SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

20 gennaio 2016 ( *1 )

«Impugnazione — Concorrenza — Intese — Articolo 101, paragrafo 1, TFUE — Mercato dei trasformatori di potenza — Accordo verbale di ripartizione dei mercati (“Gentlemen’s Agreement”) — Restrizione della concorrenza “per oggetto” — Barriere all’entrata — Presunzione di partecipazione ad un’intesa illecita — Ammende — Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende (2006) — Punto 18»

Nella causa C‑373/14 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 31 luglio 2014,

Toshiba Corporation, con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata da J. MacLennan, solicitor, A. Schulz, Rechtsanwalt, nonché J. Jourdan e P. Berghe, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da F. Ronkes Agerbeek, J. Norris-Usher e K. Mojzesowicz, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, J.L. da Cruz Vilaça (relatore), A. Arabadjiev, C. Lycourgos e J.‑C. Bonichot, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 aprile 2015,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 giugno 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione la Toshiba Corporation (in prosieguo: la «Toshiba») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 21 maggio 2014, Toshiba/Commissione (T‑519/09, EU:T:2014:263; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso volto all’annullamento della decisione C (2009) 7601 definitivo della Commissione europea, del 7 ottobre 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 CE (Caso COMP/39.129 – Trasformatori di potenza) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

2

L’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1) è del seguente tenore:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)

commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 [CE] o 82 [CE] (...)

(...)».

3

Il punto 4 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») così dispone:

«(...) Le ammende devono avere un effetto sufficientemente dissuasivo, allo scopo non solo di sanzionare le imprese in causa (effetto dissuasivo specifico), ma anche di dissuadere altre imprese dall’assumere o dal continuare comportamenti contrari agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (effetto dissuasivo generale)».

4

Il punto 13 degli orientamenti del 2006 prevede quanto segue:

«Al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE). In linea di massima la Commissione prenderà come riferimento le vendite realizzate dall’impresa nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione (...)».

5

Ai sensi del punto 18 degli orientamenti del 2006:

«Qualora l’estensione geografica di un’infrazione superi il territorio del SEE (ad esempio nel caso dei cartelli mondiali), le vendite interessate realizzate dall’impresa all’interno del SEE possono non riflettere adeguatamente il peso di ciascuna impresa nell’infrazione. Questo può verificarsi, in particolare, nel caso di accordi mondiali di ripartizione dei mercati.

In tale situazione, per esprimere nel contempo la dimensione aggregata delle vendite interessate nel SEE e il peso relativo di ciascuna impresa nell’infrazione, la Commissione può stimare il valore totale delle vendite dei beni o servizi ai quali l’infrazione si riferisce nell’area geografica interessata (più ampia del SEE), determinare la quota delle vendite di ciascuna impresa che ha partecipato all’infrazione su tale mercato e applicare tale quota alle vendite aggregate realizzate all’interno del SEE di queste stesse imprese. Il risultato fungerà da valore delle vendite ai fini della determinazione dell’importo di base dell’ammenda».

Fatti e decisione controversa

6

Il settore di cui trattasi nella presente causa è quello dei trasformatori di potenza, degli autotrasformatori e dei reattori tipo «shunt» con una gamma di tensione pari o superiore ai 380 kV. Un trasformatore di potenza è un componente elettrico essenziale che ha la funzione di ridurre o aumentare il voltaggio all’interno di un circuito elettrico.

7

La Toshiba è una società giapponese che opera essenzialmente in tre settori di attività: i prodotti digitali, i dispositivi e i componenti elettronici nonché i sistemi infrastrutturali.

8

Per quanto riguarda le attività di tale società nel settore dei trasformatori di potenza, si devono distinguere due fasi nel periodo preso in considerazione dalla Commissione nella sua indagine, ossia dal 9 giugno 1999 al 15 maggio 2003. Tra il 9 giugno 1999 e il 30 settembre 2002, la Toshiba operava in tale settore attraverso la sua controllata, la Power System Co. A partire dal 1o ottobre 2002, l’attività della ricorrente è stata condotta mediante la TM T&D, un’impresa comune tra la Toshiba e la Mitsubishi Electric nella quale tali due imprese hanno riunito la loro produzione di trasformatori di potenza.

9

Il 30 settembre 2008 la Commissione ha deciso di avviare un procedimento riguardante il mercato dei trasformatori di potenza. La comunicazione degli addebiti è stata adottata il 20 novembre 2008. La Toshiba ha risposto a tale comunicazione il 19 gennaio 2009. L’audizione si è svolta il 17 febbraio 2009.

