CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 22 marzo 2018 ( 1 )

Cause riunite C‑96/16 e C‑94/17

Banco Santander SA

contro

Mahamadou Demba,

Mercedes Godoy Bonet

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (Tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona, Spagna)]

e

Rafael Ramón Escobedo Cortés

contro

Banco de Sabadell SA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Contratti stipulati con i consumatori – Clausole abusive – Cessione di crediti – Assenza di diritto di riscatto – Criteri di valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale che fissa gli interessi moratori – Conseguenze di tale carattere»

Introduzione

1.

Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale, provenienti dai giudici spagnoli, sono state proposte entrambe nell’ambito di controversie insorte tra alcuni istituti bancari e taluni consumatori in merito all’esecuzione di contratti di mutuo stipulati tra tali soggetti.

2.

Tali cause vertono segnatamente sulla compatibilità con il diritto dell’Unione, e in particolare con la direttiva 93/13/CEE ( 2 ), di un orientamento giurisprudenziale nazionale secondo cui, da una parte, si presumono abusive le clausole non negoziate dei contratti di credito al consumo che fissano un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari (corrispettivi), e secondo cui, dall’altra parte, occorre trarre determinate conseguenze da tale constatazione sia per i mutui senza garanzia reale sia per i mutui ipotecari. Tale regola sarebbe stata elaborata dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) in diverse sentenze ( 3 ), a loro volta emesse successivamente alle sentenze pronunciate dalla Corte nelle cause Aziz ( 4 ) e Unicaja Banco SA ( 5 ).

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3.

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 prevede che le «clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative (…) non sono soggette alle disposizioni [di tale] direttiva».

4.

L’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva 93/13 è formulato come segue:

«1.   Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

(…)

3.   L’allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive».

5.

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva:

«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

6.

L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

7.

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

8.

A termini dell’articolo 8 di tale direttiva:

«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

9.

L’articolo 8 bis della medesima direttiva così dispone:

«1.   Quando uno Stato membro adotta disposizioni conformemente all’articolo 8, ne informa la Commissione, così come di qualsiasi successiva modifica, in particolare qualora tali disposizioni:

(…)

contengano liste di clausole contrattuali che devono essere considerate abusive.

2.   La Commissione garantisce che le informazioni di cui al paragrafo 1 siano facilmente accessibili ai consumatori e ai professionisti, tra l’altro su un apposito sito web.

(…)».

Diritto spagnolo

Disposizioni relative alle clausole abusive

10.

L’articolo 82, paragrafo 1, del Texto refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias (Testo consolidato della Legge generale per la tutela dei consumatori e degli utenti, e di altre leggi complementari), approvato con il Real Decreto Legislativo 1/2007 (regio decreto legislativo 1/2007), del 16 novembre 2007 ( 6 ), nella versione applicabile alle controversie di cui ai procedimenti principali, dispone quanto segue:

«Sono considerate abusive tutte le clausole che non siano state oggetto di negoziato individuale e tutte le pratiche non espressamente consentite che, in contrasto con il requisito di buona fede, determinino, a danno del consumatore e dell’utente, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

11.

Ai sensi dell’articolo 83 del regio decreto legislativo 1/2007:

«1.   Le clausole abusive sono nulle di pieno diritto e si considerano non apposte.

2.   La parte del contratto colpita da nullità è integrata conformemente all’articolo 1258 del Código Civil (codice civile) e al principio di buona fede oggettiva.

A tali effetti, il giudice che dichiara la nullità di dette clausole integra il contratto e dispone di poteri di moderazione rispetto ai diritti e agli obblighi delle parti, nel caso di sopravvivenza del contratto, e rispetto alle conseguenze della sua inefficacia in caso di apprezzabile pregiudizio per il consumatore e l’utente. Soltanto qualora le clausole rimaste in essere determinino una situazione iniqua nella posizione delle parti, che non può essere sanata, il giudice può dichiarare l’inefficacia del contratto».

Disposizioni relative alla cessione di credito

12.

L’articolo 1535 del Código Civil (codice civile), che disciplina il diritto del debitore di riscattare il proprio debito in caso di cessione di credito, dispone quanto segue:

«Nel caso di vendita di un credito controverso, il debitore ha diritto di estinguerlo rimborsando al cessionario l’importo che questi ha pagato, le spese dal medesimo eventualmente sostenute e gli interessi sull’importo dal giorno in cui questo è stato versato.

Un credito è considerato controverso dal momento in cui viene proposto l’atto di contestazione della domanda giudiziale ad esso relativa.

Il debitore può esercitare il proprio diritto entro nove giorni a partire dal momento in cui il cessionario reclama da lui il pagamento».

13.

La successione del cessionario di un credito al cedente nei procedimenti giurisdizionali è disciplinata dagli articoli 17 e 540 della Ley 1/2000 de Enjuiciamiento Civil (legge 1/2000 recante il codice di procedura civile), del 7 gennaio 2000 (in prosieguo: il «codice di procedura civile»), applicabili, il primo, nell’ambito dei procedimenti di merito e, il secondo, in quello dei procedimenti di esecuzione.

Disposizioni relative alla fissazione degli interessi moratori

14.

L’articolo 1108 del Código Civil (codice civile) dispone quanto segue:

«Nel caso in cui l’obbligazione consista nel pagamento di una somma di denaro e il debitore incorra in mora, il risarcimento dei danni e dei pregiudizi è costituito, salvo quanto diversamente concordato, dal pagamento degli interessi pattuiti e, in assenza di un accordo, dagli interessi legali».

15.

Ai sensi dell’articolo 114, paragrafo 3, della Ley Hipotecaria (legge sulle ipoteche), come modificata dalla Ley 1/2013 de medidas para reforzar la protección a los deudores hipotecarios, reestructuración de deuda y alquiler social (legge 1/2013 relativa alle misure volte a rafforzare la tutela dei debitori ipotecari, la ristrutturazione del debito e le locazioni abitative a canone sociale), del 14 maggio 2013 ( 7 ):

«Gli interessi di mora relativi a contratti di mutuo o credito per l’acquisto dell’abitazione principale, garantiti da ipoteche costituite sulla medesima, non possono essere superiori al triplo del tasso di interesse legale e possono maturare solo sulla somma principale insoluta. (…)».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

Nella causa C‑96/16

16.

Dalla decisione di rinvio nella causa C‑96/16 risulta che la sig.ra Mercedes Godoy Bonet e il sig. Mahamadou Demba hanno stipulato con l’istituto bancario Banco Santander SA due contratti di mutuo, rispettivamente il 2 novembre 2009 e il 22 settembre 2011, il primo per un importo di EUR 30750 con scadenza il 2 novembre 2014 e il secondo per un importo di EUR 32153,63 con scadenza il 22 settembre 2019.

17.

Ai sensi delle condizioni generali di detti contratti, i tassi degli interessi ordinari e moratori applicabili erano rispettivamente dell’8,50% e del 18,50% per il primo contratto, e dell’11,20% e del 23,70% per il secondo.

18.

