CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate l’8 settembre 2016 ( 1 )

Causa C‑484/15

Ibrica Zulfikarpašić

contro

Slaven Gajer

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Općinski sud u Novom Zagrebu (Giudice del distretto municipale di Novi Zagreb, Croazia)]

«Rinvio pregiudiziale — Cooperazione giudiziaria in materia civile — Regolamento (CE) n. 805/2004 — Titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati — Atti di cui è possibile chiedere la certificazione — Mandato di esecuzione rilasciato da un notaio in base a un atto autentico»

1. 

La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame verte sull’interpretazione del regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati ( 2 ).

2. 

Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Ibrica Zulfikarpašić, avvocato residente in Croazia, e il sig. Slaven Gajer, parimenti residente in Croazia, in merito alla certificazione quale titolo esecutivo europeo, ai sensi del regolamento n. 805/2004, di un mandato di esecuzione emesso da un notaio in base a un atto autentico.

3. 

L’Općinski sud u Novom Zagrebu (Giudice del distretto municipale di Novi Zagreb, Croazia) si chiede, in sostanza, se un notaio che, conformemente alla legislazione croata, ha emesso un mandato di esecuzione definitivo ed esecutivo in base a un atto autentico sia competente a certificarlo quale titolo esecutivo europeo qualora esso non sia stato oggetto di opposizione e se, in caso di risposta negativa, un giudice nazionale possa effettuare tale certificazione nel caso in cui il mandato di esecuzione abbia ad oggetto un credito non contestato.

4. 

La presente causa offre alla Corte l’occasione di fornire utili precisazioni sui contorni delle nozioni di «decisione giudiziaria» e di «giudice» ai sensi del regolamento n. 805/2004 stabilendo, in particolare, se un notaio al quale la legge nazionale conferisce il potere di rilasciare mandati di esecuzione possa essere qualificato «giudice».

5. 

Tuttavia, si pone anzitutto una questione preliminare relativa alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto dalla lettura dell’ordinanza di rinvio emerge che le parti del procedimento principale risiedono entrambe in Croazia, cosicché la situazione potrebbe, a prima vista, essere qualificata come «puramente interna» e considerata quindi estranea all’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

6. 

Nelle presenti conclusioni sosterrò, in primo luogo, che la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame è ricevibile sebbene la controversia principale sia sorta tra un ricorrente e un convenuto che risiedono entrambi nella Repubblica di Croazia. Infatti, se la certificazione quale titolo esecutivo europeo in applicazione del regolamento n. 805/2004 è intesa a consentire il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata emessa, la ricevibilità della domanda di certificazione presentata al giudice dello Stato membro di origine non è subordinata alla prova da parte del creditore del carattere transfrontaliero della controversia.

7. 

Esporrò, in secondo luogo, che un titolo esecutivo quale un mandato di esecuzione rilasciato da un notaio in base a un atto autentico costituisce una decisione giudiziaria ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del regolamento n. 805/2004, se il notaio competente a rilasciare detto mandato si pronuncia, nell’esercizio di tale specifica funzione, in qualità di giudice, il che presuppone che egli offra garanzie di indipendenza e imparzialità e statuisca con poteri propri mediante una decisione che, da un lato, ha costituito o può costituire l’oggetto di una discussione in contraddittorio prima di essere certificata quale titolo esecutivo europeo e, dall’altro, può essere oggetto di ricorso dinanzi a un’autorità giudiziaria. Fatti salvi gli accertamenti che spettano al giudice del rinvio, segnatamente per quanto riguarda il rispetto dei requisiti di indipendenza e imparzialità, sosterrò che il notaio competente a rilasciare il mandato di esecuzione è qualificabile come «giudice».

8. 

Ne dedurrò, in terzo luogo, che detto notaio, il quale costituisce il «giudice di origine», ai sensi degli articoli 4, punto 6, e 6, paragrafo 1, del regolamento n. 805/2004, è competente a certificare come titolo esecutivo europeo il mandato che ha rilasciato e reso esecutivo in mancanza di opposizione del debitore.

I – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

9.

Ai sensi dei considerando 5, 7 e 20 del regolamento n. 805/2004:

«(5)

La nozione di “credito non contestato” dovrebbe comprendere tutte le situazioni in cui un creditore, tenuto conto dell’assenza accertata di contestazione da parte del debitore in ordine alla natura o all’entità del debito, ha ottenuto o una decisione giudiziaria contro quel debitore o un documento avente efficacia esecutiva che richieda l’esplicito consenso del debitore stesso, sia esso una transazione giudiziaria o un atto pubblico.

(…)

(7)

Il presente regolamento dovrebbe applicarsi alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici aventi ad oggetto crediti non contestati e alle decisioni pronunciate in seguito a impugnazioni di decisioni giudiziarie, transazioni giudiziarie e atti pubblici, certificati come titoli esecutivi europei.

(…)

(20)

Il creditore dovrebbe poter scegliere tra la presentazione della domanda per ottenere la certificazione di titolo esecutivo europeo ed il sistema di riconoscimento e esecuzione previsto dal regolamento (CE) n. 44/2001 [del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 3 ),] o da altri atti comunitari».

10.

L’articolo 1 del regolamento n. 805/2004, intitolato «Oggetto», così recita:

«Il presente regolamento istituisce un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati al fine di consentire, grazie alla definizione di norme minime, la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici in tutti gli Stati membri senza che siano necessari, nello Stato membro dell’esecuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l’esecuzione».

11.

L’articolo 3 del medesimo regolamento, intitolato «Titoli esecutivi da certificare come titolo esecutivo europeo», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«Il presente regolamento si applica alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici relativi a crediti non contestati.

Un credito si considera “non contestato” se:

a)

il debitore l’ha espressamente riconosciuto mediante una dichiarazione o mediante una transazione approvata dal giudice o conclusa dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giudiziario; o

b)

il debitore non l’ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario, in conformità delle relative procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro di origine; o

c)

il debitore non è comparso o non si è fatto rappresentare in un’udienza relativa a un determinato credito pur avendo contestato inizialmente il credito stesso nel corso del procedimento, sempre che tale comportamento equivalga a un’ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore secondo la legislazione dello Stato membro d’origine; o

d)

il debitore l’ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico».

12.

L’articolo 4 di detto regolamento, intitolato «Definizioni», così recita:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

1.

“decisione giudiziaria”: a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto, ordinanza, sentenza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere;

2.

“credito”: un credito relativo al pagamento di uno specifico importo di denaro esigibile o la cui data di esigibilità è indicata nella decisione giudiziaria, nella transazione o nell’atto pubblico;

3.

“atto pubblico”:

a)

qualsiasi documento che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico e la cui autenticità:

i)

riguardi la firma e il contenuto, e

ii)

sia stata attestata da un’autorità pubblica o da altra autorità a ciò autorizzata dallo Stato membro di origine,

o

b)

qualsiasi convenzione in materia di obbligazioni alimentari conclusa davanti alle autorità amministrative o da queste autenticata;

(…)

6.

“giudice d’origine”: il giudice o organo giurisdizionale incaricato del procedimento nel momento in cui ricorrono le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c);

7.

in Svezia, nei procedimenti sommari relativi ad ingiunzioni di pagamento (betalningsföreläggande), il termine “giudice” comprende l’autorità pubblica svedese per l’esecuzione forzata (kronofogdemyndighet)».

B – Diritto croato

13.

L’articolo 31 dell’Ovršni zakon (legge sull’esecuzione forzata) ( 4 ), nella versione vigente all’epoca dei fatti del procedimento principale, così dispone:

«1)   Ai sensi della presente legge, costituiscono atto autentico una fattura, una cambiale e un protesto di assegno, accompagnati, se del caso, da fatture di ritorno a riprova di un credito, un documento ufficiale, un estratto di libri contabili, un atto privato autenticato e qualsiasi documento che si ritiene costituisca un atto pubblico ai sensi di normativa specifica. Il calcolo degli interessi è parimenti ritenuto costituire una fattura.

