21.4.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 125/40


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro dell'Unione per il reinsediamento e modifica il regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio»

[COM(2016) 468 final — 2016/0225 (COD)]

(2017/C 125/05)

Relatore:

Christian MOOS

Consultazione

Consiglio dell'Unione europea, 7.9.2016

Parlamento europeo, 12.9.2016

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

10.1.2017

Adozione in sessione plenaria

25.1.2017

Sessione plenaria n.

522

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

177/8/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il CESE,

1.1

si esprime a favore di una vera politica comune in materia di asilo che rispetti i valori europei, e accoglie con favore la creazione di un quadro dell'Unione per il reinsediamento;

1.2

invita l'Unione ad assumersi maggiori responsabilità nei confronti delle persone bisognose di protezione internazionale, a compiere, per la loro accoglienza, sforzi maggiori di quelli fatti finora, e a dare prova di maggiore solidarietà nei confronti dei paesi terzi, ma anche di Stati membri come la Grecia, sulla questione dei rifugiati;

1.3

sottolinea la propria richiesta di costruire solidi sistemi di integrazione negli Stati membri;

1.4

chiede che i criteri comuni per il reinsediamento si basino principalmente sul bisogno di protezione delle persone interessate e non solo sull'efficace cooperazione del paese terzo in materia di asilo, e che detti criteri non siano discriminatori;

1.5

ritiene discutibile l'applicazione dei concetti di «paese di primo asilo» e di «paese terzo sicuro», a causa dell'incertezza e dell'instabilità della situazione attuale nelle regioni e nei paesi terzi interessati. A suo avviso, nella situazione attuale la dichiarazione UE-Turchia riveste un'estrema importanza. È nell'interesse di entrambe le parti che, nella sua attuazione, venga monitorata la situazione dei diritti umani;

1.6

chiede di stralciare il programma di reinsediamento dagli accordi di partenariato che sono intesi ad ottenere la collaborazione dei paesi terzi per la prevenzione delle fughe, poiché ciò comporta il pericolo di violazioni del diritto internazionale e dei diritti fondamentali; sottolinea che né le misure previste nel quadro di partenariati con i paesi terzi né, più in generale, gli aiuti allo sviluppo devono essere condizionati ad accordi di rimpatrio o ad altri accordi di cooperazione analoghi con paesi terzi;

1.7

chiede che l'UNHCR assuma un ruolo chiave nell'identificazione dei cittadini di paesi terzi o apolidi da reinsediare, e manifesta perplessità riguardo alla concessione di diritti speciali che consentano ai paesi terzi di effettuare una selezione dei rifugiati;

1.8

accoglie con favore il rilievo dato alla necessità di assicurare la protezione delle donne, dei bambini e dei giovani, ma considera problematica la categoria delle «persone vulnerabili dal punto di vista socioeconomico». Non operando alcuna distinzione tra le diverse vie legali di ingresso, la proposta della Commissione rischia, in generale, di compromettere la quantità e la qualità dei reinsediamenti;

1.9

esprime dei dubbi, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati (in appresso «Convenzione di Ginevra»), quanto all'esclusione collettiva delle persone che hanno soggiornato, sono entrate o hanno tentato di entrare irregolarmente nel territorio degli Stati membri nei cinque anni precedenti il reinsediamento, nonché di coloro a cui gli Stati membri hanno negato il reinsediamento nei cinque anni precedenti, se soddisfano tutti gli altri criteri di ammissibilità;

1.10

sottolinea che il reinsediamento non deve pregiudicare il diritto di asilo. In generale, è necessario accertarsi che venga garantito il rispetto dei diritti fondamentali ai sensi della Convenzione di Ginevra, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in appresso «Carta») e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (in appresso «CEDU»);

1.11

invita a prefiggersi obiettivi ambiziosi al momento di determinare il numero annuo di persone da reinsediare, e raccomanda di fissare come numero minimo quello stabilito dal comitato ad alto livello;

1.12

si aspetta di partecipare all'istituendo comitato ad alto livello per il reinsediamento;

1.13

raccomanda inoltre un coinvolgimento permanente dell'UNHCR nel comitato di alto livello per il reinsediamento. In generale, dalla proposta della Commissione non risulta chiaramente in che modo e con quali procedure verranno identificate — dall'UNHCR o dagli Stati membri — le persone bisognose di protezione internazionale, né quale ruolo spetterà in tale processo all'Agenzia europea per l'asilo;

