ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 155

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

64° anno
30 aprile 2021


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

558a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 24.2.2021 - 25.2.2021

2021/C 155/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Cosa funziona e cosa no? — (sulla base di consultazioni effettuate nei 27 Stati membri)

1


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

558a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 24.2.2021 - 25.2.2021

2021/C 155/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo su: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Piano d'azione per una tassazione equa e semplice — Sostenere la strategia di ripresa[COM(2020) 312 final], Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla buona governance fiscale nell'UE e oltre[COM(2020) 313 final], Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale[COM(2020) 314 final — 2020/0148 (CNS)]

8

2021/C 155/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Un'Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano d'azione[COM(2020) 590 final]

20

2021/C 155/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a una strategia in materia di finanza digitale per l’UE [COM(2020) 591 final]

27

2021/C 155/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo su: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937[COM(2020) 593 final — 2020/0265 (COD)], Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito[COM(2020) 594 final — 2020/0267 (COD)]

31

2021/C 155/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo su: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014[COM(2020) 595 final — 2020/0266 (COD)], Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2006/43/CE, 2009/65/CE, 2009/138/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/65/UE, (UE) 2015/2366 e (UE) 2016/2341[COM(2020) 596 final — 2020/0268 (COD)]

38

2021/C 155/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 [COM(2020) 575 final]

45

2021/C 155/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce la riserva di adeguamento alla Brexit [COM(2020) 854 final – 2020/0380 (COD)]

52

2021/C 155/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo su: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla gestione dell'asilo e della migrazione e che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio e la proposta di regolamento (UE) XXX/XXX [Fondo Asilo e migrazione][COM(2020) 610 final — 2020/0279 (COD)], Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente le situazioni di crisi e di forza maggiore nel settore della migrazione e dell'asilo[COM(2020) 613 final — 2020/0277 (COD)]

58

2021/C 155/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo relativo a: Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell’Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE [COM(2020) 611 final - 2016/0224(COD)]; Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce accertamenti nei confronti dei cittadini di paesi terzi alle frontiere esterne e modifica i regolamenti (CE) n. 767/2008, (UE) 2017/2226, (UE) 2018/1240 e (UE) 2019/817 [COM(2020) 612 final - 2020/0278(COD)]; Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) XXX/XXX [regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione] e del regolamento (UE) XXX/XXX [regolamento sul reinsediamento], per l’identificazione di cittadini di paesi terzi o apolidi il cui soggiorno è irregolare e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica i regolamenti (UE) 2018/1240 e (UE) 2019/818 [COM(2020) 614 final - 2016/0132(COD)]

64

2021/C 155/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa: inverdire gli edifici, creare posti di lavoro e migliorare la vita [COM(2020) 662 final]

73

2021/C 155/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri (codificazione) [COM(2021) 34 final - 2021/0018 (COD)]

78


 

Rettifiche

2021/C 155/13

Rettifica del parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria per il periodo 2021-2027 (programma Pericle IV)[COM(2018) 369 final — 2018/0194(CNS)] ( GU C 440 del 6.12.2018 )

79


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

558a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 24.2.2021 - 25.2.2021

30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Cosa funziona e cosa no?»

(sulla base di consultazioni effettuate nei 27 Stati membri)

(2021/C 155/01)

Relatori:

Gonçalo LOBO XAVIER

Javier DOZ ORRIT

Luca JAHIER

Nel corso della sessione plenaria del 24 e 25 febbraio 2021 (seduta del 25 febbraio) il Comitato economico e sociale europeo ha adottato la seguente risoluzione con 268 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Introduzione

1.1.

Il CESE ha adottato una serie di pareri, risoluzioni e dichiarazioni sul piano di ripresa NextGenerationEU e le sue varie componenti, in particolare il dispositivo per la ripresa e la resilienza. Il Comitato ha espresso il proprio consenso sul contenuto e sull'orientamento delle proposte di riforma, che sono intese a rilanciare la ripresa economica e sociale e a innescare un cambiamento del modello produttivo.

1.2.

Il CESE ritiene che tutte le riforme del processo di ristrutturazione debbano basarsi sui principi su cui si fonda l'UE: protezione dei diritti umani e sociali, valori democratici e Stato di diritto. Gli investimenti nell'ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza devono essere tesi a sfruttare appieno il potenziale del mercato unico, rafforzare la resilienza economica dell'UE, conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, creare un'economia circolare, realizzare la neutralità climatica nell'UE al più tardi entro il 2050, incoraggiare l'innovazione e la modernizzazione connesse alla digitalizzazione dell'economia e della società e provvedere alla efficace attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali per garantire la coesione sociale, eliminare la povertà e ridurre le disuguaglianze. Essi devono rispondere alla crisi economica e sociale causata dalla pandemia, tenendo conto del fatto che gli impatti saranno maggiori, più pesanti e più profondi del previsto, e garantire una rapida ripresa. Il ricorso al dispositivo per la ripresa e la resilienza dovrebbe inoltre essere pienamente in linea con le convenzioni e i trattati internazionali di cui l'UE e gli Stati membri sono parte, come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Il Comitato considera indispensabile assicurare il buon governo, la vigilanza contro la corruzione nella gestione dei fondi e la responsabilità democratica.

1.3.

Il Comitato ritiene inoltre molto importante che le riforme siano mirate sia a migliorare la produttività dell'economia che a rafforzare il tessuto industriale innovativo attraverso il sostegno alle PMI e alle imprese dell'economia sociale. Sottolinea il ruolo della ricerca a livello europeo e i suoi legami con il processo di produzione. Ritiene inoltre che dovrebbero essere istituiti meccanismi per garantire transizioni verdi e digitali giuste nell'UE e in tutti gli Stati membri e per sostenere il reinserimento economico delle persone escluse dal mercato del lavoro. A questo proposito il CESE ribadisce la propria preoccupazione riguardo l'insufficienza dei fondi stanziati per la transizione giusta nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027.

1.4.

Le istituzioni dell'UE hanno reagito in modo molto diverso rispetto a quanto è avvenuto con la crisi del 2008. Il finanziamento del piano di ripresa mediante emissione di debito comune europeo è una pietra miliare nella storia dell'UE. Il Comitato esprime particolare preoccupazione in merito al sostegno di un approfondimento dell'Unione economica e monetaria. La questione dovrebbe essere affrontata in occasione dell'ormai prossima Conferenza sul futuro dell'Europa, senza nulla togliere all'importanza della conferenza sull'effettiva attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, che sarà organizzata a Porto dalla presidenza portoghese. Il CESE ritiene che il coinvolgimento della società civile debba andare al di là della sfera economica, sociale e ambientale, e affrontare questioni importanti quali il futuro dell'Europa o i negoziati di adesione e di preadesione con i paesi candidati.

1.5.

Nel valutare i rispettivi piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR), la Commissione dovrebbe tenere conto dell'impatto della pandemia sui diversi Stati membri e delle loro capacità.

1.6.

Desideriamo inoltre esprimere in questa sede la nostra soddisfazione per l'accordo raggiunto lo scorso dicembre, nel quadro del trilogo, tra il Parlamento europeo e il Consiglio, in cui è prevista fra l'altro l'adozione di un regolamento che stabilisce (articolo 18) l'esigenza di coinvolgere le parti sociali e le organizzazioni della società civile, a titolo consultivo, nell'elaborazione e nell'attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza.

1.7.

Il coinvolgimento della società civile in detti piani è per l'appunto il tema della presente risoluzione. In base alle relazioni elaborate dalle delegazioni nazionali del gruppo Semestre europeo, è nostro proposito effettuare una prima valutazione del modo in cui tale coinvolgimento si sta sviluppando, e vorremmo essere in grado di informare le istituzioni europee e i governi nazionali delle carenze riscontrate al riguardo. Ciò consentirebbe al Comitato di contribuire a far sì che i governi nazionali e le istituzioni europee adottino misure correttive adeguate prima del termine per la messa a punto dei PNRR da parte dei governi nazionali e per la loro approvazione da parte della Commissione europea. Tale valutazione dovrebbe mettere in luce non solo la portata della partecipazione della società civile all'elaborazione dei piani, ma anche la qualità del loro coinvolgimento e il livello di trasparenza di cui i diversi Stati membri hanno dato prova nel rendere accessibili al pubblico i rispettivi progetti di PNRR.

1.8.

Le parti sociali e le organizzazioni della società civile paneuropee hanno riconosciuto che, per quanto riguarda il loro coinvolgimento nel piano di ripresa NextGenerationEU, sono stati compiuti progressi rispetto alle consuete procedure del semestre europeo. Esse prendono inoltre atto del ruolo positivo della Commissione europea nel promuovere la partecipazione della società civile a livello nazionale. Tuttavia la maggior parte di esse ritiene che il livello di partecipazione effettiva sia ancora in grande misura insufficiente e che i processi non permettano ai punti di vista della società civile organizzata di avere un impatto sufficiente. Le parti sociali e le organizzazioni della società civile chiedono che tali carenze siano corrette nelle fasi di attuazione e valutazione dei PNRR, istituendo procedure più formali che facilitino scambi reali.

2.   Contesto

2.1.

Il 18 dicembre 2020 il Consiglio dell'Unione europea e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo sul dispositivo per la ripresa e la resilienza. Per accedere ai finanziamenti gli Stati membri elaboreranno dei PNRR che definiranno un pacchetto di investimenti e riforme, in linea con gli orientamenti dell'UE sul processo di consultazione. Già la prima nota di orientamento, pubblicata a settembre, invita gli Stati membri a descrivere eventuali consultazioni e contributi delle parti sociali, della società civile e di altri soggetti interessati all'elaborazione e all'attuazione del piano per la ripresa e la resilienza (PRR) (1).

2.2.

L'accordo raggiunto a dicembre dal Parlamento europeo e dal Consiglio comprende, tra l'altro, un paragrafo sul coinvolgimento delle parti sociali e della società civile. L'articolo 18, paragrafo 4, lettera q), prevede che i PNRR forniscano «per la preparazione e, ove disponibile, l'attuazione del piano per la ripresa e la resilienza una sintesi del processo di consultazione, condotto conformemente al quadro giuridico nazionale, delle autorità locali e regionali, delle parti sociali, delle organizzazioni della società civile, delle organizzazioni giovanili e di altri portatori di interessi e il modo in cui il piano per la ripresa e la resilienza tiene conto dei contributi dei portatori di interessi» (2).

2.3.

Nella prima riunione del gruppo Semestre europeo, tenutasi il 16 dicembre 2020, è stato adottato il programma di lavoro 2020-2023 di tale gruppo. Un nuovo, importante elemento del programma di lavoro è stata l'organizzazione di consultazioni virtuali da parte dei membri del CESE negli Stati membri nel gennaio 2021. Scopo di tale esercizio era raccogliere informazioni sul coinvolgimento della società civile organizzata nei PNRR, in modo che il CESE potesse adottare una risoluzione alla sessione plenaria di febbraio.

3.   Metodo

3.1.

I dati e le informazioni richiesti per la relazione sono stati raccolti nel gennaio 2021.

3.1.1.

In totale, sono pervenuti 26 contributi nazionali. Le consultazioni sono state effettuate sulla base delle conoscenze dei membri e hanno coinvolto le parti sociali e le organizzazioni della società civile. In alcuni paesi sono stati coinvolti i consigli economici e sociali nazionali o organismi equivalenti, in altri sono stati consultati anche rappresentanti dei governi.

3.2.

Le consultazioni si sono basate sui seguenti cinque quesiti:

1)

Esistono meccanismi di consultazione sui PRR nel Suo paese? A Suo parere sono sufficienti e adeguati?

2)

Esistono meccanismi di consultazione differenti per le parti sociali e per il resto della società civile nel Suo paese?

3)

Il Suo paese deve presentare il proprio PNRR entro il 30 aprile. Qual è il grado di avanzamento dei lavori in materia?

4)

Per quali aspetti, nel Suo paese, la procedura di consultazione sul PRR è diversa da quella consueta seguita per la consultazione delle organizzazioni della società civile nel quadro del semestre europeo?

5)

In che misura il PRR del Suo paese corrisponde agli obiettivi strategici delle organizzazioni della società civile del paese?

4.   Osservazioni ricavate dai risultati delle consultazioni

4.1.   Domanda 1: Esistono meccanismi di consultazione sui PRR nel Suo paese?

4.1.1.

La grande maggioranza delle risposte menziona il fatto che il governo nazionale in questione ha istituito una qualche forma di meccanismo di consultazione per il coinvolgimento della società civile organizzata nell'elaborazione del PRR. In alcuni Stati membri le consultazioni con la società civile sono già state condotte, mentre in altri esse sono ancora in corso o sono previste per una fase successiva.

4.1.2.

Vengono utilizzati vari meccanismi, tra cui la presentazione di proposte scritte, riunioni ad alto livello con i ministri responsabili, la valutazione di questionari elaborati a questo scopo e compilati dagli interpellati, e tavole rotonde tra i rappresentanti del governo e le organizzazioni della società civile. Alcuni Stati membri si sono anche avvalsi dei meccanismi istituiti per la consultazione nell'ambito della procedura ordinaria del semestre europeo, sviluppandoli ulteriormente e adeguandoli al nuovo calendario speciale del semestre europeo per il 2021 e alle circostanze limitative imposte dalla pandemia di COVID-19.

4.1.3.

Tuttavia, diverse risposte hanno segnalato la mancanza di una reale partecipazione della società civile. Tra i fattori di ostacolo al coinvolgimento è stata individuata la palese riluttanza di alcuni governi nazionali a coinvolgere la società civile nell'elaborazione del loro piano. Le consultazioni hanno avuto luogo non già in seguito a un tentativo del governo di coinvolgere la società civile, bensì su iniziativa e a seguito degli appelli delle parti sociali e di altre organizzazioni della società civile.

4.1.4.

Un altro ostacolo a un reale coinvolgimento della società civile è stato individuato nel fatto che, sebbene quest'ultima sia stata formalmente inclusa, alla sua consultazione non è stato dedicato il tempo necessario. I partecipanti hanno criticato i calendari ristretti adottati da alcuni governi, che potrebbero facilmente ostacolare il dibattito sostanziale e la considerazione del contributo della società civile in merito ai PRR. Quindi, mentre numerosi Stati membri prevedono una qualche forma di meccanismo di consultazione della società civile organizzata nel processo di elaborazione dei PRR, sono molti di meno quelli che consentono un effettivo coinvolgimento della società civile e un impatto reale delle proposte che ne derivano.

4.1.5.

Purtroppo alcuni partecipanti hanno riferito che non è stata svolta né è prevista alcuna consultazione nella fase di elaborazione del corrispondente piano nazionale. Inoltre, alcuni partecipanti hanno riferito che, sebbene le consultazioni abbiano avuto luogo, finora esse hanno compreso solo le parti sociali e non la più ampia società civile organizzata.

4.1.6.

Sulla base delle informazioni che abbiamo raccolto (3), abbiamo raggruppato gli Stati membri in tre categorie in rapporto all'argomento della presente risoluzione: quelli in cui, almeno finora, non vi è stato praticamente alcun coinvolgimento (Danimarca, Slovacchia); quelli in cui vi è stato un qualche coinvolgimento, formale o informale, ma non è stata individuata alcuna capacità di influenza (Austria, Belgio, Cechia, Germania, Grecia, Spagna, Estonia, Francia, Croazia, Ungheria, Irlanda, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Svezia, Slovenia); e infine quelli in cui c'è stato un coinvolgimento più strutturato, che ha avuto in certi casi un impatto su alcuni aspetti dei piani (Bulgaria, Cipro, Finlandia, Italia, Malta).

4.1.7.

Nel complesso, le risposte indicano una forte volontà della società civile organizzata di contribuire all'elaborazione dei PNRR. I partecipanti che rappresentano le parti sociali e le organizzazioni della società civile hanno descritto i tentativi di partecipare, anche attraverso l'elaborazione di proposte e rivolgendosi ai rappresentanti dei governi. In alcuni Stati membri queste iniziative hanno effettivamente condotto a un maggiore coinvolgimento della società civile nell'elaborazione dei piani, in altri purtroppo sembrano essere cadute nel vuoto.

4.2.   Domanda 2: Esistono meccanismi di consultazione differenti per le parti sociali e per il resto della società civile organizzata nel Suo paese?

4.2.1.

Nella maggior parte degli Stati membri le procedure per la consultazione delle parti sociali e quelle per il resto della società civile organizzata sono differenti. I partecipanti hanno riferito che le parti sociali sono coinvolte in modo più strutturato, istituzionalizzato e permanente, mentre le restanti organizzazioni della società civile sono invece consultate in funzione dei casi e in modo informale. Come indicato in precedenza, nell'ambito del loro processo di elaborazione del PRR, un certo numero di Stati membri si è limitato a consultare le parti sociali e non la società civile in senso lato. Vi è anche il caso di uno Stato membro il cui governo consulta solo il corpo della società civile in senso lato, comprese le parti sociali, ma non l'organo più ristretto che comprende solo le parti sociali. Un numero minore di Stati membri ha scelto di utilizzare una procedura comune che comprende tutte le parti interessate.

4.3.   Domanda 3: Il Suo paese deve presentare il PNRR entro il 30 aprile. Qual è il grado di avanzamento dei lavori in materia?

4.3.1.

Nella sostanza, le reazioni raccolte sono state eterogenee. Mentre tutti i partecipanti hanno riferito che il loro governo nazionale ha iniziato a lavorare al proprio PRR, gli Stati membri si trovano in fasi diverse del processo.

4.3.2.

Nella maggior parte degli Stati membri i ministeri competenti, il più delle volte il ministero delle Finanze, stanno elaborando una prima versione del PNRR. Alcuni hanno portato a termine consultazioni con la società civile, mentre altri devono ancora consultare gli interlocutori esterni. Un certo numero di partecipanti ha anche riferito che il proprio governo sta consultando da vicino la Commissione europea o prevede di avviare tale consultazione a breve.

4.3.3.

È stato inoltre riferito che alcuni Stati membri stavano lavorando a una seconda versione del loro piano nazionale, dopo aver consultato la Commissione europea in una fase precedente.

4.4.   Domanda 4: Per quali aspetti, nel Suo paese, la procedura di consultazione sul PRR è diversa da quella consueta seguita per la consultazione delle organizzazioni della società civile nel quadro del semestre europeo?

4.4.1.

Anche in questo caso le risposte sono eterogenee e in qualche misura vaghe. Si rilevano comunque alcune tendenze già osservate nelle risposte alle domande precedenti: taluni partecipanti alla consultazione osservano che è troppo presto per dirlo, altri affermano che non c'è abbastanza tempo per una vera e propria consultazione e altri ancora rispondono che le parti sociali sono coinvolte in misura maggiore rispetto al resto della società civile organizzata. Alcuni riferiscono che la procedura relativa al PRR è stata più aperta o adattata alla società civile organizzata rispetto alla normale procedura del semestre, ma un numero ancora maggiore di Stati membri indica che per la procedura del PRR non viene utilizzato il quadro previsto per la consultazione della società civile organizzata durante la normale procedura del semestre.

4.5.   Domanda 5: In che misura il PRR del Suo paese corrisponde agli obiettivi strategici delle organizzazioni della società civile del paese?

4.5.1.

Le risposte a questa domanda si suddividono in tre categorie generali, ripartite in misura pressoché uguale. Un gruppo ritiene che la corrispondenza agli obiettivi sia in genere garantita, attraverso una procedura di consultazione o perché gli interessi erano già gli stessi. Un altro gruppo si rammarica del fatto che i governi abbiano ignorato gli interessi pubblici e ben noti della società civile organizzata nell'elaborazione dei piani, e il terzo e ultimo gruppo non è in grado di rispondere per mancanza di conoscenze solide o perché il processo è ancora in una fase troppo precoce.

5.   Conclusioni

5.1.

Sebbene i processi di consultazione delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile in merito ai PNRR siano in generale migliorati rispetto a quelli del semestre europeo ordinario degli anni precedenti, il CESE ritiene che nella maggior parte degli Stati membri essi siano lungi dall'essere soddisfacenti rispetto alle richieste giustificate della società civile e persino ai termini stabiliti nel regolamento relativo al dispositivo per la ripresa e la resilienza. Mentre le parti sociali hanno generalmente maggiori opportunità di partecipazione, attraverso il dialogo sociale o i processi specifici dei PNRR, altre organizzazioni della società civile hanno opzioni più limitate.

5.2.

I risultati dell'indagine su cui si basa la presente risoluzione sono coerenti con quelli di altri studi (4) condotti dalle organizzazioni della società civile paneuropee sulla partecipazione delle organizzazioni della società civile degli Stati membri ai PNRR. Secondo questi studi, nella maggior parte dei paesi la partecipazione delle organizzazioni della società civile è stata scarsa o nulla. I dati raccolti in gennaio per il nostro studio mostrano solo un lieve miglioramento in questo campo. Un livello analogo di insoddisfazione emerge dalla consultazione del Comitato delle regioni (5) sul coinvolgimento delle istituzioni politiche regionali e locali nei PNRR.

5.3.

Il CESE ritiene che vi sia una reale partecipazione quando, nei processi di consultazione formale basati su norme giuridiche e su procedure pubbliche e trasparenti, le organizzazioni della società civile sono debitamente informate mediante documentazione scritta, dispongono di tempo sufficiente per analizzare le proposte del governo e redigere le proprie proposte, che sono prese in considerazione o rifiutate in maniera giustificata e che sono in ogni caso riportate in verbali o documenti pubblici. Quando si applicano nuove condizioni quadro, tale consultazione dovrebbe essere ripetuta. La partecipazione della società civile non è affatto intesa a sostituire o a rimettere in discussione il primato delle istituzioni democratiche parlamentari, bensì solo a integrarlo collaborando con esse.

5.4.

Il CESE invita i governi degli Stati membri che non hanno istituito procedure adeguate per la consultazione delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile a porre in essere tali procedure con urgenza e a rispettare il regolamento relativo al dispositivo per la ripresa e la resilienza. Il Comitato invita le istituzioni europee, e in particolare la Commissione, ad avvalersi dei loro poteri per invitare i governi nazionali che non lo hanno ancora fatto ad adempiere ai loro obblighi in materia. È ancora possibile farlo entro i termini fissati per l'adozione dei PNRR. Il CESE condivide l'opinione degli altri attori politici e sociali secondo cui le risorse per finanziare gli investimenti per la ripresa e la trasformazione delle economie e delle società europee devono pervenire quanto prima agli Stati membri e alle loro società.

5.5.

L'esperienza della partecipazione della società civile alla fase di elaborazione dei PNRR e la valutazione delle lacune e delle carenze a tale riguardo devono essere utilizzate per garantire che, in futuro, durante le fasi di attuazione dei PNRR e in vista dell'elaborazione di tali piani per il 2022, dette lacune e carenze siano corrette. Un forte coinvolgimento delle parti sociali e, più in generale, delle organizzazioni della società civile è una garanzia di cambiamenti dal basso che saranno sostenibili ed efficaci. Anche le organizzazioni della società civile devono essere prese in considerazione nell'attuazione dei piani, dal momento che forniscono molti servizi sociali.

5.6.

Tra i rischi derivanti dalla necessità, per gli attori pubblici e sociali, di investire ingenti risorse finanziarie in un breve lasso di tempo, figurano l'incapacità di assorbire e applicare i fondi entro i tempi previsti e un uso inefficiente di tali risorse. Un rischio ancora più grave è la corruzione. Il Comitato invita i governi nazionali ad adottare le misure necessarie per migliorare la capacità di gestione e promuovere la trasparenza e il controllo amministrativo e parlamentare per far fronte a detti rischi, ma sottolinea che il coinvolgimento delle organizzazioni rappresentative della società civile, nel monitoraggio dell'attuazione dei PNRR è uno strumento potente nella lotta contro la corruzione e l'inefficienza.

5.7.

Il CESE teme che, al momento dell'elaborazione delle relazioni nazionali su cui si basa la presente risoluzione, nella maggior parte degli Stati membri non vi sia sufficiente chiarezza sui sistemi di governance dei PNRR e sulla ripartizione delle responsabilità tra i livelli centrale, regionale e locale per la loro attuazione. Ovviamente, non vi è sufficiente chiarezza neppure sui meccanismi appropriati per coinvolgere le organizzazioni della società civile e le parti sociali nelle fasi di attuazione, monitoraggio e adeguamento dei PNRR.

5.8.

La presente risoluzione si concentra sul coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile nei PNRR, in un momento in cui il processo di elaborazione di tali piani non è ancora stato completato, al fine di essere in grado di migliorare tali processi e anche di insistere affinché le parti sociali e le organizzazioni della società civile siano adeguatamente coinvolte nell'attuazione, nel monitoraggio e nell'adeguamento di detti piani. Siamo a conoscenza del contenuto dei piani espresso nei programmi quadro e nei primi progetti di PNRR di alcuni Stati membri. Dalle risposte alla domanda 5 del questionario si può tuttavia dedurre che tra coloro che si esprimono in questa fase del processo, nella maggior parte dei paesi — dieci su sedici — vi è un allineamento ampio o parziale tra gli obiettivi delle organizzazioni della società civile e quanto affermato nei programmi quadro e nei progetti di PNRR, in linea con gli obiettivi e gli orientamenti stabiliti dalla Commissione e dal Parlamento europeo per il piano NextGenerationEU e il suo dispositivo per la ripresa e la resilienza. Nei restanti sei paesi le organizzazioni della società civile sono critiche e in dieci non rispondono del tutto, principalmente perché lo ritengono prematuro.

5.9.

Il Comitato desidera tuttavia farsi portavoce di alcune preoccupazioni e richieste espresse dalle parti sociali e dalle organizzazioni della società civile in merito al contenuto dei PNRR:

Investimenti coerenti con gli obiettivi del Green Deal e la trasformazione digitale — e le relative transizioni giuste — e quelli connessi alle vulnerabilità sociali nazionali, all'occupazione, alla salute e alla protezione sociale, insieme all'attuazione delle necessarie riforme strutturali indicate nelle raccomandazioni specifiche per paese del 2019 e del 2020, dovrebbero portare a una transizione verso un modello economico più favorevole alla produttività e sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale.

I PNRR dovrebbero rendere esplicito il rapporto tra i progetti di investimento e il programma di riforme di ciascun paese, stabilendo indicatori, calendari e metodologia di monitoraggio adeguati.

Il piano New Generation EU offre ai bilanci nazionali un sostegno finanziario senza precedenti da parte dell'UE. Nel valutare i piani nazionali, la Commissione dovrebbe chiedere che i fondi europei siano utilizzati anche per creare un reale valore aggiunto europeo grazie al sostegno di investimenti e di progetti infrastrutturali transfrontalieri. Gli investimenti transfrontalieri hanno evidenti effetti positivi di ricaduta economica e sociale, che devono essere promossi in modo più incisivo.

Gli investimenti nell'ambito dei PNRR dovrebbero fungere da leva per altri investimenti privati nei settori individuati come prioritari in tali piani. I programmi di investimento devono tenere sufficientemente conto di progetti ammissibili provenienti dalle PMI e dalle imprese dell'economia sociale.

Come il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani, Olivier De Schutter, ha detto molto chiaramente nel suo discorso alla sessione plenaria del Comitato del 28 gennaio 2021, vi è il rischio che le questioni sociali, compresi gli strumenti per combattere la povertà e la disuguaglianza, non ricevano il peso necessario nei PNRR. È importante sottolineare quanto sia elevato il rischio che il divario digitale non venga ridotto, considerando che la digitalizzazione dell'economia e della società è uno dei principali punti focali del piano NextGenerationEU.

Gli investimenti nell'istruzione di alta qualità, nell'apprendimento permanente e nelle attività di ricerca e sviluppo sono essenziali per stimolare e integrare i cambiamenti economici e sociali promossi dal piano NextGenerationEU, così come gli investimenti che rafforzano i sistemi sanitari e le politiche di sanità pubblica delle società duramente colpite dalla pandemia di COVID-19.

5.10.

Il CESE invita i governi nazionali e le istituzioni dell'UE a tenere conto, al momento di adottare i PNRR, di queste preoccupazioni della società civile europea riguardo il loro contenuto.

Bruxelles, 25 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  SWD(2020) 205 final.

(2)  GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17.

(3)  Le relazioni pervenute dai vari Stati membri sono analizzate nell'allegato della presente risoluzione. Tale materiale è disponibile anche online sul sito web del Comitato.

(4)  Civil Society Europe e European Center for Not-for-Profit Law: Participation of civil society organisations in the preparation of the EU National Recovery and Resilience Plans (Partecipazione delle organizzazioni della società civile alla preparazione dei PNRR dell'UE); dicembre 2020.

(5)  CdR-CCRE: Il coinvolgimento delle città e delle regioni nella preparazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza, 20 gennaio 2021.


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

558a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 24.2.2021 - 25.2.2021

30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/8


Parere del Comitato economico e sociale europeo su:

«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio “Piano d'azione per una tassazione equa e semplice — Sostenere la strategia di ripresa”»

[COM(2020) 312 final]

«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla buona governance fiscale nell'UE e oltre»

[COM(2020) 313 final]

«Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale»

[COM(2020) 314 final — 2020/0148 (CNS)]

(2021/C 155/02)

Relatore:

Krister ANDERSSON

Correlatore:

Javier DOZ ORRIT

Consultazione

Consiglio dell'Unione europea, 28.7.2020

Commissione europea, 12.8.2020

Base giuridica

Articoli 113 e 115 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

12.2.2021

Adozione in sessione plenaria

24.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

220/0/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sostiene in linea generale le proposte legislative della Commissione ed esprime apprezzamento per il loro coordinamento con le discussioni globali condotte a livello di OCSE/Quadro inclusivo al fine di raggiungere un consenso globale.

1.2.

Il CESE concorda con l'approccio della Commissione secondo il quale la buona governance fiscale, che costituisce la base per una imposizione equa, richiede la trasparenza fiscale attraverso lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali, una concorrenza fiscale leale, l'assenza di misure fiscali dannose, misure fiscali più efficaci e l'applicazione di norme concordate a livello internazionale.

1.3.

Il CESE concorda inoltre con il riconoscimento, da parte della Commissione, del fatto che la concorrenza fiscale non è di per sé un problema (1). Allo stesso tempo, vi è preoccupazione per l'esistenza di una concorrenza fiscale sleale all'interno dell'UE che promuove l'elusione fiscale. Il CESE ritiene che per un'unione monetaria efficace occorrano una politica fiscale coerente e una coerenza tra le norme fiscali dei suoi membri.

1.4.

Il CESE sostiene l'iniziativa della Commissione sulla revisione del codice di buona condotta e plaude al fatto che la proposta della Commissione tenga debitamente conto del lavoro svolto dall'OCSE e dell'importanza di seguire le norme concordate a livello internazionale, in particolare per quanto riguarda i principi globali che conducono a un'aliquota minima effettiva dell'imposta sulle società.

1.5.

Il CESE ritiene che i risultati e le realizzazioni del codice di condotta debbano essere aggiornati con maggiore regolarità e debbano essere pubblicamente accessibili alla società civile, in linea con l'obiettivo della Commissione di rendere più trasparenti le attività e i risultati concreti da esso ottenuti.

1.6.

Il CESE sostiene la decisione della Commissione di eseguire un intervento legislativo volto a rafforzare la cooperazione tra le autorità fiscali e ad armonizzare maggiormente le norme procedurali in tutto il mercato interno.

1.7.

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui la frode e l'evasione fiscali continuano a rappresentare una minaccia per le finanze pubbliche, soprattutto in tempi di crisi, come chiaramente dimostrato dalle stime più recenti della Commissione, secondo le quali la perdita di gettito nell'UE dovuta all'evasione fiscale internazionale da parte delle persone fisiche, che riguarda l'imposta sul reddito delle persone fisiche, le imposte sul reddito da capitale e le imposte sul patrimonio e sulle successioni, ammonta a 46 miliardi di EUR. Il divario dell'IVA è stimato a circa 140 miliardi di EUR, dei quali circa 50 miliardi di EUR sono attribuibili alle frodi transfrontaliere (2).

1.8.

Il CESE prende atto della riduzione del divario stimato (3) dovuto all'elusione dell'imposta sulle società, che — secondo diverse stime — sarebbe pari a circa 35 miliardi di EUR all'anno, rispetto alle precedenti stime della Commissione che lo valutavano intorno ai 50-70 miliardi di EUR prima dell'introduzione di misure anti-BEPS (erosione della base imponibile e trasferimento degli utili). Prende atto altresì della correlazione, esaminata dalla Commissione, tra tale miglioramento e gli sforzi legislativi in materia di elusione fiscale compiuti dalla precedente Commissione (4). Tuttavia, tale divario continua a destare preoccupazione in una situazione in cui la spesa pubblica per sostenere l'economia e la società assume dimensioni così rilevanti.

1.9.

L'efficienza non può essere conseguita senza un'intensa lotta alla criminalità fiscale e all'evasione fiscale, che deve essere resa più efficace attraverso una cooperazione amministrativa rafforzata e un quadro giuridico più armonizzato. Un quadro fiscale non può essere considerato equo se alcuni Stati membri dispongono di strumenti per aggirarlo facilmente, il che scoraggia altri Stati e crea inefficienze.

1.10.

Data la complessità generata attualmente da 27 sistemi fiscali diversi e considerando come tale pluralità di modelli crei oneri per le imprese e i privati che operano a livello transfrontaliero, il CESE incoraggia gli Stati membri, nel rispetto della sovranità fiscale, ad armonizzare gli obblighi di dichiarazione fiscale e a migliorare la cooperazione tra le amministrazioni fiscali.

1.11.

Le 25 azioni previste dalla Commissione appaiono ragionevoli. La maggior parte di esse riguarda l'IVA, il che è opportuno se si considerano le elevate perdite di gettito in tale settore. Tuttavia, dette azioni sono descritte in modo molto succinto e, per il momento, rimane difficile valutarne appieno l'impatto specifico sull'operatività quotidiana dei cittadini e delle imprese europei.

1.12.

Il passaggio ad un'unica registrazione ai fini dell'IVA è una misura particolarmente apprezzata. Si tratta di un passo importante verso la creazione di un mercato unico approfondito, che riduce l'incertezza e i costi delle operazioni transfrontaliere.

1.13.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea di modernizzare e armonizzare gli obblighi di dichiarazione IVA attraverso un maggiore ricorso alla rendicontazione basata sulle operazioni («in tempo reale») e alla fatturazione elettronica.

1.14.

Il CESE accoglie inoltre con favore il riesame dell'opportunità di applicare l'IVA ai servizi finanziari. È necessaria una valutazione d'impatto approfondita che comprenda il trattamento ai fini dell'IVA dei servizi finanziari nei paesi terzi.

1.15.

Il CESE sostiene l'iniziativa della Commissione per un «quadro cooperativo di conformità dell'UE», basato su una maggiore fiducia e cooperazione tra più amministrazioni fiscali per risolvere le questioni transfrontaliere relative all'imposta sulle società. In questo contesto è importante che le PMI godano di una parità di trattamento rispetto alle imprese più grandi. Il Comitato prende atto degli oneri di conformità notevolmente più elevati per le PMI rispetto alle grandi imprese multinazionali ed esorta la Commissione ad adottare misure per ridurre tali oneri per le PMI.

1.16.

Il CESE ritiene fondamentale la questione dei rimborsi fiscali, in particolare in tempi di crisi come quella attuale, che comportano un rischio elevato in termini di scarsa liquidità sia per i privati che per le imprese.

1.17.

Il CESE invita la Commissione a valutare in che modo sia possibile introdurre un meccanismo di alleggerimento dei crediti IVA inesigibili più semplice e armonizzato. Tale meccanismo dovrebbe garantire che l'IVA che le imprese non sono state in grado di riscuotere dai loro clienti ma che hanno già versato alle autorità fiscali possa essere recuperata dalle imprese presso le autorità fiscali in modo rapido e tempestivo.

1.18.

Il CESE ritiene molto importante disporre di norme fiscali e occupazionali chiare e coerenti a livello internazionale per le piattaforme digitali. Il CESE sostiene gli sforzi volti ad aumentare la trasparenza delle piattaforme digitali al fine di evitare dichiarazioni dei redditi incoerenti, che comportano un elevato rischio di evasione fiscale. Gli obblighi di comunicazione e i moduli fiscali dovrebbero essere gli stessi in tutti gli Stati membri.

1.19.

Il CESE sottolinea che gli audit congiunti, che costituiscono in linea di principio uno strumento utile ed efficace, dovrebbero essere effettuati nel rispetto dei diritti dei contribuenti, tra cui la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare per quanto riguarda i diritti della difesa e la prevedibilità delle norme procedurali e sostanziali che li riguardano, nonché la raccolta di prove da parte delle autorità fiscali responsabili di perseguire tali reati in vista di possibili sanzioni.

1.20.

Sebbene siano stati compiuti progressi nella condotta di paesi e giurisdizioni che figuravano nell'elenco dei soggetti non cooperativi a fini fiscali, il volume complessivo di denaro oggetto di frode, evasione, elusione e riciclaggio rimane talmente elevato da richiedere maggiori sforzi.

1.21.

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui è giunto il momento di rivedere l'elenco e di valutare in che modo esso possa essere reso più efficace ed equo, tenendo conto anche delle nuove sfide di un'economia globale digitalizzata. Il CESE sostiene inoltre il criterio della Commissione di dare a specifiche giurisdizioni a basso rischio e a bassa capacità l'opportunità di migliorare i loro standard di buona governance fiscale e di trasparenza entro un periodo di tempo ragionevole quando sono o potrebbero essere inserite nell'elenco.

1.22.

Il CESE ha proposto (5) di promuovere un patto europeo per una lotta efficace contro la frode e l'evasione fiscali, l'elusione fiscale e il riciclaggio di denaro. Il CESE ha invitato la Commissione europea a promuovere un'iniziativa politica che coinvolga i governi nazionali e le altre istituzioni europee nel conseguimento di tale obiettivo, raccogliendo i consensi necessari a tal fine e aprendo alla partecipazione della società civile. La collaborazione tra gli Stati membri dovrebbe essere il pilastro principale di tale patto.

1.23.

Il CESE sottolinea che la cooperazione tra le organizzazioni della società civile in generale e i governi potrebbe favorire una maggiore sensibilizzazione sul tema delle imposte ambientali e contribuire allo sviluppo, creando società più eque e sostenibili nei paesi in via di sviluppo e in quelli sviluppati.

1.24.

Il CESE incoraggia la Commissione a continuare a valutare l'efficacia delle precedenti direttive in materia di cooperazione amministrativa.

2.   Contesto e proposte della Commissione

2.1.   Contesto

2.1.1.

Il conseguimento di una tassazione equa ed efficiente è uno dei principali obiettivi della Commissione (6) nel corso dell'attuale legislatura. Tale obiettivo è ancora più strategico a seguito dell'emergenza COVID-19. Secondo il Trattato, la normativa fiscale è di competenza degli Stati membri, i quali possono tuttavia convenire di adottare direttive e regolamenti per migliorare il funzionamento del mercato interno. Per una unione monetaria efficace sono necessarie una politica fiscale coerente e una coerenza tra le norme fiscali dei suoi membri.

2.1.2.

La pandemia di COVID-19 ha perturbato le economie in tutto il mercato interno. Inoltre, l'UE si trova ad affrontare l'emergenza COVID-19 in un periodo ricco di trasformazioni, caratterizzato da sfide ambientali, una continua innovazione digitale e una crescente disuguaglianza tra i cittadini. Gli Stati membri e le istituzioni europee sono pertanto chiamati a fornire una risposta senza precedenti, utilizzando tutte le risorse e gli strumenti disponibili.