2)   Un atto autentico è esecutivo se vi sono indicati l’identità del creditore e del debitore nonché l’oggetto, la natura, la portata e la data di esecuzione dell’obbligazione pecuniaria.

3)   Oltre alle informazioni menzionate al paragrafo 2 del presente articolo, una fattura rilasciata a una persona fisica che non esercita un’attività registrata deve indicare al debitore che, in caso di inadempimento dell’obbligazione pecuniaria divenuta esigibile, il creditore può chiedere l’esecuzione forzata in base a un atto autentico.

(…)».

14.

L’articolo 278 della legge sull’esecuzione forzata enuncia che «[i] notai decidono sulle domande di esecuzione basate su un atto autentico conformemente alle disposizioni della presente legge».

15.

L’articolo 357 della legge sull’esecuzione forzata stabilisce che la certificazione come titoli esecutivi europei delle decisioni giudiziarie, delle transazioni giudiziarie e degli altri atti pubblici è di competenza «degli organi giurisdizionali, degli organi amministrativi e dei notai, o delle persone fisiche o giuridiche di diritto pubblico autorizzate ad emettere copie esecutive di titoli esecutivi europei rilasciati da giudici nazionali e aventi ad oggetto crediti non contestati».

16.

L’articolo 358, paragrafo 4, della legge sull’esecuzione forzata prevede che «[i]l notaio, qualora consideri non soddisfatti i requisiti per il rilascio dei certificati [di titolo esecutivo europeo], trasmette la domanda di rilascio, accompagnata da una copia degli atti o dei documenti corrispondenti, al giudice del distretto municipale in cui è ubicato il suo studio affinché si pronunci sulla domanda».

II – Fatti e questioni pregiudiziali

17.

A seguito della conclusione di un contratto di rappresentanza con il sig. Gajer, suo cliente, il sig. Zulfikarpašić, avvocato, rilasciava una fattura che rimaneva insoluta.

18.

Sulla base di tale fattura, considerata quale «atto autentico», in data 12 febbraio 2014 il sig. Zulfikarpašić otteneva da un notaio il rilascio di un mandato di esecuzione definitivo.

19.

Il 13 novembre 2014, il sig. Zulfikarpašić presentava a detto notaio una domanda di certificazione di tale mandato come titolo esecutivo europeo ai sensi del regolamento n. 805/2004, per poter avviare la procedura esecutiva diretta al recupero del suo credito.

20.

Ritenendo che non fossero soddisfatti i requisiti per il rilascio del certificato, il notaio trasmetteva il fascicolo all’Općinski sud u Novom Zagrebu (Giudice del distretto municipale di Novi Zagreb) conformemente all’articolo 358, paragrafo 4, della legge sull’esecuzione forzata. Secondo detto giudice, il notaio ha rilevato, in particolare, che, mentre l’articolo 4, punto 7, del regolamento n. 805/2004 prevede che il termine «giudice» comprende l’autorità pubblica svedese per l’esecuzione forzata, nessuna disposizione analoga assimila le funzioni del notaio croato a quelle di un giudice ai sensi di tale regolamento.

21.

Nutrendo dubbi in ordine alla conformità della legge sull’esecuzione forzata con il regolamento n. 805/2004, l’Općinski sud u Novom Zagrebu (Giudice del distretto municipale di Novi Zagreb) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le disposizioni della legge sull’esecuzione forzata relative al titolo esecutivo europeo siano conformi al regolamento (…) n. 805/2004, vale a dire, se, nella Repubblica di Croazia, con riferimento all’emissione, in un procedimento esecutivo, di un mandato di esecuzione in base a un atto autentico, il termine “giudice” includa i notai.

2)

Se i notai possano rilasciare certificati di titolo esecutivo europeo rispetto a mandati di esecuzione definitivi basati su atti autentici, certificati che possono essere rilasciati quando detti mandati non siano stati impugnati; se, nel caso di risposta negativa, i giudici possano rilasciare certificati di titolo esecutivo europeo rispetto a mandati di esecuzione predisposti da un notaio in base a un atto autentico, quando tali mandati, conformemente al loro contenuto, abbiano a oggetto crediti non contestati e, in tal caso, quale modulo debba essere utilizzato».

III – La mia analisi

A – Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

22.

Ritengo che la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale non possa essere posta in dubbio per il motivo che una situazione in cui la domanda di certificazione come titolo esecutivo europeo viene presentata a un giudice dello Stato membro nel quale risiedono il creditore e il debitore dovrebbe essere considerata «puramente interna».

23.

Se è pur vero che le due parti del procedimento principale risiedono entrambe in Croazia, da quest’unica circostanza non si può dedurre che il regolamento n. 805/2004 non sia applicabile nell’ambito della presente controversia.

24.

In primo luogo, l’ambito di applicazione del regolamento n. 805/2004 non è limitato alle controversie transfrontaliere.

25.

Infatti, a differenza del regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento ( 5 ), del regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità ( 6 ), o del regolamento (UE) n. 655/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce una procedura per l’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari al fine di facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale ( 7 ), il regolamento n. 805/2004 non pone alcuna condizione relativa alla natura transfrontaliera della controversia, la quale implica, nella maggior parte dei casi, che almeno una delle parti abbia il suo domicilio o la sua residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello del giudice adito ( 8 ).

26.

Mentre detti regolamenti hanno creato nuove procedure europee uniformi applicabili esclusivamente alle controversie transfrontaliere e distinte dalle procedure nazionali che continuano ad essere applicate in maniera concorrente, in realtà il regolamento n. 805/2004 non istituisce un titolo esecutivo europeo uniforme, bensì conferisce a decisioni nazionali l’idoneità a circolare liberamente nello spazio giudiziario europeo, apponendo su tali decisioni una certificazione che funge da «passaporto europeo».

27.

In mancanza di una condizione relativa al carattere transfrontaliero della controversia, nulla osta a che una domanda per il rilascio di un certificato di titolo esecutivo europeo venga presentata in una controversia tra due parti che hanno il loro domicilio o la loro residenza abituale nel medesimo Stato membro. Tale ipotesi è implicitamente prevista dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 805/2004, che subordina la certificazione di una decisione giudiziaria relativa a un credito non contestato, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) o c), di tale regolamento, alla condizione che la decisione giudiziaria sia stata pronunciata nello Stato membro del domicilio del debitore, quando quest’ultimo sia il consumatore, senza richiedere altresì che il creditore sia domiciliato in un altro Stato membro.

28.

Peraltro, tale ipotesi corrisponde a situazioni frequenti nelle quali il debitore è proprietario di immobili ubicati all’estero o titolare di conti presso banche stabilite in altri Stati membri. Quand’anche il debitore risiedesse nel medesimo Stato membro del creditore, quest’ultimo potrebbe quindi avere interesse a disporre di un titolo esecutivo europeo che gli consenta di adottare provvedimenti di esecuzione forzata sui beni situati in altri Stati membri.

29.

In secondo luogo, la ricevibilità della domanda di rilascio di un certificato di titolo esecutivo europeo non presuppone che il creditore dimostri di avere avviato in un altro Stato membro un’azione diretta a far riconoscere o eseguire una decisione o che il debitore sia proprietario di beni ubicati in altri Stati membri, ai quali potrebbe essere applicata una misura di esecuzione forzata.

30.

