61994C0004

Conclusioni dell'avvocato generale Lenz del 26 gennaio 1995. - BLP GROUP PLC CONTRO COMMISSIONERS OF CUSTOMS & EXCISE. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: HIGH COURT OF JUSTICE, QUEEN'S BENCH DIVISION - REGNO UNITO. - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO - INTERPRETAZIONE DELL'ART. 2 DELLA DIRETTIVA 67/227/CEE E DELL'ART. 17, N. 2, DELLA DIRETTIVA 77/388/CEE - DETRAZIONE DELL'IMPOSTA PAGATA A MONTE SU BENI O SERVIZI RELATIVI AD OPERAZIONI ESENTI. - CAUSA C-4/94.

raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-00983


Conclusioni dell avvocato generale


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A ° Introduzione

1. La Queen' s Bench Division della High Court of Justice per l' Inghilterra ed il Galles ha chiesto alla Corte di giustizia una pronuncia in via pregiudiziale sull' interpretazione di disposizioni della direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, prima direttiva di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d' affari (1) (in prosieguo: la "prima direttiva") e della direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, la sesta direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all' imposta sulla cifra d' affari ° sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (2) (in prosieguo: la "sesta direttiva").

2. Il caso sottoposto alla High Court riguarda una domanda, presentata dalla ditta britannica BLP Group Plc (in prosieguo: la "BLP"), intesa a che fosse dedotto un determinato importo dall' IVA che essa doveva pagare su sue operazioni soggette ad imposta, relative ad onorari per prestazioni di servizi, che ad essa sono stati messi in conto a seguito di una vendita di azioni societarie. La competente amministrazione fiscale ha respinto questa domanda, poiché i servizi sono stati utilizzati per un' operazione esente da imposta, il che esclude la deduzione. Le questioni pregiudiziali riguardano perciò i presupposti e le modalità del diritto alle deduzioni.

3. Questo diritto costituisce una delle caratteristiche essenziali, indicate all' art. 2 della prima direttiva, del sistema comune d' imposta sul valore aggiunto. Nel secondo comma di questa disposizione si legge:

"A ciascuna transazione, l' imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all' aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell' ammontare dell' imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo" (3).

4. Questa disposizione viene concretizzata dagli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva. L' art. 17 recita:

"1. Il diritto a deduzione nasce quando l' imposta deducibile diventa esigibile.

2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall' imposta di cui è debitore:

a) l' imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo,

(...)

5. Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a deduzione di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la deduzione è ammessa soltanto per il pro rata dell' imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni.

Detto prorata è determinato ai sensi dell' articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo.

Tuttavia, gli Stati membri possono

(...)

c) autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la deduzione in base all' utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi;

(...)".

5. L' art. 19 stabilisce tra l' altro:

"1. Il prorata di deduzione previsto dall' articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

° al numeratore l' importo totale della cifra d' affari annua, al netto dell' imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che danno diritto a deduzione ai sensi dell' articolo 17, paragrafi 2 e 3,

° al denominatore l' importo totale della cifra d' affari annua, al netto dell' imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a deduzione. Gli Stati membri possono includere anche nel denominatore l' importo di sovvenzioni diverse da quelle di cui all' articolo 11 A, paragrafo 1, lettera a).

Il prorata viene determinato su base annuale, in percentuale e viene arrotondato all' unità superiore.

2. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, per il calcolo del prorata di deduzione, non si tiene conto dell' importo della cifra d' affari relativa alle cessioni di beni d' investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa. Non si tiene neppure conto dell' importo della cifra d' affari relativa alle operazioni accessorie, immobiliari e finanziarie o a quelle di cui all' articolo 13, punto B, lettera d), anche quando si tratta di operazioni accessorie. (...)".

6. Dall' ordinanza di rinvio risulta inoltre che la BLP e le competenti autorità fiscali (Commissioners of Customs and Excise; in prosieguo: i "Commissioners") avevano concordato un metodo speciale per la determinazione della parte detraibile dell' imposta a monte su beni e servizi che non fossero stati né completamente utilizzati per cessioni o prestazioni di servizi imponibili né completamente utilizzati per cessioni o prestazioni di servizi esenti (o per svolgere attività diverse da cessioni o prestazioni di servizi imponibili). Secondo tale metodo speciale, l' imposta a monte è ripartita secondo il pro rata del valore dell' imponibile sul totale del prodotto. Tuttavia dal conteggio viene escluso il valore di operazioni ausiliarie nell' ambito dell' attività finanziaria, imputando direttamente a tali operazioni l' imposta a monte che può essere loro ricondotta.

7. Per quanto riguarda i dettagli della causa principale, dall' ordinanza di rinvio risulta quanto segue.

8. La BLP opera come società di controllo e di direzione. Essa esercita il controllo su un gruppo di società commerciali che producono beni intermedi per l' industria del mobile e del "fai da te", ed effettua per queste ultime servizi di natura amministrativa.

9. Nel 1989 la BLP acquistava il capitale azionario (4) di una società tedesca chiamata Berg Mantelprofilwerk GmbH (in prosieguo: la "ditta Berg").

