CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 16 aprile 2015 ( 1 )

Causa C‑184/14

A

contro

B

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia)]

«Interesse superiore del minore — Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea — Articolo 24, paragrafo 2 — Regolamento (CE) n. 4/2009 — Competenza giurisdizionale in materia di obbligazioni alimentari — Domanda relativa a un’obbligazione alimentare a favore di minori proposta, in via accessoria, nell’ambito di un giudizio di separazione, in uno Stato membro diverso da quello in cui i minori risiedono abitualmente — Regolamento (CE) n. 2201/2003 — Competenza in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale»

1. 

Per la prima volta la Corte è chiamata a interpretare l’articolo 3, lettere c) e d), del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari ( 2 ).

2. 

Tale disposizione prevede che è competente a pronunciarsi in materia di obbligazioni alimentari negli Stati membri l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un’azione relativa allo stato delle persone qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione oppure l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un’azione relativa alla responsabilità genitoriale qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione.

3. 

Nella causa sottoposta al nostro esame, la Corte suprema di cassazione chiede alla Corte se una domanda relativa al mantenimento dei figli minori presentata nell’ambito di un giudizio di separazione possa ritenersi accessoria sia all’azione relativa allo stato delle persone, sia a quella relativa alla responsabilità genitoriale. Tale possibilità avrebbe la conseguenza di fondare la competenza di due autorità giurisdizionali di Stati membri distinti, ossia il giudice italiano adito nell’ambito di un giudizio di separazione personale dei coniugi e il giudice inglese competente a conoscere della responsabilità genitoriale.

4. 

Nelle presenti conclusioni, esporrò i motivi per i quali ritengo che l’articolo 3 del regolamento n. 4/2009 debba essere interpretato nel senso che, in presenza di un’azione principale relativa a una separazione personale dei coniugi nell’ambito della quale sia stata presentata una domanda relativa alle obbligazioni alimentari nei confronti dei figli minori, il giudice adito nell’ambito del suddetto procedimento è, in linea di principio, competente a conoscere di tale domanda relativa alle obbligazioni alimentari. Tuttavia, si deve derogare a tale competenza di principio laddove prevalga l’interesse superiore del minore. Nel caso di specie, la presa in considerazione dell’interesse superiore del minore impone, pertanto, che la competenza territoriale sia determinata sulla base del criterio di vicinanza.

I – Contesto normativo

A – La Carta

5.

In virtù dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 3 ), «[i]n tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente».

B – Il regolamento n. 4/2009

6.

La questione delle obbligazioni alimentari non è affatto nuova nell’Unione europea in quanto già alla fine degli anni ’50 esistevano alcune convenzioni applicabili tra alcuni Stati fondatori dell’Unione ( 4 ). Successivamente, i negoziatori della convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 5 ) hanno auspicato che quest’ultima costituisse l’evoluzione di tali convenzioni ( 6 ). L’articolo 5, punto 2, della Convenzione di Bruxelles prevedeva che il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente potesse essere citato in un altro Stato contraente, in materia di obbligazione alimentare, dinanzi al giudice del luogo in cui il creditore di alimenti aveva il domicilio o la residenza abituale o, qualora si trattasse di una domanda accessoria ad un’azione relativa allo stato delle persone, dinanzi al giudice competente a conoscerne, secondo la legge nazionale, salvo il caso che tale competenza fosse fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti.

7.

Tale norma fu successivamente ripresa dal regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 7 ).

8.

Al fine di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l’Unione ha adottato, in particolare, strumenti nel settore della cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transfrontaliere. Essa ha quindi adottato il regolamento n. 4/2009 con l’obiettivo di facilitare l’ottenimento di una decisione in materia di crediti alimentari in un altro Stato membro, senza ulteriori formalità ( 8 ).

9.

Il considerando 44 del succitato regolamento indica che quest’ultimo è destinato a sostituire, in materia di obbligazioni alimentari, il regolamento n. 44/2001. Rispetto al regolamento n. 44/2001, il regolamento n. 4/2009 costituisce dunque una lex specialis.

10.

Il regolamento n. 4/2009 si applica, in forza del suo articolo 1, paragrafo 1, «alle obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità», e il suo considerando 11 precisa che la nozione di «obbligazione alimentare» dovrebbe essere interpretata in maniera autonoma.

11.

A tale scopo, il regolamento di cui trattasi istituisce un sistema di regole comuni, in particolare per quanto riguarda i conflitti di giurisdizione, stabilendo norme sulla competenza generale in materia di obbligazioni alimentari.

