52014DC0906

PROGETTO DI RELAZIONE COMUNE SULL'OCCUPAZIONE DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO che accompagna la comunicazione della Commissione sull'analisi annuale della crescita 2015 /* COM/2014/0906 final */


Il progetto di relazione comune sull'occupazione, prescritta dall'articolo 148 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), si iscrive nel quadro del pacchetto sull'analisi annuale della crescita per l'avvio del "semestre europeo 2015". La relazione, intesa a fornire un orientamento economico più deciso, rafforza i messaggi fondamentali in materia di occupazione al centro dell'analisi annuale della crescita. Il suo contenuto si basa sugli sviluppi sociali e occupazionali in Europa, sull'attuazione degli orientamenti a favore dell'occupazione[1], sull'esame dei programmi nazionali di riforma (PNR) in base al quale il Consiglio ha adottato le raccomandazioni specifiche per paese l'8 luglio 2014 e sulla valutazione dell'applicazione di questi programmi sino a oggi.

La situazione occupazionale e sociale resta preoccupante

Le previsioni economiche d'autunno della Commissione sono caratterizzate da una crescita lenta e da una disoccupazione elevata, ma relativamente stabile (24,6 milioni di persone). Le divergenze tra i paesi, specialmente nella zona euro, restano marcate. Anche nelle economie il cui andamento in termini comparativi è buono, la disoccupazione sta diventando strutturale, come dimostra il numero crescente di disoccupati di lunga durata.

Le riforme a sostegno dei mercati del lavoro che funzionano bene devono continuare

Diversi Stati membri hanno intrapreso riforme, in linea con le rispettive raccomandazioni specifiche per paese. Gli effetti positivi di tali riforme si riflettono ad esempio nell'aumento dei tassi di attività. Sono tuttavia necessari maggiori investimenti per stimolare la crescita e favorire un ambiente propizio alla creazione di posti di lavoro dignitosi. 

Per quanto concerne la lotta alla disoccupazione giovanile, gli Stati membri hanno compiuto progressi nell'attuazione delle garanzie per i giovani. Sono tuttavia necessari ulteriori sforzi, mirati in particolare ai servizi pubblici per l'impiego, agli interventi attivi personalizzati nel mercato del lavoro e all'istruzione e alla formazione professionale. Gli Stati membri dovrebbero garantire un ambiente favorevole all'offerta di tirocini da parte delle imprese, così da agevolare la transizione dall'istruzione al mondo del lavoro.

Grazie agli investimenti in capitale umano attraverso l'istruzione e la formazione aumenterà la produttività

Gli Stati membri si sono adoperati per introdurre misure intese a migliorare l'offerta di competenze e a promuovere l'istruzione nell'età adulta. Un certo numero di paesi ha adottato misure per migliorare il sistema di istruzione primaria, secondaria e terziaria, mentre altri hanno rivisto la strategia generale in materia di istruzione. Gli Stati membri devono continuare la riforma dei sistemi di istruzione e formazione professionale per aumentare la produttività dei lavoratori alla luce dei rapidi mutamenti delle esigenze in materia di qualifiche.

I regimi fiscali e previdenziali dovrebbero sostenere la creazione di posti di lavoro

I regimi di prestazioni di disoccupazione dovrebbero essere maggiormente collegati alle misure di sostegno e attivazione e sono necessari ulteriori interventi per favorire l'integrazione dei disoccupati di lunga durata nel mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero prorogare o in alcuni casi intensificare le misure per fronteggiare il problema della segmentazione dei mercati del lavoro, semplificando il diritto del lavoro.

Sono state avviate alcune riforme dei sistemi fiscali al fine di ridurre i disincentivi a lavorare e allo stesso tempo diminuire la tassazione del lavoro per consentire alle imprese di (ri-) assumere giovani e disoccupati di lunga durata. Alcuni Stati membri hanno riformato i meccanismi di fissazione dei salari per promuovere l'allineamento dell'andamento salariale alla produttività e sostenere il reddito disponibile delle famiglie, con un'attenzione particolare ai salari minimi. Alcuni Stati membri hanno valutato la possibilità di creare posti di lavoro tramite l'assunzione (temporanea), integrazioni salariali o il sovvenzionamento dei contributi sociali delle nuove assunzioni.

Modernizzazione dei regimi di protezione sociale

Sono state avviate riforme strategiche dei sistemi di protezione sociale. Si sta aumentando l'età pensionabile e si stanno riducendo le disparità di genere in materia. Gli Stati membri stanno aprendo la strada alla possibilità di prolungare la vita lavorativa e di migliorare i diritti alla pensione rinviando il pensionamento. I sistemi di protezione sociale attivano le persone in grado di accedere al mercato del lavoro, proteggono i soggetti maggiormente esclusi dal mercato del lavoro e tutelano le persone contro i rischi che potrebbero emergere nel loro ciclo di vita.

Gli Stati membri stanno intensificando gli sforzi mirati a tutelare le persone maggiormente a rischio di povertà, in particolare i bambini e gli anziani.

Inoltre la revisione della spesa sanitaria promuove modalità di aumento dell'efficacia a favore dei cittadini e di miglioramento del rapporto costo/qualità.

1.       TENDENZE E SFIDE NELLA SOCIETÀ E NEL MERCATO DEL LAVORO DELL'UNIONE EUROPEA

La disoccupazione nell'UE-28 è in leggero calo, ma rimane elevata. Il tasso di disoccupazione era diminuito di oltre 2 punti percentuali tra il 2004 e il 2008, ma la crisi economica e finanziaria ha causato un grave peggioramento (figura 1). Tra il 2008 e il 2013 il tasso di disoccupazione (destagionalizzato) nell'UE-28 è passato dal 7,0 % al 10,8 %. Secondo i dati Eurostat più recenti, da allora il tasso di disoccupazione è sceso nuovamente, per attestarsi al 10,1 % in settembre 2014 (11,5 % per la ZE-18). Si tratta del livello più basso dal febbraio 2012 e la situazione è stabile rispetto ad agosto 2014. Questo tasso equivale ad un numero assoluto di 24,6 milioni di disoccupati, rispetto ai 26,4 milioni di un anno prima. Se si esamina l'evoluzione nel tempo dei diversi gruppi sul mercato del lavoro, si può vedere che il tasso di disoccupazione giovanile è strutturalmente superiore al tasso medio e reagisce anche più prontamente al ciclo economico. Anche i tassi di disoccupazione dei lavoratori poco qualificati sono strutturalmente più elevati.[2] Tra i lavoratori più anziani i tassi di disoccupazione sono piuttosto bassi, tuttavia in generale è per loro più difficile trovare un nuovo posto di lavoro se si ritrovano disoccupati. I tassi di disoccupazione di uomini e donne sono piuttosto simili dal 2009.

Figura 1: andamento dei tassi di disoccupazione tra il 2004 e il 2013 nell'UE-28 (dati annuali): totale, giovani, lavoratori più anziani, lavoratori scarsamente qualificati e donne        Fonte: Eurostat.

L'andamento della disoccupazione nell'UE è ancora molto disomogeneo, ma ha smesso di divergere ulteriormente. Nel settembre 2014 i tassi di disoccupazione oscillavano dal 5,0 % in Germania e dal 5,1 % in Austria, ad un estremo, al 24,0 % in Spagna e al 26,4 % (dato di luglio) in Grecia, all'altro. Nel corso dell'ultimo anno la disoccupazione è diminuita in 21 Stati membri, mentre è rimasta invariata in un paese ed è aumentata in sei. Le diminuzioni più evidenti si sono registrate in Spagna, Croazia, Ungheria e Portogallo, mentre si è verificato un ulteriore aumento in sei Stati membri (Francia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Austria e Finlandia).

La disoccupazione di lunga durata è ancora in aumento. Tra il 2010 e il 2013 il tasso di disoccupazione di lunga durata nell'UE-28 è aumentato dal 3,9 % al 5,1 %. L'andamento è stato particolarmente negativo in Grecia e in Spagna e in misura relativamente minore a Cipro, mentre si sono registrati miglioramenti significativi nei tre Stati baltici. Nell'ultimo anno la disoccupazione di lunga durata quale percentuale della disoccupazione totale è aumentata ulteriormente dal 45,3 % al 48,7 % nell'UE-28 (47,5 % e 51,5 % nella ZE-18).

La disoccupazione di lunga durata riguarda gli uomini, i giovani e i lavoratori poco qualificati più di altri gruppi sul mercato del lavoro e colpisce in particolare coloro che lavorano nelle professioni e nei settori in declino. Lo stato complessivo dell'economia rimane un fattore importante che influenza le variazioni dei livelli e dei flussi da e verso la disoccupazione di lunga durata, ma vi sono anche rilevanti effetti specifici per ogni paese in alcuni Stati membri (quali Finlandia, Paesi Bassi e Svezia), che assicurano elevati tassi di rientro nel mercato del lavoro, contrariamente a quanto accade in altri paesi, quali Bulgaria, Grecia e Slovacchia. In generale, uno su cinque dei disoccupati di lunga durata nell'UE non ha mai lavorato, e tre su quattro sono giovani di età inferiore ai 35 anni, con conseguenti rischi di emarginazione.[3]

Figura 2: tassi di disoccupazione di lunga durata in percentuale della popolazione attiva nell'UE-28 e negli Stati membri, 2010 e 2013   Fonte: Eurostat.

La disoccupazione giovanile resta a livelli molto elevati, ma mostra segni di miglioramento. Nel settembre 2014 il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) nell'UE-28 era pari al 21,6 %, in diminuzione di 1,9 punti percentuali rispetto all'anno precedente. Si rileva una grande dispersione tra gli Stati membri, con dati che variano dal 7,6 % in Germania e dal 9,1 % in Austria al 50,7 % (luglio 2014) in Grecia e al 53,7 % in Spagna. Pur non essendo aumentata da allora, la differenza resta notevole.

La percentuale di giovani (15-24 anni) disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (NEET) è rimasta elevata, anche se quasi il 70 % dei giovani nell'UE frequentava la scuola nel primo trimestre del 2014. In molti Stati membri le percentuali di NEET sono molto al di sopra dei livelli più bassi registrati dal 2008 e sono ancora vicine ai limiti superiori. Ciò si verifica, in particolare, in alcuni Stati membri con i tassi più elevati quali Bulgaria, Cipro, Grecia, Spagna, Croazia, Italia e Romania. Tassi piuttosto bassi e in miglioramento sono rilevabili in Austria, Germania, Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia. Nel 2013 i livelli si sono mantenuti al di sopra del 10 % nella grande maggioranza degli Stati membri. I tassi di NEET delle donne sono leggermente più alti di quelli degli uomini: nel 2013 sono stati, rispettivamente, del 13,2 % e del 12,7 % (per un totale del 13,0 %). Il fenomeno dei NEET è dovuto innanzitutto a un incremento della disoccupazione giovanile, ma anche all'inattività connessa alla mancanza di istruzione. In alcuni Stati membri (Bulgaria, Romania e Italia) le percentuali di NEET inattivi superano il 10 %.

I livelli di abbandono scolastico precoce stanno progressivamente diminuendo, avvicinandosi all'obiettivo di un abbandono scolastico inferiore al 10 % entro il 2020. L'abbandono scolastico precoce si attestava sul 12,0 % nel 2013, in diminuzione rispetto al 12,7 % dell'anno precedente, con i maschi (13,6 %) più interessati dal fenomeno rispetto alle femmine (10,2 %). Il fenomeno continua comunque a costituire un grave problema, poiché coinvolge circa 5 milioni di persone, di cui oltre il 40% disoccupate. Nel 2013 in 18 Stati membri il tasso era inferiore all'obiettivo del 10 %  posto dalla strategia Europa 2020. L'abbandono scolastico precoce più elevato, con tassi superiori al 20%, si è registrato in Spagna e a Malta.

L'Europa sta progredendo verso l'obiettivo di un tasso di compimento degli studi superiori pari ad almeno il 40 % entro il 2020. Nel 2013 tale tasso era del 36,9 %, ovvero 1,2 punti percentuali in più rispetto all'anno precedente. I tassi più elevati (al di sopra del 50 %) si registrano in Irlanda, Lituania e Lussemburgo. Nell'UE le donne completano l'istruzione terziaria in numero maggiore rispetto agli uomini, (39,9 % contro 31,5 %).

Figura 3: percentuali di NEET nell'UE-28 e negli Stati membri nel secondo trimestre del 2014 e valori massimi e minimi dal 2008.

Fonte: Eurostat, indagine sulla forza lavoro (LFS), dati non destagionalizzati, media di 4 trimestri fino al secondo semestre 2014, calcoli della DG EMPL).

I tassi di attività hanno retto bene gli anni della crisi nella maggior parte degli Stati membri, soprattutto grazie all'incremento dei tassi di attività tra i lavoratori più anziani (55-64 anni) e le donne. Tra il primo trimestre del 2008 e il primo trimestre del 2014 il tasso di attività della popolazione tra i 15 e i 64 anni nell'UE-28 è salito dal 70,3 % al 72,0 %, benché con notevoli differenze da un paese all'altro. I maggiori aumenti si sono registrati in Repubblica ceca, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Malta e Polonia, i cali più forti si sono avuti in Danimarca (partendo però da un livello molto alto) e in Irlanda. Pur essendo cresciuti nel corso del tempo, i tassi di attività femminile mostrano ancora un notevole divario rispetto ai tassi di attività maschile, pari a 11,7 punti percentuali nel primo trimestre del 2014 (i tassi corrispondenti per gli uomini e le donne erano, rispettivamente, del 77,9 % e del 66,2 %). I divari di genere nei tassi di attività sono particolarmente elevati in Grecia e in Italia. In alcuni altri paesi come Austria, Germania e Paesi Bassi i livelli di attività femminile sono elevati e sono caratterizzati dalla diffusione del lavoro a tempo parziale tra le donne.

Il tasso di occupazione nell'UE continua a mostrare un andamento negativo e il raggiungimento del grande obiettivo di Europa 2020, che mira a un tasso di occupazione del 75 % per gli uomini e le donne tra i 20 e i 64 anni, richiederebbe una forte inversione di tendenza.  Dall'inizio della crisi il tasso di occupazione nell'UE-28 è diminuito di circa 1,5 punti percentuali, da un picco nel 2008 al 68,4 % nel primo trimestre del 2014. L'evoluzione negli Stati membri è stata assai diversa (figura 4). Tra il primo trimestre del 2008 e il primo trimestre del 2013 la crescita dell'occupazione è stata particolarmente negativa in alcuni paesi dell'Europa meridionale, nei paesi baltici, in Bulgaria e in Irlanda. Si sono invece registrati forti aumenti in Lussemburgo e a Malta e, in misura minore, in Germania. Nel corso dell'ultimo anno l'evoluzione è stata più moderata, con un aumento dell'occupazione anche in diversi paesi che avevano avuto problemi gli anni precedenti.