10

Nella decisione controversa, la Commissione ha accertato che la Toshiba ha partecipato, dal 9 giugno 1999 al 15 maggio 2003, a un’intesa illecita che copriva tutto il territorio del SEE e il Giappone. Tale intesa consisteva in un accordo concluso verbalmente tra, da un lato, i produttori di trasformatori di potenza europei e, dall’altro, i produttori giapponesi, allo scopo di rispettare i mercati nei territori di ciascuno dei due suddetti gruppi di produttori di trasformatori, astenendosi dall’effettuarvi vendite (in prosieguo: il «gentlemen’s agreement»).

11

La Commissione ha qualificato il gentlemen’s agreement come «restrizione della concorrenza per oggetto». Ai paragrafi da 165 a 169 della decisione controversa, tale istituzione ha esaminato e poi respinto l’argomento di alcune imprese oggetto del procedimento in questione, secondo cui l’intesa non aveva alcun impatto sulla concorrenza, in quanto i produttori giapponesi ed europei non erano concorrenti a causa delle barriere insormontabili all’entrata nel mercato SEE.

12

Per quanto riguarda l’organizzazione del gentlemen’s agreement, la Commissione ha rilevato che ogni gruppo di produttori doveva nominare un’impresa segretaria. Essa ha altresì constatato che l’accordo di ripartizione dei mercati era integrato da un accordo finalizzato a notificare al segretario di ciascun gruppo le gare d’appalto provenienti dal territorio dell’altro gruppo al fine di riassegnarle.

13

Peraltro, la Commissione ha ritenuto che, durante il periodo pertinente, ossia dal 9 giugno 1999 al 15 maggio 2003, le imprese si fossero riunite una o due volte all’anno. Tali riunioni si sono svolte a Malaga (Spagna), dal 9 all’11 giugno 1999, a Singapore il 29 maggio 2000, a Barcellona (Spagna), dal 29 ottobre al 1o novembre 2000, a Lisbona (Portogallo), il 29 e il 30 maggio 2001, a Tokyo, il 18 e il 19 febbraio 2002, a Vienna (Austria), il 26 e il 27 settembre 2002 (in prosieguo: la «riunione di Vienna») e a Zurigo (Svizzera), il 15 e il 16 maggio 2003 (in prosieguo: la «riunione di Zurigo»). Secondo la Commissione, tali riunioni servivano in particolare a confermare il gentlemen’s agreement.

14

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la Commissione ha accertato che la Toshiba aveva violato l’articolo 81 CE e l’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), e le ha pertanto inflitto un’ammenda di EUR 13,2 milioni. La TM T&D e la Mitsubishi Electric non sono state oggetto della decisione controversa.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 dicembre 2009, la Toshiba ha proposto un ricorso di annullamento avverso la decisione controversa deducendo quattro motivi.

16

Avendo respinto tutti i suddetti motivi, il Tribunale ha dichiarato il ricorso infondato nella sua interezza.

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

17

La Toshiba chiede alla Corte:

in via principale, di annullare la sentenza impugnata e la decisione controversa;

in subordine, di rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

di condannare la Commissione alle spese di primo grado e di impugnazione.

18

La Commissione chiede alla Corte:

di respingere l’impugnazione, e

di condannare la Toshiba alle spese del procedimento.

Sull’impugnazione

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

19

Con il suo primo motivo, vertente sui punti 230 e 231 della sentenza impugnata, la Toshiba sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel qualificare il gentlemen’s agreement come «restrizione della concorrenza per oggetto», basandosi a tal riguardo sul rapporto di potenziale concorrenza esistente tra i produttori giapponesi ed europei. Orbene, poiché le parti dell’intesa non erano concorrenti potenziali, il Tribunale non avrebbe potuto concludere per la sussistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto. Secondo la Toshiba, il Tribunale ha dedotto, a torto, l’esistenza di un siffatto rapporto di potenziale concorrenza, in primo luogo, dall’assenza di barriere insormontabili all’entrata nel mercato del SEE e, in secondo luogo, dall’esistenza stessa del gentlemen’s agreement.

20

Per quanto riguarda l’assenza di barriere insormontabili all’entrata nel mercato del SEE, la Toshiba fa valere che tale criterio non è idoneo a dimostrare l’esistenza di un rapporto di potenziale concorrenza tra i produttori giapponesi ed europei. A tal fine, il Tribunale avrebbe dovuto dimostrare, nel caso di specie, che i produttori giapponesi avevano possibilità reali e concrete di penetrare nel mercato del SEE e che tale entrata costituiva per essi una strategia economicamente redditizia. Orbene, nella specie, le caratteristiche e il funzionamento del mercato dei trasformatori di potenza renderebbero qualsiasi entrata nel mercato del SEE economicamente non redditizia.

21

Per quanto riguarda il gentlemen’s agreement, la Toshiba ritiene che il Tribunale, basandosi sulla sua esistenza come prova di una potenziale concorrenza tra i produttori giapponesi ed europei, abbia stabilito una presunzione inconfutabile secondo la quale se due imprese concludono un accordo qualsiasi, esse sono automaticamente considerate come potenziali concorrenti, liberando in tal modo la Commissione dal correlativo onere della prova.