10. Nel maggio 1991 gli amministratori della BLP, in considerazione della cattiva situazione finanziaria della società, decidevano di cedere le quote alla ditta Berg. Nel giungo 1991 la BLP cedeva il 95% di queste quote. I fondi ricavati dalla vendita venivano utilizzati per sanare la posizione debitoria della BLP verso le banche.

11. Nella dichiarazione IVA per il periodo fino al 30 settembre 1991, la BLP chiedeva la detrazione dell' IVA a valle in relazione all' IVA pagata su tre fatture per prestazioni professionali fornite alla società rispettivamente dalla sua banca d' affari, dai suoi legali e dai suoi commercialisti. Dalle tre fatture risultava che le prestazioni erano state fornite in relazione alla vendita delle quote della ditta Berg.

12. La BLP e i Commissioners concordavano che la vendita delle quote della ditta Berg era per la BLP una cessione esente dall' imposta sul valore aggiunto e che l' imposta pagata a monte su prestazioni da attribuirsi totalmente a una cessione esente non avrebbe dato diritto a detrazione.

13. La somma totale che la BLP chiedeva di dedurre per i servizi ricevuti era di 45 975 UKL (5). I Commissioners acconsentivano a che la BLP detraesse 6 120 UKL in quanto relative a servizi forniti prima della decisione di cedere le quote e pertanto riconducibili alle spese generali della BLP. I Commissioners rifiutavano di consentire alla BLP di detrarre le restanti 39 845 UKL con la motivazione che si riferivano a servizi prestati in relazione alla cessione delle quote, e la cessione delle quote dal punto di vista dell' imposta sul valore aggiunto era una cessione esente da IVA, in relazione alla quale non poteva esservi alcuna deduzione.

14. Contro la decisione dei Commissioners la BLP ha presentato un ricorso dinanzi al Londoner Value Added Tax Tribunal (in prosieguo: il "Tribunal") nel quale ha fatto valere da un lato una violazione degli artt. 17 e 19 della sesta direttiva e dall' altro un' erronea applicazione del metodo speciale. Il Tribunal respingeva i motivi fondati sugli artt. 17 e 19 della sesta direttiva e relativamente al metodo speciale decideva che la cessione controversa delle quote societarie era una operazione finanziaria accessoria. Il Tribunal non stabiliva quali conseguenze derivassero dalla qualificazione da ultimo indicata.

15. La BLP interponeva appello avverso questa decisine dinanzi al giudice che ha effettuato il rinvio, adducendo una insufficiente interpretazione degli artt. 17 e 19 della sesta direttiva da parte del Tribunal. Essa ammetteva che solo i motivi attinenti al diritto comunitario fatti valere nel giudizio di appello fossero decisivi dell' esito del ricorso.

16. Secondo la BLP nell' applicazione degli artt. 17 e 19 della sesta direttiva ed in particolare nell' interpretazione dell' espressione "ai fini di sue operazioni soggette ad imposta" di cui all' art. 17, n. 2, non si può prendere in esame l' operazione immediata con cui la BLP (mediante la vendita delle quote della ditta Berg) ha effettuato una cessione esente da imposte. Piuttosto nell' interesse della neutralità fiscale si deve prendere in esame la finalità ultima di questa cessione, cioè sanare la posizione debitoria della BLP verso le banche. La cessione delle quote societarie costituisce un' operazione finanziaria accessoria, effettuata come parte della strategia generale della BLP nell' espletamento della propria attività principale e nell' esecuzione delle proprie cessioni imponibili.

17. I Commissioners hanno sostenuto per contro che, quando un soggetto passivo riceve dei servizi e li usa, come in questo caso, per una cessione esente, l' imposta a monte non è detraibile. La finalità ultima della cessione esente è irrilevante, poiché è possibile dedurre solo l' ammontare dell' IVA gravante direttamente sulle varie componenti di costo del prodotto imponibile ai sensi dell' art. 2 della prima direttiva. Quando, come nel caso di specie, un soggetto passivo effettua una cessione esente allo scopo di procurarsi fondi per rimediare ad una situazione debitoria, l' imposta a monte sulle componenti del costo della cessione esente non costituirebbe IVA gravante direttamente sulle componenti del costo del prodotto imponibile nel soggetto passivo.

18. Prima della trattazione orale del giudizio d' appello la BLP ha chiesto un rinvio alla Corte di giustizia per una pronuncia in via pregiudiziale ai sensi dell' art. 177 del Trattato. La High Court respingeva questa domanda. La BLP impugnava tale decisione dinanzi alla Court of Appeal, che accoglieva il ricorso e rimetteva gli atti ad un altro giudice della High Court, poiché la High Court non aveva completamente osservato le direttive per l' applicazione dell' art. 177 del Trattato CE, che la Court of Appeal aveva stabilito nella causa Bulmer Ltd/Bollinger SA (6). La High Court ha quindi proposto le seguenti questioni:

1) Con riferimento all' art. 2 della prima direttiva e all' art. 17 della sesta direttiva, nel caso in cui un soggetto passivo A fornisce servizi a un altro soggetto passivo B, per effettuare una cessione esente (vendita di azioni) qualificata come "operazione finanziaria accessoria" avente lo scopo e il risultato di compensare integralmente l' indebitamento di B, se i servizi forniti da A costituiscano:

a) servizi utilizzati per un' operazione esente, che comporti la non detraibilità della relativa imposta pagata a monte;

b) servizi utilizzati per operazioni imponibili (in particolare, l' attività principale di B consistente nell' effettuare cessioni imponibili) che comportino la completa detraibilità della relativa imposta pagata a monte; oppure

c) servizi utilizzati sia per operazioni esenti sia per operazioni imponibili, di modo che la relativa imposta a monte è detraibile a norma dell' art. 17, n. 5, della sesta direttiva.

2) Qualora la questione sub 1) vada risolta nel senso illustrato alla lett. c) ed uno Stato membro, nell' esercizio della sua discrezionalità ex art. 17, n. 5, della sesta direttiva, abbia adottato, per determinare l' ammontare detraibile dell' imposta pagata a monte, un metodo speciale compreso nell' art. 17, n. 5, lett. c), se l' art. 19 della sesta direttiva vada eventualmente applicato per la determinazione dell' ammontare detraibile dell' imposta pagata a monte.

3) Qualora la questione sub 2) vada risolta nel senso che nella determinazione dell' imposta a monte detraibile l' art. 19 si applica effettivamente, se l' art. 19, n. 2, consenta la completa detrazione dell' imposta pagata a monte escludendo la vendita di azioni dal computo del prorata detraibile a norma dell' art. 19, n. 1, in quanto "operazione finanziaria accessoria".

19. Hanno presentato osservazioni scritte ed orali su tutte o su singole questioni la BLP, il Regno Unito, la Repubblica ellenica e la Commissione.

20. La Commissione, nelle sue osservazioni scritte, prima di procedere all' esame vero e proprio delle questioni pregiudiziali ha svolto dettagliate considerazioni sul problema se la cessione di quote societarie rientri nel campo di applicazione della sesta direttiva. In caso negativo, secondo la Commissione non si pone la questione della deducibilità. Se invece l' operazione rientra nella sesta direttiva, nel senso che la cessione di quote societarie appare come un servizio a titolo oneroso a favore delle società figlie della BLP, in tal caso si deve esaminare la deducibilità dell' imposta a monte ai sensi dell' art. 17 di questa direttiva. Quale di queste due possibilità sussista dipende, in base alla sentenza della causa Polysar (7), dal se la BLP abbia effettuato la cessione per un proprio scopo, cioè nella sua qualità di società holding, oppure nella sua qualità di società di direzione, e cioè in connessione e come parte di un insieme di servizi amministrativi e di altra natura che essa effettua contro retribuzione per le sue società figlie. Questo punto deve essere esaminato in base alle circostanze di fatto ed alla normativa nazionale vigente.

21. All' udienza la Commissione ha tuttavia chiarito di aver sollevato questo problema solo per completezza. La discussione dinanzi alla Corte deve essere condotta nell' ambito delimitato dalle questioni pregiudiziali. Perciò anch' essa parte dalle premesse accettate da tutte le parti secondo cui la vendita di quote societarie di cui è causa costituisce un' operazione esente ai sensi dell' art. 13 della sesta direttiva.

22. Se necessario, mi occuperò più avanti nelle presenti conclusioni di ulteriori dettagli degli argomenti dedotti dalle parti in causa.

B ° Parere

Oggetto della prima questione

23. In base alla formulazione ed alla strutturazione dell' ordinanza di rinvio sia la cosiddetta attività principale della BLP sia la vendita delle quote societarie entrano nel campo d' applicazione della sesta direttiva. Questa tesi non viene più messa in discussione neanche dalla Commissione, come si desume dalle sue osservazioni all' udienza.

24. Dall' ordinanza di rinvio si deduce inoltre che l' "attività principale" della BLP, cioè ° ad eccezione della vendita delle quote societarie ° l' attività complessiva che questa ditta ha svolto come soggetto passivo di imposta durante il periodo di cui è causa, riguardava esclusivamente operazioni soggette ad imposta, mentre la vendita delle quote societarie costituisce una operazione esente [cfr. art. 13, parte B, lett. d), n. 5, della sesta direttiva].

25. Di conseguenza la High Court si chiede se l' imposta pagata per servizi, che "vengono utilizzati per un' operazione esente" da un soggetto passivo d' imposta, e che per questo collegamento (8) sarebbero esclusi dalla deduzione in base al principio posto nell' art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, possa essere dedotta ugualmente in considerazione della particolare situazione del caso di specie. In base alla tesi sostenuta dalla BLP dinanzi alla High Court, che questo tribunale ci sottopone per un esame, sussiste nella fattispecie un diritto alla deduzione poiché tra l' operazione soggetta ad imposta (la cessione delle quote societarie) e le operazioni esenti (l' attività principale della BLP) esiste un nesso: la prima, così si legge al riguardo nella prima questione,

° è stata qualificata come "operazione finanziaria accessoria",

° avente lo scopo ed il risultato di compensare integralmente l' indebitamento del soggetto passivo.

