ISSN 1725-2466

doi:10.3000/17252466.CE2010.046.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 46E

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

53o anno
24 febbraio 2010


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

Parlamento europeo

 

Martedì 13 gennaio 2009

2010/C 046E/01

Relazioni economiche e commerciali con i Balcani occidentali
Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulle relazioni economiche e commerciali con i Balcani occidentali (2008/2149(INI))

1

2010/C 046E/02

Politica agricola comune e sicurezza alimentare globale
Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale (2008/2153(INI))

10

2010/C 046E/03

Prospettive di sviluppo del dialogo civile nel contesto del trattato di Lisbona
Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulle prospettive di sviluppo del dialogo civile dopo il trattato di Lisbona (2008/2067(INI))

23

2010/C 046E/04

Recepimento, attuazione e applicazione delle direttive 2005/29/CE e 2006/114/CE
Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sul recepimento, attuazione e applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (2008/2114(INI))

26

2010/C 046E/05

PCP e approccio ecosistemico alla gestione della pesca
Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla PCP e l'approccio ecosistemico alla gestione della pesca (2008/2178(INI))

31

2010/C 046E/06

Le finanze pubbliche nell'UEM - 2007 e 2008
Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulle finanze pubbliche nell'UEM 2007-2008 (2008/2244(INI))

38

2010/C 046E/07

Fibromialgia
Dichiarazione del Parlamento europeo sulla fibromialgia

46

 

Mercoledì 14 gennaio 2009

2010/C 046E/08

Situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2004-2008)
Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea 2004-2008 (2007/2145(INI))

48

2010/C 046E/09

Accordo sulla convenzione del lavoro marittimo
Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e che modifica la direttiva 1999/63/CE

69

2010/C 046E/10

Sviluppo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, incluso il ruolo dell'Unione europea
Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sullo sviluppo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e il ruolo dell'Unione europea (2008/2201(INI))

71

2010/C 046E/11

Accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione
Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sull'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (attuazione del regolamento (CE) n. 1049/2001) (2007/2154(INI))

80

 

Giovedì 15 gennaio 2009

2010/C 046E/12

Controllo di bilancio sull'utilizzazione dei fondi dell'Unione europea in Afghanistan
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sul controllo di bilancio dei fondi dell'Unione europea in Afghanistan (2008/2152(INI))

87

2010/C 046E/13

Parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 concernente il recepimento e l'applicazione della direttiva 2002/73/CE relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (2008/2039(INI))

95

2010/C 046E/14

Situazione nella Striscia di Gaza
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sulla situazione nella Striscia di Gaza

100

2010/C 046E/15

Situazione nel Corno d'Africa
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sulla situazione nel Corno d'Africa

102

2010/C 046E/16

Strategia dell'Unione europea in Bielorussia
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sulla strategia dell'Unione Europea nei confronti della Bielorussia

107

2010/C 046E/17

Srebrenica
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 su Srebrenica

111

2010/C 046E/18

Iran: il caso di Shirin Ebadi
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sull'Iran: il caso di Shirin Ebadi

113

2010/C 046E/19

Guinea
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sul colpo di Stato in Guinea

116

2010/C 046E/20

Libertà di stampa in Kenya
Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sulla libertà di stampa in Kenya

118

 

III   Atti preparatori

 

Parlamento europeo

 

Martedì 13 gennaio 2009

2010/C 046E/21

Accordo CE/Stati Uniti d'America sulla cooperazione in materia di regolamentazione della sicurezza dell'aviazione civile *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma di un accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America sulla cooperazione in materia di regolamentazione della sicurezza dell'aviazione civile (10972/2007 – COM(2007)0325 – C6-0275/2008 – 2007/0111(CNS))

120

2010/C 046E/22

Regime comune di scambi per l'ovoalbumina e la lattoalbumina (versione codificata) *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla proposta di regolamento del Consiglio che instaura un regime comune di scambi per l'ovoalbumina e la lattoalbumina (versione codificata) (COM(2008)0488 – C6-0334/2008 – 2008/0155(CNS))

120

2010/C 046E/23

Regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale (versione codificata) *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla proposta di direttiva del Consiglio relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri (versione codificata) (COM(2008)0492 – C6-0336/2008 – 2008/0158(CNS))

121

2010/C 046E/24

Regime linguistico applicabile alle impugnazioni proposte contro le decisioni del Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sul progetto di decisione del Consiglio recante modifica del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado delle Comunità europee per quanto riguarda il regime linguistico applicabile alle impugnazioni proposte contro le decisioni del Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea (13301/2008 – C6-0348/2008 – 2008/0806(CNS))

122

2010/C 046E/25

Quadro d'azione per l'utilizzo sostenibile dei pesticidi ***II
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi (6124/2008 – C6-0323/2008 – 2006/0132(COD))

123

P6_TC2-COD(2006)0132Posizione del Parlamento europeo definita in seconda lettura il 13 gennaio 2009 in vista dell'adozione della direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi

123

2010/C 046E/26

Immissione sul mercato di prodotti fitosanitari ***II
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari e che abroga le direttive 79/117/CEE e 91/414/CEE del Consiglio (11119/8/2008 – C6-0326/2008 – 2006/0136(COD))

124

P6_TC2-COD(2006)0136Posizione del Parlamento europeo definita in seconda lettura il 13 gennaio 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari e che abroga le direttive 79/117/CEE e 91/414/CEE del Consiglio

124

2010/C 046E/27

Organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (rifusione) ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (rifusione) (COM(2008)0458 – C6-0287/2008 – 2008/0153(COD))

125

P6_TC1-COD(2008)0153Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 gennaio 2009 in vista dell'adozione della direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (rifusione)

125

 

Mercoledì 14 gennaio 2009

2010/C 046E/28

Caratteristiche di sicurezza ed elementi biometrici nei passaporti e nei documenti di viaggio ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri (COM(2007)0619 – C6-0359/2007 – 2007/0216(COD))

126

P6_TC1-COD(2007)0216Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 14 gennaio 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri

127

ALLEGATO

127

2010/C 046E/29

Appalti pubblici nei settori della difesa e della sicurezza ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione di taluni appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza (COM(2007)0766 – C6-0467/2007 – 2007/0280(COD))

128

P6_TC1-COD(2007)0280Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 14 gennaio 2009 in vista dell'adozione della direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure per l'aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE

128

2010/C 046E/30

Sostanze e preparati pericolosi (diclorometano) ***I
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 76/769/CEE del Consiglio per quanto riguarda restrizioni dell'immissione sul mercato e dell'uso di talune sostanze e preparati pericolosi (diclorometano) (COM(2008)0080 – C6-0068/2008 – 2008/0033(COD))

129

P6_TC1-COD(2008)0033Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 14 gennaio 2009 in vista dell'adozione della decisione n. …/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 76/769/CEE del Consiglio per quanto riguarda restrizioni dell'immissione sul mercato e dell'uso di diclorometano

129

2010/C 046E/31

Autorizzazione a ratificare la Convenzione sul lavoro nel settore della pesca - (2007) dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Convenzione 188) *
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell'interesse della Comunità europea, la Convenzione sul lavoro nella pesca - 2007 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Convenzione 188) (COM(2008)0320 – C6-0218/2008 – 2008/0107(CNS))

130

Significato dei simboli utilizzati

*

procedura di consultazione

**I

procedura di cooperazione, prima lettura

**II

procedura di cooperazione, seconda lettura

***

parere conforme

***I

procedura di codecisione, prima lettura

***II

procedura di codecisione, seconda lettura

***III

procedura di codecisione, terza lettura

(La procedura di applicazione é fondata sulla base giuridica proposta dalla Commissione)

Emendamenti politici: il testo nuovo o modificato è evidenziato in grassetto corsivo e le soppressioni sono indicate dal simbolo ▐.

Correzioni e adeguamenti tecnici dei servizi: il testo nuovo o modificato è evidenziato in corsivo semplice e le soppressioni sono indicate dal simbolo ║.

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

Parlamento europeo

Martedì 13 gennaio 2009

24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/1


Relazioni economiche e commerciali con i Balcani occidentali

P6_TA(2009)0005

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulle relazioni economiche e commerciali con i Balcani occidentali (2008/2149(INI))

(2010/C 46 E/01)

Il Parlamento europeo,

visto il regolamento (CE) n. 1946/2005 del Consiglio del 14 novembre 2005 che modifica il regolamento (CE) n. 2007/2000 recante misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione dell'Unione europea (1),

visto il regolamento (CE) n. 1085/2006, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (2),

viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo tenutosi a Salonicco il 19 e 20 giugno 2003, in occasione del quale è stata promessa l'adesione all'Unione europea a tutti i paesi dei Balcani occidentali,

viste la decisione del Consiglio europeo del 16 dicembre 2005 di accordare all'ex Repubblica iugoslava di Macedonia lo status di paese candidato all'adesione all'Unione europea e le conclusioni della Presidenza dei Consigli europei del 15-16 giugno 2006, del 14-15 dicembre 2006 e del 19-20 giugno 2008,

vista la decisione di avviare i negoziati di adesione con la Croazia, adottata dal Consiglio europeo il 3 ottobre 2005,

vista la comunicazione della Commissione del 5 marzo 2008 dal titolo «Rafforzare la prospettiva europea dei Balcani occidentali» (COM(2008)0127),

vista la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999,

vista la sua risoluzione del 29 marzo 2007 sul futuro del Kosovo e il ruolo dell'Unione europea (3),

vista la sua posizione del 12 ottobre 2006 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla concessione di un'assistenza finanziaria eccezionale al Kosovo (4),

vista la sua risoluzione del 23 aprile 2008 relativa alla relazione 2007 sui progressi compiuti dall'ex Repubblica iugoslava di Macedonia (5),

vista la sua risoluzione del 10 aprile 2008 sulla relazione concernente i progressi compiuti dalla Croazia nel 2007 (6),

vista la sua raccomandazione del 15 marzo 2007 destinata al Consiglio sulla Bosnia-Erzegovina (7),

vista la sua raccomandazione del 25 ottobre 2007 destinata al Consiglio sulle relazioni tra l'Unione europea e la Serbia (8),

vista la sua posizione del 6 settembre 2006 sulla proposta di decisione del Consiglio e della Commissione concernente la conclusione di un accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Albania, dall'altra (9),

vista la sua posizione del 13 dicembre 2007 sulla proposta di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Montenegro, dall'altra (10),

vista la comunicazione della Commissione del 31 gennaio 2007 dal titolo «Estensione dei principali assi di trasporto transeuropei ai paesi confinanti - Orientamenti per i trasporti in Europa e nelle regioni confinanti» (COM(2007)0032),

vista la comunicazione della Commissione del 5 marzo 2008 sullo stato di avanzamento dei colloqui relativi alla cooperazione nel settore dei trasporti con i paesi vicini (COM(2008)0125),

visto il trattato che istituisce una Comunità dell'energia tra l'Unione europea e l'Europa sud-orientale, firmato ad Atene il 25 ottobre 2005,

vista la comunicazione della Commissione del 6 novembre 2007 sulla strategia di allargamento e le sfide principali per il periodo 2007-2008 (COM(2007)0663),

viste la sua risoluzione del 16 marzo 2006 sul documento 2005 di strategia per l'allargamento della Commissione e quella del 13 dicembre 2006 sulla comunicazione della Commissione concernente la strategia di allargamento (11) e le sfide principali per il periodo 2006-2007 (12),

viste tutte le altre precedenti risoluzioni sui paesi dei Balcani occidentali,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per il commercio internazionale e i pareri della commissione per gli affari esteri e della commissione per lo sviluppo regionale (A6-0489/2008),

A.

considerando che il Consiglio europeo di Salonicco ha chiaramente definito la «prospettiva europea» degli Stati dei Balcani occidentali indicando il processo di stabilizzazione e associazione come il quadro di riferimento generale per le relazioni europee con tali paesi,

B.

considerando che la Croazia è attualmente impegnata nei negoziati di adesione con l'Unione europea e che l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha ottenuto lo status di paese candidato nel 2005,

C.

considerando che le concessioni commerciali e l'assistenza finanziaria dell'Unione europea hanno svolto un ruolo centrale nel processo di stabilizzazione e associazione dei Balcani occidentali,

D.

considerando che la Croazia è sulla buona strada verso la piena adesione all'Unione europea, con prospettive di concludere i negoziati nel 2009, ha continuato a soddisfare i criteri politici ed economici di Copenaghen ed è stata riconosciuta come un'economia di mercato funzionante, il che potrebbe servire da esempio positivo per gli altri paesi della regione,

E.

considerando che il 17 febbraio 2008 l'Assemblea del Kosovo ha approvato una risoluzione con cui è stata dichiarata l'indipendenza del Kosovo; che il 18 febbraio 2008 il Consiglio ha concordato che gli Stati membri avrebbero deciso in merito alle loro relazioni con il Kosovo conformemente alla prassi nazionale ed al diritto internazionale; che, secondo alcune stime, l'assistenza totale fornita dall'Unione europea per lo sviluppo politico ed economico del Kosovo e il finanziamento del contributo dell'Unione europea alla presenza internazionale nel paese ammontano ad oltre 1 000 000 000 EUR per il periodo 2007-2010,

F.

considerando che la prosperità economica e la piena integrazione nel mercato interno dell'Unione europea e nel sistema commerciale mondiale sono fondamentali per la stabilità di lungo termine e la crescita economica e sociale sostenibile nell'intera regione dei Balcani occidentali,

G.

considerando che un'apertura dei mercati dei paesi dei Balcani occidentali realizzata in modo progressivo e con cautela, applicando altresì un approccio per singolo paese che favorisca soprattutto la creazione di un mercato regionale, dovrebbe apportare un significativo contributo al processo di stabilizzazione politica ed economica della regione,

H.

considerando che una maggiore cooperazione economica nella regione dei Balcani occidentali apre anche prospettive positive per la crescita delle economie degli Stati membri sud-orientali dell'Unione europea e rafforzerà una loro maggiore integrazione nel mercato unico,

I.

considerando che l'accordo di libro scambio dell'Europa centrale (CEFTA) ha riunito 32 accordi di libero scambio bilaterali tra paesi dell'Europa meridionale in un unico accordo globale regionale che accresce l'attuale livello di liberalizzazione della regione attraverso un unico quadro di norme eque, trasparenti e prevedibili,

J.

considerando che la crescita economica dei Balcani occidentali varia in modo significativo spaziando, nel 2006, dal 3% della ex Repubblica iugoslava di Macedonia al 10,3% del Montenegro; che anche i tassi di disoccupazione variano in modo significativo, oscillando, nel 2007 dagli elevati indici del Kosovo (40%) a quelli più ridotti del Montenegro (11,9%),

K.

considerando che le economie dei Balcani occidentali dipendono fortemente dal commercio estero e che il totale delle importazioni e delle esportazioni corrisponde ad una consistente quota del loro PIL; considerando altresì che il 61% dei flussi commerciali della regione è diretto verso l'Unione europea, benché essi rappresentino soltanto il 2% del commercio estero dell'Unione europea,

L.

considerando che le infrastrutture per i trasporti e l'agevolazione di questi ultimi sono indispensabili per lo sviluppo economico, la coesione sociale e l'integrazione,

M.

considerando che è necessario un maggiore sostegno a favore delle piccole e medie imprese dei Balcani occidentali al fine di garantire una crescita economica sostenibile, la creazione di posti di lavoro e le esportazioni,

N.

considerando che il settore dei servizi, in particolare il turismo, sta svolgendo un ruolo importante nelle economie dei paesi dei Balcani occidentali,

O.

considerando che i piccoli mercati come quelli esistenti in taluni paesi dei Balcani occidentali sono particolarmente soggetti a intese, prassi restrittive o abusi di potere di mercato, che potrebbero avere un forte impatto sulla crescita economica regionale, il tasso di disoccupazione e lo sviluppo sociale,

P.

considerando che le economie dei Balcani occidentali sono assai eterogenee e hanno caratteristiche diverse, ad esempio Albania, Croazia, Montenegro sono diverse dalle altre economie dei Balcani occidentali, in quanto il settore del turismo è per loro fondamentale,

Q.

considerando che tutti i paesi dei Balcani occidentali hanno concluso accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA) con l'Unione europea,

Considerazioni generali

1.

accoglie con favore i progressi compiuti nel processo di stabilizzazione e associazione e, in particolare, la recente firma dell'ASA con la Bosnia-Erzegovina e con la Serbia; invita gli Stati membri a ultimare il prima possibile il processo di ratifica di tutti gli accordi di stabilizzazione e associazione; si compiace dei progressi compiuti nell'attuazione degli accordi interinali e invita i paesi dei Balcani occidentali a continuare ad impegnarsi in tale ambito; sottolinea l'importanza di rafforzare ulteriormente la dimensione multilaterale del processo di stabilizzazione e associazione in vista di una piena ripresa della cooperazione regionale in tutti i campi;

2.

ribadisce la «prospettiva europea» dei paesi dei Balcani occidentali, chiaramente definita durante il Consiglio europeo di Salonicco; rileva tuttavia che la futura adesione dei paesi dei Balcani occidentali all'Unione europea è strettamente subordinata al rispetto di tutti i requisiti e le condizioni fissati dall'Unione europea, compresi i criteri di adesione di Copenaghen e alla conclusione positiva del processo di stabilizzazione e associazione, che prevede la cooperazione regionale, buone relazioni di vicinato e la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia;

3.

sottolinea che una seria prospettiva di adesione all'Unione europea per gli Stati dei Balcani occidentali può fungere da catalizzatore per incoraggiare la transizione della popolazione e dei governi di tali paesi dal nazionalismo regressivo e dalla violenza settaria alla futura integrazione col resto dell'Europa; tale prospettiva migliorerà inoltre l'immagine relativamente debole che l'Unione europea ha dei Balcani occidentali a causa delle recenti guerre e delle controversie politiche degli ultimi decenni, incentivando a sua volta le aziende dell'Unione europea ad incrementare le loro attività nella regione;

4.

esorta l'Unione europea a dimostrare in modo continuo il suo impegno nei Balcani occidentali, sopratutto in questo periodo politicamente delicato; invita il Consiglio e la Commissione a rendersi consapevoli che la creazione di un «buco nero» in Kosovo non è nell'interesse né dell'Unione europea né dei Balcani occidentali; chiede pertanto alle istituzioni dell'Unione europea di impegnarsi attivamente al fine di evitare tensioni;

5.

ritiene che, ai fini dell'approccio generale adottato nei confronti dei Balcani occidentali, sia indispensabile tener conto delle differenze tra i paesi della regione per quanto concerne i loro rispettivi livelli di sviluppo economico e di rispetto dell'acquis comunitario e delle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC); sottolinea pertanto l'importanza di un percorso rigorosamente individuale verso l'adesione all'Unione europea per ognuno dei paesi dei Balcani occidentali, basato tra l'altro sul rispetto dei criteri di Copenaghen nonché delle condizioni e dei requisiti stabiliti dall'Unione europea da parte di ciascuno di essi;

6.

accoglie con favore la facilitazione dei visti e gli accordi di riammissione che sono entrati in vigore nel gennaio 2008 nonché il dialogo sulle tabelle di marcia in materia di progressiva liberalizzazione del regime dei visti per i paesi dei Balcani occidentali; ritiene che vi sia la reale esigenza di migliorare i regimi doganali esistenti e di istituirne di nuovi ben funzionanti, allo scopo di facilitare i flussi commerciali e garantire una più stretta cooperazione economica, scientifica, tecnologica e commerciale; accoglie con favore la decisione della Commissione di offrire un numero crescente di borse di studio a studenti provenienti dai Balcani occidentali nel quadro del programma Erasmus Mundus;

OMC e accordo CEFTA

7.

invita la Commissione e il Consiglio ad attuare tutte le misure necessarie ad incoraggiare una maggiore integrazione dei Balcani occidentali nel sistema economico e commerciale mondiale, in particolare attraverso l'adesione all'OMC dei paesi della regione che non ne sono ancora membri; si compiace del fatto che l'Albania, la Croazia e l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia siano già membri dell'OMC; sottolinea che la liberalizzazione degli scambi deve andare di pari passo con la riduzione della povertà e dei tassi di disoccupazione, la promozione dei diritti economici e sociali e il rispetto per l'ambiente;

8.

sottolinea la funzione di stimolo che la cooperazione regionale e le buone relazioni di vicinato possono rappresentare per la crescita economica della regione nonché il ruolo fondamentale che l'accordo CEFTA svolge nell'ambito di tale processo; evidenzia come quest'ultimo possa inoltre influire significativamente sull'ulteriore integrazione della regione nell'Unione europea attraverso un rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali tra l'Unione europea e i Balcani occidentali; ritiene pertanto che l'accordo CEFTA costituisca un importante contributo alla preparazione dell'adesione dei paesi dei Balcani occidentali all'Unione europea;

9.

invita i governi dei Balcani occidentali a valutare in modo più approfondito la possibilità di adottare misure volte ad una maggiore liberalizzazione commerciale nelle regioni che finora ne sono state esenti, e a predisporre meccanismi per combattere sistematicamente le violazioni dei diritti internazionali di proprietà intellettuale e industriale; chiede a questi governi di conformarsi all'acquis comunitario e di attivarsi per porre fine alle pratiche e alle misure che equivalgono a barriere non tariffarie agli scambi;

Assistenza europea e appartenenza del processo di riforma ai Balcani occidentali

10.

sostiene gli sforzi profusi dai paesi dei Balcani occidentali in materia di riforma e cooperazione regionale attraverso il relativo strumento di assistenza preadesione (IPA); sottolinea che i paesi dei Balcani occidentali sono gli unici «titolari» del processo di riforma; sollecita tali paesi ad impegnarsi nell'elaborazione di un numero sufficiente di progetti ambiziosi al fine di poter utilizzare i fondi europei disponibili, evitando di adottare un approccio eccessivamente passivo e dipendente dalle iniziative europee;

11.

sottolinea il ruolo delle regioni nello sviluppo economico e sociale e quindi l'importanza dell'IPA nel sostenere i paesi dei Balcani occidentali nel processo di democratizzazione, di trasformazione economica e sociale e di allineamento agli standard europei nonché per ravvicinare tali paesi alle strutture dell'Unione europea;

12.

chiede alla Commissione e agli Stati membri di dotare l'IPA di risorse finanziarie aggiuntive necessarie a sviluppare progetti orientati ai bisogni reali e a fornire un'assistenza efficace e mirata a livello locale e regionale; sottolinea l'importanza dei progetti «People-to-People», particolarmente adatti a trasmettere alla popolazione locale il valore aggiunto apportato dall'Unione europea;

13.

accoglie con favore la circostanza secondo la quale una delle priorità dell'IPA sia quella di contribuire allo sviluppo delle capacità istituzionali e amministrative dei Balcani occidentali, sia a livello nazionale che regionale; incoraggia la Commissione a rafforzare tale ambito di attività al fine di stimolare lo sviluppo della governance, preparare tali paesi e regioni ad una reale adesione ai fondi strutturali nonché a promuovere il loro adeguamento agli standard dell'Unione europea, nella prospettiva della loro eventuale adesione futura; chiede alla Commissione di garantire un elevato grado di trasparenza nella creazione di istituzioni e di adottare misure atte a prevenire la corruzione;

14.

invita il Consiglio e la Commissione a fornire agli Stati della regione l'assistenza tecnica economica ed amministrativa mediante personale qualificato, in collaborazione con le organizzazioni internazionali e regionali impegnate nelle questioni economiche concernenti i Balcani occidentali, al fine di rafforzare le strutture pubbliche locali, creare una base economica più efficiente e diversificata e migliorare la penetrazione di prodotti locali nei mercati esteri, e nell'Unione europea in particolare;

15.

invita gli Stati membri ad offrire ai paesi dei Balcani occidentali i cosiddetti programmi di cooperazione intergovernativa «Government-to-Government», che prevedono la fornitura di assistenza specifica, formazione e orientamento ai dipartimenti governativi nazionali in ambiti esplicitamente indicati dalle autorità degli Stati dei Balcani occidentali; sottolinea come tali programmi possano svolgere un ruolo importante nell'attuazione dell'acquis comunitario nella regione, offrendo al tempo stesso a tali paesi la possibilità di specificare esattamente le forme di assistenza richieste;

16.

invita la Commissione a presentare al Parlamento, puntualmente e secondo i tempi che permettano la loro approvazione, eventuali nuove proposte volte a fornire assistenza di bilancio straordinaria ai paesi dei Balcani occidentali; sottolinea che ulteriori forme di assistenza finanziaria ai Balcani occidentali (e in particolare al Kosovo) dovrebbero essere subordinate alla messa a punto, con il sostegno delle istituzioni finanziarie internazionali, di un piano di sviluppo economico di lungo termine globale e realistico;

17.

ritiene che le autorità locali e regionali svolgano un ruolo determinante per lo sviluppo economico sostenibile e per il rafforzamento della società civile, concretizzando le priorità nazionali e comunitarie mediante progetti di partenariato con gli attori della sfera pubblica e privata;

18.

ribadisce l'importanza della cooperazione transfrontaliera e internazionale per lo sviluppo di progetti comuni e per instaurare legami duraturi sia tra le regioni dei Balcani occidentali che tra questi ultimi e le regioni degli Stati membri; sottolinea altresì che i benefici di tale cooperazione non sono soltanto di natura economica ma hanno anche una dimensione politica e umana, consentendo un ravvicinamento tra i popoli e tra i governi e assicurando la stabilità e la prosperità nella regione sul lungo termine;

19.

incoraggia le regioni dell'Unione europea a realizzare progetti transfrontalieri con le regioni dei Balcani occidentali al fine di instaurare una stretta cooperazione a lungo termine a livello regionale e a promuovere scambi di esperienze e di buone prassi nell'ambito delle reti europee di cooperazione regionale; ritiene che il rafforzamento del Consiglio di cooperazione regionale permetterà di promuovere la cooperazione nella regione;

Politiche economiche, energia, trasporti e ambiente

20.

sollecita i paesi della regione, in stretta cooperazione con la Commissione e le altre istituzioni finanziarie internazionali competenti, a conservare e accrescere, attraverso solide politiche fiscali e monetarie, i progressi fatti in materia di stabilità macroeconomica, requisito imprescindibile per una crescita economica durevole; sollecita inoltre tali paesi ad accelerare il ritmo delle riforme strutturali, soprattutto in ambito fiscale, doganale e amministrativo, mediante la promozione dei principi di trasparenza e responsabilità e il sostegno ad una solida gestione nel settore pubblico;

21.

sottolinea la necessità di garantire un maggiore sostegno allo sviluppo del settore privato della regione e agli investimenti nelle infrastrutture, anche mediante una più stretta collaborazione con la Banca europea per gli investimenti, nonché con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e altre istituzioni finanziarie internazionali;

22.

ritiene essenziale per lo sviluppo economico della regione creare un clima favorevole agli investimenti e invita la Commissione e gli Stati dei Balcani occidentali ad adoperarsi per intensificare le riforme economiche, predisponendo piani di sviluppo strategico per l'attuazione di progetti di investimento di particolare rilevanza per la regione nel suo complesso;

23.

si congratula con i governi dei Balcani occidentali per i progressi compiuti finora in ambito economico, pur mantenendo la stabilità macroeconomica; accoglie con favore l'attuazione, da parte dei suddetti governi, della politica tributaria e delle politiche di disciplina fiscale adottate, che hanno comportato un incremento del gettito statale;

24.

sottolinea l'importanza di perseguire lo sviluppo della cooperazione energetica nella regione in particolare attraverso lo sviluppo di fonti di energia rinnovabili, attraverso la creazione di mercati aperti, affidabili e competitivi e il miglioramento delle condizioni generali di ampliamento delle infrastrutture energetiche della regione, compreso il potenziamento delle capacità di interconnessione tra gli Stati membri confinanti e i paesi partner dell'Unione europea; sottolinea il ruolo importante che svolge a tal fine la Comunità europea dell'energia;

25.

è del parere che lo sviluppo del porto di Fiume (Rijeka) in Croazia sia un progetto di assoluta importanza per l'Unione europea; ritiene che sia nell'interesse dell'Unione adoperarsi affinché tale sviluppo proceda il più speditamente possibile;

26.

sottolinea che la tutela ambientale è un elemento importante dello sviluppo sostenibile nella regione dei Balcani occidentali; considera imperativo che la Commissione e i governi della regione promuovano solide politiche e strategie ambientali, in linea con la legislazione ambientale dell'Unione europea;

27.

ritiene importante che i paesi dei Balcani occidentali applichino i principi e gli orientamenti della politica marittima comune europea e sottolinea la necessità di utilizzare il fiume Danubio, in quanto importante corridoio di trasporto e fonte di preziose risorse, in maniera efficiente ed ecocompatibile, nel rispetto della legislazione dell'Unione europea; sostiene al riguardo le iniziative regionali in corso e le organizzazioni (segnatamente la Commissione internazionale per la protezione del Danubio – ICPDR) impegnate a favore della tutela ambientale, di un migliore impiego delle capacità di trasporto fluviale e di un maggiore livello di prevenzione delle catastrofi per il Danubio;

28.

rammenta la necessità di incrementare gli scambi commerciali di prodotti agricoli anche con la Croazia, affinché quest'ultima, nel momento dell'adesione all'Unione europea, possa adeguarsi alla politica agricola comune senza difficoltà;

29.

riconosce la specifica geografia della regione e la sua situazione strategica, che rende tale area il naturale punto di transito per il commercio di beni, in particolare di prodotti energetici primari (petrolio greggio e gas naturale), tra Europa ed Asia; accoglie con favore l'avvio di grandi progetti di trasporto sub-regionali come «l'asse sud-orientale», che faciliterà l'inserimento in termini reali dei paesi dei Balcani occidentali nella più ampia rete di trasporto dell'energia che collega l'Unione europea con la Turchia e i paesi del Caucaso; invita la Commissione e i paesi dei Balcani occidentali a rendere disponibili risorse finanziarie sufficienti per la modernizzazione delle infrastrutture, con particolare riferimento al settore logistico, e ad attuare le riforme necessarie per accrescere la dinamicità e competitività del settore;

30.

sottolinea la necessità, per quanto riguarda il commercio al dettaglio, di eliminare gli ostacoli amministrativi che impediscono l'emergere di commercianti di generi alimentari più competitivi, in quanto le inefficienze del commercio in questo comparto impediscono ai produttori europei di raggiungere il mercato;

31.

sottolinea la necessità di fornire un maggior sostegno allo sviluppo delle piccole e medie imprese (PMI) sulla base della Carta europea per le piccole imprese, sottoscritta da tutti i paesi dei Balcani occidentali; invita la Commissione e gli Stati membri a garantire l'accesso delle PMI ai fondi strutturali dell'Unione europea e a fornire maggiori finanziamenti per i progetti legati alle PMI; invita la Commissione a definire un quadro istituzionale di riferimento per accrescere la cooperazione tra la Comunità e il settore privato nei paesi dei Balcani occidentali, onde garantire il corretto impiego dei fondi comunitari;

32.

sottolinea la necessità di espandere gli ambiti della cooperazione tra l'Unione europea e i paesi dei Balcani occidentali nei settori dell'istruzione e della scienza, in quanto ciò creerà le condizioni necessarie a garantire la stabilità dello sviluppo economico e della crescita nella regione e favorirà l'integrazione dei Balcani occidentali nello spazio economico comune e nello spazio comune della ricerca e dell'istruzione, nonché la loro partecipazione al mercato del lavoro in conformità alle norme e agli obblighi dell'Unione europea;

33.

invita la Commissione - dal momento che la crisi finanziaria internazionale ha raggiunto l'Europa e può produrre effetti indiretti sul commercio e sugli investimenti esteri nei Balcani occidentali - a monitorare gli sviluppi della situazione e, se necessario, ad adottare misure adeguate a garantire il buon proseguimento del processo di stabilizzazione e associazione, che è un fattore importante per la stabilità nella regione ed è nel migliore interesse della stessa Unione europea;

Servizi finanziari, amministrazione doganale, lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione

34.

ritiene indispensabili, ai fini dello sviluppo economico dei paesi della regione, una riforma sostanziale dei loro sistemi bancari e assicurativi, l'istituzione di un efficiente sistema di microcredito e il miglioramento della regolamentazione e della supervisione delle attività bancarie, in modo da costituire la base per una graduale apertura dei loro mercati finanziari;

35.

invita gli Stati della regione colpiti dal problema della corruzione nella funzione pubblica, ad adottare tutte le misure necessarie per combattere tale fenomeno e a garantire un funzionamento migliore e più trasparente dei loro servizi doganali, in linea con le norme stabilite dall'Unione europea e dall'Organizzazione mondiale delle dogane;

36.

sottolinea la necessità di aumentare e inasprire i controlli doganali, allo scopo di combattere le attività di contrabbando, contraffazione e pirateria di beni, dal momento che tali prassi, oltre alle mancate entrate che ne derivano, comportano considerevoli rischi per la salute degli abitanti sia dell'Unione europea che dei paesi dei Balcani occidentali;

37.

accoglie con favore il miglioramento del clima imprenditoriale e le misure tese a ridurre le barriere giuridiche e amministrative all'avvio delle imprese; esprime tuttavia preoccupazione per l'esistenza di intese e abusi di potere di mercato da parte dei cosiddetti «magnati» in taluni paesi dei Balcani occidentali e da parte di imprese in posizione dominante; sollecita i governi dei paesi dei Balcani occidentali ad intensificare la lotta alla corruzione e a sviluppare un'adeguata politica della concorrenza cui debbono attenersi anche le imprese statali;

38.

invita i paesi dei Balcani occidentali a sviluppare le politiche occupazionali e fiscali in modo da affrontare i problemi della disoccupazione, dei salari relativamente alti e delle grandi dimensioni dell'economia informale;

39.

sottolinea che una concorrenza regionale transfrontaliera equa e trasparente in materia di appalti pubblici è uno dei principali assi portanti di un mercato regionale veramente integrato; invita pertanto i paesi dei Balcani occidentali a esaminare il potenziale offerto dagli appalti pubblici ai fini della stabilizzazione dello sviluppo economico sostenibile e a moltiplicare gli sforzi finalizzati alla creazione di un sistema regionale di appalti pubblici più integrato ed efficiente, applicando il principio di non discriminazione tra i fornitori nazionali e regionali;

*

* *

40.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti e ai governi dei Stati membri e dei paesi interessati.


(1)  GU L 312 del 29.11.2005, pag. 1.

(2)  GU L 210 del 31.7.2006, pag. 82.

(3)  GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 207.

(4)  GU C 308 E del 16.12.2006, pag. 141.

(5)  Testi approvati, P6_TA(2008)0172.

(6)  Testi approvati, P6_TA(2008)0120.

(7)  GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 224.

(8)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 626.

(9)  GU C 305 E del 14.12.2006, pag. 141.

(10)  GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 467.

(11)  GU C 291 E del 30.11.2006, pag. 402.

(12)  GU C 317 E del 23.12.2006, pag. 480.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/10


Politica agricola comune e sicurezza alimentare globale

P6_TA(2009)0006

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla politica agricola comune e la sicurezza alimentare globale (2008/2153(INI))

(2010/C 46 E/02)

Il Parlamento europeo,

visto l'articolo 33 del trattato CE,

vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2007 sull'aumento dei prezzi dei mangimi e dei prodotti alimentari (1), nonché la sua risoluzione del 22 maggio 2008 sull'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nell'Unione europea e nei paesi in via di sviluppo (2),

vista la sua risoluzione del 29 novembre 2007 dal titolo «Dare slancio all'agricoltura africana – Proposta per lo sviluppo agricolo e la sicurezza alimentare in Africa» (3),

vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento di risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo (COM(2008)0450),

vista la comunicazione della Commissione del 20 maggio 2008 al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo «Far fronte alla sfida dell'aumento dei prezzi alimentari - Linee d'intervento dell'UE» (COM(2008)0321),

visti le conclusioni del Vertice mondiale sull'alimentazione svoltosi a Roma dal 13 al 17 novembre 1996 e l'obiettivo di dimezzare entro il 2015 il numero delle persone che soffrono la fame,

visto il rapporto «Agricultural Outlook 2008-2017» («prospettive agricole 2008-2017») pubblicato dall'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) e dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE),

viste le raccomandazioni dello IAASTD (International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development - Valutazione internazionale delle scienze e tecnologie agricole al servizio dello sviluppo),

visto il risultato della «valutazione dello stato di salute» della politica agricola comune (PAC),

visti i negoziati in corso in seno all'OMC sull'agenda di Doha per lo sviluppo,

vista la dichiarazione di Parigi del 2 marzo 2005 sull'efficacia degli aiuti,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale e i pareri della commissione per lo sviluppo, della commissione per gli affari esteri, della commissione per il commercio internazionale e della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (A6-0505/2008),

A.

considerando che, per la prima volta dagli anni '70, il mondo si trova ad affrontare una crisi alimentare acuta, determinata sia da fattori strutturali, a lungo termine, che da altre cause, con l'aumento del prezzo del mais, triplicato dal 2006, un aumento del prezzo del grano a livello mondiale di oltre il 180% nell'arco di due anni e un aumento generale dei prezzi mondiali dei prodotti alimentari dell'83% circa,

B.

considerando che tale cospicuo e imprevisto aumento dei prezzi si è verificato in un arco temporale relativamente breve, tra settembre 2006 e febbraio 2008; considerando inoltre che i prezzi mondiali di altri prodotti alimentari sono raddoppiati negli ultimi 2 anni e che si prevede rimarranno elevati, nonostante il calo che attualmente si registra nei prezzi di alcuni cereali, come dimostra l'andamento del mercato a termine,

C.

considerando che l'aumento dei prezzi dei mangimi comporta un aggravio dei costi di produzione, il che rischia a sua volta di causare un calo della produzione di prodotti d'allevamento mentre la domanda di tali prodotti è in aumento e si prevede che continui ad esserlo, in particolare nelle economie emergenti,

D.

considerando che secondo le previsioni della FAO e dell'OCSE i prezzi dei prodotti di base potrebbero abbassarsi rispetto ai livelli più alti dello scorso anno, ma non si prevede che tornino ai livelli antecedenti il 2006; considerando che tuttavia le forti fluttuazioni dei prezzi dei prodotti di base potrebbero divenire una caratteristica più pronunciata e costante del mercato globale; considerando che prezzi alimentari più elevati non si traducono automaticamente in redditi agricoli più alti, a causa soprattutto della velocità di crescita dei costi dei fattori di produzione agricola e del divario sempre più ampio osservabile tra prezzi alla produzione e prezzi al consumo,

E.

considerando che le riserve alimentari mondiali si sono assottigliate fino a raggiungere livelli critici, passando da una quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno di un anno dopo la seconda guerra mondiale ad appena 57 giorni nel 2007 e a soli 40 giorni nel 2008,

F.

considerando che questi ed altri fattori hanno avuto immediate e gravi conseguenze per un considerevole numero di persone; considerando che, a livello globale, la crisi dei prezzi alimentari ha ridotto alla povertà e alla fame molti altri milioni di persone; considerando che tale situazione ha scatenato rivolte e disordini in tutto il mondo, destabilizzando ulteriormente paesi e regioni di varie parti del globo; considerando che perfino nell'Unione europea le riserve alimentari si sono ridotte a tal punto che il programma di aiuto alimentare d'urgenza non dispone più, al momento, di prodotti alimentari da distribuire,

G.

considerando che, secondo stime attuali di organizzazioni impegnate nella lotta alla fame nel mondo, nei paesi in via di sviluppo una persona su cinque è attualmente denutrita e soffre di fame cronica e ogni giorno nel mondo più di 30 000 bambini muoiono di fame e per la povertà,

H.

considerando che l'agricoltura fornisce occupazione e sostentamento a oltre il 70% della forza lavoro nei paesi in via di sviluppo e ad oltre l'80% in molti paesi africani, e che di conseguenza le politiche di sviluppo rurale sono fondamentali al fine di combattere efficacemente la povertà e la fame,

I.

considerando che nei paesi in via di sviluppo le donne producono tra il 60 e l'80% degli alimenti e sono responsabili della metà della produzione alimentare mondiale; tenendo conto dell'estrema importanza del ruolo svolto dalle donne nel provvedere alla famiglia; e considerando che le donne possono accedere molto meno degli uomini alla terra e ai mezzi di produzione, per cui vanno aiutate e appoggiate in modo appropriato,

J.

considerando che la crisi attuale si ripercuote nel modo più drammatico sulle famiglie a basso reddito sia nell'Unione europea sia nei paesi in via di sviluppo, dove la quota del reddito familiare spesa per l'alimentazione è compresa tra il 60% e l'80% del reddito complessivo, contro una media europea che non raggiunge il 20%,

K.

considerando che il Parlamento e il Consiglio hanno ripetutamente chiesto una risposta forte al problema globale, assicurando in particolare i finanziamenti necessari per i fattori di produzione agricola e per l'assistenza nell'uso di strumenti di gestione basati sul mercato,

L.

considerando che l'Unione europea, con il 17% della produzione mondiale di grano, il 25% di quella di latte, il 20% di quella di carni suine e il 30% di quella di carni bovine, rimane uno dei principali produttori di derrate alimentari; considerando che essa è anche un grande importatore di prodotti agricoli, essendo largamente al di sotto della soglia di autosufficienza per l'approvvigionamento di numerosi prodotti agricoli di base,

M.

considerando che l'Unione europea è all'avanguardia nella definizione di norme in materia di produzione alimentare che si situano ai livelli più elevati, incentrandosi sul sistema di tracciabilità del prodotto dal campo alla tavola e garantendo la sicurezza degli alimenti prodotti nell'Unione europea,

N.

considerando che l'Unione europea svolge un ruolo di protagonista anche nelle iniziative per la protezione dell'ambiente, che servono a tutelare le risorse naturali, ma comportano anche ulteriori oneri finanziari per gli agricoltori dell'Unione europea,

O.

considerando che l'Unione europea è il primo donatore mondiale di aiuti umanitari e allo sviluppo, ma che a livello internazionale la quota degli aiuti destinati all'agricoltura, in particolare di quelli provenienti dall'Unione europea, non ha cessato di diminuire a partire dagli anni '80,

P.

considerando che, in aggiunta ai contributi dei singoli Stati membri, l'Unione europea finanzia tradizionalmente circa il 10% della cooperazione allo sviluppo a livello mondiale; considerando che ciò è confermato dall'attuale contributo apportato attraverso strumenti CE (circa 1,8 miliardi EUR: 1 miliardo attraverso il nuovo strumento di risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo, il resto tramite gli strumenti di aiuto umanitario e allo sviluppo attualmente disponibili),

Q.

considerando che, in un contesto di pressione sulle risorse naturali, la domanda globale di alimenti si prevede raddoppi entro il 2050 e la produzione mondiale di derrate alimentari dovrà necessariamente aumentare,

R.

considerando che secondo la FAO sarebbe sufficiente un investimento annuo di 30 miliardi di euro per garantire la sicurezza alimentare di una popolazione mondiale che entro il 2050 raggiungerà i 9 miliardi di abitanti,

S.

considerando che gli attuali accordi internazionali e regionali si sono rivelati incapaci di normalizzare l'approvvigionamento del mercato e gli scambi; considerando che il recente aumento dei prezzi alimentari dovrebbe costituire un campanello d'allarme per i governi di tutto il mondo, ricordando loro che la produzione agricola non va data per scontata,

1.

afferma che la sicurezza alimentare globale è una questione della massima urgenza per l'Unione europea e chiede un'azione immediata e continuativa per garantire la sicurezza alimentare dei cittadini dell'Unione europea e di tutto il mondo; considera importante valorizzare tutte le agricolture e le culture alimentari del mondo; sottolinea che i prodotti alimentari devono essere accessibili ai consumatori a prezzi ragionevoli, mentre occorre garantire al contempo un tenore di vita equo agli agricoltori;

2.

sottolinea l'importanza della PAC come strumento per assicurare la produzione alimentare nell'Unione europea; ritiene che sin dal suo avvio nel 1962 la PAC abbia garantito ai cittadini dell'Unione europea la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare, unitamente alla protezione e al miglioramento dell'ambiente rurale e alla definizione di norme comunitarie in materia di produzione alimentare che sono le più rigorose al mondo; sottolinea la necessità che l'agricoltura comunitaria continui a svolgere questo ruolo in futuro;

3.

nota tuttavia, che negli ultimi 25 anni il risultato delle molteplici riforme della PAC è consistito in una riduzione della produzione agricola nell'Unione europea, con uno spostamento del'accento dalla quantità a una produzione di qualità, guidata dai meccanismi di mercato; ritiene che tale evoluzione abbia comportato una perdita di potenziali opportunità di mercato per i produttori dell'Unione europea e abbia determinato una maggiore dipendenza dalle importazioni di alimenti provenienti dall'esterno dell'Unione europea, prodotti secondo norme di produzione molto diverse, il che ha esposto i prodotti agricoli dell'Unione europea a condizioni impari di concorrenza;

Situazione e cause

4.

osserva che prima della più recente impennata dei prezzi alimentari il numero di persone che in tutto il mondo soffrivano la fame cronica superava gli 860 milioni; nota che, secondo le previsioni della Banca mondiale, l'impennata dei prezzi alimentari potrebbe gettare altri 100 milioni di persone nella povertà più estrema;

5.

condivide il parere della FAO secondo cui i paesi importatori netti di prodotti alimentari sono i più duramente colpiti dall'aumento dei prezzi e molti di essi sono i paesi meno sviluppati al mondo; ribadisce che la povertà e la dipendenza dalle importazioni alimentari costituiscono le cause principali dell'insicurezza alimentare; è consapevole del fatto che sui mercati internazionali viene di fatto scambiata soltanto una piccola percentuale della produzione alimentare mondiale, proveniente sempre di più da un esiguo numero di paesi esportatori;

6.

nota che nel 2007 e nel 2008 i raccolti dei cereali di base si sono attestati su un buon livello; osserva che il problema immediato dell'insicurezza alimentare nel 2007 è stato determinato dalla diminuzione dell'offerta e dall'aumento dei prezzi dei prodotti di base; esprime profonda preoccupazione per i bassi livelli delle riserve alimentari mondiali, che attualmente sono in grado di soddisfare il fabbisogno mondiale di cereali per meno di 40 giorni;

7.

sottolinea che il soddisfacimento dei fabbisogni primari delle popolazioni, soprattutto quelli alimentari e idrici, è spesso fonte di conflitti; osserva che l'aumento demografico mondiale, stimato in 3 miliardi di persone entro il 2050, inasprirà tali tensioni in ogni regione del pianeta; chiede pertanto che in sede di elaborazione delle future politiche agricole si tenga conto di questa dimensione geostrategica;

8.

sottolinea con preoccupazione il continuo aumento dei costi dei fattori della produzione agricola (aumento dei prezzi dei fertilizzanti, delle sementi, etc.), che si è tradotto in un aumento dei costi non compensato in maniera uniforme per tutti gli agricoltori (soprattutto nel settore dell'allevamento) e che ha comportato una significativa erosione di ogni potenziale di crescita dei redditi agricoli derivante dai prezzi più elevati dei prodotti di base e degli alimenti, erodendo in tal modo l'incentivo ad aumentare la produzione; teme che forti aumenti dei prezzi dei fattori di produzione possano riflettersi in un loro minor utilizzo e in una produzione potenzialmente inferiore, con conseguente aggravamento della crisi alimentare nell'Unione europea e nel mondo;

9.

osserva che i mercati dei prodotti di base hanno visto nel corso dell'attuale stagione un brusco calo dei prezzi, causando preoccupazioni fra i produttori e intaccando la fiducia tra gli agricoltori;

10.

sottolinea l'importanza di un'analisi esauriente dell'aumento dei prezzi alimentari, che tenga conto dell'aumento dei prezzi dell'energia per i consumatori finali, della maggiore intensità dei fenomeni atmosferici e dell'aumento della domanda di energia dovuto alla crescita della popolazione mondiale, e invita la Commissione ad indagare ulteriormente sul possibile collegamento tra prezzi alimentari elevati e aumento dei prezzi dell'energia, in particolare del carburante; sottolinea inoltre la necessità di adottare misure per ridurre la dipendenza dell'agricoltura dalle fonti energetiche fossili attraverso un uso più efficiente dell'energia e tramite lo sviluppo di sistemi di coltura che consentano un risparmio energetico;

11.

chiede l'adozione di strumenti politici volti a prevenire tali drammatiche e dannose fluttuazioni dei prezzi e improntati alla necessità di assicurare un tenore di vita equo ai produttori; ritiene che il sistema del pagamento unico per azienda offra agli agricoltori l'opportunità di cambiare tipo di produzione in base alle esigenze del mercato, ma possa non essere sufficiente per affrontare forti fluttuazioni dei prezzi di mercato;

12.

richiama l'attenzione sulle cause strutturali a più lungo termine che sono entrate in gioco nel recente aumento dei prezzi dei prodotti agricoli di base, tra le quali una domanda mondiale in costante crescita e riduzioni sostenute degli investimenti nella produzione agricola; osserva che, fra tali fattori, l'aumento del prezzo dell'energia e soprattutto del petrolio ha avuto un impatto di primaria importanza sulla produzione agricola mondiale (a causa dei maggiori costi della produzione agricola e della distribuzione alimentare) e sull'emergere di crisi alimentari nei paesi poveri (a causa dei costi dei trasporti degli alimenti al loro interno);

13.

nota che nel 2007 il 2% della produzione di cereali dell'Unione europea è stata destinata alla produzione di biocarburanti, rispetto al 25% della produzione di mais che, nello stesso anno, è stata destinata alla produzione di etanolo negli Stati Uniti; chiede una valutazione globale di questa tendenza e dell'impatto sui prezzi alimentari, e auspica un coordinamento delle politiche a livello mondiale per assicurare che l'approvvigionamento alimentare non venga compromesso dalla spinta alla produzione di energie rinnovabili; chiede inoltre che gli accordi internazionali e regionali comportino degli obblighi in virtù dei quali gli aiuti concessi per la produzione di biocarburanti non possano mettere in pericolo la sicurezza alimentare del pianeta e debbano attenersi alle regole applicabili al fine di non incidere sulla concorrenza tra partner commerciali; chiede tuttavia un forte impegno da parte dell'Unione europea per la promozione dei biocarburanti di seconda generazione;

14.

sottolinea la necessità di giungere a un equilibrio tra la produzione di biocarburanti e bioenergia, da un lato, e le indispensabili riserve alimentari mondiali, dall'altro; osserva che l'aumento della produzione di biocarburanti e di bioenergie può avere un impatto positivo sul settore agroalimentare, che attualmente subisce le ripercussioni dei prezzi elevati delle materie prime necessarie all'industria della trasformazione, quali fertilizzanti, gasolio, ecc.; considera che lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili rappresenta quindi una valida alternativa economica e sociale per lo sviluppo delle aree rurali e, al contempo, un approccio sostenibile per la protezione dell'ambiente, ancor più se si tiene conto degli obiettivi dell'Unione europea in tema di energie rinnovabili per il 2020; sottolinea tuttavia la necessità di adottare nel contempo delle misure per evitare possibili effetti negativi dell'aumento della produzione di colture energetiche sulla biodiversità, sui prezzi dei prodotti alimentari e sulla destinazione dei terreni;

15.

nota che, abolendo il suo regime di messa a riposo delle terre, l'Unione europea ha dato un notevole contributo all'aumento dell'offerta di prodotti agricoli di base;

16.

richiama l'attenzione sul rapido cambiamento nelle abitudini alimentari dei consumatori, in particolare nei paesi emergenti, dove si registra la tendenza a un maggior consumo di carne e di proteine, la cui produzione richiede una maggior quantità di cereali; constata inoltre con piacere l'aumento del reddito reale in paesi quali Cina e India, che continuerà a dare impulso alla domanda di prodotti agricoli e di alimenti trasformati;

17.

considera necessario vigilare sulla crescente concentrazione del mercato nel settore alimentare al dettaglio per evitare che si producano situazioni di monopolio, poiché le attività dei grossi rivenditori possono non corrispondere sempre agli interessi dei produttori, dei trasformatori o dei consumatori;

18.

auspica l'adozione di soluzioni alternative per ristabilire l'equilibrio a favore dei piccoli produttori agricoli, che sono impossibilitati a negoziare con i grandi rivenditori; sottolinea che, benché esista a livello di Unione europea un quadro legislativo antimonopoli che impedisce ai grandi produttori di esercitare abusi di posizione dominante sul mercato dell'Unione europea, non esiste ancora una normativa specifica per combattere le pratiche monopolistiche attuate da alcuni supermercati e ipermercati;

Le risposte dell'Unione europea

19.

ritiene che la PAC debba continuare ad essere il pilastro fondamentale della politica dell'Unione europea per la sicurezza alimentare, sia ora sia dopo il 2013; ritiene che ecosistemi funzionanti, suoli fertili, risorse idriche stabili e un'economia rurale polivalente siano essenziali ai fini della sicurezza alimentare a lungo termine; considera inoltre d'importanza fondamentale che la PAC, unitamente ad altre politiche comunitarie, svolga un ruolo più rilevante nell'equilibrio alimentare mondiale;

20.