L'evoluzione dell'occupazione non è stata equamente distribuita. Mentre i tassi di occupazione maschile (per gli uomini tra i 20 e i 64 anni) sono diminuiti di oltre tre punti percentuali tra il primo trimestre del 2008 e il primo trimestre del 2014 (passando dal 77,4 % al 74,0 %), l'occupazione femminile è scesa solo marginalmente, registrando perfino un certo incremento nel corso dell'ultimo anno (0,8 %). Gli incrementi sono stati abbastanza considerevoli per i lavoratori più anziani (6,2 punti percentuali dal primo trimestre del 2008 fino a una percentuale del 50,9 % all'inizio del 2014, con notevoli aumenti in Belgio, Germania, Francia, Ungheria, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Polonia), in particolare per le donne più anziane (8,4 punti percentuali). Per quanto concerne i livelli di istruzione, i cali occupazionali sono stati maggiori per i lavoratori meno qualificati e più o meno simili per i soggetti con un livello di istruzione medio e elevato. Il tasso di occupazione dei cittadini di paesi terzi (tra i 20 e i 64 anni) nell'UE-28 è diminuito passando dal 62,4 % nel primo trimestre del 2008 al 55,4 % nel primo trimestre del 2014. Per quanto concerne le tendenze occupazionali per settore, la quota del settore dei servizi continua a crescere, a scapito dell'occupazione sia nell'industria sia nell'agricoltura. Attualmente le percentuali sono circa il 72,5 %, il 22,5 % e il 5 %. Benché gli anni della crisi siano stati deleteri per l'occupazione permanente, l'onere maggiore dell'adeguamento è gravato essenzialmente sui posti di lavoro temporanei (non rinnovati). Infine, l'occupazione a tempo pieno si è ridotta di circa 8,1 milioni di persone tra il primo trimestre del 2008 e il primo trimestre del 2014. Per contro, negli ultimi anni si è assistito a una crescita costante dei posti di lavoro a tempo parziale, con 4 milioni di nuovi posti dal primo trimestre del 2008.

Figura 4: crescita occupazionale per Stato membro (numero di persone impiegate di età compresa tra i 20 e i 64 anni) a partire dal primo trimestre 2008 Fonte: Eurostat, calcoli della DG EMPL.

In futuro l'occupazione dovrebbe aumentare lievemente, essenzialmente in seguito alla crescita prevista del PIL. Nel medio termine, diverse tendenze determineranno un'ulteriore crescita occupazionale, specialmente in alcuni ambiti[4]. Il progresso tecnologico consentirà di creare posti di lavoro nel settore delle TIC (si prevedono 900 000 posti vacanti entro il 2015), mentre l'invecchiamento, malgrado i vincoli attuali e futuri dei bilanci della sanità pubblica, può intensificare la richiesta di operatori e servizi sanitari nel medio periodo. Inoltre, l'evoluzione in senso ambientale dell'economia può portare a un incremento dei posti di lavoro "verdi"[5]. Anche altri settori connessi all'alta tecnologia, quale quello dei trasporti, richiederanno la massiccia assunzione di lavoratori mediamente o altamente qualificati per rispondere alla crescita registrata nel settore dell'aviazione e del trasporto passeggeri, nonché per sostituire l'alta percentuale di personale anziano che, secondo le previsioni, lascerà il settore dei trasporti entro il 2020.

Le piccole e medie imprese sono tradizionalmente considerate il motore della crescita dell'occupazione e da alcune ricerche risulta che tra il 2002 e il 2010, l'85 % dei nuovi posti di lavoro nell'UE sono stati creati dalle PMI. Tra il 2010 e il 2013 invece l'occupazione nelle PMI nell'UE è diminuita dello 0,5 %. Se si esclude il settore edile, che nel 2008 dava lavoro ad un dipendente delle PMI su sette, questo dato evidenzia un lieve aumento dello 0,3 %, che è tuttavia ridimensionato da un aumento del 2 % nelle grandi imprese.

Finora e in molti Stati membri la disponibilità di credito per il settore non finanziario rimane debole, a causa di fattori legati sia alla domanda che all'offerta, compresa la ristrutturazione del settore e la riduzione della leva finanziaria che ha fatto seguito alla crisi finanziaria. Inoltre, i tassi d'interesse dei prestiti bancari negli Stati membri vulnerabili rimangono elevati, nonostante i recenti interventi della BCE, il che va a scapito principalmente delle PMI. L'accesso limitato ai finanziamenti può inoltre limitare il numero di start-up, il che desta preoccupazione alla luce del fatto che, tra le PMI, le nuove imprese rappresentano una parte cospicua di crescita netta di posti di lavoro. La mancanza di dinamismo nell'evoluzione dell'occupazione delle PMI a partire dal 2010 evidenzia il potenziale impatto sull'occupazione di soluzioni adeguate ai problemi del settore finanziario. Le politiche a sostegno della creazione di imprese hanno anche un impatto significativo sull'occupazione.

La segmentazione sul mercato del lavoro resta notevole in diversi Stati membri. L'occupazione giovanile è caratterizzata da alte quote di occupazione sia temporanea che a tempo parziale, rispettivamente 42,4 % e 31,9 % (dell'occupazione totale) nel primo trimestre del 2014. In confronto, la percentuale di posti di lavoro temporanei e a tempo parziale tra la popolazione attiva totale era molto più bassa, attestandosi rispettivamente al 13 % e al 19 %. Nel lavoro a tempo parziale le donne sono sovrarappresentate. Nel primo trimestre del 2014 l'incidenza del lavoro a tempo parziale tra le donne era del 32 % rispetto all'8,3 % tra gli uomini. In Austria, Belgio, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito le percentuali delle lavoratrici a tempo parziale superano il 40 %. Nel contesto macroeconomico corrente, gli impieghi temporanei e a tempo parziale, in una certa misura involontari[6], possono contribuire alla creazione di posti di lavoro, oltre a costituire, a medio e a lungo termine, un trampolino di lancio per contratti a tempo indeterminato e/o a tempo pieno (ad esempio per i giovani). La segmentazione emerge anche dai persistenti divari retributivi tra i sessi e dai bassi tassi di transizione da forme lavorative contrattuali meno tutelate a forme più tutelate.

In diversi Stati membri l'incontro tra domanda e offerta sul mercato del lavoro è peggiorato. Mentre il numero di posti vacanti è rimasto relativamente stabile negli ultimi anni in media, la disoccupazione è aumentata, il che può indicare un deterioramento dell'incontro tra domanda e offerta sul mercato del lavoro. La curva di Beveridge (figura 5) suggerisce un incremento della disoccupazione strutturale che inizia intorno alla metà del 2011[7]. Esaminando l'evoluzione negli Stati membri, l'incontro tra domanda e offerta sul mercato del lavoro si è deteriorato nella maggior parte degli Stati membri, con la significativa eccezione della Germania in particolare. La generale tendenza negativa è dovuta essenzialmente a shock negativi della domanda di manodopera nonché a un divario crescente tra domanda e offerta di competenze[8]; ciò indica che l'assenza di opportunità sul mercato del lavoro, connessa alla crisi economica, sta producendo effetti di isteresi da contrastare attraverso investimenti in capitale umano e un adeguamento più efficace tra domanda e offerta.

Figura 5: curva di Beveridge, UE-28, primo trimestre 2008 - primo trimestre 2014 Fonte: Eurostat. Nota: LSI (asse verticale) è l’acronimo di “labour shortage indicator”, ossia indicatore del deficit di manodopera, stabilito sulla base dei risultati dell'indagine UE sulle imprese (% di imprese manifatturiere che indica il deficit di manodopera come un fattore limitante della produzione); UR è l’acronimo di "unemployment rate", ossia tasso di disoccupazione.

Il crescente numero di disoccupati durante la crisi, l'incremento della percentuale di disoccupati di lunga durata e la conseguente riduzione dell'efficacia nell'incontro tra domanda e offerta pongono serie sfide alle politiche attive del mercato del lavoro (PAML) e ai servizi pubblici per l'impiego (SPI).

La mobilità lavorativa all'interno dell'UE resta limitata, soprattutto in proporzione alle dimensioni complessive del mercato del lavoro dell'UE. Mentre un cittadino dell'UE su quattro afferma che prenderebbe in considerazione l'opportunità di lavorare in un altro paese dell'UE nei prossimi dieci anni, fino al 2013 soltanto il 3,3 % della popolazione economicamente attiva dell'UE risiedeva in un altro Stato membro. Le differenze tra paesi sono comunque piuttosto marcate (figura 6). A causa delle notevoli differenze nei tassi di disoccupazione tra gli Stati membri dell'UE, l'aumento del numero di persone che desiderano spostarsi si è in parte tradotto in una maggiore mobilità a partire dal 2011, ma solo in misura limitata e non tanto quanto sarebbe necessario per poter realmente eliminare gli enormi squilibri esistenti tra i mercati occupazionali dell'UE.[9]

Figura 6: tasso di mobilità per Stato membro secondo gli anni di residenza, 2013      Fonte: "Key Features", DG EMPL. Note: il tasso di mobilità è il numero di cittadini in età lavorativa che vivevano in un altro Stato membro nel 2013, in percentuale della popolazione in età lavorativa del paese di appartenenza. I dati relativi a Malta e Slovenia sono insufficienti per poter essere considerati affidabili. I dati relativi a CY, DK, EE, FI, LU e SE non sono affidabili a causa delle ridotte dimensioni del campione.

L'offerta di competenze deve essere ulteriormente migliorata. Diverse tendenze, in particolare la globalizzazione e il cambiamento tecnologico (che richiede competenze elevate), hanno comportato graduali variazioni della domanda relativa di livelli di competenze diversi.  Inoltre, l'importanza relativa dei diversi tipi di competenze ha subito un cambiamento: sia le competenze connesse alle TIC, sia le competenze trasversali, come le capacità di comunicazione, assumono un rilievo sempre crescente per un gran numero di attività professionali.

Benché nel corso del tempo i livelli medi di istruzione siano aumentati, le competenze dei lavoratori non hanno tenuto il passo con la domanda. A causa di questi cambiamenti nella domanda e nell'offerta relative di competenze, i soggetti altamente qualificati hanno maggiori opportunità lavorative rispetto alle persone mediamente e scarsamente qualificate. Le previsioni del mercato del lavoro confermano questa tendenza per i prossimi anni[10].

Il potenziale di crescita dell'Europa è minacciato dalla presenza di carenze strutturali nella sua base di competenze. Secondo dati recenti[11], circa il 20 % della popolazione in età lavorativa possiede competenze molto scarse e in alcuni paesi (Spagna e Italia) questa percentuale è ancora più elevata. Solo pochi paesi (Estonia, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia) hanno un'elevata percentuale di persone con ottime competenze e la maggior parte dei paesi europei rimane lontana dai risultati raggiunti dai paesi extraeuropei più efficienti sotto questo profilo (come il Giappone o l'Australia). I dati sulla spesa pubblica confermano un rischio crescente di scarsità degli investimenti in capitale umano. L'Europa non sta investendo in modo efficace a favore dell'istruzione e delle competenze, mettendo così a repentaglio la propria competitività a medio termine e l'occupabilità della propria forza lavoro. Diciannove Stati membri hanno ridotto le spese per l'istruzione in termini reali e 14 Stati membri hanno diminuito la quota relativa del PIL investita in istruzione.

L'evoluzione salariale comincia a soddisfare le esigenze di riequilibrio. Nel periodo precedente la crisi alcuni Stati membri hanno registrato notevoli aumenti del costo unitario nominale del lavoro, in particolare Lettonia e Romania e, in misura minore, Estonia, Lituania, Bulgaria e Irlanda (figura 7).  In risposta alla crisi, dal 2009 l'andamento del costo unitario nominale del lavoro in questi paesi, con l'eccezione della Bulgaria, è stato molto più contenuto e di fatto è diventato negativo in Irlanda, Lituania e Lettonia e ha superato di poco lo zero in Romania. Anche Grecia e Spagna hanno registrato una diminuzione del costo unitario nominale del lavoro successiva alla crisi, dopo gli aumenti negli anni precedenti. L'andamento della Germania è invece diverso: è questo l'unico Stato membro in cui i costi unitari nominali del lavoro sono diminuiti (seppur lievemente) prima della crisi, per aumentare negli ultimi anni. Il costo unitario nominale del lavoro è moderatamente aumentato (in modo più marcato prima della crisi) anche in Belgio, Svezia, Paesi Bassi, Austria e in particolare Finlandia. Le inversioni di tendenza negli Stati membri "in difficoltà", da un lato, e nei "paesi eccedentari", dall'altro, hanno favorito il riequilibrio esterno, che era necessario in particolare nella zona euro. È importante che l'evoluzione salariale continui a conformarsi all'esigenza di correggere gli squilibri esterni e di ridurre la disoccupazione e che a lungo termine segua gli incrementi della produttività. Se mantenuti, i recenti aumenti salariali nei paesi eccedentari possono rafforzare la domanda aggregata complessiva insufficiente.[12]

Figura 7: evoluzione del costo unitario nominale del lavoro nell'UE-28, variazione media su base annua, 2003-2008 e 2009-2013      Fonte: Eurostat, calcoli della DG EMPL.

Le riduzioni del costo unitario del lavoro e la moderazione salariale si sono tradotti solo lentamente e in modo incompleto in prezzi più bassi. Questo passaggio incompleto può essere parzialmente spiegato con aumenti simultanei delle imposte indirette e dei prezzi amministrati a scopo di risanamento dei conti pubblici.[13] Le riduzioni del costo unitario nominale del lavoro in un contesto di prezzi vischiosi hanno determinato la riduzione della quota del reddito spettante ai salari in diversi Stati membri, in particolare in Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo. Il conseguente incremento dei margini di profitto non è (ancora) stato pienamente seguito da un aumento degli investimenti.

Il cuneo fiscale resta elevato in molti Stati membri. La presenza di un cuneo elevato e in alcuni casi crescente, specialmente per i lavoratori a basso reddito e le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare, rimane un grosso problema in molti Stati membri. Nel caso dei lavoratori a basso reddito (67 % del salario medio), ad esempio, la riduzione del cuneo fiscale tra il 2008 e il 2010 nella maggior parte dei paesi è stata seguita nei tre anni successivi da un aumento in quasi tutti gli Stati membri. I livelli del 2013 variavano da una percentuale pari o inferiore al 20 % a Malta (2012) e in Irlanda a una percentuale superiore al 45 % in Belgio, Germania, Francia e Ungheria.

Le variazioni del cuneo fiscale complessivo sono state innescate prevalentemente dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), che è aumentata in 15 Stati membri su 21 (figura 8). Gli aumenti dell'IRPEF (almeno per questo tipo particolare di famiglia e al 67 % del salario medio) sono stati particolarmente elevati in Portogallo e Ungheria, mentre l'imposta ha subito una riduzione considerevole nel Regno Unito e in Grecia. Aggiungendo all'IRPEF i contributi sociali dei lavoratori, la pressione fiscale sui lavoratori è salita in 10 Stati membri, più raramente nel caso dei datori di lavoro (in 3 paesi sono aumentati gli oneri fiscali). Nel complesso, il livello dei contributi sociali a carico dei datori di lavoro è rimasto più o meno stabile nella maggior parte degli Stati membri, con alcune eccezioni; ci sono stati aumenti relativamente elevati in Polonia e Slovacchia, mentre contemporaneamente il livello è diminuito considerevolmente in Francia.

Figura 8: variazione del cuneo fiscale complessivo tra il 2011 e il 2013 per componente (67 % del salario medio, persona singola, senza figli) Fonte: Banca dati CE-OCSE dei regimi fiscali e previdenziali. Nota: i dati dei paesi non appartenenti all'OCSE (BG, CY, HR, LV, LT, MT e RO) non sono disponibili.