26. Nell' ambito della prima questione bisogna perciò esaminare come questi elementi, che vengono considerati dalla BLP come un collegamento tra l' operazione esente e le operazioni soggette ad imposta, influiscano sul principio e (eventualmente) sulla portata del diritto alla deduzione.

Soluzione della prima questione

27. I. In base all' argomento dedotto in via principale dalla BLP a sostegno della sua tesi, argomento che essa ha esposto dettagliatamente nelle sue osservazioni scritte, l' espressione contenuta nell' art. 17, n. 2, della sesta direttiva "ai fini di sue operazioni soggette ad imposta" deve essere interpretata in senso ampio. Non deve essere limitata all' operazione (esente), alla quale è direttamente collegata la prestazione di servizi, ma all' attività principale del soggetto passivo (nella fattispecie quindi: la operazioni soggette ad imposta), qualora, come nella fattispecie, la compensazione dell' indebitamento perseguito mediante l' operazione per primo menzionata vada a beneficio di questa attività.

28. a) A sostegno di questa tesi la BLP sostiene innanzi tutto che la normativa comunitaria sull' IVA non chiede che la componente di costo assoggettata ad imposta a monte pervenga direttamente nel prodotto finale. La BLP fa riferimento perciò al sistema che le disposizioni comunitarie in materia di IVA prevedono relativamente alle deduzioni. Perciò le considerazioni soprammenzionate, unitamente alle particolarità che sono state fatte valere a suo sostegno, vanno esaminate nell' ambito di questo sistema.

29. In base all' art. 2, primo comma, della prima direttiva, il sistema comune d' imposta sul valore aggiunto si basa sul principio secondo cui va applicata ai beni ed ai servizi un' imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell' imposizione. Affinché poi il "numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell' imposizione" non incide sull' importo dell' IVA, che alla fine spetta al fisco, l' art. 2, secondo comma, della prima direttiva introduce il meccanismo delle deduzioni.

30. Da un esame complessivo di queste disposizioni risulta che il legislatore comunitario, partendo dalla raffigurazione ideale di "catena di operazioni" ° così la relativa espressione che il rappresentante del Regno Unito ha utilizzato all' udienza °, intendeva collegare ad ogni operazione solo un debito di imposta sul valore aggiunto, nella misura in cui corrispondeva al valore aggiunto che spetta a questa operazione, cosicché dall' importo totale deve essere dedotta l' imposta che ha dato luogo al precedente "anello della catena" (9).

31. Per quanto riguarda la questione se i beni forniti o i servizi prestati per i soggetti passivi, assoggettati all' imposta a monte, possano essere collegati ad un' operazione del soggetto passivo cosicché la deduzione è giustificata, il legislatore comunitario ha optato per un criterio che corrisponde a questo sistema: l' importo, che deve essere detratto come imposta a monte deve aver "gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo".

32. Gli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva concretizzano la disciplina delle deduzioni, per quanto qui ci interessa, da due punti di vista. In primo luogo essi riguardano la circostanza in cui il legislatore comunitario negli artt. 13 e seguenti ha esentato determinate operazioni dall' imposta sul valore aggiunto. L' imposta a monte relativa ad operazioni esenti non è però deducibile in base al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, poiché il soggetto passivo, in un tale caso, in mancanza di traslazione dell' imposta sul valore aggiunto su terzi, appare come consumatore finale (10). In secondo luogo gli artt. 17 e seguenti tengono conto del fatto che singoli beni e servizi, per loro natura, sono collegati a più operazioni del soggetto passivo, e questo collegamento può riguardare al tempo stesso le operazioni soggette ad imposta e quelle esenti.

33. Queste particolarità non cambiano logicamente nulla al fatto che l' imposta a monte può essere detratta solo in quanto i beni e servizi su cui è stata applicata appaiono come "elementi del prezzo" di un' operazione assoggettata ad imposta. Per contro l' identificazione dei beni e servizi come tali elementi del prezzo diviene tanto più importante con l' introduzione della categoria delle operazioni esenti. Infatti queste operazioni non giustificano una deduzione così come non la giustificano gli eventi economici, che sussistono al di fuori del sistema dell' imposta sul valore aggiunto e perciò già in base alla prima direttiva non conferiscono alcun diritto alla deduzione dell' imposta a monte.

34. Da ciò deriva che con riserva di una disciplina diversa, in particolare quella contenuta negli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva, va operata una separazione nella maniera più chiara possibile tra i diversi tipi di operazione del soggetto passivo d' imposta. In particolare, come si deduce dalla sistematica sopra descritta, nell' applicazione dell' art. 17, n. 2, lett. a), beni o servizi che sono stati identificati come elementi costitutivi del prezzo di una specifica cessione o prestazione di servizi esente non devono essere collegati a diverse cessioni o prestazioni di servizi che sono assoggettate all' imposta sul valore aggiunto. In tal senso va interpretata l' espressione "fini" di cui all' art. 17, n. 2. Questa nozione non consente perciò, in base a considerazioni che vanno al di là di tale sistematica, di eliminare la chiara separazione tra operazioni assoggettate ad imposta ed operazioni esenti.