Poiché il sig. Demba e la sig.ra Godoy Bonet hanno cessato di versare al Banco Santander le rate mensili previste dai contratti di mutuo in questione, tale istituto bancario ha dichiarato la scadenza anticipata di detti contratti, ai sensi del punto 8 delle condizioni generali di questi ultimi, e ha presentato dinanzi al giudice del rinvio una domanda di esecuzione del titolo corrispondente al credito vantato nei confronti del sig. Demba e della sig.ra Godoy Bonet per un importo totale di EUR 53664,14.

19.

Il 16 giugno 2015, sebbene questa possibilità non fosse prevista dalle suddette condizioni generali, il Banco Santander ha ceduto ad un terzo il credito di cui sopra con atto pubblico per un importo stimato in EUR 3215,72, basandosi sugli articoli 1112 e 1255 del codice civile.

20.

Tale terzo ha quindi chiesto di succedere al Banco Santander nel procedimento di esecuzione avviato da quest’ultimo dinanzi al giudice del rinvio.

21.

Questo giudice si interroga sull’eventuale diritto della sig.ra Godoy Bonet e del sig. Demba di riscattare il proprio debito, e quindi di estinguerlo, rimborsando al terzo cessionario l’importo da lui pagato per la cessione in questione, maggiorato degli interessi, dei costi e delle spese applicabili (in prosieguo: il «diritto di riscatto»).

22.

Detto giudice nutre dubbi segnatamente sulla compatibilità con il diritto dell’Unione, e segnatamente con la direttiva 93/13, di una pratica consistente nella cessione o nell’acquisto da parte di un professionista, in assenza di una specifica clausola contrattuale in tal senso, di un credito per un prezzo esiguo, senza che il debitore venga previamente informato di tale cessione o vi acconsenta e senza offrirgli la possibilità di riscattare il proprio debito, e quindi di estinguerlo, rimborsando al cessionario l’importo versato da quest’ultimo per la cessione, maggiorato delle spese accessorie applicabili.

23.

Inoltre, il giudice del rinvio si interroga sugli elementi da prendere in considerazione per valutare l’eventuale carattere abusivo delle clausole di tali condizioni generali che fissano il tasso degli interessi moratori applicabile, nonché sulle conseguenze da trarre da un siffatto carattere abusivo.

24.

A questo proposito, detto giudice sottolinea che, secondo la giurisprudenza ormai consolidata del Tribunal Supremo, una clausola non negoziata di un contratto di mutuo senza garanzia reale stipulato con un consumatore, che fissi il tasso degli interessi moratori, deve essere considerata abusiva qualora tale tasso superi di oltre due punti percentuali il tasso degli interessi ordinari convenuto tra le parti di detto contratto. Conformemente a tale giurisprudenza, in un caso del genere, gli interessi ordinari continuano a maturare fino al rimborso integrale del debito.

25.

Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla compatibilità di tale giurisprudenza con la direttiva 93/13. Infatti, da una parte, definendo un criterio oggettivo e automatico per la valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali che fissano il tasso degli interessi moratori applicabile, tale giurisprudenza non consentirebbe al giudice nazionale di tenere conto di tutte le circostanze del caso di specie. Dall’altra, stabilendo che, qualora la clausola che fissa gli interessi moratori sia stata dichiarata abusiva, gli interessi ordinari continuano a maturare fino al rimborso integrale del debito, detta giurisprudenza imporrebbe al giudice nazionale di rivedere il contenuto del contratto.

26.

In tale contesto, lo Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (Tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona, Spagna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

a)

Se sia conforme al diritto dell’Unione, e in particolare all’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (…) e agli articoli 4, paragrafo 2, 12 e 169, paragrafo 1, TFUE, la pratica commerciale consistente nella cessione o nell’acquisto di crediti senza offrire al consumatore la possibilità di estinguere il debito pagando al cessionario il prezzo, gli interessi, i costi e le spese del procedimento.

b)

Se sia compatibile con i principi enunciati nella direttiva [93/13], e per estensione con il principio di effettività e con gli articoli 3, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della citata direttiva, la suddetta pratica commerciale di acquisto del debito del consumatore per un prezzo esiguo, senza che questi acconsenta o venga informato, senza che la pratica di cui sopra prenda corpo quale condizione generale o clausola abusiva imposta nel contratto, e senza che al consumatore venga data l’opportunità di partecipare a tale operazione esercitando un riscatto.

2)

a)

Se, conformemente alla direttiva 93/13, e in particolare agli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della stessa, al fine di garantire la protezione dei consumatori e degli utenti, e la giurisprudenza comunitaria che vi da attuazione, sia compatibile con il diritto dell’Unione il fatto di fissare come criterio univoco la regola secondo cui, nei contratti di mutuo senza garanzia reale stipulati con i consumatori, è abusiva la clausola non negoziata che stabilisca un interesse moratorio comportante un incremento di oltre due punti percentuali rispetto all’interesse corrispettivo concordato.

b)

Se, conformemente alla direttiva 93/13, e in particolare agli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della stessa, al fine di garantire la protezione dei consumatori e degli utenti, e la giurisprudenza comunitaria che vi da attuazione, sia compatibile con il diritto dell’Unione il fatto di stabilire come conseguenza che gli interessi ordinari continuano a maturare fino al pagamento completo di quanto dovuto».

Nella causa C‑94/17

27.

Dalla decisione di rinvio nella causa C‑94/17 risulta che, l’11 gennaio 1999, il sig. Rafael Ramón Escobedo Cortés ha stipulato con la Caja de Ahorros del Mediterrráneo, divenuta Banco de Sabadell, un contratto di mutuo ipotecario per un importo di EUR 17633,70 per l’acquisto della sua abitazione familiare, pagabile a rate mensili. Le clausole 3 e 3 bis di tale contratto prevedevano un tasso di interessi ordinari del 5,5% annuo, con riserva di variazione a partire dal primo anno. Al momento dei fatti rilevanti del procedimento principale, tale tasso era del 4,75% annuo. La clausola 6 di detto contratto stabiliva che il tasso degli interessi moratori era del 25% annuo.

28.

Il sig. Escobedo Cortés, in ritardo di pagamento, ha proposto dinanzi allo Juzgado de Primera Instancia (Tribunale di primo grado, Spagna) competente un ricorso avverso il Banco de Sabadell, volto all’annullamento segnatamente di quest’ultima clausola, in quanto essa presentava un carattere abusivo.

29.

Tale tribunale ha dichiarato che detta clausola era abusiva. Di conseguenza, esso ha ritenuto che il tasso degli interessi moratori applicabile dovesse essere ridotto al limite previsto dall’articolo 114, paragrafo 3, della legge sulle ipoteche, che corrisponde ad un tasso tre volte superiore al tasso di interesse legale. Tale decisione è stata confermata in appello con decisione del 18 settembre 2014 dell’Audiencia Provincial de Alicante (Corte provinciale di Alicante, Spagna).

30.

Il sig. Escobedo Cortés ha proposto dinanzi al giudice del rinvio un ricorso per cassazione avverso quest’ultima decisione, in quanto essa violerebbe l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

31.

Secondo tale giudice, l’impugnazione proposta fa sorgere dei dubbi in merito all’interpretazione di diverse disposizioni della direttiva sopra citata che il sig. Escobedo Cortès invoca e la cui applicazione è indispensabile al fine di statuire sull’impugnazione medesima.