Sebbene il regolamento n. 805/2004 sia finalizzato a permettere il riconoscimento e l’esecuzione in tutti gli Stati membri delle decisioni, giudiziarie, delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici aventi ad oggetto crediti non contestati senza che siano necessari procedimenti di exequatur, nessuna disposizione di detto regolamento impone al creditore di fornire la prova dell’utilità o della necessità della certificazione.

31.

A tal riguardo, si deve rilevare che l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 805/2004 precisa che la certificazione di una decisione giudiziaria relativa ad un credito non contestato può essere chiesta «in qualunque momento», il che significa che, in linea di principio, un creditore può, già nell’atto introduttivo del procedimento, allegare alla sua domanda principale una domanda accessoria diretta alla certificazione della decisione da adottare ( 9 ), purché, tuttavia, tale decisione sia immediatamente esecutiva nello Stato membro di origine ( 10 ). Detta domanda di certificazione non presuppone che il creditore dimostri di avere avviato in un altro Stato membro un’azione volta a far riconoscere o eseguire la decisione, o che il debitore sia proprietario di beni ubicati in altri Stati membri, ai quali potrebbe applicarsi una misura di esecuzione forzata. Esigere tali prove, difficili da fornire, equivarrebbe peraltro a compromettere gravemente l’efficacia del regolamento n. 805/2004, il cui scopo è facilitare la circolazione automatica dei titoli esecutivi nazionali nello spazio giudiziario europeo. Inoltre, è perfettamente possibile che un debitore, domiciliato nello stesso Stato membro del suo creditore, organizzi la sua insolvibilità durante il procedimento trasferendo i propri beni all’estero al fine di sottrarsi all’azione giudiziaria.

32.

In realtà, il titolo esecutivo europeo comporta per natura, come indica la sua denominazione, un elemento di estraneità, in quanto mira esclusivamente a permettere l’esportazione del titolo nazionale negli altri Stati membri, fungendo come un «passaporto giudiziario europeo» che può essere ottenuto senza necessità di dimostrare che il titolo nazionale circolerà negli altri Stati membri. Oserei un parallelo con l’emissione di un mandato di arresto europeo. Per poter emettere validamente un mandato di arresto europeo, l’autorità giudiziaria nazionale deve dimostrare che la persona ricercata si trova effettivamente in un altro Stato membro? Se tale autorità giudiziaria di emissione chiedesse alla Corte un’interpretazione delle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002 ( 11 ), relative alle condizioni di emissione di detto mandato, la Corte dovrebbe dichiarare la domanda irricevibile in ragione del fatto che, poiché la persona ricercata non è stata interpellata in un altro Stato membro, la situazione all’origine della controversia principale sarebbe puramente interna ( 12 )?

33.

Dal momento che il certificato di titolo esecutivo europeo trae dal suo stesso oggetto una dimensione intrinsecamente europea, la domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere dichiarata irricevibile in ragione della circostanza che i fatti del procedimento principale esulano dall’ambito di applicazione del regolamento n. 805/2004. Inoltre, sarebbe inutile giustificare la ricevibilità della domanda con la giurisprudenza di cui alla sentenza del 18 ottobre 1990, Dzodzi ( 13 ), secondo la quale la Corte è competente a statuire su un rinvio pregiudiziale concernente una disposizione di diritto dell’Unione nel caso specifico in cui il diritto nazionale di uno Stato membro rinvii al contenuto della disposizione in parola per determinare le norme da applicare ad una situazione puramente interna a detto Stato ( 14 ). Peraltro, la legge sull’esecuzione forzata non rinvia al contenuto del regolamento n. 805/2004 per determinare le norme applicabili in situazioni puramente interne alla Repubblica di Croazia, ma si limita ad indicare le autorità competenti a certificare come titolo esecutivo europeo le decisioni giudiziarie, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici relativi a crediti non contestati.

34.

Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere dichiarata irricevibile a motivo del fatto che l’esecuzione del mandato in discussione nel procedimento principale non è stato prima richiesto in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata presentata la domanda di rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo.

35.

Aggiungo che, conformemente a una costante giurisprudenza, le questioni relative al diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza e il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale posta da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione o valutazione della validità di una norma dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile ( 15 ). Orbene, nella fattispecie non risulta né dall’ordinanza di rinvio né dalle osservazioni delle parti interessate che la controversia principale sia fittizia o artificiale o che la questione pregiudiziale sia puramente ipotetica.

36.

Da quanto precede risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

37.

Passo ora all’esame delle questioni.

B – Sulla prima questione

38.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se le disposizioni della legge nazionale sull’esecuzione forzata, che attribuiscono ai notai la competenza a certificare come titolo esecutivo europeo i mandati di esecuzione da essi rilasciati in base a un atto autentico, in mancanza di opposizione da parte del debitore, siano compatibili con il regolamento n. 805/2004.

39.

Se, conformemente a una reiterata giurisprudenza della Corte, quest’ultima, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, non può pronunciarsi né su questioni attinenti al diritto interno degli Stati membri né sulla conformità delle disposizioni nazionali con il diritto dell’Unione, essa può nondimeno fornire elementi interpretativi di tale diritto atti a consentire al giudice nazionale di dirimere la controversia di cui è investito ( 16 ).

40.

Nel caso di specie, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se un titolo esecutivo quale un mandato di esecuzione emesso da un notaio in base a un atto autentico ai sensi della legge sull’esecuzione forzata costituisca una decisione giudiziaria relativa ad un credito non contestato che possa essere certificata quale titolo esecutivo europeo.

41.

Per rispondere a tale questione occorre rilevare, anzitutto, che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 805/2004 definisce tre categorie di «titoli esecutivi» ai quali si applica la procedura di certificazione. Secondo tale disposizione, detto regolamento si applica «alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici relativi a crediti non contestati».

42.

La domanda di pronuncia pregiudiziale invita dunque a verificare se il mandato di esecuzione rilasciato dal notaio ai sensi della legge sull’esecuzione forzata rientri o meno in una delle tre categorie di titoli che possono essere certificati.

43.

La qualificazione come transazione giudiziaria può essere subito esclusa, dato che, evidentemente, il mandato redatto unilateralmente dal notaio sulla sola base di una fattura emessa dal creditore, considerata come un «atto pubblico», non ha il carattere di un contratto il cui contenuto dipenda dalla volontà delle parti.

44.

Rimane dunque da esaminare se tale mandato possa essere qualificato come atto pubblico o come decisione giudiziaria avente ad oggetto un credito non contestato.

1. Sulla qualificazione come atto pubblico avente ad oggetto un credito non contestato

45.

L’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 805/2004 contiene una definizione precisa dell’atto pubblico che riprende la definizione elaborata dalla Corte nella sentenza del 17 giugno 1999, Unibank ( 17 ), ai fini dell’interpretazione dell’articolo 50 della Convenzione di Bruxelles ( 18 ), ispirata a sua volta alla relazione Jenard-Möller sulla Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, fatta a Lugano il 16 settembre 1988 ( 19 ). Secondo detta definizione, un atto è «pubblico» se ricorrono tre condizioni. In primo luogo, l’autenticità dell’atto deve essere stata attestata da un’autorità pubblica, in secondo luogo, tale autenticità deve riguardare non solo la firma, ma anche il contenuto dell’atto e, in terzo luogo, l’atto deve essere di per sé esecutivo nello Stato nel quale è stato stipulato. Quest’ultima condizione, pur non essendo espressamente menzionata all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 805/2004, risulta dall’articolo 25, paragrafo 1, di tale regolamento, secondo cui, per essere certificati come titoli esecutivi europei, gli atti pubblici devono essere «dotati di efficacia esecutiva in uno Stato membro».

46.

Poiché il notaio ha per l’appunto la funzione di conferire autenticità agli atti che riceve, il mandato di esecuzione da esso rilasciato potrebbe, a prima vista, corrispondere alla definizione di atto pubblico «formalmente redatto o registrato».