35. Questa conclusione viene confermata innanzitutto dall' art. 17, n. 5, della sesta direttiva. Questa disposizione, senza utilizzare la nozione di "fini", parla semplicemente di beni e servizi "utilizzati (...) per operazioni". Nell' ambito di questa disposizione tuttavia, naturalmente, per il collegamento di beni e servizi assoggettati all' imposta a monte, valgono gli stessi criteri che nell' art. 17, n. 2. In secondo luogo la menzionata conclusione viene confermata dall' art. 17, n. 3. In particolare la lett. c) di questa disposizione prevede una deroga ben delimitata alla regola secondo cui operazioni, le quali (come nella fattispecie la cessione delle quote societarie) sono esentate dall' imposta sul valore aggiunto ai sensi dell' art. 13, parte B, lett. d), n. 5, non danno alcun diritto a deduzione. Questa eccezione opera solo "quando il cliente risieda fuori della Comunità o quando tali operazioni sono direttamente connesse a beni destinati a essere esportati in un paese non appartenente alla Comunità".

36. Relativamente alla presente fattispecie la High Court, come sopra esposto, ha dichiarato che i servizi del soggetto passivo di cui è causa assoggettati all' imposta a monte sono stati "utilizzati per un' operazione esente" (11), poiché queste prestazioni, in base alle rispettive fatture, erano state "fornite in relazione alla vendita delle azioni Berg" (12). E' pacifico perciò che questi servizi costituiscono un elemento del prezzo della cessione esente (effettuata con la vendita delle quote societarie).

37. Su ciò non incide l' argomento svolto dalla BLP all' udienza secondo cui i costi per i servizi assoggettati all' imposta a monte (e perciò questa imposta a monte stessa) alla fine vengono trasferiti anche nel prezzo dei beni e servizi che essa commercializza nel corso delle sue operazioni assoggettate ad imposta. Anche se da un punto di vista commerciale o contabile si potesse costruire un tale effetto, si tratterebbe tuttavia solo di un effetto a cascata, che si verifica quando in una impresa unitaria vengono effettuate contemporaneamente operazioni soggette ad imposta ed operazioni esenti. Questa circostanza non rende i servizi di cui è causa elementi del costo delle operazioni soggette ad imposta e perciò non può modificare il collegamento sopra indicato.

38. In base a questo collegamento nella presente fattispecie la detrazione è esclusa senza che si debba accertare se la cessione di quote societarie si sia risolta a beneficio dell' attività del soggetto passivo, soggetta ad imposta, in base alla perseguita ed ottenuta compensazione dei debiti.

39. Questa conclusione viene confermata se si inserisce ° per così dire, a controllo di quanto finora detto ° quanto sopra indicato (il fatto che da una operazione vengano ricavati mezzi finanziari che vanno a beneficio dell' attività assoggettata ad imposta dell' interessato) nel sistema dell' imposta sul valore aggiunto. Ai sensi dell' art. 2, n. 1, della sesta direttiva, sono assoggettate all' imposta sul valore aggiunto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi solo quando sono effettuate "a titolo oneroso". Ciò presuppone che sia previsto un corrispettivo [cfr. art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva], che può essere espresso in denaro (13). Nella realtà della vita economica si tratta in quasi tutti i casi di un corrispettivo monetario. Perciò praticamente ogni operazione che rientra nel campo di applicazione della sesta direttiva può essere intesa come raccolta di mezzi che va a beneficio dell' attività del soggetto passivo d' imposta e, più precisamente, delle operazioni soggette ad imposta da esso eventualmente effettuate. Questa caratteristica propria di una tale operazione è, in quanto tale, chiaramente non idonea a superare la separazione tra operazioni soggette ad imposte ed operazioni esenti e a porre in discussione il collegamento sopra effettuato in base al criterio precedentemente sviluppato.

40. Tutte queste considerazioni valgono indipendentemente dal se l' operazione esente rientri o meno nell' oggetto proprio dell' impresa del soggetto passivo d' imposta. Contrariamente a quanto sembra ritenere la BLP, non vedo alcuna differenza tra la presente fattispecie e quella di un soggetto passivo d' imposta la cui propria attività aziendale comprende sia operazioni esenti sia operazioni soggette ad imposta e che svolge un gran numero di operazioni esenti, per raccogliere mezzi per la parte della sua attività che riguarda operazioni soggette ad imposta (14).

41. Prima di concludere la presente parte relativa al sistema delle disposizioni sull' imposta sul valore aggiunto devo ancora brevemente affrontare un argomento della BLP, che essa ha presentato sotto forma di un esempio.

42. Questo esempio è quello di un fabbricante di biciclette, il quale si avvale della prestazione di servizi in materia di analisi economica e consulenza giuridica. La BLP sostiene che l' attività dell' analista economico o del consulente giuridico non arriva nel prodotto finale e non contribuisce alla sua fabbricazione. Analogamente l' imposta a monte su questi servizi è deducibile. Ciò dimostra che non è necessario che il relativo elemento del costo pervenga direttamente nel prodotto finale.

