanzie di salubrità e genuinità possono essere inadeguate rispetto agli standard di sicurezza europei, raccomanda che sia assicurata ai consumatori, per una scelta di acquisto consapevole, piena e trasparente informazione sulla tracciabilità dei prodotti stessi;

1.27

conviene sull'opportunità che la Commissione si concentri su un minor numero di campagne d'informazione che abbiano però una maggiore portata e un maggiore impatto sul pubblico. Procedendo in questo modo sarà inoltre possibile un impiego più efficiente delle risorse finanziarie. Ciò che conta è che il lavoro dell'Agenzia esecutiva comune venga giudicato in base non solo al numero, ma anche alla qualità e all'impatto finale dei progetti realizzati;

1.28

invita la Commissione a promuovere lo sviluppo di una rete per lo scambio di esperienze e per la diffusione delle migliori pratiche, le quali costituiscono un elemento chiave del metodo aperto di coordinamento. In proposito è importante che essa coinvolga il Comitato e assicuri che gli enti regionali e locali con competenze in materia di sanità possano influire sulla strategia globale della Comunità al riguardo;

1.29

sottolinea l'importanza che la Commissione intrattenga stretti contatti con il mondo della ricerca per restare affidabile ed autorevole nel suo lavoro d'informazione e di prevenzione. Una collaborazione strutturata e coordinata a livello europeo per lo scambio di esperienze, la divulgazione delle conoscenze e ricerche nei progressi realizzati nel settore della salute possono offrire un notevole valore aggiunto agli Stati membri, come ha osservato anche il Comitato nel proprio parere sul Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (CdR 155/2005 fin). Ciò dovrà avvenire in stretta sintonia con i programmi quadro di ricerca europei;

1.30

è convinto che l'accesso a dati affidabili e ad informazioni autorevoli e di qualità è indispensabile se gli Stati membri tengono a promuovere le migliori pratiche e a raffrontare standard come strumento per attuare molte delle iniziative proposte in materia di salute e tutela dei consumatori. La creazione di banche dati e di indicatori comuni dovrebbe procedere con la collaborazione degli altri soggetti interessati a queste problematiche e d'intesa con le Nazioni Unite, l'OCSE, il Consiglio d'Europa e l'OMS. Spetta poi ai singoli Stati membri attuare le misure e intraprendere le nuove iniziative sulla base delle informazioni e dei dati comparabili rilevati;

1.31

si compiace che si preveda un sostanziale incremento della dotazione di bilancio rispetto agli stanziamenti previsti per i due programmi attuali, perché ciò costituisce un segnale forte circa l'importanza attribuita a settori della salute e della tutela dei consumatori per la qualità della vita dei singoli cittadini dell'Unione europea e della competitività complessiva dell'UE;

1.32

prende atto che i negoziati sugli stanziamenti non si sono ancora conclusi: la dotazione finanziaria definitiva dipenderà dai negoziati in corso sulle prospettive finanziarie dell'UE per il periodo 2007-2013. Il Comitato auspicherebbe che, come suggerito nel programma e nella strategia, le azioni in questi campi beneficino di maggiori stanziamenti.

Bruxelles, 16 febbraio 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 34 del 18.2.2005, pag. 22.

(2)  GU C 144 del 16.5.2001, pag. 43.

(3)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 51.

(4)  GU C 43 del 18.2.2005, pag. 13.


16.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/12


Parere del Comitato delle regioni, in merito al Libro verde sull'efficienza energetica: fare di più con meno

(2006/C 192/03)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

visto il Libro verde sull'efficienza energetica: fare di più con meno (COM(2005) 265 def.),

vista la decisione della Commissione europea del 7 giugno 2005 di consultarlo in materia, conformemente all'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 16 novembre 2005, di incaricare la commissione Sviluppo sostenibile di redigere un parere in materia,

visto il proprio parere del 17 giugno 2004 in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici (COM(2003) 739 def. — 2003/0300 (COD)) — CdR 92/2004 fin (1),

visto il proprio parere del 20 novembre 2002 in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che adotta un programma pluriennale di azioni nel settore dell'energia: programma «Energia intelligente per l'Europa» (2003-2006) (COM(2002) 162 def. — 2002/0082 (COD)) — CdR 187/2002 fin (2),

visto il proprio parere del 15 novembre 2001 in merito al Libro verde della Commissione «Verso una strategia europea di sicurezza dell'approvvigionamento energetico» (COM(2000) 769 def.) — CdR 38/2001 fin (3),

visto il proprio parere del 15 novembre 2001 in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul rendimento energetico nell'edilizia (COM(2001) 226 def. — 2001/0098 (COD)) — CdR 202/2001 fin (4),

visto il proprio parere del 13 dicembre 2000 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioniPiano d'azione per migliorare l'efficienza energetica nella Comunità europea (COM(2000) 247 def.) — CdR 270/2000 fin (5),

visto il progetto di parere (CdR 216/2005 riv. 1) adottato dalla commissione Sviluppo sostenibile il 1o dicembre 2005 (relatore: Bernd VÖGERLE, vicepresidente della Federazione austriaca degli enti locali (AT/PSE)),

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 16 febbraio 2006, nel corso della 63a sessione plenaria.

1.   La posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

accoglie con favore il Libro verde della Commissione europea e in generale le iniziative volte a migliorare l'efficienza energetica, tanto più che le tendenze attuali lasciano prevedere un aumento del consumo di energia in Europa pari a fino il 10 % per i prossimi 15 anni;

1.2

sottolinea l'eccezionale rilievo assunto dall'efficienza energetica, soprattutto alla luce della crisi attuale del mercato del gas. Le fonti dell'approvvigionamento energetico europeo devono essere diversificate al fine di ridurre al minimo situazioni di dipendenza come quelle osservabili oggi in Ucraina o in Bulgaria. Sulla base del Libro verde sull'efficienza energetica è possibile ridurre la dipendenza complessiva dal petrolio greggio e dal gas naturale e definire quindi un piano di azione europeo;

1.3

apprezza che si siano previste misure a tutti i potenziali livelli di attuazione (comunitario, nazionale, regionale e locale) ed esorta a tenere conto del principio di sussidiarietà nella loro applicazione;

1.4

è consapevole che l'efficienza energetica contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento dei tre obiettivi propri della politica energetica: la sicurezza dell'approvvigionamento, la protezione dell'ambiente e del clima e la competitività;

1.5

sottolinea anche la considerevole componente sociale insita nelle misure di efficienza energetica per quanto riguarda la creazione e il mantenimento dell'occupazione locale e regionale, e la protezione dei consumatori da costi energetici insostenibili;

1.6

fa presente la necessità di procedere con cautela al momento di definire ulteriori disposizioni in materia di efficienza energetica destinate agli Stati membri. Come infatti riferisce lo stesso Libro verde, molte sono le misure comunitarie già in vigore o in fase di elaborazione in materia di efficienza energetica che non hanno ancora avuto il tempo di produrre effetti o che devono addirittura essere ancora recepite: alcuni esempi sono la direttiva sull'edilizia, quella sulla cogenerazione di calore ed energia, quella sullo scambio dei diritti di emissione o quella sull'efficienza degli usi finali dell'energia;

1.7

fa presente che in numerosi Stati membri e regioni esistono già piani strategici e programmi di interventi che perseguono obiettivi o effetti del tutto analoghi a quelli del Libro verde: ad esempio, strategie di lotta ai cambiamenti climatici (dopo la ratifica del Protocollo di Kyoto), piani nazionali di assegnazione (nel quadro del meccanismo di scambio dei diritti di emissione) e strategie di riduzione degli inquinanti atmosferici (nel quadro della direttiva sui limiti nazionali di emissioni per determinati inquinanti atmosferici). La priorità a medio termine, pertanto, non deve consistere nella definizione di nuovi piani strategici, bensì nell'attuazione coerente di quelli già esistenti.

Come mostra l'esperienza maturata nell'attuazione di tali piani, spesso essi contengono misure la cui applicazione può essere senz'altro decisa a breve termine, ma i cui effetti compaiono solo molto tempo dopo;

1.8

rimanda alle numerose iniziative promosse dal livello locale e regionale in materia di efficienza energetica e di energie rinnovabili, i cui risultati sono accessibili via Internet: si vedano ad esempio i siti web di ManagEnergy e Energie Cités, che raccolgono una serie di buone pratiche provenienti da tutta Europa (6);

1.9

è consapevole che l'aumento dell'efficienza energetica richiede una politica dei piccoli passi. In questo caso, i piccoli passi vengono compiuti per lo più da un livello vicino ai cittadini come quello locale e regionale, per la qual cosa svolgono un importante compito di sensibilizzazione;

1.10

osserva che gli obiettivi comunitari della liberalizzazione dei mercati dell'energia (aumento della concorrenza finalizzato a un calo dei prezzi) e dell'efficienza energetica sono difficili da conciliare, dato che la diminuzione dei prezzi non promuove l'efficienza energetica. Per giunta, il rinnovo del parco centrali è ritardato dall'inadeguatezza delle condizioni di investimento;

1.11

giudica opportuna l'adozione, nell'ambito del mercato liberalizzato dell'energia, di misure finalizzate a orientare la politica in direzione della domanda. Per il mercato dell'energia ciò significa anche integrare i costi ambientali nel prezzo al consumo e garantire parità di accesso alla rete. Le strategie volte ad accrescere l'efficienza energetica sono destinate a svolgere un ruolo centrale nei casi in cui occorra controbilanciare l'attuale politica orientata all'offerta.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

invita, in caso di decisione favorevole all'introduzione di piani di efficienza energetica, a far sì che questi ultimi vengano concepiti come piani quinquennali e prevedano al massimo due valutazioni. I piani e le valutazioni a cadenza annuale non danno nella pratica risultati soddisfacenti e appaiono quindi inadeguati (domanda 3);

2.2

sottolinea in particolare la necessità, al momento di definire le misure, di tenere conto dei risultati già conseguiti e delle potenzialità esistenti nei singoli Stati membri e di far precedere ciascuna misura da un'analisi costi-benefici;

2.3

si oppone alla definizione di obiettivi assoluti riguardo all'aumento dell'efficienza. Bisogna in altri termini evitare che emergano vantaggi competitivi per quegli Stati membri che finora hanno usato l'energia in maniera meno oculata. Inoltre, gli Stati che hanno già realizzato risparmi energetici o che impiegano tecnologie particolarmente efficienti dispongono di margini minori per un miglioramento dell'efficienza e la definizione di obiettivi assoluti tornerebbe chiaramente a loro svantaggio;

2.4

raccomanda piuttosto un sistema di benchmarking che, sulla scorta dell'analisi dei diversi dati climatici e dei risultati già conseguiti nel settore dell'efficienza energetica, proponga obiettivi nazionali di efficienza energetica per ciascuno Stato membro. In un secondo momento, tali obiettivi nazionali potrebbero confluire nella definizione di norme europee e consentirebbero così di tenere conto delle situazioni nazionali e di valutare i risultati pregressi in maniera più fondata;

2.5

ritiene che il meccanismo di scambio dei diritti di emissione debba essere pensato in modo tale che, nel quadro del piano di assegnazione, le centrali, trascorso un ragionevole periodo transitorio, ricevano solo il numero di quote corrispondente alla produzione della prevista quantità di energia elettrica e termica in una centrale a ciclo combinato che utilizzi il sistema di cogenerazione di calore ed energia (cogeneration of heat and power — CHP). Si darebbe così un segnale chiaro in favore dell'obiettivo di una maggiore efficienza energetica nella produzione di elettricità (domanda 13);

2.6

propone di ideare per l'industria un analogo meccanismo di calcolo delle quote di emissione, in base al quale ciascun impianto industriale possa ricevere solo un numero di quote di emissione corrispondenti alla produzione della quantità di energia prevista in un impianto che ottempera agli standard più elevati di efficienza energetica. Tale misura comporterebbe un trasferimento dei costi secondo il principio «chi inquina paga» e consentirebbe un importante risparmio di energia e di CO2 (domanda 2);

2.7

invita a prevedere l'ammissibilità degli aiuti di Stato per le misure volte a promuovere l'ecoinnovazione e ad incrementare la produttività in vista di una maggiore efficienza energetica. Tali aiuti potrebbero, da un lato, essere concepiti come aiuti all'investimento e esentare dall'obbligo di notifica gli importi stanziati per promuovere tecnologie innovative e orientate al risparmio energetico; d'altro lato, l'efficienza energetica andrebbe vista come un criterio generale per l'attribuzione degli aiuti per la tutela ambientale, i quali si applicano in particolare a livello locale e regionale. Sostiene in particolar modo l'esenzione per categoria degli aiuti volti a migliorare l'efficienza energetica, ma invita a definire soglie sufficienti quanto meno a ridurre gli oneri amministrativi e gli eventuali ritardi nell'attuazione di tali progetti (domanda 5);

2.8

sostiene la necessità di tenere conto a tutti i livelli (comunitario, nazionale, regionale, locale) dei criteri di efficienza energetica nel settore degli appalti pubblici di forniture. Poiché tali appalti rappresentano circa il 16 % del PIL dell'Unione, l'aumento della domanda di apparecchiature, veicoli, edifici, ecc. a risparmio energetico costituirebbe per le imprese un forte incentivo a sviluppare tali prodotti o ad abbassarne il prezzo. Per quanto riguarda i criteri ecologici per l'aggiudicazione degli appalti, si può attingere alla vasta esperienza maturata in alcuni Stati membri;

2.9

respinge tuttavia l'idea di introdurre norme vincolanti in materia di appalti pubblici per le amministrazioni aggiudicatrici, in quanto numerose regioni e comuni dispongono di bilanci estremamente esigui. Sarebbe piuttosto preferibile informare adeguatamente gli enti territoriali meno ricchi dei vantaggi che presenta una gara d'appalto fondata su criteri d'efficienza energetica, in modo che possano essi stessi scegliere tra il principio del minore e quello del migliore offerente (domanda 6);

2.10

accoglie con favore i programmi di finanziamento dei progetti volti ad accrescere l'efficienza energetica. Tuttavia, per il livello locale e regionale ciò significa che le risorse e gli aiuti finanziari potranno essere stanziati solo su base volontaria e conformemente alle situazioni di bilancio (domande 7 e 22);

2.11

esorta la Commissione a tenere conto dei criteri di efficienza energetica in tutti i settori politici di competenza comunitaria. Per quanto riguarda in particolare i fondi strutturali e il Fondo di coesione, lo sviluppo rurale e gli aiuti alla ricerca, la Commissione potrebbe rendere vincolante il criterio dell'efficienza energetica nella fase di selezione dei progetti, il che si potrebbe anche interpretare come un incoraggiamento implicito al livello locale e regionale (domanda 12);

2.12

si oppone all'idea di estendere o di inasprire la direttiva comunitaria sugli edifici fintanto che non si sia valutato l'impatto dell'entrata in vigore dell'attuale versione. Prima di estendere la direttiva, occorre prevedere un lasso di tempo sufficiente per la valutazione dell'attuale direttiva sugli edifici (domanda 8);

2.13

è favorevole al lancio di vaste campagne informative a tutti i livelli. Tali campagne dovrebbero avere valenza nazionale, regionale o locale e riguardare per lo più tematiche su cui i destinatari dispongono effettivamente di soluzioni alternative concrete. A questo riguardo sarebbe auspicabile una cooperazione tra la Commissione europea o le sue rappresentanze negli Stati membri e il livello regionale e locale (domanda 12);

2.14

rileva l'esigenza di iniziative di informazione e formazione, che non dovrebbero essere limitate ai professionisti del settore energetico, ma estese in particolare ad operatori esterni al settore come architetti, imprese edili, promotori immobiliari, progettisti e gestori di infrastrutture;

2.15

è decisamente favorevole all'impiego intensivo degli impianti di cogenerazione. Inoltre, ritiene indispensabile che, parallelamente a un'attuazione convinta della direttiva CHP, si acceleri la realizzazione del mercato dell'energia termica (domanda 13);

2.16

caldeggia il rinnovamento dei sistemi vecchi — e poco efficienti — di teleriscaldamento, il che può contribuire in modo molto rilevante al miglioramento dell'efficienza energetica, ed esorta gli Stati membri a utilizzare a tal fine le risorse dei fondi strutturali e del Fondo di coesione;