32.

In tale contesto, il Tribunal Supremo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se gli articoli 3, in combinato disposto con il punto 1, lettera e), dell’allegato, e 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 ostino a un’interpretazione giurisprudenziale secondo cui una clausola contenuta in un contratto di mutuo, la quale fissi un tasso di interesse moratorio comportante un incremento di oltre il 2% rispetto al tasso d’interesse [ordinario] annuo stabilito nel contratto, costituisce un indennizzo sproporzionatamente elevato imposto al consumatore che sia incorso in un ritardo nell’adempimento del proprio obbligo di pagamento ed è, pertanto, abusiva.

2)

Se gli articoli 3, in combinato disposto con il punto 1, lettera e), dell’allegato, 4, paragrafo 1, 6, paragrafo 1 e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 ostino a un’interpretazione giurisprudenziale la quale, nell’accertare l’abusività di una clausola contenuta in un contratto di mutuo che stabilisce il tasso di interesse moratorio, individui, quale oggetto della verifica di abusività, l’incremento determinato da tale interesse rispetto all’interesse [ordinario], giacché costituisce “l’indennizzo per un importo sproporzionatamente elevato imposto al consumatore che non ha adempiuto i propri obblighi”, e stabilisca che la conseguenza della dichiarazione di abusività deve consistere nell’integrale abolizione di tale incremento, cosicché solo l’interesse [ordinario] continuerà a maturare fino al rimborso del mutuo.

3)

In caso di risposta positiva alla seconda questione, se la dichiarazione di nullità di una clausola che stabilisce il tasso di interesse moratorio, giacché abusiva, debba produrre altri effetti che siano compatibili con la direttiva 93/13, quale ad esempio l’integrale cessazione della maturazione di interessi, sia [ordinari] che moratori, quando il mutuatario non adempia al proprio obbligo di pagare le rate del mutuo nei termini previsti dal contratto, oppure la maturazione di interessi legali».

Procedimento dinanzi alla Corte

33.

Con ordinanza del presidente della Corte del 13 luglio 2016, è stata respinta la domanda dello Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (Tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona) volta ad ottenere che la causa C‑96/16 fosse sottoposta al procedimento accelerato previsto dall’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

34.

Con ordinanza del presidente della Corte del 5 aprile 2017, è stata respinta la domanda del Tribunal Supremo volta ad ottenere che la causa C‑94/17 fosse sottoposta al procedimento accelerato previsto dall’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

35.

Hanno presentato osservazioni scritte il Banco Santander, il governo spagnolo e la Commissione europea nella causa C‑96/16, e il Banco de Sabadell, i governi spagnolo e polacco nonché la Commissione nella causa C‑94/17.

36.

Con decisione del 21 novembre 2017, le cause C‑96/16 e C‑94/17 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

37.

Il 10 gennaio 2018 si è tenuta un’udienza alla quale hanno partecipato il Banco Santander, il Banco de Sabadell, il governo spagnolo e la Commissione.

Analisi

38.

Gli interrogativi dei giudici del rinvio vertono, in sostanza, su tre aspetti, che esaminerò in successione. In primo luogo, tali giudici si interrogano sulla compatibilità di una pratica consistente nella cessione, da parte di un professionista, del credito che egli vanta nei confronti di un consumatore. In secondo luogo, i giudici del rinvio si chiedono se il diritto dell’Unione in materia di protezione dei consumatori osti alla recente giurisprudenza del Tribunal Supremo la quale prevede che una clausola che fissa gli interessi moratori sia abusiva qualora superi di oltre due punti percentuali i tassi di interesse ordinari previsti dal contratto di mutuo. In terzo e ultimo luogo, la Corte dovrà pronunciarsi sulla questione se, nel caso in cui la clausola che fissa il tasso degli interessi moratori sia dichiarata abusiva in applicazione di tale giurisprudenza, gli interessi ordinari possano continuare a maturare fino al rimborso integrale del debito.

Sulla prima questione, lettere a) e b), nella causa C‑96/16: compatibilità con il diritto dell’Unione della pratica controversa di cessione di crediti

39.

Con le prime due questioni, il giudice del rinvio nella causa C‑96/16 chiede se debba ritenersi compatibile con una serie di disposizioni del diritto dell’Unione la pratica messa in atto da un professionista consistente nella cessione o nell’acquisto di un credito vantato nei confronti di un consumatore, senza che la possibilità di una siffatta cessione sia prevista dal contratto di mutuo concluso con tale consumatore, senza che quest’ultimo venga previamente informato di tale cessione o vi acconsenta, e senza che al consumatore venga offerta la possibilità di riscattare il proprio debito, e quindi di estinguerlo, rimborsando al cessionario l’importo da lui versato per la cessione, maggiorato delle spese accessorie applicabili.

40.

Con tali questioni, che occorre esaminare congiuntamente, sembra, come hanno rilevato in particolare il Banco Santander e il governo spagnolo, che il giudice del rinvio chieda, in concreto, alla Corte di stabilire se la direttiva 93/13 ( 8 ) osti alle disposizioni nazionali spagnole che disciplinano nella fattispecie la cessione di credito, vale a dire l’articolo 1535 del codice civile nonché gli articoli 17 e 540 del codice di procedura civile.

41.

Il giudice del rinvio ritiene, infatti, di poter mettere in discussione la validità di tali disposizioni nell’ottica della protezione dei consumatori. A tale riguardo, esso sottolinea che, pur prevedendo un diritto di riscatto, l’articolo 1535 del codice civile limiterebbe tuttavia tale diritto ai crediti cosiddetti «controversi», vale a dire a quelli oggetto di una contestazione di merito nell’ambito di un procedimento di cognizione. Infatti, tale articolo non prevedrebbe la possibilità, per il debitore, di esercitare un siffatto diritto nell’ambito di un procedimento esecutivo per la realizzazione del credito, quale il procedimento principale, o di una cessione stragiudiziale, il che, secondo il giudice del rinvio, non garantisce una protezione sufficiente degli interessi dei consumatori. Secondo tale giudice, una siffatta protezione non è garantita neanche dagli articoli 17 e 540 del codice di procedura civile, i quali disciplinano la successione del cessionario al cedente nei procedimenti giurisdizionali, dato che, in particolare, tali disposizioni non menzionano il diritto di riscatto previsto dall’articolo 1535 del codice civile.

42.

Ritengo che a tali questioni, come riformulate al precedente paragrafo 40, debba darsi una risposta negativa.

43.

Infatti, dal testo dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’articolo 2, lettera a), e dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché dall’economia generale di quest’ultima, risulta che tale direttiva si applica soltanto alle «clausole contrattuali», ad esclusione delle mere pratiche, come quella oggetto del procedimento principale ( 9 ). Nel caso di specie, e come ha rilevato lo stesso giudice del rinvio, la cessione di credito controversa si ricollega alla pratica messa in atto da un professionista, e non ad una clausola contrattuale contenuta in un contratto stipulato con un consumatore. Una siffatta pratica esula dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13.

44.