43. Non posso condividere questo argomento. Certo è esatto che in questo esempio i servizi assoggettati all' imposta a monte non si sono ripercossi fisicamente nel prodotto fabbricato dal soggetto passivo. Il corrispettivo per questi servizi rientra tuttavia come parte dei costi generali negli elementi del prezzo di questo prodotto ed è perciò chiaramente da collegare ad operazioni assoggettate ad imposta del soggetto passivo ° e solo a tali operazioni.

44. Dal sistema delle disposizioni delle imposte sul valore aggiunto si deve perciò concludere che nella presente fattispecie l' imposta a monte di cui è causa non può essere detratta.

45. b) A sostegno della sua argomentazione (15) la BLP si richiama inoltre al principio della neutralità fiscale, che essa deriva dal preambolo della prima direttiva (16) e dalla giurisprudenza, in particolare dalle sentenze Rompelman (17) e Sofitam (18). Sarebbe incompatibile con tale principio trattare diversamente dal punto di vista fiscale le varie forme di raccolta di denaro. In particolare la BLP richiama la possibilità in base alla quale essa, invece di cedere le quote societarie, avrebbe potuto acquisire un prestito bancario (a lungo termine, garantito da fideiussione). I costi di consulenza che sarebbero sorti in occasione dell' acquisizione di questo prestito sarebbero stati completamente deducibili. Se quindi in un caso quale quello di specie venisse rifiutato il diritto alla detrazione, ciò comporterebbe, incompatibilmente con il soprammenzionato principio, che decisioni in materia economica verrebbero influenzate da fattori fiscali.

46. Questo argomento non è convincente.

47. La determinazione dei fini del sistema comune di imposta sul valore aggiunto non consente affatto di trattare allo stesso modo tutte le forme di raccolta di denaro. Se l' armonizzazione introdotta con questo sistema deve evitare che siano falsate le condizioni di concorrenza, come è detto esplicitamente nel preambolo della prima direttiva, allora questo può solo significare che fattispecie uguali debbono essere trattate allo stesso modo. L' acquisizione di un prestito e la cessione di quote societarie non sono tuttavia fattispecie uguali ai fini del sistema dell' imposta sul valore aggiunto (19), poiché questo è collegato ad operazioni e sussiste una chiara distinzione tra operazioni soggette ad imposta ed operazioni esenti. Se un soggetto passivo vende quote societarie, in tal caso egli effettua una operazione (autonoma) ai sensi delle disposizioni comuni sull' imposta sul valore aggiunto, la quale come operazione esente esclude dalla deduzione l' imposta a monte che ad essa si riferisce. Se lo stesso invece acquisisce un prestito, in tal caso egli non effettua alcuna operazione ai sensi di queste disposizioni. Egli è piuttosto destinatario di un servizio che costituisce oggetto dell' operazione di un terzo. Stando così le cose l' imposta a monte che rientra nel servizio di consulenza prestato in occasione dell' acquisizione di un prestito può essere detratta, se è collegata ad operazioni soggette ad imposta.

48. Questo modo di vedere le cose è compatibile con le sentenze Rompelman e Sofitam cui ha fatto riferimento la BLP. Nella sentenza Rompelman si trattava della questione se l' acquisto di un diritto immobiliare come presupposto necessario per il suo sfruttamento (assoggettato all' imposta sul valore aggiunto) costituisca un' attività economica ai sensi dell' art. 4, n. 1, della sesta direttiva, qualora (al tempo della valutazione) questo sfruttamento sia certo nelle intenzioni, ma non ancora avviato. La Corte ha risolto tale questione in via di principio in senso affermativo. Nella causa Sofitam la Corte doveva decidere se dividendi azionari di un' impresa dovessero essere inseriti al denominatore del calcolo di cui all' art. 19, n. 1, della sesta direttiva o dovevano esserne esclusi. La Corte ha optato per quest' ultima possibilità, poiché i dividendi non rientrano nel campo di applicazione dell' imposta sul valore aggiunto e il loro inserimento nel calcolo di cui all' art. 19 avrebbe falsato quest' ultimo. In considerazione delle rispettive fattispecie e delle questioni di diritto di cui trattavasi in queste due cause, nessuna di esse costituisce un precedente pertinente per la presente fattispecie.

49. Per quanto riguarda il principio generale della neutralità fiscale, riconosciuto nelle sentenze soprammenzionate, in tale contesto è stato dichiarato che

"il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l' imprenditore dall' IVA dovuta o pagata nell' ambito di tutte le sue attività economiche"

e che

"il sistema comune d' imposta sul valore aggiunto garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell' imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all' IVA" (20).

50. Da questo contesto si deduce che il principio della neutralità fiscale non può essere considerato indipendente dal "sistema comune di imposta sul valore aggiunto" e nella sua applicazione si deve considerare fin dove l' attività economica del soggetto passivo "è soggetta all' IVA".