12.

L’articolo 3 del citato regolamento prevede infatti quanto segue:

«Sono competenti a pronunciarsi in materia di obbligazioni alimentari negli Stati membri:

a)

l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il convenuto risiede abitualmente; o

b)

l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il creditore risiede abitualmente; o

c)

l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un’azione relativa allo stato delle persone qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione, salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti; o

d)

l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro a conoscere di un’azione relativa alla responsabilità genitoriale qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione, salvo che tale competenza sia fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti».

13.

È utile, infine, precisare che il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, che non ha partecipato all’adozione del regolamento n. 4/2009, successivamente ne ha tuttavia accettato l’applicazione ( 9 ).

C – Il regolamento (CE) n. 2201/2003

14.

Il regolamento (CE) n. 2201/2003 ( 10 ) ha lo scopo di uniformare, all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, le regole di competenza giurisdizionale internazionale in materia di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio, nonché in materia di responsabilità genitoriale.

15.

Conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 2201/2003, esso non si applica alle obbligazioni alimentari.

16.

L’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del suddetto regolamento prevede che sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del «domicile» di entrambi i coniugi.

17.

Il considerando 12 del medesimo regolamento enuncia quanto segue:

«È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale».

18.

Pertanto, in virtù dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, «[l]e autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi».

II – Procedimento principale e questione pregiudiziale

19.

Il sig. A e la sig.ra B, entrambi di cittadinanza italiana, sono sposati e hanno due figli minori, anch’essi di cittadinanza italiana. I quattro membri di tale famiglia risiedono abitualmente a Londra (Regno Unito) e i figli vivono presso la madre.

20.

Con ricorso del 28 febbraio 2012, il sig. A ha chiesto al Tribunale di Milano di pronunciare la separazione nei confronti della moglie con addebito a quest’ultima e di disporre l’affidamento condiviso dei due figli con collocazione presso la madre. Il sig. A propone altresì di versare un assegno mensile di EUR 4000 per il mantenimento di questi ultimi.

21.

La sig.ra B ha presentato domanda riconvenzionale dinanzi al medesimo giudice al fine di ottenere la separazione dal sig. A con addebito esclusivo a carico di quest’ultimo, l’affidamento dei figli e la concessione di un assegno mensile a proprio favore di EUR 18700. La sig.ra B ha inoltre eccepito il difetto di competenza giurisdizionale del giudice italiano per quanto riguarda il regime di affidamento, collocazione, frequentazione e contributo al mantenimento dei minori, sostenendo infatti che, dal momento che i coniugi hanno sempre vissuto a Londra, dove pure sono nati e risiedono i figli, il giudice inglese è il giudice competente a conoscere di tali questioni, ai sensi del regolamento n. 2201/2003.

22.

Con ordinanza del 16 novembre 2012, il Tribunale di Milano ha statuito che il giudice italiano è effettivamente competente per quanto concerne l’istanza di separazione personale, in forza dell’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003. Tuttavia, in virtù dell’articolo 8, paragrafo 1, del citato regolamento, detto Tribunale ha riconosciuto la competenza giurisdizionale del giudice inglese per quanto concerne le domande relative alla responsabilità genitoriale sui due figli minori, dal momento che essi risiedono abitualmente a Londra.

23.

Per quanto attiene, più precisamente, alle domande relative al mantenimento dei coniugi e dei minori, il Tribunale di Milano ha fatto riferimento al regolamento n. 4/2009, e segnatamente all’articolo 3 del medesimo. Ha quindi ritenuto di essere competente a decidere sulla domanda di mantenimento formulata da parte e a vantaggio della sig.ra B, trattandosi di domanda accessoria all’azione relativa allo stato delle persone. Viceversa, si è dichiarato incompetente in ordine alla domanda relativa al mantenimento dei figli minori, ritenendo quest’ultima domanda accessoria non all’azione relativa allo stato delle persone, bensì a quella attinente alla responsabilità genitoriale, per la quale è competente il giudice inglese.

24.

Avverso la declinatoria di competenza del giudice italiano, il sig. A ha proposto ricorso dinanzi alla Corte suprema di cassazione sulla base di un unico motivo, secondo cui anche la competenza del giudice italiano in merito alla questione relativa al mantenimento dei figli minori può ritenersi accessoria all’azione di separazione personale, conformemente all’articolo 3, lettera c), del regolamento n. 4/2009.

25.