22

La Commissione ritiene che gli argomenti della ricorrente debbano essere respinti in quanto infondati.

Giudizio della Corte

23

Al punto 228 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione ha ritenuto correttamente che un accordo come il gentlemen’s agreement, quale accordo di ripartizione dei mercati, dovesse essere qualificato come «restrizione per oggetto».

24

Va ricordato a tal riguardo che, per ricadere nel divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, un accordo deve avere «per oggetto o per effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno. Secondo una giurisprudenza costante della Corte a partire dalla sentenza LTM (56/65, EU:C:1966:38), l’alternatività di tale condizione, espressa dalla disgiunzione «o», rende necessario innanzitutto considerare l’oggetto stesso dell’accordo (sentenza ING Pensii, C‑172/14, EU:C:2015:484, punto 30).

25

Pertanto, nel caso in cui venga dimostrato l’oggetto anticoncorrenziale di un accordo, non è necessario indagare i suoi effetti sulla concorrenza (v., in tal senso, sentenze T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 2830, e GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a.C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, EU:C:2009:610, punto 55).

26

Quanto alla qualificazione di una pratica come restrizione per oggetto, dalla giurisprudenza della Corte emerge che talune forme di coordinamento tra imprese rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario (sentenza ING Pensii, C‑172/14, EU:C:2015:484, punto 31). Tale giurisprudenza si fonda sulla circostanza che talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (sentenza CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 50).

27

La giurisprudenza della Corte è parimenti orientata nel senso che, al fine di valutare se un accordo tra imprese presenti un grado di dannosità sufficiente per essere considerato come una «restrizione della concorrenza per oggetto» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre riferirsi al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi che esso mira a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale si colloca (sentenza ING Pensii, C‑172/14, EU:C:2015:484, punto 33).

28

La Corte ha quindi già statuito che accordi vertenti sulla ripartizione dei mercati costituiscono violazioni particolarmente gravi della concorrenza (v., in tal senso, sentenze Solvay Solexis/Commissione, C‑449/11 P, EU:C:2013:802, punto 82, e YKK e a./Commissione, C‑408/12 P, EU:C:2014:2153, punto 26). La Corte ha altresì dichiarato che gli accordi finalizzati alla ripartizione dei mercati hanno un oggetto restrittivo della concorrenza in sé e appartengono a una categoria di accordi espressamente vietata dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, poiché un siffatto oggetto non può essere giustificato mediante un’analisi del contesto economico in cui si inscrive la condotta anticoncorrenziale di cui trattasi (sentenza Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, EU:C:2013:866, punto 218).

29

Per quanto riguarda siffatti accordi, l’analisi del contesto economico e giuridico in cui si colloca la pratica può quindi limitarsi a quanto risulti strettamente necessario per concludere per la sussistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto.

30

Nel caso di specie, la Toshiba sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto qualificando il gentlemen’s agreement come «restrizione della concorrenza per oggetto», senza verificare prima se l’eventuale entrata nel mercato del SEE rappresentasse per i produttori giapponesi una strategia economicamente redditizia.

31

A tal riguardo, va rammentato che il Tribunale ha esaminato l’argomento della Toshiba secondo cui il gentlemen’s agreement non era idoneo a restringere la concorrenza all’interno del SEE in quanto i produttori europei e giapponesi non erano concorrenti sul mercato europeo. È in tale contesto che, al punto 230 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato, da un lato, che, avendo l’articolo 101 TFUE ad oggetto anche la concorrenza potenziale, il gentlemen’s agreement era atto a restringere la concorrenza, a meno che non esistessero barriere insormontabili all’entrata nel mercato europeo che escludessero qualsiasi concorrenza potenziale da parte dei produttori giapponesi.

32

Dall’altro, ai punti 232 e 233 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che tali barriere non potessero essere qualificate come insormontabili, il che era dimostrato dalla circostanza che l’Hitachi aveva accettato progetti provenienti da clienti situati in Europa.

33

Al punto 231 della sentenza impugnata, il Tribunale ha anche considerato che il gentlemen’s agreement rappresentasse un «forte indizio dell’esistenza di un rapporto concorrenziale» tra le due categorie di produttori, il che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 100 delle sue conclusioni, costituisce un elemento del contesto economico e giuridico pertinente.

34

Orbene, l’analisi in tal modo effettuata dal Tribunale è conforme ai criteri enunciati ai punti da 24 a 29 della presente sentenza al fine di dimostrare il carattere di restrizione per oggetto di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, senza che si renda necessaria un’analisi più dettagliata del contesto economico e giuridico pertinente.