2.1.3.

Le proposte della Commissione (7) mirano sia a sviluppare una risposta adeguata alla crisi della COVID-19 sia a gestire la transizione verso uno scenario più verde e più digitale, in linea con i principi di un'economia sociale di mercato sanciti dai Trattati.

2.1.4.

Una tassazione equa ed efficiente svolge un ruolo importante in questo senso. Una risposta efficace alle principali sfide poste dalla crisi dipende in larga misura dalla possibilità per le imprese di proseguire gli scambi nazionali e transfrontalieri, in condizioni di parità, sostenute da un sistema fiscale semplice ed efficiente, e dagli Stati membri, che devono garantire il gettito fiscale necessario per finanziare la ripresa attraverso un'equa tassazione dei cittadini e delle imprese. La lotta contro la frode, l'elusione e l'evasione fiscali e il sostegno alle imprese europee nella semplificazione e nell'armonizzazione della loro amministrazione fiscale quotidiana sono fondamentali per affrontare efficacemente le sfide attuali (8).

2.1.5.

La tassazione funge altresì da strumento politico per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 (9) e degli altri obiettivi ambientali stabiliti nel quadro del Green Deal europeo (10). È pertanto di fondamentale importanza apportare un gettito fiscale adeguato ai bilanci pubblici al fine di sostenere una transizione verde. Al tempo stesso, nelle politiche economiche occorre riconoscere la realtà di uno sviluppo demografico sfavorevole, con l'invecchiamento della popolazione.

2.1.6.

La proposta della Commissione che istituisce un piano d'azione per una tassazione più efficiente ed equa è suddivisa in tre parti. In primo luogo, una comunicazione che delinea misure volte a ridurre gli ostacoli fiscali per le imprese nel mercato unico. In particolare, la Commissione punta a utilizzare la semplificazione fiscale come strumento per migliorare il contesto imprenditoriale. In secondo luogo, una proposta legislativa volta a rivedere la direttiva sulla cooperazione amministrativa attraverso uno scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali, in grado di consentire un'adeguata tassazione dei redditi generati dai venditori sulle piattaforme digitali. In terzo luogo, la Commissione ha pubblicato una comunicazione sulla buona governance fiscale nell'UE e nel resto del mondo per migliorare la buona governance fiscale sia nelle giurisdizioni nazionali che in quelle esterne.

2.1.7.

La Commissione osserva che il piano d'azione fa parte di un più ampio e più ambizioso programma fiscale per l'UE che, nel prossimo futuro, comprenderà iniziative riguardanti: i) la tassazione ambientale; ii) una riforma della tassazione delle società volta a riallineare i diritti fiscali con la creazione di valore e a fissare un livello minimo di tassazione effettiva degli utili delle imprese; iii) una raccomandazione affinché gli Stati membri subordinino il loro sostegno finanziario alle imprese dell'UE all'assenza di legami tra tali imprese e i paesi e territori (11) che figurano nell'elenco dell'Unione europea dei paesi e territori non cooperativi; e iv) la definizione delle modalità di adozione delle proposte in materia fiscale secondo la procedura legislativa ordinaria di cui all'articolo 116 del TFUE.

2.1.8.

In numerosi pareri il CESE ha espresso il proprio punto di vista sulle misure necessarie per migliorare l'efficienza del mercato unico, aumentare le risorse proprie dell'UE e avviare un dibattito sul voto a maggioranza qualificata in materia fiscale. Il CESE chiede ora di agire con la massima urgenza sulle proposte della Commissione relative al pacchetto per una tassazione equa e semplice.

2.2.   Piano d'azione per una fiscalità equa e semplice

2.2.1.

Nella sua comunicazione sulla semplificazione fiscale, la Commissione definisce un nuovo approccio che combina le azioni contro la frode e l'evasione fiscali con misure volte a semplificare la vita dei contribuenti. Il piano comprende 25 azioni la cui attuazione è programmata progressivamente nei prossimi anni fino al 2024 (12).

2.2.2.

Sono state previste azioni specifiche per quanto riguarda le imposte di registro (identificazione e registrazione ai fini dell'IVA). Una registrazione efficace ed efficiente è considerata fondamentale per garantire che tutti i contribuenti vengano tassati in misura adeguata. Di conseguenza, la Commissione promuove diverse azioni per assicurare che le banche dati che conservano i dati dei contribuenti funzionino correttamente e siano costantemente aggiornate. Anche la semplicità nella registrazione è considerata importante, soprattutto quando i contribuenti si spostano da uno Stato membro all'altro.

2.2.3.

Per quanto riguarda gli obblighi di comunicazione, è prevista un'altra serie di azioni specifiche. La rendicontazione dei contribuenti dovrebbe essere quanto più efficace possibile e basarsi sulla collaborazione reciproca con le autorità fiscali. Le dichiarazioni dei redditi dovrebbero essere semplici e i dati richiesti dovrebbero essere ridotti al minimo e trattati mediante procedure di facile utilizzo svolte attraverso un servizio di sportello unico digitale. Molti Stati membri hanno allentato alcune norme di pagamento dell'IVA in risposta alla pandemia di COVID-19.

2.2.4.

Ulteriori azioni dovrebbero semplificare il pagamento delle imposte, in particolare rendendo disponibili per i contribuenti metodi di pagamento elettronico, ad esempio tramite applicazioni per smartphone (13). L'importo dell'imposta dovuta dovrebbe essere corretto fin dall'inizio per evitare, se possibile, onerose procedure di rimborso. Quando si prevedono rimborsi, le amministrazioni fiscali dovrebbero trattarli rapidamente, per evitare problemi di liquidità per i contribuenti.

2.2.5.

Fornire certezza giuridica ai contribuenti è un obiettivo primario del piano d'azione della Commissione, unitamente a una gestione efficace delle controversie che insorgono. Le controversie dovrebbero essere prevenute e, quando si verificano, dovrebbero essere risolte rapidamente tra gli Stati membri nell'ambito dei rispettivi ordinamenti giuridici e del diritto dell'Unione europea.

2.2.6.

La Commissione ritiene importante dare l'opportunità di correggere o chiarire eventuali malintesi al fine di evitare un inasprimento delle controversie. La prevenzione delle controversie è pertanto incoraggiata, unitamente alla rapida risoluzione dei casi non risolti, al fine di risparmiare tempo e denaro sia per i contribuenti che per le amministrazioni fiscali. Alcuni portatori di interessi hanno già espresso la loro preferenza per un maggiore intervento a livello dell'UE per quanto riguarda la prevenzione e la risoluzione delle controversie (14).

2.3.   Cooperazione amministrativa tra autorità fiscali

2.3.1.

Negli ultimi anni l'UE ha concentrato i suoi sforzi sulla lotta alla frode fiscale, all'evasione fiscale e alla pianificazione fiscale aggressiva, nonché sul potenziamento della trasparenza attraverso un'adeguata cooperazione tra le amministrazioni fiscali. Sebbene siano stati apportati notevoli miglioramenti nello scambio di informazioni, la proposta della Commissione sottolinea la necessità di migliorare ulteriormente le disposizioni vigenti.

2.3.2.

In particolare, la Commissione mira ad affrontare meglio le sfide poste dalla digitalizzazione dell'economia, con particolare riferimento alle piattaforme digitali, il cui utilizzo rende difficili la rintracciabilità e l'individuazione dei fatti generatori dell'obbligazione tributaria da parte delle autorità fiscali (15). Il problema diventa più grave quando tali transazioni vengono effettuate ricorrendo a piattaforme digitali stabilite in un altro Stato membro o in una giurisdizione al di fuori dell'UE (16).

2.3.3.

Sembra esservi un consenso tra i rappresentanti dei gestori di piattaforme digitali sui vantaggi di disporre di un quadro giuridico europeo standardizzato per la raccolta di informazioni dalle piattaforme e sui possibili vantaggi di una soluzione simile allo sportello unico IVA.

2.3.4.

Per quanto riguarda lo scambio di informazioni su richiesta, la proposta della Commissione si concentra sul concetto di prevedibile pertinenza. L'articolo 5 bis contiene una definizione della norma di prevedibile pertinenza che si applica in caso di richiesta di informazioni e che stabilisce le norme e i requisiti procedurali che l'autorità interessata deve osservare. La richiesta di informazioni può riguardare uno o più contribuenti, a condizione che siano identificati individualmente. La norma di prevedibile pertinenza non si applica nel caso in cui la richiesta di informazioni sia inviata come seguito allo scambio di informazioni sui ruling transfrontalieri o su un accordo preventivo sui prezzi di trasferimento.

2.3.5.

Prima di richiedere informazioni, l'autorità fiscale è tenuta a fare ricorso a tutte fonti di informazione consuete che avrebbe potuto utilizzare per ottenere le informazioni richieste e ad impiegare tutti i mezzi disponibili. Tuttavia, se così facendo l'autorità richiedente si trova ad affrontare difficoltà sproporzionate e rischia di compromettere il raggiungimento dei suoi obiettivi, l'obbligo non si applica. In caso di inosservanza di tale obbligo da parte dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata può rifiutare di comunicare le informazioni.

2.3.6.

La sezione II bis stabilisce un quadro giuridico per la conduzione di audit congiunti. Un audit congiunto è pertanto definito come un'indagine amministrativa condotta congiuntamente dalle autorità competenti di due o più Stati membri. Le autorità competenti degli Stati membri interessati procedono, in modo coordinato e in accordo con i rispettivi ordinamenti giuridici, all'esame di un caso collegato a uno o più soggetti fiscali di interesse comune o complementare.

2.4.   Buona governance fiscale nell'UE e oltre

2.4.1.

La comunicazione della Commissione europea sulla buona governance fiscale si basa sul presupposto che l'equa imposizione costituisce un elemento essenziale del modello sociale ed economico dell'UE e che la buona governance fiscale rappresenta il punto di partenza per garantire una tassazione equa ed entrate sostenibili per sostenere tale modello (17). La comunicazione contiene proposte che prevedono: i) una riforma del codice di condotta in materia di tassazione delle imprese; ii) un riesame dell'elenco di paesi e territori non cooperativi; iii) la promozione di una buona governance fiscale a livello internazionale.

2.4.2.

Fin dalla sua istituzione nel 1997, il codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (in prosieguo il «codice») (18) costituisce il principale strumento a disposizione dell'UE per impedire la concorrenza fiscale dannosa, e stabilisce principi per una concorrenza fiscale leale e per determinare se un regime fiscale sia dannoso o meno (19).

2.4.3.

Nonostante i suoi risultati, il codice deve essere aggiornato. La natura e la forma della concorrenza fiscale sono cambiate notevolmente negli ultimi anni, a causa della globalizzazione, della digitalizzazione, del ruolo crescente delle multinazionali nell'economia mondiale e dei complessi regimi di incentivi introdotti da alcuni Stati membri.

2.4.4.

Più specificamente, la Commissione intende ampliare l'ambito di applicazione del codice per includervi tutte le misure che comportano un rischio di concorrenza fiscale sleale. È inoltre opportuno aggiornare il codice per assicurare che venga esaminato il maggior numero possibile di casi di tassazione estremamente bassa, sia all'interno sia all'esterno dell'UE.

2.4.5.

I principi sanciti dal codice figurano tra i criteri utilizzati per valutare i paesi terzi nel quadro del processo di inserimento nell'elenco dell'UE delle giurisdizioni fiscali non cooperative. La Commissione intende rivedere l'ambito geografico dell'elenco dell'UE, aggiornando il quadro di valutazione originale utilizzato per selezionare le giurisdizioni più pertinenti da sottoporre all'esame.

2.4.6.

La riflessione sull'ambito di applicazione geografico dell'elenco dell'UE prenderà in considerazione anche i criteri cui le giurisdizioni selezionate dovranno conformarsi. Eliminare una giurisdizione che rientra attualmente nell'ambito di applicazione dell'elenco dell'UE inciderebbe sulla parità di condizioni e comprometterebbe l'utile lavoro che gran parte di queste giurisdizioni ha già effettuato. Si dovrebbe riflettere, tuttavia, sull'opportunità di applicare in maniera più mirata ad alcune giurisdizioni i criteri di inserimento nell'elenco dell'UE.

2.4.7.

Nel suo dialogo con i paesi terzi (e coerentemente con l'approccio adottato in seno all'UE), la Commissione porrà inoltre l'accento sugli obiettivi ambientali e sul principio «chi inquina paga», che impone di fissare un prezzo alle esternalità ambientali negative. Secondo la comunicazione della Commissione, le imposte ambientali possiedono un potenziale — finora assai poco esplorato — per contribuire allo sviluppo sostenibile a livello globale e a società più eque nei paesi in via di sviluppo. La cooperazione tra le organizzazioni della società civile in generale potrebbe contribuire a una maggiore sensibilizzazione su questo aspetto.

2.4.8.

Considerando l'attuale applicazione di un legame giuridicamente vincolante tra l'uso dei fondi dell'UE e le norme di buona governance fiscale, la Commissione ritiene che tali fondi potrebbero essere utilizzati in maniera più efficace per potenziare i principi della buona governance fiscale (20). A tale riguardo, la Commissione esorta inoltre gli Stati membri a recepire i requisiti dell'UE nelle proprie strategie nazionali di finanziamento, nonché nelle norme in materia di conformità applicate dai propri istituti di credito agevolato e agenzie di sviluppo.

2.4.9.

La Commissione presenta inoltre una raccomandazione in cui invita gli Stati membri a subordinare il loro sostegno finanziario all'assenza di legami tra le imprese beneficiarie e le giurisdizioni che figurano nell'elenco delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali. La Commissione aggiunge tuttavia che dovrebbe essere prevista una deroga per le imprese che hanno una presenza economica sostanziale (sostenuta da personale, attrezzature, attività e locali) nelle giurisdizioni elencate. Gli sforzi degli Stati membri in questo ambito devono essere attuati in modo coerente con la necessità di garantire l'equità fiscale a livello internazionale.

3.   Osservazioni generali e particolari

3.1.   Piano d'azione per una tassazione equa e semplice

3.1.1.

Il CESE sostiene le proposte legislative della Commissione ed esprime apprezzamento per il loro coordinamento con le discussioni globali condotte a livello di OCSE/Quadro inclusivo al fine di raggiungere un consenso globale (21). Richiama in particolare l'attenzione sull'urgenza di raggiungere un accordo riguardante norme uniformi su come ripartire gli utili imponibili tra i paesi a livello di OCSE/Quadro inclusivo, a seguito della rapida digitalizzazione delle economie in atto e della necessità di combattere efficacemente l'elusione fiscale.

3.1.2.

Il CESE apprezza inoltre l'approccio normativo adottato dalla Commissione per elaborare le sue proposte e per l'insieme delle disposizioni legislative in esame. L'obiettivo è migliorare l'efficienza generale dei sistemi fiscali, in modo da trasformarli in sistemi equi che forniscano le entrate necessarie per l'attuazione delle politiche pubbliche, offrendo nel contempo opportunità di occupazione e di crescita.

3.1.3.

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui la frode e l'evasione fiscali continuano a rappresentare una minaccia per le finanze pubbliche, soprattutto in tempi di crisi, come chiaramente dimostrato dalle stime più recenti citate nelle proposte. Secondo la Commissione, la perdita di gettito nell'UE dovuta all'evasione fiscale internazionale da parte delle persone fisiche, che riguarda l'imposta sul reddito delle persone fisiche, le imposte sul reddito da capitale e le imposte sul patrimonio e sulle successioni, è stata infatti stimata a 46 miliardi di EUR nel 2016. A sua volta, il divario dell'IVA è stimato approssimativamente a 140 miliardi di EUR, dei quali circa 50 miliardi sono attribuibili alle frodi transfrontaliere (22). I singoli Stati membri devono adottare misure incisive per affrontare il rispettivo divario nazionale dell'IVA.

3.1.4.

Il CESE accoglie favorevolmente la riduzione del divario stimato dovuto all'elusione dell'imposta sulle società, pari a circa 35 miliardi di EUR all'anno, rispetto alle precedenti stime della Commissione che lo valutavano intorno a 50-70 miliardi di EUR, come pure la correlazione, esaminata dalla Commissione, tra tale miglioramento e gli sforzi legislativi in materia di elusione fiscale compiuti dalla precedente Commissione (oltre 20 direttive fiscali in cinque anni) (23).

3.1.5.

Al fine di sostenere pienamente i cittadini e le imprese nel periodo di grave difficoltà iniziato con la crisi della COVID-19, il CESE esorta la Commissione a proseguire i lavori sulla riduzione dei costi di conformità relativi agli obblighi fiscali. I costi di adempimento fiscale stimati per le grandi imprese rappresentano circa il 2 % delle imposte versate, mentre per le PMI la stima è di circa il 30 % delle imposte versate.

3.1.6.

Data la complessità generata attualmente da 27 diversi sistemi fiscali e considerando come tale pluralità di modelli crei difficoltà per le imprese e i privati che operano a livello transfrontaliero, il CESE incoraggia gli Stati membri ad armonizzare gli obblighi di dichiarazione fiscale e a migliorare la cooperazione tra le amministrazioni fiscali. Il lavoro rinnovato e ampliato del gruppo Codice di condotta deve eliminare le misure fiscali dannose per creare condizioni di parità e contribuire, insieme alle riforme legislative, a promuovere livelli sufficienti di convergenza fiscale per evitare la concorrenza fiscale sleale.

3.1.7.

Le 25 azioni previste dalla Commissione appaiono ragionevoli e, in linea generale, il CESE le sostiene. La maggior parte di esse riguarda l'IVA, il che è opportuno se si considerano le elevate perdite di gettito in tale settore. Tuttavia, dette azioni sono descritte in modo molto succinto e, per il momento, rimane difficile valutarne appieno l'impatto specifico sull'operatività quotidiana dei cittadini e delle imprese europei. Gli Stati membri devono agire con decisione per applicare le loro norme nazionali e ridurre i problemi nazionali in materia di IVA nonché, al tempo stesso, per cooperare in modo più stretto a livello transfrontaliero.

3.1.8.

L'introduzione di una registrazione unica ai fini dell'IVA, attraverso un ulteriore ampliamento del campo di applicazione dello sportello unico, in analogia con il pacchetto sul commercio elettronico, è accolta con grande favore. Anche se non vengono forniti ulteriori dettagli sui settori interessati, l'estensione dello sportello unico agli articoli da 36 a 39 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio (24) («direttiva IVA»), riguardanti le cessioni di beni B2C, può essere considerata un passo avanti molto significativo. Ad esempio, l'estensione dello sportello unico alle forniture transfrontaliere di gas, energia elettrica, energia per riscaldamento o raffreddamento (articolo 39 della direttiva IVA) potrebbe essere utile anche per approfondire il mercato dell'energia dell'UE e favorire la transizione energetica.

3.1.9.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea di modernizzare e armonizzare gli obblighi di dichiarazione IVA attraverso un maggiore ricorso alla rendicontazione basata sulle operazioni («in tempo reale») e alla fatturazione elettronica. La rendicontazione basata sulle operazioni permette alle amministrazioni fiscali di avere una visione d'insieme completa delle diverse catene di approvvigionamento in tempo reale, consentendo audit più mirati e l'individuazione molto più precoce delle frodi e degli operatori commerciali potenzialmente a rischio. Gli obblighi di rendicontazione, tuttavia, devono essere facili da rispettare e non comportare costi amministrativi elevati o spese di investimento onerose, in particolare per le PMI (25). Analogamente, un maggiore utilizzo e una normativa armonizzata della fatturazione elettronica potrebbero ridurre i costi di stoccaggio e di conformità per le imprese e migliorare la lotta contro le frodi in materia di IVA.

3.1.10.

Il CESE accoglie inoltre con favore il riesame dell'opportunità di applicare l'IVA ai servizi finanziari. Molte imprese devono sostenere costi aggiuntivi in quanto alcune società o istituti finanziari non sono soggetti all'IVA. Inoltre, le entità esenti non possono chiedere detrazioni per l'IVA a monte, mentre il valore aggiunto creato non è assoggettato all'IVA. Si tratta di una questione complessa e il CESE si attende che vengano effettuate valutazioni d'impatto complete. Il CESE osserva che un aumento del gettito IVA avrebbe anche un'incidenza positiva sul bilancio dell'UE.

3.1.11.

Il CESE osserva che gli Stati membri hanno la possibilità di ricorrere a un sistema di inversione contabile per combattere le frodi in materia di IVA. Tale opzione è stata utilizzata per combattere le cosiddette «frodi carosello» in materia di IVA. Il CESE chiede che la Commissione valuti quale sia il metodo più efficace e che comporti meno oneri amministrativi per lottare contro questo tipo di frodi.

3.1.12.

Le amministrazioni fiscali si affidano ai contribuenti affinché trasmettano loro informazioni corrette e alcuni Stati membri hanno introdotto sistemi «cooperativi di conformità» per rafforzare tale collaborazione. Purtroppo, attualmente questi sistemi funzionano solo a livello nazionale. A questo proposito, il CESE sostiene l'iniziativa della Commissione per un quadro cooperativo di conformità dell'UE, basato su una maggiore fiducia e cooperazione tra più amministrazioni fiscali per risolvere le questioni transfrontaliere relative all'imposta sulle società. In questo contesto è importante che le PMI godano di una parità di trattamento rispetto alle imprese più grandi.

3.1.13.

Tuttavia, non è ancora chiaro in che modo questo quadro cooperativo di conformità dell'UE funzionerà nella pratica, e il CESE è desideroso di valutare tali sviluppi e di fornire il suo contributo costruttivo durante il processo di sviluppo e attuazione.

3.1.14.

Da una prima valutazione, il dialogo preventivo per la risoluzione delle controversie fiscali transfrontaliere previsto dalla Commissione sembra rappresentare uno sviluppo utile e positivo, anche considerando che si tratta di una richiesta di lunga data della comunità imprenditoriale. L'adozione di un approccio armonizzato da parte di diversi Stati membri sarebbe accolta con grande favore, anche se resta da valutare come tale approccio possa essere concretamente attuato, a partire dall'attuale scenario normativo eterogeneo (26).

3.1.15.

I rimborsi fiscali sono sempre un tema critico, in particolare in tempi di crisi come quella attuale, che comportano un rischio elevato in termini di scarsa liquidità sia per i privati che per le imprese. Durante la pandemia di COVID-19, diversi paesi hanno velocizzato i rimborsi IVA e i rimborsi in generale, al fine di garantire che le imprese disponessero di liquidità sufficiente per far fronte a una situazione economica dirompente e senza precedenti.

3.1.16.

Dato che alcune imprese già soffrono di problemi di liquidità, le fatture potrebbero essere pagate in ritardo o addirittura finire per non essere pagate affatto. Di conseguenza le imprese che hanno già fatturato l'IVA rischiano di dover versare tale imposta alle autorità fiscali nel relativo periodo di dichiarazione IVA pur non avendola ancora riscossa (cosiddetto «credito inesigibile»). A questo proposito il CESE invita la Commissione europea a valutare in che modo sia possibile introdurre un meccanismo di alleggerimento dei crediti IVA inesigibili più semplice e armonizzato. Tale meccanismo dovrebbe garantire che l'IVA che le imprese non sono state in grado di riscuotere dai loro clienti ma che hanno già versato alle autorità fiscali possa essere recuperata dalle imprese presso le autorità fiscali in modo rapido e tempestivo.

3.1.17.

Il CESE esorta le amministrazioni fiscali nazionali a continuare ad assicurare una gestione così rapida dei rimborsi, per quanto riguarda le imposte sia dirette che indirette, suggerendo un approccio amministrativo armonizzato in tutta Europa e rilevando che un sistema comune di ritenute alla fonte per gli investimenti di portafoglio transfrontalieri rappresenterebbe un primo passo avanti.

3.1.18.

La frode fiscale, l'evasione fiscale e i reati connessi sono perseguiti dai giudici nazionali degli Stati membri in base a un ampio ventaglio di leggi penali. Tuttavia, questi reati fiscali assumono, in molti casi, una dimensione transnazionale. Il CESE ritiene importante tenere conto di questo aspetto così come della struttura delle sanzioni, in particolare nel caso di audit congiunti tra Stati membri. Sarebbe opportuno effettuare una valutazione delle implicazioni della differenza di sanzioni tra gli Stati membri.

3.1.19.

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione relativa a una raccomandazione sui diritti dei contribuenti nel mercato unico. Fornire agli Stati membri una panoramica delle migliori pratiche nel settore fiscale in termini di semplificazione e digitalizzazione può contribuire a migliorare le relazioni tra contribuenti e autorità fiscali in tutta l'UE, rafforzare la consapevolezza fiscale dei cittadini e migliorare la riscossione delle entrate. Il CESE ritiene che si tratti di un buon esempio di iniziativa legislativa non vincolante.

3.2.   Cooperazione amministrativa tra autorità fiscali

3.2.1.

Il CESE sostiene la decisione della Commissione di eseguire un intervento legislativo volto a rafforzare la cooperazione tra le autorità fiscali e ad armonizzare maggiormente le norme procedurali in tutto il mercato interno.

3.2.2.

La proposta è pienamente in linea con il principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del TFUE, in quanto prevede un intervento del legislatore europeo per affrontare questioni che non possono essere adeguatamente disciplinate dagli Stati membri.

3.2.3.

Il CESE approva l'intenzione di rafforzare le competenze di Eurofisc per trasformarlo in un centro di riferimento sui reati fiscali transfrontalieri.

3.2.4.

L'applicazione delle disposizioni vigenti della direttiva ha effettivamente dimostrato l'esistenza di notevoli discrepanze tra gli Stati membri, dal momento che alcuni Stati membri sono disposti a cooperare pienamente e a scambiare informazioni, mentre altri applicano un approccio restrittivo o addirittura rifiutano lo scambio di informazioni.

3.2.5.

Il CESE sostiene altresì gli sforzi volti ad aumentare la trasparenza delle piattaforme digitali al fine di evitare dichiarazioni dei redditi incoerenti, che comportano un elevato rischio di evasione fiscale. Benché alcuni Stati membri abbiano inserito un obbligo di comunicazione nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali, l'esperienza dimostra che le disposizioni nazionali contro l'evasione fiscale non sono sempre pienamente efficaci, soprattutto quando riguardano le attività transfrontaliere. La certezza e la chiarezza del diritto possono pertanto essere garantite attraverso un unico insieme di obblighi di dichiarazione e di moduli fiscali applicabili a tutti gli Stati membri.

3.2.6.

Il CESE accoglie con favore anche la proporzionalità della proposta della Commissione per quanto riguarda la cooperazione procedurale tra le autorità fiscali nazionali, in quanto le modifiche proposte non sembrano andare al di là di quanto necessario per conseguire l'obiettivo di uno scambio di informazioni più efficace e di una migliore cooperazione amministrativa.

3.2.7.

Il sistema di sanzioni per i gestori di piattaforme che non rispettano gli obblighi di dichiarazione, come indicato all'articolo 25 bis della proposta di direttiva DAC 7, anche se di competenza nazionale, deve essere applicato nel modo più omogeneo possibile in tutti gli Stati per garantirne l'efficacia.

3.2.8.

Considerando che le distorsioni identificate, per quanto riguarda i gestori di piattaforme, nel funzionamento del mercato interno oltrepassano i confini dei singoli Stati membri, una normativa comune dell'UE rappresenta il minimo intervento necessario per affrontare i problemi in modo efficace. In questa linea di ragionamento, il CESE incoraggia la Commissione a sviluppare ulteriormente il suo ruolo e la sua collaborazione in seno all'OCSE, sulla digitalizzazione delle economie, al fine di conseguire un approccio internazionale comune tra le autorità fiscali per affrontare le questioni globali.

3.2.9.

L'articolo 12 bis, paragrafo 6, stabilisce che l'audit congiunto deve essere effettuato conformemente agli accordi procedurali applicabili nello Stato membro in cui si svolgono le fasi dell'audit. Le prove raccolte durante l'audit congiunto dovrebbero essere reciprocamente riconosciute da tutte le autorità competenti degli Stati membri partecipanti.

3.2.10.

Il CESE sottolinea che gli audit congiunti, che costituiscono in linea di principio uno strumento utile e particolarmente efficace, dovrebbero essere effettuati nel rispetto dei diritti fondamentali dei contribuenti, in piena osservanza dei principi della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (27), in particolare per quanto riguarda i diritti della difesa e la prevedibilità delle norme procedurali e sostanziali che li riguardano, nonché la raccolta di prove da parte delle autorità fiscali responsabili di perseguire tali reati in vista di possibili sanzioni.

3.2.11.

In particolare, l'insieme dei dati da scambiare e trasmettere dalle amministrazioni fiscali dovrebbe essere definito in modo da registrare solo i dati minimi necessari per individuare le dichiarazioni non conformi, insufficienti o mancanti in linea con gli obblighi del GDPR (28), che dovrebbero essere interpretati e applicati rigorosamente. Ogni possibile impatto negativo sui dati personali dovrebbe essere ridotto al minimo mediante misure informatiche e procedurali adeguate, con particolare riguardo alla loro raccolta, elaborazione e successiva conservazione.

3.2.12.

Il CESE sottolinea che, in linea con le disposizioni del GDPR, il ricorso alle richieste dei gruppi deve avere una motivazione fondata ed essere effettuato con cautela, in modo da non violare i diritti delle persone fisiche e giuridiche e non sfociare nelle cosiddette fishing expeditions (richieste generiche di informazioni).

3.2.13.

Il CESE incoraggia la Commissione a continuare a valutare l'efficacia delle precedenti direttive in materia di cooperazione amministrativa (29).

3.3.   Buona governance fiscale nell'UE e oltre

3.3.1.

Il CESE concorda con l'approccio della Commissione secondo il quale la buona governance fiscale, che costituisce la base per una imposizione equa, richiede la trasparenza fiscale attraverso lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali, l'astensione da forme di concorrenza fiscale sleali, l'assenza di misure fiscali dannose e l'applicazione di norme concordate a livello internazionale. Concorda inoltre con il Parlamento europeo sul fatto che l'UE dovrebbe adottare misure decisive per contrastare la concorrenza fiscale dannosa e la pianificazione fiscale aggressiva, in particolare nei paradisi fiscali.

3.3.2.

Il CESE sostiene l'iniziativa della Commissione sulla revisione del codice di buona condotta e plaude al fatto che la proposta della Commissione tenga debitamente conto del lavoro svolto dall'OCSE e dell'importanza di seguire le norme concordate a livello internazionale, in particolare per quanto riguarda i principi globali che conducono a un'aliquota minima effettiva dell'imposta sulle società.

3.3.3.

Il CESE ritiene che i risultati e le realizzazioni del codice di condotta debbano essere aggiornati con maggiore regolarità e debbano essere accessibili pubblicamente per la società civile, in linea con l'obiettivo della Commissione di rendere più trasparenti le attività e i risultati concreti del codice.

3.3.4.

L'approccio della Commissione riconosce che la concorrenza fiscale non è di per sé un problema (30). Allo stesso tempo, tuttavia, in numerose occasioni la Commissione e il Parlamento europeo hanno espresso preoccupazione per l'esistenza, all'interno dell'UE, di una concorrenza fiscale sleale che promuove l'elusione fiscale. Il CESE ritiene che occorra lavorare seriamente alla risoluzione di questo complesso problema. Ha recentemente adottato un parere (31) in cui propone di promuovere un patto europeo per una lotta efficace contro la frode e l'evasione fiscali, l'elusione fiscale e il riciclaggio di denaro. Il CESE ha invitato la Commissione europea a promuovere un'iniziativa politica che coinvolga i governi e le altre istituzioni europee nel conseguimento di tale obiettivo, raccogliendo i consensi necessari a tal fine e aprendo alla partecipazione della società civile. La collaborazione tra gli Stati membri dovrebbe essere il pilastro principale di tale patto.

3.3.5.

Anche l'ampliamento del campo di applicazione del codice di condotta nell'UE per includervi altre misure che interessano la concorrenza fiscale è una scelta normativa sostenuta dal CESE. È atteso da tempo un aggiornamento volto a garantire che i regimi che comportano livelli di tassazione molto bassi o inesistenti all'interno o all'esterno dell'UE siano presi in considerazione. Tuttavia, il codice è uno strumento non vincolante che deve affrontare le questioni che non sono disciplinate dalla legislazione europea.

3.3.6.

La Commissione sostiene inoltre la necessità di rendere più chiaro il processo di inserimento nell'elenco per i paesi terzi, aumentando la trasparenza sul motivo per cui una giurisdizione è iscritta o meno nell'elenco. Una maggiore armonizzazione delle norme adottate dagli Stati membri dell'UE e un migliore coordinamento tra gli elenchi nazionali e l'elenco UE risulterebbero utili, dal momento che l'UE e diversi Stati membri seguono norme differenti e questo può creare confusione.

3.3.7.

La Commissione valuta inoltre la cosiddetta «lista nera dei paradisi fiscali», in vigore dal 2017, e ha esaminato centinaia di regimi fiscali dannosi a livello mondiale, e molte giurisdizioni che vi figurano hanno assunto impegni nei confronti del Consiglio per affrontare le questioni che destano preoccupazioni, relative alla concorrenza fiscale sleale e alla limitata trasparenza. Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui è giunto il momento di rivedere l'elenco e di valutare in che modo esso possa essere reso più efficace ed equo, tenendo conto anche delle nuove sfide di un'economia globale digitalizzata. Il CESE sostiene inoltre il criterio della Commissione di dare a specifiche giurisdizioni a basso rischio e a bassa capacità l'opportunità di migliorare i loro standard di buona governance fiscale e di trasparenza entro un periodo di tempo ragionevole quando sono o potrebbero essere inserite nell'elenco.

Bruxelles, 24 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  «[…] il codice di condotta […] parte dal presupposto che, sebbene la concorrenza fiscale tra i paesi non costituisca di per sé un problema, sia comunque necessario stabilire principi comuni, nella misura in cui gli Stati possono utilizzare le proprie politiche e i propri regimi fiscali per attirare imprese e profitti. Tale aspetto assume particolare importanza all'interno del mercato unico, in cui le libertà sancite dal trattato accrescono la mobilità dei profitti e degli investimenti» [COM(2020) 313 final, pag. 3].

(2)  Cfr. anche «Divario dell'IVA: i paesi dell'UE hanno perso 140 miliardi di EUR in gettito IVA nel 2018, cifra che rischia di aumentare nel 2020 a causa del coronavirus» (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_20_1579).

(3)  COM(2020) 312 final, pag. 5. Vi sono anche altre stime, ad esempio quelle del Parlamento europeo, secondo cui le perdite previste a causa della criminalità finanziaria, dell'evasione fiscale e dell'elusione fiscale ammonterebbero a 190 miliardi di EUR. Sulla base dei lavori complessivi effettuati dall'OCSE nella relazione sull'erosione della base imponibile e trasferimento degli utili (Base Erosion Profit Shifting report — BEPS), azione 11, le perdite di gettito complessive prima che fossero decise le misure anti-BEPS ammontavano a circa 100-240 dollari USA o allo 0,35 % del PIL globale. La Commissione europea ha stimato che circa 50-70 miliardi di EUR fossero attribuibili all'UE prima che gli Stati membri adottassero le direttive anti-elusione I e II.

(4)  La Commissione ha presentato 20 importanti proposte legislative nel corso del suo precedente mandato quinquennale.

(5)  Cfr. il parere del CESE sul tema «Misure efficaci e coordinate dell’UE per la lotta contro la frode fiscale, l'elusione fiscale, il riciclaggio di denaro e i paradisi fiscali» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6).

(6)  Orientamenti politici per la prossima Commissione europea 2019-2024.

(7)  Cfr. COM(2020) 312 final, COM(2020) 313 final, COM(2020) 314 final.

(8)  Cfr. il parere del CESE sul tema «Misure efficaci e coordinate dell’UE per la lotta contro la frode fiscale, l’elusione fiscale, il riciclaggio di denaro e i paradisi fiscali» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6).

(9)  Cfr. COM(2020) 312 final. Cfr. anche il parere del CESE sul tema «Meccanismi fiscali per ridurre le emissioni di CO2» (GU C 364 del 28.10.2020, pag. 21).

(10)  Cfr. COM(2019) 640 final.

(11)  Questa disposizione riguarda le giurisdizioni di cui all'allegato I delle pertinenti conclusioni del Consiglio. L'elenco viene regolarmente aggiornato: https://ec.europa.eu/taxation_customs/tax-common-eu-list_en.

(12)  Tali azioni sono elencate nel documento COM(2020) 312 final.

(13)  Commissione europea (2018). Studio sui costi di adempimento degli obblighi fiscali per le PMI.

(14)  Risposte alla consultazione pubblica sulla valutazione della direttiva sulla cooperazione amministrativa in materia di imposizione, sintetizzata nell'allegato 2 del documento di lavoro dei servizi della Commissione (2019) «Valutazione della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE» [SWD(2019) 328 final].

(15)  Sono state presentate delle richieste per esigere la registrazione in ciascuno Stato membro. Ciò aumenterebbe l'onere amministrativo e renderebbe più difficile per le PMI espandersi in nuovi paesi e settori.

(16)  Proposta di direttiva del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale [COM(2020) 314 final].

(17)  Comunicazione sulla buona governance fiscale nell'UE e oltre [COM(2020) 313 final].

(18)  Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti di governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio del 1o dicembre 1997 su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (GU C 2 del 6.1.1998, pag. 2).

(19)  La posizione della Commissione per quanto riguarda la concorrenza fiscale dannosa rispetto alla concorrenza fiscale leale è stata espressa nel tempo in modi diversi. In occasione della presentazione del progetto di direttiva sulla base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società, la Commissione aveva sottolineato che una concorrenza fiscale leale basata sulle aliquote offriva una maggiore trasparenza e avrebbe dovuto essere incoraggiata [COM(2011) 121/2 final, pag. 4]. Nella comunicazione sulla buona governance in materia fiscale, presentata nel 2020, la concorrenza fiscale non è considerata problematica di per sé, ma si ritiene necessario che vengano stabiliti dei principi comuni sul modo in cui gli Stati membri utilizzano i loro regimi fiscali [COM(2020) 313 final, pag. 3]. È ragionevole concludere che esistano sia una buona concorrenza fiscale sia una concorrenza fiscale dannosa e sleale. Gli Stati membri decidono in materia di regimi fiscali, ma sono tenuti a farlo in modo aperto e trasparente, aderendo al Trattato e astenendosi dall'introdurre norme dannose e discriminatorie. L'UE e gli Stati membri devono garantire un mercato unico ben funzionante, con un grado sufficiente di convergenza, anche nel settore fiscale.

(20)  Diversi strumenti di finanziamento impediscono il finanziamento di progetti che contribuiscono a favorire l'elusione fiscale. Cfr. Regolamento finanziario, Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (EFSD), Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e mandato per i prestiti esterni (MPE). Cfr. Commission Communication on new requirements against tax avoidance in EU legislation governing in particular financing and investment operations («Comunicazione della Commissione sui nuovi requisiti contro l'elusione fiscale nella legislazione dell'UE che disciplina in particolare le operazioni di finanziamento e d'investimento») [C(2018) 1756 del 21.3.2018].

(21)  Cfr. i pareri del CESE sul tema «Misure efficaci e coordinate dell’UE per la lotta contro la frode fiscale, l’elusione fiscale, il riciclaggio di denaro e i paradisi fiscali» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6); «La tassazione nell'economia digitalizzata» (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 17), e «Tassazione degli utili delle multinazionali nell'economia digitale» (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 73).