La lotta al lavoro sommerso costituisce una sfida in alcuni Stati membri. Il lavoro sommerso comprende un ampio ventaglio di attività che vanno dal lavoro nero in imprese formali al lavoro nero in proprio, ma esclude le attività che implicano merci o servizi illegali.  Il lavoro sommerso ha diverse implicazioni negative. Dal punto di vista macroeconomico, riduce il gettito fiscale (imposta sul reddito e IVA) e pregiudica il finanziamento dei sistemi di sicurezza sociale. In un'ottica microeconomica, il lavoro sommerso e altre forme di lavoro atipico, come il lavoro autonomo fittizio, tendono a falsare la concorrenza leale tra le imprese, spianando la strada al dumping sociale che inibisce la creazione di un'occupazione regolare con una protezione sociale completa. Il lavoro sommerso causa anche inefficienze produttive, poiché in genere le imprese informali evitano di ricorrere a servizi e input (ad esempio il credito) dell'economia formale e non crescono. Pur essendo difficile reperire informazioni pienamente attendibili sulla portata dell'economia e del lavoro sommersi, i dati approssimativi disponibili indicano che il fenomeno costituisce un problema in alcuni Stati membri[14]. Inoltre, la portata del lavoro sommerso potrebbe essere in aumento a causa di diversi sviluppi socioeconomici quali la riallocazione settoriale e l'internazionalizzazione dell'economia, la riduzione delle forme di lavoro standard e il disagio sociale in alcuni Stati membri.

Mentre, in linea generale, gli sviluppi economici colpiscono le diverse fasce della popolazione in modi diversi, i livelli di disuguaglianza sono aumentati in molti Stati membri. Mentre il rapporto S80/S20[15] è rimasto stabile tra il 2008 e il 2013 nell'UE in media, emergono una vasta dispersione e un crescente divario in termini di disuguaglianza tra gli Stati membri (figura 9). La disuguaglianza è cresciuta nella maggior parte degli Stati membri meridionali (Spagna, Grecia, Italia e Cipro), nonché in Croazia, Estonia, Danimarca e Ungheria e, lievemente, in Irlanda e Austria. Nonostante i recenti miglioramenti, la disuguaglianza continua ad essere un problema particolarmente preoccupante anche in Bulgaria, Grecia, Lettonia, Romania, Spagna e Lituania (cfr. anche la figura V nella sezione 3).

Figura 9: disuguaglianza nella distribuzione del reddito (S80/S20; (rapporto tra quintili di reddito), 2008-2012            Fonte: Eurostat, EU-SILC 2013; con riferimento ai redditi dell'anno 2012. Nota: * - dati del 2011 (i dati del 2012 non sono ancora disponibili per BE, DE, IE, EL, FR, HR, LU, NL, PT, RO, SE, UK).

Il tasso di rischio di povertà e di esclusione sociale (AROPE) è aumentato in modo significativo, con differenze crescenti tra gli Stati membri. Tra l'inizio della crisi nel 2008 e il 2012 il numero di Europei a rischio di povertà o di esclusione sociale è aumentato della cifra allarmante di 8,7 milioni (esclusa la Croazia), raggiungendo una percentuale del 25,1 % della popolazione dell'UE-28 nel 2012 (figura 10).

Figura 10: andamento dei tassi di rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE - at risk of poverty or social exclusion) nel periodo 2008-2012       Fonte: Eurostat, EU-SILC 2013; con riferimento ai redditi dell'anno 2012. Nota: * - dati del 2011 (i dati del 2012 non sono disponibili per BE, DE, IE, EL, FR, HR, LU, NL, PT, RO, SE, UK).

L'evoluzione dei livelli di povertà varia sensibilmente secondo le fasce di età. Nel complesso, la popolazione in età lavorativa è stata la più colpita dalla crisi (figura 11; anche la figura IV nella sezione 3), principalmente a causa di livelli crescenti di disoccupazione o di famiglie a bassa intensità di lavoro, nonché dei livelli di povertà lavorativa. Nel 2012 nell'UE-28 circa 50 milioni di persone in età lavorativa disponevano di un reddito inferiore al 60 % del reddito medio nazionale equivalente e 31,8 milioni di persone (31,5 milioni nel 2013) hanno subito gravi privazioni materiali. Nel 2012 il 10,9 % della popolazione tra i 18 e i 59 anni viveva in famiglie senza lavoro.

Figura 11: andamento dei tassi di rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE) nell'UE-28 a partire dal 2005: totale, minori, popolazione in età lavorativa e anziani      

Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC. Nota: media dell'UE-27 per il periodo 2005-2009; media dell'UE-28 per il periodo 2010-2012; dati SILC 2013 non ancora disponibili.

Le persone anziane (al di sopra dei 65 anni) sono state relativamente meno colpite, dal momento che il loro rischio di povertà o di esclusione sociale è diminuito nella maggior parte degli Stati membri; le donne anziane sono comunque più colpite dalla povertà rispetto agli uomini. Questi miglioramenti relativi tuttavia non riflettono necessariamente un cambiamento nella situazione reddituale reale delle persone anziane, ma derivano principalmente dal fatto che le pensioni sono rimaste per lo più invariate, mentre i livelli di reddito della popolazione in età lavorativa hanno subito una stagnazione o un calo.

Il rischio di povertà o di esclusione sociale dei bambini è aumentato dal 2008, poiché la situazione dei loro genitori (soprattutto in età lavorativa) è peggiorata. Ciò è avvenuto in oltre 20 Stati membri, rispetto al 2008, con un numero di famiglie monoparentali che si trovano ad affrontare un rischio di povertà e di esclusione sociale (UE-28: 47,8 % nel 2012) doppio rispetto alle famiglie con due adulti (24,4 %). In tutti gli Stati membri il rischio di povertà è nettamente più alto tra le famiglie monoparentali, con una percentuale che varia dal 35 % in Slovenia, Finlandia e Danimarca al 78 % in Bulgaria. Analogamente, le famiglie con tre o più figli affrontano rischi di povertà e di esclusione sociale notevolmente più alti (EU-28: 30,9 %) rispetto alla popolazione nel suo insieme. Gli uomini in età lavorativa sono stati colpiti in modo più diretto dal peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro durante la crisi. Le donne tuttavia sono sempre maggiormente a rischio di povertà o di esclusione (permanente) rispetto agli uomini, a causa dei periodi di inattività per attività di assistenza e del lavoro a tempo parziale (volontario o involontario).

Nel 2012 il rischio di povertà e di esclusione sociale è stato molto più elevato (48,9 %) per i cittadini di paesi terzi (di età compresa tra i 18 e i 64 anni) che non per i cittadini dell'UE (24,3 %), con un aumento di oltre 3 punti percentuali tra il 2012 e il 2013.

In media, nell'UE, la crescita del reddito lordo disponibile delle famiglie è migliorata in termini reali alla fine del 2013, dopo quasi quattro anni di continuo declino (cfr. anche la sezione 3 per una riflessione sugli sviluppi del reddito lordo disponibile delle famiglie). Ciò è dovuto ad un aumento dei redditi di mercato (redditi da lavoro dipendente, redditi da lavoro autonomo e redditi da capitale), accompagnato da un aumento delle prestazioni sociali alle famiglie[16]. Resta da vedere se il miglioramento del 2013 perdurerà, considerato che la creazione di posti di lavoro è ancora modesta, che l'impatto dei regimi fiscali e previdenziali resta debole e che i dati più recenti, relativi al 2014, evidenziano un altro declino (figura 12).

Figura 12: incidenza dei componenti sulla crescita del reddito lordo disponibile delle famiglie

Fonte: Eurostat – conti settoriali.

Gli effetti distributivi delle modifiche dei regimi fiscali e previdenziali negli ultimi anni sono stati considerevolmente diversi nei singoli paesi.[17] Secondo il modo in cui sono state concepite, le modifiche dei regimi fiscali e previdenziali hanno avuto un impatto diverso sui nuclei familiari ad alto e a basso reddito. In alcuni paesi gli effetti negativi hanno messo a dura prova soprattutto il tenore di vita dei nuclei familiari a basso reddito. Altri Stati membri sono riusciti ad evitare un'incidenza sproporzionata su detti nuclei familiari ponendo maggiore attenzione al profilo distributivo delle modifiche dei regimi fiscali e previdenziali. Tali differenze degli effetti distributivi si sono verificate a prescindere dalle differenze dell'entità complessiva degli adeguamenti.

In generale, dopo un picco nel 2009, dal 2011 i tassi di crescita della spesa sociale sono stati negativi. All'inizio della crisi (fino al 2009) l'aumento della spesa sociale è stato essenzialmente determinato dalle spese connesse alla disoccupazione e, in misura minore, ad altre funzioni (in particolare pensioni e sanità). L'incremento della spesa sociale si è affievolito nel 2010 a causa di una combinazione della scadenza delle misure di stimolo fiscale e della normale eliminazione graduale della stabilizzazione automatica nei paesi in fase di ripresa. Dal 2011 la spesa sociale, in particolare per prestazioni e servizi in natura, è diminuita, nonostante l'ulteriore deterioramento delle condizioni economiche e sociali (figura 13).[18]

Figura 13: contributi alla crescita delle prestazioni in denaro e in natura nel settore della spesa pubblica sociale reale nell'UE (2001 – 2012)             Fonte: conti nazionali, calcoli della DG EMPL.

Anche la struttura della spesa di protezione sociale è stata modificata dalla crisi. Tra il 2007 e il 2011 la spesa di protezione sociale (reale) pro capite è aumentata dell'8 per cento nell'UE-27 (figura 14). I maggiori contributi agli aumenti sono riconducibili ai settori delle pensioni (gli aumenti delle prestazioni di vecchiaia e di quelle ai superstiti hanno rappresentato il 44 % dell'aumento totale) e della sanità e della disabilità (32 %). Le differenze tra gli Stati membri sono sostanziali, con quattro Stati membri in cui l'aumento della spesa di protezione sociale complessiva pro capite nel periodo 2007-2011 è stato inferiore al 5 %, e sette Stati membri in cui gli aumenti hanno superato il 15 %.

Figura 14: variazioni della spesa di protezione sociale pro capite tra il 2007 e il 2011; per funzione di protezione sociale

Nota: incidenza di ogni funzione sulla crescita complessiva della spesa sociale (pro capite a prezzi costanti del 2005); Fonte: ESSPROS (sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale).

In alcuni Stati membri, le persone in situazioni di vulnerabilità e con un reddito basso hanno continuato a incontrare difficoltà nell'accesso all'assistenza sanitaria. Mentre dal 2008 al 2012 nell'UE-27 nel suo insieme la percentuale di persone nella coorte con i redditi più bassi che ha dichiarato di aver avuto esigenze di assistenza sanitaria rimaste insoddisfatte è aumentata solo leggermente, si sono registrati aumenti significativi in paesi quali Finlandia, Portogallo e Grecia (cfr. figura 15). Nel 2012 le percentuali più elevate di fabbisogni insoddisfatti di assistenza sanitaria sono state rilevate in Lettonia, Bulgaria e Romania. Mentre il calo maggiore si è verificato in Bulgaria (-11,4 punti percentuali dal 2008 al 2012), nel 2012 la percentuale di persone con esigenze di assistenza sanitaria rimaste insoddisfatte è rimasta elevata (16,9 %).

Figura 15: fabbisogno insoddisfatto di assistenza sanitaria, quintile di reddito più basso, 2008-2012         

Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC 2012. Nota:  Fabbisogno insoddisfatto di assistenza sanitaria: troppo costosa, troppo lontana o lista di attesa. * - dati del 2011 (i dati per il 2012 non sono disponibili per BE, IE, LU e AT; non sono disponibili dati relativi al 2008 per Croazia e UE-28).

2.         ATTUAZIONE DEGLI ORIENTAMENTI A FAVORE DELL'OCCUPAZIONE: RIFORME DELLE POLITICHE SOCIALI E OCCUPAZIONALI

Questa sezione[19] presenta una panoramica delle riforme e delle misure introdotte dagli Stati membri negli ultimi dodici mesi. Gli orientamenti a favore dell'occupazione[20] offrono agli Stati membri indicazioni strategiche stabili per rispondere ai problemi in materia occupazionale e sociale nel contesto delle tendenze attuali e per conseguire gli obiettivi di Europa 2020 (presentati nella sezione 1). L'analisi annuale della crescita per il 2014 definisce le priorità e gli orientamenti strategici sulla cui base gli Stati membri hanno presentato i rispettivi programmi nazionali di riforma nel quadro del semestre europeo 2014; questi ultimi sono stati esaminati di conseguenza e il Consiglio, sulla base delle proposte della Commissione, ha emanato raccomandazioni specifiche per paese. Il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale analizzano le prestazioni e i progressi realizzati dagli Stati membri in risposta alle relative sfide attraverso il monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (EPM) e il monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (SPPM). Le successive riforme strategiche saranno valutate nell'ambito del semestre europeo 2015.

Il Fondo sociale europeo sostiene gli sforzi compiuti per conseguire gli obiettivi di Europa 2020 attraverso iniziative intese a combattere la disoccupazione, con un'attenzione particolare ai giovani, offrendo tirocini e apprendistati per la riqualificazione e l'aggiornamento professionale e sostenendo interventi nel settore dell'istruzione per combattere la povertà e l'esclusione sociale nonché la promozione del rafforzamento delle capacità amministrative. Per il periodo di programmazione 2014-2020, l'allineamento del FSE e di altri fondi strutturali e d'investimento europei alle priorità politiche della strategia Europa 2020 e l'impostazione basata sui risultati ne rafforzeranno il ruolo di pilastri finanziari della strategia.

Sono state intraprese riforme in tutti i settori descritti nelle sezioni successive. I progressi compiuti variano tuttavia a seconda del settore strategico e dello Stato membro interessati. Sono pertanto necessari ulteriori sforzi, sebbene in molti casi gli effetti delle riforme non siano ancora pienamente visibili in quanto richiedono generalmente tempo per manifestarsi. Inoltre, solitamente non è possibile giudicare il "valore" delle riforme considerate singolarmente, in quanto possono essere intraprese varie riforme contemporaneamente. Nella definizione delle politiche e delle riforme gli Stati membri dovrebbero quindi tenere conto dei compromessi necessari.

Il riquadro seguente presenta una panoramica dei divari di genere prevalenti sul mercato del lavoro e delle riforme che possono sostenere i progressi verso la parità di genere e che sono ulteriormente spiegate nell'ambito di ciascun orientamento. 

Parità di genere: il mercato del lavoro è tuttora caratterizzato da forti disuguaglianze[21]

Nonostante i progressi compiuti, continuano a prevalere ampi divari di genere. Il tasso di occupazione femminile rimane ben al di sotto di quello maschile (il 62,8 % contro il 74 % all'inizio del 2014). Il divario è ancor più ampio in termini di occupazione equivalente a tempo pieno (18,3 punti percentuali nel 2013). Inoltre, le donne sono pagate il 16 % in meno per ogni ora di lavoro. I divari di genere in termini di occupazione, di numero di ore lavorate e di retribuzione si sommano e portano ad un ampio divario di retribuzione totale tra i generi (37 % nell'UE). Poiché le pensioni riflettono il reddito percepito nell'arco della vita, anche il divario di genere nelle pensioni è ampio (39 % in media). Il rischio di povertà o di esclusione sociale delle persone di oltre 55 anni è più elevato per le donne in tutti gli Stati membri.