35

Ad ogni modo, va osservato che, nei limiti in cui la Toshiba afferma che il Tribunale ha considerato a torto che le barriere all’entrata nel mercato europeo non fossero insormontabili e che esistesse pertanto una concorrenza potenziale tra i produttori europei e giapponesi su questo stesso mercato, con siffatti argomenti viene contestata la valutazione dei fatti operata dal Tribunale, la quale, in assenza di uno snaturamento manifesto dei medesimi e fatta salva l’analisi da operare nell’ambito del secondo motivo della presente sentenza, è sottratta al controllo della Corte in sede di impugnazione.

36

Pertanto, il primo motivo della Toshiba deve essere respinto.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

37

Con il suo secondo motivo, diretto contro le considerazioni del Tribunale di cui al punto 233 della sentenza impugnata, la Toshiba fa valere che quest’ultimo ha snaturato il contenuto della lettera dell’Hitachi. Infatti, secondo la Toshiba, mentre l’Hitachi si era limitata a produrre una dichiarazione generica con cui non contestava più l’esistenza del gentlemen’s agreement, il Tribunale ne ha desunto che tale società riconosceva di avere accettato tre progetti provenienti da clienti europei dei suoi trasformatori.

38

Senza un simile snaturamento del significato della lettera dell’Hitachi, il Tribunale non avrebbe potuto concludere che le barriere all’entrata nel mercato del SEE non erano insormontabili, cosicché, nella specie, non avrebbe potuto essere dimostrata una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

39

La Commissione chiede il rigetto di tale motivo.

Giudizio della Corte

40

Giova rammentare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il Tribunale è il solo competente ad accertare e valutare i fatti e, in linea di principio, ad esaminare le prove che esso accoglie a sostegno di detti fatti. Invero, qualora tali prove siano state assunte regolarmente e siano stati rispettati i principi generali di diritto nonché le norme procedurali relative all’onere della prova e all’istruttoria, spetta esclusivamente al Tribunale valutare il valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Tale valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di siffatti elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte.

41

Per poter essere censurato dalla Corte uno snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove.

42

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 108 delle sue conclusioni, dall’esame della lettera dell’Hitachi non risulta che il Tribunale abbia snaturato gli elementi di fatto pertinenti che ne emergono.

43

Infatti, con la sua lettera l’Hitachi non si limita a rinunciare a qualsiasi contestazione riguardante l’esistenza del gentlemen’s agreement, come sostiene la Toshiba. Al contrario, dalla formulazione della lettera dell’Hitachi risulta che tale società accettava «le conclusioni [della Commissione] sull’esistenza e sulla portata del gentlemen’s agreement come presentate nella comunicazione degli addebiti». Orbene, va rilevato, al pari dell’avvocato generale allo stesso paragrafo 108 delle sue conclusioni, che la questione dell’accettazione di tre contratti da parte dell’Hitachi nel SEE era già stata sollevata nella comunicazione degli addebiti.

44

Ne consegue che l’interpretazione operata dal Tribunale al punto 233 della sentenza impugnata non deriva in alcun modo da uno snaturamento manifesto della lettera dell’Hitachi.

45

Ad ogni modo, anche ammettendo che il Tribunale abbia snaturato il contenuto della lettera dell’Hitachi, ciò non sarebbe atto a rimettere in discussione la conclusione secondo cui la Commissione ha dimostrato sufficientemente che le barriere all’entrata nel mercato europeo non erano insormontabili.

46

Infatti, tale conclusione non poggia esclusivamente sulle dichiarazioni dell’Hitachi, menzionate al punto 37 della presente sentenza, ma anche su altri elementi. Così, da un lato, il Tribunale ha indicato, al punto 225 della sentenza impugnata, che la Commissione ha esposto, al paragrafo 168 della decisione controversa, le ragioni per cui le barriere all’entrata nel mercato non erano insormontabili, ossia, da una parte, che l’impresa coreana Hyundai era recentemente entrata nel mercato europeo e, dall’altra, che i produttori giapponesi avevano registrato notevoli vendite negli Stati Uniti e che le imprese interessate non avevano fornito alcuna prova a dimostrazione del fatto che le barriere all’entrata nel mercato americano erano molto diverse da quelle all’entrata nel mercato europeo. Tali accertamenti non sono stati contestati dalla ricorrente nell’ambito della presente impugnazione.

47

Dall’altro, al punto 231 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che l’esistenza stessa del gentlemen’s agreement costituiva un argomento che mette seriamente in discussione la plausibilità della tesi difesa dalla ricorrente, secondo cui le barriere all’entrata nel mercato europeo erano insormontabili. Infatti, come giustamente rilevato dal Tribunale al medesimo punto, è alquanto improbabile che i produttori giapponesi ed europei avrebbero concluso un accordo di ripartizione dei mercati qualora non avessero ritenuto di essere almeno concorrenti potenziali.