2.17

sostiene l'appello del Parlamento europeo alla Commissione affinché proponga un dispositivo normativo per un mercato efficiente dell'energia e del raffreddamento. Per il livello locale, l'utilizzo efficace dell'energia termica è importante tanto quanto il reperimento di soluzioni adeguate in materia di refrigerazione. I sistemi di condizionamento d'aria hanno portato negli ultimi anni a un consistente aumento del consumo di energia elettrica durante la stagione calda. Dato che il mercato del riscaldamento e del raffreddamento è di competenza del livello locale attraverso le disposizioni in materia edilizia, anche in tale ambito una politica di informazione e un'attività di consulenza specifica potrebbero svolgere un ruolo significativo. Le decisioni locali andrebbero orientate in direzione di una maggiore efficienza energetica. Le raccolte di migliori pratiche inserite nei summenzionati siti Internet comprendono esperienze innovative nel settore del teleriscaldamento e del teleraffreddamento;

2.18

è favorevole all'intensificazione e alla promozione della produzione distribuita cui si accenna nel Libro verde, ma sottolinea la necessità di esaminare con cura il rapporto tra capacità delle centrali e consumo locale. Anche in questo caso bisognerebbe orientarsi verso la cogenerazione, che costituisce una forma di produzione particolarmente efficace. Il modo migliore per garantire un grado elevato di efficienza energetica è utilizzare su scala locale il calore prodotto;

2.19

sottolinea la necessità di badare all'efficienza energetica e ad un'utilizzazione quanto più possibile razionale delle risorse disponibili anche nel quadro della produzione di energia da fonti rinnovabili. In tutti i settori, al momento di creare nuovi impianti, bisognerebbe anzitutto ottimizzare il consumo e solo in un secondo momento adattare il sistema di approvvigionamento al consumo ottimizzato. In ogni caso occorrerà considerare ed esaminare, conformemente alle legislazioni nazionali e con il coinvolgimento degli enti territoriali competenti, i seguenti aspetti: ubicazione, tipo di tecnologie utilizzate, dimensioni degli impianti e grado d'utilizzo;

2.20

respinge l'idea di un sistema di certificati bianchi (di efficienza energetica) che imponga al fornitore di realizzare misure di risparmio energetico per conto degli utenti finali. Al riguardo si teme che, sul piano economico, i costi per l'introduzione e la gestione di un ulteriore sistema di scambio risultino maggiori dei risparmi ottenuti. Oltre ai consistenti gravami burocratici, un'assegnazione equa dei certificati sembra ancora più difficile da ottenere che per lo scambio dei diritti di emissione (domanda 15);

2.21

caldeggia nuovi investimenti per lo sviluppo dei trasporti pubblici urbani e delle infrastrutture ferroviarie. Una riduzione del traffico automobilistico sarà possibile a lungo termine solo se saranno disponibili alternative ragionevoli al trasporto individuale (con autoveicoli); al riguardo esprime compiacimento per il riferimento, contenuto nella proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea sui servizi pubblici nell'ambito del trasporto passeggeri per ferrovia e su strada, all'autonomia dei comuni e delle regioni riguardo alla fornitura di questo servizio di interesse generale. In tal modo viene riconosciuto il ruolo degli enti locali e regionali nel garantire i trasporti pubblici locali;

2.22

esorta la Commissione a sollecitare anche l'industria e ad adottare un pacchetto di misure volte al contenimento del prezzo finale per le attrezzature che comportano risparmi energetici e per le tecnologie che utilizzano energie rinnovabili; condivide il parere del Parlamento europeo secondo cui per alcune tecnologie si è potuta ottenere una diminuzione sensibile dei costi negli ultimi anni, ma fa presente che servono ulteriori ribassi se si vuole che le misure di miglioramento dell'efficienza energetica risultino convenienti per la collettività;

2.23

reputa che, tenuto conto delle norme ambientali comparativamente elevate in vigore in Europa, l'UE debba negoziare vantaggi tariffari o non tariffari nell'ambito dell'OMC per i prodotti all'insegna dell'efficienza energetica.

Bruxelles, 16 febbraio 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 318 del 22.12.2004, pag. 19.

(2)  GU C 73 del 26.3.2003, pag. 41.

(3)  GU C 107 del 3.5.2002, pag. 13.

(4)  GU C 107 del 3.5.2002, pag. 76.

(5)  GU C 144 del 16.5.2001, pag. 17.

(6)  http://www.managenergy.net/gp.html (in inglese).

http://www.energie-cites.org/page.php?lang=en&dir=3&cat=3&sub=3 (in inglese).


16.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/15


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio sulle politiche europee concernenti la gioventù Rispondere alle preoccupazioni dei giovani in Europa — attuare il Patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva

(2006/C 192/04)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio sulle politiche europee concernenti la gioventù Rispondere alle preoccupazioni dei giovani in Europaattuare il Patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva (COM(2005) 206 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 30 maggio 2005, di consultarlo in materia a norma dell'articolo 256, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 25 luglio 2005, di incaricare la commissione Cultura e istruzione di elaborare un parere sull'argomento,

visto il Patto europeo per la gioventù (conclusioni della presidenza del vertice europeo di Bruxelles, 22 e 23 marzo 2005, documento 7619/05, allegato 1),

visto il proprio parere in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma «Gioventù in azione» per il periodo 2007-2013  (1) (CdR 270/2004 fin) (2),

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio sul tema: Seguito del Libro bianco «Un nuovo impulso per la gioventù europea»Proposta di obiettivi comuni per le attività di volontariato dei giovani e alla Comunicazione della Commissione al Consiglio sul tema: Seguito del Libro bianco «Un nuovo impulso per la gioventù europea»Proposta di obiettivi comuni per una migliore comprensione e conoscenza dei giovani  (3) (CdR 192/2004 fin) (4),

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio sul tema: Seguito del Libro bianco «Un nuovo impulso per la gioventù europe»Proposta di obiettivi comuni in materia di partecipazione e di informazione dei giovani a seguito della risoluzione del Consiglio del 27 giugno 2002 relativa al quadro di cooperazione europea in materia di gioventù  (5) (CdR 309/2003 fin) (6),

visto il proprio parere in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un quadro unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass)  (7) (CdR 307/2003 fin) (8),

visto il progetto di parere (CdR 253/2005 riv. 2) adottato il 7 dicembre 2005 dalla commissione Cultura e istruzione (relatore: Roberto PELLA, consigliere comunale di Cossato (IT/PPE)),

ha adottato il seguente parere in data 16 febbraio 2006, nel corso della 63a sessione plenaria.

1.   Introduzione

Il Comitato delle regioni

1.1

prende atto della comunicazione sulle politiche europee concernenti la gioventù, elaborata dalla Commissione in attuazione del «Patto europeo per la gioventù», e ne apprezza la visione ampia e trasversale, che tocca molti settori di intervento delle politiche comunitarie;

1.2

apprezza il carattere di continuità che la comunicazione presenta rispetto al Libro bianco della Commissione Un nuovo impulso per la gioventù europea, alla risoluzione del Consiglio del 27 giugno 2002 e agli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione, adottati dalla Commissione il 12 aprile 2005;

1.3

approva e appoggia la volontà di rafforzare, in tutti gli ambiti di intervento, le politiche a favore della gioventù, in quanto considera che i giovani rappresentino un investimento indispensabile per l'Europa di domani;

1.4

insiste sulla necessità di lavorare attivamente a tutti i livelli decisionali, vale a dire comunitario, nazionale, regionale e locale, per difendere concretamente la cittadinanza dei giovani in tutti i contesti politici della società europea. È soprattutto importante mettere a punto delle azioni utili a migliorare la qualità della vita lavorativa, sociale e familiare dei giovani, allo scopo di offrire loro le condizioni necessarie per una cittadinanza attiva. Il coinvolgimento dei giovani è un prerequisito fondamentale per consolidare, nel lungo termine, l'integrazione e la legittimità delle istituzioni dell'UE presso i cittadini europei;

1.5

sottolinea che una reale partecipazione dei giovani può essere garantita solo dal coinvolgimento, nelle azioni che l'Unione europea intende attuare, degli enti locali e regionali, delle organizzazioni giovanili e di tutte le parti sociali che hanno a vario titolo contatto con il mondo giovanile. Il successo delle iniziative delineate dalla Commissione dipende in grande misura dalla positiva realizzazione di questo processo concertativo.

2.   Applicazione del metodo aperto di coordinamento

Il Comitato delle regioni

2.1

auspica che le modalità di applicazione del metodo aperto di coordinamento valorizzino adeguatamente il ruolo degli enti locali e regionali nel rispetto delle loro competenze;

2.2

ritiene che nel campo delle politiche per la gioventù gli obiettivi del metodo aperto di coordinamento debbano essere: a) la riconciliazione dei giovani con la vita pubblica, affinché possano essere meglio associati alle politiche che li riguardano; b) una migliore presa in considerazione dei bisogni specifici dei giovani sia nelle politiche comunitarie che nelle politiche nazionali. Per conseguire questi obiettivi non si può prescindere né dal ruolo svolto dagli enti locali e regionali né dalle competenze e conoscenze di questi ultimi, soprattutto nelle materie oggetto della strategia illustrata dalla comunicazione;

2.3

raccomanda dunque che gli Stati membri garantiscano la partecipazione degli enti locali e regionali alla progettazione, all'attuazione e al monitoraggio delle politiche sui giovani al livello nazionale, e che il Consiglio garantisca tale partecipazione al livello europeo.

3.   Politiche per l'occupazione e l'inclusione sociale

3.1

Il Comitato apprezza l'impostazione della Commissione sulle politiche per l'occupazione e l'inserimento sociale dei giovani, i quali sono particolarmente esposti ai rischi della disoccupazione, della precarietà e dei bassi salari. In particolare, ritiene importante dare piena attuazione in questo campo alla strategia di Lisbona, che prevede non solo l'aumento dei posti di lavoro ma anche il miglioramento della loro qualità.

3.2

Il CdR esorta la Commissione a proporre obiettivi quantitativi nella lotta alla disoccupazione giovanile (che attualmente si colloca al 18 % a livello comunitario).

Se la competenza nell'attuazione di queste politiche spetta agli Stati membri, le amministrazioni locali costituiscono, in tutti i paesi, le unità politiche e amministrative cui spettano i compiti di realizzazione, sviluppo e governo dei processi di integrazione tra politiche del lavoro, politiche sociali, politiche di inclusione e politiche di lotta contro le discriminazioni e l'esclusione sociale.

3.3

La predisposizione di interventi finalizzati alla ridefinizione e riarticolazione dei sistemi di welfare, secondo logiche «proattive» volte ad ampliare le opportunità di partecipazione delle giovani generazioni al mondo del lavoro e alla società in generale, richiede un cambiamento radicale della prospettiva con cui si guarda alle problematiche dell'inclusione/esclusione, in modo da permettere una visione «panoramica» della condizione sociale del giovane. La dimensione occupazionale, infatti, non può essere scissa dal complesso delle «condizioni socialmente abilitanti» come la buona salute, l'istruzione di base e un contesto che incoraggi e coltivi lo spirito di iniziativa.

3.4

Nelle strategie europee per l'occupazione e negli interventi per la competitività, programmi d'azione nazionali ed europei e fondi strutturali convergono intorno agli obiettivi di crescita occupazionale, pari opportunità e coesione sociale. L'aumento dell'adattabilità di lavoratori ed imprese alle trasformazioni economiche e l'ampliamento dei livelli di occupabilità dei lavoratori propongono, per le giovani generazioni, un terreno di sperimentazione per politiche integrate che si attuano, si implementano e si integrano tra loro soprattutto a livello locale.

3.5

Il Comitato invita la Commissione a promuovere, di comune accordo, azioni che favoriscano l'evoluzione delle conoscenze, delle competenze e di tutti gli strumenti operativi utili a rafforzare e qualificare il lavoro delle amministrazioni locali e regionali, con particolare riferimento a:

scambi di dati, informazioni, buone pratiche (anche attraverso la costituzione di reti transnazionali permanenti il cui lavoro sia effettivo e verificabile),

processi formativi comuni e confrontabili per gli attori chiave delle politiche locali e regionali rivolte alla gioventù.

3.6

Le aree su cui esercitare tali azioni di rafforzamento dell'efficacia del contributo degli enti regionali e locali sono principalmente le seguenti:

sistema di incontro domanda/offerta,

percorsi di inserimento nel mercato del lavoro,

azioni di occupazione per l'inclusione sociale,

attività di informazione e comunicazione su tematiche legate agli assetti istituzionali del mercato del lavoro e all'evoluzione delle professioni,

raccordo tra sistemi formativi e mondo economico/imprenditoriale,

dispositivi economici di accompagnamento all'inserimento sociale.

3.7

La strategia per l'inclusione sociale può migliorare la situazione dei giovani (soprattutto dei più vulnerabili) nella misura in cui, a livello comunitario e degli Stati membri, sarà sviluppata un'integrazione efficace tra le diverse politiche di cui regioni ed enti locali sono i diretti attuatori. Per questo l'elaborazione di ogni strategia di inclusione sociale e del programma di apprendimento reciproco nel settore dell'occupazione sarà favorita da un coinvolgimento attivo e diretto delle diverse amministrazioni locali e regionali.

3.8

In questo quadro, la convergenza e la cooperazione tra i diversi livelli istituzionali potrà concentrarsi sulla difficoltà dei giovani ad entrare in rapporto con il mercato del lavoro, la quale si manifesta non soltanto nella percentuale di disoccupati, ma anche nel numero di giovani inattivi, che non studiano, non lavorano e neppure cercano un impiego; quest'ultimo aspetto appare particolarmente grave se si considera che molti giovani sfuggono anche all'obbligo formativo previsto fino ai 18 anni.

3.9

Il Comitato invita la Commissione a promuovere l'inserimento nei programmi nazionali di riforma di misure atte a garantire un adeguato sostegno finanziario e organizzativo ai progetti per l'imprenditorialità giovanile.

4.   Istruzione e formazione

4.1

Il Comitato sottolinea che il Patto europeo per la gioventù non deve portare né all'armonizzazione del contenuto dei programmi di insegnamento e formazione a livello comunitario né a quella dell'organizzazione del sistema di istruzione e di formazione; si tratta infatti di settori di piena competenza degli Stati membri ed in alcuni casi degli enti locali e regionali, conformemente a quanto sancito dal Trattato, il quale limita la competenza della CE allo sviluppo della «dimensione europea dell'istruzione» e dello «scambio di informazioni ed esperienze sui problemi comuni dei sistemi di istruzione degli Stati membri».

4.2

Il Comitato auspica che vengano intensificati e migliorati gli scambi di informazioni sulle migliori pratiche (e sugli strumenti e le procedure adottati) che i singoli Stati membri hanno sviluppato per assicurare una partecipazione attiva ed effettiva degli enti regionali e locali ai processi di adeguamento dei sistemi e dei quadri di qualificazione.

4.3

In particolare, ogni iniziativa di definizione di un quadro europeo delle qualifiche, che fruirà delle connessioni e delle sinergie con i dispositivi di trasferimento dei crediti di studio e di garanzia della qualità, con i principi comuni europei di identificazione e di riconoscimento dell'apprendimento non formale e informale e con Europass (quadro unico europeo per la trasparenza dei diplomi, dei certificati e delle competenze), non potrà prescindere dal contributo degli enti regionali e locali, anche a livello dei processi di monitoraggio e valutazione.

4.4

Ciò dovrebbe naturalmente valere anche per la fase di sperimentazione dell'iniziativa «Youthpass» nel quadro di Europass, ipotizzata dalla Commissione per il 2006, e per la quale dovrebbero essere predisposti adeguati strumenti procedurali ed economici.

4.5

Analoga procedura andrebbe utilizzata per le attività proposte dalla Commissione per spingere gli Stati membri a garantire una maggiore trasparenza e informazione sulle possibilità di occupazione e di formazione per agevolare la mobilità, nel quadro della modernizzazione dei servizi per l'occupazione, nonché per quelle degli Stati membri finalizzate a rafforzare le proprie strategie di rimozione degli ostacoli alla mobilità. In questo senso, anche nella valutazione e implementazione di iniziative quali il Servizio volontario europeo (SVE) o i portali per l'informazione EURES (mobilità professionale) e Ploteus (opportunità di apprendimento in Europa) si potrà tenere meglio conto delle esigenze dei giovani se si valorizzeranno i giudizi e le proposte degli enti locali.

