Causa C‑441/07 P

Commissione europea

contro

Alrosa Company Ltd

«Impugnazione — Posizione dominante — Regolamento (CE) n. 1/2003 — Mercato mondiale dei diamanti grezzi — Impegni individuali assunti da una società e vertenti sulla cessazione dei suoi acquisti di diamanti grezzi da un’altra società — Decisione che rende obbligatori gli impegni individuali assunti da una società e che pone termine al procedimento»

Massime della sentenza

1.        Concorrenza — Procedimento amministrativo — Cessazione delle infrazioni — Potere della Commissione — Misure correttive e impegni — Rispetto del principio di proporzionalità — Sindacato giurisdizionale — Portata

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 7 e 9)

2.        Concorrenza — Procedimento amministrativo — Cessazione delle infrazioni — Potere della Commissione — Impegni — Discrezionalità — Rispetto del principio di proporzionalità — Sindacato giurisdizionale — Portata

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 9)

3.        Concorrenza — Procedimento amministrativo — Cessazione delle infrazioni — Potere della Commissione — Misure correttive e impegni — Nozione di parte interessata — Diritti delle parti interessate e dei terzi interessati

(Artt. 81CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 7, 9 e 27, n. 2)

1.        Gli artt. 7 e 9 del regolamento n. 1/2003 perseguono due obiettivi diversi che mirano, l’uno, a porre fine all’infrazione constatata e, l’altro, a rispondere alle preoccupazioni della Commissione risultanti dalla sua valutazione preliminare. Le caratteristiche specifiche dei meccanismi previsti da tali disposizioni e i mezzi di azione che offre tale regolamento in virtù di ciascuna di tali disposizioni sono diversi, il che implica che l’obbligo di garantire il rispetto del principio di proporzionalità, incombente alla Commissione, ha una portata e un contenuto diversi a seconda che esso sia considerato nel contesto dell’uno o dell’altro di tali articoli.

L’art. 7 del regolamento n. 1/2003 indica espressamente la portata del principio di proporzionalità nelle situazioni che rientrano nel suo ambito di applicazione. Infatti, ai sensi dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può imporre alle imprese interessate l’adozione di tutti i rimedi strutturali o comportamentali, proporzionati all’infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione.

Invece, l’art. 9 del regolamento n. 1/2003 prevede unicamente che, nell’ambito di un procedimento avviato in forza di tale disposizione, come emerge dal tredicesimo ‘considerando’ di detto regolamento, la Commissione è dispensata dall’obbligo di qualificare e di constatare l’infrazione, e il suo ruolo si limita al controllo, e all’eventuale accettazione, degli impegni proposti dalle imprese interessate, alla luce dei problemi che essa ha identificato nella sua valutazione preliminare e in considerazione degli scopi che essa persegue.

L’attuazione da parte della Commissione del principio di proporzionalità nel contesto dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 si limita alla verifica che gli impegni di cui trattasi rispondano alle preoccupazioni che essa ha reso note alle imprese interessate e che queste ultime non abbiano proposto impegni meno onerosi che rispondano in modo altrettanto adeguato a tali preoccupazioni. Nell’esercizio di tale verifica, la Commissione deve tuttavia prendere in considerazione gli interessi dei terzi.

Il sindacato giurisdizionale, da parte sua, riguarda unicamente la questione se la valutazione effettuata dalla Commissione sia manifestamente errata.

Pertanto, nulla impone che la misura che potrebbe eventualmente essere imposta nel contesto dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003 debba servire da riferimento ai fini della valutazione della portata degli impegni accettati in applicazione dell’art. 9 di tale regolamento e che si debba considerare automaticamente sproporzionato tutto quanto va oltre la citata misura. Quindi, anche se le decisioni adottate a titolo di tali due disposizioni sono assoggettate al principio di proporzionalità, l’applicazione di tale principio è tuttavia diversa a seconda che l’una o l’altra di tali disposizioni sia interessata.

Le imprese che propongono impegni in base all’art. 9 del regolamento n. 1/2003 accettano coscientemente che le loro concessioni possano eccedere quanto potrebbe imporre loro la Commissione stessa in una decisione che essa dovesse adottare conformemente all’art. 7 di tale regolamento a seguito di un’inchiesta approfondita. Per contro, la conclusione del procedimento d’infrazione avviato nei confronti di tali imprese consente loro di evitare la constatazione di una violazione del diritto della concorrenza e l’eventuale irrogazione di un’ammenda.

Inoltre, il fatto che gli impegni individuali proposti da un’impresa siano stati resi obbligatori dalla Commissione non implica che altre imprese siano private della possibilità di tutelare i propri eventuali diritti nell’ambito delle loro relazioni con tale impresa.

(v. punti 38-42, 46-49)

2.        Nell’ambito dell’accettazione di impegni a titolo dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003, la Commissione non è tenuta a cercare essa stessa alternative meno onerose o più moderate agli impegni sottopostile. L’unico obbligo ad essa incombente, relativamente alla proporzionalità degli impegni, è quello di verificare se questi ultimi siano sufficienti a rispondere alle preoccupazioni da essa identificate nell’ambito del procedimento.

Il Tribunale può dichiarare che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione unicamente qualora constati che la conclusione cui è pervenuta la Commissione è manifestamente infondata, alla luce degli elementi di fatto da essa stabiliti. Per contro, esaminando altre soluzioni meno onerose ai fini dell’applicazione del principio di proporzionalità, ivi compresi eventuali adeguamenti degli impegni proposti, esprimendo la sua valutazione divergente sull’idoneità degli impegni ad eliminare i problemi di concorrenza identificati dalla Commissione e concludendo che esistono soluzioni alternative meno onerose per le imprese interessate, il Tribunale presenta una propria valutazione di circostanze economiche complesse e sostituisce quindi la propria valutazione a quella della Commissione, violando in tal modo il margine discrezionale di quest’ultima, invece di verificare la legittimità della sua valutazione.

(v. punti 60-61, 63, 65-67)

3.        Un’impresa che si ritenga lesa da una decisione adottata in forza degli artt. 7 o 9 del regolamento n. 1/2003 è legittimata a tutelare i suoi diritti mediante un ricorso avverso tale decisione. Non ne consegue che una siffatta impresa acquisisca lo status di «parte interessata» ai sensi dell’art. 27, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

In una causa in cui la Commissione avvii due procedimenti, uno in applicazione dell’art. 81 CE, riguardante il comportamento di due imprese contraenti su un mercato, l’altro, in forza dell’art. 82 CE, relativo alle pratiche unilaterali di una di tali due imprese sul medesimo mercato, e qualora il procedimento avviato ai sensi dell’art. 82 CE conduca ad una decisione che rende obbligatori gli impegni proposti dall’impresa che detiene una posizione dominante, l’impresa che sia «interessata» unicamente dal procedimento avviato ai sensi dell’art. 81 CE non può avvalersi dei diritti procedurali riconosciuti alle parti nell’ambito del procedimento relativo agli impegni. Essa dispone solo dei diritti più limitati di un terzo interessato.

Solo se fosse dimostrato che la Commissione ha avviato, senza una ragione oggettiva, per una situazione di fatto unitaria due procedimenti separati, dovrebbero essere riconosciuti alla seconda impresa i diritti concessi ad un’impresa interessata nell’ambito del procedimento avviato ai sensi dell’art. 82 CE.

Peraltro, il fatto che la Commissione accetti gli impegni della prima impresa non dipende dalla posizione assunta dalla seconda impresa, o da qualsivoglia altra impresa, in relazione a tali impegni. Emerge, infatti, dall’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1/2003 che la Commissione dispone di un ampio margine discrezionale nel rendere obbligatoria una proposta di impegno o nel respingerla. La Commissione non è dunque tenuta a giustificare il suo rigetto degli impegni proposti congiuntamente dalle due imprese e a proporre alla seconda impresa di sottoporle nuovi impegni congiunti.

(v. punti 88-94)







SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

29 giugno 2010 (*)

«Impugnazione – Posizione dominante – Regolamento (CE) n. 1/2003– Mercato mondiale dei diamanti grezzi – Impegni individuali assunti da una società e vertenti sulla cessazione dei suoi acquisti di diamanti grezzi da un’altra società – Decisione che rende obbligatori gli impegni individuali assunti da una società e che pone termine al procedimento»

Nel procedimento C‑441/07 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 24 settembre 2007,

Commissione europea, rappresentata dai sigg. F. Castillo de la Torre e R. Sauer, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Alrosa Company Ltd, con sede in Mirny (Russia), rappresentata dai sigg. R. Subiotto, QC, e K. Jones, solicitors‑advocates, nonché dalla sig.ra S. Mobley, solicitor,

ricorrente in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J. N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dal sig. E. Levits e dalla sig.ra C. Toader, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, K. Schiemann (relatore), M. Ilešič e U. Lõhmus, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 giugno 2009,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 settembre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione la Commissione delle Comunità europee chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 11 luglio 2007, causa T‑170/06, Alrosa/Commissione (Racc. pag. II‑2601; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha annullato la decisione della Commissione 22 febbraio 2006, 2006/520/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 del Trattato CE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso COMP/B-2/38.381 — De Beers) (GU L 205, pag. 24; in prosieguo: la «decisione controversa»), che rende obbligatori gli impegni assunti dalla De Beers SA (in prosieguo: la «De Beers») di porre termine ai suoi acquisti di diamanti grezzi presso la Alrosa Company Ltd (in prosieguo: la «Alrosa») a partire dal 2009, a seguito di una fase progressiva di riduzione dei suoi volumi di acquisto dal 2006 al 2008 e che pone termine al procedimento, a norma dell’art. 9 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).