48

Alla luce di tali considerazioni, il secondo motivo deve essere respinto.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

49

Il terzo motivo è articolato in tre parti. Con la prima parte, la Toshiba sostiene, da un lato, che la sentenza impugnata è basata su una motivazione contraddittoria per quanto riguarda l’analisi della sua partecipazione all’intesa e, dall’altro, che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova su cui si è basato in tale contesto, ossia il resoconto della riunione di Vienna, la nota interna proveniente dal sig. M., dipendente della società Fuji, e la nota esplicativa di tale riunione predisposta dalla Fuji (in prosieguo, congiuntamente: i «documenti controversi»). Secondo la Toshiba, mentre, al punto 208 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente constatato che durante la riunione di Vienna la ricorrente aveva rinunciato a partecipare alle future riunioni in seguito alla costituzione della TM T&D, esso ha nondimeno statuito, ai punti 209 e 211 di tale sentenza, che la partecipazione della Toshiba al gentlemen’s agreement rimaneva dubbia, dipendendo dal fatto che la TM T&D ne facesse parte o meno. Il Tribunale sarebbe dunque caduto in contraddizione nei limiti in cui l’unico elemento che rimaneva in sospeso dopo la riunione di Vienna non era la partecipazione o meno della Toshiba quale impresa individuale, bensì della TM T&D alle future riunioni e al gentlemen’s agreement.

50

La seconda parte, riguardante sostanzialmente le considerazioni di cui ai punti 213, 218 e 220 della sentenza impugnata, verte su un’applicazione asseritamente erronea, da parte del Tribunale, del criterio della «dissociazione pubblica», nei limiti in cui tale giudice si sarebbe basato sulla circostanza che il gentlemen’s agreement è stato confermato durante la riunione di Vienna per escludere ogni possibilità che la Toshiba si sia pubblicamente dissociata da tale accordo durante la riunione di cui trattasi. Il Tribunale avrebbe invece dovuto dedurre che la Toshiba aveva rinunciato a partecipare all’intesa a partire dalla riunione di Vienna dal fatto che tale società non ha preso parte alla riunione di Zurigo.

51

Con la terza parte, la Toshiba addebita al Tribunale una violazione del principio della responsabilità personale, poiché tale giudice ha considerato che la ricorrente avesse continuato a partecipare all’intesa stessa dopo la costituzione della TM T&D, quando invece dopo la costituzione della medesima, la Toshiba sarebbe uscita dal mercato di cui trattasi. A tal riguardo, la Toshiba contesta segnatamente le statuizioni del Tribunale di cui ai punti da 218 a 221 della sentenza impugnata, nei limiti in cui tale giudice avrebbe commesso un errore affermando sostanzialmente che la partecipazione della ricorrente all’infrazione fino alla riunione di Zurigo derivava dal fatto che essa aveva «indotto gli altri partecipanti a ritenere che essa o la TM T&D partecipassero ancora al gentlemen’s agreement», senza procedere ad una verifica concreta della presenza della Toshiba a tale riunione.

52

La Commissione ritiene che tale motivo vada respinto.

Giudizio della Corte

– Sulla prima parte del terzo motivo

53

Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura sollevata dalla Toshiba nell’ambito della prima parte del terzo motivo e vertente su una motivazione contraddittoria, va constatato che essa poggia su una lettura erronea della sentenza impugnata.

54

Al punto 208 della sentenza impugnata, il Tribunale ha certamente riconosciuto, in base ai documenti controversi, che la partecipazione individuale della Toshiba al gentlemen’s agreement dopo la riunione di Vienna doveva essere ancora decisa, a causa della costituzione della TM T&D. Al punto 209 di tale sentenza, il Tribunale ha constatato, a tal proposito, che i documenti controversi consentivano di dedurre che, al termine della riunione di Vienna, sussistevano «dubbi riguardo alla futura partecipazione della ricorrente al gentlemen’s agreement e riguardo alla continuazione del medesimo e (...) che una futura riunione doveva aver luogo, nel corso della quale siffatta questione doveva essere discussa».

55

Tuttavia, da un lato, come emerge dal medesimo punto 208, le imprese partecipanti all’intesa ritenevano che non sussistesse più alcun interesse al mantenimento del gentlemen’s agreement senza la partecipazione della ricorrente. Dall’altro, il Tribunale ha potuto rilevare, al punto 211 della sentenza impugnata, che il gentlemen’s agreement e le regole di notificazione dei progetti rientranti in tale intesa sono stati confermati dai partecipanti alla riunione di Vienna.

56

Da quanto precede risulta che, senza cadere in contraddizioni, il Tribunale ha stabilito, in sostanza, al punto 213 della sentenza impugnata, che dai documenti controversi non si poteva dedurre che l’intenzione della Toshiba di dissociarsi dal gentlemen’s agreement era dimostrata sin dalla riunione di Vienna e che gli altri partecipanti a tale riunione l’avevano chiaramente compresa, tanto più che da tali documenti emergerebbe anche che la proroga dell’intesa non avrebbe presentato alcun interesse, tenuto conto dell’importanza che le parti attribuivano alla partecipazione della Toshiba a tale intesa. Di conseguenza, va respinta la prima parte del terzo motivo, nei limiti in cui verte su una motivazione contraddittoria.