51. La soluzione esposta non è perciò incompatibile con il principio della neutralità fiscale, così come è illustrato nel preambolo della prima direttiva e nella giurisprudenza. Per contro con questa soluzione si evita che operazioni uguali siano trattate diversamente a seconda che i soggetti passivi accanto ad operazioni esenti effettuino anche operazioni soggette ad imposta. Piuttosto, indipendentemente da tali casualità, vengono trattate allo stesso modo tutte le operazioni che presentano le stese caratteristiche.

52. II. E' opportuno ancora affrontare la questione se la qualificazione della cessione delle quote societarie come "operazione finanziaria accessoria" comporti il diritto a deduzione dell' imposta a monte di cui è causa.

53. A mio parere tale questione va risolta in senso negativo.

54. L' art. 17 non prevede alcuna norma speciale per operazioni di tale tipo. Esse trovano menzione solo nell' art. 19, n. 2. Di esse quindi non si tiene conto nel calcolo del prorata di deduzione, che il n. 1 di questa disposizione prevede per il caso in cui beni e servizi vengono utilizzati sia per operazioni per le quali sussiste un diritto a deduzione, sia per operazioni per le quali tale diritto non sussiste (art. 17, n. 5, primo comma). Tuttavia nella presente fattispecie non si tratta di un tale caso, poiché i servizi di consulenza ai quali viene applicata l' imposta a monte di cui è causa nella fattispecie sono stati utilizzati completamente per un' operazione esente, cosicché questa imposta a monte non è deducibile ai sensi dell' art. 17, n. 2. Passo subito ad occuparmi dell' interpretazione dell' art. 19, n. 2, nell' ambito della trattazione della terza questione, poiché in tale questione bisogna partire dal fatto che alla presente fattispecie si applicano gli artt. 17, n. 5, e 19.

55. III. Per tutti questi motivi la prima questione va risolta in base all' alternativa ivi menzionata sub a), poiché in un caso come quello di cui è causa i servizi ai quali si applica l' imposta a monte devono essere considerati come se fossero utilizzati ai fini di un' operazione esente, cosicché questa imposta a monte non può essere detratta.

56. Per il caso in cui la Corte di giustizia dovesse optare per questa soluzione, la seconda e terza questione diventano senza oggetto. Tali questioni devono tuttavia essere poste solo per il caso in cui la prima questione debba essere risolta in base all' alternativa indicata sub c). Contrariamente alla soluzione da me proposta, ciò significherebbe che i servizi cui ha fatto ricorso la BLP dovrebbero essere considerati come se fossero utilizzati sia per operazioni esenti sia per operazioni soggette ad imposta, cosicché l' imposta a monte applicata può essere detratta "a norma dell' art. 17, n. 5, della sesta direttiva".

57. Esaminerò quindi qui di seguito solo in subordine la seconda e terza questione.

Sulla seconda questione

58. Con la seconda questione il giudice nazionale intende accertare se l' art. 19 della sesta direttiva vada eventualmente applicato per la determinazione dell' ammontare detraibile dell' imposta pagata a monte, nel caso in cui uno Stato membro, sulla base dell' art. 17, n. 5, lett. c), abbia adottato un metodo speciale per determinare questo importo.

59. La soluzione si deduce a mio parere chiaramente dalla formulazione dell' art. 17, n. 5. Mentre il secondo comma di questa disposizione per il calcolo dell' importo detraibile prevede come regola l' applicazione dell' art. 19, il terzo comma, con l' espressione "tuttavia", autorizza gli Stati membri a prevedere deroghe a tale norma di più o meno grande portata.

60. Fin dove una particolare fattispecie rientra in una tale norma derogatoria, si deduce automaticamente dall' art. 19. Pertanto il terzo comma, lett. c), di cui trattasi consente agli Stati membri di autorizzare o imporre per tutti o per singoli beni o servizi un collegamento diretto e quindi limitare l' applicazione della regola del prorata di cui all' art. 19, n. 1.

61. In tal senso va risolta la seconda questione. Ritengo tuttavia opportuno far presente che il metodo speciale che si applica alla BLP, per quanto rilevante nella fattispecie, è compatibile con l' art. 19, nn. 1 e 2, cosicché questa soluzione ha un valore puramente teorico.

Sulla terza questione

62. Nel caso in cui l' art. 19 trovi applicazione nella determinazione dell' importo dell' imposta a monte deducibile, la High Court solleva la questione se il n. 2 di questa disposizione consenta la completa detrazione dell' imposta pagata a monte, escludendo la vendita di azioni dal computo del prorata detraibile a norma dell' art. 19, n. 1, in quanto "operazione finanziaria accessoria".

63. Se, in conformità alle premesse ° come detto, inesatte ° su cui si basa tale questione, si considera la presente fattispecie come un caso di utilizzo misto, nel senso che i costi di consulenza di cui trattasi (in particolare come costi generali) sono stati utilizzati sia per operazioni soggette ad imposta sia per un' operazione finanziaria accessoria esente, l' imposta a monte sarebbe detraibile ai sensi dell' art. 19, n. 2.