Inoltre, anche supponendo, come sembra risultare dalla decisione di rinvio, che i dubbi del giudice del rinvio vertano, in realtà, sulla compatibilità con detta direttiva delle disposizioni sostanziali e procedurali spagnole che disciplinano la cessione di crediti e, più in particolare, il diritto di riscatto del proprio debito da parte del debitore, vale a dire l’articolo 1535 del codice civile nonché gli articoli 17 e 540 del codice di procedura civile, in quanto tali disposizioni non consentirebbero al debitore di esercitare tale diritto nell’ambito di un procedimento esecutivo per la realizzazione del credito come quello di cui trattasi nel procedimento principale ( 10 ), mi sembra che neppure dette disposizioni siano censurabili alla luce della direttiva 93/13.

45.

A questo proposito, è sufficiente ricordare che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, quest’ultima non si applica a disposizioni legislative imperative quali l’articolo 1535 del codice civile ( 11 ) e gli articoli 17 e 540 del codice di procedura civile.

46.

In tale contesto, mi sembra importante, inoltre, sottolineare che la cessione di credito controversa nel caso di specie non modifica in alcun modo il contenuto e la portata degli obblighi del debitore consumatore. Una tale cessione, che avviene per mezzo di un contratto tra il professionista cedente e un terzo cessionario – contratto di cui il consumatore non è parte –, non è idonea, come richiede l’articolo 3 della direttiva 93/13, a determinare, in danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti.

47.

Risulta, inoltre, abbastanza evidente che una siffatta pratica di cessione di credito, che corrisponde ad una possibilità ben nota nel diritto civile degli Stati membri, non può essere equiparata alle clausole contrattuali menzionate nell’allegato relativo alle «clausole di cui all’articolo 3, paragrafo 3, lettera f), della direttiva 93/13», vale a dire quelle che hanno segnatamente per oggetto o per effetto di «autorizzare il professionista a rescindere a sua discrezione il contratto». La cessione di credito controversa nel procedimento principale è, inoltre, chiaramente distinta dalle clausole previste dal medesimo allegato alla lettera p), poiché da essa, «senza l’accordo del consumatore, [non] poss[o]no risultare inficiate le garanzie per il consumatore stesso» ( 12 ). Tale cessione di credito è, infatti, neutra dal punto di vista del debitore. Il fatto, menzionato dal giudice del rinvio, che la cessione avvenga a favore di «fondi avvoltoio», che agiscono a fini speculativi, ad un prezzo molto inferiore, o addirittura irrisorio, rispetto al credito iniziale è estraneo alla natura stessa dell’obbligo contrattuale che vincola il consumatore ( 13 ).

48.

Tenuto conto di tutte le considerazioni suesposte, propongo di rispondere alla prima questione, lettere a) e b), nella causa C‑96/16 dichiarando che la direttiva 93/13 non osta ad una pratica messa in atto da un professionista consistente nel cedere o nell’acquistare crediti come quella descritta nel caso di specie, la quale non offra al consumatore la possibilità di estinguere il debito pagando al cessionario l’importo della cessione nonché gli interessi, i costi e le spese.

Sulla seconda questione, lettera a), nella causa C‑96/16 e sulla prima questione nella causa C‑94/17: compatibilità della giurisprudenza del Tribunal Supremo con la direttiva 93/13

49.

Con la seconda questione, lettera a), nella causa C‑96/16 e con la prima questione nella causa C‑94/17, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se la direttiva 93/13 osti ad una giurisprudenza nazionale, nella specie quella del Tribunal Supremo, secondo la quale deve essere dichiarata abusiva qualsiasi clausola non negoziata di un contratto di mutuo – senza garanzia reale nella causa C‑96/16 e ipotecario nella causa C‑94/17 – che preveda un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari previsto da tale contratto.

Sulla ricevibilità

50.

È opportuno formulare alcune osservazioni preliminari sulla ricevibilità delle questioni relative alla conformità alla direttiva 93/13 della giurisprudenza del Tribunal Supremo, poiché tale ricevibilità è stata specificamente messa in discussione dal Banco Santander e dal governo spagnolo nella causa C‑96/16 nonché dal Banco de Sabadell nella causa C‑94/17, per il fatto che detta questione solleverebbe una problematica ipotetica.

51.

Nella causa C‑96/16, il Banco Santander e il governo spagnolo ritengono evidente che il giudice del rinvio abbia già considerato che le clausole che fissano gli interessi moratori di cui trattasi nel procedimento principale devono essere dichiarate abusive (il che renderebbe superflua la questione sollevata). Nella causa C‑94/17, il Banco de Sabadell solleva un’obiezione molto simile. Esso precisa che l’impugnazione di cui è investito il giudice del rinvio non verterebbe sulla questione del criterio sulla base del quale è stato accertato il carattere abusivo della clausola controversa, ma riguarderebbe unicamente le conseguenze di detto carattere. A questo proposito, esso aggiunge che il giudice d’appello avrebbe accertato il carattere abusivo della clausola in questione senza fare riferimento alla giurisprudenza del Tribunal Supremo oggetto della prima questione pregiudiziale, poiché tale giudice si è pronunciato prima che detta giurisprudenza fosse enunciata. Pertanto, anche se la Corte dovesse dichiarare che il diritto dell’Unione osta ad una siffatta giurisprudenza, il giudice del rinvio non potrebbe annullare su tale punto la sentenza emessa in appello.

52.

A tale riguardo, ritengo che, sebbene dalle decisioni di rinvio risulti che i giudici del rinvio sembrano essersi chiaramente orientati a favore della constatazione del carattere abusivo delle clausole sottoposte al loro esame, essi non hanno però ancora definitivamente risolto la questione del carattere abusivo di tali clausole sulla base segnatamente del criterio stabilito dal Tribunal Supremo nella sua giurisprudenza più recente.

53.

Le questioni sollevate dai giudici del rinvio in relazione alla compatibilità del criterio elaborato dal Tribunal Supremo appaiono quindi ancora attuali per essi. Infatti, tali giudici desiderano sapere se un siffatto criterio di natura giurisprudenziale sia conforme al sistema di protezione dei consumatori istituito dalla direttiva 93/13, in particolare dall’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, in quanto detto criterio si applica in modo automatico, senza consentire al giudice adito di tenere conto di tutte le circostanze del caso di specie.

54.

Per quanto riguarda, in particolare, la pertinenza dei dubbi nutriti dal giudice del rinvio nella causa C‑94/17, quest’ultimo ha affermato, in sostanza, che l’impugnazione di cui è investito, benché vertente in concreto sulle conseguenze del carattere abusivo della clausola in questione nel procedimento principale, solleva anche dubbi riguardo all’interpretazione delle disposizioni della direttiva 93/13 relative alla constatazione di tale carattere. Inoltre, non si può escludere che, ai sensi del diritto processuale spagnolo, tale giudice possa o debba riesaminare d’ufficio detto carattere nell’ambito dell’impugnazione pendente dinanzi ad esso e, più in particolare, i criteri sulla base dei quali tale carattere deve essere accertato, tenendo presente che, conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, la questione se una clausola contrattuale debba essere dichiarata abusiva deve essere equiparata ad una questione di ordine pubblico ( 14 ).