è fermamente convinto, tuttavia, che la PAC debba essere ulteriormente adattata per poter soddisfare le esigenze di sicurezza alimentare; è deluso del fatto che, nelle sue proposte legislative nel quadro della «valutazione dello stato di salute» della PAC del maggio 2008, la Commissione europea non sia stata totalmente all'altezza della sfida; è contrario allo smantellamento delle misure di gestione del mercato e ai tagli dei pagamenti di sostegno agli agricoltori;

21.

chiede, alla luce della revisione di bilancio 2008-2009, un livello stabile e costante della spesa dell'Unione europea e degli Stati membri per la PAC, che garantisca un reddito equo agli agricoltori; ricorda che gli agricoltori hanno bisogno di un ambiente politico stabile per poter pianificare per il futuro; sottolinea che il principio fondamentale di una politica di questo tipo è la creazione di una rete di sicurezza per i redditi contro i pericoli e le crisi dovuti o a fenomeni naturali avversi o a distorsioni del mercato e a una discesa dei prezzi di durata ed entità inusitate; fa presente a tale riguardo che l'agricoltura apporta un significativo valore aggiunto alle economie nazionali e dell'Unione europea;

22.

osserva che il mercato non è in grado da solo di fornire ai produttori la sicurezza del reddito di cui necessitano per continuare a portare avanti la propria attività agricola, a causa dell'elevato costo che comporta il rispetto delle norme dell'Unione europea in materia di produzione e sicurezza alimentare, ambiente e benessere degli animali; accoglie tuttavia con favore il più marcato orientamento della PAC verso il mercato; si rammarica, peraltro, del fatto che non si siano conseguiti pienamente gli obiettivi delle riforme del 2003 di assicurare agli agricoltori prezzi di mercato più alti e uno snellimento della burocrazia;

23.

ritiene che le numerose disposizioni in materia di ecocondizionalità (cross-compliance) agiscano da disincentivo per i produttori e che ove possibile occorra semplificarle; accoglie con favore, a questo riguardo, le iniziative di semplificazione della Commissione;

24.

è allarmato per il fatto che la legislazione comunitaria proposta (per esempio in materia di prodotti fitosanitari) potrebbe avere un impatto drammatico riducendo gli strumenti a disposizione degli agricoltori per massimizzare le rese e potrebbe, in effetti, portare ad una drastica riduzione della produzione agricola dell'Unione europea; chiede una valutazione dettagliata dell'impatto – in particolare delle implicazioni per la sicurezza alimentare – di tutte le misure proposte;

25.

sollecita la Commissione a considerare l'impatto delle iniziative di mitigazione dei cambiamenti climatici nel settore agricolo; ritiene che l'agricoltura debba dare il suo contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici ma debba anche ricevere risorse per contrastare l'impatto di tali cambiamenti, essendo uno dei settori dell'economia più sensibili al clima, affinché la produzione agricola dell'Unione europea non venga depressa e non finisca con l'essere rimpiazzata da prodotti d'importazione;

26.

ritiene che occorra rivedere i sistemi dell'Unione europea e gli altri sistemi internazionali di monitoraggio della produzione e del mercato, in modo da disporre di un meccanismo di allerta più rapido per determinare le tendenze della produzione; ritiene che vi sia la necessità di un regime di inventario alimentare globale e di un sistema mondiale di riserve alimentari, e che l'Unione europea dovrebbe assumere la guida nella concezione di un siffatto sistema; esorta la Commissione ad agire in cooperazione con i partner mondiali e ad avanzare una proposta al riguardo;

27.

chiede che si rendano disponibili polizze assicurative efficaci che offrano protezione contro le forti fluttuazioni dei prezzi e dei redditi e contro gli effetti dei fenomeni meteorologici sulla produzione;

28.

chiede alla Commissione di studiare un efficace sistema comunitario di monitoraggio del mercato che sia in grado di registrare i cambiamenti e le tendenze dei prezzi dei prodotti agricoli e del costo dei fattori di produzione; afferma che tale sistema deve assicurare la trasparenza e facilitare i confronti transfrontalieri di prodotti analoghi;

29.

ritiene opportuno istituire nel quadro della FAO un osservatorio internazionale dei prezzi dei prodotti agricoli, dei fattori di produzione e dei prodotti alimentari, onde permettere il monitoraggio di tali dati a livello internazionale;

30.

osserva che, attraverso successive riforme della PAC, si è cercato di ovviare agli elementi della politica agricola dell'Unione europea che distorcono gli scambi, con un impatto negativo sugli agricoltori dei paesi in via di sviluppo, ma constata che i rapporti di scambio restano ineguali e molto resta ancora da fare per costruire un sistema più equo;

31.

osserva tuttavia che le riforme delle politiche adottate dall'Unione europea per soddisfare i requisiti dell'OMC hanno comportato un riorientamento degli aiuti della PAC, con l'abbandono dei pagamenti vincolati alla produzione, lo smantellamento delle misure di gestione del mercato e l'apertura dei mercati, lasciando consumatori e produttori sempre più esposti all'instabilità del mercato mondiale; chiede che le politiche della PAC comprendano una clausola sulla sicurezza alimentare e che gli accordi commerciali includano impegni paritari dei partner per una regolamentazione degli scambi che non metta in pericolo la sicurezza alimentare del pianeta; invita la Commissione ad adoperarsi, nel quadro dei negoziati dell'OMC, per un accesso qualificato al mercato tale da garantire che gli elevati standard ambientali dell'agricoltura dell'Unione europea e il diritto di ogni Stato membro alla sicurezza alimentare non siano vanificati da importazioni a basso costo;

32.

nota che l'Unione europea sta portando avanti con determinazione i suoi impegni per l'abolizione di tutte le restituzioni all'esportazione entro il 2013, e che attraverso la «valutazione dello stato di salute» della PAC si stanno perseguendo ulteriori riforme degli strumenti di sostegno al mercato, in conformità con gli accordi dell'OMC;

33.

considera lo strumento di finanziamento per una risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo un primo passo necessario per far fronte ai bisogni immediati delle persone maggiormente colpite dalla crisi alimentare; sottolinea tuttavia che tale strumento è una misura una tantum, volta ad indirizzare fondi della rubrica 4 del bilancio generale dell'Unione europea verso la piccola agricoltura nei paesi più duramente colpiti, e che tale misura dovrà essere rafforzata con ulteriori investimenti; ritiene che la Commissione debba controllare in che modo sono spesi i fondi e assicurare che essi siano sempre utilizzati là dove il bisogno è più grande, e ritiene che il Parlamento debba essere costantemente informato; chiede inoltre che il Parlamento eserciti una regolare supervisione dell'esecuzione, attraverso la procedura di regolamentazione con controllo;

34.

invita la Commissione a potenziare i suoi attuali programmi volti a garantire la sicurezza alimentare in Europa e nel mondo; chiede un rafforzamento del programma tematico sulla sicurezza alimentare (2007-2010), per il quale sono attualmente stanziati 925 milioni di euro per l'intero periodo di programmazione; accoglie con favore la proposta di aumento degli stanziamenti di bilancio destinati al programma per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nella Comunità, presentato dalla Commissione il 17 settembre 2008; invita la Commissione ad adottare una strategia complessiva per le questioni della sicurezza alimentare, così da raggiungere la coerenza fra tutte le politiche comunitarie;

35.

è allarmato per l'attuale crisi finanziaria mondiale, che potrebbe comportare una riduzione delle risorse finanziarie a disposizione dell'agricoltura; invita la Commissione ad analizzare gli effetti della crisi finanziaria sul settore agricolo e a prendere in considerazione proposte volte a garantire stabilità al settore, anche in termini di accesso a prestiti e garanzie di credito;

36.

fa riferimento a una ricerca da cui risulta che la maggior parte dei consumatori non è consapevole dei benefici vitali assicurati dalla PAC in termini di sicurezza alimentare e livello ragionevole dei prezzi alimentari (4); chiede politiche d'informazione dei cittadini e un rinnovato impegno per la semplificazione, che porterebbe ad un'accresciuta conoscenza degli strumenti e dei benefici della PAC; propone che l'opinione pubblica sia resa edotta di quelli che sarebbero i costi dell'assenza di una politica agricola comune;

37.

ritiene che la PAC debba svolgere un ruolo importante nella politica estera e nelle politiche di sviluppo dell'Unione europea, con particolare riguardo alla politica esterna di sicurezza alimentare; ritiene che, oltre ad assicurare la produzione alimentare dell'Unione europea, la PAC possa contribuire a soddisfare la crescente domanda alimentare su scala globale;

38.

osserva che i conflitti armati hanno un impatto molto negativo sulla produzione alimentare e l'accesso agli alimenti; esprime preoccupazione circa le gravi conseguenze della propensione ai conflitti per quanto riguarda la sicurezza alimentare, ad esempio attraverso migrazioni di massa, paralisi della produzione agricola, danni a infrastrutture vitali;

39.

ritiene essenziale evitare dirompenti lotte competitive per risorse alimentari scarse; chiede pertanto un coordinamento più efficace dell'Unione europea con le organizzazioni non governative, la FAO e altre agenzie internazionali - a livello tecnico - e con le Nazioni Unite - a livello politico - al fine di promuovere un accesso equo alle risorse alimentari globali e di incrementare la produzione di alimenti nei principali paesi in via di sviluppo, tenendo costantemente conto, nel contempo, dei criteri della biodiversità e dello sviluppo sostenibile;

40.

esorta l'Unione europea ad aiutare i paesi a rischio di conflitto a sviluppare forti politiche agricole proprie, basate su un facile accesso alle materie prime, a un'istruzione di qualità e a finanziamenti adeguati, nonché su infrastrutture affidabili; ritiene che gli aiuti dell'Unione europea debbano essere finalizzati al miglioramento dell'autosufficienza alimentare dei paesi in via di sviluppo beneficiari, il che farà migliorare la sicurezza alimentare a livello regionale e l'accesso al cibo per le fasce più indigenti della società;

41.

rileva che alcune economie in crescita potrebbero star progettando di prendere in affitto ampie superfici di terreno nelle regioni più povere di Africa e Asia, per impiantarvi colture da spedire ai propri mercati per migliorare la propria sicurezza alimentare; ritiene che, insieme alla FAO, l'Unione europea debba prendere sul serio tale fenomeno quale grave minaccia per la sicurezza alimentare e per una politica agricola efficace nei paesi ospitanti;

L'agricoltura nei paesi in via di sviluppo

42.

sottolinea che le attuali sfide alimentari impongono di aumentare la produzione di cibo per stare al passo con la domanda crescente, e nel contempo di migliorare la qualità, abbassare i costi e garantire maggiore sostenibilità; ritiene che per conseguire tali scopi sia indispensabile rivedere le politiche pubbliche al fine di migliorare i metodi di produzione, la gestione delle scorte nonché la regolamentazione dei mercati mondiali;

43.

sottolinea la necessità di altre azioni a medio e lungo termine per sviluppare il settore agricolo e la produzione alimentare nei paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa, tenendo conto delle summenzionate raccomandazioni dello IAASTD; ritiene che lo sviluppo agricolo possa servire come punto di partenza per il generale sviluppo economico di un paese;

44.

ritiene che il Fondo europeo di sviluppo dovrebbe concentrarsi maggiormente sull'agricoltura, in particolare sulle piccole aziende e sulla trasformazione dei prodotti in loco, dal momento che nel mondo la grande maggioranza delle persone povere vive in zone rurali, altamente dipendenti dalla produzione agricola; ritiene inoltre che occorra adoperarsi per stabilire norme per il commercio agricolo che garantiscano l'approvvigionamento alimentare in tutti i paesi; ritiene che ai paesi in via di sviluppo debbano essere accordati vantaggi commerciali che favoriscano il rafforzamento della produzione nazionale; invita la Commissione a tener conto di queste considerazioni in sede di negoziati dell'OMC come pure in occasione dei negoziati per gli accordi di partenariato economico con paesi in via di sviluppo;

45.

è del parere che un forte ostacolo all'aumento della produzione agricola nei paesi in via di sviluppo sia rappresentato dalla mancanza di accesso dei piccoli agricoltori a prestiti e microcrediti per investimenti in sementi, fertilizzanti e sistemi d'irrigazione migliorati; sottolinea inoltre la questione delle garanzie sui prestiti, che nella maggior parte dei casi non sono disponibili; invita la Banca europea per gli investimenti a studiare modi per dotare i programmi per produttori locali di generi alimentari nei paesi in via di sviluppo di garanzie di prestiti che agevolino il loro accesso al credito e al microcredito;

46.

riafferma la sua convinzione della necessità di mercati agricoli integrati a livello regionale; invita la Commissione a sostenere la cooperazione e l'integrazione regionale; rammenta al gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) il successo dell'integrazione agricola in Europa e la stabilità che essa ha assicurato per oltre 50 anni; esorta pertanto le comunità economiche regionali degli Stati ACP a intensificare la loro azione nel settore dell'agricoltura e invita i paesi in via di sviluppo a ridurre le barriere commerciali che li dividono;

47.

sottolinea inoltre che il settore agricolo ha bisogno di trasformarsi, da un sistema di agricoltura di sussistenza, in un'economia rurale creatrice di posti di lavoro; considera inoltre che per sviluppare settori agricoli solidi occorre porre particolarmente l'accento sulle misure di sostegno ai giovani agricoltori nel mondo in via di sviluppo; ritiene che l'Unione europea debba intensificare gli sforzi di cooperazione e supporto volti a modernizzare, rendendole più efficienti, le catene alimentari nei paesi in via di sviluppo; ritiene altresì che l'Unione europea debba sostenere iniziative come il programma comune per le sementi lanciato dall'Unione africana e dai suoi partner nazionali e regionali;

48.

ritiene che, nel quadro di una politica di sviluppo efficace dei paesi in via di sviluppo, sia indispensabile che essi adottino una strategia nazionale o una strategia regionale comune per lo sviluppo rurale, con chiare misure di sostegno dei produttori e dei prodotti; ritiene in tale contesto che l'aiuto allo sviluppo prestato dall'Unione europea non avrà carattere frammentario, ma farà parte di tale strategia nazionale o regionale comune, cofinanziata, di sviluppo rurale;

49.

chiede l'istituzione di un fondo permanente per la sicurezza alimentare a sostegno della popolazione mondiale più povera, nell'ambito della rubrica 4 del bilancio generale dell'Unione europea, a integrazione di altre misure di sviluppo finanziate dall'Unione europea;

50.

accoglie con favore le iniziative a livello mondiale quale la task force ad alto livello delle Nazioni Unite per la crisi globale della sicurezza alimentare, e ritiene che l'Unione europea debba coordinare i propri sforzi con tale task force; sottolinea l'importanza delle linee guida volontarie adottate dai membri della FAO nel novembre 2004 per sostenere la progressiva realizzazione del diritto umano all'alimentazione nel contesto della sicurezza alimentare nazionale; propone inoltre che, al fine di garantire la disponibilità di alimenti, si istituisca a livello mondiale un programma di obblighi in materia di mantenimento delle scorte, unitamente ad un migliore sistema di base di stoccaggio per i principali fattori di produzione (proteine, fertilizzanti, sementi, pesticidi), preferibilmente fondato su soggetti del settore privato, comprese le cooperative agricole;

51.

è consapevole degli impegni presi dall'Unione europea nei confronti dei paesi in via di sviluppo e dei nostri obblighi attuali e futuri nel quadro dell'OMC; chiede che le misure di sostegno dell'Unione europea vadano nella direzione degli obiettivi sanciti nella Dichiarazione di Maputo del 2002 dei governi africani; invita gli Stati membri a mantenere fede ai propri impegni per la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite, ed in particolare a destinare all'aiuto allo sviluppo lo 0,7% del loro prodotto nazionale lordo; è peraltro del parere che la qualità dell'assistenza allo sviluppo sia più importante delle somme spese a tal fine;

52.

esprime rammarico per la riduzione della quota degli aiuti allo sviluppo destinata all'agricoltura e allo sviluppo rurale, passata dal 17% del 1980 ad appena il 3% nel 2006; esorta la Commissione a dirigere e controllare il contributo del sostegno finanziario dell'Unione europea orientandolo verso il conseguimento di una crescita guidata dall'agricoltura, e a fare il possibile per indurre i governi a spendere il 10% del bilancio nazionale per il settore agricolo, secondo gli impegni da loro presi (ad esempio fissando dei target per le politiche agricole nazionali);

53.

ribadisce che per i paesi ACP l'agricoltura è un settore in grado più di altri di generare crescita per le popolazioni rurali povere, contribuendo così in modo tangibile al conseguimento del primo Obiettivo di sviluppo del millennio, che consiste nell'eliminare la povertà estrema e la fame; sottolinea come sia pertanto essenziale agire immediatamente e promuovere maggiori investimenti nell'agricoltura e nello sviluppo rurale;

54.

pone l'accento sul fatto che lo sviluppo agricolo deve essere basato primariamente sul diritto al cibo e sul diritto a produrre cibo, consentendo a tutti di godere del diritto ad alimenti sani, nutrienti e culturalmente appropriati, ottenuti con metodi di produzione ecologicamente sani e sostenibili nell'ambito di una struttura agricola autonoma;

55.

invita l'Unione europea a riconoscere il diritto dei paesi in via di sviluppo alla sovranità alimentare e a sostenere tale diritto con misure mirate, in primo luogo utilizzando e potenziando le strutture e le risorse disponibili - quali sementi, concimi naturali e mezzi di produzione - nonché promuovendo l'integrazione regionale;

56.

invita l'Unione europea a ricollocare l'agricoltura al centro della sua agenda per lo sviluppo, attribuendo una priorità specifica ai programmi di sviluppo agricolo che prevedono obiettivi chiari in materia di riduzione della povertà e scopi realizzabili, in particolare misure che promuovano l'agricoltura su piccola scala e la produzione di derrate alimentari destinate ai mercati locali traendo vantaggio dalla biodiversità, con particolare attenzione alla costruzione di capacità per quanto concerne i piccoli coltivatori proprietari di terra e le donne;

57.

invita l'Unione europea ad unire le proprie forze a quelle degli Stati membri, dei governi dei paesi ACP, delle organizzazioni internazionali, delle banche di sviluppo regionale e delle fondazioni private, delle organizzazioni non governative e delle autorità locali, ai fini di un miglior inserimento nei programmi regionali di nuovi progetti e interventi programmatici per far fronte all'impennata dei prezzi alimentari;

58.

sollecita misure volte a migliorare la formazione per consentire ai giovani di seguire corsi d'istruzione superiore in agricoltura, ivi compresa la formazione su come soddisfare le norme dell'Unione europea in materia sanitaria e fitosanitaria, nonché a creare opportunità di lavoro per i laureati in questo settore, con l'obiettivo di ridurre la povertà e l'esodo dalle zone rurali verso quelle urbane e di evitare la «fuga dei cervelli» dai paesi in via di sviluppo verso i paesi sviluppati;

59.

ricorda il «Codice di condotta per la prevenzione e la gestione delle crisi alimentari», del 2008, della Food Crisis Prevention Network (la «rete per la prevenzione delle crisi alimentari») e chiede che esso sia attuato e osservato nel contesto della PAC; appoggia e sollecita inoltre il coinvolgimento della società civile e la promozione degli interessi delle donne, delle cooperative di piccoli agricoltori e dei gruppi di produttori al fine di garantire la sicurezza e l'autosufficienza alimentare;

60.

esprime grande preoccupazione per il fatto che, in molti casi, i bilanci per le spese militari e di difesa sono più cospicui di quelli destinati all'agricoltura e all'alimentazione;

61.

ritiene che i piccoli proprietari costituiscano l'asse portante dello sviluppo agricolo; sottolinea alcuni dei problemi più gravi che i piccoli agricoltori si trovano ad affrontare nei paesi in via di sviluppo, quali l'accesso ai mercati, alla terra, alla formazione, ai finanziamenti, ai mezzi di produzione e alla tecnologia; riafferma l'importanza di sviluppare le infrastrutture rurali e gli investimenti in piccole aziende agricole e in forme di produzione adatte alle condizioni locali e basate su metodi tradizionali che richiedono una quantità limitata di mezzi di produzione;

62.

ritiene che un fattore importante nella produzione alimentare mondiale sia rappresentato dall'insufficienza degli scambi di derrate alimentari; osserva che, secondo la FAO, nel 2007 la produzione mondiale di riso è aumentata mentre nello stesso anno gli scambi di riso sono diminuiti;

63.

ritiene che un'ulteriore liberalizzazione non regolamentata degli scambi agricoli comporterebbe un ulteriore aumento dei prezzi alimentari ed anche una loro maggiore volatilità; sottolinea che le parti più colpite sarebbero le più vulnerabili, ossia i paesi in via di sviluppo importatori di prodotti alimentari; sottolinea inoltre che le norme del commercio internazionale non devono in alcun caso scalfire il diritto di paesi o regioni di sostenere il proprio settore agricolo al fine di garantire la sicurezza alimentare della loro popolazione;

64.

ritiene che le politiche di apertura dei mercati dei prodotti agricoli nel quadro dell'OMC e di accordi bilaterali di libero scambio abbiano contribuito in modo significativo a intaccare la sicurezza alimentare in molti paesi in via di sviluppo e nel contesto dell'attuale crisi mondiale dell'approvvigionamento alimentare; invita la Commissione a riesaminare di conseguenza il proprio approccio liberista in materia di scambi agricoli;

65.

invita i grandi paesi esportatori (Brasile, Argentina, Tailandia ecc.) ad assumere il ruolo di fornitori affidabili di prodotti alimentari di base e ad evitare di applicare restrizioni alle esportazioni che potrebbero avere conseguenze disastrose, specialmente per i paesi poveri in via di sviluppo importatori di prodotti alimentari;

66.

è allarmato per l'attuale crisi finanziaria globale, che potrebbe comportare una riduzione delle risorse finanziarie a disposizione dell'aiuto pubblico allo sviluppo; invita la Commissione ad analizzare l'impatto della crisi finanziaria sul settore dell'aiuto allo sviluppo e a continuare ad elaborare proposte finalizzate a sostenere l'agricoltura nei paesi più poveri del mondo;

67.

osserva che la crisi alimentare globale è una delle grandi minacce per la pace e la sicurezza nel mondo; plaude, a tale riguardo, all'impegno recentemente profuso dalla Commissione per studiare modi di affrontare il problema della sicurezza alimentare globale; invita gli Stati membri a sostenere tali iniziative a livello nazionale e locale;

Ricerca e sviluppo

68.

ribadisce il suo costante favore agli investimenti in tecnologia e innovazione nel settore dell'agricoltura e della produzione agricola;

69.

sottolinea l'importanza di una ricerca finanziata con risorse pubbliche che serva a promuovere la sicurezza alimentare anziché curare unilateralmente gli interessi dell'industria; chiede investimenti nella ricerca non soltanto di nuove tecnologie specifiche ma anche di sistemi globali di produzione agricola che vadano in direzione della sicurezza alimentare a lungo termine; pone in rilievo al riguardo il ruolo d'avanguardia che in tale ambito potrebbe svolgere, ad esempio, una piattaforma tecnologica dell'Unione europea per la ricerca nel campo dell'agricoltura ecologica;

70.

pone l'accento sull'importanza della ricerca ma anche del trasferimento fino al livello dell'azienda agricola delle conoscenze acquisite grazie ad essa, attraverso un efficace servizio di divulgazione agricola, in particolar modo nei paesi in via di sviluppo; chiede un rafforzamento della ricerca e della generazione di conoscenza nel settore agricolo;

71.

esprime preoccupazione per il fatto che l'accento posto nell'Unione europea sulla condizionalità ecologica (cross-compliance) possa andare a detrimento della ricerca e consulenza per la produzione agricola; sottolinea la necessità di garantire entrambe le cose;

72.

chiede l'istituzione di un programma accelerato di ricerca e sviluppo sull'agricoltura sostenibile ed efficiente in termini energetici, adatta al luogo in cui è praticata; esorta gli Stati membri a sostenere la ricerca mirante ad aumentare la produttività in relazione alle applicazioni in campo agricolo; è consapevole delle preoccupazioni dei consumatori dell'Unione europea;

Un'agricoltura mondiale sostenibile

73.

esprime preoccupazione per le alterazioni degli andamenti meteorologici causate dai cambiamenti climatici, che si prevede renderanno più comuni siccità e inondazioni, con impatti negativi sulle rese dei raccolti e sulla prevedibilità della produzione agricola mondiale;

74.

teme che l'attuazione nell'Unione europea di proposte volte a ridurre ulteriormente le emissioni di gas serra possa incidere negativamente sulla produzione alimentare dell'Unione europea, in particolare sulla produzione di bestiame;

75.

riconosce l'esigenza di un miglioramento dell'efficienza energetica del settore agricolo, responsabile di una quota considerevole delle emissioni totali di CO2;

76.

ritiene che l'espansione della produzione di biocarburanti e bioenergia potrebbe avere effetti positivi sul settore agricolo e della trasformazione alimentare, settore che sta risentendo dell'aumento dei prezzi dei fattori di produzione, quali fertilizzanti, pesticidi, e gasolio, nonché dei costi di trasporto e di trasformazione;

77.

riconosce che il settore agricolo fornisce i mezzi di sussistenza alla maggioranza della popolazione in molti paesi in via di sviluppo, e pertanto incoraggia tali paesi a mettere a punto un meccanismo di politiche agricole stabili e trasparenti che assicurino la pianificazione a lungo termine e lo sviluppo sostenibile;

78.

chiede alla Commissione di monitorare da vicino gli effetti dell'aumento della produzione di bioenergia nell'Unione europea e nei paesi terzi per quanto riguarda le variazioni di destinazione dei terreni, i prezzi dei prodotti alimentari di base e l'accesso ai prodotti alimentari;

79.

ribadisce che gli incentivi alle colture energetiche sostenibili non devono mettere in pericolo la produzione alimentare;

80.

invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere la ricerca e lo sviluppo finalizzati alla prevenzione dei cambiamenti climatici e all'adattamento ad essi, compresa fra le altre cose la ricerca sulla prossima generazione di biocarburanti, in particolare sull'utilizzo di colture energetiche ad alta resa, su fertilizzanti rispettosi dell'ambiente dotati della massima efficacia possibile, su nuove tecnologie agricole che riducano al minimo le ripercussioni negative in termini di utilizzo dei terreni, sullo sviluppo di nuovi tipi di piante resistenti ai cambiamenti climatici e alle malattie connesse, nonché a sostenere la ricerca sulle modalità di utilizzazione dei rifiuti in agricoltura;

81.

ritiene che, al fine di aumentare la produttività agricola sostenibile, siano necessarie ulteriori ricerche in campo agricolo, e invita gli Stati membri a sfruttare appieno le opportunità offerte a tale riguardo dal Settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrative e ad adottare misure che migliorino la produttività agricola nel rispetto dei criteri della sostenibilità e dell'efficienza energetica;

*

* *

82.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 621.

(2)  Testi approvati, P6_TA(2008)0229.

(3)  GU C 297 E del 20.11.2008, pag. 201.

(4)  Ricerca Agri Aware TNS/Mrbi condotta in Irlanda, agosto 2008.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/23


Prospettive di sviluppo del dialogo civile nel contesto del trattato di Lisbona

P6_TA(2009)0007

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulle prospettive di sviluppo del dialogo civile dopo il trattato di Lisbona (2008/2067(INI))

(2010/C 46 E/03)

Il Parlamento europeo,

visto il trattato di Lisbona, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea,

visti il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la sua risoluzione del 20 febbraio 2008 sul trattato di Lisbona (1),

viste le diverse risoluzioni che fanno riferimento alla società civile, approvate nel corso dell'attuale legislatura,

visto il seminario organizzato dalla commissione affari costituzionali con i rappresentanti delle organizzazioni della società civile il 3 giugno 2008,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per gli affari costituzionali (A6-0475/2008),

A.

considerando che un'Unione europea democratica e vicina ai cittadini presuppone una stretta cooperazione tra le istituzioni dell'Unione europea, gli Stati membri e la società civile, a livello europeo, nazionale, regionale e locale,

B.

considerando che la disponibilità da parte delle istituzioni dell'Unione europea e delle autorità nazionali, regionali e locali al dialogo e alla collaborazione con i cittadini e le organizzazioni della società civile è la premessa fondamentale per il loro impegno nell'attività legislativa e nella governance a tutti i livelli,

C.

considerando che il trattato di Lisbona rafforza i diritti dei cittadini dell'Unione europea nei confronti dell'Unione facilitando la loro partecipazione e quella della società civile alle discussioni su un «Europa dei cittadini»,

D.

considerando che le attuali disposizioni, che sono state anche inserite nel trattato di Lisbona, creano un quadro giuridico vitale per lo sviluppo del dialogo civile a livello europeo; considerando tuttavia che dette disposizioni non sempre sono applicate in maniera soddisfacente,

E.

considerando che la società civile ha raggiunto nei 27 Stati membri diversi stadi di sviluppo e si avvale in misura diversa delle opportunità della democrazia partecipativa per partecipare al processo legislativo e al dialogo con le autorità nazionali, regionali e locali,

F.

considerando che il termine «società civile» fa riferimento al gran numero di organizzazioni non governative e senza fini di lucro create dai cittadini di loro propria volontà, che hanno un ruolo nella vita pubblica e danno voce agli interessi, alle idee e alle ideologie dei loro membri o di altre persone, sulla base di considerazioni etiche, culturali, politiche, scientifiche, religiose o filantropiche,

G.

considerando che la rappresentatività delle organizzazioni della società civile è questione molto controversa e che il vigore e l'efficacia con cui alcune organizzazioni affermano le loro posizioni non sempre corrisponde al loro grado di rappresentatività,

H.

considerando che le varie istituzioni dell'Unione europea hanno approcci diversi al dialogo civile,

1.

apprezza il contributo dell'Unione europea allo sviluppo del dialogo civile sia a livello europeo che a livello nazionale, regionale e locale negli Stati membri;

2.

sottolinea che la società civile in Europa svolge un ruolo importante nel processo di integrazione europea, in quanto sottopone alle istituzioni europee le posizioni e le richieste dei cittadini dell'Unione europea; rileva l'importanza delle competenze che sono messe a disposizione delle istituzioni da parte della società civile e sottolinea l'importanza di informare e di sensibilizzare sul dialogo civile, in particolare promuovendo le attività e gli obiettivi dell'Unione europea, creando una rete di cooperazione in Europa e rafforzando l'identità europea e l'identificazione con l'Europa nella società civile;

3.

sottolinea che per realizzare gli obiettivi e i progetti politici dell'Unione europea è necessario un più ampio dibattito pubblico, un più efficiente dialogo civile e maggiore consapevolezza politica;

4.

pone l'accento sul suo particolare attaccamento al dialogo civile e richiama l'attenzione sull'importanza attribuitagli dal trattato di Lisbona, che ne ha riconosciuto il rango di principio superiore trasversale per tutte le attività dell'Unione europea;

5.

accoglie favorevolmente il rafforzamento della democrazia rappresentativa e partecipativa che deriva dall'introduzione nel trattato di Lisbona della «iniziativa dei cittadini» che permette a un milione di cittadini di vari Stati membri di invitare la Commissione a presentare una proposta legislativa;

6.

invita le istituzioni dell'Unione europea e le autorità nazionali, regionali e locali degli Stati membri ad avvalersi nel modo più completo possibile del vigente quadro giuridico e di tutte le migliori prassi allo scopo di incrementare il dialogo con i cittadini e con le organizzazioni della società civile; ritiene in particolare che gli uffici d'informazione del Parlamento in ciascuno Stato membro dovrebbero svolgere un ruolo attivo nella promozione, organizzazione e gestione dei forum che hanno luogo almeno una volta l'anno tra il Parlamento e i rappresentanti della società civile in un determinato Stato membro, e sottolinea l'importanza della regolare partecipazione a tali forum dei suoi deputati, provenienti dallo Stato membro interessato e dagli altri Stati membri;

7.

invita le istituzioni dell'Unione europea a coinvolgere nel dialogo civile tutti i rappresentanti interessati della società civile, considera essenziale a questo riguardo che sia ascoltata la voce dei giovani cittadini dell'Unione europea, che forgeranno l'Europa di domani e ne saranno responsabili;

8.

invita le istituzioni dell'Unione europea a far sì che tutti i cittadini dell'Unione europea – uomini e donne, vecchi e giovani, delle aree urbane e rurali – possano partecipare attivamente, senza essere discriminati e con gli stessi diritti al dialogo civile e in particolare che i membri di minoranze linguistiche possano utilizzare in tali forum la lingua madre; è del parere che il ruolo dell'Unione in questo quadro è di generare la realizzazione del principio di parità tra uomini e donne e essere d'esempio per la sua diffusione sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea;

9.

invita le istituzioni dell'Unione europea a stabilire, nel quadro di un accordo interistituzionale, orientamenti vincolanti per la nomina dei rappresentanti della società civile, metodi per l'impostazione delle consultazioni e il loro finanziamento, conformemente ai principi generali e requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate (2); sottolinea che, a tal fine, tutte le istituzioni dell'Unione europea dovrebbero tenere registri aggiornati di tutte le organizzazioni non governative pertinenti, attive negli Stati membri e/o incentrate sulle istituzioni dell'Unione europea;

10.

invita le istituzioni dell'Unione europea a fare del dialogo civile un compito trasversale di tutte le direzioni generali della Commissione, di tutti i gruppi di lavoro del Consiglio e di tutte le commissioni del Parlamento europeo, utilizzando procedure trasparenti e mantenendo un equilibrio effettivo tra settore pubblico e privato;

11.

invita le istituzioni dell'Unione europea a una più stretta collaborazione nel rafforzamento del dialogo civile e a promuovere una mentalità europea attiva tra i cittadini dell'Unione onde migliorare la comunicazione, il flusso di informazioni e il coordinamento nel quadro delle loro attività di consultazione dell'opinione pubblica; rileva che in tale contesto sarebbero altamente auspicabili incontri regolari tra la società civile e i commissari nell'ambito di forum tenuti negli Stati membri, al fine di ridurre il divario percepito tra l'Unione europea e i cittadini d'Europa;

12.

invita il Consiglio ad agevolare e semplificare l'accesso ai suoi lavori, il che costituisce ciò una condizione sine qua non per l'avvio di un autentico dialogo con la società civile;

13.

sottolinea l'importanza di una politica europea avanzata di comunicazione che offra nuovi mezzi e strumenti per la comunicazione con i cittadini dell'Unione europea (mediante l'uso di internet, tecnologie elettroniche e moderne tecniche audiovisive);

14.

si pronuncia a favore del proseguimento delle iniziative in corso dell'Unione europea che si sono dimostrate valide per accrescere la partecipazione della società civile al processo di integrazione europea, quali ad esempio Europe by Satellite, Agora dei cittadini, forum civici dedicati a tematiche specifiche (ad esempio Your Europe), discussioni su internet ecc.;

15.

sottolinea l'importanza dei sondaggi d'opinione professionali in Europa per individuare e comprendere meglio i bisogni e le attese dei cittadini dell'Unione europea rispetto al funzionamento dell'Unione; esorta le istituzioni dell'Unione europea e la società civile negli Stati membri a tener conto di tali aspettative nelle loro interazioni e nei loro dibattiti;

16.

invita le autorità nazionali, regionali e locali degli Stati membri a promuovere il dialogo civile, in particolare in quei paesi e in quelle regioni nonché in quei settori in cui non è stato ancora pienamente sviluppato o attuato sufficientemente bene; esorta inoltre questi organismi a promuovere attivamente lo sviluppo dell'interattività regionale della società civile fra gli Stati membri, nonché iniziative transfrontaliere; considera che si dovrebbe esplorare anche la costruzione di raggruppamenti di Stati membri quale mezzo per promuovere gli scambi di idee e di esperienze all'interno dell'Unione europea;

17.

rivolge un appello ai rappresentanti della società europea a partecipare attivamente al dialogo civile e alla formulazione di programmi e politiche europee rendendo con ciò possibile influenzare il processo decisionale;

18.

incoraggia i cittadini dell'Unione europea a partecipare maggiormente ai dibattiti e alle discussioni organizzate a livello europeo e a votare alle imminenti elezioni del Parlamento europeo;

19.

ricorda che il dialogo con i cittadini a tutti i livelli (europeo, nazionale, regionale e locale) richiede adeguate risorse finanziarie e invita i partecipanti a tale dialogo e quanti ne sono responsabili a garantirne il congruo finanziamento;

20.

sottolinea che, al di là del dialogo con la società civile, è altresì necessario un dialogo aperto, trasparente e regolare tra l'Unione europea e le chiese e le comunità religiose, come previsto dal trattato di Lisbona;

21.

raccomanda alle istituzioni dell'Unione europea di mettere congiuntamente a disposizione informazioni sulla rappresentatività e i settori di attività delle organizzazioni della società civile in Europa, per esempio mediante una banca dati pubblica e di facile accesso;

22.

invita la Commissione a presentare una nuova proposta per le associazioni europee che consenta di creare una base giuridica comune per le organizzazioni europee della società civile;

23.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, al Comitato economico e sociale, al Comitato delle regioni, nonché ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0055.

(2)  Cfr. la comunicazione della Commissione dell'11 dicembre 2002 intitolata «Verso una cultura di maggiore consultazione e dialogo – Principi generali e requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate ad opera della Commissione» (COM(2002)0704).


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/26


Recepimento, attuazione e applicazione delle direttive 2005/29/CE e 2006/114/CE

P6_TA(2009)0008

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sul recepimento, attuazione e applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (2008/2114(INI))

(2010/C 46 E/04)

Il Parlamento europeo,

visto il trattato istitutivo della Comunità europea, in particolare le disposizioni che istituiscono il mercato interno e garantiscono alle imprese la libera prestazione di servizi in altri Stati membri,

vista la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (1),

vista la direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (2),

vista la direttiva 97/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 1997, che modifica la direttiva 84/450/CEE relativa alla pubblicità ingannevole al fine di includervi la pubblicità comparativa (3),

vista la direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (4),

visto il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori (regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori) (5),

viste la direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (6), e la relazione della Commissione, del 18 novembre 2008, concernente la sua applicazione (COM(2008)0756),

visto il Libro verde della Commissione del 27 novembre 2008 sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori (COM(2008)0794),

vista la comunicazione della Commissione, del 13 marzo 2007, relativa alla strategia per la politica dei consumatori dell'UE per il periodo 2007-2013 (COM(2007)0099),

viste le oltre 400 petizioni sulle pratiche ingannevoli delle società di compilazione degli elenchi commerciali, provenienti da 24 Stati membri e 19 paesi terzi, ricevute dalla commissione per le petizioni,

vista la sua risoluzione del 16 dicembre 2008 sulle pratiche sleali delle società di compilazione degli annuari (7),

visto l'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (8),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (A6-0514/2008),

A.

considerando che la strategia della Commissione per la politica dei consumatori per il periodo 2007-2013 è volta a un «monitoraggio migliore dei mercati dei consumatori e delle politiche nazionali a favore dei consumatori» e in particolare a «ultimare senza ritardi e uniformare il recepimento della direttiva sulle pratiche commerciali sleali»,

B.

considerando che la direttiva sulle pratiche commerciali sleali promuove un nuovo approccio in materia di diritto comunitario dei consumatori inteso a una piena armonizzazione a favore della tutela dei consumatori dalle pratiche commerciali sleali,

C.

considerando che la direttiva concernente la pubblicità ingannevole e comparativa codifica la direttiva 84/450/CEE, in particolare le modifiche introdotte dalla direttiva 97/55/CE, e restringe il campo di applicazione alle transazioni tra imprese,

D.

considerando che il campo di applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali è limitato a transazioni tra imprese e consumatori e non copre tutte le pratiche commerciali bensì soltanto quelle che possono essere ritenute sleali; considerando che detta direttiva è circoscritta alle pratiche commerciali in grado di danneggiare gli interessi economici dei consumatori e non prescrive adeguamenti della legislazione nazionale per proteggere le imprese dalle pratiche commerciali sleali di altre imprese,

E.

considerando che tre Stati membri, e precisamente Germania, Spagna e Lussemburgo, non hanno comunicato alla Commissione le misure adottate per la trasposizione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali; considerando che tre domande di pronuncia pregiudiziale sono state presentate alla Corte di giustizia delle Comunità europee per quanto concerne la compatibilità delle misure nazionali con la direttiva sulle pratiche commerciali sleali; considerando che la Commissione ritiene che in alcuni Stati membri la trasposizione risulti inadeguata,

F.

considerando che le direttive sulle pratiche commerciali sleali e sulla pubblicità ingannevole e comparativa lasciano ampia discrezionalità agli Stati membri per quanto concerne i meccanismi di ricorso e le sanzioni per le violazioni delle rispettive disposizioni,

G.

considerando la mancanza di mezzi di ricorso efficaci contro le violazioni della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa e l'attuazione deficitaria della stessa, come dimostrano, tra l'altro, le società di compilazione degli annuari commerciali che svolgono attività ingannevoli,

Introduzione

1.

sottolinea l'importanza delle direttive sulle pratiche commerciali sleali e sulla pubblicità ingannevole e comparativa nell'accrescere la fiducia dei consumatori e dei commercianti nei confronti delle transazioni transfrontaliere e nel garantire una maggiore certezza giuridica per le imprese in relazione all'ammissibilità di diverse pratiche commerciali e pubblicitarie nel mercato interno;

2.

sottolinea che la direttiva sulle pratiche commerciali sleali costituisce una pietra miliare della legislazione comunitaria in materia di diritto del consumatore e che il recepimento, l'attuazione e l'applicazione della stessa saranno una fonte fondamentale per lo sviluppo futuro di detta legislazione e per il pieno sviluppo delle potenzialità del mercato interno, lo sviluppo del commercio transfrontaliero e del commercio elettronico;

3.

è convinto che un recepimento, un'attuazione e un'applicazione adeguati delle direttive sulle pratiche commerciali sleali e sulla pubblicità ingannevole e comparativa siano di cruciale importanza per il conseguimento degli obiettivi previsti dalle direttive stesse, in particolare alla luce delle modalità e dei sistemi di applicazione e attuazione diversi utilizzati dagli Stati membri, della complessità di alcuni concetti giuridici contenuti nelle direttive, della quantità ed esaustività delle norme nazionali che disciplinano le pratiche commerciali sleali e la pubblicità ingannevole nonché del vasto campo di applicazione delle direttive;

4.

invita la Commissione a esaminare, in relazione al considerando 8 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, la necessità di proteggere le piccole e medie imprese da pratiche commerciali aggressive e, eventualmente, ad avviare le opportune misure di follow-up;

Codificazione e trasposizione

5.

accoglie con favore gli sforzi della Commissione per assistere gli Stati membri nella trasposizione delle direttive sulle pratiche commerciali sleali e sulla pubblicità ingannevole e comparativa;

6.

nota che l'articolo 3 bis, paragrafo 2, della direttiva 84/450/CEE, come modificato dalla direttiva 97/55/CE, relativo a «qualunque raffronto che faccia riferimento a un'offerta speciale», è stato soppresso e non compare più né nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali né nella direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa; si rammarica del fatto che detta soppressione abbia comportato una certa confusione nell'ambito delle transazioni tra imprese e consumatori, come dimostrato, in particolare, dai divergenti approcci adottati dagli Stati membri relativamente al mantenimento all'interno della legislazione nazionale, a seguito dell'adozione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, delle preesistenti disposizioni di attuazione dell'articolo 3 bis, paragrafo 2, della direttiva 84/450/CEE, quale modificato dalla direttiva 97/55/CE; esorta gli Stati membri a esaminare la questione più approfonditamente e ad adottare possibili misure di follow-up avvalendosi del sostegno della Commissione;

7.

ritiene che la Commissione debba avanzare una proposta di modifica della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa, al fine di includervi una «lista nera» delle pratiche da considerarsi in ogni caso ingannevoli, o estendere il campo di applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali ai contratti tra imprese, con particolare riferimento al punto 21 dell'allegato I alla direttiva stessa; invita la Commissione a presentare entro dicembre 2009 una relazione sulle misure adottate;

8.

osserva che diversi Stati membri, in sede di trasposizione e applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali all'interno dei rispettivi regimi giuridici, hanno frazionato la «lista nera» contenuta nell'allegato I della stessa; ritiene che un frazionamento di detta «lista nera» in diverse norme nazionali crei confusione per le imprese e possa portare a distorsioni nell'applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali; chiede alla Commissione di cooperare con gli Stati membri all'adeguamento delle normative nazionali, affinché le «liste nere» siano quanto più possibile visibili e utili ai consumatori;

9.

esorta gli Stati membri a esaminare i propri regimi giuridici al fine di evitare possibili sovrapposizioni tra le norme adottate per il recepimento delle direttive sulle pratiche commerciali sleali e sulla pubblicità ingannevole e comparativa e le disposizioni nazionali già esistenti, garantendo in tal modo una maggiore chiarezza per i consumatori e le imprese nell'ambito del processo di trasposizione;

10.

invita gli Stati membri a concentrare i propri sforzi a favore di un recepimento, un'attuazione e un'applicazione adeguati delle direttive sulle pratiche commerciali sleali e sulla pubblicità ingannevole e comparativa e a garantire il rispetto di tutte le decisioni giudiziarie nazionali e delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee applicabili;

11.

ritiene che, nelle transazioni transfrontaliere, i consumatori e le imprese siano ostacolati da errori o ritardi nella trasposizione delle direttive da parte degli Stati membri;

Attuazione e applicazione

12.

nota che, in base a quanto stabilito da alcuni Stati membri, soltanto alcuni organismi normativi sono competenti per l'applicazione delle disposizioni nazionali adottate in fase di attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali e che suddetti Stati non hanno previsto il diritto di ricorso diretto per i consumatori, i quali, in tal modo, non possono presentare domande di risarcimento per i danni derivanti da pratiche commerciali sleali; invita gli Stati membri che non l'abbiano ancora fatto a considerare la necessità di riconoscere ai consumatori il diritto di ricorso diretto, al fine di garantire loro una protezione adeguata dalle pratiche commerciali sleali;

13.

si compiace dei risultati conseguiti dalle indagini a tappeto condotte a livello comunitario dalla Commissione nell'ambito delle compagnie aeree e delle suonerie della telefonia mobile, in quanto le suddette indagini costituiscono un primo passo verso un migliore monitoraggio dell'attuazione e applicazione della legislazione sul mercato interno; sottolinea la necessità di realizzare estesi controlli in merito a intervalli regolari; esorta la Commissione, in collaborazione con la Rete per la cooperazione nella tutela dei consumatori, a raccogliere dati analoghi inerenti all'attuazione della legislazione sul mercato interno in altri settori chiave di tale mercato;

14.

esorta la Commissione a sviluppare strumenti di controllo dell'attuazione più efficaci, ad esempio le indagini a tappeto, in modo tale da migliorare l'applicazione delle norme a tutela del consumatore; chiede alla Commissione di esaminare la possibilità di integrare le indagini a tappeto in seno ai meccanismi di monitoraggio dell'osservatorio dei consumatori;

15.

invita tutti gli Stati membri a cooperare pienamente con la Commissione per ciò che riguarda la realizzazione e il seguito delle indagini a tappeto condotte da quest'ultima;

16.

evidenzia che, ai fini di un adeguato monitoraggio dei mercati dei beni di consumo, è importante disporre di informazioni e dati ragionevoli, tempestivi ed accurati; prende atto del ruolo fondamentale che assumono le organizzazioni delle imprese e dei consumatori nel fornire tali dati;

17.

sottolinea l'importanza di un'applicazione transfrontaliera per il funzionamento del mercato interno; esorta la Commissione a promuovere ulteriormente l'utilizzo della Rete per la cooperazione nella tutela dei consumatori in modo tale da migliorare l'applicazione della normativa a livello transfrontaliero; sottolinea la necessità di una maggiore sensibilizzazione in merito alla Rete dei centri europei dei consumatori;

18.

invita gli Stati membri a mettere a disposizione personale e risorse finanziarie adeguati a sostegno dell'applicazione transfrontaliera della normativa;

19.

invita gli Stati membri e le autorità giudiziarie nazionali a rafforzare la cooperazione transfrontaliera per quanto riguarda i servizi di banche dati ingannevoli;

20.

accoglie con favore l'iniziativa della Commissione volta a creare una banca dati accessibile al pubblico contenente le misure adottate a livello nazionale per il recepimento della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, la giurisprudenza in materia e altro materiale pertinente; chiede alla Commissione di inserire nella suddetta banca dati le relazioni di monitoraggio elaborate dagli esperti, in cui, a partire dai casi documentati nella banca dati, si formulano raccomandazioni specifiche di intervento per migliorare l'applicazione della normativa; invita inoltre la Commissione a utilizzare detta banca dati per la realizzazione di un sito web che costituisca un «unico punto di accesso», attraverso il quale sia le aziende sia i consumatori possano ottenere informazioni sulla legislazione vigente negli Stati membri;

21.

invita la Commissione e gli Stati membri a organizzare campagne informative per sensibilizzare i consumatori in merito ai loro diritti, garantendo loro una maggiore tutela contro le pratiche commerciali sleali e la pubblicità ingannevole e comparativa;

22.

sottolinea che il processo di controllo del recepimento, dell'attuazione e dell'applicazione richiede la messa a disposizione di cospicue risorse; ritiene pertanto che sia necessario fornire alla Commissione risorse umane adeguate al fine di garantire una vigilanza più efficace sul citato processo di applicazione;

23.

esorta gli Stati membri a fornire un adeguato orientamento alle imprese a livello nazionale; indica come miglior prassi la guida «Consumer Protection from Unfair Trading Regulations: a basic guide for business» (La tutela del consumatore contro i regolamenti commerciali sleali: una guida di base per l'impresa), pubblicata dal Dipartimento delle attività economiche e riforme regolamentari del Regno Unito in collaborazione con l'Ufficio britannico del commercio equo;

24.

insiste sulla necessità che la Commissione presenti a tempo debito, entro il 12 giugno 2011, una relazione globale sull'applicazione, ai sensi dell'articolo 18 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, in cui siano riportate anche le esperienze acquisite per mezzo della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa;

*

* *

25.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22.

(2)  GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21.

(3)  GU L 290 del 23.10.1997, pag. 18.

(4)  GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17.

(5)  GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.

(6)  GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 51.

(7)  Testi approvati, P6_TA(2008)0608.