La Corte suprema di cassazione, nutrendo dubbi in merito all’interpretazione di detto regolamento, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«[S]e la domanda di mantenimento dei figli proposta nell’ambito di un giudizio di separazione personale dei coniugi, essendo accessoria a detta azione, possa essere decisa sia dal giudice del giudizio di separazione che da quello davanti al quale è pendente il giudizio attinente alla responsabilità genitoriale, sulla base del criterio della prevenzione, ovvero debba necessariamente essere delibata da quest’ultimo, risultando alternativi (nel senso che l’uno esclude necessariamente l’altro) i due distinti criteri indicati nelle lettere c) e d) del più volte citato articolo 3».

III – Analisi

26.

Con la sua questione, il giudice del rinvio, in sostanza, chiede alla Corte se l’articolo 3, lettere c) e d), del regolamento n. 4/2009 debba essere interpretato nel senso che il giudice competente a conoscere di una domanda relativa alle obbligazioni alimentari in favore di figli minori, proposta nell’ambito di un giudizio di separazione personale dei coniugi, possa essere sia il giudice competente a conoscere dell’azione relativa allo stato delle persone sia quello competente a conoscere dell’azione relativa alla responsabilità genitoriale.

27.

In realtà, la risposta alla questione posta presuppone la risoluzione dei punti seguenti. Innanzitutto occorre definire se, in presenza di figli conviventi, la questione della determinazione e ripartizione dell’obbligo di mantenimento che li riguarda sia inscindibile dal procedimento di separazione dei genitori. Occorre poi stabilire quali conseguenze trarre in ordine alla competenza dei giudici aditi nell’ambito di tale procedimento.

28.

La presa in considerazione della nozione di interesse superiore del minore mi sembra determinante ai fini della risposta che occorre fornire al giudice del rinvio. Del resto, è in base a tale principio fondamentale che ho scelto di riformulare la questione in modo tale da porre il minore al centro della problematica.

29.

È indiscutibile, infatti, alla luce tanto dei testi normativi quanto della giurisprudenza della Corte, che tale nozione permea necessariamente il diritto di famiglia dal momento che la controversia di cui al procedimento principale incide sulla situazione del minore.

30.

Colgo l’occasione per ricordare che l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, prevede che «[i]n tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente». Non si può contestare che la Carta sia, nel caso di specie, applicabile.

31.

La Corte ha, peraltro, avuto modo di ricordare ripetutamente tutta l’importanza di tale principio.

32.

Nella sentenza Rinau ( 11 ), essa ha infatti dichiarato che il regolamento n. 2201/2003 si basa sul concetto secondo cui l’interesse superiore del minore deve prevalere ( 12 ). Più recentemente, ha statuito che è necessario garantire la tutela dell’interesse superiore del minore nel determinare la residenza abituale di quest’ultimo ( 13 ).

33.

Occorre inoltre rilevare che la Corte vigila in modo particolare affinché l’interpretazione data alle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 siano conformi all’articolo 24 della Carta, segnatamente all’interesse superiore del minore. Infatti, nella sentenza Aguirre Zarraga ( 14 ), la Corte ha dichiarato che «poiché [detto] regolamento (…) non può essere contrario a[lla] Carta, occorre interpretare le disposizioni dell’articolo 42 del medesimo regolamento che attuano il diritto del minore di essere sentito alla luce dell’articolo 24 d[ella] Carta» ( 15 ).

34.

La Corte si spinge anche oltre nella sentenza McB. ( 16 ), andando a verificare se l’articolo 24 della Carta osti all’interpretazione da essa fornita al regolamento n. 2201/2003 ( 17 ). In detta sentenza, la Corte ha dichiarato che dal considerando 33 del citato regolamento risulta che quest’ultimo riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti dalla Carta e che mira, in particolare, a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del minore quali riconosciuti all’articolo 24 della medesima. Così, le disposizioni del detto regolamento non possono essere interpretate in modo tale da portare ad una violazione del diritto fondamentale del minore di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori, il rispetto del quale s’identifica innegabilmente con l’interesse superiore del minore ( 18 ). La Corte ne deduce che, ciò osservato, occorre verificare se l’articolo 24 della Carta, di cui la Corte assicura il rispetto, osti all’interpretazione del regolamento n. 2201/2003 quale esposta al punto 44 della citata sentenza ( 19 ).

35.