4.6

Anche il coordinamento dei sistemi formativi nazionali, necessario per favorire al massimo la libera circolazione dei cittadini e lo sviluppo dei sistemi locali, potrà essere favorito da una intensificazione dello scambio di conoscenze e buone pratiche. In particolare, il sostegno comunitario a confronti e collaborazioni transnazionali potrà assecondare gli sforzi dei diversi Stati membri per istituire un quadro comparabile di convalida per l'educazione non formale e l'educazione informale.

4.7

Una stretta cooperazione tra istituzioni comunitarie ed enti regionali e locali dovrà sostenere l'evoluzione del ruolo delle università come luoghi di scambio del sapere e della cultura dei giovani europei: a tale fine saranno in particolare necessari un più forte radicamento delle università nei contesti locali ed una più profonda e generalizzata adozione da parte di esse dei principi, dei metodi e degli stili della partnership.

5.   Mobilità

5.1

Il Comitato delle regioni apprezza il perfetto allineamento del contenuto del documento della Commissione con le politiche comunitarie sulla libera circolazione dei lavoratori e la mobilità degli studenti, degli istruttori e delle persone in formazione, in particolare dei giovani.

5.2

Esso esprime pertanto il massimo sostegno alla Commissione in relazione alle sue affermazioni in merito alla mobilità dei giovani in Europa, vuoi per motivi di formazione, vuoi per motivi di lavoro.

5.3

Al fine di favorire una conoscenza più approfondita dell'Europa e dei suoi meccanismi di funzionamento nonché il coinvolgimento dei giovani nel mondo della politica, il Comitato invita le istituzioni europee a realizzare un programma per i giovani, sul modello delle Nazioni Unite, che coinvolga gli studenti delle scuole superiori e gli studenti universitari in una vera e propria simulazione dei lavori degli organi comunitari (sessioni plenarie del Parlamento europeo, riunioni del Consiglio, ecc.).

5.4

La mobilità dei giovani ormai non si limita a quella interna all'Unione, ma riguarda sempre di più anche i paesi extraeuropei. Per favorire l'impegno dei giovani nel volontariato e nella solidarietà internazionale, il Comitato auspica che si realizzi a tale proposito una cooperazione più stretta tra Commissione, Stati membri ed enti regionali e locali. Occorre prestare la dovuta attenzione alla mobilità transfrontaliera: la popolazione europea attuale comprende importanti minoranze originarie delle regioni limitrofe in cui occorre incoraggiare la mobilità e sviluppare i contatti. In questo ambito, un sistema di reti di ONG di diversi Stati membri operanti in una stessa area in via di sviluppo potrebbe essere un terreno su cui sperimentare azioni di sostegno in sinergia tra i livelli locale, nazionale e comunitario.

5.5

Anche al fine di consentire una reale mobilità dei giovani lavoratori all'interno dell'UE, il Comitato invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere il potenziamento dei programmi nazionali di studio delle lingue.

6.   Conciliazione tra vita familiare e professionale

6.1

Il Comitato delle regioni ribadisce l'autonomia degli Stati membri nella predisposizione di politiche e metodi per favorire la conciliazione tra vita familiare e professionale.

6.2

Anche in questo campo il contributo della Commissione può essere orientato a un rafforzamento e una moltiplicazione delle opportunità di trasferimento e mainstreaming dei patrimoni di informazioni, conoscenze ed esperienze in possesso degli enti regionali e locali per quello che riguarda tanto i settori indicati dalla Commissione quanto la promozione e la diffusione dei diritti di pari opportunità tra generazioni.

7.   Partecipazione e azioni di rafforzamento della cittadinanza attiva dei giovani

7.1

Il Comitato ritiene che in relazione alla politica della gioventù la Commissione dovrebbe praticare una decisa e quanto più possibile efficace azione di confronto e concertazione coi giovani sui programmi e le iniziative da essa sviluppati, anche sperimentando modalità innovative.

7.2

In questo processo, i comuni o le regioni, a seconda della struttura territoriale di ciascuno Stato membro, nella loro posizione di enti più vicini al territorio e di primo interlocutore diretto dei giovani nei processi di integrazione nella vita politica, civile ed economica, debbono poter svolgere pienamente ed effettivamente il ruolo che compete loro. I processi di consultazione con le amministrazioni locali dovrebbero essere accompagnati dall'adozione di misure dirette a:

intensificare lo scambio di esperienze tra i decisori e gli operatori delle politiche giovanili a livello locale, anche per favorire il mutuo apprendimento,

incentivare la costituzione di reti stabili e sostenerne l'attività di scambio e diffusione di buone pratiche e di reciproca assistenza per l'aggiornamento delle strategie, dei metodi e degli strumenti di promozione della partecipazione giovanile;

creare meccanismi e strumenti di partecipazione che offrano spazio alle iniziative avviate dai giovani, permettendo loro di venir coinvolti nelle azioni e nei progetti da loro stessi promossi.

Il confronto transnazionale agevola il «rafforzamento» e la stabilizzazione delle esperienze, limitando i rischi di un loro dissolvimento precoce.

7.3

Il Comitato ritiene che gli Stati membri debbano avviare campagne per la partecipazione e l'esercizio della cittadinanza, promuovendo, nell'ambito dei programmi scolastici e formativi, la consapevolezza delle responsabilità delle quali ciascuno deve farsi carico in una società democratica, soprattutto nell'ambito della comunità di appartenenza. In tal senso le scuole ed i centri di insegnamento secondario rappresentano spazi comuni importanti per la partecipazione dei giovani e l'apprendimento della democrazia.

7.4

Il Comitato auspica che venga favorito lo scambio delle buone pratiche sulle forme di partecipazione dei giovani al governo locale e sulle iniziative a favore della mobilità per una migliore conoscenza delle diverse forme di governo locale, finalizzate a una partecipazione più consapevole alla vita politica.

7.5

Il Comitato invita i governi regionali e locali ad avviare esperienze analoghe ai «Consigli dei giovani», da considerare non soltanto come meccanismi o possibilità di partecipazione e dialogo con i giovani, ma anche come strumenti per la formazione di una cittadinanza attiva.

7.6

Per sostenere i processi di partecipazione locale e di cittadinanza attiva la Commissione deve però favorire, mediante il confronto transnazionale, l'elaborazione condivisa di criteri e contenuti precisi rispetto all'obiettivo della «partecipazione»: quali sono le sue modalità, quali dimensioni deve avere, chi deve coinvolgere.

7.7

Per evitare o minimizzare il rischio che nei processi di consultazione e partecipazione dei giovani siano favorite solo le «grandi reti» nazionali, occorrerà coinvolgere attivamente le reti delle associazioni giovanili che operano a livello locale. Per far questo, sarà utile un coinvolgimento diretto dei comuni che hanno sviluppato nei loro territori modelli di programmazione e gestione delle politiche giovanili che prevedono processi di consultazione e di concertazione.

7.8

Il Comitato auspica che nell'attuare le iniziative annunciate (tra le altre, la campagna «Per la diversità — contro la discriminazione», l'iniziativa europea di promozione della buona salute dei giovani e dei bambini, la consultazione pubblica sullo sport intesa a rafforzarne i valori educativi e sociali per i giovani) la Commissione non sottovaluti il ruolo fondamentale che gli enti regionali e locali possono svolgere per raggiungere, informare, sensibilizzare, motivare e attivare i gruppi e i singoli.

7.9

Il Comitato si compiace del fatto che nell'UE gran parte della responsabilità delle politiche per la gioventù spetti ai comuni ed alle regioni. È quindi importante che agli enti locali e regionali competa anche la responsabilità per la formazione dei giovani, il loro lavoro e il loro tempo libero.

8.   Programmi di sostegno delle politiche concernenti la gioventù

8.1

La Commissione e le istituzioni comunitarie possono svolgere un ruolo fondamentale nel creare le condizioni operative e gli strumenti che permettano agli Stati membri un adeguato esercizio delle proprie prerogative. La multidimensionalità, la trasversalità e la multifattorialità dei problemi della condizione giovanile impongono ai diversi livelli istituzionali, secondo le rispettive responsabilità e competenze, una conoscenza puntuale dei fenomeni e dei processi.

8.2

Per queste ragioni il Comitato auspica l'attivazione di iniziative che consentano di sviluppare un sistema di coordinamento degli osservatori della condizione giovanile che, facendo tesoro di quanto realizzato su altre tematiche altrettanto multidimensionali e trasversali, possano:

evitare di moltiplicare i sistemi e le piattaforme informativi,

integrare ed interconnettere le banche dati di livello europeo già esistenti, permettendo l'elaborazione e l'incrocio di dati relativi ai giovani,

valorizzare ed integrare in una rete europea le migliori esperienze degli «osservatori sulla condizione giovanile» diffusi in Europa e promossi dagli enti regionali e locali,

favorire la specializzazione degli osservatori locali riducendo i rischi di sovrapposizioni dispersive.

8.3

Il Comitato auspica che, attraverso specifici programmi e azioni di sensibilizzazione, di diffusione, di scambio di buone prassi e di formazione degli attori locali delle politiche giovanili, venga sostenuta la diffusione di una cultura europea delle politiche giovanili, creando così uno spazio europeo dove i decisori possano confrontarsi sulla implementazione di queste ultime. In particolare il Comitato offre la sua collaborazione alla Commissione per l'avvio di una campagna di diffusione dei contenuti del Patto europeo per la gioventù.

8.4

Per l'efficacia delle politiche perseguite nel campo della gioventù assume grande importanza l'attivazione di processi di valutazione dell'impatto e degli esiti delle politiche stesse. Infatti, visto che non ci sono «modelli» stabili e riconosciuti di politica giovanile, la valutazione consente di rafforzare le esperienze, si traduce in reciproco apprendimento e origina modelli leggibili e riproducibili. In particolare gli enti regionali e locali devono essere chiamati a intervenire nei processi di valutazione.

8.5

Nello sviluppo, nell'organizzazione e nella realizzazione di ogni singolo programma o azione, occorrerà valorizzare il ruolo di governance delle regioni e degli enti locali nelle politiche giovanili, integrando il principio di sussidiarietà verticale con quello orizzontale, particolarmente importante a livello locale. Per questo, nella realizzazione di ogni singolo programma o azione che interessano la gioventù devono essere promosse e valorizzate le esperienze di partnership effettiva, equilibrata, rappresentativa.

8.6

Il Comitato sottolinea la necessità di integrare la dimensione giovanile nelle principali politiche dell'Unione. Anche per gli interventi in campo culturale, dove già in passato è stato in parte considerato il valore aggiunto dell'integrazione della dimensione giovanile, si dovrà adeguatamente tenere in considerazione la necessità di destinare fondi e spazi alle iniziative implementate da giovani e destinate ai giovani. Inoltre occorrerà sottolineare l'importanza dell'equità sociale e delle pari opportunità tra le generazioni, anche in considerazione dei rischi di esclusione sociale dei giovani.

8.7

Il Comitato chiede che nella realizzazione e nella valutazione dei programmi «Gioventù» e «Servizio civile europeo» sia riconosciuta la centralità degli enti territoriali. Tale raccomandazione si estende anche al programma «Gioventù in azione 2007-2013». Solo in questo modo si potrà garantire il radicamento territoriale, l'impatto dei progetti sui territori e la loro effettiva integrazione nelle politiche locali.

8.8

Il Comitato ritiene che le misure a favore dei giovani debbano considerare, oltre a quelle previste nel Patto europeo per la gioventù, anche altre questioni che, sia pur indirettamente, possano essere di supporto al raggiungimento degli obiettivi fissati nel Patto stesso. In particolare si fa riferimento, per la loro rilevanza, al problema dell'edilizia abitativa (che attiene alle politiche a favore del lavoro, della mobilità e della conciliazione fra vita familiare e professionale), ad altri aspetti analoghi del welfare familiare e alle politiche di accesso al credito. Occorre quindi invitare i paesi membri a un maggiore sforzo nello sviluppo di efficaci riforme in questi settori.

8.9

Il Comitato invita inoltre la Commissione a promuovere l'inserimento, nei programmi nazionali di riforma varati nell'ambito della strategia di Lisbona, di misure finalizzate a:

rafforzare gli interventi per contrastare il crescente rischio di esclusione sociale dei giovani, in particolare favorendo lo sviluppo a tutti i livelli di iniziative che migliorino l'accesso di tutti i giovani a tutti i diritti (sociali, politici, di cittadinanza) e il loro conseguente pieno esercizio,

promuovere le politiche per la gioventù nei programmi nazionali di riforma, e dare priorità alla loro attuazione,

evitare l'abbandono scolastico e favorire il raggiungimento dei gradi più alti dell'istruzione da parte dei giovani meritevoli ma in condizioni economiche disagiate,

fornire ai giovani un adeguato sistema di ammortizzatori sociali,

favorire l'arte e la creatività giovanile, sostenendo l'autoimprenditorialità in questi settori,

attivare specifiche forme di sostegno per la partecipazione alla vita sociale e politica da parte dei giovani in generale, e specialmente dei giovani con basso reddito, dei giovani disoccupati, dei giovani disabili, delle giovani donne e dei giovani immigrati,

sostenere i giovani che vivono nelle aree rurali o svantaggiate nei loro sforzi di inserimento culturale, sociale e lavorativo,

incentivare il volontariato giovanile.

9.   Risorse finanziarie

9.1

Il Comitato osserva che data la complessità dei problemi affrontati, la Commissione accenna in modo troppo vago alle risorse finanziarie per la concretizzazione delle misure a favore della gioventù.

9.2

Il Comitato raccomanda pertanto che nelle fasi successive alla predisposizione delle direttive comunitarie vengano previsti degli specifici fondi europei: dei progetti così ambiziosi in favore della gioventù, certamente indispensabili, richiedono infatti risorse finanziarie che spesso gli Stati membri non sono in grado di reperire autonomamente. In definitiva si chiede alla Commissione di prevedere un aumento dei fondi a disposizione delle politiche comunitarie a favore dei giovani.

9.3

Esso raccomanda altresì che si proseguano e si rafforzino i processi di semplificazione amministrativa volti a migliorare l'accessibilità ai programmi e alle azioni non solo per gli enti regionali e locali ma anche, e soprattutto, per i giovani e le loro rappresentanze. In questo modo, si potranno anche ottimizzare i costi, semplificare i processi e accorciare i tempi di realizzazione.

9.4

Il Comitato auspica che a sostegno delle indicazioni previste dalla comunicazione della Commissione vengano definiti adeguati programmi, dotati della necessaria copertura finanziaria. Oltre ai programmi specifici (Gioventù e SVE), potrebbe essere previsto l'inserimento in ogni programma UE di una quota di finanziamento destinata a specifiche azioni rivolte ai giovani.

Bruxelles, 16 febbraio 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  COM(2004) 471 def.

(2)  GU C 71 del 22.3.2005, pag. 34.

(3)  COM(2004) 337 def. e COM(2004) 336 def.

(4)  GU C 43 del 18.2.2005, pag. 42.

(5)  GU C 22 del 24.1.2001, pag. 7, e COM(2003) 184 def.

(6)  GU C 121 del 30.4.2004, pag. 10.

(7)  COM(2003) 796 def.

(8)  GU C 121 del 30.4.2004, pag. 10.


16.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/21


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «i2010 — Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione»

(2006/C 192/05)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni«i2010Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione» (COM(2005) 229 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 1o giugno 2005, di consultarlo in materia a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 12 aprile 2005, di incaricare la commissione Cultura e istruzione di elaborare un parere sull'argomento,

vista la strategia di Lisbona, che ha lo scopo di fare dell'Europa, entro il 2010, «l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale»,

vista l'esortazione rivolta dal Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo 2005 alla Commissione a rilanciare immediatamente la strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione (1),

viste le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo, secondo cui «È indispensabile sviluppare una società dell'informazione pienamente inclusiva, basata sull'uso generalizzato delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nei servizi pubblici, nelle PMI e nelle famiglie. A tal fine l'iniziativa i2010 porrà l'accento sulla ricerca e l'innovazione nel settore delle TIC, sullo sviluppo dell'industria dei contenuti, la sicurezza delle reti e dell'informazione, e la convergenza e l'interoperabilità volte a creare uno spazio di informazione senza frontiere» (2),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione Aggiornamento del piano d'azione eEurope 2005 (CdR 193/2004 fin) (3),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione Connessioni ad alta velocità in Europa: le strategie nazionali in materia di banda larga (CdR 257/2004 fin) (4),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione Il futuro della politica europea in materia di regolamentazione audiovisiva (CdR 67/2004 fin) (5),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione La scienza e la tecnologia, chiavi del futuro dell'EuropaOrientamenti per la politica di sostegno alla ricerca dell'Unione (CdR 194/2004 fin) (6),

visto il proprio parere di prospettiva sul tema Il ruolo delle università nello sviluppo locale e regionale nel contesto di un'Europa della conoscenza (CdR 89/2003 fin) (7),

visto il parere (CdR 252/2005 riv. 2) adottato il 7 dicembre 2005 dalla commissione Cultura e istruzione (relatore: Theodoros GEORGAKI, sindaco di Ilioupoli, EL/PSE),

CONSIDERANDO QUANTO SEGUE:

1.

Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) possono contribuire in modo significativo, sia direttamente che indirettamente, alla realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona.

2.

Per collegare l'intera Europa, i suoi Stati membri attuali e quelli futuri, i suoi centri urbani e le sue aree rurali, le sue imprese e i suoi cittadini occorre un ambizioso sistema di connessione ad alta velocità, che garantisca pari diritti e opportunità digitali senza operare discriminazioni, nel quadro di un'infrastruttura informatica paneuropea.

3.

Gli investimenti nella ricerca e nell'innovazione rivestono un'importanza determinante e vanno perciò potenziati, affinché il settore delle TIC continui a contribuire allo sviluppo e all'occupazione.

4.

È essenziale sviluppare un'infrastruttura dell'informazione efficace e moderna per le nuove imprese e per quelle esistenti e per la modernizzazione dei servizi pubblici.

5.

Bisogna garantire, tra i diritti dei cittadini europei, anche il diritto a pari opportunità di accesso alla società dell'informazione in termini di connessioni e servizi, a prescindere dal tipo di utente, dalla sua posizione sociale e dalla sua dislocazione geografica.

6.

L'infrastruttura d'informazione e i collegamenti a banda larga devono essere concepiti e gestiti allo stesso modo del servizio di erogazione idrica ed elettrica,

ha adottato il seguente parere in data 16 febbraio 2006, nel corso della 63a sessione plenaria.

1.   La posizione del Comitato delle regioni

Osservazioni generali

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.1

plaude alla concisione e alla chiarezza delle analisi e delle conclusioni formulate dalla Commissione nella comunicazione in esame;

1.2

condivide l'idea che conoscenza, ricerca e innovazione siano le forze motrici dello sviluppo sostenibile;

1.3

sostiene vigorosamente l'idea che la costruzione di una società dell'informazione pienamente inclusiva sia un compito essenziale;

1.4

concorda nel ritenere che le TIC costituiscono una leva possente per lo sviluppo e l'occupazione: questo è dimostrato anche dai dati statistici, i quali indicano che esse incidono sull'aumento del PNL per il 25 % e sull'incremento della produttività per il 40 %;

1.5

prende atto del rapido avvento della convergenza digitale a livello dei servizi, delle reti, delle apparecchiature e dei media, con il conseguente ampliamento, per i cittadini, dei canali di accesso al patrimonio digitale;

1.6

osserva che la realizzazione della convergenza digitale è facilitata dalla convergenza sociale e dalla modifica del quadro normativo;

1.7

apprezza la strategia i2010 per una società europea dell'informazione e ne condivide gli orientamenti generali e le priorità di fondo;

1.8

concorda nel ritenere che tale strategia concorra alla realizzazione di un'economia digitale aperta e competitiva e contribuisca altresì al miglioramento del livello qualitativo e alla lotta all'esclusione sociale;

1.9

sottolinea l'importanza e condivide le tre priorità della strategia i2010:

creare uno spazio unico europeo dell'informazione,

rafforzare l'innovazione e gli investimenti,

costruire una società europea dell'informazione basata sull'inclusione, con particolare attenzione al miglioramento dei servizi pubblici e alla qualità della vita;

1.10

esprime la convinzione che l'iniziativa i2010 possa contribuire al miglioramento della qualità della vita dei cittadini e più in generale alla realizzazione di una società migliore.

Per quanto riguarda lo spazio unico europeo dell'informazione

Il Comitato delle regioni

1.11

sostiene l'approccio proattivo adottato dalla Commissione, ritenendo che il mercato delle TIC dell'Unione europea abbia un potenziale enorme che deve essere valorizzato. Un mercato europeo unico con regole uniformi nei vari paesi è particolarmente propizio all'attività imprenditoriale;

1.12

sottolinea la necessità di riconoscere e definire il ruolo degli enti locali e regionali nella realizzazione della strategia i2010;

1.13

rileva con soddisfazione gli sforzi compiuti per far fronte alle sfide maggiori; fa notare tuttavia che i risultati verranno valutati anche in base ai programmi d'azione proposti;

1.14

sottolinea che per affrontare le sfide legate al miglioramento della velocità dei servizi a banda larga in regioni con scarsa dotazione infrastrutturale e svantaggiate occorre mettere a disposizione risorse significative provenienti dai fondi strutturali, e ai fini della ricchezza dei contenuti digitali, dell'interoperabilità e della sicurezza del commercio elettronico i programmi a favore delle attività di ricerca e sviluppo devono mettere a disposizione risorse consistenti;

1.15

ritiene che l'accesso a servizi a banda larga di qualità e a prezzi ragionevoli costituisca uno dei fattori più determinanti per la qualità dei servizi offerti ai cittadini, in particolare in quanto migliora la qualità dei servizi forniti dalle pubbliche amministrazioni locali e facilita nel contempo l'attività delle piccole e medie imprese. Si prevede che a trarre beneficio da un maggiore e più rapido accesso ai servizi a banda larga saranno in particolare le regioni e le comunità più isolate, soprattutto quelle ultraperiferiche;

1.16

sottolinea che la società è particolarmente sensibile alle questioni legate alla protezione dei consumatori e dei dati personali, fatto di cui si deve tenere conto nella definizione della strategia e delle regole di funzionamento del mercato delle TIC;

1.17

esprime in questo senso la convinzione che i nuovi servizi e le nuove applicazioni delle TIC debbano in ogni caso rispettare le norme di protezione dei dati; allo stesso tempo bisogna che i consumatori siano sempre in grado di verificare il tipo di trattamento che subiscono i loro dati personali. La «sensibilizzazione alle esigenze di autoprotezione» (8) proposta nella comunicazione in esame deve essere accompagnata da più forti misure di salvaguardia;

1.18

attribuisce particolare importanza alla sicurezza del commercio elettronico, alla lotta contro i contenuti illegali e pericolosi, nonché alla necessità che l'UE fornisca servizi di comunicazione di qualità e a prezzi economicamente accessibili in modo da garantire la coesione su tutto il territorio dell'UE, prestando particolare attenzione alle regioni più isolate e a quelle ultraperiferiche;

1.19

ritiene che il contenuto dei nuovi servizi e i nuovi strumenti digitali non debbano ubbidire soltanto a criteri economici, ma svilupparsi anche in base alle esigenze sociali e culturali;

1.20

incoraggia la creazione di parchi scientifici e l'elaborazione di un adeguato quadro per gli investimenti delle piccole e medie imprese.

Per quanto riguarda l'innovazione e gli investimenti nella ricerca

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.21

sostiene energicamente la strategia della Commissione europea per il potenziamento e il miglioramento della ricerca sulle TIC in Europa. A questo proposito occorre tuttavia assicurare un trasferimento delle conoscenze acquisite che si traduca in risultati a vantaggio dell'industria europea nel suo insieme, sostenendo in questo modo il processo di Lisbona in tutte le regioni europee;

1.22

condivide la necessità di assicurare un bilancio elevato alla ricerca per il periodo 2007-2013 «anche qualora venissero modificate altre parti della pianificazione finanziaria per il suddetto periodo» (9);

1.23

sottolinea il fatto che, malgrado l'importanza fondamentale che riveste per ogni economia ed ogni tecnologia la trasformazione dei risultati della ricerca in prodotti, occorre tenere attentamente conto delle specificità del settore delle TIC, in particolare in quanto esse influiscono sulle modalità di funzionamento degli enti locali e regionali (e-government), sulla loro organizzazione e sul modo in cui assolvono ai loro compiti (nell'erogazione di molteplici servizi alla persona, nella cogestione del patrimonio storico e ambientale, e infine nella cogestione delle reti e infrastrutture di mobilità locale, apprendimento elettronico, assistenza sanitaria on-line, telelavoro, ecc.);

1.24

ricorda che le TIC costituiscono in ogni caso un elemento fondamentale per favorire, nei diversi ambiti, il coordinamento e la cooperazione tra le pubbliche amministrazioni locali, regionali, nazionali ed europee nonché tra queste ultime e i cittadini e gli enti privati europei. Le TIC rappresentano inoltre un'opportunità importante per migliorare la qualità dei servizi pubblici.

Per quanto riguarda la società dell'informazione senza esclusione sociale, con particolare attenzione al miglioramento dei servizi pubblici e alla qualità della vita

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.25

evidenzia la necessità di mantenere un certo equilibrio tra gli effetti economici positivi delle TIC e le possibili conseguenze sociali, giuridiche e culturali dell'introduzione delle TIC nella vita dei cittadini europei. Per questo motivo le strategie in materia di TIC vanno collegate alle politiche europee per la gioventù e l'istruzione e i diritti umani fondamentali;

1.26

condivide la posizione secondo cui le TIC possono migliorare la qualità della vita, ad esempio potenziando i servizi sanitari esistenti e creandone di nuovi: ciò può contribuire, da un punto di vista generale, a migliorare lo stato di salute dei cittadini, nonché a intensificare e semplificare il loro accesso ai servizi sanitari pubblici;

1.27

reputa che l'uso delle TIC come nuova «tecnica culturale» accanto alla scrittura e alla lettura potrebbe comportare la progressiva caduta in disuso delle fonti e dei canali tradizionali di informazione (giornali, corrispondenza). Per conservare queste competenze di base bisogna che l'apprendimento attraverso le TIC vada a completare e non si sostituisca ai metodi di comunicazione tradizionali;

1.28

evidenzia fermamente la necessità di conservare il pluralismo culturale e linguistico. L'uso di una sola lingua come lingua principale nel settore delle TIC (10) non deve far trascurare la necessità di fornire ai cittadini servizi specializzati anche in altre lingue, nonché il rispetto del principio del pluralismo culturale e linguistico;

1.29

rileva la necessità di digitalizzare il patrimonio europeo di testi scritti al fine di conservarlo per le generazioni future: tale sforzo deve investire tutte le lingue, tutte le regioni e tutti i paesi d'Europa;

1.30

sottolinea che l'utilizzazione delle TIC deve comportare un aumento significativo dei livelli di produttività e competitività, con tutti i vantaggi di rilievo che questo rappresenta per una società;

1.31

sostiene le tre priorità individuate per le TIC: le esigenze di una società alle prese con l'invecchiamento della popolazione, trasporti sicuri e meno inquinanti, diversità culturale e linguistica;

1.32

sottolinea l'importanza dell'utilizzazione delle TIC in quanto nuovo «strumento sociale». A questo fine, è opportuno creare un collegamento tra le strategie relative alle TIC e la politica sociale comunitaria;

1.33

si dichiara a favore della creazione di biblioteche e musei virtuali dei contenuti digitali, riguardanti il patrimonio storico e culturale, accessibili a tutti;

1.34

appoggia la promozione del dialogo digitale (consultazione on-line) per lo scambio di proposte, riflessioni, idee, osservazioni e migliori pratiche tra i paesi, le regioni e la società civile in generale.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

IL COMITATO DELLE REGIONI

2.1

propone alla Commissione e agli Stati membri di dare maggiore rilevanza e un più alto grado di priorità al decentramento della gestione

delle politiche

dei programmi d'azione

delle risorse economiche

dell'iniziativa i2010 verso gli enti locali e regionali, affinché vengano utilizzati per la creazione di infrastrutture e servizi che consentano lo sviluppo e il miglioramento della qualità della vita degli abitanti delle regioni;

2.2

raccomanda alla Commissione di promuovere l'elaborazione e l'applicazione di indici che permettano di fornire un quadro comparativo e una valutazione della diffusione e dell'uso delle TIC a livello regionale e da cui si possano trarre in modo continuo conclusioni utili e necessarie per l'adozione di misure per la convergenza socioeconomica e tecnologica delle regioni;

2.3

desidera essere tenuto al corrente dei risultati e delle conclusioni della relazione intermedia di valutazione della strategia i2010, che dovrà essere pubblicata a tempo debito, e pronunciarsi in merito;

2.4

raccomanda alla Commissione di tenere conto, nella fase di elaborazione dei programmi d'azione, del fatto che buona parte dello sviluppo in questo settore deriva dall'industria dei giochi e che di conseguenza bisogna dare grande rilevanza alla qualità di tale sviluppo e alle relative ripercussioni sociali, in particolare sulla nuova generazione;

2.5

chiede alla Commissione di essere pienamente coinvolto nelle iniziative per la revisione o l'adeguamento della strategia concordata e attuata;

2.6

comunica alla Commissione la propria volontà di attivare iniziative complementari per aiutare gli Stati membri a promuovere efficacemente l'iniziativa i2010 e ad adeguare i loro programmi nazionali di riforma, compresi quelli riguardanti le TIC, soprattutto al fine di rafforzare le regioni, in particolare le zone periferiche e ultraperiferiche, le aree rurali e le comunità insulari, che possono trarre i maggiori benefici socioeconomici dallo sviluppo delle TIC.

2.7

suggerisce alla Commissione di prestare particolare attenzione alle regioni meno sviluppate economicamente, affinché possano approfittare anch'esse delle opportunità di convergenza reale offerte dalle TIC ed evitare il rischio di esclusione che queste ultime comportano per coloro che non vi hanno accesso.

In conclusione, il Comitato delle regioni sottolinea e ritiene necessario ampliare e mantenere vivo un dialogo libero e costante sulla strategia i2010Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione: ciò è reso indispensabile dalla rapidità dello sviluppo tecnologico e dalle continue esigenze che esso genera.

Bruxelles, 16 febbraio 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  Cfr. Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo 2005, conclusioni della presidenza, 7619/1/2005 riv. 1, punto 8, http://ue.eu.int/docCenter.asp

(2)  Cfr. Ibidem, punto 18.

(3)  GU C 71 del 22.3.2005, pag. 59.

(4)  GU C 71 del 22.3.2005, pag. 55.

(5)  GU C 318 del 22.12.2004, pag. 27.

(6)  GU C 71 del 22.3.2005, pag. 22.

(7)  GU C 73 del 23.3.2005, pag. 55.

(8)  Pagina 6 della comunicazione in esame.

(9)  Parere del Comitato delle regioni in merito alla comunicazione della Commissione La scienza e la tecnologia, chiavi del futuro dell'Europa - Orientamenti per la politica di sostegno alla ricerca dell'Unione, (CdR 194/2004, punto 1.6).

(10)  Si stima che l'80 % dei contenuti mondiali in rete sia nato in lingua inglese (fonte: www.englishenglish.com).


