CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 28 gennaio 2016 ( 1 )

Causa C‑613/14

James Elliott Construction Limited

contro

Irish Asphalt Limited

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court (Irlanda)]

«Articolo 267 TFUE — Competenza della Corte — Nozione di atto compiuto dalle istituzioni — Norma europea EN 13242:2002 pubblicata dal Comitato europeo di normalizzazione (CEN) in forza di un mandato della Commissione — Direttiva 89/106/CEE relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione — Recepimento della norma europea EN 13242:2002 nell’ordinamento nazionale — Aggregati da costruzione — Metodo e momento della prova della conformità di un prodotto alla suddetta norma — Marcatura “CE” — Direttiva 98/34/CE che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione — Ambito di applicazione — Invocabilità nell’ambito di una controversia tra privati»

Indice

 

I – Contesto normativo

 

A – Il diritto dell’Unione europea

 

1. Direttiva 89/106

 

2. Norma EN 13242:2002

 

3. Direttiva 98/34

 

B – Il diritto irlandese

 

II – Fatti e procedimento dinanzi al giudice nazionale

 

III – Analisi delle questioni pregiudiziali

 

A – Prima questione pregiudiziale, sub a): competenza della Corte di giustizia ad interpretare in via pregiudiziale le norme tecniche armonizzate

 

1. L’utilizzo di direttive del nuovo approccio non può compromettere la competenza pregiudiziale della Corte di giustizia

 

2. La Commissione esercita un controllo importante sulla procedura di elaborazione da parte del CEN delle norme tecniche armonizzate

 

3. Il funzionamento del CEN come organismo di normalizzazione è condizionato dall’Unione europea

 

B – Prima questione pregiudiziale, sub b): metodi di prova dell’osservanza della norma armonizzata EN 13242:2002

 

C – Terza questione pregiudiziale: la presunzione di idoneità all’uso dei prodotti conformi alla direttiva 89/106

 

D – Quarta questione pregiudiziale: il contenuto massimo di zolfo stabilito nella norma armonizzata EN 13242:2002

 

E – Quinta questione pregiudiziale: l’utilizzo della marcatura «CE»

 

F – Seconda questione pregiudiziale: l’applicazione della direttiva 98/34 e della giurisprudenza CIA Security International e Unilever

 

IV – Conclusione

«Articolo 267 TFUE — Competenza della Corte — Nozione di atto compiuto dalle istituzioni — Norma europea EN 13242:2002 pubblicata dal Comitato europeo di normalizzazione (CEN) in forza di un mandato della Commissione — Direttiva 89/106/CEE relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione — Recepimento della norma europea EN 13242:2002 nell’ordinamento nazionale — Aggregati da costruzione — Metodo e momento della prova della conformità di un prodotto alla suddetta norma — Marcatura “CE” — Direttiva 98/34/CE che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione — Ambito di applicazione — Invocabilità nell’ambito di una controversia tra privati»

1. 

La Supreme Court irlandese ha sottoposto alla Corte, in forza dell’articolo 267 TFUE, una questione pregiudiziale con cui le chiede di interpretare: a) taluni articoli della direttiva 89/106/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione ( 2 ), b) la norma europea armonizzata EN 13242:2002 (in prosieguo: la «norma EN 13242:2002»), adottata dal Comitato europeo di normalizzazione (in prosieguo: il «CEN») e c) la direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione ( 3 ).

2. 

Il rinvio pregiudiziale è stato effettuato nell’ambito di una controversia vertente su un inadempimento contrattuale tra l’impresa di costruzioni James Elliott Construction Limited (in prosieguo: la «James Elliott») e l’impresa Irish Asphalt Limited (in prosieguo: l’«Irish Asphalt»). Quest’ultima ha fornito alla prima aggregati del tipo Clause 804 asseritamente non conformi ai requisiti di qualità previsti dalla norma EN 13242:2002, sviluppata in Irlanda dalla National Standards Authority of Ireland (in prosieguo: la «NSAI») mediante la norma I.S. EN 13242:2002.

3. 

Nella presente causa viene sollevata dinanzi alla Corte, per la prima volta, in forma diretta, la questione se essa sia competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione di una norma tecnica armonizzata adottata dal CEN e successivamente convertita in norma tecnica nazionale, oltre a varie questioni di interpretazione relative al contenuto della norma armonizzata e la sua invocazione nell’ambito di controversie tra privati.

I – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione europea

4.

L’eliminazione degli ostacoli tecnici che rendevano più difficile la circolazione dei prodotti da costruzione nel mercato interno è stata realizzata attraverso una delle direttive che hanno applicato il «nuovo approccio» in materia di armonizzazione, nello specifico la direttiva 89/106, che stabilisce i requisiti fondamentali applicabili a tali prodotti. L’elaborazione delle specifiche tecniche per ciascuno di detti prodotti è stata affidata dalla Commissione al CEN, nella sua qualità di organismo europeo di normalizzazione. Per quanto riguarda gli aggregati, la Commissione ha conferito al CEN il mandato M/125, in esecuzione del quale esso ha approvato la norma EN 13242:2002 sugli «aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l’impiego in opere di ingegneria civile e nella costruzione di strade» ( 4 ).

5.

La direttiva 89/106 è stata in seguito abrogata e sostituita dal regolamento (UE) n. 305/2011 ( 5 ). Del pari, la norma EN 13242:2002 è stata successivamente modificata, nel 2007 ( 6 ), ma tali modifiche non sono applicabili al caso di specie.

6.

Affinché la Commissione potesse individuare i futuri ostacoli tecnici, la direttiva 83/189/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche ( 7 ) ha istituito una procedura di informazione in materia di regolamentazioni tecniche che consentiva di identificare gli ambiti da armonizzare mediante direttive del cosiddetto «nuovo approccio». La direttiva 83/189 è stata sostituita, dopo varie riforme, dalla direttiva 98/34, applicabile alla presente causa nella versione modificata dalla direttiva 94/48/CE ( 8 ). Recentemente, tale procedura per l’eliminazione degli ostacoli tecnici è stata modificata e codificata con la direttiva (UE) 2015/1535 ( 9 ).

1. Direttiva 89/106

7.

Al fine di sopprimere le barriere tecniche nel settore dei prodotti da costruzione e promuovere la libera circolazione di tali prodotti nel mercato interno, la direttiva 89/106 ha realizzato un’armonizzazione non esaustiva che seguiva il nuovo approccio previsto dalla Risoluzione del Consiglio del 7 maggio 1985 ( 10 ). Conformemente a tale approccio, l’articolo 3 della menzionata direttiva indica i requisiti essenziali applicabili alle opere e suscettibili di influenzare le caratteristiche tecniche di un prodotto, che sono enunciati nell’allegato I della direttiva (resistenza meccanica e stabilità; sicurezza in caso di incendio; igiene, salute e ambiente; sicurezza nell’impiego; protezione contro il rumore; risparmio energetico e ritenzione di calore).

8.

L’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva prevede, quale principale mezzo di prova del rispetto dei requisiti di sicurezza da parte dei prodotti da costruzione, la conformità degli stessi «alle relative norme nazionali in cui sono state trasposte le norme armonizzate, i cui estremi sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Gli Stati membri pubblicano gli estremi di tali norme nazionali». Siffatta conformità è indicata dalla marcatura «CE».

9.

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 89/106,

«(…)

Ai fini della presente direttiva per “norme armonizzate” si intendono le specificazioni tecniche adottate dal CEN o CENELEC o da entrambi su mandato della Commissione, conferito conformemente alla direttiva 83/189/CEE, sulla base di un parere formulato dal comitato permanente della costruzione, e secondo gli orientamenti generali riguardanti la cooperazione tra la Commissione e i due organi suddetti, firmati il 13 novembre 1984».

10.

Come si può vedere, la direttiva 89/106 realizza un’armonizzazione minima dei requisiti essenziali applicabili ai prodotti da costruzione e rinvia, per le specificazioni tecniche, ad ulteriori norme elaborate dagli organismi europei di normalizzazione. Per assicurare la qualità delle norme tecniche armonizzate, l’articolo 7 di tale direttiva prevede che detti organismi le elaborano in base ai mandati loro conferiti dalla Commissione conformemente alla direttiva 83/189. Le norme tecniche armonizzate sono pubblicate dalla Commissione nella serie C della Gazzetta ufficiale ( 11 ).

I prodotti da costruzione rispondenti alle norme tecniche armonizzate beneficiano di una presunzione di conformità alla direttiva 89/106, il cui articolo 6, paragrafo 1, garantisce la loro libera circolazione nel territorio di tutti gli Stati membri, a meno che sia applicabile la clausola di salvaguardia di cui all’articolo 21 ( 12 ).

2. Norma EN 13242:2002

11.

In applicazione dell’articolo 7 della direttiva 89/106, il 6 luglio 1998 la Commissione ha conferito al CEN il mandato M/125 affinché elaborasse una norma tecnica su un tipo di materiale da costruzione, vale a dire gli aggregati. In esecuzione di tale mandato, il CEN ha adottato la norma EN 13242:2002.

12.

Il mandato M/125 ( 13 ) conferisce al CEN l’incarico di adottare norme tecniche sugli aggregati da costruzione che consentano di ottenere l’idoneità all’uso cui essi sono destinati, secondo la definizione di tale espressione contenuta nella direttiva 89/106 ( 14 ).

13.

Il capitolo II, paragrafi 8 e 9 ( 15 ), e il capitolo III, paragrafo 2 ( 16 ), contengono le regole relative ai metodi di prova intesi a verificare il rispetto delle specificazioni tecniche della norma armonizzata. Ai sensi del capitolo III, paragrafo 1, di detto mandato, «devono essere redatte norme armonizzate in maniera da consentire che per i prodotti elencati negli allegati 1 e 2 possa essere dimostrata la conformità con i requisiti essenziali. Essendo l’eliminazione degli ostacoli agli scambi una delle finalità della direttiva, le norme da essa derivanti dovranno pertanto essere espresse, nella misura del possibile, in termini di requisiti di prestazione dei prodotti (articolo 7, paragrafo 2, della direttiva), tenendo conto dei documenti interpretativi».

14.

In esecuzione del mandato M/125, il CEN ha adottato la norma EN 13242:2002, il cui paragrafo 2, relativo ai «riferimenti normativi», contiene un rinvio ad altre norme tecniche del CEN ( 17 ) e il cui paragrafo 6, intitolato «Requisiti chimici», prevede quanto segue:

«6.1   Aspetti generali

La necessità di effettuare i test e di dichiarare tutte le proprietà indicate nel presente articolo dipende dall’uso finale o dall’origine dell’aggregato. Quando siano richiesti, devono essere effettuati i test indicati nell’articolo 6 per determinare le necessarie proprietà chimiche.