(8)  GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/31


PCP e approccio ecosistemico alla gestione della pesca

P6_TA(2009)0009

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla PCP e l'approccio ecosistemico alla gestione della pesca (2008/2178(INI))

(2010/C 46 E/05)

Il Parlamento europeo,

vista la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982,

visto il regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca (1) (PCP),

vista la comunicazione della Commissione dal titolo «Il ruolo della PCP nell'attuazione di un approccio ecosistemico alla gestione dell'ambiente marino» (COM(2008)0187),

viste le conclusioni del Consiglio «Agricoltura e pesca» del 29 e 30 settembre 2008 sulla comunicazione della Commissione di cui sopra,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per la pesca (A6-0485/2008),

A.

considerando che in ogni area geografica gli organismi viventi (esseri umani, piante, animali e microrganismi), il loro ambiente fisico (terreno, acqua, aria) e i cicli naturali da cui dipendono sono tutti tra loro connessi,

B.

considerando che gli sviluppi, le interazioni e i cambiamenti in seno a questi ecosistemi hanno effetti diretti, spesso indesiderati o imprevisti, su altri elementi tanto all'interno che all'esterno del sistema e che, in modo analogo, i fattori esterni possono avere effetti immediati sul sistema stesso,

C.

considerando che un approccio ecosistemico alla pesca fornisce al momento le migliori basi per un sistema gestionale e decisionale globale, che tenga in conto tutti i soggetti e tutti gli elementi coinvolti, i loro requisiti e bisogni, nonché le conseguenze future sul sistema e sulle sue interazioni,

D.

considerando l'importanza della pesca nelle acque della zona economica esclusiva (ZEE) di ogni Stato membro ai fini della sua sovranità e indipendenza, segnatamente in campo alimentare,

E.

considerando che le nostre conoscenze sugli oceani e sui fattori che li influenzano sono ancora scarse, ma sufficienti tuttavia per sapere che molti stock ittici, commerciali e non, sono esauriti nell'Unione europea e altrove, e che sebbene ciò sia dovuto a numerosi fattori, quello principale è il sovrasfruttamento,

F.

considerando che la ricerca scientifica sulla sostenibilità delle risorse alieutiche presuppone la reiezione di ogni supposizione basata su schemi preconcetti e che pertanto la proposta dell'approccio ecosistemico nella valutazione delle risorse alieutiche sarà effettivamente tale soltanto se basata su dati scientifici comprovati,

G.

considerando che l'approccio ecosistemico deve essere dinamico e flessibile nei suoi processi informativi e decisionali, data la necessità di adeguamento permanente alla luce delle nuove conoscenze e interrelazioni scientifiche,

H.

considerando che, secondo la comunicazione della Commissione dal titolo «Relazioni degli Stati membri sui comportamenti che costituiscono gravi violazioni delle norme della politica comune della pesca individuati nel 2006» (COM(2008)0670), continuano a verificarsi violazioni gravi e preoccupanti alle regole della PCP, malgrado gli sforzi realizzati per ridurre la capacità della flotta comunitaria,

I.

considerando che la valutazione delle risorse alieutiche si concentra sulla sostenibilità delle riserve, fondamentale per le attività di pesca, e che spetta agli Stati membri disciplinare la materia,

J.

considerando l'obiettivo principale della politica della pesca, accettato da tutti gli Stati partecipanti al Vertice mondiale per lo sviluppo sostenibile di Johannesburg del 2002, ossia conseguire le catture massime sostenibili,

K.

considerando che l'accentuato calo dei redditi nel settore della pesca è dovuto all'esaurimento di molti stock ittici di interesse commerciale, il quale ha reso necessario imporre restrizioni delle attività di pesca e la stasi/riduzione dei prezzi di prima vendita, con contestuale rincaro esponenziale dei fattori di produzione (gasolio e benzina), mentre la situazione si aggrava ulteriormente nei paesi in cui i costi corrispondenti sono più elevati, in particolare a causa dell'assenza o dell'inadeguatezza delle misure di sostegno al settore rispetto a quelle adottate in altri paesi,

L.

considerando la proposta della Commissione circa l'avvio del dibattito su un'eventuale riforma della PCP,

1.

accoglie con favore la summenzionata comunicazione della Commissione su un approccio ecosistemico alla gestione dell'ambiente marino e sottolinea la necessità che questa iniziativa costituisca un contributo per garantire uno sfruttamento delle risorse alieutiche tale da creare condizioni sostenibili da un punto di vista sociale, ambientale ed economico;

2.

sottolinea la necessità che tale approccio ecosistemico della gestione delle attività di pesca porti all'affermazione di un sistema di gestione, di scambio reciproco di conoscenze e di ricerca dinamico e flessibile, onde includere ulteriori variabili che potrebbero in futuro derivare da fattori imprevisti o da altre discipline scientifiche;

3.

esorta al riguardo la Commissione a includere nella sua proposta metodi e strumenti che consentano lo scambio reciproco di informazioni e di dati nonché un processo costante di ampliamento delle conoscenze per tutti i soggetti interessati, al fine di consentire a tutti loro di sviluppare ulteriormente l'approccio ecosistemico con l'obiettivo di mostrarne e dimostrarne i vantaggi per tutti;

4.

ricorda che la pesca è un'attività fondamentale per garantire l'alimentazione e la sopravvivenza degli esseri umani e ritiene che detto obiettivo sia primordiale per ogni tipo di politica della pesca;

5.

richiama l'attenzione sull'importanza cruciale che il settore della pesca rappresenta per alcune comunità costiere dell'Unione europea dal punto di vista economico, sociale e culturale;

6.

ribadisce che la PCP dovrà promuovere la modernizzazione e lo sviluppo sostenibile del settore della pesca, assicurandone la continuità socioeconomica e la sostenibilità delle risorse alieutiche e garantendo gli approvvigionamenti pubblici di pesce e la sovranità e la sicurezza alimentare, la conservazione dei posti di lavoro e il miglioramento delle condizioni di vita dei pescatori;

7.

ritiene che ogni politica della pesca dovrà considerare molteplici dimensioni – sociale, ambientale, economica – le quali esigono un approccio integrato ed equilibrato, incompatibile con una concezione intesa a fissarle in una gerarchia basata su schemi aprioristici di priorità;

8.

sottolinea che, visti i suoi obiettivi specifici, la PCP non deve essere subordinata ad altre politiche comunitarie definite di volta in volta; ritiene invece che queste ultime debbano salvaguardare e integrare gli obiettivi della politica della pesca;

9.

sottolinea che lo sviluppo sostenibile di una determinata regione costiera esige la valorizzazione dell'interazione tra le sue componenti ambientali, naturali e umane, nonché la promozione della qualità di vita delle comunità di pescatori; riafferma che ogni politica della pesca deve partire dal principio dell'interdipendenza tra il benessere delle comunità di pescatori e la sostenibilità degli ecosistemi di cui sono parte integrante;

10.

osserva in tale ottica la necessità di riconoscere la specificità e l'importanza della piccola pesca costiera e artigianale;

11.

sottolinea pertanto che non sono obiettivi inconciliabili continuare a coprire il fabbisogno alimentare di ogni Stato membro, salvaguardare la sopravvivenza del settore strategico della pesca e delle comunità di pescatori e conservare la sostenibilità degli ecosistemi marini;

12.

ritiene che ai fini del mantenimento a livelli accettabili degli stock ittici su scala globale dovrebbero anche essere stabiliti dei limiti riguardanti il numero massimo di giorni in cui i pescatori possono rimanere in mare;

13.

sottolinea che l'applicazione di un approccio ecosistemico della gestione dell'ambiente marino impone necessariamente un'azione multidisciplinare e intersettoriale, tale da comprendere le diverse misure e politiche con incidenza sugli ecosistemi marini – le quali vanno oltre e stanno a monte delle politiche attuate nel settore della pesca – altrimenti non sarà possibile conseguire gli obiettivi di detto approccio;

14.

ribadisce la necessità di studiare e adottare misure riguardanti la molteplicità dei fattori con incidenza profonda sulla sostenibilità degli ecosistemi marini e sulla situazione delle risorse alieutiche e pertanto sulle attività di pesca, quali l'inquinamento costiero e in alto mare, gli scarichi di origine industriale e agricola, la modifica dei corsi d'acqua, il dragaggio dei fondali, le attività portuali, i trasporti marittimi e il turismo;

15.

sottolinea che esistono notevoli differenze tra le diverse zone marittime e le risorse alieutiche corrispondenti nonché tra le varie flotte e metodi di pesca utilizzati e il conseguente impatto sugli ecosistemi, il che impone misure di gestione della pesca diversificate, specifiche e commisurate ai singoli casi, come modifiche tecniche apportate alle reti, la chiusura di alcune zone di pesca e la riduzione dello sforzo di pesca;

16.

insiste sulla necessità di attivare meccanismi di sovvenzione o compensazione per i pescatori colpiti dalle ripercussioni economiche e sociali dei piani pluriennali di ricostituzione e di gestione e dalle misure di protezione degli ecosistemi;

17.

evidenzia che l'applicazione, inevitabilmente progressiva, di un approccio globale, interdisciplinare e intersettoriale della gestione dell'ambiente marino esige il miglioramento e l'approfondimento costante delle conoscenze scientifiche al fine di garantire l'adozione di misure basate su dati scientifici comprovati;

18.

richiama l'attenzione sulla necessità che la Commissione includa il settore della pesca in un autentico piano intersettoriale per la preservazione dell'ambiente marino, in linea con le disposizioni della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino (2), pilastro ambientale della politica marittima europea;

19.

19sottolinea che la ricerca scientifica in materia di pesca è uno strumento essenziale per la gestione della pesca, indispensabile per individuare i fattori che condizionano l'evoluzione delle risorse alieutiche, per procedere a una valutazione quantitativa e per sviluppare modelli che consentano di prevederne l'evoluzione, ma anche per migliorare i metodi di pesca, le imbarcazioni e le condizioni di lavoro e di sicurezza dei pescatori, alla luce delle conoscenze e delle esperienze di questi ultimi;

20.

propone che vengano compiuti degli studi scientifici volti a individuare la ridistribuzione delle specie marine sfruttate dalla pesca, causata dagli effetti delle recenti modifiche dei parametri fisici e chimici dell'acqua imputabili al cambiamento climatico; ritiene che detti studi debbano servire da base per la riformulazione di un certo numero di piani di ricostituzione degli stock ittici attualmente in vigore, ad esempio quelli riguardanti il nasello australe e gli scampi al largo della penisola iberica;

21.

richiama l'attenzione sulla necessità di sviluppare progetti di ricerca nell'acquacoltura per il ripopolamento degli stock delle specie più a rischio;

22.

ritiene necessario in detto ambito investire nella formazione delle risorse umane, mettere a disposizione mezzi finanziari adeguati e promuovere la cooperazione tra i diversi organismi pubblici degli Stati membri;

23.

evidenzia che la ricerca scientifica dovrà considerare le dimensioni sociale, ambientale ed economica delle attività di pesca; ritiene essenziale procedere alla valutazione dell'impatto dei diversi sistemi/strumenti di gestione della pesca sull'occupazione e sul reddito delle comunità di pescatori;

24.

evidenzia che il primo e il principale compito della gestione della pesca, in quanto attività che sfrutta una risorsa autorinnovabile, è controllare, direttamente o indirettamente, lo sforzo totale di pesca, in modo da conseguire l'obiettivo del succitato Vertice di Johannesburg del 2002;

25.

sollecita la Commissione a riconsiderare l'attuale sistema del totale ammissibile di catture (TAC) e delle quote come principale strumento di gestione delle risorse marine, nonché la sua utilità alla luce delle attuali restrizioni della pesca;

26.

sollecita la Commissione ad applicare sistemi di controllo e supervisione più aperti per quel che riguarda gli sbarchi, le catture illegali e il rigetto in mare delle catture accessorie;

27.

ritiene che le summenzionate misure siano fondamentali per una valutazione accurata dello stato delle risorse alieutiche da parte degli organismi scientifici competenti;

28.

riconosce che gli strumenti di gestione della pesca attualmente esistenti, basati sui TAC, incidono direttamente sulle catture e indirettamente sullo sforzo di pesca; sottolinea la necessità di controllare lo sforzo di pesca affinché il metodo funzioni con la massima efficacia; sollecita la Commissione a studiare i diversi strumenti esistenti per la gestione delle risorse ittiche, provvedendo a che gli strumenti attualmente esistenti non siano alterati finché non si profila un'alternativa atta a garantire uno sfruttamento più adeguato delle risorse ittiche;

29.

sottolinea che la ripartizione dei TAC tra flotte e metodi di pesca, nel rispetto del principio della stabilità relativa, è di competenza esclusiva di ogni singolo Stato membro; ritiene che la ripartizione delle quote in ogni Stato membro dovrà considerare il tipo di metodi di pesca (strascico o altro) e le rispettive catture;

30.

esprime la sua profonda preoccupazione in merito alla possibilità di introdurre eventuali modifiche nella PCP intese a promuovere la concentrazione delle attività di pesca, segnatamente per quanto riguarda il diritto di accesso alle risorse;

31.

evidenzia che la riduzione e la concentrazione delle quote nelle mani di pochi operatori non significa necessariamente una riduzione dello sforzo di pesca, ma soltanto la concentrazione dello sfruttamento delle risorse alieutiche;

32.

accoglie con favore la «discriminazione positiva» riguardo agli aiuti per il rinnovo della flotta in alcune regioni ultraperiferiche (RUP) dell'Unione europea e ritiene fondamentale che questo sostegno venga mantenuto dopo la fine dell'attuale quadro finanziario 2007-2013, in modo da poter assicurare, anche successivamente, un tipo di pesca sostenibile e rispettosa dell'ambiente;

33.

considera indispensabile mantenere la deroga nell'accesso alla zona di mare territoriale estesa come minimo fino a 12 miglia, in quanto modo per promuovere la sostenibilità degli ecosistemi marini costieri, le attività di pesca tradizionali e la sopravvivenza delle comunità di pescatori; sollecita che tale deroga abbia un carattere permanente;

34.

sollecita che l'area corrispondente alla ZEE delle RUP sia considerata «zona di accesso esclusiva» di tipo permanente onde garantire la sostenibilità degli ecosistemi marini, delle attività di pesca e delle comunità locali di pescatori;

35.

considera inadeguato misurare lo sforzo di pesca in modo uniforme senza tenere in conto la diversità delle flotte e dei metodi di pesca; considera che il controllo dello sforzo di pesca debba tenere in conto le diverse specie, i diversi metodi di pesca e l'impatto stimato delle catture sugli stock di ogni specie;

36.

ritiene che la rilevanza attribuita allo sforzo di pesca espresso in kw/giorno abbia senso soltanto nel caso della pesca a strascico e sia inutile per gli altri metodi;

37.

ritiene che i limiti spaziali (zone chiuse o protette, per esempio aree marittime protette) richiedano una base scientifica pluridisciplinare che li comprovi, segnatamente per quanto riguarda l'influenza delle varie attività e dei diversi fattori con impatto reale sugli ecosistemi e i benefici effettivi della relativa introduzione, corredata da studi specifici approfonditi sull'impatto ambientale e socioeconomico sulle comunità di pescatori;

38.

rileva che la limitazione delle capacità di pesca è stata effettuata soprattutto tramite la promozione dello smantellamento di imbarcazioni, ma non è stata realizzata in modo uniforme nei diversi Stati membri; sottolinea pertanto che l'adeguamento delle varie flotte nazionali alle risorse alieutiche deve tenere in conto la riduzione dello sforzo di pesca già realizzata;

39.

ritiene inadeguata e ingiustificata una politica che incentiva lo smantellamento indifferenziato delle imbarcazioni senza considerare le specificità delle flotte, le risorse alieutiche, le esigenze di consumo di ogni Stato membro e il relativo impatto socioeconomico;

40.

ritiene pertanto che uno dei primi compiti da realizzare nell'ambito della gestione della pesca sia un accertamento scientifico dell'esistenza e della tipologia delle flotte sovradimensionate e delle risorse ipersfruttate, al fine di consentire l'adozione di adeguate misure specifiche;

41.

rileva che nel regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio l'approccio precauzionale di gestione della pesca viene così definito: «la mancanza di dati scientifici adeguati non deve giustificare il rinvio o la mancata adozione di misure di gestione per la conservazione delle specie bersaglio, delle specie associate o delle specie dipendenti, nonché delle specie non bersaglio e del relativo habitat»;

42.

riafferma l'importanza del controllo nella gestione della pesca, di cui sono competenti gli Stati membri;

43.

sollecita il sostegno all'installazione e alla modernizzazione dei mezzi propri di vigilanza, di accertamento e di controllo delle zone economiche esclusive a disposizione degli Stati membri, tenendo in conto la lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN), il rafforzamento della sicurezza marittima e la conservazione degli ecosistemi marini;

44.

ritiene essenziale applicare le misure già adottate contro la pesca INN e sollecita gli Stati membri a rafforzare i propri meccanismi di controllo;

45.

invita la Commissione a proporre misure volte a far applicare ai prodotti della pesca importati, commercializzati nel mercato interno, gli stessi requisiti applicati ai prodotti della pesca nei diversi Stati membri;

46.

ribadisce la necessità di migliorare continuamente i metodi di pesca al fine di perfezionarne la selettività, che costituirà un fattore importante per ridurre le catture accessorie e il relativo impatto sull'ambiente; esorta la Commissione a sviluppare specifici strumenti politici che incoraggino i pescatori ad adoperarsi con ogni mezzo a loro disposizione per ridurre al massimo le loro catture accessorie;

47.

ritiene che l'introduzione di metodi di strascico industriali abbia provocato un aumento della mortalità legata alle attività di pesca, il che ha comportato la necessità di controllare tali metodi in modo distinto, per esempio mantenendo i limiti imposti in relazione alle zone di pesca (prossimità o distanza dalla costa);

48.

sollecita la Commissione a promuovere pratiche di pesca valide dal punto di vista ambientale attraverso l'adozione di tecniche di pesca maggiormente selettive, in grado di ridurre le catture accessorie e il consumo di carburante nei periodi di pesca;

49.

invita la Commissione ad accelerare il più possibile il processo di ecocertificazione del pesce, allo scopo di promuovere una pesca più pulita e rispettosa dell'ambiente;

50.

sottolinea che il coinvolgimento del settore della pesca nella definizione, nell'applicazione e nella valutazione delle diverse misure nell'ambito della PCP è fondamentale per attuare politiche più adeguate ed efficaci;

51.

evidenzia che i consigli consultivi regionali possono svolgere un ruolo importante nel processo decisionale della PCP purché coinvolgano pescatori e ricercatori responsabili della valutazione delle risorse alieutiche; ritiene che il loro funzionamento debba essere adeguatamente finanziato;

52.

sottolinea che, nell'ambito della politica regionale e della politica di buon vicinato, andrebbe incrementata la cooperazione con le flotte non comunitarie che sfruttano stock ittici comuni, al fine di assicurarne la sostenibilità;

53.

insiste sulla necessità di sostenere i gruppi di pescatori e le organizzazioni professionali disposte a condividere la responsabilità nell'applicazione della PCP (cogestione);

54.

sollecita un maggiore decentramento della PCP per consentire una maggiore partecipazione dei pescatori, delle loro organizzazioni rappresentative e delle comunità di pescatori nella PCP e nella gestione delle attività di pesca, assicurando al contempo il rispetto di standard minimi coerenti ed uniformi in tutta la Comunità;

55.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti degli Stati membri.


(1)  GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59.

(2)  Direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino) (GU L 164 del 25.6.2008, pag. 19).


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/38


Le finanze pubbliche nell'UEM - 2007 e 2008

P6_TA(2009)0013

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulle finanze pubbliche nell'UEM 2007-2008 (2008/2244(INI))

(2010/C 46 E/06)

Il Parlamento europeo,

vista la comunicazione della Commissione del 24 giugno 2008 dal titolo «Le finanze pubbliche nell'UEM - 2008 - qualità delle finanze pubbliche e il suo ruolo nel quadro della governance dell'UE» (COM(2008)0387),

vista la comunicazione della Commissione del 13 giugno 2007 dal titolo «Le finanze pubbliche nell'UEM - 2007 - assicurare l'efficacia del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita» (COM(2007)0316),

vista la comunicazione della Commissione del 7 maggio 2008 dal titolo «UEM@10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e monetaria» (COM(2008)0238),

vista la sua risoluzione del 26 aprile 2007 sulle finanze pubbliche nell'UEM 2006 (1),

vista la sua risoluzione del 22 febbraio 2005 sulle finanze pubbliche nell'UEM - 2004 (2),

vista la sua risoluzione del 12 luglio 2007 sulla relazione annuale 2007 sull'area dell'euro (3),

vista la sua risoluzione del 14 novembre 2006 sulla relazione annuale 2006 sull'area dell'euro (4),

vista la sua risoluzione del 20 febbraio 2008 sul contributo al Consiglio di primavera 2008 in relazione alla strategia di Lisbona (5),

vista la sua risoluzione del 15 novembre 2007 sull'interesse europeo: riuscire nell'epoca della globalizzazione (6),

vista la sua risoluzione del 15 febbraio 2007 sulla situazione dell'economia europea: relazione preparatoria sugli indirizzi di massima per le politiche economiche per il 2007 (7),

viste la comunicazione della Commissione del 25 ottobre 2005 dal titolo «Il contributo delle politiche fiscali e doganali alla strategia di Lisbona» (COM(2005)0532) e la relativa risoluzione del Parlamento del 24 ottobre 2007 (8),

vista la sua risoluzione del 3 luglio 2003 sul gender budgeting - la costruzione dei bilanci pubblici secondo la prospettiva di genere (9),

vista la risoluzione del Consiglio europeo sul coordinamento della politica economica nella fase 3 dell'UEM e sugli articoli 109 e 109 ter del trattato UE, allegata alle conclusioni della Presidenza a seguito del Consiglio europeo di Lussemburgo del 12 e 13 dicembre 1997,

viste le conclusioni della Presidenza, a seguito del Consiglio europeo dell'11 e del 12 dicembre 2008, e le conclusioni della riunione straordinaria del Consiglio ECOFIN del 16 dicembre 2008, relative alla gestione della crisi finanziaria,

viste le conclusioni del Consiglio ECOFIN del 4 novembre 2008 per quanto concerne le iniziative internazionali in risposta alla crisi finanziaria e i preparativi per il summit mondiale sulla crisi finanziaria,

vista la Comunicazione della Commissione del 29 ottobre 2008 dal titolo «Dalla crisi finanziaria alla ripresa - Un quadro d'azione europeo» (COM(2008)0706),

viste le conclusioni della Presidenza a seguito del Consiglio europeo di Bruxelles del 15 e 16 ottobre 2008 relativamente al rafforzamento della regolamentazione e supervisione dei mercati finanziari,

vista la riunione dei Capi di Stato e di governo dell'Eurogruppo del 12 ottobre 2008 finalizzata ad adottare un piano di salvataggio coordinato di fronte alla crisi economica,

viste le conclusioni del Consiglio ECOFIN del 7 Ottobre 2008 per quanto concerne le reazioni immediate alle turbolenze finanziarie e vista la risoluzione del Parlamento del 22 ottobre 2008 sul Consiglio europeo del 15 e 16 Ottobre 2008 (10),

viste le conclusioni della riunione del Consiglio ECOFIN del 14 maggio 2008 sulla strategia per assicurare l'efficienza e l'efficacia della spesa sociale e portare avanti l'analisi della qualità delle finanze pubbliche,

viste le conclusioni del Consiglio ECOFIN del 9 ottobre 2007 relativamente alla qualità delle finanze pubbliche e alla modernizzazione della pubblica amministrazione,

viste le conclusioni del Consiglio ECOFIN del 10 ottobre 2006 relativamente alla qualità delle finanze pubbliche,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A6-0507/2008),

A.

considerando che finanze pubbliche di qualità (QPF) e proiettate alla sostenibilità dello sviluppo manifestano il nostro impegno verso le generazioni future, e che questo è particolarmente importante nella attuale fase di profondo sconvolgimento dei mercati,

B.

considerando la necessità di sviluppare politiche di finanza pubblica di qualità coordinate a livello comunitario, ed in particolare nella zona euro, definite e valutate sulla base di meccanismi comuni omogenei, finalizzate a sostenere la crescita di lungo periodo per rispondere alle sfide dei cambiamenti demografici, della globalizzazione e dei cambiamenti climatici,

C.

considerando che le finanze pubbliche hanno l'obiettivo di sostenere il quadro macroeconomico e di fornire servizi e beni pubblici bilanciando i fallimenti di mercato (market failures) e le esternalità,

D.

considerando che un quadro concettuale e operativo di QPF finalizzate alla crescita così come il porre la crescita come punto di riferimento ultimo per la valutazione della QPF non possono essere slegati dalla considerazione che le politiche di bilancio e di spesa pubblica degli Stati membri devono essere orientate a mantenere e innovare lo stato sociale, la copertura assicurativa e previdenziale e la redistribuzione delle risorse,

E.

considerando che il basso livello di investimenti pubblici nell'Unione europea (che si situa al di sotto del 3% del PIL) e la loro dispersione hanno conseguenze negative rispetto all'obiettivo di una crescita sostenibile e di lungo periodo, che necessita invece di una spesa pubblica mirata e definita su priorità,

F.

considerando la necessità e l'opportunità di adottare l'ottica di genere per l'analisi, la valutazione e le prospettive di sostenibilità delle finanze pubbliche,

Cambiamenti delle evoluzioni economiche tra il 2007 e il 2008 - crisi economica e finanziaria e prospettive future

1.

constata che dall'analisi della situazione delle finanze pubbliche nel 2007 e nella prima parte del 2008 emerge con chiarezza un cambiamento dell'evoluzione economica e constata che le più recenti previsioni economiche confermano un'evoluzione verso la recessione, accompagnata da un tasso di inflazione in costante calo e da disuguaglianze crescenti dei redditi;

2.

esprime preoccupazione per l'attuale difficile situazione economica e finanziaria internazionale ed europea, che determina un'instabilità priva di precedenti, e osserva le nuove dinamiche che si stanno sviluppando riguardo al rapporto tra settore pubblico e settore privato e ai cambiamenti a livello della politica monetaria ed economica, laddove, di fronte a fallimenti del mercato, lacune regolamentari e di supervisione, l'intervento del settore pubblico ridiventa centrale e essenziale, manifestandosi talvolta attraverso vere e proprie nazionalizzazioni;

3.

segnala che la crisi in settori strategici, in particolare nell'ambito della finanza e dei trasporti, sta spingendo a investire risorse pubbliche in acquisizioni, senza prestare attenzione a che gli interventi di salvataggio siano limitati a quanto necessario per il mantenimento e lo sviluppo dell'economia europea e non rispondano ad interessi meramente nazionali;

4.

ritiene necessario che la Commissione e gli Stati membri provvedano a una valutazione adeguata delle ricadute sulle finanze pubbliche del sostegno e della partecipazione pubblica nella grande industria e nel settore finanziario e del credito; ritiene altresì utile che tali ricadute siano valutate anche in relazione alla concorrenza, al funzionamento del mercato interno e al mantenimento di un effettivo piano di gioco paritario (level-playing field);

5.

ribadisce che il Patto di stabilità e di crescita (PSC) rivisto consente già di far fronte a situazioni di particolare gravità e che il consolidamento finanziario e gli obiettivi fissati nei piani di stabilità e convergenza restano fondamentali per le prospettive di recupero e crescita; a tale riguardo, sostiene pienamente le più recenti conclusioni della Presidenza, a seguito del Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008, che sottolineano la flessibilità e la sostenibilità delle finanze pubbliche per consentire una ripresa economica rapida e sostenuta;

6.

richiama l'importanza di un approccio coordinato a livello europeo per lottare contro l'evasione e i paradisi fiscali – nell'interesse dei cittadini, dei contribuenti e dei conti pubblici – ancor più nel momento in cui il consolidamento finanziario e il livello del debito pubblico rischiano di essere negativamente intaccati dai cospicui interventi pubblici a favore dei grandi attori finanziari e industriali;

7.

sottolinea che è altresì nell'interesse dei cittadini, dei contribuenti e dei bilanci pubblici fare in modo che ogni intervento e ogni utilizzo di risorse pubbliche per il salvataggio di organismi finanziari sia accompagnato da una supervisione adeguata, da miglioramenti effettivi nella governance e nella business conduct dell'impresa o dell'istituzione, da limitazioni precise per le remunerazioni dei dirigenti e da una chiara responsabilità (accountability) nei confronti delle autorità pubbliche; ritiene utile che, in questo contesto, la Commissione promuova l'adozione di linee guida al fine di garantire un'attuazione coerente e coordinata dei diversi piani nazionali;

8.

considera che i massicci interventi pubblici di salvataggio e di sostegno all'industria bancaria e finanziaria messi in atto in vari Stati membri avranno conseguenze evidenti sulle finanze pubbliche e sul reddito dei cittadini; ritiene pertanto necessario che il carico fiscale sia adeguatamente ed equamente ripartito tra tutti i contribuenti; ciò implica, da un lato, l'assoggettamento di tutti gli attori finanziari ad un'adeguata imposizione fiscale e, dall'altro, la previsione di una progressiva ed incisiva diminuzione della pressione fiscale sui salari medio-bassi e sulle pensioni – tramite detrazioni fiscali, revisioni delle aliquote, restituzione del drenaggio fiscale - in modo da ridurre la povertà, e non solo quella estrema, e favorire i consumi e la crescita della domanda, rispondendo in modo anticiclico alla crisi economica in atto, che sta portando alla recessione;

9.

sottolinea che le politiche macroeconomiche europee devono rispondere rapidamente e in modo coordinato per far fronte ai rischi di recessione e di instabilità finanziaria; incoraggia la Commissione e gli Stati membri – in particolare quelli della zona euro - ad utilizzare in modo intelligente e unidirezionale la flessibilità del PSC e adeguati meccanismi anticiclici finalizzati a cambiamenti strutturali, ad un'efficiente allocazione delle risorse pubbliche, alla riqualificazione della spesa pubblica e ad investimenti per la crescita in linea con gli obiettivi di Lisbona, con particolare attenzione al ruolo delle piccole e medie imprese;

10.

ribadisce, in questo contesto, la necessità, in particolare nella zona euro, di un approccio comune in materia di politiche salariali, che preveda aumenti salariali in linea con l'inflazione effettiva e con la produttività, considerato che le politiche fiscali e salariali costituiscono leve potenti ed efficienti sulla domanda e per la stabilità e la crescita economica;

11.

vede con favore il delinearsi di contesti decisionali in cui l'Eurogruppo agisce come (prima) istanza di coordinamento politico ed economico per l'individuazione di risposte rapide e strategie concordate, non solo in risposta alla crisi economica e finanziaria, ma anche per il rilancio di politiche macroeconomiche e di investimenti comuni, con l'obiettivo di favorire le prospettive di crescita, evitare conseguenze gravi sulle finanze pubbliche e sulla stabilità finanziaria dell'Unione europea e contribuire a un miglior equilibrio tra la politica economica e la politica monetaria in seno all'Unione europea;

12.

ritiene utile istituire un meccanismo obbligatorio di consultazione e coordinamento tra la Commissione e gli Stati membri – in particolare quelli dell'Eurogruppo – prima dell'adozione di misure economiche rilevanti, soprattutto per quanto riguarda le disposizioni che rispondono al problema della volatilità dei prezzi dell'energia, delle materie prime e delle derrate alimentari;

La sostenibilità delle finanze pubbliche e l'effettività del braccio preventivo del PSC

13.

considera la sostenibilità delle finanze pubbliche una condizione necessaria e prioritaria non solo per la stabilità e la crescita e per la definizione delle politiche macroeconomiche, occupazionali, sociali ed ambientali di ogni Stato membro, ma anche per la tenuta dell'economia e del modello sociale europeo intrinseco allo sviluppo dell'Unione europea;

14.

manifesta profonda preoccupazione in merito alle dirette conseguenze dell'attuale crisi finanziaria mondiale sulla sostenibilità e qualità delle finanze pubbliche degli Stati membri; si preoccupa in particolare dell'impatto di tale crisi sull'economia reale e sulla bilancia dei pagamenti dei nuovi Stati membri che non rientrano nella zona euro, i quali stanno subendo una pesante diminuzione degli investimenti diretti stranieri;

15.

insiste sul fatto che deficit e debito pubblico hanno un effetto negativo sulla crescita in quanto limitano i margini di manovra degli Stati membri nei periodi di crisi; richiama gli Stati membri a maggiori sforzi per il consolidamento finanziario e la riduzione del debito pubblico in periodi di crescita come pre-condizione per un'economia europea sana, competitiva e sostenibile; ricorda altresì come sforzi di riduzione del deficit e del debito pubblico mal concepiti - come i tagli indiscriminati agli investimenti pubblici - abbiano conseguenze negative sulle prospettive di crescita di lungo termine;

16.

richiama l'attenzione su come, alla luce della nuova situazione internazionale creata dall'attuale crisi finanziaria e dalla recessione economica, che ha già iniziato a far sentire i suoi effetti sull'occupazione e la crescita nella zona euro, sia difficile evitare l'aumento dei deficit; suggerisce pertanto che gli Stati membri facciano un uso mirato della flessibilità prevista dal PSC in modo da stimolare la ripresa e la crescita economica; richiama l'attenzione sulle implicazioni di bilancio dell'attuale crisi finanziaria e invita la Commissione a valutare gli effetti che producono sulle finanze degli Stati membri i fondi pubblici utilizzati nei piani di salvataggio a favore degli istituti finanziari nazionali; invita la Commissione ad esaminare gli effetti dei criteri del PSC nell'attuale contesto, caratterizzato dal rallentamento della crescita economica e da prospettive di recessione in vari Stati membri, e chiede una valutazione degli effetti del crescente costo del credito per il debito pubblico degli Stati membri;

17.

nota che il PSC, come riformato, sta funzionando adeguatamente; considera che il suo braccio correttivo sia stato applicato in modo soddisfacente negli anni precedenti e sottolinea l'importanza di quest'ultimo quale strumento essenziale per la sostenibilità e la convergenza delle politiche finanziarie degli Stati membri, in particolare quelli della zona euro;

18.

condivide i rilievi della Commissione riguardo all'importanza del braccio preventivo del PSC, al sostegno e alla sollecitazione degli Stati membri e allo scambio delle migliori prassi; riconosce in particolare che questo dovrebbe fondarsi su un'impostazione di politiche di bilancio a medio termine e sul coordinamento a livello comunitario, dato che un'attuazione efficace richiede una comune comprensione delle sfide di politica economica e di bilancio nell'Unione europea e un impegno politico forte ad affrontarle con interventi mirati in funzione anticiclica diretti in una direzione comune;

19.

sottolinea l'importanza dell'obiettivo di medio termine (OMT) come target specifico di bilancio agganciato a politiche economiche, fiscali e dei redditi, da attuare attraverso il dialogo macroeconomico, da calibrare sulla realtà specifica di ogni Stato membro e da declinare su base pluriennale; sprona gli Stati membri a rafforzare la credibilità e la legittimazione dell'OMT sia a livello nazionale, attraverso un maggior coinvolgimento dei dipartimenti governativi, dei parlamenti nazionali e delle parti sociali (national ownership), sia a livello locale (sub-national public finance), attraverso la definizione di PSC e OMT regionali che tengano conto dell'impatto che la spesa e gli investimenti pubblici locali hanno sulle finanze pubbliche nazionali e sulle prospettive di crescita dei diversi paesi;

20.

ritiene che la coerenza tra i programmi di bilancio pluriennali e la definizione e attuazione dei bilanci annuali sia fondamentale; richiama gli Stati membri ad un maggior rigore nella definizione delle previsioni macroeconomiche e ad un maggior coordinamento nella definizione dei criteri, della tempistica e degli obiettivi dei quadri di spesa pluriennali, per garantire una maggiore efficienza e una migliore performance delle politiche di bilancio e delle politiche macroeconomiche a livello comunitario;

21.

rileva che gli Stati membri necessitano di ulteriori riforme strutturali e di una maggiore disciplina finanziaria come pure di politiche fiscali anticicliche, atte a ridurre i rispettivi deficit di bilancio in periodi di crescita economica, per trovarsi meglio preparati ad affrontare gli shock esterni negativi;

22.

sottolinea l'importanza di predisporre piani macroeconomici di difesa dagli shock esterni (come la crisi finanziaria dei subprime), che tengano conto non solo della situazione nella zona euro, ma anche delle economie dell'Unione europea impegnate nel processo di «aggancio»;

Le finanze pubbliche al centro di una più ampia e completa prospettiva economica

23.

ricorda che l'obiettivo centrale di avere finanze pubbliche sane e consolidate dovrebbe essere definito sulla base dei vincoli del nuovo PSC e, allo stesso tempo, della prospettiva di sviluppo, crescita e competitività della Strategia di Lisbona, che richiede non solo riforme strutturali, ma anche una composizione della spesa pubblica e una struttura di imposizione fiscale che sostengano gli investimenti (in capitale umano, ricerca e innovazione, istruzione e formazione, compresa quella superiore, salute, infrastrutture, ambiente, sicurezza e giustizia) ed assicurino la redistribuzione del reddito per promuovere la coesione sociale, la crescita e l'occupazione;

24.

sottolinea l'importanza che gli obiettivi di finanza pubblica, definiti secondo le linee guida integrate del nuovo ciclo di Lisbona, colleghino in modo coerente ed organico i piani di stabilità e convergenza con i piani di riforma nazionali; è convinto che il valore aggiunto di finanze pubbliche europee sane e orientate alla crescita debba manifestarsi - in particolare nella zona euro - attraverso una politica europea di investimenti pubblici infrastrutturali definita e coordinata sulla base di obiettivi comuni e condivisi, che possa essere finanziata non solo dai bilanci nazionali e (parzialmente) dal bilancio dell'Unione, ma anche da nuovi strumenti finanziari europei (come gli Eurobond o il Fondo europeo per gli investimenti) finalizzati a sostenere la crescita, la produttività e la competitività dell'Unione europea e della zona euro nel contesto internazionale;

25.

ritiene utile istituire un meccanismo obbligatorio di consultazione dei parlamenti nazionali, in concomitanza con quello europeo, per la definizione coordinata dei programmi di stabilità e convergenza, secondo il Patto di stabilità, e dei programmi nazionali di riforma, secondo le linee guida integrate di Lisbona, facendo in modo che questi siano collegati e presentati congiuntamente, possibilmente ogni anno in autunno;

26.

concorda sul fatto che i cambiamenti demografici aumentano la necessità di riforme strutturali, in particolare per quanto riguarda i regimi pensionistici, la sanità e le cure a lungo termine («long term care»), e segnala che sarebbe troppo riduttivo incentrarsi solo sull'invecchiamento della popolazione (e sulla diminuzione della natalità) senza tener conto dell'impatto della globalizzazione, compresi gli inarrestabili flussi migratori provenienti dai paesi terzi, determinati non solo da motivazioni economiche ma anche dalla fuga dalle guerre e dai disastri climatici;

27.

ricorda l'importanza di politiche occupazionali e di inclusione sociale, declinate per generazioni, generi e genti, incardinate su principi di Flexicurity e, quindi, su interventi pro-attivi, sul sostegno delle retribuzioni e dei redditi - mediante il dialogo sociale - attribuendo centralità all'incremento della produttività, senza trascurare gli interventi rivolti alla protezione delle pensioni, dato che le pensioni insufficienti non sono solo un problema sociale, ma comportano anche un aumento della spesa assistenziale, a carico delle finanze pubbliche;

28.

ritiene che i mercati e i servizi finanziari integrati nelle politiche della strategia di Lisbona debbano essere ancorati alla stabilità finanziaria e a meccanismi di supervisione, quale garanzia di protezione contro ripercussioni negative sulla crescita e le finanze pubbliche, ed esprime preoccupazione per le segnalazioni dell'utilizzo di derivati e nuovi strumenti finanziari, soprattutto da parte di amministrazioni locali, che possono avere conseguenze negative ingenti sulle comunità locali;

29.

ritiene necessario adottare un nuovo approccio alle finanze pubbliche, che sia sistematico e coordinato tra gli Stati membri, in particolare quelli della zona euro, che abbia come obiettivo il sostegno alla crescita (e al potenziale di crescita) economica di lungo termine e come punto centrale un quadro multi-dimensionale di definizione e misurazione della qualità delle finanze pubbliche che consenta all'economia europea di essere resiliente rispetto agli shock esterni, di rispondere alle sfide demografiche e della concorrenza internazionale e di garantire equità e coesione sociale;

La qualità delle finanze pubbliche: entrate e spese

30.

considera fondamentale che gli Stati membri si orientino verso politiche di finanza pubblica di qualità convergenti e basate su una griglia di valutazione che comprenda indicatori ed obiettivi alla cui elaborazione e definizione siano associati il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali; considera utile la proposta della Commissione e promuove un sistema di valutazione delle politiche di bilancio incentrato su specifici aspetti quali la composizione, l'efficienza e l'efficacia della spesa pubblica, la struttura e l'efficacia del sistema delle entrate, l'efficienza e la qualità dell'amministrazione pubblica, una buona governance di bilancio e un metodo di coordinamento per le politiche di QPF tra gli Stati membri; auspica una migliore comparabilità dei bilanci nazionali al fine di rispondere ai precitati obiettivi;

31.

incoraggia gli Stati membri ad adottare politiche di QPF accompagnate da un sistema di valutazione delle politiche di bilancio – quale il Performance-based budgeting (PBB) (sul modello OCSE) - finalizzato ad aumentare la qualità della spesa pubblica rafforzando il legame tra l'allocazione delle risorse e i risultati; ritiene che un buon esempio di PBB sia identificabile nel gender budgeting, metodologia voluta e promossa proprio dal Parlamento europeo e attuata, in diversa misura, a livello locale e centrale in diversi Stati membri e da implementare con più coerenza, anche a livello comunitario; chiede alla Commissione di elaborare metodi, linee guida e indicatori di PBB che consentano la comparabilità e la convergenza delle politiche finanziarie e macroeconomiche degli Stati membri, riconoscendo che questo porta un maggiore coinvolgimento e, quindi, un'assunzione di responsabilità da parte di cittadini informati e consapevoli;

32.

apprezza la riflessione aperta dalla Commissione riguardo alle modalità per introdurre qualità, efficacia ed efficienza nel sistema delle entrate; ritiene che le riforme in materia di imposizione fiscale degli Stati membri possano portare a maggiore crescita solo se calibrate sulle condizioni specifiche del sistema istituzionale e amministrativo, produttivo e del mercato del lavoro (in particolare, il tasso di attività e la percentuale di economia sommersa) di ogni Stato membro;

33.

ricorda le differenze esistenti tra gli Stati membri in termini di pressione e struttura fiscale; riconosce la difficoltà di individuare in modo univoco una riforma della fiscalità che porti a una maggiore crescita - si vedano i vantaggi (di ampliamento della base) e gli svantaggi (di indebolimento del principio della progressività) connessi a uno spostamento dall'imposizione diretta a quella indiretta sui consumi - ma sottolinea che alcune misure comuni di riforma fiscale fra cui, nella fattispecie, quelle indicate in appresso potrebbero notevolmente innalzare il livello di efficienza del fisco e delle entrate tributarie, incrementare l'occupazione, ridurre le distorsioni e aumentare la crescita a livello europeo:

adozione di basi imponibili più ampie (e aliquote più basse) che riducono le distorsioni e incrementano le entrate, e

riduzione della pressione fiscale sul lavoro attraverso un riequilibrio del carico fiscale tra diversi gruppi di contribuenti; riorganizzazione del sistema di incentivi e di sgravi fiscali e, in particolare, lo spostamento su altri fattori e/o settori;

34.

richiama l'attenzione sul fatto che le riforme fiscali finalizzate a finanze pubbliche sane, alla crescita, all'efficienza, alla semplificazione, all'eliminazione delle distorsioni, alla lotta contro l'evasione, l'elusione e i paradisi fiscali saranno tanto più efficaci se intraprese in modo coordinato e rafforzato tra gli Stati membri - in particolare quelli della zona euro - tenendo conto del potenziale di sviluppo e competitività del mercato interno;

35.

insiste sul nodo della composizione della spesa pubblica finalizzata alla crescita sostenibile, sottolineando che la qualità e l'efficacia degli investimenti in infrastrutture e capitale umano, con prioritaria attenzione ai servizi di interesse generale e secondo una definizione preliminare dei bisogni delle persone e della composizione della popolazione, nonché con attenzione alle politiche di genere e ai cambiamenti demografici, portano all'innalzamento della produttività e della competitività dell'economia europea; ricorda che la pressione sui servizi socio-sanitari determinata dall'invecchiamento della popolazione può essere ridotta mediante investimenti nell'educazione alla salute; sottolinea la necessità della riqualificazione della spesa pubblica attraverso una riallocazione delle poste di bilancio verso settori growth-enhancing, un uso più efficace ed efficiente delle risorse pubbliche e un'attenta rete integrata pubblico-privato;

36.

evidenzia la necessità di riforma e di ammodernamento delle amministrazioni pubbliche - anello centrale del sistema delle spese e delle entrate pubbliche - che siano ispirate a criteri di efficacia, efficienza e di produttività, responsabilità e valutazione del risultato, calibrate sulla struttura del sistema pubblico, delle istituzioni centrali e locali degli Stati membri - e che tengano conto adeguatamente dei vincoli e delle opportunità derivanti dal funzionamento dell'Unione europea, facendo in modo che il settore pubblico si associ a bilanci sani e contribuisca alla competitività dell'economia;

37.

evidenzia il ruolo centrale di una buona governance di bilancio, basata su un insieme di regole e procedure finalizzate a definire le modalità di redazione, esecuzione e monitoraggio a medio termine dei bilanci pubblici rispetto al consolidamento finanziario degli Stati membri e alla riqualificazione della spesa pubblica, da accompagnarsi a un metodo di analisi del contesto (a livello comunitario, nazionale, locale) e di definizione di obiettivi che comprenda la valutazione di impatto, preventiva e consuntiva, la verifica e valutazione dei risultati e delle performance e meccanismi di aggiustamento secondo il PBB; ritiene che le regole di governance fiscale degli Stati membri debbano essere rese omogenee e contestualizzate, sia per quanto riguarda la tempistica che con riferimento agli obiettivi, in particolare all'interno della zona euro; reputa altresì che esse debbano saldarsi a una governance economica al fine di valorizzare scelte di bilancio, economiche e di investimento condivise e comuni, orientate nella stessa direzione per rafforzarne l'efficacia e conseguire un effetto moltiplicatore, e di ottenere risultati significativi, ancor più necessari nel contesto di fasi economiche difficili come quella attuale; è del parere che piani di rilancio nazionale non coordinati fra loro rischiano di neutralizzarsi a vicenda; ritiene in tal senso che i bilanci nazionali debbano essere elaborati partendo da prospettive ed analisi congiunturali comuni;

38.

chiede alla Commissione e agli Stati membri, sulla base delle precedenti indicazioni, di istituire un meccanismo di coordinamento per la sorveglianza e la valutazione delle qualità delle politiche di bilancio degli Stati membri - che si affianchi strettamente ai meccanismi del PSC e dia attuazione alle linee guida integrate della Strategia di Lisbona - basato su un quadro sistematico di quality reporting, sulla valutazione della QPF attraverso un sistema di PBB e sul riesame periodico della QPF;

*

* *

39.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 780.

(2)  GU C 304 E dell'1.12.2005, pag. 132.

(3)  GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 569.

(4)  GU C 314 E del 21.12.2006, pag. 125.

(5)  Testi approvati, P6_TA(2008)0057.

(6)  GU C 282 E del 6.11.2008, pag. 422.

(7)  GU C 287 E del 29.11.2007, pag. 535.

(8)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 441.

(9)  GU C 74 E del 24.3.2004, pag. 746.

(10)  Testi approvati, P6_TA(2008)0506.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/46


Fibromialgia

P6_TA(2009)0014

Dichiarazione del Parlamento europeo sulla fibromialgia

(2010/C 46 E/07)

Il Parlamento europeo,

visto l'articolo 116 del suo regolamento,

A.

considerando che circa 14 milioni di persone nell'Unione europea e l'1-3% della popolazione mondiale soffrono di fibromialgia, una sindrome debilitante che provoca dolori cronici e diffusi,

B.

considerando che la fibromialgia, pur essendo stata riconosciuta come malattia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 1992, non risulta ancora inserita nel Registro ufficiale delle malattie nell'Unione europea, il che esclude i pazienti da una diagnosi formale,

C.

considerando che i pazienti che soffrono di fibromialgia effettuano più visite generiche e specialistiche, ottengono un maggior numero di certificati di malattia e ricorrono più spesso ai servizi di degenza, rappresentando così un notevole onere economico per l'Unione europea,

D.

considerando che le persone affette da fibromialgia hanno difficoltà a vivere una vita piena e indipendente se non hanno accesso a trattamenti e cure adeguate,

1.

chiede al Consiglio e alla Commissione di:

mettere a punto una strategia comunitaria per la fibromialgia in modo da riconoscere questa sindrome come una malattia;

contribuire ad aumentare la consapevolezza della malattia e favorire l'accesso degli operatori sanitari e dei pazienti alle informazioni, sostenendo campagne di sensibilizzazione a livello dell'Unione europea e nazionale;

incoraggiare gli Stati membri a migliorare l'accesso alla diagnosi e ai trattamenti;

promuovere la ricerca sulla fibromialgia attraverso i programmi di lavoro del settimo programma quadro dell'Unione europea per le attività di ricerca e lo sviluppo tecnologico e i futuri programmi di ricerca;

promuovere lo sviluppo di programmi per la raccolta di dati sulla fibromialgia;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente dichiarazione, con l'indicazione dei nomi dei firmatari, al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti degli Stati membri.