La constatazione che si deve trarre da tali considerazioni è inequivocabile. Nell’applicazione e nell’interpretazione dei testi di diritto dell’Unione, l’interesse superiore del minore deve essere il filo conduttore. Al riguardo, quanto affermato dal Comitato sui diritti dell’infanzia istituito presso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) appare particolarmente pertinente. Esso infatti rammenta che «[l’interesse superiore del minore] è un criterio, un obiettivo, una linea di condotta, una nozione-guida, che deve ispirare, improntare e permeare tutte le norme, le politiche e le decisioni interne, nonché gli stanziamenti di bilancio relativi ai minori» ( 20 ).

36.

La giurisprudenza elaborata a proposito del regolamento n. 2201/2003 è chiaramente applicabile in via analogica al regolamento n. 4/2009. Sarebbe incomprensibile che la valenza di tale principio, che si annovera tra i diritti fondamentali del minore, possa variare in funzione del settore del diritto di famiglia considerato, allorché, qualunque sia tale settore, il minore resta direttamente interessato.

37.

Tenuto conto di tali osservazioni, ritengo di poter fornire le seguenti precisazioni in risposta al primo punto enucleato riformulando la questione posta dalla Corte suprema di cassazione.

38.

Va qui esaminata l’interpretazione dell’articolo 3, lettera c), del regolamento n. 4/2009.

39.

Secondo la Commissione, il criterio di collegamento previsto dall’articolo 3, lettera d), del medesimo regolamento può riferirsi unicamente alle obbligazioni alimentari nei confronti dei figli minori, che sono chiaramente collegate alla responsabilità genitoriale, mentre il criterio di collegamento previsto dall’articolo 3, lettera c), del citato regolamento può solo riferirsi alle obbligazioni alimentari tra coniugi, e non anche alle obbligazioni alimentari relative ai figli minori.

40.

Non condivido tale analisi per le ragioni qui di seguito esposte.

41.

La struttura dell’articolo 3 del regolamento n. 4/2009 non mi sembra irrilevante. L’articolo 3, lettere a) e b), di detto regolamento prevede due criteri di competenza che disciplinano le situazioni in cui la domanda relativa alle obbligazioni alimentari costituisce l’azione principale. In tal caso, è la residenza abituale del convenuto oppure quella del creditore a fondare tale competenza.

42.

Gli altri due criteri di competenza previsti dall’articolo 3, lettere c) e d), del medesimo regolamento disciplinano, invece, le situazioni in cui la domanda relativa alle obbligazioni alimentari è accessoria, rispettivamente, a un’azione relativa allo stato delle persone o a un’azione relativa alla responsabilità genitoriale.

43.

È chiaro che la situazione di una persona celibe/nubile, coniugata, separata legalmente o divorziata riguarda lo stato delle persone e produce effetti nei confronti di terzi.

44.

È altresì chiaro che, con la separazione dei coniugi e la dissoluzione della famiglia in seguito alla rottura del vincolo matrimoniale o alla fine della vita comune, la questione della fissazione dell’assegno mensile per il mantenimento dei figli conviventi e della ripartizione del relativo onere si pone non solo in modo automatico in base al semplice buon senso, ma anche, e soprattutto, obbligatoriamente per questioni puramente giuridiche. Occorre ammettere con la forza dell’evidenza, salvo negare la realtà quotidiana delle azioni di questo tipo, che l’una, la fissazione dell’assegno mensile per il mantenimento dei figli e la ripartizione del relativo onere, è conseguenza automatica e naturale dell’altra, ossia l’azione di separazione. Il carattere accessorio, nel senso giuridico del termine, che lega la prima alla seconda mi sembra qui incontestabilmente dimostrato.

45.

Quali conseguenze occorre trarre da tale prima conclusione? Occorre ora esaminare il secondo punto risultante dalla riformulazione della citata questione.

46.

La presa in considerazione dell’interesse superiore del minore assume qui il suo valore di principio informatore.

47.

Ritengo, infatti, che qualsiasi soluzione che porterebbe a distinguere, da un lato, l’azione di separazione dei coniugi che sarebbe proposta dinanzi al giudice di uno Stato membro e, dall’altro, l’azione riguardante l’assegno mensile dei figli che sarebbe di competenza di un giudice di un altro Stato membro, sia totalmente contraria all’interesse del minore.

48.

A tal riguardo, è sufficiente considerare che, in base alla logica giuridica di tale sistema, il giudice competente per la questione dell’assegno mensile dovrebbe prima attendere l’esito definitivo del giudizio di separazione o divorzio. Ne deriverebbe inevitabilmente un tempo di latenza durante il quale la sorte dei minori sarebbe indefinita.