(…)

NOTA 2 – Quando non sia richiesta una proprietà, si utilizzerà una categoria “senza requisiti”.

NOTA 3 – La normativa nazionale del luogo in cui vengono utilizzati gli aggregati può comprendere orientamenti per la selezione delle categorie idonee per specifiche applicazioni.

(…)

6.3   Zolfo totale

Ove richiesto, il contenuto totale di zolfo dell’aggregato, determinato ai sensi del capitolo 11 della norma EN 1744-1:1998, sarà dichiarato secondo la corrispondente categoria specificata nella tabella 13.

Tabella 13Categorie dei valori massimi per il contenuto totale di zolfo

Image

(…)».

15.

Il capitolo ZA.1 dell’allegato ZA della suddetta norma indica che la medesima è stata elaborata in forza di un mandato conferito al CEN dalla Commissione in applicazione della direttiva 89/106 e che gli aggregati che la soddisfano beneficiano di una presunzione di idoneità all’uso ( 18 ).

16.

I riferimenti alla norma del CEN sono stati pubblicati nella serie C della Gazzetta ufficiale in data 27 marzo 2003 ( 19 ).

3. Direttiva 98/34

17.

La direttiva 98/34 ha codificato e sostituito il contenuto della direttiva 83/189, come modificata. In sostanza, la direttiva 98/34 istituisce una procedura volta ad evitare l’insorgenza di ostacoli tecnici nel mercato interno, complementare all’armonizzazione delle legislazioni. Essa configura un sistema di informazione per le norme tecniche elaborate dagli organismi nazionali di normalizzazione e un sistema per le regole tecniche adottate dalle autorità nazionali degli Stati membri.

18.

Con un linguaggio un po’ confuso, l’articolo 1 della direttiva 98/34 distingue tra «norma» e «regola tecnica» ( 20 ) in base al carattere facoltativo delle norme tecniche rispetto alla natura obbligatoria delle regole tecniche. Tale diversa natura trae origine dal fatto che le norme tecniche sono adottate da enti privati, vale a dire gli organismi di normalizzazione nazionali ed europei, mentre le regole tecniche costituiscono atti normativi delle autorità pubbliche nazionali. Tuttavia, l’interazione tra le regole tecniche e le norme tecniche è molto intensa nell’ambito del diritto dell’Unione europea, soprattutto a partire dall’adozione, nel 1985, del nuovo approccio in materia di armonizzazione delle legislazioni intesa a far evolvere il mercato interno.

19.

Qualche chiarimento è stato fornito con la separazione della normativa che disciplina le procedure di informazione sulle norme tecniche e le regole tecniche. Il regolamento (UE) 1025/2012 ( 21 ) contiene attualmente la normativa in materia di normazione europea e la direttiva 2015/1535 disciplina la procedura di informazione sulle regole tecniche.

20.

La procedura di informazione in materia di regole tecniche è disciplinata fondamentalmente dagli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34. L’articolo 8 impone agli Stati membri di comunicare alla Commissione i loro progetti di regole tecniche ( 22 ). L’articolo 9 fissa un termine di tre mesi in cui lo Stato notificante non può approvare definitivamente il progetto. Tale termine è aumentato se uno o più Stati emettono pareri circostanziati secondo cui il progetto di regola tecnica notificato può creare ostacoli alla libera circolazione delle merci, o se la Commissione decide di avviare l’elaborazione di una norma di armonizzazione.

B – Il diritto irlandese

21.

La NSAI, che è membro del CEN, ha ripreso in modo letterale la norma EN 13242:2002 nella norma tecnica irlandese I.S. EN 13242:2002.

22.

L’articolo 10 della legge del 1980 sulla vendita di beni e sulla fornitura di servizi (Sale of Goods and Supply of Services Act 1980; in prosieguo: la «legge del 1980») ha modificato l’articolo 14 della legge sulla vendita di beni (Sale of Goods Act) del 1893, riformulandola come segue:

«1.   Fatte salve le disposizioni contenute nella presente legge o in altre leggi pertinenti, non esiste alcuna garanzia o condizione implicita sulla qualità o sull’idoneità, per qualsivoglia specifico scopo, di beni forniti in virtù di un contratto di vendita.

2.   Qualora la vendita sia effettuata da un venditore che opera professionalmente, sussiste un presupposto implicito di qualità commerciale per i beni forniti in virtù del contratto, tranne:

a)

riguardo ai difetti specificamente resi noti all’acquirente prima del perfezionamento del contratto, oppure

b)

riguardo ai difetti che avrebbero dovuto emergere dall’esame dell’acquirente se è previsto che questi verifichi la merce prima di stipulare il contratto.

3.   I beni sono di qualità commerciale se risultano idonei allo scopo o agli scopi per cui beni di quel tipo vengono di norma acquistati e se sono durevoli, come è ragionevole supporre tenendo conto delle relative descrizioni, del prezzo (se pertinente) e di tutte le altre circostanze di rilievo e ogni riferimento, nella presente legge, a beni di qualità non commerciale dev’essere interpretato di conseguenza.

4.   Qualora la vendita sia effettuata da un venditore che opera professionalmente e l’acquirente, esplicitamente o implicitamente, informi il venditore di uno scopo specifico per cui i beni vengono acquistati, sussiste una condizione implicita in forza della quale i beni forniti in base al contratto sono ragionevolmente idonei a tale scopo, a prescindere dal fatto che detto scopo sia quello per cui tali beni vengono di norma forniti, salvo che le circostanze del caso indichino che l’acquirente non si basi sulle capacità o sul giudizio del venditore o che è irragionevole che vi si basi».

23.

Ai sensi dell’articolo 55 della legge del 1980, se un acquirente effettua acquisti in veste di consumatore, non possono escludersi i termini previsti dall’articolo 14. Tuttavia, qualora, come nel caso di specie, l’acquirente non sia un consumatore, le disposizioni dell’articolo 14 possono essere modificate o interamente escluse con accordo delle parti.

24.

Nel caso in esame, le parti contraenti non hanno modificato né escluso i termini dell’articolo 14, paragrafi 2 e 4, della legge del 1980, cosicché la High Court ha ritenuto che essi fossero impliciti nel contratto.

II – Fatti e procedimento dinanzi al giudice nazionale

25.

La James Elliott ha citato in giudizio l’Irish Asphalt per inadempimento di un contratto di fornitura di aggregati noti in Irlanda come Clause 804, un prodotto originariamente utilizzato nella costruzione di strade nonché come materiale di riempimento di elevata qualità per l’edilizia. La James Elliott aveva utilizzato tali aggregati per la costruzione del centro giovani a Ballymun, città di Dublino. Tra il 27 agosto e il 17 dicembre 2004 l’Irish Asphalt forniva i suddetti aggregati alla James Elliott per un costo complessivo di EUR 25000 più IVA.

26.

Terminati i lavori, iniziavano a comparire crepe nei pavimenti e sui muri, di entità tale da non consentire l’uso dell’edificio. La James Elliott riconosceva la propria responsabilità ed eseguiva i lavori di risanamento dell’edificio al costo di almeno EUR 1,55 milioni. La James Elliot, ritenendo che i danni fossero stati causati da un fenomeno noto come «rigonfiamento di pirite», originato, a suo parere, dalla presenza di pirite nell’aggregato Clause 804 fornitole dall’Irish Asphalt, chiedeva, invano, a detta impresa il risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale.

27.

Il 13 giugno 2008 la James Elliot promuoveva un’azione di risarcimento nei confronti dell’Irish Asphalt. Con sentenza del 25 maggio 2011, la High Court dichiarava che i danni erano dovuti al rigonfiamento di pirite, vista la presenza di pirite framboidale nell’aggregato fornito dall’Irish Asphalt.

28.

La High Court statuiva che il contratto tra le parti prevedeva la fornitura di aggregati Clause 804 conformi alle specifiche delle norme irlandesi sugli aggregati (I.S. EN 13242:2002), attuative della norma EN 13242:2002. Tenuto conto delle prove relative a una serie di saggi effettuati nel 2009 contestualmente alla rimozione dell’aggregato dall’edificio, ossia cinque anni dopo la fornitura e l’utilizzo nella costruzione dell’edificio, la High Court concludeva che il materiale non era conforme alla norma sotto una molteplicità di profili, in particolare quanto al contenuto di zolfo. Secondo detto giudice, l’Irish Asphalt aveva violato il contratto concluso con la James Elliot, in forza del quale, conformemente all’articolo 14, paragrafo 2, della legge del 1980, era tenuta a fornire un aggregato di qualità commerciale e idoneo allo scopo indicato al fornitore.

29.

L’Irish Asphalt impugnava la sentenza della High Court dinanzi alla Supreme Court, ma ammetteva nel corso del procedimento che i danni all’edificio erano stati causati dal rigonfiamento di pirite. Il 2 dicembre 2014 la Supreme Court si pronunciava sulle questioni di diritto nazionale, respingendo il ricorso e dichiarando che le conclusioni della High Court relative al contenuto di zolfo erano suffragate da prove e che i fatti da essa accertati erano fondati e non occorreva confutarli.

30.

Tuttavia, la Supreme Court non risolveva gli aspetti del ricorso relativi all’applicazione del diritto dell’Unione europea, in quanto nutriva dubbi sulla natura giuridica delle norme tecniche europee e sulla possibilità di invocarle nell’ambito di rapporti contrattuali tra privati, sull’interpretazione della norma EN 13242:2002 e sull’obbligo di notifica previa delle norme irlandesi sulla vendita di beni. Detto giudice decideva quindi di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

a)

Quando le condizioni di un contratto privato obbligano una parte a fornire un prodotto fabbricato conformemente a una norma nazionale, che a sua volta recepisce una norma europea emanata su mandato conferito dalla Commissione europea ai sensi delle disposizioni della direttiva sui prodotti da costruzione (89/106/CEE), se la Corte di giustizia dell’Unione europea possa essere adita in via pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE per l’interpretazione di detta norma.

b)

In caso di risposta affermativa alla questione sub a), se la norma EN 13242:2002 richieda che la sua osservanza o violazione sia dimostrata soltanto mediante prove di test ai sensi delle norme (non derivate da un mandato) adottate dal CEN (Comité Européen de Normalisation) e indicate nella norma EN 13242:2002, qualora i test siano eseguiti contestualmente alla produzione e/o alla fornitura; oppure se la violazione della norma (e, quindi, del contratto) possa essere dimostrata mediante prove di test eseguiti successivamente, quando i risultati di tali test dimostrino in maniera logica la violazione della norma.