 Contesto normativo

2        Ai sensi del tredicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1/2003:

«Qualora, nel corso di un procedimento che potrebbe portare a vietare un accordo o pratica concordata, le imprese propongano alla Commissione degli impegni tali da rispondere alle sue preoccupazioni, la Commissione, mediante decisione, dovrebbe poter rendere detti impegni obbligatori per le imprese interessate. Le decisioni concernenti gli impegni dovrebbero accertare che l’intervento della Commissione non è più giustificato, senza giungere alla conclusione dell’eventuale sussistere o perdurare di un’infrazione. Le decisioni concernenti gli impegni non pregiudicano la facoltà delle autorità garanti della concorrenza e delle giurisdizioni degli Stati membri di procedere a detto accertamento e di prendere una decisione. Le decisioni concernenti gli impegni non sono opportune nei casi in cui la Commissione intende comminare un’ammenda».

3        L’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003 dispone quanto segue:

«Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 o all’articolo 82 del Trattato, può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. A tal fine può imporre loro l’adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali, proporzionati all’infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione stessa. I rimedi strutturali possono essere imposti solo quando non esiste un rimedio comportamentale parimenti efficace o quando un rimedio comportamentale parimenti efficace risulterebbe più oneroso, per l’impresa interessata, del rimedio strutturale. Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata».

4        Ai sensi dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003:

«1.      Qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un’infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni tali da rispondere alle preoccupazioni espresse loro dalla Commissione nella sua valutazione preliminare, la Commissione può, mediante decisione, rendere detti impegni obbligatori per le imprese. La decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e giunge alla conclusione che l’intervento della Commissione non è più giustificato.

2. La Commissione, su domanda o d’ufficio, può riaprire il procedimento: 

a)      se si modifica la situazione di fatto rispetto a un elemento su cui si fonda la decisione; 

b)      se le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti; oppure 

c)      se la decisione si basa su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete, inesatte o fuorvianti».

5        L’art. 27, nn. 2 e 4, del regolamento n. 1/2003 sancisce quanto segue:

«2.      Nel corso del procedimento sono pienamente garantiti i diritti di difesa delle parti interessate. Esse hanno diritto d’accesso al fascicolo della Commissione, fermo restando il legittimo interesse delle imprese alla tutela dei propri segreti aziendali. Sono esclusi dal diritto di accesso le informazioni riservate e i documenti interni della Commissione e delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Sono esclusi specificamente dal diritto di accesso gli scambi di corrispondenza fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o fra queste ultime, compresi i documenti redatti ai sensi degli articoli 11 e 14. Nessuna disposizione del presente paragrafo può impedire alla Commissione la divulgazione e l’utilizzo delle informazioni necessarie a dimostrare l’esistenza di un’infrazione. 

(…)

4.      La Commissione, qualora intenda adottare una decisione ai sensi degli articoli 9 o 10, pubblica un’esposizione sommaria dei fatti e il contenuto essenziale degli impegni o dell’azione proposta. I terzi interessati possono presentare le loro osservazioni entro un termine stabilito dalla Commissione all’atto della pubblicazione e che non può essere inferiore a un mese. La pubblicazione deve tener conto del legittimo interesse delle imprese alla protezione dei propri segreti aziendali».

 I fatti

6        I fatti all’origine della controversia sono stati esposti nei punti 8‑26 della sentenza impugnata nei seguenti termini:

«8      La [Alrosa] è una società con sede in Mirny (Russia). Opera, in particolare, sul mercato mondiale della produzione e della fornitura di diamanti grezzi, in cui si trova al secondo posto. È essenzialmente presente in Russia. Conduce ivi attività di esplorazione, estrazione, valutazione e fornitura, nonché un’attività di gioielleria.

9      La [De Beers] è una società con sede [a Lussemburgo (Lussemburgo)]. Il gruppo De Beers, di cui essa è la principale società holding, opera anch’esso sul mercato mondiale della produzione e della fornitura di diamanti grezzi, in cui si trova al primo posto. È essenzialmente presente in Sudafrica, nel Botswana, in Namibia e in Tanzania, nonché nel Regno Unito. Conduce ivi attività di esplorazione, estrazione, valutazione, fornitura, di commercio e di fabbricazione, nonché un’attività di gioielleria, estendendosi pertanto su tutta la filiera del diamante.

10      Il 5 marzo 2002 la Alrosa e la De Beers notificavano alla Commissione un accordo concluso il 17 dicembre 2001 tra la Alrosa e due consociate del gruppo De Beers, la City and West East Ltd e la De Beers Centenary AG (in prosieguo: l’«accordo notificato»), al fine di ottenere un’attestazione negativa o un’esenzione ai sensi del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli artt. [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204). 

11      Tale accordo, che si inseriva nell’ambito dei rapporti commerciali intercorrenti da lunga data tra la Alrosa e la De Beers, verteva essenzialmente sull’attività di fornitura di diamanti grezzi. 

12      Era stato concluso per un periodo di cinque anni che iniziava a decorrere, ai termini dell’art. 12 del medesimo, dalla data in cui la Commissione avrebbe confermato alle controparti contrattuali che esso “non violava l’art. 81, n. 1, CE, o richiedeva un’esenzione ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE, né violava altrimenti l’art. 82 CE”. 

13      Durante tale periodo la Alrosa si impegnava a vendere diamanti grezzi naturali prodotti in Russia alla De Beers per un importo di dollari americani (USD) 800 milioni all’anno, mentre la De Beers si impegnava ad acquistarli presso di lei come disposto all’art. 2.1.1 dell’accordo notificato. Tuttavia, per il quarto e il quinto anno di attuazione dell’accordo notificato, la Alrosa era autorizzata a ridurre tale importo a USD 700 milioni, come stipulato dall’art. 2.1.2 dell’accordo. L’importo di USD 800 milioni, fissato in funzione dei prezzi in vigore alla data della conclusione dell’accordo notificato, corrispondeva a circa la metà della produzione annua della Alrosa e alla totalità della sua produzione esportata al di fuori della Comunità degli Stati indipendenti (CSI). 

14      Il 14 gennaio 2003 la Commissione inviava una comunicazione degli addebiti alla [Alrosa] e alla De Beers con il numero di riferimento COMP/E‑3/38.381, con cui constatava che l’accordo notificato poteva costituire un accordo anticoncorrenziale vietato dall’art. 81, n. 1, CE e non poteva pertanto essere esentato ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE. Lo stesso giorno inviava una distinta comunicazione degli addebiti alla De Beers sotto il riferimento COMP/E‑2/38.381, nella quale affermava che l’accordo poteva costituire un abuso di posizione dominante vietato dall’art. 82 CE. 

15      Il 31 marzo 2003 la [Alrosa] e la De Beers presentavano alla Commissione osservazioni scritte comuni in risposta alla comunicazione degli addebiti emessa nel procedimento COMP/E‑3/38.381. 

16      Il 1° luglio 2003 la Commissione inviava una comunicazione degli addebiti complementare alla [Alrosa] e alla De Beers, con cui dichiarava che l’accordo notificato poteva altresì costituire un accordo anticoncorrenziale vietato dall’art. 53, n. 1, dell’accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) [2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’“accordo SEE”)] e non poteva pertanto essere esentato ai sensi dell’art. 53, n. 3, dell’accordo SEE. Lo stesso giorno inviava una comunicazione degli addebiti complementare distinta alla De Beers a tenore della quale l’accordo notificato poteva altresì costituire un abuso di posizione dominante vietato dall’art. 54 dell’accordo SEE.

17      Il 7 luglio 2003 la Commissione sentiva le osservazioni orali della [Alrosa] e della De Beers. 

18      Il 12 settembre 2003 la [Alrosa] proponeva di impegnarsi a ridurre progressivamente i quantitativi di diamanti grezzi venduti alla De Beers a decorrere dal sesto anno di attuazione dell’accordo notificato e, dal 2013, a non vendere ulteriormente diamanti grezzi alla De Beers. La [Alrosa] ritirava successivamente tali impegni. 

19      Il 14 dicembre 2004 la [Alrosa] e la De Beers presentavano congiuntamente impegni (in prosieguo: gli “impegni congiunti”) a riscontro delle preoccupazioni delle quali erano stat[e] informat[e] dalla Commissione. Tali impegni congiunti prevedevano la progressiva riduzione delle vendite di diamanti grezzi della Alrosa alla De Beers, il cui valore doveva passare da USD 700 milioni nel 2005 a USD 275 milioni nel 2010, e la successiva fissazione del loro limite massimo a tale livello. 

20      Il 3 giugno 2005 una “comunicazione (…) nel caso COMP/E‑2/38.381 – De Beers‑Alrosa” veniva pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU C 136, pag. 32; in prosieguo: la “comunicazione sommaria”). La Commissione ivi dichiarava di aver ricevuto impegni da parte della Alrosa e della De Beers nel corso del suo esame dell’accordo alla luce degli artt. 81 CE, 82 CE, 53 e 54 dell’accordo SEE (punto 1), riassumeva il caso (punti 3‑10) e descriveva gli impegni offerti (punti 11‑15). Invitava altresì i terzi interessati a presentarle osservazioni entro un mese (punti 2 e 17) e comunicava l’intenzione di adottare una decisione con la quale gli impegni congiunti venivano resi obbligatori, con riserva dell’esito di tale indagine di mercato (punti 2 e 16). 