47.

Tuttavia, l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 805/2004 richiede che l’atto pubblico, quale una decisione giudiziaria o una transazione giudiziaria, abbia ad oggetto un credito incontestato e la lettera d) di tale disposizione precisa che un credito si considera non contestato se il debitore l’ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico. In altri termini, l’atto pubblico avente ad oggetto un credito non contestato ai sensi di detta disposizione è quello in cui il debitore ha espressamente riconosciuto il credito.

48.

Il mandato di esecuzione rilasciato dal notaio unicamente in base alla fattura emessa dal creditore, senza che il debitore sia stato chiamato a manifestare il suo assenso, evidentemente non soddisfa tale requisito.

49.

Pertanto, detto mandato non può essere qualificato come atto pubblico avente ad oggetto un credito non contestato. Rimane dunque da stabilire se tale titolo esecutivo possa essere qualificato come «decisione giudiziaria» ai sensi del regolamento n. 805/2004.

2. Sulla qualificazione come decisione giudiziaria avente ad oggetto un credito non contestato

50.

L’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 805/2004 definisce la nozione di «decisione giudiziaria» nel seguente modo: «a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto, ordinanza, sentenza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere».

51.

Tuttavia, il regolamento n. 805/2004 non fornisce una definizione generale della nozione di «giudice di uno Stato membro», sicché spetta alla giurisprudenza precisarne il contenuto al fine di stabilire se un notaio cui il diritto nazionale conferisce la competenza ad emettere mandati possa essere qualificato come tale ai sensi di detto regolamento.

52.

Secondo il governo croato, il notaio può essere considerato come un’autorità giudiziaria nell’ambito della procedura di adozione di un mandato di esecuzione in base a un atto autentico.

53.

Tale governo fa valere in tal senso che, sebbene l’articolo 4 del regolamento n. 805/2004 non indichi espressamente che il termine «giudice» comprende, in Croazia, altre autorità quali i notai, tale regolamento è stato adottato e successivamente modificato in due occasioni prima dell’adesione della Repubblica di Croazia all’Unione europea, cosicché le particolarità della legislazione croata non hanno potuto essere prese in considerazione.

54.

Detto governo osserva inoltre che, in Croazia, è stato deciso di ripartire le attribuzioni in materia di esecuzione forzata tra i giudici e i notai e a questi ultimi è stata conferita la competenza esclusiva a procedere al recupero forzato dei crediti in base ad atti autentici.

55.

Secondo il governo croato, il termine «giudice» ai sensi del regolamento n. 805/2004 non implicherebbe necessariamente che le persone e le autorità che organizzano la procedura rientrino formalmente nella magistratura nazionale. Sarebbe sufficiente che l’autorità in questione sia indipendente e imparziale e che la sua organizzazione e la sua attività siano disciplinate da norme prestabilite. I notai soddisferebbero peraltro i criteri elaborati dalla Corte nella sentenza del 17 settembre 1997, Dorsch Consult ( 20 ), per definire un organo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

56.

Detto governo aggiunge che i notai godono della fiducia del pubblico e che le loro funzioni sono disciplinate in modo molto dettagliato da norme giuridiche, in particolare dalla Zakon o javnom bilježništvu (legge sul notariato) ( 21 ), che ne garantirebbe professionalità, serietà e responsabilità nell’esercizio dei poteri loro conferiti.

57.

Il medesimo governo considera, inoltre, che la normativa croata è giustificata dall’obiettivo perseguito dal regolamento n. 805/2004, che mira a semplificare la procedura di reciproco riconoscimento delle decisioni evitando gli inconvenienti della procedura di exequatur.

58.

Il governo croato sottolinea, infine, che la procedura per il rilascio di un mandato di esecuzione da parte del notaio garantisce la tutela dei diritti fondamentali del debitore, in quanto il notaio può adottare un mandato di esecuzione solo se ritiene che la domanda sia ricevibile e fondata, che il mandato viene notificato al debitore conformemente alle norme generali sulla notifica degli atti processuali, quale un atto introduttivo del procedimento, che il debitore ha la possibilità di opporsi, dopo essere stato debitamente informato di tale facoltà nonché delle modalità e del termine di ricorso, e che il notaio può apporre la formula esecutiva sul mandato solo in mancanza di opposizione e alla scadenza di un termine di otto giorni.

59.

La Commissione europea sostiene la posizione contraria.

60.

A suo parere, la nozione di «giudice» a norma del regolamento n. 805/2004 dovrebbe essere conforme all’interpretazione di tale nozione ai sensi del regolamento n. 44/2001, poiché questi due regolamenti rientrano nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e stabiliscono norme complementari.

61.

Pur ammettendo che i notai possano avviare procedimenti «quasi giudiziari» e adottare decisioni analoghe a quelle giudiziarie, la Commissione ritiene che tali decisioni non possano essere qualificate «giudiziarie» ai sensi del regolamento n. 805/2004, in quanto, per poter essere considerate tali, esse dovrebbero rispettare le norme procedurali minime contenute in detto regolamento, che mirano a garantire il pieno rispetto del diritto a un equo processo.

62.

La Commissione aggiunge che, quando l’intento del legislatore dell’Unione sia equiparare decisioni di altre autorità competenti a decisioni dei giudici degli Stati membri, ciò è espressamente indicato nello strumento normativo in questione, come dimostra peraltro l’articolo 4, punto 7, del regolamento n. 805/2004, secondo cui il termine «giudice» comprende l’autorità pubblica svedese per l’esecuzione forzata nei procedimenti sommari relativi ad ingiunzioni di pagamento. L’equiparazione dei mandati di esecuzione dei notai alle decisioni giudiziarie presupporrebbe quindi una modifica del regolamento n. 805/2004.

63.

Per valutare le due tesi contrapposte del governo croato e della Commissione, occorre, da un lato, esaminare più approfonditamente il contenuto delle definizioni di «decisione giudiziaria» e di «giudice» negli strumenti di diritto derivato relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e, dall’altro, analizzare i contributi della giurisprudenza. Proporrò una soluzione alla Corte solo al termine di tale duplice analisi.

a) La definizione delle nozioni di «decisione giudiziaria» e di «giudice» negli strumenti di diritto derivato relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile

64.

Come già nel regolamento n. 44/2001, e successivamente nel regolamento (UE) n. 1215/2012 ( 22 ), che l’ha sostituito, nel regolamento n. 805/2004 il legislatore dell’Unione ha ripreso la definizione di decisione giudiziaria che figurava nella Convenzione di Bruxelles.

65.

Dall’analisi degli strumenti di diritto dell’Unione relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile emerge dunque un approccio unitario alla nozione di decisione giudiziaria ( 23 ), la quale riceve una definizione organica fondata sulla natura giurisdizionale dell’autore dell’atto. Costituisce quindi una decisione giudiziaria qualsiasi atto di un organo avente la qualità di giurisdizione.

66.

Tuttavia, dietro tale definizione unitaria si cela in realtà una notevole diversità, in quanto il legislatore dell’Unione ha fornito definizioni molto diverse della nozione, indivisibile, di «giudice», che sembra essere intesa in modi molto differenti. A tale proposito, ritengo che si possano individuare tre tendenze principali, corrispondenti a tre diverse concezioni di tale nozione.

67.