Lista dei firmatari

Adamos Adamou, Vincenzo Aita, Jim Allister, Alexander Alvaro, Roberta Alma Anastase, Georgs Andrejevs, Laima Liucija Andrikienė, Emmanouil Angelakas, Stavros Arnaoutakis, Richard James Ashworth, Robert Atkins, Elspeth Attwooll, Margrete Auken, Liam Aylward, Pilar Ayuso, Maria Badia i Cutchet, Paolo Bartolozzi, Katerina Batzeli, Jean Marie Beaupuy, Christopher Beazley, Zsolt László Becsey, Angelika Beer, Bastiaan Belder, Ivo Belet, Irena Belohorská, Thijs Berman, Slavi Binev, Šarūnas Birutis, Johannes Blokland, Sebastian Valentin Bodu, Herbert Bösch, Victor Boștinaru, Costas Botopoulos, Catherine Boursier, John Bowis, Sharon Bowles, Emine Bozkurt, Mihael Brejc, Frieda Brepoels, Hiltrud Breyer, Jan Březina, Danutė Budreikaitė, Kathalijne Maria Buitenweg, Nicodim Bulzesc, Ieke van den Burg, Colm Burke, Philip Bushill-Matthews, Niels Busk, Cristian Silviu Bușoi, Philippe Busquin, Simon Busuttil, Jerzy Buzek, Maddalena Calia, Martin Callanan, Mogens Camre, Marie-Arlette Carlotti, David Casa, Paulo Casaca, Michael Cashman, Pilar del Castillo Vera, Jorgo Chatzimarkakis, Zdzisław Kazimierz Chmielewski, Ole Christensen, Sylwester Chruszcz, Philip Claeys, Luigi Cocilovo, Carlos Coelho, Richard Corbett, Dorette Corbey, Giovanna Corda, Jean Louis Cottigny, Jan Cremers, Gabriela Crețu, Brian Crowley, Magor Imre Csibi, Marek Aleksander Czarnecki, Ryszard Czarnecki, Daniel Dăianu, Joseph Daul, Dragoș Florin David, Chris Davies, Antonio De Blasio, Bairbre de Brún, Arūnas Degutis, Jean-Luc Dehaene, Véronique De Keyser, Panayiotis Demetriou, Gérard Deprez, Proinsias De Rossa, Marielle De Sarnez, Marie-Hélène Descamps, Albert Deß, Mia De Vits, Jolanta Dičkutė, Gintaras Didžiokas, Koenraad Dillen, Giorgos Dimitrakopoulos, Alexandra Dobolyi, Bert Doorn, Avril Doyle, Mojca Drčar Murko, Andrew Duff, Árpád Duka-Zólyomi, Constantin Dumitriu, Lena Ek, Saïd El Khadraoui, James Elles, Edite Estrela, Harald Ettl, Jill Evans, Jonathan Evans, Fernando Fernández Martín, Francesco Ferrari, Anne Ferreira, Elisa Ferreira, Ilda Figueiredo, Petru Filip, Roberto Fiore, Alessandro Foglietta, Hanna Foltyn-Kubicka, Glyn Ford, Carmen Fraga Estévez, Juan Fraile Cantón, Armando França, Monica Frassoni, Duarte Freitas, Urszula Gacek, Michael Gahler, Kinga Gál, Milan Gaľa, Vicente Miguel Garcés Ramón, José Manuel García-Margallo y Marfil, Elisabetta Gardini, Jean-Paul Gauzès, Evelyne Gebhardt, Eugenijus Gentvilas, Georgios Georgiou, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Claire Gibault, Neena Gill, Lutz Goepel, Bruno Gollnisch, Ana Maria Gomes, Hélène Goudin, Genowefa Grabowska, Dariusz Maciej Grabowski, Ingeborg Gräßle, Martí Grau i Segú, Nathalie Griesbeck, Lissy Gröner, Elly de Groen-Kouwenhoven, Françoise Grossetête, Ignasi Guardans Cambó, Ambroise Guellec, Pedro Guerreiro, Cristina Gutiérrez-Cortines, Fiona Hall, David Hammerstein, Małgorzata Handzlik, Malcolm Harbour, Marian Harkin, Rebecca Harms, Erna Hennicot-Schoepges, Jeanine Hennis-Plasschaert, Edit Herczog, Jim Higgins, Richard Howitt, Ján Hudacký, Ian Hudghton, Stephen Hughes, Alain Hutchinson, Filiz Hakaeva Hyusmenova, Monica Maria Iacob-Ridzi, Sophia in 't Veld, Mikel Irujo Amezaga, Marie Anne Isler Béguin, Caroline Jackson, Lily Jacobs, Mieczysław Edmund Janowski, Lívia Járóka, Elisabeth Jeggle, Jelko Kacin, Filip Kaczmarek, Gisela Kallenbach, Othmar Karas, Sajjad Karim, Ioannis Kasoulides, Sylvia-Yvonne Kaufmann, Metin Kazak, Tunne Kelam, Glenys Kinnock, Timothy Kirkhope, Dieter-Lebrecht Koch, Jaromír Kohlíček, Christoph Konrad, Maria Eleni Koppa, Eija-Riitta Korhola, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Wolfgang Kreissl-Dörfler, Ģirts Valdis Kristovskis, Sepp Kusstatscher, Joost Lagendijk, André Laignel, Jean Lambert, Alexander Graf Lambsdorff, Vytautas Landsbergis, Esther De Lange, Raymond Langendries, Romano Maria La Russa, Henrik Lax, Johannes Lebech, Roselyne Lefrançois, Klaus-Heiner Lehne, Jo Leinen, Jean-Marie Le Pen, Marcin Libicki, Peter Liese, Kartika Tamara Liotard, Alain Lipietz, Pia Elda Locatelli, Eleonora Lo Curto, Andrea Losco, Patrick Louis, Caroline Lucas, Sarah Ludford, Astrid Lulling, Elizabeth Lynne, Marusya Ivanova Lyubcheva, Jules Maaten, Linda McAvan, Arlene McCarthy, Mary Lou McDonald, Mairead McGuinness, Edward McMillan-Scott, Jamila Madeira, Eugenijus Maldeikis, Ramona Nicole Mănescu, Thomas Mann, Marian-Jean Marinescu, Catiuscia Marini, Helmuth Markov, Sérgio Marques, Maria Martens, David Martin, Miguel Angel Martínez Martínez, Antonio Masip Hidalgo, Véronique Mathieu, Marios Matsakis, Maria Matsouka, Manolis Mavrommatis, Erik Meijer, Emilio Menéndez del Valle, Rosa Miguélez Ramos, Miroslav Mikolášik, Gay Mitchell, Eluned Morgan, Luisa Morgantini, Philippe Morillon, Jan Mulder, Cristiana Muscardini, Juan Andrés Naranjo Escobar, Michael Henry Nattrass, Cătălin-Ioan Nechifor, Bill Newton Dunn, James Nicholson, null Nicholson of Winterbourne, Rareș-Lucian Niculescu, Angelika Niebler, Lambert van Nistelrooij, Péter Olajos, Jan Olbrycht, Seán Ó Neachtain, Gérard Onesta, Ria Oomen-Ruijten, Dumitru Oprea, Josu Ortuondo Larrea, Miroslav Ouzký, Siiri Oviir, Reino Paasilinna, Maria Grazia Pagano, Justas Vincas Paleckis, Marie Panayotopoulos-Cassiotou, Vladko Todorov Panayotov, Pier Antonio Panzeri, Dimitrios Papadimoulis, Georgios Papastamkos, Neil Parish, Ioan Mircea Pașcu, Aldo Patriciello, Alojz Peterle, Maria Petre, Tobias Pflüger, João de Deus Pinheiro, Hubert Pirker, Francisca Pleguezuelos Aguilar, Zita Pleštinská, Rovana Plumb, Guido Podestà, José Javier Pomés Ruiz, Mihaela Popa, Nicolae Vlad Popa, Miguel Portas, Horst Posdorf, Bernd Posselt, Christa Prets, Vittorio Prodi, John Purvis, Poul Nyrup Rasmussen, Vladimír Remek, Karin Resetarits, José Ribeiro e Castro, Teresa Riera Madurell, Frédérique Ries, Karin Riis-Jørgensen, Marco Rizzo, Bogusław Rogalski, Zuzana Roithová, Luca Romagnoli, Raül Romeva i Rueda, Dagmar Roth-Behrendt, Libor Rouček, Paul Rübig, Heide Rühle, Flaviu Călin Rus, Leopold Józef Rutowicz, Eoin Ryan, Aloyzas Sakalas, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, María Isabel Salinas García, Antolín Sánchez Presedo, Daciana Octavia Sârbu, Toomas Savi, Christel Schaldemose, Agnes Schierhuber, Carl Schlyter, Olle Schmidt, Pál Schmitt, György Schöpflin, Jürgen Schröder, Martin Schulz, Adrian Severin, Brian Simpson, Kathy Sinnott, Peter Skinner, Alyn Smith, Csaba Sógor, Renate Sommer, Søren Bo Søndergaard, María Sornosa Martínez, Jean Spautz, Bart Staes, Grażyna Staniszewska, Petya Stavreva, Dirk Sterckx, Struan Stevenson, Catherine Stihler, Theodor Dumitru Stolojan, Dimitar Stoyanov, Daniel Strož, Robert Sturdy, Margie Sudre, David Sumberg, László Surján, Gianluca Susta, Eva-Britt Svensson, József Szájer, István Szent-Iványi, Hannu Takkula, Charles Tannock, Michel Teychenné, Britta Thomsen, Marianne Thyssen, Silvia-Adriana Țicău, Gary Titley, Patrizia Toia, László Tőkés, Ewa Tomaszewska, Witold Tomczak, Jacques Toubon, Antonios Trakatellis, Catherine Trautmann, Kyriacos Triantaphyllides, Evangelia Tzampazi, Thomas Ulmer, Adina-Ioana Vălean, Johan Van Hecke, Anne Van Lancker, Geoffrey Van Orden, Daniel Varela Suanzes-Carpegna, Ioannis Varvitsiotis, Donato Tommaso Veraldi, Bernadette Vergnaud, Marcello Vernola, Cornelis Visser, Sahra Wagenknecht, Diana Wallis, Graham Watson, Henri Weber, Manfred Weber, Renate Weber, Anja Weisgerber, Jan Marinus Wiersma, Anders Wijkman, Glenis Willmott, Iuliu Winkler, Janusz Wojciechowski, Corien Wortmann-Kool, Anna Záborská, Zbigniew Zaleski, Mauro Zani, Andrzej Tomasz Zapałowski, Stefano Zappalà, Tatjana Ždanoka, Vladimír Železný, Roberts Zīle, Marian Zlotea, Jaroslav Zvěřina, Tadeusz Zwiefka


Mercoledì 14 gennaio 2009

24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/48


Situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2004-2008)

P6_TA(2009)0019

Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea 2004-2008 (2007/2145(INI))

(2010/C 46 E/08)

Il Parlamento europeo,

vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (la Carta) del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007,

visti gli articoli 6 e 7 del trattato UE, che stabiliscono l'obiettivo di sviluppare l'Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia nonché quello di applicare i principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti fondamentali e Stato di diritto (trattato UE),

viste le innovazioni in merito alle quali, il 13 dicembre 2007, i governi degli Stati membri hanno espresso il proprio accordo, sottoscrivendo il trattato di Lisbona, e tra cui spiccano l'attribuzione di un carattere giuridicamente vincolante alla Carta e l'obbligo di aderire alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),

viste la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (1) e la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (2), e la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sulla protezione delle minoranze nazionali,

visto il regolamento (CE) n. 168/2007 del Consiglio, del 15 febbraio 2007, che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (3) (in appresso l'Agenzia),

viste le relazioni dell'Agenzia e dell'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia e quelle delle organizzazioni non governative (ONG) interessate,

viste le decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) e della Corte europea dei diritti dell'uomo,

viste le relazioni annuali sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea elaborate dalle reti di esperti indipendenti dell'Unione europea,

viste le relazioni degli organi del Consiglio d'Europa, segnatamente le relazioni sulla situazione dei diritti dell'uomo dell'Assemblea parlamentare e del Commissario per i diritti dell'uomo,

viste le relazioni della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni sulle visite ai centri di trattenimento di immigranti in situazione irregolare,

viste le sue risoluzioni nel settore dei diritti fondamentali e dei diritti dell'uomo,

vista la serie di riunioni pubbliche e di scambi di opinioni organizzata in preparazione della presente risoluzione dalla sua commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, segnatamente l'8 ottobre 2007 con i giudici delle corti costituzionali e supreme, il 19 maggio 2008 con il Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa e il 6 ottobre 2008 con i rappresentanti delle ONG,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e il parere della commissione per la cultura e l'istruzione (A6-0479/2008),

A.

considerando che, ai sensi dell'articolo 6 del trattato UE, l'Unione europea è fondata su una comunità di valori e sul rispetto dei diritti fondamentali, garantiti dalla CEDU e derivanti dalle tradizioni costituzionali che sono comuni agli Stati membri,

B.

considerando che il Parlamento, in quanto rappresentante direttamente eletto dei cittadini dell'Unione europea, e garante dei loro diritti crede nella sua importante responsabilità quanto alla realizzazione di tali principi, segnatamente in considerazione del fatto che, allo stato attuale dei trattati, il diritto di ricorso individuale dinanzi alle giurisdizioni comunitarie ed al Mediatore europeo resta alquanto limitato,

C.

considerando che l'istituzione di una procedura di controllo della compatibilità delle proposte legislative con la Carta è una delle conseguenze necessarie della sua adozione il 7 dicembre 2000, come riconosciuto dalla Commissione che, nel 2001, ha definito disposizioni in materia, e come ribadito dallo stesso Parlamento nella sua risoluzione del 15 marzo 2007 sul rispetto della Carta nelle proposte legislative della Commissione: metodologia per un controllo sistematico e rigoroso (4),

D.

considerando che nel trattato di Lisbona, attualmente in fase di ratifica, si fa esplicito riferimento alla Carta, cui viene conferito lo stesso valore giuridico dei trattati,

E.

considerando che, ove la Carta venisse inglobata nel diritto primario dell'Unione europea, i diritti che vi sono definiti acquisirebbero un potere vincolante mediante il diritto derivato che li attuerà,

F.

considerando che la Carta, a prescindere dal suo status giuridico, è diventata nel corso degli anni una fonte d'ispirazione nella giurisprudenza delle giurisdizioni europee, come il Tribunale di primo grado (TPG) e la CGCE, la Corte europea dei diritti dell'uomo e numerose corti costituzionali,

G.

considerando che una vera «cultura dei diritti fondamentali» nell'Unione europea richiede lo sviluppo di un sistema globale di controllo di tali diritti, che comprenda il Consiglio e le decisioni adottate nel quadro della cooperazione intergovernativa, giacché la tutela dei diritti fondamentali non consiste esclusivamente in un rispetto formale delle norme ma soprattutto nella loro attiva promozione e nell'intervento nei casi di violazione o di attuazione insoddisfacente da parte degli Stati membri,

Introduzione

1.

ritiene che l'efficace protezione e la promozione dei diritti fondamentali costituisca il fondamento della democrazia in Europa e una premessa per il consolidamento dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia;

2.

rileva che la tutela dei diritti fondamentali implica azioni a più livelli (internazionale, europeo, statale, regionale e locale) e sottolinea il ruolo che gli enti regionali e locali possono svolgere nell'attuazione concreta e nella promozione di tali diritti;

3.

deplora che gli Stati membri continuino a sottrarsi ad un controllo a livello dell'Unione europea delle proprie politiche e pratiche in materia di diritti dell'uomo e cerchino di limitare la protezione di tali diritti ad un quadro puramente nazionale, recando così pregiudizio al ruolo attivo di difesa dei diritti dell'uomo svolto dall'Unione europea nel mondo e compromettendo la credibilità della politica estera dell'Unione europea in materia di difesa dei diritti fondamentali;

4.

rileva che, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2 del trattato UE, la CGCE ha il compito di far rispettare i diritti fondamentali che risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dalla CEDU e delle libertà fondamentali, ma anche da altri strumenti del diritto internazionale;

5.

sottolinea che l'articolo 7 del trattato UE prevede una procedura comunitaria per accertare che nell'Unione europea non si compiano violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ma che tale procedura non è mai stata applicata nonostante le violazioni che si verificano negli Stati membri, come dimostrano le sentenze della Corte europea per i diritti dell'uomo; chiede alle istituzioni dell'Unione europea di predisporre un meccanismo di controllo e una serie di criteri oggettivi per l'applicazione dell'articolo 7 del trattato UE;

6.

sottolinea che la CGCE può trarre ispirazione dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri nell'elaborazione della propria giurisprudenza in materia di diritti fondamentali, che la Carta costituisce una base comune di diritti minimi e che gli Stati membri non possono ridurre il livello delle garanzie offerte nelle proprie costituzioni in merito a determinati diritti con il pretesto che la Carta offre in materia un livello di protezione ad esse inferiore;

7.

si compiace dell'articolo 53 della Carta, che permette alla CGCE di approfondire la propria giurisprudenza in materia di diritti fondamentali, conferendo loro un fondamento giuridico, elemento essenziale nella prospettiva dello sviluppo del diritto dell'Unione europea;

8.

sottolinea che la magistratura degli Stati membri svolge un ruolo fondamentale nel processo di attuazione del diritti dell'uomo; esorta gli Stati a rendere effettivo un sistema di formazione permanente dei giudici nazionali sui sistemi di protezione dei diritti fondamentali;

Raccomandazioni generali

9.

ritiene che l'attuazione dei diritti fondamentali debba essere un obiettivo di tutte le politiche europee; ritiene che, a tal fine, le istituzioni dell'Unione europea dovrebbero promuoverli attivamente, tutelarli e tenerne pienamente conto in fase di elaborazione e adozione della legislazione;

10.

esprime compiacimento per la creazione dell'Agenzia, che costituisce un primo passo per soddisfare le richieste del Parlamento quanto all'istituzione di un quadro normativo e istituzionale integrato, destinato a rendere efficace la Carta e a garantire la conformità con il sistema istituito dalla CEDU; ricorda, tuttavia, che la relazione annuale generale sui diritti dell'uomo, elaborata dalla Rete europea di esperti indipendenti in materia di diritti dell'uomo, pubblicata sino al 2005, prendeva in esame l'applicazione dell'insieme dei diritti riconosciuti dalla Carta in ciascuno degli Stati membri: esprime, dunque, preoccupazione per il fatto che il mandato limitato dell'Agenzia e la dissoluzione della Rete possano escludere dal campo dell'indagine sistematica tutta una serie di settori importanti della politica dei diritti dell'uomo in Europa;

11.

sottolinea, per quanto riguarda il mandato limitato dell'Agenzia, che le questioni relative ai diritti dell'uomo non possono essere artificialmente separate in termini di settori di primo, secondo o terzo pilastro, come gli Stati membri hanno scelto di definire il campo delle competenze dell'Unione europea, poiché i diritti fondamentali costituiscono un insieme indivisibile e sono interdipendenti; ritiene, quindi, necessario che la Commissione ed il Consiglio, in collaborazione con l'Agenzia, si facciano un quadro generale delle preoccupazioni in materia di diritti dell'uomo negli Stati membri al di là del quadro strettamente europeo e senza limitarsi ai temi di attualità dell'Unione europea, né ai suoi strumenti giuridici e politici specifici, individuando i problemi ricorrenti e attuali in materia di diritti dell'uomo negli Stati membri e tenendo presente tutti i meccanismi esistenti sul piano internazionale ed europeo;

12.

chiede alla Commissione e al Consiglio di utilizzare i dati acquisiti mediante il monitoraggio effettuato, nell'ambito dell'Unione europea, dall'Agenzia, dal Consiglio d'Europa, dagli organi di controllo delle Nazioni Unite, dagli istituti nazionali dei diritti dell'uomo e dalle ONG e di metterla in pratica con azioni correttrici o in un quadro giuridico preventivo;

13.

si riserva il diritto di dare seguito all'attività dell'Agenzia nell'Unione europea e di trattare le questioni collegate ai diritti dell'uomo che non rientrano tra le competenze dell'Agenzia e chiede alla Commissione di fare lo stesso, in conformità del suo ruolo di custode dei trattati;

14.

richiama l'attenzione sul fatto che una politica attiva a favore dei diritti umani non può limitarsi ai casi più visibili per l'opinione pubblica e che gravi violazioni dei diritti umani si verificano ai margini del controllo pubblico, in istituzioni chiuse per bambini, anziani e malati o nelle prigioni; sottolinea che gli Stati membri e l'Unione europea dovrebbero garantire una vigilanza qualificata, in termini sia di norme che di prassi, sulle condizioni di vita in dette istituzioni chiuse;

15.

chiede al Consiglio di integrare nelle sue future Relazioni annuali sui diritti dell'uomo nel mondo, oltre all'analisi della situazione del mondo, anche quella di ogni Stato membro; ritiene che questa duplice analisi metterebbe in evidenza l'impegno equivalente dell'Unione per la protezione dei diritti dell'uomo sia all'interno che all'esterno delle sue frontiere, in modo tale da evitare qualsiasi accusa di applicare due pesi e due misure;

16.

chiede agli Stati membri di adottare misure per dotare gli istituti nazionali dei diritti dell'uomo, creati nel quadro dei «principi di Parigi» delle Nazioni Unite, di uno statuto di indipendenza rispetto al potere esecutivo e di risorse finanziarie sufficienti, segnatamente tenendo conto del fatto che una delle funzioni di tali organi è di passare in rassegna le politiche dei diritti dell'uomo onde individuarne le carenze e proporvi miglioramenti, fermo restando che l'efficacia si misura innanzitutto con la prevenzione e non soltanto con la risoluzione dei problemi; esorta gli Stati membri che ancora non vi abbiano provveduto a istituire i suddetti istituti nazionali dei diritti dell'uomo;

17.

insiste affinché il Consiglio trasformi il proprio gruppo di lavoro ad hoc sui diritti fondamentali e la cittadinanza in un gruppo di lavoro permanente, che lavorerebbe in parallelo con il Gruppo di lavoro sui diritti dell'uomo (COHOM) ed esorta la Commissione ad affidare il portafoglio dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ad un solo Commissario;

18.

ricorda che considera fondamentale, da un punto di vista politico, inglobare il concetto di promozione dei diritti fondamentali tra gli obiettivi da perseguire, quando si tratta di semplificare o di riorganizzare l'acquis comunitario; chiede che ogni nuova politica, proposta legislativa e programma siano accompagnati da uno studio d'impatto in materia di rispetto dei diritti fondamentali e che tale valutazione costituisca parte integrante della motivazione della proposta ed auspica che anche gli Stati membri si dotino di analoghi strumenti di impatto nella fase discendente della procedura di trasposizione del diritto comunitario in diritto nazionale;

Cooperazione con il Consiglio d'Europa e con le altre istituzioni e organizzazioni internazionali preposte alla protezione dei diritti fondamentali

19.

esprime compiacimento per la prospettiva dell'adesione dell'Unione europea alla CEDU, anche se una tale adesione non determinerà cambiamenti fondamentali visto che «quando dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee vengono invocate questioni relative ai diritti e alle libertà di cui alla CEDU, questa gode di un effettivo recepimento materiale nell'ordinamento giuridico dell'Unione» (5);

20.

ricorda l'importante ruolo delle istituzioni e dei meccanismi di controllo del Consiglio d'Europa in materia di diritti dell'uomo, nonché delle sue varie Convenzioni; esorta gli Stati membri, le istituzioni dell'Unione europea e l'Agenzia a basarsi su tale esperienza ed a tener conto di tali meccanismi per inserirli nelle procedure di lavoro in rete e ad utilizzare le norme definite dal Consiglio d'Europa ed altri risultati tangibili del suo lavoro; invita a sfruttare tutte le potenzialità del Memorandum d'intesa tra il Consiglio d'Europa e l'Unione europea;

21.

chiede il potenziamento della cooperazione tra le varie istituzioni e organizzazioni incaricate della protezione dei diritti fondamentali, sia a livello europeo che internazionale;

22.

ribadisce come sia importante per la credibilità dell'Unione europea nel mondo che essa non applichi «due pesi e due misure» nella politica estera e nella politica interna;

23.

ritiene che, dal momento in cui la maggioranza degli Stati membri dell'Unione europea ha aderito a convenzioni o ad altri strumenti giuridici internazionali nel settore della protezione dei diritti fondamentali, anche se l'Unione europea non ne fa parte in quanto tale, si venga a creare un obbligo di assoggettarsi alle loro disposizioni e, se del caso, alle raccomandazioni formulate dagli organi da essi istituiti, a condizione che il diritto dell'Unione europea non offra una protezione equivalente o superiore; auspica che la CGCE faccia proprio tale approccio attraverso la sua giurisprudenza;

24.

esorta l'Unione europea a concludere accordi di cooperazione con le istituzioni e le organizzazioni internazionali preposte alla protezione dei diritti fondamentali, segnatamente con l'Ufficio dell'Alto commissario ai diritti dell'uomo delle Nazioni Unite e con gli altri organi di tale organizzazione, che svolgono un ruolo in tale settore, nonché con l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell'uomo e l'Alto commissario per le minoranze nazionali dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa;

Diritti dell'uomo, libertà, sicurezza e giustizia

25.

sottolinea la necessità di valutare e di rispettare appieno i diritti fondamentali e le libertà individuali man mano che si sviluppano le competenze dell'Unione europea; ritiene, quindi, che i due obiettivi di rispettare i diritti fondamentali e di garantire la sicurezza collettiva siano non solo compatibili, ma anche interdipendenti, e che politiche adeguate possano evitare che un approccio repressivo metta a repentaglio le libertà individuali;

26.

ritiene che lo sviluppo di uno spazio giudiziario europeo basato sull'applicazione del principio del mutuo riconoscimento debba fondarsi su garanzie procedurali equivalenti in tutta l'Unione europea e sul rispetto dei diritti fondamentali di cui all'articolo 6 del trattato UE; chiede agli Stati membri che non lo abbiano ancora fatto la rapida adozione di un atto legislativo adeguato sui diritti degli individui nelle procedure penali; invita gli Stati membri ad accertarsi che il mandato d'arresto europeo e altre misure di riconoscimento reciproco siano applicati in conformità delle norme dell'Unione europea in materia di diritti umani;

27.

rileva il diritto delle persone arrestate di godere di tutte le garanzie giudiziarie nonché, se del caso, dell'assistenza diplomatica del paese di cui sono cittadini e dei servizi di un interprete indipendente;

28.

esprime preoccupazione per l'elevato numero di violazioni della CEDU in cui sono coinvolti gli Stati membri e sollecita questi ultimi a dare applicazione alle relative sentenze e ad affrontare le carenze strutturali e le violazioni sistematiche dei diritti umani avviando le riforme necessarie;

29.

esprime preoccupazione per il fatto che la cooperazione internazionale nella lotta contro il terrorismo è spesso sfociata in un abbassamento del livello di protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in particolare il diritto fondamentale alla vita privata, alla protezione dei dati e alla non discriminazione, e ritiene che l'Unione europea dovrebbe agire con più fermezza a livello internazionale per promuovere una vera strategia basata sul rispetto integrale delle norme internazionali e degli obblighi nel settore dei diritti dell'uomo e della protezione dei dati personali e della vita privata, conformemente agli articoli 7 e 8 della Carta; invita pertanto il Consiglio ad adottare il progetto di decisione quadro sulla protezione dei dati personali trattati nel quadro della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, conformemente alle raccomandazioni del Parlamento sull'adozione di norme più rigorose; ritiene che una tale strategia debba tener conto della necessità di un controllo giudiziario efficace dei servizi di intelligence per evitare l'utilizzo di informazioni ottenute sotto tortura o mediante maltrattamenti o altre condizioni che non rispondono alle norme internazionali in materia di diritti dell'uomo come elemento di prova nel quadro dei procedimenti giudiziari, anche in fase di istruzione;

30.

chiede con urgenza alle istituzioni dell'Unione europea e agli Stati membri di attuare le raccomandazioni contenute nella sua risoluzione del 14 febbraio 2007 sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri (6); si compiace al riguardo della dichiarazione del Presidente eletto degli Stati Uniti sulla chiusura della struttura detentiva di Guantanamo Bay e sulla celebrazione dei processi nei confronti dei prigionieri ivi detenuti; invita gli Stati membri a dichiarare la loro disponibilità a trovare soluzioni in comune per i restanti detenuti;

31.

deplora la mancata applicazione da parte dell'Unione europea delle sentenze del TPG del 12 dicembre 2006 e del 4 dicembre 2008 e della decisione della Corte d'appello del Regno Unito a favore dell'Organizzazione dei Mujaheddin del popolo dell'Iran (OMPI), del 7 maggio 2008;

Discriminazione

Considerazioni generali

32.

insiste sulla differenza tra la protezione delle minoranze e le politiche antidiscriminatorie; ritiene che le pari opportunità siano un diritto fondamentale, non un privilegio, di tutti e non soltanto dei cittadini di uno Stato membro in particolare; ritiene, pertanto, che ogni forma di discriminazione debba essere combattuta con pari intensità;

33.

chiede agli Stati membri e alla Commissione di dare pieno seguito alle raccomandazioni dell'Agenzia, come formulate nel capitolo 7 della sua prima relazione annuale (7);

34.

osserva con inquietudine l'insoddisfacente situazione dell'attuazione delle politiche antidiscriminatorie e sostiene, a tale riguardo, la valutazione contenuta nella relazione annuale 2008 dell'Agenzia; esorta gli Stati membri che ancora non l'hanno fatto a concretizzare l'attuazione di tali politiche, segnatamente della direttiva 2000/43/CE e della direttiva 2000/78/CE, e ricorda che tali direttive stabiliscono uno standard minimo e dovrebbero pertanto costituire il pilastro su cui costruire un'efficace politica contro le discriminazioni;

35.

chiede agli Stati membri che ancora non l'hanno fatto di ratificare il Protocollo 12 (8) alla CEDU, che stabilisce il divieto generale di qualsiasi discriminazione, garantendo che nessuno possa essere discriminato da una qualsivoglia autorità pubblica; rileva che una tale disposizione non figura attualmente in nessun atto giuridico vigente dell'Unione europea o del Consiglio d'Europa;

36.

si compiace della proposta per una direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale (COM(2008)0426), presentata dalla Commissione, che estende in tal modo l'ambito di applicazione della direttiva 2000/43/CE a tutte le altre forme di discriminazione e attua pertanto l'articolo 21 della Carta, che fornisce un margine di manovra più ampio rispetto all'articolo 13 del trattato CE, visto che fa riferimento a casi complementari di discriminazione: il colore, l'origine sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, le opinioni politiche o di altra natura, l'appartenenza ad una minoranza, la proprietà o la nascita;

37.

si rammarica che la proposta di direttiva lasci sussistere sostanziali lacune a livello della protezione giuridica contro la discriminazione, segnatamente in ragione di un vasto numero di eccezioni relative all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica e alla salute pubblica, alle attività economiche, allo stato civile e di famiglia e ai diritti riproduttivi, all'istruzione e alla religione; teme che, anziché vietare la discriminazione, queste «clausole di salvaguardia» possano in realtà servire a codificare pratiche discriminatorie esistenti; rammenta alla Commissione che la direttiva deve essere in linea con la giurisprudenza esistente in materia di diritti delle persone lesbiche, omosessuali, bisessuali e transgender (LGBT) e, in particolare, con la sentenza Maruko (9);

38.

chiede alla Commissione di coinvolgere l'Agenzia nel processo legislativo comunitario antidiscriminazione, in modo tale che essa possa svolgere un ruolo importante offrendo una fonte regolare di informazioni aggiornate e precise, adeguate all'elaborazione delle legislazioni complementari e chiedendo il suo parere a partire dalla fase preparatoria della redazione dei progetti di atti di legge;

39.

plaude all'adozione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme e manifestazioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale (10) a seguito dell'accordo politico del dicembre 2007; ricorda la sua posizione del 29 novembre 2007 (11) favorevole alla proposta; chiede alla Commissione, previa consultazione dell'Agenzia, di proporre un atto legislativo simile per combattere l'omofobia;

40.

esprime preoccupazione per lo scarso livello di conoscenza della legislazione antidiscriminazione negli Stati membri e ricorda che, per poter esercitare i loro diritti, i cittadini dell'Unione europea devono avvalersi della legislazione comunitaria in materia; invita la Commissione e gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per incrementare tale livello; pone, al contempo, l'accento sul fatto che una legislazione è efficace solo se i cittadini possono accedere facilmente alle giurisdizioni, visto che il sistema di protezione previsto dalle direttive antidiscriminazione dipende dalle iniziative adottate dalle vittime;

41.

ritiene che, oltre agli strumenti legislativi e alle possibilità di ricorso, la lotta alla discriminazione debba necessariamente fondarsi sull'educazione, la promozione di prassi eccellenti e le campagne di informazione rivolte al grande pubblico e alle zone e ai settori in cui tali discriminazioni si verificano; chiede alle autorità pubbliche nazionali e locali, in sede di azione educativa o di promozione delle politiche antidiscriminazione, di utilizzare gli strumenti educativi elaborati dall'Agenzia e dal Consiglio dell'Europa;

42.

sottolinea che il concetto di azione positiva, che costituisce un riconoscimento del fatto che in taluni casi un'azione efficace per combattere la discriminazione ha bisogno di un intervento attivo da parte delle autorità per ripristinare un equilibrio seriamente compromesso, non può ridursi al concetto di quota; sottolinea che una tale azione può assumere, nella pratica, le forme più varie, come la garanzia di colloqui di assunzione, un accesso prioritario a determinati tipi di formazione finalizzati all'ottenimento di un impiego in cui determinate comunità sono sottorappresentate, un'informazione prioritaria relativa alle offerte di lavoro per determinate comunità e la presa in considerazione dell'esperienza professionale piuttosto che delle sole qualifiche;

43.

reputa importante la raccolta di dati sulla situazione delle minoranze e dei gruppi svantaggiati, come sottolineato dalle successive relazioni dell'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia e dell'Agenzia; chiede agli Stati membri di pubblicare le statistiche dettagliate sugli atti di razzismo e di effettuare indagini sui reati e/o sulle vittime, che permettano la raccolta di dati quantitativi e comparabili sulle vittime di tali reati;

Minoranze

44.

osserva che i recenti allargamenti dell'Unione europea hanno aggiunto circa 100 gruppi di popolazioni minoritarie alla cinquantina che già esisteva nell'Europa dei 15 e sottolinea che, a causa della bassa percentuale di immigrati, di rifugiati e di stranieri di paesi terzi residenti e della presenza di minoranze autoctone («tradizionali») più visibili negli Stati membri dell'Europa centrale ed orientale, le politiche migratorie e di integrazione sono state disgiunte da quelle relative alle minoranze;

45.

sottolinea che, se la protezione delle minoranze rientra fra i criteri di Copenaghen, non esistono né un criterio comune, né norme minime per i diritti delle minoranze nazionali nella politica comunitaria e che non esiste neanche, a livello di Unione europea, una definizione comune di appartenenza a una minoranza nazionale; raccomanda l'elaborazione di una tale definizione a livello europeo, sulla base della raccomandazione 1201 del Consiglio d'Europa (1993); invita tutti gli Stati membri che ancora non lo abbiano fatto a firmare e a ratificare la Carta europea per le lingue regionali e minoritarie e la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali;

46.

sottolinea in tale contesto il numero sempre crescente di cittadini dell'Unione europea che si spostano da uno Stato membro all'altro e la necessità che godano pienamente dei diritti previsti dai trattati relativamente al loro status di cittadini dell'Unione europea, segnatamente il diritto di partecipare alle elezioni locali ed europee e il diritto di spostarsi liberamente; invita gli Stati membri a rispettare pienamente la direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione e le istituzioni dell'Unione europea a compiere ulteriori passi per garantire la protezione dei diritti dei cittadini comunitari in tutta l'Unione;

47.

sottolinea l'importanza di tutelare e promuovere le lingue regionali e minoritarie in considerazione del fatto che il diritto di esprimersi e di venire istruiti nella propria lingua madre è uno dei diritti più fondamentali; si compiace delle attività intraprese dagli Stati membri per quanto attiene al sostegno del dialogo interculturale e interreligioso, che è fondamentale perché le minoranze culturali e religiose possano godere pienamente dei loro diritti;

48.

ritiene che i principi di sussidiarietà e di autogoverno siano i mezzi più efficaci per gestire i diritti delle persone che appartengono a delle minoranze nazionali, applicando le migliori prassi che esistono in seno all'Unione europea; incoraggia l'uso di tipi appropriati di soluzioni di autogoverno, rispettando nel contempo pienamente la sovranità e l'integrità territoriale degli Stati membri;

49.

sottolinea che la politica dell'Unione europea in materia di multilinguismo dovrebbe proteggere e promuovere le lingue regionali e minoritarie attraverso finanziamenti mirati e programmi specifici che affiancano il programma di apprendimento lungo tutto l'arco della vita;

50.

ritiene che le persone apolidi, che risiedono in permanenza negli Stati membri, si trovino in una situazione unica nell'Unione europea poiché determinati Stati membri impongono loro obblighi arbitrari o che non sono strettamente necessari, discriminandoli rispetto ai cittadini del gruppo maggioritario; chiede pertanto a tutti gli Stati membri in questione di ratificare le convenzioni delle Nazioni Unite relative allo statuto degli apolidi (1954) e alla riduzione dei casi di apolidia (1961); chiede agli Stati membri il cui accesso ad una nuova sovranità o il cui ripristino di quest'ultima risale agli anni '90, di trattare tutte le persone che risiedevano precedentemente sul loro territorio senza alcuna discriminazione e li invita ad individuare sistematicamente le soluzioni adeguate, sulla base delle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali, ai problemi registrati da tutte le persone vittime di prassi discriminatorie; condanna in particolare le prassi di cancellazione deliberata dai registri dei nominativi di residenti permanenti iscritti nell'Unione europea e invita i governi interessati a prendere misure efficaci per ripristinare lo status di tali apolidi.

I rom

51.

ritiene che la comunità rom abbia bisogno di una protezione speciale poiché, dopo l'allargamento dell'Unione europea, è diventata una delle più consistenti minoranze dell'UE; sottolinea che tale comunità è stata storicamente emarginata e che ad essa è stato impedito di svilupparsi in determinati settori chiave, a causa di problemi di discriminazione, di stigmatizzazione e di esclusione che si sono sempre più intensificati;

52.

è del parere che l'esclusione sociale e la discriminazione delle comunità rom siano un fatto conclamato nonostante gli strumenti giuridici, politici e finanziari dispiegati a livello europeo per combatterla; prende atto che gli sforzi compiuti in modo dispersivo e non coordinato dall'Unione europea e dagli Stati membri non hanno sinora apportato miglioramenti strutturali e duraturi alla situazione dei rom, segnatamente in settori fondamentali come l'accesso all'istruzione, alla sanità, a un alloggio e al lavoro, fallimento ormai pubblicamente riconosciuto;

53.

deplora l'assenza di una politica globale ed integrata dell'Unione Europea, destinata in modo specifico alla discriminazione nei confronti dei rom, per affrontare i principali problemi cui essi sono confrontati e che sono definiti da un determinato numero di meccanismi di controllo del rispetto dei diritti dell'uomo, compresa la valutazione di preadesione effettuata dalla Commissione europea, le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo e le relazioni dell'Agenzia; afferma che dare risposta a tali problemi, che costituiscono una delle questioni più importanti e complesse in materia di diritti dell'uomo, rientra tra le responsabilità collettive dell'Unione europea e che è necessario intervenire con risolutezza;

54.

sottolinea la necessità di un approccio globale alla non-discriminazione, basato sui diritti dell'uomo e orientato all'azione e che rifletta la dimensione europea della discriminazione verso i rom; ritiene che una strategia-quadro dell'Unione europea intesa ad includere i rom dovrebbe affrontare i problemi reali, fornendo una tabella di marcia per gli Stati membri, che fissi gli obiettivi e le priorità e agevoli i processi di controllo e valutazione in relazione:

alla segregazione dei rom per quanto riguarda l'accesso agli alloggi, le violazioni dei diritti dell'uomo quali gli sfratti coatti, la loro esclusione dal lavoro e dalla pubblica istruzione e dall'assistenza sanitaria, al bisogno di applicare leggi antidiscriminatorie e definire politiche volte ad affrontare il problema dell'elevata disoccupazione,

la frequente negazione dei loro diritti da parte delle autorità pubbliche e la loro sottorappresentazione politica,

la diffusa animosità nei confronti dei rom, la sostanziale insufficienza delle garanzie contro la discriminazione razziale a livello locale e l'eccessiva esiguità dei programmi adeguati di integrazione; un'evidente discriminazione in campo sanitario, compresa la sterilizzazione forzata e la segregazione, e la mancanza di informazioni adeguate sulla pianificazione familiare,

la discriminazione da parte della polizia; la caratterizzazione razziale ad opera della polizia (anche mediante la registrazione delle impronte digitali o altre forme di schedatura) e gli ampi poteri discrezionali concessile, tra cui la facoltà di effettuare controlli a campione sproporzionati, il che evidenzia l'urgente necessità di programmi di formazione e di sensibilizzazione relativi alla non-discriminazione da parte della polizia, attualmente pressoché inesistenti,

la situazione particolarmente vulnerabile delle donne rom, che sono oggetto di molteplici discriminazioni;

Pari opportunità

55.

chiede agli Stati membri di aumentare il rispetto, la protezione e l'attuazione dei diritti di cui alla Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e chiede agli Stati membri in questione di sciogliere le riserve e di ratificare il Protocollo facoltativo a tale Convenzione (12); sottolinea al contempo la necessità di perseguire con fermezza gli impegni da essi assunti nella Dichiarazione delle Nazioni Unite e nella Piattaforma d'azione della Quarta conferenza mondiale sulle donne, tenutasi a Pechino nel 1995;

56.

invita gli Stati membri e l'Unione europea a combattere con misure efficaci la discriminazione diretta e indiretta nei confronti delle donne in tutti i settori (incluso il matrimonio, la convivenza e altre relazioni familiari) e la discriminazione multipla (che avviene in base al genere e contemporaneamente per altri motivi);

57.

chiede un'attenzione speciale per la situazione delle donne appartenenti a minoranze etniche e per le donne immigrate, considerando che la loro emarginazione è rafforzata da una discriminazione multipla, sia all'esterno che all'interno delle proprie comunità; raccomanda l'adozione di piani d'azione nazionali integrati in modo da affrontare efficacemente la discriminazione multipla, soprattutto nei casi in cui, all'interno di un determinato Stato, organizzazioni diverse si occupino dei problemi di discriminazione;

58.

sottolinea la necessità di riconoscere e combattere, a livello europeo e nazionale, la violenza subita dalle donne a causa del loro genere, in particolare la violenza domestica poiché si tratta di una violazione dei diritti delle donne molto diffusa e spesso sottovalutata e chiede, quindi, agli Stati membri di adottare misure adeguate ed efficaci al fine di garantire alle donne una vita libera da ogni violenza, tenendo debitamente conto della Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne (13);

59.

invita gli Stati membri e l'Unione europea a riconoscere e ad affrontare lo sfruttamento sessuale in tutte le sue forme; è del parere che debbano risponderne gli Stati membri che non si sono conformati alla legislazione comunitaria in materia di lotta contro la tratta degli esseri umani (14); ritiene che gli Stati membri debbano ratificare il protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, allegato alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, e la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani; invita la Commissione ad attuare il piano d'azione sulla tratta di esseri umani;

60.

sottolinea l'esigenza di aumentare la sensibilizzazione pubblica quanto al diritto alla salute riproduttiva e sessuale e chiede agli Stati membri di garantire che le donne possano godere pienamente di tali diritti, di istituire un'adeguata educazione sessuale, informazioni e servizi di consulenza riservati e di facilitare i metodi di contraccezione onde prevenire gravidanze indesiderate e aborti illegali e a rischio, e di combattere la pratica della mutilazione genitale femminile;

61.

sottolinea che andrebbero messi a disposizione fondi pubblici per le donne appartenenti alle minoranze etniche, a prescindere dal loro status giuridico, al fine di consentire loro di accedere a servizi sanitari e diritti sicuri, paritari, che tengano conto delle varie culture, in particolare alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti connessi; e che occorra adottare un quadro giuridico europeo per garantire l'integrità fisica delle giovani ragazze dalla mutilazione genitale femminile nelle comunità che la praticano;

62.

sottolinea che, benché siano stati realizzati progressi per quanto riguarda l'inserimento lavorativo delle donne e malgrado il loro elevato livello d'istruzione, esse continuano ad essere concentrate in alcune categorie professionali e a percepire una retribuzione inferiore a quella degli uomini per lo stesso lavoro, a svolgere con minor frequenza mansioni di responsabilità e ad essere considerate con sospetto da parte dei datori di lavoro per quanto riguarda la gravidanza e la maternità; ritiene che occorra affrontare seriamente il divario retributivo tra i sessi al fine di garantire l'indipendenza economica delle donne e la parità tra donne e uomini sul mercato del lavoro;

63.

chiede agli Stati membri e alle parti sociali di adottare le misure necessarie per contrastare le molestie sessuali e morali sul luogo di lavoro;

64.

insiste sulla necessità che le donne siano sostenute nella loro carriera professionale, anche attraverso politiche attive di conciliazione tra vita privata, professionale e familiare; esorta la Commissione e gli Stati membri a promuovere sia il congedo parentale condiviso che il congedo di paternità e a mutualizzare i costi di maternità e di congedo parentale, in modo tale che le donne non rappresentino più una forza lavoro più costosa rispetto agli uomini; sottolinea inoltre la necessità di campagne di sensibilizzazione al fine di evitare stereotipi di genere sui modelli familiari, evidenziando al contempo l'importanza di garantire condizioni di lavoro flessibili, migliorare l'accesso all'assistenza all'infanzia e garantire la piena partecipazione delle donne con figli ai regimi pensionistici;

65.

chiede agli Stati membri di combattere, congiuntamente alle parti sociali, la discriminazione nei confronti delle donne incinte sul mercato del lavoro e di adottare tutte le misure necessarie per garantire un elevato livello di protezione delle madri; chiede alla Commissione di effettuare una valutazione più dettagliata della conformità con il diritto comunitario delle disposizioni nazionali in tale settore e, se del caso, di presentare proposte adeguate di revisione della legislazione comunitaria;

66.

attira l'attenzione sul grande numero di collaboratori (essenzialmente donne) di lavoratori autonomi (principalmente nell'agricoltura) il cui statuto giuridico è incerto in numerosi Stati membri, determinando specifici problemi finanziari e giuridici quanto all'accesso al congedo di maternità e al congedo di malattia, l'accumulo dei diritti a pensione e l'accesso alla sicurezza sociale, anche in caso di divorzio;

67.

riconosce che la disparità di accesso alle risorse economiche sul mercato del lavoro, da parte delle donne, ne compromette l'accesso alla protezione sociale, in particolare ai diritti pensionistici, con il risultato che il rischio di povertà per le donne in età avanzata è superiore a quello degli uomini; ritiene che, al fine di prevenire la discriminazione delle donne, è essenziale che nei sistemi di protezione sociale sia garantita l'individualizzazione dei diritti piuttosto che la loro determinazione in base al nucleo familiare; per i periodi trascorsi fuori dal mercato ufficiale del lavoro per motivi di cure familiari devono essere concesse delle unità di «credito-tempo», di cui si terrà pienamente conto ai fini del calcolo dei diritti pensionistici;

68.

sottolinea l'importanza di garantire che i cittadini dei paesi terzi che entrano nel territorio dell'Unione europea e i cittadini dell'Unione europea siano consapevoli delle leggi vigenti e delle convenzioni sociali in materia di pari opportunità, in modo tale da evitare situazioni di discriminazione derivanti da una mancata conoscenza del contesto giuridico e sociale;

69.

chiede agli Stati membri di non accettare il richiamo a costumi, tradizioni o ad altre considerazioni religiose per giustificare forme di discriminazione, oppressione o violenza nei confronti delle donne o l'adozione di politiche che possono mettere in pericolo la loro vita;

70.

invita la Commissione ad effettuare uno studio sulle discriminazioni nei confronti delle famiglie monoparentali, soprattutto per quanto riguarda il trattamento fiscale, la sicurezza sociale, i servizi pubblici, i servizi sanitari e l'alloggio;

Orientamento sessuale

71.

ritiene che le affermazioni discriminatorie di esponenti politici, sociali e religiosi contro gli omosessuali alimentino l'odio e la violenza e chiede una loro condanna da parte degli organi dirigenti competenti;

72.

a questo proposito sottoscrive sentitamente l'iniziativa francese, appoggiata da tutti gli Stati membri, per la depenalizzazione universale dell'omosessualità, poiché in 91 paesi l'omosessualità costituisce ancora reato penale, e in taluni casi addirittura passibile di pena capitale;

73.

plaude alla pubblicazione della prima relazione tematica dell'Agenzia, dal titolo «L'omofobia e la discriminazione in base all'orientamento sessuale negli Stati membri», elaborata su richiesta del Parlamento europeo e invita gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea a ottemperare con urgenza alle raccomandazioni dell'Agenzia o a motivarne debitamente la mancata osservanza;

74.

rammenta a tutti gli Stati membri che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, è possibile esercitare il diritto alla libertà di adunanza, anche qualora chi lo eserciti abbia opinioni contrarie a quelle della maggioranza, e che pertanto il divieto discriminatorio dei cortei, nonché qualsiasi inadempienza all'obbligo di offrire una tutela adeguata a quanti vi partecipano, costituisce una violazione dei principi sanciti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, dall'articolo 6 del trattato UE sui valori e i principi comuni dell'Unione europea, e dalla Carta;

75.

invita gli Stati membri che si sono dotati di una legislazione relativa alle coppie dello stesso sesso a riconoscere le norme adottate da altri Stati membri e aventi effetti analoghi; invita quest'ultimi Stati membri a proporre delle linee guida per il reciproco riconoscimento della legislazione vigente tra diversi Stati membri, onde garantire che il diritto alla libera circolazione nell'Unione europea delle coppie dello stesso sesso si applichi alle medesime condizioni delle coppie eterosessuali;

76.

esorta la Commissione a presentare proposte che garantiscano l'applicazione, da parte degli Stati membri, del principio di riconoscimento reciproco per le coppie omosessuali, sposate o legate da un'unione civile registrata, nella fattispecie quando esercitano il loro diritto alla libera circolazione previsto dal diritto dell'Unione europea;

77.

invita gli Stati membri che non l'abbiano ancora fatto, in ottemperanza al principio di parità, ad adottare iniziative legislative per eliminare le discriminazioni cui sono confrontate alcune coppie in ragione del loro orientamento sessuale;

78.

chiede alla Commissione di fare in modo che gli Stati membri diano asilo alle persone che fuggono dal proprio paese poiché vittime di persecuzioni basate sul loro orientamento sessuale, di adottare iniziative a livello bilaterale e multilaterale per porre termine alle persecuzioni delle persone in base al loro orientamento sessuale e di avviare uno studio sulla situazione delle persone transessuali negli Stati membri e nei paesi candidati, in particolare per quanto concerne i rischi di molestie e violenza;

Xenofobia

79.

esorta il Consiglio e la Commissione, nonché le diverse amministrazioni locali, regionali e nazionali degli Stati membri, a coordinare le misure volte a combattere l'antisemitismo e le aggressioni ai danni delle minoranze, compresi i rom, le minoranze nazionali tradizionali e i cittadini di paesi terzi negli Stati membri, in modo tale da far rispettare i principi di tolleranza e non discriminazione e da promuovere l'integrazione sociale, economica e politica; invita tutti gli Stati membri che non l'abbiano ancora fatto a riconoscere la competenza del Comitato delle Nazioni Unite sull'eliminazione della discriminazione razziale a ricevere ed esaminare comunicazioni individuali ai sensi della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale;

80.

esorta gli Stati membri a perseguire con determinazione qualsiasi incitazione all'odio espressa in programmi mediatici razzisti e articoli che diffondano idee intolleranti, attraverso reati di odio nei confronti di rom, immigrati, stranieri, minoranze nazionali tradizionali e altre minoranze, nonché da gruppi musicali e in occasione di concerti neonazisti, che spesso hanno luogo in pubblico senza alcuna conseguenza; esorta inoltre i partiti e i movimenti politici che esercitano una forte influenza sui mass-media ad astenersi dalle incitazioni all'odio e dalla diffamazione nei confronti delle minoranze in seno all'Unione;

Giovani, anziani e disabili

81.

chiede agli Stati membri di promuovere un coinvolgimento ancora più forte delle parti sociali nelle iniziative volte a eliminare le discriminazioni basate sulle disabilità o sull'età e di migliorare radicalmente l'accesso di giovani, anziani e disabili al mercato del lavoro e ai programmi di formazione; invita tutti gli Stati membri che non l'abbiano ancora fatto a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e il suo protocollo opzionale;

82.

sollecita la Commissione a garantire che i finanziamenti previsti per gli Stati membri per l'erogazione di servizi alle persone diversamente abili soddisfino i criteri della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità erogando finanziamenti per adeguati servizi in base alla comunità/famiglia e opzioni per vivere in modo indipendente;

83.

ritiene importante garantire l'accesso a prestazioni e cure a tutti coloro che necessitano di cure geriatriche o per malattia o invalidità e sottolinea la necessità di accordare un'attenzione particolare alla prestazione di cure e alla tutela dei bambini con disabilità;

Cultura

84.

sottolinea l'importanza dei media nel promuovere la diversità, il multiculturalismo e la tolleranza; sollecita tutti i servizi mediatici a evitare contenuti che possano favorire il razzismo, la xenofobia, l'intolleranza o la discriminazione di ogni genere;

85.

incoraggia gli Stati membri a cooperare, in particolare a seguito dell'Anno europeo del dialogo interculturale (2008), con un ampio spettro di soggetti interessati, in particolare le ONG, al fine di promuovere il dialogo interculturale e di sensibilizzare la popolazione, soprattutto i giovani, in merito alla condivisione dei valori comuni e al rispetto della diversità culturale, religiosa e linguistica;

86.

sottolinea il ruolo essenziale dello sport nella promozione della tolleranza, del rispetto reciproco e della comprensione; chiede alle organizzazioni sportive nazionali ed europee di continuare ad impegnarsi nella lotta contro il razzismo e la xenofobia ed incoraggia l'avvio di nuove iniziative di maggiore incisività e di più ampia portata, al fine di perfezionare le misure già esistenti;

87.

sottolinea l'importanza del ruolo svolto dall'alfabetizzazione mediatica nell'assicurare condizioni di formazione eque e paritetiche a tutti i cittadini dell'Unione europea;

88.

chiede agli Stati membri di garantire che i nuovi arrivati, specialmente bambini e giovani, provenienti da paesi esterni all'Unione europea, siano efficacemente integrati nei sistemi d'istruzione degli Stati membri, e di aiutarli promuovendone la diversità culturale;

Forze armate

89.

rammenta che i diritti fondamentali sono validi anche all'interno delle caserme e si applicano anche integralmente ai cittadini in divisa; raccomanda agli Stati membri di garantire che i diritti fondamentali siano osservati anche nell'ambito delle Forze armate;

Migranti e rifugiati

Accesso alla protezione internazionale e immigrazione legale

90.