1.14

è favorevole alla sperimentazione di programmi alternativi di accoglienza e finanziamento complementari secondo il modello canadese del Private Sponsorship of Refugees Program (Programma di sponsorizzazione privata dei rifugiati) (1). Un quadro dell'UE per il reinsediamento può trarre beneficio, in generale, dall'istituzionalizzazione di un approccio trilaterale, che includa cioè gli Stati membri, l'UNHCR e attori privati/della società civile, purché ciò non comprometta la qualità e la quantità del reinsediamento; esorta gli Stati membri a garantire che la società civile sia adeguatamente informata in merito ai piani di reinsediamento e sostenuta affinché partecipi al processo;

1.15

consiglia una più forte presenza istituzionale dell'UE e degli Stati membri nei paesi di origine e di transito particolarmente oberati, e raccomanda di alleviare la situazione di tali paesi potenziando le capacità di accoglienza e protezione in loco.

2.   Valutazione delle singole disposizioni della proposta

2.1    Quadro dell'Unione per il reinsediamento

2.1.1

Il CESE accoglie con favore il reinsediamento nell'Unione di persone bisognose di protezione internazionale. In linea con il proprio parere sull'agenda europea sulla migrazione (2), il CESE sottolinea l'esigenza di accompagnare il reinsediamento con la creazione di solidi sistemi di integrazione negli Stati membri, per consentire l'accesso al mercato del lavoro, il riconoscimento delle qualifiche e la formazione professionale e linguistica.

2.1.2

Il CESE sostiene le misure per un'integrazione rapida, efficace e riuscita delle persone reinsediate nel quadro del piano d'azione presentato il 7 giugno 2016per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi  (3). Tali misure, tuttavia, sono in contrasto con lo status di protezione sussidiaria, in quanto gli Stati membri devono verificare di nuovo lo status di protezione di una persona e potrebbero eventualmente non riconoscerle lo status di rifugiato. Pertanto, sussiste il rischio di deportazione o rimpatrio nel paese d'origine o terzo di una persona bisognosa di protezione internazionale.

2.2    Regioni o paesi terzi da cui deve avvenire il reinsediamento

2.2.1

Il CESE sostiene la flessibilità, prevista agli articoli 7 e 8, nella determinazione di criteri comuni per la selezione delle regioni o paesi terzi da cui dovrebbe aver luogo il reinsediamento. Tuttavia, tali criteri non dovrebbero essere troppo esclusivi e non dovrebbero dipendere dalla qualità della cooperazione di uno Stato terzo o regione in materia di migrazione e asilo, bensì sul bisogno di protezione delle persone interessate. Il CESE rifiuta qualsiasi forma di discriminazione in base alla rotta intrapresa, al paese di origine, alla razza o alla religione (articolo 3 della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati).

2.2.2

Riguardo alla creazione delle condizioni per l'applicazione dei concetti di «paese di primo asilo» e di «paese terzo sicuro» nel quadro del rimpatrio dei richiedenti asilo, già nel parere sull'istituzione di un elenco comune dell'UE di paesi di origine sicuri  (4) il CESE osservava che è ancora troppo presto per un elenco inclusivo e che occorre accordarsi su un elenco di paesi di origine sicuri basato esclusivamente sui criteri comuni sanciti nella direttiva 2013/32/UE, mentre, per la valutazione di un paese, è necessario definire indicatori specifici, precisi e basati sull'esperienza, attingendo in particolare alle fonti dell'UNHCR, dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), del Consiglio d'Europa, della Corte europea dei diritti dell'uomo e di altre organizzazioni per i diritti umani. Il CESE avverte che tali concetti non devono essere applicati in nessun caso ai paesi che violano i diritti umani e i principi dello Stato di diritto. Inoltre, un paese terzo può essere considerato «sicuro» solo se si è accertato che esso rispetta il principio di non respingimento e che, in generale, ha pienamente riconosciuto e applica la Convenzione di Ginevra, il protocollo di New York del 31 gennaio 1967 sullo status dei rifugiati e gli altri trattati pertinenti.