(22)  Cfr. anche «Divario dell'IVA: i paesi dell'UE hanno perso 140 miliardi di EUR in gettito IVA nel 2018, cifra che rischia di aumentare nel 2020 a causa del coronavirus» (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_20_1579).

(23)  Vi sono anche altre stime, ad esempio effettuate dal Parlamento europeo, secondo cui le perdite previste a causa della criminalità finanziaria, dell'evasione fiscale e dell'elusione fiscale ammonterebbero a 190 miliardi di EUR. Sulla base dei lavori complessivi effettuati dall'OCSE nella relazione sull'erosione della base imponibile e trasferimento degli utili (Base Erosion Profit Shifting report — BEPS), azione 11, le perdite di gettito complessive prima che fossero decise le misure anti-BEPS ammontavano a circa 100-240 dollari USA o allo 0,35 % del PIL globale. La Commissione europea ha stimato che circa 50-70 miliardi di EUR fossero attribuibili all'UE prima che gli Stati membri adottassero le direttive anti-elusione I e II.

(24)  Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1).

(25)  Esistono molti buoni esempi di come alcuni paesi abbiano ridotto il divario dell'IVA. La riforma realizzata in Estonia del 2014 viene citata come un modello valido in tal senso.

(26)  Cfr. il parere del CESE in merito alla «Proposta di direttiva del Consiglio sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia di doppia imposizione nell'Unione europea» (GU C 173 del 31.5.2017, pag. 29).

(27)  Cfr. Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 389).

(28)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Valutazione della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE [SWD(2019) 328 final] (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(29)  SWD(2019) 327 final.

(30)  È evidente che la Commissione, come l'OCSE, opera una distinzione tra una buona concorrenza fiscale trasparente e una concorrenza fiscale dannosa e sleale.

(31)  Cfr. il parere del CESE sul tema «Misure efficaci e coordinate dell’UE per la lotta contro la frode fiscale, l’elusione fiscale, il riciclaggio di denaro e i paradisi fiscali» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6).


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Un'Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano d'azione”»

[COM(2020) 590 final]

(2021/C 155/03)

Relatore:

Pierre BOLLON

Consultazione

Commissione europea, 11.11.2020

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

12.2.2021

Adozione in sessione plenaria

24.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

226/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie favorevolmente la comunicazione della Commissione sul tema «Un'Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano di azione», che rappresenta l'indispensabile prosecuzione di quanto è stato realizzato con il primo piano del 2015 e la sua revisione intermedia del 2017, piano e revisione che il Comitato ha rispettivamente appoggiato nel parere sul «Piano d'azione per la creazione dell'Unione dei mercati dei capitali» (1) e nel parere sulla «Revisione intermedia del piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali» (2). Negli ultimi due anni il Comitato ha inoltre pubblicato vari pareri su questioni strettamente connesse all'Unione dei mercati dei capitali, tra cui i pareri d'iniziativa sul tema «Verso un'economia europea più resiliente e sostenibile» (3) e sul tema «Una nuova visione per il completamento dell'Unione economica e monetaria» (4).

1.2.

Gli obiettivi iniziali del piano d'azione — che consistono nel contribuire a mobilitare capitali in Europa e a convogliarli verso imprese, infrastrutture e progetti a lungo termine, cosa che avrebbe effetti positivi sull'occupazione — mantengono tutta la loro pertinenza. Questi obiettivi sono della massima importanza per consentire all'UE-27, alle sue imprese e ai suoi cittadini di compiere progressi decisivi in rapporto al rafforzamento della sovranità geostrategica in campo finanziario ed economico e alle transizioni essenziali sul piano climatico, sociale e digitale. Il CESE sottolinea inoltre che l'Unione dei mercati dei capitali può raggiungere gli obiettivi perseguiti soltanto se la stabilità finanziaria e la protezione dei consumatori rimangono prioritarie, al fine di evitare un grave impatto negativo sulle imprese, sui lavoratori, sui consumatori e sull'economia in generale.

1.3.

La crisi, inattesa e dirompente, della COVID-19 impone di rafforzare ed accelerare il piano d'azione. Le imprese europee di ogni dimensione sono state costrette ad aumentare il loro indebitamento, e nei prossimi mesi e anni avranno bisogno di raccogliere fondi sui mercati azionari, oppure di chiedere conferimenti di capitale, al fine di poter investire per il futuro, generando nel contempo posti di lavoro.

1.4.

L'accordo raggiunto alla fine di dicembre 2020 sul recesso del Regno Unito dall'UE è un altro motivo fondamentale per dare nuovo impulso all'Unione dei mercati dei capitali. I centri finanziari dell'UE-27 dovranno essere in grado di fornire servizi finora resi attraverso la City di Londra. Nell'UE-27 vanno sviluppati mercati finanziari e dei capitali altamente integrati, funzionali ed equi e, secondo il CESE, sarà necessario un corpus normativo più omogeneo per evitare sia le scappatoie che le limitazioni che portano alle diseconomie di scala.

1.5.

Il Comitato approva tutte le 16 azioni proposte dalla Commissione, sottolinea l'importanza di definire l'ordine di priorità delle iniziative e coordinarle (con traguardi concreti da raggiungere per misurare i progressi compiuti), mette in rilievo le azioni che ritiene più necessarie e formula proposte complementari mirate.

1.6.

Pur riconoscendo l'importanza dei finanziamenti pubblici, è chiaro che bisognerebbe utilizzare meglio il risparmio accumulato in Europa, un risparmio consistente se comparato ad altre regioni del mondo. Un presupposto generale per il raggiungimento di tale obiettivo è una migliore educazione finanziaria dei cittadini europei (azione 7). Il CESE raccomanda di individuare e promuovere le prassi ed esperienze nazionali migliori sviluppate a partire dall'insegnamento e dall'apprendimento. Il CESE raccomanda anche che tutte le parti interessate, compresi i rappresentanti dei lavoratori e dei consumatori, siano coinvolte nello sviluppo e nell'attuazione di misure di educazione finanziaria in tutta Europa, aumentando l'efficienza delle solide norme di protezione e riducendo le asimmetrie informative tra i prestatori di servizi finanziari e i cittadini. Il CESE esorta in particolare a inserire l'alfabetizzazione finanziaria nella futura revisione del quadro delle competenze chiave.

1.7.

Al fine di sviluppare l'autonomia strategica dell'UE in settori e capacità fondamentali, il Comitato approva l'approccio della Commissione di proporre misure tecniche per: i) semplificare le norme di quotazione per le PMI (azione 2), ii) permettere agli azionisti transfrontalieri di esercitare meglio i loro diritti (azione 12), iii) migliorare i servizi di regolamento transfrontalieri (azione 13), iv) stabilire un sistema consolidato di pubblicazione post-negoziazione per gli strumenti di capitale (azione 14) e creare un portale InvestEU opportunamente mirato (azione 15). Quale prima ulteriore azione utile, la Commissione potrebbe valutare la fattibilità di consentire ai fondi d'investimento europei di fregiarsi di un codice ISIN «.eu», aumentandone quindi la disponibilità transfrontaliera.

1.8.

Il CESE concorda con la Corte dei conti europea, la quale ha osservato che la nuova normativa sulle cartolarizzazioni, pur rappresentando un lodevole passo in avanti, nella pratica non ha aiutato le banche ad aumentare la loro capacità di erogare prestiti, in particolare alle PMI. Vi sono quindi margini di miglioramento (azione 6), purché vengano eseguiti controlli efficaci al fine di prevenire la ricomparsa di rischi sistemici.

1.9.

È importante tenere conto del principio di sussidiarietà in rapporto agli investitori al dettaglio, perché le specifiche abitudini di risparmio sono profondamente radicate nei modelli nazionali. Pertanto, il CESE raccomanda alla Commissione di prendere in considerazione, nei suoi lavori molti apprezzati tesi a migliorare la qualità della consulenza finanziaria (azione 8), i vantaggi offerti da ciascun modello, tenendo presente che la disponibilità di servizi di consulenza, oltre che di informazioni comparabili e significative/adeguate, è fondamentale per indurre i cittadini a investire.

1.10.

Per quanto riguarda le pensioni — al di là del prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP), uno strumento concreto per i lavoratori transfrontalieri che troverà una larga adesione, se verrà adottata una normativa di livello 2 di facile attuazione e se i consumatori comprenderanno le caratteristiche principali dei prodotti commercializzati con questa denominazione — l'applicazione di norme paneuropee supplementari identiche per i regimi a capitalizzazione che integrano sistemi a ripartizione non apporterà benefici, in quanto i sistemi pensionistici sono profondamente interconnessi alle legislazioni sociali nazionali. Il CESE accoglie pertanto favorevolmente la proposta della Commissione (azione 9) di recensire, diffondere e promuovere le prassi migliori in questo campo.

1.11.

La transizione energetica figura giustamente tra le priorità dell'agenda della Commissione, al fine di combattere i cambiamenti climatici. Il CESE raccomanda di tenere conto delle considerazioni di ordine ambientale, sociale (riservando più attenzione a questo aspetto) e di governance (ESG), promuovendo nel contempo la ripresa economica oltre che la salvaguardia e la creazione di posti di lavoro. L'agenda verde e quella sociale dovrebbero diventare, sul piano della concorrenza, un vantaggio per l'Europa. Come seconda ulteriore azione, sarebbe importante che gli investitori potessero avere a disposizione dati ESG affidabili, facendo quindi meno assegnamento — rispetto a quanto avviene adesso — su venditori, fornitori di indici e agenzie di rating caratterizzati da concentrazione e con sede in paesi terzi.

1.12.

Il CESE raccomanda che l'Unione dei mercati dei capitali tenga pienamente conto delle diverse forme di investimento a impatto sociale, in particolare di quelle nel campo della cosiddetta «economia sociale», al fine di dare un contributo concreto all'interesse generale e al bene comune. I fondi europei per l'imprenditoria sociale (EuSEF) dovrebbero essere fortemente sostenuti, eventualmente tramite una revisione del regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) che li ha creati.

1.13.

Oltre alle misure già menzionate, il Comitato sostiene due tipi di priorità che, se incluse nel piano d'azione in esame e perseguite negli Stati membri (a questo proposito sarebbe opportuno un programma di monitoraggio), renderebbero possibile un sistema finanziario europeo responsabile sul piano sia sociale che ambientale, che avrebbe quindi la capacità di svolgere la propria funzione di intermediario tra domanda e offerta in modo più efficace, dato che sarebbe più competitivo e resiliente agli shock.

1.14.

Una prima priorità riguarda il miglioramento dell'efficienza dell'Unione dei mercati dei capitali mediante tre azioni principali: i) la creazione del punto di accesso unico europeo che aiuterà, tra l'altro, gli investitori nella selezione degli emittenti (azione 1); ii) l'applicazione di un corpus normativo unico, basato su un'attenta vigilanza e la prevenzione dell'arbitraggio e delle scappatoie, che permetterebbe ai partecipanti al mercato di tutta l'Europa (dato che nessun centro finanziario diventerà predominante) di beneficiare di economie di scala (azione 16); iii) la semplificazione delle procedure per l'esenzione dalla ritenuta alla fonte, rendendole nel contempo più efficaci contro le frodi (azione 10).

1.15.

Una seconda priorità consiste nel contribuire a indirizzare il risparmio a lungo termine verso gli investimenti a lungo termine. Il notevole risparmio accumulato in Europa, che è tra i punti di forza dell'UE-27, non apporta vantaggi sufficienti alle imprese o ai cittadini. Il CESE appoggia tre azioni principali per cambiare di passo: i) la revisione del fondo di investimento europeo a lungo termine (ELTIF) dovrebbe rendere più agevole investire il risparmio di enti e di privati cittadini nei titoli azionari e nei progetti infrastrutturali delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione, che siano quotate o meno in borsa (azione 3); ii) la prevista revisione del quadro prudenziale per le assicurazioni rappresenterà un'opportunità per rafforzare il ruolo delle imprese di assicurazione sui mercati dei capitali, tenendo maggiormente conto del fatto che i loro investimenti in titoli azionari puntano al lungo termine e sono tendenzialmente stabili (azione 4); iii) lo sviluppo della partecipazione azionaria dei dipendenti sarebbe un gradito terzo elemento complementare del piano d'azione, come chiaramente indicato nella relazione d'iniziativa del Parlamento europeo, pubblicata nell'ottobre 2020, che è stata elaborata dalla relatrice Benjumea. Infatti, l'azionariato diffuso dei dipendenti e la loro partecipazione ai profitti, se realizzati in modo equo, contribuirebbero alla coesione sociale e all'efficienza economica. Il nuovo piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali potrebbe rappresentare un'opportunità per incoraggiare sistemi di questo tipo, in linea con l'agenda sociale.

1.16.

Il CESE desidera infine raccomandare, in termini di risultati strategici, che qualsiasi nuova regolamentazione legata alla creazione dell'Unione dei mercati dei capitali venga sottoposta a quattro prove, oltre a quelle «tradizionali» necessarie («serve alla creazione di un mercato unico?» e «protegge i consumatori europei?»), ossia:

«ha effetti positivi sulla competitività delle imprese finanziarie europee nel mondo e rafforza l'autonomia geopolitica strategica dell'UE?»;

«serve a salvaguardare la stabilità dei mercati finanziari?»;

«è utile per il finanziamento a lungo termine delle imprese europee, in particolare delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione, e per l'occupazione?»;

«aiuta le transizioni a livello climatico, sociale e digitale?».

2.   Contesto di riferimento

2.1.

L'Unione dei mercati dei capitali mira a creare un vero mercato unico dei capitali in tutta l'UE e ad agevolare il flusso di investimenti e di risparmio attraverso tutti gli Stati membri. Un mercato europeo dei capitali ben funzionante e integrato contribuirebbe a una crescita sostenibile, aumenterebbe la competitività dell'Europa e rafforzerebbe il ruolo dell'Unione sulla scena mondiale.

2.2.

L'Unione dei mercati dei capitali è inoltre essenziale per conseguire vari obiettivi prioritari dell'UE, ad esempio per creare un'economia inclusiva e resiliente, appoggiare la transizione verso un'economia digitale e sostenibile e un'autonomia strategicamente aperta in un contesto economico globale sempre più complesso, nonché contribuire alla ripresa post-COVID-19. Questi obiettivi richiedono investimenti ingenti che vanno al di là delle capacità dei finanziamenti pubblici e dei tradizionali finanziamenti bancari.

2.3.

La Commissione europea ha adottato il primo piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali nel 2015. Da allora l'Unione ha compiuto dei progressi nel metterne in atto gli elementi costitutivi. Permangono tuttavia notevoli ostacoli alla realizzazione di un mercato unico. Inoltre, il ventaglio iniziale di azioni per l'Unione dei mercati dei capitali deve essere affiancato da nuove misure che siano in grado di affrontare le sfide emergenti, come la trasformazione digitale e quella ambientale, oppure gli indispensabili sforzi per la ripresa dopo la pandemia di COVID-19.

2.4.

Con questo nuovo piano d'azione (6), la Commissione ha stilato un elenco di 16 nuove misure da attuare per conseguire progressi decisivi verso il completamento dell'Unione dei mercati dei capitali e la realizzazione di tre obiettivi prioritari:

sostenere una ripresa economica verde, digitale, inclusiva e resiliente, rendendo i finanziamenti maggiormente accessibili per le imprese europee;

rendere l'UE un luogo ancora più sicuro nel quale le persone possano risparmiare e investire nel lungo termine;

fare convergere i mercati nazionali dei capitali in un vero mercato unico.

2.5.

Il CESE ha partecipato attivamente alla creazione di un mercato comune europeo dei capitali sin dalle primissime fasi. Il Comitato ha pubblicato un primo parere sul Libro verde «Costruire un'Unione dei mercati dei capitali» (7) e ha poi presentato le sue osservazioni non solo in merito al piano d'azione originario per l'Unione dei mercati dei capitali (8) e alla sua revisione intermedia (9), ma anche riguardo a numerose proposte legislative derivanti da tali piani d'azione. Nel presente parere il CESE esporrà le proprie raccomandazioni sul nuovo piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali richiamandosi ai propri lavori precedenti e tenendo conto delle nuove priorità e sfide in Europa.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore il nuovo piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali in quanto rappresenta un necessario proseguimento di quanto già realizzato con il piano originario del 2015. Il proseguimento del piano appare tanto più urgente nel contesto dell'imprevista crisi COVID-19, una crisi che, in ragione della sua portata, modifica in qualche misura le analisi basate sugli ottimi lavori intrapresi dal gruppo di esperti ad alto livello Next CMU e dal Forum ad alto livello sull'Unione dei mercati dei capitali, e che giustificherebbe alcuni adeguamenti e rafforzamenti. Il CESE deplora la lentezza nell'attuazione del piano d'azione del 2015, dovuta in gran parte alla mancanza di un sostegno concreto da parte di alcuni Stati membri. Sta subendo ritardi anche un altro importante progetto in corso di realizzazione, ossia l'Unione bancaria. Secondo il CESE, è necessaria una forte volontà politica da parte degli Stati membri per sostenere le misure necessarie a realizzare l'Unione dei mercati dei capitali (che non va intesa come un obiettivo in sé) e, in quest'ottica, il processo di riesame nel quadro del semestre europeo potrebbe forse essere utilizzato come uno strumento per monitorare i progressi compiuti. Un'Unione dei mercati dei capitali sicura e ben funzionante è fondamentale per aiutare la ripresa economica e la riconversione industriale a seguito della COVID-19, nonché per sostenere non solo gli opportuni investimenti sociali, infrastrutturali e di capitale in tutta l'UE, ma anche il Green Deal europeo e la trasformazione digitale. In tale contesto, il CESE riconosce inoltre quanto siano importanti i finanziamenti pubblici, che svolgono anch'essi un ruolo essenziale nel richiamare gli investimenti privati e nel ridurre l'incertezza. Anche gli investimenti esteri potrebbero svolgere un ruolo di rilievo, venendo a integrare il risparmio europeo.

3.2.

Inoltre, come ricordato dalla Commissione europea, «vi è il rischio che la crisi possa ampliare le disparità all'interno dell'Unione, minacciandone la resilienza collettiva a livello economico e sociale». In tale contesto, il CESE desidera sottolineare che è importante definire l'ordine di priorità delle iniziative e coordinarle. Il piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali ha individuato 16 misure, ossia un programma piuttosto ampio. Tenuto conto dell'onere per le economie nazionali e del crescente indebitamento sia degli Stati membri che delle imprese private, nonché dell'impatto assai disomogeneo sui vari Stati membri e sui diversi settori economici, il piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali deve essere sottoposto ad attento vaglio ed esame, a cui il CESE contribuisce con il presente parere, allo scopo di permettere a un sistema finanziario europeo socialmente responsabile di svolgere la propria funzione di intermediario tra domanda e offerta in modo più efficace, assicurando al contempo una maggiore resilienza agli shock.

3.3.

Andrebbero favorite le misure in grado di affrontare i rischi sistemici connessi all'elevato livello di debito del settore pubblico e di quello privato. Parallelamente, bisognerebbe innanzitutto sostenere le imprese che, seppur colpite dalla crisi, sono ancora economicamente valide e le aziende di nuova costituzione, al fine di sviluppare l'occupazione e la competitività dell'economia dell'UE, tanto più che l'impatto della COVID-19 sulle economie asiatiche sembra più contenuto rispetto a quello sui paesi occidentali. Anche la dipendenza dall'esterno in termini di finanziamenti può comportare rischi sistemici, e il piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali dovrebbe puntare a dare maggior peso al risparmio europeo. Bisognerebbe utilizzare meglio il risparmio accumulato in Europa, un risparmio consistente se comparato ad altre regioni del mondo, e un presupposto generale per il raggiungimento di tale obiettivo è una migliore educazione/alfabetizzazione finanziaria dei cittadini europei (azione 7). In questo campo, il CESE raccomanda di individuare le prassi ed esperienze nazionali migliori sviluppate a partire dall'insegnamento e dall'apprendimento in questo ambito, al fine di promuoverle in tutta Europa, aumentando l'efficienza delle solide norme a protezione degli investitori e riducendo le asimmetrie informative tra i prestatori di servizi finanziari e i cittadini (è essenziale disporre di informazioni adeguate). Il CESE esorta a inserire l'alfabetizzazione finanziaria nella futura revisione del quadro delle competenze chiave. Il CESE raccomanda inoltre che tutte le parti interessate siano coinvolte nello sviluppo e nell'attuazione delle misure di educazione finanziaria, compresi i rappresentanti dei lavoratori e dei consumatori.

3.4.

Il compito fondamentale di un sistema finanziario socialmente responsabile è quello di svolgere la sua funzione di intermediario tra l'offerta e la domanda di attività finanziarie, mantenendo la sua resilienza agli shock, dato che un settore finanziario fragile ha pesanti ripercussioni negative sulle imprese, sui lavoratori e sui consumatori, oltre che sull'economia in generale. Il CESE sottolinea pertanto che l'Unione dei mercati dei capitali può raggiungere gli obiettivi perseguiti soltanto se la stabilità finanziaria e la protezione dei consumatori rimarranno prioritarie nel piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali. In particolare, non bisogna ridurre la protezione per gli investitori al dettaglio. Nell'approfondimento dell'Unione dei mercati dei capitali occorre evitare l'arbitraggio regolamentare e le scappatoie normative.

3.5.

Come indicato anche dalla Commissione europea, esiste un «interesse strategico europeo per le catene di approvvigionamento del mercato interno al fine di sviluppare l'autonomia strategica dell'UE in settori e capacità fondamentali». A tale riguardo, andrebbero appoggiate varie proposte tecniche avanzate nel quadro del nuovo piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali, come norme più semplici per la quotazione delle PMI (azione 2), la diffusione del voto elettronico e la realizzazione di progressi per una definizione di «azionista» a livello dell'UE, permettendo quindi agli azionisti transfrontalieri di esercitare meglio i loro diritti (azione 12), il miglioramento dei servizi di regolamento transfrontalieri (azione 13) e l'istituzione di un sistema consolidato di pubblicazione post-negoziazione per gli strumenti di capitale (azione 14). Quale ulteriore azione utile, la Commissione europea potrebbe valutare l'opportunità e la fattibilità di consentire ai fondi d'investimento europei di fregiarsi di un codice ISIN «.eu», migliorandone quindi la disponibilità transfrontaliera. Attraverso tali misure, l'Unione dei mercati dei capitali svolgerà inoltre un ruolo cruciale nel sostenere le PMI — oltre che le imprese di ogni dimensione — nella transizione verde e in quella digitale, migliorandone le opportunità di accesso ai finanziamenti attraverso canali complementari al settore bancario.

3.6.

Per quanto riguarda la normativa sulle cartolarizzazioni, il CESE concorda con la valutazione della Corte dei conti europea, secondo cui tale normativa, pur rappresentando un lodevole passo in avanti, non ha ancora generato l'attesa ripresa del mercato europeo delle cartolarizzazioni dopo la crisi finanziaria, né ha aiutato le banche ad aumentare la loro capacità di erogare prestiti, anche a vantaggio delle PMI. Le operazioni rimangono concentrate in un numero limitato di classi di attività (come i mutui ipotecari e i finanziamenti per gli autoveicoli), e oltretutto questo vale solo per alcuni Stati membri. Il mercato delle cartolarizzazioni dovrebbe infatti essere migliorato (azione 6) con controlli efficaci, per prevenire la ricomparsa di rischi sistemici attraverso l'indebolimento della regolamentazione in materia.

3.7.

Una maggiore integrazione finanziaria figura tra le pietre angolari dell'Unione dei mercati dei capitali; tuttavia, nel prenderne in considerazione alcuni aspetti, è importante mantenere un approccio pragmatico e realistico. Per quanto riguarda gli investimenti al dettaglio, prevalgono spesso preferenze nazionali e modelli specifici, derivanti dalla necessità della vicinanza nella ricerca di consulenza finanziaria. Nel mercato del risparmio dei privati cittadini occorre tenere conto anche della barriera linguistica. Inoltre, l'uniformità non è necessariamente sinonimo di efficienza per quanto riguarda i modelli di distribuzione dei prodotti finanziari al dettaglio. La Commissione dovrebbe prendere in considerazione, nei suoi lavori molti apprezzati tesi a migliorare la qualità della consulenza finanziaria (azione 8), i vantaggi offerti da ciascun modello, tenendo presente che la disponibilità e la qualità dei servizi di consulenza — in aggiunta a informazioni comparabili e chiare (anche in materia di sostenibilità) e a regole solide per rafforzare la fiducia — sono fondamentali per coinvolgere i cittadini negli investimenti.

3.8.

Per quanto riguarda le pensioni, oltre all'idea del prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP), andrebbero salvaguardati vari modelli nazionali incorporati nella legislazione sociale, qualora siano soddisfacenti anche se non identici. Il CESE sostiene pertanto pienamente la proposta di condividere le prassi migliori, come l'iscrizione automatica, i sistemi nazionali di tracciamento accessibili a tutti i cittadini e i quadri di valutazione nazionali dotati di indicatori. Bisognerebbe aggiungere la disponibilità di servizi di consulenza e un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti dei risparmiatori, dei lavoratori e dei pensionati. In ogni caso, l'obiettivo dovrebbe essere di integrare, e non di indebolire, i regimi a ripartizione (azione 9).

3.9.

Il CESE raccomanda che l'Unione dei mercati dei capitali tenga pienamente conto delle diverse forme di investimento a impatto sociale, in particolare di quelle nel campo della cosiddetta «economia sociale» che apportano un contributo concreto all'interesse generale e al bene comune. I fondi europei per l'imprenditoria sociale (EuSEF) dovrebbero essere fortemente sostenuti, eventualmente tramite una revisione del regolamento (UE) n. 346/2013 che li ha creati.

3.10.

Prima che iniziasse la crisi COVID-19, le considerazioni ambientali e la transizione energetica erano state giustamente poste in cima all'agenda dell'UE e della Commissione. Nel nuovo contesto della pandemia, il CESE raccomanda che l'agenda per le questioni ambientali, sociali (riservando più attenzione a questo aspetto) e di governance (ESG) continui a figurare tra le massime priorità e vada considerata in sintonia con la ripresa economica, il recupero dei posti di lavoro e la salvaguardia dell'occupazione, oltre che con la stabilità finanziaria. Nel perseguire questo obiettivo, l'UE dovrà anche tenere conto delle questioni legate alla concorrenza affinché l'agenda verde e quella sociale continuino a rappresentare un vantaggio per l'Europa. Sarà altresì importante poter fare affidamento su fornitori europei di informazioni e rating basati su norme convergenti e affidabili, operando al contempo a livello internazionale per favorire la coerenza in tutto il mondo. Inoltre, potrebbe essere opportuna una regolamentazione specifica sulle agenzie di rating e sui dati ESG, che potrebbe essere introdotta mediante una modifica del regolamento (UE) n. 462/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) sulle agenzie di rating o l'adozione di un regolamento distinto, in linea con l'atto legislativo sui mercati digitali.

3.11.

La pandemia di COVID-19 ha inoltre accentuato le disparità tra gli Stati membri, in particolare a causa del suo drammatico impatto su molti settori, come il turismo o i trasporti. Bisogna considerare una priorità anche tutto ciò che può attenuare tali disparità economiche, ad esempio favorendo i finanziamenti transfrontalieri per i paesi europei con un livello di sviluppo più basso. La creazione del portale InvestEU potrebbe agevolare tali finanziamenti, a condizione che siano attentamente mirati (azione 15). Hanno un'importanza cruciale anche la competitività e la convergenza europee, e l'Europa ha bisogno di attori forti di ogni dimensione, che siano in grado di competere a livello mondiale e di indurre altri attori a seguire le loro orme. Per ottenere questo risultato, i responsabili politici europei devono assicurare la parità di condizioni rispetto ad altri mercati mondiali.

3.12.

Il CESE riconosce che il piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali non ha portato a una svolta per quanto riguarda l'eliminazione dei principali ostacoli che impediscono i flussi transfrontalieri di capitale; inoltre, alcuni Stati membri continuano ad applicare politiche che isolano il capitale e la liquidità, con la conseguenza di impedire un'adeguata ripartizione delle risorse, di frammentare il mercato e di rallentare la ripresa economica.

3.13.

Il recesso del Regno Unito dall'UE costituisce un altro fattore dirompente che va preso in considerazione. I mercati finanziari sul continente appaiono piuttosto frammentati, con livelli di liquidità disomogenei. Per questo motivo, l'UE a 27 potrebbe correre un rischio reale di ulteriore dipendenza dai mercati finanziari esterni che sono più integrati, dato che in passato varie imprese europee hanno scelto di essere quotate in borsa nel Regno Unito o negli Stati Uniti. Il CESE concorda con l'affermazione della Corte dei conti europea secondo cui tutti gli Stati membri con mercati dei capitali meno sviluppati dovrebbero essere invitati dalla Commissione (e, a nostro avviso, anche dal Parlamento europeo e dal Consiglio) ad attuare le opportune riforme. Va inoltre sottolineato che la creazione di un'infrastruttura di mercato sviluppata nell'UE è essenziale per la sua autonomia finanziaria ed economica e potrebbe portare a un rafforzamento del ruolo internazionale dell'euro.

3.14.

Per riassumere la propria posizione facendo astrazione dalle misure tecniche suindicate, il CESE si dichiara favorevole a due tipi di priorità tra i 16 interventi proposti nel piano d'azione:

rafforzare i mercati finanziari dell'UE al fine di migliorare l'efficienza. Il raggiungimento di questo obiettivo dovrebbe essere agevolato da tre azioni principali: i) la creazione del punto di accesso unico europeo, che aiuterà tra l'altro gli investitori nella selezione degli emittenti (azione 1); ii) l'applicazione di un corpus normativo unico, in particolare per quanto riguarda le sedi di mercato, le controparti centrali (CCP) e i fornitori di dati. In generale, la convergenza in materia di vigilanza e una cooperazione più stretta avrebbero un'importanza cruciale per prevenire l'arbitraggio regolamentare e le scappatoie normative (azione 16); iii) la semplificazione degli investimenti transfrontalieri e l'introduzione di un sistema comune, standardizzato a livello dell'UE, per l'esenzione dalla ritenuta alla fonte, al fine di prevenire le frodi e l'arbitraggio in materia fiscale (azione 10).

indirizzare il risparmio a lungo termine verso gli investimenti a lungo termine. Il consistente risparmio accumulato in Europa, che è il punto di forza dell'UE-27, non apporta sufficienti benefici all'economia reale. La revisione del fondo europeo di investimento a lungo termine (ELTIF) deve permettere di aggiornare il quadro di riferimento per questo tipo di fondo a lungo termine, per mezzo del quale sarà in particolare più facile investire il risparmio a lungo termine di enti e privati cittadini nei titoli azionari e nei progetti infrastrutturali delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione, che siano quotate o meno in borsa (azione 3). Un regime prudenziale migliore per gli investimenti delle imprese di assicurazione e delle banche in titoli azionari, che non riduca ma, anzi, rafforzi l'efficacia delle norme prudenziali (azione 4). Inoltre, come sottolineato nella relazione d'iniziativa del Parlamento europeo sull'ulteriore sviluppo dell'Unione dei mercati dei capitali (11), gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per riequilibrare le differenze di trattamento impositivo tra strumenti di debito e strumenti di capitale. Tuttavia, nel perseguire questo obiettivo, non si dovrebbe arrivare a compromettere l'insieme delle entrate fiscali. La promozione dell'azionariato dei dipendenti, una questione non affrontata nel piano d'azione, è un altro tema importante che la Commissione potrebbe nuovamente portare al centro dell'attenzione, come fatto in precedenza. Infatti, l'azionariato dei dipendenti e la loro partecipazione ai profitti, se realizzati in modo equo, contribuirebbero alla coesione sociale e all'efficienza economica. Per non far correre rischi indebiti ai lavoratori, è di fondamentale importanza coinvolgere i loro rappresentanti e assicurare una solida protezione agli investitori. L'Unione dei mercati dei capitali dovrebbe rappresentare una nuova opportunità per incoraggiare questi meccanismi, conformemente all'agenda sociale e all'invito che il Parlamento europeo ha formulato a questo riguardo nella suddetta relazione d'iniziativa.

3.15.

Queste ultime misure imprimerebbero un primo impulso — gradito, rapido e significativo — a favore dell'Unione dei mercati dei capitali, contribuendo al tempo stesso a compiere passi avanti per la realizzazione di obiettivi fondamentali più difficili, come una maggiore convergenza in settori mirati delle normative sull'insolvenza (azione 11) o un insieme più integrato di borse e sedi di negoziazione europee.

3.16.

Al di là delle considerazioni formulate nel presente parere, il CESE desidera raccomandare, in termini di risultati strategici, che qualsiasi nuova regolamentazione valuti gli effetti potenziali, favorevoli o sfavorevoli, sul piano della concorrenza per gli organismi europei, al fine non solo di rafforzare le società finanziarie dell'UE sulla scena mondiale, ma anche di potenziare l'autonomia geopolitica strategica dell'UE in direzione delle indispensabili transizioni a livello climatico, sociale e digitale.

Bruxelles, 24 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17.

(2)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 117.

(3)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 23.

(4)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 32.

(5)  Regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per l’imprenditoria sociale (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 18).

(6)  COM(2020) 590 final.

(7)  GU C 383 del 17.11.2015, pag. 64.

(8)  GU C 133 del 14.4.2016, pag. 17.

(9)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 117.

(10)  Regolamento (UE) n. 462/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, che modifica il regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito (GU L 146 del 31.5.2013, pag. 1).

(11)  Relazione sull'ulteriore sviluppo dell'Unione dei mercati dei capitali: migliorare l'accesso al finanziamento sul mercato dei capitali, in particolare per le PMI, e accrescere la partecipazione degli investitori non professionali.


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/27


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a una strategia in materia di finanza digitale per l’UE

[COM(2020) 591 final]

(2021/C 155/04)

Relatore:

Petru Sorin DANDEA

Correlatore:

Jörg Freiherr FRANK VON FÜRSTENWERTH

Consultazione

Commissione europea, 11.11.2020

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

12.2.2021

Adozione in sessione plenaria

24.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

237/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie con favore il pacchetto sulla finanza digitale varato dalla Commissione e ritiene che esso contenga elementi strategici, legislativi e non legislativi, volti a sviluppare il settore.

1.2

Il programma presentato dalla Commissione, con le sue quattro priorità, copre essenzialmente quasi tutti i principali ambiti di attività della trasformazione digitale del settore finanziario dell’UE. Il CESE sostiene gli approcci adottati dalla Commissione.

1.3

La Commissione fa giustamente affidamento su partecipanti forti al mercato europeo per l’attuazione dei servizi finanziari digitali; tuttavia, il CESE ritiene che non si debba trascurare il ruolo specifico dei fornitori specializzati regionali e/o cooperativi o mutualistici locali nel settore finanziario.

1.4

Per effetto della digitalizzazione, il settore finanziario dell’UE sta affrontando un enorme processo di trasformazione che va di pari passo con processi di ristrutturazione di ampia portata, la chiusura di filiali locali, cambiamenti nelle qualifiche professionali dei dipendenti e forme di lavoro del tutto nuove. Queste grandi tematiche non devono essere ignorate poiché rappresentano una grande sfida per i fornitori di servizi finanziari e, ovviamente, per i dipendenti del settore.

1.5

La Commissione annuncia la necessità di valutare l’opportunità di istituire una piattaforma dell’UE per la finanza digitale. Il CESE approva l’iniziativa e raccomanda di coinvolgere le parti sociali e i rappresentanti della società civile in questo processo.

1.6

Il CESE ritiene che, nell’affrontare le sfide e i rischi associati alla trasformazione digitale, la regolamentazione per i fornitori di tecnologie, la protezione dei consumatori, la garanzia dell’accesso ai servizi finanziari, la resilienza operativa e la sicurezza delle reti e dei sistemi d’informazione siano elementi cruciali per la creazione del mercato unico digitale dei servizi finanziari.

1.7

Nel campo della cibersicurezza, il CESE accoglie con favore il progetto GAIA-X, inteso a mettere in discussione la posizione dominante degli Stati Uniti e della Cina nei servizi cloud. Questo progetto, che coinvolge anche la Commissione europea, è inteso a realizzare la sovranità o la governance dei dati dell’UE attraverso una rete cloud con sede nell’Unione.

1.8

L’impegno della Commissione in relazione al rispetto del principio «stessa attività, stesso rischio, stesse norme» è fondamentale e costituisce un elemento chiave per raccogliere le nuove sfide, tra cui quella di garantire la stessa vigilanza. Il CESE ritiene che la creazione di condizioni di parità per tutti gli istituti finanziari rivesta un’importanza particolare.

2.   Le proposte della Commissione

2.1

Il 24 settembre 2020 la Commissione ha adottato il pacchetto sulla finanza digitale, che comprende una strategia in materia di finanza digitale (1), una strategia in materia di pagamenti al dettaglio (2), proposte legislative per un quadro normativo dell’UE sulle cripto-attività (3) e la relativa tecnologia di registro distribuito (4), nonché una serie di proposte per un quadro normativo dell’UE sulla resilienza operativa digitale (5).

2.2

Nel contesto particolarmente dinamico dell’innovazione digitale, accelerato dalla crisi della COVID-19, la Commissione propone una strategia articolata in un obiettivo strategico, quattro priorità e una serie di azioni correlate in materia di finanza digitale. La suddetta strategia in materia di finanza digitale è al centro del presente parere del CESE.

2.3

L’obiettivo strategico fissato dalla Commissione è l’adozione della finanza digitale a beneficio dei consumatori e delle imprese. Le quattro priorità sono: 1) affrontare la frammentazione del mercato unico digitale nell’ambito dei servizi finanziari, allo scopo di fornire ai consumatori europei l’accesso a servizi transfrontalieri e di aiutare le imprese finanziarie europee ad espandere la loro operatività digitale; 2) garantire che il quadro normativo dell’UE agevoli l’innovazione digitale nell’interesse dei consumatori e dell’efficienza del mercato; 3) creare uno spazio europeo di dati finanziari al fine di promuovere l’innovazione guidata dai dati, partendo dalla strategia europea per i dati, che includa il potenziamento dell’accesso ai dati e della condivisione dei dati all’interno del settore finanziario; e 4) affrontare le nuove sfide e i rischi legati alla trasformazione digitale.

3.   Osservazioni generali e specifiche

3.1

Con l’iniziativa di creare e attuare una nuova strategia in materia di finanza digitale in Europa (nel quadro del pacchetto sulla finanza digitale), la Commissione conferma la grande importanza della digitalizzazione nel settore finanziario (servizi finanziari digitali). L’importanza della digitalizzazione è risultata particolarmente evidente durante la crisi della COVID-19. Il programma presentato dalla Commissione, con le sue quattro priorità, copre essenzialmente quasi tutti i principali ambiti di attività della trasformazione digitale del settore finanziario dell’UE. Il CESE sostiene gli approcci adottati dalla Commissione.

3.2

Essa fa giustamente affidamento su partecipanti forti al mercato europeo per l’attuazione dei servizi finanziari digitali; tuttavia, il CESE ritiene che si debba tener conto del ruolo specifico dei fornitori specializzati regionali e/o cooperativi o mutualistici nel settore finanziario, in quanto la diversità di tale settore contribuisce a venire incontro alle esigenze specifiche dei consumatori e delle PMI e favorisce la competitività dei mercati. Il CESE incoraggia la Commissione a ricercare la proporzionalità in relazione alla natura, alla portata e alla complessità degli istituti finanziari e dei loro prodotti.

