SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

19 luglio 2016 ( *1 ) ( 1 )

[Testo rettificato con ordinanza del 30 settembre 2016]

«Rinvio pregiudiziale – Validità e interpretazione della comunicazione della Commissione sul settore bancario – Interpretazione delle direttive 2001/24/CE e 2012/30/UE – Aiuti di Stato alle banche nel contesto della crisi finanziaria – Condivisione degli oneri – Liquidazione del capitale degli azionisti, del capitale ibrido e del debito subordinato – Principio della tutela del legittimo affidamento – Diritto di proprietà – Tutela degli interessi dei soci e dei terzi – Risanamento e liquidazione degli istituti di credito»

Nella causa C‑526/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Ustavno sodišče (Corte costituzionale, Slovenia), con decisione del 6 novembre 2014, pervenuta in cancelleria il 20 novembre 2014, nel procedimento

Tadej Kotnik e altri,

Jože Sedonja e altri,

Fondazione cassa di risparmio di Imola,

Andrej Pipuš e altri,

Tomaž Štrukelj,

Luka Jukič,

Angel Jaromil,

Franc Marušič e altri,

Stajka Skrbinšek,

Janez Forte e altri,

Državni svet Republike Slovenije,

Varuh človekovih pravic Republike Slovenije,

Igor Karlovšek,

Marija Karlovšek,

Janez Gosar

contro

Državni zbor Republike Slovenije,

con l’intervento di:

Vlada Republike Slovenije,

Banka Slovenije,

Okrožno sodišče v Ljubljani,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, T. von Danwitz, J.L. da Cruz Vilaça (relatore), A. Arabadjiev, C. Toader e D. Šváby, presidenti di sezione, M. Safjan, M. Berger, E. Jarašiūnas, C.G. Fernlund e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o dicembre 2015,

considerate le osservazioni presentate:

per il sig. Kotnik e a., da M. Kunič e J. Sladič, odvetniki;

per il sig. Sedonja e a., da T. Kek, odvetnica;

per la Fondazione cassa di risparmio di Imola, da U. Ilić, M. Jan, B. Ilić, A. Arko, odvetniki, P. Trifoni, C.G. Sinatra e G. Altomare, avvocati;

per il sig. Pipuš e a., da se stesso, avvocato;

per il sig. Jukič, da se stesso;

per il sig. Marušič e a., da B. Rejc, odvetnik;

per la sig.ra Skrbinšek, da T. Bromše, odvetnik;

per il sig. Forte e a., da Z. Fritz;

per lo Državni svet Republike Slovenije, da M. Bervar, assistito da H. Butolen, odvetnica, nonché dai sigg.ri B. Kekec, J. Slivšek e D. Štrus;

per il sig. e la sig.ra Karlovšek, da I. Karlovšek, odvetnik;

per il sig. Gosar, da se stesso;

per lo Državni zbor Republike Slovenije, da M. Brglez;

per la Banka Slovenije, da B. Jazbec, assistito da R. Grilc, odvetnik e T. Lübbig, Rechtsanwalt;

per il governo sloveno, da V. Klemenc e T. Mihelič Žitko, in qualità di agenti;

[come rettificato con ordinanza del 30 settembre 2016] per l’Irlanda, da E. Creedon, L. Williams e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da E. McCullough, SC e da A. O’Neill, BL;

per il governo spagnolo, da A. Rubio González, in qualità di agente;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da L. Flynn, P.J. Loewenthal, K.-Ph. Wojcik e M. Žebre, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 febbraio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità e sull’interpretazione dei punti da 40 a 46 della comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1o agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario») (GU 2013, C 216, pag. 1) nonché sull’interpretazione degli articoli 29, 34, 35 e da 40 a 42 della direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 2012, L 315, pag. 74), e dell’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi (GU 2001, L 125, pag. 15).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento di verifica di costituzionalità di talune disposizioni della Zakon o bančništvu (legge sul settore bancario), del 23 novembre 2006, nella versione applicabile al procedimento principale (Uradni list RS, n. 99/10) (in prosieguo: la «legge sul settore bancario»), che prevedono misure straordinarie per il risanamento del sistema bancario.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 2001/24

3

I considerando 5 e 6 della direttiva 2001/24 sono formulati nel modo seguente:

«(5)

L’adozione della direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi [(GU 1994, L 135, pag. 5)], con cui è stato introdotto il principio dell’adesione obbligatoria degli enti creditizi a un sistema di garanzia dello Stato membro d’origine, rende ancor più evidente la necessità di un riconoscimento reciproco dei provvedimenti di risanamento e delle procedure di liquidazione.

(6)

È importante attribuire alle autorità amministrative o giudiziarie dello Stato membro d’origine la competenza esclusiva di decidere e di applicare i provvedimenti di risanamento previsti dalla normativa e dagli usi vigenti in tale Stato membro. A motivo della difficoltà di armonizzare le normative e gli usi degli Stati membri, è opportuno predisporre il reciproco riconoscimento da parte degli Stati membri dei provvedimenti presi da ciascuno di essi per risanare gli enti da esso autorizzati».

4

Ai sensi dell’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24, per provvedimenti di risanamento s’intendono «i provvedimenti destinati a salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio e che possono incidere sui diritti preesistenti dei terzi, compresi i provvedimenti che comportano la possibilità di una sospensione dei pagamenti, di una sospensione delle procedure di esecuzione o di una riduzione dei crediti».

Direttiva 2012/30

5

I considerando 3 e 5 della direttiva 2012/30 sono formulati come segue:

«(3)

Per assicurare l’equivalenza minima della protezione degli azionisti e dei creditori delle società occorre in particolare coordinare le disposizioni nazionali riguardanti la loro costituzione nonché la salvaguardia, l’aumento e la riduzione del capitale delle società per azioni.

(…)

(5)

Sono necessarie norme dell’Unione per salvaguardare il capitale, che costituisce una garanzia per i creditori, vietando in particolare indebite distribuzioni di utili agli azionisti e limitando la possibilità di una società di acquistare azioni proprie».

6

L’articolo 29, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Gli aumenti di capitale sono decisi dall’assemblea. (...)».

7

L’articolo 34, primo comma, di tale direttiva stabilisce quanto segue:

«Qualsiasi riduzione del capitale sottoscritto, eccettuata quella disposta con decisione giudiziaria, deve almeno essere subordinata a una decisione dell’assemblea (...)».

8

Ai sensi dell’articolo 35 della direttiva 2012/30, «[s]e esistono più categorie di azioni, la decisione dell’assemblea sulla riduzione del capitale sottoscritto è subordinata a una votazione separata almeno per ciascuna categoria di azionisti i cui diritti siano lesi dall’operazione».

9

L’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva così dispone:

«Qualora la legislazione di uno Stato membro autorizzi le società a ridurre il capitale sottoscritto mediante ritiro forzato di azioni, essa stabilisce almeno il rispetto delle seguenti condizioni:

(...)

b)

se il ritiro forzato è autorizzato soltanto dallo statuto o dall’atto costitutivo, esso è deciso dall’assemblea a meno che gli azionisti in questione l’abbiano approvato all’unanimità (...)».