2)

Se il giudice nazionale, investito di un ricorso di diritto privato per un inadempimento contrattuale che riguarda un prodotto fabbricato secondo una norma europea emanata su mandato conferito dalla Commissione europea ai sensi della direttiva sui prodotti da costruzione, debba disapplicare le disposizioni del diritto nazionale contenenti condizioni sulla qualità commerciale e sull’idoneità allo scopo o sulla qualità, in quanto tale normativa o la sua applicazione crea norme o impone specifiche tecniche o requisiti che non sono stati notificati conformemente alla direttiva 98/34/CE sulle norme tecniche.

3)

Se il giudice nazionale, investito di un ricorso per inadempimento di un contratto privato, che si afferma derivi dalla violazione di una condizione sulla commerciabilità o sull’idoneità all’uso (contemplata ex lege in un contratto fra le parti e non da esse modificata o disapplicata) con riferimento a un prodotto fabbricato conformemente alla norma EN 13242:2002, sia tenuto a presumere che il prodotto gode di qualità commerciale ed è idoneo allo scopo e, in tal caso, se tale presunzione possa essere confutata soltanto con la dimostrazione di non conformità alla norma EN 13242:2002 in base ai test e ai protocolli citati in tale norma e eseguiti contestualmente alla fornitura del prodotto.

4)

In caso di risposta affermativa alla prima questione sub a) e alla terza questione, se la norma EN 13242:2002 imponga un limite al contenuto totale di zolfo degli aggregati, di modo che, affinché sussista la presunzione di qualità commerciale o d’idoneità all’uso, tra le altre cose, detto limite deve essere rispettato.

5)

In caso di risposta affermativa alla prima questione sub a) e alla terza questione, se per poter invocare la presunzione creata dall’allegato ZA della norma EN 13242:2002 e/o dall’articolo 4 della direttiva 89/106/CEE sui prodotti da costruzione, costituisca un requisito necessario che la parte dimostri che il prodotto rechi la marcatura “CE”».

31.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata registrata presso la cancelleria della Corte il 30 dicembre 2014. Nella fase scritta del procedimento hanno presentato osservazioni la James Elliott, l’Irish Asphalt, la Commissione e il governo irlandese.

32.

All’udienza, tenutasi il 19 novembre 2015, sono comparsi e hanno svolto osservazioni orali i rappresentanti processuali della James Elliott, dell’Irish Asphalt, della Commissione e dell’Irlanda.

III – Analisi delle questioni pregiudiziali

33.

La ricevibilità delle questioni pregiudiziali poste dalla Supreme Court nel presente procedimento mi sembra evidente. Infatti, solo l’Irlanda ha sostenuto che la controversia tra la James Elliot e l’Irish Asphalt verta su una situazione o su un rapporto commerciale puramente interno (l’inadempimento di un contratto concluso tra due imprese irlandesi), circoscritta all’Irlanda, le cui conseguenze andrebbero definite in base alla legge irlandese, cosicché non sarebbe applicabile alcuna norma giuridica dell’Unione europea la cui validità o interpretazione sollevi dubbi.

34.

L’argomento del governo irlandese non può essere accolto. Ritengo infatti, al pari della Supreme Court, che per dirimere la controversia sia necessaria l’interpretazione della norma EN 13242:2002, adottata conformemente alle direttive 89/106 e 98/34 e incorporata nella norma tecnica irlandese I.S. EN 13242:2002. Il giudizio sull’eventuale inadempimento contrattuale spetta alla Supreme Court, ma la sua valutazione può essere condizionata dall’interpretazione del diritto dell’Unione, circostanza dinanzi alla quale la Corte si considera competente a rispondere in via pregiudiziale alle questioni che le vengono sottoposte dai giudici nazionali ( 23 ).

A – Prima questione pregiudiziale, sub a): competenza della Corte di giustizia ad interpretare in via pregiudiziale le norme tecniche armonizzate

35.

La Supreme Court chiede se la Corte sia competente, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ad interpretare in via pregiudiziale una norma tecnica armonizzata. La ricevibilità della questione pregiudiziale è indubbia, così come la sua rilevanza e utilità, a maggior ragione in quanto, fino ad ora, la Corte non ha avuto occasione di pronunciarsi direttamente su tale problema.

36.

La risposta richiede di esaminare se le norme armonizzate del CEN, adottate su mandato della Commissione e pubblicate nella serie C della Gazzetta ufficiale, possano essere qualificate come «atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione» agli effetti di sollevare questioni pregiudiziali di validità e di interpretazione.

37.

Nelle loro osservazioni, tanto la Commissione quanto l’Irish Asphalt affermano che la risposta a tale questione sarebbe già stata fornita dalla Corte nella causa Latchways e Eurosafe Solutions. Ritengo, al contrario, che in detta sentenza la Corte si sia limitata a dichiarare che le disposizioni della norma EN 795 relative ai dispositivi di ancoraggio della classe A1 non rientravano nell’ambito di applicazione della direttiva 89/686, perché non erano specificazioni tecniche armonizzate, dato che non erano state accettate dalla Commissione ed erano state espressamente escluse dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. La Corte ha dedotto da tale premessa che le suddette disposizioni non rientravano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e che, pertanto, essa non aveva competenza per procedere alla loro interpretazione ( 24 ).

38.

A mio avviso, dalla sentenza Latchways e Eurosafe Solutions non si può desumere, a contrario, che la Corte si sarebbe dichiarata competente sulla questione se la norma EN 795 fosse stata una norma tecnica armonizzata, ai sensi della direttiva 89/686 ( 25 ). Inoltre, in quell’occasione la Corte ha ritenuto di non doversi pronunciare sulla natura giuridica delle norme armonizzate ( 26 ), analisi che ritengo indispensabile per valutare se esse possano formare oggetto di questioni pregiudiziali.

39.

Secondo la Supreme Court, la sua prima questione dovrebbe ricevere una risposta negativa, poiché la norma nazionale che applica una norma europea elaborata dal CEN, in forza di un mandato conferito dalla Commissione ai sensi della direttiva 89/106, non costituirebbe un atto compiuto da un’istituzione, organo o organismo dell’Unione. La James Elliot e l’Irlanda sono dello stesso avviso e adducono sostanzialmente due motivi: da un lato, la natura privata del CEN e, dall’altro, la natura non vincolante delle norme tecniche armonizzate. Il CEN è un’associazione privata senza scopo di lucro disciplinata dal diritto belga e costituita dagli organismi di normalizzazione di 33 paesi europei, tutti parimenti soggetti privati, cosicché non può essere qualificata come istituzione, organo o organismo dell’Unione ( 27 ). La sua autonomia, secondo l’Irlanda, non sarebbe compromessa dal fatto che il CEN elabora norme tecniche su incarico della Commissione, giacché esso rimane libero di accettare o meno il mandato ( 28 ). Inoltre, l’osservanza delle norme tecniche armonizzate del CEN è sempre facoltativa e, secondo la James Elliott, si pregiudicherebbe la logica dell’armonizzazione delle legislazioni mediante direttive del nuovo approccio, qualora ne fosse giudiziarizzata l’applicazione.

40.

Tali argomenti non mi persuadono. Anticipo già che la mia risposta alla prima questione è affermativa e che la Corte deve dichiararsi competente a risolvere le questioni pregiudiziali di interpretazione concernenti norme tecniche armonizzate come quelle in discussione nel presente caso. Tali norme devono essere considerate «atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

41.

La mia opinione si fonda sui tre argomenti che esporrò in prosieguo: a) l’utilizzo di direttive del nuovo approccio non può compromettere la competenza pregiudiziale della Corte di giustizia; b) la Commissione esercita un controllo importante sulla procedura di elaborazione da parte del CEN delle norme tecniche armonizzate e c) il funzionamento del CEN in quanto organismo di normalizzazione dell’Unione europea è condizionato dagli atti di quest’ultima.

1. L’utilizzo di direttive del nuovo approccio non può compromettere la competenza pregiudiziale della Corte di giustizia

42.

La direttiva 89/106, che non realizza un’armonizzazione esaustiva e dettagliata delle specifiche tecniche dei prodotti da costruzione, tra cui si annoverano gli aggregati, ha un rapporto diretto con la norma EN 13242:2002. Detta direttiva stabilisce i requisiti minimi dei materiali da costruzione per garantire la sicurezza delle opere e rimette agli organismi europei di normalizzazione la successiva adozione delle norme contenenti le specificazioni tecniche dettagliate che rendono detti materiali conformi ai requisiti essenziali della direttiva. L’applicazione delle norme armonizzate è facoltativa e il produttore potrà sempre applicare specificazioni tecniche diverse per soddisfare detti requisiti. Tuttavia, i prodotti fabbricati nel rispetto delle norme armonizzate beneficiano della presunzione di conformità ai requisiti essenziali della direttiva 89/106 ( 29 ).

43.

Il legislatore dell’Unione ricorre al metodo del rinvio allo strumento della normalizzazione tecnica, frequente nei diritti nazionali e nel diritto internazionale, che l’Unione europea ha rafforzato, a partire dal 1985, per facilitare il completamento del mercato interno ( 30 ). Conformemente a tale metodo, la direttiva 89/106 contiene solo gli elementi essenziali della normativa armonizzata applicabile ai prodotti da costruzione e le norme del CEN sono un complemento necessario per consentire la libera circolazione di tali prodotti nel mercato interno.

44.

Se la Corte, come è ovvio, è competente ad interpretare in via pregiudiziale la direttiva 89/106 ( 31 ), deve parimenti poter rispondere a questioni pregiudiziali concernenti le norme tecniche armonizzate che integrano tale direttiva. Diversamente, l’armonizzazione dei prodotti da costruzione perderebbe la sua efficacia, potendosi adottare nei diversi Stati membri interpretazioni divergenti delle norme tecniche armonizzate (nel caso di specie, la norma EN 13242:2002).

45.

Il ricorso al «nuovo approccio» nelle direttive di armonizzazione non può comportare una limitazione della competenza della Corte ad interpretare in via pregiudiziale tutta la normativa armonizzata (vale a dire la direttiva e le norme armonizzate che la integrano) applicabile alla produzione e commercializzazione di un determinato bene. Se la competenza pregiudiziale si estende, attraverso una direttiva di armonizzazione completa, a tutte le norme armonizzate relative al prodotto in questione, lo stesso deve valere per le direttive del nuovo approccio, il cui utilizzo non può pregiudicare la competenza della Corte di giustizia.