3.3

La comunicazione della Commissione è di natura estremamente tecnica e non affronta un punto particolare: a causa della digitalizzazione, il settore finanziario dell’UE si trova di fronte a un enorme processo di trasformazione. Questo processo va di pari passo con processi di ristrutturazione di ampia portata, la chiusura di filiali locali, cambiamenti nelle qualifiche professionali dei dipendenti e forme di lavoro del tutto nuove. Queste grandi tematiche non devono essere ignorate poiché rappresentano una grande sfida per i fornitori di servizi finanziari e, ovviamente, per i dipendenti del settore. Il CESE raccomanda la strada del dialogo sociale per affrontare gli ambiti in cui sta avvenendo la trasformazione.

3.4

La Commissione afferma che un mercato unico dei servizi finanziari digitali ben funzionante contribuirà a migliorare l’accesso ai servizi finanziari da parte dei consumatori e degli investitori non professionali dell’UE. Il CESE sostiene l’approccio adottato dalla Commissione. Per ridurre la frammentazione del mercato unico digitale dei servizi finanziari, è essenziale porre i mercati nelle condizioni di svilupparsi.

3.5

La Commissione sottolinea la necessità di valutare l’opportunità di istituire una piattaforma dell’UE per la finanza digitale. Il CESE approva l’iniziativa e raccomanda di coinvolgere le parti sociali e i rappresentanti della società civile in questo processo.

3.6

L’esperienza pratica dimostra che un mercato unico dei servizi finanziari digitali funzionerà solo se i nuovi clienti saranno in grado di accedere rapidamente e facilmente a tali servizi (il cosiddetto «on-boarding» ovvero l’acquisizione digitale di clienti). Il CESE prende atto del problema cruciale evidenziato dalla Commissione in questi ambiti.

3.7

La frammentazione delle norme in materia di riciclaggio di denaro tra gli Stati membri rende notevolmente più difficile, se non addirittura impossibile, l’uso transfrontaliero delle identità digitali. Le norme sull’identificazione dei clienti dovrebbero essere armonizzate in tutta l’UE. Il CESE raccomanda pertanto di garantire l’interoperabilità giuridica delle identità digitali su scala europea.

3.8

Nel definire la strategia in materia di finanza digitale per l’UE, non può essere dimenticata la questione della sicurezza dei cittadini. Nella strategia dovrebbe essere inclusa la raccomandazione agli Stati membri di introdurre, parallelamente all’attuazione della strategia stessa, misure giuridiche e organizzative per contrastare il fenomeno del furto di identità. Questo problema sta diventando sempre più diffuso con lo sviluppo dei servizi e dei prodotti digitali e, se non si interviene, può essere un fattore che ostacola l’attuazione della strategia.

3.9

Il CESE sostiene le proposte della Commissione volte a creare un quadro competitivo e favorevole all’innovazione per i mercati finanziari, che offra benefici ai consumatori e alle imprese. Nel far ciò, tuttavia, occorre garantire che le prassi di vigilanza e la legislazione dell’UE continuino a basarsi sul principio guida della neutralità tecnologica e che siano riesaminati gli attuali requisiti in materia di documentazione.

3.10

Nel mercato digitale, tuttavia, alcune imprese FinTech offrono servizi a società finanziarie, mentre altre sono in concorrenza con queste ultime. Secondo il CESE, la Commissione dovrebbe tenere conto di questi aspetti nell’elaborazione di nuovi regolamenti. Il CESE raccomanda pertanto che i nuovi regolamenti siano orientati a sostenere i partenariati tra gli istituti finanziari storici e il settore delle tecnologie finanziarie. Pur essendo indubbio che le banche sono gli istituti più significativi, la legislazione dovrebbe evitare di replicare i requisiti con una semplice operazione di copia-incolla, in quanto essi potrebbero non essere adatti per ogni tipo di servizio finanziario. La legislazione dovrebbe distinguere tra prodotti orientati ai consumatori che possono essere considerati prodotti di base, da un lato, e prodotti più complessi, dall’altro, per i quali l’ambito di applicazione e i servizi post-vendita rivestono un’importanza significativa.

3.11

Il CESE ritiene che sia necessario ampliare la condivisione dei dati al di là del settore finanziario e ricorda alla Commissione il proprio parere (6) relativo alla comunicazione della Commissione in merito a una strategia europea per i dati, nel quale il CESE, accogliendo con favore la proposta della Commissione relativa a una strategia per i dati che considera prioritaria la condivisione intersettoriale dei dati e che è intesa a migliorare l’utilizzo, la condivisione, l’accesso e la governance dei dati mediante azioni legislative settoriali specifiche, raccomanda di strutturare la strategia in modo tale da combinare elevati standard di protezione dei dati, una condivisione intersettoriale e responsabile degli stessi, criteri chiari per la governance settoriale e la qualità dei dati e un maggiore controllo dei dati da parte dei cittadini. È essenziale garantire che i dati raccolti da una società controllata che offre il servizio di pagamento facente capo a un gruppo di società BigTech non confluiscano nei dati detenuti dalla società madre, né vengano accorpati con essi. Per garantire il buon funzionamento di questo principio è necessario che vi siano delle barriere tra questa società controllata e la società madre.

3.12

Il CESE ritiene che, nell’affrontare le sfide e i rischi associati alla trasformazione digitale, la regolamentazione per i fornitori di tecnologie, la protezione dei consumatori, la garanzia dell’accesso ai servizi finanziari, la resilienza operativa e la sicurezza delle reti e dei sistemi d’informazione siano tutti elementi cruciali per la creazione del mercato unico digitale dei servizi finanziari.

3.13

Nel campo della cibersicurezza, il CESE sottolinea che la maggior parte degli istituti finanziari sistemici europei ricorre ai servizi di tecnologia finanziaria forniti da società di paesi terzi. L’iniziativa legislativa sulla resilienza operativa digitale (DORA) (7) proposta dalla Commissione può rivelarsi insufficiente in determinate situazioni; il CESE accoglie pertanto con favore il progetto Gaia-X, che è volto a mettere in discussione la posizione dominante degli Stati Uniti e della Cina nei servizi cloud. Questo progetto, che coinvolge anche la Commissione europea, è inteso a realizzare la sovranità o la governance dei dati dell’UE attraverso una rete cloud con sede nell’Unione. Dato che stiamo facendo sempre più affidamento sui servizi digitali, è nell’interesse delle parti interessate dell’UE essere indipendenti dai fornitori esterni di servizi cloud, e per la stessa UE è importante rafforzare la sua sovranità economica e politica. Una rete cloud europea faciliterebbe inoltre i flussi di dati tra gli Stati membri.

3.14

L’impegno della Commissione in relazione al rispetto del principio «stessa attività, stesso rischio, stesse norme» è fondamentale e costituisce un aspetto chiave per affrontare le nuove sfide, tra cui quella di garantire la stessa vigilanza. Alla luce della crescente diffusione delle BigTech, delle piattaforme e delle imprese tecnologiche, e dell’utilità delle attività delle imprese tecnologiche nel settore finanziario, il CESE ritiene che la creazione di condizioni di parità per tutti gli operatori del mercato in questo settore rivesta un’importanza particolare.

3.15

La Commissione sta valutando una strategia per sostenere l’educazione finanziaria generale e investire nella stessa, con particolare attenzione alla digitalizzazione. Ciò può portare a una maggiore apertura dei servizi digitali e a una migliore protezione dei consumatori indipendentemente dall’età, dal sesso o dalla situazione professionale. Il CESE incoraggia la Commissione a procedere in questa direzione.

Bruxelles, 24 febbraio 2021

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2020) 591 final

(2)  COM(2020) 592 final

(3)  COM(2020) 593 final

(4)  COM(2020) 594 final

(5)  COM(2020) 595 final e COM(2020) 596 final.

(6)  GU C 429 dell’11.12.2020, pag. 290

(7)  COM(2020) 595 final. Cfr. anche il relativo parere del CESE sul tema Resilienza operativa digitale (ECO/536). (cfr. pagina 38 della presente Gazzetta ufficiale).


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/31


Parere del Comitato economico e sociale europeo su:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937»

[COM(2020) 593 final — 2020/0265 (COD)]

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito»

[COM(2020) 594 final — 2020/0267 (COD)]

(2021/C 155/05)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Consultazione

Parlamento europeo, 13.11.2020

Consiglio dell'Unione europea, 18.11.2020

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

12.2.2021

Adozione in sessione plenaria

24.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

235/1/8

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE supporta le due iniziative della Commissione europea su una proposta di regolamento riguardante i mercati dei cripto-assets che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio (1), da un lato, e su una proposta di regolamento riguardante un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (DLT), dall'altro.

1.2.

Il CESE ritiene che l'intervento della Commissione sia necessario e urgente per fornire una regolamentazione organica rispetto a un fenomeno tecnologico sempre più diffuso e di crescente utilizzazione pratica, oltre che in costante evoluzione e rapido cambiamento.

1.3.

Il CESE sostiene pertanto l'utilità di implementare, in tempi brevi, le diverse misure di adeguamento normativo necessarie a modernizzare i servizi finanziari previste dalla Commissione, senza perdere di vista la protezione del consumatore e le norme prudenziali.

1.4.

Una ragione d'urgenza dell'intervento europeo deriva dal fatto che diversi Stati membri hanno adottato, nei mesi scorsi, strumenti di regolamentazione nazionale sia con interventi legislativi che con raccomandazioni e linee guida emesse dalle autorità regolatorie di settore. Tali interventi rischiano di creare un quadro normativo frammentato, con il rischio di pregiudicare il consolidamento del mercato interno e aumentare i costi di compliance a carico delle imprese.

1.5.

Il CESE supporta quindi gli obiettivi perseguiti dalla Commissione, entro un quadro regolatorio unitario, e consistenti nel: i) proteggere gli utenti finali della finanza digitale; ii) salvaguardare la stabilità finanziaria; iii) proteggere l'integrità del settore finanziario dell'UE; iv) garantire la parità di condizioni tra i diversi operatori del sistema economico e finanziario.

1.6.

Il CESE condivide altresì l'obiettivo di garantire che gli emittenti di «stablecoin» mondiali vengano assoggettati a requisiti più rigorosi in termini di capitale, diritti degli investitori e vigilanza, in considerazione della possibile rilevanza sistemica di tali strumenti.

1.7.

Il CESE auspica azioni concrete per favorire un'adeguata informazione e consapevolezza dei consumatori e dei piccoli investitori, al fine di ridurre l'asimmetria informativa che rischia di gravare in modo particolarmente rilevante su tali soggetti rispetto alle tematiche del presente parere, che sono nuove e dotate di un elevato contenuto tecnico.

1.8.

Il CESE raccomanda che si dedichi particolare attenzione alle verifiche che anticipano i provvedimenti di autorizzazione all'operatività, contemplati nelle proposte oggetto del presente parere, soprattutto per quanto concerne l'affidabilità degli operatori soggetti all'autorizzazione, al fine di evitare le conseguenze negative di comportamenti opportunistici e dannosi.

1.9.

Poiché non esiste ancora un livello di standardizzazione e interoperabilità della tecnologia DLT tale da guidare in via sicura nella valutazione del grado di affidabilità tecnologica e cyber-resilienza delle infrastrutture adottate dagli operatori, il CESE raccomanda che sia chiarito quanto più possibile il regime regolamentare da applicare a tali strumenti, che sono in continua evoluzione, dal momento che un cambiamento della loro natura potrebbe richiedere l'applicazione di previsioni normative differenti.

1.10.

Considerati i rischi tecnologici ancora riscontrabili, il CESE guarda con fiducia alla proposta di un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito. Tramite il regime pilota si individua infatti uno spazio di sperimentazione in ambiente controllato che consente deroghe temporanee alle norme vigenti, permettendo alle autorità di regolamentazione e agli operatori di acquisire progressivamente esperienza sull'uso della tecnologia di registro distribuito nelle infrastrutture di mercato, a tutela dell'integrità del mercato medesimo e della stabilità finanziaria.

1.11.

Tuttavia, per quanto la proposta sul regime pilota sia apprezzabile, il CESE ritiene che il termine di 5 anni per la relazione dell'ESMA alla Commissione sia troppo lungo rispetto alla velocità con cui evolve la tecnologia della finanza digitale. Si richiama inoltre l'utilità di porre attenzione alle modalità di uscita dal regime pilota di sperimentazione, al fine di assicurare tutela agli utenti coinvolti in tale fase.

1.12.

Infine, rispetto all'applicazione del regolamento MiCA, il CESE esprime forti preoccupazioni per il «regime transitorio» che prevede l'esenzione permanente dal rispetto delle previsioni di MiCA per le cripto-attività già presenti sul mercato prima dell'entrata in vigore del regolamento. Tale esenzione rischia infatti di determinare, per una cripto-attività già emessa, una sorta di esenzione regolatoria in deroga al principio di equo trattamento per cui «stesso rischio, stessa attività, stesso trattamento».

2.   Proposte della Commissione

2.1.

Il presente parere riguarda due iniziative della Commissione europea: i) la Proposta di regolamento del sul mercato dei cripto-assets, che modifica la direttiva (UE) 2019/1937; ii) la Proposta di regolamento su un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (DLT). Tali proposte si iscrivono in un pacchetto di interventi della Commissione che comprende la Comunicazione sulla strategia in materia di finanza digitale e la Proposta di regolamento sulla resilienza operativa digitale (DORA), rispettivamente oggetto dei pareri del CESE «Una strategia in materia di finanza digitale per l'UE» (2) e «Resilienza operativa digitale» (3).

2.2.   Proposta di regolamento sui mercati dei cripto-assets [modifica la direttiva (UE) 2019/1937]

2.2.1.

MiCA mira a garantire la certezza del diritto per le cripto-attività non coperte dalla vigente legislazione UE e a stabilire regole uniformi per gli emittenti di cripto-attività e per i fornitori di servizi correlati (Virtual Asset Service Providers o «VASP»). Il regolamento punta a sostituire i quadri nazionali esistenti, che attualmente non rientrano nel perimetro della legislazione europea vigente, assicurando per tale via un auspicato level playing field.

2.2.2.

Alla base della propria proposta, la Commissione ha sottolineato la necessità di adottare «un approccio comune con gli Stati membri in materia di cripto-assets per far comprendere come sfruttare al meglio le opportunità che esse creano e affrontare i nuovi rischi che possono comportare».

2.2.3.

La proposta persegue quattro obiettivi: i) garantire la certezza del diritto; ii) sostenere l'innovazione in un settore dotato di grande potenziale; iii) garantire livelli adeguati di tutela dei consumatori e degli investitori, oltre che di integrità del mercato; iv) garantire la stabilità finanziaria.

2.2.4.

La proposta non copre solo i soggetti emittenti le cripto-attività, ma anche le imprese che forniscono servizi connessi a tali strumenti come, ad esempio, le imprese che tengono in custodia le cripto-attività dei clienti, le entità che permettono ai clienti di acquistare o vendere cripto-attività per denaro e le imprese che gestiscono piattaforme di negoziazione. Per questa ragione, tra le salvaguardie introdotte, figurano i requisiti patrimoniali, i requisiti di governance e i diritti dell'investitore nei confronti dell'emittente.

2.2.5.

In particolare, nei casi in cui ad alcuni asset-referenced token ed e-money token venga riconosciuta rilevanza tale da caratterizzarli come «significativi» (per volumi, controvalore, numerosità di clienti, tanto da ricadere nel campo dei c.d. «stablecoin» globali), gli operatori emittenti saranno soggetti a requisiti più stringenti.

2.2.6.

Considerando quindi la concreta possibilità che gli stablecoin possano diventare ampiamente accettati e potenzialmente sistemici in futuro, la proposta della Commissione comprende anche misure di salvaguardia per far fronte ai potenziali rischi per la stabilità finanziaria e la politica monetaria ordinata riconducibili agli stablecoin.

2.2.7.

Tali strumenti sono dei cripto-assets che, ad esempio, diversamente dal noto bitcoin, hanno un prezzo relativamente stabile perché vincolato a un mezzo di scambio parimenti stabile (cioè una moneta istituzionale) e potrebbero pertanto diventare, in un futuro ormai prossimo, sistemi di pagamento e investimento molto diffusi.

2.2.8.

Più in particolare, il titolo II della proposta disciplina l'offerta e la commercializzazione al pubblico di cripto-attività diverse dai token collegati ad attività e dai token di moneta elettronica, stabilendo che un emittente ha il diritto di offrire tali cripto-attività al pubblico o di chiedere l'ammissione alla negoziazione su una piattaforma di negoziazione se soddisfa: i) requisiti di cui all'articolo 4, quali l'obbligo di stabilimento sotto forma di persona giuridica; ii) l'obbligo di redigere un documento informativo, detto anche white paper, sulle cripto-attività (art. 5); iii) l'ulteriore obbligo di notificare il white paper alle autorità competenti e di pubblicarlo (articoli 7 e 8).

2.2.9.

Il documento informativo (white paper) non sarà necessario se il corrispettivo totale dell'offerta di cripto-attività è inferiore a 1 000 000 EUR su un periodo di 12 mesi, evitando così la creazione di oneri amministrativi eccessivi a carico delle piccole e medie imprese (PMI).

2.2.10.

La Commissione propone inoltre di chiarire che l'attuale definizione di «strumenti finanziari» — che delimita l'ambito di applicazione della direttiva MIFID — comprende gli strumenti finanziari basati sulla DLT e propone inoltre un regime specifico per le cripto-attività non disciplinate dalla legislazione vigente in materia di servizi finanziari, nonché i token di moneta.

2.2.11.

La regolamentazione si concentra inoltre sull'emissione di cripto-assets (o di token), da parte di operatori che intendano agire nel mercato unico europeo e che dovranno adeguarsi a:

requisiti di trasparenza e pubblicità in relazione all'emissione e ammissione alla negoziazione dei relativi token;

il regime autorizzativo e di vigilanza sui prestatori di servizi e sugli emittenti di stablecoin;

i requisiti operativi, organizzativi e di governance in relazione agli emittenti degli stablecoin (anche qui, si osservi, non anche in relazione agli altri token interessati, i.e. essenzialmente utility token) e ai prestatori di servizi;

la disciplina di protezione dei consumatori in relazione all'emissione, negoziazione e custodia dei cripto-assets;

misure volte a prevenire fenomeni di market abuse e ad assicurare l'integrità dei mercati in cui vengono negoziati i cripto-assets.

2.3.   Proposta di regolamento su un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (DLT)

2.3.1.

La proposta sul regime pilota per le infrastrutture di mercato DLT ha quattro obiettivi generali i) la certezza del diritto; ii) sostenere l'innovazione, eliminando gli ostacoli che si frappongono all'applicazione delle nuove tecnologie DLT al settore finanziario; iii) garantire la tutela dei consumatori e degli investitori, oltre all'integrità del mercato; iv) assicurare la stabilità finanziaria.

2.3.2.

Al fine di raggiungere tali obiettivi il regime pilota introduce garanzie adeguate, ad esempio limitando le tipologie di strumenti finanziari negoziabili, con disposizioni volte specificamente a garantire la stabilità finanziaria e la tutela dei consumatori e degli investitori.

2.3.3.

Mediante l'introduzione di un regime pilota per la sperimentazione delle infrastrutture di mercato DLT, la proposta di regolazione si propone di mettere le imprese dell'UE nelle condizioni di sfruttare appieno il potenziale del quadro esistente, consentendo alle autorità di vigilanza e ai legislatori di individuare gli ostacoli alla regolamentazione, mentre le autorità di regolamentazione e le imprese stesse potranno progressivamente acquisire conoscenze preziose sull'uso della DLT.

2.3.4.

Proprio per queste ragioni e per la necessità di un approccio graduale, lo strumento del regime pilota va considerato come lo strumento più proporzionato rispetto agli obiettivi da raggiungere, poiché attualmente non vi sono evidenze sufficienti a giustificare l'introduzione di modifiche regolatorie permanenti, più significative e di maggior portata.

2.3.5.

La proposta mira a garantire certezza del diritto e flessibilità agli operatori di mercato che desiderano gestire un'infrastruttura di mercato DLT, stabilendo requisiti uniformi di gestione. Le autorizzazioni concesse a norma di tale regolamento consentirebbero inoltre agli operatori di mercato di gestire un'infrastruttura di mercato DLT e di prestare i loro servizi in tutti gli Stati membri nell'ambito di un adeguato controllo di vigilanza.

2.3.6.

Più nel dettaglio, l'articolo 1 definisce l'oggetto e l'ambito di applicazione della proposta, mentre l'articolo 2 stabilisce i termini e le definizioni rilevanti, tra cui quelli relativi ai concetti di «infrastruttura di mercato DLT», «sistema multilaterale di negoziazione DLT» o «MTF DLT», «sistema di regolamento titoli DLT» e «valori mobiliari DLT».

2.3.7.

L'articolo 3 descrive le limitazioni imposte ai valori mobiliari DLT che possono essere ammessi alla negoziazione sulle infrastrutture di mercato DLT o registrati da queste ultime. Per quanto riguarda le azioni, la capitalizzazione di mercato, anche provvisoria, dell'emittente di valori mobiliari DLT dovrebbe essere inferiore a 200 milioni di EUR; per le obbligazioni pubbliche diverse da quelle sovrane, le obbligazioni garantite e le obbligazioni societarie, il limite è di 500 milioni di EUR. Le infrastrutture di mercato DLT non dovrebbero ammettere alla negoziazione né registrare obbligazioni sovrane.

2.3.8.

L'articolo 4 stabilisce i requisiti di una DLT, che sono gli stessi previsti per un MTF ai sensi della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), e specifica le possibili esenzioni a norma di tale regolamento. Gli articoli 7 e 8 stabiliscono la procedura di autorizzazione specifica a gestire rispettivamente un MTF DLT e un sistema di regolamento titoli DLT ed elencano dettagliatamente le informazioni che devono essere trasmesse all'autorità competente. L'articolo 9 definisce le modalità di collaborazione tra l'infrastruttura di mercato DLT, le autorità competenti e l'ESMA. L'articolo 10 specifica che, dopo un periodo massimo di cinque anni, l'ESMA presenterà alla Commissione una relazione dettagliata sul regime pilota.

3.   Osservazioni generali e specifiche

3.1.

Il CESE condivide gli obiettivi della Commissione europea e con questo parere sostiene l'utilità e importanza di implementare, entro la metà del 2022, le diverse misure di adeguamento normativo necessarie a modernizzare i servizi finanziari, senza mai perdere di vista la protezione del consumatore e l'integrità del mercato.

3.2.

Più in particolare, le proposte normative mirano a garantire la certezza del diritto in merito al trattamento normativo delle cripto-attività. La chiarezza del quadro normativo applicabile a tutte le fattispecie di cripto-attività, così come a tutti i soggetti che offrono i servizi relativi, è la condizione necessaria per creare soluzioni innovative a valore aggiunto in questo mercato. In particolare, la scelta di operare con un «regolamento» anziché con una direttiva contribuisce al raggiungimento di un'adeguata omogeneità di contenuti e applicazione della nuova disciplina sul mercato interno.

3.3.

Il CESE constata che l'intervento legislativo della Commissione è stato lungamente atteso e quindi intende sottolineare quanto esso sia oggi necessario e urgente per fornire una regolamentazione organica rispetto a un fenomeno tecnologico in costante evoluzione e rapido cambiamento.

3.4.

Il CESE ritiene utili gli interventi previsti al fine di: i) proteggere gli utenti finali della finanza digitale; ii) salvaguardare la stabilità finanziaria; iii) proteggere l'integrità del settore finanziario dell'UE; iv) garantire la parità di condizioni tra i diversi operatori del sistema economico e finanziario.

3.5.

Il CESE condivide e sostiene la proposta che punta a fare in modo che gli emittenti di cripto-attività significative, note come «stablecoin» mondiali, vengano assoggettati a requisiti più rigorosi in termini di capitale, diritti degli investitori e vigilanza. La necessità di intervenire con una regolamentazione è indispensabile per evitare la nascita di flussi di denaro indipendenti dall'azione di vigilanza delle banche centrali, delle autorità di settore e delle istituzioni democratiche.

3.6.

Il CESE apprezza che lo sforzo tassonomico della Commissione nella definizione dei concetti di «crypto-assets» e di «distributed ledger technology», sia tale da includere nelle definizioni utilizzate le diverse fattispecie di cripto-attività, rendendo le definizioni adeguate rispetto ai possibili sviluppi tecnologici e di mercato futuri.

3.7.

Tuttavia, il CESE ritiene che un maggior grado di chiarezza potrebbe essere raggiunto attraverso l'elaborazione di specificazioni più dettagliate circa le diverse sotto-categorie di cripto-attività e il loro ambito di applicazione. In questo modo, si potrebbero evitare rischi interpretativi circa il trattamento delle tipologie di cripto-attività che incluse all'interno della categoria residuale «other than asset-referenced token and e-money token».

3.8.

Il CESE condivide l'attenta prevenzione di duplicazioni normative della proposta di regolamento espressa nelle esenzioni rispetto all'ambito di applicazione del MiCA di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della proposta. Si tratta di misure appropriate e rilevanti, dal momento che risulta necessario evitare la sovrapposizione di requisiti e la duplicazione della regolamentazione della proposta MiCA e, ad esempio, della direttiva MiFID.

3.9.

È infatti necessario che i regimi normativi non entrino in conflitto reciproco, in quanto ciò aumenterebbe l'incertezza normativa creando costi di compliance e oneri eccessivi a carico degli operatori, limitando potenzialmente l'innovazione. Per ottenere una netta separazione tra i due ambiti, e quindi la necessaria certezza giuridica, dovrebbe essere elaborata una definizione di «security token», fornendo al contempo chiare indicazioni su quali siano le caratteristiche distintive di una cripto-attività qualificabile come strumento finanziario.

3.10.

Per questi motivi, il CESE apprezza il coinvolgimento istituzionale e di expertise operativa dell'EBA (5) e dell'ESMA (6) sia nella fase che ha anticipato la pubblicazione delle proposte oggetto del presente parere, che per quanto riguarda la cooperazione amministrativa attesa tra tali autorità europee di settore e le competenti autorità nazionali nella fase di implementazione delle nuove regole.

3.11.

Scegliendo di delimitare l'applicazione della proposta essenzialmente a utility token e stablecoin, la Commissione circoscrive l'intervento regolatorio ad attività diverse dagli strumenti finanziari e prodotti di investimento che si possono definire come «rappresentazioni digitali» di diritti derivanti da investimenti e attività imprenditoriali, gestiti mediante tecnologie basate su registri distribuiti. In questo modo, i token o i cripto-assets devono essere legati a valori concreti e risultano quindi meno esposti al rischio di un utilizzo opportunistico che potrebbe portare a raccogliere risparmio senza le necessarie tutele per gli investitori.

3.12.

Il CESE ritiene infatti necessario classificare con maggior chiarezza gli hybrid token. Alcune cripto-attività, successivamente alla fase di emissione, possono infatti svolgere funzioni diverse, cambiando natura a condizioni prestabilite. Occorre pertanto chiarire il regime regolamentare da applicare a tali strumenti ibridi in evoluzione, dal momento che un cambiamento di natura potrebbe richiedere l'applicazione di previsioni normative differenti.

3.13.

Il CESE sostiene inoltre l'azione dell'UE volta a rimuovere i potenziali ostacoli all'innovazione determinabile dalle nuove tecnologie digitali e riconducibili alla legislazione in materia di servizi finanziari, che non risulta sempre in grado di seguire la rapidità con cui le innovazioni tecnologiche si succedono nel corso del tempo.

3.14.

Tra le innovazioni che presentano un potenziale dirompente per i settori finanziari e monetari, un'attenzione specifica deve essere certamente rivolta alla tecnologia di registro distribuito (DLT) cui appartiene ad esempio la nota tecnologia blockchain, che costituisce l'infrastruttura su cui si è basato il successo del bitcoin e di altre forme di cripto-assets.

3.15.

Il CESE ritiene che l'UE sia in grado di assicurare l'applicazione efficace delle norme esistenti al nuovo contesto con le modifiche proposte per l'adeguamento della direttiva (UE) 2019/1937. La regolazione europea può inoltre garantire lo sviluppo sicuro di un nuovo quadro regolatorio, come quello di cui alla proposta pilota per un regolamento delle infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito.

3.16.

Tali interventi devono garantire chiarezza normativa, permettendo al settore finanziario istituzionale di conseguire una maggiore efficienza mediante un utilizzo più ampio della tecnologia di registro distribuito (Distributed Ledger Technology — DLT), anche per rispondere alla diffusione, a volte incontrollata, delle cripto-monete alternative o dei sistemi di pagamento sviluppati da operatori che sfuggono alla regolamentazione.

3.17.

Una ragione d'urgenza dell'intervento europeo deriva inoltre dal fatto che diversi Stati membri hanno iniziato ad adottare strumenti di regolamentazione sia con interventi legislativi, sia con raccomandazioni e linee guida emesse dalle autorità o istituzioni di regolamentazione secondaria, come Banche centrali o Autorità di vigilanza e controllo dei mercati finanziari.

3.18.

Pur condividendo finalità e obiettivi di fondo, tali interventi rischiano di creare un quadro regolatorio frammentato e disomogeneo sul mercato interno. Per contro, alcuni Stati non hanno sino ad oggi adottato nessuna iniziativa contribuendo a uno scenario regolatorio disomogeneo e frammentato ove coesistono interventi regolatori differenziati e mancati interventi regolatori.

3.19.

Il CESE ritiene che l'interpretazione del regolamento e le decisioni prese dalle autorità nazionali competenti nel processo di autorizzazione debbano essere il più possibile coerenti tra loro, al fine di garantire parità di condizioni ed evitare l'arbitraggio legislativo tra i diversi Stati membri, considerando la possibilità di utilizzare il regime di portabilità dell'autorizzazione in tutta l'UE per gli enti autorizzati.

3.20.

In questa prospettiva, il CESE sostiene la scelta della Commissione di intervenire tramite un apposito regolamento volto a garantire un'uniformità e contemporaneità di regolamentazione derivante dalla sfera europea, posto che una regolamentazione unitaria e uniformata risulta certamente più efficace di una pluralità di interventi statali, in linea con il principio di sussidiarietà fissato dai Trattati.

3.21.

Il CESE apprezza che la regolazione proposta abbia come obiettivo essenziale quello della trasparenza informativa e l'istituzione di un adeguato regime autorizzatorio. L'assetto regolatorio precedente alle proposte qui in esame difettava, infatti, di un filtro autorizzativo alle attività basate sulla tecnologia DLT, oltre che di un'effettiva vigilanza sull'operatività.

3.22.

Il CESE auspica azioni concrete per favorire un'adeguata informazione e consapevolezza dei consumatori e dei piccoli investitori rispetto alle nuove regole in via di approvazione, che evidenzi sia i rischi che i benefici e le opportunità legati alle nuove tecnologie applicate al settore finanziario e degli investimenti. Ciò al fine di ridurre l'asimmetria informativa già tipica del settore finanziario, che rischia di gravare in modo particolarmente rilevante e sproporzionato sui consumatori e sui piccoli risparmiatori rispetto alle tematiche del presente parere, che sono nuove e di non semplice comprensione dato il loro intrinseco tecnicismo.

3.23.

Il CESE raccomanda particolare attenzione con riferimento alle verifiche preventive ai provvedimenti di autorizzazione, soprattutto per quanto concerne l'affidabilità imprenditoriale dei soggetti autorizzati al fine di evitare comportamenti opportunistici e dannosi.

3.24.

Ancora oggi, infatti, non pare esistere un livello di standardizzazione e interoperabilità della tecnologia DLT tale da guidare in via sicura nella valutazione del grado di affidabilità tecnologica e cyber-resilienza delle infrastrutture adottate dagli operatori. Occorre pertanto prestare attenzione al fine di garantire un elevato livello di tutela di consumatori e investitori.

3.25.

Il CESE auspica concreti passi avanti sul tema della resilienza operativa digitale, oggetto della specifica proposta di regolamento DORA che compone il pacchetto di interventi in materia di finanza digitale, che affronta gli aspetti critici evidenziati dal settore finanziario e mira a fare chiarezza, sotto il profilo giuridico, in merito alle disposizioni sui rischi legati alla tecnologia dell'informazione e comunicazione («TIC»), riducendo la complessità normativa e alleviando l'onere amministrativo per le imprese, come sottolineato nel parere del CESE «Resilienza operativa digitale» (7).

3.26.

In questa prospettiva, il CESE guarda con fiducia alla proposta di regolamento su un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito, nella quale la Commissione prende in considerazione le infrastrutture di mercato che intendono consentire la negoziazione e il regolamento delle operazioni in strumenti finanziari sotto forma di cripto-attività, individuando nel dettaglio i requisiti e le condizioni preliminari all'ottenimento dell'autorizzazione specifica a gestire un sistema multilaterale di negoziazione DLT e contestualizzando tali requisiti in una cornice di vigilanza da parte delle autorità di settore.

3.27.

Inoltre, tramite il regime pilota, si decide di operare tramite un approccio definito «sandbox», individuando uno spazio di sperimentazione in ambiente controllato che consente deroghe temporanee alle norme vigenti. Tale approccio permetterà alle autorità di regolamentazione e agli operatori di acquisire esperienza sull'uso della tecnologia di registro distribuito nelle infrastrutture di mercato, assicurando così il tempo necessario a gestire in modo adeguato i rischi per gli investitori, l'integrità del mercato e la stabilità finanziaria.

3.28.

Adottando il «regime pilota» (o «sandbox»), si potrà quindi seguire un approccio empirico basato su sperimentazioni concrete e temporanee al fine di procedere, in un secondo momento e alla luce dell'esperienza maturata, ad un adeguamento regolatorio più incisivo, senza ostacolare nel corso del processo l'introduzione e il pieno sviluppo della tecnologia del registro distribuito e dell'innovazione che l'utilizzo di tale tecnologia potrà determinare. Particolare attenzione dovrà essere posta alla fase di uscita dalla sperimentazione in regime pilota, al fine di assicurare tutela agli utenti e ai soggetti che hanno partecipato alla sperimentazione.

3.29.

Sebbene la proposta della Commissione sul regime pilota sia apprezzabile, il CESE ritiene che il termine di 5 anni per la relazione dell'ESMA alla Commissione sia troppo lungo rispetto alla velocità con cui evolvono le tecnologie della finanza digitale.

3.30.

Inoltre dovrebbe essere considerata l'opzione di porre fine al regime pilota a seguito della relazione dell'ESMA, introducendo un phasing out progressivo che consenta agli operatori di abbandonare gradualmente il regime pilota, recuperando il più possibile i costi sostenuti per la sperimentazione. Il CESE ritiene inoltre che il modello del regime pilota potrebbe essere applicato anche per riconoscere il ruolo svolto dalle imprese di investimento e dalle banche che svolgono attività connesse al funzionamento delle infrastrutture DLT per servizi di negoziazione, oltre che di custodia e amministrazione dei titoli.

3.31.

Infine, in merito all'applicazione complessiva del regolamento MiCA, il CESE non può esimersi dall'esprimere una forte preoccupazione circa l'applicazione di un «regime transitorio» che prevede l'esenzione permanente dal rispetto delle previsioni di MiCA per le cripto-attività già presenti sul mercato prima dell'entrata in vigore del regolamento e che ricadono nella categoria residuale «other than asset-referenced token and e-money token» (art. 123).

3.32.

Il CESE chiede pertanto che la possibilità per una cripto-attività già emessa di godere in misura permanente di una tale esenzione sia valutata con attenzione, al fine di non compromettere la salvaguardia del principio di equo trattamento per cui allo «stesso rischio, e alla stessa attività, si applica lo stesso trattamento». Sarebbe invero più opportuno rendere effettivamente transitoria la disposizione in questione, stabilendo un termine di adeguamento per le cripto-attività di tale categoria già presenti sul mercato.

Bruxelles, 24 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17).

(2)  Parere del CESE sul tema «Una strategia in materia di finanza digitale per l'UE» (ECO/534) (cfr. pag. 27 della presente Gazzetta ufficiale).

(3)  Parere del CESE sul tema «Resilienza operativa digitale» (ECO/536) (cfr. pag. 38 della presente Gazzetta ufficiale).

(4)  Direttiva (UE) 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 349).

(5)  European Banking Authority.

(6)  European Securities and Markets Authority.

(7)  Parere del CESE sul tema «Resilienza operativa digitale» (ECO/536) (cfr. pag. 38 della presente Gazzetta ufficiale)..


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo su:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014»

[COM(2020) 595 final — 2020/0266 (COD)]

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2006/43/CE, 2009/65/CE, 2009/138/CE, 2011/61/UE, 2013/36/UE, 2014/65/UE, (UE) 2015/2366 e (UE) 2016/2341»

[COM(2020) 596 final — 2020/0268 (COD)]

(2021/C 155/06)

Relatore:

Antonio GARCÍA DEL RIEGO

Consultazione

Parlamento europeo, 17.12.2020

Consiglio dell'Unione europea, 22/12/2020

Base giuridica

Artt. 53, paragrafo 1, 114, paragrafo 1, e 304 del TFUE

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

12.2.2021

Adozione in sessione plenaria

24.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

243/1/4

1.    Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta presentata dalla Commissione europea sulla resilienza operativa digitale (Digital Operational Resilience — DORA), dal momento che essa mira a fare chiarezza sotto il profilo giuridico in merito alle disposizioni sui rischi riguardanti le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), a ridurre la complessità normativa, a definire una serie di norme comuni per attenuare i rischi correlati alle TIC e a favorire un approccio armonizzato alla vigilanza, garantendo nel contempo la certezza del diritto e le necessarie salvaguardie per le imprese finanziarie e i fornitori di TIC. La proposta in esame non soltanto rafforza la resilienza del settore ai rischi connessi alle TIC, ma rientra anche negli interessi di diversi portatori di interessi, tra cui i clienti, gli investitori e i lavoratori, e contribuisce a realizzare uno sviluppo sostenibile.

1.2.

Il CESE raccomanda di migliorare l'efficacia della proposta tramite le azioni descritte di seguito.

1.2.1.

Includere nell'ambito di applicazione della proposta sulla resilienza operativa digitale qualsiasi fornitore di servizi finanziari critici che sviluppi attività finanziarie ed escluderne l'utilizzo di servizi TIC per funzioni non critiche.

1.2.2.

Garantire la coerenza in termini di definizioni e di ambito di applicazione tra la proposta sulla resilienza operativa digitale e i requisiti definiti negli orientamenti in vigore emanati dalle autorità europee di vigilanza (AEV).

1.2.3.

In materia di gestione delle TIC, privilegiare un quadro incentrato su un approccio basato sui principi e sul rischio che favorisca l'attuazione di controlli adeguati alle esigenze future, flessibili e commisurati ai rischi.

1.2.4.

Per quanto riguarda gli incidenti connessi alle TIC, garantire il pieno allineamento agli strumenti di risposta e recupero a seguito di incidenti informatici (Cyber Incident Response and Recovery — CIRR) del Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board — FSB).

1.2.5.

In materia di test della resilienza operativa digitale, mettere l'accento non solo sulle dimensioni dell'istituto finanziario, ma anche sulla complessità e la natura critica del servizio; evitare di rendere obbligatoria l'esternalizzazione dei test affidata ad un numero ristretto di tester esterni, e il reciproco riconoscimento dei risultati dei test.

1.2.6.