10

L’articolo 41, paragrafo 1, di detta direttiva così recita:

«In caso di riduzione del capitale sottoscritto mediante ritiro d’azioni acquistate dalla società stessa o da una persona che agisce in nome proprio ma per conto della medesima, il ritiro deve essere sempre deciso dall’assemblea».

11

L’articolo 42 della stessa direttiva prevede:

«Nei casi di cui (...) all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), (...) quando esistono più categorie di azioni, la decisione dell’assemblea sull’ammortamento del capitale sottoscritto o la riduzione dello stesso mediante ritiro di azioni è subordinata a una votazione separata, almeno per ciascuna categoria di azionisti i cui diritti sono lesi dall’operazione».

Direttiva 2014/59/UE

12

La direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), è stata adottata il 15 maggio 2014.

13

L’articolo 117 della direttiva 2014/59 ha modificato, in particolare, la definizione di «provvedimenti di risanamento» contenuta all’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24. In seguito a tale modifica, per provvedimenti di risanamento s’intendono «i provvedimenti destinati a salvaguardare o ristabilire la situazione finanziaria di un ente creditizio o di un’impresa di investimento quali definiti all’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, del regolamento (UE) n. 575/2013, e che possono incidere sui diritti preesistenti di terzi, compresi i provvedimenti che comportano la possibilità di una sospensione dei pagamenti, di una sospensione delle procedure di esecuzione o di una svalutazione dei crediti; tali provvedimenti comprendono l’applicazione degli strumenti di risoluzione e l’esercizio dei poteri di risoluzione previsti dalla direttiva 2014/59/UE».

14

L’articolo 130, paragrafo 1, della direttiva 2014/59 così dispone:

«Gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 31 dicembre 2014 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1o gennaio 2015.

Essi applicano tuttavia le disposizioni adottate per conformarsi al titolo IV, capo IV, sezione 5, al più tardi a decorrere dal 1o gennaio 2016».

La comunicazione sul settore bancario

15

I punti 2 e 3 della comunicazione sul settore bancario così recitano:

«2.

Le comunicazioni legate alla crisi forniscono un quadro complessivo per un’azione coordinata a sostegno del settore finanziario in modo da garantire la stabilità finanziaria riducendo nel contempo al minimo le distorsioni della concorrenza tra banche e nei vari Stati membri nel mercato interno. Stabiliscono le condizioni per l’accesso agli aiuti di Stato e i requisiti da soddisfare in modo che tali aiuti possano essere considerati compatibili con il mercato interno alla luce dei principi stabiliti in materia dal trattato. Grazie alle comunicazioni legate alla crisi, le norme in materia di aiuti di Stato che disciplinano il sostegno pubblico al settore finanziario sono state aggiornate regolarmente, ove necessario, per adeguarle all’andamento della crisi. I recenti sviluppi richiedono un ulteriore aggiornamento di dette comunicazioni.

3.

Le comunicazioni legate alla crisi, così come le singole decisioni sulle misure e sui regimi di aiuto che rientrano nel loro ambito, sono state adottate sulla base dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del trattato, che autorizza in via eccezionale gli aiuti destinati a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro».

16

Il punto 15 della comunicazione recita:

«Le comunicazioni legate alla crisi specificano chiaramente che i principi generali del controllo degli aiuti di Stato restano di applicazione anche durante la crisi. In particolare, onde limitare le distorsioni della concorrenza tra banche e in tutti gli Stati membri all’interno del mercato unico e ovviare al cosiddetto rischio morale, gli aiuti dovrebbero essere limitati al minimo necessario ed il beneficiario degli aiuti dovrebbe fornire un adeguato contributo proprio ai costi di ristrutturazione. La banca ed i detentori del suo capitale dovrebbero contribuire il più possibile alla ristrutturazione mediante le proprie risorse. Il sostegno statale dovrebbe essere concesso a condizioni che rappresentano un’adeguata condivisione degli oneri da parte di coloro che hanno investito nella banca».

17

Il punto 17 della comunicazione così dispone:

«Nella fase iniziale della crisi, gli Stati membri non sono andati, in generale, al di là delle condizioni minime stabilite dalle norme relative agli aiuti di Stato per quanto riguarda la condivisione degli oneri ex ante e ai creditori non è stato richiesto di contribuire al salvataggio degli enti creditizi per ragioni di stabilità finanziaria».

18

La parte 3 della comunicazione sul settore bancario riguarda le misure di ricapitalizzazione e di sostegno a fronte di attività deteriorate. Il titolo 3.1.2. della stessa, intitolato «Condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati», contiene i punti da 40 a 46 di detta comunicazione.

19

I punti da 40 a 46 di tale comunicazione prevedono quanto segue:

«40.

Il sostegno statale può determinare un cosiddetto “rischio morale” e minare la disciplina di mercato. Per ridurre questo rischio morale, gli aiuti dovrebbero essere concessi soltanto a condizioni tali da comportare un’adeguata condivisione degli oneri da parte degli investitori esistenti.

41.

Un’adeguata condivisione degli oneri comporterà di norma, una volta che le perdite saranno state in primo luogo assorbite dal capitale, contributi da parte di detentori di capitale ibrido e di debito subordinato. I detentori di capitale ibrido e di debito subordinato devono contribuire a ridurre la carenza di capitale nella massima misura possibile. Tali contributi possono assumere la forma di una conversione in capitale di base di classe 1 (...) o di una riduzione di valore del capitale degli strumenti. In ogni caso, i deflussi di liquidità dal beneficiario ai detentori di tali titoli devono essere evitati nella misura in cui ciò sia giuridicamente possibile.

42.

La Commissione non richiederà contributi ai detentori di titoli di debito di primo rango [in particolare da depositi assicurati e non assicurati, obbligazioni e tutti gli altri titoli di debito di primo rango (senior)] come componente obbligatoria della ripartizione degli oneri ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato tramite conversione in capitale o riduzione di valore degli strumenti.

43.

Nel caso in cui il coefficiente patrimoniale della banca con una carenza di capitale identificata rimane al di sopra del patrimonio minimo di vigilanza dell’[Unione], la banca dovrebbe di norma essere in grado di ripristinare da sola la propria posizione patrimoniale, in particolare mediante misure di raccolta di capitale ai sensi del punto 35. Se non vi sono altre possibilità, comprese eventuali altre azioni di vigilanza quali misure di intervento precoce o altre azioni correttive per superare la carenza di capitale quale confermata dalla competente autorità di vigilanza o autorità di risoluzione delle crisi, il debito subordinato deve essere convertito in capitale proprio, in linea di principio prima della concessione degli aiuti di Stato.

44.

Nei casi in cui la banca non soddisfa più i requisiti patrimoniali minimi obbligatori, il debito subordinato deve essere convertito o ridotto, in linea di principio prima della concessione degli aiuti di Stato. Gli aiuti di Stato non devono essere concessi prima che capitale proprio, capitale ibrido e debito subordinato siano stati impiegati appieno per compensare eventuali perdite.

45.

È possibile derogare a quanto richiesto ai punti 43 e 44 se l’attuazione di tali misure metterebbe in pericolo la stabilità finanziaria o determinerebbe risultati sproporzionati. Tale eccezione può riguardare casi in cui l’importo degli aiuti da concedere sia limitato rispetto agli attivi della banca ponderati per il rischio e la carenza di capitale sia stata notevolmente ridotta, in particolare mediante misure di raccolta di capitale di cui al punto 35. È possibile ovviare a risultati sproporzionati o rischi per la stabilità finanziaria anche rivedendo la successione delle misure per affrontare la carenza di capitale.