49.

Quand’anche il giudice investito della questione relativa al vincolo matrimoniale adottasse al riguardo misure da esso definite provvisorie, la soluzione di continuità tra le diverse fasi del procedimento produrrebbe comunque ritardi inaccettabili con riguardo ai summenzionati principi, in quanto imporrebbe misure di durata indeterminata decise in violazione del principio dell’interesse superiore del minore.

50.

Aggiungo, forse anche ad abundantiam, che tale situazione chiaramente pregiudizievole non si presenterebbe per quei minori i cui genitori continuino a risiedere nello Stato membro di cui sono cittadini. In altri termini, l’esercizio da parte dei genitori delle libertà di circolazione e stabilimento sarebbe all’origine di una situazione sfavorevole che non sussiste per i minori i cui genitori divorziati o legalmente separati non abbiano lasciato lo Stato membro di origine.

51.

S’impone, pertanto, l’esigenza di raggruppare presso un’unica istanza giurisdizionale la competenza a conoscere sia dell’azione principale iniziale di separazione, sia delle azioni accessorie fondamentali per il minore che ne derivano. Il punto è definire il giudice competente e, ancora una volta, deve essere il ricorso alla nozione di interesse superiore del minore a guidare la riflessione. L’idea più semplice e immediata sarebbe di ricondurre tutto alla competenza del giudice chiamato a pronunciarsi sull’azione di separazione dei genitori.

52.

Dietro alla sua semplicità, quest’idea nasconde una reale difficoltà. Ciò si ricollega, infatti, all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2201/2003, il quale lascia ai genitori un’opzione, in particolare quella di adire un giudice che è competente solo in base alla loro cittadinanza comune, come si è verificato nel caso di specie. Orbene, l’articolo 3, lettere c) e d), del regolamento n. 4/2009, esclude espressamente tale competenza, sia per la domanda relativa alle obbligazioni alimentari nell’ambito di un’azione relativa allo stato delle persone, sia per quella proposta nell’ambito di un’azione relativa alla responsabilità genitoriale.

53.

Siffatta constatazione sembra dunque porre in aperto conflitto questi due regolamenti, imponendo la soluzione che consiste nel separare le azioni e che abbiamo già descritto come improponibile.

54.

In realtà, la contraddizione è solo apparente. Infatti, il regolamento n. 2201/2003 non può essere sottratto all’efficacia vincolante della presa in considerazione dell’interesse superiore del minore. Al riguardo, è peraltro sufficiente riferirsi alla giurisprudenza della Corte richiamata ai paragrafi da 32 a 34 delle presenti conclusioni.

55.

A ciò si aggiunge il testo stesso del considerando 12 di tale regolamento, il quale, lo ricordo, dispone che «[è] opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel [detto] (…) regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale».

56.

È proprio di tale criterio di vicinanza che occorre tenere conto.

57.

È tale criterio, infatti, che permette di rendere compatibili in questo ambito i regolamenti n. 2201/2003 e n. 4/2009.

58.

Il criterio di vicinanza, in quanto strettamente legato all’interesse superiore del minore, impone di scegliere, ai fini di una competenza globale, il giudice del luogo di residenza dei minori. Ciò spiega perché, nell’ambito del regolamento n. 4/2009, la competenza fondata sulla sola cittadinanza dei genitori sia esclusa, che si tratti dell’assegno mensile o della responsabilità genitoriale, in quanto, in tal caso, il criterio di vicinanza sarebbe chiaramente escluso e con ciò disatteso l’interesse superiore del minore.

59.

Inoltre, e per gli stessi principi, tra i criteri di competenza enunciati all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003, questa volta, lo stesso criterio di vicinanza il cui carattere preminente è espresso nel considerando 12 di tale regolamento impone di adottare come criterio di competenza quello della residenza abituale dei coniugi. Noto peraltro come non sia irrilevante che il criterio della residenza abituale è il primo di quelli elencati all’articolo 3 del citato regolamento.

60.

È chiaro che tale criterio della residenza abituale dei coniugi designa il luogo in cui si trova la residenza familiare e, dunque, quella dei minori, prima della separazione.

61.

Viene così soddisfatto il requisito del criterio di vicinanza. Del resto, se sussistesse un dubbio riguardo alla compatibilità dei regolamenti n. 2201/2003 e n. 4/2009 su tale punto preciso, il carattere di lex specialis del regolamento n. 4/2009 sarebbe sufficiente a far propendere in favore di quest’ultimo nell’interpretazione qui proposta.