L'accesso a servizi di assistenza all'infanzia di qualità e a prezzi accessibili, i servizi di assistenza a lungo termine e l'assistenza extrascolastica, orari di lavoro flessibili nonché politiche adeguate in materia di congedi continuano a svolgere un ruolo cruciale a sostegno dell'occupazione femminile e nell'aiutare uomini e donne a conciliare vita lavorativa e vita familiare. Sebbene dal 2005 la maggior parte degli Stati membri abbia compiuto progressi verso il conseguimento degli obiettivi di Barcellona in materia di assistenza all'infanzia, nel 2012 solo nove Stati membri hanno raggiunto l'obiettivo di un tasso di copertura del 33 % per i bambini di età inferiore a tre anni[22] e undici hanno raggiunto l'obiettivo di un tasso di copertura del 90 % per quanto riguarda i bambini di età compresa tra tre anni e l'età dell'obbligo scolastico. I regimi fiscali e previdenziali in alcuni paesi continuano a dissuadere le donne dal lavorare o dal lavorare di più, in particolare disincentivando le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare dal lavorare a tempo pieno. 

La segregazione del mercato del lavoro e gli stereotipi di genere possono impedire a donne e uomini di realizzare pienamente il proprio potenziale e portare a un livello non ottimale di corrispondenza fra qualifiche e posti di lavoro. Le donne sono ora in numero maggiore rispetto agli uomini tanto nell'istruzione quanto nella formazione, ma sono eccessivamente presenti negli ambiti di studio correlati ai loro ruoli tradizionali, quali la sanità e il welfare, le materie umanistiche e l'insegnamento, mentre in settori quali le scienze, la tecnologia, l'ingegneria e la matematica si riscontra comunque una prevalenza del sesso maschile.

Si è intervenuti per aumentare i tassi di occupazione femminile e per riconciliare la vita professionale e la vita familiare, tuttavia la portata e il grado di ambizione delle azioni intraprese sono diversi nell'UE. Le misure adottate dagli Stati membri sono volte ad esempio a (continuare ad) aumentare la disponibilità di strutture per l'infanzia e/o a modificare la normativa sui congedi parentali o le modalità di orario di lavoro flessibile. Vi sono state invece meno iniziative volte a ridurre il divario salariale tra uomini e donne o i disincentivi fiscali a rimanere o ad entrare nel mercato del lavoro destinati alle donne. Alcuni Stati membri hanno adottato misure per combattere la povertà infantile o adeguare il sistema previdenziale al fine di sostenere le famiglie/i genitori (a basso reddito). Mentre in molti paesi è prevista una (graduale) parificazione dell'età pensionabile tra uomini e donne, in alcuni casi sono state adottate anche misure per promuovere la partecipazione delle donne anziane al mercato del lavoro o l'adeguamento dell'accumulo dei diritti pensionistici.

2.1 Orientamento per le politiche a favore dell'occupazione n. 7: aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e ridurre la disoccupazione strutturale

La modernizzazione della normativa sulla tutela dell'occupazione è proseguita negli Stati membri con diverse modalità al fine di promuovere la dinamicità dell'occupazione e contrastare la segmentazione. La Croazia ha promulgato, a titolo di seconda fase della propria riforma della normativa sul lavoro, una nuova legge sul lavoro che agevola il ricorso a contratti di lavoro flessibili, anche in caso di lavoro a tempo parziale, stagionale ed interinale, oltre a rendere meno rigida la legislazione sull'orario di lavoro e a semplificare le procedure di licenziamento. Grazie ad un accordo ad ampio spettro tra le parti sociali i Paesi Bassi stanno semplificando le procedure di licenziamento, limitando l'indennità di fine rapporto mettendola in relazione all'anzianità invece che all'età anagrafica, e nel contempo rendendo più severe le norme in materia di lavoro temporaneo al fine di impedire la segmentazione del mercato del lavoro e riformando il sistema delle indennità di disoccupazione. La Spagna ha semplificato i modelli di contratto per le imprese, ha chiarito le procedure di licenziamento collettivo e promosso il lavoro a tempo parziale mediante incentivi contributivi, nonché aumentato la flessibilità nell'utilizzo delle ore supplementari. L'Italia ha reso meno restrittive le condizioni alle quali le imprese possono ricorrere ai contratti a tempo determinato e di apprendistato; inoltre un'ulteriore riforma globale della normativa sulla tutela dell'occupazione e sulle misure attive per il mercato del lavoro è ora al vaglio del Parlamento. La Slovacchia ha limitato ad un anno la durata del lavoro non connesso al rapporto principale di lavoro e regolato invece dai cosiddetti "accordi di lavoro".

La capacità degli Stati membri di aumentare significativamente il tasso di occupazione femminile dipende in ampia misura dalla disponibilità di strutture per l'infanzia di qualità e accessibili. Dati raccolti dall'OCSE confermano che la disponibilità di strutture per l'infanzia è un fattore di prima grandezza tra quelli che influiscono sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Diversi paesi hanno prorogato le misure realizzate negli anni precedenti e/o reso disponibili finanziamenti aggiuntivi per le strutture per l'infanzia (Austria, Germania, Irlanda, Malta, Polonia), mentre altri hanno recentemente predisposto l'adozione di nuove leggi o nuovi progetti (Repubblica ceca e Slovacchia). Malta ha iniziato ad aprile del 2014 ad offrire servizi di assistenza all'infanzia gratuiti ed universali alle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. Servizi di assistenza all'infanzia sono disponibili durante l'orario lavorativo dei genitori, aumentato di un'ora al giorno per tenere conto degli spostamenti. Inoltre il bilancio 2014 prevede un servizio gratuito, destinato ai bambini che frequentano le scuole dell'infanzia e le scuole elementari statali, che durante i giorni lavorativi permetterà ai genitori occupati di accompagnare i bambini all'istituto scolastico un'ora prima dell'inizio delle attività didattiche. Nella Repubblica ceca è stata approvata dal Parlamento la legge sui gruppi per la prima infanzia, attesa da diversi anni, finalizzata a semplificare l'apertura di strutture per l'infanzia non appartenenti alla rete delle scuole dell'infanzia pubbliche.

In diversi paesi sono state adottate misure mirate a rendere più flessibili i regimi di lavoro o a modificare la normativa sui congedi parentali (Regno Unito, Spagna, Polonia, Germania e Finlandia). Nel Regno Unito il diritto di chiedere un orario di lavoro flessibile è stato esteso a tutti i lavoratori a partire dal 2014. In sede di modifica della legge relativa alla promozione dell'occupazione e alle istituzioni del mercato del lavoro è stato introdotto in Polonia dal 2 maggio 2014 un sussidio per il telelavoro, a favore dell'occupazione di genitori disoccupati che rientrano nel mercato del lavoro (e che abbiano almeno un bambino di età inferiore a 6 anni) o di coloro che si sono licenziati per fornire assistenza ad altre persone non autosufficienti. Per quanto riguarda l'Italia, nell'ambito del "Jobs Act" attualmente in discussione sono state proposte misure modificative del congedo di maternità. In Germania la riforma delle agevolazioni legate al ruolo di genitore, che entrerà in vigore nel gennaio del 2015, promuove la condivisione della cura dei figli e del lavoro tra entrambi i genitori.

In un numero minore di casi si sono adottate iniziative volte ad affrontare la questione della riduzione del divario retributivo tra i sessi. In Austria la presentazione di relazioni sull'equiparazione retributiva è obbligatoria per le imprese con più di 250 dipendenti dal 2013; dal 2014 la soglia è stata portata a 150 dipendenti.

Sono state proposte misure di carattere fiscale in Italia nel contesto del "Jobs Act", nonché a Malta con l'aumento del credito d'imposta per i genitori che affidano i propri figli a strutture per l'infanzia private (passato da 1 300 EUR a 2 000 EUR). Nel Regno Unito sarà attivo dal 2015 un sistema di assistenza per l'infanzia esentasse a favore delle famiglie lavoratrici, che sostituirà il sistema in vigore imperniato su buoni e su contratti stipulati direttamente con il fornitore del servizio. Le famiglie aventi diritto riceveranno un contributo pari al 20% delle spese (entro l'importo massimo di 10 000 GBP per ogni bambino) sostenute ogni anno per l'assistenza ai figli.

Alcuni Stati membri sono intervenuti sui meccanismi di fissazione delle retribuzioni con l'obiettivo di promuovere l'allineamento della dinamica salariale alla produttività. Altri Stati membri hanno cercato di tutelare il reddito disponibile delle famiglie, con particolare attenzione per le retribuzione minime. In Germania sarà introdotta a partire dal 1° gennaio 2015 una retribuzione oraria minima generale di 8,50 EUR, con un periodo di transizione che consentirà alcune eccezioni fino alla fine del 2016. L'Estonia, la Romania e la Slovacchia hanno aumentato il livello della retribuzione minima nei rispettivi paesi per contrastare la povertà lavorativa, mentre il Regno Unito ha inasprito le sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano la normativa sulla retribuzione minima nazionale. L'Austria ha esteso l'obbligo di indicare nelle offerte di lavoro la retribuzione minima concordata collettivamente a tutti i datori di lavoro nei settori per i quali non esistono contratti collettivi. A sua volta il Portogallo, nel contesto di riforme di ampia portata, ha ridotto le retribuzioni più elevate nei servizi pubblici.

Sono state adottate alcune misure volte a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro, soprattutto per le persone svantaggiate, nonché a stimolare la domanda di lavoro e i consumi. Il Belgio ha ridotto il livello dei contributi sociali versati dai lavoratori a basso reddito, ha esentato i datori di lavoro dal versamento dei contributi sociali sulla retribuzione del lavoro straordinario in determinati settori, nonché ampliato i casi di esenzione dei dipendenti dalle ritenute sulla retribuzione. L'Italia ha ridotto le imposte sui redditi dei lavoratori a basso reddito per il 2014 e applicato una riduzione permanente del 10 % dell'imposta regionale sulle attività produttive a carico dei datori di lavoro. Il governo spagnolo ha approvato una proposta di riforma fiscale che comprende la riduzione delle aliquote da sette a cinque, una leggera riduzione delle aliquote marginali e l'aumento dell'importo non imponibile, da attuare gradualmente tra il 2015 e il 2016. La Slovacchia ha innalzato la soglia al di sotto della quale i guadagni degli studenti sono esenti dai contributi sociali, mentre l'Estonia aumenterà gli sgravi dall'imposta sui redditi dal 1° gennaio 2015. Nel contesto di una riforma di bilancio di ampia portata la Lettonia ha ridotto gli oneri fiscali, in particolare per le famiglie con persone a carico, innalzando le soglie specifiche di reddito non imponibile ai fini dell'imposta sui redditi e dei contributi sociali. La Francia ha applicato per il primo anno un credito d'imposta correlato alle retribuzioni a favore delle imprese, che sarà integrato nel 2015 dalla riduzione dei contributi sociali a carico dei datori di lavoro; sono state inoltre decise misure volte a ridurre l'imposta sui redditi per i lavoratori a reddito mediano e basso.

Alcuni Stati membri hanno intensificato l'attività di contrasto al lavoro sommerso. In Slovenia le modifiche della legge sulla prevenzione del lavoro sommerso e per l'occupazione hanno introdotto un sistema di buoni da utilizzare per il lavoro occasionale individuale, coinvolto i servizi delle dogane nelle attività di contrasto delle pratiche di lavoro illegali e inasprito le sanzioni, in particolar modo per i lavoretti manuali. Nell'agosto 2014 la Croazia ha istituito una Commissione di contrasto del lavoro sommerso, incaricata di valutare le misure vigenti, monitorarne l'attuazione e proporre nuove misure o le modifiche indispensabili. 

L'attuazione della raccomandazione del Consiglio sull'istituzione della Garanzia per i giovani ha stimolato negli Stati membri la realizzazione di una coraggiosa riforma strutturale che riguarda molti aspetti delle politiche attive del mercato del lavoro. Nel 2014 tutti gli Stati membri hanno presentato i propri piani di attuazione della Garanzia per i giovani e li hanno discussi con la Commissione. Il momento decisivo sarà la loro realizzazione, ma sono già stati compiuti primi passi promettenti.

Alcuni Stati membri hanno profuso sforzi nel miglioramento del sostegno offerto ai giovani dai servizi pubblici per l'impiego. In Belgio il servizio pubblico per l'impiego della regione di Bruxelles Actiris ha aperto un servizio dedicato alla Garanzia per i giovani, incaricato di fornire sostegno specifico per trovare offerte di lavoro e di tirocinio a favore di giovani ufficialmente in cerca di lavoro. La Romania ha lanciato nell'ambito della Garanzia per i giovani due programmi pilota grazie ai quali sono stati istituiti 27 centri ad essa dedicati (attualmente con l'appoggio del Fondo sociale europeo), con il compito di individuare i NEET ai quali offrire pacchetti integrati di servizi personalizzati. In Spagna è stata adottata una strategia 2014-2016 per l'attivazione e l'occupazione a titolo di strumento principale di coordinamento per effettuare il passaggio ad un approccio basato sui risultati per quanto riguarda le misure attive per il mercato del lavoro. In Italia la messa in opera di portali elettronici integrati permette di registrarsi direttamente on line e di accedere ad un registro nazionale, in modo da agevolare la verifica automatica del possesso dei requisiti e la trasmissione delle offerte.

Incentivi mirati all'occupazione e sussidi alle start-up hanno contribuito a promuovere l'attivazione dei giovani in cerca di lavoro in alcuni Stati membri. I Paesi Bassi hanno introdotto un'agevolazione fiscale per un massimo di due anni per i datori di lavoro che assumono giovani che ricevono indennità di disoccupazione o altre prestazioni di assistenza sociale, mentre la Polonia ha introdotto esenzioni dal versamento dei contributi sociali per le persone di età inferiore a 30 anni. Altri Stati membri hanno adottato nuovi incentivi all'assunzione al fine di stimolare la creazione di posti di lavoro per altri gruppi di disoccupati di lunga durata. Sono stati introdotti o potenziati incentivi generali per l'occupazione in Polonia, a Malta, in Grecia, in Spagna e a Cipro. Ad esempio Malta offre ai datori di lavoro, in caso di nuove assunzioni, una sovvenzione sulle retribuzioni che può rappresentare fino a metà dello stipendio base e dei contributi sociali per un periodo massimo di un anno, mentre la Spagna ha approvato un'aliquota unica dei contributi sociali per le società che assumono nuovi dipendenti con contratti a tempo indeterminato, anche a tempo parziale, per un periodo massimo di due anni (tre per le piccole imprese) nonché assegnazioni speciali a favore dei giovani beneficiari della Garanzia assunti con contratti a tempo indeterminato. Malta ha inoltre istituito una sovvenzione specifica per i lavoratori di età più avanzata, che comprende uno sgravio fiscale a copertura dei costi di formazione.

Sempre nell'ambito dell'attuazione della Garanzia per i giovani è proseguita in diversi paesi la riforma dei servizi pubblici per l'impiego con l'obiettivo di migliorare il livello del servizio e il coordinamento trasversale ai vari livelli regionali. Nel quadro della strategia globale per l'attivazione 2014-2016 la Spagna ha redatto un catalogo condiviso di servizi per l'impiego: si tratta di una gamma omogenea di misure che saranno attuate da tutte le regioni spagnole al fine di garantire alle persone in cerca di lavoro pari diritti di accesso, un trattamento personalizzato, efficienza, trasparenza, orientamento ai risultati e integrazione tra i livelli amministrativi.  La Finlandia intende rendere più vincolante l'obbligo di accettare le offerte di lavoro inoltrate dai centri di servizi per il mercato del lavoro a livello municipale, entro il limite di tre ore al giorno per gli spostamenti, nonché potenziare i piani per l'impiego destinati ai disoccupati di lunga durata, offrendo misure attive entro 3 mesi dalla perdita del lavoro.