55.

Di conseguenza, dalle decisioni di rinvio non emerge in modo manifesto che le questioni relative al criterio elaborato dal Tribunal Supremo al fine di accertare il carattere abusivo di una clausola che fissa il tasso degli interessi moratori – questioni che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, devono beneficiare di una presunzione di rilevanza ( 15 ) – siano irricevibili.

Nel merito

56.

Nel merito, si pone la questione se un criterio non equivoco, come quello elaborato dal Tribunal Supremo, secondo cui una clausola non negoziata di un contratto di mutuo stipulato con un consumatore, che fissa il tasso degli interessi moratori applicabile, è abusiva qualora tale tasso superi di oltre due punti percentuali il tasso degli interessi ordinari previsto da tale contratto, sia compatibile con il sistema di protezione dei consumatori istituito dalla direttiva 93/13, e in particolare dall’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, in quanto detto criterio sembra applicarsi in modo automatico, senza consentire al giudice adito di tenere conto di tutte le circostanze del caso di specie.

57.

Prima di affrontare la questione se tale giurisprudenza sia problematica dal punto di vista dell’effettività della protezione conferita dalla direttiva 93/13, vorrei formulare alcune osservazioni preliminari sul contesto che ha accompagnato l’elaborazione di tale giurisprudenza nazionale e sulla portata concreta di quest’ultima per i giudici nazionali chiamati a pronunciarsi, su domanda o d’ufficio, in merito al carattere abusivo delle clausole contenute nei contratti stipulati con i consumatori.

– Osservazioni preliminari sul contesto di elaborazione della regola giurisprudenziale stabilita dal Tribunal Supremo e sulla portata della stessa

58.

La giurisprudenza della Corte relativa alla direttiva 93/13 ha messo in luce l’importanza, ai fini della protezione conferita da quest’ultima, del ruolo attivo devoluto ai giudici nazionali nell’individuazione e nella repressione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori, quali, in particolare, quelle che stabiliscono gli interessi moratori ( 16 ).

59.

Per questo, e come sembra assodato, non spetta alla Corte definire con precisione – al di là del richiamo dei criteri generali risultanti espressamente dalla direttiva 93/13 – il tipo di clausole contrattuali che devono essere dichiarate abusive ai sensi di tale direttiva. Il giudice nazionale è infatti il soggetto maggiormente qualificato – se non l’unico – in grado di determinare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti, i casi nei quali una clausola contrattuale, come quella che stabilisce gli interessi moratori, deve essere dichiarata abusiva in quanto atta a determinare, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti del contratto ( 17 ).

60.

Peraltro, non si può escludere che i giudici di grado superiore di uno Stato membro siano autorizzati, nel loro ruolo di armonizzazione nell’interpretazione del diritto nazionale, ad elaborare alcuni orientamenti destinati a guidare i giudici di grado inferiore nella loro valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali che vincolano i consumatori, purché tali orientamenti siano conformi a quelli enunciati dalla Corte.

61.

Questo sembra essere per l’appunto l’oggetto della giurisprudenza del Tribunal Supremo, risultante segnatamente dalle tre sentenze del 22 aprile (emessa in seduta plenaria), e del 7 e dell’8 settembre 2015, che viene in discussione nei procedimenti principali.

62.

È interessante osservare che la regola giurisprudenziale stabilita dal Tribunal Supremo in tali sentenze riecheggia direttamente i principi elaborati dalla Corte nella sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164). Il Tribunal Supremo si è riferito, infatti, al punto 74 di tale sentenza, a termini del quale:

«(…) per quanto riguarda la clausola relativa alla fissazione degli interessi di mora, occorre ricordare che, alla luce del punto 1, lettera e), dell’allegato della direttiva [93/13], letto in combinato disposto con le disposizioni [dell’articolo 3], paragrafo 1, e [dell’articolo 4], paragrafo 1, [di detta] direttiva, il giudice del rinvio dovrà verificare in particolare (…) il livello del tasso di interesse di mora stabilito, rispetto al tasso di interesse legale, onde appurare che esso sia idoneo a garantire il conseguimento delle finalità che esso persegue nello Stato membro interessato e non ecceda quanto necessario per realizzarle».

63.

A tale riguardo, va osservato che gli istituti bancari di cui ai procedimenti principali hanno sostenuto, sia nelle loro memorie sia all’udienza, che dalle sentenze del Tribunal Supremo del 22 aprile, e del 7 e dell’8 settembre 2015 non risulta che il criterio in base al quale deve essere dichiarata abusiva una clausola che fissa un tasso di interessi moratori superiore di due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari si applichi in modo automatico e sia vincolante. Secondo detti istituti, tale criterio sarebbe inteso unicamente ad aiutare il giudice nazionale, il quale rimarrebbe sempre libero di discostarsene qualora le circostanze del caso di specie lo giustificassero.

64.

Tale interpretazione non mi sembra corrispondere ai termini utilizzati dal Tribunal Supremo, in particolare nella sua sentenza emessa il 22 aprile 2015 dal Pleno de la Sala de lo Civil (Assemblea plenaria della Sezione civile).

65.

In tale sentenza, il Tribunal Supremo ha anzitutto constatato che, contrariamente alla situazione esistente in altri Stati membri, in Spagna non esisteva alcun limite legale in materia di fissazione degli interessi moratori nei contratti di mutuo stipulati con i consumatori, il che obbligava i giudici spagnoli ad effettuare una ponderazione. In tale contesto, detto giudice ha ritenuto necessario non già limitarsi a richiamare principi generali, bensì enunciare una regola più precisa per evitare che le giurisdizioni inferiori stabiliscano differenti criteri nella valutazione del carattere abusivo delle clausole che determinano il tasso degli interessi moratori, situazione che sarebbe fonte di arbitrarietà e di incertezza giuridica. Ispirandosi ai criteri enunciati dalla Corte nonché a quelli definiti in vari settori dell’ordinamento giuridico spagnolo, il Tribunal Supremo ha considerato che l’aggiunta di due punti percentuali prevista dall’articolo 576 del codice di procedura civile per il calcolo degli interessi giudiziari fosse il criterio giuridico più appropriato per stabilire il tasso degli interessi moratori nei prestiti personali concessi ai consumatori. Un siffatto criterio consentirebbe di evitare che al consumatore che non adempie i propri obblighi sia imposto il pagamento di una penale elevata, pur «indennizzando» in modo proporzionato il creditore per il danno da lui subito a causa del ritardo nell’adempimento dell’obbligo constatato da un giudice.

66.

Dai termini utilizzati dal Tribunal Supremo nella sentenza del 22 aprile 2015 risulta quindi che quest’ultimo ha stabilito una presunzione assoluta, secondo la quale è abusiva una clausola contrattuale che fissi un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari convenuto nel contratto di mutuo.

67.

A mio avviso, tale giurisprudenza presenta innegabilmente un carattere vincolante per i giudici spagnoli di grado inferiore, nel senso che questi ultimi sono ormai tenuti a dichiarare abusiva qualsiasi clausola contrattuale che fissi un tasso di interessi moratori che supera di oltre due punti percentuali quello degli interessi ordinari. Sebbene, come ha precisato all’udienza il governo spagnolo in risposta ad un quesito scritto posto dalla Corte, detta giurisprudenza non abbia valore di legge, le sentenze dei giudici di grado inferiore che divergano dagli orientamenti ripetutamente enunciati dal Tribunal Supremo – i quali hanno pertanto «forza di esemplarità» – vengono censurate nell’ambito di ricorsi per cassazione.

68.

Ciò posto, e contrariamente a quanto potrebbe suggerire un esame superficiale, non mi sembra che l’elaborazione di una siffatta giurisprudenza possa essere equiparata alle misure che possono essere adottate dalle autorità nazionali ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/13.

69.

Rammento che, a termini di quest’ultima disposizione, «[g]li Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla [direttiva 93/13], disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore». In applicazione di tale articolo, gli Stati membri possono adottare elenchi di clausole abusive, a condizione di informarne la Commissione, ai sensi dell’articolo 8 bis di detta direttiva.

70.

Oltre al fatto che tale possibilità è stata considerata riservata al legislatore nazionale o alle autorità regolamentari o amministrative nazionali, ad esclusione dei giudici nazionali ( 18 ), mi sembra che ciò di cui si discute in realtà nel caso di specie sia non già l’elaborazione di una regola nazionale volta a rafforzare il livello di protezione dei consumatori conferito dalla direttiva 93/13 attraverso l’elaborazione di una «clausola nera», bensì la giurisprudenza di un giudice di grado superiore tendente, in assenza di disposizioni specifiche in materia di fissazione del tasso degli interessi moratori, a fornire ai giudici nazionali orientamenti precisi al fine di stabilire in quali casi una clausola contrattuale che fissa il tasso di tali interessi debba essere necessariamente dichiarata abusiva.

71.

Come è stato confermato all’udienza, tale giurisprudenza, sebbene integri il diritto nazionale e vincoli pertanto i giudici spagnoli ( 19 ), non può essere equiparata alle misure che gli Stati membri possono adottare ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/13.

72.

Tuttavia, come intendo spiegare di seguito, tale giurisprudenza, per quanto vincolante essa sia, non è problematica dal punto di vista della protezione dei consumatori perseguita dalla direttiva 93/13.

– Esame della questione se la giurisprudenza del Tribunal Supremo sia problematica dal punto di vista della protezione conferita dalla direttiva 93/13

73.

Dalla giurisprudenza della Corte risulta che la direttiva 93/13 osta all’elaborazione di un criterio che definisca il carattere abusivo di una clausola, qualora esso impedisca al giudice nazionale investito dell’esame di una clausola non rispondente a tale criterio di valutare il carattere eventualmente abusivo di quest’ultima e, se del caso, di disapplicarla ( 20 ).

74.

Per contro, non mi sembra che da tale giurisprudenza possa dedursi che detta direttiva osta anche all’applicazione, da parte dei giudici nazionali, di un siffatto criterio qualora ne risulti che qualsiasi clausola rispondente ad esso dovrebbe essere automaticamente dichiarata abusiva, a prescindere dalle circostanze particolari del caso di specie. In definitiva, ciò che appare determinante ai fini dell’effettività della direttiva 93/13 è che il potere dei giudici nazionali di dichiarare abusive le clausole contrattuali da essi esaminate non sia compromesso negativamente.

75.

Nell’ambito della valutazione delle clausole che stabiliscono i tassi degli interessi moratori e ordinari, ciò che importa è che l’elaborazione di un siffatto criterio non privi il giudice nazionale della possibilità di dichiarare abusiva una clausola contrattuale che fissi un tasso di interessi moratori superiore di meno di due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari convenuto, qualora le circostanze particolari del caso di specie lo richiedano. Parimenti, al giudice nazionale non deve essere impedito di valutare il carattere abusivo della clausola di un contratto stipulato con un consumatore la quale determini il tasso degli interessi ordinari, qualora tale tasso non sia stato negoziato tra le parti ( 21 ).

76.

Orbene, nel caso di specie, tutte le parti concordano sul fatto che i giudici spagnoli possono sempre dichiarare abusive clausole che fissano il tasso degli interessi moratori in modo da non superare di oltre due punti percentuali il tasso degli interessi ordinari, alla luce delle circostanze in cui è stato stipulato il contratto. Inoltre, ritengo che la giurisprudenza del Tribunal Supremo non impedisca ai giudici aditi di valutare il carattere abusivo del tasso degli interessi ordinari fissato in un contratto stipulato con un consumatore nel caso in cui non sia stato preso alcun accordo nell’ambito della stipulazione del contratto.

77.

Certo, devo ricordare che non vi è una regola aurea per valutare in astratto il carattere abusivo di una clausola che fissa il tasso degli interessi moratori ( 22 ). In altri termini, non esistono criteri infallibili che consentano di concludere, indipendentemente da un esame delle circostanze di ciascun caso di specie, che una siffatta clausola è abusiva.

78.

Tuttavia, si deve ammettere che una presunzione, anche assoluta, secondo la quale è abusiva una clausola che fissi il tasso degli interessi moratori al di là di un determinato livello, è conforme all’obiettivo della direttiva 93/13, il quale consiste, lo rammento, nell’evitare il verificarsi di uno squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti del contratto (v. articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva) a danno dei consumatori e, in definitiva, nella protezione dei consumatori. Il fatto che un giudice nazionale sia tenuto a dichiarare abusiva una clausola contrattuale che fissa il tasso degli interessi moratori ad un livello superiore ad una determinata soglia non è problematico dal punto di vista del perseguimento di tali obiettivi, anche se può esserlo dal punto di vista dell’equilibrio contrattuale globale considerato in astratto.

79.

In tale contesto, va ricordato che, per appurare se una clausola determini, a danno del consumatore, un «significativo squilibrio» dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, può essere utile tener conto, in particolare, delle disposizioni applicabili nel diritto nazionale in mancanza di un accordo tra le parti in tal senso. Sarà proprio una siffatta analisi comparatistica a consentire al giudice nazionale di valutare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale ( 23 ).

80.

Nel caso di specie, il criterio secondo cui il tasso degli interessi moratori non può superare di oltre due punti percentuali il tasso annuo degli interessi ordinari non risulta direttamente dalla legislazione spagnola, ma tiene conto di quest’ultima in modo indiretto. Come ha precisato il Tribunal Supremo nella decisione di rinvio nella causa C‑94/17, il criterio elaborato da tale giudice riguardo alla fissazione del tasso degli interessi moratori si ispira a quello che può essere considerato ragionevole alla luce delle disposizioni nazionali applicabili in altri settori.

81.

Tenuto conto di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione, lettera a), nella causa C‑96/16 e alla prima questione nella causa C‑94/17 dichiarando che la direttiva 93/13 non osta ad una giurisprudenza nazionale secondo cui la clausola di un contratto di mutuo che prevede un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari annuo fissato è abusiva, a condizione che tale giurisprudenza non pregiudichi la possibilità per il giudice nazionale di valutare, in modo autonomo e tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie, l’eventuale carattere abusivo delle clausole non rispondenti a tale criterio che vengano sottoposte al suo esame.