16.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/25


Parere del Comitato delle regioni in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — «Il programma dell'Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni — Partenariato per rinnovare l'Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia»

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce il programma quadro «Sicurezza e tutela delle libertà» per il periodo 2007-2013 Proposte di decisione che istituiscono, per il periodo 2007-2013, i programmi specifici «Prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo» e «Prevenzione e lotta contro la criminalità», nel quadro del programma generale «Sicurezza e tutela delle libertà» e alla

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce per il periodo 2007-2013 il programma quadro «Diritti fondamentali e giustizia» Proposte di decisione che istituiscono, per il periodo 2007-2013, i programmi specifici «Lotta contro la violenza (Daphne) e prevenzione e informazione in materia di droga per il periodo 2007-2013», «Diritti fondamentali e cittadinanza», «Giustizia penale» e «Giustizia civile», nel quadro del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia»

(2006/C 192/06)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 10 maggio 2005, «Il programma dell'Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni — Partenariato per rinnovare l'Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia» (COM(2005) 184 def.),

viste la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 6 aprile 2005, che istituisce per il periodo 2007-2013 il programma quadro «Diritti fondamentali e giustizia», e le proposte di decisione che istituiscono, per il periodo 2007-2013, i programmi specifici «Lotta contro la violenza (Daphne) e prevenzione e informazione in materia di droga per il periodo 2007-2013», «Diritti fondamentali e cittadinanza», «Giustizia penale» e «Giustizia civile», nel quadro del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia» (COM(2005) 122 def. — 2005/0037 (COD) — 2005/0038 (CNS) — 2005/0039 (CNS) — 2005/0040 (COD)),

viste la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 6 aprile 2005, che istituisce il programma quadro «Sicurezza e tutela delle libertà» per il periodo 2007-2013, e le proposte di decisione che istituiscono, per il periodo 2007-2013, i programmi specifici «Prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo» e «Prevenzione e lotta contro la criminalità», nel quadro del programma generale «Sicurezza e tutela delle libertà» (COM(2005) 124 def. — 2005/0034 (CNS) — 2005/0035 (CNS)),

vista la decisione della Commissione europea, del 10 maggio 2005, di consultarlo al riguardo conformemente all'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del suo Ufficio di presidenza, del 12 aprile 2005, di incaricare la commissione Affari costituzionali e governance europea di elaborare un parere in materia,

visto il proprio parere sul tema «Spazio di libertà, sicurezza e giustizia: il ruolo delle amministrazioni regionali e locali nell'attuazione del programma dell'Aia» (CdR 223/2004 fin (1)),

visto il proprio parere del 12 ottobre 2005 in merito alle comunicazioni della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo «Prevenzione, preparazione e risposta in caso di attacchi terroristici», «Prevenire e combattere il finanziamento del terrorismo attraverso misure per migliorare lo scambio di informazioni, per rafforzare la trasparenza e per aumentare la tracciabilità delle operazioni finanziarie, Preparazione e gestione delle conseguenze nella lotta al terrorismo» e «La protezione delle infrastrutture critiche nella lotta contro il terrorismo» (CdR 465/2004 fin),

visto il progetto di parere (CdR 122/2005 rev.), adottato in data 12 dicembre 2005 dalla commissione Affari costituzionali e governance europea (relatore: OPSTELTEN, sindaco di Rotterdam),

Considerando quanto segue:

1)

Il grado di riuscita della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia nel corso dei prossimi anni sarà determinante per il giudizio dei cittadini europei sul valore aggiunto apportato dall'Unione.

2)

Nella maggior parte degli Stati membri, gli enti locali e regionali dispongono di competenze in materia di ordine e sicurezza, e spesso sono anche responsabili o corresponsabili dei problemi sociali che minacciano la sicurezza.

3)

L'efficacia e l'efficienza della politica dell'Unione europea in materia di sicurezza, libertà e giustizia su una serie di aspetti quali la cittadinanza, la gestione delle crisi, la lotta al terrorismo, l'integrazione, la sicurezza negli scambi di informazioni e la lotta alla criminalità organizzata, dipendono in gran parte anche dal modo in cui gli enti regionali e locali esercitano le rispettive competenze in tali settori.

4)

Il ruolo cruciale degli enti regionali e locali riguardo a tali aspetti della politica di sicurezza non è riconosciuto né promosso a sufficienza.

5)

Il riconoscimento del ruolo degli enti regionali e locali al livello comunitario dovrebbe in particolare permettere di creare, stimolare e agevolare le condizioni necessarie a tal fine, partendo da una visione chiara su una ripartizione efficace ed equilibrata dei compiti tra il Consiglio europeo e la Commissione, da un lato, e le autorità nazionali, dall'altro, nella sfera della libertà, della sicurezza e della giustizia, unitamente a un atteggiamento proattivo da parte degli stessi enti regionali e locali sia all'interno del Comitato delle regioni che al di fuori di esso,

ha adottato il seguente parere in data 16 febbraio 2006 nel corso della 63a sessione plenaria.

1.   Le posizioni del Comitato delle regioni

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.1

Accoglie con favore l'approccio seguito dalla Commissione nell'elaborare il programma dell'Aia. Il lungo elenco di misure e azioni contenuto nel programma d'azione (COM(2005) 184 def.) e nei programmi quadro (COM(2005)124 def. e COM(2005) 122 def.) testimoniano la volontà e la determinazione della Commissione nel rafforzare l'importanza della libertà, della sicurezza e della giustizia in Europa;

1.2

ritiene che la libertà, la sicurezza e la giustizia siano giustamente considerate tematiche prioritarie nell'Unione europea, in quanto valori che stanno molto a cuore ai cittadini europei. Il dibattito sul Trattato costituzionale ha dimostrato che numerosi cittadini sono insoddisfatti dei risultati dell'integrazione europea e che la politica condotta sinora per avvicinare l'Europa ai cittadini non ha dato i risultati sperati. Proprio per la loro vicinanza ai cittadini, gli enti regionali e locali sono testimoni diretti della crescente disaffezione nei confronti dell'Europa;

1.3

reputa che il rinnovamento e l'aggiornamento della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia costituiscano un'occasione unica per riguadagnare il sostegno dei cittadini. Il cittadino deve potersi rendere conto che l'Unione europea presta un contributo importante e concreto al miglioramento della sicurezza nel suo ambiente vitale e alla difesa della sua libertà e dei suoi diritti;

1.4

osserva tuttavia che, ai fini del rinnovamento e dell'aggiornamento della politica in materia di libertà, sicurezza e giustizia, è necessario dare atto del ruolo essenziale svolto dagli enti regionali e locali. Ravvisa a questo riguardo una grave lacuna nella politica attuale, la quale insiste particolarmente sul ruolo delle autorità nazionali. Sta di fatto, invece, che numerosi problemi non possono essere risolti dai governi senza l'intervento degli enti regionali e locali, i quali sono in prima linea, ad esempio, nel fornire le prime risposte amministrative e operative in caso di stragi terroristiche, pandemie, disastri naturali, esplosioni o incendi in complessi industriali, black-out, catastrofi in occasione di eventi importanti, ecc. Gli enti regionali e locali sono anche in prima linea nella lotta al vandalismo, alla criminalità e alla violenza urbana, nella promozione di una reale integrazione dei nuovi cittadini europei o nell'adozione di misure volte a prevenire ogni sorta di radicalismo;

1.5

ritiene che l'Unione europea, intesa come insieme degli Stati membri, e gli enti regionali e locali necessitino gli uni degli altri perché si possa migliorare sensibilmente la libertà, la sicurezza e la giustizia dei cittadini. Tale interazione, tuttavia, non è sottolineata a sufficienza nell'attuale politica comunitaria: si può dunque affermare sin d'ora che, se tale politica continuerà a essere condotta come lo è oggi, essa risulterà poco efficace. Gli enti pubblici impegnati in prima linea beneficiano di un sostegno troppo esiguo e sono sottoutilizzati sul piano strategico. Inoltre, non vi è sufficiente consapevolezza del fatto che una mobilitazione adeguata ed efficace di tali enti può bastare a risolvere molti dei problemi riguardanti la sfera della libertà, della sicurezza e della giustizia;

1.6

considera che il rinnovamento e l'aggiornamento della politica europea in materia di libertà, di sicurezza e di giustizia richiedano altresì una visione più sistematica e strutturata. Infatti, il lungo elenco allegato al programma d'azione, comprendente misure e azioni molto diverse fra loro e a prima vista slegate le une dalle altre, non va a beneficio della trasparenza, della riconoscibilità e dell'attuabilità della politica. È indicativo che non tutti i punti del programma dell'Aia siano stati sviluppati nel programma d'azione, che quest'ultimo comprenda elementi nuovi rispetto al programma dell'Aia e che i programmi quadro finanziari adottati finora non coprano la totalità del programma d'azione;

1.7

esorta a fare fronte comune contro i gravi problemi di libertà, sicurezza e giustizia che affliggono l'Europa. Il senso di impellenza avvertito da cittadini, imprese, organizzazioni, istituzioni, dirigenti e rappresentanti democraticamente eletti investe con forza tutti i livelli pubblici. Non basta più scambiarsi pareri più o meno informali: ciò che serve è un approccio risoluto e scevro di ostacoli burocratici, per il quale si propone qui di seguito una serie di azioni concrete intese come punto di partenza.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

IL COMITATO DELLE REGIONI

Raccomandazioni generali relative allo sviluppo e all'attuazione della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia

2.1

Giudica opportuno che negli anni a venire il contenuto del programma d'azione, sul quale si fonda l'elaborazione del programma dell'Aia, venga reso conforme ai propri pareri: infatti, nello stesso programma d'azione, la Commissione conclude che, data la natura politica degli interventi in materia di libertà, sicurezza e giustizia, occorrerà provvedere ove necessario a un adeguamento del programma d'azione. Alla fine del 2006 è prevista una revisione intermedia del programma: in tale occasione sarà necessario precisare in che modo si sia rafforzata la posizione degli enti regionali e locali nella politica in questione;

2.2

sostiene l'idea di adeguare i programmi quadro in modo che:

venga sancito il principio dell'attribuzione agli enti locali e regionali di parte delle risorse finanziarie previste per l'esecuzione del programma d'azione,

non vi siano dubbi sulla possibilità di sostenere concretamente le iniziative degli enti locali e regionali aventi un potenziale impatto su scala europea. A tale scopo bisognerebbe chiarire e integrare l'articolo 4 dei programmi in questione. Per «impatto su scala europea» si dovrebbe intendere una serie di conseguenze importanti per la politica in materia di libertà, sicurezza e giustizia in un certo numero di Stati membri, visto che le problematiche, le cause e le soluzioni legate al tema della sicurezza possono variare da uno Stato membro all'altro,

ai finanziamenti vengano ammesse anche le attività degli enti locali e regionali la cui portata superi l'oggetto di un dato sottoprogramma, e che effettivamente abbraccino tematiche trasversali a vari sottoprogrammi: si pensi ad esempio a programmi (inter)urbani per contrastare la violenza, lottare contro la criminalità organizzata, migliorare gli scambi di informazioni e collegare le banche dati esistenti, combattere i radicalismi, ecc. Bisogna far sì che tali iniziative possano essere presentate a uno sportello unico e trattate in base a una procedura decisionale unica e trasparente;

2.3

trova sorprendente che i programmi quadro illustrati nei testi esplicativi vengano presentati come un'importante semplificazione del sistema di definizione del bilancio e di finanziamento: ciò sarà sicuramente vero dal punto di vista di Bruxelles, ma dall'ottica degli enti regionali e locali il sistema appare ancora troppo complesso e non rispondente alle esigenze legate all'attuazione;

2.4

propone che, in vista della revisione intermedia del programma d'azione, si provveda a redigere un rapporto indicativo sulla pertinenza del programma dell'Aia e del programma d'azione per gli enti regionali e locali di ciascuno Stato membro. In tale occasione sarà essenziale soffermarsi quanto meno sui seguenti interrogativi:

in che modo gli enti regionali e locali siano attivamente coinvolti nella preparazione della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia,

in che modo gli enti regionali e locali siano attivamente coinvolti nel garantire un'effettiva attuazione della politica europea in materia di libertà, di sicurezza e di giustizia,

in che modo si possa migliorare il coinvolgimento attivo degli enti regionali e locali nella preparazione e nell'attuazione della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia nei vari Stati membri,

in quale misura gli enti regionali e locali intervengano nelle azioni comunitarie di coordinamento, sostegno, informazione, ecc. in materia di libertà, sicurezza e giustizia, per esempio ricorrendo alle migliori pratiche sviluppate al riguardo o proprio attraverso la definizione concertata di tali pratiche;

2.5

invita ad associare gli enti regionali e locali dei vari Stati membri nella stesura dei suddetti rapporti, e a usare questi ultimi da base per l'elaborazione di parametri di riferimento europei. Nel 2006-2007 dovrebbe avere luogo una tavola rotonda con la partecipazione della Commissione, dei rappresentanti degli Stati membri e dei membri del Comitato delle regioni, coadiuvati se possibile da esperti e dalle pertinenti reti di organizzazioni, per discutere tali parametri e prospettare conclusioni e raccomandazioni;

2.6

sostiene e incoraggia l'elaborazione, nel 2006-2007, di concerto con la Commissione, di un programma d'azione su libertà, sicurezza e giustizia. Tale programma dovrebbe contenere obiettivi concreti per gli enti regionali e locali che vi si impegneranno, viste anche le sue ricadute per altri enti regionali e locali, e contribuire a una più efficace politica europea di libertà, sicurezza e giustizia. Gli obiettivi del programma d'azione dovrebbero per lo meno vertere sui seguenti aspetti:

lo sviluppo e la condivisione delle migliori pratiche, ad esempio in materia di gestione delle crisi, lotta antiterrorismo, integrazione, lotta ai radicalismi, approcci amministrativi contro la criminalità organizzata,

lo scambio di informazioni e l'allestimento di reti di sostegno,

la diffusione delle conoscenze, la garanzia della qualità e i programmi di formazione;

2.7

sottolinea la necessità che gli enti regionali e locali adottino iniziative congiunte per consolidare la propria posizione nel quadro della politica europea di libertà, sicurezza e giustizia, al fine di aumentarne l'efficacia complessiva;

2.8

propone di rafforzare la capacità informativa degli enti regionali e locali sulla politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia. Per quanto infatti l'informazione disponibile sia parecchia, essa non è né facile da reperire né sufficientemente accessibile. Coloro che nell'ambito degli enti regionali e locali hanno poca o nessuna idea delle attività condotte dall'Unione europea in tale settore — e probabilmente sono ancora in tanti — non sono raggiunti dagli attuali flussi di informazioni. Occorre quindi esaminare le possibilità di:

informare gli enti regionali e locali in modo più attivo, mirato e concreto («che senso ha tale politica per voi?»), ad esempio organizzando eventi informativi interattivi,

tenere conto nell'ambito della campagna informativa delle varie categorie di destinatari (vedi sopra),

prevedere un assetto organizzativo, ad esempio uno sportello al pubblico dotato di uffici amministrativi, al quale gli enti locali e regionali possano rivolgere domande e richieste di informazione sulla politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia;

2.9

reputa che il processo di sviluppo, attuazione, gestione e valutazione della politica europea in materia di sicurezza, libertà e giustizia vada configurato in modo da garantire il coinvolgimento degli enti regionali e locali in ogni sua fase, specie per quegli ambiti politici di loro responsabilità diretta: infatti, per quanto tale coinvolgimento esista già, esso non sembra ancora avere prodotto risultati di rilievo. È inoltre auspicabile che nell'ambito della tavola rotonda di cui al punto 2.5 si tenga conto del presente parere;

2.10

considera necessario dare concretezza alle espressioni generiche sull'importanza di coinvolgere in maniera intensiva gli enti regionali e locali: ciò può avvenire ad esempio adeguando le modalità operative del Consiglio, della Commissione e del Parlamento europeo. Un'altra idea può essere quella di includere sistematicamente un capitolo sul ruolo degli enti regionali e locali nei testi esplicativi di comunicazioni, proposte e decisioni in materia di libertà, sicurezza e giustizia. Il valore aggiunto di un tale capitolo non consisterebbe tanto nel suo contenuto definitivo, quanto nell'impulso che darebbe all'iter di elaborazione dei documenti;

2.11

fa presente che gli enti regionali e locali andrebbero visti come un vivaio di idee concrete e praticabili sulla politica in materia di libertà, sicurezza e giustizia. Il loro impegno sul campo fa sì che gli enti regionali e locali di tutta Europa dispongano di esperienze, idee e competenze pratiche in misura spesso maggiore rispetto alle autorità nazionali. Occorre quindi mobilitare la capacità di riflessione esistente, attribuendole un ruolo di spicco nell'iter di definizione della politica;

2.12

sottolinea che è essenziale promuovere la partecipazione di gruppi di esperti provenienti da enti regionali e locali nel quadro del previsto monitoraggio del programma dell'Aia e del programma d'azione (il quadro di valutazione annuale) sulle materie di diretta competenza di tali enti. Ciò consentirà di comprendere immediatamente come funziona la politica nella pratica;

2.13

propone di promuovere una concezione maggiormente sistematica e strutturata, se si riterrà auspicabile portare avanti l'attuale approccio programmatico della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia. A tal fine si deve partire dal presupposto che i vari interventi avranno possibilità di successo solo se la loro attuazione si inserirà in una catena logica di azioni coerenti;