46.

Nel contesto dell’attuazione dei punti 43 e 44 dovrebbe essere rispettato il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato (...). I creditori subordinati non dovrebbero pertanto ricevere, in termini economici, meno di quanto sarebbe valso il loro strumento in caso di mancata concessione di aiuti di Stato».

Diritto sloveno

20

L’articolo 253, paragrafo 3, della legge sul settore bancario dispone che «le misure straordinarie rientrano tra i provvedimenti di risanamento previsti dalla direttiva 2001/24/CE».

21

L’articolo 261 a di tale legge così recita:

«(1)   Con la sua decisione sulle misure straordinarie, la Banca centrale di Slovenia prescrive:

1.

le passività ammissibili sono parzialmente o interamente annullate oppure

2.

le passività ammissibili della banca (…) sono parzialmente o interamente convertite in nuove azioni ordinarie della banca a seguito dell’aumento del capitale di base della banca mediante versamento dei conferimenti in natura sotto forma dei crediti vantati da parte dei creditori, crediti che costituiscono le passività ammissibili.

(...)

(5)   Nell’ambito dell’annullamento o della conversione delle passività ammissibili della banca, la Banca di Slovenia deve accertarsi che singoli creditori non incorrano, a causa dell’annullamento o della conversione di passività ammissibili della banca, in perdite maggiori di quelle nelle quali incorrerebbero in caso di fallimento della banca.

(6)   Le passività ammissibili della banca sono:

1.

il capitale di base della banca (obbligazione di primo rango),

2.

le obbligazioni nei confronti di detentori di strumenti finanziari ibridi (...) (obbligazioni di secondo rango),

3.

le obbligazioni nei confronti di detentori di strumenti finanziari (…) devono essere prese in considerazione nel calcolo del capitale aggiuntivo della banca, a meno che tali obbligazioni non siano già comprese nelle definizioni di cui ai punti 1 o 2 del presente paragrafo (obbligazioni di terzo rango),

4.

le obbligazioni non ricomprese nelle definizioni di cui ai punti 1, 2 o 3 del presente paragrafo, le quali in caso di procedura concorsuale della banca sarebbero liquidate dopo la liquidazione dei crediti non privilegiati (obbligazioni di quarto rango)».

22

L’articolo 261 c della legge sul settore bancario così recita:

«(1)   Nella sua decisione sull’annullamento di passività ammissibili (…), la Banca di Slovenia decide l’annullamento di passività ammissibili della banca nell’entità necessaria alla copertura delle perdite della banca, alla luce della valorizzazione delle attività nette di cui all’articolo precedente (...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

23

In seguito alla crisi finanziaria mondiale, che è cominciata nel corso del 2007 aggravandosi negli anni successivi, la Banka Slovenije (Banca centrale di Slovenia, Slovenia) ha accertato, nel mese di settembre del 2013, che cinque banche slovene, ossia la Nova Ljubljanska banka d.d., la Nova Kreditna banka Maribor d.d., l’Abanka Vipa d.d., la Probanka d.d. e la Factor banka d.d., presentavano una carenza di capitale. Tenuto conto dell’entità di tale carenza, dette banche non disponevano di capitali sufficienti per soddisfare i propri creditori e coprire il valore dei depositi.

24

Il 17 dicembre 2013 la Banca centrale di Slovenia ha adottato talune decisioni che introducevano misure straordinarie per la ricapitalizzazione delle prime due banche citate, il salvataggio della terza e la liquidazione delle ultime due (in prosieguo: le «misure in parola»).

25

Il 18 dicembre 2013 la Commissione ha autorizzato gli aiuti di Stato, previamente comunicati dalle autorità slovene, destinati alle cinque banche interessate.

26

Le misure in parola, adottate ai sensi della legge sul settore bancario, e in particolare degli articoli da 261a fino a 261c e 261e di tale legge, comprendevano la liquidazione del capitale degli azionisti, del capitale ibrido e dei debiti subordinati (in prosieguo: i «titoli subordinati»).

27

Si evince dal fascicolo sottoposto alla Corte che i titoli subordinati sono strumenti finanziari che presentano talune caratteristiche dei prodotti obbligazionari e degli strumenti di partecipazione al capitale. In caso di insolvenza o di liquidazione dell’emittente, i detentori di titoli subordinati (in prosieguo: i «creditori subordinati») sono rimborsati dopo i detentori di obbligazioni ordinarie, ma prima degli azionisti. Tali strumenti finanziari offrono un rendimento più elevato, quale contropartita del rischio finanziario così assunto dai loro detentori.

28

L’Ustavno sodišče (Corte costituzionale, Slovenia) è stato adito con numerose domande di legittimità costituzionale depositate da singoli soggetti, da un lato, nonché dallo Državni svet Republike Slovenije (Consiglio nazionale, Slovenia) e dal Varuh človekovih pravic Republike Slovenije (Difensore dei diritti dell’uomo, Slovenia), dall’altro lato. Tali domande riguardavano la conformità delle disposizioni della legge sul settore bancario, sulla cui base sono state adottate le misure in parola, rispetto alla Costituzione slovena, in particolare rispetto ai principi di irretroattività, di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità, nonché rispetto al diritto di proprietà.

29

Risulta dalla decisione di rinvio che le disposizioni della legge sul settore bancario mirano a trasporre nel diritto nazionale la comunicazione sul settore bancario, per consentire alle autorità nazionali di accordare alle imprese di tale settore aiuti di Stato compatibili con il mercato interno. Di conseguenza, secondo il giudice del rinvio, sebbene le censure dei ricorrenti di cui al procedimento principale siano dirette contro tali disposizioni, esse riguardano in realtà la comunicazione sul settore bancario. Detti ricorrenti ritengono che tale comunicazione violi non solo la Costituzione slovena, ma anche l’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») nonché le direttive 2012/30 e 2001/24. Il giudice del rinvio dichiara la propria competenza a valutare la costituzionalità delle disposizioni nazionali che attuano la direttiva. Per contro, ritiene di non essere competente allorché vi sia un dubbio sull’interpretazione o sulla validità della norma di diritto dell’Unione che costituisce la base giuridica della disposizione nazionale la cui conformità alla Costituzione è messa in dubbio. In una simile situazione, a parere del giudice del rinvio, la Corte dispone della competenza esclusiva a rispondere alle questioni relative alla validità e all’interpretazione di tale norma, di modo che esso possa poi valutare, nella causa pendente dinanzi al medesimo, la costituzionalità delle disposizioni di diritto nazionale di cui trattasi.

30

Alla luce di quanto sopra, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la comunicazione sul settore bancario, riguardo agli effetti giuridici che essa concretamente comporta, atteso che l’Unione (…) ha competenza esclusiva nel settore degli aiuti di Stato, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), [TFUE] e che la Commissione, conformemente all’articolo 108 [TFUE], è competente a decidere nel settore degli aiuti di Stato, debba essere interpretata nel senso che essa ha un effetto vincolante nei confronti degli Stati membri che intendono porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia mediante un aiuto di Stato a favore di istituti di credito, laddove tale aiuto ha carattere permanente e non può essere facilmente revocato.