2. La Commissione esercita un controllo importante sulla procedura di elaborazione da parte del CEN delle norme tecniche armonizzate

46.

La tecnica normativa del rinvio alla normalizzazione europea è disciplinata dal legislatore dell’Unione sia in generale sia specificamente in ciascuna direttiva nella quale vi si fa ricorso. La disciplina generale era contenuta inizialmente nella direttiva 83/189 e in seguito nella direttiva 98/34, recentemente sostituita dalla direttiva 2015/1535. Per quanto riguarda i prodotti da costruzione, la disciplina specifica figurava nella direttiva 89/106, in seguito sostituita dal regolamento n. 305/2011. Pertanto, non si tratta di una fattispecie di normalizzazione tecnica puramente privata, realizzata su iniziativa del CEN e priva di qualsiasi collegamento con il diritto dell’Unione. Al contrario, la Commissione esercita un controllo sulla procedura di elaborazione da parte del CEN delle norme tecniche armonizzate, articolato nei vari elementi che mi accingo ad esporre.

47.

In primo luogo, una norma tecnica armonizzata è sempre elaborata sulla base di un mandato conferito dalla Commissione al CEN. La norma EN 13242:2002 trae origine dal mandato M/125.

48.

Gli articoli 4, paragrafo 1, secondo comma, e 7, paragrafo 1, della direttiva 89/106 indicano che le norme armonizzate sono le specificazioni tecniche adottate dal CEN, dal Comitato europeo di normazione elettronica (in prosieguo: il «Cenelec») o da entrambi, «su mandato della Commissione, conferito conformemente alla direttiva 83/189/CEE, sulla base di un parere formulato dal comitato permanente della costruzione, e secondo gli orientamenti generali riguardanti la cooperazione tra la Commissione e i due organi suddetti, firmati il 13 novembre 1984». Pertanto, senza mandato non vi è norma armonizzata del CEN e detto mandato contiene i criteri fondamentali che devono presiedere all’elaborazione della norma tecnica armonizzata da parte di tale comitato.

49.

Senza il mandato M/125, dunque, il CEN non avrebbe adottato la norma EN 13242:2002. Benché esso elabori norme tecniche europee anche di propria iniziativa, queste ultime non sono norme armonizzate connesse a una direttiva e i prodotti che le rispettano non beneficiano della presunzione di conformità alla direttiva né della libera circolazione ( 32 ). Così accadeva, ad esempio, per la norma EN 795, oggetto della causa Latchways e Eurosafe Solutions ( 33 ), la cui mancanza di collegamento con il diritto dell’Unione ha indotto la Corte a dichiararsi incompetente ad interpretarla in via pregiudiziale.

50.

In secondo luogo, occorre che il riferimento alle norme tecniche armonizzate sia pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Lo impone l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 89/106 in quanto condizione perché tali norme possano produrre l’effetto principale loro attribuito dalla direttiva, ossia la presunzione secondo cui la loro osservanza implica la compatibilità con la medesima direttiva e garantisce la libera circolazione del prodotto all’interno dell’Unione.

51.

È vero che nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea compare solo il riferimento alla norma armonizzata, ma non il contenuto integrale della stessa. Le norme tecniche armonizzate del CEN sono redatte in inglese, francese e tedesco; gli organismi nazionali di normalizzazione che fanno parte del CEN le redigono nelle versioni nazionali e le vendono agli interessati. Tali organismi nazionali sono i titolari dei diritti di proprietà intellettuale sulle rispettive versioni nazionali della norma tecnica armonizzata e ricevono un corrispettivo per la loro diffusione, circostanza che ha dato luogo in alcuni Stati membri a una giurisprudenza variabile sulla necessità di pubblicare ufficialmente le norme tecniche nazionali quando esse siano richiamate dai legislatori ( 34 ). Ai fini del presente rinvio pregiudiziale, ritengo che non occorra approfondire l’importante questione se sia necessaria la pubblicazione ufficiale completa affinché le norme tecniche armonizzate producano effetti giuridici ( 35 ) e sia rispettato il principio di pubblicità delle norme. Tale condizione avrebbe un grande impatto sul sistema europeo di normalizzazione e in particolare sulla vendita delle norme tecniche armonizzate da parte degli organismi nazionali di normalizzazione.

52.

L’obbligo di pubblicare il riferimento della norma armonizzata nella Gazzetta ufficiale implica che la Commissione debba controllarne il contenuto per verificare se sia conforme al mandato conferito al CEN e alla direttiva. L’articolo 5 della direttiva 89/106 formulava tale obbligo in maniera un po’ confusa, ma l’articolo 10, paragrafo 6, del regolamento n. 1025/2012, così come l’articolo 17, paragrafo 5, del regolamento n. 305/2011, attualmente applicabile ai prodotti da costruzione, non lasciano adito a dubbi. La decisione di pubblicazione adottata dalla Commissione produce effetti giuridici ed è quindi un atto contro il quale può essere proposto ricorso di annullamento ( 36 ).

53.

In terzo luogo, la Commissione e gli Stati membri possono, in forza dell’articolo 5 della direttiva 89/106, formulare obiezioni alle norme tecniche del CEN qualora ritengano che non siano conformi alle disposizioni della direttiva o al mandato della Commissione. L’obiezione può ostare alla pubblicazione della norma armonizzata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o comportare il successivo ritiro di tale pubblicazione, qualora venga sollevata a posteriori. In questi casi, la norma tecnica del CEN non fa sorgere la presunzione di conformità di un prodotto alla direttiva.

54.

Tenuto conto delle differenze esistenti tra le direttive del nuovo approccio per quanto concerne la procedura di obiezione alle norme tecniche armonizzate, la materia è stata disciplinata in modo uniforme all’articolo 11 del regolamento n. 1025/2012 ( 37 ). Attualmente è previsto un controllo ex ante da parte della Commissione, preliminare alla pubblicazione. Le obiezioni formali possono essere presentate dagli Stati membri o dal Parlamento europeo, ma non dalla Commissione, il cui controllo sulla norma tecnica armonizzata è presupposto imprescindibile della pubblicazione del relativo riferimento. Al pari delle decisioni concernenti la pubblicazione delle norme tecniche armonizzate, le decisioni della Commissione sulle obiezioni formali a dette norme sollevate dagli Stati membri o dal Parlamento europeo sono atti giuridici contro i quali è possibile proporre ricorso di annullamento ( 38 ).

55.

Tanto la possibilità di obiezione formale da parte degli Stati membri e del Parlamento europeo quanto l’azione della Commissione preliminare alla pubblicazione delle norme tecniche armonizzate evidenziano che si tratta di un’ipotesi di delega normativa, «controllata», ad un organismo di normalizzazione privato ( 39 ).

3. Il funzionamento del CEN come organismo di normalizzazione è condizionato dall’Unione europea

56.

Come ho già rilevato, il CEN è un organismo di normalizzazione privato, soggetto al diritto belga e costituito dagli organismi nazionali degli Stati membri dell’Unione europea e dell’EFTA. La sua struttura e il suo funzionamento sono analoghi a quelli della maggior parte degli organismi di normalizzazione, con le peculiarità del suo carattere transnazionale ( 40 ). La natura privata emerge chiaramente quando il CEN elabora norme tecniche europee non armonizzate, ma il medesimo CEN adotta modalità operative differenti quando la sua attività è diretta all’adempimento dei mandati conferitile dalla Commissione per l’elaborazione di norme armonizzate.

57.

L’attività del CEN relativa alle norme tecniche armonizzate si basa sulla cooperazione con la Commissione, disciplinata da un accordo fondato su orientamenti generali, rinnovati periodicamente ( 41 ). In tali orientamenti si sottolinea l’importanza della normalizzazione per la politica europea e la libera circolazione di beni e servizi, nonché per il miglioramento della competitività dei produttori europei ( 42 ). Agli stessi fini vengono fissati taluni principi comuni che regolano i rapporti e la collaborazione fra tali soggetti, in base ai quali gli organismi di normalizzazione si impegnano ad elaborare le norme nella maniera più rispondente possibile agli interessi dell’Unione. La Commissione, dal suo canto, s’impegna a sostenere il lavoro di tali organismi e a parteciparvi.

58.

Inoltre, la Commissione fornisce sostegno finanziario al CEN ai fini della preparazione delle norme tecniche armonizzate. La decisione n. 1673/2006/CE ( 43 ) prevede che l’Unione europea partecipi al finanziamento della normalizzazione europea per garantire che le norme europee siano elaborate e rivedute a sostegno degli obiettivi, della legislazione e delle politiche dell’Unione. Il numero di norme armonizzate richiesto dalla Commissione al CEN e agli altri organismi è limitato e rappresenta una modesta percentuale rispetto al numero totale di norme elaborate. La maggior parte dei costi della normalizzazione è sostenuta dall’industria, cosicché il ricorso al CEN da parte dell’Unione europea rappresenta un’opzione «economicamente redditizia», essendo stata scartata l’ipotesi di istituire un’agenzia esecutiva per l’adozione delle norme tecniche richieste dalle direttive del nuovo approccio ( 44 ).

59.

La natura privata degli organismi di normalizzazione (nella fattispecie il CEN) non implica che la loro attività sia estranea al diritto dell’Unione europea. La Corte ha dichiarato nella sentenza Fra.bo ( 45 ) che l’articolo 34 TFUE si applica alle attività di normalizzazione e di certificazione di un ente privato se la legislazione nazionale considera conformi al diritto nazionale i prodotti certificati da tale ente e ostacola la commercializzazione di quelli non certificati dal medesimo.

60.

Se la Corte non ha esitato ad esaminare la compatibilità con il diritto dell’Unione (in particolare, con il divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative) delle attività di un ente nazionale di normalizzazione vincolate a una normativa nazionale, a fortiori essa deve essere competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla compatibilità con detto divieto delle norme tecniche armonizzate del CEN, nonché ad interpretare queste ultime e la direttiva che ad esse rinvia.

61.

Infine, la competenza della Corte ad interpretare questo tipo di norme tecniche si impone, a mio avviso, se si tiene conto della flessibilità dimostrata nelle risposte a questioni pregiudiziali concernenti vari atti produttivi di effetti giuridici e diversi da regolamenti, direttive e decisioni. Nella sentenza Grimaldi ( 46 ), ad esempio, di fronte a una raccomandazione adottata ai sensi del Trattato CEE, la Corte ha dichiarato che «l’[articolo] 177 attribuisce alla Corte la competenza a statuire, in via pregiudiziale, sulla validità e l’interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni della Comunità, senza alcuna eccezione» ( 47 ). La Corte ha recentemente adottato il medesimo approccio flessibile nella causa Gauweiler e a., in cui ha risposto in via pregiudiziale ai dubbi della Corte costituzionale tedesca sul programma OMT («Outright Monetary Transactions», operazioni definitive monetarie), che era un atto dai tratti atipici ( 48 ).