21      In esito a tale pubblicazione, 21 terzi interessati presentavano osservazioni alla Commissione, la quale ne informava la Alrosa e la De Beers il 27 ottobre 2005. Nel corso di tale riunione, la Commissione invitava altresì le parti a sottoporle, entro la fine del mese di novembre 2005, nuovi impegni congiunti nel senso di una totale cessazione dei loro rapporti commerciali a decorrere dal 2009. 

22      Il 25 gennaio 2006 la De Beers presentava individualmente impegni (in prosieguo: gli “impegni individuali della De Beers”) a riscontro delle preoccupazioni espresse dalla Commissione alla luce dei risultati all’indagine di mercato. Gli impegni individuali della De Beers prevedevano la progressiva riduzione delle vendite di diamanti grezzi dalla Alrosa alla De Beers, il cui valore doveva passare da USD 600 milioni nel 2006 a USD 400 milioni nel 2008, nonché la loro successiva soppressione. 

23      Il 26 gennaio 2006, la Commissione comunicava alla [Alrosa] un estratto degli impegni individuali della De Beers e la invitava a presentare osservazioni. Le trasmetteva altresì una copia delle versioni non riservate dei commenti formulati dai terzi. 

24      Successivamente interveniva uno scambio di punti di vista tra la [Alrosa] e la Commissione in merito a taluni aspetti del procedimento disposto dall’art. 9 del regolamento n. 1/2003 e alle conseguenze che ne derivavano nel caso di specie. Erano principalmente in discussione la questione dell’accesso al fascicolo nonché la questione dei diritti della difesa, in particolare il diritto al contraddittorio. Inoltre, nella lettera 6 febbraio 2006, la [Alrosa] presentava commenti circa gli impegni individuali della De Beers e le osservazioni dei terzi. 

25      Il 22 febbraio 2006 la Commissione adottava la decisione [controversa].

26      Ai termini dell’art. 1 della decisione [controversa] “[g]li impregni enumerati nell’allegato sono vincolanti per la De Beers” e, a tenore dell’art. 2, “[i]l procedimento promosso nel presente caso è chiuso”».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

7        Il 29 giugno 2006 la Alrosa ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale. A sostegno del suo ricorso essa ha sollevato tre motivi riguardanti, rispettivamente:

–        la violazione del diritto al contraddittorio;

–        la violazione, nella decisione controversa, delle disposizioni dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 che vieta di imporre ad un’impresa interessata, per di più senza limite di durata, gli impegni da lei non volontariamente sottoscritti;

–        l’eccessiva gravosità degli impegni resi obbligatori, in violazione del citato art. 9, dell’art. 82 CE, della libertà contrattuale e del principio di proporzionalità.

8        Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha annullato la decisione controversa. Il ragionamento del Tribunale può essere riassunto come segue.

9        Al punto 126 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che «la [decisione controversa era] affetta da errore di valutazione, il quale [era] oltretutto manifesto. Dalle circostanze del caso di specie [risultava] infatti chiaramente che erano possibili altre soluzioni meno restrittive del divieto permanente di operazioni commerciali tra la De Beers e la Alrosa per conseguire lo scopo prefisso dalla [decisione controversa], che la loro determinazione non presentava difficoltà tecniche particolari e che la Commissione non poteva dispensarsi dall’esaminarle».

10      Al punto 128 della citata sentenza, il Tribunale ha rilevato che la soluzione più appropriata, prima facie, sarebbe stata pertanto quella di vietare alle parti di concludere qualsiasi accordo che consentisse alla De Beers di riservarsi la totalità, o anche una parte sostanziale, della produzione della Alrosa esportata fuori della Comunità degli Stati Indipendenti, senza che si rendesse necessario vietare qualsiasi acquisto da parte della De Beers di diamanti prodotti dalla Alrosa.

11      Al punto 129 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che la Commissione non aveva chiarito perché gli impegni congiunti non fossero idonei a rispondere alle preoccupazioni espresse nell’ambito della sua valutazione preliminare. Il Tribunale ha concluso, al punto 132 di tale sentenza, che i citati impegni congiunti, che la Commissione non aveva certo l’obbligo di prendere in considerazione, costituivano ciò nondimeno un rimedio meno oneroso di quello che essa aveva deciso di rendere obbligatorio.

12      Il Tribunale ha dichiarato, al punto 156 della sentenza impugnata, che la Alrosa aveva giustamente sostenuto, da un lato, che il divieto di qualsiasi operazione commerciale tra la De Beers ed essa stessa per una durata indeterminata eccedeva manifestamente quanto necessario per pervenire allo scopo prefisso e, dall’altro lato, che esistevano altre soluzioni, proporzionate a tale obiettivo. Esso ha aggiunto che il ricorso al procedimento che consente di rendere obbligatori impegni proposti da un’impresa interessata non dispensava la Commissione dall’applicazione del principio di proporzionalità, che presuppone una verifica in concreto della praticabilità di tali soluzioni intermedie. Di conseguenza, il Tribunale ha considerato, al punto 157 della citata sentenza, che il motivo della Alrosa vertente sulla violazione dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1/2003 e del principio di proporzionalità fosse fondato e che la decisione controversa dovesse essere annullata per quest’unico motivo.

13      Tuttavia, ad abundantiam, il Tribunale ha esaminato il motivo della Alrosa attinente alla violazione del diritto al contraddittorio.

14      Ai punti 176, 177, 186 e 187 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che, poiché la Alrosa era stata coinvolta nei due procedimenti avviati dalla Commissione a seguito della notifica del suo accordo con la De Beers e i procedimenti avviati dalla Commissione, rispettivamente, ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE sono stati sempre trattati de facto come un unico procedimento sia da parte della Commissione sia da parte della Alrosa e della De Beers, la connessione tra tali due procedimenti, nonché il fatto che la decisione controversa menzioni espressamente la Alrosa, avrebbe dovuto condurre a riconoscere a quest’ultima, per il procedimento considerato nel suo complesso, i diritti concessi ad un’«impresa interessata» ai sensi del regolamento n. 1/2003, benché essa non sia tale, stricto sensu, nel procedimento relativo all’art. 82 CE.

15      Il Tribunale ha rammentato, al punto 191 della sentenza impugnata, che il rispetto del diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo per una determinata persona costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento (sentenza 24 ottobre 1996, causa C‑32/95 P, Commissione/Lisrestal e a., Racc. pag. I‑5373, punto 21).

16      Dopo aver riconosciuto, al punto 195 della sentenza impugnata, che la Commissione era certo legittimata a ritenere, una volta ricevute le osservazioni dei terzi, che gli impegni congiunti non rispondessero alle preoccupazioni esposte nell’ambito della sua valutazione preliminare, il Tribunale si è pronunciato, al punto 196 di tale sentenza, nel senso che il rispetto del diritto al contraddittorio esige, in un caso come quello di specie, da un lato, che le imprese le quali abbiano proposto impegni vengano informate degli elementi essenziali di fatto sui quali la Commissione si è basata per esigere nuovi impegni e, dall’altro, che esse possano esprimersi a tal riguardo. Orbene, secondo il Tribunale, nel caso di specie la Alrosa ha ricevuto soltanto un’informazione sommaria circa le conclusioni che la Commissione traeva dalle osservazioni dei terzi. Il Tribunale ha, infatti, rilevato che, nel corso della riunione del 27 ottobre 2005, la Commissione l’aveva semplicemente informata del fatto che i commenti dei terzi avevano avuto ad oggetto essenzialmente il rischio di compartimentazione del mercato e il rischio di intese tra la De Beers e la Alrosa, e che il membro della Commissione incaricato della concorrenza aveva chiesto ai collaboratori incaricati della pratica di non accettare gli impegni congiunti tali e quali. Il Tribunale ha precisato che, nella stessa occasione, la Alrosa aveva ricevuto una sintesi delle osservazioni dei terzi ed era stata informata del tenore degli impegni che la Commissione si aspettava dalle parti a seguito del risultato negativo della consultazione dei terzi: la cessazione di ogni relazione a decorrere dal 2009 e una nuova proposta di impegni su tale base.

17       Il Tribunale ha concluso, al punto 201 della sentenza impugnata, che la Alrosa, non avendo beneficiato della possibilità di esercitare pienamente il suo diritto al contraddittorio in merito agli impegni individuali della De Beers, a causa del fatto che le osservazioni dei terzi le erano state trasmesse contemporaneamente all’estratto degli impegni individuali di quest’ultima, era stata posta così nell’impossibilità di rispondervi utilmente e di proporre nuovi impegni congiunti con la De Beers.

18      Il Tribunale ha considerato, al punto 203 della citata sentenza, che la Alrosa disponeva, in circostanze come quelle del caso di specie, del diritto di essere sentita sugli impegni individuali della De Beers che la Commissione intendeva rendere obbligatori nell’ambito del procedimento avviato ai sensi dell’art. 82 CE e che essa non aveva fruito della possibilità di esercitare pienamente tale diritto.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

19      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        pronunciarsi definitivamente nel merito della presente causa respingendo in quanto infondato il ricorso di annullamento proposto nella causa T‑170/06, e

–        condannare la Alrosa alle spese da essa sostenute nel procedimento relativo alla causa T‑170/06 e nella presente impugnazione.