57

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomento relativo a uno snaturamento, da parte del Tribunale, della portata dei documenti controversi, dai medesimi non si evince in alcun modo che la Toshiba avrebbe lasciato il gentlemen’s agreement a partire dalla riunione di Vienna. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 119 a 121 delle sue conclusioni, da un lato, emerge dalla nota interna relativa alla riunione di Vienna, proveniente dal sig. M., dipendente della società Fuji, che la partecipazione della Toshiba alle riunioni successive alla costituzione della TM T&D doveva essere ancora decisa. È vero che dalla nota esplicativa predisposta dalla società Fuji in merito a tale riunione emerge che «la possibilità che la Toshiba assista alle riunioni dopo la costituzione della TM T&D (mentre la Mitsubishi non vi assiste) è stata negata dalla Toshiba». Tuttavia, detta nota indica altresì come, «poiché la Mitsubishi non partecipa più a tali riunioni, si dovrebbe prendere una decisione per sapere se la TM T&D sia autorizzata a partecipare a dette riunioni».

58

Dall’altro, si evince chiaramente dal resoconto della riunione di Vienna che la questione della partecipazione della Toshiba alle future riunioni doveva essere decisa «in tempi relativamente rapidi» e che tale questione doveva costituire il punto principale della successiva riunione. Pertanto, non si può ritenere che il Tribunale abbia snaturato gli elementi di prova a sua disposizione.

59

Di conseguenza, non si può considerare che la motivazione del Tribunale sia inficiata da una contraddizione o che esso abbia snaturato gli elementi di prova a sua disposizione. Alla luce di quanto precede, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta.

– Sulla seconda parte del terzo motivo

60

Con la seconda parte a sostegno del suo terzo motivo, in sostanza, la Toshiba addebita al Tribunale di non aver concluso che essa si era dissociata dal gentlemen’s agreement durante la riunione di Vienna, nonostante le dichiarazioni da essa rilasciate durante tale riunione e nonostante il fatto che essa non avesse partecipato alla riunione di Zurigo.

61

A tal riguardo, giova ricordare che è sufficiente che la Commissione dimostri che l’impresa interessata abbia partecipato a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta, affinché sia sufficientemente provata la partecipazione di detta impresa all’intesa. Ove sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni siffatte, spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione alle suddette riunioni fosse priva di qualsiasi spirito anticoncorrenziale, dimostrando di aver dichiarato ai suoi concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 81).

62

Al fine di valutare se un’impresa si sia effettivamente dissociata, la comprensione delle intenzioni dell’impresa interessata ricavata dagli altri partecipanti a un’intesa è determinante per valutare se l’impresa stessa abbia voluto dissociarsi dall’accordo illecito (sentenza Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, EU:C:2009:166, punto 120).

63

In tale contesto, va rilevato che la nozione di «pubblica dissociazione» rispecchia una situazione fattuale, la cui sussistenza viene riscontrata dal Tribunale, caso per caso, tenendo conto di una serie di coincidenze e di indizi ad esso sottoposti e in esito ad una valutazione globale di tutte le prove e degli indizi pertinenti. Qualora tali prove siano state assunte regolarmente e siano stati rispettati i principi generali di diritto e le norme procedurali relative all’onere della prova e all’istruttoria, spetta esclusivamente al Tribunale valutare il valore da attribuire agli elementi ad esso sottoposti. Tale valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di siffatti elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte (v., in tal senso, sentenza Comap/Commissione, C‑290/11 P, EU:C:2012:271, punto 71).

64

Nel caso di specie, va constatato che, al punto 208 della sentenza impugnata, il Tribunale ha anzitutto riconosciuto, fondandosi sull’analisi dei documenti controversi, che sussistevano dubbi in ordine alla partecipazione della Toshiba all’infrazione dopo la riunione di Vienna e che le parti dell’intesa non avevano alcun interesse a mantenere il gentlemen’s agreement senza la partecipazione della ricorrente.

65

Al punto 209 della sentenza impugnata, il Tribunale ha poi dedotto dai documenti controversi che la questione della futura partecipazione della Toshiba all’intesa e del mantenimento della medesima doveva essere discussa nel corso di una futura riunione.

66

Infine, al punto 211 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che dai documenti controversi emergeva che le imprese partecipanti alla riunione di Vienna, tra cui la Toshiba, avevano confermato il gentlemen’s agreement e le regole di notificazione dei progetti oggetto di tale intesa.