2.2.3

Dal punto di vista del CESE, tuttavia, l'Unione, attraverso la conclusione di questi partenariati, sta cercando di trasferire il problema dei rifugiati e la propria responsabilità nei confronti delle persone in cerca di protezione verso alcuni paesi terzi e di indurre questi ultimi, mediante incentivi materiali, a trattenere le persone bisognose di protezione all'esterno dei confini esterni dell'UE. In tal senso va anche discussa la riammissione, rinforzata dai nuovi accordi, di cittadini di paesi terzi e apolidi che soggiornano irregolarmente nel territorio degli Stati membri. Gli sforzi per ridurre il numero di rifugiati espongono al rischio che i paesi terzi, in violazione del divieto di respingimento previsto dalla Carta, dalla Convenzione di Ginevra e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, fermino, respingano o espellano i rifugiati in arrivo ai loro confini. Il CESE chiede pertanto la rigorosa applicazione dei principi del diritto internazionale e la creazione di meccanismi di controllo efficaci.

2.3    Criteri per determinare le regioni o i paesi terzi da cui deve avvenire il reinsediamento (articolo 4)

2.3.1

Il CESE chiede di stralciare il programma di reinsediamento dagli accordi di partenariato, eliminando quindi la seconda parte della lettera a) dell'articolo 4 («e gli eventuali movimenti successivi di tali persone verso il territorio degli Stati membri»). Dal punto di vista del CESE, i criteri di cui all'articolo 4, lettera c) e d), con l'eccezione del punto iii), mettono in discussione il diritto di asilo e protezione dal respingimento di cui agli articoli 18 e 19 della Carta e, pertanto, anch'essi devono essere soppressi.

2.3.2

Il CESE, di concerto con l'UNHCR, chiede che, per le misure di riammissione, ci si assicuri che la regione o il paese terzo abbia riconosciuto pienamente ed applichi la Convenzione di Ginevra, in modo da garantire l'accesso a una procedura di esame delle domande di protezione ai sensi di tale convenzione.

2.3.3

Il CESE nota con preoccupazione che il meccanismo di rimpatrio nel quadro della dichiarazione UE-Turchia potrebbe trasformare i punti di crisi (hot spot) in centri di detenzione. Ciò violerebbe il diritto alla libertà e alla protezione da arresti arbitrari (articolo 5 della CEDU, articolo 6 della Carta). Il CESE esprime, pertanto, forte preoccupazione per gli arresti e i rimpatri effettuati nel quadro della dichiarazione UE-Turchia, e reputa che l'attuale meccanismo di rimpatrio debba essere riesaminato con urgenza al fine di garantire una protezione appropriata in questo e nei nuovi accordi di partenariato.

2.3.4

Il CESE sostiene, in linea di principio, l'intensificazione delle relazioni diplomatiche come pure l'adozione di misure finanziarie e tecniche nel quadro di partenariati con paesi terzi, tra cui la creazione di capacità locali per l'accoglienza e la protezione delle persone bisognose di protezione internazionale, che servono a gestire la problematica dei profughi nelle regioni e nei paesi terzi. Tali interventi devono essere conformi alla Convenzione di Ginevra, alla CEDU e alla Carta. Le misure adottate nel quadro dei reinsediamenti o, in generale, gli aiuti allo sviluppo non devono essere condizionati da accordi per il rimpatrio o altri accordi di cooperazione simili con paesi terzi, poiché questi ultimi sono in contrasto con l'obiettivo umanitario di tali interventi.

2.4    Criteri di ammissibilità (articolo 5)

2.4.1

Il CESE accoglie con favore il particolare accento posto sulla necessità di assicurare la protezione di donne e ragazze, nonché di bambini ed adolescenti, compresi i minori non accompagnati, e l'aggiunta delle persone con legami familiari alle categorie classiche di reinsediamento. In particolare, il CESE approva la volontà di garantire l'unità del nucleo familiare della persona, tenendo conto anche di fratelli e sorelle in quanto «familiari». Queste disposizioni, tuttavia, possono applicarsi solo nel caso in cui l'obiettivo non sia raggiungibile tramite disposizioni già vigenti in materia di ricongiungimento familiare, come quelle della direttiva sul ricongiungimento familiare del 2003. Il CESE sottolinea la necessità di rispettare i principi di uguaglianza e non discriminazione, che dovrebbero valere anche a prescindere dai casi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell'articolo in esame.