2)

Se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – che subordinano la possibilità di concedere aiuti di Stato, i quali sono diretti a porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia nazionale, all’esecuzione dell’obbligo di annullare il capitale, [i titoli subordinati] e/o di procedere alla conversione in capitale [dei titoli subordinati], al fine di limitare gli aiuti al minimo necessario alla luce della presa in considerazione del rischio morale – siano incompatibili con gli articoli 107, 108 e 109 [TFUE], in quanto eccedono la competenza della Commissione, come definita dalle suddette disposizioni del Trattato [FUE] relative alla materia degli aiuti di Stato.

3)

In caso di risposta negativa alla seconda questione, se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – che subordinano la possibilità di concedere aiuti di Stato all’obbligo di annullamento del capitale e/o di conversione in capitale, nei limiti in cui tale obbligo riguarda le azioni (capitale), [i titoli subordinati] emessi prima della pubblicazione della comunicazione sul settore bancario e che, al momento della loro emissione, potevano essere interamente o parzialmente azzerati senza compensazione solo in caso di fallimento della banca – siano compatibili con il principio di tutela del legittimo affidamento sancito dal diritto dell’Unione.

4)

In caso di risposta negativa alla seconda questione e di risposta affermativa alla terza questione, se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – che subordinano la possibilità di concedere aiuti di Stato all’obbligo di annullamento del capitale, [dei titoli subordinati] e/o alla conversione in capitale dei [titoli subordinati] senza che sia stata avviata e conclusa una procedura concorsuale nella quale liquidare il patrimonio del debitore mediante un procedimento giudiziario nel cui ambito i detentori di strumenti finanziari subordinati avrebbero potuto assumere la posizione di parte processuale – siano compatibili con il diritto di proprietà previsto dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

5)

In caso di risposta negativa alla seconda questione e di risposta affermativa alle questioni terza e quarta, se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – che subordinano la possibilità di concedere aiuti di Stato all’obbligo di annullamento del capitale, [dei titoli subordinati] e/o alla conversione in capitale degli strumenti di capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato, in quanto l’attuazione di tali misure richiede la riduzione e/o l’aumento del capitale di base di società per azioni sul fondamento della decisione dell’organo amministrativo competente, e non dell’assemblea dei soci delle società per azioni – siano incompatibili con gli articoli 29, 34, 35 e da 40 a 42 della [direttiva 2012/30].

6)

Se la comunicazione sul settore bancario, riguardo al suo punto 19, in particolare all’esigenza, prevista in tale punto, del rispetto dei diritti fondamentali, al suo punto 20 e all’affermazione dell’obbligo di principio, contenuta ai punti 43 e 44 di tale comunicazione, di conversione o di svalutazione [dei titoli subordinati] prima della concessione di aiuti di Stato, possa essere interpretata nel senso che tale misura non obbliga gli Stati membri che intendano porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia mediante un aiuto di Stato a favore degli istituti di credito ad introdurre un obbligo di procedere alla citata conversione o svalutazione come condizione per la concessione di aiuti di Stato sul fondamento dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), [TFUE], o nel senso che, per poter ammettere l’aiuto di Stato, è sufficiente che la misura di conversione o svalutazione operi solo in misura proporzionata.

7)

Se sia possibile interpretare l’articolo 2, settimo trattino, [della direttiva 2001/24 nel senso che tra i provvedimenti di risanamento rientrano anche le misure previste di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario (riduzione del capitale primario di classe I, [dei titoli subordinati] nonché conversione in capitale [dei titoli subordinati])».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazione preliminare

31

Il governo sloveno e la Commissione esprimono dubbi riguardo alla ricevibilità della seconda, terza, quarta e quinta questione pregiudiziale relative alla legittimità dei punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, in quanto tale comunicazione non produrrebbe effetti giuridici direttamente nei confronti di terzi.

32

Si deve rilevare che alla base della presente causa vi sono, in sostanza, gli aiuti di Stato che il governo sloveno ha concesso allo scopo di assicurare il risanamento del sistema bancario nazionale.

33

Più nello specifico, essa verte sulla conformità, rispetto a diverse disposizioni del diritto dell’Unione, della condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati posta dalla Commissione perché si possa ritenere, in applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, che gli aiuti di Stato accordati nel settore bancario sono compatibili con il mercato interno. La validità di una simile condizione deve poter essere verificata dalla Corte nell’ambito del procedimento previsto all’articolo 267 TFUE, circostanza che è proprio oggetto delle questioni pregiudiziali seconda, terza, quarta e quinta.

34

Di conseguenza, tali questioni sono ricevibili.

Sulla prima questione

35

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la comunicazione sul settore bancario debba essere interpretata nel senso che essa ha un effetto vincolante nei confronti degli Stati membri.

36

L’articolo 108, paragrafo 3, TFUE istituisce un controllo preventivo sulle modifiche degli aiuti esistenti e sui progetti di nuovi aiuti. La prevenzione in tal modo organizzata mira a far sì che venga data esecuzione solo ad aiuti compatibili (v. sentenza del 21 novembre 2013, Deutsche Lufthansa, C‑284/12, EU:C:2013:755, punti 2526).

37

La valutazione della compatibilità di misure di aiuto con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE, rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che agisce sotto il controllo dei giudici dell’Unione (v. sentenza del 21 novembre 2013, Deutsche Lufthansa, C‑284/12, EU:C:2013:755, punto 28).

38

A tal proposito, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale il cui esercizio comporta complesse valutazioni di ordine economico e sociale (v., in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2008, Germania e a./Kronofrance, C‑75/05 P e C‑80/05 P, EU:C:2008:482, punto 59, nonché dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 68).

39

Nell’esercizio di tale potere discrezionale, la Commissione può adottare orientamenti al fine di stabilire i criteri in base ai quali essa intende valutare la compatibilità, con il mercato interno, di misure di aiuto previste dagli Stati membri.

40

In base a consolidata giurisprudenza, adottando siffatte norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio di detto potere discrezionale e non può, in linea di principio, discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punti 6970 nonché giurisprudenza citata).

41

Pertanto, la Commissione non può rinunciare, mediante l’adozione di norme di comportamento, all’esercizio del potere discrezionale che le conferisce l’articolo 107, paragrafo 3, TFUE (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 71). L’adozione di una comunicazione quale la comunicazione sul settore bancario non dispensa la Commissione dall’obbligo di esaminare le specifiche circostanze eccezionali che uno Stato membro invoca, in un caso particolare, al fine di chiedere l’applicazione diretta dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE e di motivare eventualmente il proprio rifiuto di accogliere una richiesta del genere (sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 72).

42

Nel caso di specie, si evince dai punti 41, 43 e 44 della comunicazione sul settore bancario che la giusta condivisione degli oneri a cui detta comunicazione subordina la concessione di un aiuto di Stato implica, in via prioritaria, l’assorbimento delle perdite per mezzo del capitale, e poi, in linea di principio, un contributo dei creditori subordinati. Può essere concessa una deroga ai punti 43 e 44 di detta comunicazione, ai sensi del punto 45 della stessa, se un tale contributo «metterebbe in pericolo la stabilità finanziaria o determinerebbe risultati sproporzionati».