67

In base alla sua valutazione degli elementi di prova, e come già ricordato al punto 56 della presente sentenza, il Tribunale ha pertanto concluso, al punto 213 della sentenza impugnata, che la Toshiba non si era definitivamente dissociata dall’intesa nel corso della riunione di Vienna, tenuto conto, in particolare, della conferma delle regole di notificazione dei progetti previsti dal gentlemen’s agreement.

68

Di conseguenza, va considerato che, con la seconda parte del terzo motivo, la Toshiba tenta sostanzialmente di invitare la Corte a sostituire la propria valutazione degli elementi di prova a quella operata dal Tribunale nella sentenza impugnata.

69

Di conseguenza, e nei limiti in cui, come rilevato al punto 58 della presente sentenza, l’esame dei documenti controversi non rivela alcuno snaturamento manifesto, va respinta la seconda parte del terzo motivo.

– Sulla terza parte del terzo motivo

70

Con la terza parte del terzo motivo, la Toshiba fa valere, in sostanza, che il Tribunale ha violato il principio della responsabilità personale concludendo che essa aveva partecipato al gentlemen’s agreement nel periodo intercorrente tra la riunione di Vienna e quella di Zurigo, senza verificare se la ricorrente avesse effettivamente partecipato a tale riunione.

71

A tal riguardo, va ricordato che la partecipazione di un’impresa a una riunione avente un oggetto anticoncorrenziale crea una presunzione di illiceità di tale partecipazione, presunzione che tale impresa deve rovesciare mediante la prova di una dissociazione pubblica che deve essere percepita come tale dagli altri partecipanti all’intesa (sentenza Total Marketing Services/Commissione, C‑634/13 P, EU:C:2015:614, punto 21).

72

Nel caso di specie, va rilevato che il Tribunale, al punto 218 della sentenza impugnata, ha constatato che erano inconferenti le censure della ricorrente volte a dimostrare che essa non aveva partecipato all’intesa fino alla riunione di Zurigo.

73

Per giungere a tale conclusione il Tribunale si è basato, rinviando alla sua valutazione esposta ai punti da 205 a 214 della sentenza impugnata, sulla circostanza che la Toshiba non si era dissociata dall’intesa durante la riunione di Vienna e che, nel corso di quest’ultima riunione, era stato convenuto tra i partecipanti di discutere della futura partecipazione della ricorrente al gentlemen’s agreement durante la riunione successiva, ossia la riunione di Zurigo del 15 e 16 maggio 2003.

74

Tale constatazione è decisiva in quanto, come emerge dal punto 66 della presente sentenza, durante la riunione di Vienna, i rispettivi partecipanti, tra cui la Toshiba, hanno confermato il gentlemen’s agreement nonché le regole di notificazione dei progetti oggetto di tale intesa.

75

Ciò premesso, va rilevato che il Tribunale non ha commesso errori di diritto considerando che la partecipazione della ricorrente alla riunione di Zurigo fosse irrilevante al fine di concludere per il mantenimento della sua partecipazione all’intesa fino a quest’ultima riunione.

76

Di conseguenza, occorre respingere la terza parte del terzo motivo.

77

Occorre pertanto respingere il terzo motivo nel suo insieme.

Sul quarto motivo

Argomenti delle parti

78

Con il suo quarto motivo, relativo alla determinazione dell’importo di base dell’ammenda, la Toshiba fa valere che il Tribunale non ha applicato correttamente il punto 18 degli orientamenti del 2006, segnatamente per quanto riguarda la nozione di «area geografica interessata (più ampia del SEE)». Infatti, mentre l’intesa riguardava unicamente i territori del SEE e del Giappone, al fine di rispecchiare adeguatamente il peso delle parti nell’infrazione, il Tribunale avrebbe tenuto conto delle quote di mercato mondiali dei produttori di trasformatori di potenza. Poiché l’intesa illecita era invece finalizzata a proteggere i mercati del SEE e del Giappone, la Toshiba ritiene sostanzialmente che il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione soltanto le quote di mercato su tali territori per calcolare l’importo di base dell’ammenda.

79

Contrariamente alle considerazioni sviluppate dal Tribunale al punto 276 della sentenza impugnata, la presa in considerazione delle quote di mercato a livello mondiale avrebbe trovato giustificazione unicamente in assenza di barriere all’entrata nel mercato del SEE. Infatti, in presenza di siffatte barriere, come avverrebbe nella specie, i produttori giapponesi non potevano conseguire su tale territorio quote di mercato equivalenti a quelle detenute a livello mondiale.

80

La Toshiba sostiene anche che, avendo ciascun mercato geografico le proprie peculiarità, il Tribunale è incorso in un errore nel dichiarare, al punto 288 della sentenza impugnata, che il metodo seguito era tale da tenere conto delle «eventuali barriere all’entrata che potevano esistere nei vari segmenti geografici del mercato mondiale».

81

La Commissione chiede il rigetto del presente motivo.