Consolidare i requisiti in materia di esternalizzazione in un corpus unico di norme, al fine di garantire la certezza del diritto a tutti gli operatori del mercato e di soddisfare in modo attendibile le aspettative delle autorità di vigilanza.

1.2.7.

Garantire la piena applicazione delle raccomandazioni formulate dalle autorità primarie di sorveglianza nonché una serie di ruoli e responsabilità chiaramente definiti per le diverse autorità coinvolte nella sorveglianza dei fornitori terzi critici.

1.2.8.

Garantire l'accesso ai servizi esternalizzati ritenuti critici a fornitori terzi stabiliti in paesi terzi, così da evitare di limitare la libertà contrattuale delle imprese e la loro possibilità di accedere a servizi di fornitori ad elevato valore aggiunto.

1.2.9.

Introdurre la proporzionalità nel regime sanzionatorio per evitare di disincentivare i fornitori di TIC dal fornire servizi alle entità finanziarie dell'UE, e abbandonare l'attuale riferimento al fatturato globale.

1.2.10.

Fare chiarezza sulla capacità delle imprese di condividere informazioni sulle minacce informatiche, assicurando che gli accordi in materia siano attuati su base volontaria e che la proposta sulla resilienza operativa digitale contenga una disposizione esplicita che consenta lo scambio di informazioni personali.

1.2.11.

Considerare la possibilità di innalzare la soglia di esenzione per includervi le microimprese e le piccole imprese, in base alla definizione di cui all'allegato I, articolo 2, paragrafo 2, della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (1): «un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR», e di ridurre il numero di obblighi applicabili alle PMI proporzionalmente al profilo di rischio digitale dell'impresa.

1.3.

Il CESE è favorevole a conferire alle autorità primarie di sorveglianza il potere di eseguire le procedure di audit e ispezione nei confronti di fornitori terzi critici, poiché in tal modo dette autorità otterrebbero una visione più chiara dei rischi che questi fornitori potrebbero presentare, il che potrebbe contribuire a ottimizzare le procedure di esternalizzazione delle banche.

2.    Contesto

2.1.

I consumatori e le imprese europei si affidano sempre più ai servizi finanziari digitali, e tale tendenza si accompagna a un utilizzo sempre maggiore di soluzioni innovative basate sulle nuove tecnologie da parte degli operatori del mercato. La trasformazione digitale è fondamentale per la ripresa europea e per la creazione di un'economia europea sostenibile e resiliente.

2.2.

In linea con le proprie priorità, ovvero rendere l'Europa pronta per l'era digitale e creare un'economia che guardi al futuro e operi a vantaggio dei cittadini, la Commissione ha presentato un pacchetto sulla finanza digitale. Il pacchetto delinea una serie di misure volte ad abilitare e sostenere ulteriormente il potenziale della finanza digitale in termini di innovazione e concorrenza, attenuando i rischi che ne derivano.

2.3.

Accanto alla proposta riguardante la resilienza operativa digitale, il pacchetto sulla finanza digitale include una nuova strategia in materia di finanza digitale per il settore finanziario dell'UE (2), una proposta di regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività e una proposta di regolamento relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (3).

2.4.

La resilienza operativa digitale è la capacità delle imprese di garantire di poter resistere ad ogni tipo di perturbazione e minaccia collegata alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC). La dipendenza sempre più elevata del settore finanziario dai software e dai processi digitali comporta che i rischi collegati alle TIC siano ormai intrinseci all'attività delle imprese del settore. Le imprese finanziarie sono diventate il bersaglio di attacchi informatici che possono causare gravi danni finanziari o alla reputazione per i consumatori e le imprese. Tali rischi devono essere ben compresi e gestiti, soprattutto in periodi di stress.

2.5.

Sebbene le riforme che hanno seguito la crisi finanziaria del 2008 abbiano rafforzato la resilienza del settore finanziario dell'UE, i rischi collegati alle TIC sono stati affrontati soltanto indirettamente. La mancanza di un quadro normativo completo a livello europeo sulla resilienza operativa digitale ha fatto sì che si facesse affidamento su iniziative legislative nazionali. Tale soluzione ha tuttavia una ridotta efficacia transfrontaliera e ha causato una frammentazione del mercato unico, che a sua volta mina la stabilità e l'integrità del settore finanziario europeo. In tale contesto, la Commissione propone di creare un quadro globale sulla resilienza operativa digitale per le entità finanziarie dell'Unione europea.

2.6.

La proposta legislativa sulla resilienza operativa digitale (DORA) (4) mira a rafforzare e razionalizzare la gestione dei rischi relativi alle TIC da parte delle entità finanziarie, introdurre dei test accurati della resilienza dei sistemi di TIC, promuovere la condivisione di informazioni e sensibilizzare le autorità di vigilanza in merito ai rischi informatici e agli incidenti connessi alle TIC cui sono esposte le entità finanziarie, nonché conferire alle autorità di vigilanza finanziaria poteri di sorveglianza sui rischi dovuti alla dipendenza delle entità finanziarie da fornitori terzi di servizi TIC. La proposta intende altresì creare un meccanismo coerente di segnalazione degli incidenti che potrebbe contribuire a ridurre gli oneri amministrativi a carico delle entità finanziarie e rafforzare l'efficacia della vigilanza.

2.7.

La Commissione ha anche presentato una proposta di direttiva (5), poiché è necessario introdurre un'esenzione temporanea per i sistemi multilaterali di negoziazione e modificare o chiarire talune disposizioni delle vigenti direttive UE relative ai servizi finanziari onde conseguire gli obiettivi previsti dalla proposta sulla resilienza operativa digitale.

2.8.

Il mercato delle TIC rappresenta una delle più importanti industrie del mondo; si stima che il suo valore fosse superiore ai cinquemila miliardi di dollari USA nel 2019 e che sia destinato a superare i seimila miliardi di dollari USA entro il 2022. Questa costante crescita non fa che confermare la sempre maggiore diffusione e importanza della tecnologia nella società odierna. La valutazione d'impatto della proposta legislativa precisa che il settore finanziario rappresenta il principale utilizzatore di TIC al mondo, con una quota pari al 20 % della spesa totale per le TIC.

2.9.

La pandemia di COVID-19 ha dato slancio alla proliferazione di servizi finanziari digitali, mentre le reti di filiali degli istituti finanziari rimangono poco utilizzate. Ciò stimolerà gli investimenti negli strumenti digitali self-service, in applicazioni di finanza aperta e in servizi dal valore aggiunto. Nel complesso, la situazione attuale costringerà gli istituti finanziari a investire di più nelle infrastrutture informatiche, a dare priorità alla migrazione di carichi di lavoro critici e ad aggiornare le applicazioni esistenti. Il settore finanziario europeo sta già attraversando una profonda trasformazione digitale e la sua competitività su scala globale dipenderà in larga misura dalla capacità delle istituzioni europee di trarre vantaggio dalle tecnologie più avanzate.

3.    Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta sulla resilienza operativa digitale presentata dalla Commissione, che affronta molti degli aspetti evidenziati dal settore finanziario e mira a fare chiarezza sotto il profilo giuridico in merito alle disposizioni sui rischi riguardanti le TIC, a ridurre la complessità normativa e ad alleviare l'onere amministrativo derivante dalle diverse norme applicabili alle entità finanziarie nell'Unione europea. Tale proposta non soltanto rafforza la resilienza del settore ai rischi legati alle TIC, ma rientra anche negli interessi di diversi portatori di interessi, tra cui i clienti, gli investitori e i lavoratori, e contribuisce a realizzare uno sviluppo sostenibile.

3.2.

Il CESE ritiene che la proposta sulla resilienza operativa digitale costituisca un importante passo avanti nella definizione di una serie di norme comuni per attenuare i rischi correlati alle TIC e agevolare un approccio armonizzato alla vigilanza; tuttavia, bisogna fare attenzione a non aggiungere ulteriori ostacoli che potrebbero impedire agli istituti finanziari dell'UE di essere protagonisti del processo innovativo globale.

3.3.

Il CESE è del parere che le autorità europee debbano prefiggersi come obiettivo generale quello di cercare di realizzare un sistema proporzionato e basato sui rischi che fornisca alle autorità di vigilanza gli strumenti necessari per affrontare le loro preoccupazioni, garantendo nel contempo la certezza del diritto e le necessarie salvaguardie per le imprese finanziarie e i fornitori di TIC.

4.    Osservazioni particolari

4.1.   Ambito di applicazione e sovrapposizioni normative

4.1.1.   Inclusione di ulteriori operatori del mercato finanziario pertinenti

Sebbene riconosca e accolga con favore il fatto che la proposta legislativa si rivolge ad un ampio ventaglio di operatori del mercato finanziario, cosa che garantirà l'applicazione coerente dei requisiti previsti nell'intero settore finanziario dell'Unione, il CESE raccomanda ai responsabili politici europei di includere anche gli operatori finanziari che non sono considerati parte dell'ambito di applicazione della proposta legislativa in esame — ad es. i fornitori di crediti ipotecari e i fornitori di crediti al consumo — fino a un livello appropriato che dipenderà dal rischio eventuale che tali operatori rappresentano per il sistema. Ciascun fornitore di servizi finanziari, purché sviluppi le stesse attività e si assuma i medesimi rischi, dovrebbe essere oggetto delle stesse norme e della stessa vigilanza, al fine di garantire lo stesso quadro minimo per la resilienza digitale che protegge i consumatori e la stabilità finanziaria.

4.1.2.   Coerenza a livello internazionale e dell'UE, nonché con le attuali normative

È fondamentale garantire chiarezza per le imprese, in particolare per quelle attive a livello transfrontaliero, assicurando la coerenza delle definizioni e dei termini ed evitando duplicazioni, sovrapposizioni e interpretazioni divergenti su come soddisfare aspettative simili in termini di normative in giurisdizioni diverse. Il CESE invita i responsabili politici europei a modificare la definizione di resilienza operativa al fine di garantirne la coerenza con la definizione del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB) (6) e di assicurare che tale resilienza operativa costituisca il sistema principale applicabile agli istituti finanziari dell'UE, onde evitare il rischio che entri in contraddizione con altri sistemi. Molti dei principi e requisiti stabiliti nella proposta sulla resilienza operativa digitale sono peraltro già definiti negli orientamenti esistenti sull'esternalizzazione (7). I requisiti riguardanti i rischi correlati alle TIC e la gestione dei rischi di sicurezza sono già stabiliti negli orientamenti dell'Autorità bancaria europea (ABE). Sarà essenziale garantire la coerenza, in termini di definizioni e di ambito di applicazione, tra la proposta sulla resilienza operativa digitale e i requisiti definiti negli orientamenti in vigore, al fine di pervenire all'armonizzazione dei requisiti normativi dell'UE.

4.1.3.

Analogamente, il CESE raccomanda alla Commissione di assicurare che la revisione attualmente in corso della direttiva sulla sicurezza delle reti e dell'informazione e la proposta sulla resilienza operativa digitale contengano le stesse definizioni e gli stessi requisiti per quanto riguarda la politica di segnalazione degli incidenti di sicurezza per le entità finanziarie.

4.2.   La gestione dei rischi relativi alle TIC

Taluni elementi del quadro sono eccessivamente incentrati sulla conformità piuttosto che su come le imprese possano dimostrare i risultati ottenuti nel quadro di un approccio basato sui principi e sul rischio. Essendo troppo prescrittivi e particolareggiati, essi corrono il rischio di diventare obsoleti con il passare del tempo e con l'evolversi dei rischi informatici e legati alle TIC. Il CESE raccomanda di adottare un approccio maggiormente basato sui principi e sui rischi che favorisca l'attuazione di controlli adeguati alle esigenze future, flessibili, proporzionati e commisurati ai rischi.

4.3.   Incidenti connessi alle TIC

Il CESE raccomanda il pieno allineamento tra lo strumento di risposta e recupero a seguito di incidenti informatici (CIRR) (8) pubblicato di recente dal Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB), che illustra le prassi migliori per la segnalazione degli incidenti, e la proposta di gestione, classificazione e segnalazione degli incidenti connessi alle TIC contenuta nella proposta legislativa sulla resilienza operativa digitale. Vi sono sovrapposizioni che creano incertezza normativa e aggravano l'onere normativo a carico delle imprese.

4.4.   Test di resilienza operativa digitale

4.4.1.

Il CESE accoglie con favore il sistema paneuropeo di test di penetrazione basati su minacce (Threat Led Penetration Testing — TLPT) da applicare in tutta l'UE, poiché migliorerà l'efficienza e ridurrà la frammentazione, e tuttavia raccomanda alle autorità di concentrarsi non solo sulle dimensioni dell'istituto finanziario o sulla scala su cui esso opera, ma anche sulla complessità e la natura critica del servizio, tenendo conto, ove opportuno, del principio di proporzionalità per eliminare la distinzione tra test di base per tutti gli istituti finanziari e test più avanzati per gli istituti finanziari più importanti, in modo che i clienti delle entità finanziarie più piccole siano ugualmente protetti e vi siano condizioni di parità tra tutte le entità finanziarie.

4.4.2.

Il CESE raccomanda di non rendere obbligatoria l'esternalizzazione dei test a tester esterni, dato che il numero di questi ultimi è limitato. Le imprese possono infatti disporre di proprie équipe interne incaricate di eseguire i test, che conoscono bene il contesto in cui operano le imprese e sono in grado di passare in tempi brevi alla realizzazione di test più avanzati e mirati.

4.4.3.

Sarebbe opportuno riesaminare la possibilità di far rientrare i fornitori terzi di servizi TIC nell'ambito di applicazione dei test di penetrazione basati su minacce. Il fatto che fornitori terzi di TIC possano servire un certo numero di clienti potrebbe comportare una notevole duplicazione dei test, il che a sua volta potrebbe creare gravi rischi per i fornitori terzi di TIC e per i clienti da essi serviti.

4.4.4.

Inoltre, il CESE raccomanda di introdurre un riferimento esplicito al reciproco riconoscimento dei risultati dei test, visto il ruolo di tale riconoscimento nel ridurre i rischi e nell'assicurare il corretto funzionamento del mercato unico, nonché per evitare l'aumento dei costi per le entità finanziarie che operano a livello transfrontaliero.

4.5.   Gestione dei rischi derivanti dai fornitori terzi di TIC e quadro di sorveglianza per i fornitori terzi critici

4.5.1.   Garantire la coerenza con gli orientamenti esistenti in merito all'esternalizzazione

Il CESE accoglie con favore il fatto che la proposta sulla resilienza operativa digitale definisca un quadro normativo comune per la corretta gestione dei rischi derivanti dai fornitori terzi di TIC per tutti gli operatori del mercato finanziario in Europa. Sarà tuttavia fondamentale garantire il pieno allineamento tra questa base comune definita nei principi chiave (articoli 25, 26 e 27) e le norme esistenti, quali gli orientamenti emanati dalle autorità europee di vigilanza (AEV) in materia di esternalizzazione (ossia risolvere l'attuale dicotomia, in termini di ambito di applicazione, tra «esternalizzazione» e «servizio di terzi» (9)). Il CESE è altresì del parere che le autorità europee abbiano la grande opportunità di consolidare i requisiti riguardanti l'esternalizzazione in un unico regolamento — con un livello di dettaglio sufficiente per evitare divergenze interpretative — che potrebbe garantire la certezza del diritto a tutti gli operatori del mercato, nonché di soddisfare in modo attendibile le aspettative delle autorità di vigilanza.

4.5.2.   Requisiti applicabili ad attività esternalizzate critiche o importanti

Ai sensi dell'articolo 25, paragrafo 2, per mantenere un approccio orientato ai rischi, il regolamento deve specificare con maggiore precisione come sarà applicato il principio di proporzionalità, illustrando quali requisiti sarebbero applicabili alle attività esternalizzate critiche o importanti e quali sarebbero applicabili alle restanti attività (10). Il CESE raccomanda di escludere l'utilizzo di servizi TIC per funzioni non critiche dall'ambito di applicazione della proposta di regolamento sulla resilienza operativa digitale.

4.5.3.   Quadro di sorveglianza diretta per i fornitori terzi critici

Il CESE accoglie con favore l'introduzione di un quadro di sorveglianza diretta che consentirà un costante monitoraggio delle attività di fornitori terzi critici da parte delle autorità finanziarie in assenza di un quadro orizzontale intersettoriale dell'UE. Nella proposta di regolamento, le autorità dell'UE dovrebbero riconoscere che quando un fornitore critico di TIC è oggetto di tale vigilanza, l'esposizione al rischio da parte degli istituti finanziari diminuisce in virtù del controllo costante cui sono sottoposte le loro attività. Di conseguenza, il nuovo quadro di sorveglianza dovrebbe anche contribuire a ottimizzare le procedure di esternalizzazione delle banche, riducendo alcuni degli oneri attualmente sostenuti dalle entità finanziarie, ad esempio in relazione all'esecuzione di procedure di audit e ispezione riguardanti i fornitori terzi ritenuti critici.

4.5.4.

Il CESE è favorevole a conferire alle autorità primarie di sorveglianza il potere di eseguire le procedure di audit e ispezione nei confronti di fornitori terzi critici, poiché in tal modo esse otterrebbero una visione più chiara dei rischi che questi fornitori potrebbero presentare, in virtù di una conoscenza diretta dei loro processi e delle loro strutture, invece di fare affidamento sulle informazioni attualmente fornite dagli istituti finanziari oggetto di sorveglianza e sulle ispezioni eseguite dalle autorità nazionali competenti. Sebbene le politiche di mitigazione dei rischi delle entità finanziarie dovrebbero essere mantenute e tali entità rimangano vincolate al relativo obbligo giuridico, nel caso in cui le ispezioni e gli audit siano già eseguiti dalle autorità primarie di sorveglianza, gli istituti finanziari dovrebbero avvalersi di questo ulteriore livello di sicurezza e non essere tenuti a condurli di nuovo.

4.5.5.   Autorità primaria di sorveglianza e autorità nazionali competenti

Una volta completato il processo di sorveglianza, le autorità nazionali competenti daranno seguito alle raccomandazioni dell'autorità primaria di sorveglianza, adottando il proprio approccio su come attuare le conclusioni di quest'ultima per i fornitori terzi critici interessati. Il CESE raccomanda di fare piena chiarezza sui ruoli e le responsabilità delle diverse autorità, al fine di evitare una situazione in cui interpretazioni divergenti incidano in modo diverso su ciascun cliente dei fornitori terzi critici a seconda dell'autorità competente, nonché per ridurre il rischio di frammentazione. Queste raccomandazioni dovrebbero inoltre essere rese pienamente applicabili, tenendo presente l'ambiguità delle attuali disposizioni dell'articolo 37 relativamente al carattere vincolante delle raccomandazioni stesse.

4.5.6.   Sospensione di un fornitore terzo critico

La proposta sulla resilienza operativa digitale conferisce alle autorità nazionali di regolamentazione finanziaria il potere di imporre ai clienti la sospensione temporanea o l'interruzione del ricorso a un fornitore di TIC fino a quando non si sia posto rimedio ai rischi individuati nelle raccomandazioni. I requisiti riguardanti l'immediata cessazione della collaborazione con un fornitore terzo critico avrebbero un impatto notevole sulle decisioni economiche e commerciali attuali e future (ad esempio, scoraggiando gli investimenti nell'UE) e potrebbero incidere sulla stabilità finanziaria. Prima di assumere una tale decisione, le autorità competenti dovrebbero ponderare con attenzione, fra gli altri fattori, il possibile impatto negativo che la cessazione del servizio avrebbe per le entità finanziarie che utilizzano tale specifico fornitore terzo critico (11), definire criteri ben precisi per l'applicazione di tale requisito in materia di cessazione e valutare possibili misure correttive.

4.5.7.

Il CESE raccomanda altresì che, nell'eventualità che si verifichi una tale situazione, le entità finanziarie siano informate con congruo anticipo e abbiano il tempo sufficiente per cessare il rapporto.

4.6.   Preservare la competitività globale delle imprese finanziarie europee

4.6.1.

Il nuovo quadro deve preservare la capacità delle imprese finanziarie europee di accedere almeno alle stesse tecnologie dei loro concorrenti globali. Le imprese finanziarie dell'UE competono su scala globale e il prossimo quadro normativo europeo non dovrebbe svantaggiarle limitando il loro accesso alle tecnologie più avanzate, purché i fornitori di dette tecnologie soddisfino le norme europee in materia di resilienza e sicurezza.

4.6.2.   Fornitori terzi stabiliti in paesi terzi

Il regolamento in esame non dovrebbe limitare la possibilità di esternalizzare servizi ritenuti critici a fornitori terzi stabiliti in paesi terzi. È indubbio che tale limitazione restringerebbe la libertà contrattuale delle singole entità nonché la possibilità che gli istituti finanziari europei accedano a servizi di fornitori ad elevato valore aggiunto che in Europa, con ogni probabilità, non sarebbero disponibili in numero sufficiente. Si tratta di un aspetto ancor più rilevante se si considera che il quadro di sorveglianza proposto è limitato al settore finanziario e crea perciò condizioni di concorrenza ineguali per altri operatori non soggetti al regolamento in esame e potrebbe finire per aumentare il rischio di concentrazione, cosa che la proposta sulla resilienza operativa digitale intende evitare.

4.6.3.   Sanzioni punitive basate sul fatturato globale

La proposta sulla resilienza operativa digitale include sanzioni punitive in relazione al fatturato globale per i fornitori di TIC nel caso in cui non soddisfino le richieste delle autorità di vigilanza finanziaria dell'UE. Un'applicazione sproporzionata di tali sanzioni rischierebbe di scoraggiare i fornitori globali di TIC dal fornire servizi a imprese finanziarie europee, il che potrebbe, di fatto, limitare la scelta di fornitori da parte di queste ultime. Potrebbe inoltre scoraggiare i fornitori terzi non critici dall'optare a favore del regime di sorveglianza a causa del timore di essere penalizzati con sanzioni sproporzionate, e ridurre quindi la concorrenza nel mercato a monte. Il CESE chiede di introdurre un certo grado di proporzionalità nel regime sanzionatorio, il che è fondamentale per non disincentivare i fornitori di TIC che desiderano fornire servizi alle entità finanziarie dell'UE.

4.7.   Meccanismi per la condivisione di informazioni

4.7.1.

Dal momento che uno scambio tempestivo di informazioni è essenziale per individuare efficacemente i vettori di attacco e isolare e prevenire possibili minacce, il CESE accoglie con favore la disposizione che prevede di agevolare l'istituzione di meccanismi, su base volontaria, per la condivisione di informazioni tra gli istituti finanziari sugli attacchi informatici.

4.7.2.

Il CESE raccomanda altresì alle autorità dell'UE di fornire una base esplicita per consentire lo scambio di informazioni personali (quali gli indirizzi IP) tra le condizioni della proposta in esame, in modo da ridurre l'incertezza e dare alle entità finanziarie maggiori possibilità di rafforzare le proprie capacità di difesa, di identificare in modo più efficace le minacce e di ridurre il rischio di contagio reciproco. È necessario fare maggiore chiarezza per via della natura riservata/sensibile dei dati.

Bruxelles, 24 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36.

(2)  Cfr. il parere del CESE (ECO/534) sul tema «Strategia in materia di finanza digitale per l'UE» (cfr. pag. 27 della presente Gazzetta ufficiale).

(3)  Cfr. il parere del CESE (ECO/535) sul tema «Cripto-attività e tecnologia di registro distribuito» (cfr. pag. 31 della presente Gazzetta ufficiale).

(4)  COM(2020) 595 final.

(5)  COM(2020) 596 final.

(6)  Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Principles for operational resilience (Principi di resilienza operativa), 6 novembre 2020.

(7)  Come quelli elaborati dall'ABE e dall'EIOPA, nonché il progetto di orientamenti dell'ESMA, oggetto di consultazione.

(8)  Consiglio per la stabilità finanziaria, Final Report on Effective Practices for Cyber Incident Response and Recovery (Relazione finale su pratiche efficaci di risposta e recupero a seguito di incidenti informatici), 19 ottobre 2020.

(9)  La resilienza operativa digitale si riferisce unicamente ai «servizi TIC di terzi» per quanto riguarda i principi fondamentali per la gestione corretta dei rischi relativi alle TIC derivanti da terzi (capo V), mentre l'ambito di applicazione degli orientamenti dell'ABE in materia di esternalizzazione si basa su una definizione di esternalizzazione che implica che l'attività sia eseguita in modo ricorrente o continuativo (paragrafo 26). Gli orientamenti dell'ABE forniscono inoltre un elenco di eccezioni che non sono considerate come rientranti nell'ambito dell'esternalizzazione (paragrafo 28).

(10)  Anche in questo caso sarà fondamentale allineare la definizione di «funzioni critiche o importanti» sia nella proposta sulla resilienza operativa digitale che negli orientamenti dell'ABE in materia di esternalizzazione. In particolare, gli orientamenti dell'ABE definiscono i fattori che dovrebbero essere considerati dagli istituti finanziari nel valutare se un accordo di esternalizzazione riguardi una funzione critica o importante (articoli 29, 30 e 31).

(11)  Uno dei criteri per designare un fornitore di TIC come fornitore critico sarebbe il grado di sostituibilità, tenendo conto della mancanza di alternative reali o della difficoltà di migrare i servizi, in parte o totalmente (articolo 28, paragrafo 2). Se così fosse, sarebbe difficile per gli istituti finanziari trasferire il servizio a un altro fornitore. Inoltre, chiedere che gli istituti finanziari esposti passino a un diverso fornitore di servizi contribuirebbe in ultima analisi a una maggiore concentrazione sul mercato europeo, contraria allo spirito del regolamento in esame.


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021

[COM(2020) 575 final]

(2021/C 155/07)

Relatore:

Krzysztof BALON

Consultazione

Commissione europea, 11.11.2020

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

12.2.2021

Data dell’adozione in sessione plenaria

25.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

237/2/22

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il fatto che il regolamento sul dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza (1) abbia finalmente riconosciuto l’importanza di un reale coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali nell’elaborazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Al tempo stesso, il CESE raccomanda l’introduzione di un principio vincolante di condizionalità che imponga ai governi di coinvolgere le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile nella preparazione e nell’attuazione dei suddetti piani nazionali nonché degli altri strumenti previsti nell’ambito del quadro finanziario pluriennale (QFP), sulla base di norme minime definite a livello di Unione europea.

1.2.

Il CESE è convinto che, affinché le azioni congiunte condotte nel quadro dell’attuazione della strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 siano efficaci e il dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza sia applicato con successo, sia indispensabile rafforzare le condizioni quadro favorevoli allo sviluppo dell’economia e soprattutto far sì che il mercato unico continui ad essere pienamente funzionante. E ciò significa specialmente prevenire le perturbazioni alla libera circolazione delle persone e delle merci. Mantenere aperte le frontiere nello spazio Schengen rimane un punto cruciale, sia ai fini della ripresa e della resilienza che per promuovere la solidarietà e l’identità europee. Il CESE ritiene che gli Stati membri debbano astenersi dall’introdurre norme che impongano — direttamente o indirettamente — restrizioni alla libera circolazione che non siano coordinate a livello di Unione europea.

1.3.

Il CESE osserva che il debito pubblico derivante dall’assunzione dei prestiti contratti per finanziare programmi nel quadro del dispositivo per la ripresa e la resilienza non dovrebbe gravare sulle future generazioni dell’UE; e, in quest’ottica, raccomanda agli Stati membri di destinare fondi a titolo di tale dispositivo alle spese di bilancio correlate alla crisi attuale, cogliendo tale opportunità per rendere le economie e le società dell’UE sostenibili ed eque. Il CESE riconosce altresì che gli investimenti pubblici nelle infrastrutture e nell’istruzione sono necessari per garantire la sostenibilità economica, sociale e ambientale per le generazioni future. Inoltre, questa è anche la base per assicurare prosperità, reddito e competitività a lungo termine.

1.4.

Nel contempo, dato che i prestiti concessi nell’ambito del dispositivo costituiscono una misura eccezionale in circostanze eccezionali, il CESE suggerisce di considerare la possibilità di non tenerne conto, a medio termine, ai fini del calcolo del disavanzo di bilancio degli Stati membri nel quadro del bilancio dell’UE. Inoltre, è necessario proseguire le politiche di bilancio a sostegno dello sviluppo economico, ragion per cui il CESE mette in guardia contro la graduale ma prematura abolizione delle misure di sostegno, come la clausola di salvaguardia generale, e raccomanda l’introduzione di nuove regole di bilancio che riflettano le realtà sociali ed economiche dopo la pandemia.

1.5.

Il CESE accoglie con favore il fatto che le sfide poste dalla pandemia di COVID-19 siano affrontate in modo adeguato nella strategia annuale per la crescita sostenibile 2021, nel più ampio quadro del Green Deal europeo. Ciò significa che si continuerà ad operare in direzione di un modello economico più sostenibile e socialmente inclusivo, in particolare per trasformare l’attuale modello di crescita in uno che sia rispettoso dell’ambiente. Tuttavia, il CESE sottolinea che una condizione imprescindibile per il successo della transizione verde è la conformità dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza ai piani territoriali per una transizione giusta proposti nell’ambito del meccanismo per una transizione giusta.

1.6.

Il CESE ritiene che la trasformazione digitale dovrebbe contribuire non soltanto a incrementare la produttività, ma anche a migliorare l’istruzione e la partecipazione politica, sociale e culturale di tutti coloro che vivono nell’UE. Nel sostenere la parità di accesso alle infrastrutture, alle apparecchiature e alle competenze digitali, occorre prestare un’attenzione specifica agli anziani, alle persone con disabilità, alle persone a rischio di esclusione sociale e a coloro che appartengono ad altri gruppi di persone vulnerabili. Il CESE è dell’avviso che uno degli obiettivi della trasformazione digitale dovrebbe essere la garanzia dell’accesso universale a Internet a banda larga in quanto servizio pubblico fornito a titolo gratuito a tutti i residenti nell’UE.

1.7.

Il CESE si rammarica che la strategia in esame dedichi troppo poca attenzione alle questioni sociali, in particolare alla luce della necessità e dell’urgenza di attuare in modo coerente il pilastro europeo dei diritti sociali; e constata pertanto con preoccupazione che l’approccio proposto nella strategia non risulta del tutto sostenibile: gli sforzi compiuti per progredire rapidamente verso un’economia verde e digitale non possono infatti tradursi in un ulteriore aumento della povertà e in un aggravamento dell’esclusione sociale. Sarà fondamentale garantire una ripartizione equa dei benefici della ripresa economica, contribuendo così non solo a realizzare una migliore giustizia sociale, ma anche a stabilizzare la domanda quale condizione preliminare per la ripresa stessa.

1.8.

Il CESE reputa che la situazione socioeconomica in cui si trovano oggi i giovani, compreso il fatto che essi tendano a rinviare decisioni cruciali della vita, come ad esempio quella di creare una famiglia, possa avere un impatto negativo sul futuro sviluppo dell’UE; e invoca pertanto una rapida attuazione del programma Garanzia per i giovani rafforzato e delle iniziative che lo accompagnano.

1.9.

Una delle misure volte a garantire la stabilità delle finanze pubbliche dovrebbe consistere, secondo il CESE, nell’accrescere l’efficacia degli strumenti esistenti e nell’introdurre, a livello sia dell’UE che degli Stati membri, nuovi strumenti per combattere l’evasione fiscale, il lavoro in nero e in generale l’economia grigia e sommersa, in cui manca una tutela adeguata dei diritti dei lavoratori, come pure il riciclaggio di denaro e la corruzione, anche quando tali fenomeni coinvolgono società transnazionali.

1.10.

Il CESE raccomanda di riesaminare le iniziative faro europee congiunte e coordinate proposte dalla Commissione europea affinché tengano maggiormente conto degli aspetti sociali della transizione, e di integrare l’elenco di tali iniziative con lo sviluppo dell’economia sociale, congiuntamente al piano d’azione europeo per l’economia sociale, e con la garanzia della parità di accesso a sistemi sanitari e servizi sociali di qualità a costi abbordabili.

1.11.

Il CESE raccomanda alla Commissione di elaborare un documento supplementare che illustri il contenuto della comunicazione in modo più chiaro e più semplice, in modo che possa essere oggetto di dibattito in seno alle organizzazioni della società civile.

2.   Introduzione

2.1.

Il 17 settembre 2020 la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 (2), e l’11 novembre 2020 ha chiesto al CESE di elaborare un parere in merito. Il CESE condivide appieno l’idea alla base della comunicazione della Commissione: quella di sottolineare la necessità di proteggere i cittadini dell’Unione, la loro salute e i loro posti di lavoro garantendo nel contempo equità, resilienza e stabilità macroeconomica in tutta l’UE di fronte all’improvvisa e profonda recessione causata dalla pandemia di COVID-19.

2.2.

La strategia delineata dalla Commissione, infatti, si concentra sulla necessità di superare la suddetta recessione continuando a garantire il buon funzionamento del mercato unico e una transizione sostenibile, equa e democratica verso un Green Deal europeo, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite. Il CESE osserva tuttavia che, sebbene il titolo della comunicazione in esame faccia riferimento al 2021, il contenuto della stessa riguarda perlopiù una prospettiva a medio termine.

2.3.

La Commissione fa rilevare l’importanza capitale dell’accordo raggiunto il 21 luglio 2020 dal Consiglio europeo sul prossimo QFP e sull’iniziativa «Next Generation EU», comprendente il dispositivo per la ripresa e la resilienza. La conferma congiunta di tale accordo da parte del Consiglio e del Parlamento europeo nel dicembre 2020 ha già permesso l’adozione e l’entrata in vigore dei conseguenti atti normativi a livello europeo. Tuttavia, è altrettanto importante che adesso gli Stati membri espletino in tempi brevi, nel rispetto dei propri ordinamenti costituzionali, le rispettive procedure di approvazione della decisione sulle risorse proprie, che consente alla Commissione di contrarre prestiti sul mercato per finanziare programmi nell’ambito del suddetto strumento.

2.4.

Il CESE condivide l’opinione, espressa nella comunicazione, secondo cui, affinché le azioni congiunte condotte nel quadro dell’attuazione della strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 siano efficaci e il dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza sia applicato con successo, è indispensabile che il mercato unico continui ad essere pienamente funzionante. E ciò significa specialmente prevenire le perturbazioni alla libera circolazione delle persone e delle merci. Il CESE accoglie pertanto con favore la raccomandazione del Consiglio, adottata il 12 ottobre 2020, per un approccio comune e coordinato alla limitazione della libertà di circolazione (3). Mantenere aperte le frontiere — e in particolare non reintrodurre i controlli di frontiera — nello spazio Schengen rappresenta un punto cruciale, sia ai fini della ripresa e della resilienza che per promuovere la solidarietà e l’identità europee. Gli Stati membri dovrebbero astenersi dall’introdurre norme che impongano — direttamente o indirettamente — restrizioni alla libera circolazione che non siano coordinate a livello di Unione europea.

2.5.

Il CESE ritiene che le misure volte a rafforzare le condizioni quadro favorevoli alle imprese consentiranno al settore privato di fare la sua parte per conseguire gli obiettivi della strategia. Tali azioni potrebbero comprendere la riduzione degli oneri amministrativi per le PMI, l’abbassamento degli ostacoli all’accesso al mercato per le start-up, il superamento della carenza di competenze necessarie, l’agevolazione del finanziamento delle iniziative imprenditoriali e l’adeguamento delle norme ai nuovi tipi di rischio economico.

2.6.

La sostenibilità ambientale, la produttività, l’equità e la stabilità macroeconomica quali dimensioni chiave definite nella strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 sono al centro del semestre europeo e rimangono i principi guida dei piani per la ripresa e la resilienza attuati dagli Stati membri. Al tempo stesso, il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di rivedere le raccomandazioni formulate in passato dal Consiglio nel quadro del semestre europeo, tenendo conto della loro applicabilità nel mutato contesto economico e sociale causato dalla pandemia.

3.   Il dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza: verso una sostenibilità competitiva

3.1.

Il dispositivo per la ripresa e la resilienza, quale componente essenziale dell’iniziativa «Next Generation EU», è inteso come uno dei principali strumenti per la ripresa economica. Un’applicazione efficace di tale strumento potrebbe generare un 2 % supplementare di PIL entro il 2024 e creare due milioni di nuovi posti di lavoro (4). Nel contempo, il CESE sottolinea che, benché a breve termine lo strumento sia destinato soprattutto a dare il via alla ripresa e ad accrescere la resilienza, a medio e lungo termine la sua funzione principale dovrebbe essere quella di sostenere le transizioni verde e digitale.

3.2.

Per garantire le necessarie sinergie, gli Stati membri potranno, a determinate condizioni, combinare finanziamenti provenienti da strumenti diversi, in particolare dai fondi europei della politica di coesione e dal suddetto dispositivo. Anche in quest’ottica è necessario accrescere la capacità di assorbimento dei fondi dell’UE da parte degli Stati membri, anche attraverso meccanismi adeguati a sostegno dello Stato di diritto e del buongoverno, una pubblica amministrazione di alto livello e una lotta efficace contro la corruzione, nonché allineare il semestre europeo all’attivazione del dispositivo, anche collegando il programma nazionale di riforma e il piano per la ripresa e la resilienza in un unico documento integrato.

3.3.

Il CESE accoglie con favore l’introduzione, nell’ambito del dispositivo, di un quadro di valutazione che sarà aggiornato ogni sei mesi, ritenendo che esso contribuirà a una maggiore trasparenza, il che a sua volta potrebbe contribuire ad accrescere significativamente il grado di fiducia tra gli Stati membri. Inoltre, tale quadro di valutazione aiuterà a monitorare la distribuzione e l’utilizzo dei fondi, nonché a diffondere le buone pratiche dei paesi in cui i fondi sono utilizzati.

3.4.

Nel contempo, però, il CESE ravvisa il rischio potenziale che gli Stati membri utilizzino le risorse del dispositivo per spese di bilancio non correlate alla crisi attuale, e raccomanda pertanto che la destinazione effettiva di tali risorse alle loro finalità specifiche sia soggetta a controlli rigorosi.

3.5.

Il CESE reputa che l’iniziativa «Next Generation EU» sia stata sviluppata e adottata nella forma appropriata e al momento opportuno. Fornendo un sostegno finanziario, essa garantirà la ripresa economica e potrà aiutare l’UE a uscire dalla crisi attuale più forte e più resiliente, grazie a investimenti pubblici in infrastrutture, istruzione e misure volte a superare la crisi climatica. Tuttavia, occorre tenere presente che i prestiti contratti per finanziare programmi nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza dovranno in seguito essere rimborsati, Il documento della Commissione potrebbe delineare una seconda ipotesi di finanziamento di tali piani, tenendo conto della possibilità di crisi future. In ogni caso, il CESE riconosce altresì che gli investimenti pubblici nelle infrastrutture e nell’istruzione sono necessari per garantire la sostenibilità economica, sociale e ambientale per le generazioni future. Inoltre, questa è anche la base per assicurare prosperità, reddito e competitività a lungo termine.

4.   Transizione verde

4.1.

Il CESE accoglie con favore il fatto che le sfide poste dalla pandemia di COVID-19 siano affrontate con misure adeguate, nel più ampio quadro del Green Deal europeo. Ciò significa che, malgrado le perturbazioni legate alla sfida globale di tale pandemia, si continuerà a operare, come prestabilito, in direzione di un modello economico più sostenibile e socialmente inclusivo, degli obiettivi di sviluppo sostenibile e, in particolare, di un modello di crescita rispettoso dell’ambiente. La transizione verso il Green Deal europeo crea un’opportunità specifica per lo sviluppo di imprese basate sul modello dell’economia sociale.