20      La Alrosa chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Commissione ai costi e alle spese, in particolare quelle giudiziarie, da essa sostenute a titolo della presente istanza, e

–        adottare tutti gli altri provvedimenti che la Corte ritenga opportuni.

 Sull’impugnazione

21      A sostegno della sua impugnazione la Commissione deduce due motivi. Il primo si riferisce alla violazione da parte del Tribunale dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 e del principio di proporzionalità. Il secondo si riferisce all’erronea interpretazione e all’applicazione da parte del Tribunale del diritto al contraddittorio.

 Sul primo motivo, attinente alla violazione da parte del Tribunale dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 e del principio di proporzionalità

22      Il primo motivo della Commissione comprende due parti. Nella prima parte, la Commissione sostiene che il Tribunale ha erroneamente interpretato e applicato l’art. 9 del regolamento n. 1/2003 e non ha tenuto conto dei criteri relativi al rispetto del principio di proporzionalità derivanti da tale disposizione.

23      Nella seconda parte del primo motivo, la Commissione addebita al Tribunale di avere erroneamente applicato, nell’accertare se gli impegni fossero proporzionati, il citato art. 9, di aver commesso un errore nell’interpretazione dell’art. 82 CE, di avere trascurato la reale portata del controllo giurisdizionale, di avere snaturato il contenuto della decisione controversa nonché i fatti, e di non avere sufficientemente motivato la sentenza impugnata in diversi punti.

 Sulla prima parte del primo motivo, attinente all’interpretazione errata fornita dal Tribunale dei criteri relativi al rispetto del principio di proporzionalità che derivano dall’art. 9 del regolamento n. 1/2003

–       Argomenti delle parti

24      In via principale, la Commissione sostiene che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha sottovalutato l’importanza delle caratteristiche essenziali delle decisioni di applicazione dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 e ha compromesso la futura applicazione di tale disposizione.

25      Pur ammettendo che il principio di proporzionalità si applica alle decisioni di applicazione dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003, la Commissione contesta la posizione del Tribunale, espressa nei punti 101 e 104 della sentenza impugnata, secondo la quale, sostanzialmente, il controllo della proporzionalità di una decisione è identico, sia se effettuato a titolo dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003 sia se svolto nel contesto dell’art. 9 di tale regolamento. Un siffatto approccio violerebbe le differenze fondamentali che sussistono tra tali due disposizioni. Infatti, diversamente dalle decisioni di applicazione dell’art. 7 del citato regolamento, le decisioni relative agli impegni assunti in forza dell’art. 9 di quest’ultimo non constaterebbero un’infrazione né dichiarerebbero la cessazione di un’infrazione. Il citato art. 9 non si limiterebbe dunque ad una riduzione dell’onere della prova relativamente alla constatazione di un’infrazione.

26      La Commissione addebita al Tribunale di aver esaminato, nella sentenza impugnata, il contenuto normativo del principio di proporzionalità in riferimento al modo in cui esso è applicato nell’ambito delle decisioni adottate in forza dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003, come se l’esercizio di ponderazione da effettuare fosse lo stesso indipendentemente dal contesto normativo. Una siffatta interpretazione del principio di proporzionalità priverebbe l’art. 9 del regolamento n. 1/2003 del suo effetto utile.

27      Inoltre, la Commissione addebita al Tribunale di aver considerato, ai punti 103‑105 della sentenza impugnata, che il controllo della proporzionalità degli impegni doveva prescindere dalla volontarietà di questi ultimi. Essa ritiene che l’art. 9 del regolamento n. 1/2003 debba, come minimo, essere interpretato nel senso che l’impresa che propone gli impegni sceglie il modo in cui essa intende rispondere alle preoccupazioni in materia di concorrenza ed è favorevole a che essi siamo resi obbligatori. Il Tribunale avrebbe omesso di considerare che l’impegno della De Beers costituiva una libera scelta di quest’ultima sul modo in cui essa desiderava rispondere alle preoccupazioni della Commissione.

28      Infine, la Commissione ritiene che l’interpretazione dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 fornita dal Tribunale possa ridurre l’interesse che presenta il procedimento previsto in tale disposizione in quanto, con la sentenza impugnata, il Tribunale ha introdotto la necessità che la Commissione constati l’esistenza di un’infrazione perfino nel contesto dell’applicazione del citato art. 9.

29      La Alrosa fa valere, a tale proposito, che il contenuto del principio di proporzionalità resta lo stesso indipendentemente dalla situazione specifica in esame, anche se l’intensità del controllo giurisdizionale esercitato varia da una causa all’altra. Secondo la Alrosa, il Tribunale si è conformato alla prassi giurisdizionale abituale e si è posto la questione se la Commissione non disponesse di alternative ragionevoli e meno onerose, prima di risolvere tale questione in senso affermativo.

30      La Alrosa ritiene che, ai punti 101 e 140 della sentenza impugnata, il Tribunale non abbia imposto alla Commissione di confrontare gli impegni proposti con le misure che avrebbe potuto contenere un’ipotetica decisione adottata ai sensi dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003, ma ha impedito a quest’ultima di accettare una soluzione sproporzionata unicamente per il fatto che, nell’ambito del procedimento avviato ai sensi dell’art. 9 di tale regolamento, la Commissione non è tenuta a dimostrare l’esistenza di un’infrazione. Secondo la Alrosa, nella sentenza impugnata è in realtà indicato che era manifestamente sproporzionato, alla luce dell’obiettivo perseguito, imporre alla De Beers, in forza dell’art. 7 del citato regolamento, di cessare ogni rapporto commerciale diretto o indiretto con la Alrosa. Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, il rinvio operato dal Tribunale a tale art. 7 non dovrebbe essere inteso nel senso che esso impone alla Commissione di condurre, in tutti i casi in cui si applica l’art. 9 di tale regolamento, un procedimento parallelo e ipotetico a titolo del citato art. 7.

31      La Alrosa sostiene che, se una decisione adottata dalla Commissione è manifestamente sproporzionata in un procedimento avviato ai sensi dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003 e si può constatare un’infrazione, tale decisione sarebbe a maggior ragione sproporzionata nei casi in cui si applichi l’art. 9 di tale regolamento, almeno laddove, come nel caso di specie, l’accettazione degli impegni assunti a titolo del citato art. 9 avrebbe avuto conseguenze pregiudizievoli per un’impresa che non vi abbia consentito e che aveva lo status di parte nei procedimenti.

32      Secondo la Alrosa, il Tribunale non ha limitato i poteri attribuiti alla Commissione dall’art. 9 del regolamento n. 1/2003. La necessità, per quest’ultima, di prendere in considerazione soluzioni alternative meno onerose e di rifiutare impegni manifestamente inidonei a rispondere alle sue preoccupazioni non costituisce un ostacolo insormontabile all’adempimento dei propri compiti.

33      La Alrosa sostiene di essere stata esclusa dalla negoziazione relativa agli impegni alternativi proponibili. La volontarietà degli impegni individuali della De Beers non avrebbe dovuto avere alcuna incidenza sul controllo della proporzionalità degli impegni accettati dalla Commissione, nei limiti cui essi riguardavano la Alrosa.

–       Giudizio della Corte

34      Emerge dall’art. 9 del regolamento n. 1/2003 che, qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un’infrazione, la Commissione può rendere obbligatori per le imprese interessate gli obblighi da esse proposti, laddove essi siano tali da rispondere alle preoccupazioni in materia di concorrenza identificate nella sua valutazione preliminare.

35      Si tratta in tal caso di un nuovo meccanismo introdotto dal regolamento n. 1/2003 e volto a garantire l’applicazione efficace delle norme sulla concorrenza previste dal Trattato CE mediante l’adozione di decisioni che rendono obbligatori gli impegni proposti dalle parti e giudicati appropriati dalla Commissione al fine di fornire una soluzione più rapida ai problemi di concorrenza da essa identificati, invece di avviare l’iter per la constatazione formale di un’infrazione. Più particolarmente, l’art. 9 del citato regolamento è ispirato da considerazioni di economia processuale e consente alle imprese di prendere pienamente parte al procedimento, proponendo le soluzioni che esse ritengono più appropriate e adeguate per rispondere alle citate preoccupazioni della Commissione.

36      Come rilevato dalle parti e dall’avvocato generale al paragrafo 42 delle sue conclusioni, se è vero che nell’art. 9 del regolamento n. 1/2003, diversamente che nell’art. 7 di quest’ultimo, non si fa espressamente riferimento alla nozione di proporzionalità, è pur vero che, quale principio generale del diritto dell’Unione, il principio di proporzionalità costituisce il parametro per valutare la legittimità di qualsiasi atto delle istituzioni dell’Unione, incluse le decisioni della Commissione nella sua qualità di autorità garante della concorrenza.

37      Ciò posto, nell’ambito di un controllo delle azioni intraprese dalla Commissione, sia nel contesto dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003 che in quello dell’art. 9 di quest’ultimo, si pongono sempre, da un lato, la questione della portata e dei limiti esatti degli obblighi che derivano dal rispetto di tale principio e, dall’altro, la questione dei limiti del sindacato giurisdizionale esercitato.