è profondamente turbato dalla tragica sorte di quanti perdono la vita nel tentativo di raggiungere il territorio europeo, o che cadono nelle mani di scafisti o trafficanti di esseri umani;

91.

chiede alla Commissione e agli Stati membri di mettere a punto politiche in materia di migrazione legale efficaci e di lungo termine, nonché di garantire un effettivo accesso al territorio dell'Unione europea e ad una procedura che contenga norme più flessibili e coordinate per i richiedenti asilo, anziché concentrare i loro sforzi sulla prevenzione dell'immigrazione irregolare, ricorrendo ad un sempre maggior numero di misure di controllo alle frontiere, che mancano di meccanismi necessari all'identificazione dei potenziali richiedenti asilo alle frontiere europee, con la conseguente violazione del principio di non respingimento (non refoulement), sancito dalla Convenzione del 1951 sullo status di rifugiati;

92.

invita gli Stati membri ad applicare gli orientamenti dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per rifugiati (UNHCR) sulla persecuzione fondata sull'appartenenza di genere (2002) nell'attuazione delle vigenti direttive comunitarie in materia di asilo;

93.

chiede al Consiglio di chiarire i rispettivi ruoli dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (FRONTEX) e degli Stati membri stessi, al fine di garantire il rispetto dei diritti umani durante i controlli alle frontiere; ritiene urgente modificare il mandato di FRONTEX, allo scopo di includervi le operazioni di salvataggio in mare; reclama il controllo democratico del Parlamento nella conclusione di accordi da parte di FRONTEX con paesi terzi, in particolare per quanto riguarda l'organizzazione congiunta dei rimpatri;

94.

chiede al Consiglio e alla Commissione di abilitare FRONTEX a instaurare una cooperazione strutturata con l'Agenzia e l'UNHCR, al fine di agevolare le operazioni che tengono conto della tutela dei diritti umani;

95.

manifesta preoccupazione per la tendenza ad un sempre maggiore allontanamento dei controlli dalle frontiere geografiche dell'Unione europea, tendenza che rende difficile verificare i fatti allorché le persone richiedenti lo status di rifugiato e coloro che necessitano di protezione internazionale entrano in contatto con le autorità di un paese terzo;

96.

esorta la Commissione e in particolare il Consiglio a portare avanti rapidamente e ambiziosamente la lungimirante strategia dell'Unione europea in materia di asilo, relativa all'attuazione della fase II, compresa la revisione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, dell'1 dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate al fine del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato negli Stati membri (15) e della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, dello status di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (16) e la creazione di un Ufficio europeo di sostegno in materia di asilo;

Accoglienza

97.

chiede alla Commissione di proseguire l'esame rigoroso del recepimento della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003 recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (17) al fine di evitare che un mancato o parziale recepimento dia luogo in numerosi Stati membri a prassi che non soddisfano le norme minime previste dalla direttiva;

98.

ricorda che anche i migranti che non presentano domanda di asilo devono essere accolti in strutture pulite e adeguate, dove possano essere informati – con l'aiuto di interpreti e mediatori culturali appositamente formati – dei loro diritti e delle opportunità offerte dalla legislazione del paese di accoglienza, dal diritto comunitario e dalle convenzioni internazionali;

Figli minori di genitori immigrati, richiedenti asilo e rifugiati

99.

chiede di prestare particolare attenzione alla situazione in cui versano i bambini rifugiati, richiedenti asilo e migranti, e i bambini figli di richiedenti asilo, rifugiati o clandestini, per far sì che ogni bambino possa esercitare pienamente i propri diritti, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino, compreso il diritto alla non discriminazione, tenendo conto innanzitutto dell'interesse del bambino stesso in tutte le azioni avviate, pur riconoscendo l'importanza del ruolo e la responsabilità dei genitori; richiama l'attenzione sull'istituzione, in alcuni Stati membri, di un doppio sistema di istruzione e sottolinea che cura e assistenza differenti per i figli dei cittadini nazionali e quelli dei cittadini dei paesi terzi non devono essere né discriminatorie né di lungo periodo e devono essere giustificate per garantire una migliore scolarizzazione, anche nelle lingue del paese ospite, di tutti i bambini;

100.

chiede di prestare particolare attenzione ai minori non accompagnati e a quelli separati dai loro genitori che giungono nel territorio dell'Unione europea attraverso i canali dell'immigrazione irregolare e sottolinea l'obbligo degli Stati membri di fornire loro assistenza e protezione speciale; chiede a tutte le autorità – locali, regionali e nazionali – e alle istituzioni europee di cooperare assiduamente per proteggere tali minori da ogni forma di violenza e sfruttamento, di assicurare la nomina tempestiva di un tutore, di fornire loro un'assistenza legale, di cercare i loro familiari e di migliorare le loro condizioni di accoglienza, attraverso alloggi adeguati, un accesso agevolato ai servizi sanitari, d'istruzione e formazione, in particolare per quanto concerne l'insegnamento della lingua ufficiale del paese di accoglienza, la formazione professionale e una completa integrazione nel sistema scolastico;

101.

ricorda che i minori non dovrebbero essere posti in detenzione amministrativa e che i minori accompagnati dai loro familiari dovrebbero essere detenuti solo in circostanze veramente eccezionali, per un periodo più breve possibile e soltanto se tale detenzione avviene nel loro interesse, conformemente all'articolo 3 e all'articolo 37, paragrafo b) della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino;

Integrazione

102.

chiede un maggior coordinamento delle politiche nazionali d'integrazione dei cittadini dei paesi terzi e delle iniziative europee in tale ambito; sottolinea che, grazie a principi di base comuni volti a istituire un quadro europeo coerente in materia, la politica per l'integrazione dovrebbe includere, superandola, la politica per la lotta alla discriminazione ed essere estesa a vari ambiti, come l'istruzione, l'occupazione e la formazione professionale;

103.

sollecita lo sviluppo di programmi d'integrazione e del dialogo interculturale destinati a prevenire potenziali tensioni tra migranti intracomunitari e comunità autoctone nel contesto dei fenomeni migratori creatisi a seguito dell'allargamento;

104.

ritiene che la più urgente necessità delle minoranze di origine immigrata sia quella d'integrarsi il più rapidamente possibile nella società del paese in cui sono stabilite, pur facendo in modo che ciò avvenga in uno spirito di reciprocità; ritiene altrettanto importante riconoscere il diritto di chiunque sia nato e viva in uno Stato membro di godere dei diritti civili; ritiene che il diritto dei residenti di lungo periodo a partecipare alla vita politica a livello locale ne promuoverebbe l'integrazione sociale e politica;

105.

teme che l'assenza di politiche d'integrazione efficaci escluda centinaia di migliaia di cittadini di paesi terzi e di apolidi dalla vita professionale, sociale e politica e che anche ciò ostacoli l'obiettivo perseguito dall'Unione europea di accrescere la mobilità del lavoro ai fini di una maggiore competitività e prosperità economica; riconosce che il rischio che l'emarginazione possa relegare una persona in una posizione vulnerabile e apra la strada alla radicalizzazione, alla tratta e ad altre forme di sfruttamento;

Rimpatrio

106.

ribadisce che si dovrebbe procedere al rimpatrio di un individuo soltanto a seguito di un esame equo e completo della sua domanda; ritiene che, qualora il rimpatrio risulti impossibile o inumano a causa della criticità della situazione esistente nel paese di origine o di transito in termini di rispetto dei diritti umani, gli Stati membri dovrebbero rinunciare al rimpatrio, conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo;

107.

invita gli Stati membri a verificare le condizioni di vita e di integrazione dei rimpatriati nei paesi di origine e di transito e di adottare misure tese a garantire loro un'assistenza adeguata;

Detenzione e accordi di riammissione

108.

nutre preoccupazione per il moltiplicarsi, da diversi anni, del numero di centri di detenzione per stranieri negli Stati membri e alle loro frontiere; in base a numerose relazioni, tra cui quelle delle delegazioni della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, in cui vengono denunciate frequenti violazioni dei diritti umani, chiede di avviare le seguenti azioni:

garantire l'accesso delle ONG specializzate nella tutela dei diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo, in modo tale che la loro presenza nei centri di detenzione sia prevista per legge e non sia soltanto dovuta alla buona volontà dei loro membri,

istituire un organo di controllo indipendente a livello europeo competente per la supervisione dei centri di detenzione relativamente alla tutela dei diritti umani,

chiedere all'Agenzia di elaborare, su base annuale, una relazione che esamini la situazione delle persone che si trovano nei centri di detenzione sotto l'autorità degli Stati membri, all'interno o all'esterno delle loro frontiere, e di presentarla al Parlamento;

109.

esprime preoccupazione per il fatto che, dal 2002, nella maggior parte degli accordi bilaterali sottoscritti dall'Unione europea con paesi terzi, compresi gli accordi commerciali, sono state inserite clausole di riammissione, con una conseguente crescente esternalizzazione della politica migratoria dell'Unione europea, caratterizzata da un insufficiente controllo parlamentare, sia a livello europeo sia a livello nazionale; chiede pertanto alla Commissione e al Consiglio di associare il Parlamento fin dalle prime fasi dei negoziati su tali accordi e di informarlo regolarmente del numero di espulsi dall'Unione europea in applicazione di tali clausole;

Libertà di espressione

110.

difende la libertà di espressione come valore fondamentale dell'Unione europea; ritiene che essa debba essere esercitata entro i limiti consentiti dalla legislazione, coesistere con la responsabilità personale e basarsi sul rispetto dei diritti altrui;

111.

si compiace della situazione globalmente soddisfacente in termini di libertà di stampa esistente negli Stati membri, dal momento che tutti e 27 gli Stati membri figurano tra i primi 56 paesi della «Classifica mondiale della libertà di stampa 2007» di Reporter senza frontiere;

112.

chiede agli Stati membri che in questi ultimi anni hanno utilizzato le loro istituzioni giudiziarie, o prevedono di modificare la propria legislazione, per violare il diritto dei giornalisti alla segretezza delle loro fonti, nonché quello dei giornalisti e degli editori a pubblicare le informazioni, di migliorare la loro legislazione e le loro prassi, nel rispetto della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 27 marzo 1996 e della raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sul diritto dei giornalisti alla tutela delle loro fonti d'informazione (18), dal momento che la violazione di tale diritto costituisce attualmente la principale minaccia alla libertà di espressione dei giornalisti nell'Unione europea e che negli ultimi anni non vi sono stati miglioramenti significativi in tale ambito;

113.

considera la libertà di espressione e l'indipendenza della stampa diritti universali, che non possono essere compromessi da alcun individuo o gruppo che si senta attaccato da quanto detto o scritto; sottolinea al tempo stesso che è necessario poter garantire l'esercizio del diritto a un risarcimento in sede giudiziaria in caso di notizie false o diffamazione e nel rispetto della legislazione vigente;

114.

ritiene che la libertà di stampa debba essere sempre esercitata entro i limiti consentiti dalla legge, pur temendo che i tentativi di questi ultimi anni di bandire dal dibattito pubblico determinati temi diano luogo in molti Stati membri a una forma di censura non ufficiale o un'autocensura dei mezzi d'informazione;

Diritti dei bambini

Violenza, povertà e lavoro

115.

condanna ogni forma di violenza nei confronti dei bambini e ribadisce in particolare la necessità di combattere le forme di violenza più frequentemente riscontrate negli Stati membri: pedofilia, violenze sessuali, violenze familiari, punizioni corporali nelle scuole e differenti forme di abuso nelle istituzioni; chiede di istituire e portare a conoscenza del pubblico meccanismi sicuri, riservati ed accessibili, che consentano ai bambini di tutti gli Stati membri di denunciare le violenze;

116.

chiede agli Stati membri di adottare misure efficaci tese a vietare le varie forme di sfruttamento dei bambini, compreso lo sfruttamento a fini di prostituzione, della produzione di pedopornografia, traffico di droga, borseggio, mendicità e ogni altra forma di sfruttamento;

117.

chiede agli Stati membri di adottare misure tese a eliminare la pratica dei matrimoni non ufficiali tra minori, spesso estremamente giovani; ritiene che tali pratiche rappresentino una forma di abuso sessuale che nuoce allo sviluppo dei bambini e incoraggia l'abbandono della scuola;

118.

chiede ai tredici Stati membri che non dispongono di una legislazione in materia di vietare totalmente le punizioni corporali, secondo quanto affermato nello studio delle Nazioni Unite sulla violenza nei confronti dei minori del 2006, che le definisce come la più comune forma di violenza ai danni di questi ultimi;

119.

pone l'accento sulla necessità di far sì che tutte le politiche, sia a livello dell'Unione europea, sia a livello nazionale, prevedano l'eliminazione di ogni forma di lavoro minorile; ritiene che l'istruzione a tempo pieno sia lo strumento migliore per risolvere tale problema, sia prevenendo tali abusi, sia interrompendo in futuro il circolo vizioso dell'analfabetismo e della povertà;

120.

osserva che in alcuni Stati membri migliaia di bambini sono impegnati in forme di lavoro molto pesanti sia nelle regioni urbane sia in quelle rurali e chiede quindi agli Stati membri di affrontare con decisione tale problema, attraverso una rigorosa applicazione delle leggi nazionali nonché l'organizzazione di campagne educative nazionali mirate sia ai genitori che ai bambini;

121.

rammenta che quasi il 20% dei bambini nell'Unione europea vive al di sotto della soglia di povertà e che i più vulnerabili tra di loro provengono da famiglie monoparentali e/o da genitori nati all'estero; ribadisce pertanto la necessità di adottare adeguate misure di accesso ai diritti, incentrate sulle esigenze dei minori, comprese misure di sostegno alle famiglie, e chiede agli Stati membri, in particolare a quelli dai tassi di povertà più elevati, di perseguire obiettivi ambiziosi e realizzabili al fine di ridurre la povertà infantile e quella della loro famiglia;

122.

chiede alla Commissione di cercare d'integrare le differenti strategie in materia di povertà dei minori e quella delle loro famiglie, disoccupazione giovanile e inclusione sociale delle minoranze in tutte le relative strategie di sviluppo, compresi i documenti di strategia di riduzione della povertà e i programmi indicativi; esorta gli Stati membri ad agire con efficacia contro la tratta dei minori, intensificando la cooperazione transfrontaliera, attuando formazioni specializzate e applicando criteri giuridici di prevenzione a tal fine;

123.

sottolinea l'importanza che riveste la protezione dei bambini; ritiene che dovrebbero essere pienamente attuate e ulteriormente sviluppate le iniziative per una strategia dell'Unione europea sui diritti dei bambini, ad esempio un sito web interamente dedicato alle questioni legate all'infanzia, un'assistenza speciale e linee telefoniche d'emergenza nonché una dotazione di bilancio per programmi d'azione dell'Unione europea a favore dei bambini;

Discriminazione

124.

chiede alla Commissione e agli Stati membri di prestare particolare attenzione alle differenti e spesso numerose forme di discriminazione di cui sono vittime i giovani e i bambini, soprattutto i bambini che vivono in povertà, i bambini di strada e i giovani appartenenti a minoranze etniche e a gruppi di migranti, nonché i bambini e i giovani disabili, e che si traducono spesso in un mancato accesso all'istruzione e all'assistenza sanitaria;

125.

chiede che i bambini rom, in particolare – ma non soltanto – negli Stati membri in cui i rom rappresentano importanti minoranze etniche, siano oggetto di misure specifiche, allo scopo di porre fine alla discriminazione, alla segregazione, all'esclusione sociale e scolastica di cui sono spesso vittime; chiede nella fattispecie agli Stati membri di impegnarsi a porre fine alla sovrarappresentazione – del tutto ingiustificata – dei bambini rom negli istituti per soggetti affetti da disabilità mentali, a promuovere campagne di scolarizzazione e a combattere il fenomeno del ritiro della carta d'identità subito da numerosi bambini rom;

126.

sollecita gli Stati membri a garantire un'efficace integrazione dei bambini svantaggiati e socialmente emarginati nei sistemi d'istruzione sin dalla loro più giovane età e a incoraggiare a tal fine lo scambio di prassi eccellenti;

127.

chiede agli Stati membri d'impegnarsi nella lotta contro la discriminazione nell'ambito dell'istruzione, ad esempio la segregazione dei bambini rom, in ottemperanza alla recente sentenza in materia della Corte europea dei diritti dell'uomo (19);

Giustizia per i giovani

128.

ritiene che si debba ricorrere alla detenzione di delinquenti minorenni come ultima risorsa e per un periodo il più limitato possibile e chiede quindi di prevedere soluzioni alternative alla detenzione per i minori; insiste altresì sulla necessità di garantire misure di rieducazione come i servizi socialmente utili al fine di assicurare la reintegrazione sociale e professionale di queste persone;

129.

osserva che non tutti i paesi membri fissano la stessa età per la responsabilità penale e manifesta preoccupazione per il fatto che, in alcuni di essi, i minori siano regolarmente deferiti ad autorità giudiziarie competenti per gli adulti e che in altri i tribunali minorili vengano chiusi; chiede agli Stati membri di allineare i loro sistemi giudiziari affinché nessun minore venga giudicato in base alle stesse modalità applicate per un adulto;

130.

chiede a tutti gli Stati membri di garantire che i minori siano rappresentati in modo efficace e indipendente in tutte le procedure giudiziarie o semigiudiziarie che li riguardano e che dispongano di un tutore legalmente nominato, qualora nessun familiare possa agire per loro conto; sottolinea che tutti i minori, compresi quelli collocati in istituti giudiziari, dovrebbero essere informati dalle autorità dell'esistenza di meccanismi di ricorso;

Assistenza all'infanzia

131.

chiede agli Stati membri di intervenire in modo tale da garantire il diritto del bambino a una famiglia e di fare in modo di individuare soluzioni efficaci per evitare la separazione tra genitori e figli e l'abbandono di minori; li invita altresì a prendere le distanze dalla politica delle grandi istituzioni e, piuttosto, a riformare, sviluppare e rafforzare strutture educative alternative efficaci, basate sulla famiglia e la comunità; chiede agli Stati membri, nei casi di affidamento, i mezzi necessari per permettere il ritorno del bambino nella sua famiglia;

132.

sollecita l'adozione da parte degli Stati membri di misure necessarie che consentano di garantire la qualità delle strutture di accoglienza per minori, compresi la formazione professionale continua, buone condizioni di lavoro e un salario dignitoso per coloro che nella loro attività professionale si occupano di bambini; sottolinea che tali strutture e il loro personale forniscono ai minori basi solide per il futuro e presentano vantaggi anche per i genitori, segnatamente per quelli che devono far fronte a un carico di lavoro molto pesante o per le famiglie monoparentali, e che offrono anche un'alternativa ai bambini poco o non seguiti dalla famiglia;

Partecipazione

133.

ricorda che i minori hanno il diritto di esprimere la propria opinione, secondo la loro età e maturità, e che occorre dar loro la possibilità di far parte di gruppi o associazioni in modo da incontrare altri bambini ed esprimersi in tale contesto; chiede pertanto agli Stati membri e alle autorità locali di incoraggiare i progetti volti a dare ai bambini la capacità di esprimersi in tal modo, nell'ambito di consigli o consessi locali per bambini, garantendo al tempo stesso il coinvolgimento dei bambini maggiormente esclusi e l'ampia diffusione di informazioni su tali attività presso i bambini stessi;

134.

si compiace dell'avvio da parte della Commissione di un forum che riunisce rappresentanti delle istituzioni europee e di organizzazioni nazionali e internazionali operanti nel campo dei diritti dei minori; reputa che la partecipazione dei bambini dovrebbe essere uno dei principali obiettivi del forum e si appella pertanto alla Commissione, affinché garantisca la partecipazione dei minori in tutte le fasi di attività del forum;

135.

ritiene importante che le informazioni sui diritti del bambino siano divulgate tra i bambini stessi in modo accessibile e con mezzi adeguati: chiede alla Commissione di mettere a punto strumenti di comunicazione efficaci, che migliorino la conoscenza dei propri diritti da parte dei minori, della situazione dei minori negli Stati membri e delle attività dell'Unione europea in questo campo;

Diritti sociali

136.

ritiene che sia possibile combattere la povertà e l'esclusione sociale soltanto garantendo l'insieme dei diritti fondamentali, in particolare i diritti economici e sociali di tutti; approva a tale riguardo la decisione di proclamare il 2010 Anno europeo della lotta contro la povertà e l'esclusione sociale; chiede alla Commissione agli Stati membri di concordare e perseguire obiettivi ambiziosi in tale ambito;

137.

ribadisce che esiste una serie di diritti fondamentali inscindibili e interdipendenti, a cui deve essere garantito l'effettivo accesso per tutti gli esseri umani;

Povertà

138.

insiste sul fatto che l'articolo 30 della Carta sociale europea rivista sancisce il diritto alla protezione contro la povertà e l'esclusione sociale e chiede agli Stati membri di ratificarla;

139.

sottolinea che occorre attribuire una sempre maggiore importanza alle politiche di «inclusione attiva» delle persone più lontane dal mercato del lavoro;

140.

insiste sul fatto che la povertà estrema e l'esclusione sociale rappresentano una violazione dell'insieme di diritti fondamentali;

141.

auspica una vera e propria integrazione della dimensione sociale e dei diritti fondamentali nel complesso delle politiche dell'Unione europea;

142.

si impegna a favore di un modello di sviluppo sociale sostenibile coerente con un approccio basato sui diritti sociali e principalmente mirato a una maggiore coesione sociale;

143.

rammenta che gli articoli 34 e 36 della Carta riconoscono il diritto alla sicurezza sociale e ai servizi sociali, nonché il diritto di accesso ai servizi d'interesse economico generale; invita gli Stati membri ad adoperarsi affinché tutti i cittadini possano godere di tali diritti, anche quelli più vulnerabili;

144.

ricorda che la lotta alla povertà deve essere portata avanti associandovi le popolazioni più povere, che sono quelle maggiormente toccate da tale fenomeno e quindi maggiormente in grado di mostrare le conseguenze di un mancato esercizio dei diritti e le soluzioni per porvi rimedio; auspica l'instaurazione di una democrazia partecipativa che attribuisca particolare attenzione alla partecipazione di coloro che sono vittime di povertà, esclusione, discriminazioni e sperequazioni;

Il problema dei senza tetto

145.

invita la Commissione a sviluppare una definizione quadro europea dei senza tetto, a raccogliere dati statistici comparabili e affidabili fornendo aggiornamenti annui sulle iniziative prese e sui progressi fatti negli Stati membri dell'Unione europea per porre fine alla situazione dei senza tetto;

146.

invita gli Stati membri a redigere piani di emergenza invernali quale parte di una più ampia strategia per i senza tetto;

Alloggio

147.

rammenta che l'articolo 34, paragrafo 3, della Carta riconosce il diritto all'assistenza sociale e a un alloggio per tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti al fine di combattere l'emarginazione e la povertà; chiede pertanto agli Stati membri di garantire l'accesso a un alloggio decoroso;

148.

rammenta altresì le osservazioni e i principi contenuti nella relazione del Commissario ai diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa sul diritto a un alloggio decoroso (20);

Salute

149.

rammenta che l'articolo 35 della Carta conferisce a ciascuno il diritto di accesso alla sanità preventiva e il diritto di ricevere cure mediche; invita gli Stati membri a garantire l'accesso a un'adeguata assistenza sanitaria, in particolare ai soggetti a basso reddito e il cui stato di salute richiede cure intensive, lunghe od onerose;

150.

invita gli Stati membri e l'Unione europea a garantire che le persone che fanno abuso di narcotici abbiano pieno accesso ai servizi sanitari specializzati e ai trattamenti alternativi, senza essere trattati da criminali soltanto a causa del consumo personale di sostanze illecite;

Lavoratori

151.

ribadisce la necessità di migliorare la trasparenza del mercato del lavoro, in modo tale che qualsiasi tipo di occupazione (temporanea, permanente, a tempo pieno o parziale e retribuita su base oraria) sia ufficialmente riconosciuta, retribuita in modo dignitoso e pienamente rispettosa dei diritti dei lavoratori;

152.

riconosce che non tutti gli Stati membri dispongono di una legislazione nazionale che stabilisce una retribuzione minima; chiede la messa a punto di meccanismi intesi a garantire a ciascuno un reddito decente onde assicurare che tutti i lavoratori dell'Unione europea ricevano una retribuzione che consenta loro di vivere in maniera decorosa;

153.

sollecita gli Stati membri e i paesi candidati all'adesione a ratificare e dare piena attuazione alle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL); chiede alla Commissione e agli Stati membri di sostenere l'OIL nel rafforzamento del suo sistema e dei suoi meccanismi di controllo;

154.

incoraggia le imprese ad adottare politiche di assunzione e sviluppo professionale responsabili e non discriminatorie, al fine di incentivare l'occupazione femminile, dei giovani e dei soggetti svantaggiati;

155.

ricorda che la discriminazione deve essere vista anche come un'interferenza nelle quattro libertà fondamentali, in particolare la libera circolazione delle persone, e che in quanto tale essa rappresenta un ostacolo al funzionamento del mercato interno; invita la Commissione a incoraggiare gli Stati membri a rivedere le loro disposizioni transitorie che disciplinano l'accesso ai loro mercati del lavoro, al fine di eliminare la differenziazione fra cittadini europei a tale riguardo;

156.

chiede agli Stati membri di rivedere la legislazione nazionale in modo da garantire che i lavoratori del sesso, a prescindere dalla loro situazione giuridica, non siano sfruttati da organizzazioni criminali, che siano garantiti loro i diritti fondamentali e che possano avere accesso agli opportuni servizi sociosanitari;

157.

chiede alla Commissione e agli Stati membri di sostenere l'inclusione sociale delle persone più lontane dal mercato del lavoro e di far fronte alla realtà dei «lavoratori poveri»; ritiene che tali strategie debbano trovare il giusto equilibrio tra questioni come livelli di salari equi, un giusto equilibro tra vita professionale e vita privata, condizioni di lavoro di qualità, la protezione sociale, l'occupabilità e la sicurezza del lavoro;

Lavoratori irregolari

158.

chiede agli Stati membri di ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei lavoratori migranti (21) ponendo l'accento sul fatto che la maggior parte dei lavoratori che offrono prestazioni senza disporre degli adeguati documenti d'immigrazione, svolgono attività legali e indispensabili per le economie europee, come la raccolta di frutta, la costruzione o la manutenzione di edifici, l'assistenza ai malati, agli anziani e ai bambini;

159.

chiede alle istituzioni europee e agli Stati membri di abbandonare l'uso del termine «immigrati clandestini», che presenta connotazioni molto negative, e di utilizzare piuttosto termini come «lavoratore/migrante irregolare» o «sprovvisto di documenti»;

160.

ribadisce che il diritto del lavoro ha lo scopo di tutelare i lavoratori sottoposti a rapporti professionali iniqui, come accade appunto nel caso dei lavoratori irregolari, e chiede agli Stati membri di tutelare il diritto di organizzazione di tutti i lavoratori, compresi quelli irregolari;

161.

chiede alla Commissione di trattare con la stessa priorità e solerzia, includendole in un unico pacchetto, la politica per l'immigrazione attualmente in corso di definizione e le «sanzioni contro i datori di lavoro dei cittadini dei paesi terzi residenti irregolarmente»;

162.

sottolinea che il primo compito degli ispettorati del lavoro è quello di tutelare i lavoratori e chiede pertanto agli Stati membri di:

garantire ai lavoratori irregolari la possibilità di denunciare gli abusi commessi dal datore di lavoro, in tutta sicurezza e senza la minaccia di essere espulsi;

investire nella formazione degli ispettori del lavoro e di quanti offrono assistenza ai lavoratori irregolari, relativamente alla possibilità di denunciare ufficialmente le violazioni della legislazione del lavoro,

stabilire un sistema di sanzioni che non penalizzi i lavoratori anziché i datori di lavoro;

Anziani

163.

ritiene che l'invecchiamento della popolazione rappresenti una sfida e debba essere considerato un'opportunità ai fini di un maggior coinvolgimento sociale delle persone con esperienza di lunga data e di qualità, contribuendo quindi a promuovere un invecchiamento attivo; ritiene che vadano compiuti sforzi ai fini dell'inserimento dei lavoratori anziani nel mondo del lavoro;

164.

ritiene che occorra prestare particolare attenzione alle donne anziane sole, che costituiscono un gruppo particolarmente vulnerabile e sono spesso le prime vittime della povertà, in caso di rallentamento dell'economia;

165.

rileva la necessità di combattere la discriminazione delle donne anziane e rafforzare la loro partecipazione al mercato del lavoro (ad esempio mediante programmi di apprendimento lungo tutto l'arco della vita), data la loro vulnerabilità e il loro numero crescente in seno all'Unione europea;

166.

rammenta che l'articolo 25 della Carta conferisce agli anziani il diritto a una vita dignitosa e autonoma; raccomanda pertanto, in combinato disposto con gli articoli 34 e 35 della Carta, assistenza sanitaria preventiva e sicurezza sociale per gli anziani, onde garantire loro una vita dignitosa;

167.

chiede agli Stati membri che non l'abbiano ancora fatto di varare una legislazione sul testamento biologico, per garantire quanto disposto dall'articolo 9 della Convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e la biomedicina, secondo cui «sono tenuti in considerazione i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell'intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà», e assicurare il diritto alla dignità alla fine della vita;

*

* *

168.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati, all'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione europea, al Comitato dei ministri e all'Assemblea parlamentare, nonché al Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa e agli organi competenti dell'Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa e all'Organizzazione delle Nazioni Unite.


(1)  GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.

(2)  GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

(3)  GU L 53 del 22.2.2007, pag. 1.

(4)  GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 229.

(5)  Consiglio d'Europa – Unione europea: «Una stessa ambizione per il continente europeo», relazione di Jean-Claude Juncker, 11 aprile 2006, pag. 4.

(6)  GU C 287 E del 29.11.2007, pag. 309.

(7)  Relazione annuale 2008 dell'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione europea, pubblicata il 24 giugno 2008.

(8)  Protocollo N. 12 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali firmato il 4 novembre 2000.

(9)  Nella causa C 267/06 Tadao Maruko contro Versorgungsanstalt der deutschen Bühnen, nella sentenza del 1 aprile 2008, la CGCE ha stabilito che il rifiuto di concedere la pensione di reversibilità ai conviventi rappresenta una discriminazione diretta fondata sull'orientamento sessuale se i coniugi superstiti e i partner superstiti di un'unione solidale si trovano in una situazione analoga per quanto concerne la pensione.

(10)  GU L 328 del 6.12.2008, pag. 55.

(11)  GU C 297 E del 29.11.2008, pag. 125.

(12)  Protocollo facoltativo alla Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, adottato il 15 ottobre 1999.

(13)  Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne, adottata il 20 dicembre 1993.

(14)  Direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 19), decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio, del 19 luglio 2002, sulla lotta alla tratta di esseri umani (GU L 203 dell'1.8.2002, pag. 1).

(15)  GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13.

(16)  GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.

(17)  GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18.

(18)  Raccomandazione n. R (2000) 7.

(19)  D.H. e altri contro Repubblica ceca, concernente casi che risalgono ad anni precedenti.

(20)  Punto di vista del Commissario per i diritti dell'uomo del 29 ottobre 2007 dal titolo «Nessuno dovrebbe essere senzatetto - un alloggio adeguato è un diritto».

(21)  Convenzione internazionale sulla tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei loro familiari approvata con la risoluzione 45/158 del 18 dicembre 1990 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/69


Accordo sulla convenzione del lavoro marittimo

P6_TA(2009)0020

Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e che modifica la direttiva 1999/63/CE

(2010/C 46 E/09)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione di direttiva del Consiglio recante applicazione dell'Accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla Convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e che modifica la direttiva 1999/63/CE (COM(2008)0422),

vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

vista la direttiva del Consiglio 1999/63/CE, del 21 giugno 1999, relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) (1),

visto l'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 (la convenzione),

vista la richiesta congiunta contenuta nell'accordo in cui si chiede alla Commissione di attuare l'accordo e il suo allegato A, in base ad una decisione del Consiglio su proposta della Commissione, in conformità dell'articolo 139, paragrafo 2, del trattato,

visto l'articolo 78, paragrafo 3 del suo regolamento,

A.

considerando che l'articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea prevede che tutti i lavoratori abbiano diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite,

B.

considerando che l'articolo 139, paragrafo 1 del trattato dà alle parti sociali a livello comunitario la possibilità, se queste lo desiderano, di avviare un dialogo che possa portare a relazioni contrattuali, ivi compresi accordi,

C.

considerando che l'articolo 139, paragrafo 2 del trattato prevede la possibilità che siano attuati accordi conclusi a livello dell'Unione, a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base ad una decisione del Consiglio su proposta della Commissione,

D.

considerando che, se tutti gli Stati membri ratificano la convenzione, sarà raggiunta la soglia necessaria ai fini della sua entrata in vigore,

E.

considerando che la ratifica della Convenzione rappresenterà un importante contributo alla promozione di standard lavorativi dignitosi a livello mondiale,

1.

si compiace del fatto che, sebbene l'articolo 139, paragrafo 2 del trattato non preveda la consultazione del Parlamento europeo in merito a richieste fatte alla Commissione dalle parti sociali, la Commissione ha presentato la sua proposta al Parlamento, chiedendogli di esprimere il proprio parere alla Commissione e al Consiglio;

2.

sostiene l'accordo concluso dalle parti sociali su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori nel settore della navigazione marittima in quanto rappresenta un corretto equilibrio tra la necessità di migliorare le condizioni di lavoro e quella di proteggere la salute e la sicurezza della gente di mare;

3.

conviene che l'accordo debba essere sottoposto al Consiglio; invita pertanto il Consiglio ad adottare la proposta della Commissione al fine di dare applicazione all'accordo quale concluso dalle parti sociali, tenendo conto degli interessi speciali degli Stati membri e, di conseguenza, dell'Unione europea;

4.

ritiene che sia essenziale definire e applicare standard minimi globali relativi alle condizioni occupazionali, sanitarie e di sicurezza per la gente di mare impiegata o che lavora a bordo delle navi marittime;

5.

si compiace del fatto che l'accordo concluso dalle parti sociali e la proposta della Commissione prevedano soltanto requisiti minimi, lasciando agli Stati membri e/o alle parti sociali la libertà di adottare misure che siano più favorevoli ai lavoratori nel settore in questione e sostanzialmente equivalenti alle disposizioni della parte A del codice della Convenzione;

6.

ricorda la flessibilità accordata dall'articolo II, paragrafo 6 della convenzione agli Stati che hanno già firmato la convenzione stessa;

7.

sottolinea il ruolo vitale svolto dalle parti sociali nel miglioramento delle condizioni di sicurezza e di salute dei lavoratori; sostiene pienamente l'adeguato coinvolgimento delle parti sociali nei negoziati del dialogo sociale e la conclusione da parte loro di accordi sulle condizioni di lavoro;

8.

raccomanda che la proposta della Commissione sia approvata;

9.

invita tutti gli Stati membri a ratificare senza indugio la Convenzione sul lavoro marittimo del 2006;

10.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché alle parti sociali.


(1)  GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/71


Sviluppo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, incluso il ruolo dell'Unione europea

P6_TA(2009)0021

Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sullo sviluppo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e il ruolo dell'Unione europea (2008/2201(INI))

(2010/C 46 E/10)

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sulla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, approvate dal 1996, in particolare la sua risoluzione del 16 marzo 2006 sul risultato dei negoziati relativi al Consiglio per i diritti umani e sulla 62a sessione dell'UNCHR (1), nonché quelle del 29 gennaio 2004 sulle relazioni tra l'Unione europea e l'Organizzazione delle Nazioni Unite (2), del 9 giugno 2005 sulla riforma delle Nazioni Unite (3), del 29 settembre 2005 sui risultati del Vertice mondiale delle Nazioni Unite del 14-16 settembre 2005 (4), del 21 febbraio 2008 sulla settima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (CDU) (5) e dell'8 maggio 2008 sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2007 e sulla politica dell'Unione europea in materia (6),

viste le sue risoluzioni d'urgenza sui diritti umani e la democrazia,

vista la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite, del 21 marzo 2005, dal titolo «In una più ampia libertà: sviluppo, sicurezza e rispetto dei diritti umani per tutti», la successiva risoluzione A/RES/60/1 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'esito del Vertice mondiale del 2005 e la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite del 7 marzo 2006 dal titolo «Investire nelle Nazioni Unite: per un'organizzazione più forte a livello mondiale»,

vista la risoluzione A/RES/60/251 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che istituisce il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (CDU),

vista la dichiarazione resa dalla Presidenza dell'Unione europea a nome dell'Unione europea del 16 marzo 2006 sull'istituzione del CDU,

viste le precedenti sessioni ordinarie e straordinarie del CDU,

visti l'esito dell'attività dei gruppi di lavoro del CDU sulla procedura di ricorso, l'esame periodico universale (UPR), il futuro sistema di consulenza degli esperti, l'ordine del giorno, il programma annuale di lavoro, i metodi di lavoro, il regolamento e la revisione delle procedure speciali,

visti i risultati della terza elezione degli Stati membri del CDU, svoltasi in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 21 maggio 2008,

visti i risultati delle elezioni per la presidenza del CDU, svoltesi il 19 giugno 2008,

viste la prima, la seconda e la terza sessione dell'esame periodico universale, tenutesi dal 7 al 18 aprile 2008, dal 5 al 16 maggio 2008 e dal 1 al 15 dicembre 2008,

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A6-0498/2008),

A.

considerando che il rispetto, la promozione e la salvaguardia dell'universalità dei diritti umani sono parte dell'acquis comunitario e costituiscono uno dei principi fondamentali dell'Unione europea,

B.

considerando che l'Unione europea pone i diritti umani e la democrazia al centro delle sue relazioni esterne e che la sua politica estera si basa su un forte e inequivocabile sostegno all'effettivo multilateralismo, come previsto dalla Carta delle Nazioni Unite,

C.

considerando che le Nazioni Unite, unitamente al CDU, costituiscono una delle organizzazioni più appropriate per trattare in modo onnicomprensivo le questioni legate ai diritti umani e le sfide umanitarie,

D.

considerando che la decisione sull'istituzione del CDU come organismo semi permanente è stata accolta in generale come un'iniziativa volta a colmare le lacune preesistenti e a rafforzare il ruolo dei diritti umani nel quadro dei dibattiti intergovernativi,

E.

considerando che, per i primi tre anni di attività, il CDU si è dato un programma ambizioso, che prevede la revisione delle sue procedure e dei suoi metodi di lavoro, in particolare lo sviluppo e la realizzazione dell'esame periodico universale, di cui sono state finora tenute tre sessioni, durante le quali sono stati esaminati 48 Stati, tra cui 8 Stati membri dell'Unione europea, e la revisione delle procedure speciali,

F.

considerando che l'Unione europea ha sempre sostenuto e difeso con forza l'istituzione del CDU e che, unitamente ai suoi Stati membri, si è impegnata e dedicata a svolgere un ruolo attivo e visibile per creare e sostenere un organismo efficace che raccolga le attuali sfide legate ai diritti umani,

G.

considerando che l'Unione europea ha sostenuto fermamente l'istituzione di una maggioranza rafforzata e di criteri di adesione per l'elezione del CDU, proposte che non sono state accolte, come pure la definizione di apposite procedure per monitorare l'effettivo mantenimento delle promesse elettorali fatte dagli Stati membri delle Nazioni Unite,

H.

considerando che, nonostante esistano ancora limiti alla capacità dell'Unione europea di adottare un approccio unificato, in particolare a causa di interessi nazionali contrastanti e del persistente desiderio degli Stati membri di agire in modo indipendente in seno alle Nazioni Unite, vi sono elementi che attestano una maggiore coesione fra gli Stati membri in seno al CDU rispetto all'UNCHR,

I.

considerando che gli Stati membri dell'Unione europea costituiscono una minoranza numerica all'interno del CDU e che ciò compromette seriamente la capacità dell'Unione europea di influenzare l'agenda del CDU e rappresenta una grave minaccia all'integrazione delle posizioni dell'Unione europea nelle attività del CDU,

J.

considerando che la deplorevole assenza degli Stati Uniti all'interno del CDU ha reso necessario un rafforzamento del ruolo dell'Unione europea quale forza trainante tra i paesi democratici per quanto concerne le questioni dei diritti umani,

K.

considerando che il Parlamento segue attentamente gli sviluppi in seno al CDU, inviando regolarmente delegazioni alle sue riunioni e invitando relatori speciali ed esperti indipendenti a contribuire alle sue attività nel settore dei diritti umani,

L.

considerando che le procedure e i meccanismi del CDU dovranno essere riesaminati nel 2011, secondo quanto previsto dalla sovracitata risoluzione A/RES/60/251 dell'Assemblea generale,

Valutazione complessiva dei primi tre anni di attività del CDU

1.

si compiace del lavoro sinora svolto dal CDU e rileva che esso ha il potenziale per divenire un prezioso quadro di riferimento per le iniziative multilaterali dell'Unione europea in materia di diritti umani; lamenta tuttavia che, durante i suoi primi tre anni di attività, il nuovo organismo non abbia ancora compiuto progressi più sostanziali nel migliorare i risultati delle Nazioni Unite in termini di diritti umani;

2.

accoglie con favore l'adozione, da parte del CDU, di importanti testi per la definizione di norme in materia di diritti umani, tra cui la convenzione internazionale delle Nazioni Unite per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate, la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene e il protocollo facoltativo al patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali; osserva che quest'ultimo rappresenta una decisione storica, in quanto introduce una procedura di denuncia individuale che crea un meccanismo grazie al quale le vittime di violazioni di diritti economici, sociali e culturali possono presentare petizioni a livello internazionale; esorta tutti gli Stati a ratificare il protocollo facoltativo al patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali rapidamente;

3.

deplora il fatto che il CDU non sia intervenuto in molte delle situazioni più urgenti a livello mondiale per quanto riguarda i diritti umani, in parte a causa della sempre maggiore riluttanza di numerosi Stati che ne fanno parte e che si oppongono a qualsiasi valutazione delle situazioni nazionali, anche tramite risoluzioni su singoli paesi, riunioni speciali e procedure speciali con mandati per paese, sostenendo che ciò comporterebbe presumibilmente una politicizzazione del CDU; ribadisce che la capacità di quest'ultimo di affrontare efficacemente le situazioni nazionali è essenziale ai fini della sua autorevolezza e credibilità;

4.

si compiace del fatto che la procedura per le elezioni del CDU consenta di escludere dallo stesso paesi che perpetrano gravi violazioni dei diritti umani quali l'Iran e la Bielorussia; deplora, tuttavia, che non tutti i gruppi geografici abbiano istituito vere e proprie procedure elettorali per l'accesso al CDU; deplora che il sistema degli impegni volontari abbia conseguito risultati alquanto eterogenei e lacunosi, consentendo ai governi di eludere i propri obblighi internazionali in materia di diritti umani; a tale riguardo, rileva con estrema preoccupazione la strumentalizzazione dei cosiddetti impegni da parte di alcuni membri e ribadisce pertanto che la piena cooperazione sulle procedure speciali dovrebbe continuare ad essere il criterio decisivo per entrare a far parte del CDU;

5.

lamenta la crescente divisione del CDU in blocchi regionali; ritiene che tale «mentalità di blocco» comprometta la capacità del CDU di trattare in modo efficace, imparziale e obiettivo le violazioni dei diritti umani commesse nel mondo e che tale mentalità potrebbe essere la vera causa della parzialità, della selettività e della debolezza del CDU;

6.

riconosce che varie delegazioni a Ginevra non dispongono di strutture sufficienti per partecipare adeguatamente ai negoziati sui diritti umani e si appoggiano quindi ai capigruppo per formulare le loro posizioni; osserva tuttavia che questa tendenza è stata efficacemente controbilanciata per molte questioni fondamentali, segnatamente il codice di condotta per le procedure speciali e la situazione in Darfur, in particolare all'interno dei gruppi africano e asiatico; sottolinea nel contempo che le posizioni approvate congiuntamente dall'Unione europea e dai paesi in via di adesione hanno contribuito in modo sostanziale alla mentalità di blocco; chiede alla Commissione di elaborare una relazione annuale sull'esito delle votazioni in seno all'ONU in materia di diritti umani, analizzando l'impatto delle politiche dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e di altri blocchi su tali risultati;

7.

riconosce che l'elevato numero di membri del CDU e la presenza di molti Stati osservatori garantiscono una partecipazione quasi universale alle sue discussioni; ritiene che, in vista della revisione del 2011, potrebbe essere presa in considerazione la possibilità di instaurare una partecipazione universale al CDU, anche se una composizione più ristretta potrebbe rivelarsi vantaggiosa;

8.

prende atto delle discussioni in corso sul rapporto tra il CDU e la terza commissione dell'Assemblea generale; ricorda, a tale proposito, che la terza commissione ha il compito di trasmettere all'interno di tale organismo a partecipazione universale le principali preoccupazioni del CDU; ritiene che tale organismo potrebbe inoltre colmare le lacune del CDU, sul modello dell'Assemblea generale che si occupa delle decisioni del Consiglio di sicurezza, e che ciò rappresenti un importante elemento di complementarità tra il CDU e la terza commissione; invita l'Unione europea a ribadire il suo impegno a sostenere e migliorare l'efficacia del CDU quale unica piattaforma e forum specifico per i diritti umani all'interno del sistema delle Nazioni Unite;

9.

esprime profonda preoccupazione per il fatto che il principio dell'universalità dei diritti umani corra rischi sempre maggiori, come dimostrano in particolare i tentativi di alcuni paesi di introdurre limiti a diritti umani ben riconosciuti, come la libertà di espressione, o di interpretare i diritti umani sulla base del contesto culturale, ideologico, o delle tradizioni; invita l'Unione europea a continuare a vigilare su tali tentativi e a difendere con convinzione i principi dell'universalità, dell'indivisibilità e dell'interdipendenza dei diritti umani;

Procedure speciali

10.

ritiene che le procedure speciali siano al centro del sistema di diritti umani delle Nazioni Unite e sottolinea che la credibilità e l'efficacia del CDU nella protezione dei diritti umani risieda nella cooperazione sulle procedure speciali e nella loro piena applicazione, nonché nell'adozione di riforme che consentirebbero di rafforzare la capacità di far fronte alle violazioni dei diritti umani attraverso tali procedure;

11.

considera le procedure speciali sulle situazioni nazionali uno strumento indispensabile per migliorare il rispetto dei diritti umani sul campo; ritiene che la natura e la frequenza delle rassegne nazionali previste dall'esame periodico universale non possano sostituire i mandati nazionali; si oppone pertanto ai tentativi di alcuni paesi di ricorrere all'argomentazione della «razionalizzazione» delle procedure speciali per giustificare la soppressione di tali mandati; deplora, a tale riguardo, la revoca dei mandati nazionali per la Repubblica di Bielorussia, la Repubblica democratica del Congo e la Repubblica di Cuba nonché l'abolizione del gruppo di esperti sul Darfur;

12.

prende atto dell'introduzione di condizioni per la sospensione del mandato nazionale del Burundi; riconosce l'importanza di definire una strategia di uscita per ognuna di queste procedure nazionali speciali;

13.

condanna le iniziative intraprese da diversi membri del CDU al fine di limitare l'indipendenza e l'efficienza delle procedure speciali; prende atto a tale riguardo dell'adozione, il 18 giugno 2007, di un codice di condotta per i detentori di un mandato di procedura speciale; invita il CDU ad attuare tale codice di condotta nello spirito della risoluzione A/RES/60/251 summenzionata e a rispettare l'indipendenza delle procedure speciali;

14.

chiede di migliorare la selezione e la nomina di idonei titolari di mandato per le procedure speciali, in particolare cercando modi e mezzi per consolidare l'attuale registro di candidati all'interno dell'Alto commissariato per i diritti umani (OHCHR) e rafforzando l'indipendenza dei titolari di mandato sulla base dell'esperienza e delle competenze dei candidati, pur tenendo conto della rappresentanza geografica e dell'equilibrio di genere;

15.

sottolinea come sia necessario dare un seguito migliore ai risultati e alle raccomandazioni delle procedure speciali, ad esempio attraverso l'istituzione di meccanismi per riferire riguardo all'attuazione delle raccomandazioni;

16.

ritiene che l'UPR sia uno strumento che integra le procedure speciali e che offre l'opportunità di utilizzare in modo più efficace le relazioni che le riguardano e di garantire una maggiore cooperazione e un miglior seguito alle procedure stesse;

17.

sollecita un costante sostegno a favore delle procedure speciali in termini di finanziamento e risorse umane;

Esame periodico universale

18.

riconosce il potenziale valore del meccanismo dell'esame periodico universale nel migliorare l'universalità del monitoraggio degli impegni e delle pratiche in materia di diritti umani, sottoponendo tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite ad un pari trattamento e controllo, e nell'offrire alle organizzazioni non governative (ONG) nuove opportunità di avviare un dialogo con determinati Stati;

19.

accoglie con favore il fatto che l'esame periodico universale abbia incentivato molti Stati membri delle Nazioni Unite ad impegnarsi ad attuare i loro obblighi internazionali, a dare seguito alle conclusioni e alle raccomandazioni degli organismi previsti dal trattato e delle procedure speciali, a presentare relazioni sintetiche agli organismi previsti dal trattato, a rispondere a richieste straordinarie di invito a procedure speciali, a ratificare i trattati non ancora ratificati e ad adottare una legislazione nazionale volta a garantire il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati da essi sottoscritti;

20.

lamenta che queste prime tre sessioni non abbiano soddisfatto interamente le aspettative riguardo ad un processo «obiettivo, trasparente, non selettivo, costruttivo, non conflittuale e non politicizzato» (7);

21.

sottolinea come tale obiettivo possa essere raggiunto soltanto se l'esame prevede perizie indipendenti in ogni fase del processo e un meccanismo di monitoraggio efficace e orientato all'ottenimento di risultati;

22.

lamenta la mancanza di attenzione ai diritti economici, sociali e culturali nonché ai diritti delle minoranze nel corso dell'esame periodico universale e chiede di ovviarvi durante le prossime sessioni, in linea con il principio dell'universalità, dell'indivisibilità e dell'interdipendenza dei diritti umani;

23.

denuncia l'uso di alleanze politiche per consentire ad alcuni Stati di eludere i controlli anziché svolgere una valutazione critica delle condizioni e delle forme di tutela dei diritti umani, fenomeno che compromette gravemente lo scopo stesso dell'esame periodico universale; rileva che tale prassi ha raggiunto livelli pericolosi nell'esame della Tunisia, contenente dichiarazioni che contraddicevano in modo significativo le conclusioni di esperti indipendenti; rileva, tuttavia, che tale particolare esame non sembra riflettere una tendenza;

24.

si compiace della decisione dell'Unione europea di non effettuare interventi congiunti negli esami per paese, ma di assicurare la complementarietà degli interventi, in modo che tutto l'ampio spettro di questioni possa essere sollevato; sottolinea a tale proposito i tentativi dell'Unione europea di abbattere «la mentalità di blocco» esistente all'interno del CDU, mediante l'indagine reciproca degli Stati membri che si pongono domande sui rispettivi dati; accoglie con favore il livello di impegno degli Stati membri dell'Unione europea negli esami, compresi quelli relativi ad altri Stati membri dell'Unione europea; incoraggia l'Unione europea a basarsi ulteriormente sull'attuale modello di «coordinamento libero», e a garantire che tutti i paesi e tutti gli argomenti siano coperti da parte degli Stati membri in modo sufficientemente approfondito e che sia evitata ogni ripetizione;

25.

manifesta preoccupazione per il fatto che, in diversi casi, la relazione finale sull'esame periodico universale e il dialogo interattivo nel corso dell'esame stesso non riflettessero le informazioni contenute nei documenti di sintesi o addirittura contraddicessero le conclusioni di esperti indipendenti, con una conseguente perdita di pertinenza del processo di esame, e per l'eccessiva vaghezza e la mancanza di contenuti operativi delle raccomandazioni proposte in tali relazioni del gruppo di lavoro; invita i membri del gruppo di lavoro dell'UPR a formulare raccomandazioni quantificabili, concrete, realistiche e basate sulle vittime al momento degli esami futuri, sulla base delle informazioni messe a punto dai meccanismi di controllo indipendenti o dalle ONG;

26.

deplora il carattere non vincolante delle raccomandazioni dell'esame periodico universale, derivante dal diritto riconosciuto agli Stati membri di decidere quali raccomandazioni accettare; rileva la bassa percentuale di raccomandazioni accettate in alcuni casi, come quello dello Sri Lanka; ritiene, tuttavia, che non tutte le raccomandazioni possano essere utili o in linea con gli obblighi internazionali in materia di diritti umani; ritiene pertanto che ciò dimostri che l'esame periodico universale potrebbe non rivelarsi lo strumento più utile in alcuni casi ed evidenzia l'importanza dei meccanismi di monitoraggio indipendenti e delle conclusioni delle ONG nell'ambito di tale processo, pur mantenendo i mandati nazionali della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite;

27.

condanna i tentativi di alcuni Stati membri del CDU di censurare i contributi delle ONG; lamenta il limitato impatto della partecipazione delle ONG sulla decisione finale, dato il ridotto tempo di parola assegnato loro per la discussione della relazione sull'esame periodico universale nonché il limitato ambito di trattazione autorizzato per i loro interventi, che consente loro di esprimere commenti generali, ma non di riaprire questioni dibattute all'interno dei gruppi di lavoro;

28.

lamenta la mancanza di consultazioni nazionali inclusive che prevedano la partecipazione di ONG all'elaborazione delle relazioni degli Stati aderenti alle Nazioni Unite; sollecita pertanto tutti gli Stati in esame ad impegnarsi in modo trasparente in un dibattito concreto sui loro risultati in materia di diritti umani, coinvolgendo tutti i settori del governo e della società civile e ricordando che il principale obiettivo del processo di esame è il miglioramento del rispetto dei diritti umani sul campo;

29.

invita tutti gli Stati membri a realizzare, successivamente all'esame, una vasta consultazione nazionale sulla base delle sue raccomandazioni; invita l'Unione europea ad approfondire ulteriormente il modo in cui tali raccomandazioni possono essere utilizzate nello sviluppo di programmi di assistenza tecnica;

30.

invita il CDU a sostenere le iniziative mirate ad accrescere la responsabilità degli Stati membri delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani, migliorando l'efficienza dell'esame periodico universale, in particolare mediante un irrigidimento delle procedure allo scopo di evitare un deliberato ostruzionismo o strategie diversive che minano le finalità stesse delle Nazioni Unite, del CDU e dell'UPR;

Trasparenza e partecipazione della società civile all'attività del CDU

31.