43

Da quanto precede risulta, da un lato, che l’adozione delle norme di comportamento contenute nella citata comunicazione ha avuto un effetto circoscritto all’autolimitazione della Commissione nell’esercizio del proprio potere discrezionale, nel senso che, se uno Stato membro notifica alla Commissione un progetto di aiuto di Stato che è conforme a dette norme, quest’ultima, in linea di principio, deve autorizzare tale progetto. Dall’altro lato, gli Stati membri conservano la facoltà di notificare alla Commissione progetti di aiuto di Stato che non soddisfano i criteri previsti da detta comunicazione e la Commissione può autorizzare progetti siffatti in circostante eccezionali.

44

Ne consegue che la comunicazione sul settore bancario non è idonea a creare obblighi autonomi in capo agli Stati membri, ma si limita a stabilire condizioni che mirano a garantire la compatibilità con il mercato interno di aiuti di Stato accordati alle banche nel contesto della crisi finanziaria, di cui la Commissione deve tener conto nell’esercizio dell’ampio margine di discrezionalità di cui essa dispone ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

45

Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che la comunicazione sul settore bancario dev’essere interpretata nel senso che essa non ha effetti vincolanti nei confronti degli Stati membri.

Sulla seconda questione

46

Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli da 107 a 109 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

47

La comunicazione sul settore bancario è stata adottata in base all’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

48

Discende da tale disposizione che la Commissione può considerare compatibili con il mercato interno gli aiuti che mirano a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro.

49

In virtù del potere discrezionale che tale disposizione le conferisce, la Commissione può legittimamente rifiutare la concessione di un aiuto qualora quest’ultimo non incentivi le imprese beneficiarie ad assumere un comportamento tale da contribuire alla realizzazione di uno degli obiettivi di cui alla disposizione medesima. Un aiuto siffatto deve essere necessario per la realizzazione degli obiettivi previsti da tale disposizione di modo tale che, in sua assenza, il gioco delle regole di mercato non consentirebbe, di per sé solo, di ottenere che le imprese beneficiarie adottino un comportamento idoneo a contribuire alla realizzazione di tali obiettivi. Infatti, un aiuto che apporti un miglioramento della situazione finanziaria dell’impresa beneficiaria senza essere necessario per il conseguimento degli scopi previsti dall’articolo 107, paragrafo 3, TFUE non può essere considerato compatibile con il mercato interno (sentenza del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C‑630/11 P a C‑633/11 P, EU:C:2013:387, punto 104 nonché giurisprudenza citata).

50

Per quanto concerne l’adozione dei punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in base a detta disposizione, si deve rilevare che i servizi finanziari giocano un ruolo centrale nell’economia dell’Unione. Le banche e gli istituti di credito sono una fonte essenziale di finanziamento per le imprese attive nei diversi mercati. Inoltre, le banche sono spesso interconnesse e molte di esse esercitano le proprie attività a livello internazionale. È per tale ragione che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri. Ciò rischia a sua volta di produrre ricadute negative in altri settori dell’economia.

51

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle conclusioni, il ricorso alla base giuridica dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE è tanto più giustificato dalla circostanza per cui, nell’ambito della crisi finanziaria mondiale che è all’origine dell’adozione di detta comunicazione, l’economia di numerosi Stati membri è stata colpita da gravi turbamenti.

52

Nel caso di specie, si evince dal punto 2 della comunicazione sul settore bancario che la Commissione, con la medesima, ha inteso porre le condizioni di accesso agli aiuti di Stato a sostegno del settore finanziario e precisare i requisiti che tali aiuti devono soddisfare per poter essere considerati compatibili con il mercato interno.

53

Tra i citati requisiti figura, ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, quello che prevede la condivisione da parte degli azionisti e dei creditori subordinati degli oneri di copertura dei costi di ristrutturazione delle banche in difficoltà ai fini di colmare la carenza di capitale. Ciò comporta che, una volta assorbite le perdite per mezzo del capitale, i creditori subordinati devono parimenti contribuire alla realizzazione di detto obiettivo, o attraverso la conversione dei loro crediti in capitale, o attraverso la svalutazione di tali crediti.

54

In sede di verifica della compatibilità di misure di aiuti di Stato con il mercato interno, la Commissione ha potuto considerare che, come esposto al punto 15 della comunicazione sul settore bancario, misure di condivisione degli oneri risultavano necessarie al fine di limitare gli aiuti di Stato nel settore bancario al minimo necessario e di ridurre le distorsioni della concorrenza nel mercato interno.

55

Da un lato, infatti, simili misure di condivisione degli oneri potevano essere considerate come dirette ad impedire il ricorso agli aiuti di Stato in quanto mero strumento che consente di ovviare alle difficoltà finanziarie delle banche interessate.

56

Dall’altro lato, le misure di condivisione degli oneri mirano a garantire che, prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, le banche in carenza di capitale operino, con i propri investitori, una riduzione di tale deficit, in particolare attraverso la raccolta di capitale nonché attraverso contributi dei creditori subordinati. Simili misure sono atte a limitare l’entità dell’aiuto di Stato concesso.

57

Una diversa soluzione rischierebbe di provocare distorsioni della concorrenza, in quanto le banche, i cui azionisti e creditori subordinati non avessero contribuito alla riduzione del deficit di capitale, riceverebbero un aiuto di Stato maggiore rispetto a quanto sarebbe stato sufficiente per colmare il deficit di capitale residuale. In tali circostanze, un simile aiuto non sarebbe, in linea di principio, conforme al diritto dell’Unione.

58

Inoltre, al fine di ovviare al problema del «rischio morale», legato al fatto che le persone sono inclini ad assumere decisioni rischiose allorché le eventuali conseguenze negative di quest’ultime sono sopportate dalla collettività, si deve evitare che le banche siano incoraggiate dalla possibilità di ricevere aiuti di Stato a ricorrere a strumenti finanziari più rischiosi e tali da causare perdite significative, il che potrebbe provocare importanti distorsioni della concorrenza e compromettere l’integrità del mercato interno.

59

Si deve infine rilevare che, adottando la comunicazione sul settore bancario, la Commissione non ha sconfinato nelle competenze affidate al Consiglio dell’Unione europea dagli articoli 108 e 109 TFUE. Infatti, dal momento che tale comunicazione stabilisce unicamente norme di comportamento che limitano la Commissione nell’esercizio del potere discrezionale conferitole dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, essa non incide sul potere riconosciuto al Consiglio, all’articolo 108, paragrafo 2, terzo comma, TFUE, di dichiarare un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno, su richiesta di uno Stato membro, in presenza di circostanze eccezionali, e non costituisce un regolamento ai sensi dell’articolo 109 TFUE, il quale, ai sensi dell’articolo 288, secondo comma, TFUE, esplica effetti vincolanti erga omnes.

60

Tenuto conto del complesso delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli da 107 a 109 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

Sulla terza e sulla quarta questione

61

Con la terza e quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio di tutela del legittimo affidamento e il diritto di proprietà debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

62

Per quanto concerne, in primo luogo, il principio di tutela del legittimo affidamento, si evince da consolidata giurisprudenza che il diritto di avvalersi di tale principio presuppone che rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, siano state fornite all’interessato dalle autorità competenti dell’Unione. Il diritto menzionato spetta difatti a qualsiasi soggetto in capo al quale un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione abbia ingenerato aspettative fondate, fornendogli precise rassicurazioni (sentenze del 16 dicembre 2010, Kahla Thüringen Porzellan/Commissione,C‑537/08 P, EU:C:2010:769, punto 63, nonché del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C‑630/11 P a C‑633/11 P, EU:C:2013:387, punto 132).