38      Così, le caratteristiche specifiche dei meccanismi previsti negli artt. 7 e 9 del regolamento n. 1/2003 e i mezzi di azione che offre tale regolamento in virtù di ciascuna di tali disposizioni sono diversi, il che implica che l’obbligo di garantire il rispetto del principio di proporzionalità, incombente alla Commissione, ha una portata e un contenuto diversi a seconda che esso sia considerato nel contesto dell’uno o dell’altro di tali articoli.

39      L’art. 7 del regolamento n. 1/2003 indica espressamente la portata del principio di proporzionalità nelle situazioni che rientrano nel suo ambito di applicazione. Infatti, ai sensi dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può imporre alle imprese interessate l’adozione di tutti i rimedi strutturali o comportamentali, proporzionati all’infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione.

40      Invece, l’art. 9 di tale regolamento prevede unicamente che, nell’ambito di un procedimento avviato in forza di tale disposizione, come emerge dal tredicesimo ‘considerando’ di detto regolamento, la Commissione è dispensata dall’obbligo di qualificare e di constatare l’infrazione, e il suo ruolo si limita al controllo, e all’eventuale accettazione, degli impegni proposti dalle imprese interessate, alla luce dei problemi che essa ha identificato nella sua valutazione preliminare e in considerazione degli scopi che essa persegue.

41      L’attuazione da parte della Commissione del principio di proporzionalità nel contesto dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 si limita alla sola verifica che gli impegni di cui trattasi rispondano alle preoccupazioni che essa ha reso note alle imprese interessate e che queste ultime non abbiano proposto impegni meno onerosi che rispondano parimenti in modo adeguato a tali preoccupazioni. Nell’esercizio di tale verifica, la Commissione deve tuttavia prendere in considerazione gli interessi dei terzi.

42      Il sindacato giurisdizionale, da parte sua, riguarda unicamente la questione se la valutazione effettuata dalla Commissione sia manifestamente errata.

43      Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale si basa sulla tesi secondo la quale l’applicazione del principio di proporzionalità produce effetti identici riguardo sia alle decisioni prese a titolo dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003 sia a quelle adottate in forza dell’art. 9 di tale regolamento.

44      Al punto 101 della sentenza impugnata, il Tribunale ha in particolare constatato che sarebbe in contrasto con l’economia del regolamento n. 1/2003 il fatto che una decisione la quale, ai sensi dell’art. 7, n. 1, di tale regolamento, dovrebbe essere considerata non proporzionata all’infrazione accertata possa essere adottata facendo ricorso al procedimento ex art. 9, n. 1, sotto forma di un impegno reso obbligatorio.

45      Tale constatazione è errata.

46      Infatti, tali due disposizioni del regolamento n. 1/2003 perseguono, come già rilevato al punto 38 della presente sentenza, due obiettivi diversi che mirano, l’uno, a porre fine all’infrazione constatata e, l’altro, a rispondere alle preoccupazioni della Commissione risultanti dalla sua valutazione preliminare.

47      Pertanto, nulla impone che la misura che potrebbe eventualmente essere applicata nel contesto dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003 debba servire da riferimento ai fini della valutazione della portata degli impegni accettati in applicazione dell’art. 9 di tale regolamento e che si debba considerare automaticamente sproporzionato tutto quanto va oltre la citata misura. Quindi, anche se certamente ciascuna delle decisioni adottate a titolo di tali due disposizioni è assoggettata al principio di proporzionalità, l’applicazione di tale principio è tuttavia diversa a seconda che l’una o l’altra di tali disposizioni sia interessata.

48      Le imprese che propongono impegni in base all’art. 9 del regolamento n. 1/2003 accettano coscientemente che le loro concessioni possano eccedere quanto potrebbe imporre loro la Commissione stessa in una decisione che essa dovesse adottare conformemente all’art. 7 di tale regolamento a seguito di un’inchiesta approfondita. Per contro, la conclusione del procedimento d’infrazione avviato nei confronti di tali imprese consente loro di evitare la constatazione di una violazione del diritto della concorrenza e l’eventuale irrogazione di un’ammenda.

49      Inoltre, il fatto che gli impegni individuali proposti da un’impresa siano stati resi obbligatori dalla Commissione non implica che altre imprese siano private della possibilità di tutelare i propri eventuali diritti nell’ambito delle loro relazioni con tale impresa.

50      Occorre, pertanto, concludere che la Commissione ha fondatamente sostenuto che il Tribunale è incorso in errore considerando, nella sentenza impugnata, che, per quanto riguarda le decisioni adottate a titolo dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003, l’applicazione del principio di proporzionalità deve essere valutata con riferimento al modo in cui essa lo è nel contesto del controllo delle decisioni prese in forza dell’art. 7 di tale regolamento, nonostante tali due disposizioni rispondano a logiche diverse.

 Sulla seconda parte del primo motivo, relativa all’applicazione errata del principio di proporzionalità da parte del Tribunale

–       Argomenti delle parti

51      Con la seconda parte del suo primo motivo, la Commissione contesta, fra l’altro, la valutazione operata dal Tribunale, secondo la quale, poiché gli impegni congiunti proposti erano tali da rispondere alle sue preoccupazioni, essa avrebbe dovuto accettarli. Tale istituzione addebita al Tribunale di aver violato in tal modo il margine discrezionale di cui essa gode nel settore interessato.

52      La Commissione sostiene in particolare che la sentenza impugnata non ha tenuto conto delle osservazioni raccolte durante l’indagine pubblica che ha avuto luogo ai sensi dell’art. 27, n. 4, del regolamento n. 1/2003, le quali hanno chiaramente mostrato che, a parere di vari terzi interessati, gli impegni congiunti, e la soglia di 275 milioni di USD proposta, erano insufficienti a rispondere alle preoccupazioni in materia di concorrenza espresse nella comunicazione di cui al citato art. 27, n. 4, e che tali impegni avrebbero rafforzato il controllo esercitato dalla De Beers sul mercato. Due osservazioni formulate da terzi chiarirebbero in particolare il modo in cui taluni acquisti permanenti aventi ad oggetto una considerevole quantità di diamanti avrebbero consentito alla De Beers di mantenere il suo ruolo di «market maker» per un valore superiore alla sua produzione.

53      La Commissione addebita al Tribunale di aver concluso, al punto 136 della sentenza impugnata, che, nonostante il fatto che tale indagine pubblica aveva dato luogo a risultati negativi, gli impegni congiunti erano sufficienti a rispondere alle preoccupazioni della Commissione. I risultati della citata indagine avrebbero dovuto indurre il Tribunale a considerare che si trattava di un ambito relativamente complesso nel quale la Commissione godeva di un ampio margine discrezionale o, perlomeno, di un certo margine discrezionale.

54      Peraltro, la Commissione sostiene di aver affrontato molte difficoltà nell’identificazione di una soglia di vendite atta a rispondere alle sue preoccupazioni in materia di concorrenza, dato che i risultati dell’ indagine pubblica erano stati ampiamente negativi. A suo parere, tale complessità era in particolare dovuta al fatto che, indipendentemente dalla soglia prescelta, essa è soggetta a fluttuazioni annuali in funzione delle condizioni del mercato. Tuttavia, il Tribunale avrebbe ritenuto, al punto 125 della sentenza impugnata, che la Commissione avesse ammesso di non aver effettuato alcuna analisi economica complessa e avrebbe concluso, al punto 126 di tale sentenza che, comunque, tali difficoltà erano inesistenti.

55      La Commissione ritiene che i suoi argomenti siano stati considerevolmente snaturati. Emergerebbe manifestamente dal fascicolo che essa non ha mai lasciato intendere di non voler attivarsi per valutare la soglia quantitativa pertinente. Essa avrebbe chiarito che, dopo aver effettuato l’analisi economica, non era stata in grado di determinare il livello di vendite preciso che avrebbe risposto con certezza a tutte le sue preoccupazioni in materia di concorrenza. Essa avrebbe dunque accettato un impegno che le avrebbe fatto risparmiare tempo rispetto alla conduzione di un’inchiesta complessa.

56      La Alrosa, dal canto suo, addebita alla Commissione di aver agito per opportunismo, dato che il procedimento sarebbe stato ritardato se quest’ultima avesse preso in considerazione soluzioni alternative quali, a titolo di esempio, la fissazione di un tetto massimo concordato che limitasse le sue vendite alla De Beers. A suo parere, la posizione della Commissione sembra suggerire, da un lato, che il trattamento della causa fosse urgente e che tale istituzione non disponesse di un lasso di tempo sufficiente per decidere quale delle soluzioni alternative proposte dalla Alrosa avrebbe potuto rispondere alle sue preoccupazioni e, dall’altro, che le misure proposte fossero complesse e difficili da analizzare. Orbene, ciò non si sarebbe verificato.

57      La Alrosa sostiene che, come soluzione alternativa al divieto completo e permanente di qualsivoglia vendita di diamanti alla De Beers, aveva proposto di ridurre progressivamente il volume delle sue vendite a quest’ultima e, successivamente, di limitare le sue vendite ad un importo annuale concordato con la Commissione. Inoltre, la Alrosa avrebbe proposto di essere autorizzata, perlomeno, a vendere una parte dei diamanti grezzi ricorrendo a vendite all’asta al miglior offerente, ivi compresa la De Beers, e tale proposta sarebbe stata respinta dalla Commissione.