64. La disposizione da ultimo menzionata è da vedere in un contesto in cui le operazioni accessorie ivi menzionate possono costituire una parte rilevante dell' insieme delle operazioni, senza tuttavia contribuire in maniera notevole ai costi generali. Stando così le cose sarebbe inopportuno includere le operazioni accessorie nel calcolo del prorata di cui all' art. 19, n. 1. Piuttosto di queste operazioni "non si tiene conto" ai sensi dell' art. 19, n. 2. Nel caso in cui oltre all' operazione accessoria di cui trattasi tutte le operazioni del soggetto passivo siano assoggettate all' imposta sul valore aggiunto, dall' art. 19, n. 1, si deduce un prorata di 1 : 1. L' imposta a monte è quindi completamente deducibile. In tal senso deve essere risolta la terza questione.

C ° Conclusioni

65. Per i soprammenzionati motivi propongo di risolvere come segue le questioni proposte dalla High Court:

"Qualora un soggetto passivo di imposta presti per un altro soggetto passivo di imposta servizi che quest' ultimo utilizza per un' operazione esente, nel senso che essi relativamente a questa operazione costituiscono un elemento del costo, l' imposta a monte pagata su questi servizi è stata utilizzata ai sensi dell' art. 17 della sesta direttiva ai fini di una operazione esente e, salvo deroghe al sistema comune dell' imposta sul valore aggiunto, non può essere detratta. Ciò vale anche quando l' operazione esente viene considerata una 'operazione finanziaria accessoria' e ha lo scopo ed il risultato di raccogliere danaro per compensare integralmente l' indebitamento dell' altro soggetto passivo d' imposta".

(*) Lingua originale: il tedesco.

(1) ° GU n. 71 del 14.4.1967, pag. 1301.

(2) ° GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1.

(3) ° Il corsivo è mio.

(4) ° In prosieguo utilizzerò, basandomi sulla terminologia della sesta direttiva [v. ivi art. 13, parte B, lett. d), n. 5 (sul cui significato cfr. avanti paragrafo 24)], le nozioni quote parti oppure quote parti di società . Si tratta al riguardo di una nozione comprensiva di tutte le quote parti di società che non sono società per azioni. Vi rientrano quindi anche le quote di società tedesche a responsabilità limitata. La legge relativa a queste società (Reichsgesetzblatt 1898, pag. 846, con successive modifiche) indica tali quote come Geschaeftsanteile (quote societarie).

(5) ° Tutte le cifre indicate sono tratte dall' ordinanza di rinvio. Contrariamente al conteggio ivi indicato la differenza tra 45 975 e 6 120 ammonta tuttavia non a 39 845 ma a 39 855. Ad ogni modo questa imprecisione non svolge alcun ruolo nella soluzione della questione pregiudiziale.

(6) ° Bulmer (HP) Ltd/Bollinger SA [1974] 2 All ER 1226.

(7) ° Sentenza 20 giugno 1991, causa C-60/90, Polysar Investments Netherlands (Racc. pag. I-3111).

(8) ° V. anche paragrafi 36 e 37 qui di seguito.

(9) ° V. ad es. sentenza 21 settembre 1988, causa 50/87, Commissione/Francia (Racc. pag. 4797, punto 16).

(10) ° Cfr. sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker (Racc. pag. 53, punto 44).

(11) ° V. la formulazione della prima questione e supra, paragrafo 25.

(12) ° V. n. 8 dell' introduzione dell' ordinanza di rinvio nonché supra, paragrafo 11.

(13) ° Sentenza 5 febbraio 1981, causa 154/80, Staatssecretaris van Financiën (Racc. pag. 445, punto 13); sentenza 23 novembre 1988, causa 230/87, Naturally Yours Cosmetics Ltd (Racc. pag. 6365, punto 16).

(14) ° Per la rilevanza che la nozione di operazione finanziaria accessoria ha in questo contesto, v. qui di seguito paragrafi 52-54 e 62-64.

(15) ° V. sopra, paragrafo 27.

(16) ° V. i considerando dal primo al terzo e ottavo. In essi si sostiene essenzialmente che in considerazione della mancanza di norme sull' imposta sul valore aggiunto vigenti si devono introdurre disposizioni armonizzate, che non falsino le condizioni di concorrenza.

(17) ° Sentenza 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman (Racc. pag. 655). A questa sentenza ha fatto riferimento in particolare la BLP dinanzi al giudice nazionale: v. n. 17 dell' allegato dell' ordinanza di rinvio.

(18) ° Sentenza 22 giugno 1993, causa C-333/91, Sofitam (Racc. pag. I-3513). A tale sentenza ha fatto riferimento la BLP nelle sue osservazioni scritte.

(19) ° Essi non lo sono del resto neanche da un punto di vista di economia aziendale, poiché il ricavato della vendita di azioni rientra nei mezzi propri dell' impresa, mentre le somme acquisite a titolo di prestito rientrano nei capitali mutuati.

(20) ° Punto 19 della sentenza Rompelman e punto 10 della sentenza Sofitam.