Gli incentivi all'avvio di un'impresa si sono diffusi ampiamente in tutta l'Europa: ben nove Stati membri (Malta, Croazia, Spagna, Lituania, Grecia, Polonia, Francia, Portogallo e Irlanda) hanno adottato incentivi a sostegno dei disoccupati che intraprendono un'attività imprenditoriale. L'Irlanda ha previsto nel proprio vasto Piano d'azione per l'occupazione l'apertura di uffici locali dedicati alle imprese in coordinamento con il Centro d'eccellenza d'impresa, un nuovo fondo per l'imprenditoria giovanile a sostegno dell'attività imprenditoriale e dell'espansione, nonché una semplificazione delle agevolazioni fiscali per gli imprenditori. In Portogallo il nuovo programma Investe Jovem sostiene finanziariamente i giovani che intendono diventare lavoratori autonomi o aprire una microimpresa.

2.2 Orientamento per le politiche a favore dell'occupazione n. 8: sviluppare una forza lavoro qualificata rispondente alle esigenze del mercato occupazionale e promuovere l'apprendimento permanente

La necessità di migliorare l'offerta di competenze e di promuovere l'istruzione nell'età adulta ha indotto azioni strategiche in diversi Stati membri[23]. Gli Stati membri hanno introdotto misure intese a migliorare l'offerta di competenze e a promuovere l'istruzione nell'età adulta, spesso abbinate alla riforma della formazione professionale.

In Danimarca, nel quadro di un ampio consenso politico intorno ad un "pacchetto per la crescita", alcune iniziative frutto di un accordo tripartito tra il governo e le parti sociali forniranno sostegno al miglioramento delle competenze delle persone non qualificate e permetteranno ad un numero maggiore di lavoratori qualificati di ricevere una formazione di terzo livello. Tale accordo per potenziare l'accesso alla formazione professionale dei lavoratori qualificati e non qualificati riguarderà 160 000 nuovi interessati nel periodo 2014-2020. In Grecia esiste una tabella di marcia sull'istruzione e la formazione professionale, inclusa nel memorandum d'intesa relativo al programma di aggiustamento economico, finalizzata ad aumentare il numero e a migliorare la qualità dei tirocini e ad accrescere l'erogazione della formazione professionale. In Lituania, la legge sull'istruzione informale nell'età adulta e sulla formazione permanente è stata modificata e la nuova versione (adottata il 10 luglio 2014) entrerà in vigore il 1° gennaio 2015. La legge contiene tra l'altro disposizioni sul miglioramento del coordinamento dell'istruzione in età adulta a livello nazionale e locale, sull'introduzione di nuovi modelli di finanziamento per l'istruzione in età adulta e sulla concessione di congedi dal lavoro finalizzati all'istruzione informale. Durante il periodo di riferimento il governo ha altresì firmato accordi con le associazioni dei datori di lavoro di vari settori al fine di migliorare l'equilibrio tra offerta e domanda di manodopera qualificata. A Cipro le università pubbliche hanno concluso un accordo per ampliare le tematiche e la portata dei programmi offerti tramite l'istruzione a distanza. È stato introdotto un nuovo programma di apprendistato moderno che comprende due livelli: uno propedeutico (aperto ai giovani che non hanno completato il ciclo d'istruzione secondario) e uno principale (che conferisce la qualifica di "artigiano qualificato"). A Malta il governo ha avviato una strategia per il periodo 2014-2019 per affrontare il problema dell'analfabetismo.

In Polonia, una nuova legge entrata in vigore il 1° ottobre 2014 autorizza gli studi interdisciplinari, un sistema duplice con la partecipazione dei datori di lavoro ed un tirocinio di tre mesi in istituti a carattere applicativo e disciplina il monitoraggio dei percorsi post-laurea, oltre a promuovere la qualità dell'istruzione superiore. Le università potranno riconoscere le conoscenze e le competenze acquisite nel corso di una formazione e/o dell'attività professionale e tenerne conto ai fini della laurea. In tal modo il nuovo quadro giuridico apre la strada agli studi superiori a coloro che lavorano, che intendono cambiare carriera o migliorare la propria istruzione. In Francia è stata adottata una legge di riforma del sistema di formazione professionale: è stato introdotto un conto personale per la formazione ed è stato modificato il finanziamento del sistema di formazione professionale in modo da renderlo più adeguato e da facilitare l'accesso alla formazione professionale delle persone in cerca di lavoro.

Un buon numero di Stati membri hanno preso provvedimenti che agevolano la transizione dalla scuola al mondo del lavoro; anche tali sviluppi contribuiranno all'attuazione di una Garanzia per i giovani globale.

In Francia è stato deciso un programma di rilancio del sistema dei tirocini. Il sistema verrà maggiormente orientato verso il superamento della carenza di lavoratori qualificati e comprenderà incentivi per i datori di lavoro che assumano un tirocinante, nonché la possibilità di contratti a tempo indeterminato per i giovani dopo un periodo di tirocinio. Si prevede che la riforma approvata entri in vigore nel 2015. In Irlanda una campagna intitolata "Skills to work" (Competenze per il lavoro) offre alle persone in cerca di lavoro informazioni on line sulle tipologie di istruzione, riqualificazione o esperienza lavorativa a cui possono accedere in settori in cui stano emergendo nuove opportunità di lavoro. In Lettonia un nuovo programma di lavoro estivo per gli studenti prevede un mese di impiego retribuito in imprese ed enti pubblici per gli studenti del ciclo secondario, in modo da fornire una prima esperienza lavorativa e un avvicinamento a tutta una gamma di competenze richieste dal mondo del lavoro.

Le donne sono ora in numero maggiore rispetto agli uomini tanto nell'istruzione quanto nella formazione, ma rimane eccessiva la loro presenza negli ambiti di studio correlati ai loro ruoli tradizionali, quali la sanità e il welfare, le materie umanistiche e l'insegnamento, mentre in settori quali le scienze, la tecnologia, l'ingegneria e la matematica si riscontra ancora una prevalenza del sesso maschile. In Germania, a titolo di esempio, un programma cofinanziato dal FSE si propone di indirizzare verso la cura dell'infanzia un maggior numero di persone, principalmente uomini.

2.3 Orientamento per le politiche a favore dell'occupazione n. 9: migliorare la qualità dei sistemi d'istruzione e formazione a tutti i livelli e aumentare la partecipazione all'istruzione terziaria

Tutti gli Stati membri hanno presentato piani di attuazione globali della Garanzia per i giovani entro i termini stabiliti dal Consiglio dell'Unione europea.

La maggior parte degli Stati membri ha adottato misure mirate al miglioramento dei rispettivi sistemi di istruzione e formazione professionale per tenere conto in maniera più adeguata delle esigenze del mercato del lavoro (Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Spagna, Francia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Svezia e Regno Unito), in genere abbinate ai programmi della Garanzia per i giovani e ad impegni assunti nell'ambito dell'Alleanza europea per l'apprendistato. Diversi paesi hanno riveduto la legislazione relativa ai rispettivi sistemi di istruzione e formazione professionale (Danimarca, Grecia, Spagna, Francia, Ungheria, Irlanda, Portogallo, Slovacchia e regioni del Belgio).

Le regioni del Belgio hanno intensificato la collaborazione tra l'istruzione e la formazione e le politiche per l'impiego e i relativi attori, in modo da stabilire un rapporto più stretto tra le attività di istruzione e formazione e le esigenze del mercato. La Spagna ha varato una riforma finalizzata a introdurre un sistema di istruzione e formazione professionale duplice e adeguarlo alle esigenze del mercato del lavoro. In Francia la nuova legge sull'apprendimento permanente e sull'istruzione e la formazione professionale aumenta il sostegno fornito ai tirocini destinati alle persone meno qualificate. La Romania ha varato una nuova legislazione che prevede tirocini professionali sovvenzionati per i laureati. La Svezia ha adottato misure per agevolare la transizione dalla scuola al lavoro mediante i tirocini e aiutare i giovani ad acquisire un'esperienza lavorativa. In Estonia sono stati stanziati finanziamenti aggiuntivi per i corsi di istruzione e formazione professionale degli adulti. In Portogallo sono stati adattati i piani di studio nei settori dell'istruzione e della formazione professionale; il paese ha inoltre creato una rete di centri per la formazione professionale e nuovi corsi di formazione di livello base (14 anni) e secondario (da 15 a 17 anni). In Danimarca la riforma dell'istruzione e della formazione professionale è stata adottata nel giugno 2014 e si applicherà a partire dall'anno scolastico 2015/16. Tale riforma contribuirà a fare in modo che aumenti il numero di giovani che portano a termine un programma di istruzione e formazione professionale, nonché a garantire l'istruzione in Danimarca a tutti i giovani che vogliono un'istruzione e formazione professionale di base. 

Gli Stati membri mostrano maggiore flessibilità rispetto ai percorsi di qualifica. L'Austria ha istituito un punto di contatto per il riconoscimento delle qualifiche ottenute all'estero, migliorando così le occasioni disponibili ai migranti ed eliminando il divario tra le competenze e le opportunità. La Croazia ha istituito il quadro nazionale delle qualifiche al fine di disciplinare il sistema dell'attribuzione di qualifiche e di migliorare i programmi di istruzione grazie ad un'armonizzazione con le esigenze del mercato del lavoro.

Alcuni Stati membri hanno introdotto riforme dei rispettivi sistemi d'istruzione terziaria. Sono state introdotte riforme del sistema d'istruzione superiore in Austria, Germania, Estonia, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Polonia e nel Regno Unito. Alcune delle riforme spesso prevedono l'aumento dell'assistenza finanziaria per le categorie che hanno necessità particolari (Austria, Germania, Estonia, Lussemburgo e Regno Unito).

L'Austria aumenterà l'assistenza finanziaria agli studenti genitori, agli studenti occupati o a quelli coniugati. La Germania innalzerà le soglie e fornirà assistenza finanziaria aggiuntiva, in particolare ai giovani con genitori a basso reddito (a partire dal 2016). Il Lussemburgo ha modificato i criteri per la concessione di assistenza finanziaria per tenere conto degli aspetti sociali. Nel Regno Unito vengono offerti finanziamenti speciali al fine di aumentare la disponibilità di ingegneri e di incoraggiare un maggior numero di donne ad entrare in questo settore.

Alcuni Stati membri hanno preso misure per migliorare i rispettivi sistemi di istruzione primaria e secondaria (Austria, Estonia, Grecia, Spagna, Ungheria, Irlanda, Malta, Slovacchia e Regno Unito), mentre altri hanno rivolto la propria attenzione alla strategia generale in materia di istruzione (Croazia, Lituania).

In alcuni Stati membri (Austria, Paesi Bassi, Estonia, Irlanda, Svezia) si è provveduto a migliorare le condizioni di lavoro e le retribuzioni degli insegnanti oppure ad aumentare il numero dei docenti disponibili. L'Estonia ha innalzato la retribuzione minima degli insegnanti in modo da aumentare l'attrattiva di tale professione e ha in corso una riforma generale della scuola secondaria superiore e dell'istruzione e della formazione professionale. L'Irlanda ha previsto nel proprio bilancio risorse per aumentare di 1 400 unità il numero degli insegnanti e per mantenere i livelli attuali di insegnanti di sostegno per i bambini con necessità particolari. La Spagna ha anticipato la scelta del percorso d'istruzione al 3° e al 4° anno del ciclo secondario (per le classi di età 15 e 16) e ha introdotto nuove valutazioni al 3° e al e 6° anno della scuola primaria (classi di età 9 e 12). Il governo danese ha concluso un accordo su una riforma dell'istruzione obbligatoria statale (scuola primaria e secondaria inferiore), che entrerà in vigore a partire dall'anno scolastico 2014/15. Il governo portoghese sta attuando un programma di formazione per gli insegnanti e le scuole che godono di accordi di autonomia hanno ora il diritto a una maggiore flessibilità nei piani di studio.

2.4 Orientamento per le politiche a favore dell'occupazione n. 10: promuovere l'inclusione sociale e lottare contro la povertà

Molte riforme politiche in questo settore sono state finalizzate ad assicurare che i sistemi di protezione sociale possano:

favorire efficacemente l'inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro, proteggere chi è (temporaneamente) escluso dai mercati del lavoro e/o chi non è in grado di inserirvisi, preparare le persone ai rischi che potrebbero emergere nel loro ciclo di vita mediante investimenti in capitale umano.

A. Gli Stati membri stanno intensificando gli sforzi volti a rafforzare le proprie politiche attive del mercato del lavoro, riformando l'assistenza sociale e/o i sistemi di protezione in caso di disoccupazione e al tempo stesso introducendo misure mirate a tutelare le persone maggiormente a rischio di povertà. Alcuni Stati membri stanno introducendo o rafforzando le misure che favoriscono l'attivazione nell'ambito delle politiche volte ad affrontare in maniera più adeguata il problema della povertà nell'età adulta (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Spagna, Irlanda, Italia, Lettonia, Paesi bassi e Slovacchia). Riforme dell'assistenza sociale e/o dei sistemi di protezione in caso di disoccupazione sono attualmente in corso in diversi Stati membri (Belgio, Grecia, Cipro, Irlanda, Croazia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Romania e Regno Unito). In Belgio una riforma del sistema delle indennità di disoccupazione punta a garantire l'opportuno equilibrio tra l'indennità ed un'efficace assistenza per la ricerca di un'occupazione e di opportunità di formazione. Nel quadro della riforma del sistema di protezione sociale, Cipro ha introdotto un reddito minimo garantito (che sostituisce il precedente sistema di assistenza pubblica). Alcuni Stati membri (Belgio, Estonia, Spagna, Malta e Regno Unito) hanno adottato misure specifiche mirate a tutelare la popolazione maggiormente a rischio di povertà, segnatamente i giovani, le famiglie con bambini o le persone con disabilità (Austria, Belgio, Cipro, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Svezia e Regno Unito). Altri Stati membri (Francia, Svezia) hanno anche riferito di misure volte ad assicurare pari opportunità di genere.

B. In parallelo gli Stati membri hanno introdotto riforme mirate a tutelare chi temporaneamente non partecipa al mercato del lavoro o non è in grado di inserirvisi. A tal fine alcuni Stati membri hanno migliorato le politiche sociali volte a salvaguardare il benessere dei bambini e degli anziani e hanno aumentato le prestazioni, mentre altri hanno introdotto politiche specifiche per affrontare la povertà infantile. In risposta alle crescenti preoccupazioni riguardo agli effetti del numero sempre più elevato di minori colpiti dalla povertà, sono state rafforzate le misure di lotta contro la povertà infantile in alcuni Stati membri (Bulgaria, Estonia, Spagna, Irlanda, Italia, Lituania, Lettonia e Romania). In Bulgaria, tra le misure più importanti riportate in rapporto all'attuazione della Strategia nazionale per la riduzione della povertà e la promozione dell'inclusione sociale 2020 figurano: l'aumento delle indennità mensili in caso di nascita di un secondo figlio e di gemelli, per i bambini con disabilità permanenti e un'assistenza finanziaria a copertura dei costi di riscaldamento a favore di anziani e bambini. L'Irlanda ha lanciato un nuovo programma per l'infanzia su base territoriale, basato su elementi concreti, volto ad affrontare il problema della povertà infantile grazie all'ampliamento dei servizi di prevenzione e di intervento precoce che sono stati ritenuti efficaci nel corso della fase di sperimentazione. L'Italia ha introdotto un programma di assistenza rivolto alle famiglie con bambini, che prevede misure passive unitamente a misure di attivazione e a servizi. In Lettonia si sono ottenuti progressi significativi nella lotta alla povertà infantile, quali aumenti delle prestazioni familiari e un maggiore sostegno alle famiglie monoparentali a partire dal 1° gennaio 2014. Il governo lettone ha inoltre incrementato la soglia di non imponibilità per l'imposta sui redditi delle persone fisiche in funzione delle persone a carico. In Estonia il governo ha stabilito (nel giugno del 2014) di aumentare sostanzialmente a partire dal gennaio 2015 l'assegno universale per la cura dei figli, nonché l'indennità per i minori a carico commensurata alla verifica dei bisogni e il minimo vitale per i minori.