63

Orbene, gli azionisti e i creditori subordinati delle banche oggetto di misure di condivisione degli oneri, previste ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, quali quelle di cui al procedimento principale, non possono avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento per opporsi all’attuazione delle misure in parola.

64

Da un lato, infatti, gli azionisti e i creditori subordinati delle banche interessate non disponevano di alcuna garanzia proveniente dalla Commissione quanto al fatto che essa avrebbe approvato un aiuto di Stato per affrontare la carenza di capitale di dette banche. Dall’altro lato, gli investitori in parola non avevano ricevuto la rassicurazione che, tra le misure destinate ad affrontare il deficit di capitale delle banche beneficiarie dell’aiuto di Stato autorizzato dalla Commissione, non ve ne fossero alcune tali da incidere sui loro investimenti.

65

Inoltre, la circostanza che, nel corso della prima fase della crisi finanziaria internazionale, i creditori subordinati non fossero stati invitati a contribuire al salvataggio degli istituti di credito, come ricordato dalla Commissione al punto 17 della comunicazione sul settore bancario, non consente ai creditori di cui al procedimento principale di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento.

66

Infatti, una simile circostanza non può essere considerata come una rassicurazione precisa, incondizionata e concordante tale da far sorgere in capo ad azionisti e creditori subordinati il legittimo affidamento di non essere sottoposti in futuro a misure di condivisione degli oneri. Come già dichiarato dalla Corte, se il principio della tutela del legittimo affidamento è uno dei principi fondamentali dell’Unione, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle istituzioni dell’Unione, specialmente in un settore come quello degli aiuti di Stato, il cui oggetto implica un costante adattamento in funzione dei mutamenti della situazione economica (v., per analogia, sentenza del 26 giugno 2012, Polonia/Commissione, C‑335/09 P, EU:C:2012:385, punto 180).

67

Il giudice del rinvio s’interroga peraltro sulla necessità, per gli Stati membri, di disporre in ogni caso di un periodo transitorio per adeguarsi ai nuovi requisiti della Commissione relativi alla condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati.

68

A tal proposito, la Corte ha già dichiarato che, anche a voler supporre che l’Unione abbia precedentemente creato una situazione atta a generare un legittimo affidamento, un interesse pubblico inderogabile può ostare all’adozione di provvedimenti transitori per situazioni sorte prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, ma non ancora conclusesi (v. sentenze del 17 luglio 1997, Affish, C‑183/95, EU:C:1997:373, punto 57, e del 17 settembre 2009, Commissione/Koninklijke FrieslandCampina, C‑519/07 P, EU:C:2009:556, punto 85).

69

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 70 delle conclusioni, l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario, al contempo evitando una spesa pubblica eccessiva e minimizzando le distorsioni della concorrenza, costituisce un interesse pubblico superiore di tale natura.

70

Per quanto concerne, in secondo luogo, il diritto di proprietà sancito all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, si deve ricordare che, come constatato al punto 44 della presente sentenza, la comunicazione sul settore bancario non può far sorgere, in capo agli Stati membri, un obbligo di procedere a misure di condivisione degli oneri, quali quelle previste ai punti da 40 a 46 di detta comunicazione.

71

Risulta dal punto 15 della comunicazione sul settore bancario che la condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati costituisce solamente un criterio per l’autorizzazione da parte della Commissione di aiuti di Stato concessi alle banche che presentino una significativa sottocapitalizzazione, criterio che consente di limitare tali aiuti al minimo necessario e di prestare attenzione a che il beneficiario degli stessi contribuisca in modo appropriato ai costi della ristrutturazione.

72

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle conclusioni, la comunicazione sul settore bancario non richiede forme o procedure particolari per l’adozione delle misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della stessa. Simili misure possono pertanto essere adottate volontariamente dagli azionisti, attraverso un accordo tra l’istituto di credito interessato e i creditori subordinati, il che non può essere considerato come un’ingerenza nel loro diritto di proprietà.

73

Inoltre, per quanto concerne gli azionisti delle banche, si deve ricordare che, secondo il regime generale applicabile allo status degli azionisti delle società per azioni, questi ultimi assumono in toto il rischio dei propri investimenti. Infatti, discende dal considerando 5 della direttiva 2012/30 che essa mira a salvaguardare il capitale sociale che costituisce una garanzia per i creditori.

74

Poiché gli azionisti sono responsabili per le passività della banca fino a concorrenza del capitale sociale della stessa, il fatto che i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario richiedano che, per rimediare alla sottocapitalizzazione di una banca, prima della concessione di un aiuto di Stato, detti azionisti contribuiscano a coprire le perdite subite dalla stessa nella medesima misura che si proporrebbe in assenza di un simile aiuto di Stato, non si può considerare come un elemento che incide sul loro diritto di proprietà.

75

Le perdite degli azionisti delle banche in difficoltà avrebbero, in ogni caso, la stessa ampiezza, senza che rilevi se queste dipendono da una sentenza dichiarativa di fallimento per mancata concessione di un aiuto di Stato o da un procedimento di concessione di un simile aiuto sottoposta alla condizione previa della condivisione degli oneri.

76

Per quanto concerne i creditori subordinati, come rilevato dalla Corte al punto 27 della presente sentenza, i titoli subordinati sono strumenti finanziari che presentano caratteristiche dei prodotti obbligazionari e degli strumenti di partecipazione al capitale, il che implica che, in caso di cessazione dei pagamenti da parte dell’emittente, i detentori di titoli subordinati sono rimborsati dopo i titolari di obbligazioni ordinarie, ma prima degli azionisti.

77

Orbene, discende dai punti 41, 43 e 44 della comunicazione sul settore bancario che detti creditori devono contribuire a ridurre la carenza di capitale, da un lato, solo una volta che le perdite siano state in primo luogo assorbite dal capitale e, dall’altro lato, solo «[s]e non vi sono altre possibilità» per superare un’eventuale carenza di capitale della banca interessata o nei casi in cui la banca non soddisfi più i requisiti patrimoniali minimi obbligatori. Inoltre, il punto 46 di detta comunicazione prevede che «dovrebbe essere rispettato il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato. I creditori subordinati non dovrebbero pertanto ricevere, in termini economici, meno di quanto sarebbe valso il loro strumento in caso di mancata concessione di aiuti di Stato».

78

Da tale punto si evince che le misure di condivisione degli oneri alle quali sarebbe subordinata la concessione di un aiuto di Stato in favore di una banca sottocapitalizzata non possono arrecare al diritto di proprietà dei creditori subordinati un pregiudizio che questi ultimi, in caso di procedura di fallimento conseguente alla mancata concessione di un simile aiuto, non avrebbero subito.

79

Ciò posto, non si può validamente sostenere che le misure di condivisione degli oneri, quali quelle previste dalla comunicazione sul settore bancario, costituiscano un’ingerenza rispetto al diritto di proprietà degli azionisti e dei creditori subordinati.