La prima tendenza è caratterizzata da un processo di assimilazione puntuale di talune autorità a giurisdizioni. A tale tendenza è ascrivibile l’articolo 4 del regolamento n. 805/2004 che, senza definire la nozione di «giudice», precisa, al paragrafo 7, che in Svezia, nei procedimenti sommari relativi ad ingiunzioni di pagamento, il termine «giudice» comprende l’autorità pubblica svedese per l’esecuzione forzata. A questa medesima tendenza è riconducibile l’articolo 3 del regolamento n. 1215/2012, che così dispone:

«Ai fini del presente regolamento, la nozione di “autorità giurisdizionale” comprende le seguenti autorità nella misura in cui sono competenti per le materie rientranti nell’ambito di applicazione del presente regolamento:

a)

in Ungheria, nei procedimenti sommari relativi a ingiunzioni di pagamento (fizetési meghagyásos eljárás), il notaio (közjegyző);

b)

in Svezia, nei procedimenti sommari relativi a ingiunzioni di pagamento (betalningsföreläggande) e all’assistenza (handräckning), l’autorità per l’esecuzione forzata (Kronofogdemyndigheten)».

68.

È interessante constatare che, in virtù di tale disposizione, i notai ungheresi sono dunque espressamente assimilati a un giudice nella loro attività di emissione di ingiunzioni di pagamento. Vedremo in seguito quali conseguenze si debbano trarre da tale assimilazione limitata ai soli notai ungheresi.

69.

La seconda tendenza ravvisabile nella legislazione dell’Unione è quella della diluzione della nozione di «giudice» in quella di «autorità competente». Un esempio di tale tendenza è costituito in particolare dall’articolo 2, punto 1, del regolamento (CE) n. 2201/2003 ( 24 ), che definisce l’«autorità giurisdizionale» come «tutte le autorità degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione [di tale] regolamento», e dall’articolo 2, punto 2, del medesimo regolamento, che definisce il «giudice» come «il giudice o il titolare di competenze equivalenti a quelle del giudice nelle materie che rientrano nel campo di applicazione del (…) regolamento [n. 2201/2003]». In tale categoria rientra inoltre l’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 1896/2006, che definisce il «giudice» come «qualsiasi autorità dello Stato membro competente per l’ingiunzione di pagamento europea o per qualsiasi altra materia connessa».

70.

Detta tendenza si riscontra nella Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Lugano il 30 ottobre 2007 ( 25 ), la cui conclusione è stata approvata a nome della Comunità con la decisione 2009/430/CE del Consiglio, del 27 novembre 2008 ( 26 ), giacché l’articolo 62 di tale convenzione prevede che «con “giudice” si intende l’autorità designata da uno Stato vincolato dalla [detta] convenzione come competente per le materie rientranti nel campo di applicazione della [medesima] convenzione».

71.

La terza tendenza che si manifesta nella legislazione recente dell’Unione corrisponde a un processo di definizione della nozione di giudice mediante l’acquisizione degli acquis giurisprudenziali. Tale interessante evoluzione si esprime, segnatamente, nell’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 4/2009 ( 27 ), secondo cui la nozione di «autorità giurisdizionale» include le autorità amministrative degli Stati membri competenti in materia di obbligazioni alimentari, purché offrano garanzie circa l’imparzialità e il diritto di audizione delle parti e purché le decisioni che prendono ai sensi della legge dello Stato membro in cui sono stabilite:

possano formare oggetto di ricorso o riesame dinanzi a un’autorità giudiziaria e

abbiano forza e effetto equivalenti a quelli di una decisione dell’autorità giudiziaria nella stessa materia.

72.

L’articolo 3, paragrafo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 650/2012 ( 28 ) si inscrive nella medesima linea definendo l’«organo giurisdizionale» come «qualsiasi autorità giudiziaria e tutte le altre autorità e i professionisti legali competenti in materia di successioni che esercitano funzioni giudiziarie o agiscono su delega di un’autorità giudiziaria o sotto il controllo di un’autorità giudiziaria», purché tali altre autorità e professionisti legali nonché le decisioni che prendono rispondano alle medesime condizioni applicabili alle autorità amministrative e alle decisioni prese da queste ultime ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 4/2009.

73.

Al termine di tale analisi, risulta che la nozione di «giudice» è contraddistinta da una proliferazione incontrollata di definizioni che sembrano essersi accumulate nel corso del tempo senza alcuna coerenza. Mentre taluni strumenti, che contengono un’elencazione tassativa delle autorità amministrative assimilate a un giudice, potrebbero indurre ad interpretare restrittivamente tale nozione, altri adottano invece una nozione ampia, o fortemente elastica, di detta nozione, che include qualsiasi autorità competente ai sensi del diritto nazionale, e altri ancora contengono una definizione concettuale analoga, come si vedrà, a quella elaborata dalla giurisprudenza della Corte.

b) La definizione di «decisione giudiziaria» e di «giudice» nella giurisprudenza della Corte

74.

Le questioni poste dal giudice del rinvio si collocano nel punto di intersezione di due linee giurisprudenziali.

75.

La prima riguarda la nozione di «decisione giudiziaria» nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale.

76.

Tale linea giurisprudenziale trae origine dall’interpretazione dell’articolo 25 della Convenzione di Bruxelles, che, al pari dell’articolo 4 del regolamento n. 805/2004, stabilisce che detta nozione comprende qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, a prescindere dalla sua denominazione.

77.

La Corte ha già considerato che la nozione di «decisione» definita all’articolo 25 di tale convenzione, la cui interpretazione fornita dalla stessa Corte vale del pari, in linea di principio, per la disposizione corrispondente del regolamento n. 44/2001, si riferisce «unicamente alle decisioni giudiziarie effettivamente pronunciate da un giudice di uno Stato contraente» ( 29 ), pur precisando, mediante richiamo alla relazione sulla Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, elaborata da P. Jenard ( 30 ), che la fissazione da parte del cancelliere delle spese giudiziali è qualificata come «decisione» in quanto il cancelliere «agisce in qualità di organo del tribunale» che si è pronunciato sul merito della causa e che, «in caso di contestazione, la decisione sulle spese compete a un vero e proprio organo giurisdizionale» ( 31 ).

78.

La Corte ha dedotto da tale definizione che, per poter essere qualificato «decisione» ai sensi della Convenzione di Bruxelles, «l’atto deve provenire da un organo giurisdizionale che appartiene ad uno Stato contraente e che statuisce con poteri propri su questioni controverse tra le parti» ( 32 ).

79.

Oltre al criterio organico espressamente adottato dall’articolo 25 della Convenzione di Bruxelles, la Corte ha progressivamente elaborato altri due criteri, uno di ordine procedurale e l’altro di ordine sostanziale.

80.

Secondo il criterio procedurale, il procedimento che ha portato all’adozione della decisione deve essersi svolto nel rispetto dei diritti della difesa ( 33 ). Tuttavia, la Corte ha ritenuto che sia sufficiente, affinché una decisione goda del regime di riconoscimento ed esecuzione previsto dalla Convenzione di Bruxelles, che, prima del momento in cui il suo riconoscimento e la sua esecuzione sono richiesti in uno Stato diverso da quello d’origine, essa sia stata preceduta, o avrebbe potuto essere preceduta, nel detto Stato d’origine, secondo modalità diverse, da un’istruzione contraddittoria ( 34 ). La Corte ha quindi qualificato come «decisione» un’ordinanza che concedeva una provvisionale, emanata in esito ad una prima fase procedurale non contraddittoria, ma che poteva costituire oggetto di dibattito contraddittorio prima del suo riconoscimento o della sua esecuzione ( 35 ), un’ingiunzione di pagamento contro la quale il debitore può proporre opposizione trasformando il procedimento in un procedimento contenzioso ordinario ( 36 ) o una sentenza contumaciale resa all’interno di un procedimento civile che, in linea di principio, si conforma al principio del contraddittorio ( 37 ).

81.