Gli Stati membri hanno adottato un approccio alle politiche sociali imperniato sugli investimenti, offrendo un migliore accesso all'istruzione e all'assistenza della prima infanzia. Alcuni Stati membri (Austria, Bulgaria, Repubblica ceca, Germania, Estonia, Francia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Regno Unito) hanno intrapreso iniziative volte ad estendere l'accesso dei bambini a servizi di istruzione e assistenza della prima infanzia nell'ambito delle rispettive strategie per migliorare le opportunità per i bambini. La Germania ha migliorato la disponibilità di strutture per l'infanzia a tempo pieno, ma ha conseguito solo miglioramenti modesti quanto alla disponibilità di scuole a tempo pieno. In Francia il piano pluriennale contro la povertà e l'esclusione sociale contiene anche misure indirizzate alle famiglie con figli a carico, quali un migliore accesso alle mense scolastiche e l'aumento dei posti disponibili nelle strutture per l'infanzia (con il 10% dei posti riservati ai bambini appartenenti a famiglie a basso reddito). L'Irlanda ha introdotto posti sovvenzionati nelle strutture che ospitano i bambini dopo l'orario scolastico, nell'intento di offrire un sostegno alle persone a basso reddito e disoccupate affinché ritornino sul mercato del lavoro, nonché istituito posti nelle strutture per l'infanzia a favore dei disoccupati che partecipano ai programmi per l'impiego delle amministrazioni locali, grazie ai quali essi ricevono formazione ed esperienza che li agevoleranno nell'ottenere un impiego. A Malta, un nuovo programma offre gratuitamente assistenza e istruzione alla prima infanzia in strutture pubbliche e private a favore delle famiglie in cui i genitori sono occupati e/o impegnati negli studi.

L'esigenza di riequilibrare la durata della vita professionale e gli anni trascorsi in pensione è uno dei temi principali nelle iniziative in materia di pensioni, in quanto quasi ovunque si registra un aumento dell'età pensionabile e si cerca di raggiungere la parità di genere. In risposta alle sfide demografiche che riguardano le pensioni, gli Stati membri sono sempre più consapevoli della necessità di consentire una maggiore durata della vita professionale, in modo da bilanciare l'impatto della maggiore longevità e da permettere ai lavoratori di riequilibrare i tassi di sostituzione più bassi grazie a periodi di contribuzione più lunghi. Negli ultimi anni numerosi Stati membri hanno adottato (ad es. Cipro, Spagna, Francia, Irlanda, Ungheria e Lettonia) o posto in atto (per esempio Danimarca e Regno Unito) un innalzamento dell'età pensionabile delle donne e/o degli uomini. Sono complessivamente 25 su un totale di 28 gli Stati membri che hanno legiferato l'aumento, nel presente o in futuro, dell'età pensionabile. In molti casi tale aumento è accompagnato da una (graduale) parificazione dell'età pensionabile per le donne e gli uomini (Repubblica ceca, Estonia, Grecia, Croazia, Italia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovenia, Slovacchia e Regno Unito). Tramite l'ampliamento dei periodi conteggiabili a fini pensionistici a favore di coloro che hanno avuto figli prima del 1992 ("Mütterrente"), la Germania ha inteso porre parzialmente rimedio agli effetti delle interruzioni di carriera e del lavoro a tempo parziale. In molti Stati membri sono però indispensabili ulteriori sforzi per ovviare a questi e ad altri fattori determinanti del divario di genere nei diritti pensionistici.

Sempre più paesi mettono in relazione l'età pensionabile e l'aumento della longevità. Il Regno Unito e il Portogallo si sono uniti al numero crescente di paesi (Cipro, Danimarca, Grecia, Italia, Paesi Bassi e Slovacchia) che, dopo aver innalzato l'età pensionabile per compensare il precedente aumento della longevità, hanno deciso di introdurre una correlazione esplicita tra l'età pensionabile e i futuri aumenti dell'aspettativa di vita. Vari Stati membri nutrono tuttavia serie riserve al riguardo.

Per innalzare l'età di effettiva uscita dal mercato del lavoro, la maggior parte degli Stati membri ha adottato misure per limitare l'accesso al pensionamento anticipato. Le principali misure di riforma comprendono l'inasprimento delle condizioni di accesso al pensionamento anticipato (innalzamento dell'età minima, del requisito relativo ai contributi versati e riduzione del livello delle prestazioni) e la maggiore attenzione rivolta alle misure di attivazione (Belgio, Cipro, Spagna, Croazia, Portogallo e Slovenia). Molti paesi stanno inoltre limitando l'accesso a percorsi ampiamente utilizzati in alternativa al pensionamento anticipato, quali un lungo periodo di fruizione delle indennità di disoccupazione (ad esempio la Spagna) o delle prestazioni di invalidità (ad esempio l'Austria e la Danimarca). In alcuni paesi però (ad esempio Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Lussemburgo, Malta e Romania), compresi alcuni tra quelli che hanno recentemente intrapreso riforme, le possibilità di pensionamento precoce possono ancora tendenzialmente pregiudicare l'adeguatezza e la sostenibilità delle pensioni. Altri paesi hanno facilitato l'accesso al pensionamento anticipato per chi aveva già maturato lunghi periodi di contribuzione e aveva sopportato pesanti carichi di lavoro. In Lettonia e Portogallo ciò si è verificato in risposta alla crescente difficoltà di trovare un'occupazione per determinati gruppi di lavoratori in età avanzata. In Danimarca si è perseguito lo scopo di porre rimedio agli squilibri introdotti dalle riforme precedenti, che avevano ridotto le possibilità di pensionamento anticipato. In Germania si è inteso ripristinare condizioni eque per chi aveva iniziato a lavorare in giovane età; in Bulgaria invece tale agevolazione è stata indirizzata in primo luogo a chi aveva svolto incarichi lavorativi particolarmente duri.

Un numero crescente di Stati membri sta aprendo la strada alla possibilità di prolungare la vita lavorativa e di migliorare i diritti alla pensione rinviando il pensionamento. In Francia, l'età alla quale i datori di lavoro privati possono mandare in pensione un lavoratore senza il suo consenso è stata innalzata da 65 a 70 anni. Molti sistemi pensionistici prevedono incentivi per chi continua a lavorare oltre l'età pensionabile, quali coefficienti più elevati di maturazione della pensione o una maggiorazione della pensione in caso di pensionamento ritardato (ad esempio Danimarca, Finlandia e Francia). Un numero crescente di paesi sta rendendo meno restrittive le norme al fine di consentire il cumulo tra prestazioni pensionistiche e reddito da lavoro (Belgio, Paesi Bassi e Slovenia). Un aspetto importante è che alcuni paesi sostengono sempre più le riforme pensionistiche con misure a favore dell'invecchiamento attivo nei luoghi di lavoro e nei mercati del lavoro (ad esempio Belgio, Francia, Slovenia). Tuttavia gli sforzi compiuti in questo ambito in molti Stati membri sono ancora troppo limitati e non coordinati.

Nell'ambito degli sforzi compiuti per il risanamento dei bilanci l'indicizzazione delle pensioni erogate è stata modificata o congelata provvisoriamente in diversi Stati membri. Ciò si è per esempio verificato a Cipro, in Francia, in Italia e in Portogallo. In altri paesi l'indicizzazione, anche in forma modificata, torna ad essere applicata dopo un periodo di interruzione (ad esempio Repubblica ceca, Bulgaria e Lettonia).

C. In risposta alle pressioni sul bilancio, i paesi stanno rivedendo la spesa sanitaria e cercando di migliorare il rapporto costo/qualità e l'efficacia dei risultati, mentre introducono strumenti più adeguati per il contenimento dei costi. Vari Stati membri hanno intrapreso o avviato riforme strutturali dei rispettivi sistemi sanitari (Austria, Bulgaria, Cipro, Grecia, Spagna, Finlandia, Croazia, Irlanda, Romania, Slovacchia e Regno Unito). La Finlandia ha deciso di riformare i servizi sociali e la sanità, attribuendo la responsabilità dell'erogazione a cinque regioni competenti per i servizi sociali, per il welfare e per i servizi sanitari. Nel Regno Unito, il progetto di legge "Care Act" modificherà profondamente il servizio sanitario nazionale e creerà il quadro giuridico per l'attuazione del fondo per cure migliori, che offrirà importanti incentivi finanziari alle autorità locali affinché integrino i servizi sanitari e di assistenza sociale. Un certo numero di Stati membri ha introdotto misure per contenere l'aumento della spesa sanitaria (Austria, Bulgaria, Belgio, Cipro, Germania, Spagna, Francia, Croazia, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Regno Unito). L'Austria, il Belgio e la Francia si sono concentrati sulla fissazione di un massimale di aumento del livello generale della spesa sanitaria. La Francia ha introdotto nuove misure per contenere la spesa farmaceutica grazie al miglioramento delle modalità di fissazione dei prezzi, nonché incoraggiando l'uso dei farmaci generici. Sono state adottate varie misure per migliorare la fornitura di servizi sanitari, molte delle quali sono intese a sviluppare ulteriormente la sanità elettronica (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Spagna, Francia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Portogallo, Svezia, Slovenia, Slovacchia e Regno Unito). Cipro sta effettuando le principali riforme connesse all'attuazione del nuovo sistema sanitario nazionale e alla relativa infrastruttura elettronica, oltre a riforme che riguardano gli ospedali pubblici e altre strutture sanitarie e l'organizzazione e la gestione del ministero della Sanità. Il Belgio ha votato l'adozione di un piano di azione per la sanità elettronica con l'obiettivo di rendere universale lo scambio elettronico di informazioni sui pazienti e dei relativi dossier entro il 2018.

Resta necessario trovare nuovi modi per fare fronte alla carenza di personale e adottare ulteriori misure per garantire a tutti l'accesso all'assistenza sanitaria. Alcuni Stati membri stanno effettuando considerevoli investimenti nel personale sanitario (Germania, Ungheria, Lettonia, Malta e Slovacchia). La Lettonia ha deciso di innalzare la retribuzione minima per le professioni sanitarie in una misura che va dal 10 al 12,5 %. Il miglioramento dell'accesso ai servizi sanitari resta una priorità per diversi Stati membri (Bulgaria, Danimarca, Grecia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Lettonia e Portogallo). In Grecia tutte le persone che non dispongono di un'assicurazione sanitaria hanno ora il diritto ufficiale di ricevere medicinali e cure ospedaliere secondo le necessità di carattere medico. 

Considerato l'invecchiamento della popolazione, molti Stati membri prendono misure volte a soddisfare la domanda in rapida crescita di un'assistenza a lungo termine che sia efficace, adeguata e di qualità. La Bulgaria ha adottato una strategia nazionale basata su un approccio integrato e su una maggiore erogazione di servizi sociali di qualità, fra cui l'assistenza a lungo termine. I Paesi Bassi attueranno a partire dal gennaio 2015 un'importante riforma strutturale del proprio sistema di assistenza a lungo termine, con il trasferimento di alcune responsabilità dal sistema attuale ai comuni e alle assicurazioni sanitarie. In diversi Stati membri l'assenza di servizi formali dedicati all'assistenza a lungo termine costituisce ancora un importante ostacolo all'ottenimento di una tutela adeguata dai rischi finanziari connessi ai bisogni di assistenza a lungo termine, pregiudicando inoltre l'occupazione femminile. 

Gli Stati membri hanno introdotto specifici programmi d'inclusione per le persone in situazioni particolarmente svantaggiate e per le persone senza casa o escluse dalla possibilità di avere un'abitazione. Si riscontrano in Bulgaria esempi positivi di misure di sostegno mirate a facilitare l'accesso dei Rom all'occupazione. Sono però complessivamente poche le misure sistematiche attuate a livello nazionale. La frequenza obbligatoria per due anni della scuola dell'infanzia introdotta in Bulgaria, come anche la frequenza obbligatoria della scuola dell'infanzia a partire dall'età di tre anni che è in corso di introduzione in Ungheria, sono esempi promettenti per l'istruzione primaria dei minori Rom. Alcuni paesi (Irlanda, Finlandia e Lettonia) hanno istituito misure che prevedono indennità per le persone senza casa e per le spese connesse all'abitazione, mentre Repubblica ceca, Lituania, Paesi Bassi e Slovenia stanno introducendo politiche o legislazione in materia di edilizia sociale. Alcuni Stati membri (Spagna, Lettonia) hanno adottato misure concernenti il mercato degli alloggi al fine di ridurre il peso dell'indebitamento delle famiglie. In Belgio cinque autorità locali hanno lanciato il progetto pilota "Housing First" (Un alloggio in primo luogo) all'insegna del principio di dare un tetto a chi ne ha bisogno.

3.         QUADRO DI VALUTAZIONE DEGLI INDICATORI OCCUPAZIONALI E SOCIALI CHIAVE

Assetto istituzionale del quadro di valutazione degli indicatori sociali e occupazionali chiave

L'obiettivo del quadro di valutazione, la cui istituzione è stata proposta dalla comunicazione "Potenziare la dimensione sociale dell'unione economica e monetaria"[24] (UEM) e presentata nell'edizione 2014 del Progetto di relazione comune sull'occupazione[25], consiste nel permettere di anticipare meglio gli eventi mediante l'individuazione tempestiva dei principali problemi o sviluppi sociali e occupazionali. Il quadro di valutazione rappresenta uno strumento analitico specificamente dedicato alle tendenze occupazionali e sociali che potrebbero pregiudicare la stabilità e il buon funzionamento dell'UE e dell'UEM mettendo a rischio l'occupazione, la coesione sociale e il capitale umano, e di conseguenza la competitività e la crescita sostenibile; tale strumento ha lo scopo di permettere una comprensione più ampia degli sviluppi sociali[26]. Il quadro di valutazione è stato approvato nel dicembre 2013 e adottato nel marzo 2014 (nell'ambito della relazione comune sull'occupazione) dal consiglio EPSCO[27]. In seguito al mandato del Consiglio europeo[28] il quadro di valutazione è stato usato per la prima volta nell'ambito del semestre europeo 2014. Successivamente la Commissione ha attinto ai risultati del quadro di valutazione per la redazione dei documenti di lavoro dei servizi della Commissione nel 2014 e nella preparazione delle raccomandazioni specifiche per paese al fine di presentare meglio le sfide e le indicazioni strategiche. La lettura del quadro di valutazione è stata integrata dalle informazioni aggiuntive ricavate dal monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (EPM) e dal monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale (SPPM), come anche dalla valutazione delle misure strategiche adottate dagli Stati membri. Il quadro di valutazione ha efficacemente posto in risalto i principali problemi occupazionali e sociali nel contesto del semestre europeo e suscitato dibattiti a livello istituzionale.

Parallelamente, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale hanno avviato una discussione sull'attuazione del quadro di valutazione al di là del semestre europeo 2014[29]. Tali comitati hanno sviluppato in particolare la scelta degli indicatori, la lettura del quadro di valutazione in congiunzione con l'EPM e lo SPPM e la metodologia per definire gli sviluppi occupazionali e sociali più problematici. L'edizione attuale della Relazione comune sull'occupazione comprende alcune delle proposte avanzate, che tra le altre cose aumentano il peso delle dimensioni di genere e di età nell'analisi dei dati e prendono maggiormente in considerazione le variazioni di un indicatore senza limitarsi al periodo più recente.

3.1 Risultati della lettura complessiva del quadro di valutazione a livello di UE e di zona euro

Viene presentata di seguito una panoramica delle recenti tendenze socioeconomiche divergenti che individuano gli sviluppi più meritevoli di attenzione nell'UE e in singoli paesi per l'intero quadro di valutazione e per ciascuno dei cinque indicatori. L'allegato, infine, contiene tabelle che illustrano la situazione per ciascun indicatore in tutti gli Stati membri dell'UE, nonché una panoramica delle principali sfide occupazionali individuate con l'EPM e le tendenze sociali da tenere sotto osservazione nell’ambito dell'SPPM.

I principali sviluppi e livelli occupazionali e sociali potenzialmente problematici, fonti di divergenze tra i paesi dell'UE e che meritano un'analisi più approfondita ed eventualmente una risposta politica più forte, possono essere individuati lungo tre linee[30]:

· per ciascuno Stato membro, la variazione dell'indicatore in un dato anno rispetto a periodi precedenti (tendenza storica);

· per ciascuno Stato membro, la differenza rispetto ai tassi medi dell'UE e della zona euro nello stesso anno (istantanea delle disparità occupazionali e sociali esistenti);

· la variazione dell'indicatore tra due anni consecutivi in ciascuno Stato membro rispetto alla variazione a livello di UE e zona euro (indicazione delle dinamiche della convergenza/divergenza socioeconomica).

In genere, considerati nell'insieme, i risultati del quadro di valutazione indicano divergenze socioeconomiche persistenti, anche se il loro aumento non ha la stessa ampiezza dell'anno precedente. Le divergenze restano visibili nei tassi di disoccupazione, di disoccupazione giovanile e di giovani che non sono né occupati né impegnati in corsi di studio o formazione (NEET); la diminuzione dei redditi delle famiglie e l'aumento della disuguaglianza e dei tassi di povertà sono evidenti nella maggior parte degli Stati membri dell'Europa meridionale appartenenti alla zona euro. In questa fase, in particolare per gli indicatori relativi alla disoccupazione, le divergenze non stanno aumentando eppure non è ancora ben chiara la misura del capovolgimento delle tendenze precedenti.

I dati ricavati dal quadro di valutazione sono analizzati prendendo in considerazione anche la suddivisione di genere (per tutti gli indicatori se possibile). In vari Stati membri l'aumento della disoccupazione, tanto nella popolazione in età lavorativa quanto fra i giovani, è stato sproporzionatamente più gravoso per le donne, mentre in altri paesi sono stati i lavoratori maschi a risentire maggiormente degli effetti della crisi.

Analizzato a livello di ogni singolo paese, il quadro di valutazione indica che diversi Stati membri stanno affrontando gravi sfide occupazionali e sociali, se si considerano gli sviluppi storici e il divario con la media UE. La situazione più problematica in termini di indicatori sia occupazionali sia sociali si riscontra in Italia e in Romania. Si tratta di Stati membri che, partendo da situazioni già problematiche, hanno riportato un'evoluzione negativa di tutti gli indicatori. Gli indicatori occupazionali di Grecia, Spagna e Portogallo indicano un miglioramento o una situazione stabile, mentre gli indicatori sociali indicano che continua l'aumento dei tassi di povertà e della disuguaglianza già elevati, mentre i redditi delle famiglie continuano a diminuire in termini reali. A Cipro e in Croazia i tassi di disoccupazione (giovanile) indicano alcuni miglioramenti o l'assenza di peggioramenti, mentre il tasso dei NEET continua ad aumentare partendo da valori già elevati. Nel primo Stato membro gli sviluppi negativi sul mercato del lavoro si sono ripercossi in un'ulteriore peggioramento delle condizioni sociali. La Lituania mostra invece un ulteriore miglioramento della situazione sul mercato del lavoro (nei due periodi di riferimento consecutivi), gli indicatori sociali indicano quale principale fonte di preoccupazione l'aumento della povertà e della disuguaglianza rispetto a valori che erano già superiori alla media UE. Vi sono infine due Stati membri che sono riusciti finora a salvaguardare le rispettive società dagli effetti della crisi, ma per i quali il quadro di valutazione mostra alcuni segnali preoccupanti: i Paesi Bassi hanno visto un aumento della disoccupazione (giovanile) e dei tassi di NEET e di povertà, mentre la Finlandia riporta alcuni sviluppi preoccupanti in termini di disoccupazione e NEET.  

Valori || Variazioni || Indicatori occupazionali || Indicatori sociali

Tasso di disoccupazione || Disoccupazione giovanile || NEET || Reddito lordo disponibile delle famiglie || Tasso di rischio di povertà || Disuguaglianza

L   || L || Italia || Belgio, Italia, Romania || Croazia, Italia, Cipro, Ungheria, Romania || Variazioni negative più marcate: Grecia, Spagna, Italia, Cipro, Ungheria, Slovenia || Grecia, Lituania, Portogallo, Romania || Grecia, Bulgaria, Italia, Lituania, Romania, Portogallo

- || Grecia, Croazia, Cipro || - || Bulgaria, Grecia, Spagna  || Italia ||

J || Spagna, Portogallo, Slovacchia || Spagna, Grecia, Croazia, Cipro, Portogallo, Slovacchia || - || Lettonia || Lettonia

J || L || Lussemburgo, Paesi Bassi, Finlandia || Paesi Bassi, Austria || Belgio, Paesi Bassi, Austria, Finlandia  || Danimarca, Lussemburgo, Cipro, Malta, Paesi Bassi, Slovenia, Svezia || Cipro, Germania, Ungheria, Malta, Slovenia

Tabella: Sintesi del quadro di valutazione degli indicatori sociali e occupazionali chiave[31]

Le sfide individuate mediante il quadro di valutazione degli indicatori sociali e occupazionali chiave dovranno essere tenute presenti nel contesto del semestre europeo, in particolare nella successiva elaborazione in seno alla Commissione dei documenti di lavoro dei servizi della Commissione a supporto del progetto di raccomandazioni specifiche per paese e nella sorveglianza multilaterale da esercitare nel quadro del comitato per l'occupazione e del comitato per la protezione sociale. La gamma di indicatori compresi nell'EPM e nello SPPM vi sarà integrata compiutamente in modo da completare l'analisi specifica per paese.

3.2 Risultati della lettura del quadro di valutazione per ciascun indicatore

3.2.1 Tasso di disoccupazione: variazioni e livello

In tutta l'Unione europea si è in linea generale interrotto il grave aumento del tasso di disoccupazione rilevato nella precedente edizione del quadro di valutazione. Il tasso dell'UE-28 è diminuito di 0,5 punti percentuali, il che indica una leggera ripresa del mercato del lavoro. I miglioramenti nella zona euro sono stati più contenuti (riduzione di 0,3 punti percentuali). Tuttavia le divergenze tra i diversi paesi, che si sono aggravate durante gli anni della crisi, restano ad un livello elevato e non mostrano segni di miglioramento. Il divario tra i due risultati migliori e i due risultati peggiori resta superiore a 20 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione femminile resta superiore a quello maschile (di 0,2 punti percentuali nell'UE-28 e di 0,4 punti percentuali nella zona euro nella prima metà del 2014). 

Figura I: Tassi di disoccupazione nel 1° semestre 2014 e variazioni relative al 1° semestre negli anni 2012-2013 e 2013-2014 per ciascun paese (fascia di età da 15 a 74 anni)          Fonte: Eurostat (LFS), calcoli della DG EMPL; riclassificati secondo il livello nella prima metà del 2014.

Come si evince dalle cifre presenti nel quadro di valutazione, in sette Stati membri (Grecia, Spagna, Croazia, Cipro, Portogallo, Slovacchia, Italia) i tassi di disoccupazione sono ancora talmente elevati da destare preoccupazione (rispetto alla media UE).  Se da un lato tre di questi Stati (Spagna, Portogallo, Slovacchia) hanno riportato alcuni cambiamenti positivi, la situazione sta diventando ancora più grave in Italia, dove il tasso di disoccupazione è ulteriormente peggiorato (con un aumento di 0,5 punti percentuali in un anno). Oltre ai paesi dell'Europa meridionale si sta manifestando un nuovo gruppo di Stati nei quali la disoccupazione è in aumento. Lussemburgo, Paesi Bassi e Finlandia hanno tutti livelli di disoccupazione ancora piuttosto bassi, però il quadro di valutazione indica alcuni sviluppi problematici del tasso di disoccupazione in paesi che erano finora stati capaci di proteggere relativamente bene i rispettivi lavoratori durante la crisi. Il confronto con la prima edizione del quadro di valutazione indica che tale fenomeno non è completamente nuovo, il che suggerisce che tali sviluppi potrebbero trasformarsi in tendenze di lungo periodo alle quali bisognerà prestare attenzione. Per quanto riguarda la dimensione di genere della disoccupazione nei paesi dell'Europa meridionale (Spagna, Grecia, Italia) il tasso di disoccupazione femminile resta superiore a quello maschile; la situazione è invece capovolta in Svezia, Finlandia, Irlanda o negli Stati baltici. 

3.2.2 Tasso di disoccupazione giovanile e di NEET

Nell'attuale periodo di riferimento vi sono stati alcuni sviluppi positivi per quanto riguarda il tasso di disoccupazione giovanile, i cui valori medi sono diminuiti sia nell'UE (calo di 1,2 punti percentuali) sia nella zona euro (0,5 punti percentuali). Se da un lato la situazione dei paesi in fondo alla graduatoria è migliorata, restano però molto ampie le differenze tra i risultati conseguiti dai diversi Stati membri. Per quanto riguarda il tasso di NEET i valori medi per l'UE e per la zona euro sono diminuiti solo di poco, lasciando immutata una chiara divergenza all'interno dell'Unione europea, con i valori più elevati di NEET (principalmente nei paesi dell'Europa meridionale) che sono aumentati progressivamente durante tutti gli anni della crisi.

Figura IIa: Tassi di disoccupazione giovanile nel 1° semestre 2014, variazioni del 1° semestre negli anni 2012-2013 e 2013-2014 per ciascun paese (fascia di età da 15 a 24 anni)         

Fonte: Eurostat (LFS), calcoli della DG EMPL; riclassificati secondo il livello nella prima metà del 2014.

Figura IIb: Tassi di NEET: valori del 2013 e variazioni 2011-2012 e 2012-2013 (fascia di età da 15 a 24 anni)

Fonte: Eurostat (LFS), calcoli della DG EMPL; riclassificati secondo il livello nella prima metà del 2014. Nota: discontinuità nelle serie di dati nel 2013 per FR, quindi non sono disponibili variazioni.

La situazione dei giovani sui mercati del lavoro resta grave in molti Stati membri; in ben sette paesi (Grecia, Spagna, Croazia, Italia, Portogallo, Cipro, Slovacchia) il tasso di disoccupazione rimane superiore di 9 punti percentuali alla media UE. Si riscontra invece tra i risultati positivi il fatto che la maggior parte dei paesi indicati siano riusciti a migliorare la situazione dei giovani, con la notevole eccezione dell'Italia dove il tasso ha continuato ad aumentare (di 4,1 punti percentuali). Inoltre il Belgio e la Romania hanno riportato aumenti del tasso di disoccupazione giovanile, i cui valori erano già relativamente alti.  Analogamente a quanto rilevato nell'analisi degli sviluppi del tasso di disoccupazione, anche nel caso di questo indicatore esiste un gruppo di paesi (Paesi Bassi, Austria, Finlandia) che mostrano segni di peggioramento rispetto ad una situazione di partenza relativamente buona.     

Sebbene non vi sia stato un aumento drastico e generale del tasso di disoccupazione giovanile, la quota di giovani né occupati né impegnati in corsi di studio o formazione (NEET) è però salita in misura significativa in quasi metà degli Stati membri. Rispetto a livelli di partenza già elevati, Croazia, Italia, Cipro, Ungheria e Romania hanno visto aumentare il tasso di NEET in una misura compresa tra 2,7 e 0,4 punti percentuali. Anche in questo caso la situazione più grave in fatto di NEET si riscontra in Italia, dove il tasso di NEET, che era già il più elevato, ha riportato un aumento che si colloca al terzo posto tra i più rilevanti. Si osserva peraltro il dato positivo che le tendenze negative in Grecia sono state fermate (almeno in rapporto a questo periodo di riferimento): sebbene il livello dei NEET sia ancora alto, non si registra alcun aumento. Confrontando altri indicatori occupazionali si nota che diversi membri della zona euro (Belgio, Paesi Bassi, Austria, Finlandia) hanno subito una contrazione dei rispettivi mercati del lavoro, con recenti aumenti dei tassi di NEET, sebbene a partire da livelli comunque inferiori alla media UE. I tassi di NEET tra le donne sono più gravi nella Repubblica ceca, in Croazia, a Cipro, in Lituania e in Ungheria, mentre si impongono all'attenzione gli alti tassi di NEET tra gli uomini in Grecia e Croazia, a Cipro e in Finlandia. 

3.2.3 Variazione in termini reali del reddito lordo disponibile delle famiglie

I redditi delle famiglie sono rimasti stazionari in termini reali o sono diminuiti fortemente dopo il 2011 nei paesi che hanno maggiormente subito l'ulteriore peggioramento delle condizioni economiche. I redditi delle famiglie hanno risentito principalmente del calo dei redditi di mercato e dell'indebolimento nel corso del tempo dell'effetto dei trasferimenti sociali. Inoltre, l'aumento della pressione fiscale in alcuni Stati membri ha avuto un impatto negativo sull'occupazione, mentre modifiche dei sistemi fiscali e previdenziali e tagli delle retribuzioni nel settore pubblico hanno comportato significative riduzioni del livello dei redditi reali delle famiglie. Tutto questo può aver contribuito ad acuire le divergenze all'interno della zona euro.

Figura III: Variazione in termini reali del reddito lordo disponibile delle famiglie: crescita nel 2012 e nel 2011 Fonte: Eurostat, conti nazionali, calcoli della DG EMPL; riclassificati secondo la crescita totale nel 2012.

Si osservano sia un'ampia dispersione, sia una crescente divergenza tra gli Stati membri per quanto riguarda l'andamento del reddito lordo reale disponibile delle famiglie. Esaminando la situazione in rapporto ai dati del 2012, si nota che ben 16 Stati membri hanno registrato andamenti fortemente negativi del reddito lordo disponibile delle famiglie: in Grecia vi è stato un calo di quasi il 10 % rispetto all'anno precedente, e a Cipro del 9 %. La riduzione nel primo di questi paesi, come anche in Spagna e in Italia, si è aggiunta ad un peggioramento della situazione già rilevato nel precedente periodo di riferimento. Sta peraltro emergendo ora un gruppo di paesi nei quali gli stipendi avevano continuato a crescere fino al 2011, mentre il 2012 ha portato alcuni sviluppi negativi: Cipro, Ungheria, Slovenia, Estonia e Bulgaria.   