4.2.

In quest’ottica, il CESE condivide l’opinione delle istituzioni europee secondo cui i piani nazionali per la ripresa e la resilienza dovrebbero destinare almeno il 37 % della spesa agli obiettivi in materia di clima.

4.3.

Il CESE sottolinea che una condizione imprescindibile per il successo della transizione verde è la conformità dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza ai piani territoriali per una transizione giusta proposti nell’ambito del meccanismo per una transizione giusta.

5.   Transizione digitale e produttività

5.1.

Il CESE è favorevole a che, per i piani nazionali per la ripresa e la resilienza, sia stabilita una quota minima di spesa pari al 20 % da destinare alla digitalizzazione.

5.2.

Al tempo stesso, però, avverte che occorre guardarsi dal considerare la digitalizzazione uno strumento volto unicamente ad accrescere la produttività. La transizione digitale, infatti, dovrebbe contribuire a migliorare l’istruzione in senso ampio, la qualità della vita e la partecipazione politica, sociale e culturale dell’intera popolazione dell’UE.

5.3.

Il CESE condivide pertanto l’opinione, espressa nella comunicazione in esame, secondo cui occorre promuovere la parità di accesso alle infrastrutture, alle attrezzature e alle competenze digitali; e reputa che occorra prestare particolare attenzione a promuovere l’accesso al digitale e le competenze digitali degli anziani, delle persone con disabilità e delle persone a rischio di esclusione sociale. Il CESE ritiene inoltre che uno degli obiettivi della trasformazione digitale dovrebbe essere la garanzia dell’accesso universale a Internet a banda larga in quanto servizio pubblico fornito a titolo gratuito a tutti i residenti nell’UE.

6.   Equità

6.1.

La pandemia di COVID-19 ha messo in luce la necessità e l’urgenza di intervenire per migliorare la giustizia sociale. È infatti probabile che la crisi aggravi le disuguaglianze sociali, tra cui le disparità di ricchezza e di reddito, le differenze nell’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e all’alloggio e nell’aspettativa di vita. Nel 2021 l’aumento della povertà e dell’esclusione sociale, la paura del futuro e la perdita di benessere riguarderanno direttamente molti cittadini dell’Unione. In un contesto siffatto, sarà fondamentale garantire una ripartizione equa dei benefici della ripresa economica onde assicurarsi di realizzare una maggiore giustizia sociale nonché conseguire la stabilizzazione della domanda, che è una precondizione per la ripresa economica.

6.2.

La crisi che stiamo attraversando andrebbe considerata anche come un’opportunità per riplasmare il modello socioeconomico europeo. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza dovrebbe infatti promuovere un modello europeo di sviluppo economico e sociale basato sull’inclusione sociale e sulla creazione e il sostegno di posti di lavoro di qualità (5).

6.3.

La strategia in esame dedica troppa poca attenzione alle questioni sociali. Ciò in particolare alla luce della necessità urgente che il pilastro europeo dei diritti sociali sia attuato in modo coerente anche a livello degli Stati membri, i quali dovrebbero attivarsi per garantire pari opportunità, un’istruzione inclusiva, condizioni di lavoro eque, l’accesso universale e l’accessibilità economica dei servizi di interesse generale e una protezione sociale adeguata. Gli sforzi compiuti per progredire rapidamente verso un’economia verde e digitale non possono infatti tradursi in un ulteriore aumento della povertà e dell’esclusione sociale. Per dare risposte efficaci alla crisi indotta dalla pandemia di COVID-19, non è quindi sufficiente monitorare attentamente le sue ripercussioni economiche: è altresì necessario monitorare gli indicatori sociali, e non solo quelli relativi all’occupazione, ma anche quelli riguardanti l’esclusione sociale, l’aumento delle disparità e le discriminazioni.

6.4.

La crisi ha dimostrato l’importanza di mantenere i posti di lavoro esistenti, di crearne di nuovi e di irrobustire i sistemi di sicurezza sociale. Milioni di persone che lavoravano senza protezione sociale hanno perso le loro fonti di sostentamento. Sono pertanto necessarie riforme che portino a un’occupazione di migliore qualità e più sicura e al mantenimento e allo sviluppo di programmi di sostegno all’occupazione. Il CESE concorda con l’obiettivo generale di compiere gli ulteriori sforzi necessari ai fini della convergenza dei salari e della fissazione di salari minimi adeguati negli Stati membri, nonché al fine del rafforzamento dei sistemi di contrattazione collettiva e del ruolo delle parti sociali in tutta l’UE, conformemente all’assetto delle relazioni industriali nei singoli paesi. La Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva volta a perseguire tali obiettivi, e il CESE sta elaborando un parere in merito a tale proposta. Il CESE invoca inoltre un livello adeguato di protezione sociale e una vita dignitosa per le persone rimaste senza lavoro.

6.5.

Il CESE accoglie con favore gli sforzi delineati nella comunicazione in esame per conseguire una maggiore coesione socioeconomica e per incoraggiare maggiormente l’occupazione dei giovani, delle donne e delle persone appartenenti a gruppi vulnerabili o a rischio di esclusione. Tuttavia, sottolinea anche la necessità di compiere sforzi ancora maggiori in questo campo, di adottare iniziative più coraggiose e più concrete, di introdurre incentivi all’azione e di sostenere tutti i soggetti interessati.

6.6.

Il CESE manifesta la preoccupazione che la strategia in esame non tenga sufficientemente conto della situazione socioeconomica in cui si trovano oggi i giovani, compreso il fatto che essi tendano a rinviare decisioni cruciali della vita, come ad esempio quella di creare una famiglia, una situazione che potrebbe avere un impatto negativo sul futuro sviluppo dell’UE; e invoca pertanto una rapida attuazione del programma Garanzia per i giovani rafforzato e delle iniziative che lo accompagnano, i quali garantiranno ai giovani un migliore accesso al mercato del lavoro e la possibilità di ricevere varie forme di sostegno. In caso contrario, infatti, si rischia di impedire a un’intera generazione — che potremmo chiamare quella «della pandemia da coronavirus» — di realizzare tutto il proprio potenziale, in totale contrasto con l’idea alla base dell’iniziativa «Next Generation EU».

6.7.

Un’altra fascia di popolazione particolarmente colpita dalla crisi è rappresentata dai lavoratori anziani che vengono espulsi dal mercato del lavoro. Ciò non solo compromette l’equilibrio sociale tra le generazioni, ma incide negativamente anche sui sistemi di protezione sociale, sia nell’immediato che in futuro.

6.8.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la strategia in esame sia intesa a promuovere la convergenza e ad accrescere la resilienza delle regioni al fine di ridurre le disparità territoriali. Tuttavia, è preoccupante che le risorse previste per il Fondo per una transizione giusta siano state ridotte rispetto alla proposta originaria della Commissione, tanto più che nelle zone maggiormente colpite dalla transizione climatica sarà necessario effettuare investimenti pubblici diretti e creare settori alternativi e nuove imprese. In quest’ottica, il CESE sottolinea inoltre la necessità di adattare in modo avveduto le norme in materia di aiuti di Stato.

6.9.

Il CESE reputa che il perseguimento della visione proposta nella strategia possa non essere pienamente accettato e compreso, in quanto non esistono nuovi meccanismi di governance che consentano ai cittadini e alle imprese, nonché agli attori pubblici e privati a livello locale e regionale, di essere coinvolti in modo proattivo nel processo di definizione e risoluzione dei problemi sul territorio. I valori enunciati nel modello europeo di governance condivisa, delineato in modo specifico nel Libro bianco del 2001, potrebbero risultare utili in tal senso.

7.   Stabilità macroeconomica

7.1.

Il CESE raccomanda un approccio equilibrato tra la stabilità delle finanze pubbliche e la promozione dello sviluppo economico attraverso una politica attiva degli investimenti pubblici e un sistema di appalti pubblici che tenga conto degli obiettivi sociali. Il successo della ripresa economica e sociale e delle transizioni verde e digitale dipenderà non solo dagli investimenti privati, ma anche da finanziamenti pubblici adeguati.

7.2.

Per garantire la stabilità delle finanze pubbliche, il CESE considera essenziale rendere più efficaci gli strumenti esistenti e introdurne di nuovi, a livello sia dell’UE che degli Stati membri, per combattere l’evasione fiscale, il lavoro in nero, l’abuso di forme di occupazione che non tutelano adeguatamente i diritti dei lavoratori e in generale l’economia grigia e sommersa, nonché il riciclaggio di denaro e la corruzione, anche quando tali fenomeni coinvolgono società transnazionali.

7.3.

È necessario portare avanti politiche di bilancio che favoriscano la creazione di un clima di fiducia, affrontino il problema delle disuguaglianze ed evitino ulteriori rischi. Il CESE mette pertanto in guardia contro la graduale ma prematura abolizione delle misure di sostegno, come la clausola di salvaguardia. Se questa rimarrà operativa soltanto fino alla fine del 2021, a partire dal 2022 gli Stati membri saranno obbligati a ridurre gradualmente i propri disavanzi. I prestiti erogati nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza offriranno agli Stati membri l’opportunità di stimolare la crescita e la liquidità nelle loro economie, determinando però d’altro canto anche un aumento dei loro disavanzi di bilancio. Si verrebbe a creare così una situazione contraddittoria, in cui la capacità di stimolare la crescita offerta dai prestiti del dispositivo potrebbe essere limitata qualora nel contempo gli Stati membri fossero tenuti ad adottare misure supplementari per risanare le loro finanze pubbliche.

7.4.

In un contesto siffatto, e dato che tali prestiti costituiscono una misura eccezionale in circostanze eccezionali, potrebbe essere utile introdurre norme ad hoc per il loro trattamento ai fini del quadro di bilancio dell’UE, ad esempio non computandoli nel disavanzo di bilancio dello Stato membro.

7.5.

Inoltre, il CESE propone l’introduzione di nuove regole di bilancio che riflettano le realtà economiche e sociali dopo la pandemia.

7.6.

Il CESE concorda pienamente sulla necessità, espressa nella comunicazione in esame, di garantire la qualità e l’efficienza della pubblica amministrazione e dei servizi di interesse generale, pur rilevando che a tal fine è necessario, in alcuni Stati membri, assicurare condizioni di lavoro dignitose e stabili.

7.7.

I disavanzi di bilancio legati ai costi dell’uscita dalla crisi allontanano le prospettive di adozione della moneta unica europea da parte di altri Stati membri e contribuiscono a diminuire la fiducia nell’euro. Il CESE ritiene pertanto necessario che siano riveduti i criteri per l’ingresso nella zona euro e adottate misure volte a stabilizzare l’euro rispetto alle altre principali valute e criptovalute.

8.   Iniziative faro europee

8.1.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di definire iniziative faro europee comuni e coordinate, e il forte incoraggiamento rivolto agli Stati membri affinché tengano conto di tali iniziative nei loro piani nazionali per la ripresa e la resilienza.

8.2.

Nel contempo, il CESE chiede che le iniziative proposte siano rivedute in modo tale da tenere maggiormente conto degli aspetti sociali della transizione e da apportare un contributo più efficace al conseguimento degli OSS delle Nazioni Unite per il 2030 e delle sei priorità della Commissione europea per il 2019-2024 (6).

8.3.

Inoltre, il CESE propone di aggiungere all’elenco delle iniziative faro europee anche lo sviluppo dell’economia sociale, congiuntamente con il piano d’azione europeo per l’economia sociale, e misure volte a promuovere la parità di accesso a sistemi sanitari e servizi sociali di qualità a costi abbordabili, tenendo conto delle condizioni locali relative alla prestazione di servizi.

9.   Il ruolo della società civile e il dialogo sociale e con i cittadini

9.1.

Per superare la crisi e attuare con successo l’iniziativa «Next Generation EU», l’Unione ha bisogno del contributo attivo di tutti i suoi cittadini. Pertanto il CESE accoglie con favore il fatto che il regolamento sul dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza abbia finalmente riconosciuto l’importanza di un reale coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali nell’elaborazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. A norma dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera q), del regolamento, ciascun piano nazionale per la ripresa e resilienza deve includere una sintesi del processo di consultazione condotto con gli enti locali e regionali, le parti sociali, le organizzazioni della società civile, le organizzazioni giovanili e le altre parti interessate pertinenti per la preparazione e l’attuazione del piano, nonché informazioni sul modo in cui il contributo delle parti interessate trova riscontro nel piano stesso. Il CESE pone l’accento sul ruolo chiave delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile nella pianificazione, nell’attuazione e nella valutazione sia del dispositivo per la ripresa e la resilienza che di altri elementi del semestre europeo negli Stati membri.

9.2.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la comunicazione in esame indichi nella democrazia un valore fondamentale su cui basare le misure da adottare in relazione alla strategia. Nel contempo, però, rileva che tale affermazione di principio non si traduce in impegni concreti e che tale valore non è sufficientemente preso in considerazione nelle attività pianificate, come quelle relative all’attuazione delle iniziative faro europee, o per riconoscere alle organizzazioni della società civile uno status di partner a pieno titolo in quanto attori chiave della democrazia partecipativa.

9.3.

I sacrifici e i vincoli imposti dalla crisi saranno molto più facili da affrontare se accompagnati da un ampio coinvolgimento delle organizzazioni della società civile nella gestione della crisi stessa e nell’organizzazione di campagne d’informazione, in particolare a livello locale e regionale. I media locali e gli istituti di istruzione dovrebbero sostenere la società civile in questo compito, e gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a fornire sostegno finanziario alle suddette attività, ove possibile anche attraverso fondi dell’UE.

9.4.

Il CESE esorta vivamente gli Stati membri, le regioni e gli enti locali a mettere in pratica il modello di creazione congiunta e condivisa raccomandato dalla Commissione europea con riferimento a un processo di elaborazione di politiche, programmi e azioni che abbia luogo insieme con i cittadini anziché soltanto per loro.

9.5.

Il CESE ha ripetutamente chiesto che le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile siano coinvolte più strettamente nel processo del semestre europeo. Oggi più che mai, date le attuali condizioni di crisi, la costante adesione al principio di partenariato nella pianificazione, nell’attuazione e nella valutazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza è una condizione imprescindibile per il successo della loro attuazione. La qualità del dialogo sociale e delle consultazioni pubbliche è invece peggiorata drasticamente, soprattutto durante la prima fase della crisi, e in molti casi ciò ha fatto sì che la legislazione adottata fosse di scarsa qualità e di difficile applicazione, in particolare per le imprese. Inoltre, il CESE richiama l’attenzione sul fatto che la comunicazione in esame non menziona in alcun punto la contrattazione collettiva.

9.6.

Per questo motivo, anche alla luce dei contributi provenienti dagli Stati membri all’elaborazione di una risoluzione sul ruolo della società civile nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza, il CESE sostiene con forza l’introduzione di un principio vincolante di condizionalità. In base a tale principio, i governi sarebbero tenuti a coinvolgere la società civile nella preparazione e nell’attuazione di tali piani, sulla base di norme minime definite a livello di Unione europea.

9.7.

Il CESE sottolinea inoltre l’importanza cruciale del dialogo con la nuova generazione di cittadini europei — la «Next Generation EU» — anche attraverso il dialogo con le organizzazioni giovanili.

9.8.

La comunicazione in esame, indirizzata dalla Commissione alle altre istituzioni e agli altri organi dell’Unione, è scritta in maniera non facilmente comprensibile da gran parte della popolazione dell’UE, per cui sarà difficile discuterne in seno alle organizzazioni della società civile (7). Il CESE suggerisce pertanto che la Commissione elabori un documento aggiuntivo che illustri il contenuto della comunicazione in maniera più chiara e più semplice.

Bruxelles, 25 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17).

(2)  COM(2020) 575 final.

(3)  COVID-19: il Consiglio adotta una raccomandazione per coordinare le misure che incidono sulla libera circolazione.

(4)  COM(2020) 575 final, pag. 2.

(5)  OCSE, How good is your job? Measuring and assessing job quality, febbraio 2016.

(6)  https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024_it.

(7)  Il documento COM(2020) 698 final potrebbe costituire un esempio positivo ai fini dell'uso di un linguaggio più semplice nelle comunicazioni della Commissione.


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/52


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce la riserva di adeguamento alla Brexit

[COM(2020) 854 final – 2020/0380 (COD)]

(2021/C 155/08)

Relatore generale:

Florian MARIN

Consultazione

Parlamento europeo, 18.1.2021

Consiglio europeo, 20.1.2021

Base giuridica

Articoli 175, terzo comma, e 304 del TFUE

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

24.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

242/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE considera che il processo innescato dall’uscita del Regno Unito dall’Unione europea («Brexit») sia molto complesso e difficile. L’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’UE e il Regno Unito (1) attenuerà alcuni dei danni economici e sociali che sarebbero derivati da un mancato accordo (l’ipotesi del «no deal»); tuttavia, in questa fase iniziale è ancora molto difficile quantificare le perdite economiche e finanziarie che si registreranno in futuro. Per mitigare l’impatto economico e sociale della Brexit, è chiaramente necessaria un’azione mirata e in tempi brevi.

1.2

Questo nuovo partenariato mette seriamente in discussione l’attuale interdipendenza economica, sociale e commerciale tra l’UE e il Regno Unito. Il CESE constata già adesso effetti negativi in termini di intralci alla mobilità transfrontaliera e barriere agli scambi di beni e di servizi, effetti che a loro volta potrebbero comportare la perdita di posti di lavoro e il fallimento di imprese, in particolare piccole e medie. Nell’attuale periodo di adattamento, è fondamentale una maggiore flessibilità e comprensione nei confronti delle parti interessate dell’UE.

1.3

Il CESE accoglie con favore la creazione della riserva di adeguamento alla Brexit (2) (in prosieguo semplicemente «la riserva») nell’ambito degli strumenti speciali istituiti al di fuori dei massimali di bilancio del quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’UE (3). Il CESE reputa che la coesione e la solidarietà tra gli Stati membri siano valori fondamentali dell’Unione e apprezza l’applicazione retroattiva della riserva fino al luglio 2020.

1.4

I diritti dei lavoratori devono essere tutelati senza indugio, e il reciproco riconoscimento delle qualifiche deve essere ulteriormente negoziato. Il CESE raccomanda che tutti gli Stati membri inizino immediatamente a organizzare campagne d’informazione per sensibilizzare i cittadini in merito alle nuove norme in vigore. E, affinché tale azione abbia pieno successo, è necessario associarvi a pieno titolo le parti sociali e le organizzazioni della società civile. I sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro e della società civile hanno una funzione vitale da svolgere nella costruzione di un forte partenariato economico e sociale con il Regno Unito.

1.5

Il CESE propone che il settore della pesca disponga di una riserva dedicata, interamente concepita per sostenere soltanto tale settore; e reputa che un’attenzione specifica vada prestata anche ad altri settori, come ad esempio il turismo e l’agricoltura. Dovrebbero inoltre essere presi in considerazione investimenti infrastrutturali adeguati e un sostegno per i cittadini dell’UE che ritornano nei loro paesi d’origine dopo la Brexit.

1.6

Il CESE si attende lunghe discussioni tra le parti interessate riguardo a chi debba ottenere la quota maggiore della riserva, e reputa che debbano essere subito previsti dei fondi supplementari. A tale riguardo, il CESE chiede ai colegislatori di aumentare il massimale proposto.

1.7

Il CESE esorta tutti gli Stati membri ad agire in modo responsabile e a indirizzare i fondi disponibili verso le regioni, le imprese, i lavoratori e i cittadini che ne hanno più bisogno. In caso contrario, la solidarietà alla base della concezione della riserva potrebbe essere messa in discussione e le sue possibilità di successo sarebbero dubbie.

1.8

L’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del regolamento istitutivo della riserva dovrebbe essere modificato come segue: «misure di assistenza alle imprese, ai lavoratori in transizione verso nuove competenze e nuove occupazioni e alle comunità locali che hanno subito ripercussioni negative a causa del recesso». Inoltre, la lettera d) di tale paragrafo dovrebbe essere modificata come segue: «misure di sostegno alla protezione del posto di lavoro e all’occupazione, anche attraverso regimi di riduzione dell’orario lavorativo, la riqualificazione professionale e la formazione nei settori colpiti». La voce 15.4 dell’allegato II dovrebbe essere modificata di conseguenza.

1.9

Il periodo di ammissibilità potrebbe essere prorogato di altri due anni, quanto basta per garantire che gli Stati membri dispongano di tempo sufficiente per utilizzare la propria quota della riserva e assorbire le ondate di shock derivanti dal recesso del Regno Unito.

1.10

Il CESE ritiene che una piccola parte della riserva dovrebbe essere destinata a finalità di assistenza tecnica, per i casi in cui venga creato un nuovo sistema di gestione. Tuttavia, il CESE è fermamente convinto che la maggior parte della riserva debba essere destinata al sostegno dell’occupazione e delle attività economiche.

1.11

Le PMI sono particolarmente colpite dalle procedure doganali e dagli oneri normativi introdotti dal nuovo regime, nonché dall’aumento dei costi di trasporto; e, poiché tali imprese per lo più non dispongono della capacità amministrativa e giuridica necessaria per attuare un piano di emergenza completo, invoca misure appositamente concepite per sostenerle.

1.12

Il CESE raccomanda il ricorso, laddove possibile e d’intesa con la Commissione europea, all’opzione semplificata in materia di costi. Norme semplificate e meno oneri burocratici nel processo di attuazione contribuiranno ad accelerare la distribuzione delle risorse finanziarie.

1.13

Il CESE chiede che, in ciascuno Stato membro, sia istituito un comitato di monitoraggio, con l’obiettivo principale di eliminare i possibili rischi che potrebbero emergere nel processo di attuazione, garantendo nel contempo il coinvolgimento formale della società civile in tale processo. Ciascuno di tali comitati dovrebbe essere composto da rappresentanti delle parti sociali, delle ONG e delle istituzioni pubbliche coinvolte nell’applicazione della riserva.

1.14

Il CESE suggerisce che si faccia maggiore chiarezza per quanto concerne la governance della riserva, designando chiaramente un organo di gestione. La Commissione europea dovrebbe assicurare la parità di condizioni tra gli Stati membri.

1.15

Il CESE invoca la creazione di un quadro di riferimento per i risultati intermedi, basato su indicatori prestazionali specifici stabiliti dagli Stati membri e valutati con cadenza annuale dalla Commissione europea; e osserva che un uso limitato dei fondi disponibili aumenterà proporzionalmente l’impatto economico e sociale negativo della Brexit.

1.16

L’integrazione del codice europeo di condotta sul partenariato (4), nel quadro dei fondi strutturali e di investimento europei, nella gestione della riserva consentirà alle parti interessate e alle organizzazioni della società civile di svolgere un ruolo essenziale in quanto corpi intermedi.

1.17

Infine, il CESE propone che la Commissione europea presenti una relazione sulla sua valutazione dell’efficacia, dell’efficienza e del valore aggiunto della riserva al Parlamento europeo e al Consiglio entro tre mesi dalla scadenza prevista.

2.   Introduzione

2.1

L’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione UE-Regno Unito è stato firmato dopo quattro anni di negoziati e disciplina il futuro partenariato tra le due parti. L’accordo complessivo si fonda su tre pilastri:

un accordo di libero scambio

un nuovo partenariato per la sicurezza dei cittadini

un accordo orizzontale sulla governance.

2.2

Benché le principali regole del gioco siano ormai stabilite, adesso sia i cittadini che le imprese devono adattarsi a questa nuova situazione, esaminando nei dettagli le nuove restrizioni e le sfide che esse comportano settore per settore. In questa fase iniziale, peraltro, è ancora molto difficile quantificare le perdite economiche e finanziarie che si registreranno in futuro. Tuttavia, appare già chiaro che, per mitigare l’impatto economico e sociale della Brexit, è necessaria un’azione mirata, da condurre in tempi brevi.

2.3

La Brexit è infatti un processo estremamente complesso e difficile. Gli Stati membri potrebbero dover intensificare le misure di controllo in mare, nei porti e negli aeroporti al fine di effettuare monitoraggi e ispezioni supplementari in relazione al rilascio di certificati e all’autorizzazione di prodotti, nonché al fine di far rispettare le norme e i requisiti in materia di stabilimento, di standard sanitari e fitosanitari e di etichettatura e marcatura. Essi potrebbero inoltre dover considerare l’opportunità di realizzare e aggiornare campagne specifiche di sensibilizzazione sulle conseguenze che la Brexit avrà per i cittadini e le imprese.

2.4

Con i controlli doganali e di altro tipo introdotti dalla nuova normativa, che causano ritardi e comportano costi aggiuntivi, le catene di approvvigionamento sono spesso perturbate. Il normale andamento degli scambi è già adesso influenzato dalle nuove norme in vigore e dai nuovi requisiti di conformità, e lo sarà in particolare nell’anno in corso, in cui si prevede si verifichi la maggior parte delle ripercussioni negative. Le imposte supplementari che ora diventano applicabili, a cominciare dall’IVA, potrebbero ostacolare i rapporti economici e i partenariati tra imprese. Per ridurre al minimo l’impatto negativo della Brexit sull’economia dell’UE, è necessario consentire la partecipazione attiva di tutte le parti interessate: l’UE stessa, gli Stati membri, i datori di lavoro, i sindacati, le organizzazioni della società civile ecc.

2.5

Inoltre, non è ancora chiaro in che modo avrà luogo il riconoscimento reciproco delle qualifiche, come sarà garantito il flusso dei dai e quali norme si applicheranno al settore dei servizi. Il CESE reputa assolutamente necessari ulteriori negoziati al fine di concordare soluzioni praticabili che vadano a beneficio di entrambe le parti.

2.6

D’altro canto, dobbiamo abituarci al fatto che ormai quelli dell’UE e del Regno Unito sono due mercati diversi e due diversi spazi normativi e giuridici. Una nuova situazione, questa, che rappresenta un ostacolo considerevole per tutte le parti interessate e avrà ripercussioni sulle amministrazioni pubbliche, sui cittadini e sulle imprese. Questo nuovo partenariato, infatti, mette seriamente in discussione l’attuale interdipendenza economica, sociale e commerciale tra l’UE e il Regno Unito. Già adesso si constatano effetti negativi in termini di intralci alla mobilità transfrontaliera e barriere agli scambi di beni e di servizi, effetti che a loro volta potrebbero comportare la perdita di posti di lavoro e il fallimento di imprese, in particolare piccole e medie.

2.7

La proposta di regolamento in esame indica con precisione qual è la spesa pubblica ammissibile al contributo della riserva, ossia quella riguardante, in particolare, le misure a favore delle imprese e delle comunità locali, le misure di sostegno dell’occupazione (comprese quelle per la riqualificazione professionale e la formazione e la protezione dei posti di lavoro), le misure volte ad agevolare regimi di certificazione e autorizzazione, le misure in materia di comunicazione e sensibilizzazione e le misure volte a garantire il funzionamento dei controlli alle frontiere.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie innanzitutto con favore l’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’UE e il Regno Unito, firmato in extremis nell’ultima fase del periodo di transizione. L’accordo disciplina i futuri rapporti tra le parti, proteggendo nel contempo l’integrità del mercato unico e garantendo la certezza del diritto e condizioni di parità. Esso attenuerà la maggior parte dei danni economici e sociali che sarebbero derivati da un mancato accordo (l’ipotesi del «no deal») e può essere considerato il punto conclusivo dell’inizio dei nuovi rapporti tra l’UE e il Regno Unito. Adesso, in questo periodo di adattamento al nuovo regime, le autorità pubbliche dovrebbero dar prova di maggiore flessibilità e comprensione nei confronti delle parti interessate dell’UE. Peraltro, l’UE e gli Stati membri dovrebbero prestare particolare attenzione a proteggere il mercato unico e a salvaguardare i suoi standard in materia di lavoro, sociali, ambientali e di sicurezza alimentare dal rischio di abusi del potere di mercato.

3.2

L’accordo sull’esenzione dai dazi doganali sugli scambi di merci, a condizione che queste siano conformi alle «regole di origine», e sulla libera circolazione dei capitali in generale, sono risultati significativi. Tuttavia, il CESE esprime preoccupazione per il fatto che ad oggi non si sia ancora raggiunto un accordo in materia di circolazione delle persone (a partire dal 30 giugno 2021) e dei servizi. Per giunta, l’impatto della Brexit si somma a quello della crisi della COVID-19, che ha già provocato un aumento della disoccupazione e una riduzione dei redditi. Inoltre, il CESE è estremamente preoccupato per le crescenti disuguaglianze sociali, ormai sempre più evidenti in tutta l’UE, e ribadisce che il pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR) deve avere la priorità nella politica di coesione (5).

3.3

Il CESE ritiene che la Commissione abbia scelto lo strumento appropriato, con l’attuazione che avrà luogo in regime di gestione concorrente. Il regolamento proposto garantirà un’applicazione chiara e standardizzata delle norme in tutti gli Stati membri, nonché obblighi e scadenze comuni in materia di comunicazione, in modo da preservare la parità di condizioni tra gli Stati membri.

3.4

Il CESE accoglie con favore la creazione, nell’ambito degli strumenti speciali al di fuori dei massimali di bilancio previsti dal QFP dell’UE, della riserva di adeguamento alla Brexit, concepita per affrontare le conseguenze economiche e sociali negative in tutti gli Stati membri, sostenere le imprese e l’occupazione nei settori più colpiti e assistere le comunità regionali e locali. Sfide comuni come la Brexit richiedono una risposta coordinata, e il CESE ritiene che la coesione e la solidarietà tra gli Stati membri siano valori fondamentali dell’Unione europea.

3.5

La riserva di adeguamento per la Brexit dovrebbe integrare i fondi supplementari esistenti disponibili nell’ambito di NextGenerationEU (6) e del QFP. Si tratta di uno strumento completamente nuovo, che dovrebbe fornire un sostegno inteso ad attenuare gli effetti negativi del recesso del Regno Unito dall’UE e nel contempo ad accrescere la coesione economica, sociale e territoriale e a salvaguardare l’occupazione. Il CESE ha già proposto alla Commissione di «prendere in considerazione la possibilità di creare uno strumento dell’UE che consenta di affrontare situazioni e crisi politiche di questo tipo anche in futuro» (7).

3.6

I sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro e della società civile hanno una funzione vitale da svolgere nella costruzione di un forte partenariato economico e sociale con il Regno Unito.

3.7

Il CESE accoglie con favore il fatto che tutti gli Stati membri siano ammissibili al contributo della riserva e che l’80 % della dotazione di prefinanziamento sia erogato già nel 2021. Si tratta di una chiara dimostrazione della solidarietà europea e di un approccio coordinato per far fronte all’impatto a breve termine della Brexit.

3.8

Il metodo di assegnazione proposto tiene conto dell’importanza degli scambi commerciali con il Regno Unito e della rilevanza del settore della pesca, ma il CESE ritiene che questi due aspetti avrebbero dovuto essere trattati separatamente. In sostanza, la formula di ripartizione proposta dalla Commissione implica che il fattore legato alla pesca dovrebbe rappresentare 600 milioni di EUR. Pertanto, il CESE propone che il settore della pesca disponga di una riserva dedicata, interamente concepita per sostenere soltanto tale settore. Inoltre, il CESE reputa che un’attenzione specifica vada prestata anche ad altri settori, come ad esempio il turismo e l’agricoltura.

3.9

È del tutto evidente che la riserva proposta è un fondo di adeguamento volto a compensare l’impatto economico e sociale della Brexit. Il CESE reputa che la riserva di 5,4 miliardi di EUR non sia sufficiente ad attenuare gli effetti negativi della Brexit, e ritiene pertanto che debba essere subito previsto un sostegno finanziario supplementare, sotto forma di dotazione aggiuntiva assegnata alla riserva oppure attraverso appositi fondi separati. In quest’ottica, il CESE chiede ai colegislatori europei (Parlamento e Consiglio) di aumentare il massimale proposto.

3.10

Il CESE ritiene che alcuni settori siano più colpiti di altri. Tra quelli più colpiti, anche i settori dell’agricoltura e del turismo dovrebbero essere considerati prioritari per la riserva e beneficiare dei fondi disponibili. Il settore turistico ha subito e subisce ancora conseguenze drammatiche a causa della crisi della COVID-19, e la Brexit creerà ulteriori ostacoli; e anche gli agricoltori sono pesantemente colpiti, ad esempio in paesi come l’Irlanda o i Paesi Bassi.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Alcuni Stati membri hanno già varato misure nazionali per contrastare gli effetti negativi della Brexit sulle proprie economie e sulle procedure delle proprie pubbliche amministrazioni. Di conseguenza, l’applicazione retroattiva della riserva fino al luglio 2020 va considerata un elemento importante ai fini del sostegno da fornire.

4.2

Con oltre 4 milioni di cittadini dell’Unione che hanno ottenuto un nuovo status di residenti nel Regno Unito (8), si rende necessario tutelare senza indugio i diritti dei lavoratori e negoziare ulteriormente il riconoscimento reciproco delle qualifiche. Gli Stati membri dovrebbero iniziare immediatamente a organizzare campagne di informazione per sensibilizzare i cittadini riguardo alle nuove norme in vigore, nonché agli sforzi che l’UE sta compiendo per ampliare l’accordo con il Regno Unito; e, affinché tale azione abbia pieno successo, è necessario associarvi a pieno titolo le parti sociali e le organizzazioni della società civile.

4.3

Regimi di sostegno specifici dovrebbero essere concepiti per garantire un sostegno adeguato alle regioni e ai settori colpiti dalla Brexit. Tutti gli Stati membri dovrebbero agire in modo responsabile e indirizzare i fondi disponibili verso le regioni, le imprese, i lavoratori e i cittadini che ne hanno più bisogno e non verso quelle/i cui è più facile erogarli. In caso contrario, la solidarietà alla base della concezione della riserva potrebbe essere messa in discussione e le sue possibilità di successo sarebbero dubbie.

4.4

Il periodo di ammissibilità potrebbe essere prorogato di altri due anni, quanto basta per garantire che gli Stati membri dispongano di tempo sufficiente per utilizzare la propria quota della riserva e assorbire le ondate di shock causate dal recesso del Regno Unito. Il CESE invita tutti gli Stati membri a prendere in attenta considerazione l’opportunità di effettuare investimenti infrastrutturali adeguati e di fornire un sostegno ai cittadini dell’UE che ritornano nei loro paesi d’origine dopo la Brexit.

4.5

Il CESE ritiene inoltre che una parte della riserva avrebbe dovuto essere destinata a finalità di assistenza tecnica, per i casi in cui venga creato un nuovo sistema di gestione. La possibilità di avvalersi di assistenza tecnica per la gestione, il monitoraggio, l’informazione e la comunicazione, la risoluzione dei reclami, il controllo e l’audit contribuirà a garantire il successo dello strumento, a migliorare la gestione dei rischi e a garantire che le risorse finanziarie stanziate siano utilizzate in modo efficiente.

4.6

Alcune amministrazioni pubbliche, in particolare quelle responsabili dei principali punti di entrata e uscita per gli scambi commerciali con il Regno Unito, hanno già effettuato notevoli investimenti in infrastrutture e in risorse umane, ad esempio per attività di formazione; e lo stesso vale per gli Stati membri che hanno una relazione particolare con il Regno Unito nel settore del turismo. Detto ciò, il CESE è fermamente convinto che la maggior parte della riserva debba essere destinata al sostegno dell’occupazione e degli operatori economici.

4.7

Il regolamento proposto contiene già una disposizione specificamente concepita per le PMI, che riduce il periodo di vigilanza sull’impiego del contributo finanziario da cinque a tre anni dal pagamento finale di tale contributo. Il CESE si attende che le imprese piccole e medie siano quelle più colpite, e ritiene perciò che una parte significativa della riserva debba essere destinata a fornire loro sostegno economico e finanziario, con l’obiettivo ultimo di preservare l’occupazione e mantenere in vita le imprese.

4.8

In particolare, le PMI sono specialmente colpite dalle procedure doganali e dagli oneri normativi introdotti dal nuovo regime, nonché dall’aumento dei costi di trasporto; e tutto ciò si aggiunge agli oneri supplementari già causati dalla pandemia di COVID-19, con l’obbligo per le imprese di tutti gli Stati membri di adattarsi ai provvedimenti restrittivi disposti dalle autorità. Poiché le PMI per lo più non dispongono della capacità amministrativa e giuridica necessaria per attuare un piano di emergenza completo, il CESE invoca misure appositamente concepite per sostenere quelle maggiormente colpite utilizzando i fondi disponibili nella riserva. Gli Stati membri sono esortati a sostenere gli sforzi delle PMI ricorrendo, entro i limiti consentiti, agli aiuti di Stato.

4.9

Il CESE ritiene che, in un’ottica di semplificazione, la riserva possa essere gestita utilizzando i sistemi di gestione esistenti. Laddove possibile, e d’intesa con la Commissione europea, si dovrà far ricorso all’opzione semplificata in materia di costi. Promuovendo il ricorso a norme semplificate e a meno adempimenti burocratici nel processo di attuazione, ed evitando ulteriori oneri finanziari e amministrativi, si contribuirà a un utilizzo più rapido delle risorse finanziarie e al conseguimento di migliori risultati nell’attenuazione dell’impatto negativo della Brexit.

4.10

Dato che la riserva è uno strumento completamente nuovo ed è quasi impossibile valutare, ora per allora, il reale impatto negativo della Brexit, il CESE propone che, in ciascuno Stato membro, sia istituito un comitato di monitoraggio, composto da rappresentanti delle parti sociali, delle ONG e delle istituzioni pubbliche coinvolte nell’applicazione della riserva. Ciascun comitato dovrebbe riunirsi almeno due volte all’anno per valutare in che modo la riserva stia contribuendo a ridurre l’impatto negativo della Brexit. L’obiettivo principale dei comitati di monitoraggio sarebbe quello di eliminare i rischi che potrebbero emergere nel processo di attuazione garantendo nel contempo il coinvolgimento formale della società civile in tale processo. La società civile in generale (non solo, cioè, quella organizzata) dovrebbe essere informata in merito ai progressi del piano di attuazione, e la relazione finale dovrebbe contenere la sintesi dell’attività di comunicazione svolta. Al fine di salvaguardare la parità di condizioni nel mercato unico, occorrerebbe assicurare un coordinamento a livello di Unione europea, al quale il CESE dovrebbe partecipare attivamente insieme con il Parlamento europeo.

4.11

Il CESE suggerisce che si faccia maggiore chiarezza per quanto concerne la governance della riserva. In particolare, è importante designare un organo di gestione per la riserva e precisare se debba esservene più d’uno.

4.12

È inoltre necessario un quadro di riferimento per i risultati intermedi, basato su indicatori prestazionali specifici stabiliti dagli Stati membri e valutati con cadenza annuale dalla Commissione europea; ciò consentirà un attento monitoraggio e una valutazione accurata del processo di attuazione e di spesa, individuando nel contempo quali Stati membri non utilizzano le risorse finanziarie loro assegnate o stanno compiendo progressi limitati. Un uso limitato dei fondi, infatti, aumenterà in misura proporzionale l’impatto economico e sociale negativo della Brexit.

4.13

La società civile deve essere coinvolta in modo formale nel processo di attuazione. L’integrazione del codice europeo di condotta sul partenariato, nel quadro dei fondi strutturali e di investimento europei, nella gestione della riserva consentirà ai soggetti interessati e alle organizzazioni della società civile di svolgere un ruolo fondamentale in quanto corpi intermedi, avvicinando i progetti ai loro beneficiari finali (9). Il processo di selezione dei partner dovrebbe essere chiaro e trasparente, e alle organizzazioni selezionate andrebbero fornite informazioni pertinenti e sufficienti.