2.14

fa notare che non ha molto senso offrire ai governi maggiori opportunità di raccogliere informazioni sull'integrità dei singoli (ad esempio di coloro che richiedono licenze e sussidi), se le autorità non hanno definito alcuna politica in tale ambito, non dispongono di alcuno strumento in grado di accertarne il rispetto e non applicano la regolamentazione in materia. Altrettanto inutile è investire in un approccio volto a reprimere la mancanza di sicurezza che regna in alcuni quartieri, senza investire al tempo stesso nelle infrastrutture fisiche e sociali;

2.15

propone di individuare tali catene di azioni interconnesse, in modo da stabilire, conformemente al principio di sussidiarietà, i punti su cui l'Unione dovrebbe concentrarsi. Al riguardo bisognerebbe selezionare un certo numero di temi prioritari e lasciarne altri alle autorità nazionali. Inoltre, si dovrebbero fissare quanti più obiettivi tangibili possibile, nella consapevolezza che la semplificazione e la concentrazione condurranno alla necessaria trasparenza e stabilità;

2.16

ritiene opportuno dar modo agli enti regionali e locali di contribuire non solo alla riflessione su alcuni aspetti specifici della politica europea in materia di libertà, di sicurezza e di giustizia, ma anche sui concetti strategici di fondo. Occorre delimitare con la massima esattezza il campo d'azione della politica e le possibilità di consolidare il ruolo della sicurezza in altri ambiti (integrazione esterna). Ad esempio, dare un maggiore rilievo alla sicurezza nella politica ambientale significa accrescere le probabilità che la normativa sull'accesso all'informazione ambientale delle imprese non renda obbligatoria la divulgazione dei dati sensibili;

2.17

sottolinea la necessità di esaminare in quale misura le sistematizzazioni e i parametri utilizzati dagli enti regionali e locali (ad esempio per classificare le politiche in base ai gruppi o agli individui cui sono rivolte, alle problematiche affrontate o al loro campo di applicazione) siano applicabili anche su scala europea;

2.18

osserva che la messa a punto di una (nuova) concezione sistematica e strutturata della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia significa anche (ri)pensarne la base giuridica. Il Trattato costituzionale ha svolto un ruolo guida per il livello che il programma dell'Aia ambisce a raggiungere, ed è quindi lecito chiedersi quale impatto avrà la situazione attuale del processo costituzionale europeo sulla politica di libertà, sicurezza e giustizia, e quale possa essere la risposta idonea. D'altro canto, una nuova concezione può anche condurre alla definizione di condizioni quadro alle quali la base giuridica europea dovrebbe ottemperare. È indispensabile che la politica in materia di libertà, sicurezza e giustizia goda di una solida legittimità sul piano della democrazia e dello Stato di diritto: in tale contesto bisogna definire in modo adeguato l'essenziale contributo degli enti locali e regionali;

2.19

raccomanda di elaborare una strategia di comunicazione più chiara per i cittadini e le imprese sulla politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia. Gli enti regionali e locali costituiscono per lo più i primi interlocutori (ufficiali) di cittadini e imprese: essi vanno quindi coinvolti attivamente per mostrare ai cittadini e alle imprese in che modo l'Unione garantisca, o contribuisca a garantire, la loro sicurezza.

Raccomandazioni su singoli aspetti della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia di cui gli enti regionali e locali sono responsabili in tutto o in parte

Gestione delle crisi

2.20

Ricorda che gli attentati terroristici di Londra e Madrid, le inondazioni che hanno gravemente danneggiato vaste zone d'Europa nel 2005, le epidemie che hanno colpito persone e animali, le conseguenze delle lunghe interruzioni di energia elettrica e i recenti disordini nelle città francesi sono tutti casi in cui gli enti regionali e locali rappresentano per molti versi i (primi) responsabili dell'adozione di un approccio adeguato alla gestione delle crisi;

2.21

fa presente che la professionalizzazione della gestione delle crisi rappresenta uno sviluppo indispensabile non solo in relazione alla lotta antiterrorismo, ma anche in un contesto più ampio. La recente creazione di una rete europea nel settore della gestione delle crisi, il Forum europeo per la gestione delle catastrofi locali e regionali del Consiglio d'Europa, è un esempio della diffusa sensazione di urgenza che investe tale processo di professionalizzazione;

2.22

considera che la politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia dovrebbe promuovere un approccio adeguato alla gestione delle crisi in due modi:

esercitando un ruolo di coordinamento e di accompagnamento là dove serve una cooperazione internazionale in materia di prevenzione, preparazione, reazione e sorveglianza. Tale ruolo deve riguardare qualsiasi tipo di crisi avente un impatto internazionale. Orientare tale politica solo alle crisi in atto nelle regioni frontaliere e con possibili ripercussioni transfrontaliere è un approccio ormai superato: nella società odierna, le crisi legate a infrastrutture vitali come porti e aeroporti, punti di snodo dei flussi di merci e di servizi e reti di approvvigionamento energetico, ma anche a malattie contagiose e simili presentano quasi sempre implicazioni transfrontaliere,

esercitando un ruolo di incoraggiamento nei casi in cui la qualità della gestione delle crisi può essere notevolmente migliorata grazie alla creazione di reti e allo scambio di informazioni (ad esempio sulle buone pratiche), alla disponibilità di strumenti adeguati, di metodologie e tecniche (ad esempio sulla valutazione dei rischi e sui sistemi di individuazione), o ancora favorendo la gestione pratica di situazioni di crisi.

2.23

raccomanda che la gestione delle crisi sia indicato come una priorità, ma sottolinea che la responsabilità di un quadro organizzativo efficace per la gestione delle crisi spetta anzitutto alle autorità nazionali;

2.24

è convinto che il ruolo tanto di coordinamento e di accompagnamento quanto di incoraggiamento dell'Unione europea debba tradursi in misure concrete che a loro volta potrebbero poi essere inserite nell'agenda per il periodo 2007-2013 al momento della revisione intermedia del programma d'azione. Un'importanza prioritaria va anche attribuita all'applicazione delle misure di cui al punto 3.5 dell'allegato al programma d'azione. Infine, bisogna stanziare risorse finanziarie tali da consentire la professionalizzazione della gestione delle crisi in senso lato, al di là cioè della lotta antiterrorismo. Ciò deve avvenire in particolare consentendo agli enti locali e regionali:

di mettere a punto nuove metodologie, tecniche e migliori pratiche (es.: comunicazioni di crisi, sviluppo di stretti legami tra organizzazioni locali della società civile e autorità, strutture organizzative amministrative e operative in caso di crisi),

di ottimizzare i rispettivi piani di gestione delle crisi e procedere a esercitazioni regolari,

di coinvolgere i cittadini nelle simulazioni di emergenze al fine, da un lato, di sensibilizzarli maggiormente sui rischi esistenti e, dall'altro, di tenere debito conto delle loro reazioni nella fase di elaborazione dei piani;

2.25

invita ad ampliare la portata della proposta relativa al programma specifico «Prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo» per il periodo 2007-2013: nello specifico, bisognerebbe prevedere una base per finanziare il miglioramento della gestione delle crisi non legate al terrorismo.

Lotta antiterrorismo

2.26

Nota che i cittadini che vivono nel timore di attacchi indiscriminati hanno perso le loro libertà fondamentali, e che l'Unione europea non può rassegnarsi a tale destino. In linea con il proprio parere sulla lotta antiterrorismo (CdR 465/2004), si sono convenute diverse misure in materia di prevenzione, preparazione e reazione. Il Comitato insiste sulla necessità di intervenire sulle cause profonde del terrorismo, fenomeno che trova le proprie radici nell'estremismo, se si vuole che tale approccio preventivo sia coronato dal successo, e invita in tale contesto a riconoscere i legami esistenti con la politica di integrazione e la necessità di garantire alle persone integrate una partecipazione reale e totale alla società europea;

2.27

evidenzia la necessità di favorire l'individuazione delle tendenze al radicalismo e delle organizzazioni inclini al radicalismo e all'estremismo, specie nelle regioni d'Europa in cui tali fenomeni costituiscono una minaccia reale. Al di là dei pericoli legati a un esiguo numero di persone che, in seguito a un processo di radicalizzazione, passano a compiere azioni terroristiche, un rischio altrettanto grave riguarda i processi di polarizzazione: questi ultimi, infatti, possono produrre effetti indesiderabili dal punto di vista della sicurezza, della vivibilità e della tolleranza, in grado a loro volta di mettere a repentaglio la coesione sociale. I processi di radicalizzazione e di polarizzazione costituiscono un importante fattore di rischio in diversi paesi europei: per aiutare a segnalarne l'insorgere può essere opportuno definire una serie di cosiddetti indicatori di«allerta precoce». Tali indicatori consentirebbero alle autorità pubbliche, ma anche ai centri di accoglienza e alle organizzazioni attive nel sociale, nelle politiche per i giovani, nell'istruzione, nella sanità e nell'assistenza, ecc., di segnalare singoli casi di radicalizzazione e di porvi rimedio in una fase precoce, il che a sua volta permetterebbe di contrastare l'emergere di un terrorismo «endogeno». Nel contempo, però, bisogna assicurare che le misure intraprese non ostacolino l'integrazione e l'occupazione degli immigrati. È molto importante evitare che le grandi «fasce medie» della popolazione, le quali non si sentono (ancora) o si sentono scarsamente integrate nella società europea, cedano al radicalismo;

2.28

sottolinea che tali provvedimenti andrebbero previsti soprattutto al livello degli enti locali e che di conseguenza, occorre aiutare tali enti a migliorare la loro capacità informativa, ad esempio attraverso la creazione di sportelli informativi per la segnalazione tempestiva di casi di radicalismo. Tali sportelli potrebbero coadiuvare gli enti locali nell'interpretazione dei segnali e nella definizione dei possibili interventi;

2.29

ritiene necessario incoraggiare lo sviluppo e l'attuazione di programmi di formazione che insegnino ai funzionari degli enti locali a riconoscere e a riferire i segnali di tali tendenze;

2.30

raccomanda inoltre di studiare i possibili modi per contrastare il reclutamento di neofiti da parte delle organizzazioni estremiste e di concepire un approccio efficace per contrastare gli appelli all'estremismo o la diffusione via Internet di informazioni pratiche utili alla preparazione di atti terroristici;

2.31

raccomanda di prevedere un sistema affidabile e più rapido per uno scambio di informazioni sulle transazioni finanziarie, che contribuisca a una maggiore trasparenza riguardo all'operato di istituzioni e organizzazioni, e che faciliti inoltre l'azione degli enti locali. In effetti, i flussi finanziari sembrano transitare regolarmente attraverso istituzioni e organizzazioni che beneficiano anche del sostegno degli enti territoriali (ad esempio per attività destinate a favorire l'integrazione), per cui l'informazione può servire a bloccare tali flussi. Le proposte in tal senso vanno quindi poste in rilievo nella programmazione del 2006;

2.32

segnala che per indagare sul terrorismo e combatterlo in maniera efficace è necessario intensificare la collaborazione e lo scambio di informazioni sia fra gli Stati membri sia fra le diverse autorità nazionali. Il programma d'azione propone di istituire in ciascuno Stato membro un punto di contatto che abbia accesso a tutte le informazioni utili su reali o eventuali attività terroristiche. Tale punto di contatto, però, può essere efficace solo se esiste anche una valida rete di informazione con gli enti locali e regionali, in base al principio need to know, need to share («bisogno di conoscere, bisogno di condividere»). Gli Stati membri dovranno chiarire in che modo questa rete di informazione funzionerà concretamente nella pratica e, se necessario, predisporre appositi piani in vista del suo perfezionamento;

2.33

auspica che si possa realizzare, su base strutturata, uno scambio di esperienze sugli insegnamenti da trarre dalla lotta al terrorismo, ad esempio attraverso l'istituzione di un apposito centro di competenze. Per quanto gli scambi di informazioni sugli interventi operativi in corso possano essere molto utili, è certo altrettanto importante condividere con la massima rapidità le conclusioni relative alla strategia di lotta al terrorismo. Il coinvolgimento di reti di enti locali e regionali appare particolarmente utile a questo riguardo;

2.34

raccomanda di prestare attenzione non solo alle infrastrutture vulnerabili, come previsto dal programma d'azione, ma anche a luoghi molto frequentati quali stazioni, stadi, spazi per eventi, attrazioni turistiche, ecc. Spesso gli enti locali e regionali svolgono un ruolo importante ai fini della protezione e della sicurezza di tali luoghi;

2.35

invita a sostenere gli enti locali e regionali nell'elaborazione di analisi dei rischi professionali e a incoraggiare lo sviluppo delle migliori pratiche in materia di protezione e sicurezza; insiste sulla necessità di predisporre una base giuridica adeguata affinché gli enti locali possano imporre il rispetto di misure di protezione e sicurezza ai proprietari e ai gestori di possibili obiettivi vulnerabili, e caldeggia la messa a punto di un armamentario che consenta alle autorità di imporre più efficacemente il rispetto di tali disposizioni da parte di proprietari e gestori;

2.36

esorta vivamente a rivedere, ad esempio per quanto riguarda l'accesso all'informazione ambientale, i principi regolamentari relativi a ciò che i cittadini sono tenuti a sapere sui rischi presenti nel loro ambiente vitale e al grado di divulgabilità delle informazioni pratiche relative alle caratteristiche e alla sicurezza degli obiettivi vulnerabili;

2.37

ricorda che la qualità dei servizi di sicurezza (privati) è essenziale per la salvaguardia degli obiettivi vulnerabili, e che al riguardo bisogna appurare se siano necessarie, o quanto meno possibili, misure più incisive per un miglioramento in tal senso;

2.38

deplora l'assenza nel programma d'azione di misure volte a sensibilizzare i cittadini sui rischi esistenti. I cittadini si aspettano che siano soprattutto gli enti locali a informarli adeguatamente sui rischi di attentato nel loro ambiente. Sostiene inoltre la realizzazione di strategie di comunicazione mirate.

Diritti fondamentali e cittadinanza

2.39

Ricorda che il dibattito sui diritti fondamentali verte in gran parte sulla necessità di evitare un'erosione degli stessi, e deplora che gli sforzi delle autorità per garantire la sicurezza della popolazione non abbiano ancora ottenuto sufficiente risalto;

2.40

nota che il dibattito intorno ai diritti fondamentali potrà svolgersi efficacemente solo se sarà condotto parallelamente a un confronto sui doveri, ad esempio sotto il profilo dell'integrazione, e sostiene che la politica europea su questo tema vada avvicinata ai cittadini incoraggiando attivamente i dibattiti a livello locale, ad esempio sotto forma di dibattiti civici. Questo tipo di dialogo è essenziale per individuare le misure potenzialmente atte a mantenere l'equilibrio tra diritti e doveri;

2.41

appoggia la creazione di un'agenzia per i diritti fondamentali, come previsto dal programma dell'Aia, la quale potrebbe repertoriare, illustrare e rendere accessibili le migliori pratiche in materia, oltre che dare un notevole contributo al confronto su discriminazione, razzismo, integrazione e terrorismo, visti i crescenti timori di attentati o sommosse;

2.42

deplora che, dato il clima di incertezza riguardo al Trattato costituzionale, siano a rischio anche i miglioramenti relativi alla protezione giuridica presso la Corte di giustizia europea, in particolare per quanto concerne la facoltà delle persone fisiche e giuridiche di opporsi a qualsiasi iniziativa regolamentare dell'Unione che le riguardi direttamente. Invita di conseguenza a colmare rapidamente tale lacuna nella protezione giuridica, tenuto conto che la politica comunitaria nella sfera della libertà, della sicurezza e della giustizia è destinata a essere rafforzata nel corso dei prossimi anni.