3.2.4 Tasso della popolazione in età lavorativa a rischio di povertà: variazioni e valori

Il tasso di rischio di povertà nella popolazione in età lavorativa è in aumento in molti Stati membri (cfr. figura IV). In molti paesi tale aumento va a peggiorare valori di rischio di povertà già elevati, spesso peggiorati da riduzioni della soglia di povertà nello stesso periodo.

Figura IV: Tasso della popolazione in età lavorativa a rischio di povertà: valori del 2013 e variazioni 2011-2012 e 2012-2013 (fascia di età da 18 a 64 anni) Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC, calcoli della DG EMPL; con riferimento ai redditi dell'anno 2012. Nota: discontinuità nelle serie di dati del 2013 per ES, quindi non sono disponibili variazioni; discontinuità nelle serie di dati del 2012 per AT e UK, variazione 2011-2012 non disponibile; dati del 2012 (variazioni 2011-2012 e 2010-2011) per IE.

Gli Stati membri in cui3 si è registrato il maggior aumento del tasso di rischio di povertà per la popolazione in età lavorativa tra il 2012 e il 210 comprendono Grecia, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo e Romania, mentre le maggiori variazioni tra il 2011 e il 2012 sono state osservate in Grecia, Portogallo, Croazia e Spagna. Nella maggior parte di questi paesi il prolungato periodo di crescita del PIL negativa o pari a zero, l'aumento della disoccupazione di lunga durata e l'indebolimento nel corso del tempo dell'effetto dei trasferimenti sociali hanno causato il rischio di povertà.

3.2.5 Disuguaglianze (rapporto S80/S20[32]): variazioni e valori

Le disuguaglianze di reddito stanno aumentando sia tra gli Stati membri, sia all'interno dei singoli Stati, in particolare negli Stati membri che hanno riportato il maggiore incremento del tasso di disoccupazione (cfr. figura V). In molti paesi la crisi ha accentuato le tendenze a lungo termine della polarizzazione salariale e della segmentazione del mercato del lavoro, che, unitamente a sistemi fiscali e previdenziali meno redistributivi, hanno alimentato le crescenti disuguaglianze. L'aumento significativo delle disuguaglianze può essere posto in relazione con i livelli elevati di disoccupazione (il cui maggiore incremento riguarda la fascia più bassa del mercato del lavoro). In alcuni casi uno dei fattori è stato il consolidamento del bilancio[33].

Figura V: Disuguaglianze (rapporto S80/S20) nel 2013 (*2012), valori e variazioni 2011-2012 e 2012–2013

Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC (calcoli della DG EMPL). Nota: discontinuità nelle serie di dati del 2013 per ES, quindi non sono disponibili variazioni; discontinuità nelle serie di dati del 2012 per AT e UK, variazione 2011-2012 non disponibile; dati del 2012 (variazioni 2011-2012 e 2010-2011) per IE.

Emergono una vasta dispersione e un crescente divario in termini di disuguaglianze (rapporto S80/S20) tra gli Stati membri. I dati recenti relativi ai redditi del 2012 (disponibili per un certo numero di Stati membri) riportano un amento delle disuguaglianze di reddito (come misurate dall'indicatore S80/S20) di 0,5 punti percentuali o più tra il 2012 e il 2013 in Lituania e Bulgaria e alcuni incrementi degni di nota in Italia, Romania, Portogallo, Cipro, Germania, Ungheria, Malta e Slovenia. Le disuguaglianze di reddito sono rimaste particolarmente elevate in Bulgaria, Grecia, Spagna, Lituania, Lettonia, Portogallo e Romania nel 2013, dove la quota di reddito percepita dal 20% della popolazione con il reddito più alto è superiore di almeno sei volte a quella percepita dal 20% della popolazione con il reddito più basso.

[1]           Decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (Gazzetta ufficiale L 308 del 24.11.2010, pag. 46).

[2]           Lo stesso vale anche per i cittadini di paesi terzi e le persone con disabilità. Il tasso di disoccupazione dei cittadini di paesi terzi era del 21,7 % nel 2013 (14,3 % nel 2008), mentre il tasso di disoccupazione delle persone con disabilità è quasi il doppio di quello delle persone senza disabilità.

[3]           Cfr. "Key Features" della DG EMPL per un'analisi più approfondita (di prossima pubblicazione).

[4]              Cfr. il documento di lavoro dei servizi della Commissione: "Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dalle TIC" [SWD(2012) 96 del 18.4.2012]; il documento di lavoro dei servizi della Commissione relativo a un piano d'azione per i lavoratori dell'assistenza sanitaria nell'UE [SWD(2012) 93 del 18.4.2012] e il documento di lavoro dei servizi della Commissione: "Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dall'economia verde" [SWD(2012) 92 del 18.4.2012].

[5]              Si veda anche la comunicazione della Commissione dal titolo "Iniziativa per favorire l'occupazione verde: sfruttare le potenzialità dell'economia verde di creare posti di lavoro" COM(2014) 446 del 2.7.2014.

[6]              Ad esempio, il lavoro a tempo parziale involontario (in percentuale rispetto al totale del lavoro a tempo parziale) nell'UE-28 era il 29,6 % nel 2013, rispetto al 25,3 % nel 2008.

[7]              Una curva di Beveridge, o curva-UV, è una rappresentazione grafica del rapporto tra disoccupazione e tasso dei posti di lavoro vacanti (il numero di posti di lavoro vacanti espresso come percentuale della forza lavoro). Essa degrada verso il basso in quanto un più alto tasso di disoccupazione corrisponde normalmente ad un basso tasso di posti vacanti. Se la curva scivola verso destra, nel corso del tempo, indica che a un dato livello di posti vacanti corrispondono livelli sempre maggiori di disoccupazione, il che implica una diminuzione dell'efficienza nell'incontro tra domanda e offerta sul mercato del lavoro.

[8]              "Labour Market Developments in Europe, 2013" (L'andamento del mercato del lavoro in Europa, 2013), Commissione europea.

[9]           Per un'ulteriore analisi, si veda il documento "Key Features" della DG EMPL.

[10]             Cfr., ad esempio, "Future Skills Supply and Demand in Europe" (Offerta e domanda di competenze future in Europa), Cedefop.

[11]             Nell'ottobre 2013 l'OCSE e la Commissione europea hanno pubblicato l'esito di una nuova indagine sulle competenze della popolazione adulta ("Survey on Adult Skills (PIAAC)",Commissione europea, OCSE).

[12]             Cfr., ad esempio, "Is Aggregate Demand Wage-Led or Profit-Led? National and Global Effects" (La domanda aggregata segue la logica salariale o quella del profitto? Effetti nazionali e mondiali), Ufficio internazionale del lavoro, Condizioni di lavoro e occupazione, serie n. 40, Ginevra, 2012.

[13]             Cfr. "Quarterly Report on the Euro Area" (Relazione trimestrale sulla zona euro), Commissione europea, volume 12, n. 3, 2013.

[14]          Cfr. Eurofound (2013), "Tackling Undeclared Work in 27 European Union Member States and Norway: Approaches and Measures Since 2008" (Lotta al lavoro sommerso nei 27 Stati membri dell'Unione europea e in Norvegia: approcci e misure dal 2008), Eurofound, Dublino; Hazans, M. (2011), "Informal Workers Across Europe" (Lavoratori informali in Europa), documento di ricerca 5912, Banca mondiale, Washington DC. 

[15]          Il rapporto tra quintili di reddito, detto anche rapporto S80/S20, è una misura della disuguaglianza nella distribuzione del reddito calcolata come rapporto tra il reddito totale percepito dal 20 % della popolazione con il reddito più alto (quintile superiore) e quello percepito dal 20 % della stessa popolazione con il reddito più basso (quintile inferiore). Tutti i redditi sono calcolati come redditi disponibili equivalenti.

[16]          Per maggiori dettagli, cfr. EU Employment and social situation, Quarterly Review (Rivista trimestrale dell'UE sull'occupazione e la situazione sociale), giugno 2014.

[17]          EU Employment and Social Situation, Quarterly Review (Rivista trimestrale dell'UE sull'occupazione e la situazione sociale), marzo 2014 — Supplemento sulle tendenze della spesa sociale (2014).

[18]        Cfr. EU Employment and social situation, Quarterly Review (Rivista trimestrale dell'UE sull'occupazione e la situazione sociale), marzo 2013. L'analisi mostra che l'aggiustamento verso il basso della spesa sociale osservato dal 2011 sembra più marcato rispetto a simili episodi di recessione avvenuti negli ultimi tre decenni.

[19]          Questa sezione fornisce un aggiornamento della situazione presentata nella precedente relazione comune sull'occupazione; dati i limiti di spazio, non è esaustiva e non è intesa a riferire in merito a tutte le riforme e le misure strategiche. Di norma, le misure che sono state solo annunciate, ma non presentate al Parlamento per l'adozione o ad una contrattazione collettiva con le parti sociali, non sono prese in considerazione nella relazione. 

[20]          Decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione.

[21]          Si noti che la relazione annuale della Commissione sui progressi nella parità tra donne e uomini fornisce un'analisi dettagliata.

[22]          Ultimi dati disponibili; pubblicati nella primavera del 2014.

[23]          Per una panoramica più completa degli sviluppi in merito agli orientamenti 8 e 9 si veda l'edizione 2014 della Relazione sull'istruzione e la formazione.

[24]          COM(2013) 690 del 2.10.2013. Cfr. in particolare alle pagg. 6-7: "La Commissione propone di creare un quadro di valutazione degli indicatori chiave da utilizzare nel progetto di relazione comune sull'occupazione per seguire gli sviluppi sociali e occupazionali. Tale quadro di valutazione dovrebbe servire da strumento analitico che consenta di individuare meglio e più tempestivamente i principali problemi a livello sociale e occupazionale, particolarmente quelli che rischiano di produrre effetti oltre i confini nazionali. [...] Sarebbe integrato nel progetto di relazione comune sull'occupazione in modo da disporre di una base più specifica per la sorveglianza multilaterale rafforzata delle politiche sociali e del lavoro, che permetta di individuare gli sviluppi che giustificano risposte di politica sociale e del lavoro più forti. [...] Gli indicatori sociali e occupazionali per il quadro di valutazione dovrebbero cogliere i fenomeni essenziali di ogni paese, identificare tempestivamente i problemi e gli sviluppi più gravi, prima che il paese si scosti eccessivamente dai risultati che registrava in precedenza o da quelli del resto dell'UE."

[25]          COM(2013) 801 final del 13.11.2013.

[26]          Conclusioni del Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013, par. 39.

[27]          7476/14, Bruxelles, 12 marzo 2014.

[28]          Conclusioni del Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013: "38. Il Consiglio europeo ribadisce l'importanza degli sviluppi occupazionali e sociali nel contesto del semestre europeo. Muovendo dai lavori del Consiglio, il Consiglio europeo conferma la pertinenza dell'uso di un quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali quale descritto nella relazione comune sull'occupazione."

[29]          Parere congiunto del comitato per la protezione sociale e del comitato per l'occupazione sul quadro di valutazione degli indicatori sociali e occupazionali chiave per il Consiglio EPSCO di giugno. Il comitato per la protezione sociale ha inoltre presentato il documento di discussione "Key employment and social indicators' scoreboard: operationalization – Report from the Social Protection Committee Indicators' Subgroup" (Quadro di valutazione degli indicatori sociali e occupazionali chiave: attuazione - Relazione del sottogruppo sugli indicatori del compitato per la protezione sociale).

[30]          Tale analisi lungo tre linee direttrici ripercorre la Relazione comune sull'occupazione 2014 come convenuto tra la Commissione e il Consiglio.  Come indicato nei messaggi fondamentali relativi alla Relazione comune sull'occupazione 2014: "L'impatto della crisi si è anche manifestato attraverso una crescente divergenza fra gli Stati membri quanto alla situazione occupazionale e sociale, in particolare nella zona euro, come illustrano la presente relazione comune sull'occupazione e il suo nuovo quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali chiave. Tale divario emerge in tutti i cinque indicatori chiave del quadro di valutazione." 7476/14, Bruxelles, 12 marzo 2014, pag. 3. Inoltre, come concordato nella Relazione comune sull'occupazione 2014, il quadro di valutazione riguarda tutti gli Stati membri e riporta quindi confronti con la media UE. In alcuni casi, anche gli scarti statistici dalla media della zona euro possono essere rilevanti. 7476/14, Bruxelles, 12 marzo 2014, pag. 49.

[31]          La tabella presenta una panoramica degli sviluppi occupazionali e sociali negli Stati membri nei casi in cui i valori o le variazioni tendenziali degli indicatori chiave possono considerarsi problematici.

[32]          Rapporto tra i redditi del 20 % della popolazione con il reddito più elevato e i redditi del 20 % della popolazione con il reddito più basso.

[33]          Si veda il documento di lavoro Euromod n. 2/13.

Allegato 1 Quadro di valutazione degli indicatori occupazionali e sociali chiave raffrontati alle medie dell'UE e della zona euro*

* Per ogni indicatore (eccetto la crescita reale del reddito lordo disponibile delle famiglie perché è rappresentata come valore monetario) le tre colonne si riferiscono a i) variazione su base annua in termini assoluti; ii) differenza rispetto ai tassi medi dell'UE (o della zona euro) nello stesso anno; iii) variazione su base annua del paese rispetto alla variazione su base annua a livello dell'UE o della ZE (indicando se la situazione del paese sta peggiorando/migliorando più rapidamente del resto dell'UE/della ZE rispecchiando la dinamica della divergenza/convergenza socio-economica). S1 sta per 1º semestre e si basa su dati trimestrali. Fonte: Eurostat, indagine UE sulla forza lavoro, conti nazionali e indagine UE-SILC (calcoli della DG EMPL). NEET: variazione 2011-2012 per la Francia (discontinuità nelle serie di dati nel 2013); tassi delle persone a rischio di povertà e S80/S20: 2012 anziché 2013 (variazione 2011-2012) per IE, variazione 2011-2012 per ES (discontinuità nelle serie di dati nel 2013).

Allegato 2 Sintesi delle principali sfide occupazionali e dei risultati particolarmente buoni del mercato del lavoro in base al monitoraggio dei risultati in materia di occupazione (C = sfida; G = buon risultato del mercato del lavoro) - adottata nel giugno 2014[1]

Allegato 3 Sintesi delle "tendenze sociali da tenere sotto osservazione" e degli Stati membri che presentano un peggioramento e un miglioramento statisticamente rilevanti per il periodo 2011-2012, come riconosciuto dal monitoraggio dei risultati in materia di protezione sociale — adottata il 19 febbraio 2014

Fonte: Europa sociale: Molte vie, un solo obiettivo. Relazione annuale del comitato per la protezione sociale sulla situazione sociale nell'Unione europea 2013

Nota: Le tendenze sociali da tenere sotto osservazione nel periodo 2011-2012, adottate dal CPS il 19 febbraio 2014 sulla base dei dati disponibili in quel momento, mostrano un peggioramento in oltre 1/3 degli Stati membri e sono evidenziate in rosso nella tabella precedente (fonte: Europa sociale: Molte vie, un solo obiettivo. Relazione annuale del comitato per la protezione sociale sulla situazione sociale nell'Unione europea 2013).

[1] http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=EN&f=ST%2010763%202014%20INIT