Il criterio sostanziale implica che l’organo autore dell’atto abbia un certo ruolo nell’elaborazione del medesimo. Come si è già ricordato, l’atto deve provenire da un organo «che statuisce con poteri propri su questioni controverse tra le parti» ( 38 ), il che, secondo la Corte, esclude la transazione giudiziaria, che riveste carattere essenzialmente contrattuale, nel senso che il suo contenuto dipende innanzi tutto dalla volontà delle parti ( 39 ).

82.

La nozione di «decisione» ai sensi della Convenzione di Bruxelles implica, in definitiva, l’intervento di un organo giurisdizionale dotato di potere discrezionale e che statuisce nel rispetto dei diritti della difesa.

83.

Tuttavia, la giurisprudenza relativa alla Convenzione di Bruxelles e al regolamento n. 44/2001 non fornisce alcuna precisazione circa il contenuto della nozione di organo giurisdizionale. Per definire quest’ultima occorre quindi fare riferimento alla giurisprudenza che esamina la questione sotto il profilo dell’articolo 267 TFUE.

84.

La seconda linea giurisprudenziale riguarda la definizione della nozione di «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

85.

Senza che sia necessario esporre dettagliatamente tutte le sottigliezze di una casistica giurisprudenziale che non è esente da un certo «procedere a tentoni» ( 40 ), mi limiterò a rammentare che, per valutare se l’organo di rinvio possieda la qualità di «giudice», la Corte, che non ha elaborato una definizione generale e astratta di tale nozione, applica un metodo di identificazione basato sulla presa in considerazione di un insieme di indizi concordanti, concernenti il fondamento legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, l’applicazione, da parte dell’organo, delle norme giuridiche nonché la sua indipendenza.

86.

La Corte ha ammesso che un’autorità amministrativa, investita di una controversia e che esercitava quindi una funzione giurisdizionale, poteva essere considerata un organo giurisdizionale competente a disporre un rinvio pregiudiziale ( 41 ). Conformemente alla sua giurisprudenza costante, secondo cui la valutazione della qualità di «giurisdizione» è una questione unicamente di diritto dell’Unione, la Corte ha ricordato che la circostanza che l’organo di rinvio sia considerato un organo amministrativo nel diritto nazionale non è di per sé determinante ai fini di tale valutazione ( 42 ).

c) La mia proposta di risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale

87.

Dal contesto giuridico sopra descritto emergono piuttosto chiaramente tre soluzioni per definire la nozione di «giudice» ai sensi del regolamento n. 805/2004.

88.

La prima consiste nell’optare per un’interpretazione restrittiva della nozione di «giudice», limitata agli organi giurisdizionali in senso proprio e che esclude quindi qualsiasi autorità che non presenti un collegamento organico con l’organizzazione giudiziaria di uno Stato membro, salvo eccezioni espressamente previste dal legislatore dell’Unione.

89.

La seconda soluzione è invece un’interpretazione ampia che include nella nozione di «giudice» qualsiasi autorità competente secondo il diritto dello Stato membro.

90.

La terza soluzione, che definirò «intermedia», consiste nel riprendere i tratti caratteristici della giurisdizione quali enunciati dalla giurisprudenza tradizionale della Corte che interpreta l’articolo 267 TFUE e nell’ammettere quindi che i notai croati possano, a certe condizioni, essere considerati «giudici» ai sensi del regolamento n. 805/2004.

91.

La prima di queste tre soluzioni mi sembra quella meno fondatamente prospettabile.

92.

Sebbene non sia priva di una certa ambiguità, la posizione sostenuta dalla Commissione nelle sue osservazioni sia scritte che orali sembra collegarsi a tale soluzione, in quanto detta istituzione considera, senza neppure analizzare le condizioni nelle quali intervengono i notai croati, che le decisioni da essi adottate potrebbero essere considerate «decisioni giudiziarie» ai sensi del regolamento n. 805/2004 solo se detto regolamento fosse modificato al fine di prevedere siffatta assimilazione.

93.

La principale giustificazione addotta a sostegno di questa prima soluzione è che, quando il legislatore dell’Unione intende equiparare un’autorità a un giudice, lo indica espressamente nell’atto giuridico di cui trattasi. Orbene, il regolamento n. 805/2004 non menziona i notai croati, mentre l’articolo 4, punto 7, del medesimo regolamento menziona l’autorità pubblica svedese per l’esecuzione forzata nei procedimenti sommari relativi ad ingiunzioni di pagamento e l’articolo 3 del regolamento n. 1215/2012 equipara espressamente ai giudici, oltre a detta autorità pubblica svedese per l’esecuzione forzata, i notai ungheresi nei procedimenti sommari relativi a ingiunzioni di pagamento.

94.

Inoltre, tale interpretazione sarebbe ulteriormente confermata dal confronto con l’articolo 62 della Convenzione di Lugano, in quanto l’assenza, nei regolamenti n. 805/2004 e n. 1215/2012, di disposizioni analoghe che includano nella nozione di «giudice» qualsiasi autorità competente dimostrerebbe che il legislatore dell’Unione non aveva inteso comprendere, nel contesto di questi due regolamenti, la nozione di giudice in senso puramente funzionale.

95.

Sebbene tale interpretazione restrittiva sembri, a prima vista, basata su un solido argomento testuale, fondato sulla lettera dell’articolo 4 del regolamento n. 805/2004, altre considerazioni più decisive depongono a favore di un’interpretazione più ampia.

96.

In primo luogo, le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 7, del regolamento n. 805/2004 e dell’articolo 3 del regolamento n. 1215/2012 possono essere lette diversamente. Infatti, la circostanza che il legislatore dell’Unione imponga di considerare come «giudice» talune autorità amministrative non significa che altre autorità non possano essere parimenti considerate tali in applicazione dei criteri giurisprudenziali classici. È vero che un organo diverso dall’autorità pubblica svedese per l’esecuzione forzata non può essere automaticamente considerato, per «determinazione della legge», come un «giudice» ai sensi del regolamento n. 805/2004. Tuttavia, nessuna disposizione di tale regolamento osta a che detto organo sia qualificato come «giudice» se è dimostrato che ne presenta, conformemente alla giurisprudenza tradizionale della Corte, i tratti caratteristici.

97.

In secondo luogo, tale grado di rigore nella concezione del giudice sarebbe estremamente innovativo per la sua rigidità, in quanto non si accorderebbe affatto con la giurisprudenza della Corte che, attribuendo un contenuto autonomo alla nozione di «giudice» nell’ambito dello strumento di cooperazione giudiziaria costituito dal rinvio pregiudiziale, ha riconosciuto la qualità di «organo giudiziario», ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ad organismi amministrativi investiti di funzioni giurisdizionali.

98.

In terzo luogo, tale nuovo grado di rigore equivarrebbe a negare il carattere autonomo, nel diritto dell’Unione, della nozione di giudice, in quanto sarebbe sufficiente che lo Stato membro di origine qualifichi un organo come «autorità giudiziaria» e lo colleghi, anche solo formalmente, alla sua organizzazione giurisdizionale interna affinché esso sia qualificato come «giudice».

99.

In quarto luogo, siffatta interpretazione restrittiva non mi sembra compatibile con il principio del reciproco riconoscimento cui è improntata l’economia del regolamento n. 805/2004. Tale principio giustifica il fatto che, ai fini dell’esecuzione, la decisione adottata nello Stato membro di origine e certificata come titolo esecutivo europeo dal giudice di detto Stato membro sia trattata come se fosse stata emessa nello Stato membro in cui viene chiesta l’esecuzione. Nella logica di un sistema fondato sul reciproco riconoscimento, qualsiasi autorità il cui intervento conferisca a un atto la qualificazione di decisione esecutiva nello Stato membro di origine dovrebbe essere considerata un «giudice» le cui decisioni dovrebbero poter circolare liberamente negli altri Stati membri.

100.

La soluzione restrittiva deve essere esclusa per questi quattro motivi.

101.