ribadisce l'importanza della partecipazione della società civile all'attività del CDU e sollecita gli Stati membri dell'Unione europea ad introdurre mezzi e strumenti efficaci che consentano alla società civile di partecipare all'attività del CDU e di avvalersi della facoltà di presentare comunicazioni scritte e di rendere dichiarazioni orali, riconosciutale in virtù del suo status consultivo;

32.

accoglie con favore il mantenimento della prassi della partecipazione delle ONG impegnate nella difesa dei diritti umani ai dibattiti e auspica un futuro miglioramento e rafforzamento di tale partecipazione; ribadisce la sua richiesta di una riforma del Comitato ONU sulle ONG, in modo da garantire l'effettiva partecipazione delle ONG indipendenti, e sottolinea che le raccomandazioni per l'accreditamento devono essere messe a punto da esperti indipendenti sulla base dei lavori e dei contributi delle ONG;

33.

rileva che la natura di organo permanente del CDU comporta sfide particolari per le ONG che non hanno sede a Ginevra; plaude pertanto al contributo delle agenzie che fungono da collegamento tra le ONG e l'Alto Commissariato per i diritti umani e l'ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, fornendo alle ONG informazioni sulle attività e agevolandone la partecipazione ai lavori del CDU;

34.

invita i donatori a soddisfare le esigenze di formazione e finanziamento delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, in particolare di quelle che non hanno sede a Ginevra, affinché possano partecipare in modo coerente ed efficace all'attività del CDU; invita la Commissione a sostenere ulteriormente le iniziative della società civile per il controllo delle politiche dei governi sulle questioni concernenti i diritti umani sollevate dalle Nazioni Unite;

35.

deplora il fatto che l'opinione pubblica non conosca e non manifesti interesse per il CDU; accoglie pertanto con favore le iniziative dell'Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR) volte ad accrescere la trasparenza, segnatamente la creazione del «Bollettino delle riunioni informali»; accoglie altresì con favore il «web-streaming» delle sessioni del CDU, volto a sensibilizzare l'opinione pubblica in merito al suo lavoro;

Alto Commissariato per i diritti umani

36.

ribadisce il proprio parere che l'OHCHR è un organo fondamentale all'interno del sistema delle Nazioni Unite, dal momento che svolge un ruolo cruciale nel tutelare e difendere i diritti umani integrandoli nel sistema delle Nazioni Unite e in tutte le organizzazioni competenti, in particolare per quanto concerne le attività legate al ripristino o al rafforzamento della pace, allo sviluppo e all'azione umanitaria;

37.

ribadisce il suo sostegno all'OHCHR e il suo attaccamento all'integrità dell'ambito di competenza di tale organo nonché alla sua indipendenza e imparzialità;

38.

incoraggia gli sforzi profusi dall'OHCHR al fine di rafforzare la sua presenza sul campo attraverso l'apertura di uffici regionali; plaude, a tale riguardo, alla sottoscrizione di un memorandum d'intesa tra l'OHCHR e le autorità della Repubblica del Kirghizistan per l'apertura di un ufficio regionale dell'OHCHR a Bishkek; ribadisce il suo apprezzamento per il lavoro svolto dall'OHCHR a sostegno degli organi del trattato e delle procedure speciali;

39.

esprime apprezzamento per il lavoro svolto da Louise Arbour in qualità di Alto Commissario per i diritti umani nonché per l'impegno e la serietà da lei dimostrati ed è fiducioso che Navanethem Pillay, che le succederà, darà prova di un entusiasmo simile e saprà raccogliere le sfide insite in tale carica;

40.

apprezza i contributi volontari che la Commissione europea offre da anni all'OHCHR, tra cui i 4 milioni EUR stanziati nell'ambito dello Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani; invita gli Stati membri a continuare a sostenere l'OHCHR, soprattutto in seno alla quinta commissione amministrativa e di bilancio dell'Assemblea generale, affinché non vi siano interferenze che possano comprometterne l'indipendenza e affinché vengano stanziate tutte le risorse finanziarie necessarie a consentirle di svolgere il mandato;

Il ruolo dell'Unione europea nel CDU

41.

plaude alla partecipazione attiva dell'Unione europea ai primi tre anni di attività del CDU, in particolare attraverso le risoluzioni promosse autonomamente o congiuntamente con altri soggetti, le dichiarazioni rilasciate, l'intervento in dibattiti e dialoghi interattivi e la convocazione di sessioni straordinarie sulla situazione dei diritti umani in Darfur nel dicembre 2006 e in Birmania/Myanmar nell'ottobre 2007 e nella regione orientale della Repubblica democratica del Congo nel novembre 2008; riconosce gli impegni assunti dall'Unione europea per affrontare le situazioni dei vari paesi in seno al CDU;

42.

si compiace del fatto che tutte le risoluzioni proposte o co-promosse dall'Unione europea siano state adottate dal CDU nel corso delle prime nove sessioni ordinarie e delle prime otto sessioni straordinarie; rileva, tuttavia, che molte questioni controverse e non consensuali non sono state poste in votazione;

43.

prende atto della divisione degli Stati membri dell'Unione europea facenti parte del CDU in due gruppi regionali, il gruppo degli Stati europei occidentali e quello degli Stati europei orientali; rileva che l'Unione europea si oppone al sistema secondo il quale ogni regione presenta solo tanti candidati quanti sono i seggi (il sistema c.d. «clean slate») che, di fatto, crea rivalità tra gli Stati membri dell'Unione europea per l'elezione al CDU;

44.

incoraggia l'Unione europea a continuare a premere affinché vengano definiti criteri di adesione per l'elezione del CDU, compresa l'emissione di inviti permanenti ai titolari di mandato delle procedure speciali, come pure per monitorare l'effettivo mantenimento delle promesse elettorali fatte dagli Stati membri delle Nazioni Unite; ribadisce inoltre la sua richiesta di applicare tale regola per stabilire se l'Unione europea debba sostenere i paesi candidati; si rammarica del fatto che tale richiesta non sia stata ancora appoggiata dall'Unione europea;

45.

osserva che l'Unione europea si trova in inferiorità numerica in seno al CDU e che ciò rappresenta certamente un problema quando deve far sentire la propria voce; si compiace della prassi adottata durante la Presidenza slovena, tesa a cercare sostegno tra gli altri membri del CDU e a condividere gli oneri tra gli Stati membri dell'Unione europea, e invita questi ultimi a sviluppare e rafforzare ulteriormente tale prassi;

46.

accoglie con favore la crescente tendenza degli Stati membri dell'Unione europea, oltre che della Presidenza dell'Unione, ad intervenire nei dibattiti; chiede che essa sia ulteriormente potenziata e invita altresì gli Stati membri dell'Unione europea a rafforzare la posizione dell'Unione trasmettendo «un solo messaggio, ma con tante voci»; incoraggia gli Stati membri dell'Unione europea a sviluppare ulteriormente iniziative transregionali come utile strumento per contrastare politiche di blocco; esorta l'Unione europea e l'Organizzazione della Conferenza islamica a intensificare gli sforzi per migliorare la comprensione reciproche e la collaborazione;

47.

sostiene l'approccio dell'Unione europea nel cercare una posizione comune coordinata in seno al CDU; lamenta tuttavia il fatto che, nella definizione di una politica comune tra gli Stati membri dell'Unione europea all'interno del CDU, essa arrivi spesso in tale sede con il minimo denominatore comune, limitando così il dinamismo del suo potenziale diplomatico rispetto ad altri raggruppamenti regionali; incoraggia l'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea, Javier Solana, a dare mandato al suo rappresentante personale per la democrazia e i diritti umani affinché - se necessario ricorrendo ad inviati personali - a portare avanti intense consultazioni in Africa, Asia e America Latina sui temi discussi in sede di CDU al fine di intraprendere con paesi di altri blocchi iniziative comuni a livello di Nazioni Unite;

48.

deplora che, in parte a causa del tempo e degli sforzi necessari per giungere a una posizione comune, l'Unione europea non sia stata in grado di esercitare efficacemente la sua influenza all'interno del più ampio sistema delle Nazioni Unite; invita l'Unione europea ad una maggiore flessibilità sugli aspetti meno importanti al fine di agire in modo più rapido ed efficiente, pur impegnandosi a raggiungere una posizione comune su questioni fondamentali;

49.

lamenta l'atteggiamento piuttosto difensivo assunto dall'Unione europea in seno al CDU, in particolare la sua reticenza a formulare risoluzioni sulle situazioni nazionali, poiché queste incontrano spesso una forte resistenza da parte di determinati paesi, nonché la sua scelta deliberata di cercare consenso e la sua tendenza ad evitare un linguaggio suscettibile di generare opposizione, che a sua volta si traduce nell'accettazione di compromessi che non riflettono le preferenze dell'Unione europea, come nel caso della risoluzione approvata il 27 marzo 2007 sulla situazione dei diritti umani in Darfur (8) e di quella del 13 dicembre 2007 sulla situazione dei diritti umani in Darfur (9) sul gruppo di esperti sul Darfur del dicembre 2007, a seguito della quale il gruppo di esperti è stato sciolto nonostante l'Unione europea ne avesse inizialmente sostenuto il mantenimento;

50.

invita l'Unione europea e gli Stati membri ad utilizzare meglio la loro potenziale influenza affinché l'Unione europea stessa possa svolgere un ruolo di guida di un gruppo di paesi democratici dalla posizione solida in termini di rispetto dei diritti umani; ritiene che tale ruolo di guida possa essere svolto al meglio attraverso un rafforzamento dei partenariati con gli Stati appartenenti ad altri gruppi regionali, come dimostrato da diverse iniziative intraprese dall'Unione europea nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite, quali le risoluzioni dell'Assemblea generale sulla moratoria delle esecuzioni capitali e sul diritto alle risorse idriche;

51.

invita l'Unione europea e gli Stati membri ad interagire più energicamente con altri membri democratici del CDU, compresi i paesi appartenenti ai gruppi africano e asiatico, e in particolare con gli Stati democratici che rispettano le norme del diritto internazionale; ritiene che, a tale riguardo, l'attuale presidenza nigeriana del CDU rappresenti un'opportunità per l'Unione europea;

52.

esorta l'Unione europea a organizzare riunioni periodiche su argomenti specifici con tali paesi per creare un meccanismo mirato a costruire coalizioni e per garantire il maggior sostegno possibile alle sue posizioni; sottolinea la necessità di potenziare le missioni degli Stati membri dell'Unione europea a Ginevra e di investire in risorse diplomatiche inviando specialisti dei diritti umani e diplomatici di alto livello a guidare il CDU;

53.

chiede un maggior coordinamento e una più stretta cooperazione tra i competenti gruppi di lavoro del Consiglio dell'Unione europea situati a Bruxelles, gli uffici dell'Unione europea e le rappresentanze permanenti degli Stati membri dell'Unione europea a New York e Ginevra; a tale riguardo, accoglie con favore l'effettivo decentramento del processo decisionale corrente da Bruxelles a Ginevra, lasciando che le capitali mantengano un importante ruolo di coordinamento;

54.

esorta ancora una volta l'Unione europea ad impiegare più efficacemente la sua assistenza e il suo sostegno politico a favore dei paesi terzi, oltre ad altri strumenti, come dibattiti e consultazioni sui diritti umani, con l'obiettivo di garantire un più ampio accordo sulle sue iniziative o sulle iniziative da essa co-promosse che dovrebbero essere guidate dal rispetto del diritto internazionale e delle norme sui diritti umani universalmente riconosciute nonché dalla promozione delle riforme democratiche; esorta altresì gli Stati membri dell'Unione europea e la Commissione a tener conto dell'esito dell'attività del CDU rispetto ad un determinato Stato, comprese le raccomandazioni e le conclusioni dell'esame periodico universale, al momento della definizione degli obiettivi e delle priorità dei programmi di assistenza dell'Unione europea;

55.

deplora il fatto che l'Unione europea non sia stata in grado di definire priorità sostanziali per l'attività del CDU e che in diverse occasioni sia stata costretta ad adottare un atteggiamento volto a «limitare i danni», come nel caso eclatante del «Codice di condotta per le procedure speciali» proposto nel 2007 dal gruppo africano; sollecita l'Unione europea ad adottare una strategia maggiormente proattiva e a raddoppiare gli sforzi tesi a influenzare l'agenda del CDU e i dibattiti di quest'ultimo;

56.

reputa che, per quanto gli Stati membri dell'Unione europea presentino una situazione migliore in termini di diritti umani rispetto a molti altri membri del CDU, l'azione dell'Unione europea sarebbe più efficace se essa potesse non essere accusata di applicare doppi parametri di valutazione e di operare distinzioni nell'ambito delle sue stesse politiche in materia di diritti umani e democrazia; esorta quindi l'Unione europea a mantenere gli impegni assunti per migliorare la tutela dei diritti umani in tutte le regioni del mondo e da tutti i punti di vista a tale riguardo, a impegnarsi attivamente nella revisione della Conferenza di Durban prevista nel 2009, tenendo conto in particolare della necessità di attuare la risoluzione A/RES/62/149 summenzionata, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2007;

57.

incoraggia la regolare presenza di delegazioni del Parlamento alle sessioni del CDU a Ginevra; accoglie con favore l'iniziativa della sottocommissione per i diritti umani del Parlamento di invitare alle sue riunioni i titolari dei mandati relativi a procedure speciali così come la Presidenza del CDU e chiede di continuare a ricorrere a tale prassi;

58.

ribadisce la necessità di una visione, di un'agenda politica e di una strategia di lungo termine chiare riguardo al funzionamento del CDU e alle attività degli Stati membri dell'Unione europea al suo interno, soprattutto per quanto concerne la revisione prevista nel 2011; ritiene che tale strategia debba prevedere chiari parametri di riferimento; a tale riguardo, esorta l'Unione europea a:

ribadire e difendere con forza i principi dell'universalità, dell'indivisibilità e dell'interdipendenza dei diritti umani;

far sì che il CDU mantenga e rafforzi la capacità di affrontare le situazioni nazionali, anche grazie ai mandati nazionali;

garantire l'indipendenza e l'efficacia delle procedure speciali in generale, e lavorare per la realizzazione dell'obbligo, per i membri del CDU, di cooperare con le procedure speciali;

impegnarsi per rafforzare i meccanismi di monitoraggio indipendenti e le conclusioni nell'ambito dell'esame periodico universale;

riaffermare il ruolo specifico del CDU come principale e legittimo forum internazionale per la difesa dei diritti umani e la sua complementarità rispetto ad altri organismi delle Nazioni Unite;

salvaguardare l'indipendenza dell'OHCHR;

rafforzare la sua strategia esterna per la costruzione delle coalizioni, in particolare attraverso iniziative transfrontaliere;

rafforzare la sua credibilità interna/esterna in materia di diritti umani, in particolare attraverso la ratifica del trattato;

*

* *

59.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti dell'Unione europea e degli Stati membri del CDU, al Presidente dell'Assemblea generale, al Segretario generale e all'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite.


(1)  GU C 291 E del 30.11.2006, pag. 409.

(2)  GU C 96 E del 21.4.2004, pag. 79.

(3)  GU C 124 E del 25.5.2006, pag. 549.

(4)  GU C 227 E del 21.9.2006, pag. 582.

(5)  Testi approvati, P6_TA(2008)0065.

(6)  Testi approvati, P6_TA(2008)0193.

(7)  Risoluzione 5/1 del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, del 18 giugno 2007.

(8)  Risoluzione A/HRC/7/16.

(9)  Risoluzione A/HRC/6/35.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/80


Accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione

P6_TA(2009)0022

Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sull'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (attuazione del regolamento (CE) n. 1049/2001) (2007/2154(INI))

(2010/C 46 E/11)

Il Parlamento europeo,

visto il trattato CE, e in particolare l'articolo 254 sull'obbligo di pubblicazione degli atti e l'articolo 255, paragrafo 2 sui diritti di accesso dei cittadini e dei residenti dell'Unione europea ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione,

visto il trattato CE, in particolare l'articolo 207, paragrafo 3, sull'obbligo per il Consiglio di specificare nel proprio regolamento le condizioni alle quali il pubblico può avere accesso ai suoi documenti,

visto il trattato UE, in particolare l'articolo 1 (principio di trasparenza, uno dei principi fondamentali dell'Unione), l'articolo 6 (democrazia), l'articolo 28, paragrafo1 e l'articolo 41, paragrafo 1 (applicazione del diritto di accesso ai documenti riguardanti la politica estera e di sicurezza comune e la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale),

visti gli articoli 10 e 16 del trattato sull'Unione europea, come si prevede verrà modificato dal trattato di Lisbona, e gli articoli 15 e 298 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare i suoi articoli 41 (diritto ad una buona amministrazione) e 42 (diritto di accesso ai documenti),

visto il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (1),

visto il regolamento (CE, Euratom) n. 1700/2003 del Consiglio, del 22 settembre 2003, che modifica il regolamento (CEE, Euratom) n. 354/83 che rende accessibili al pubblico gli archivi storici della Comunità economica europea e della Comunità europea dell'energia atomica (2),

vista la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) e del Tribunale di primo grado in materia di accesso ai documenti, e in particolare le recenti sentenze del Tribunale di primo grado nella causa The Bavarian Lager Co. Ltd. contro Commissione delle Comunità europee (T-194/04) e della CGCE nelle cause Regno di Svezia e Maurizio Turco contro Consiglio dell'Unione europea (cause riunite C-39/05 P e C-52/05 P, «sentenza Turco»),

viste le attività e i documenti prodotti dal Mediatore europeo e dal Garante europeo per la protezione dei dati sulla questione dell'accesso ai documenti,

visto l'Accordo interistituzionale del 20 novembre 2002 tra il Parlamento europeo e il Consiglio relativo all'accesso da parte del Parlamento europeo alle informazioni sensibili del Consiglio nel settore della politica di sicurezza e di difesa (3),

vista la proposta della Commissione del 30 aprile 2008 per un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (COM(2008)0229),

visto il progetto di convenzione del Consiglio d'Europa sull'accesso ai documenti ufficiali,

viste le interrogazioni orali al Consiglio e alla Commissione sull'applicazione della sentenza della CGCE nella causa Turco (O-87/2008 e O-88/2008),

visti i rapporti annuali per il 2006 del Consiglio, della Commissione e del Parlamento europeo sull'accesso ai documenti e l'articolo 17 del regolamento (CE) n. 1049/2001,

visto l'articolo 45 e l'articolo 97, paragrafo 7, del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A6-0459/2008),

A.

considerando che le democrazie basate sullo stato di diritto sono tenute all'osservanza del principio della pubblicità delle norme che riguardano i cittadini, il che implica per le istituzioni dell'Unione europea un obbligo di apertura e trasparenza, segnatamente dei loro processi decisionali, con pubblici dibattiti, riunioni e votazioni degli organi legislativi democratici e disponibilità dei progetti di legge e testi correlati,

B.

considerando che, per garantire la responsabilità e legittimità di un sistema politico democratico, i cittadini hanno diritto di conoscere:

l'operato dei loro rappresentanti una volta che questi siano eletti o nominati a ricoprire cariche in organismi pubblici o che rappresentano lo Stato membro a livello europeo o internazionale (principio di responsabilità),

il modus operandi del processo decisionale (compresi documenti, emendamenti, calendario, soggetti coinvolti, voti espressi, ecc.),

il modo in cui viene stanziato e speso il denaro pubblico e con quali risultati (principio della tracciabilità dei fondi),

C.

considerando che la comunità internazionale e l'Unione europea, sulla base dell'esperienza dei suoi Stati membri, sono progressivamente pervenuti al riconoscimento di un reale «diritto di accesso ai documenti» e di un «diritto all'informazione» fondati sui principi di democrazia, pubblicità, apertura e trasparenza,

D.

considerando che le cifre contenute nei rapporti annuali relativamente all'applicazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 da parte delle istituzioni dell'Unione europea indicano che l'accesso ai documenti è stato concesso in un maggior numero di casi (con una diminuzione generale dei rifiuti in termini assoluti e percentuali), e che le ragioni del mancato accoglimento delle richieste variano da un'istituzione dell'Unione europea all'altra (la principale è la protezione del processo decisionale); che relativamente ai documenti sensibili, la Commissione e il Parlamento non hanno iscritto alcuno di questi documenti nei rispettivi registri mentre il Consiglio ha provveduto alla registrazione di 79 documenti sensibili su 409; che l'analisi qualitativa mostra chiaramente che un certo numero di disposizioni del suddetto regolamento ha dato adito ad interpretazioni divergenti circa il corretto modo di applicarle, e che ciò ha indotto i cittadini a rivolgersi al Mediatore europeo e alla CGCE,

E.

considerando che il Consiglio inserisce il numero di riferimento interistituzionale soltanto in un numero limitato di documenti, contrariamente al disposto dell'articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1049/2001, rendendo così ardua l'associazione di un documento a una data procedura, e che declassa inoltre i documenti a «documenti di riunione» non registrati o li tratta come documenti «diplomatici», vanificando in tal modo il diritto dei cittadini ad accedere ai documenti stessi,

F.

considerando che, a norma del considerando 6 del regolamento (CE) n. 1049/2001, dovrebbe essere accordato l'accesso anche a documenti prodotti nel quadro della procedura di delega delle competenze (comitatologia) e considerando che nove decimi della legislazione sono adottati secondo detta procedura e che, di conseguenza, in tale quadro dovrebbe essere pienamente garantito un controllo parlamentare e democratico adeguato e trasparente,

G.

considerando che Internet è divenuto il canale principale di consultazione dei documenti dell'Unione europea per i cittadini e che il numero dei documenti resi disponibili online dalle istituzioni dell'Unione europea è aumentato, il che crea ora la necessità di migliorare ulteriormente la convivialità dei siti web delle istituzioni dell'Unione europea e dei siti documentari nonché la loro interconnessione e di creare un portale unico dell'Unione europea per accedere a ogni documento, procedura o istituzione dell'Unione europea,

H.

considerando che le istituzioni dell'Unione europea dovrebbero ora adottare nuove iniziative per una maggiore apertura, trasparenza e democrazia e muoversi in direzione di un «atto dell'Unione europea sulla libertà dell'informazione», dal momento che l'applicazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 ha portato alla pubblica attenzione una serie di carenze; che le recenti sentenze in materia devono essere analizzate ed attuate con urgenza da parte delle istituzioni dell'Unione europea; che la Commissione dal canto suo ha presentato una proposta di revisione del regolamento (CE) n. 1049/2001,

1.

sottolinea che l'importante sentenza Turco ha concluso che il regolamento (CE) n. 1049/2001 «impone, in linea di principio, un obbligo di divulgare i pareri del servizio giuridico del Consiglio relativi ad un procedimento legislativo» (4) e che nella stessa sentenza la Corte ha formulato le seguenti conclusioni:

il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni dell'Unione europea discende dal carattere democratico delle istituzioni stesse, come disposto al considerando 4 e all'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1049/2001,

le eccezioni contenute nel suddetto regolamento (come la protezione del processo decisionale) devono essere correttamente interpretate tenendo conto del preminente pubblico interesse alla divulgazione, che è legato alle esigenze di democrazia, di più stretta partecipazione dei cittadini al processo decisionale, di legittimità dell'amministrazione, di efficacia e di responsabilità nei confronti dei cittadini (5),

tali conclusioni sono ancora più importanti quando le istituzioni dell'Unione europea agiscono nella veste di legislatore (6),

l'apertura nei confronti della diversità delle opinioni in merito a un atto (e alla sua legalità) «nel consentire che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, contribuisce a conferire alle istituzioni una maggiore legittimità agli occhi dei cittadini europei e ad accrescere la loro fiducia» (7),

le istituzioni devono fornire una motivazione dettagliata dell'eventuale rifiuto (8);

l'eccezione può applicarsi solo per il periodo durante il quale la protezione è giustificata tenuto conto del contenuto del documento (9);

2.

sottolinea che la sentenza Turco rafforza ulteriormente nell'Unione europea il principio in base al quale le istituzioni democratiche hanno il dovere di assicurare pubblicità alle proprie attività, documenti e decisioni, in quanto condizione della loro legalità, legittimità e responsabilità, principi sanciti dall'articolo 6 del trattato UE e dagli articoli 254 e 255 del trattato CE; che pertanto i documenti devono essere pubblicati e resi comunque accessibili e che ogni eccezione a tale principio dovrebbe essere limitata ed interpretata in senso restrittivo;

3.

sollecita tutte le istituzioni dell'Unione europea ad applicare il regolamento (CE) n. 1049/2001 alla luce della recente giurisprudenza, e segnatamente della sentenza Turco con tutte le sue implicazioni, in particolare per quanto riguarda le procedure legislative (pubblicazione dei pareri del servizio giuridico, interpretazione restrittiva delle eccezioni, obbligo di fornire una motivazione particolareggiata in caso di rifiuto, ecc.) ed invita inoltre il Consiglio a rivedere le proprie norme per garantire la pubblicità di tutti i dibattiti, documenti e informazioni, ivi compresa l'identità delle delegazioni degli Stati membri in seno al Consiglio e ai suoi gruppi di lavoro e gruppi di esperti e ad elaborare trascrizioni delle sue riunioni pubbliche, e ciò in quanto le conclusioni della CGCE secondo cui il pubblico interesse alla trasparenza prevale sull'eccezione dalla protezione del processo decisionale - in quanto la diversità delle opinioni su un atto legislativo accresce la legittimità delle istituzioni - si applicano anche a tale caso;

4.

chiede alle istituzioni dell'Unione europea di definire norme comuni su come espletare le procedure amministrative e come presentare, classificare, declassificare, registrare e divulgare i documenti amministrativi all'interno e all'esterno delle istituzioni dell'Unione europea, tenendo presente che il principio della trasparenza è indissociabile dal principio della buona amministrazione enunciato dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione all'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; ritiene, nella stessa ottica, che il regolamento (CEE, Euratom) n. 354/83 del Consiglio del 1° febbraio 1983, che rende accessibili al pubblico gli archivi storici della Comunità economica europea e della Comunità dell'energia atomica (10) dovrebbe essere integrato nell'ambito della revisione del regolamento (CE) n. 1049/2001 onde includere definizioni di norme comuni in materia di archivi vivi, intermedi e storici, onde evitare le attuali incoerenze tra le prassi delle istituzioni dell'Unione europea e quelle degli Stati membri;

5.

è persuaso di dover essere in prima linea in fatto di pubblicità, apertura e trasparenza nell'Unione europea e di dover varare, prima delle elezioni europee del 2009, un piano d'azione speciale per assicurare sul proprio sito web, ad esempio nel quadro dell'iniziativa e-Parliament, una maggiore e più agevole disponibilità di informazioni su:

attività, partecipazione e presenza dei deputati europei ai lavori parlamentari in termini assoluti, relativi e percentuali, rendendo tali dati disponibili ed accessibili ai cittadini anche mediante criteri di ricerca (11),

attività del Parlamento in plenaria, in commissione, nelle delegazioni e negli organi interni: l'Osservatorio legislativo dovrebbe essere migliorato inserendo riferimenti e link a tutti i pertinenti documenti (12); i lavori di commissione e delle delegazioni dovrebbero essere trasmessi sul sito web del Parlamento al pari delle sedute plenarie, e dovrebbero inoltre essere registrati e resi disponibili e consultabili dai cittadini attraverso criteri di ricerca; gli organi interni (quali la Conferenza dei presidenti, l'Ufficio di presidenza, i Questori, il Gruppo di lavoro sulla riforma parlamentare, ecc.) dovrebbero promuovere e assicurare il massimo livello di trasparenza delle loro attività nei confronti degli altri deputati e dei cittadini mettendo a disposizione tutti i loro documenti,

indennità e spese dei deputati, conformemente alla posizione assunta dal Mediatore europeo secondo cui il diritto di informazione dovrebbe applicarsi anche a tali dati (13), nonché tutte le dichiarazioni di interessi finanziari per tutti i deputati al Parlamento europeo, e tali informazioni dovrebbero essere rese disponibili in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea,

ed invita gli Stati membri, i parlamenti nazionali e gli altri organi elettivi a fare altrettanto istituendo un registro di attività dei parlamenti e dei parlamentari;

6.

sollecita la Commissione a seguire la raccomandazione del Mediatore europeo (ricorso 3208/2006/GG) sul registro della Commissione, relativamente al suo obbligo di inserire i riferimenti a tutti i documenti di cui all'articolo 3, lettera a) in suo possesso nel registro previsto dall'articolo 11 del regolamento (CE) n. 1049/2001, nella misura in cui ciò non sia stato ancora fatto;

7.

ritiene che il reperimento di documenti e informazioni risulterebbe più facile se i documenti stessi fossero presentati, registrati e riutilizzati da altre istituzioni legislative conformemente a norme comuni (ad esempio per quanto riguarda i riferimenti a diverse versioni dello stesso documento, le sue modifiche, gli allegati e le rettifiche) (14) usando elaboratori di testi a fonte aperta, un effettivo multilinguismo e tecnologie che permettano anche alle persone con disabilità di avere accesso ad informazioni e documenti, come suggerito dalla Commissione agli Stati membri nella sua comunicazione sulle soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee (ISA) (COM(2008)0583) e come previsto dalla direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico (15);

8.

ritiene che l'accesso alle informazioni relative alle istituzioni dell'Unione europea continui ad essere un percorso irto di ostacoli per i normali cittadini a causa della mancanza di una politica interistituzionale efficace orientata verso il cittadino e improntata alla trasparenza e alla comunicazione; ritiene che, a prescindere dai punti di accesso, i cittadini dell'Unione europea dovrebbero poter seguire una data procedura legislativa o amministrativa e accedere a tutti i documenti ad essa relativi (16); ritiene che, come già richiesto nel 2001, occorra definire una tabella di marcia interistituzionale per migliorare, semplificare e completare i registri e le pagine web delle istituzioni dell'Unione europea e renderli interoperabili; ritiene che le istituzioni dell'Unione europea che mirano a guidare lo sviluppo delle tecniche di pubblica amministrazione online dovrebbero essere capaci e disposte a creare un vero motore di ricerca interistituzionale che renda più facile per il pubblico l'accesso ai documenti e alle informazioni;

9.

si rammarica profondamente per il fatto che, contrariamente a quanto previsto all'articolo 12 del regolamento (CE) n. 1049/2001, molti documenti legislativi preparatori (quali i «documenti di riunione» prevalentemente discussi in seno ai gruppi di lavoro del Consiglio redatti dal Coreper 1) non sono registrati e quando lo sono mancano del codice interistituzionale, il che rende impossibile la loro inclusione in un registro comune interistituzionale quale parte del progetto pilota interistituzionale «Trasparenza nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia» (Trans-GAI) lanciato già nel 2004 per le procedure legislative relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; prende atto della nuova scadenza (2010) annunciata in Aula dalla Vicepresidente Wallström e prevede che neanche tale scadenza verrà rispettata se le istituzioni dell'Unione europea non metteranno immediatamente a disposizione un funzionario di collegamento che possa inserire il codice interistituzionale qualora manchi nel documento originale; ritiene che l'attuale situazione rappresenti non solo uno spreco di denaro pubblico ma anche un modo per tenere i cittadini distanti dal lavoro legislativo quotidiano in ambiti molto delicati come quello relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; sollecita la Commissione ad anticipare l'entrata in vigore di tale strumento all'inizio della prossima legislatura;

10.

è persuaso che le istituzioni dell'Unione europea debbano istituire un unico registro/portale dell'Unione europea per le informazioni e i documenti, che permetta ai cittadini di seguire una determinata procedura e di consultare tutti i documenti attinenti (17); tale progetto dovrebbe partire da una semplificazione e un completamento dei registri e delle pagine web delle singole istituzioni dell'Unione europea, per arrivare alla loro reciproca integrazione in un portale unico dell'Unione europea; chiede la creazione, prima della prossima legislatura, di un bollettino quotidiano interistituzionale di aggiornamento contenente informazioni e documenti attinenti alle attività e agli ordini del giorno legislativi e non legislativi dell'Unione europea, come previsto dal progetto Trans-GAI, basato su un accordo interistituzionale del 2004 e purtroppo non ancora operativo;

11.

invita le istituzioni dell'Unione europea ad assicurare che, prima dell'inizio della prossima legislatura:

tutti i documenti preparatori rechino il riferimento alla procedura legislativa,

tutti gli ordini del giorno e i risultati dei lavori del Consiglio e degli organi preparatori facciano chiaro riferimento ai documenti di supporto e siano registrati in tempo utile e pubblicati nel registro del Consiglio (compresi i cosiddetti documenti di riunione),

i cittadini siano informati in modo corretto e trasparente in merito alla struttura organizzativa delle istituzioni, precisando le competenze dei propri servizi interni, illustrandone il flusso di lavoro interno, fornendo scadenze indicative per i fascicoli di loro competenza, ed indicando a quali uffici i cittadini debbano rivolgersi per ottenere assistenza, informazioni o presentare ricorsi amministrativi;

tutte le proposte legislative siano accompagnate da una valutazione d'impatto accessibile al pubblico;

12.

esorta le istituzioni dell'Unione europea ad una maggiore trasparenza in relazione alle procedure di comitatologia e agli accordi in prima lettura negoziati fra le istituzioni dell'Unione europea nell'ambito di procedure di codecisione (i cosiddetti «triloghi») e le invita a provvedere a che gli accordi interistituzionali siano pienamente conformi agli obblighi di pubblicità, apertura e trasparenza delle procedure legislative, dal momento che un'assemblea parlamentare deve attenersi alla regola di tenere riunioni pubbliche e di pubblicare i documenti esaminati;

13.

sottolinea il fatto che le procedure vigenti per la legislazione delegata (i cosiddetti «atti di comitatologia»), riguardante nove decimi degli atti giuridicamente vincolanti adottati ogni anno dalle istituzioni dell'Unione europea, dovrebbero essere riviste e applicate in modo tale da assicurare che siano garantiti i principi democratici e di trasparenza, che i membri, i procedimenti e le votazioni dei comitati di comitatologia siano resi pubblici e che i deputati nazionali ed europei così come i cittadini abbiano accesso immediato ai documenti nel registro della comitatologia non appena vengono inviati ai membri dei comitati di comitatologia (come promesso nel 2001 dall'allora Commissario Barnier); ritiene che una maggiore trasparenza dovrebbe riguardare in particolare i progetti di regolamento, mentre il Parlamento dovrebbe organizzare l'elaborazione di tali proposte nel modo più aperto e trasparente possibile, evitando in tal modo situazioni poco chiare come quelle emerse nell'ambito dei regolamenti sulla sicurezza aerea per quanto concerne i liquidi e i «body scanner»;

14.

ritiene che il principio della leale cooperazione fra istituzioni implichi l'obbligo per le stesse - specie in sede di esame di fascicoli legislativi o di trattati internazionali (ad esempio cooperazione UE-USA in ambito GAI, PNR e protezione dati) o nel quadro di procedure di nomina (ad esempio, la nomina del direttore dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali) - di scambiarsi tutti le informazioni e i documenti pertinenti, comprese quelli sensibili o riservati, e che le prassi attuali vadano urgentemente migliorate;

15.

plaude all'opera svolta dal Mediatore europeo per assicurare una maggiore trasparenza da parte delle istituzioni dell'Unione europea e condivide il parere del Garante europeo per la protezione dei dati riguardo all'equilibrio fra la protezione dei dati personali e il diritto alla privacy di cui al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (18) e al regolamento (CE) n. 1049/2001; invita il Mediatore europeo a predisporre per il Parlamento neoeletto una relazione sull'accesso ai documenti che tratti le tematiche sollevate nella presente risoluzione;

16.

chiede alle istituzioni dell'Unione europea e agli Stati membri di promuovere una cultura amministrativa comune della trasparenza, fondata sui principi delineati dall'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dalla giurisprudenza della CGCE, dalle raccomandazioni del Mediatore europeo e dalle migliori prassi degli Stati membri; ritiene che, come già avviene nel caso dei responsabili della protezione dei dati, ogni Direzione generale delle istituzioni dell'Unione europea dovrebbe assicurare che i documenti siano presentati, registrati, classificati, declassificati e divulgati conformemente al principio di buona amministrazione, al regolamento (CE) n. 1049/2001 e ai regolamenti interni delle istituzioni dell'Unione europea interessate;

17.

chiede che venga lanciato un Anno europeo della trasparenza e che sia promossa una campagna europea sulla trasparenza nel 2009, in occasione delle elezioni europee, in modo che i cittadini siano consapevoli dei propri diritti di accesso ai documenti dell'Unione europea e delle norme dell'Unione europea in materia di pubblicità, apertura e trasparenza, così come negli Stati membri;

18.

ritiene che la trasparenza a livello dell'Unione europea debba riflettersi negli Stati membri al momento del recepimento della legislazione dell'Unione europea nel diritto nazionale e invita i parlamenti nazionali e la Conferenza degli organismi specializzati negli affari comunitari ed europei dei parlamenti dell'Unione europea ad esaminare le proposte contenute nella presente risoluzione e a promuovere un registro dell'Unione europea riguardante le attività dei parlamenti e dei deputati, che potrebbe servire ad assicurare e aumentare la cooperazione e la consultazione reciproche tra l'Unione europea, il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali, ricorrendo altresì alle migliori prassi in termini di trasparenza nel quadro di e- Parliament ed e-Government;

19.

prende atto delle preoccupazioni espresse riguardo al progetto di convenzione del Consiglio d'Europa sull'accesso ai documenti ufficiali da parte dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa nel suo parere n. 270(2008), e invita gli Stati membri a includere nel progetto di convenzione almeno gli emendamenti presentati dai membri di detta Assemblea;

20.

invita il Consiglio europeo e la CGCE (quest'ultima per quanto riguarda le sue funzioni amministrative), che sono gli unici due organismi che non applicano ancora il regolamento (CE) n. 1049/2001 ai propri documenti, a riflettere e adottare misure idonee a porre rimedio a tale situazione;

21.

invita le istituzioni dell'Unione europea ad elaborare un ambizioso «atto dell'Unione europea sulla libertà d'informazione» sulla base dell'attuale proposta di revisione del regolamento (CE) n. 1049/2001;

22.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Mediatore europeo, al Garante europeo per la protezione dei dati e al Consiglio d'Europa.


(1)  GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.

(2)  GU L 243 del 27.9.2003, pag. 1.

(3)  GU C 298 del 30.11.2002, pag. 1.

(4)  Punto 68 della sentenza Turco.

(5)  Un documento che potrebbe formare oggetto di eccezione (come un «parere legale») andrebbe esaminato nel merito per stabilire quali sue parti debbano essere oggetto di tale eccezione; il rischio connesso alla divulgazione deve essere «ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico»; occorre trovare un equilibrio fra tale rischio e «l'interesse generale all'accessibilità a tale documento, tenendo conto dei vantaggi che derivano […] da una maggiore trasparenza, consistenti in una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e in una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell'amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico».

(6)  Giacché «la possibilità per i cittadini di conoscere il fondamento dell'azione legislativa è condizione per l'esercizio effettivo, da parte di questi ultimi, dei loro diritti democratici» (punto 46 della sentenza Turco). Il preminente pubblico interesse sottolineato nel regolamento (CE) n. 1049/2001 consiste nel fatto che «la divulgazione dei documenti […] su questioni giuridiche sorte nel corso del dibattito su iniziative legislative» non fa che «aumentare la trasparenza e l'apertura del procedimento legislativo e rafforzare il diritto democratico dei cittadini europei» (punto 67 della sentenza Turco).

(7)  Punto 59 della sentenza Turco.

(8)  Punto 69 della sentenza Turco.

(9)  Punto 70 della sentenza Turco.

(10)  GU L 43 del 15.2.1983, pag. 1.

(11)  Ad esempio: quanti giorni ciascun deputato è stato presente al Parlamento europeo e dove ha firmato e/o votato e quando e quante volte si sono tenute votazioni per appello nominale, in plenaria e in commissione; a quali riunioni di organi istituzionali ha partecipato (plenaria e/o commissioni e/o delegazioni, ecc.). I dati dovrebbero essere consultabili anche mediante criteri di ricerca, come ad esempio nome del deputato/plenaria/commissione/delegazione/votazione/presenza/giorno/mese/ anno/legislatura/ecc. e link a questa pagina web dovrebbero essere presenti nelle pagine web dei deputati e in altre pagine web pertinenti; le pagine web dei deputati dovrebbero riprendere queste informazioni unitamente al nome degli assistenti, ai pareri espressi, agli emendamenti depositati in commissione e in plenaria a relazioni ed altri atti, alle dichiarazioni di voto,agli interventi audio-video, alle dichiarazioni scritte firmate, compreso l'elenco di tutti i firmatari, ecc.

(12)  Procedure e documenti in commissione, quali: prima relazione ed emendamenti, pareri di altre commissioni, pareri del servizio giuridico, emendamenti depositati in plenaria, votazioni per appello nominale, corrispondenza interistituzionale, soprattutto quella attinente alle procedure legislative, a livello di commissione e di plenaria, ecc.

(13)  Progetto di raccomandazione del Mediatore europeo al Parlamento europeo nel ricorso 3643/2005/(GK)WP.

(14)  Questo non avviene attualmente dato che la Commissione, il Parlamento e il Consiglio seguono prassi diverse.

(15)  GU L 345 del 31.12.2003, pag. 90.

(16)  Proposta originaria, verbali di riunioni, relazioni, emendamenti, votazioni e loro risultato, dibattiti, testi in vigore, attuazione negli Stati membri, relazioni valutative, eccetera.

(17)  Ad esempio: proposta originaria, verbali di riunioni, relazioni, emendamenti, votazioni e loro risultato, dibattiti, testi in vigore, attuazione negli Stati membri, relazioni valutative, ecc.

(18)  GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.


Giovedì 15 gennaio 2009

24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/87


Controllo di bilancio sull'utilizzazione dei fondi dell'Unione europea in Afghanistan

P6_TA(2009)0023

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sul controllo di bilancio dei fondi dell'Unione europea in Afghanistan (2008/2152(INI))

(2010/C 46 E/12)

Il Parlamento europeo,

viste le sue risoluzioni precedenti sull'Afghanistan e, in particolare, la risoluzione dell'8 luglio 2008 (1),

viste le conferenze di Bonn nel 2001, di Tokyo nel 2002 e di Berlino nel 2004, in occasione delle quali le Nazioni Unite, l'Unione europea e la comunità internazionale si sono impegnate ad accordare all'Afghanistan aiuti internazionali per un totale di oltre 8 000 000 000 EUR e vista la conferenza di Londra del 2006 in occasione della quale è stato il firmato il «Patto per l'Afghanistan»,

vista la strategia nazionale di sviluppo, ratificata agli inizi del 2008 dal governo afgano, e che costituisce altresì una strategia per la riduzione della povertà nel paese,

vista la conferenza di Parigi del 12 giugno 2008 in occasione della quale i paesi donatori hanno promesso all'Afghanistan aiuti per oltre 21 000 000 000 USD,

visti gli impegni assunti dall'Unione europea in occasione della succitata conferenza di Parigi sull'efficacia degli aiuti in Afghanistan, nonché il codice di condotta dell'Unione europea in materia di divisione dei compiti nell'ambito della politica di sviluppo adottato nel 2007,

vista la sua risoluzione del 22 aprile 2008 in cui figurano osservazioni che sono parte integrante della decisione concernente il discarico per l'esecuzione del bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2006, sezione III - Commissione (2) e, in particolare, i paragrafi da181 a 200 della stessa (azioni esterne, aiuti umanitari e sviluppo),

visto il documento di strategia nazionale per il periodo 2003-2006 adottato dalla Commissione di concerto con il Parlamento europeo, che poneva l'accento sulla stabilità e la riduzione della povertà,

visti il documento di strategia nazionale per il periodo 2007-2013 e il programma indicativo pluriennale per il periodo 2007-2010 adottati dalla Commissione, di concerto con il Parlamento europeo, il secondo dei quali prevede un importo di 610 000 000 EUR stanziati per la Repubblica islamica dell'Afghanistan durante gli esercizi finanziari dal 2007 al 2010,

viste la missione della sua delegazione, recatasi in Afghanistan dal 26 aprile al 1o maggio 2008 per esaminare le condizioni di applicazione degli aiuti comunitari internazionali, e la relativa relazione di missione,

visto il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (3) e, in particolare l'articolo 53 dello stesso,

visti gli articoli da 285 a 287 del trattato sull'Unione europea riguardanti la Corte dei conti, nonché gli articoli da 310 a 325 del medesimo trattato, riguardanti le disposizioni finanziarie e che entreranno in vigore dopo la conclusione del processo di ratifica del trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini condotte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (4),

visti gli obiettivi di sviluppo del Millennio e gli obiettivi esposti nella dichiarazione del Millennio, adottata dall'ONU l'8 settembre 2000 e firmata da 189 paesi,

visto il regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (Strumento per il finanziamento della Cooperazione allo sviluppo - DCI) (5),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per il controllo dei bilanci e i pareri della commissione per gli affari esteri, della commissione per lo sviluppo e della commissione i bilanci (A6-0488/2008),

A.

considerando che da vari decenni l'Afghanistan si trova in stato di conflitto o di guerra quasi permanente e che, oltre al traffico di stupefacenti e alla corruzione latente, presente a tutti i livelli dell'amministrazione, il governo centrale è da sempre afflitto da una debolezza strutturale, nonché da una mancanza di capacità e di perizia e da un'insufficienza di mezzi che sono croniche, dato che i proventi del bilancio statale coprono appena il 30% delle spese totali,

B.

considerando che la grave situazione in cui versa l'Afghanistan richiede un rapido miglioramento della governance, ad opera di uno Stato più forte, in grado di garantire alla popolazione la sicurezza e il rispetto delle leggi e di creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile del paese,

C.

considerando che, nell'attuale clima di rallentamento dell'economia a livello mondiale, è particolarmente importante assicurare un controllo efficace dei finanziamenti dell'Unione europea per la cooperazione allo sviluppo,

D.

considerando che l'articolo 25, paragrafo 1, lettera b), del DCI determina le condizioni per fornire un sostegno di bilancio a paesi partner,

E.

considerando che la responsabilità, la trasparenza e la gestione finalizzata ai risultati sono tra i principi guida della cooperazione allo sviluppo secondo diverse convenzioni internazionali, tra cui la dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti («la dichiarazione di Parigi»),

F.

considerando che in Afghanistan il 90% del denaro pubblico proviene da aiuti internazionali, il che dimostra quanto il paese sia dipendente dagli aiuti,

Ripartizione degli aiuti dell'Unione europea

1.

osserva che l'Unione è fra i principali donatori di aiuti allo sviluppo e di assistenza umanitaria all'Afghanistan e rammenta che la Commissione, che dal 2002 dispone di una delegazione a Kabul, fra il 2002 e il 2007 ha accordato aiuti per un importo pari a 1 400 000 000 EUR, dei quali 174 000 000 EUR destinati agli aiuti umanitari, e che circa 1 150 000 000 EUR sono già stati pagati, il che rappresenta un apprezzabile tasso di esborso dell'81,5%;

2.

constata che gli aiuti dell'Unione si compongono di aiuti diretti e aiuti indiretti; che fra il 2002 e il 2007 gli aiuti comunitari diretti, che rappresentano il 70% (970 000 000 EUR) del totale degli aiuti comunitari, sono stati applicati tramite i servizi della Commissione, sotto forma di convenzioni di finanziamento con lo Stato afgano, di contratti con i fornitori di servizi, di forniture o di lavori, e di convenzioni di sovvenzione con organizzazioni internazionali e ONG, europee o locali, e che gli aiuti indiretti sono stati gestiti essenzialmente dalle Nazioni Unite (13% dei fondi) e dalla Banca mondiale (17% dei fondi);

Settori prioritari degli aiuti

3.

rammenta che il documento della Commissione di strategia nazionale per il periodo 2003-2006 per l'Afghanistan, volto a creare le condizioni necessarie per uno sviluppo sostenibile e a ridurre la povertà, si era concentrato sulle priorità seguenti: riforma dell'amministrazione pubblica (212 000 000 EUR), lotta contro la droga (95 000 000 EUR), sicurezza alimentare (203 000 000 EUR), infrastrutture (90 000 000 EUR), sanità (50 000 000 EUR), profughi (38 000 000 EUR) e infine azioni di sminamento (47 200 000 EUR); per il periodo 2007-2013 il documento della Commissione di strategia nazionale per l'Afghanistan propone due obiettivi prioritari a lungo termine, ovvero lo sviluppo sostenibile e la lotta contro la povertà;

4.

osserva che, nella prospettiva di realizzare questi due obiettivi prioritari a lungo termine stabiliti per il periodo 2007-2013, i settori più importanti cui saranno destinati gli aiuti sono la governance, lo sviluppo rurale e la sanità, mentre altri settori secondari d'intervento saranno definiti a livello della protezione sociale, della cooperazione regionale e delle azioni di sminamento;

5.

ricorda che l'uguaglianza di genere e i diritti della donna sono considerati questioni fondamentali sia nella strategia di sviluppo nazionale del governo afgano sia nel documento di strategia nazionale 2007-2013, il quale precisa che la dimensione di genere sarà parte integrante della pianificazione nei tre settori prioritari succitati;

6.

al fine di aumentare gli stanziamenti a favore dei due obiettivi prioritari a lungo termine dell'Unione europea in Afghanistan, ovverosia lo sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà, invita la Commissione a modificare, in sede di elaborazione del programma indicativo pluriennale (PIP) 2010-2013, la ripartizione dei fondi comunitari fra i tre settori principali e i tre settori secondari, così come a favore della distribuzione di tali fondi allo sviluppo infrastrutturale e ad alternative di sostentamento che contribuiscano alla riduzione della povertà e agevolino il passaggio da un'economia basata sull'oppio a un sistema economico e sociale alternativo; esorta pertanto la Commissione ad aumentare gli stanziamenti destinati ai settori della sanità, dell'istruzione e delle infrastrutture; ricorda inoltre l'impegno dell'Unione europea verso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio;

Bilancio dell'utilizzo dei fondi dell'Unione europea

7.

constata che gli incontri svoltisi nel quadro della succitata delegazione in Afghanistan, hanno messo in evidenza soprattutto due fonti di difficoltà incontrate nella distribuzione degli aiuti internazionali: la debole capacità di assorbimento del paese sul piano economico e amministrativo e la mancanza di coordinamento fra i donatori e le autorità afgane;

8.

ritiene che la mancanza di coordinamento sia dovuta alle carenze delle strutture governative e all'assenza di un'efficace strategia governativa. In realtà, le autorità e i responsabili politici afgani devono essere ritenuti responsabili della condotta degli affari generali del paese, sia nel caso della mancanza di orientamenti strategici sia in quello della gestione di dotazioni finanziarie molto consistenti che sono loro destinate; osserva inoltre che la molteplicità dei donatori e la volontà di affermare la propria visibilità si traducono molto spesso in strategie nazionali isolate, quando non in doppi impieghi fra diversi ministeri nazionali; ritiene che tale mancanza di coordinamento favorisca la corruzione e contribuisca al contempo a penalizzare la ricostruzione del paese;

9.

ricorda che il Patto per l'Afghanistan concluso tra la Repubblica islamica dell'Afghanistan e la comunità internazionale in occasione della conferenza di Londra del 2006 costituisce il quadro vincolante per entrambe le parti per la ricostruzione e la costruzione dello Stato in Afghanistan;

10.

esprime preoccupazione per la scarsa qualità dell'amministrazione dei fondi di assistenza da parte dell'amministrazione centrale afgana e per la mancanza di trasparenza che contraddistingue la gestione di tale assistenza; ritiene indispensabile che il PIP 2010-2013 tenga in debita considerazione i risultati concreti della lotta alla corruzione e proceda al logico adeguamento dell'assistenza comunitaria;

11.

reputa che la creazione di uno Stato di diritto e la lotta contro la corruzione e il traffico di stupefacenti debbano rappresentare una delle priorità politiche del governo afgano e che in mancanza di una governance adeguata non si verificherà nessun progresso sostenibile in Afghanistan;

12.

constata tuttavia che, malgrado queste fragilità strutturali, la volontà della comunità internazionale e del governo afgano hanno permesso di migliorare il livello di vita della popolazione;

13.

rammenta che la missione della sua delegazione ha formulato una valutazione positiva quanto alla pertinenza delle scelte degli aiuti dell'Unione tramite l'azione della Commissione;

14.

ritiene in particolare che, dopo la caduta dei regime dei talebani, i settori dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione e delle infrastrutture (in particolare stradali) abbiano dato risultati promettenti; sono stati infatti constatati una significativa diminuzione della mortalità infantile (dal 22% nel 2001 al 12,9% nel 2006), una più elevata percentuale di afgani che possono accedere direttamente alle cure sanitarie di base (65% nel 2006, rispetto al 9% nel 2001), i primi segnali di sviluppi positivi in materia di istruzione e iniziative a favore della parità di genere;