4.14

La Commissione propone di condurre una valutazione approfondita dell’efficacia, dell’efficienza e del valore aggiunto della riserva entro il 30 giugno 2026, con l’obbligo di riferire al Parlamento e al Consiglio un anno dopo. Il CESE reputa che la Commissione potrebbe presentare una relazione al Parlamento e al Consiglio già tre mesi dopo, ossia il 30 settembre 2026.

4.15

Ad avviso del CESE, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del regolamento istitutivo della riserva dovrebbe essere modificato come segue: «misure di assistenza alle imprese, ai lavoratori in transizione verso nuove competenze e nuove occupazioni e alle comunità locali che hanno subito ripercussioni negative a causa del recesso». Inoltre, la lettera d) di tale paragrafo dovrebbe essere modificata come segue: «misure di sostegno alla protezione del posto di lavoro e all’occupazione, anche attraverso regimi di riduzione dell’orario lavorativo, la riqualificazione professionale e la formazione nei settori colpiti». La voce 15.4 dell’allegato II dovrebbe essere modificata di conseguenza.

Bruxelles, 24 febbraio 2021

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da una parte, e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra, (GU L 444 del 31.12.2020 pag. 14, ).

(2)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce la riserva di adeguamento alla Brexit, [COM(2020) 854 final — 2020/0380 (COD)].

(3)  Bilancio a lungo termine dell’UE 2021-2027 e pacchetto per la ripresa.

(4)  Regolamento delegato (UE) n. 240/2014 della Commissione, del 7 gennaio 2014, recante un codice europeo di condotta sul partenariato nell’ambito dei fondi strutturali e d’investimento europei, (GU L 74 del 14.3.2014, pag. 1).

(5)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione, (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 90).

(6)  NextGenerationEU.

(7)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio per fornire sostegno finanziario agli Stati membri al fine di coprire il gravoso onere finanziario loro inflitto a seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione senza accordo, (GU C 14 del 15.1.2020, pag. 84).

(8)  Commissione europea — Diritti dei cittadini.

(9)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione, GU C 62 del 15.2.2019, pag. 90.


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/58


Parere del Comitato economico e sociale europeo su:

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla gestione dell'asilo e della migrazione e che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio e la proposta di regolamento (UE) XXX/XXX [Fondo Asilo e migrazione]»

[COM(2020) 610 final — 2020/0279 (COD)]

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente le situazioni di crisi e di forza maggiore nel settore della migrazione e dell'asilo»

[COM(2020) 613 final — 2020/0277 (COD)]

(2021/C 155/09)

Relatore:

Dimitris DIMITRIADIS

Consultazione

Parlamento europeo, 11.11.2020

Commissione europea, 27.11.2020

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

8.2.2021

Adozione in sessione plenaria

25.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

235/5/25

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La responsabilità di garantire un equilibrio nella gestione delle domande d'asilo, in modo che chi necessita di protezione internazionale la ottenga e che quanti non ne hanno bisogno siano effettivamente rimpatriati, non dovrebbe ricadere sui singoli Stati membri, ma dovrebbe essere gestita dall'UE nel suo insieme.

1.2.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce che la migrazione è un fenomeno umano di carattere strutturale, che l'asilo e la protezione internazionale sono diritti fondamentali per le persone perseguitate e costituiscono un obbligo giuridico previsto dal diritto internazionale per gli Stati aderenti alla convenzione di Ginevra. Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che i diritti fondamentali e i dati personali dovrebbero essere protetti dalle proposte di regolamento all'esame del presente parere.

1.3.

Il CESE plaude al miglioramento delle informazioni per i richiedenti asilo previsto da tali regolamenti riguardo alla procedura di domanda e ai relativi diritti e doveri, poiché ciò consentirà loro di meglio tutelare detti diritti. Il diritto di ricorso è reso più efficace dal fatto di specificare la sua portata e un termine temporale armonizzato entro il quale l'organo giurisdizionale deve decidere. Inoltre, le regole sui mezzi di impugnazione sono state adeguate per accelerare e armonizzare considerevolmente la procedura di ricorso.

1.4.

Il CESE constata inoltre con grande soddisfazione che il diritto alla vita privata e alla vita familiare e i diritti dei minori non accompagnati sono rafforzati dall'estensione dell'ambito di applicazione in modo da includere fratelli/sorelle e le famiglie formatesi nei paesi di transito tra i criteri per il ricongiungimento familiare e dall'applicazione del principio dell'interesse superiore dei minori.

1.5.

Il CESE riconosce l'importanza delle proposte aventi lo status giuridico di regolamento che, diversamente da una direttiva, è vincolante nella sua integralità e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai Trattati. Tuttavia, tutti i pertinenti regolamenti proposti devono essere adottati in contemporanea per poter costituire una politica a pieno titolo: qualora uno di essi non fosse adottato, vi sarebbero gravi ripercussioni per l'attuazione degli altri. Inoltre, la mancata osservanza — in passato — di normative UE vincolanti da parte di taluni Stati membri lascia ampio spazio a dubbi circa l'attuazione di molte delle disposizioni dei regolamenti proposti.

1.6.

Il CESE accoglie con favore il fatto che le proposte siano il frutto di approfondite consultazioni con i portatori di interessi, le autorità nazionali e locali (1), le organizzazioni della società civile e le organizzazioni non governative e internazionali, quali l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) (2) e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) (3), nonché con gruppi di riflessione e il mondo accademico.

1.7.

Il CESE si compiace che i regolamenti invochino i principi di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità, ma ritiene che tale onere non sia sufficientemente bilanciato da un corrispondente livello di solidarietà. In parole semplici, la solidarietà, nella forma della ricollocazione, non può essere volontaria. La solidarietà dev'essere vincolante ed assumere la forma di ricollocazioni obbligatorie.

1.8.

Il CESE condivide una duplice preoccupazione per la sicurezza delle persone che cercano protezione internazionale o una vita migliore, da un lato, e il benessere dei paesi alle frontiere esterne dell'UE, i quali temono che la pressione migratoria superi le loro capacità, dall'altro.

1.9.

Il CESE concorda sul fatto che il regolamento Dublino III non è stato concepito per far fronte a situazioni di pressione migratoria o per un'equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, né tiene conto della situazione prodotta dalla gestione di flussi migratori misti e della conseguente pressione che tali flussi esercitano sui sistemi migratori degli Stati membri.

1.10.

Tuttavia, dato che il concetto generale del patto sulla migrazione e l'asilo (PMA) si fonda sul controllo alle frontiere e sulla prevenzione degli spostamenti secondari, esso accresce l'onere delle responsabilità e le difficoltà dei paesi di primo ingresso, oltre che gli obblighi previsti nelle proposte sugli accertamenti preliminari all'ingresso e i controlli alle frontiere. Tali obblighi sono gravosi per i paesi interessati poiché implicano un aumento del numero di persone trattenute alle frontiere, con possibili gravi conseguenze per il loro stesso benessere, ma anche per quello delle società che le accolgono.

1.11.

Il CESE trova incoraggiante che si riconosca la necessità di definire in modo più ampio il concetto di solidarietà e di considerarla obbligatoria, onde garantire una risposta prevedibile ed efficace a una situazione mutevole, caratterizzata da un volume sempre crescente di flussi migratori misti verso l'UE, e assicurare un'equa ripartizione delle responsabilità conformemente al Trattato. Tuttavia, ciò non soddisfa le attese riguardo a un meccanismo di solidarietà che alleggerisca realmente l'onere a carico dei paesi di primo ingresso.

1.12.

Il CESE suggerisce che la proposta politica di rimpatrio nei paesi d'origine sia sostenuta da un sistema di incentivi e disincentivi chiari per i paesi terzi. Inoltre, la gestione della politica di rimpatrio dovrebbe prevedere un ruolo e un coinvolgimento più forti per l'UE, mentre le politiche nazionali subentrerebbero nei casi in cui lo Stato membro interessato possa esercitare un effetto leva su un determinato paese terzo. Occorre compiere maggiori sforzi per quanto riguarda la cosiddetta triplice connessione tra azione umanitaria, sviluppo e pace nei paesi d'origine dei richiedenti asilo.

1.13.

Il CESE si dichiara d'accordo con un'azione immediata e obbligatoria, come previsto nella proposta della Commissione europea, visto che un continente vasto e ricco come l'Europa dovrebbe essere in grado di contribuire maggiormente alla protezione efficace dei rifugiati.

1.14.

Considerato il carattere volontario della scelta tra ricollocazione e rimpatrio sponsorizzato, il CESE potrebbe accettare l'assegnazione obbligatoria delle ricollocazioni, dato che qualora tutti gli Stati decidessero di finanziare i rimpatri e non scegliessero di ricollocare i migranti o accettassero un numero estremamente ridotto di ricollocazioni, ciò non farebbe che aggravare ulteriormente l'attuale situazione nei paesi di primo ingresso.

1.15.

Il CESE prenderebbe in considerazione la proposta riguardante la necessità di istituire un meccanismo di monitoraggio al fine di controllare la procedura, dagli accertamenti al rimpatrio, e la sua conformità con i diritti fondamentali. Tali meccanismi potrebbero, fra l'altro, evitare il ricorso ai cosiddetti respingimenti. Occorre inoltre prevedere un periodo di tempo sufficiente per mettere a punto il meccanismo, in quanto le procedure generali proposte nel regolamento sugli accertamenti e nel regolamento sulle procedure di asilo e i relativi calendari sembrano alquanto difficili da rispettare.

1.16.

Il CESE è a favore dell'inasprimento del regolamento concernente le situazioni di crisi e di forza maggiore attraverso l'introduzione di norme di diritto sostanziale relative alla protezione dei dati personali. Suggerisce inoltre di prorogare il termine per la sospensione degli obblighi internazionali per uno Stato membro in crisi fintanto che la crisi si protrae.

1.17.

Il CESE esprime scetticismo riguardo all'effettiva applicazione delle disposizioni previste dai regolamenti proposti e teme che le persone bisognose di asilo potrebbero non essere in grado di avvalersi dei loro diritti a causa delle procedure poco funzionali previste.

2.   Contesto

2.1.

La crisi del 2015 ha fatto emergere notevoli carenze strutturali e punti deboli nella concezione e nell'attuazione della politica europea in materia di asilo e migrazione, ivi compreso il sistema di Dublino che, da parte sua, non era stato concepito per assicurare una ripartizione sostenibile delle responsabilità relative ai richiedenti protezione internazionale in tutta l'UE. Nelle conclusioni del Consiglio europeo del 28 giugno 2018 si chiedeva una riforma del regolamento Dublino basata su un equilibrio tra responsabilità e solidarietà nei confronti delle persone sbarcate a seguito di operazioni di ricerca e soccorso.

2.2.

Il nuovo PMA, presentato insieme alla proposta di un nuovo regolamento sulla gestione dell'asilo e della migrazione, intende rappresentare un nuovo inizio in materia di migrazione basato su un approccio di gestione globale. La proposta istituisce un quadro comune per la gestione dell'asilo e della migrazione a livello dell'UE quale contributo significativo a detto approccio globale, e cerca di promuovere la fiducia reciproca tra gli Stati membri.

Le recenti crisi migratorie hanno evidenziato soprattutto le sfide di seguito elencate.

2.2.1.

Mancanza di un approccio integrato per l'attuazione della politica europea in materia di asilo e migrazione:

assenza di condizioni di parità tra gli Stati membri, che indebolisce gli sforzi tesi a garantire l'accesso alle procedure, la parità di trattamento, la chiarezza e certezza del diritto.

2.2.2.

Inefficienze nazionali e mancanza di armonizzazione a livello di UE nella gestione dell'asilo e della migrazione:

sfide poste dal collegamento tra rimpatrio e asilo;

uso limitato dei programmi di rimpatrio volontario assistito;

assenza di procedure semplificate all'arrivo;

ritardi nell'accesso alla procedura di asilo appropriata e lentezza nel trattamento delle domande;

difficoltà di utilizzo della procedura di frontiera.

2.2.3.

Assenza di un meccanismo di solidarietà ampio e flessibile:

la ricollocazione non costituisce l'unica risposta efficace per la gestione dei flussi misti.

2.2.4.

Inefficienze del sistema di Dublino:

l'attuale sistema manca di una ripartizione sostenibile delle responsabilità;

le attuali norme sul trasferimento di competenza contribuiscono agli spostamenti non autorizzati;

i dati sono trattati in modo inefficiente;

le inefficienze procedurali del sistema di Dublino creano oneri amministrativi.

2.2.5.

Mancanza di meccanismi mirati per far fronte a situazioni di grave crisi:

difficoltà per l'UE di assicurare l'accesso alle procedure di asilo o ad altre procedure di frontiera in presenza di situazioni estremamente critiche.

2.2.6.

Assenza di un sistema equo ed efficace per l'esercizio dei diritti fondamentali e difficoltà nel definire nuove vie di accesso legale all'asilo e nell'affrontare efficacemente le cause della migrazione, comprese le questioni umanitarie, di sviluppo e di pace.

2.3.

Il CESE si augura che le proposte affronteranno tali sfide come di seguito descritto.

2.3.1.

Un sistema di gestione della migrazione più efficiente, uniforme e armonizzato:

un approccio globale per la gestione efficiente dell'asilo (proposta di regolamento che istituisce un quadro comune per la gestione dell'asilo e della migrazione nell'UE);

una procedura uniforme per l'asilo e i rimpatri, e un ricorso più agevole a procedure di frontiera accelerate;

una fase di accertamento coordinata, efficace e rapida (proposta di regolamento che introduce accertamenti nei confronti dei cittadini di paesi terzi fermati per l'attraversamento irregolare delle frontiere esterne, sbarcati a seguito di un'operazione di ricerca e soccorso o che richiedono protezione internazionale ai valichi di frontiera).

2.3.2.

Un approccio più equo e globale riguardo alla solidarietà e alla ricollocazione:

un meccanismo di solidarietà che preveda la solidarietà obbligatoria con un ambito di applicazione più ampio (proposta di regolamento sulla gestione dell'asilo e della migrazione).

2.3.3.

Norme semplificate e più efficienti per la gestione rigorosa della migrazione:

una definizione più ampia ed equa dei criteri di responsabilità, che limiti la cessazione e il trasferimento della competenza (proposta di regolamento sulla gestione dell'asilo e della migrazione);

raccolta/trattamento dei dati più efficace, che consenta di conteggiare i richiedenti invece del numero di domande e includa una categoria specifica per le operazioni di ricerca e soccorso (rifusione del regolamento Eurodac);

maggiore efficienza procedurale (proposta di regolamento sulla gestione dell'asilo e della migrazione).

2.3.4.

Un meccanismo mirato per fronteggiare le situazioni di grave crisi (proposta di regolamento concernente le situazioni di crisi).

2.3.5.

Protezione più efficace dei diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo (4).

3.   Commenti sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla gestione dell'asilo e della migrazione e che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio e la proposta di regolamento (UE) XXX/XXX [Fondo Asilo e migrazione]

3.1.

Il PMA mette giustamente in evidenza le incoerenze tra i diversi sistemi di asilo e di rimpatrio in vigore negli Stati membri e sottolinea la necessità di promuovere la solidarietà all'interno dell'UE superando le carenze nell'attuazione, nonché di migliorare e rafforzare la cooperazione con i paesi terzi. Tuttavia, non è chiaro se il principio della solidarietà volontaria e selettiva contribuirà a risolvere i principali problemi di coordinamento dell'ultimo decennio, soprattutto alla luce del fatto che l'onere grava in misura sproporzionata sugli Stati di primo ingresso.

3.2.

Come osservato nel parere del CESE SOC/649 (5), nell'ambito del nuovo meccanismo di solidarietà gli Stati membri avrebbero la possibilità di partecipare alla ricollocazione o al rimpatrio sponsorizzato di persone in situazione irregolare. Il CESE nutre dubbi sulla fattibilità di questo meccanismo, basato su un'ipotetica solidarietà volontaria. Non viene fatto alcun riferimento agli incentivi necessari per indurre gli Stati membri a partecipare a questo meccanismo, in particolare alla luce del rifiuto da parte di alcuni paesi di prendere parte al precedente programma di ricollocazione (6), o alla mancanza di un obbligo esplicito. Questo meccanismo «basato sulla solidarietà» potrebbe inoltre avere l'effetto contrario di ricollocare il soggetto interessato nello Stato membro sponsor, se il rimpatrio non viene effettivamente eseguito entro otto mesi, con conseguenti vuoti di responsabilità per quanto riguarda i diritti dei rimpatriati. Inoltre, nell'ambito del nuovo meccanismo di solidarietà proposto, gli Stati membri sono incentivati a non partecipare alla ricollocazione — che costituisce l'alternativa più urgente, difficile ed economicamente onerosa — optando invece per il rimpatrio (7). Occorre pertanto mettere in atto misure di solidarietà vincolanti sotto forma di azioni obbligatorie, come previsto nella comunicazione della Commissione.

3.3.

Il CESE accoglie con favore la riduzione da cinque a tre anni del periodo necessario per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo alle persone che beneficiano di protezione internazionale, quando queste decidono di rimanere nello Stato membro che ha fornito loro tale protezione. L'obiettivo è chiaramente quello di facilitare l'integrazione di queste persone nelle comunità locali, sebbene si possa anche ritenere una misura destinata a limitare la mobilità all'interno dell'UE, confermando in tal modo che l'onere rimane ancora in capo ai paesi di primo ingresso.

3.4.

Il CESE accoglie con favore il concetto dell'equa ripartizione delle responsabilità contenuto nella proposta; ritiene tuttavia che l'onere di tale responsabilità non sia sufficientemente bilanciato da un livello corrispondente di solidarietà.

3.5.

Il CESE plaude alle misure volte a migliorare il coordinamento tra le strategie nazionali in materia di asilo e di rimpatrio, ma si rammarica che sia stato presentato un numero di proposte sul coordinamento degli strumenti di rimpatrio superiore a quello delle proposte sul coordinamento delle procedure di asilo e di accoglienza dei rifugiati.

3.6.

Il CESE prende atto delle difficoltà che devono affrontare i paesi dell'UE nel garantire rimpatri efficaci, nonché della volontà della Commissione di procedere verso l'istituzione di un sistema europeo comune ed efficiente in materia di rimpatri. La proposta si basa sul miglioramento del sostegno operativo fornito per i rimpatri e prevede la nomina di coordinatori nazionali in materia di rimpatrio. Il CESE deplora che non vengano adeguatamente individuati i problemi di funzionamento dei programmi di rimpatrio (8), con la conseguenza che questo approccio — ritenuto di importanza strategica — dipende dalla volontà di collaborazione dei paesi terzi, siano essi d'origine o di transito. L'UE dovrebbe pertanto assumere un ruolo più incisivo rispetto a una politica generale dei rimpatri.

3.7.

Secondo il CESE la solidarietà deve essere automatica. Gli obblighi di solidarietà in capo agli Stati di primo ingresso sono sproporzionati. Le procedure continuano a essere complesse e lunghe e non offrono nessuna garanzia di ricollocazione. Esistono unicamente procedure di frontiera obbligatorie senza un meccanismo di ripartizione automatica. Le misure che gli Stati membri devono adottare riguardano il rafforzamento delle infrastrutture (tende, assistenza in natura, ecc.), il sostegno finanziario o i rimpatri volontari. Non vi sono criteri specifici sulle modalità di contributo da parte di ciascun paese. L'approccio non è efficace — non fa che aumentare le pressioni a carico dello Stato di primo ingresso — e la sua attuazione richiede molto tempo (8 mesi), con conseguente rischio di fuga dei richiedenti. È invece necessario un meccanismo più automatico che consenta una migliore distribuzione dei richiedenti fra tutti gli Stati membri.

3.8.

Allo stesso modo, il CESE avverte che l'esistenza di tre diverse categorie di emergenza (pressione o rischio di un aumento della pressione, situazioni di crisi e operazioni di ricerca e soccorso) per attivare la solidarietà non costituisce un approccio pratico. Gli Stati membri dovranno richiedere sostegno in base a una delle tre categorie menzionate. La Commissione dovrà stabilire se la richiesta è valida (sulla base di 21 criteri di valutazione) e chiedere assistenza pratica agli altri paesi, che potrà assumere principalmente due forme: ricollocazione e rimpatri sponsorizzati. Si tratta di una procedura poco funzionale e dispendiosa in termini di tempo: prima di tutto viene presentata una richiesta di solidarietà, quindi si formula un parere in merito, poi uno Stato può offrire il proprio contributo sotto forma di solidarietà volontaria e infine viene presa la decisione in merito alla solidarietà obbligatoria. Anche nel caso della solidarietà obbligatoria, la decisione della Commissione dipende dal parere di una commissione speciale e in assenza di un parere positivo da parte di quest'ultima non viene presa nessuna misura.

3.9.

Secondo il CESE, a prescindere dalla mancanza di precisione delle definizioni fornite (in particolare nel regolamento concernente le situazioni di crisi e di forza maggiore), la nozione di pressione migratoria non è definita in modo chiaro, benché menzionata di frequente nell'intero testo del regolamento.

3.10.

Sebbene l'idea dei rimpatri a cura degli Stati membri in base alle loro relazioni con i paesi terzi possa sembrare interessante, questa può rivelarsi inefficace poiché le condizioni nel paese d'origine possono cambiare oppure i paesi in questione possono semplicemente vietare i rimpatri. Esiste inoltre il problema di creare, di fatto, le condizioni di trattenimento; è inevitabile che le persone destinate al rimpatrio rimangano alle frontiere, trasformando il paese di primo ingresso in un grande centro di preparazione alla partenza. In pratica, non è neppure certo che l'accelerazione delle procedure (come previsto dal regolamento sugli accertamenti) avrà un impatto reale sull'aumento dei rimpatri, dato che questi ultimi dipendono per lo più dalla cooperazione dei paesi terzi con cui l'UE deve ancora negoziare e trattare (ad esempio per il rilascio dei visti), aumentando la possibilità di violazioni dei diritti umani, ma anche di una maggiore pressione sulle comunità locali.

3.11.

Il CESE comprende che il paese responsabile della domanda di asilo — che costituisce l'elemento portante della nuova procedura di gestione dell'asilo — potrebbe essere definito come il paese in cui l'immigrato ha uno o più fratelli/sorelle, in cui ha lavorato o studiato o in cui gli è stato rilasciato un visto. Per quanto positivo, l'ampliamento dei criteri non fa che confermare il gravoso onere ancora in capo ai paesi di primo ingresso.

4.   Commenti sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente le situazioni di crisi e di forza maggiore nel settore della migrazione e dell'asilo

4.1.

Il CESE accoglie con favore l'introduzione degli aspetti legati alle situazioni di crisi e di forza maggiore nell'ambito della migrazione e dell'asilo. Ritiene tuttavia che le definizioni stesse non siano chiare o adeguate. Unitamente all'assenza o all'esistenza di indicatori oggettivi, ciò crea una mancanza di certezza del diritto.

4.2.

Il CESE sottolinea che, sebbene il regolamento in esame sia l'occasione per introdurre la solidarietà vincolante, esso contiene un sostegno procedurale invece di misure di solidarietà per le situazioni di emergenza. La solidarietà è indebolita dalle procedure burocratiche complesse richieste per la sua attuazione. È evidente che in una situazione di crisi o in una situazione di pressione occorre garantire le ricollocazioni. Dovrebbero anche essere adottate misure per evitare che gli Stati membri arrivino a una situazione di crisi.

4.3.

Il CESE pone l'accento sul fatto che la creazione di procedure e meccanismi per affrontare le situazioni di crisi e di forza maggiore nel settore della migrazione e dell'asilo dovrebbe essere anche in linea con i diritti fondamentali e i principi generali della normativa UE e del diritto internazionale.

4.4.

Il CESE plaude al fatto che, in tempi di crisi, lo Stato membro che attiva il meccanismo potrà sospendere i propri obblighi internazionali (ad es. in materia di trattamento delle domande di asilo) per un periodo fino a tre mesi. Tale periodo, peraltro, dovrebbe essere prorogabile fintanto che dura la crisi. Potrebbe essere utile chiarire come saranno determinate le situazioni di crisi e fissare parametri di riferimento chiari per stabilire se le capacità di un paese siano sovraccaricate o rischino di diventarlo.

4.5.

Il CESE accoglie con favore la proposta di fornire agli Stati membri il tempo supplementare necessario per affrontare le situazioni di crisi, garantendo in parallelo un accesso efficace e il più rapido possibile alle procedure e ai diritti applicabili, nonché la possibilità per la Commissione di autorizzare l'applicazione della procedura di asilo e della procedura di rimpatrio nel quadro della gestione delle crisi per un periodo di sei mesi, che può essere prorogato fino a un massimo di un anno. Scaduto il periodo pertinente, non è prevista l'applicazione della proroga dei termini di cui alle procedure di asilo e di rimpatrio nell'ambito della gestione delle crisi a nuove domande di protezione internazionale.

4.6.

Il CESE ritiene tuttavia che il limitato ambito di applicazione della proposta, ossia l'estensione o la velocizzazione delle procedure, ne indebolisca la funzione di meccanismo da attuare nel caso di misure di solidarietà per le situazioni di emergenza.

4.7.

Sebbene il CESE sia del parere che la proposta possa offrire l'opportunità di rendere obbligatoria la solidarietà, tale opzione non è prevista dal regolamento pertinente. Di conseguenza, il CESE ritiene che essa vada inserita nel testo del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla gestione dell'asilo e della migrazione e che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio e la proposta di regolamento (UE) XXX/XXX [Fondo Asilo e migrazione] al fine di evitare qualunque incertezza ed eliminare il rischio che non sia adottata, poiché i due regolamenti non possono esistere l'uno senza l'altro.

Bruxelles, 25 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Ad esempio, il Piano di azione di Berlino per una nuova politica europea in materia di asilo, del 25 novembre 2019, firmato da 33 organizzazioni e comuni.

(2)  Raccomandazioni dell'UNHCR per il proposto patto della Commissione europea sulla migrazione e l'asilo, gennaio 2020.

(3)  Raccomandazioni dell'OIM per il nuovo patto dell'Unione europea sulla migrazione e l'asilo, febbraio 2020.

(4)  SWD(2020) 207 final.

(5)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 15.

(6)  Sentenza nelle cause riunite C-715/17, C-718/17 e C-719/17, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca.

(7)  Purtroppo non esistono garanzie che mettano al riparo dall'eventualità che alcuni governi decidano di diventare i principali promotori dei rimpatri nel quadro di una mobilitazione di stampo populista contro migranti e rifugiati.

(8)  Comunicazione della Commissione COM(2017) 200 final.


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo relativo a:

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell’Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE

[COM(2020) 611 final - 2016/0224(COD)]

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce accertamenti nei confronti dei cittadini di paesi terzi alle frontiere esterne e modifica i regolamenti (CE) n. 767/2008, (UE) 2017/2226, (UE) 2018/1240 e (UE) 2019/817

[COM(2020) 612 final - 2020/0278(COD)]

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) XXX/XXX [regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione] e del regolamento (UE) XXX/XXX [regolamento sul reinsediamento], per l’identificazione di cittadini di paesi terzi o apolidi il cui soggiorno è irregolare e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica i regolamenti (UE) 2018/1240 e (UE) 2019/818

[COM(2020) 614 final - 2016/0132(COD)]

(2021/C 155/10)

Relatore: Panagiotis GKOFAS

Consultazione

Commissione europea, 27.11.2020

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

8.2.2021

Adozione in sessione plenaria

25.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/9/28

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE prende atto del nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, che mira ad affrontare un fenomeno complesso e multiforme. Il CESE ritiene che i nuovi regolamenti apportino un contributo positivo ai fini di una maggiore efficacia delle misure volte a garantire la sicurezza delle frontiere dell’UE. È in atto la definizione di un processo migliore e più sicuro per controllare coloro che entrano nell’UE. Tuttavia, una strategia europea comune e integrata, che sia resiliente e lungimirante, è estremamente necessaria e troppo lungamente attesa. Purtroppo, per quanto riguarda la questione della migrazione e dell’asilo nel suo complesso, le attuali proposte non possono essere definite come il chiaro passo avanti che è invece estremamente necessario. Per di più, i quattro o cinque Stati membri interessati dovranno costituire dei «centri chiusi», basati sul principio del non ingresso (1) in cui degli esseri umani dovranno restare per un periodo massimo di sei o sette mesi, se non di più, in attesa di conoscere l’esito delle procedure, il che darà luogo a situazioni di gran lunga peggiori rispetto al passato.

1.2.

Sono necessari ulteriori e maggiori sforzi da parte della Commissione europea e degli Stati membri dell’UE. Pareri recenti del CESE [SOC/649 (2) e SOC/669 (3)] criticano l’adozione sia del regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione che del regolamento sulle procedure di asilo. Il CESE vorrebbe anche segnalare che, sulla base dei contatti avuti con la Commissione e dell’esame dei nove regolamenti, le prospettive di attuazione di questi ultimi appaiono problematiche per diversi aspetti. Occorre una strategia più globale in materia di migrazione per assicurare migliori sinergie tra i diversi regolamenti dell’UE e per garantire delle risposte a questioni importanti negli Stati membri che risentono maggiormente dell’impatto della migrazione.

1.3.

Il CESE esprime preoccupazione per le nuove procedure di frontiera, in particolare riguardo alla necessità di tutelare il diritto di chiedere asilo e ai seguenti aspetti:

il concetto errato di «paesi con bassi tassi di riconoscimento dell’asilo»;

l’uso di concetti giuridici mal definiti («minaccia per la sicurezza», «ordine pubblico») che danno luogo a incertezza giuridica;

i minori stranieri di età compresa tra i 12 e i 18 anni, che sono considerati «minori» anche ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989;

le modalità e i luoghi di trattenimento delle persone durante la procedura di frontiera, e come evitare il limbo giuridico garantendo il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

1.4.

Il CESE riconosce il valore aggiunto e la necessità di procedure d’asilo comuni, globali ed efficaci che siano conformi alle convenzioni internazionali e alle garanzie giuridiche, nonché l’esigenza di garantire la fiducia dell’UE e degli Stati membri attraverso meccanismi di solidarietà tangibili e responsabilità/impegni equamente condivisi. Eppure un tale sistema d’asilo comune — che abbia carattere globale, dimostri solidarietà e ripartisca le responsabilità in modo equo tra gli Stati membri — non figura nella proposta della Commissione. La disposizione relativa alla solidarietà dovrebbe essere inclusa anche nella procedura di asilo, subito dopo che l’accertamento ha avuto luogo, e con l’aiuto informatico di Eurodac. Se la «solidarietà obbligatoria» non assume la forma di «ricollocazione obbligatoria» ai sensi delle disposizioni del regolamento sulle procedure di asilo o se non vengono istituite delle procedure che consentano di chiedere asilo negli Stati membri dell’UE senza dover attraversare le frontiere dell’UE, nella pratica il regolamento non sarà operativo. Si dovrebbero inoltre prevedere incentivi e disincentivi alla ricollocazione, e in ogni caso la procedura di asilo dovrebbe potersi svolgere in altri Stati membri e non esclusivamente nel paese di primo ingresso.

1.5.

Il CESE sottolinea che l’efficacia delle nuove procedure proposte deve essere misurata costantemente attraverso sistemi di monitoraggio del rispetto dei diritti fondamentali, in particolare dei diritti delle persone vulnerabili e dei minori, la valutazione individuale delle domande di asilo e mezzi di ricorso efficaci. Sorge tuttavia la questione di dove e come saranno attuati il nuovo patto migliorato e le proposte che lo accompagnano, e sulla base di quale tipo di accordi in materia di solidarietà, ricollocazione o reinsediamento.

1.6.

Il CESE è favorevole a un sistema informatico di gestione della migrazione maggiormente integrato ed equilibrato, basato su una banca dati Eurodac migliorata, incentrata sulle domande e sui richiedenti. Il CESE aveva l’impressione che la Commissione riconoscesse l’esigenza di un approccio comune in merito agli accertamenti obbligatori, preliminari all’ingresso, comprendenti la rilevazione delle impronte digitali e il controllo dei rischi per la salute e la sicurezza, eppure, nonostante il sofisticato sistema proposto, non è possibile presentare domanda di asilo in uno Stato membro diverso da quello di primo ingresso — un’opzione che dovrebbe invece essere prevista. Le norme per determinare lo Stato membro competente per il trattamento di una domanda di asilo, attualmente stabilite nel regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione, dovrebbero essere definite nel regolamento sulle procedure di asilo, consentendo, tramite Eurodac, che le domande vengano trattate anche da altri Stati membri.

1.7.

Sebbene il CESE sia favorevole a procedure decisionali nuove e più rapide alle frontiere dell’UE, che rispettino tutti i diritti fondamentali, i diritti umani e le procedure giuridiche, tanti sono gli interrogativi che si pongono, ad esempio: come attuare e rendere sicure dette procedure? Come eseguire i rimpatri? Dov’è la solidarietà nel regolamento sulle procedure di asilo, per non parlare del regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione, se veramente tali dispositivi prevedono una qualche solidarietà? Quando una persona ottiene l’asilo, può recarsi in uno Stato membro diverso da quello di primo ingresso (4)? Gli Stati membri possono concedere l’asilo per proteggere le persone in difficoltà o inizieranno a respingerle? Il CESE invita pertanto la Commissione a verificare con attenzione e a spiegare ogni aspetto della proposta e, in particolare, a rispondere alla domanda: «In che modo il nuovo patto migliora la procedura comune d’asilo e rispetta il diritto di chiedere asilo?»

1.8.

Il CESE è preoccupato per l’attuazione delle nuove procedure di accertamento cui saranno sottoposti i cittadini di paesi terzi alle frontiere esterne. Questo nuovo meccanismo aumenta la pressione sugli Stati membri con frontiere marittime esterne dell’UE e favorisce la creazione di centri chiusi alle frontiere esterne o in prossimità delle stesse. Centri di questo tipo hanno dato adito a gravi preoccupazioni per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e la garanzia di condizioni di vita accettabili per i residenti.

1.9.

Le procedure di frontiera si potranno concludere con la concessione dell’asilo o con il rigetto e il rimpatrio. Nel caso in cui l’asilo venga concesso, lo Stato membro in questione è responsabile dell’integrazione delle persone interessate. Secondo lo scenario previsto dal nuovo patto, tuttavia, ciò significa integrazione nei paesi del sud dell’Unione, senza alcuna possibilità di ricollocazione in altri Stati membri e senza alcuna solidarietà da parte di questi ultimi. Se l’asilo non viene concesso, lo Stato membro deve provvedere al rimpatrio dei richiedenti la cui domanda è stata respinta. Tale approccio deve individuare modalità per concludere accordi tra l’UE e i paesi terzi di origine e transito e garantire procedure efficaci, come previsto dal diritto internazionale e dagli strumenti per la protezione dei diritti umani. Gli Stati membri non possono concludere singoli accordi tra loro a titolo individuale, e la Commissione non fa alcun riferimento a una procedura di questo tipo.

1.10.

Le sfide poste dalla gestione della migrazione — connesse in particolare all’esigenza di individuare rapidamente chi necessita di protezione internazionale o, in alternativa, di attuare concretamente i rimpatri per chi non ne ha bisogno — richiederebbero una risposta «uniforme» da parte dell’UE nel suo complesso, ma non si può affermare che le attuali proposte vadano in tal senso. Di fatto, l’intera questione sarebbe gestita unicamente dallo Stato membro di primo ingresso, e manca un’equa ripartizione degli oneri tramite, ad esempio, la ricollocazione obbligatoria dei richiedenti asilo durante la procedura di asilo e l’esame della domanda di asilo.

1.11.

In particolare, è importante mettere a punto una procedura più efficace che consenta di identificare le persone che hanno scarse probabilità di ricevere protezione nell’UE (5). La proposta della Commissione prevede accertamenti preliminari all’ingresso, che dovrebbero applicarsi a tutti i cittadini di paesi terzi, presenti alla frontiera esterna, che non soddisfano le condizioni d’ingresso o che sono sbarcati a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso. Purtroppo, però, tali «accertamenti preliminari all’ingresso» vengono condotti nel territorio del paese di primo ingresso nell’UE, alla frontiera. «Preliminari» significa che il soggetto interessato viene condotto in un «centro chiuso di trattenimento», e vi rimane, senza possibilità di spostarsi fino a quando le autorità dello Stato membro decidono di concedergli l’asilo (6) o di rimpatriarlo nel paese di origine o di transito, e soltanto se tale rimpatrio può essere effettuato, il che nella maggior parte dei casi non è possibile.

1.12.

Il CESE sostiene il quadro UE che istituisce norme uniformi per gli accertamenti nei confronti dei migranti irregolari fermati nel territorio di uno Stato membro che hanno eluso i controlli di frontiera al momento dell’ingresso nello spazio Schengen. Scopo di queste norme è proteggere lo spazio Schengen e garantire una gestione efficiente della migrazione irregolare o illegale.

1.13.

Il CESE invita le istituzioni dell’UE, le agenzie e le parti sociali a partecipare all’elaborazione di ulteriori politiche e programmi (come i partenariati volti ad attirare talenti), scambi di migliori pratiche e programmi di gemellaggio multilaterali riguardanti i «corridoi umanitari» esistenti. Chiede inoltre di elaborare nuovi quadri normativi, di introdurre procedure rapide che consentano di utilizzare i visti umanitari più diffusamente e per un maggior numero di persone [attraverso modifiche delle attuali disposizioni dell’articolo 25 del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (7)] e di includere nel campo delle politiche in materia di immigrazione anche la «sponsorizzazione» quale canale giuridico ordinario per l’ingresso, applicabile ai cittadini di paesi terzi. Il CESE richiama l’attenzione dei colegislatori sul fatto che la precedente legislazione europea, come l’accordo di Schengen e il Trattato di Lisbona, prevede già la «protezione sussidiaria e temporanea» per chi fugge da guerre o catastrofi naturali. Ciò dimostra che, utilizzando gli strumenti legislativi già a disposizione degli Stati membri dell’Unione europea, è possibile garantire l’ingresso regolare alle persone vulnerabili che necessitano di protezione internazionale.

2.   Preoccupazioni e osservazioni generali

2.1.

Il nuovo patto europeo promuove un processo integrato di elaborazione strategica che riunisca le politiche riguardanti l’asilo, la migrazione, i rimpatri, la protezione delle frontiere esterne, la lotta alla tratta di migranti e le relazioni con i principali paesi terzi nel quadro di un approccio esteso a tutta l’amministrazione. In ultima analisi, però, le proposte di regolamento in esame imporranno un onere enorme agli Stati membri dell’Europa meridionale, con l’inevitabile conseguenza che i regolamenti non saranno applicabili e non permetteranno di ottenere i risultati auspicati. Dopo un ragionevole lasso di tempo, gli Stati membri saranno di fatto costretti a respingere numerose domande di asilo, incluse quelle che soddisfano le condizioni per la sua concessione, per evitare che sempre più persone siano trattenute insieme in condizioni disumane.

2.2.

Gli Stati membri dell’Europa meridionale non hanno altra scelta che quella di trasformarsi in centri di trattenimento o di pre-partenza.

2.3.

Il presente parere rivolge l’attenzione a tre dei nove strumenti previsti dal nuovo patto: i) il nuovo regolamento sugli accertamenti; ii) la proposta modificata di revisione del regolamento sulle procedure di asilo; iii) la proposta modificata di rifusione del regolamento Eurodac.