58      Analogamente, secondo la Alrosa, nella sentenza impugnata, il Tribunale non precisa nemmeno che la Commissione debba agire con una precisione scientifica quando valuta le possibili soluzioni. Ben diversamente, il Tribunale riconosce espressamente che occorre conferire alla Commissione un determinato margine discrezionale nell’applicazione del principio di proporzionalità, senza tuttavia riconoscerle un potere discrezionale illimitato, che avrebbe conseguenze negative su un terzo.

–       Giudizio della Corte

59      Si deve rammentare che la Commissione ha esaminato gli impegni congiunti dopo aver invitato i terzi a presentare le loro osservazioni e dopo aver constatato che i risultati di tale consultazione pubblica erano negativi. Essa ne ha dedotto che tali impegni non erano sufficienti.

60      Al fine di rispondere alla censura della Commissione e di valutare se effettivamente, come sostenuto da quest’ultima, il Tribunale abbia violato il margine discrezionale di cui essa dispone nell’ambito dell’accettazione di impegni a titolo dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003, occorre anzitutto precisare l’ampiezza di tale margine discrezionale.

61      Atteso che la Commissione non è tenuta a cercare essa stessa alternative meno onerose o più moderate agli impegni sottopostile, come rilevato ai punti 40 e 41 della presente sentenza, l’unico obbligo ad essa incombente nel caso di specie, relativamente alla proporzionalità degli impegni, era di verificare se gli impegni congiunti, proposti nell’ambito del procedimento avviato ex art. 81 CE, fossero sufficienti a rispondere alle preoccupazioni da essa identificate nell’ambito del procedimento avviato ex art. 82 CE.

62      Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 80 e seguenti delle sue conclusioni, la Commissione, sulla scorta dei risultati dell’indagine di mercato da essa compiuta, è pervenuta alla conclusione che gli impegni congiunti non erano idonei a risolvere i problemi in materia di concorrenza da essa identificati.

63      Il Tribunale avrebbe potuto dichiarare che la Commissione aveva commesso un errore manifesto di valutazione unicamente qualora avesse constatato che la citata conclusione cui è pervenuta la Commissione era manifestamente infondata, alla luce degli elementi di fatto da essa stabiliti.

64      Tuttavia, il Tribunale non perviene affatto ad una tale constatazione.

65      Per contro, esso ha esaminato altre soluzioni meno onerose ai fini dell’applicazione del principio di proporzionalità, ivi comprese eventuali modifiche degli impegni congiunti, nei punti 128 e 129, nonché nei punti 137‑153 della sentenza impugnata.

66      Il Tribunale ha espresso, nei punti 129‑136 di tale sentenza, la sua valutazione divergente sull’idoneità degli impegni congiunti ad eliminare i problemi di concorrenza identificati dalla Commissione prima di giungere alla conclusione, nel punto 154 di detta sentenza, che esistevano nel caso di specie soluzioni alternative meno onerose per le imprese del totale divieto di effettuare operazioni commerciali.

67      Così facendo, il Tribunale ha presentato una propria valutazione di circostanze economiche complesse ed ha quindi sostituito la propria valutazione a quella della Commissione, violando in tal modo il margine discrezionale di quest’ultima, invece di verificare la legittimità della sua valutazione.

68      L’errore così commesso dal Tribunale giustifica, di per sé, l’annullamento della sentenza impugnata.

69      Di conseguenza, non è necessario procedere all’esame degli altri argomenti sollevati dalla Commissione a sostegno della seconda parte del primo motivo.

 Sul secondo motivo, attinente all’erronea interpretazione e applicazione da parte del Tribunale, del diritto al contraddittorio

 Sulla ricevibilità

70      La Alrosa sostiene che gli argomenti sviluppati dalla Commissione, riguardanti errori di diritto commessi dal Tribunale nella valutazione del diritto al contraddittorio, sono inoperanti, in quanto diretti contro un elemento ultroneo della motivazione della sentenza impugnata.

71       Tale argomento della Alrosa dev’essere respinto. Anche se tale ragionamento è stato esposto dal Tribunale «ad abundantiam», esso rappresenta, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 135 delle sue conclusioni, una colonna indipendente della sentenza impugnata sulla quale si fonda l’annullamento della decisione controversa, come risulta chiaramente dal punto 204 di tale sentenza impugnata. Ne consegue che la giurisprudenza secondo la quale la Corte respinge in modo puro e semplice le censure mosse in merito a una motivazione sovrabbondante di una sentenza del Tribunale, poiché esse non possono comportare l’annullamento di quest’ultima, non è applicabile al motivo di cui trattasi.

 Nel merito

72      Nell’ambito del suo secondo motivo, la Commissione solleva quattro censure:

–        la constatazione effettuata dal Tribunale, secondo la quale il diritto al contraddittorio della Alrosa è stato violato, non è motivata;

–        il Tribunale ha statuito ultra petita e ha violato il diritto ad un equo processo;

–        il Tribunale ha interpretato erroneamente la portata del diritto al contraddittorio della Alrosa;

–        il Tribunale ha commesso un errore di diritto ritenendo che il motivo della Alrosa attinente alla violazione del diritto al contraddittorio fosse fondato, senza aver stabilito chiaramente come tale pretesa violazione avesse un’incidenza sulla soluzione della controversia.

73      Occorre anzitutto esaminare gli argomenti della Commissione relativi alla valutazione operata dal Tribunale sulla portata del diritto al contraddittorio della Alrosa.

–       Argomenti delle parti

74      La Commissione ritiene che la consegna, durante la riunione del 27 ottobre 2005, di una sintesi dei commenti formulati dai terzi in risposta alla consultazione del mercato ha consentito di tutelare i diritti della difesa che la Alrosa poteva far valere. La concessione alla Alrosa della possibilità di commentare gli impegni individuali della De Beers e le osservazioni dei terzi, secondo la Commissione, non costituiva un obbligo in quanto quest’ultima aveva chiaramente reso noto di voler respingere gli impegni congiunti, scelta che era pienamente in diritto di operare in quanto non era vincolata da nessuna proposta di impegno. La Commissione evidenzia che essa dispone della facoltà di respingere, in ogni momento, una proposta di impegno.

75      Inoltre, secondo la Commissione, non si era mai discusso di impegni unilaterali da parte della sola Alrosa, dal momento che la Commissione aveva avviato solo due inchieste distinte, una nei confronti della sola De Beers, sul fondamento dell’art. 82 CE, l’altra nei confronti della De Beers e della Alrosa, sul fondamento dell’art. 81 CE. La Commissione sostiene che, poiché la De Beers era stata la sola a proporre impegni unilaterali a seguito della riunione del 27 ottobre 2005, rispondendo in tal modo alle preoccupazioni relative all’art. 82 CE, non vi era alcuna ragione di includere la Alrosa nei negoziati con la De Beers, né di fornirle una copia della proposta di impegno di quest’ultima, copia che le è stata comunque trasmessa, consentendo così alla Alrosa di comunicarle le sue osservazioni.

76      La Commissione evidenzia che il rigetto di impegni congiunti non costituisce né un atto impugnabile né una decisione della Commissione, e neanche una misura atta a pregiudicare la situazione giuridica di una parte. Nessuna parte interessata da un procedimento d’infrazione, avviato unicamente in base all’art. 81 CE per quanto riguarda la Alrosa, potrebbe vantare il diritto di ottenere l’accoglimento o il rigetto della sua proposta di impegno, e ciò per ragioni particolari. Secondo tale istituzione, non sussisterebbe nemmeno un diritto a commentare una proposta di impegno presentata da altre parti.

77      Inoltre, la Commissione sostiene che, nella sentenza impugnata, il Tribunale si basa sull’ipotesi secondo la quale la Alrosa avrebbe dovuto ottenere il riconoscimento, per il procedimento nel suo complesso, dei diritti concessi ad un’«impresa interessata» ai sensi del regolamento n. 1/2003.

78      Orbene, emergerebbe chiaramente dalla formulazione stessa degli artt. 7, n. 1, e 9, n. 1, del regolamento n. 1/2003 che la nozione di «impresa interessata» fa riferimento alle imprese che hanno commesso un’infrazione alle disposizioni degli artt. 81 CE o 82 CE o nei confronti delle quali la Commissione intende adottare una decisione in ragione delle preoccupazioni relative alla citata infrazione. Una società che conclude un accordo con un’impresa la quale abusi della sua posizione dominante non acquisirebbe lo status di «coautore» dell’infrazione all’art. 82 CE né quello di «impresa interessata» ai sensi di tale articolo.

79      Secondo la Commissione, quindi, emerge dalla netta distinzione esistente tra lo status di «impresa interessata» e quello di «terzo interessato» che una «connessione» tra i procedimenti avviati a titolo degli artt. 81 CE e 82 CE non può far acquisire a un terzo interessato la qualità di «impresa interessata». La Commissione ritiene dunque che, sebbene la Alrosa avesse il diritto, in quanto terzo interessato, di manifestare il suo punto di vista sulla proposta di impegni individuali della De Beers, essa non fosse tuttavia legittimata a far rimandare una decisione relativa a tali impegni per il tempo necessario a consentirle di formulare osservazioni in merito al rigetto degli impegni congiunti.

80      Anche volendo supporre che si tenga conto di una pretesa connessione tra i procedimenti avviati a titolo degli artt. 81 CE e 82 CE o che sia solo esistito un «unico procedimento», siffatte circostanze non sarebbero sufficienti ad estendere la portata dei diritti procedurali accordati alla Alrosa. Neanche le «imprese interessate» da un procedimento avviato ai sensi dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 sarebbero legittimate a chiedere che i loro impegni siano resi obbligatori.