62.

In sintesi, mi pare dunque possibile descrivere la situazione che ne risulta nell’ambito del divorzio o della separazione personale di una coppia di coniugi in presenza di figli conviventi, ossia che la fissazione iniziale dell’assegno mensile e la ripartizione dell’onere del contributo dei genitori al mantenimento dei figli minori debbano essere evocate, come del resto, per analogia, le questioni relative alla potestà genitoriale, nell’ambito della proposta istanza di divorzio o separazione personale.

63.

Dato il carattere vincolante della presa in considerazione dell’interesse superiore del minore, la competenza del giudice chiamato a pronunciarsi in merito deve rispettare il criterio di vicinanza ad esclusione di ogni altro.

64.

Nel procedimento principale, l’interesse superiore del minore impone, pertanto, di negare la competenza dei giudici italiani in favore dei giudici dello Stato membro sul cui territorio i minori risiedono abitualmente, ossia i giudici inglesi, i quali, del resto, sono competenti a conoscere dell’azione relativa alla responsabilità genitoriale in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003.

65.

Ne discende certamente che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, la libertà di scelta del giudice competente ad opera delle parti è limitata. Tale circostanza non appare né sorprendente né in contrasto con i principi fondamentali in materia, essendo le parti in questione, di fatto, i genitori e considerato che questa limitazione nella possibilità di scelta è loro imposta in nome dell’interesse superiore del figlio/dei figli.

IV – Conclusione

66.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla questione sollevata dalla Corte suprema di cassazione nei termini seguenti:

1)

L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, deve essere interpretato nel senso che in presenza di un’azione principale relativa a una separazione personale dei coniugi nell’ambito della quale sia stata presentata una domanda relativa alle obbligazioni alimentari nei confronti dei figli minori, il giudice adito nell’ambito del suddetto procedimento è competente a conoscere della domanda relativa alle obbligazioni alimentari.

2)

La presa in considerazione dell’interesse superiore del minore impone, in tal caso, che la competenza territoriale sia determinata in base al criterio di vicinanza.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2009, L 7, pag. 1, e rettifica in GU 2011, L 131, pag. 26.

( 3 ) In prosieguo: la «Carta».

( 4 ) La convenzione di New York del 20 giugno 1956 sull’esazione delle prestazioni alimentari all’estero e la convenzione dell’Aja del 15 aprile 1958 concernente il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di obbligazioni alimentari verso i figli.

( 5 ) GU 1972, L 299, pag. 32. Convenzione come modificata dalle successive convenzioni relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»).

( 6 ) V. pagg. 24 e 25 della relazione sulla convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, del 27 settembre 1968, elaborata dal sig. P. Jenard. (GU 1979, C 59, pag. 1).

( 7 ) GU 2001, L 12, pag. 1. V. articolo 5, punto 2, del regolamento n. 44/2001.

( 8 ) V. considerando 9 del citato regolamento.

( 9 ) In proposito, v. la decisione 2009/451/CE della Commissione, dell’8 giugno 2009, sull’intenzione del Regno Unito di accettare il regolamento n. 4/2009 (GU L 149, pag. 73).

( 10 ) Regolamento del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1).

( 11 ) C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406.

( 12 ) Punto 51.

( 13 ) V. sentenza C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 56). V. anche, per la presa in considerazione dell’interesse superiore del minore, l’interpretazione data dalla Corte al regolamento n. 2201/2003 nelle sentenze A (C‑523/07, EU:C:2009:225); Detiček (C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810); Purrucker (C‑256/09, EU:C:2010:437), e Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829).

( 14 ) C‑491/10 PPU, EU:C:2010:828.

( 15 ) Punto 60 e giurisprudenza ivi citata. Il corsivo è mio.

( 16 ) C‑400/10 PPU, EU:C:2010:582.

( 17 ) V., al riguardo, Devers, A., «Les praticiens et le droit international privé européen de la famille», Revue Europe, n. 11, novembre 2013, étude 9, punti 22 e segg.

( 18 ) Punto 60.

( 19 ) Punto 61.

( 20 ) V. «Article 3: Intérêt supérieur de l’enfant», Revue Droit de la famille, n. 11, novembre 2006, dossier 16, riguardante l’articolo 3 della convenzione sui diritti del fanciullo conclusa a New York il 20 novembre 1989 e ratificata da tutti gli Stati membri. Detto articolo 3 prevede, al paragrafo 1, che «[i]n tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente».