Bruxelles, 26.4.2017

COM(2017) 254 final

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

Relazione sull'attuazione da parte degli Stati membri della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro

{SWD(2017) 204 final}


I.Introduzione

La presente relazione illustra lo stato dell'attuazione, da parte degli Stati membri, della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro 1 (di seguito "la direttiva" o "la direttiva sull'orario di lavoro"), come richiesto dall'articolo 24 della direttiva. Nella relazione sono richiamate le finalità e le disposizioni principali della direttiva e presentate le principali conclusioni della Commissione sull'attuazione negli Stati membri. La relazione riporta in allegato un documento di lavoro in cui la Commissione espone in maggiore dettaglio i risultati del suo esame 2 .

L'obiettivo della presente relazione è pertanto fornire una panoramica delle modalità con cui gli Stati membri hanno attuato la direttiva, mettendo in evidenza le principali problematiche e difficoltà.

La Commissione presenta in parallelo una comunicazione interpretativa 3 che ha lo scopo di apportare chiarezza e certezza del diritto agli Stati membri e alle altre parti interessate coinvolte nell'applicazione della direttiva sull'orario di lavoro, migliorandone quindi l'effettiva attuazione. La relazione e la comunicazione interpretativa hanno l'obiettivo comune di migliorare l'attuazione della direttiva, coerentemente con il quadro politico delineato nella recente comunicazione della Commissione "Diritto dell'Unione europea: risultati migliori attraverso una migliore applicazione" 4 .

Essa non può tuttavia fornire un resoconto completo ed esaustivo di tutti i provvedimenti nazionali di recepimento e non pregiudica la posizione che la Commissione potrebbe assumere in eventuali procedimenti giudiziari futuri.

II.Obiettivo e prescrizioni della direttiva

La direttiva è stata adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 137, paragrafo 2, del trattato che istituisce la Comunità europea (ora articolo 153, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea).

Il suo scopo principale è stabilire prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. Numerosi studi dimostrano che orari di lavoro lunghi e un riposo insufficiente (specialmente per periodi di tempo protratti) possono avere effetti dannosi (un'incidenza più elevata di incidenti ed errori, maggiore stress e fatica, rischi per la salute a breve e a lungo termine).

La Corte di giustizia dell'Unione europea ("la Corte" o "la CGUE") ha ritenuto che le disposizioni della direttiva riguardanti la durata massima dell'orario di lavoro, le ferie annuali retribuite e i periodi minimi di riposo "costituiscono norme della normativa sociale comunitaria che rivestono importanza particolare e di cui ogni lavoratore deve poter beneficiare" 5 .

Analogamente, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea 6 sancisce, all'articolo 31, paragrafo 2, che:

"Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite".

La direttiva stabilisce prescrizioni minime comuni per i lavoratori in tutti gli Stati membri, che comprendono:

-limiti all'orario di lavoro (non oltre 48 ore di lavoro settimanale medie, comprese le ore di straordinario);

-periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale (almeno 11 ore consecutive di riposo giornaliero e 35 ore di riposo settimanale ininterrotto);

-ferie annuali retribuite (almeno 4 settimane l'anno);

-una protezione aggiuntiva per i lavoratori notturni.

La direttiva prevede altresì una certa flessibilità nell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il periodo minimo di riposo può essere rinviato, in toto o in parte, in alcune attività. I singoli lavoratori possono scegliere di lavorare un numero di ore superiore al limite di 48 ore (clausola di non partecipazione o "opt-out"). Gli accordi collettivi possono prevedere un certo grado di flessibilità nell'organizzazione dell'orario di lavoro, ad esempio autorizzando che la media dell'orario di lavoro settimanale sia calcolata su periodi fino a 12 mesi.

III.Analisi dell'attuazione della direttiva negli Stati membri

Nel 2014 la Commissione ha avviato un esame dell'attuazione della direttiva in tutti gli Stati membri. L'esame ha tenuto conto delle relazioni nazionali (compresi i pareri delle parti sociali a livello nazionale ed europeo), delle precedenti relazioni della Commissione sull'attuazione, delle informazioni raccolte tramite EU-Pilot e le procedure di infrazione, dei contributi di esperti indipendenti e delle ricerche condotte dalla Commissione stessa. I principali risultati di portata generale sono riassunti ai punti da A a I in appresso. I punti sono strettamente connessi, cosa di cui dovrà tener conto un'eventuale valutazione della conformità con la direttiva.

A.Esclusioni dal campo d'applicazione della direttiva

Sulla base dei dati disponibili è possibile concludere che la direttiva è stata in gran parte recepita sia nel settore pubblico che in quello privato.

In alcuni Stati membri determinate categorie di lavoratori sono però escluse dal campo d'applicazione della normativa. Nel settore pubblico si tratta generalmente delle forze armate, della polizia, di altre forze di sicurezza, dei servizi di protezione civile, del personale penitenziario e dei vigili del fuoco pubblici 7 . Per quanto concerne il settore privato, diversi Stati membri escludono i lavoratori domestici 8 .

Queste esclusioni non rispettano le prescrizioni della direttiva sull'orario di lavoro, a meno che il recepimento delle disposizioni della direttiva sia garantito da contratti collettivi.

B.Lavoratori con contratti di lavoro concomitanti

La direttiva sull'orario di lavoro stabilisce prescrizioni minime per i "lavoratori", ma non precisa esplicitamente se le disposizioni fissino limiti assoluti nel caso di contratti concomitanti con uno o più datori di lavoro o si applichino separatamente a ciascun rapporto di lavoro. La Corte non si è ancora pronunciata su questo punto. Come indicato in relazioni precedenti 9 la Commissione ritiene che, alla luce dell'obiettivo della direttiva di migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori, le limitazioni dell'orario di lavoro settimanale medio e il riposo quotidiano e settimanale dovrebbero riferirsi, per quanto possibile, al lavoratore. In considerazione della necessità di dare piena attuazione all'obiettivo della direttiva sull'orario di lavoro che riguarda la salute e la sicurezza, gli Stati membri dovrebbero predisporre nella loro normativa meccanismi adeguati di monitoraggio e controllo.

La pratica degli Stati membri varia sensibilmente su questo punto. Austria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia, Germania, Lussemburgo, Regno Unito, Estonia, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Paesi Bassi e Slovenia applicano la direttiva relativamente al lavoratore (principalmente sulla base di esplicite disposizioni di legge al riguardo).

Repubblica ceca, Danimarca, Spagna, Lettonia, Ungheria, Malta, Polonia, Portogallo, Romania e Slovacchia applicano invece la direttiva relativamente al contratto.

In Belgio, Finlandia e Svezia, la direttiva si applica relativamente al lavoratore nel caso in cui vi siano più contratti con uno stesso datore di lavoro, ma relativamente al contratto nel caso in cui il lavoratore abbia più contratti con datori di lavoro diversi.

C.Definizione di "orario di lavoro" e "servizio di guardia"

In generale la definizione formale di "orario di lavoro" di cui all'articolo 2 della direttiva (ossia il periodo in cui il lavoratore è "al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni") non sembra dar luogo a problemi di applicazione.

La maggior parte degli Stati membri non prevede specifiche disposizioni di legge che definiscano lo status della pratica nota come "servizio di guardia".

Quest'ultimo indica i periodi in cui un lavoratore è obbligato a restare nel luogo di lavoro o in un altro luogo indicato dal datore di lavoro, pronto a svolgere i suoi compiti qualora gli venga richiesto. Secondo la giurisprudenza della Corte, qualsiasi servizio di guardia sul posto di lavoro dev'essere considerato a tutti gli effetti tempo di lavoro ai sensi della direttiva. Questo principio vale sia per i periodi in cui il lavoratore lavora in risposta ad una chiamata (servizio di guardia "attivo"), che per i periodi in cui il lavoratore può riposare in attesa di una chiamata (servizio di guardia "inattivo"), purché rimanga sul luogo di lavoro.

Laddove le norme nazionali facciano riferimento specifico al servizio di guardia, il riferimento è generalmente conforme con l'interpretazione della Corte, e i giudici nazionali hanno generalmente introdotto nella pratica la giurisprudenza dell'UE.

Gli Stati membri si stanno gradualmente conformando con l'obbligo di considerare il servizio di guardia come orario di lavoro, ma rimangono alcune questioni aperte.

In Slovenia gli atti giuridici che disciplinano figure quali la polizia, i giudici, le forze armate e i funzionari pubblici 10 prevedono ancora espressamente che i periodi di inattività durante il servizio di guardia sul posto di lavoro non siano da considerare orario di lavoro. Anche in Belgio un decreto che si applica ai convitti e a determinati istituti di assistenza residenziali nelle comunità francese e tedesca e nella regione della Vallonia permette di non conteggiare determinati periodi di tempo nell'orario di lavoro. Si tratta di parti di periodi trascorsi ad accompagnare le persone di cui si ha cura nelle escursioni e di parte dei periodi serali e notturni nei quali il lavoratore ha un opportuno luogo di riposo 11 . Per quanto riguarda i lavoratori che operano nel settore dell'assistenza sociale in Irlanda e i medici operanti nel servizio sanitario pubblico in Grecia, è ancora problematico se il servizio di guardia rientri nell'orario di lavoro, ma si opera per ricondurre la situazione entro i limiti della conformità con la direttiva. In base a un nuovo contratto collettivo per i medici comunali in Finlandia 12 , il servizio di guardia di alcuni medici effettuato oltre il loro regolare orario di lavoro non è conteggiato come orario di lavoro. In Danimarca la legislazione consente alle parti sociali di concordare che il periodo di riposo possa essere compreso nel servizio di guardia sul luogo di lavoro e alcune parti sociali nel settore della sanità si sono avvalse di questa possibilità 13 .

D.Pause e periodi di riposo

L'articolo 4 prevede una pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero superi le 6 ore, senza specificarne la durata o definirla in modalità più dettagliate. La direttiva dispone che tali modalità siano "fissate da contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali o, in loro assenza, dalla legislazione nazionale".

La direttiva permette che la durata e le condizioni della pausa siano fissate da contratti collettivi, ma l'obbligo di recepire la direttiva ricade sugli Stati membri. Spetta dunque a questi ultimi garantire che tutti i lavoratori, compresi quelli eventualmente non tutelati dai contratti collettivi, beneficino di una pausa.

Questa disposizione risulta essere stata in genere recepita in modo adeguato. La maggior parte degli Stati membri dispongono di norme minime sulla durata e la collocazione temporale delle pause nel corso della giornata di lavoro, ma alcuni di essi non fissano la durata minima o la collocazione temporale della pausa per legge 14 e non è chiaro se i contratti collettivi prevedano questi aspetti in tutti i casi.

Per quanto riguarda il riposo (articoli 3 e 5 della direttiva), la prescrizione fondamentale della direttiva dispone che il lavoratore deve avere un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive nel corso di ogni periodo di 24 ore, e un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore per ogni periodo di 7 giorni, a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero. La direttiva prevede la possibilità di ridurre il riposo settimanale a 24 ore per ragioni oggettive.

Queste prescrizioni fondamentali sembrano adeguatamente recepite nel diritto nazionale da parte degli Stati membri per la maggior parte dei settori. Alcuni Stati membri sembrano non aver recepito correttamente alcuni aspetti della prescrizione relativa al riposo settimanale, ad esempio perché non l'hanno recepita per un determinato settore 15 o perché concedono la possibilità di ricorrere a un periodo di riposo di 24 ore senza che vi siano ragioni oggettive concrete 16 .

E.Limiti all'orario di lavoro

A norma dell'articolo 6 della direttiva la durata media settimanale dell'orario di lavoro (comprese le ore di lavoro straordinario) non deve superare le 48 ore settimanali. In generale questo limite è stato recepito in modo soddisfacente e molti Stati membri dispongono di fatto di norme di maggiore tutela.

Diversi paesi hanno modificato la normativa nazionale per determinati gruppi di lavoratori per conformarsi alle disposizioni della direttiva. In qualche caso il limite della direttiva è ancora ecceduto, ad esempio:

-il limite massimo dell'orario di lavoro settimanale previsto dalla direttiva non è ancora adeguatamente recepito dall'Irlanda per quanto riguarda i lavoratori che operano nel settore dell'assistenza sociale né dalla Grecia per i medici operanti nel servizio sanitario pubblico, ma si opera per porre rimedio alla situazione;

-il codice del lavoro bulgaro prevede un orario di lavoro settimanale massimo di 56 ore se è stato stabilito un sistema di calcolo della media dell'orario di lavoro settimanale e non limita il ricorso al lavoro straordinario obbligatorio per le forze di difesa nazionale, le emergenze, l'urgente ripristino di servizi pubblici o i trasporti e la fornitura di assistenza medica 17 .

Sembra inoltre che il limite di quattro mesi per il calcolo della durata massima dell'orario di lavoro sia superato in Germania 18 , Bulgaria 19 e Slovenia 20 , dove è fissato a 6 mesi, e in Spagna, dove è fissato a 12 mesi 21 , e non solo per quanto riguarda le attività di cui all'articolo 17, paragrafo 3, della direttiva.

F.Ferie annuali

Il diritto fondamentale alle ferie annuali retribuite (articolo 7 della direttiva) è generalmente recepito in modo soddisfacente.

Tutti gli Stati membri prevedono esplicitamente il diritto ad almeno 4 settimane di ferie annuali retribuite, e tutti dispongono che il lavoratore riceva la "retribuzione media", il "normale compenso settimanale", la "retribuzione media mensile" o un trattamento analogo mentre è in ferie.

Sono tuttavia emersi due grandi problemi. In primo luogo, alcuni Stati membri impongono condizioni per maturare le ferie annuali retribuite o fruirne nel primo anno di lavoro, il che eccede le disposizioni della direttiva come interpretate dalla Corte di giustizia. Essi fissano ad esempio periodi di anzianità di servizio troppo lunghi (6-8 mesi) prima che il lavoratore possa godere del congedo 22 .

Alcuni Stati membri impongono regimi per cui il diritto alle ferie annuali retribuite si acquisisce sulla base della retribuzione del lavoratore nell'anno di servizio che precede l'anno in cui è possibile godere delle ferie annuali retribuite (di seguito: "l'anno di riferimento per il calcolo delle ferie") 23 . Nell'anno di riferimento per il calcolo delle ferie il lavoratore ha il diritto di assentarsi, ma senza retribuzione, e queste norme possono comportare uno slittamento di più di un anno nella fruizione delle ferie annuali retribuite maturate.

Il secondo grande problema è la decadenza del diritto alle ferie annuali retribuite se il lavoratore non ne ha potuto fruire. La Corte ha statuito che un lavoratore che non è in grado di lavorare a causa di una malattia continua a maturare il diritto alle ferie annuali retribuite durante il periodo di congedo per malattia. Gli Stati membri possono fissare un limite alla possibilità di riportare le ferie annuali non godute a causa di un'impossibilità giustificata. La Corte ha comunque inquadrato anche questa possibilità e affermato che "[o]gni periodo di riporto deve superare in modo significativo la durata del periodo di riferimento per il quale è concesso" 24 . Molti Stati membri prevedono disposizioni che conferiscono al lavoratore il diritto di riportare o rinviare i periodi di ferie annuali maturati se il periodo di fruizione di tali congedi coincide con un periodo di congedo per malattia, ma in alcuni paesi il periodo dopo il quale il lavoratore perde il diritto alle ferie retribuite sembra troppo breve, in quanto non supera il periodo di riferimento di un anno 25 . 

G.Lavoro notturno

La direttiva prevede disposizioni più protettive per i lavoratori notturni, che non possono lavorare più di 8 ore al giorno in media, e non più di 8 ore al giorno nel caso in cui il lavoro notturno sia particolarmente pericoloso o stressante. In conformità all'articolo 16, lettera c), il periodo di riferimento ai fini dell'applicazione di tale limite è definito previa consultazione delle parti sociali o mediante contratti collettivi.

Gli Stati membri limitano generalmente la durata media dell'orario di lavoro dei lavoratori notturni a 8 ore, ma in alcuni casi hanno scelto di permettere che l'orario di lavoro dei lavoratori notturni sia calcolato in media su un periodo di 4 mesi 26 , ossia il periodo di riferimento è della stessa lunghezza di quello utilizzato per il calcolo della durata massima dell'orario di lavoro generale.

Alla luce dell'obiettivo della direttiva di stabilire prescrizioni minime per la salute e la sicurezza e della necessità di garantire l'efficacia della disposizione relativa al lavoro notturno, il periodo di riferimento applicabile per il lavoro notturno dovrebbe essere significativamente più breve di quello utilizzato per la durata massima della settimana lavorativa. La Commissione è pertanto del parere che il periodo di riferimento di 4 mesi sia troppo lungo.

Per quanto riguarda il lavoro notturno comportante rischi particolari o rilevanti tensioni, tre Stati membri non hanno recepito questa disposizione della direttiva 27 , e uno Stato membro consente alcune eccezioni non previste dalla direttiva per questo tipo di lavoro 28 .

H.Deroghe (articoli 17, 18 e 22 della direttiva)

1.Lavoratori autonomi

Gli Stati membri sono autorizzati a derogare alle disposizioni in materia di riposo giornaliero e settimanale, pause, durata massima settimanale del lavoro, durata del lavoro notturno e periodi di riferimento "quando la durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi". È questo in particolare il caso dei dirigenti aventi potere di decisione autonomo, ma anche della manodopera familiare o dei lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.

In alcuni casi gli Stati membri non incorporano nelle rispettive definizioni nazionali tutti i criteri dell'articolo 17, paragrafo 1.

In alcuni testi legislativi ad esempio è prevista un'esenzione per un lavoratore che:

-lavora da casa 29 ,

-guadagna tre volte il salario minimo 30 ,

-occupa una posizione di notevole importanza o fiducia e percepisce uno stipendio pari a sette volte il salario minimo 31 o

-ha una funzione amministrativa 32 .

Questi parametri non garantiscono necessariamente che siano rispettati i criteri della direttiva.

2.Deroghe che garantiscono al lavoratore periodi equivalenti di riposo compensativo

La direttiva prevede deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero e settimanale, pause, lavoro notturno e periodi di riferimento per il calcolo della media dell'orario di lavoro:

-per una serie di attività o circostanze, ad esempio attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità, alcune attività stagionali in cui si registri un sovraccarico di attività, e alcune situazioni caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore (deroghe adottate mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali o con legge o regolamento nazionale) e

-per qualsiasi tipo di attività o situazione definita da contratti collettivi o da accordi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale (o, nel caso in cui tali soggetti decidano in tal senso, dalle parti sociali ad un livello inferiore o dalle parti sociali ad un livello collettivo adeguato).

Le norme non permettono comunque che vengano completamente omessi i periodi minimi di riposo, tranne in casi eccezionali in cui la concessione di un riposo compensativo equivalente sia oggettivamente impossibile, o in cui il lavoratore abbia beneficiato di un'adeguata protezione alternativa. Inoltre, la sentenza Jaeger 33 stabilisce che il riposo compensativo dev'essere concesso quanto prima, nel periodo immediatamente successivo a quello in cui il riposo non è stato fruito.

Gli Stati membri hanno generalmente recepito queste deroghe e ne fanno uso.

Per quanto riguarda i settori e le attività in questione, gli Stati membri hanno generalmente ripreso le attività elencate nella direttiva stessa.

Ciononostante le legislazioni nazionali di alcuni Stati membri sembrano eccedere le deroghe consentite dalla direttiva, in particolare:

-non imponendo alcun obbligo di fornire al lavoratore interessato l'equivalente riposo compensativo; ad esempio, in situazioni di urgenza e laddove ciò avrebbe un grave impatto sull'attività economica, o consentendo una compensazione finanziaria per il riposo non goduto 34 , non imponendo tale obbligo per alcuni settori o per il lavoro a turni 35 , facendo affidamento su altri tipi di misure protettive o non prevedendo un riposo compensativo equivalente alla riduzione del periodo di riposo 36 ;

-fissando un termine troppo lungo per la concessione di periodi di riposo compensativi: alcuni Stati membri, ad esempio, permettono che la compensazione equivalente per parti di riposo giornaliero non godute sia concessa entro periodi compresi tra 14 giorni e 6 mesi in determinati settori o attività 37 e altri permettono che la compensazione equivalente per parti di riposo settimanale non godute sia concessa tra le 6 settimane e i 6 mesi successivi alla mancata fruizione del riposo 38 .

3.Opzione di non partecipazione ("opt-out")

Gli Stati membri hanno facoltà di non applicare il limite massimo dell'orario di lavoro settimanale nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori e a condizione che siano messe in atto misure di protezione (articolo 22 della direttiva). Il lavoratore non può essere obbligato a lavorare in media più di 48 ore alla settimana a meno che non abbia dato il proprio esplicito consenso libero e informato prima di effettuare tale lavoro. Lo Stato membro deve garantire che nessun lavoratore possa subire un danno da parte del datore di lavoro se il lavoratore non è disposto a dare il proprio consenso ad effettuare tale lavoro. Lo Stato membro deve inoltre assicurare che il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano tale lavoro e metta i registri a disposizione delle autorità competenti, che possono vietare o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di superare la durata massima settimanale del lavoro.

Diciotto Stati membri disciplinano attualmente il ricorso all'opt-out. Di questi, 6 (Bulgaria, Croazia, Cipro, Estonia, Malta e Regno Unito) consentono di avvalersi di tale opzione indipendentemente dal settore, mentre gli altri 12 (Belgio, Repubblica ceca, Francia, Germania, Ungheria, Lettonia, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Spagna) ne limitano l'uso alle occupazioni che comportano un ricorso massiccio al servizio di guardia, quali i servizi sanitari o di emergenza. La Croazia e l'Austria usano l'opt-out solo da poco.

Gli altri 10 Stati membri (Danimarca, Irlanda, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Finlandia e Svezia) non fanno ricorso all'opt-out.

Le prescrizioni fissate direttamente nella direttiva per quanto riguarda il consenso esplicito del lavoratore, la tenuta dei registri e le relazioni alle autorità in merito alle persone che lavorano in media più di 48 ore alla settimana sono generalmente osservate. In alcuni paesi sembra però mancare il recepimento chiaro dell'obbligo di vietare il trattamento sfavorevole dei lavoratori che rifiutano di dare il proprio consenso.

Non vi sono limiti massimi espliciti al numero di ore di lavoro che possono essere autorizzate a norma dell'articolo 22. La direttiva afferma comunque che devono essere rispettati i principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori. Poiché la direttiva non consente deroghe al riposo giornaliero e settimanale senza un riposo compensativo, le prescrizioni relative al riposo limitano in ogni caso l'orario di lavoro consentito.

Sembra che la metà degli Stati membri che applicano l'opt-out preveda una qualche forma di limitazione esplicita dell'orario di lavoro consentito 39 .

In base alle informazioni a disposizione della Commissione, cinque Stati membri hanno emanato disposizioni esplicite che impongono al datore di lavoro di registrare l'orario di lavoro dei lavoratori che hanno scelto di avvalersi dell'opt-out 40 . La registrazione dell'orario di lavoro può tuttavia derivare anche dalla legislazione generale che si applica a tutti i lavoratori.

I.Valutazione da parte degli Stati membri e delle parti sociali

1.Organizzazioni sindacali

La Confederazione europea dei sindacati (CES) ritiene che l'applicazione pratica della direttiva non risponda ai relativi obiettivi di protezione e miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori. La CES sostiene che l'opt-out compromette le finalità della direttiva in quanto un orario di lavoro prolungato danneggia la salute dei lavoratori,

La CES ritiene che la direttiva sull'orario di lavoro non sia stata attuata in modo soddisfacente nei diversi Stati membri.

Questi sono alcuni dei principali problemi:

-esclusione del servizio di guardia dal calcolo dell'orario di lavoro;

-riposo compensativo non fruito direttamente dopo un turno;

-estensione dei periodi di riferimento a dodici mesi per legge;

-uso dell'opt-out e

-deroga per i lavoratori autonomi.

L'opinione che la direttiva non sia stata recepita in modo soddisfacente nei diversi Stati membri è condivisa da Eurocadres, secondo cui i problemi più evidenti sono il periodo di servizio di guardia e la deroga per i lavoratori autonomi.

2.Datori di lavoro

I principali problemi riscontrati dalle organizzazioni dei datori di lavoro relativamente all'applicazione della direttiva sono i seguenti:

-leggi nazionali ritenute più restrittive di quanto prescritto dalla direttiva e uso insufficiente delle deroghe disponibili;

-notevoli problemi di applicazione pratica delle sentenze SIMAP e Jaeger sul servizio di guardia e sul riposo compensativo e delle sentenze relative al congedo annuale nel contesto del congedo di malattia.

Le federazioni aderenti a BusinessEurope ritengono che le misure per il recepimento della direttiva soddisfino gli obiettivi di quest'ultima in termini di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, pur rilevando che esse vanno al di là di quanto necessario a tal fine.

BusinessEurope riferisce che le federazioni aderenti ritengono generalmente che da un punto di vista giuridico la direttiva sull'orario di lavoro sia stata recepita in modo soddisfacente nei rispettivi paesi. Le federazioni aderenti evidenziano inoltre i problemi di non conformità con la direttiva per quanto riguarda il servizio di guardia e le disposizioni in materia di periodi di riposo compensativo in alcuni settori pubblici e privati.

3.Stati membri

Agli Stati membri è stato principalmente chiesto di riferire in merito a eventuali attività di valutazione effettuate sotto la loro autorità e di indicare le principali conclusioni sull'impatto socioeconomico delle misure di recepimento. All'epoca in cui le informazioni sono state raccolte, solo il Regno Unito aveva effettuato una valutazione specifica degli effetti delle misure di recepimento delle disposizioni e deroghe previste dalla direttiva.

Da tale valutazione è emerso che la riduzione del 15 %, tra il 1997 e il 2013, del numero di dipendenti che lavorano più di 48 ore dovrebbe essere interpretata innanzitutto nel contesto di una più ampia tendenza internazionale alla riduzione dell'orario di lavoro. Le constatazioni formulate nell'ambito della valutazione suggeriscono inoltre che l'introduzione dei regolamenti sull'orario di lavoro ha avuto una qualche ulteriore ripercussione sulla riduzione dell'orario di lavoro prolungato.



J.Conclusioni

In generale, un'ampia maggioranza di lavoratori nell'UE è soggetta a norme in materia di orario di lavoro che sono conformi alla legislazione dell'UE. In molti casi le norme nazionali forniscono una protezione anche maggiore di quella prevista dalla direttiva.

Il grado di conformità della legislazione degli Stati membri con le prescrizioni della direttiva sta migliorando. Per esempio, molti paesi hanno modificato la normativa in materia di ferie annuali, in particolare per quanto concerne l'acquisizione e il riporto di ferie annuali per le persone in congedo di malattia o di maternità/parentale. Diversi paesi hanno inoltre modificato la legislazione in materia di durata massima dell'orario di lavoro di categorie specifiche di lavoratori.

L'analisi condotta dalla Commissione nel 2010 ha dimostrato che numerosi Stati membri hanno introdotto la deroga che consente ai lavoratori di avvalersi dell'opt-out dal limite massimo dell'orario di lavoro. Da allora la situazione è rimasta stabile, e la Croazia e l'Austria sono gli unici altri due Stati membri ad aver introdotto la deroga.

Dalla presente relazione emerge anche che permangono criticità nell'attuazione di alcuni elementi importanti della direttiva secondo l'interpretazione della Corte di giustizia.

Il recepimento non corretto dell'obbligo di fornire un riposo compensativo nel caso in cui i periodi minimi di riposo siano ridotti o rinviati è chiaramente il problema più diffuso.

Vi sono anche altre problematiche, ma meno comuni, tra cui il trattamento del servizio di guardia come orario di lavoro, le limitazioni alla durata massima dell'orario di lavoro per determinati gruppi di lavoratori (soprattutto il personale sanitario e delle forze armate) e le limitazioni all'orario di lavoro dei lavoratori notturni.

Vi sono inoltre problemi in vari Stati membri per quanto riguarda le norme sull'acquisizione delle ferie annuali durante il primo anno di lavoro e il diritto del lavoratore di mantenere i diritti acquisiti per un periodo sufficientemente lungo se le ferie annuali coincidono con il congedo di malattia.

La Commissione gestirà le posizioni derivanti da leggi o prassi nazionali in conformità con la comunicazione della Commissione "Diritto dell'Unione europea: risultati migliori attraverso una migliore applicazione".

Fatto salvo il suo ruolo di custode dei trattati, la Commissione continuerà a sostenere gli sforzi degli Stati membri per migliorare l'attuazione della direttiva da parte loro ed è pronta ad agevolare gli scambi tra gli Stati membri e tra le parti sociali, ove possano essere utili.

La comunicazione interpretativa vuole apportare chiarezza e certezza del diritto nell'applicazione della direttiva, mentre la presente relazione contribuisce a identificare i principali settori di cooperazione futura con gli Stati membri e delle attività di controllo.

(1) Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernentetaluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9). La direttivacodifica e abroga due direttive precedenti del 1993 e del 2000.
(2) SWD(2017) 204.
(3) Comunicazione della Commissione "Comunicazione interpretativa sulla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003 concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro", C(2017) 2601.
(4) Comunicazione della Commissione, "Diritto dell'Unione europea: risultati migliori attraverso una migliore applicazione", C(2016)8600 (GU C 18 del 19.1.2017, pag. 10).
(5) Sentenza del 1° dicembre 2005, Abdelkader Dellas e altri contro Premier ministre e Ministre des Affaires sociales, du Travail et de la Solidarité, C-14/04, ECLI:EU:C:2005:728, punti 40-41 e 49; sentenza del 6 aprile 2006, Federatie Nederlandse Vakbeweging contro Staat der Nederlanden, C-124/05, ECLI:EU:C:2006:244, punto 28.
(6) Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1); secondo l'articolo 52, paragrafo 1, "[e]ventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui".
(7) Irlanda [legge sull'organizzazione dell'orario di lavoro numero 20, parte I, n. 3, paragrafo 1: An Garda Síochána (polizia), forze armate], Irlanda [(legge sull'organizzazione dell'orario di lavoro numero 20, parte I, n. 3, paragrafo 3, lettera b), e regolamenti sull'organizzazione dell'orario di lavoro (esenzione dei servizi di protezione civile) (S.I. No 52/1998), tra cui vigili del fuoco, personale penitenziario e personale operante nelle emergenze marittime]; Cipro (legge sull'orario di lavoro del 2002, articolo 4, forze armate); Italia (decreto legislativo n. 66/2003, articolo 2: polizia e forze armate, servizi nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di sicurezza pubblica, nonché di protezione civile, sono integralmente esclusi se le loro funzioni comportano particolari esigenze e se un decreto ministeriale lo prevede).
(8)  Belgio (codice del lavoro del 16 marzo 1971, articolo 3); Grecia (decreto presidenziale n. 88/1999, modificato dal decreto presidenziale n. 79/2005, articolo 1); Lussemburgo (codice del lavoro, articolo L. 211-2); Svezia (legge sull'orario di lavoro SFS 1982:673, sezione 2); Regno Unito (regolamenti sull'orario di lavoro 1998, parte III, regolamento 19).
(9) Relazione della Commissione sulla situazione dell'applicazione della direttiva del Consiglio 93/104/CE, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, COM(2000)787 definitivo; relazione della Commissione sull'applicazione da parte degli Stati membri della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, COM(2010) 802 definitivo e SEC(2010) 1611 definitivo.
(10) Legge sull'organizzazione e sul lavoro della polizia (Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 15/13, 11/14, 86/15, 77/16), articolo 71; legge sulla funzione giudiziaria (Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 94/07, testo ufficiale consolidato 91/09, 33/11.63/13.95/14.95/14 ZUPPJS15, 17/15); legge sulla difesa, articolo 97e (Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 103/04, 95/16, testo consolidato n. 8); accordo collettivo per il settore pubblico (Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 57/08, 23/09, 19/09, 89/10, 40/12, 46/13, 95/14, 91/16), articolo 46.
(11) Regio decreto del 26 maggio 2002 relativo all'orario di lavoro dei lavoratori impiegati in istituzioni e servizi della sottocommissione comune dell'istruzione e dell'edilizia abitativa della Comunità francese, della regione vallona e della comunità germanofona (C.P. 319.02).
(12) Datori di lavoro degli enti locali (KT) e ente di negoziazione per i professionisti del settore pubblico (JUKO), 31 maggio 2016.
(13) Decreto esecutivo n. 324 del 23 maggio 2002 relativo ai periodi di riposo settimanale e giornaliero, sezione 19, contratto collettivo sull'orario di lavoro per il personale sanitario impiegato dalle regioni, allegato 5, accordo commentato sul tempo di riposo giornaliero e settimanale per il personale sanitario, sezione 4 (infermieri, bioanalisti, fisioterapisti ecc.), accordo collettivo per i medici impiegati dalle regioni, sezione 29.
(14)

Danimarca (atto regolamentare n. 896 del 2004 sull'attuazione di parti della direttiva sull'orario di lavoro, sezione 3); Lussemburgo (codice del lavoro, articolo L. 211-16); Romania [codice del lavoro (legge n. 53/2003), articolo 134]; Svezia [legge sull'orario di lavoro (1982:673), sezione 15].

(15) Spagna (funzionari pubblici).
(16) Belgio, Germania, Slovenia (settore sanitario).
(17) Codice del lavoro, articoli 142 e 146.3.
(18)

 Legge sull'orario di lavoro, articolo 7, paragrafo 8, e articolo 14.