80

Si deve pertanto rispondere alla terza e quarta questione dichiarando che il principio di tutela del legittimo affidamento e il diritto di proprietà devono essere interpretati nel senso che non ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

Sulla quinta questione

81

Con la quinta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 29, 34, 35 e da 40 a 42 della direttiva 2012/30 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

82

Gli articoli 29, 34, 35 e da 40 a 42 della direttiva 2012/30 prevedono, in sostanza, che qualunque aumento o riduzione di capitale delle società per azioni sia sottoposto ad una decisione dell’assemblea dei soci.

83

Secondo il giudice del rinvio, laddove la comunicazione sul settore bancario prevede che talune modifiche del capitale sociale delle banche non debbano essere decise o approvate dall’assemblea, tale comunicazione sarebbe incompatibile con detta direttiva.

84

Tuttavia, come rilevato al punto 72 della presente sentenza, la comunicazione sul settore bancario non contiene alcuna disposizione specifica relativa all’iter giuridico per l’adozione delle misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della stessa.

85

Di conseguenza, sebbene gli Stati membri possano eventualmente essere indotti, in una situazione particolare, ad adottare simili misure di condivisione degli oneri senza il consenso dell’assemblea dei soci, tale circostanza non può tuttavia rimettere in discussione la legittimità della comunicazione sul settore bancario rispetto alle disposizioni della direttiva 2012/30.

86

Peraltro, si deve rilevare che, secondo il considerando 3, la direttiva 2012/30 mira a garantire l’equivalenza minima della tutela degli azionisti e dei creditori delle società per azioni. A tal fine, la citata direttiva armonizza le disposizioni nazionali riguardanti la costituzione nonché la salvaguardia, l’aumento e la riduzione del capitale di dette società.

87

La direttiva 2012/30 s’iscrive nell’ambito della realizzazione della libertà di stabilimento nel mercato interno con la finalità principale di tutelare gli interessi dei soci e dei terzi. Essa mira ad assicurare agli investitori che i loro diritti saranno rispettati in tutto il mercato interno dagli organi delle società in cui essi hanno investito, in particolare al momento delle operazioni di costituzione di una società e di aumento e riduzione del capitale sociale. Di conseguenza, le misure previste dalla direttiva 2012/30 per garantire detta protezione riguardano il funzionamento ordinario delle società per azioni.

88

Viceversa, le misure di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati, quando sono imposte dalle autorità nazionali, costituiscono misure straordinarie. Esse possono essere adottate solamente in un contesto di grave turbamento dell’economia di uno Stato membro nonché allo scopo di evitare un rischio sistemico e assicurare la stabilità del sistema finanziario.

89

Contrariamente a quanto deducono i ricorrenti di cui al procedimento principale, la direttiva 2012/30 non osta a che misure relative al capitale sociale siano adottate, in talune specifiche circostanze, quali quelle previste dalla comunicazione sul settore bancario, senza approvazione dell’assemblea dei soci. Tale interpretazione non può, del resto, essere messa in discussione dalla sentenza del 12 marzo 1993, Pafitis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92).

90

In tale sentenza la Corte ha infatti interpretato la direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati Membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1), nell’ambito di una controversia riguardante l’insolvenza di una sola banca, allorché, invece, nel procedimento principale, le misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario sono poste quale condizione per la concessione, a banche che devono far fronte ad una carenza di capitale, di aiuti di Stato destinati, in un contesto straordinario di grave turbamento di un’economia nazionale, a porre rimedio a una crisi finanziaria sistemica atta ad incidere sull’intero sistema finanziario nazionale e sulla stabilità finanziaria dell’Unione.

91

Si deve sottolineare, a tal proposito, che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 105 e 107 delle conclusioni, le misure nazionali impugnate nella causa Pafitis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92) erano state adottate nel periodo compreso tra l’anno 1986 e l’anno 1990 e la Corte ha pronunciato la propria sentenza nel 1996, vale a dire ben prima dell’inizio della terza fase di attuazione dell’Unione economica e monetaria con l’introduzione dell’euro, l’istituzione dell’eurosistema e le relative modifiche ai trattati dell’Unione. Sebbene vi sia un evidente interesse pubblico a garantire, in tutta l’Unione, una tutela degli investitori forte e coerente, tale interesse non può essere ritenuto prevalente, in ogni circostanza, rispetto all’interesse pubblico a garantire la stabilità del sistema finanziario.

92

Il giudice del rinvio è però dell’opinione che le disposizioni della direttiva 2014/59 possano far ritenere la comunicazione sul settore bancario incompatibile con la direttiva 2012/30.

93

Tuttavia, oltre a quanto rilevato ai punti 72 e 84 della presente sentenza, la circostanza che, in virtù dell’articolo 123 della direttiva 2014/59, a partire dall’1° gennaio 2016, gli articoli 29, 34 e 35 nonché da 40 a 42 della direttiva 2012/30 non si applichino in caso di utilizzo dei meccanismi di risoluzione previsti dalla direttiva 2014/59 non consente di concludere che, prima di tale data, fossero vietate deroghe di tale natura.

94

Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla quinta questione dichiarando che gli articoli 29, 34, 35 e da 40 a 42 della direttiva 2012/30 devono essere interpretati nel senso che non ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

Sulla sesta questione

95

Con la sesta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la comunicazione sul settore bancario debba essere interpretata nel senso che le misure di conversione o riduzione del valore dei titoli subordinati, quali previste al punto 44 di detta comunicazione, costituiscono una condizione necessaria e sufficiente perché un aiuto di Stato che rientra in tale comunicazione sia dichiarato compatibile con il mercato interno oppure se basti, perché detto aiuto sia autorizzato, che i titoli subordinati siano convertiti o svalutati in misura proporzionale.

96

Si evince dalla decisione di rinvio che, con tale questione, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) si propone di stabilire se, nell’ipotesi in cui una banca non soddisfi i requisiti patrimoniali minimi obbligatori, ai sensi del punto 44 della comunicazione sul settore bancario, si debba procedere a misure di svalutazione dei titoli subordinati impiegandoli appieno per compensare tutte le perdite assodate della banca o se dette misure possano essere attuate parzialmente, in misura proporzionale.

97

Ai sensi del punto 44 della succitata comunicazione, nell’ipotesi in cui una banca non rispetti i requisiti minimi in materia di capitale, e pertanto il capitale non sia da solo sufficiente ad assorbire le perdite della banca, i titoli subordinati devono essere convertiti o svalutati, in linea di principio, prima della concessione di un aiuto di Stato a tale banca. Inoltre, secondo il medesimo punto 44, gli aiuti di Stato non devono essere concessi prima che capitale proprio e titoli subordinati siano stati impiegati appieno per compensare eventuali perdite della banca.

98

Come ricordato ai punti 40 e 41 della presente sentenza, da un lato, la Commissione, adottando norme di comportamento e annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in poi dalla stessa applicate alle fattispecie cui si riferiscono, si autolimita nell’esercizio del proprio potere discrezionale e non può, in linea di principio, discostarsi da tali norme, sotto pena di sanzione, eventualmente, per violazione di principi generali del diritto quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento. Dall’altro lato, l’adozione di simili regole non dispensa la Commissione dall’obbligo di esaminare le specifiche circostanze eccezionali che uno Stato membro invochi.