Spinta all’estremo, la logica del riconoscimento reciproco potrebbe giustificare l’adozione della soluzione opposta, la più ampia, che fa coincidere la nozione di giudice con quella di autorità competente. Tale soluzione consentirebbe di qualificare il notaio croato come «giudice» ai sensi del regolamento n. 805/2004 per il solo fatto che la legge sull’esecuzione forzata gli attribuisce competenza ad emanare mandati di esecuzione e a certificarli come titoli esecutivi europei.

102.

Tuttavia, ritengo che tale soluzione non sia pertinente.

103.

Essa non è conforme alla lettera stessa dell’articolo 4 del regolamento n. 805/2004, che, a differenza dell’articolo 2, punto 1, del regolamento n. 2201/2003, dell’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 1896/2006 e dell’articolo 62 della Convenzione di Lugano, non ha sancito la generalizzazione, per non dire la banalizzazione, della nozione di «giudice».

104.

Inoltre, se il termine «giudice» avesse incluso qualsiasi autorità competente, non vedo perché il legislatore dell’Unione avrebbe avuto cura di equiparare espressamente ad un giudice l’autorità pubblica svedese per l’esecuzione forzata.

105.

Pertanto, propongo di adottare una soluzione intermedia che consiste, in realtà, nel riprendere il metodo di identificazione utilizzato dalla Corte per definire la nozione di «giudice» ai sensi dell’articolo 267 TFUE tenendo conto dell’economia e della finalità del regolamento n. 805/2004, di cui varie disposizioni sembrano evidenziare l’importanza del rispetto delle garanzie procedurali.

106.

Infatti, si deve constatare che la definizione di credito che «si considera “non contestato”» contenuta nell’articolo 3 di tale regolamento presuppone, per quanto riguarda le decisioni giudiziarie, che si tenga conto del comportamento del debitore «nel corso del procedimento giudiziario» ( 43 ). Tale disposizione implica di per sé, a mio parere, l’esistenza di una procedura rispettosa del diritto del debitore di essere sentito e di contestare la domanda del creditore.

107.

Inoltre, il regolamento n. 805/2004 subordina la certificazione di una decisione relativa a un credito non contestato emessa in uno Stato membro al rispetto di norme procedurali minime dirette a garantire che il debitore abbia conoscenza in tempo utile ed in modo tale da potersi difendere, da una parte, dell’esistenza dell’azione giudiziaria promossa nei suoi confronti, nonché degli adempimenti necessari per poter partecipare attivamente al procedimento al fine di contestare il credito e, dall’altra, delle conseguenze della sua mancata partecipazione. Tenuto conto dei rischi connessi all’introduzione di una presunzione di non contestazione del credito fondata sull’inerzia del debitore nel corso del procedimento giudiziario, il rispetto di garanzie procedurali minime esprime un’esigenza fondamentale che il «giudice» deve garantire.

108.

In definitiva, dovrebbe intendersi per «giudice», ai sensi del regolamento n. 805/2004, qualsiasi organo che offra garanzie di indipendenza e imparzialità e statuisca con poteri propri mediante una decisione che, da un lato, ha costituito o può costituire l’oggetto di una discussione in contraddittorio prima che si ponga la questione della sua certificazione come titolo esecutivo europeo e, dall’altro, può essere oggetto di ricorso dinanzi a un’autorità giudiziaria.

109.

Mi sembra che siffatta definizione funzionale della nozione di «giudice» corrisponda alla concezione tradizionale di tale nozione, pur consentendo di tenere conto dell’attuale tendenza alla degiurisdizionalizzazione del trattamento di taluni contenziosi, in particolare di massa, per alleviare il compito delle autorità giudiziarie.

110.

Ritengo, anzitutto, che i notai croati, allorché emettono mandati di esecuzione, esercitino effettivamente un’attività di natura giurisdizionale, sebbene la procedura applicata sia sommaria, nonché analoga a una procedura di ingiunzione di pagamento.

111.

Nelle sue osservazioni scritte, il governo croato ha fornito, a tale proposito, precisazioni interessanti sulle garanzie offerte al debitore nell’ambito della procedura di esecuzione dinanzi al notaio. Secondo detto governo, il notaio rilascia un mandato di esecuzione solo dopo avere valutato egli stesso la ricevibilità e la fondatezza della domanda. Inoltre, egli deve notificare il mandato al convenuto conformemente a norme che garantiscono a quest’ultimo la possibilità di contestare il credito, menzionando la possibilità di presentare opposizione dinanzi al tribunale e il relativo termine. Secondo detto governo, il notaio può apporre la formula esecutiva sul mandato solo dopo che siano trascorsi otto giorni dalla scadenza del termine per presentare opposizione.

112.

In udienza, il governo croato ha fornito ulteriori precisazioni indicando che la legge sul notariato e il codice etico dei notai garantiscono l’indipendenza e l’imparzialità del notaio rispetto al richiedente nell’esercizio della sua specifica funzione di rilascio di mandati di esecuzione in base ad atti autentici. Secondo detto governo, lungi dal costituire una semplice camera di registrazione, il notaio esaminerebbe la domanda e ne valuterebbe la ricevibilità e la fondatezza.

113.

Pertanto, secondo le indicazioni fornite da tale governo, il notaio sembra collocarsi, nell’esercizio della sua specifica attività di rilascio di mandati di esecuzione, nella situazione di un terzo estraneo agli interessi in causa ed esente da conflitti di interessi che potrebbero derivare dall’esercizio delle altre sue attività.

114.

Fatti salvi gli accertamenti che spettano al giudice del rinvio, sembra dunque che il notaio, allorché agisce non in qualità di pubblico ufficiale, bensì come organo incaricato del rilascio di mandati di esecuzione, operi come un organo indipendente e imparziale.

115.

Pertanto, ritengo che il mandato di esecuzione rilasciato dal notaio possa essere qualificato come «decisione giudiziaria» ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del regolamento n. 805/2004. Rimane da stabilire se il notaio possa anche certificare tale decisione come titolo esecutivo europeo.

C – Sulla seconda questione

116.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il notaio che ha rilasciato, in base a un atto autentico, un mandato di esecuzione divenuto esecutivo in mancanza di opposizione del debitore sia competente a certificarlo come titolo esecutivo europeo.

117.

Dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 805/2004 risulta che la domanda di certificazione quale titolo esecutivo europeo deve essere presentata al giudice di origine, che è definito all’articolo 4, punto 6, di tale regolamento come «il giudice o organo giurisdizionale incaricato del procedimento nel momento in cui ricorrono le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c)», vale a dire il giudice incaricato del procedimento nel momento in cui sono state soddisfatte le condizioni che consentono di presumere che il credito non sia contestato.

118.

Nel sistema previsto dalla legge sull’esecuzione forzata, il notaio deve quindi essere qualificato come «giudice d’origine» quando il debitore non si sia opposto al mandato di esecuzione e quest’ultimo sia divenuto esecutivo.

119.

Il fatto che la certificazione di una decisione giudiziaria quale titolo esecutivo europeo sia stata considerata dalla Corte, nella sentenza del 16 giugno 2016, Pebros Servizi (C‑511/14, EU:C:2016:448), come un atto di natura giurisdizionale non osta a che il notaio possa effettuare tale certificazione, purché soddisfi tutte le condizioni per essere qualificato come «giudice» ai sensi del regolamento n. 805/2004.