(19) Codice del lavoro, articolo 142, e legge sui funzionari pubblici, articolo 49.
(20) ZDR-1, articolo 144.3.
(21) Codice del lavoro, articolo 34.2.
(22) Bulgaria (codice del lavoro, articolo 155, paragrafo 2, 8 mesi); Estonia (legge sui contratti di lavoro § 68, paragrafo 4 – 6 mesi).
(23) Danimarca, Finlandia, Svezia.
(24) Sentenza del 22 novembre 2011, KHS AG contro Winfried Schulte, C-214/10, ECLI:EU:C:2011:761, punti 38-40.
(25) Danimarca (legge consolidata 202 del 2013 sulle ferie, articolo 13.5); Estonia (legge sui contratti di lavoro del 17 dicembre 2008, articolo 68 – entro un anno dalla fine dell'anno civile su cui le ferie sono calcolate); Lituania (codice del lavoro del 4 giugno 2002, articolo 174 – nell'anno di ferie annuali successivo); Slovenia [legge sui rapporti di lavoro (n. 21/2013), articolo 162 – entro il 31 dicembre dell'anno successivo]; Finlandia (legge sull'orario di lavoro 162/2005, articolo 26); le ferie estive posticipate possono essere concesse nello stesso anno civile dopo la stagione delle ferie, mentre le ferie invernali rimandate possono essere godute entro la fine dell'anno civile successivo).
(26) Danimarca (legge n. 896 del 2004 sull'attuazione di parti della direttiva sull'orario di lavoro, sezione 5), Croazia (legge sul lavoro n. 93/14, articolo 69), Malta (accordi collettivi o 17 settimane), Ungheria, Paesi Bassi (legge sull'orario di lavoro del 23 novembre 1995, sezione 5:8), Polonia, Slovenia [legge sui rapporti di lavoro (n. 21/2013), articolo 152], Slovacchia (legge n. 311/2001, codice del lavoro, articolo 98), Svezia (legge sull'orario di lavoro SFS 1982:673, sezione 13a), Regno Unito (regolamenti sull'orario di lavoro 1998, regolamento 6).
(27) Germania, Italia, Paesi Bassi.
(28) Repubblica ceca (codice del lavoro, sezione 94, paragrafo 1).
(29) Lussemburgo (codice del lavoro, articolo L. 211-3).
(30) Paesi Bassi (decreto sull'orario di lavoro del 4 dicembre 1995, articolo 2.1: 1).
(31) Ungheria (legge I del 2012 sul codice del lavoro, sezioni 208 e 209).
(32) Portogallo [legge n. 7/2009 del 12 febbraio (codice del lavoro), articolo 18a].
(33) Sentenza del 9 settembre 2003, Landeshauptstadt Kiel contro Norbert Jaeger, C-151/02, ECLI:EU:C:2003:437.
(34) Belgio (codice del lavoro del 16 marzo 1971, sezione VI, articolo 38); Francia (L.3132-5, codice del lavoro); Francia (D-3131-2, codice del lavoro); Finlandia (legge sull'orario di lavoro 605/1996, sezione 32); Francia (decreto n. 2000-815 del 25 agosto 2000 relativo all'orario di lavoro nel settore pubblico, articolo 3); Finlandia (legge sull'orario di lavoro 605/1996, sezione 32).
(35) Francia (decreto n. 2000-815 del 25 agosto 2000 relativo all'orario di lavoro nel settore pubblico, articolo 3); Ungheria (legge CLIV del 1997 sul sistema sanitario (Eütv); legge CCV del 2012 relativa allo status giuridico dei soldati (Hjt.); Paesi Bassi (decreto sull'orario di lavoro del 4 dicembre 1995, capitolo 5). Romania (codice del lavoro, articolo 135).
(36) Germania (legge sull'orario di lavoro articolo 7, paragrafi 2a e 9).
(37) Belgio (legge del 14 dicembre 2000 per il settore pubblico, articolo 7); Repubblica ceca (legge n. 262/2006, codice del lavoro, sezioni 90a e 92); Germania (legge sull'orario di lavoro del 6 giugno 1994, articoli 5.2 e 5.3); Spagna (legge 55/2003 del 16 dicembre 2003, statuto quadro per i dipendenti del servizio sanitario, articolo 54); Austria (legge sul lavoro dei funzionari pubblici n. 33/1979, sezione 48a); Austria (legge 461/1969 sull'orario di lavoro, sezione 12); Slovenia [legge sui rapporti di lavoro (ERA-1) 2013, articolo 158]; Slovenia (legge sulla professione medica n. 72/06-ZZdrS UPB3, articolo 41d, legge sui servizi sanitari n. 23/05 – ZZdej UPB2); Slovacchia (legge n. 311/2001, codice del lavoro, sezione 92.2); Finlandia (legge sull'orario di lavoro 605/1996, sezione 29).
(38) Repubblica ceca (legge n. 262/2006, codice del lavoro, sezioni 90a e 92); Slovenia [legge sui rapporti di lavoro (ERA-1) 2013, articolo 158]; Slovenia (legge sulla professione medica n. 72/06-ZZdrS UPB3, articolo 41d, legge sui servizi sanitari n. 23/05 – ZZdej UPB2); Slovacchia (legge n. 311/2001, codice del lavoro, sezione 93.5); Finlandia (legge sull'orario di lavoro 605/1996, sezione 32).
(39) Belgio, Repubblica ceca, Spagna, Croazia, Lettonia, Ungheria, Paesi Bassi, Austria, Slovacchia.
(40) Belgio, Germania, Francia, Cipro, Lettonia.