Integrazione

2.43

Ricorda che l'impatto sul tessuto sociale della presenza dei nuovi arrivati, siano essi immigrati o richiedenti asilo, e che abbiano ricevuto lo status di rifugiato o altra protezione umanitaria accessoria, si avverte — spesso nell'arco di varie generazioni — soprattutto a livello locale. Considera di conseguenza che soprattutto nei centri urbani sia importante tendere a un'integrazione soddisfacente sul piano strutturale, sociale, economico e culturale: una premessa essenziale a tal fine consiste nel garantire la piena partecipazione delle persone integrate al tessuto sociale europeo. Anche i recenti disordini nelle città francesi testimoniano l'importanza di un tale approccio;

2.44

sottolinea che l'integrazione non deve restare un concetto astratto, bensì indicare uno sforzo di inserimento nella nuova società di appartenenza. Raccomanda che l'Unione europea precisi i termini e i presupposti per la riuscita dell'integrazione, pur riconoscendo che si tratta per lo più di una competenza nazionale. Occorre aiutare gli enti locali a gestire il processo di integrazione fornendo loro informazioni e finanziamenti e consentendo loro di sviluppare buone pratiche. La conferenza dei ministri europei responsabili dell'integrazione, svoltasi a Groninga (Paesi Bassi) nel novembre 2004, ha gettato le basi per tale aiuto;

2.45

propone che si promuovano dibattiti civici, confronti tra le parti, programmi di apprendimento linguistico, percorsi finalizzati all'integrazione, progetti professionali, dinamiche di emancipazione, programmi di lotta alla discriminazione, ecc., e che si assicurino uno scambio e un monitoraggio sistematici delle esperienze, delle innovazioni, dei successi ma anche degli insuccessi a livello locale;

2.46

reputa necessario impedire che in certe fasce della popolazione si faccia strada lo sconforto e al tempo stesso incoraggiare misure tali da favorire un equilibrio sociale nei quartieri delle grandi città, per esempio in materia di politica degli alloggi, politica dei redditi e formazione;

2.47

ritiene eccellente l'idea di procedere alla riedizione del manuale europeo sull'integrazione, ma deplora che non si sia data sufficiente pubblicità alla prima edizione, per cui auspica che la prossima susciti maggiore interesse da parte degli enti locali e regionali;

2.48

appoggia con forza l'organizzazione di un forum europeo sull'integrazione a cadenza annuale e propone che in tale contesto ci si avvalga ampiamente delle esperienze e delle competenze degli enti regionali e locali.

Tutela della vita privata e sicurezza in sede di scambio delle informazioni

2.49

Rammenta che nella seconda metà del secolo scorso, il concetto di tutela della vita privata era per lo più improntato alla protezione dei cittadini dalle autorità, dati i timori legati all'instaurazione di uno Stato di polizia, e invita a puntare a un nuovo equilibrio che tenga maggiormente conto dell'esigenza di proteggere i cittadini dai malintenzionati che violano le leggi;

2.50

appoggia in tale contesto l'obiettivo di rivolgere particolare attenzione alla protezione dei dati personali nell'ambito dell'attuazione del programma d'azione. Sottolinea che sempre più spesso si impone una scelta tra tutela degli interessi individuali inerenti alla vita privata, e tutela degli interessi collettivi, ad esempio la sicurezza, e aggiunge che nella lotta contro il terrorismo l'informazione svolge un ruolo cruciale;

2.51

invita la Commissione, al momento di definire la relativa politica, a tenere conto del fatto che, nella misura in cui lo consentono le varie legislazioni nazionali, numerosi enti regionali e locali hanno allestito reti informative in cui certi dati personali, riguardanti ad esempio il domicilio, l'alloggio, le imposte, la condizione sociale e la salute, sono abbinati a informazioni di polizia e giudiziarie. Ricorda che questo sistema può rivelarsi molto utile nella lotta al terrorismo, ai crimini gravi o agli episodi di vandalismo urbano;

2.52

suggerisce che per la protezione dei dati personali si preveda una base giuridica generale più chiara, proporzionale e flessibile, affinché nei casi opportuni si possa dare la priorità al perseguimento della sicurezza sociale. Invita ad aprire un confronto su questo tema con i cittadini europei e ad associarvi anche gli enti locali e regionali;

2.53

considera che il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza e la lotta alla criminalità transfrontaliera richiedano un intenso scambio di informazioni tra Stati membri, e invita gli Stati membri a precisare in che modo si possa prospettare un effettivo scambio di informazioni con gli enti locali e regionali, dato il ruolo cruciale svolto da questi ultimi nell'attuazione e nel perseguimento della politica in materia di sicurezza.

Criminalità organizzata

2.54

Osserva che nell'ambito delle decisioni in merito a sovvenzioni, contratti, licenze, ecc. gli enti locali e regionali possono apportare un importante valore aggiunto nella lotta alla criminalità organizzata, e considera che in tale contesto si potrebbe tenere conto delle infrazioni commesse in passato: ciò consentirebbe ad esempio di rifiutare una licenza se esistono motivi per supporre che il richiedente cadrà nuovamente nell'errore;

2.55

propone che le autorità di polizia e giudiziarie esaminino a fondo i dati a loro disposizione, alla ricerca di informazioni da trasmettere agli enti locali e regionali, affinché questi ultimi possano tenerne conto in occasione della concessione di licenze e sovvenzioni. È possibile, ad esempio, che il gestore di un albergo o di un ristorante già condannato per traffico o tratta di esseri umani offra lavoro a immigrati irregolari. Dato che il controllo delle licenze di sfruttamento nel settore alberghiero e della ristorazione compete agli enti locali, in tale situazione è particolarmente opportuno condividere le informazioni e verificare l'esistenza di elementi che giustifichino la revoca della licenza dell'esercizio in questione;

2.56

suggerisce di repertoriare, descrivere e divulgare a livello europeo le esperienze degli enti locali e regionali in questo ambito, affinché la regolamentazione europea, compresa quella in materia di appalti pubblici, sostenga ove possibile tali approcci;

2.57

sostiene lo sviluppo di buone pratiche con riguardo allo scambio di informazioni e la condivisione dei dati tra i servizi pubblici locali e regionali — specie in materia di imposte, alloggi, affari sociali e occupazione, concessione di licenze e gestione dei dati personali dei cittadini — e le autorità di polizia e giudiziarie, ad esempio nell'approccio al problema degli stabili degradati, al fine di individuare e combattere con maggiore efficacia le reti delle criminalità organizzata, nella misura in cui ciò è consentito dalla legislazione nazionale;

2.58

sottolinea l'esigenza di liberare le forze di polizia dai compiti burocratici relativi all'immigrazione regolare, come ad esempio il rinnovo dei permessi di soggiorno, per destinare maggiori forze e professionalità alla lotta contro la criminalità organizzata che lucra sul fenomeno delle migrazioni clandestine. Il CdR considera che tali compiti amministrativi possano essere svolti dagli enti locali, adeguatamente sostenuti dagli Stati con appositi interventi finanziari, attraverso specifici uffici, nella misura in cui ciò è conforme all'assetto giuridico dei singoli Stati membri;

2.59

incoraggia, nell'ambito degli enti locali e regionali, l'ulteriore sviluppo di una politica attiva dell'integrità, fondata su una valutazione esauriente dei rischi inerenti a competenze e funzioni.

Prevenzione e lotta contro la violenza e le aggressioni

2.60

Si compiace che la tutela dei diritti del bambino e la lotta contro la violenza nei confronti dei bambini e delle donne beneficino di particolare attenzione nell'ambito del programma d'azione, e che si siano ampliate le azioni di aiuto alle vittime;

2.61

approva la definizione di un quadro finanziario dettagliato per la politica di prevenzione e lotta contro la violenza nell'ambito del programma quadro Diritti fondamentali e giustizia. Condivide inoltre il potenziamento e l'estensione del programma Daphne in modo da applicare la politica di prevenzione al consumo di droga, politica per la quale si incoraggia la partecipazione delle ONG;

2.62

sostiene inoltre le iniziative che, attraverso il miglioramento della cooperazione e dello scambio di informazioni tra le autorità interessate, mirano a lottare congiuntamente contro il traffico di esseri umani, soprattutto donne e bambini, tenuto conto che tale fenomeno è spesso legato alla criminalità organizzata;

2.63

fa presente che numerosi enti locali hanno esperienza nella segnalazione e nella risoluzione dei casi di violenza domestica, dato che la violenza verso le donne e i bambini spesso avviene nello stesso ambito familiare, e ricorda che l'approccio locale a questo tipo di violenza contribuisce significativamente alla sensibilizzazione degli interessati, giacché tali casi sono oggetto di una tolleranza zero sul piano sia sociale che giudiziario;

2.64

propone pertanto che nella fase attuativa del programma d'azione si mettano in comune le esperienze degli enti regionali e locali in materia per permettere lo sviluppo di buone pratiche nel settore, e incoraggia la creazione di centri locali di segnalazione dei casi di violenza.

Raccomandazioni su singoli aspetti della politica europea in materia di libertà, sicurezza e giustizia che non rientrano fra le competenze dirette degli enti regionali e locali, ma producono effetti immediati a tali livelli

Regime comune d'asilo

2.65

Segnala che gli enti locali sono direttamente confrontati ai problemi dei richiedenti asilo, e osserva che i candidati le cui domande siano state respinte, ma che non devono o non possono abbandonare subito il paese, spesso cercano l'anonimato nelle città, il che può determinare problemi sociali e di sicurezza nelle aree urbane;

2.66

giudica quindi essenziale creare uno spazio e un regime comune in materia di asilo, come pure uno statuto uniforme per gli aventi diritto all'asilo;

2.67

raccomanda che le istituzioni europee si adoperino altresì per agevolare il rimpatrio dei richiedenti asilo nei rispettivi paesi di origine, e che incoraggi il rientro volontario attraverso iniziative volte a favorire l'autonomia dei profughi. Invita a promuovere i progetti locali e regionali imperniati su questo criterio nei vari Stati membri, come pure gli scambi di informazione sugli approcci adottati e i risultati conseguiti.

Gestione dell'immigrazione

2.68

Raccomanda vivamente di definire, attraverso il coordinamento delle singole politiche nazionali, una politica comune dell'immigrazione abbinata a una adeguata politica dell'integrazione, nel cui ambito gli enti locali assumano l'importante compito di preservare e favorire la coesione sociale;

2.69

chiede pertanto che questi ultimi vengano sostenuti nella promozione di iniziative locali innovative che contribuiscano altresì a prevenire il radicalismo e l'estremismo;

2.70

ritiene opportuno soffermarsi sulla scarsa chiarezza che regna intorno allo status giuridico e ai diritti dei cittadini di paesi terzi, ricorda che tale problematica investe gli enti locali, specie nel settore della politica di integrazione, e constata che nell'Unione europea i cittadini di paesi terzi non godono ad esempio di alcun diritto sul piano occupazionale, quando invece ciò è un presupposto importante per la riuscita della politica dell'integrazione. Il Comitato invita pertanto a tenere presente che la politica dell'immigrazione non deve essere tale da dissuadere i cittadini di paesi terzi, spesso altamente qualificati, dal venire in Europa.

Bruxelles, 16 febbraio 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  GU C 231 del 20.9.2005, pag. 83.


16.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/34


Risoluzione del Comitato delle regioni in merito agli «Obiettivi politici del Comitato per il periodo 2006-2008»

(2006/C 192/07)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

visti gli obiettivi strategici della Commissione per il periodo 2005-2009 (COM(2005) 12 def.),

visto il programma strategico pluriennale 2004-2006 delle sei presidenze dell'Unione,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Il contributo della Commissione al periodo di riflessione e oltre: un Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito (COM(2005) 494 def.),

visto il protocollo sulle modalità di cooperazione fra la Commissione europea e il Comitato delle regioni (DI CdR 81/2001 riv. 2),

vista la propria risoluzione in merito al programma di lavoro della Commissione europea e alle proprie priorità per il 2006 (CdR 275/2005),

vista la propria risoluzione sul tema Un nuovo impulso alla strategia di Lisbona (CdR 518/2004),

considerando quanto segue:

1)

L'obiettivo politico alla base di tutte le priorità politiche del CdR consiste nel rafforzamento del legame tra l'Unione europea (UE) e ciascuna delle regioni, province, città e comuni che la compongono, avvicinando in questo modo l'UE ai cittadini europei e dando un senso ai concetti di coesione e solidarietà.

2)

Poiché gli enti territoriali sono responsabili dell'attuazione di una parte consistente delle politiche comunitarie, il loro coinvolgimento nella definizione delle priorità dell'UE, nonché nell'elaborazione e nel monitoraggio della legislazione comunitaria, contribuisce a rafforzare la legittimità democratica dell'UE.

3)

Il Comitato delle regioni desidera definire alcune priorità politiche che, in questa prima metà del suo quarto mandato, si articoleranno intorno a tre obiettivi: promuovere l'Europa politica e l'Europa dei cittadini, rafforzare la solidarietà territoriale all'interno dell'Unione e consolidare il ruolo politico e istituzionale del CdR.

4)

Anche senza la prospettiva di una rapida entrata in vigore del Trattato costituzionale, che comporta progressi molto significativi per il CdR e la totalità degli enti territoriali dell'UE, il CdR deve dedicarsi in primo luogo al rafforzamento delle funzioni attribuitegli dai Trattati in vigore, in primis quella di rappresentare l'insieme degli enti territoriali al livello europeo,

ha adottato la seguente risoluzione nel pomeriggio del 16 febbraio 2006, nel corso della 63a sessione plenaria del 15 e 16 febbraio 2006.

PRIMO OBIETTIVO:

PROMUOVERE L'EUROPA POLITICA E L'EUROPA DEI CITTADINI

Il Comitato delle regioni

1.

ritiene che l'accordo sulle prospettive finanziarie 2007-2013, raggiunto durante il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005, rappresenti in termini numerici il minimo comune denominatore delle ambizioni europee dei governi degli Stati membri. L'Unione, tuttavia, ha bisogno di un bilancio e di programmi che consentano veramente di far recepire l'idea e il potenziale dell'Europa ai nostri enti locali e regionali e avvicinare così l'UE ai cittadini.

Contribuire al dibattito permanente sul futuro dell'Unione europea

2.

Reputa che il periodo di riflessione debba consentire di evidenziare i progressi che il Trattato costituzionale implica sul piano della governance europea, della semplificazione, della trasparenza dell'Unione europea e del rafforzamento del livello locale e regionale, specialmente per quanto riguarda la promozione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. La riflessione dovrà concentrarsi sugli aspetti seguenti:

i problemi che i cittadini si aspettano di vedere risolti dall'Unione europea,

la spiegazione e la dimostrazione del vero valore aggiunto del progetto europeo, e la maggiore interazione tra i cittadini dell'Unione grazie alle opportunità di sviluppo personale e professionale loro offerte dall'UE;

3.

afferma che ogni iniziativa riguardante i Trattati dell'Unione deve fondarsi su un'iniziativa di tipo convenzionale, con il coinvolgimento del CdR: ciò contribuirà a rafforzare la legittimità democratica del progetto europeo;

4.

continuerà a promuovere il rispetto della diversità culturale e linguistica, in quanto uno dei principi fondamentali che sottendono al processo di integrazione europea;

5.

rammenta, nel contesto del periodo di riflessione sul futuro dell'Unione europea avviato dal Consiglio europeo del giugno 2005, il proprio appello a favore di un dibattito decentrato e strutturato inteso come fase attiva e dinamica di un confronto con i cittadini.

Migliorare la partecipazione degli enti locali e regionali all'elaborazione della legislazione europea

6.

Caldeggia un maggiore coinvolgimento del CdR nel processo decisionale comunitario, sia nelle fasi preliminari che in quelle conclusive, e nella valutazione dell'impatto territoriale delle grandi politiche comunitarie, in particolare attraverso:

la consultazione sistematica degli enti locali e regionali sin dalle prime fasi dell'elaborazione della legislazione europea,

il ricorso sempre più frequente al nuovo metodo dell'analisi di impatto per le principali iniziative della Commissione europea, e il coinvolgimento del CdR in tale metodo,

un'attenzione particolare al recepimento della legislazione comunitaria e alla sua incidenza sull'attività normativa degli enti locali e regionali.

Spiegare meglio il processo di adesione all'UE

7.1

Ritiene che il sostegno dei cittadini a ogni nuova adesione all'Unione sia proporzionale alla coerenza del progetto dell'UE per il futuro;

7.2

esorta pertanto la Commissione, il Parlamento europeo e le presidenze dell'UE a promuovere e sostenere, in stretta collaborazione con gli enti territoriali, l'organizzazione di campagne di informazione sul processo di allargamento dell'Unione europea ai livelli locale e regionale, sia all'interno degli Stati membri che nei paesi candidati;

7.3

sostiene che agli enti locali e regionali incombe un ruolo chiave per coinvolgere maggiormente i poteri locali e regionali rappresentati al CdR nell'integrazione dei nuovi paesi candidati all'adesione, e che si tratta di un ruolo tanto più importante in quanto nella maggior parte di questi paesi sono in atto forme diverse di decentramento. Il CdR dovrebbe peraltro continuare a offrire un sostegno agli enti territoriali dei paesi candidati all'adesione, in particolare attraverso il meccanismo dei comitati consultivi misti o altre forme di cooperazione, nella fase di adeguamento all'acquis comunitario e nel processo aperto e continuo dei negoziati di adesione.