IV – Conclusione

120.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Općinski sud u Novom Zagrebu (Giudice del distretto municipale di Novi Zagreb, Croazia):

1)

La nozione di «decisione giudiziaria» ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati, deve essere interpretata nel senso che un titolo esecutivo quale un mandato di esecuzione emesso da un notaio in base a un atto autentico costituisce una «decisione giudiziaria» a norma della menzionata disposizione se il notaio competente a rilasciare detto mandato statuisce in qualità di giudice nell’esercizio di tale specifica funzione, il che presuppone che egli offra garanzie di indipendenza e imparzialità e statuisca con poteri propri mediante una decisione che, da un lato, ha costituito o può costituire l’oggetto di una discussione in contraddittorio prima di essere certificata quale titolo esecutivo europeo e, dall’altro, può essere oggetto di ricorso dinanzi a un’autorità giudiziaria. Spetta al giudice del rinvio verificare se il notaio soddisfi tutte le suddette condizioni, in particolare quelle relative all’indipendenza e imparzialità.

2)

L’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 805/2004 deve essere interpretato nel senso che il notaio che soddisfi le condizioni per essere qualificato come «giudice» costituisce il «giudice di origine» ai sensi dell’articolo 4, punto 6, e dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento ed è, quindi, competente a certificare come titolo esecutivo europeo il mandato che ha rilasciato e reso esecutivo in mancanza di opposizione del debitore.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2004, L 143, pag. 15.

( 3 ) GU 2001, L 12, pag. 1.

( 4 ) Narodne novine, br. 112/12.

( 5 ) GU 2006, L 399, pag. 1.

( 6 ) GU 2007, L 199, pag. 1.

( 7 ) GU 2014, L 189, pag. 59.

( 8 ) V. articolo 3, paragrafo 1, dei regolamenti n. 1896/2006 e n. 861/2007. Ai sensi del regolamento n. 655/2014, un caso è transnazionale se il conto bancario su cui si intende effettuare il sequestro mediante l’ordinanza di sequestro conservativo è tenuto in uno Stato membro che non sia lo Stato membro dell’autorità giudiziaria presso cui è stata presentata la domanda di ordinanza né quello in cui il creditore è domiciliato (articolo 3, paragrafo 1, di detto regolamento).

( 9 ) V., in tal senso, Guida pratica per l’applicazione del regolamento sul titolo esecutivo europeo, disponibile al seguente indirizzo: https://e-justice.europa.eu/content_european_enforcement_order-54-it.do?clang=it. Tale guida indica che, per chiedere un certificato di titolo esecutivo europeo, non è necessario dimostrare la sussistenza di un elemento di internazionalità e non è necessario che una parte sia domiciliata o risieda abitualmente all’estero, né occorre dimostrare che l’esecuzione avverrà all’estero (pag. 14).

( 10 ) V., per quanto riguarda la condizione relativa al carattere esecutivo della decisione nello Stato membro di origine, articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 805/2004.

( 11 ) Decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1).

( 12 ) In fase di emissione del mandato di arresto europeo si porrebbe semmai una questione relativa all’esistenza di una controversia principale.

( 13 ) C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360.

( 14 ) Punti 36 e 37 di tale sentenza.

( 15 ) V. in particolare, in tal senso, sentenza del 16 giugno 2016, Saint Louis Sucre (C‑96/15, EU:C:2016:450, punto 34 e giurisprudenza citata).

( 16 ) V. sentenza del 12 luglio 2012, Giovanardi e a. (C‑79/11, EU:C:2012:448, punto 36 e giurisprudenza citata).

( 17 ) C‑260/97, EU:C:1999:312.

( 18 ) Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalle convenzioni successive relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»).

( 19 ) GU 1990, C 189, pag. 57.

( 20 ) C‑54/96, EU:C:1997:413.

( 21 ) Narodne novine, br. 78/93, 29/94, 162/98, 16/07 e 75/09.

( 22 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1).

( 23 ) V., oltre all’articolo 32 del regolamento n. 44/2001 e all’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 1215/2012, l’articolo 2, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari (GU 2009, L 7, pag. 1), nonché l’articolo 4, punto 8, del regolamento n. 655/2014.

( 24 ) Regolamento del Consiglio del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1).

( 25 ) In prosieguo: la «Convenzione di Lugano».

( 26 ) GU 2009, L 147, pag. 1.

( 27 ) Il considerando 12 di detto regolamento precisa che, «[al] fine di tener conto dei diversi modi di disciplinare le questioni relative alle obbligazioni alimentari negli Stati membri, il [suddetto] regolamento dovrebbe applicarsi sia alle decisioni giurisdizionali che alle decisioni emesse da autorità amministrative, purché queste autorità offrano garanzie in particolare circa l’imparzialità e il diritto di audizione delle parti».

( 28 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo (GU 2012, L 201, pag. 107).

( 29 ) Sentenza del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (C‑414/92, EU:C:1994:221, punto 15).

( 30 ) GU 1979, C 59, pag. 1, in particolare pag. 42 in fine.

( 31 ) Sentenza del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (C‑414/92, EU:C:1994:221, punto 16).

( 32 ) V. sentenza del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (C‑414/92, EU:C:1994:221, punto 17).

( 33 ) V. sentenza del 21 maggio 1980, Denilauler (125/79, EU:C:1980:13, punto 13). V., rispetto al regolamento n. 44/2001, sentenza del 17 novembre 2011, Hypoteční banka (C‑327/10, EU:C:2011:745, punto 48).

( 34 ) V. sentenza del 21 maggio 1980, Denilauler (125/79, EU:C:1980:13, punto 13).

( 35 ) V. sentenza del 14 ottobre 2004, Mærsk Olie & Gas (C‑39/02, EU:C:2004:615, punti da 50 a 52).

( 36 ) V. sentenza del 13 luglio 1995, Hengst Import (C‑474/93, EU:C:1995:243, punti 1415).

( 37 ) V. sentenza del 2 aprile 2009, Gambazzi (C‑394/07, EU:C:2009:219, punti da 23 a 25).

( 38 ) V., oltre alla sentenza del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (C‑414/92, EU:C:1994:221, punto 17), sentenza del 14 ottobre 2004, Mærsk Olie & Gas (C‑39/02, EU:C:2004:615, punto 45).

( 39 ) V. sentenza del 2 giugno 1994, Solo Kleinmotoren (C‑414/92, EU:C:1994:221, punto 18). Osservo, tuttavia, che la sentenza del 2 aprile 2009, Gambazzi (C‑394/07, EU:C:2009:219), che ha riconosciuto alle sentenze contumaciali inglesi (default judgment) la qualificazione di «decision[i]», è stata considerata come il momento iniziale di un’evoluzione della giurisprudenza della Corte, poiché il giudice inglese non sembra esercitare un’attività giurisdizionale in questo tipo di procedimento (v., in particolare, Cuniberti, G., «La reconnaissance en France des jugements par défaut anglais – À propos de l’affaire Gambazzi-Stolzenberg», Revue critique de droit international privé, n. 4, 2009, pag. 685, punti 33 e 34).

( 40 ) V. Barav, A., «Tâtonnement préjudiciel – La notion de juridiction en droit communautaire, Études sur le renvoi préjudiciel dans le droit de l’Union européenne, Bruyant, Bruxelles, 2011, pag. 37.

( 41 ) V., per il Vergabeüberwachungsausschuß des Bundes (Commissione federale di vigilanza sulle aggiudicazioni di appalti pubblici, Germania), sentenza del 17 settembre 1997, Dorsch Consult (C‑54/96, EU:C:1997:413, punti 3738), e, più recentemente, per il Tribunal Català de Contractes del Sector Públic (Tribunale catalano degli appalti del settore pubblico, Spagna), sentenza del 6 ottobre 2015, Consorci Sanitari del Maresme (C‑203/14, EU:C:2015:664, punti da 17 a 27).

( 42 ) V. sentenza del 6 ottobre 2015, Consorci Sanitari del Maresme (C‑203/14, EU:C:2015:664, punto 17).

( 43 ) V. articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a c), di detto regolamento. Il corsivo è mio.