62.

In definitiva, ritengo che la norma EN 13242:2002, la quale trae origine dal mandato M/125 adottato dalla Commissione in applicazione delle direttive 89/106 e 98/34, produca effetti giuridici nel mercato interno e che la sua interpretazione spetti alla Corte di giustizia. In particolare, il rispetto della norma armonizzata da parte di un prodotto (aggregato da costruzione) fa sorgere la presunzione che tale prodotto risponda ai requisiti della direttiva 89/106, il che ne facilita la commercializzazione senza ostacoli nel mercato interno.

63.

Alla luce di tali argomenti, propongo alla Corte di rispondere come segue alla prima questione pregiudiziale, sub a): quando le condizioni di un contratto privato obbligano una parte a fornire un prodotto fabbricato conformemente a una norma tecnica nazionale, che recepisce una norma tecnica armonizzata adottata dal CEN su mandato conferito dalla Commissione, la Corte di giustizia è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione di detta norma tecnica armonizzata.

B – Prima questione pregiudiziale, sub b): metodi di prova dell’osservanza della norma armonizzata EN 13242:2002

64.

La Supreme Court intende sapere se la norma EN 13242:2002 richieda che la sua osservanza sia dimostrata: a) soltanto con le prove di conformità ivi indicate ed eseguite contestualmente alla produzione o alla fornitura del prodotto, o b) mediante prove eseguite successivamente, quando i risultati di tali prove dimostrino logicamente la violazione di detta norma.

65.

Secondo la Supreme Court, l’osservanza o la violazione della norma EN 13242:2002 può essere dimostrata relativamente al momento della produzione o della fornitura del prodotto, come pure nel corso del suo ragionevole ciclo di vita e ricorrendo a qualsiasi mezzo probatorio logico. La James Elliott, l’Irlanda e la Commissione sono dello stesso parere, mentre l’Irish Asphalt ritiene che la norma EN 13242:2002 ammetta soltanto la prova ivi indicata e solo contestualmente alla fabbricazione o alla fornitura del prodotto.

66.

Il mandato M/125 (paragrafo 9 del capitolo II) incaricava il CEN di inserire nella norma armonizzata il riferimento al metodo o ai metodi di prova per determinare le caratteristiche di un prodotto e la sua conformità alle specifiche tecniche della norma. Il capitolo III, paragrafo 2, indicava, nello stesso senso, che «[l]a norma armonizzata conterrà (…) i metodi (metodi di calcolo, di prova o altri) oppure un riferimento a una norma contenente i metodi per la determinazione di tali caratteristiche».

67.

La norma EN 13242:2002 indica al paragrafo 6 i metodi di prova necessari per la sua applicazione, rinviando a quelli previsti in diverse norme europee non armonizzate del CEN (nello specifico, le norme EN 1097‑2:1998, EN 1367‑2 ed EN 1744‑1:1998) ( 49 ). Si tratta, dunque, di un caso d’incorporazione mediante rinvio del contenuto di norme tecniche europee non armonizzate in una norma tecnica armonizzata. Tale prassi è abituale nella normalizzazione tecnica del settore delle costruzioni, poiché in tale contesto, più che le caratteristiche intrinseche di un materiale, rileva la determinazione di metodi di analisi dei suoi risultati per la sicurezza degli edifici ( 50 ).

68.

Senza che occorra esaminare in maniera più approfondita questo tipo di rinvii, mi sembra evidente che il ricorso ai metodi di prova, il cui utilizzo è facoltativo, renda più agevole dimostrare l’osservanza delle specifiche tecniche della norma armonizzata contestualmente alla commercializzazione o alla fornitura di un prodotto, il che consente di beneficiare della presunzione di conformità alla direttiva 89/106 e di sfruttare la libertà di circolazione. Tale prova potrebbe essere effettuata ricorrendo a un altro tipo di saggi tecnicamente validi, possibilità cui la norma EN 13242:2002 non pone limiti.

69.

Ritengo inoltre che un prodotto da costruzione (gli aggregati oggetto del presente procedimento) possa essere sottoposto a prove per dimostrare l’osservanza delle specifiche tecniche della norma EN 13242:2002 non solo contestualmente alla sua commercializzazione da parte del produttore, ma anche nel corso del ciclo economico di vita della merce. Ciò si evince dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 89/106, secondo cui i requisiti essenziali ivi stabiliti influenzano i prodotti e devono essere soddisfatti per «una durata di esercizio economicamente ragionevole».

70.

La clausola di salvaguardia di cui all’articolo 21 della direttiva 89/106 conduce al medesimo risultato, in quanto uno Stato può ritirare dal mercato il prodotto precedentemente dichiarato conforme a detta direttiva solo qualora accerti, mediante prove successive, che tale prodotto in realtà non soddisfa i requisiti essenziali di sicurezza stabiliti dalla menzionata direttiva. Se i test di conformità potessero essere effettuati solo al momento della prima commercializzazione, il produttore ne avrebbe il controllo pressoché assoluto, dato il costo economico che l’acquirente dovrebbe sopportare per sottoporre a tali prove i beni acquistati. La presunzione di conformità alla direttiva 89/106 passerebbe da iuris tantum a quasi irrefutabile, come rilevato dalla James Elliott nelle sue osservazioni.

71.

Pertanto, suggerisco di rispondere come segue alla prima questione pregiudiziale, sub b): la norma armonizzata EN 13242:2002 deve essere interpretata nel senso che consente di dimostrare l’inosservanza delle sue specificazioni tecniche con metodi di prova diversi da quelli ivi espressamente previsti, e che gli uni e gli altri possono essere utilizzati in qualsiasi momento del ciclo di vita economico del prodotto.

C – Terza questione pregiudiziale: la presunzione di idoneità all’uso dei prodotti conformi alla direttiva 89/106

72.

Con la terza questione, la Supreme Court intende sapere se la presunzione di idoneità all’uso, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 89/106, di un materiale da costruzione si imponga parimenti per determinare la qualità commerciale di tale prodotto, nel caso in cui quest’ultima sia disciplinata da una normativa nazionale di portata generale applicabile alla cessione di beni.

73.

Tutti partecipanti al procedimento, ad eccezione dell’Irish Asphalt, propongono per tale questione una risposta negativa, che condivido. La presunzione di idoneità all’uso, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 89/106, è valida nell’ambito di tale atto normativo dell’Unione europea e per la commercializzazione del prodotto nel mercato interno senza ostacoli tecnici. Logicamente, la Corte è competente ad interpretare tale presunzione e tutte le disposizioni della direttiva 89/106 che la riguardano. Tuttavia, detta presunzione non è estrapolabile e non può essere utilizzata per determinare la qualità commerciale di un prodotto da costruzione quando si tratti di applicare ai rapporti commerciali privati una normativa nazionale come quella che disciplina la vendita di beni in Irlanda.

74.

Non spetta alla Corte pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione delle leggi nazionali né, pertanto, sugli elementi per valutare la qualità commerciale delle merci secondo la legislazione nazionale sulla cui base i giudici devono statuire in ordine alle violazioni di contratti privati.

75.

Di conseguenza, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alla terza questione pregiudiziale: la presunzione di idoneità all’uso dei prodotti da costruzione prevista dalla direttiva 89/106 al fine di facilitarne la libera circolazione nel mercato interno non serve per valutare la loro qualità commerciale ai fini dell’applicazione di una legge nazionale che disciplina la cessione di beni.

D – Quarta questione pregiudiziale: il contenuto massimo di zolfo stabilito nella norma armonizzata EN 13242:2002

76.

Con la quarta questione, la Supreme Court intende sapere se la norma EN 13242:2002 imponga (o consenta di imporre) un limite al contenuto totale di zolfo degli aggregati, da rispettare per beneficiare della presunzione di idoneità all’uso.

77.

La risposta a tale questione è, in linea di principio, negativa. Il paragrafo 6, punto 3, della norma EN 13242:2002 impone di dichiarare il contenuto totale di zolfo degli aggregati, ma non fissa un limite massimo dell’1% per tale sostanza. La tabella 13, cui fa riferimento il paragrafo 6, punto 3, riguarda gli «[a]ggregati diversi dagli aggregati siderurgici di altoforno raffreddati all’aria» (gli aggregati in discussione nella presente causa) e contempla la possibilità che tali prodotti contengano meno dell’1% di zolfo oppure più dell’1% di zolfo. A mio avviso, tale disposizione non lascia adito a dubbi.

78.

Nel 2004 la NSAI ha pubblicato una guida sull’utilizzo dell’I.S. EN 13242:2002, in base alla terza nota del paragrafo 6, punto 1, della norma EN 13242:2002, che rinvia alle norme nazionali del luogo di impiego degli aggregati per gli usi specifici degli stessi. Detta guida prevede per gli aggregati un contenuto massimo di zolfo pari all’1%. Tuttavia, ritengo che la suddetta terza nota non autorizzi la fissazione di tale limite assoluto.

79.

A mio parere, la norma tecnica nazionale che traspone una norma tecnica armonizzata del CEN non può avere un contenuto contrastante con la medesima. Se la norma EN 13242:2002 non prevede un limite quantitativo massimo per lo zolfo presente negli aggregati, l’organismo di normalizzazione di uno Stato membro non può imporre un limite assoluto dell’1%. Siffatta imposizione comprometterebbe l’effetto utile della norma armonizzata, che potrebbe essere applicata in maniera differente nei diversi Stati membri, in spregio all’obiettivo della direttiva 89/106, ossia promuovere la libera circolazione dei prodotti da costruzione nel mercato interno. L’articolo 17, paragrafo 5, del regolamento n. 305/2011 lo afferma ora chiaramente: «le norme nazionali contrastanti sono ritirate e gli Stati membri pongono termine alla validità di tutte le disposizioni nazionali contrastanti».

80.

Conseguentemente, propongo di rispondere come segue alla quarta questione: la norma armonizzata EN 13242:2002 non impone un limite dell’1% al contenuto totale di zolfo degli aggregati e qualsiasi norma tecnica nazionale contraria deve essere disapplicata.

E – Quinta questione pregiudiziale: l’utilizzo della marcatura «CE »

81.