SECONDO OBIETTIVO:

RAFFORZARE LA SOLIDARIETÀ TERRITORIALE ALL'INTERNO DELL'UNIONE

8.

Constata che, stando al compromesso raggiunto al Consiglio europeo sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, alla politica strutturale e di coesione sarà assegnato lo 0,37 % del reddito lordo dell'Unione. Si tratta di un importo di gran lunga inferiore a quello ritenuto necessario dal CdR per assicurare la convergenza delle regioni europee in un'UE a 27 Stati membri (1), per cui invita l'autorità di bilancio ad adeguarlo. Ritiene tuttavia che la rapida conclusione di un accordo interistituzionale sulle prospettive finanziarie nel primo semestre del 2006 sia necessaria per permettere agli enti territoriali di avviare le attività di programmazione per i progetti cofinanziati dall'Unione.

Cooperazione territoriale

9.

ritiene che, nel contesto dell'ampliamento e di una nuova politica di coesione per il periodo 2007-2013, la creazione di una base giuridica comunitaria per rafforzare la cooperazione territoriale nell'UE costituisca una priorità assoluta per gli enti regionali e locali, in quanto apporta un valore aggiunto aiutandoli a superare le difficoltà pratiche che in questo momento investono la cooperazione nell'UE;

sottolinea l'importanza di un regolamento volto a istituire un gruppo europeo per la cooperazione territoriale (GECT) e sostiene sia la proposta della Commissione europea sia la posizione del Parlamento europeo in vista della fase conclusiva dei negoziati per i regolamenti relativi ai fondi strutturali;

esorta il Consiglio dei ministri a raggiungere un'intesa sul GECT e sul resto dei regolamenti relativi ai fondi strutturali.

Per un'attuazione più decentrata della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione

10.

Ribadisce il proprio sostegno alla strategia di Lisbona in quanto strategia politica prioritaria dell'Unione europea fino al 2010;

11.

evidenzia il ruolo degli enti locali e regionali europei nel garantire la coerenza tra i progetti finanziati dai fondi strutturali e la strategia di Lisbona (2) e ricorda quindi, in linea con le conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona (3), la necessità di un'attuazione più decentrata di tale strategia. Di conseguenza, chiede che gli enti locali e regionali partecipino a pieno titolo al processo di revisione degli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione e all'attuazione dei programmi nazionali di riforma dei rispettivi Stati membri, e si impegna a contribuire a tal fine organizzando un dialogo territoriale in vista delle riunioni del Consiglio europeo di primavera dedicate alle riforme economiche e sociali dell'UE;

12.

stima che i tre pilastri della strategia — quello economico, quello sociale e quello ambientale — necessitino di pari attenzione;

13.

sottolinea il contributo essenziale della strategia di Lisbona allo sviluppo del progetto europeo attraverso:

il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro al fine di creare nuovi e migliori posti di lavoro per tutti,

una migliore integrazione sociale delle donne, dei giovani, degli anziani, dei disoccupati di lungo periodo, delle persone con ridotte capacità motorie e delle minoranze,

la lotta alla povertà e all'esclusione sociale causate dalle disuguaglianze, dalla discriminazione e dalla mancanza di opportunità,

il rafforzamento della coesione regionale, in particolare tenendo maggiormente conto dei bisogni delle zone rurali e garantendo un equilibrio tra città e campagna nei futuri programmi a favore delle aree urbane e rurali,

la promozione di servizi pubblici di qualità e di investimenti nella qualità delle infrastrutture,

la promozione di un'economia fondata sulla conoscenza e sull'innovazione tramite politiche più adatte ai bisogni della società dell'informazione, della R&S, dell'istruzione e della formazione professionale, in particolare attraverso la diffusione generalizzata dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita,

l'anticipazione e l'accompagnamento delle ristrutturazioni indotte dalla globalizzazione,

la promozione di una cultura dell'imprenditorialità e la creazione di un ambiente favorevole all'attività imprenditoriale che consenta l'ulteriore sviluppo delle PMI.

Completare il mercato interno

14.

Reputa che il completamento del mercato interno debba stimolare la crescita dell'occupazione e il rafforzamento della competitività e dell'innovazione nell'UE;

15.

sollecita la Commissione e gli Stati membri affinché continuino a rimuovere gli ostacoli alla mobilità dei cittadini, tanto più che il 2006 sarà l'Anno europeo della mobilità dei lavoratori;

16.

rammenta la necessità di un quadro di riferimento comunitario orizzontale e multisettoriale per definire, conformemente al principio di sussidiarietà e al principio dell'autonomia locale, l'ambito e le condizioni di gestione dei servizi di interesse generale, di cui gli enti territoriali devono poter determinare le modalità di erogazione;

17.

ribadisce, in vista della procedura legislativa per l'esame del progetto di direttiva sui servizi, la richiesta di escludere tutti i servizi sociali di interesse generale (cure sanitarie, servizi legati alla lotta all'esclusione e all'inserimento, alloggi sociali), spesso gestiti dagli enti territoriali, dal campo d'applicazione della direttiva, nella misura in cui essi non sono di natura commerciale e non incidono sugli scambi comunitari;

18.

ritiene che le reti transeuropee nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'energia siano essenziali per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e realizzare pienamente il potenziale dell'economia europea, assicurare il collegamento dell'Europa allargata e migliorare la coesione territoriale.

Rafforzare la sicurezza in Europa

19.1

Chiede che la sicurezza venga garantita per tutti i cittadini, e riafferma la determinazione degli enti locali e regionali a contribuire a eliminare le cause dell'insicurezza e della violenza nelle città e regioni di tutta Europa. In questo contesto, propone di:

rafforzare le azioni di cooperazione,

potenziare il quadro istituzionale, attribuendo alla dimensione locale e regionale un ruolo più concreto nel quadro dell'approccio comunitario,

elaborare una strategia a favore della comprensione e della solidarietà interculturale e interconfessionale che vada a completare gli sforzi per lottare contro l'esclusione sociale, e dare a tale strategia un'adeguata attuazione,

migliorare il meccanismo europeo di protezione civile attraverso la creazione di centri regionali della protezione civile in varie zone a rischio, con il compito tra l'altro di istituire un sistema di allarme precoce da utilizzare come importante misura preventiva,

creare un osservatorio europeo per la sicurezza urbana che fornisca agli organismi istituzionali europei competenti informazioni sulla programmazione delle politiche, la promozione e il coordinamento della ricerca, la raccolta, l'organizzazione e l'elaborazione dei dati sulla sicurezza attraverso la diffusione di esempi e di buone pratiche in uso presso gli enti locali e regionali,

esorta la Commissione a migliorare il coordinamento tra il nuovo Fondo di solidarietà e i fondi strutturali.

TERZO OBIETTIVO:

CONSOLIDARE IL RUOLO POLITICO E ISTITUZIONALE DEL CDR

20.

Si impegna a proseguire sulla via delle riforme formalizzando il ruolo specifico del CdR come assemblea politica dei rappresentanti eletti al livello locale e regionale dell'UE.

Gli impegni del CdR in materia di cooperazione interistituzionale

21.

Sul piano della cooperazione interistituzionale, si impegna:

21.1

nei confronti del Parlamento europeo , ad agire da cassa di risonanza dei dibattiti democratici parlamentari e a rafforzare i contatti tra strutture omologhe, nonché la collaborazione nell'elaborazione dei propri pareri e nel seguito loro riservato;

21.2

nei confronti della Commissione , ad attuare il Protocollo di cooperazione firmato nel novembre 2005 (4), specie per quanto riguarda il ruolo più proattivo del Comitato a monte dell'azione comunitaria e l'approfondimento delle sinergie in materia di comunicazione al fine di avvicinare l'Europa ai cittadini: quest'ultimo punto, in particolare, sarà oggetto di un addendum da integrare nel Protocollo di cooperazione dopo l'adozione del Libro bianco sulla comunicazione da parte della Commissione. Inoltre, intende istituire durante le proprie sessioni plenarie un question time con la Commissione, per promuovere ulteriormente il dialogo con essa sulle questioni europee di maggiore importanza e fornire agli enti locali e regionali europei l'opportunità di avere più voce in capitolo nel processo decisionale europeo;

21.3

nei confronti del Consiglio , ad assicurare una migliore comunicazione per i membri del Comitato che dovessero partecipare ai lavori del Consiglio, a rafforzare l'interazione con le presidenze e a gettare le basi di una cooperazione più sistematica; in questo contesto, invita le presidenze del biennio 2006-2008 a presentare un programma strategico pluriennale fino al 2009, analogo a quello presentato dalle sei presidenze interessate per il biennio 2004-2006;

21.4

nei confronti del Comitato economico e sociale europeo , a sviluppare la cooperazione politica nei campi tematici delle politiche dell'UE in cui gli attori sociali e gli enti territoriali svolgono attività complementari, e a sfruttare meglio le sinergie derivanti dai servizi amministrativi congiunti e dalla condivisione dei locali.

Rafforzare l'impatto del CdR

22.1

Invita i propri membri a valersi delle possibilità offerte dalla creazione di una linea di bilancio per il finanziamento delle loro attività politiche e di informazione, al fine di svolgere meglio il ruolo di «ambasciatori dell'Unione» presso i loro concittadini e, viceversa, quello di ambasciatori dei rispettivi enti di appartenenza presso l'Unione;

22.2

si impegna, al fine di determinare i temi su cui gode di maggiore credibilità e in cui la sua azione apporta un reale valore aggiunto al processo decisionale e legislativo comunitario, a rendere i propri pareri più operativi nel contesto istituzionale, ma anche più trasparenti e accessibili ai cittadini europei, in particolare attraverso un'esposizione più concisa dei messaggi politici essenziali e delle concrete proposte di emendamento del CdR ai testi legislativi della Commissione;

22.3

si impegna altresì a dare un miglior seguito ai pareri per esercitare la propria influenza in tutte le fasi del processo decisionale comunitario, sottolineando in particolare dei punti più precisi nel quadro delle proposte soggette alla procedura di codecisione;

22.4

incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Parlamento europeo, al Consiglio e alle presidenze dell'Unione europea del periodo 2006-2008, ovvero la presidenza austriaca, finlandese, tedesca, portoghese, slovena e francese.

Bruxelles, 16 febbraio 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE


(1)  Cfr. CdR 162/2004 fin

(2)  COM(2005) 24 def., pag. 11.

(3)  Punto 38 delle conclusioni.

(4)  R/CdR 197/2005, punto 11.


16.8.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 192/38


Risoluzione del Comitato delle regioni sul tema La cooperazione transfrontaliera fa dell'Europa una realtà — Appello all'adozione del regolamento sul gruppo europeo di cooperazione territoriale

(2006/C 192/08)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

visto l'articolo 159, paragrafo 3, del Trattato CE, che prevede l'adozione di azioni specifiche da parte della Comunità europea per promuovere la coesione economica e sociale,

visto l'articolo 265, paragrafo 1, del Trattato CE, che recita come segue: «Il Consiglio o la Commissione consultano il Comitato delle regioni nei casi previsti dal presente Trattato e in tutti gli altri casi in cui una di tali due istituzioni lo ritenga opportuno, in particolare nei casi concernenti la cooperazione transfrontaliera»,

visti la Convenzione quadro di Madrid, promossa dal Consiglio d'Europa, e i suoi successivi protocolli addizionali del 1995 e del 1998,

visto il proprio parere in merito alla Strategia per la promozione della cooperazione transfrontaliera e interregionale in un'Europa ampliatadocumento di riferimento e di orientamento per l'avvenire, adottato nel marzo 2002 (CdR 181/2000 fin),

vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di un gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT), adottata dalla Commissione europea il 14 luglio 2004 (COM(2004) 496 def. — 2004/0168 (COD)),

visto il proprio parere in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di un gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT), adottato il 18 novembre 2004 (relatore NIESSL (AT/PSE), presidente del Land Burgenland) (CdR 62/2004 fin),

vista la relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di un gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT), adottata dal Parlamento europeo il 21 giugno 2005 (A6-0206/2005),

vista la lettera, datata 1o dicembre 2005, inviata al Presidente Straub dal presidente Di Stasi, in cui questi sottolinea il pieno sostegno del Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa alla proposta di regolamento concernente il gruppo europeo di cooperazione territoriale presentata dalla Commissione,

visti i recenti negoziati nel pertinente gruppo di lavoro del Consiglio e l'obiettivo, fissato dall'attuale presidenza dell'UE, di concludere entro la primavera del 2006 i negoziati sul progetto di proposta di regolamento,

ritiene che il gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) costituisca, per le regioni e gli enti locali, uno strumento giuridico utile e necessario per agevolare e migliorare in modo sostanziale la cooperazione transfrontaliera, interregionale e transnazionale in Europa;

sottolinea il fatto che attualmente, nel quadro dell'attuazione transfrontaliera, interregionale e transnazionale dei programmi strutturali dell'UE, viste le competenze non sufficienti di molti enti regionali e locali, la cooperazione con i rispettivi partner si realizza solo sulla base di gentlemen's agreements, privi di un chiaro valore giuridico vincolante, e ciò determina spesso situazioni di incertezza giuridica;

fa notare che, in seguito all'allargamento dell'Unione che ha avuto luogo nel 2004, è aumentata enormemente la necessità della cooperazione con e fra i «nuovi» Stati membri a livello di enti regionali e locali, e che l'UE deve in futuro dare una risposta più adeguata a questi sviluppi;

ringrazia la Commissione per la sua proposta di regolamento sul gruppo europeo di cooperazione territoriale, di cui il Comitato condivide appieno i contenuti;

esorta gli Stati membri a sostenere concordemente in Consiglio la necessità di uno strumento giuridico in materia di GECT e a dimostrare la loro volontà politica di migliorare in modo sostanziale il quadro giuridico per rafforzare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale;

chiede alla presidenza austriaca dell'UE di compiere tutti gli sforzi per intensificare i negoziati nell'ambito del pacchetto di misure concernenti i fondi strutturali e per concluderli positivamente entro la fine del suo mandato semestrale, lasciando inalterata l'impostazione di fondo della proposta di regolamento;

appoggia la presa di posizione del Parlamento europeo a favore della creazione di una base giuridica comunitaria per la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, poiché ciò mostra ai cittadini un valore aggiunto reale dell'Europa;

invita i propri membri di fare opera di persuasione presso gli organi competenti a livello nazionale e presso i membri del Parlamento europeo perché si portino avanti in modo positivo i negoziati per la creazione del GCTE;

tenuto conto dei risultati prodotti finora (gennaio 2006) dai negoziati nel gruppo di lavoro del Consiglio, propone che, al fine di trarre il massimo vantaggio possibile dal regolamento e con l'obiettivo di una sua estesa applicazione nel testo di quest'ultimo:

si affermi espressamente, con dichiarazione a verbale della Commissione, che una volta costituito un GECT conformemente al regolamento, gli enti locali e regionali dei paesi terzi che abbiano incorporato il regolamento nel loro diritto nazionale possono partecipare a tale GECT,

si dichiari espressamente che, nell'ambito di un GECT, le parti potranno dar vita a una cooperazione transfrontaliera in tutti i campi in cui esse possono cooperare all'interno dello Stato membro di appartenenza e che, di conseguenza, lo strumento in esame rafforza il principio fondamentale di non discriminazione,

si dichiari espressamente che gli Stati membri non possono restringere le competenze materiali esistenti delle parti di un GECT ai fini dell'applicazione del relativo regolamento,

si dichiari espressamente che le parti interessate possono costituire un GECT senza bisogno di previa autorizzazione da parte di un organismo superiore e che spetta agli Stati membri ovvero alle autorità nazionali competenti esercitare il controllo di legalità sui GECT esistenti;

chiede al suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione europea, al Parlamento europeo, alla presidenza del Consiglio e ai governi degli Stati membri prima della conclusione dei lavori nel competente gruppo di lavoro del Consiglio.

Bruxelles, 16 febbraio 2006

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Michel DELEBARRE