81      La Alrosa fa valere a tale proposito che l’argomento fondamentale da essa sollevato e accolto dal Tribunale nei punti 194 e 196 della sentenza impugnata riguardava la circostanza che la Commissione non poteva, con la decisione controversa, vietarle definitivamente di vendere diamanti grezzi alla De Beers, poiché tale decisione produce un effetto equivalente a quello di una decisione adottata ai sensi dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003, senza che, in una qualsivoglia fase dell’iter che ha condotto a tale decisione, essa si stata posta nelle condizioni di essere sentita.

82      La Alrosa sostiene che il Tribunale ha dichiarato che i procedimenti avviati dalla Commissione ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE sono stati sempre trattati de facto come un unico procedimento sia da parte della Commissione sia da parte di essa stessa e della De Beers. A suo parere, è chiaro che la Commissione non ha avviato due procedimenti distinti, bensì un unico procedimento integrato, basato su un unico complesso di fatti e avviato ai sensi dell’art. 81 CE nei confronti di essa stessa e della De Beers, nonché dell’art. 82 CE nei confronti della sola De Beers.

83      La Alrosa ritiene che il Tribunale avrebbe potuto respingere l’argomento della Commissione per il solo motivo che la decisione controversa che comporta il divieto permanente della vendita di diamanti alla De Beers implicherebbe che essa goda di tutti i diritti riconosciuti al destinatario di una decisione di questo tipo.

84      La Alrosa fa valere che, anche supponendo che si potesse considerarla come un mero terzo interessato in modo «diretto» e «svantaggioso» dalla decisione controversa, la Commissione avrebbe tuttavia dovuto comunicarle i motivi del rigetto degli impegni congiunti e porla nelle condizioni di essere sentita su tale rigetto nonché sulla proposta unilaterale che ha condotto ad un divieto permanente di vendita di diamanti grezzi alla De Beers.

–       Giudizio della Corte

85      Nella sentenza impugnata, il Tribunale muove dalla premessa secondo la quale, nelle circostanze della fattispecie, soprattutto alla luce del fatto che i procedimenti avviati dalla Commissione ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE sono stati sempre trattati de facto come un unico procedimento sia da parte della Commissione sia da parte della De Beers e della Alrosa, quest’ultima avrebbe dovuto ottenere il riconoscimento dei diritti concessi ad un’«impresa interessata» ai sensi del regolamento n. 1/2003, benché essa non sia tale, stricto sensu, nel procedimento relativo all’art. 82 CE.

86      Dopo aver riconosciuto, al punto 195 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva certo il diritto di ritenere, dopo aver ricevuto le osservazioni dei terzi, che gli impegni congiunti non rispondessero alle preoccupazioni esposte nell’ambito della sua valutazione preliminare, il Tribunale ha tuttavia statuito, al punto 196 di tale sentenza, che il rispetto del diritto al contraddittorio esige che in un caso come quello di specie, da un lato, le imprese che hanno proposto impegni vengano informate degli elementi essenziali di fatto sui quali la Commissione si è basata per esigere nuovi impegni e, dall’altro, che esse possano esprimersi a tal riguardo. Orbene, nel caso di specie la Alrosa ha ricevuto soltanto un’informazione sommaria circa le conclusioni che la Commissione traeva dalle osservazioni dei terzi. In particolare, nel corso della riunione del 27 ottobre 2005, la Alrosa aveva ricevuto una sintesi delle osservazioni dei terzi ed era stata informata del tenore degli impegni che la Commissione si aspettava dalle parti, a seguito del risultato negativo della consultazione dei terzi, ossia la cessazione di ogni relazione a decorrere dal 2009 e una nuova proposta di impegni su tale base.

87      Il Tribunale ha concluso, al punto 201 della sentenza impugnata, che la Alrosa non aveva beneficiato della possibilità di esercitare pienamente il suo diritto al contraddittorio in merito agli impegni individuali della De Beers a causa del fatto che le osservazioni dei terzi le erano state trasmesse contemporaneamente all’estratto degli impegni individuali di quest’ultima, ed era stata posta così nell’impossibilità di rispondervi utilmente e di proporre nuovi impegni congiunti con la De Beers.

88      Occorre rilevare a tale proposito che, nella fattispecie, due procedimenti sono stati avviati dalla Commissione, uno in forza dell’art. 81 CE, riguardante il comportamento nel mercato dei diamanti grezzi della De Beers e della Alrosa, l’altro, ai sensi dell’art. 82 CE, relativo alle pratiche unilaterali della De Beers. Nell’ambito di tali due procedimenti sono state trasmesse separatamente le comunicazioni degli addebiti rispettivamente alla De Beers e alla Alrosa. Ne deriva che la Alrosa avrebbe potuto essere considerata «impresa interessata» solo nell’ambito del procedimento avviato ai sensi dell’art. 81 CE, per il quale nessuna decisione è stata adottata. In tale contesto, la Alrosa non potrebbe dunque far valere diritti procedurali riservati alle parti nel procedimento relativo agli impegni individuali, dato che questi ultimi erano stati proposti dalla De Beers nel contesto del procedimento amministrativo relativo all’applicazione dell’art. 82 CE recante il riferimento COMP/E‑2/38.381, al quale la decisione controversa ha posto fine.

89      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 176 e 177 delle sue conclusioni, solo dimostrando che la Commissione ha avviato, senza una ragione oggettiva, per una situazione di fatto unitaria due procedimenti separati dovrebbero essere riconosciuti alla Alrosa i diritti concessi ad un’impresa interessata nell’ambito del procedimento avviato ai sensi dell’art. 82 CE. Il Tribunale non ha tuttavia accertato, nel caso di specie, un siffatto sviamento di potere da parte della Commissione e non aveva del resto alcun motivo per farlo. Infatti, lo svolgimento di due procedimenti amministrativi separati da parte della Commissione era oggettivamente giustificato alla luce dei diversi fondamenti giuridici sostanziali dei medesimi, vale a dire l’art. 81 CE, da un lato, e l’art. 82 CE, dall’altro. Per quanto riguarda il procedimento avviato ai sensi dell’art. 82 CE, solo la De Beers, quale impresa asseritamente detentrice di una posizione dominante nel mercato, poteva essere destinataria della comunicazione degli addebiti e della decisione della Commissione che ha concluso tale procedimento.

90      Ciò posto, un’impresa terza che si ritenga lesa da una decisione adottata in forza degli artt. 7 o 9 del regolamento n. 1/2003 è legittimata a tutelare i suoi diritti mediante un ricorso avverso tale decisione. Tuttavia non ne consegue che una siffatta impresa, come la Alrosa nel caso di specie, acquisisca lo status di «parte interessata» ai sensi dell’art. 27, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

91      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 175 delle sue conclusioni, nell’ambito del procedimento avviato ai sensi dell’art. 82 CE, conclusosi con la decisione controversa, alla Alrosa spettavano dunque solo i diritti più limitati di un terzo interessato.

92      Occorre rilevare peraltro che nel suo ragionamento il Tribunale si è basato su una tesi errata, secondo la quale la Commissione era tenuta a fornire alla Alrosa un chiarimento motivato sulle ragioni per le quali le osservazioni dei terzi avevano modificato la sua posizione sull’idoneità degli impegni congiunti, al fine di consentirle di proporre nuovi impegni congiunti con la De Beers.

93      A tale proposito il Tribunale, da un lato, al punto 196 della sentenza impugnata, ha accertato che la Alrosa ha ricevuto soltanto un’informazione sommaria circa le conclusioni che la Commissione traeva dalle osservazioni dei terzi e, dall’altro, al punto 201 di tale sentenza, ha rilevato che la versione non riservata delle osservazioni dei terzi era stata trasmessa alla Alrosa tardivamente e contemporaneamente all’estratto degli impegni individuali della De Beers, mettendola così nell’impossibilità di potervi rispondere utilmente e di proporre nuovi impegni congiunti con la De Beers.

94      Orbene, si deve rilevare che l’accettazione degli impegni individuali della De Beers da parte della Commissione non dipendeva dalla posizione della Alrosa, o di qualsivoglia altra impresa, a tale proposito. Emerge dall’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1/2003 che la Commissione dispone di un ampio margine discrezionale nel rendere obbligatoria una proposta di impegno o nel respingerla.

95      Consegue da quanto suesposto che anche il secondo motivo di impugnazione è fondato in quanto, da un lato, il Tribunale ha interpretato erroneamente la nozione di «impresa interessata» ai sensi del regolamento n. 1/2003, comparando la situazione giuridica della Alrosa nel contesto del procedimento relativo agli impegni individuali a quella della De Beers, e, dall’altro, esso si è basato su una tesi errata, secondo la quale la Commissione era tenuta a giustificare il suo rigetto degli impegni congiunti e a proporre alla Alrosa di sottoporle nuovi impegni congiunti con la De Beers.

96      Non si devono dunque esaminare gli altri argomenti sollevati dalla Commissione nell’ambito del suo secondo motivo.

97      Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata.

 Sul ricorso di primo grado

98      Ai sensi dell’art. 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando la decisione del Tribunale di primo grado è annullata, la Corte di giustizia può statuire sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

99       Poiché lo stato degli atti lo consente, occorre statuire nel merito del ricorso della Alrosa diretto all’annullamento della decisione controversa.