3.   Osservazioni specifiche sul nuovo regolamento sugli accertamenti

3.1.

Il nuovo regolamento sugli accertamenti propone una procedura di controllo preliminare all’ingresso nel territorio del paese di primo ingresso, che dovrebbe applicarsi a tutti i cittadini di paesi terzi presenti alla frontiera esterna che non soddisfano le condizioni d’ingresso o che sono sbarcati a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso.

3.2.

I dati disponibili indicano che nel periodo 2015-2016 gli arrivi di cittadini di paesi terzi con evidenti esigenze di protezione internazionale sono stati in parte sostituiti da arrivi misti.

3.3.   Osservazioni specifiche sugli obiettivi e sugli elementi principali della procedura di accertamento

3.3.1.

L’obiettivo degli accertamenti è contribuire al nuovo quadro globale in materia di migrazione e flussi misti assicurando la pronta identificazione delle persone e l’individuazione di eventuali rischi sanitari e per la sicurezza, nonché indirizzando rapidamente alla procedura adeguata tutti i cittadini di paesi terzi presenti alle frontiere esterne che non soddisfano le condizioni d’ingresso o che sono sbarcati a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso. L’obiettivo dovrebbe essere anche quello di introdurre uno strumento utile, nonché di consentire ai restanti paesi dell’UE di partecipare alla procedura di asilo e di esaminare a loro volta il richiedente.

3.3.2.

La proposta prevede che i diritti fondamentali delle persone interessate siano protetti da un meccanismo istituito dagli Stati membri.

3.3.3.

Gli accertamenti dovrebbero consistere segnatamente di:

a)

controllo preliminare dello stato di salute e delle vulnerabilità;

b)

verifica dell’identità consultando le informazioni contenute nelle banche dati europee;

c)

registrazione dei dati biometrici (dati relativi alle impronte digitali e all’immagine del volto) nelle banche dati pertinenti, nella misura in cui non sia ancora avvenuta; e

d)

controllo di sicurezza mediante interrogazione delle pertinenti banche dati nazionali e dell’Unione, in particolare il sistema d’informazione Schengen (SIS), volto a verificare che la persona non rappresenti una minaccia per la sicurezza interna.

3.3.4.

Gli accertamenti dovrebbero essere obbligatori e non riguardare unicamente i paesi di primo ingresso ma tutti gli Stati membri, conformemente al principio di solidarietà. Come descritto nel nuovo patto, la procedura di asilo prevista dal regolamento sarà condotta solo nei paesi di primo ingresso. Se la «solidarietà obbligatoria» non assume la forma di «ricollocazione obbligatoria» ai sensi delle disposizioni del regolamento sulle procedure di asilo o se non vengono istituite delle procedure che consentano di chiedere asilo negli Stati membri dell’UE senza dover attraversare le frontiere dell’UE, nella pratica il regolamento non sarà operativo. Si dovrebbero inoltre prevedere incentivi e disincentivi alla ricollocazione, e in ogni caso la suddetta procedura di asilo dovrebbe potersi svolgere in altri Stati membri e non esclusivamente nel paese di primo ingresso.

3.3.5.

Si prevede che gli accertamenti proposti apportino un valore aggiunto alle attuali procedure e, fatta eccezione per gli aspetti sanitari, non dovrebbero essere condotti soltanto nei paesi con frontiere esterne.

3.3.6.

Un meccanismo di monitoraggio indipendente, efficace e permanente dovrebbe controllare in particolare il rispetto dei diritti fondamentali in relazione agli accertamenti, nonché il rispetto delle norme nazionali che disciplinano il trattenimento e il rispetto del principio di non respingimento. Dovrebbe altresì garantire che le denunce siano trattate in modo rapido e adeguato.

3.3.7.

La proposta riconosce l’importanza delle agenzie dell’UE — Frontex e l’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo, che potrebbero affiancare e coadiuvare le autorità competenti nelle attività legate agli accertamenti — sebbene tali aspetti non risultino del tutto chiari. Attribuisce altresì un ruolo importante, ma decisamente poco chiaro, all’Agenzia per i diritti fondamentali, chiamata a sostenere gli Stati membri nell’elaborazione dei meccanismi indipendenti di monitoraggio dei diritti fondamentali in relazione agli accertamenti, nonché per quanto concerne il rispetto delle norme nazionali che disciplinano il trattenimento e il rispetto del principio di non respingimento.

4.   Proposta modificata di revisione del regolamento sulle procedure di asilo

4.1.

Il CESE considera appropriata la scelta di una nuova proposta legislativa modificata in forma di regolamento piuttosto che di direttiva, che è lo strumento attualmente in vigore. Ciononostante, secondo il CESE rimane da chiarire come la nuova proposta si possa applicare e attuare in tutti gli Stati membri, segnatamente in quelli oggetto di procedure d’infrazione. Il CESE intende sostenere la proposta soltanto se non trasformerà gli Stati membri del sud dell’Unione in luoghi di trattenimento di esseri umani o centri di pre-partenza ad essi destinati.

4.2.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione espressa nella proposta della Commissione di migliorare il coordinamento e le procedure comuni per la concessione e la revoca della protezione internazionale e di armonizzare ulteriormente le decisioni riguardanti l’asilo e il rimpatrio. Deplora, tuttavia, il fatto che siano state presentate più proposte per coordinare la realizzazione di centri di trattenimento chiusi nei paesi di primo ingresso piuttosto che proposte su un sistema comune di asilo, imponendo l’obbligo esclusivo di gestire i richiedenti asilo ai paesi di primo ingresso. L’impressione prevalente è che le proposte da attuare siano destinate ai paesi dell’Europa meridionale, senza che venga fatto alcun riferimento alla possibilità di una ricollocazione durante l’applicazione delle «procedure di frontiera».

4.3.

Il CESE deplora altresì che la proposta non abbia correttamente individuato i possibili problemi legati all’attuazione dei programmi di rimpatrio, in particolare in relazione alla volontà effettiva dei paesi terzi, di transito o di origine, di cooperare con l’UE.

4.4.

Il CESE sottolinea l’esigenza urgente di adottare una strategia globale basata su un sistema di competenze equilibrate e condivise per la gestione dei flussi migratori tra gli Stati membri dell’UE e i paesi terzi.

4.5.

Ribadisce inoltre la necessità di assicurare una protezione adeguata alle famiglie con minori ed esorta la Commissione a prestare particolare attenzione ai minori non accompagnati, all’efficacia generale della «guida per le procedure di asilo: indicatori e norme operative» e alla compilazione di esempi di migliori pratiche [pubblicate dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO)]. Non è accettabile che un minore sia considerato tale solo se di età inferiore a 12 anni, e non a 18 anni come previsto dal diritto internazionale. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, tale definizione si applica ad ogni essere umano di età inferiore ai 18 anni.

4.6.

In recenti consultazioni, le organizzazioni della società civile hanno proposto di rivedere talune norme relative alla determinazione della competenza e di prevedere un meccanismo obbligatorio di solidarietà anche per le persone sbarcate a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso. Le organizzazioni non governative hanno anche invocato un’interpretazione comune del concetto di competenza tra Stati membri, e hanno chiesto che le disposizioni di Dublino riviste includessero un meccanismo di ricollocazione più permanente (8) . Il CESE si chiede inoltre come un meccanismo effettivamente funzionante di solidarietà tra Stati membri possa essere realisticamente attuato nel quadro della nuova proposta modificata. Le norme sulla determinazione dello Stato membro competente per il trattamento di una domanda di asilo, attualmente stabilite nel regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione, dovrebbero figurare nel regolamento sulle procedure di asilo, consentendo, tramite Eurodac, che le domande vengano trattate anche da altri Stati membri.

5.   Modifica della proposta del 2016 relativa alla rifusione del regolamento Eurodac

5.1.

La modifica della proposta del 2016 di rifusione del regolamento Eurodac mira a instaurare un legame fra le singole persone e le procedure cui sono soggette, per consentire di controllare meglio la migrazione irregolare e di individuare gli spostamenti non autorizzati.

5.2.

L’obiettivo principale dell’Eurodac è quello di identificare i richiedenti asilo e agevolare, attraverso le impronte digitali e l’immagine del volto («dati biometrici»), la raccolta di elementi concreti che aiutino a determinare lo Stato membro competente per l’esame di una richiesta di asilo presentata nell’UE.

5.3.

Il CESE non è convinto che l’Eurodac (9) sia lo strumento appropriato per lottare contro la migrazione irregolare né che possa aiutare efficacemente gli Stati membri a monitorare la concessione dell’assistenza per il rimpatrio volontario e la reintegrazione (10).

5.4.

La proposta che modifica la proposta del 2016 si basa sull’accordo provvisorio tra i colegislatori, integra tali modifiche e mira a trasformare l’Eurodac in una banca dati comune europea a sostegno delle politiche dell’UE in materia di asilo, reinsediamento e migrazione irregolare.

5.5.

Inoltre, mira a raccogliere dati più precisi e completi per orientare l’elaborazione delle politiche e quindi contribuire più efficacemente al controllo della migrazione irregolare e all’individuazione degli spostamenti non autorizzati contando i singoli richiedenti in aggiunta alle domande. Il CESE ritiene tuttavia che questo sistema sofisticato debba anche offrire ai migranti la possibilità di richiedere asilo in un altro Stato membro, senza limitare questo diritto al paese di primo ingresso.

5.6.

L’Eurodac mira inoltre a contribuire all’individuazione di soluzioni politiche adeguate in questo settore, consentendo l’elaborazione di statistiche che combinino dati provenienti da diverse banche dati.

5.7.

Il CESE concorda sulla necessità di applicare in tutti gli Stati membri e in modo analogo norme comuni sul rilevamento delle impronte digitali e dei dati relativi all’immagine del volto per i cittadini di paesi terzi ai fini previsti dall’Eurodac.

5.8.

Il CESE è a favore dell’istituzione di uno «strumento di conoscenza» che fornisca all’Unione europea informazioni sul numero di cittadini di paesi terzi che entrano nel suo territorio in maniera irregolare o a seguito di operazioni di ricerca e soccorso e chiedono protezione internazionale. Ciò è fondamentale per elaborare politiche in materia di migrazione e di visti che siano sostenibili e fondate su elementi concreti.

5.9.

Un altro obiettivo è fornire un sostegno supplementare alle autorità nazionali che trattano i richiedenti asilo la cui domanda è già stata respinta in un altro Stato membro, contrassegnando le domande respinte; tuttavia, alle autorità nazionali deve essere riconosciuto il diritto di riesaminare una domanda trattata da un altro Stato membro.

Bruxelles, 25 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Il concetto di «non ingresso» esiste sia nell’acquis di Schengen che nell’acquis in materia di asilo (articolo 43 della direttiva sulle procedure d’asilo).

(2)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 15.

(3)  Cfr. pag. 58 della presente Gazzetta ufficiale.

(4)  Conformemente alle disposizioni del regolamento qualifiche, i diritti e i benefici derivanti dallo status di rifugiato/protezione sussidiaria sono collegati allo Stato membro che lo ha concesso.

(5)  La percentuale di migranti in arrivo da paesi con tassi di riconoscimento inferiori al 25 % è passata dal 14 % nel 2015 al 57 % nel 2018.

(6)  Per quanto concerne il ricorso al trattenimento nella procedura di frontiera, cfr. i paragrafi 179 e 183 della sentenza C-808/18 della CGU: «Ai sensi di detto articolo 43, gli Stati membri sono infatti autorizzati a “trattenere”, ai sensi dell’articolo 2, lettera h), della direttiva 2013/33, i richiedenti protezione internazionale che si presentano alle loro frontiere, prima di riconoscere ai medesimi un diritto di ingresso nel loro territorio, alle condizioni enunciate da tale articolo 43 e al fine di garantire l’effettività delle procedure previste dal medesimo articolo 43»; «Inoltre, dall’articolo 43, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 risulta che un trattenimento fondato su tale disposizione è giustificato soltanto al fine di consentire allo Stato membro interessato di esaminare, prima di riconoscere al richiedente protezione internazionale il diritto di entrare nel suo territorio, se la sua domanda non sia inammissibile […] o se essa non debba essere respinta in quanto infondata […]».

(7)  Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) (GU L 243 del 15.9.2009, pag. 1).

(8)  CEPS, Relazione di progetto, Search and rescue, disembarkation and relocation arrangements in the Mediterranean. Sailing Away from Responsibility?, giugno 2019.

(9)  L’Eurodac migliorerà le capacità di monitoraggio degli Stati membri in questo settore e impedirà lo «shopping» del rimpatrio volontario assistito e della reintegrazione (AVRR), in quanto gli Stati membri avranno accesso immediato a tali informazioni e una persona assistita in uno Stato membro non potrà recarsi in un altro Stato membro al fine di ottenere un’assistenza diversa o migliore. Attualmente gli Stati membri non dispongono di una banca dati comune o di un modo per stabilire se un rimpatriando abbia già beneficiato di un sostegno al rimpatrio e al reinserimento. Queste informazioni sono essenziali per combattere gli abusi e i doppi benefici.

(10)  Il sistema di ingressi/uscite consente agli Stati membri di individuare i cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato illegalmente pur essendo entrati legalmente nell’UE. Tuttavia, non esiste un sistema di questo tipo per identificare i cittadini di paesi terzi presenti illegalmente nel territorio dell’UE dopo essere entrati irregolarmente alle frontiere esterne. L’attuale sistema Eurodac è la banca dati ideale per conservare queste informazioni, in quanto contiene già dati di questo tipo. Per il momento, la raccolta di tali dati si limita a contribuire alla determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo. L’identificazione dei cittadini di paesi terzi presenti illegalmente e di coloro che sono entrati irregolarmente nell’Unione europea alle frontiere esterne aiuterà in particolare gli Stati membri a rilasciare nuovi documenti a un cittadino di paese terzo ai fini del rimpatrio.


ALLEGATO

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2, del regolamento interno):

Punto 2.2

Modificare come segue:

2.2.

Gli Stati membri dell’Europa meridionale non hanno altra scelta che quella di trasformarsi in centri di trattenimento o di costituire dei centri di pre-partenza chiusi, nei quali la situazione dei richiedenti asilo è molto problematica in termini di condizioni di vita e di godimento dei diritti.

Motivazione

Il testo attuale si presta facilmente a fraintendimenti, perché i paesi in sé non si trasformano né in centri di trattenimento né in altro. I centri di pre-partenza sono costituiti negli Stati membri.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

96

Voti contrari:

100

Astensioni:

47

I seguenti punti del parere della sezione sono stati modificati conformemente ai corrispondenti emendamenti approvati dall’Assemblea, ma hanno tuttavia ottenuto oltre un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2 del regolamento interno).

1.1.

Il CESE prende atto del nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, che mira ad affrontare un fenomeno complesso e multiforme. Il CESE ritiene che i nuovi regolamenti apportino un contributo positivo ai fini di una maggiore efficacia delle misure volte a garantire la sicurezza delle frontiere dell’UE. È in atto la definizione di un processo migliore e più sicuro per controllare coloro che entrano nell’UE. Tuttavia, una strategia europea comune e integrata, che sia resiliente e lungimirante, è estremamente necessaria e troppo lungamente attesa. Purtroppo, per quanto riguarda la questione della migrazione e dell’asilo nel suo complesso, la Commissione sta riproponendo la solita minestra riscaldata che oltretutto, com’è prassi abituale, viene servita fredda ai paesi dell’Europa meridionale. Per di più, i quattro o cinque Stati membri interessati diventeranno dei «centri chiusi di trattenimento»  (1) in cui degli esseri umani dovranno restare per almeno sei o sette mesi — se non di più — in attesa di conoscere l’esito delle procedure, il che darà luogo a situazioni di gran lunga peggiori rispetto al passato.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

105

Voti contrari:

99

Astensioni:

43

1.2.

Il CESE vuole sottolineare che sembra esservi una mancanza di buona volontà da parte della Commissione per quanto riguarda i suggerimenti da esso formulati. Tutti i suoi pareri (SOC/649, SOC/669 e SOC/670) criticano l’adozione sia del regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione che del regolamento sulle procedure di asilo. Il CESE vorrebbe anche segnalare che, sulla base dei contatti avuti con la Commissione e dell’esame dei nove regolamenti, le prospettive di un’efficace attuazione di questi ultimi appaiono poco promettenti. È tipico della Commissione scegliere di non trattare l’immigrazione come una questione unica, affermando piuttosto che qualsiasi proposta o suggerimento rientra nell’ambito di un altro regolamento. Di conseguenza, nessuna questione può essere sostanzialmente collegata a un’altra, il che significa che ognuna è invece considerata individualmente nell’ambito di applicazione di ciascun regolamento specifico. In parole povere, «per ogni osservazione, la palla viene passata a un’altra regola», oppure la Commissione semplicemente respinge tutte le osservazioni sulla base del fatto che esse rientrano in norme diverse.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

101

Voti contrari:

97

Astensioni:

41


(1)  Il concetto di «non ingresso» esiste sia nell’acquis di Schengen che nell’acquis in materia di asilo (articolo 43 della direttiva sulle procedure d’asilo).


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa: inverdire gli edifici, creare posti di lavoro e migliorare la vita

[COM(2020) 662 final]

(2021/C 155/11)

Relatore:

Pierre Jean COULON

Correlatore:

Aurel Laurenţiu PLOSCEANU

Consultazione

Commissione europea, 11.11.2020

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

11.2.2021

Adozione in sessione plenaria

24.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

212/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’adozione da parte della Commissione europea di una proposta di strategia europea dal titolo Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa: inverdire gli edifici, creare posti di lavoro e migliorare la vita. Tale strategia risponde a una necessità assoluta e inevitabile per l’Unione europea e per i suoi cittadini, strategia che il CESE intende sostenere e alimentare attivamente con le sue riflessioni e proposte.

1.2.

Il Comitato ritiene infatti che gli alloggi e altri edifici, ai quali è imputabile il 40 % del consumo energetico totale dell’Unione europea, debbano rientrare nell’ondata di ristrutturazioni promossa dall’Unione europea, in un’ottica globale di investimenti a lungo termine di interesse generale, di sviluppo sostenibile, di protezione della salute, includendo il trattamento dell’amianto in questi lavori, di transizione ecologica e di effettiva attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali in materia di alloggi sostenibili e a prezzi accessibili.

1.3.

Il CESE appoggia quindi la strategia dell’ondata di ristrutturazioni poiché offre un triplice beneficio all’Unione europea per quanto riguarda il clima, la ripresa attraverso i posti di lavoro generati a livello locale e, infine, la lotta contro la pandemia e la povertà energetica e per la promozione di alloggi a prezzi accessibili per tutti, comprese le persone vulnerabili.

1.4.

Il Comitato ritiene che questa strategia, data la sua particolare portata e il suo orizzonte 2050, debba essere dotata di un quadro giuridico e finanziario stabile, chiaro e adeguato, sia mediante un fondo europeo di investimento appositamente creato, piani di investimento pluriennali e un nuovo «semestre verde», sia mediante l’elaborazione di un quadro giuridico specifico appositamente adattato, per esempio in materia di aiuti di Stato, aliquote IVA applicabili, appalti pubblici, prestiti ipotecari «verdi» e norme di rendimento energetico.

1.5.

Il CESE invita la Commissione a mettere in atto incentivi per la creazione, a livello locale, di filiere di industrializzazione e massificazione dei processi di riqualificazione termica, elaborando nel contempo un nuovo «Erasmus per la riqualificazione termica 2050», in modo da attirare i giovani europei verso queste nuove professioni del futuro.

1.6.

Sulla scorta dell’esperienza del programma ELENA della BEI, il Comitato raccomanda inoltre di incoraggiare gli Stati membri a istituire servizi pubblici di diagnosi energetica, assistenza tecnica e consulenza, in particolare per le famiglie, onde evitare qualsiasi pratica abusiva e fraudolenta collegata ai meccanismi di sostegno alla riqualificazione termica.

1.7.

Il CESE è soprattutto dell’avviso che tale strategia debba consentire all’Unione europea di avvicinarsi ai cittadini e ai loro territori comunicando in modo adeguato i meccanismi esistenti e le modalità per accedervi.

1.8.

Il Comitato chiede una vera e propria sinergia tra l’Osservatorio del parco immobiliare e l’Osservatorio della povertà energetica.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE accoglie con favore l’adozione, da parte della Commissione europea, della comunicazione dal titolo «Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa: inverdire gli edifici, creare posti di lavoro e migliorare la vita». La ristrutturazione su larga scala degli edifici nell’Unione europea (alloggi privati e sociali, edifici pubblici e a uso professionale) rappresenta oggi una necessità assoluta, vista la carenza strutturale di investimenti a lungo termine in questo ambito e alla luce delle conseguenze climatiche, ambientali, economiche e sociali, tenuto conto dei costi di una mancata azione in tal senso.

2.2.

Il Comitato sostiene la strategia proposta dalla Commissione sulla base dell’obiettivo della neutralità climatica, dell’applicazione dei principi di circolarità, del contributo agli obiettivi di sviluppo sostenibile e alla competitività dell’Europa, della salvaguardia del patrimonio culturale e, soprattutto, del diritto di ciascuno di disporre di un’abitazione vivibile, accessibile, salubre e a prezzo contenuto, conformemente al principio 19 del pilastro europeo dei diritti sociali.

2.3.

Gli alloggi e altri edifici, ai quali è imputabile il 40 % del consumo energetico totale dell’Unione europea, devono rientrare nell’ondata di ristrutturazioni promossa dall’Unione europea, in un’ottica globale di investimenti a lungo termine di interesse generale, di sviluppo sostenibile e di transizione ecologica.

2.4.

Inoltre, la pandemia ha evidenziato il ruolo chiave degli alloggi nella gestione sanitaria della crisi e la necessità di ripensare il loro utilizzo, e quindi la loro progettazione, in considerazione delle esigenze di confinamento.

2.5.

La pandemia ha soprattutto evidenziato il nesso inaccettabile tra alloggi insalubri, povertà energetica e resistenza alla pandemia.

2.6.

La strategia dell’ondata di ristrutturazioni si fonda quindi su un approccio che offre un triplice beneficio per l’importanza del suo efficace contributo all’azione a favore del clima, per il volume di investimenti a lungo termine e di posti di lavoro locali che può generare e che possono contribuire attivamente alla ripresa, nonché per la lotta contro la povertà energetica e per la promozione della coesione e dell’inclusione sociali grazie all’offerta di alloggi a prezzi accessibili per i cittadini dell’Unione europea.

2.7.

L’ondata di ristrutturazioni edilizie deve quindi essere alimentata da venti e correnti permanenti e convergenti, in termini sia di regolamentazione e aiuti dell’Unione europea sia di piani di investimento pluriennali degli Stati membri. Tali piani devono essere al tempo stesso chiari e accessibili, tenendo conto della diversità degli attori e delle loro personali logiche di investimento: dalle famiglie europee che possiedono un’abitazione propria, in regime di proprietà o comproprietà, alle famiglie che mettono sul mercato uno o più alloggi in affitto, agli enti proprietari di alloggi sociali, i quali hanno una specifica missione d’interesse generale con conseguenti obblighi di servizio pubblico, alle autorità pubbliche con il loro patrimonio edilizio, agli edifici storici protetti o alle imprese con i loro immobili. Tutti questi soggetti possono potenzialmente «cavalcare» l’ondata di ristrutturazioni, e occorre pertanto incoraggiarli a investire a lungo termine nei loro alloggi e in altri edifici entro il 2050 attraverso meccanismi di finanziamento adeguati alla natura degli edifici, tra cui prestiti a lungo termine o «prestiti verdi», garanzie pubbliche e inevitabili sovvenzioni a fondo perduto, in particolare per le famiglie.

2.8.

L’ondata di ristrutturazioni edilizie dovrà essere guidata soprattutto da un movimento europeo di industrializzazione e massificazione delle operazioni a livello locale, in modo da ridurre i costi di ristrutturazione e i tempi di esecuzione dei lavori per le famiglie che occupano gli alloggi, esternalizzando e digitalizzando i processi. Tale industrializzazione dovrà essere accompagnata da nuovi modelli edilizi basati su requisiti tecnici e norme di costruzione adattati, e soprattutto da una campagna europea di valorizzazione di questa nuova filiera e dei nuovi potenziali posti di lavoro rivolta alle giovani generazioni attraverso il lancio di un «Erasmus per la riqualificazione termica 2050», che il Comitato auspica fortemente. Occorre inoltre prestare particolare attenzione ai rischi di dumping sociale connessi a queste esternalizzazioni e ad altre forme di subappalto dei lavori.

2.9.

La Commissione dovrà al tempo stesso garantire la convergenza delle disposizioni esistenti, delle disposizioni da riesaminare e delle proposte di nuove disposizioni, non solo a beneficio degli Stati membri e delle loro strategie di investimento a lungo termine, ma anche delle famiglie, degli enti proprietari di alloggi sociali, delle autorità pubbliche e delle imprese, ai quali spetta la decisione finale di intraprendere gli investimenti a lungo termine, in base a logiche individuali, che andranno ad alimentare l’ondata di ristrutturazioni fino al 2050.

2.10.

Tale necessaria convergenza riguarda sia le revisioni delle disposizioni vigenti per esempio in materia di direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia, appalti pubblici, regimi di aiuti di Stato, in particolare per l’edilizia popolare, aliquote IVA specifiche applicabili, credito ipotecario «verde», ma anche delle disposizioni e delle condizionalità del piano europeo di ripresa Next Generation EU e della politica di coesione per il periodo 2021-2027, che devono essere chiare per le famiglie europee alle quali sono rivolte. Tale piano deve essere rivitalizzato mediante una vera e propria politica di proposte e raccomandazioni concrete nonché un approccio di coordinamento degli osservatori nazionali esistenti.

2.11.

Il Comitato chiede che l’Osservatorio europeo del parco immobiliare operi in sinergia con l’Osservatorio della povertà energetica.

2.12.

Il Comitato chiede che negli Stati membri sia istituito un servizio pubblico di promozione dell’ondata di riqualificazione termica, diagnosi energetica e assistenza tecnica per le relative operazioni rivolto alle famiglie, onde evitare pratiche abusive nella commercializzazione delle opere di ristrutturazione.

3.   Osservazioni — Stimolare la ristrutturazione degli edifici a favore della neutralità climatica e della ripresa

3.1.

La ristrutturazione su larga scala degli edifici nell’Unione europea (alloggi privati e sociali, edifici pubblici e a uso professionale) rappresenta oggi una necessità assoluta, vista la carenza strutturale di investimenti a lungo termine in questo ambito e alla luce delle conseguenze climatiche, ambientali, economiche e sociali.

3.2.

Il Comitato condivide l’analisi della Commissione sull’urgenza climatica di un’azione di ristrutturazione degli alloggi e di altri edifici e sulla necessità di cogliere l’opportunità offerta dalla crisi COVID-19 per ripensare, riprogettare e modernizzare i nostri edifici nell’ottica di un triplice beneficio ambientale, sociale ed economico. Si tratta infatti di un’opportunità unica di agire, allo stesso tempo, per la neutralità climatica, la ripresa e la coesione sociale.

Il Comitato desidera sollevare la questione della diversità degli edifici interessati, e in particolare della diversità degli alloggi da ristrutturare, che vanno dalle case unifamiliari ai grandi complessi edilizi costruiti durante il periodo sovietico, fino alle periferie popolari. In questa grande diversità abitativa, i complessi residenziali dell’Europa orientale, le vecchie case dei centri urbani sottovalutati, gli alloggi suburbani e gli alloggi rurali possono essere oggetto di una specifica priorità. In relazione al fatto che il patrimonio abitativo è diventato obsoleto e richiede processi di rinnovamento sia per migliorare la qualità della vita dei cittadini che per il progresso tecnico degli edifici, è necessario garantire l’accesso ai finanziamenti per i cittadini, dato che attualmente è una delle principali barriere per la ristrutturazione. Allo stesso modo, si dovrà tenere conto dell’accessibilità per le persone con disabilità. L’Unione europea deve anche cogliere questa opportunità di azione su larga scala per avvicinarsi ai suoi cittadini e al loro territorio attraverso una comunicazione adeguata.

3.3.

Il Comitato sostiene l’obiettivo proposto di raddoppiare entro il 2030 il tasso annuo di ristrutturazione energetica degli alloggi e di altri edifici, stimolando nel contempo le ristrutturazioni profonde, vale a dire 35 milioni di unità immobiliari entro il 2030, senza allentare il ritmo, al fine di raggiungere la neutralità climatica a livello di UE entro il 2050. Idealmente tale raddoppiamento dovrebbe essere superato e si dovrebbe puntare a triplicarlo.

3.4.

Il Comitato sottolinea l’ambizione di tale obiettivo, la sua prospettiva trentennale e la necessità di agire in profondità per uniformare le disposizioni legislative e regolamentari esistenti in materia e i meccanismi di sostegno finanziario per le famiglie interessate, gli enti proprietari di alloggi sociali, le autorità pubbliche e gli altri proprietari di immobili interessati, tutti potenziali investitori che occorre convincere a investire a lungo termine in base alle loro logiche e capacità individuali. L’allineamento in corso, da parte degli Stati membri e delle rispettive autorità di gestione regionali, tra lo strumento per la ripresa Next Generation EU e la politica di coesione 2021-2027 dimostra tale approccio.

4.   Osservazioni — Principi fondamentali per la ristrutturazione degli edifici a orizzonte 2030 e 2050

4.1.

Il Comitato condivide la necessità di adottare una strategia globale e integrata che coinvolga gli attori interessati sulla base di sette principi: efficienza energetica al primo posto, accessibilità economica, decarbonizzazione e integrazione delle energie rinnovabili, ciclo di vita e circolarità, standard sanitari e ambientali elevati, duplice sfida della transizione verde e digitale, e rispetto dell’estetica e della qualità architettonica.

4.2.

Il Comitato sottolinea la particolare importanza da attribuire, conformemente al principio 19 del pilastro europeo dei diritti sociali, all’accessibilità economica degli alloggi e degli investimenti che devono essere effettuati dalle famiglie interessate, siano esse proprietarie occupanti, affittuarie o comproprietarie di edifici degradati, in particolare nel trattamento delle inefficienze termiche e nella lotta contro la povertà energetica, ma anche dagli enti proprietari di alloggi sociali, i cui livelli di affitto sono soggetti a obblighi di servizio pubblico riguardo all’accessibilità economica imposti conformemente alle specifiche funzioni di servizio pubblico assegnate dagli Stati membri.

4.3.

Il CESE sottolinea che l’isolamento dei muri cavi e dei pavimenti sono le misure che consentono il maggior risparmio di CO2, le più semplici da realizzare e le meno onerose. Ma anche questi interventi relativamente poco costosi risultano troppo onerosi per molti proprietari di abitazioni, nonostante l’abbassamento dei costi energetici che essi producono. Per tale motivo, il CESE raccomanda ai governi nazionali di istituire un programma di sovvenzioni per la realizzazione di questi lavori. Alcuni calcoli effettuati nei Paesi Bassi dimostrano che una sovvenzione di 2 000 EUR per abitazione è sufficiente per realizzare questi interventi. Oltre a ridurre in misura sostanziale le emissioni di CO2, un tale programma contribuisce anche considerevolmente all’occupazione nel settore edile duramente colpito dalla pandemia di COVID-19. Lo stesso si può dire per la Francia dopo la recente introduzione, per tutte le famiglie, del bonus per la riqualificazione termica dell’abitazione «MaPrimeRenov».

4.4.

Occorre inoltre tener conto delle conclusioni e delle raccomandazioni formulate nel parere del CESE sul tema Lavoro con l’amianto nella ristrutturazione energetica (1), al fine di promuovere la rimozione dell’amianto durante i lavori di ristrutturazione energetica, ove necessario e possibile.

5.   Osservazioni — Ristrutturazioni più rapide e profonde per edifici migliori

5.1.

Il Comitato condivide l’analisi della Commissione sui numerosi ostacoli che si frappongono alle decisioni di investimento individuali e sulla complessità dell’accesso ai finanziamenti, in particolare a livello locale, complessità che concerne sia i regimi nazionali sia i fondi strutturali, soprattutto nella fase di valutazione dei progetti, ma anche in rapporto ai tempi di erogazione degli aiuti. Tali complessità e disfunzioni devono essere risolte in via prioritaria per raggiungere gli obiettivi prefissati, anche nel contesto dell’attuazione, a partire dal 2021, delle disposizioni specifiche della politica di coesione per il periodo 2021-2027.

5.2.

Il Comitato prende atto dell’individuazione di tali ostacoli da parte della Commissione nell’ambito della sua consultazione pubblica, e della proposta in materia di rafforzamento dell’informazione, certezza del diritto e incentivi a ristrutturare, finanziamenti adeguati e ben mirati, capacità di preparazione e realizzazione dei progetti, promozione di interventi di ristrutturazione completi e integrati, adattamento dell’ecosistema alla ristrutturazione sostenibili e, infine, utilizzo della ristrutturazione per affrontare il problema della povertà energetica e per promuovere alloggi a prezzi accessibili mediante il varo di un’iniziativa europea specifica. Queste proposte devono essere attuate secondo un principio di semplicità, di combinazione prestabilita di finanziamenti aggiuntivi che possono essere mobilitati dalle autorità pubbliche e di proporzionalità dei controlli sugli aiuti di Stato.

5.3.

Il Comitato sostiene la proposta della Commissione di incaricare l’Osservatorio europeo del parco immobiliare di gestire un archivio europeo del rendimento energetico degli edifici e di promuovere l’elaborazione di incentivi in questo ambito. L’Osservatorio dovrà operare di concerto con l’Osservatorio della povertà energetica, che in tale occasione dovrà essere rinnovato.

5.4.

Il Comitato riconosce la natura molto particolare della situazione attuale per quanto riguarda la potenziale mobilitazione delle risorse europee per la riqualificazione termica nell’ambito dello strumento di ripresa Next Generation EU, da un lato, e della politica di coesione per il periodo 2021-2027, dall’altro. Vi sono almeno 13 strumenti che possono contribuire a cofinanziare la riqualificazione termica, attraverso sovvenzioni a fondo perduto o prestiti a lungo termine a tassi agevolati e garanzie pubbliche.

5.5.

Il CESE ritiene che questa situazione eccezionale debba indurre l’Unione europea, oltre a formulare obiettivi quantitativi di ristrutturazione, a rafforzare gli Stati membri e i loro programmi annuali di investimento nella riqualificazione termica e a garantire che tali programmi siano valutati su base annuale nell’ambito del semestre europeo, realizzando una vera e propria «governance verde» accanto alla governance economica, o ricorrendo al metodo aperto di coordinamento.

5.6.

Il Comitato è dell’avviso che questa situazione unica debba essere utilizzata anche per affrontare la povertà energetica ed eliminarla, attribuendo priorità a tale obiettivo nella mobilitazione dei finanziamenti. L’Osservatorio europeo della povertà energetica dovrebbe essere rafforzato nei suoi compiti ed essere posto alla guida di una rete europea di osservatori sulla povertà energetica degli Stati membri.

5.7.

Il CESE desidera tuttavia sensibilizzare la Commissione in merito alla difficoltà per i potenziali investitori, in particolare le famiglie e gli enti proprietari di alloggi sociali, di combinare questi diversi canali di finanziamento e di coordinarli rispetto alle differenti regolamentazioni, spese ammissibili e controlli applicabili. In considerazione dell’orizzonte 2050, queste disposizioni dovrebbero essere unificate in modo da renderle più chiare e accessibili alle famiglie e alle autorità pubbliche.

5.8.

In considerazione della durata dell’investimento in questione e dell’obiettivo del 2050, il Comitato propone alla Commissione di studiare, a fini di semplificazione e di chiarezza per le famiglie europee interessate, la fattibilità di un fondo di investimento specifico sostenuto dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), che garantisca al contempo l’assistenza tecnica, l’integrazione dei meccanismi esistenti e la continuità della sua azione a orizzonte 2050.

5.9.

Il Comitato sostiene l’intenzione della Commissione di rivedere in tal senso i regimi di aiuti di Stato applicabili agli investimenti per la riqualificazione termica. Tali regimi devono essere semplificati in modo da non costituire un ostacolo alle decisioni di investimento, considerata la loro assoluta necessità. Il CESE accoglie con favore anche la decisione di valutare nel 2021 la decisione 2012/21/UE della Commissione (2), riguardante gli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico. Gli aiuti per la riqualificazione termica degli alloggi sociali rientrano infatti nel regime applicabile all’adempimento degli obblighi di servizio pubblico.

5.10.

Il Comitato sostiene la proposta della Commissione di varare un’iniziativa europea per gli alloggi a prezzi accessibili finanziando 100 progetti faro innovativi e partecipativi, incentrati sulla ristrutturazione globale di quartieri di alloggi sociali affinché fungano da modello per lo sviluppo su larga scala nell’Unione europea. Data la capacità di investimento degli enti proprietari di alloggi sociali in qualità di servizi di interesse economico generale e con il sostegno della BEI, la massificazione delle operazioni e l’industrializzazione dei programmi di ristrutturazione degli edifici contribuiscono non solo a creare posti di lavoro a livello locale, ma anche a ridurre i costi di ristrutturazione per gli altri alloggi ed edifici pubblici mediante la creazione di nuove filiere industriali locali.

5.11.

Il Comitato propone alla Commissione, sulla base dell’esperienza dello strumento ELENA e con il sostegno della BEI, di incoraggiare gli Stati membri a organizzare un servizio pubblico di assistenza tecnica per le operazioni di riqualificazione termica, rivolto in particolare alle famiglie interessate, onde evitare le pratiche abusive e fraudolente già osservate in alcuni Stati membri in relazione ai lavori di riqualificazione termica.

5.12.

Il Comitato sostiene pienamente l’iniziativa «Nuovo Bauhaus europeo» annunciato dalla Presidente von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione ed elaborata nella comunicazione in esame, che riunirà professionisti di diverse discipline per concepire gli edifici di domani e per ripensare quali caratteristiche possa e debba avere la vita sostenibile futura. Il Comitato invita tutte le parti interessate a partecipare alla consultazione pubblica avviata dalla Commissione.

Bruxelles, 24 febbraio 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 240 del 16.7.2019, pag. 15.

(2)  Decisione 2012/21/UE della Commissione, del 20 dicembre 2011, riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (GU L 7 dell’11.1.2012, pag. 3)


30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/78


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri (codificazione)

[COM(2021) 34 final - 2021/0018 (COD)]

(2021/C 155/12)

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 8.2.2021

Parlamento europeo, 8.2.2021

Base giuridica

Articoli 91 e 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sessione plenaria

24.2.2021

Sessione plenaria n.

558

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

234/0/8

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 558a sessione plenaria dei giorni 24 e 25 febbraio 2021 (seduta del 24 febbraio), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 234 voti favorevoli, 0 voti contrari e 8 astensioni.

Bruxelles, 24 febbraio 2021

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


Rettifiche

30.4.2021   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/79


Rettifica del parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria per il periodo 2021-2027 (programma “Pericle IV”)»[COM(2018) 369 final — 2018/0194(CNS)]

( Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 440 del 6 dicembre 2018 )

(2021/C 155/13)

Pagina di copertina e pagina 199, titolo:

anziché:

«Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla “Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria per il periodo 2021-2027 (programma ‘Pericle IV’)”[COM(2018) 369 final — 2018/0194(CNS)]»,

leggasi:

«Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla “Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria per il periodo 2021-2027 (programma ‘Pericle IV’)”[COM(2018) 369 final — 2018/0194(COD)]».