La Supreme Court chiede, inoltre, se sia necessario dimostrare che il prodotto reca la marcatura «CE» affinché il medesimo possa beneficiare della presunzione creata dall’allegato ZA della norma EN 13242:2002 o dall’articolo 4 della direttiva 89/106. Occorre quindi chiarire se la marcatura «CE» sia una condizione per applicare agli aggregati la presunzione di conformità alla direttiva 89/106 o se, al contrario, tale marcatura sia solo una prova del rispetto delle condizioni poste da detta direttiva.

82.

Contrariamente a quanto osservato dall’Irlanda e dalla James Elliott, ritengo che la marcatura «CE» costituisca solo un mezzo di prova del rispetto dei requisiti essenziali di cui alla direttiva 89/106, e non una condizione per dimostrarlo. A tenore dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 89/106, la marcatura «CE» attesta che un prodotto è conforme alle norme nazionali che traspongono le norme armonizzate ed è idoneo all’uso cui è destinato ( 51 ). Secondo il paragrafo 6 del medesimo articolo, la marcatura «CE» significa che i prodotti soddisfano i requisiti di cui all’articolo 4, paragrafi 2 e 4, e la relativa apposizione spetta al fabbricante o al suo mandatario, sebbene l’articolo 15 imponga agli Stati membri di vigilare sulla corretta utilizzazione della marcatura «CE» e consenta loro di vietarne l’uso quando si constati che essa è stata apposta indebitamente su un prodotto che non soddisfa, o non soddisfa più, i requisiti della direttiva 89/106. Infine, la Corte ha dichiarato che uno Stato membro non può esigere un marchio nazionale aggiuntivo per prodotti da costruzione che utilizzano e recano correttamente la marcatura «CE», adducendo che le norme armonizzate sono incomplete ( 52 ).

83.

La marcatura «CE» costituisce, dunque, una dichiarazione resa dalla persona fisica o giuridica responsabile della sua apposizione, secondo cui il prodotto è conforme alle disposizioni applicabili della direttiva 89/106 e della norma EN 13242:2002 ed è stato sottoposto alle pertinenti procedure di valutazione. Il fabbricante è responsabile in ultima istanza della conformità del prodotto alla direttiva e dell’apposizione della marcatura «CE» al termine della procedura di valutazione della sua conformità. Pertanto, la marcatura «CE» rappresenta solo un modo per rendere noto che gli aggregati rispondono ai requisiti della direttiva 89/106 e della norma EN 13242:2002, così da facilitarne la commercializzazione ( 53 ).

84.

Nella successiva normativa generale (non applicabile al caso di specie), la marcatura «CE» è stata rafforzata ed è divenuta l’unico mezzo per certificare la conformità del prodotto ai requisiti applicabili, che sono stabiliti dalla legislazione comunitaria di armonizzazione. Così prevedono l’articolo 30, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 765/2008, che stabilisce la definizione, il formato e i principi generali che disciplinano la marcatura «CE», e la decisione 768/2008 applicabile alle procedure di valutazione della conformità che precedono l’apposizione di tale marcatura ( 54 ). L’uso esclusivo della marcatura «CE» per i prodotti da costruzione è previsto anche all’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 305/2011.

85.

La giurisprudenza sinora elaborata dalla Corte sulla direttiva 89/106 avvalora l’interpretazione proposta in questa sede, dato che, secondo la sentenza Elenca ( 55 ), una normativa nazionale che vieta in maniera automatica ed assoluta la commercializzazione nel territorio nazionale di prodotti legalmente commercializzati in altri Stati membri, perché detti prodotti non recano la marcatura «CE», non è compatibile con il requisito di proporzionalità posto dal diritto dell’Unione. Tale sentenza esclude quindi che la marcatura «CE» abbia carattere sostanziale e le attribuisce natura probatoria.

86.

Pertanto, suggerisco di rispondere come segue alla quinta questione posta dal giudice del rinvio: la marcatura «CE» non costituisce un requisito, ma soltanto un mezzo di prova della conformità di un aggregato ai requisiti della direttiva 89/106 e della norma armonizzata EN 13242:2002.

F – Seconda questione pregiudiziale: l’applicazione della direttiva 98/34 e della giurisprudenza CIA Security International e Unilever

87.

La Supreme Court intende sapere se si debba escludere l’applicazione delle disposizioni del diritto nazionale contenenti condizioni sulla commerciabilità e sull’idoneità allo scopo o sulla qualità, perché si tratta di regole tecniche che non sono state notificate conformemente alla direttiva 98/34.

88.

Al pari di tutte le parti che hanno presentato osservazioni, ad eccezione dell’Irish Asphalt, ritengo che la risposta a tale questione si imponga con chiarezza. Una norma nazionale, quale l’articolo 14, paragrafo 2, della legge del 1893, come modificata nel 1980, in forza della quale i contratti sono soggetti – salvo esclusione per accordo delle parti – a una condizione implicita relativa alla qualità commerciale dei prodotti, non rientra nella definizione di regola tecnica ai sensi della direttiva 98/34. Pertanto, detta norma non è soggetta all’applicazione della giurisprudenza CIA Security International e Unilever ( 56 ) e, per lo stesso motivo, non ne è richiesta la previa notifica alla Commissione in fase di progetto.

89.

L’argomento dell’Irish Asphalt secondo cui la sentenza della High Court avrebbe dovuto essere notificata alla Commissione, in quanto conterrebbe una regola tecnica de facto, è priva di serio fondamento. Detta sentenza si limita ad applicare la legge irlandese ad un caso specifico, al solo scopo di dirimere una controversia tra società commerciali sulla base del contratto concluso tra le stesse, comprese le sue condizioni implicite.

90.

Secondo costante giurisprudenza della Corte, dall’articolo 1, punto 11, della direttiva 98/34 risulta che la nozione di «regola tecnica» è scomponibile in tre categorie, vale a dire, in primo luogo, la «specificazione tecnica» ai sensi dell’articolo 1, punto 3, della direttiva, in secondo luogo, l’«altro requisito», come definito dall’articolo 1, punto 4, di tale direttiva, e, in terzo luogo, il divieto di fabbricazione, importazione, commercializzazione o utilizzo di un prodotto di cui all’articolo 1, punto 11 ( 57 ). La normativa irlandese – e, a fortiori, la sentenza della High Court – non è un provvedimento legislativo che vieti la fabbricazione, importazione, commercializzazione o utilizzo di un prodotto.

91.

Neppure l’articolo 14, paragrafo 2, della legge nel 1893 (né, ribadisco, la sentenza che lo applica ad un contratto specifico) rientra nella nozione di «specificazione tecnica» di cui all’articolo 1, punto 3, della direttiva 98/34. Si intende come tale «un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili ad un prodotto per quanto riguarda la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l’imballaggio, la marchiatura e l’etichettatura e le procedure di valutazione della conformità».

92.

La Corte ha chiarito che la nozione di «specificazione tecnica» presuppone che la misura nazionale si riferisca necessariamente al prodotto o al suo imballaggio in quanto tali, e che definisca quindi una delle caratteristiche richieste di un prodotto ( 58 ). La normativa irlandese in esame non fa riferimento alle caratteristiche di un prodotto né al suo imballaggio o alla sua presentazione, dato che si limita ad indicare, in termini astratti, che nei rapporti contrattuali si presume che sia rispettata la qualità commerciale del prodotto venduto. Pertanto, detta normativa non riguarda nessun prodotto in particolare ed è applicabile in generale alla vendita di qualsiasi prodotto, sicché non rientra nella nozione di specificazione tecnica ai sensi della direttiva 98/34.

93.

Per analoghe ragioni, l’articolo 14, paragrafo 2, della legge del 1893 non può essere incluso tra gli «altri requisiti» ai sensi della direttiva 98/34, dato che non si tratta di «un requisito diverso da una specificazione tecnica, prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in particolare dei consumatori o dell’ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione, quali le sue condizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di eliminazione qualora tali condizioni possano influenzare in modo significativo la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione».

94.

Pertanto, suggerisco di rispondere come segue alla seconda questione pregiudiziale: una disposizione nazionale quale l’articolo 14, paragrafo 2, della legge irlandese del 1893 sulla vendita di beni, nella versione modificata nel 1980, non può essere considerata una «regola tecnica» ai sensi della direttiva 98/34 e non è soggetta all’applicazione della giurisprudenza CIA Security International e Unilever.

IV – Conclusione

95.

In base alle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Supreme Court:

1)

Quando le condizioni di un contratto privato obbligano una parte a fornire un prodotto fabbricato conformemente a una norma tecnica nazionale, che recepisce una norma tecnica armonizzata adottata dal CEN su mandato conferito dalla Commissione, la Corte di giustizia è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione di detta norma tecnica armonizzata.

2)

La norma armonizzata EN 13242:2002 deve essere interpretata nel senso che consente di dimostrare l’inosservanza delle sue specificazioni tecniche con metodi di prova diversi da quelli ivi espressamente previsti, e che gli uni e gli altri possono essere utilizzati in qualsiasi momento del ciclo di vita economico del prodotto.

3)

La presunzione di idoneità all’uso dei prodotti da costruzione prevista dalla direttiva 89/106 al fine di facilitarne la libera circolazione nel mercato interno non serve a valutare la loro qualità commerciale ai fini dell’applicazione di una legge nazionale che disciplina la cessione di beni.

4)

La norma armonizzata EN 13242:2002 non impone un limite dell’1% al contenuto totale di zolfo degli aggregati e qualsiasi norma tecnica nazionale contraria deve essere disapplicata.

5)

La marcatura «CE» non costituisce un requisito, ma soltanto un mezzo di prova della conformità di un aggregato ai requisiti della direttiva 89/106 e della norma armonizzata EN 13242:2002.

6)

Una disposizione nazionale quale l’articolo 14, paragrafo 2, della legge irlandese del 1893 sulla vendita di beni, nella versione modificata nel 1980, non può essere considerata una «regola tecnica» ai sensi della direttiva 98/34 e non è soggetta all’applicazione della giurisprudenza CIA Security International e Unilever.


( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

( 2 ) GU 1989, L 40, pag. 12.

( 3 ) GU 1998, L 204, pag. 37.

( 4 ) Nota relativa alla versione spagnola delle conclusioni.

( 5 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE del Consiglio (GU 2011, L 88, pag. 5).

( 6 ) EN 13242:2002 + A1:2007.

( 7 ) GU 1983, L 109, pag. 8.

( 8 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998, relativa ad una modifica della direttiva 98/34/CE che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU 1998, L 217, pag. 18).

( 9 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 2015, L 241, pag. 1).

( 10 ) GU C 136, pag. 1.

( 11 ) A tenore dell’articolo 7 della direttiva 89/106:

«1.   Per garantire la qualità delle norme armonizzate per i prodotti, tali norme sono elaborate dagli organismi europei di normalizzazione in base a mandati loro conferiti dalla Commissione conformemente alla procedura prevista nella direttiva 83/189/CEE e previa consultazione del comitato di cui all’articolo 19 conformemente alle disposizioni generali relative alla cooperazione tra la Commissione e detti organismi firmata il 13 novembre 1984.

2.   Le norme così stabilite devono essere espresse nella misura del possibile in termini di requisiti di prestazione dei prodotti tenendo conto dei documenti interpretativi.

3.   Quando le norme sono state elaborate dagli organismi europei di normalizzazione la Commissione ne pubblica gli estratti nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C».

( 12 ) La clausola di salvaguardia di cui all’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 89/106 prevede espressamente che «[s]e uno Stato membro constata che un prodotto dichiarato conforme alla presente direttiva non risponde requisiti di cui agli articoli 2 e 3, esso prende tutte le misure utili per ritirare i prodotti dal mercato o proibirne o limitarne la libera circolazione».

( 13 ) M/125: Mandate to CEN/CENELEC concerning the execution of standardisation work for harmonized standards on aggregates. Il testo completo non è disponibile in [italiano] ed esistono solo versioni in inglese, francese e tedesco sul sito Internet della Commissione relativo ai mandati di normalizzazione, al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/growth/tools-databases/mandates/index.cfm?fuseaction=search.detail&id= 249. Il suddetto mandato M/125 è stato modificato il 29 giugno 2010, M/125 rev.1 EN.

( 14 ) La premessa del mandato M/125 enuncia che «scopo del presente mandato è dettare le disposizioni per lo sviluppo e la qualità di norme armonizzate europee al fine, da un lato, di rendere possibile il “ravvicinamento” delle disposizioni nazionali legislative, regolamentari e amministrative (in prosieguo indicate come “normative”) e, dall’altro, di consentire che i prodotti a esse conformi siano ritenuti idonei all’impiego previsto, come definito nella direttiva».

( 15 ) Il capitolo II, paragrafi 8 e 9, di tale mandato prevede quanto segue:

«8.

I comitati tecnici del CEN sono tenuti a fornire una risposta tecnica per la determinazione delle caratteristiche del mandato, tenendo conto delle condizioni sotto illustrate; i metodi di prova suggeriti devono essere direttamente abbinati alle caratteristiche richieste senza richiamare metodi di determinazione per caratteristiche non previste dal mandato. I requisiti di durata vanno presi in considerazione nell’ambito dell’attuale stato dell’arte.

9.

Il riferimento a metodi di prova/calcolo dev’essere conforme alla auspicata armonizzazione. In generale, per la determinazione di ciascuna caratteristica occorrerebbe richiamare soltanto un metodo per un determinato prodotto o una famiglia di prodotti.

Tuttavia, qualora, per motivi giustificabili, a un prodotto o a una famiglia di prodotti si debba abbinare più di un metodo per la determinazione della medesima caratteristica, occorre motivare la situazione. In tale circostanza, tutti i metodi richiamati devono essere collegati dalla congiunzione “oppure”, fornendone un’indicazione sull’applicazione.

In ogni altro caso, due o più metodi di prova/calcolo per la determinazione di una caratteristica sono accettabili soltanto se fra essi esiste, o può essere introdotta, una correlazione. La pertinente norma armonizzata sul prodotto deve dunque individuarne uno quale metodo di riferimento.

Ove possibile, i metodi di prova e/o calcolo devono essere di tipo orizzontale, coprendo la gamma più ampia possibile di prodotti».

( 16 ) Al capitolo III, paragrafo 2, si dispone, in particolare, quanto segue:

«La norma armonizzata conterrà:

(…)

i metodi (metodi di calcolo, di prova o altri) oppure un riferimento a una norma contenente i metodi per la determinazione di tali caratteristiche».

( 17 ) Nello specifico: «La presente norma europea incorpora disposizioni di altre pubblicazioni mediante i relativi riferimenti, con o senza data. Detti riferimenti normativi sono menzionati nei punti pertinenti del testo della norma e sono di seguito riportati». Si tratta in particolare delle norme EN 1097‑2:1998 ‑ Prove per determinare le proprietà meccaniche e fisiche degli aggregati. Parte 2: Metodi di determinazione della resistenza alla frammentazione, EN 1367‑2 – Prove per determinare le proprietà termiche e di alterazione degli aggregati. Parte 2: Prova del solfato di magnesio, e EN 1744‑1:1998 – Prove per determinare le proprietà chimiche degli aggregati. Parte 1: Analisi chimiche.

( 18 ) Il capitolo ZA.1 dell’allegato ZA della norma EN 13242:2002 enuncia quanto segue:

«La norma europea nel presente allegato è stata preparata in ossequio a un mandato (…) conferito al CEN dalla Commissione europea e dalla European Free Trade Association.

Gli articoli della presente norma europea che figurano nel presente allegato soddisfano i requisiti del mandato conferito sulla base della direttiva sui prodotti da costruzione (89/106/CEE).

La conformità a tali articoli attribuisce presunzione di idoneità degli aggregati contemplati dalla presente norma europea agli usi indicati; occorre fare riferimento alle informazioni che accompagnano la marcatura CE».

( 19 ) GU C 75, pag. 8.

( 20 ) L’articolo 1 della direttiva 98/34, come modificato dalla direttiva 98/48, contiene le seguenti definizioni:

«(…)

3)

“specificazione tecnica”: una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l’imballaggio, la marcatura e l’etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità.

(…)

4)

“altro requisito”: un requisito diverso da una specificazione tecnica, prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in particolare dei consumatori o dell’ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione, quali le sue condizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di eliminazione qualora tali condizioni possano influenzare in modo significativo la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione;

(…)

6)

“norma”: una specificazione tecnica approvata da un organismo riconosciuto ad attività normativa, per applicazione ripetuta o continua, la cui osservazione non sia obbligatoria, e che appartenga ad una delle seguenti categorie:

norma internazionale: norma che è adottata da un’organizzazione internazionale di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico;

norma europea: norma che è adottata da un organismo europeo di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico;

norma nazionale: norma che è adottata da un organismo nazionale di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico;

(…).

11)

“regola tecnica”: una specificazione tecnica o altro requisito o una regola relativa ai servizi, comprese le disposizioni amministrative che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione, la prestazione di servizi, lo stabilimento di un fornitore di servizi o l’utilizzo degli stessi in uno Stato membro o in una parte importante di esso, nonché, fatte salve quelle di cui all’articolo 10, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che vietano la fabbricazione, l’importazione, la commercializzazione o l’utilizzo di un prodotto oppure la prestazione o l’utilizzo di un servizio o lo stabilimento come fornitore di servizi.

(…)».

( 21 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2012, L 316, pag. 12).

( 22 ) L’articolo 8 della direttiva 98/34 ha il seguente tenore letterale:

«1.   Fatto salvo l’articolo 10, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale [o] europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto.

(…)

La Commissione comunica senza indugio agli altri Stati membri il progetto di regola tecnica e tutti i documenti che le sono stati trasmessi. Essa può anche sottoporre il progetto al parere del comitato di cui all’articolo 5 e, se del caso, del comitato competente del settore in questione.

(…)

2.   La Commissione e gli Stati membri possono inviare allo Stato membro che ha presentato il progetto di regola tecnica osservazioni di cui lo Stato membro terrà conto, per quanto possibile, nella stesura definitiva della regola tecnica.

3.   Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione il testo definitivo della regola tecnica.

(…)».

( 23 ) V., a titolo d’esempio, sentenza Leur-Bloem (C‑28/95, EU:C:1997:369, punto 27).

( 24 ) C‑185/08, EU:C:2010:619, punto 36.

( 25 ) Direttiva 89/686/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi di protezione individuale (GU 1989, L 399, pag. 18).

( 26 ) C‑185/08, EU:C:2010:619, punto 35.

( 27 ) Ai sensi dell’articolo 1 del suo statuto, «Il est constitué une association internationale sans but lucratif (AISBL), avec le numéro d’entreprise 0415.455.651, régie par les lois coordonnées relatives aux associations sans but lucratif, aux associations internationales sans but lucratif et aux fondations». Il testo dello statuto del CEN, approvato dall’assemblea generale straordinaria del 22 luglio 2013, è disponibile in francese, inglese e tedesco. La versione francese può essere consultata al seguente indirizzo: ftp://ftp.cencenelec.eu/CEN/AboutUs/Statutes/Statuts_CEN_FR_20140213.pdf.

( 28 ) Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 , sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2012, L 316, pag. 12).

( 29 ) Per ulteriori dettagli, v. Commissione europea, Guida all’attuazione delle direttive fondate sul nuovo approccio e sull’approccio globale, 2000.

( 30 ) V., a tale riguardo, Álvarez García, V., Industria, Iustel, Madrid, 2010; Aubry, H., Brunet, A. e Peraldi Leneuf, F., La normalisation en France et dans l’Union européenne, Presses universitaires d’Aix-Marseille, 2012; Scheppel, H., The Constitution of Private Governance: Products Standards in the Regulation of Integrating Markets, Hart Publishing, Oxford, 2005.

( 31 ) V., inter alia, sentenze Commissione/Portogallo (C‑432/03, EU:C:2005:669); Commissione/Belgio (C‑227/06, EU:C:2008:160); Ascafor e Asidac (C‑484/10, EU:C:2012:113) e Elenca (C‑385/10, EU:C:2012:634).

( 32 ) Secondo i dati forniti dalla Commissione, la percentuale di norme armonizzate tra le norme tecniche europee adottate dal CEN, dal CENELEC e dall’European Telecommunications Standards Institute (in prosieguo: l’«ETSI») è aumentata dal 3,55% nel 1989 al 20% nel 2009 [SEC(2011) 671 final, pag. 6].

( 33 ) C‑185/08, EU:C:2010:619.