Giudizio della Corte

82

Con il suo quarto motivo, la Toshiba invoca sostanzialmente un’erronea interpretazione del punto 18 degli orientamenti del 2006, in quanto il Tribunale ha avvallato l’analisi della Commissione secondo cui, nella specie, «l’area geografica interessata (più ampia del SEE)» prevista da tale disposizione poteva estendersi non soltanto ai territori del SEE e del Giappone, ma anche di tutto il mondo.

83

Va rilevato, in primo luogo, che la Commissione ha adottato gli orientamenti del 2006 nell’ambito dell’applicazione delle ammende inflitte a norma dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003, al fine di garantire la trasparenza e oggettività delle sue decisioni. Tale disposizione mira, segnatamente, a garantire un carattere sufficientemente dissuasivo all’ammenda, che giustifichi la presa in considerazione della potenza economica dell’impresa interessata (sentenza Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 142). È infatti la ricerca di tale effetto dissuasivo sufficiente dell’ammenda, reiterato al punto 4 degli orientamenti del 2006, che giustifica la presa in considerazione della capacità finanziaria dell’impresa sanzionata (v., in tal senso, sentenze YKK e a./Commissione, C‑408/12 P, EU:C:2014:2153, punto 85, nonché Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 143).

84

Di conseguenza, la Commissione deve valutare, per ciascun caso di specie e alla luce del contesto nonché degli scopi perseguiti dal regime sanzionatorio introdotto dal regolamento n. 1/2003, le conseguenze che vuole produrre sull’impresa interessata, tenendo conto del fatturato che rifletta la reale situazione economica della stessa nel periodo in cui è stata commessa l’infrazione (v. sentenza Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 144).

85

In secondo luogo, va ricordato che il punto 13 degli orientamenti del 2006, riguardante le infrazioni la cui estensione geografica non supera quella del SEE, prevede che il valore delle vendite da utilizzare per determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere sia dato dal valore delle vendite di beni o servizi realizzati dall’impresa in relazione all’infrazione. Tale punto mira ad assumere quale base iniziale ai fini del calcolo dell’ammenda inflitta ad un’impresa un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione ed il peso relativo dell’impresa interessata nell’infrazione medesima (v., in tal senso, sentenza Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 148).

86

Del pari, il punto 18 degli orientamenti del 2006, quando deroga alla delimitazione dell’area geografica di cui al punto 13 degli stessi orientamenti, persegue l’obiettivo di riflettere nel modo più adeguato possibile il peso e la potenza economica dell’impresa di cui trattasi nell’infrazione, al fine di garantire all’ammenda un carattere sufficientemente dissuasivo.

87

Nel caso di specie, un’interpretazione della nozione di «area geografica interessata (più ampia del SEE)» che prendesse in considerazione unicamente i territori interessati dall’intesa illecita sarebbe in contrasto con l’obiettivo sancito al punto 18 degli orientamenti del 2006, così come d’altronde all’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003.

88

Invero, come fatto valere dalla Commissione nella sua comparsa di risposta, se fossero state prese in considerazione solo le vendite realizzate nel SEE, la Toshiba si sarebbe sottratta a qualsiasi ammenda, in quanto tale società non ha realizzato vendite nel SEE durante l’anno di riferimento prescelto dalla Commissione. Inoltre, anche se fossero state prese in considerazione le vendite in Giappone, un siffatto approccio non avrebbe tenuto conto del fatto che le parti del gentlemen’s agreement sono produttori di trasformatori di potenza attivi a livello mondiale. Infatti, come rilevato dal Tribunale al punto 275 della sentenza impugnata, «il risultato del gentlemen’s agreement era che il potenziale concorrenziale mondiale delle imprese interessate non era stato usato a vantaggio del mercato nel SEE». Di conseguenza, limitare il settore geografico interessato a questi due territori non avrebbe rispecchiato adeguatamente il peso dell’impresa nell’intesa e non avrebbe garantito il carattere dissuasivo dell’ammenda.

89

Va anche rilevato che, come fatto valere dall’avvocato generale al paragrafo 153 delle sue conclusioni, la presa in considerazione dei soli territori del Giappone e del SEE avrebbe condotto, in sostanza, a ricompensare i partecipanti al gentlemen’s agreement per aver rispettato i termini dell’intesa illecita, la quale prevedeva proprio che le parti dovessero astenersi da ogni vendita nel territorio dell’altro gruppo di imprese.

90

Alla luce di tali considerazioni, occorre concludere che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto approvando, ai punti 282 e 292 della sentenza impugnata, la metodologia di calcolo dell’importo di base delle ammende adottata nella specie dalla Commissione.

91

Tenuto conto di quanto precede, occorre respingere il quarto motivo.

92

Alla luce di tutte le considerazioni suesposte, occorre respingere integralmente l’impugnazione.

Sulle spese

93

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Toshiba, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese inerenti alla presente impugnazione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Toshiba Corporation è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 )   Lingua processuale: l’inglese.