Sulla seconda questione, lettera b), nella causa C‑96/16, nonché sulle questioni seconda e terza nella causa C‑94/17

82.

Con la seconda questione, lettera b), nella causa C‑96/16, nonché con la seconda e la terza questione nella causa C‑94/17, i giudici del rinvio intendono accertare se la direttiva 93/13 osti alla soluzione elaborata nelle sentenze del Tribunal Supremo, secondo la quale la conseguenza della constatazione del carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo che fissa il tasso degli interessi moratori consiste nell’abolizione di questi ultimi interessi, cosicché continuano a maturare soltanto gli interessi ordinari. In caso affermativo, il Tribunal Supremo si chiede, nella causa C‑94/17, quale debba esserne la conseguenza, in particolare se quest’ultima debba consistere nell’annullamento non solo degli interessi moratori, ma anche degli interessi ordinari previsti da tale contratto, oppure nella produzione di interessi moratori al tasso legale.

83.

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e il contratto resta vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive.

84.

Come la Corte ha statuito, i giudici nazionali sono tenuti ad escludere l’applicazione di una clausola contrattuale abusiva affinché non produca effetti vincolanti nei confronti dei consumatori, senza essere autorizzati a rivedere il contenuto della medesima. Infatti, detto contratto deve sussistere, in linea di principio, senz’altra modifica che non sia quella risultante dalla soppressione delle clausole abusive, purché, conformemente alle norme di diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto sia giuridicamente possibile ( 24 ).

85.

È pur vero che la Corte ha anche riconosciuto la possibilità per il giudice nazionale di sostituire ad una clausola abusiva una disposizione nazionale di natura suppletiva. Tuttavia, tale possibilità è stata chiaramente limitata ai casi in cui l’invalidazione della clausola abusiva obbligherebbe il giudice ad annullare il contratto nel suo insieme, esponendo così il consumatore a conseguenze tali per cui egli ne uscirebbe penalizzato. In tale prospettiva, come la Corte ha, in sostanza, rilevato, l’annullamento di una clausola di un contratto di mutuo relativa ai tassi degli interessi moratori non può, in linea di principio, avere simili conseguenze, poiché l’importo richiesto dal mutuante sarà necessariamente inferiore in assenza di applicazione di tali tassi ( 25 ).

86.

Alla luce di tale giurisprudenza, si deve concludere che la direttiva 93/13 non osta alla soluzione adottata dal Tribunal Supremo nella summenzionata giurisprudenza, in quanto tale soluzione implica che il giudice nazionale, il quale abbia accertato il carattere abusivo della clausola di un contratto che fissa il tasso degli interessi moratori, da una parte, escluda puramente e semplicemente l’applicazione di tale clausola, pur mantenendo la validità delle altre clausole di detto contratto, in particolare quella relativa ai tassi degli interessi ordinari, e, dall’altra, non sostituisca alla clausola dichiarata abusiva disposizioni legislative suppletive, quali, in particolare, quelle che fissano il tasso degli interessi moratori legale applicabile in assenza di accordo tra le parti del contratto.

87.

Qualora una clausola che fissa il tasso degli interessi moratori sia dichiarata abusiva dal giudice nazionale, quest’ultimo la disapplicherà, ma non potrà invece scegliere di ridurre l’importo della penale imposta al consumatore. Quanto alle altre clausole contrattuali (comprese, se del caso, quelle relative ai tassi degli interessi ordinari), esse saranno mantenute e continueranno molto semplicemente a produrre gli effetti che sono normalmente destinate a produrre.

88.

Per contro, il fatto di privare di effetti la clausola che fissa i tassi degli interessi ordinari, sebbene questa non sia stata dichiarata abusiva, andrebbe ben al di là delle conseguenze relative all’effettività della protezione conferita dalla direttiva 93/13.

89.

Ciò è tanto più vero per il fatto che, trattandosi di un contratto di mutuo, le clausole che stabiliscono i tassi degli interessi ordinari devono essere chiaramente distinte da quelle che determinano il tasso degli interessi moratori. Mentre gli interessi ordinari hanno una funzione di retribuzione della messa a disposizione di una somma di denaro da parte del mutuante fino al suo rimborso, gli interessi moratori mirano a sanzionare l’inadempimento, da parte del debitore, del suo obbligo di effettuare i rimborsi del prestito alle scadenze contrattualmente pattuite. Le clausole relative ai tassi degli interessi ordinari fanno parte, quindi, dell’essenza stessa di un contratto di mutuo e si ricollegano pertanto all’oggetto principale del contratto, oggetto che è sottratto, in linea di principio, al controllo effettuato dal giudice ai sensi della direttiva 93/13 ( 26 ).

90.

Tale conclusione si impone, a mio avviso, a prescindere dal modo in cui sono redatte le clausole contrattuali che fissano i tassi d’interesse. Sia che la clausola che fissa i tassi degli interessi moratori sia distinta da quella relativa ai tassi degli interessi ordinari, sia che questi due tipi di clausole si confondano, la constatazione secondo cui la clausola relativa ai tassi degli interessi moratori è abusiva non può incidere sull’applicazione degli interessi ordinari. Nel caso in cui il tasso degli interessi moratori sia rappresentato da una maggiorazione dei tassi degli interessi ordinari, è solo tale maggiorazione che deve essere invalidata. Ciò non è in alcun modo assimilabile ad un «adeguamento» del contratto, che sarebbe vietato ai sensi della giurisprudenza, bensì si tratta proprio della disapplicazione della sola clausola dichiarata abusiva.

91.

Tenuto conto di tali considerazioni, propongo di rispondere alla seconda questione, lettera b), nella causa C‑96/16 e alla seconda questione nella causa C‑94/17 dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non ostano a che, a seguito della constatazione del carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo che fissa un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari convenuto, ai sensi della giurisprudenza summenzionata, la clausola che fissa il tasso degli interessi ordinari resti applicabile fino al pagamento integrale del debito.

92.

Tenuto conto di tale risposta, non occorre più rispondere alla terza questione nella causa C‑94/17.

Conclusione

93.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere nel modo seguente alle questioni pregiudiziali che sono state sollevate:

I.

Nella causa C‑96/16, dallo Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (Tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona, Spagna):

1)

La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, non osta ad una pratica di un professionista consistente nel cedere o nell’acquistare crediti come quella descritta nel caso di specie, la quale non offra al consumatore la possibilità di estinguere il debito pagando al cessionario l’importo della cessione nonché gli interessi, i costi e le spese.

2)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non ostano ad una giurisprudenza nazionale, la quale stabilisca come criterio univoco il fatto che, nei contratti di mutuo stipulati con i consumatori, una clausola non negoziata che fissa un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari convenuto è abusiva, laddove:

detta giurisprudenza non limiti il potere di valutazione del giudice nazionale per quanto riguarda la constatazione del carattere abusivo delle clausole che non soddisfano tale criterio contenute in un contratto di mutuo stipulato tra un consumatore e un professionista, e

essa non osti a che il giudice adito disapplichi la clausola suddetta qualora dovesse accertarne il carattere «abusivo», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva.