15.

ricorda la discriminazione particolarmente grave subita dalle donne in Afghanistan sotto il regime dei talebani e nel periodo successivo; condanna ogni pratica legale, culturale o religiosa di discriminazione contro le donne, che le escluda dalla vita pubblica e politica e le segreghi nella loro vita quotidiana; sollecita la Commissione a combattere tali pratiche in tutte le sue azioni di sviluppo nel paese;

16.

sottolinea l'importanza della lotta contro ogni forma di lavoro minorile, la tratta dei minori e la violenza nei confronti dei minori, e del miglioramento della protezione sociale dei minori in Afghanistan; chiede l'elaborazione di programmi che scoraggino l'assenteismo scolastico da parte dei minori e prevedano disposizioni relative al pagamento delle tasse scolastiche e ai programmi di approvvigionamento alimentare per le scuole;

17.

prende atto degli sforzi effettuati dalla Commissione per valorizzare al massimo le sue attività presso i partner afgani, ma deplora la pressoché totale mancanza di sostegno degli Stati membri all'intento dell'Istituzione di identificare i progetti;

18.

ritiene che, alla lettura dei dispositivi giuridici concernenti il sistema di controllo degli aiuti comunitari diretti e indiretti che figurano negli accordi firmati dall'Unione in materia di gestione degli aiuti comunitari esterni, erogati tramite fondi fiduciari di donatori diversi, la Commissione disponga di un arsenale giuridico sufficiente per difendere gli interessi finanziari dell'Unione in Afghanistan e auspica che sia redatto un elenco della tipologia delle irregolarità osservate sul posto;

19.

osserva che, in applicazione delle medesime disposizioni, la Corte dei conti europea può effettuare controlli presso le organizzazioni internazionali interessate;

20.

rammenta infine che, sia le agenzie delle Nazioni Unite sia la Banca mondiale, possiedono un sistema di governance elaborato, paragonabile a quelli che esistono in seno alla Commissione, con organi specializzati nella gestione finanziaria, l'audit interno, i controlli, l'audit esterno, il seguito dei mercati e la lotta contro la frode e le irregolarità;

21.

plaude ai recenti miglioramenti nell'ambito della cooperazione tra le Nazioni Unite, tra le altre organizzazioni internazionali, e le istituzioni dell'Unione europea per quanto concerne il controllo dei finanziamenti destinanti alla cooperazione allo sviluppo; chiede che il processo di miglioramento sia ulteriormente approfondito nel prossimo futuro;

22.

sottolinea la necessità di controllare in modo più efficace l'attuazione della cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea; invita le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali che gestiscono i fondi comunitari a cooperare pienamente con la Corte dei conti europea e l'Ufficio europeo antifrode (OLAF), nonché con l'Unità di ispezione congiunta delle Nazioni Unite;

23.

sostiene gli sforzi della Commissione per aiutare l'Afghanistan e si compiace del suo impegno a lungo termine nei confronti del paese; ritiene che la Commissione dovrebbe agire in più stretta collaborazione con le Nazioni Unite e la Banca mondiale, cooperando anche con la Corte dei conti, l'OLAF e le pertinenti agenzie delle Nazioni Unite, al fine di garantire che il contributo della Commissione ai fondi fiduciari sia gestito in modo trasparente; esorta la Commissione a informare adeguatamente il Parlamento;

24.

sottolinea la necessità di migliorare il coordinamento dei donatori in Afghanistan sotto la guida della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) e ritiene che la Commissione dovrebbe rafforzare il coordinamento dell'assistenza tra gli Stati membri, al fine di migliorare l'efficacia e aumentare la visibilità del sostegno dell'Unione europea;

Raccomandazioni

Coordinamento e la visibilità degli aiuti internazionali

25.

ritiene siano necessari sforzi ulteriori nel settore dell'assistenza internazionale per sostenere l'applicazione della strategia nazionale afgana di sviluppo e per introdurre progressivamente un coordinamento migliore e metodi più efficaci nell'attuazione delle priorità di sviluppo definite dagli afgani stessi; insiste affinché alle autorità di Kabul sia attribuito un ruolo più importante nell'attuazione dei progetti di sviluppo e nella lotta contro la corruzione, in particolare migliorando la gestione delle finanze pubbliche e ponendo l'accento sulla formazione dei controllori, soprattutto nei vari ministeri e a livello locale;

26.

insiste sulla necessità che la Commissione affronti le preoccupanti lacune di coordinamento tra gli Stati membri, oltre che tra essa e gli Stati membri, in relazione all'assistenza finanziaria prestata dall'Unione europea all'Afghanistan; chiede alla Commissione di sviluppare una strategia che coinvolga i paesi donatori e le autorità afgane, intesa a migliorare il coordinamento e la comunicazione tra di loro;

27.

sottolinea la grande importanza del coordinamento dei donatori in Afghanistan e in particolare l'armonizzazione delle procedure sulla base dei sistemi nazionali; insiste sul fatto che queste e altre misure relative all'efficacia degli aiuti, indicate nella Dichiarazione di Parigi, siano pienamente attuate in Afghanistan;

28.

rammenta che l'efficacia degli aiuti è un principio chiave della politica di sviluppo dell'Unione europea; a tale proposito sottolinea l'importanza del programma sull'efficacia degli aiuti della Commissione e prende atto delle conclusioni del Consiglio «affari generali» e «relazioni esterne» del 26 maggio 2008 riguardo all'efficacia degli aiuti comunitari in Afghanistan;

29.

prende atto dell'intenzione di trasferire al Ministero afgano della Sanità i finanziamenti erogati dalla Commissione per l'assistenza medica di base e sottolinea che qualsiasi aumento delle risorse convogliate attraverso il governo afgano deve essere accompagnato dallo sviluppo delle pertinenti capacità e da criteri chiari in materia di risultati, con un sostegno specifico per la governance democratica a livello subnazionale;

30.

mette in discussione l'invio di fondi attraverso il bilancio centrale del governo dell'Afghanistan («sostegno del bilancio») per mezzo di fondi fiduciari multilaterali associati a contributi provenienti dal bilancio comunitario, quando l'Afghanistan non è ancora considerato un paese che soddisfa i requisiti dell'Unione europea necessari affinché partecipi direttamente a un programma di sostegno del bilancio; ritiene che quando saranno soddisfatti tali requisiti, il sostegno di bilancio dovrà essere fornito su base settoriale;

31.

attira l'attenzione sull'articolo 25, paragrafo 1, lettera b), del DCI secondo cui i programmi di sostegno al bilancio devono essere accompagnati dal sostegno agli sforzi compiuti dai paesi partner per sviluppare le capacità di audit e di controllo parlamentare e accrescere la trasparenza e l'accesso pubblico alle informazioni; indica che anche le attività svolte in questo settore devono essere svolte quando il «sostegno di bilancio» è fornito da altri donatori o fondi fiduciari multilaterali e sottolinea il ruolo importante che possono svolgere le organizzazioni della società civile per il controllo di tale sostegno di bilancio;

32.

sottolinea l'importanza di valutare la cooperazione comunitaria in Afghanistan, come richiesto all'articolo 33 del DCI, e la necessità che le valutazioni inizino su basi solide e comprendano il coordinamento dei donatori e gli aspetti delle attività a monte e la catena di risultati (produzione, risultato, impatto); chiede che le conclusioni delle valutazioni siano utilizzate nella formulazione di successive azioni di cooperazione;

33.

reputa imperativo, vista l'importanza degli aiuti comunitari rispetto all'insieme degli aiuti internazionali, migliorare la visibilità dell'operato dell'Unione europea, a livello locale e nei confronti dei cittadini europei, e far sì che l'Unione europea svolga un ruolo privilegiato a livello del dialogo, dell'orientamento e del sostegno decisionale, in relazione con il governo afgano, le amministrazioni nazionali e regionali e la comunità internazionale dei donatori; auspica che la Commissione lanci una riflessione generale su una futura gestione degli aiuti diretti ad opera delle autorità afgane;

34.

invita il governo afgano ad assicurare che il piano d'azione nazionale per l'uguaglianza di genere (NAPWA), di recente istituzione, riceva finanziamenti soddisfacenti e sia posto in atto in collaborazione con la società civile e le organizzazioni delle donne; invita parallelamente la Commissione a garantire che le sue azioni in materia di uguaglianza di genere siano trasparenti e coordinate con le corrispondenti azioni degli altri donatori per l'Afghanistan; invita pertanto la Commissione a presentare una relazione che valuti in quale misura la parità fra i sessi è stata a tutt'oggi tenuta in considerazione nella programmazione degli aiuti finanziari stanziati dall'Unione europea;

Settori prioritari degli aiuti

35.

esorta la Commissione a rafforzare, cooperando con gli Stati membri, i propri settori d'intervento concernenti la risoluzione dei problemi prioritari della vita quotidiana, la sanità, la sicurezza e l'accesso ai servizi pubblici e all'istruzione elementare;

36.

ritiene che le priorità enunciate nel Documento di strategia nazionale (2007-2013) della Commissione siano conformi alle esigenze della società afgana; sottolinea la necessità di concentrarsi sulla riforma del sistema della giustizia penale, inclusi la polizia, le pratiche detentive e la magistratura, di garantire il rispetto dei diritti umani, in particolare quelli di donne e bambini, di lottare contro la povertà, affrontando anche lo sviluppo rurale e il problema prioritario della produzione di oppio; accoglie con favore l'intenzione della Commissione di focalizzarsi sulla governance e chiede che venga dato nuovo slancio alla giustizia di transizione, conformemente al piano d'azione del governo afgano per la pace, la giustizia e la riconciliazione;

37.

sottolinea la necessità di aumentare l'aiuto allo sviluppo a favore dell'Afghanistan e nel contempo di renderlo più efficace; ribadisce che l'aiuto dovrebbe rafforzare le capacità locali ed essere equamente ripartito in tutto il paese in base alle necessità socio-economiche accertate; prende atto delle raccomandazioni formulate a tal fine in occasione della conferenza di Parigi e nella relazione dell'Agenzia di coordinamento degli aiuti in Afghanistan (ACBAR); sollecita la sua commissione per il controllo dei bilanci a includere una valutazione della misura in cui i finanziamenti destinati alla missione di polizia dell'Unione europea in Afghanistan sono stati utilizzati correttamente e in modo efficace;

38.

richiama l'attenzione su due sfide particolari che vanno affrontate con urgenza: lo sviluppo agricolo, al fine di evitare una potenziale crisi umanitaria che potrebbe aggravare ulteriormente la già precaria situazione della sicurezza, e la definizione di politiche e programmi che affrontino i principali problemi sociali e sanitari provocati dalla tossicodipendenza, con particolare riguardo alle donne e alle loro famiglie;

Controllo dei fondi dell'Unione

39.

si aspetta che la Commissione rafforzi i propri controlli quanto all'efficacia della gestione degli aiuti finanziari dell'Unione europea e, più in particolare, del contributo della Commissione ai fondi fiduciari;

40.

chiede alla Commissione di trasmettere al Parlamento europeo una relazione annuale contenente una valutazione dell'efficacia e dell'impatto degli aiuti, un documento che presenti una garanzia ragionevole per tipo di aiuto, sulla legalità e la regolarità di operazioni finanziate e cofinanziate, nonché le informazioni sul tasso di spese controllate, per tipo di aiuto, sulla tipologia delle irregolarità identificate e sulle misure adottate;

41.

ricorda il regolamento (CE) n. 1073/1999 e insiste affinché qualsiasi informazione su atti di frode o di grave irregolarità aventi un impatto sui fondi europei, sia inviata d'urgenza all'OLAF;

42.

insiste affinché la Commissione e l'OLAF adottino iniziative volte a rafforzare i contatti operativi con l'Integrity Department della Banca mondiale, in particolare nel quadro di finanziamenti tramite fondi fiduciari (trust fund) e chiede che sia attribuita un'attenzione particolare al miglioramento delle possibilità di effettuate indagini congiunte o coordinate con le agenzie delle Nazioni Unite;

43.

esprime profonda preoccupazione per i rischi cui è esposto il personale che opera nell'ambito della cooperazione allo sviluppo in Afghanistan, come ha accentuato la morte, nell'agosto 2008, di quattro operatori; ritiene che la sicurezza dei civili che prestano assistenza sia compromessa dalla labile distinzione tra operatori militari e civili, a causa dell'impiego di squadre militari di ricostruzione provinciale per l'esecuzione di azioni di sviluppo nelle province; chiede pertanto che si ristabilisca una chiara distinzione tra personale militare e civile;

44.

ritiene che il deterioramento della sicurezza sia causa di gravi difficoltà per il personale della delegazione della Commissione a Kabul e di un aumento dei costi della gestione della realizzazione dei progetti sostenuti dalla Commissione; esorta pertanto la Commissione a rafforzare l'organico di tale delegazione affinché sia dotato di personale sufficiente e preparato meglio per procedere a tutte le verifiche e a tutti gli audit e controlli necessari, visto il contesto prevalente in Afghanistan;

45.

chiede risorse adeguate per coprire i costi legati alla sicurezza nel quadro dei progetti della Commissione, onde garantire la protezione degli operatori umanitari e assicurare nel contempo che le legittime misure di sicurezza non sottraggano risorse agli obiettivi e alla realizzazione dei progetti;

46.

desidera tributare un sentito omaggio al notevole lavoro compiuto dal personale della delegazione della Commissione a Kabul e chiede un rafforzamento sostanziale delle misure di sicurezza attuali nonché un miglioramento delle condizioni di lavoro;

Assistenza allo sviluppo delle capacità dell'amministrazione afgana

47.

accoglie con favore gli sforzi delle autorità afgane per migliorare i propri meccanismi finanziari e di gestione, che porterebbero a una gestione afgana, ma ritiene che la sostenibilità di questo processo richieda sforzi maggiori; sottolinea la necessità che le istituzioni afgane continuino la lotta alla corruzione e attuino politiche efficaci volte a migliorare la situazione sociale e le condizioni di vita, l'istruzione e la salute della popolazione e che sia riservata un'attenzione particolare alle modalità per integrare nel processo decisionale i gruppi marginalizzati e le donne;

48.

48considera essenziale rafforzare ulteriormente azioni e programmi volti a migliorare la buona governance e l'efficienza dell'amministrazione afgana, nonché a lottare contro tutte le forme di corruzione; prende atto dello sforzo effettuato dall'Unione europea per arginare la corruzione nell'amministrazione afgana, mettendo parte della propria linea di bilancio al servizio della loro formazione e rimunerazione, ed esorta la Commissione a continuare le azioni di formazione per il personale dell'amministrazione e delle forze dell'ordine;

49.

chiede che in Afghanistan siano organizzate formazioni analoghe a quelle organizzate dall'OLAF e da EuropeAid per funzionari africani, sul tema «protezione e ottimizzazione dei fondi pubblici - cooperazione fra le istituzioni nazionali e internazionali»;

50.

insiste affinché la comunità internazionale ottenga dal governo afgano una maggiore trasparenza nello stanziamento dei proventi fiscali alle province, ai distretti e alle autorità locali, affinché siano maggiormente coinvolte nell'attuazione delle politiche di sviluppo nazionale; chiede al governo afgano di informare adeguatamente il parlamento afgano sull'utilizzo degli aiuti internazionali;

51.

esorta la Commissione, gli Stati membri e il governo afgano a garantire che i loro programmi e le loro attività, soprattutto a livello provinciale, siano pienamente coordinati con la strategia nazionale di sviluppo per l'Afghanistan e conformi agli impegni assunti da tutte le parti in occasione della conferenza di Parigi;

52.

riconosce l'importanza delle squadre di ricostruzione provinciale e il lavoro delle forze di sicurezza afgane, ma riconosce anche che la promozione dello sviluppo in Afghanistan attraverso istituzioni civili-militari rappresenta una sfida per l'efficacia degli aiuti e chiede la massima partecipazione da parte delle organizzazioni non governative e della società civile del paese, del governo afgano e delle agenzie internazionali;

53.

si rammarica del fatto che le relazioni tra attori non statali e il governo dell'Afghanistan non siano sempre serene e chiede che venga profuso ogni sforzo per migliorarle; indica inoltre la necessità di stabilire una definizione rigorosa degli attori non statali senza scopo di lucro a livello nazionale, previa consultazione degli stessi;

54.

sostiene qualsiasi iniziativa volta a ravvicinare le delegazioni interparlamentari del Parlamento europeo e delle due camere del parlamento afgano, (la Wolesi Jirga e la Meshrano Jirga), a favore della buona governance parlamentare;

55.

rammenta la sua iniziativa di sostenere, nel bilancio 2008, il processo democratico nei parlamenti di paesi terzi, e conviene di utilizzare le relative risorse in modo da migliorare la capacità del parlamento afgano di legiferare, di controllare il potere esecutivo e di rappresentare pienamente il popolo afgano;

56.

sottolinea che è necessario dare la priorità al sostegno dello sviluppo dei partiti politici, di gruppi tematici in seno all'Assemblea nazionale, della società civile e dei mezzi d'informazione; ritiene che la comunità internazionale abbia il dovere di finanziare, in tutto o in parte, un bilancio elettorale, e di fornire assistenza per l'attuazione di tutte le norme della legge elettorale afgana, comprese quelle relative alla valutazione dei candidati;

57.

invita la Commissione e il governo afgano, in vista delle prossime elezioni presidenziali e legislative che si svolgeranno nel paese nel 2009 e nel 2010 rispettivamente, a continuare ad incoraggiare e a finanziare in misura sufficiente azioni a favore dell'emancipazione politica delle donne, segnatamente su scala regionale, considerato che, in occasione delle ultime elezioni per la nomina dei consigli provinciali, le candidature non erano state sufficientemente numerose per coprire i 124 seggi che sono previsti per le donne nell'ambito di detti consigli;

58.

ritiene che la Commissione debba aumentare i mezzi destinati alla lotta contro il traffico di stupefacenti e raccomanda che la comunità dei donatori moltiplichi i propri sforzi affinché le produzioni alternative a quelle della droga consentano ai produttori di beneficiare di redditi sufficienti, tali da garantire l'abbandono definitivo della coltivazione dell'oppio;

59.

ricorda la raccomandazione del Parlamento al Consiglio del 25 ottobre 2007 sulla produzione di oppio a fini terapeutici in Afghanistan (6), in cui invitava ad opporsi, nel quadro di programmi di sviluppo integrato, al ricorso alle fumigazioni come metodo di estirpazione del papavero in Afghanistan e ad offrire assistenza nell'esame delle possibilità e della fattibilità del progetto pilota scientifico intitolato «Il papavero per la medicina»;

*

* *

60.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché a quelli della Repubblica islamica dell'Afghanistan.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0337.

(2)  Testi approvati, P6_TA(2008)0133.

(3)  GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.

(4)  GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1.

(5)  GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41.

(6)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 651.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/95


Parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro

P6_TA(2009)0024

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 concernente il recepimento e l'applicazione della direttiva 2002/73/CE relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (2008/2039(INI))

(2010/C 46 E/13)

Il Parlamento europeo,

visto l'accordo interistituzionale del 16 dicembre 2003«Legiferare meglio» (1) concluso tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione,

vista la direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro (2),

visto l'articolo 45 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A6-0491/2008),

A.

considerando che i principi della democrazia e dello Stato di diritto, sanciti dal trattato CE, rendono opportuno un controllo da parte del legislatore sull'attuazione della legislazione che ha adottato,

B.

considerando che il compito del Parlamento di controllare, in veste di co-legislatore, l'attuazione della direttiva 2002/73/CE è reso più complesso a causa delle scarse informazioni rese disponibili dalla Commissione; considerando che, per tale ragione, sono state inviate richieste di informazioni alle commissioni competenti dei parlamenti nazionali e agli organismi specializzati in questioni di parità, cui hanno risposto 27 parlamenti nazionali e 16 organismi,

C.

considerando che la direttiva 2002/73/CE è una pietra miliare nel processo teso a realizzare l'uguaglianza tra donne e uomini e ad affrontare le discriminazioni basate sul genere nella società nel suo complesso,

D.

considerando che la direttiva 2002/73/CE definisce le nozioni di discriminazione diretta, discriminazione indiretta, molestie e molestie sessuali, vieta la discriminazione nei confronti delle donne per motivi legati alla gravidanza o al congedo di maternità e sancisce il diritto di essere reintegrati nel medesimo posto di lavoro o in uno equivalente, dopo il congedo di maternità, di paternità o per adozione, laddove tali diritti siano riconosciuti dagli Stati membri,

E.

considerando che gli Stati membri si sono assunti una serie di obblighi nel recepimento della direttiva 2002/73/CE entro il 5 ottobre 2005, tra cui:

la designazione di un organismo o di una serie di organismi le cui competenze includano la promozione, l'analisi, il controllo e il sostegno alla parità di trattamento per uomini e donne,

la promozione del dialogo tra le parti sociali, al fine di promuovere la parità di trattamento, anche attraverso il controllo delle pratiche adottate sul luogo di lavoro, degli accordi collettivi ecc.,

l'incoraggiamento del dialogo con le ONG pertinenti al fine di promuovere il principio della parità di trattamento,

la promozione della parità di trattamento sul luogo di lavoro in modo organizzato e sistematico, per esempio attraverso relazioni sulla parità elaborate a livello aziendale, con informazioni regolari sulla parità di trattamento tra donne e uomini,

misure efficaci per assicurare sanzioni concrete in caso di violazione della direttiva, in cui il risarcimento delle vittime non sia limitato dalla fissazione a priori di un tetto massimo, salvo in casi molto limitati,

la garanzia, per le persone che sostengono le vittime di discriminazioni di genere e molestie, della medesima protezione da trattamenti ostili,

la presentazione, ogni quattro anni, di relazioni alla Commissione sulle misure adottate per apportare vantaggi specifici per il genere sottorappresentato nelle attività professionali, oltre che sull' attuazione di dette misure,

la garanzia che le disposizioni di contratti o accordi in violazione della direttiva siano modificati o dichiarati nulli e privi di valore,

F.

considerando che l'attuazione lenta o di scarsa qualità della direttiva 2002/73/CE rischia di mettere a repentaglio il risultato ottenuto dalla strategia di Lisbona e lo sviluppo del pieno potenziale della capacità sociale ed economica dell'Unione europea,

G.

considerando le difficoltà incontrate da molti Stati membri nel recepire la direttiva 2002/73/CE, soprattutto nell'introdurre nella legislazione nazionale misure specifiche e appropriate per migliorare la parità di genere e ridurre la discriminazione per quanto riguarda l'ottenimento di un lavoro, la formazione e la promozione professionali e le condizioni di lavoro,

H.

considerando che l'integrazione della dimensione di genere dovrebbe essere presa in considerazione in tali settori,

I.

considerando che la discriminazione di genere in altri aspetti sociali e politici è peggiorata dal persistere del divario retributivo tra i sessi, soprattutto tra i settori economici cosiddetti femminili e maschili,

J.

considerando che l'indipendenza economica delle donne è fondamentale per la loro emancipazione e che, pertanto, un'occupazione con tutela dei diritti costituisce una garanzia per il loro sviluppo personale e per l'inclusione sociale, e che occorre quindi migliorare la legislazione in materia di parità di trattamento,

1.

invita la Commissione a controllare con attenzione il recepimento della direttiva 2002/73/CE nonché la conformità con la normativa derivante da tale recepimento e a continuare a esercitare pressioni sugli Stati membri; sottolinea la necessità di mettere a disposizione risorse adeguate al raggiungimento di tali obiettivi;

2.

rammenta il punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» e, in particolare, l'impegno del Consiglio a incoraggiare gli Stati membri a elaborare e rendere pubbliche tavole che illustrino la concordanza tra le direttive e le misure nazionali di recepimento; ritiene che la disponibilità di tavole di concordanza faciliterebbe il compito della Commissione di controllare il recepimento della direttiva 2002/73/CE;

3.

sottolinea che la stretta collaborazione tra le commissioni competenti dei parlamenti nazionali e il Parlamento europeo per controllare il recepimento e l'attuazione della normativa in materia di uguaglianza di genere avvicinerebbe tale tematica ai cittadini e ai responsabili politici;

4.

apprezza il gran numero di risposte dettagliate inviate, in breve tempo, dai parlamenti nazionali e dagli organismi specializzati in questioni di parità circa la fase di completamento dell'attuazione e i relativi problemi;

5.

si rammarica che la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, basata sulle informazioni comunicate dagli Stati membri entro la fine del 2005, non sia ancora disponibile;

6.

deplora il fatto che talune normative nazionali non riprendano con sufficiente chiarezza e in modo esplicito le definizioni di discriminazione diretta e indiretta, nonché di molestie e molestie sessuali;

7.

manifesta preoccupazione per il fatto che in vari Stati membri l'ambito di applicazione dei divieti di discriminazione non sia sufficientemente ampio da risultare conforme alla direttiva 2002/73/CE; rammenta che le tipologie di discriminazione vietate colpiscono sia il settore privato che quello pubblico;

8.

si rammarica del fatto che alcune legislazioni nazionali contravvengano al principio di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, con la definizione di tetti massimi per il pagamento di indennità o risarcimenti alle vittime di discriminazioni;

9.

attira l'attenzione sul fatto che il trattamento meno favorevole delle donne relativamente al congedo di maternità costituisce una discriminazione; deplora il fatto che alcuni Stati membri non abbiano riconosciuto in modo esplicito il diritto a ritornare alla medesima attività lavorativa, o a un impiego equivalente, dopo il concedo di maternità;

10.

invita gli Stati membri a garantire che tutte le disposizioni della direttiva 2002/73/CE siano recepite in modo completo, corretto ed effettivo e che siano attuate adeguatamente;

11.

accoglie con favore gli sforzi compiuti dagli Stati membri che hanno esteso o rafforzato i requisiti previsti dalla direttiva 2002/73/CE, in particolare le iniziative che hanno introdotto la tutela contro le discriminazioni in nuove categorie;

12.

chiede agli Stati membri di prendere provvedimenti per incoraggiare i datori di lavoro a promuovere condizioni di lavoro che prevengano le molestie sessuali e le molestie legate al sesso di una persona e a definire procedure specifiche per prevenire siffatti comportamenti;

13.

sollecita gli Stati membri a sviluppare le capacità e ad assicurare risorse adeguate agli organismi specializzati in questioni di parità di trattamento e di pari opportunità tra uomini e donne previsti dalla direttiva 2002/73/CE e rammenta che la direttiva prevede il requisito della garanzia di indipendenza di tali organismi;

14.

sottolinea i diversi approcci adottati nei confronti dell'attuazione dell'articolo 8 bis della direttiva 2002/73/CE, che evidenziano la necessità di cooperare e scambiare buone prassi tra Stati membri; ritiene che la Rete di organismi nazionali per l'uguaglianza di genere della Commissione ed Equinet siano entrambi strumenti importanti per rafforzare tale cooperazione e promuovere l'attuazione uniforme del diritto comunitario nel settore della parità di trattamento tra donne e uomini;

15.

accoglie favorevolmente l'intenzione della Commissione di condurre uno studio sull'organizzazione degli organismi specializzati in questioni di parità nel corso del 2009; invita la Commissione e gli Stati membri a misurare il livello di conoscenza, da parte dei cittadini dell'Unione, dei servizi offerti da tali organismi e di avviare campagne di informazione per diffondere la conoscenza degli organismi stessi;

16.

attira l'attenzione sull'insufficiente livello di consapevolezza dei diritti previsti dalla direttiva 2002/73/CE tra le donne, come si deduce dal basso numero di procedimenti in materia di uguaglianza di genere e di denunce presentate; invita gli Stati membri, le organizzazioni sindacali, i datori di lavoro e le ONG a intensificare gli sforzi per informare le donne circa le possibilità offerte alle vittime di discriminazioni dalla normativa vigente dal 2005;

17.

sottolinea la limitata fiducia nella tutela giudiziaria manifestata dalle vittime di discriminazioni; invita gli Stati membri ad accertarsi che l'assistenza accordata sia indipendente e agevolmente disponibile, a rafforzare le garanzie per le vittime di discriminazione e a provvedere alla tutela giudiziaria delle persone che difendono una persona tutelata ai sensi della direttiva 2002/73/CE, o che forniscono elementi probatori per conto di tale persona;

18.

invita la Commissione a esaminare se gli Stati membri fanno in modo di evitare che ostacoli giuridici o di altra natura, come ad esempio scadenze eccessivamente ravvicinate, impediscano alle vittime, alle associazioni e alle organizzazioni che hanno un legittimo interesse al rispetto della direttiva 2002/73/CE, di adire le vie legali in caso di violazione delle norme sul diritto all'eguaglianza e alla protezione contro la discriminazione, o nel caso delle vittime di rivendicare i pieni diritti ai sensi della direttiva 2002/73/CE in altre procedure amministrative;

19.

prende atto degli effetti positivi sulla prevenzione e l'accertamento dell'esistenza di prassi discriminatorie che possono derivare dalla stretta collaborazione tra organismi specializzati in questioni di parità e ispettori del lavoro; invita gli Stati membri a continuare a formare gli ispettori del lavoro alla luce delle nuove responsabilità derivanti dalla trasposizione della direttiva 2002/73/CE, oltre ad utilizzare i nuovi strumenti creati, come l'inversione dell'onere della prova;

20.

mette in evidenza il ruolo essenziale delle ONG nel fornire assistenza alle vittime di discriminazioni; chiede alle autorità pubbliche di stanziare risorse per progetti di mediazione e assistenza, la cui realizzazione è più complessa di quella delle campagne di informazione;

21.

sottolinea l'importanza di indicatori quantitativi e qualitativi affidabili, confrontabili e disponibili, nonché di statistiche basate sul genere, per garantire l'attuazione e il seguito da dare alla direttiva; sollecita gli organismi specializzati in questioni di parità a intensificare gli sforzi nel condurre indagini indipendenti e ad avanzare raccomandazioni circa eventuali questioni legate alla discriminazione; rammenta il ruolo dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, a cui è stato affidato il compito di raccogliere e analizzare le informazioni in materia di uguaglianza di genere, sensibilizzare i cittadini dell'Unione europea in merito a tale tematica e sviluppare strumenti metodologici a sostegno dell'integrazione di genere;

22.

evidenzia la necessità di promuovere il dialogo tra le parti sociali per applicare il principio di parità di trattamento, attraverso il controllo delle pratiche adottate sul luogo di lavoro, gli accordi collettivi, i codici di condotta, le ricerche e lo scambio di esperienze e buone prassi;

23.

invita gli Stati membri a incoraggiare i datori di lavoro a fornire regolarmente ai dipendenti e ai loro rappresentanti informazioni basate sul rispetto del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne;

24.

invita gli Stati membri a incoraggiare i datori di lavoro a fornire regolarmente ai dipendenti e ai loro rappresentanti informazioni sulle questioni di genere;

25.

insiste sulla necessità di sviluppare meccanismi nazionali volti a controllare l'attuazione del principio della parità di retribuzione e del reinserimento nel posto di lavoro dopo un congedo di maternità o paternità o per l'assistenza ai familiari dipendenti;

26.

rileva che il divario retributivo persiste, dato che le donne percepiscono stipendi che sono in media il 15% più bassi di quelli degli uomini, che tale divario si è ridotto solo dell'1% tra il 2000 e il 2006 e che la percentuale di donne in funzioni manageriali è ancora molto inferiore a quella degli uomini; insiste sulla necessità di mettere a punto meccanismi nazionali volti a monitorare l'applicazione del principio della parità di retribuzione e invita la Commissione a rinnovare la programmazione delle apposite misure di sostegno, nel debito rispetto del principio di sussidiarietà;

27.

sottolinea la necessità di incentivare iniziative che contribuiscano a sviluppare e a realizzare nelle imprese azioni positive e politiche in materia di risorse umane che promuovano la parità di genere; invita gli Stati membri a raccomandare alle imprese di sviluppare e attuare piani aziendali in materia di uguaglianza e di promuovere una rappresentanza equilibrata, dal punto di vista del genere, negli organi direttivi e decisionali;

28.

rammenta agli Stati membri l'importanza di realizzare attivamente l'integrazione di genere e di adoperarsi per conciliare la vita familiare e quella professionale nella fase di definizione e di attuazione delle leggi;

29.

sottolinea l'esigenza di combattere gli ostacoli concreti cui sono confrontate le donne e le ragazze affette da disabilità e i genitori di bambini disabili per quanto riguarda la parità di accesso all'istruzione e al mercato del lavoro nonché la necessità di adattare le azioni alle esigenze particolari di tali gruppi e di adeguarle in modo da inserire la dimensione di genere in tutte le politiche;

30.

sottolinea la necessità di garantire maggiore flessibilità in materia di congedo parentale, specie per i genitori con figli disabili;

31.

invita gli Stati membri a eliminare la discriminazione a danno delle ragazze e delle giovani donne nel passaggio dalla scuola alla formazione e dalla formazione alla vita professionale attraverso interventi mirati ed anche nella fase di reinserimento nel mercato del lavoro dopo un'interruzione dovuta alla cura dei figli o di famigliari; rileva la necessità di servizi pubblici di custodia dei bambini, cure mediche e assistenza per gli anziani; ricorda agli Stati membri l'impegno che hanno assunto su queste problematiche in occasione del Vertice di Barcellona del 2002;

32.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali e agli organismi nazionali specializzati in questioni di parità.


(1)  GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.

(2)  GU L 269 del 5.10.2002, pag. 15.


24.2.2010   

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Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/100


Situazione nella Striscia di Gaza

P6_TA(2009)0025

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sulla situazione nella Striscia di Gaza

(2010/C 46 E/14)

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sul Medio Oriente, in particolare quelle del 16 novembre 2006 sulla situazione nella Striscia di Gaza (1), del 12 luglio 2007 sul Medio Oriente (2), dell'11 ottobre 2007 sulla situazione umanitaria a Gaza (3) e del 21 febbraio 2008 sulla situazione nella Striscia di Gaza (4),

viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 242 del 22 novembre 1967(S/RES/242(1967)), 338 del 22 ottobre 1973 (S/RES/338(1973)), e 1860 dell'8 gennaio 2009 (S/RES/1860(2009)),

vista la quarta Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra),

visto il rinvio del voto sul parere conforme relativo all'estensione della partecipazione di Israele ai programmi della Comunità europea,

vista la dichiarazione dell'Unione europea del 30 dicembre 2008 sulla situazione in Medio Oriente,

visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.

considerando che il 27 dicembre 2008 Israele ha lanciato un'offensiva militare a Gaza in risposta ai lanci di razzi da parte di Hamas nel sud di Israele da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza e in seguito alla fine della tregua e al rifiuto di rinnovare l'accordo sul cessate il fuoco,

B.

considerando che in base alle ultime notizie l'operazione israeliana finora è costata la vita a circa un migliaio di persone a Gaza, molte delle quali donne e bambini, e ha provocato migliaia di feriti e la distruzione di case, scuole e altre parti importanti di infrastrutture civili a causa dell'uso della forza da parte dell'esercito israeliano,

C.

considerando che i valichi di frontiera da e verso Gaza sono stati chiusi per diciotto mesi e che l'embargo sulla circolazione delle persone e delle merci ha inciso pesantemente sulla vita quotidiana degli abitanti e ha ulteriormente paralizzato l'economia della Striscia di Gaza e ha limitato qualsiasi miglioramento sostanziale nella situazione in Cisgiordania; considerando che l'embargo sulla Striscia di Gaza rappresenta una punizione collettiva in violazione del diritto internazionale umanitario,

D.

considerando che il miglioramento delle condizioni di vita dei palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania nonché un rilancio del processo di pace e la creazione di istituzioni palestinesi funzionanti a Gaza sono elementi fondamentali degli sforzi intesi a conseguire una pace giusta e duratura fra israeliani e palestinesi,

E.

considerando che il considerevole sostegno finanziario dell'Unione europea a favore dei palestinesi ha svolto un ruolo importante nel cercare di evitare una catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania; considerando che l'Unione europea continua a fornire, in particolare tramite l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near Eas, UNWRA), assistenza umanitaria nella Striscia di Gaza,

1.

accoglie con favore l'adozione della risoluzione n. 1860 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dell'8 gennaio 2009 e si rammarica del fatto che finora sia Israele sia Hamas non abbiano aderito alla richiesta di cessazione delle ostilità formulata dalle Nazioni Unite; chiede un cessate il fuoco immediato e permanente che preveda altresì la fine del lancio di razzi da parte di Hamas contro Israele e il termine dell'attuale azione militare israeliana a Gaza;

2.

concorda sulla necessità di prevedere urgentemente, come richiesto dalla risoluzione n. 1860 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, disposizioni e garanzie a Gaza per il mantenimento di un cessate il fuoco durevole che includa nel contempo il ritiro delle truppe israeliane, la riapertura stabile dei valichi di frontiera, la cessazione dell'embargo e la prevenzione del traffico illegale di armi e munizioni;

3.

chiede una tregua negoziale che dovrebbe essere garantita da un meccanismo, istituito dalla comunità internazionale coordinata dal Quartetto e dalla Lega degli Stati arabi, che potrebbe includere una presenza multinazionale nel quadro di un mandato chiaro, al fine di ristabilire la sicurezza e garantire il rispetto del cessate il fuoco per le popolazioni di Israele e di Gaza, con particolare riferimento al controllo del confine tra l'Egitto e la Striscia di Gaza, il che implica un ruolo importante per l'Egitto; invita il Consiglio fare maggiori pressioni per far cessare le violenze in corso; incoraggia gli sforzi diplomatici intrapresi finora dalla comunità internazionale, in particolare dall'Egitto e dall'Unione europea;

4.

esprime sgomento dinanzi alle sofferenze della popolazione civile a Gaza; condanna con forza in particolare il fatto che durante gli attacchi siano stati colpiti obiettivi civili e delle Nazioni Unite; esprime la propria solidarietà alla popolazione civile vittima della violenza a Gaza e nel sud d'Israele;

5.

chiede con insistenza alle autorità israeliane di consentire il libero accesso agli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e di garantire un flusso continuo e sufficiente degli aiuti attraverso i corridoi umanitari; esorta vivamente le autorità israeliane a permettere alla stampa internazionale di seguire gli avvenimenti sul posto;

6.

chiede a Israele di adempiere ai suoi obblighi in forza del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario; chiede ad Hamas di porre fine al lancio di razzi e di assumersi le sue responsabilità impegnandosi in un processo politico finalizzato a ripristinare il dialogo tra i palestinesi e a contribuire al processo negoziale in corso;

7.

esorta l'Unione europea a prendere una posizione politica più determinata e coesa e invita il Consiglio a cogliere l'opportunità di collaborare con la nuova amministrazione statunitense per porre fine al conflitto con un accordo fondato sulla soluzione dei «due Stati», intesa a garantire una nuova struttura di sicurezza regionale pacifica in Medio Oriente;

8.

sottolinea la necessità di rinnovare gli sforzi per una riconciliazione tra i palestinesi tra tutte le componenti della società palestinese, sulla base dell'accordo della Mecca dell'8 febbraio 2007, che prevede l'accettazione degli accordi precedenti, incluso il diritto di esistenza dello Stato di Israele; sottolinea, al riguardo, l'esigenza di un collegamento geografico permanente e di una riunificazione politica pacifica e duratura tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania;

9.

sottolinea che solo reali progressi verso la pace e un miglioramento sostanziale della situazione in Cisgiordania e a Gaza possono rafforzare la legittimità dell'Autorità palestinese;

10.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Inviato speciale del Quartetto in Medio Oriente, al Presidente dell'Autorità palestinese, al Consiglio legislativo palestinese, al governo israeliano, alla Knesset, al governo e al parlamento egiziani e al Segretario generale della Lega degli Stati arabi.


(1)  GU C 314 E del 21.12.2006, pag. 324.

(2)  GU C 175 E del 10.7.2008, pag. 579.

(3)  GU C 227 E del 4.9.2008, pag. 138.

(4)  Testi approvati, P6_TA(2008)0064.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/102


Situazione nel Corno d'Africa

P6_TA(2009)0026

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sulla situazione nel Corno d'Africa

(2010/C 46 E/15)

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sui paesi del Corno d'Africa,

visto il resoconto sulla missione nel Corno d'Africa approvata dalla sua commissione per lo sviluppo l'8 dicembre 2008,

visto l'articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.

considerando che i conflitti irrisolti riguardanti i confini tra Etiopia ed Eritrea e tra Eritrea e Gibuti hanno effetti negativi sulla pace e la sicurezza nel Corno d'Africa; che la situazione in Somalia si è aggravata diventando una delle peggiori crisi mondiali a livello umanitario e di sicurezza; che la situazione nel Sudan rappresenta un grave fattore di rischio per la sicurezza nella regione,

B.

considerando che l'Etiopia e l'Eritrea hanno posto fine al loro conflitto, firmando gli «Accordi di Algeri» promossi dalla comunità internazionale, i quali prevedono una missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite (UNMEE) e l'istituzione della Commissione sui confini tra Etiopia ed Eritrea (EEBC), ma che permangono divergenze tra le due parti in merito all'applicazione degli accordi e della decisione della EEBC; che il mandato dell'UNMEE ha dovuto essere interrotto il 31 luglio 2008 dal momento che l'Eritrea ostacolava la missione e l'Etiopia aveva rifiutato di applicare la decisione della EEBC in relazione alla controversia sulla zona di Badme,

C.

considerando che nel giugno 2008 l'intensificazione delle violenze al confine tra Eritrea e Gibuti a Ras Doumeira ha causato 35 morti e decine di feriti; che il 12 giugno 2008 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto a entrambe le parti di impegnarsi a un cessate il fuoco, a ritirare le truppe e a ripristinare lo status quo preesistente; che l'attuale situazione è calma, ma la vicinanza delle truppe comporta un rischio di ripresa delle ostilità,

D.

considerando che il 29 ottobre 2008 venivano diretti attentati suicidi contro la missione commerciale etiopica, gli uffici delle Nazioni Unite e il palazzo presidenziale nella capitale del Somaliland, Hargeysa, contemporaneamente agli attacchi a Bossaso, nella regione somala del Puntland, in seguito ai quali sono stati effettuati numerosi arresti,

E.

considerando che nel novembre 2008 si è svolto un nuovo ciclo di negoziati a Gibuti, che ha condotto alla firma di un accordo per la divisione del potere tra i rappresentanti del governo federale transitorio della Somalia (TFG) e l'Alleanza per la nuova liberazione della Somalia - Gibuti (ARS-D) all'opposizione, e che entrambe le parti hanno annunciato pubblicamente il proprio sostegno ad una commissione d'inchiesta che indaghi sulle violazioni dei diritti dell'uomo in Somalia,

F.

considerando che nel corso di una conferenza, tenutasi il 29 ottobre 2008 a Nairobi, a cui hanno partecipato rappresentanti delle Istituzioni federali transitorie e membri del Parlamento federale transitorio, l'autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD) ha adottato un piano in sette punti a sostegno del processo di pace in Somalia e ha istituito un meccanismo per controllarne l'attuazione,

G.

considerando che dal novembre 2008 l'Etiopia ha progressivamente ritirato le sue truppe da Mogadiscio e da tutte le altre aree in cui esse erano ancora presenti in Somalia; che la missione dell'Unione africana in Somalia (AMISOM), che dal marzo 2007 si è limitata essenzialmente a Mogadiscio, si ritroverà da sola sul campo,

H.

che durante oltre quattro anni il TFG della Somalia non è riuscito a creare un governo dotato di una base ampia; che a seguito delle recenti dimissioni del Presidente Abdullahi esiste un pericolo reale di ripresa dei combattimenti tra le fazioni rivali,

I.

considerando che la pirateria costituisce un'altra sfida importante alla sicurezza nella regione del Corno d'Africa; considerando che la lotta contro la pirateria non può essere vinta solo militarmente, ma dipende principalmente dai successi conseguiti nella promozione della pace, dello sviluppo e nell'edificazione dello Stato; considerando che a seguito degli atti di pirateria il Programma alimentare mondiale (PAM) ha dovuto sospendere la consegna di aiuti alimentari alla Somalia, aggravando una situazione umanitaria già precaria,

J.

considerando che l'8 dicembre 2008 l'Unione europea ha lanciato la sua operazione marittima EU NAVFOR Somalia (ovvero Operazione Atalanta) avente lo scopo di proteggere i convogli marittimi del PAM e altre navi che attraversano le acque al largo della Somalia,

K.

considerando che la fallita applicazione dell'accordo globale di pace tra il Nord e il Sud del Sudan potrebbe portare alla secessione, che probabilmente sarà accompagnata da un conflitto militare sui giacimenti di petrolio nella regione di confine; che una tale secessione comporterebbe, con ogni probabilità, la totale frantumazione del paese, dal momento che il Darfur e la parte orientale chiederanno l'indipendenza e si assisterà a un conflitto interetnico alimentato dai paesi confinanti, compresa l'Eritrea,

L.

considerando che Gibuti continua ad affrontare sfide di enorme portata e che la sua situazione sta diventando allarmante a seguito della crisi alimentare mondiale; considerando che l'Ogaden, la regione somala dell'Etiopia, soffre di una grave siccità e che gli aiuti alimentari soggetti al controllo governativo e destinati agli abitanti della regione non giungono a destinazione, nonostante i recenti progressi che il PAM ha compiuto nella consegna degli aiuti alimentari in tale regione, dal momento che vengono ancora segnalati ritardi dovuti alle necessarie autorizzazioni militari per il trasporto verso la regione somala,

M.

considerando che la situazione relativa ai diritti umani, allo Stato di diritto, alla democrazia e alla governance in tutti i paesi del Corno d'Africa è da anni motivo di grande preoccupazione per l'Unione europea; considerando che vi sono denunce credibili di arresti arbitrari, lavori forzati, torture e maltrattamenti di prigionieri nonché di persecuzioni di giornalisti e di repressione politica nella regione,

N.

considerando che le violazioni dei diritti dell'uomo in Somalia comprendono il rapimento di due suore cattoliche italiane, Maria Teresa Olivero e Caterina Giraudo,

O.

considerando che il sistema di votazione a maggioranza, estremamente sfavorevole per i partiti dell'opposizione, che è stato adottato nelle elezioni legislative del 2008 è motivo di preoccupazione a Gibuti, dove il partito di opposizione Movimento per il rinnovamento democratico (MRD) è stato messo al bando nel luglio del 2008 con il pretesto assolutamente infondato del suo sostegno all'attacco eritreo contro Gibuti, mentre i dirigenti del sindacato Unione dei lavoratori di Gibuti/Unione generale dei lavoratori di Gibuti (UDT/UGTD) non sono stati reintegrati, dopo essere stati licenziati per motivi legati alle loro attività sindacali,

P.

considerando i timori tra le organizzazioni non-governative (ONG) e gli ambienti dell'opposizione per l'intensificarsi del controllo governativo e la riduzione della libertà politica a seguito delle recenti leggi sulla stampa e sulla registrazione dei partiti in Etiopia; considerando che la legge sulle ONG (la Proclamazione relativa alla registrazione e alla regolarizzazione delle organizzazioni civili e delle istituzioni benefiche) adottata dal governo etiope e ratificata dal parlamento potrebbe seriamente limitare le attività delle associazioni internazionali ed etiopi che si adoperano per l'uguaglianza, la giustizia, i diritti umani e la risoluzione dei conflitti,

Sicurezza regionale

1.

chiede al governo etiope di approvare formalmente, come definitiva e vincolante, la demarcazione tra l'Eritrea e l'Etiopia in base alle coordinate geografiche elaborata dalla EEBC; chiede al governo dell'Eritrea di accettare l'apertura di un dialogo con l'Etiopia che affronti il processo di ritiro delle truppe dal confine e la demarcazione fisica in base alla decisione della EEBC, come pure la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi, compresa la riapertura della frontiera agli scambi; chiede alla comunità internazionale e all'Unione europea di esercitare pressioni su entrambe le parti affinché superino l'attuale situazione di stallo;

2.

chiede al Consiglio di nominare un rappresentante speciale o inviato dell'Unione europea per la regione del Corno d'Africa;

3.

chiede al Consiglio e alla Commissione di portare avanti i loro sforzi nel quadro del partenariato politico regionale per la pace, la sicurezza e lo sviluppo nel Corno d'Africa, al fine di individuare progetti di interesse comune che potrebbero dar vita a una cooperazione funzionale tra l'Eritrea e l'Etiopia, ad esempio nei settori dell'approvvigionamento energetico, degli scambi transfrontalieri e dei porti;

4.

chiede al governo dell'Eritrea di ripensare l'attuale sospensione della sua partecipazione all'IGAD; chiede ai leader dell'Unione africana e dell'IGAD di continuare ad associare l'Eritrea e ad incoraggiare il suo governo ad aderire agli sforzi di cooperazione a livello regionale e subregionale;

5.

chiede al governo dell'Eritrea di accettare di invitare, congiuntamente con il governo di Gibuti, una missione d'inchiesta volta ad esaminare la situazione a Ras Doumeira; chiede a entrambi le parti di ricorrere al dialogo e alle vie diplomatiche per ripristinare le relazioni tra i due paesi;

6.

chiede al Consiglio e alla Commissione di continuare il loro sostegno a favore del potenziamento delle istituzioni in Somalia, dell'attuazione dell'accordo di pace di Gibuti e degli sforzi dell'IGAD nel processo di pace; chiede con insistenza il potenziamento di AMISOM e il dispiegamento di una forza di stabilizzazione delle Nazioni Unite in tempi rapidi non appena le condizioni politiche e di sicurezza lo permettano;

7.

condanna gli attacchi sempre più frequenti contro gli operatori umanitari avvenuti negli ultimi mesi, che hanno gravemente ostacolato la fornitura degli aiuti e hanno contribuito a peggiorare la situazione umanitaria in Somalia; chiede al Coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per la Somalia di negoziare l'accesso agli aiuti umanitari separatamente dal processo di pace di Gibuti, zona geografica per zona geografica, accelerare la fornitura di cibo e alleviare la terribile situazione umanitaria;

8.

sottolinea che a seguito della partecipazione, da parte dell'Unione europea e della comunità internazionale, al raggiungimento dell'accordo Nord-Sud in Sudan è ora essenziale continuare tutti gli sforzi in vista della sua attuazione e mantenere la dovuta pressione; chiede pertanto al Consiglio e alla comunità internazionale di intensificare il loro sostegno a favore dell'attuazione dell'accordo globale di pace Nord-Sud in Sudan e di assicurare il pieno dispiegamento della missione UN-UA in Darfur (UNAMID);

9.

chiede al Consiglio e alla Commissione di continuare a sostenere l'IGAD e i suoi sforzi volti a mettere a punto un piano di integrazione per la regione e di potenziarne le istituzioni;

Sicurezza alimentare e sviluppo

10.

chiede al governo dell'Eritrea di cooperare più da vicino con le organizzazioni internazionali nella valutazione della situazione della sicurezza alimentare, onde consentire interventi rapidi e mirati;

11.

chiede al governo dell'Eritrea di concedere alla Commissione un accesso illimitato ai progetti finanziati dalla Commissione e di migliorare la sua apertura all'assistenza tecnica per i progetti e i programmi concordati di comune accordo; chiede inoltre che la Proclamazione sulle ONG sia modificata in modo da agevolare i requisiti finanziari per le ONG che vogliono impegnarsi in attività di sviluppo in Eritrea;

12.

chiede al governo dell'Etiopia di garantire pieno accesso alle organizzazioni umanitarie nella regione somala di Ogaden e di porre in atto tutte le necessarie condizioni per permettere agli aiuti di raggiungere i loro destinatari in tutta la regione;

13.

invita la Commissione a continuare a sostenere le risposte regionali alle sfide transfrontaliere attraverso il partenariato dell'Unione europea per la pace, la sicurezza e lo sviluppo e in particolare la gestione regionale delle risorse idriche, quale elemento essenziale della sicurezza alimentare;

14.

chiede alla Commissione di verificare che nessuno dei suoi programmi di assistenza, compreso il programma «cash for work», sia attuato mediante lavoro forzato;

Diritti dell'uomo, democratizzazione e governance

15.

chiede al governo dell'Eritrea di rivelare pubblicamente dove si trovano i prigionieri e il loro stato di salute e di incriminare e rinviare immediatamente al giudizio di un tribunale tutti i detenuti politici e i giornalisti imprigionati o di rilasciarli immediatamente senza condizioni;

16.

invita il governo dell'Eritrea a rispettare pienamente i diritti umani e le libertà fondamentali, compresa la libertà di associazione, la libertà di espressione, la libertà dei mezzi di informazione e la libertà di coscienza;

17.

esprime la sua viva preoccupazione per la perdurante detenzione in Eritrea del giornalista svedese-eritreo Dawit Isaak che dal suo arresto, avvenuto nel settembre 2001, si trova in carcere senza essere stato sottoposto a un processo e chiede l'immediato rilascio di Dawit Isaak e degli altri giornalisti incarcerati;

18.

chiede all'Unione europea di ripensare il suo approccio nei confronti dell'Eritrea qualora non si registrino progressi verso il rispetto degli elementi essenziali dell'Accordo di Cotonou (Articolo 9), in particolare sulle questione fondamentali dei diritti umani (accesso del Comitato Internazionale della Croce Rossa ai penitenziari, rilascio dei prigionieri cosiddetti «G11»);

19.

chiede al governo federale transitorio somalo di condannare il rapimento delle due suore cattoliche italiane, di adoperarsi per accelerarne il rilascio e prevenire ulteriori rapimenti;

20.

chiede alle autorità di Gibuti di tutelare i diritti politici dei partiti dell'opposizione e delle organizzazioni indipendenti per i diritti umani, comprese piene garanzie in materia di libertà di stampa, libertà di assemblea e libertà di espressione; sottolinea la necessità di un dialogo significativo tra il governo e l'opposizione, che porti a un adeguamento della legge elettorale tale da consentire una rappresentanza più equa degli attuali partiti politici in parlamento; chiede alle autorità di Gibuti di consentire al partito di opposizione MRD la ripresa delle sue attività e di reintegrare tutti i leader del sindacato UDT/UGTD licenziati per motivi legati alle loro attività sindacali;

21.

chiede al governo di Gibuti di prendere misure per assicurare una migliore protezione sotto il profilo giuridico e pratico dei diritti dei sindacati sulla base delle rispettive convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL);

22.

si rammarica che il parlamento etiope abbia ratificato la Proclamazione per la registrazione e la regolarizzazione delle organizzazioni civili e delle istituzioni benefiche; chiede che siano apportati significativi adeguamenti in modo da garantire i principi fondamentali in materia di diritti umani; chiede un'applicazione non restrittiva di tale legge e insiste affinché la sua applicazione sia oggetto di uno stretto controllo da parte della Commissione;

23.

esorta vivamente le autorità etiopi a rivedere la legge sulla stampa e la legge sulla registrazione dei partiti, nonché la composizione della Commissione elettorale, affinché siano garantiti i diritti politici dei partiti dell'opposizione; chiede con insistenza alle autorità etiopi di svolgere indagini su tutti i presunti casi di maltrattamenti e di arresti arbitrari ai danni delle organizzazioni dell'opposizione e della società civile e che i responsabili siano processati;

24.