( 34 ) Il Bundesgerichtshof tedesco (BGH, 30 giugno 1983, GRUG 1984, pagg. 117‑119) e il Bundesverfassungsgericht (BVerfGE, 29 luglio 1998, ZUM 1998, pag. 926) hanno considerato che le norme tecniche dell’Istituto tedesco di normalizzazione (Deutsches Institut für Normung, «DIN») non erano protette da diritti di proprietà intellettuale e dovevano essere pubblicate. Lo Hoge Raad olandese (Hoge Raad, 22 giugno 2012, LNJ:BW0393) ha stabilito, nella causa Knooble, che le norme tecniche dell’Istituto di normalizzazione olandese (Nederlands Normalisatie Instituut, «NEN») erano protette da tali diritti e non era obbligatorio pubblicarle ufficialmente. V. l’analisi di Van Gestel, R. e Micklitz, H.-W., «European integration through standardization: How judicial review is breaking down the club house of private standardization bodies», Common Market Law Review, 2013, n. 1, pagg 145‑182.

( 35 ) Nella recente sentenza Balázs (C‑251/14 EU:C:2015:687, punto 54), la Corte ha interpretato l’articolo 1, punto 6, della direttiva 98/34 nel senso che esso non esige che una norma ai sensi di tale disposizione sia resa disponibile nella lingua ufficiale dello Stato membro di cui trattasi. In detta causa si trattava della norma ungherese MSZ EN 590:2009, sulla specifica del punto d’infiammabilità del combustibile diesel, che era diretta a trasporre la norma europea EN 590:2009 ed era stata resa obbligatoria nell’ordinamento ungherese in forza dell’articolo 110, paragrafo 13, della legge sulle accise. La norma nazionale MSZ EN 590:2009 non era disponibile in ungherese, ma solo in inglese.

( 36 ) L’articolo 10, paragrafo 6, del regolamento n. 1025/2012 enuncia che «[s]e una norma armonizzata soddisfa le prescrizioni cui intende riferirsi e che sono stabilite nella corrispondente legislazione dell’Unione in materia di armonizzazione, la Commissione pubblica senza indugio un riferimento di tale norma armonizzata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o tramite altri mezzi conformemente alle condizioni stabilite nell’atto corrispondente della legislazione dell’Unione in materia di armonizzazione». Nello stesso senso, l’articolo 17, paragrafo 5, del regolamento n. 305/2011 dispone chiaramente che «[l]a Commissione valuta la conformità delle norme armonizzate predisposte dagli organismi europei di normalizzazione ai pertinenti mandati. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’elenco dei riferimenti alle norme armonizzate conformi ai pertinenti mandati». V. Schepel, H., «The new approach to the New Approach: The juridification of harmonized standards in EU law», Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2013, n. 4, pag. 531.

( 37 ) L’articolo 11 del regolamento n. 1025/2012, relativo alle obiezioni formali alle norme armonizzate, prevede quanto segue:

«1.   Qualora uno Stato membro o il Parlamento europeo ritenga che una norma armonizzata non soddisfi completamente le prescrizioni cui intende riferirsi e che sono stabilite dalla pertinente legislazione dell’Unione in materia di armonizzazione, esso ne informa la Commissione fornendo una spiegazione dettagliata e la Commissione, previa consultazione del comitato istituito dalla corrispondente legislazione dell’Unione in materia di armonizzazione, laddove esista, o previe altre forme di consultazione di esperti del settore, decide di:

a)

pubblicare, di non pubblicare o di pubblicare con limitazioni i riferimenti alla norma armonizzata in questione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea;

b)

mantenere, di mantenere con limitazioni o di ritirare i riferimenti alla norma armonizzata in questione nella o dalla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

2.   La Commissione pubblica sul proprio sito web le informazioni relative alle norme armonizzate che sono state oggetto della decisione di cui al paragrafo 1.

3.   La Commissione informa l’organizzazione di normazione europea interessata della decisione di cui al paragrafo 1 e, all’occorrenza, richiede la revisione delle norme armonizzate in questione.

(…)».

( 38 ) V. ordinanza Schmoldt e a./Commissione (C‑342/04 P, EU:C:2005:562), che ha negato la legittimazione attiva dei ricorrenti in quella causa a chiedere l’annullamento della decisione 2003/312/CE della Commissione, del 9 aprile 2003, sulla pubblicazione dei riferimenti delle norme relative ai prodotti per l’isolamento termico, ai geotessili, agli impianti fissi di estinzione degli incendi e ai blocchi di gesso conformemente alla direttiva 89/106/CEE del Consiglio (GU 2003, L 114, pag. 50), con cui era stata respinta l’obiezione presentata dalla Repubblica federale di Germania, in forza dell’articolo 5, paragrafo 1 di detta direttiva, alle dieci norme del CEN sui prodotti per l’isolamento termico, recanti i numeri da EN 13162:2001 a EN 13171:2001.

( 39 ) In questa sede mi limiterò a menzionare i dubbi di alcuni autori sulla compatibilità con la giurisprudenza Meroni del ricorso, da parte del legislatore dell’Unione nelle direttive del nuovo approccio, ai metodi di rinvio a norme tecniche armonizzate. V. Hofmann, H.; Rowe, G. e Türk, A., Administrative Law and Policy of the European Union, Oxford University Press, 2011, pagg. 598‑600.

( 40 ) La maggior parte degli organismi di normalizzazione si conforma ai principi della normalizzazione stabiliti nell’allegato 3 dell’Accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi dell’OMC, che contiene il codice di procedura per l’elaborazione, l’adozione e l’applicazione di norme. Testo disponible [in spagnolo] all’indirizzo http://www.wto.org/spanish/docs_s/legal_s/17-tbt_s.htm#ann3. Gli articoli 2 e 5 dell’Accordo TBT e l’allegato 3 sono stati attuati con decisione del Comitato TBT sui principi per l’elaborazione di norme, guide e raccomandazioni internazionali in relazione agli articoli 2 e 5 e all’allegato 3 dell’accordo, G/TBT/9, 13 novembre 2000. Tali principi fondamentali sono: trasparenza, apertura, imparzialità e consenso, efficacia e pertinenza, coerenza.

( 41 ) Orientamenti generali per la cooperazione tra il CEN, il Cenelec e l’ETSI e la Commissione e l’Associazione europea di libero scambio ‑ 28 marzo 2003 (GU 2003, C 91, pag. 7). I primi orientamenti sono stati adottati il 13 novembre 1985.

( 42 ) V. il documento COM(2011) 311 def., contenente la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo intitolata «Una visione strategica per le norme europee: compiere passi avanti per favorire e accelerare la crescita sostenibile dell’economia europea entro il 2020».

( 43 ) Decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, relativa al finanziamento della normalizzazione europea (GU 2006, L 315, pag. 9). Tale decisione è stata abrogata e le sue disposizioni sono state incorporate negli articoli da 15 a 19 del regolamento n. 1025/2012.

( 44 ) Tale opzione è stata espressamente esclusa durante i lavori preparatori del regolamento n. 1025/2012. V. il documento SEC(2011) 671 final, pag. 24.

( 45 ) C‑171/11 (EU:C:2012:453, punto 32). In quel caso si trattava di un ente privato di normalizzazione tedesco che elaborava norme tecniche nei settori del gas e dell’acqua, secondo uno schema analogo a quello delle direttive del nuovo approccio. Infatti, l’organismo tedesco aveva elaborato la norma tecnica W534 e, secondo la legislazione tedesca, si presumeva che i prodotti relativi all’installazione, potenziamento, modifica e manutenzione di impianti gestiti dal cliente collegati alla rete idrica pubblica fossero conformi alle regole riconosciute della tecnica se rispettavano la suddetta norma tecnica W534. In tale contesto, le disposizioni dell’articolo 12, paragrafo 4, dell’AVBWasserV, stando a quanto riferito dal giudice del rinvio, rendevano pressoché impossibile la distribuzione in Germania di tubi e accessori per la fornitura di acqua potabile senza una corrispondente certificazione dell’organismo di normalizzazione DVGW, che attestava il rispetto della norma tecnica.

( 46 ) C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 8. V., nello stesso senso, sentenza Deutsche Shell, C‑188/91, EU:C:1993:24, punto 18.

( 47 ) La Corte ha così confermato, secondo l’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer, la propria competenza ad interpretare, in via pregiudiziale, gli atti della soft law adottati in base al Trattato, affermando che tali atti non sono privi di qualsiasi effetto giuridico e che pertanto i giudici nazionali sono tenuti a «prender[li] in considerazione» ai fini della soluzione delle controversie sottoposte al loro giudizio, in particolare quando sono di aiuto nell’interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire la loro attuazione o mirano a completare norme comunitarie aventi valore vincolante. V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa Lodato & C. (C‑415/07, EU:C:2008:658, paragrafo 34).

( 48 ) C‑62/14, EU:C:2015:400. V. anche conclusioni presentate dall’avvocato generale Cruz Villalón nella medesima causa (C‑62/14, EU:C:2015:7, paragrafi da 73 a 80).

( 49 ) Norme EN 1097‑2:1998, Prove per determinare le proprietà meccaniche e fisiche degli aggregati. Parte 2: Metodi per la determinazione della resistenza alla frammentazione; EN 1367‑2, Prove per determinare le proprietà termiche e di alterazione degli aggregati. Parte 2: Prova del solfato di magnesio, e EN 1744‑1:1998, Prove per determinare le proprietà chimiche degli aggregati. Parte 1: Analisi chimica.

( 50 ) Articolo 17, paragrafo 3, del regolamento n. 305/2011.

( 51 ) Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 89/106, la marcatura «CE» attesta inoltre la conformità di un prodotto ad un benestare tecnico europeo rilasciato conformemente alle disposizioni del capitolo III della medesima direttiva, nonché la conformità di un prodotto alle specificazioni tecniche nazionali notificate inizialmente alla Commissione in mancanza di norme armonizzate.

( 52 ) Sentenza Commissione/Germania (C‑100/13, EU:C:2014:2293, punto 63).

( 53 ) V. il documento della Commissione europea Guida blu relativa all’attuazione delle norme UE sui prodotti, del 17 luglio 2015, pagg. 55 e segg.

( 54 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93 (GU 2008, L 218, pag. 30), e decisione n. 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti e che abroga la decisione 93/465/CEE (GU 2008, L 218, pag. 82).

( 55 ) C‑385/10, EU:C:2012:634, punti 2829.

( 56 ) Sentenze CIA Security International (C‑194/94, EU:C:1996:172) e Unilever (C‑443/98, EU:C:2000:496).

( 57 ) V., in particolare, sentenze Lindberg (C‑267/03, EU:C:2005:246, punto 54) e Schwibbert (C‑20/05, EU:C:2007:652, punto 34).

( 58 ) V., in tal senso, sentenze Sapod Audic (C‑159/00, EU:C:2002:343, punto 30); Lindberg (C‑267/03, EU:C:2005:246, punto 57) e Schwibbert (C‑20/05, EU:C:2007:652, punto 35).