100    La Alrosa ha dedotto dinanzi al Tribunale tre motivi a sostegno del suo ricorso i quali si riferiscono, in primo luogo, alla violazione del diritto al contraddittorio, in secondo luogo, alla violazione da parte della decisione controversa delle disposizioni dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003 che vietano di imporre ad un’impresa interessata, per di più senza limite di durata, gli impegni da essa non volontariamente sottoscritti e, in terzo luogo, all’eccessiva gravosità degli impegni resi obbligatori, in violazione degli artt. 9 del regolamento n. 1/2003 e 82 CE, della libertà di contrarre e del principio di proporzionalità.

 Argomenti delle parti

101    In primo luogo, la Alrosa sostiene che la decisione controversa viola il diritto al contraddittorio, il quale costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, riconosciuto dalla Corte in diverse occasioni, e include, nell’ambito delle controversie riguardanti la concorrenza, sia l’obbligo in capo alla Commissione di comunicare i suoi addebiti all’impresa interessata sia il diritto di quest’ultima di fornirvi una risposta. Orbene, la Commissione non avrebbe espresso «particolari nuove preoccupazioni» dopo aver ricevuto i commenti dei terzi. La modifica delle conclusioni della Commissione si spiegherebbe dunque solo in riferimento alla «propria analisi» condotta dalla direzione generale «Concorrenza», a seguito della quale la Commissione non l’avrebbe posta nelle condizioni di esercitare il diritto al contraddittorio a tale proposito.

102    La circostanza che la Alrosa non fosse formalmente parte del procedimento avviato a titolo dell’art. 82 CE non la priverebbe del diritto al contraddittorio, dal momento che la citata direzione generale avrebbe riconosciuto, in una lettera dell’8 febbraio 2006, che talune «circostanze eccezionali» giustificavano che essa fosse sentita, in quanto impresa direttamente e individualmente interessata.

103    La Commissione replica che la Alrosa non era parte del procedimento di cui trattasi e chiede quale sia il fondamento giuridico sul quale si basa la Alrosa per invocare il diritto al contraddittorio.

104    Relativamente alla citata lettera dell’8 febbraio 2006, la Commissione ritiene che il diritto ad essere sentita durante il procedimento avviato a titolo dell’art. 82 CE, di cui la Alrosa si avvale e che è stato riconosciuto dal consigliere-auditore nella stessa lettera, avesse una portata diversa rispetto a quella del diritto accordato alle imprese sottoposte ad un’inchiesta della Commissione.

105    Benché la Alrosa abbia rivestito un ruolo particolare nel procedimento, la Commissione considera che, poiché essa ha avuto solo lo status di terzo interessato, il diritto al contraddittorio si limitava nel suo caso alla facoltà di presentare osservazioni, facoltà che è stata invitata ad esercitare in diverse fasi del procedimento. La Commissione sostiene che la Alrosa ha dunque pienamente beneficiato del diritto al contraddittorio.

106    In secondo luogo, la Alrosa fa valere che la decisione controversa viola l’art. 9 del regolamento n. 1/2003 il quale, a suo parere, autorizza la Commissione ad accettare unicamente gli impegni congiunti, e non gli impegni individuali. Si dovrebbe parimenti interpretare tale art. 9 nel senso che una decisione che renda obbligatori taluni impegni debba essere adottata solo per un periodo di tempo determinato.

107    La Commissione sostiene che la locuzione «imprese interessate» non implica che possano essere proposti unicamente impegni congiunti presentati da tutte le imprese interessate dall’impegno, o che potrebbero esserlo. Una siffatta interpretazione presupporrebbe che tutte le imprese che sono parti agli accordi di cui trattasi, anche qualora non siano interessate dal procedimento avviato ai sensi dell’art. 82 CE, debbano presentare formalmente impegni ed essere destinatarie della decisione adottata in applicazione di detto art. 9. Orbene, secondo la Commissione, poiché il procedimento avviato a titolo dell’art. 82 CE aveva ad oggetto unicamente un addebito di abuso di posizione dominante nei confronti della De Beers, quest’ultima è stata l’unica impresa a proporre impegni e ad essere destinataria della decisione adottata a titolo dello stesso art. 9.

108    Sull’asserito obbligo in capo alla Commissione di accettare impegni solo per un periodo limitato, quest’ultima ritiene che tale affermazione sia fondata su un’interpretazione errata dell’art. 9 del regolamento n. 1/2003. Il fatto che la decisione della Commissione con cui essa accetta determinati impegni «può» essere adottata per un periodo di tempo determinato non sarebbe tale da imporre a tale istituzione di adottare la citata decisione per un tale periodo.

109    La Alrosa afferma, in terzo luogo, che l’interdizione imposta alla De Beers di acquistare da essa diamanti grezzi viola gli artt. 82 CE e 9 del regolamento n. 1/2003 in quanto essa impone alle parti interessate un divieto assoluto e potenzialmente illimitato di contrarre, non giustificato nel caso di specie. La decisione controversa violerebbe quindi il principio fondamentale della libertà di contrarre.

110    Inoltre, un divieto assoluto non sarebbe necessario per rispondere alle preoccupazioni della Commissione in materia di concorrenza a titolo dell’art. 82 CE. La Alrosa sostiene che, a tale riguardo, la decisione controversa violerebbe il principio di proporzionalità.

111    La Commissione fa valere che la libertà di contrarre è limitata, in particolare, dagli artt. 81 CE e 82 CE.

112    Essa non contesta l’argomento secondo il quale il principio di proporzionalità si estende anche ad un’analisi dell’impatto sui terzi, ma ribadisce di aver correttamente preso in considerazione i legittimi interessi commerciali della Alrosa.

113    La Commissione sostiene che il suo compito principale consisteva nel verificare che gli impegni individuali della De Beers fossero sufficienti a rispondere alle sue preoccupazioni in materia di concorrenza. Essa ritiene che, prima facie, la De Beers poteva proporre impegni che non eccedessero quanto necessario per rispondere in modo sufficiente alle citate preoccupazioni. Essa aggiunge che non era affatto tenuta a studiare ipotesi alternative che andassero oltre gli impegni effettivamente proposti dalla De Beers, in quanto, concretamente, era solo necessario effettuare un confronto con la precedente proposta di impegni congiunti.

114    Emergerebbe dall’analisi effettuata dalla Commissione che gli impegni congiunti proposti non rispondevano in modo soddisfacente alle sue preoccupazioni in materia di concorrenza. La Commissione, quindi, considera che erano necessari impegni che andassero oltre tali impegni congiunti.

115    La Commissione è del parere che il Tribunale doveva limitarsi a verificare se la decisione controversa fosse viziata da un errore manifesto di valutazione, e ad esso non spettava certo determinare, effettuando una valutazione economica complessa, se gli impegni offerti fossero sufficienti a rispondere alle sue preoccupazioni. Sarebbe infatti pacifico che la Commissione dispone di un ampio margine discrezionale nel settore in esame.

116    La Commissione rammenta che, poiché non ha ricevuto nessun’altra proposta di impegni, la sola alternativa che le si prospettava consisteva nel riaprire il procedimento che conduceva all’adozione di una decisione a titolo dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003, se del caso nei confronti sia della Alrosa sia della De Beers, ma si sarebbe potuto difficilmente qualificare tale alternativa come il mezzo più idoneo per rispondere alle sue preoccupazioni in materia di concorrenza.

117    La Commissione ritiene dunque che gli impegni individuali della De Beers, resi obbligatori con la decisione controversa, fossero idonei e necessari a rispondere alle citate preoccupazioni e che l’asserita violazione del principio di proporzionalità non è dunque dimostrata.

 Giudizio della Corte

118    Emerge dalle considerazioni esposte ai punti 85-95 della presente sentenza che il primo motivo sollevato in primo grado non può essere accolto.

119    Infatti, l’insieme di censure sollevate dalla Alrosa nell’ambito del citato motivo si basa sulla premessa secondo la quale essa avrebbe dovuto beneficiare di diritti procedurali più ampi di quelli normalmente concessi ai terzi interessati. Orbene, tale premessa è stata esplicitamente respinta nel punto 91 della presente sentenza.

120    Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo dedotti in primo grado, anch’essi devono essere respinti. Infatti, emerge da tutte le considerazioni esposte nella presente sentenza che, nell’adottare la decisione controversa, la Commissione non ha commesso alcun errore di diritto né un errore manifesto di valutazione, e non ha violato nemmeno il principio di proporzionalità. La Alrosa non è riuscita a dimostrare che gli impegni individuali proposti dalla De Beers e resi obbligatori dalla Commissione eccedevano manifestamente quanto necessario per rispondere alle preoccupazioni espresse da quest’ultima nella sua valutazione preliminare.

121    Di conseguenza, non possono essere accolti i motivi dedotti dalla Alrosa avverso la decisione controversa, e il ricorso da essa proposto dinanzi al Tribunale dev’essere respinto.

 Sulle spese

122    Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

123    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile alla procedura di impugnazione in forza dell’art. 118 di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Alrosa, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese relative sia all’impugnazione sia al procedimento di primo grado.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 11 luglio 2007, causa T‑170/06, Alrosa/Commissione, è annullata.

2)      Il ricorso proposto dalla Alrosa Company Ltd dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee è respinto.

3)      La Alrosa Company Ltd è condannata alle spese relative sia all’impugnazione sia al procedimento di primo grado.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.