3)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non ostano a che, a seguito della constatazione del carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo che fissa un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari convenuto, ai sensi della giurisprudenza summenzionata, la clausola che fissa il tasso degli interessi ordinari resti applicabile fino al pagamento integrale del debito.

II.

Nella causa C‑94/17, dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna):

1)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non ostano ad una giurisprudenza nazionale, la quale stabilisca come criterio univoco il fatto che, nei contratti di mutuo stipulati con i consumatori, una clausola non negoziata che fissa un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari convenuto è abusiva, laddove:

detta giurisprudenza non limiti il potere di valutazione del giudice nazionale per quanto riguarda la constatazione del carattere abusivo delle clausole che non soddisfano tale criterio contenute in un contratto di mutuo stipulato tra un consumatore e un professionista, e

essa non osti a che il giudice adito disapplichi la clausola suddetta qualora dovesse accertarne il carattere «abusivo», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva.

2)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non ostano a che, a seguito della constatazione del carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo che fissa un tasso di interessi moratori superiore di oltre due punti percentuali al tasso degli interessi ordinari convenuto, ai sensi della giurisprudenza summenzionata, la clausola che fissa il tasso degli interessi ordinari resti applicabile fino al pagamento integrale del debito.

3)

Non occorre rispondere alla terza questione.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), come modificata dalla direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011 (GU 2011, L 304, pag. 64) (in prosieguo: la «direttiva 93/13»).

( 3 ) Tali sentenze sono datate, per quanto riguarda i mutui senza garanzia reale, rispettivamente 22 aprile, 7 e 8 settembre 2015. Il Tribunal Supremo si sarebbe pronunciato sui mutui ipotecari con sentenze del 23 dicembre 2015, nonché del 18 febbraio e del 3 giugno 2016.

( 4 ) Sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164).

( 5 ) Sentenza del 21 gennaio 2015, Unicaja Banco e Caixabank (C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2015:21).

( 6 ) BOE n. 287, del 30 novembre 2007, pag. 49181.

( 7 ) BOE n. 116, del 15 maggio 2013, pag. 36373.

( 8 ) Poiché l’obiettivo di protezione dei consumatori sancito dalle disposizioni del TFUE menzionate nella decisione di rinvio è perseguito per mezzo di disposizioni di diritto derivato, è proprio a tale direttiva, applicabile ratione materiae, che occorre fare riferimento.

( 9 ) Sulla necessaria distinzione tra tale tipo di controversie e le controversie pendenti vertenti direttamente su clausole contrattuali e/o sull’eventuale limitazione dei poteri del giudice nazionale di valutazione del carattere abusivo di tali clausole, v. sentenza del 30 aprile 2014, Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punti da 38 a 42). In tal senso, inoltre, la Corte ha dichiarato, in particolare, che la constatazione del carattere sleale di una pratica commerciale non aveva diretta incidenza sulla questione se un contratto fosse valido sotto il profilo dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 [v. sentenza del 15 marzo 2012, Pereničová e Perenič (C‑453/10, EU:C:2012:144, punto 46)].

( 10 ) Il Banco Santander e il governo spagnolo indicano che il giudice del rinvio ha altresì sollevato dinanzi al Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna) una questione di legittimità costituzionale riguardante le medesime disposizioni, che tuttavia, secondo le informazioni comunicate alla Corte, sarebbe stata respinta.

( 11 ) V., a tale riguardo, ordinanza del 5 luglio 2016, Banco Popular Español e PL Salvador (C‑7/16, non pubblicata, EU:C:2016:523, punti da 19 a 27), che verteva proprio su tale disposizione.

( 12 ) In tale contesto, mi sembra interessante, inoltre, fare riferimento alle indicazioni risultanti dall’articolo 17 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66, e, per rettifiche, GU 2009, L 207, pag. 14, GU 2010, L 199, pag. 40, e GU 2011, L 234, pag. 46), ancorché esso non sia necessariamente applicabile rationae temporis alla controversia principale. Sebbene tale disposizione prescriva che il debitore consumatore sia informato della cessione del credito e che egli conservi i propri diritti e le proprie garanzie nei confronti del terzo cessionario, essa non prevede, per contro, l’obbligo di ottenere il suo consenso e ancor meno che egli disponga di un diritto di riscatto e/o di un diritto di prelazione su tale credito.

( 13 ) Secondo il giudice del rinvio, la ratio del diritto di prelazione previsto dall’articolo 1535 del codice civile rispetto ai crediti «controversi» consiste nella necessità di contrastare le operazioni di cessione a fini speculativi.

( 14 ) V., in tal senso, sentenza del 30 maggio 2013, Asbeek Brusse e de Man Garabito (C‑488/11, EU:C:2013:341, punti 40, 4144). V., inoltre, sentenza del 26 febbraio 2015, Matei (C‑143/13, EU:C:2015:127, punto 40).

( 15 ) Per un richiamo recente della presunzione di rilevanza di cui godono le questioni pregiudiziali sollevate in contesti simili vertenti sull’interpretazione della direttiva, si rinvia in particolare alle sentenze del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata), e del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 20).

( 16 ) V., in particolare, sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349); del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164), nonché del 21 gennaio 2015, Unicaja Banco e Caixabank (C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2015:21).

( 17 ) V., in tal senso, sentenza del 1o aprile 2004, Freiburger Kommunalbauten (C‑237/02, EU:C:2004:209, punti 2225), e ordinanza del 16 novembre 2010, Pohotovosť (C‑76/10, EU:C:2010:685, punto 60). Rinvio inoltre alle mie conclusioni nelle cause riunite Unicaja Banco e Caixabank (C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2014:2299, paragrafo 42).

( 18 ) V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Biuro podróży Partner (C‑119/15, EU:C:2016:387, paragrafi da 53 a 57), nonché le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause riunite Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:552, nota 18). Va altresì rilevato che il considerando 63 della direttiva 2011/83 fa riferimento «all’adozione di disposizioni nazionali specifiche».

( 19 ) Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, del codice civile, la giurisprudenza integra l’ordinamento giuridico con i principi enunciati in modo costante dal Tribunal Supremo nella sua interpretazione e applicazione della legge, della consuetudine e dei principi generali del diritto. All’udienza, il Banco de Sabadell ha affermato, senza essere contraddetto su tale punto, che i giudici spagnoli applicano in modo automatico la regola elaborata dal Tribunal Supremo.

( 20 ) V., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2015, Unicaja Banco e Caixabank (C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2015:21, punto 40).

( 21 ) V., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 74).

( 22 ) V. le mie conclusioni nelle cause riunite Unicaja Banco e Caixabank (C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2014:2299, paragrafo 42).

( 23 ) V. sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 59).

( 24 ) Sentenze del 21 gennaio 2015, Unicaja Banco e Caixabank (C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2015:21, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata), e del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 71).

( 25 ) V., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2015, Unicaja Banco e Caixabank (C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2015:21, punti da 28 a 34).

( 26 ) V., in tal senso, le mie conclusioni nella causa Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:85, paragrafi da 56 a 58). Ciò vale nonostante la possibilità, per il giudice, di controllare le clausole che non siano redatte in modo chiaro e comprensibile.