2.4.2

Nondimeno, il CESE giudica problematica l'inclusione, tra i suddetti casi, della categoria delle «persone vulnerabili dal punto di vista socioeconomico», qualora si tratti di persone che hanno, ad esempio, un reddito, status professionale o livello di formazione basso. L'inserimento di questa categoria, per la quale non è prevista alcuna protezione ai sensi della Convenzione sullo statuto dei rifugiati, potrebbe infatti condurre alla discriminazione di persone bisognose di protezione internazionale. Pertanto, si devono assolutamente creare altri canali di ingresso legale e adottare misure orientate alla necessità di proteggere le persone vulnerabili dal punto di vista socioeconomico.

2.4.3

In generale, il CESE raccomanda di adottare i criteri di riconoscimento stabiliti già da tempo dall'UNHCR, rafforzando così il ruolo centrale di tale organismo nell'identificazione delle persone bisognose di protezione internazionale.

2.5    Motivi di esclusione (articolo 6)

2.5.1

Il CESE rifiuta l'esclusione in blocco delle persone di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettere d) ed f), in quanto ciò è in contrasto con il diritto fondamentale all'asilo. Se si vogliono preservare l'integrità e la credibilità dell'istituto dell'asilo, entrambe queste categorie di esclusi devono essere stralciate.

2.5.2

È inoltre necessario accertarsi che l'articolo 6, paragrafo 1, lettera c) sia applicato soltanto secondo il principio di proporzionalità. E ancora, in merito ai criteri di ammissione e ai motivi di esclusione, è necessario sopprimere o specificare i termini e le formule vaghi, come ad esempio «abbiano commesso un reato grave» [articolo 6, paragrafo 1, lettera a), punto ii)], considerata la diversità delle norme — e delle relative interpretazioni — nei vari Stati membri.

2.5.3

Nel caso dei motivi di esclusione facoltativi (articolo 6, paragrafo 2), secondo cui gli Stati membri possono rifiutare il reinsediamento di cittadini di paesi terzi o apolidi a cui si applicano prima facie i motivi di esclusione di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera a) o b), essi devono essere fondati su indizi chiari e verificabili oppure vanno soppressi. Decidendo sulla base di un semplice sospetto, lo Stato membro violerebbe il principio di non discriminazione.

2.6    Piano annuale e programmi mirati di reinsediamento dell'Unione (articoli 7 e 8)

2.6.1

Il CESE accoglie con favore la possibilità di reagire in modo flessibile alle fluttuazioni dei flussi migratori e ai cambiamenti della situazione internazionale. Chiede tuttavia, in accordo con l'UNHCR e altre organizzazioni della società civile (5), che il numero di persone da reinsediare sia imperativamente definito come numero minimo, a differenza di quanto previsto all'articolo 7, e che la relazione annuale dell'UNHCR (6) venga utilizzata come base per determinare le esigenze prevedibili di reinsediamento. Il CESE ritiene adeguata, per l'Europa, una quota pari ad almeno il 25 % delle esigenze globali di reinsediamento comunicate dall'UNHCR.

2.6.2

Il CESE nutre delle preoccupazioni quanto al coinvolgimento degli Stati membri nell'attuazione del piano annuale di reinsediamento. Tali dubbi si basano sull'attuazione data finora alle conclusioni del Consiglio del 20 luglio 2015, ma anche sulle procedure di infrazione avviate dalla Commissione per la mancata attuazione del sistema europeo comune di asilo (7) e sulla relazione della Commissione sui progressi compiuti nell'attuazione della dichiarazione UE-Turchia (8).

2.6.3

All'articolo 8 occorre distinguere più chiaramente tra il quadro di reinsediamento dell'UNHCR e le misure di reinsediamento — e altre vie d'ingresso legali — dell'UE, degli Stati membri o di altre parti interessate. In generale, il CESE accoglie con favore l'istituzionalizzazione di un approccio tripartito nel quadro dell'UE per il reinsediamento, in base al quale i reinsediamenti vengano effettuati dall'UNHCR, dall'UE e dai suoi Stati membri, come pure da soggetti privati/della società civile.

2.7    Consenso (articolo 9)

2.7.1

Anche se le procedure di reinsediamento di cui agli articoli 10 e 11 devono essere basate sul consenso dei cittadini di paesi terzi o apolidi, questi ultimi, se rifiutano il reinsediamento in un determinato Stato membro, ad esempio per motivi familiari, sociali o culturali, non devono essere esclusi dal reinsediamento in un altro Stato membro.

2.8    Procedura ordinaria e accelerata (articoli 10 e 11)

2.8.1

Il CESE ritiene che l'UNHCR debba svolgere un ruolo chiave nell'identificazione dei cittadini di paesi terzi e apolidi. L'UNHCR può essere sostenuto da un'agenzia dell'Unione per l'asilo, i cui scopi e le cui competenze siano specificamente stabiliti in via preliminare dalla Commissione, oppure da organismi internazionali pertinenti. Il CESE manifesta perplessità riguardo al conferimento di diritti speciali, come quelli previsti dalla dichiarazione UE-Turchia, secondo cui è il paese terzo anziché l'UNHCR a selezionare i migranti; tale situazione, infatti, non garantisce il rispetto dei diritti fondamentali ai sensi della Convenzione di Ginevra, della Carta e della CEDU.

2.8.2

Secondo la proposta, il reinsediamento dovrebbe essere la via preferenziale per la protezione internazionale nel territorio degli Stati membri e non dovrebbe sovrapporsi a una procedura di asilo. Tali restrizioni rischiano di compromettere il diritto all'asilo di una persona bisognosa di protezione. Si deve garantire la possibilità di chiedere asilo nel territorio degli Stati membri anche in altri modi, altrimenti si rischia di violare il diritto e il dovere della persona in cerca di protezione di chiedere asilo nel primo paese ospitante dell'Unione.

2.8.3

Il CESE avverte che, per quanto riguarda l'integrazione delle persone reinsediate in uno Stato membro, nel quadro della procedura accelerata (articolo 11) vi è un conflitto con lo status di protezione sussidiaria. Nello Stato membro di reinsediamento, infatti, lo status di rifugiato di una persona deve essere nuovamente verificato e, in talune circostanze, può essere rifiutato. Occorre quindi astenersi dal concedere lo status di protezione sussidiaria poiché la procedura accelerata viene attuata per necessità urgenti, ad esempio di assistenza sanitaria. In entrambe le procedure occorre verificare le condizioni per il pieno riconoscimento dello status di rifugiato (9).

2.9    Comitato ad alto livello (articolo 13)

2.9.1

Il CESE raccomanda alla Commissione di non limitarsi a consultare il comitato ad alto livello, ma di definire con quest'ultimo un piano annuale di reinsediamento e la sua attuazione obbligatoria. La Commissione e il Parlamento dovrebbero presiedere il comitato congiuntamente, in stretta cooperazione con la società civile. Anche il CESE, in quanto portavoce della società civile, dovrebbe essere rappresentato nel comitato ad alto livello come membro a pieno titolo, o almeno parteciparvi in modo permanente come osservatore o consulente.

2.9.2

Il CESE chiede che siano membri permanenti del comitato ad alto livello un'agenzia dell'Unione per l'asilo, l'UNHCR e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni.

2.10    Esercizio della delega

Il CESE approva il conferimento al Parlamento e al Consiglio di un diritto di veto e revoca in relazione agli atti delegati della Commissione adottati conformemente all'articolo 10, paragrafo 9.

2.11    Associazione con l'Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera

Il CESE sostiene espressamente la partecipazione di Stati associati all'attuazione dei piani di reinsediamento e al comitato ad alto livello. Il CESE raccomanda di invitare a parteciparvi anche il Regno Unito, l'Irlanda e la Danimarca.

3.   Raccomandazioni specifiche

3.1    Partecipazione degli Stati membri all'attuazione dei piani annuali di reinsediamento

3.1.1

Il CESE esorta ancora una volta gli Stati membri dell'UE e la comunità internazionale ad assumersi maggiori responsabilità nei confronti delle persone bisognose di protezione internazionale, a dare prova di maggiore solidarietà con le regioni e i paesi terzi verso cui o all'interno dei quali tali persone sono state sfollate nonché a compiere maggiori sforzi per il reinsediamento e l'ammissione volontaria per motivi umanitari.

3.1.2

Il CESE chiede all'Unione e agli Stati membri di adempiere gli impegni assunti finora per la ricollocazione e il reinsediamento nel quadro delle decisioni del Consiglio di luglio e settembre 2015, prendendo maggiormente in considerazione la limitata capacità di uno Stato membro come la Grecia, nonché di intensificare gli sforzi per creare un quadro di reinsediamento dell'Unione basato sulla solidarietà e un sistema europeo comune di asilo. Poiché, secondo i dati dell'UNHCR, nel mondo vi sono 65,3 milioni di persone bisognose di protezione internazionale, il CESE chiede di mostrare un maggiore impegno e di reinsediare ogni anno molto più di 20 000 persone.

3.1.3

Il CESE raccomanda agli Stati membri di espandere al più presto la propria presenza istituzionale nei paesi di origine e transito, dando alle ambasciate, ai consolati o ai centri di migrazione ancora da istituire i mezzi per riconoscere rapidamente il bisogno di protezione dei singoli sulla base dei dossier dell'UNHCR e consentire il reinsediamento di queste persone negli Stati membri. In questo modo si darebbe un ulteriore contributo allo sviluppo delle infrastrutture necessarie per i piani di reinsediamento dell'Unione.

3.2    Cooperazione

3.2.1

Il CESE raccomanda di istituzionalizzare uno stretto partenariato con l'UNHCR in ragione delle sue competenze riconosciute a livello internazionale. Tale cooperazione può essere affiancata da partenariati analoghi con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e altre organizzazioni certificate della società civile, come la Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME) e il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE). Il Comitato desidera incoraggiare gli Stati membri a coinvolgere i cittadini e le organizzazioni della società civile nelle fasi iniziali a livello locale per ottenere il sostegno della comunità locale, aumentando in tal modo la prospettiva di una integrazione riuscita dei rifugiati reinsediati.

3.2.2

Vanno presi in considerazione anche programmi alternativi di accoglienza e finanziamento, ad esempio da parte di individui, organizzazioni non governative, organizzazioni della società civile — tra cui le associazioni impegnate nel sociale — o altre parti interessate, al fine di creare canali legali di ingresso nell'Unione. Queste iniziative possono utilmente integrare il piano di reinsediamento europeo, ma non devono in alcun caso sostituirlo. Il CESE richiama l'attenzione, a tale proposito, su un lodevole progetto canadese: il Private Sponsorship of Refugees Program. La società civile, le parti sociali e gli enti locali svolgono importanti funzioni di integrazione dopo il reinsediamento delle persone, e dovrebbero pertanto essere coinvolti quanto prima nei processi di pianificazione e decisione relativi al reinsediamento.

3.2.3

I programmi privati di ammissione dovrebbero essere valutati regolarmente dagli Stati membri per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali stabiliti dalla Carta, dalla CEDU e dalla Convenzione di Ginevra, e garantire che non siano perseguiti altri interessi. Le persone reinsediate nel quadro dei programmi privati di ammissione devono soddisfare i requisiti necessari ad ottenere lo status di rifugiati e, nel paese ospitante, godere dello stesso status giuridico dei rifugiati ammessi tramite programmi statali.

Bruxelles, 25 gennaio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  http://www.cic.gc.ca/english/resources/publications/ref-sponsor/.

(2)  GU C 71 del 24.2.2016, pag. 46.

(3)  COM(2016) 377 final.

(4)  GU C 71 del 24.2.2016, pag. 82.

(5)  Joint Comments Paper by Caritas Europe, CCME, ECRE, ICMC Europe, IRC, Red Cross EU Office (Documento di osservazioni congiunte di Caritas Europa, CCME, ECRE, CICM Europa, IRC e ufficio UE della Croce Rossa), 14 novembre 2016.

(6)  UNHCR Projected Global Resettlement Needs 2016 (UNHCR, Proiezione delle esigenze globali di reinsediamento 2016).

(7)  IP/15/6228.

(8)  COM(2016) 349 final.

(9)  Cfr. GU C 34 del 2.2.2017, pag. 144; SOC/547 sul secondo pacchetto di riforme per il sistema europeo comune di asilo, Bruxelles, 14 dicembre 2016 e la Convenzione di Ginevra del 1951 (cfr. pag. … della presente Gazzetta ufficiale).