è indignato per la detenzione di Birtukan Midekssa, leader del partito di opposizione Unità per la democrazia e la giustizia (UDJ) e ne chiede l'immediato e incondizionato rilascio;

25.

chiede alle autorità etiopi di trattare rapidamente la richiesta di registrazione dell'Associazione nazionale degli insegnanti etiopi, conformemente alle leggi e alle norme in materia, e di porre fine alle persecuzioni ai danni dei membri di tale associazione;

26.

chiede ai governi dell'Etiopia, dell'Eritrea e di Gibuti e al Consiglio, conformemente all'articolo 8 e all'allegato VII dell'accordo di Cotonou riveduto, di concordare congiuntamente un approfondimento del dialogo politico sui diritti umani, i principi democratici e lo Stato di diritto, comprese le questioni di cui sopra, allo scopo di definire obiettivi di riferimento e raggiungere risultati e progressi concreti sul campo;

27.

riconosce che le elezioni in Sudan sono previste per il 2009, ma osserva che non si è ancora proceduto alla modifica delle leggi che limitano la libertà di espressione e di organizzazione per i singoli cittadini, i partiti politici e i mezzi d'informazione e che sono contrarie all'accordo globale di pace e alla Costituzione nazionale provvisoria, né è stata ancora istituita una Commissione nazionale per i diritti umani; sottolinea che l'abrogazione di tali leggi e la loro sostituzione con una normativa conforme all'accordo globale di pace e alla Costituzione nazionale provvisoria, nonché l'istituzione di una commissione nazionale per i diritti umani costituiscono requisiti essenziali per creare un ambiente in cui si possano svolgere elezioni libere e regolari;

*

* *

28.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, al Presidente della Commissione dell'Unione africana, al Presidente in carica dell'Assemblea dell'Unione africana, al Segretario generale dell'Unione africana, al parlamento panafricano, ai governi e ai parlamenti dei paesi dell'IGAD e ai co-presidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/107


Strategia dell'Unione europea in Bielorussia

P6_TA(2009)0027

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sulla strategia dell'Unione Europea nei confronti della Bielorussia

(2010/C 46 E/16)

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione in Bielorussia, in particolare quella del 9 ottobre 2008 sulla situazione in Bielorussia dopo le elezioni parlamentari del 28 settembre 2008 (1),

vista la dichiarazione resa dalla Presidenza a nome dell'Unione europea sulla posizione comune 2008/844/PESC del Consiglio, del 10 novembre 2008, che modifica la posizione comune 2006/276/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di determinati funzionari della Bielorussia (2),

viste le conclusioni del Consiglio affari generali e relazioni esterne sulla Bielorussia del 13 ottobre 2008, durante il quale si è decisa l'abolizione del divieto di intrattenere contatti politici con le autorità bielorusse e la sospensione per sei mesi del divieto di rilascio del visto a funzionari bielorussi, tra cui il Presidente Alexander Lukashenko,

vista la relazione annuale del Consiglio sui diritti umani per il 2008, del 27 novembre 2008 (14146/2/2008),

vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 3 dicembre 2008 sull'l'iniziativa per un partenariato orientale (COM(2008)0823),

vista la relazione finale della missione di osservazione elettorale dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) del 27 novembre 2008, sulle elezioni parlamentari in Bielorussia del 28 settembre 2008,

visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.

considerando che il Consiglio, nelle sue conclusioni summenzionate del 13 ottobre 2008, ha ribadito l'auspicio di un graduale riavvicinamento alla Bielorussia e la sua disponibilità ad avviare un dialogo con le autorità bielorusse, e con altre forze politiche del paese, con l'obiettivo di incoraggiare reali progressi verso la democrazia e il rispetto dei diritti umani,

B.

considerando che, al fine di promuovere il dialogo con le autorità bielorusse e l'adozione di misure positive volte a rafforzare la democrazia e il rispetto dei diritti umani, il Consiglio ha deciso la non applicazione, per un periodo di sei mesi, rinnovabile, delle restrizioni agli spostamenti imposte a determinati funzionari del governo bielorusso, ad eccezione di quelli coinvolti nelle sparizioni verificatesi nel 1999 e nel 2000 e del presidente della Commissione elettorale centrale,

C.

considerando che, in risposta ai passi positivi compiuti dalla Bielorussia, la Commissione ha già avviato un intenso dialogo con tale paese in settori quali l'energia, l'ambiente, le dogane, i trasporti e la sicurezza alimentare, ed ha confermato la sua disponibilità ad estendere ulteriormente la portata di tali colloqui tecnici, vantaggiosi per entrambe le parti,

D.

considerando che la missione di osservazione elettorale dell'OSCE/ODIHR ha affermato nella sua relazione finale che, malgrado alcuni limitati miglioramenti, le elezioni del 28 settembre 2008 - svoltesi in un clima di rigido controllo, con una campagna elettorale scarsamente visibile, e caratterizzate da mancanza di trasparenza nel conteggio dei voti e nell'aggregazione dei risultati provenienti dalle diverse sezioni di voto - non sono state, in definitiva, all'altezza degli standard democratici riconosciuti internazionalmente; considerando che Lidziya Yarmoshyna, presidente della Commissione centrale per le elezioni, ha ammesso che le elezioni del settembre 2008 non hanno riscosso «il riconoscimento pieno e incondizionato dei partner europei quali elezioni conformi alle norme internazionali» e che pertanto lo «scopo ultimo» delle elezioni non è stato raggiunto,

E.

considerando che la Commissione ha avviato l'iniziativa per un «partenariato orientale», allo scopo di intensificare la cooperazione con vari paesi dell'Europa orientale, dei quali la Bielorussia fa parte a condizione che soddisfi specifici criteri in materia di democrazia, rispetto dei diritti umani e Stato di diritto,

F.

considerando che il ministro bielorusso per gli Affari esteri, Syarhei Martynau, ha dichiarato che «la Bielorussia vede positivamente la partecipazione all'iniziativa del partenariato orientale» ed ha aggiunto che il suo paese intende partecipare a tale iniziativa,

G.

considerando che le autorità bielorusse hanno condannato a un anno di «libertà limitata» il militante dell'opposizione Alyaksandr Barazenka, per il ruolo da lui occupato nel corso di una manifestazione svoltasi nel gennaio 2008,

H.

considerando che le autorità bielorusse negano a un crescente numero di sacerdoti e suore protestanti e cattolici il diritto di esercitare il ministero della predicazione e dell'insegnamento,

1.

valuta positivamente la decisione delle autorità bielorusse di legalizzare il movimento «Per la libertà», guidato dall'ex candidato alla presidenza bielorussa Aliaksandr Milinkevich; auspica che il governo bielorusso migliori le condizioni concernenti la registrazione e l'attività di altri gruppi non governativi, tra cui partiti politici e l'organizzazione per la difesa dei diritti umani «Nasha Viasna»;

2.

plaude alla decisione delle autorità bielorusse di autorizzare la stampa e la distribuzione dei due giornali indipendenti «Narodnaia Volia» e «Nasha Niva»; ricorda nel contempo che vi sono ancora 13 giornali indipendenti in attesa di registrazione; plaude alla decisione del governo bielorusso di discutere le norme internazionali relative ai media su Internet e di consultare su tali questioni l'Associazione bielorussa dei giornalisti; auspica la creazione di condizioni adeguate anche per l'attività di altri media indipendenti in Bielorussia, compresa la possibilità di inserzioni pubblicitarie;

3.

prende atto della disponibilità della Bielorussia a discutere in dettaglio le raccomandazioni dell'OSCE/ODIHR sui miglioramenti da apportare alla legge elettorale; ritiene che si tratti di un passo importante e incoraggiante da parte della Bielorussia e attende vivamente la sua rapida concretizzazione nonché ulteriori iniziative in linea con le aspettative dell'Unione Europea;

4.

si rallegra del rilascio dei prigionieri politici in Bielorussia, ma deplora il fatto che Alyaksandr Kazulin, Sergei Parsyukevich e Andrei Kim non godono di tutti i diritti che la Costituzione della Repubblica di Bielorussia garantisce ai suoi cittadini e critica inoltre il fatto che, come nel caso di Alexander Barazenka, rimasto in carcere per settimane in attesa di essere processato per aver partecipato a una manifestazione nel gennaio 2008, alcuni altri attivisti sono tuttora sottoposti a varie forme di limitazione della libertà personale;

5.

si rallegra della decisione delle autorità bielorusse di revocare temporaneamente le restrizioni al movimento per un certo numero di vittime del disastro di Chernobyl, al fine di consentire loro di partecipare a programmi di riposo e recupero, e auspica che più a lungo termine si possa trovare una soluzione strutturale a tale questione; sollecita la Presidenza ceca a trattare come prioritaria la negoziazione di un accordo di tutta l'Unione Europea con le autorità bielorusse che consenta ai bambini di recarsi dalla Bielorussia in qualunque Stato membro dell'Unione Europea che organizzi tali programmi di recupero;

6.

rileva che, per poter migliorare in modo significativo le sue relazioni con l'Unione Europea, la Bielorussia dovrebbe (1) continuare ad essere un paese in cui non vi sono prigionieri politici, (2) garantire la libertà di espressione dei media, (3) continuare a cooperare con l'OSCE alla riforma della legge elettorale, (4) migliorare le condizioni in cui operano le organizzazioni non governative (ONG), e (5) garantire la libertà di riunione e di associazione politica;

7.

esorta il governo bielorusso a rispettare i diritti dell'uomo:

a)

apportando modifiche assolutamente indispensabili al codice penale bielorusso, con l'abrogazione degli articoli 367, 368 e 369-1 e in particolare dell'articolo 193, che sono spesso utilizzati indebitamente come strumento di repressione;

b)

astenendosi dal minacciare conseguenze penali, anche per elusione del servizio militare in Bielorussia, per gli studenti espulsi dalle università per il loro impegno civile e costretti perciò a continuare gli studi all'estero;

c)

eliminando tutti gli ostacoli che impediscono la corretta registrazione delle ONG in Bielorussia; abolendo il divieto di usare appartamenti privati come indirizzo per la registrazione di associazioni senza scopo di lucro; riesaminando il decreto presidenziale n. 533, del 23 ottobre 2007, che regolamenta l'uso di locali per uffici da parte di ONG e partiti politici;

d)

migliorando il trattamento e il rispetto delle minoranze nazionali, ivi compreso il riconoscimento dell'organo legittimamente eletto dell'Unione dei polacchi in Bielorussia, guidato da Angelika Borys, nonché il trattamento e il rispetto della cultura, delle chiese, del sistema d'istruzione e del patrimonio storico e materiale,

così da porre fine all'isolamento autoimposto del paese dal resto dell'Europa e migliorare significativamente le relazioni tra Unione europea e Bielorussia;

8.

sottolinea che l'opposizione democratica deve partecipare al processo di graduale riavvicinamento alla Bielorussia;

9.

invita il Consiglio e la Commissione ad adottare ulteriori iniziative per liberalizzare le procedure di visto per i cittadini bielorussi, poiché tali misure sono cruciali per la realizzazione del principale obiettivo della politica dell'Unione Europea nei confronti della Bielorussia, ossia l'intensificazione dei contatti diretti tra le persone, che a loro volta facilitano la democratizzazione del paese; sollecita in tale contesto le due istituzioni a valutare la possibilità di diminuire il costo dei visti per l'entrata dei cittadini bielorussi nell'area Schengen e di semplificare la procedura necessaria per ottenerli;

10.

invita il Consiglio e la Commissione a prendere in considerazione l'applicazione selettiva alla Bielorussia dello strumento europeo di vicinato e partenariato (3) e dello strumento europeo per i diritti umani e la democrazia (4), offrendo maggiore sostegno alla società civile bielorussa, a sollecitare il governo bielorusso affinché, come segno di buona volontà e di cambiamento positivo, permetta alla «Università europea di studi umanistici» bielorussa, in esilio a Vilnius (Lituania), di tornare legalmente in Bielorussia e di reinsediarsi a Minsk, in condizioni adeguate al suo futuro sviluppo, ad accordare un sostegno finanziario al canale televisivo indipendente bielorusso Belsat e a sollecitare il governo bielorusso a procedere alla registrazione ufficiale di Belsat in Bielorussia;

11.

esorta in tale contesto il Consiglio e la Commissione a prendere in considerazione misure tendenti a migliorare il clima imprenditoriale, il commercio, gli investimenti, le infrastrutture energetiche e di trasporto e la cooperazione transfrontaliera tra l'Unione Europea e la Bielorussia, così da contribuire al benessere e alla prosperità dei cittadini della Bielorussia e aumentare le loro possibilità di comunicare con l'Unione Europea e di viaggiarvi liberamente;

12.

invita il Consiglio e la Commissione a prendere in considerazione la partecipazione della Banca Europea degli Investimenti (BEI) agli investimenti nelle infrastrutture bielorusse per il transito dell'energia; sottolinea l'importanza della partecipazione di imprese europee al processo di privatizzazione in Bielorussia;

13.

invita le autorità bielorusse a rispettare rigorosamente le norme e i requisiti internazionali di sicurezza nella costruzione di una nuova centrale nucleare; invita la Bielorussia a ratificare il protocollo aggiuntivo all'accordo di salvaguardia integrale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA); invita la Commissione a vigilare, riferendo al Parlamento europeo e agli Stati membri, sul rispetto da parte della Bielorussia delle raccomandazioni dell'AIEA e degli obblighi stabiliti dalla Convenzione sulla sicurezza nucleare e dal Trattato di non proliferazione nucleare, nonché sugli effetti che il funzionamento della centrale nucleare potrebbe avere sugli Stati membri dell'Unione Europea confinanti;

14.

deplora la decisione, adottata ripetutamente dalle autorità bielorusse negli ultimi anni, di rifiutare il visto d'ingresso ai deputati del Parlamento europeo e a parlamentari nazionali; invita le autorità bielorusse a non creare ulteriori ostacoli tali da impedire alla delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Bielorussia di visitare il paese;

15.

plaude all'approccio adottato finora dalle autorità bielorusse che, nonostante enormi pressioni, non hanno riconosciuto le dichiarazioni unilaterali d'indipendenza dell'Ossezia meridionale e dell'Abkhazia;

16.

condanna il fatto che in Bielorussia, unico paese in Europa, sia ancora in vigore la pena di morte, in contrasto con i valori delle Nazioni Unite;

17.

invita le autorità bielorusse a rispettare la libertà di religione; condanna le ripetute espulsioni dalla Bielorussia di cittadini europei, tra cui dei sacerdoti, in contrasto col processo di costruzione della fiducia con l'Unione Europea;

18.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai parlamenti e ai governi degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, alle Assemblee parlamentari dell'OSCE e del Consiglio d'Europa, al Segretariato della Comunità di Stati Indipendenti e al parlamento e al governo della Bielorussia.


(1)  Testi approvati, P6_TA(2008)0470.

(2)  GU L 300 del 11.11.2008, pag. 56.

(3)  Regolamento (CE) n. 1638/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato (GU L 310 del 9.11.2006, pag. 1).

(4)  Regolamento (CE) n. 1889/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (GU L 386 del 29.12.2006, pag. 1).


24.2.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 46/111


Srebrenica

P6_TA(2009)0028

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 su Srebrenica

(2010/C 46 E/17)

Il Parlamento europeo,

vista la sua risoluzione del 7 luglio 2005«Avvenire dei Balcani dieci anni dopo Srebrenica» (1),

visto l'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Bosnia-Erzegovina, dall'altra, sottoscritto a Lussemburgo il 16 giugno 2008 e la prospettiva di adesione all'Unione europea accordata a tutti i paesi dei Balcani occidentali in occasione del vertice dell'Unione europea di Salonicco del 2003,

visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.

considerando che nel luglio 1995 la città bosniaca di Srebrenica, che era all'epoca un'enclave isolata proclamata zona protetta dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 16 aprile 1993, cadde nelle mani delle milizie serbe, guidate dal generale Ratko Mladić e sotto la direzione dell'allora Presidente della Republika Srpska Radovan Karadžić,

B.

considerando che nei numerosi giorni di massacro successivi alla caduta di Srebrenica, più di 8 000 uomini e ragazzi musulmani, che avevano cercato riparo nell'area di Srebrenica protetta della Forza di protezione delle Nazioni Unite (UNPROFOR), sono stati sommariamente giustiziati dalle forze serbo-bosniache comandate dal generale Mladić e da unità paramilitari, tra cui reparti irregolari di polizia serbi penetrati in territorio bosniaco dalla Serbia; considerando che circa 25 000 donne, bambini e anziani sono stati deportati con la forza, rendendo tale evento il maggior crimine di guerra perpetrato in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale,

C.

considerando che questa tragedia, dichiarata atto di genocidio dal Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia, avvenne in una zona che l'ONU aveva proclamato zona di sicurezza («safe haven») e rappresenta perciò un simbolo dell'impotenza della comunità internazionale ad intervenire nel conflitto e a proteggere la popolazione civile,

D.

considerando le molteplici violazioni delle Convenzioni di Ginevra perpetrate dalle truppe serbo-bosniache contro la popolazione civile di Srebrenica, fra cui la deportazione di migliaia di donne, bambini ed anziani e lo stupro di un gran numero di donne,

E.

considerando che, nonostante gli enormi sforzi finora compiuti per scoprire le fosse comuni e individuali e per esumare e identificare i corpi delle vittime, le ricerche condotte fino ad oggi non consentono una ricostruzione completa degli eventi che si sono verificati a Srebrenica e nei dintorni,

F.

considerando che non può esservi vera pace senza giustizia e che la piena e incondizionata cooperazione con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia resta la premessa fondamentale per la prosecuzione del processo di integrazione degli Stati dei Balcani occidentali nell'Unione europea,

G.

considerando che il generale Radislav Krstić dell'esercito serbo-bosniaco è la prima persona giudicata colpevole di complicità nel genocidio di Sebrenica dal Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia, ma considerando al tempo stesso che il principale accusato, Ratko Mladić, a distanza di quattordici anni dai tragici eventi, è tuttora latitante; considerando, altresì, con favore il fatto che Radovan Karadžić sia stato condotto dinanzi al Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia,

H.

considerando che l'istituzionalizzazione di un giorno del ricordo costituisce il modo migliore per pagare un tributo alle vittime dei massacri e inviare un chiaro messaggio alle generazioni future,

1.

commemora e onora tutte le vittime delle atrocità perpetrate durante le guerre combattute nell'ex Iugoslavia; esprime le sue condoglianze e la sua solidarietà alle famiglie delle vittime, molte delle quali vivono senza conoscere con certezza il destino dei loro familiari; riconosce che questo continuo dolore è aggravato dal fatto che i responsabili di questi atti non sono stati processati;

2.

invita il Consiglio e la Commissione a commemorare degnamente l'anniversario del genocidio di Srebrenica-Potočari, sostenendo la proposta del Parlamento di proclamare l'11 luglio giorno di commemorazione del genocidio di Srebrenica nell'intera Unione europea ed invita tutti i paesi dei Balcani occidentali a fare altrettanto;

3.

chiede ulteriori sforzi per assicurare alla giustizia coloro che sono ancora latitanti, manifesta il suo pieno appoggio al valido e difficile lavoro del Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia e sottolinea che consegnare alla giustizia i responsabili dei massacri a Srebrenica e nei suoi dintorni rappresenta un importante progresso verso la pace e la stabilità nella regione; ribadisce a tale proposito che occorre prestare maggiore attenzione ai processi per crimini di guerra a livello interno;

4.

sottolinea l'importanza della riconciliazione come parte del processo di integrazione europea; evidenzia l'importante ruolo delle comunità religiose, dei media e del sistema scolastico in questo processo, affinché i civili di tutti i gruppi etnici possano superare le tensioni del passato ed iniziare una pacifica e sincera coesistenza tesa ad una pace, una stabilità e una crescita economica durature; esorta tutti i paesi a compiere ulteriori sforzi per cominciare ad accettare un passato difficile e travagliato;

5.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, al governo e al parlamento della Bosnia Erzegovina e alle sue comunità, nonché ai governi e ai parlamenti dei paesi dei Balcani occidentali.


(1)  GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 468.


24.2.2010   

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CE 46/113


Iran: il caso di Shirin Ebadi

P6_TA(2009)0029

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sull'Iran: il caso di Shirin Ebadi

(2010/C 46 E/18)

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sull'Iran, in particolare quelle concernenti i diritti umani,

visto il terzo incontro interparlamentare tra il Parlamento europeo e il Majlis (parlamento) della Repubblica islamica dell'Iran, che ha avuto luogo il 4 e 5 novembre 2008 a Bruxelles, e la relazione in merito,

vista la dichiarazione rilasciata dalla Presidenza del Consiglio a nome dell'Unione europea il 22 dicembre 2008 sulla chiusura, da parte della polizia iraniana, del Centro per la difesa dei diritti umani (CDDU) diretto dall'avvocato Shirin Ebadi, vincitrice del Premio Nobel per la pace nel 2003,

viste le dichiarazioni della Presidenza del Consiglio del 31 dicembre 2008 sulle minacce contro Shirin Ebadi,

vista la dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite del 3 gennaio 2009, sulle vessazioni e la persecuzione ai danni di Shirin Ebadi e sulla sua sicurezza,

viste le precedenti risoluzioni dell'Assemblea generale dell'ONU e, in particolare, la risoluzione n. 63/191 del 18 dicembre 2008, sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran,

vista la relazione del Segretario generale dell'ONU del 1 ottobre 2008, sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell'Iran,

vista la dichiarazione dell'ONU sui difensori dei diritti umani, adottata il 9 dicembre 1998,

viste la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, delle quali l'Iran è parte,

visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.

considerando che, a partire dal 2005, la situazione generale dei diritti umani in Iran si è andata deteriorando in tutti i settori e sotto tutti gli aspetti, in particolare per quanto riguarda l'esercizio dei diritti civili e delle libertà politiche, nonostante l'Iran si sia impegnato a promuovere e difendere i diritti umani e le libertà fondamentali, nel quadro dei vari strumenti internazionali esistenti in questo settore,

B.

considerando che il 21 dicembre 2008 la polizia e le forze di sicurezza iraniane hanno chiuso il CDDU diretto da Shirin Ebadi, mentre erano in corso i preparativi per celebrare il 60o anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

C.

considerando che il 29 dicembre 2008 l'ufficio di Shirin Ebadi a Teheran è stato perquisito e che sono stati prelevati documenti e computer; considerando che il 1 gennaio 2009 una folla ostile ha manifestato davanti alla sua casa e al suo ufficio scandendo slogan contro di lei, strappando la targa del suo studio legale e imbrattando l'edificio con graffiti,

D.

considerando le prove sempre più numerose dell'intensificarsi della persecuzione contro Shirin Ebadi da parte delle autorità iraniane a causa dei suoi contatti con funzionari dell'ONU operanti nel campo dei diritti umani e del fatto che essi hanno utilizzato le informazioni fornite dal suo centro in una relazione ONU del 2 ottobre 2008 sulla situazione dei diritti umani in Iran,

E.

considerando che Shirin Ebadi ha ricevuto minacce di morte dopo aver deciso di assumere la difesa dei sette membri della direzione della religione Baha'i, arrestati congiuntamente nel maggio 2008; considerando che il CDDU ha altresì protestato contro le autorità che escludono gli studenti dalle università,

F.

considerando che nell'agosto 2008 l'agenzia ufficiale di stampa dell'Iran (IRNA), ha diffuso l'informazione falsa secondo cui Narges Tavasolian, figlia di Shirin Ebadi, si sarebbe convertita alla religione Baha'i, un'affermazione che può avere gravi conseguenze, visto che i credenti Baha'i sono oggetto di dure persecuzioni in Iran,

G.

considerando che anche i membri di un altro noto centro per i diritti umani in Iran, l'organizzazione per i diritti umani del Kurdistan (HROK), sono oggetto di soprusi da parte delle autorità e sotto costante minaccia di arresto; che il suo fondatore, Mohammad Sadiq Kaboudvand, è stato condannato a 10 anni di reclusione con l'imputazione di aver agito contro la sicurezza nazionale, istituendo l'organizzazione HROK,

H.

considerando che il governo e le autorità iraniane hanno l'obbligo positivo di tutelare i militanti per i diritti umani; e che la sopra citata Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, che l'Assemblea generale dell'ONU adottò nel 1998 all'unanimità, afferma che gli Stati prendono tutte le misure necessarie per garantire la protezione dei difensori dei diritti umani da parte delle competenti autorità da qualsiasi violenza, minacce, rappresaglie, discriminazioni di fatto o di diritto, pressioni o altre azioni arbitrarie, a seguito della loro legittima militanza intesa a promuovere i diritti umani,

1.

condanna con forza la repressione, la persecuzione e le minacce contro Shirin Ebadi e la chiusura del CDDU a Teheran ed esprime la sua profonda preoccupazione per l'intensificarsi delle persecuzioni dei difensori dei diritti umani; sottolinea che la razzia delle forze di sicurezza iraniane contro il CDDU rientra in un più ampio tentativo di ridurre al silenzio la comunità per i diritti umani in Iran;

2.

esprime la sua profonda preoccupazione che il persistere delle persecuzioni, delle minacce e degli attacchi contro Shirin Ebadi mettano in pericolo non solo la sua sicurezza, ma anche tutti gli attivisti della società civile e i difensori dei diritti umani in Iran;

3.

sottolinea che la chiusura del CDDU non rappresenta solo un attacco contro Shirin Ebadi e i difensori dei diritti umani in Iran, ma anche un attacco contro l'intera comunità internazionale per i diritti umani, della quale Shirin Ebadi è un membro eminente ed influente;

4.

esorta le autorità iraniane a porre fine alla repressione, alle persecuzioni e alle minacce contro Shirin Ebadi, a garantire la sua sicurezza e ad autorizzare la riapertura del CDDU; invita le autorità iraniane a permettere a CDDU, HROK e ad altre associazioni per i diritti umani di operare senza impedimenti;

5.

invita le autorità iraniane a rispettare gli impegni internazionali assunti in materia di diritti umani, e più specificatamente a rispettare il diritto alla libertà di riunirsi pacificamente sancito dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, firmata e ratificata dall'Iran;

6.

ribadisce la propria preoccupazione in merito alla persecuzione e alla reclusione di cittadini in Iran che sono impegnati nella difesa dei diritti umani e che militano contro la pena di morte, impegno che spesso risulta nell'accusa, nei loro confronti, di aver svolto cosiddette attività contro la sicurezza nazionale; invita inoltre l'Iran a porre fine alle vessazioni, intimidazioni e persecuzioni contro gli avversari politici e i difensori dei diritti umani, liberando, tra l'altro, le persone detenute arbitrariamente o sulla base delle loro opinioni politiche, nonché a porre fine all'impunità per le violazioni dei diritti umani;

7.

condanna nel modo più categorico possibile le tre lapidazioni che hanno avuto luogo verso la fine di dicembre 2008 nella città di Mashhad, come confermato dal portavoce dell'autorità giudiziaria e invita le autorità iraniane a onorare la moratoria proclamata e ad introdurre con urgenza una legge che abolisca questa punizione crudele;

8.

esprime grave preoccupazione per il deteriorarsi dello stato di salute di Mohammad Sadiq Kaboudvand, dopo la sua carcerazione; lo considera un prigioniero di coscienza e chiede, oltre alla sua liberazione immediata e incondizionata, che gli siano fornite cure mediche;

9.

deplora profondamente il metodo della sospensione, tuttora usato contro gli studenti al fine di penalizzarli per aver organizzato dibattiti aperti e pubblici, e invita le autorità a rilasciare coloro che erano stati arrestati in occasione dell'ultima Giornata nazionale dello studente, il 6 dicembre 2008, all'Università di Shiraz;

10.

rivolge un appello alle autorità iraniane affinché si dimostrino all'altezza delle affermazioni del governo per quanto riguarda il rispetto delle minoranze religiose e liberino immediatamente i leader Baha'i Fariba Kamalabadi, Jamaloddin Khanjani, Afif Naeimi, Saeid Rasaie, Mahvash Sabet, Behrouz Tavakkoli e Vahid Tizfahm, che sono in carcere unicamente in ragione della loro fede;

11.

esorta il Consiglio e la Commissione a proseguire l'esame della situazione dei diritti umani in Iran e a presentargli, nella prima metà del 2009, una relazione esaustiva sulla questione nonché a continuare a sollevare casi specifici di violazioni dei diritti umani;

12.

sottolinea che l'eventuale futura conclusione di un accordo commerciale e di cooperazione tra l'Iran e l'Unione europea dipende anche da un consistente miglioramento della situazione dei diritti umani in Iran;

13.

invita la Presidenza del Consiglio e i rappresentanti diplomatici degli Stati membri in Iran ad avviare con urgenza un'azione concertata per quanto riguarda le preoccupazioni summenzionate;

14.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Consiglio dell'ONU per i diritti umani, al Capo della magistratura iraniana nonché al governo e al parlamento della Repubblica islamica dell'Iran.


24.2.2010   

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CE 46/116


Guinea

P6_TA(2009)0030

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sul colpo di Stato in Guinea

(2010/C 46 E/19)

Il Parlamento europeo,

visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.

considerando la presa di potere da parte di un gruppo di ufficiali avvenuta il 23 dicembre 2008, il giorno successivo al decesso del Presidente Lansana Conté,

B.

considerando che nel 1984 lo stesso Lansana Conté, allora ufficiale, aveva preso il potere con la forza successivamente al decesso del suo predecessore, il Presidente Sékou Touré, rimanendo al potere per 24 anni,

C.

considerando che l'esercito non dovrebbe assolutamente trovare posto nel governo di una nazione,

D.

considerando che il mandato dell'Assemblea nazionale è scaduto due anni fa e che da allora non sono state indette più elezioni legislative,

E.

considerando che le decisioni concernenti l'avvenire politico, economico e sociale della Guinea spettano al popolo guineano e ai suoi rappresentanti e che il termine di due anni proposto dalla giunta militare per organizzare le elezioni è decisamente troppo lungo,

F.

considerando la condanna del colpo di Stato da parte della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO) e dell'Unione africana (UA), che hanno deciso di sospendere la partecipazione della Guinea alle loro attività,

G.

considerando che i principali partiti d'opposizione e l'intersindacale all'origine degli scioperi del giugno 2006 e del gennaio 2007 hanno preso atto della presa di potere, ma che il Presidente dell'Assemblea nazionale richiama al ristabilimento della legalità costituzionale,

H.

considerando che, secondo la Banca mondiale, un guineano su due vive con l'equivalente di un dollaro al giorno e che il reddito pro capite non ha cessato di diminuire dopo l'indipendenza, malgrado le importanti risorse idrauliche e minerarie del paese,

I.

considerando che «Transparency International» classifica la Guinea come uno dei paesi più corrotti d'Africa,

J.

considerando che il colpo di Stato ha avuto luogo in un contesto economico e sociale degradato e che lo sviluppo è la migliore garanzia di riuscita per la democrazia,

K.

considerando che in numerose città della Guinea sono state organizzate ripetute manifestazioni di protesta contro l'aumento del costo della vita e la penuria di derrate alimentari di base,

L.

considerando che il bilancio della situazione dei diritti umani sotto l'ex presidente Lansana Conté risulta estremamente preoccupante, per l'uso eccessivo della forza contro i civili da parte delle forze militari e di polizia, la detenzione arbitraria, la detenzione senza processo e gli attacchi alla libertà d'espressione,

M.

considerando l'importanza di prendere pienamente in considerazione le proposte dei partiti politici, dei sindacati e delle organizzazioni della società civile per lo sviluppo di un dialogo nazionale al fine di pervenire a un accordo su una transizione pacifica e democratica e sui tempi per l'organizzazione di elezioni presidenziali e legislative,

N.

considerando che le decisioni e le nomine, in particolare quelle governative, da parte della giunta militare non rispettano le regole fondamentali dello Stato di diritto,

O.

considerando la nomina alla carica di primo ministro di Kabiné Komara, che svolgeva in precedenza funzioni di responsabile in seno alla Banca africana d'import-export e constatando che, durante gli avvenimenti del febbraio 2007, lo stesso figurava sulla lista suggerita dai sindacati per il posto di primo ministro,

P.

considerando gli arresti arbitrari di responsabili militari e civili,

1.

condanna la presa di potere da parte di un gruppo di ufficiali e chiede che entro i prossimi mesi vengano organizzate elezioni legislative e presidenziali libere e trasparenti, nel rispetto delle norme internazionali, con la collaborazione dell'Unione Africana e della CEDEAO e il sostegno dell'Unione Europea e sotto l'autorità di un governo civile di transizione;

2.

chiede l'apertura di un dialogo interguineano a cui partecipino tutti i partiti politici, i sindacati e le organizzazioni della società civile, per spianare la strada a una transizione democratica;

3.

chiede alla giunta militare di rispettare il diritto alla libertà di opinione, di espressione e di associazione, incluso il diritto di riunirsi pacificamente, come espresso nella Dichiarazione universale dei diritti umani;

4.

condanna l'arresto e la detenzione senza capi d'accusa di militari e civili e chiede la loro immediata liberazione qualora non possa essere mossa nei loro confronti alcuna imputazione grave;

5.

prende atto degli impegni politici assunti dai nuovi responsabili guineani relativi, in particolare, alla lotta radicale contro la corruzione e all'istituzione di un sistema democratico trasparente in Guinea; chiede che tali impegni vengano rispettati;

6.

plaude alle decisioni dell'Unione Africana e della CEDEAO di sospendere la partecipazione della Guinea alle loro attività finché il paese non disporrà di un parlamento e un governo eletti democraticamente;

7.

chiede l'apertura di un dialogo politico tra l'Unione europea e le autorità di transizione che hanno preso il potere in Guinea, nel quadro degli articoli 8 e 96 dell'accordo di Cotonou;

8.

chiede alla Commissione europea di tenersi pronta a congelare tutti gli aiuti eccetto quelli umanitari e alimentari e a considerare la possibilità, in caso di mancata transizione democratica, di applicare sanzioni mirate contro i membri delle autorità che hanno preso il potere con la forza;

9.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, alle istituzioni dell'Unione africana, alla CEDEAO, all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e alle autorità della Guinea.


24.2.2010   

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CE 46/118


Libertà di stampa in Kenya

P6_TA(2009)0031

Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2009 sulla libertà di stampa in Kenya

(2010/C 46 E/20)

Il Parlamento europeo,

vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

viste le sue precedenti risoluzioni sul Kenya,

vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.

considerando che il 2 gennaio 2009 il Presidente Kibaki ha dato il suo assenso al progetto di legge (modificativa) sull'informazione del 2008, che modifica la legge sull'informazione del 1998,

B.

considerando che la legge del 2008, nella sua attuale formulazione, ignora il diritto alla libertà di espressione e il diritto alla libertà di stampa quali sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e ripresi in altre convenzioni internazionali firmate e ratificate dal Kenya, tra cui la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

C.

considerando che le due principali sezioni problematiche sono le sezioni 88 e 46; che la sezione 88 concede al Ministero dell'Informazione ampie facoltà di compiere incursioni presso le sedi di giornali ed emittenti considerati una minaccia per la sicurezza nazionale e di smantellare le loro apparecchiature di trasmissione; che la sezione 46 concede allo Stato il potere di regolamentare i contenuti che i mezzi d'informazione elettronici e della carta stampata possono trasmettere e pubblicare,

D.

considerando che secondo un comunicato stampa rilasciato dall'Associazione dei giornalisti dell'Africa orientale (EAJA) la legge sull'informazione introdurrà una censura diretta da parte del governo sui mezzi d'informazione,

E.

considerando che il Primo ministro Odinga si è unito alla vasta opposizione alla legge; che i funzionari del Movimento democratico arancione (ODM) hanno recentemente tenuto colloqui di crisi affermando che il Presidente non ha consultato il Primo ministro sulla legge,

F.

considerando che, secondo la Commissione nazionale keniota per i diritti umani, l'assenso presidenziale alla legge indica che la Grande coalizione non sta lavorando all'unisono,

G.

considerando che la libertà di espressione è un diritto umano fondamentale, come sancito all'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

H.

considerando che un anno fa, a seguito delle irregolarità verificatesi alle elezioni presidenziali in Kenya, le dimostrazioni di piazza sono sfociate in tumulti e scontri etnici che si sono estesi a tutto il paese,causando oltre mille morti e 350 000 senza tetto,

1.

deplora la firma del progetto di legge (modificativa) sull'informazione in Kenya da parte del Presidente Kibaki, il quale non ha tenuto conto delle riserve ampiamente espresse in merito a tale progetto di legge al momento della sua firma;

2.

apprezza, tuttavia, il recente tentativo del Presidente Kibaki di rivedere la legge nonché il suo gesto di voler esaminare gli emendamenti alla legge proposti da esponenti dei mezzi d'informazione;

3.

ribadisce il suo impegno a favore della libertà di stampa e dei diritti fondamentali della libertà di espressione, informazione e associazione; sottolinea che l'accesso a un'informazione pluralista è essenziale per responsabilizzare i cittadini;

4.

chiede al governo keniota di avviare consultazioni presso i soggetti interessati al fine dicreare un consenso su come regolamentare meglio il settore dell'informazione senza interferire sulla libertà di stampa; chiede al Presidente Kibaki e al Primo ministro Odinga di adoperarsi al massimo per garantire che qualsiasi versione aggiornata della nuova legge sui mezzi d'informazione sia compatibile con i principi di libertà di espressione e di informazione;

5.

sottolinea la necessità di combattere la cultura d'impunità vigente in Kenya per consegnare alla giustizia i responsabili delle violenze post-elettorali di un anno fa; chiede l'istituzione di una commissione indipendente composta da giuristi locali e internazionali incaricata di indagare e perseguire penalmente i responsabili; prende atto che, in linea di massima, il Presidente Kibaki e il Primo ministro Odinga hanno accettato di creare una commissione del genere, ma che essa non è stata ancora istituita;

6.

incarica il suo Presidente di trasmettere la seguente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, al governo keniota, ai Copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, alla Comunità dell'Africa orientale e ai Presidenti della Commissione e del Consiglio esecutivo dell'Unione africana.


III Atti preparatori

Parlamento europeo

Martedì 13 gennaio 2009

24.2.2010   

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CE 46/120


Accordo CE/Stati Uniti d'America sulla cooperazione in materia di regolamentazione della sicurezza dell'aviazione civile *

P6_TA(2009)0001

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma di un accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America sulla cooperazione in materia di regolamentazione della sicurezza dell'aviazione civile (10972/2007 – COM(2007)0325 – C6-0275/2008 – 2007/0111(CNS))

(2010/C 46 E/21)

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta di decisione del Consiglio (10972/2007 - COM(2007)0325),

visti l'articolo 80, paragrafo 2, l'articolo 133, paragrafo 4, l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase e l'articolo 300, paragrafo 4 del trattato CE,

visto l'articolo 300, paragrafo 3, primo comma, del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0275/2008),

visti l'articolo 51, l'articolo 83, paragrafo 7 e l'articolo 43, paragrafo 1 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per i trasporti e il turismo (A6-0468/2008),

1.

approva la conclusione dell'accordo;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e agli Stati Uniti d'America.


24.2.2010   

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CE 46/120


Regime comune di scambi per l'ovoalbumina e la lattoalbumina (versione codificata) *

P6_TA(2009)0002

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla proposta di regolamento del Consiglio che instaura un regime comune di scambi per l'ovoalbumina e la lattoalbumina (versione codificata) (COM(2008)0488 – C6-0334/2008 – 2008/0155(CNS))

(2010/C 46 E/22)

(Procedura di consultazione – codificazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2008)0488),

visti gli articoli 26, 87-89, 132 e seguenti e 308 del trattato CE, a norma dei quali è stato consultato dal Consiglio (C6-0334/2008),

visto l'accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi (1),

visti gli articoli 80 e 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione giuridica (A6-0510/2008),

A.

considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione si limita ad una mera codificazione dei testi esistenti, senza modifiche sostanziali,

1.

approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 102 del 4.4.1996, pag. 2.


24.2.2010   

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CE 46/121


Regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale (versione codificata) *

P6_TA(2009)0003

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla proposta di direttiva del Consiglio relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri (versione codificata) (COM(2008)0492 – C6-0336/2008 – 2008/0158(CNS))

(2010/C 46 E/23)

(Procedura di consultazione – codificazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Consiglio (COM(2008)0492),

visto l'articolo 94 del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0336/2008),

visto l'accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi (1),

visti gli articoli 80 e 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione giuridica (A6-0511/2008),

A.

considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione si limita ad una mera codificazione dei testi esistenti, senza modifiche sostanziali,

1.

approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 102 del 4.4.1996, pag. 2.


24.2.2010   

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CE 46/122


Regime linguistico applicabile alle impugnazioni proposte contro le decisioni del Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea *

P6_TA(2009)0004

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sul progetto di decisione del Consiglio recante modifica del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado delle Comunità europee per quanto riguarda il regime linguistico applicabile alle impugnazioni proposte contro le decisioni del Tribunale della funzione pubblica dell'Unione europea (13301/2008 – C6-0348/2008 – 2008/0806(CNS))

(2010/C 46 E/24)

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

visto il progetto del Consiglio (13301/2008),

visti l'articolo 245, paragrafo 2, del trattato CE e l'articolo 160, paragrafo 2, del trattato Euratom, a norma dei quali è stato consultato dal Consiglio (C6-0348/2008),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione giuridica (A6-0508/2008),

1.

approva il progetto del Consiglio;

2.

invita il Consiglio ad informarlo qualora intenda discostarsi dal testo approvato dal Parlamento;

3.

chiede al Consiglio di consultarlo nuovamente qualora intenda modificare sostanzialmente il testo sottoposto a consultazione;

4.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


24.2.2010   

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CE 46/123


Quadro d'azione per l'utilizzo sostenibile dei pesticidi ***II

P6_TA(2009)0010

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi (6124/2008 – C6-0323/2008 – 2006/0132(COD))

(2010/C 46 E/25)

(Procedura di codecisione: seconda lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la posizione comune del Consiglio (6124/2008 – C6-0323/2008) (1),

vista la sua posizione in prima lettura (2) sulla proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2006)0373),

visto l'articolo 251, paragrafo 2, del trattato CE,

visto l'articolo 62 del suo regolamento,

vista la raccomandazione per la seconda lettura della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A6-0443/2008),

1.

approva la posizione comune quale emendata;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 254 E del 7.10.2008, pag. 1.

(2)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 157.


P6_TC2-COD(2006)0132

Posizione del Parlamento europeo definita in seconda lettura il 13 gennaio 2009 in vista dell'adozione della direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in seconda lettura corrisponde all'atto legislativo finale, la direttiva …)


24.2.2010   

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CE 46/124


Immissione sul mercato di prodotti fitosanitari ***II

P6_TA(2009)0011

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari e che abroga le direttive 79/117/CEE e 91/414/CEE del Consiglio (11119/8/2008 – C6-0326/2008 – 2006/0136(COD))

(2010/C 46 E/26)

(Procedura di codecisione: seconda lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la posizione comune del Consiglio (11119/8/2008 – C6-0326/2008) (1),

vista la sua posizione in prima lettura (2) sulla proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2006)0388),

vista la proposta modificata della Commissione (COM(2008)0093),

visto l'articolo 251, paragrafo 2, del trattato CE,

visto l'articolo 62 del suo regolamento,

vista la raccomandazione per la seconda lettura della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A6-0444/2008),

1.

approva la posizione comune quale emendata;

2.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 266 E del 21.10.2008, pag. 1.

(2)  GU C 263 E del 16.10.2008, pag. 181.


P6_TC2-COD(2006)0136

Posizione del Parlamento europeo definita in seconda lettura il 13 gennaio 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari e che abroga le direttive 79/117/CEE e 91/414/CEE del Consiglio

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in seconda lettura corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (CE) n. …)


24.2.2010   

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CE 46/125


Organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (rifusione) ***I

P6_TA(2009)0012

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 13 gennaio 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (rifusione) (COM(2008)0458 – C6-0287/2008 – 2008/0153(COD))

(2010/C 46 E/27)

(Procedura di codecisione: rifusione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0458),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 47, paragrafo 2, del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0287/2008),

visto l'accordo interistituzionale del 28 novembre 2001 ai fini di un ricorso più strutturato alla tecnica della rifusione degli atti normativi (1),

visti gli articoli 80 bis e 51 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per i problemi economici e monetari e il parere della commissione giuridica (A6-0497/2008),

A.

considerando che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione non contiene modificazioni sostanziali se non quelle espressamente indicate come tali e che, per quanto concerne la codificazione delle disposizioni immutate degli atti precedenti e di tali modificazioni, la proposta si limita ad una mera codificazione degli atti esistenti, senza modificazioni sostanziali,

1.

approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento, del Consiglio e della Commissione e quale emendata in appresso;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


(1)  GU C 77 del 28.3.2002, pag. 1.


P6_TC1-COD(2008)0153

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 13 gennaio 2009 in vista dell'adozione della direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (rifusione)

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, la direttiva 2009/65/CE)


Mercoledì 14 gennaio 2009

24.2.2010   

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CE 46/126


Caratteristiche di sicurezza ed elementi biometrici nei passaporti e nei documenti di viaggio ***I

P6_TA(2009)0015

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri (COM(2007)0619 – C6-0359/2007 – 2007/0216(COD))

(2010/C 46 E/28)

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2007)0619),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 62, punto 2, lettera a), del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0359/2007),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A6-0500/2008),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

approva le dichiarazioni comuni che figurano in allegato;

3.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

4.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


P6_TC1-COD(2007)0216

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 14 gennaio 2009 in vista dell'adozione del regolamento (CE) n. …/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, il regolamento (CE) n. 444/2009)


ALLEGATO

Dichiarazione comune del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo alla necessità di aumentare la sicurezza dei passaporti e dei documenti di viaggio utilizzando documenti «originatori» sicuri

Fatta salva la competenza degli Stati membri per il rilascio dei passaporti e di altri documenti di viaggio, il Parlamento europeo e il Consiglio sottolineano che l'obiettivo di aumentare la sicurezza dei passaporti può essere compromesso se questi sono rilasciati sulla base di documenti originatori («breeder documents») inaffidabili.

Il passaporto è di per sé solo un anello di una catena di sicurezza che comincia con la presentazione dei documenti originatori, continua con la registrazione dei dati biometrici e finisce con il riconoscimento ai posti di controllo di frontiera. La sicurezza della catena è determinata dal suo anello più debole.

Il Parlamento europeo e il Consiglio osservano che vi è una grande diversità di situazioni e procedure negli Stati membri per quanto riguarda i documenti originatori che dovrebbero essere presentati per chiedere il rilascio di un passaporto, e che generalmente tali documenti hanno caratteristiche di sicurezza inferiori rispetto al passaporto e sono più facilmente oggetto di falsificazione e contraffazione.

Il Consiglio provvede pertanto a predisporre un questionario destinato agli Stati membri per poter confrontare le procedure e i documenti richiesti in ciascuno Stato membro ai fini del rilascio di un passaporto o di un documento di viaggio. Quest' analisi dovrebbe consentire di valutare l'eventuale necessità di stabilire principi od orientamenti comuni sulle migliori prassi in questo campo.

Dichiarazione comune del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo allo studio di cui all'articolo 5 bis

Il Parlamento europeo e il Consiglio rilevano che la Commissione effettuerà un unico studio ai fini dell'articolo 5 bis del presente regolamento e dell'articolo 2 del [progetto di] regolamento che modifica l'Istruzione consolare comune.


24.2.2010   

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CE 46/128


Appalti pubblici nei settori della difesa e della sicurezza ***I

P6_TA(2009)0016

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione di taluni appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza (COM(2007)0766 – C6-0467/2007 – 2007/0280(COD))

(2010/C 46 E/29)

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2007)0766),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, l'articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 e 95 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0467/2007),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e il parere della commissione per gli affari esteri (A6-0415/2008),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


P6_TC1-COD(2007)0280

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 14 gennaio 2009 in vista dell'adozione della direttiva 2009/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure per l'aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, la direttiva 2009/81/CE)


24.2.2010   

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CE 46/129


Sostanze e preparati pericolosi (diclorometano) ***I

P6_TA(2009)0017

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 76/769/CEE del Consiglio per quanto riguarda restrizioni dell'immissione sul mercato e dell'uso di talune sostanze e preparati pericolosi (diclorometano) (COM(2008)0080 – C6-0068/2008 – 2008/0033(COD))

(2010/C 46 E/30)

(Procedura di codecisione: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2008)0080),

visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 22 del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0068/2008),

visto l'articolo 51 del suo regolamento,

vista la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A6-0341/2008),

1.

approva la proposta della Commissione quale emendata;

2.

chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.


P6_TC1-COD(2008)0033

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 14 gennaio 2009 in vista dell'adozione della decisione n. …/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 76/769/CEE del Consiglio per quanto riguarda restrizioni dell'immissione sul mercato e dell'uso di diclorometano

(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento in prima lettura corrisponde all'atto legislativo finale, la decisione n. 455/2009/CE)


24.2.2010   

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CE 46/130


Autorizzazione a ratificare la Convenzione sul lavoro nel settore della pesca - (2007) dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Convenzione 188) *

P6_TA(2009)0018

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla proposta di decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell'interesse della Comunità europea, la Convenzione sul lavoro nella pesca - 2007 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Convenzione 188) (COM(2008)0320 – C6-0218/2008 – 2008/0107(CNS))

(2010/C 46 E/31)

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

vista la proposta di decisione del Consiglio (COM(2008)0320),

vista la Convenzione n. 188 dell'Organizzazione internazionale del lavoro sul lavoro nel settore della pesca, adottata il 14 giugno 2007,

visti l'articolo 42 e l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma del trattato CE,

visto l'articolo 300, paragrafo 3, primo comma, del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C6-0218/2008),

visti l'articolo 51 e l'articolo 83, paragrafo 7, del suo regolamento,

visti la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e il parere della commissione per la pesca (A6-0423/2008),

1.

approva la proposta di decisione del Consiglio;

2.

chiede a tutti gli Stati membri di procedere rapidamente alla ratifica della Convenzione e di dare attuazione al suo contenuto prima del completamento della procedura di ratifica;

3.

incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.