99

Ne consegue che la circostanza che una misura di aiuto di Stato rispetti i criteri enunciati al punto 44 della comunicazione sul settore bancario costituisce, in linea di principio, una condizione sufficiente perché la Commissione ne dichiari la compatibilità con il mercato interno, ma non è strettamente necessaria a tal fine.

100

Uno Stato membro non è pertanto obbligato ad imporre alle banche in difficoltà, prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, di convertire in capitale i titoli subordinati o svalutarli, né di impiegare integralmente tali titoli per assorbire le perdite. In siffatti casi, non si potrà tuttavia ritenere che l’aiuto di Stato di cui trattasi sia stato limitato al minimo necessario, come richiede il punto 15 della comunicazione sul settore bancario. Lo Stato membro, come le banche beneficiarie degli aiuti di Stato di cui trattasi, si assumono il rischio di vedersi opporre una decisione della Commissione che dichiara l’incompatibilità di tali aiuti con il mercato interno.

101

Inoltre, la comunicazione sul settore bancario, al punto 45, prevede che sia possibile derogare a quanto richiesto in particolare dal punto 44 di detta comunicazione se l’attuazione delle misure di conversione o svalutazione «metterebbe in pericolo la stabilità finanziaria o determinerebbe risultati sproporzionati». Pertanto, non può essere imposto ad una banca di convertire o svalutare tutti i titoli subordinati prima della concessione di un aiuto di Stato quando, in particolare, la conversione o la svalutazione di una parte dei titoli subordinati sarebbe stata sufficiente per superare la carenza di capitale della banca interessata.

102

Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla sesta questione dichiarando che la comunicazione sul settore bancario dev’essere interpretata nel senso che le misure di conversione o svalutazione dei titoli subordinati, quali previste al punto 44 di detta comunicazione, non devono andare oltre quanto è necessario per superare la carenza di capitale della banca interessata.

Sulla settima questione

103

Con la settima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24 debba essere interpretato nel senso che tra i «provvedimenti di risanamento», ai sensi di tale disposizione, rientrano anche le misure di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario.

104

Si deve rilevare che la direttiva 2001/24, come si evince dal considerando 6, mira ad istituire un sistema di reciproco riconoscimento dei provvedimenti di risanamento, senza puntare ad armonizzare la normativa nazionale in materia (v. sentenza del 24 ottobre 2013, LBI, C‑85/12, EU:C:2013:697, punto 39).

105

Tale obiettivo richiede che i provvedimenti di risanamento presi dalle autorità amministrative o giudiziarie dello Stato membro di origine, ossia lo Stato membro in cui un istituto di credito è stato autorizzato, producano, in tutti gli altri Stati membri, gli effetti loro attribuiti dalla legge di tale Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2013, LBI, C‑85/12, EU:C:2013:697, punto 22).

106

Ai sensi dell’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24, per «provvedimenti di risanamento» si devono intendere «i provvedimenti destinati a salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio e che possono incidere sui diritti preesistenti dei terzi, compresi i provvedimenti che comportano la possibilità di una sospensione dei pagamenti, di una sospensione delle procedure di esecuzione o di una riduzione dei crediti».

107

Come dedotto da tutte le parti di cui al procedimento principale che si sono pronunciate su tale questione, si evince dal tenore letterale di tale disposizione, e dalla definizione in senso lato di «provvedimenti di risanamento» in essa contenuta, che le misure di condivisione degli oneri quali previste ai punti da 40 a 44 della comunicazione sul settore bancario possono essere incluse nella nozione di «provvedimenti di risanamento», ai sensi della direttiva 2001/24.

108

Infatti, da un lato, dato che le misure di condivisione degli oneri mirano a risanare la posizione patrimoniale degli istituti di credito e a superare la carenza di capitale degli stessi, come enunciato al punto 43 della comunicazione sul settore bancario, dette misure hanno lo scopo di salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio.

109

Dall’altro lato, le misure di condivisione degli oneri, e in particolare la conversione dei titoli subordinati in capitale o la loro svalutazione, possono, per loro stessa natura, incidere su preesistenti diritti di terzi e, perciò, portare ad una riduzione dei crediti.

110

Per rientrare nella nozione di «provvedimenti di risanamento», ai sensi della direttiva 2001/24, è tuttavia inoltre necessario, come emerge dal considerando 6 e dall’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, che le misure di condivisione degli oneri siano state adottate da un’autorità amministrativa o giudiziaria. Viceversa, qualora le misure di condivisione degli oneri siano decise ed eseguite dagli azionisti o dai creditori subordinati, al di fuori di qualsivoglia intervento delle autorità amministrative o giudiziarie, dette misure non possono costituire provvedimenti di risanamento, ai sensi della direttiva 2001/24.

111

Peraltro, il giudice del rinvio si chiede se la circostanza che l’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24 sia stato modificato dall’articolo 117 della direttiva 2014/59, per includere espressamente nella nozione di «provvedimenti di risanamento» gli strumenti di risoluzione previsti da quest’ultima direttiva – strumenti analoghi alle misure di condivisione degli oneri da parte di azionisti e creditori subordinati – consenta di ritenere che, alla data dei fatti di cui al procedimento principale, dette ultime misure non rientrassero nella nozione di «provvedimenti di risanamento», ai sensi della direttiva 2001/24.

112

Tale interpretazione non può essere accolta.

113

Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 143 delle conclusioni, tale modifica dev’essere letta alla luce del fatto che la direttiva 2001/24 non puntava ad armonizzare la normativa rilevante degli Stati membri, ma solo a predisporre un sistema di reciproco riconoscimento. Ciò nondimeno, la direttiva 2014/59 obbliga ormai gli Stati membri ad introdurre talune misure per il risanamento delle banche, circostanza che richiede che tali misure siano espressamente identificate per garantire l’applicazione uniforme di tale ultima direttiva nell’Unione. Ciò non significa, però, che misure pubbliche del genere non fossero precedentemente ricomprese nella definizione di provvedimenti di risanamento.

114

Si deve pertanto rispondere alla settima questione dichiarando che l’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24 deve essere interpretato nel senso che tra i «provvedimenti di risanamento», ai sensi di tale disposizione, rientrano le misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario.

Sulle spese

115

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

La comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1o agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario»), dev’essere interpretata nel senso che essa non ha effetti vincolanti nei confronti degli Stati membri.

 

2)

Gli articoli da 107 a 109 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei detentori di titoli subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

 

3)

Il principio della tutela del legittimo affidamento e il diritto di proprietà devono essere interpretati nel senso che non ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei detentori di titoli subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

 

4)

Gli articoli 29, 34, 35 e da 40 a 42 della direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario in quanto detti punti prevedono una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei detentori di titoli subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

 

5)

La comunicazione sul settore bancario dev’essere interpretata nel senso che le misure di conversione o svalutazione del capitale ibrido e dei debiti subordinati, quali quelle previste al punto 44 di detta comunicazione, non devono andare oltre quanto è necessario per superare la carenza di capitale della banca interessata.

 

6)

L’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi, deve essere interpretato nel senso che tra i «provvedimenti di risanamento», ai sensi di tale disposizione, rientrano le misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo sloveno

( 1 ) Il punto 28 del presente testo è stato oggetto di una modifica di ordine linguistico, successivamente alla sua pubblicazione iniziale.