52013SC0322

DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE SINTESI DELLA VALUTAZIONE D'IMPATTO Che accompagna il documento Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive /* SWD/2013/0322 final */


DOCUMENTO DI LAVORO DEI SERVIZI DELLA COMMISSIONE

SINTESI DELLA VALUTAZIONE D'IMPATTO

Che accompagna il documento

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio

recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive

Sintesi

1.           Definizione del problema

Le specie esotiche invasive in Europa sollevano un duplice problema: 1) di carattere ecologico, a causa dei rischi derivanti dal loro ingresso, insediamento e diffusione, 2) di carattere politico, visto il fallimento delle strategie messe in campo dagli Stati membri, un insieme frammentario e incoerente che sta facendo aumentare il problema ecologico.

Problema ecologico – Le specie esotiche sono specie che valicano le barriere ecologiche, trasportate ad opera dell'uomo fuori dal loro areale naturale. Le specie esotiche invasive costituiscono il 10-15 % delle specie esotiche di cui sono scientificamente provati gli effetti negativi significativi sulla biodiversità e le serie ripercussioni economiche e sociali. Due sono le cause principali della loro presenza nel territorio dell'Unione: 1) alcune specie esotiche sono desiderate e sono portate nell'UE attraverso gli scambi commerciali (ad esempio, per interessi commerciali, a fini ornamentali, come animali da compagnia, a fini di lotta biologica); 2) altre specie esotiche sono introdotte involontariamente come contaminanti nelle merci (scambi di altri prodotti di base), oppure trasportate, quali ospiti noti o indesiderati, nei vettori di trasporto. Si stima che le specie esotiche invasive siano costate all'Unione 12 miliardi di euro all'anno negli ultimi 20 anni. A subirne le conseguenze sono le imprese, anche le piccole e micro imprese (si vedano, ad esempio, gli effetti della nutria sulla produzione agricola), i cittadini (vittime delle allergie causate, ad esempio, dall'ambrosia), le autorità pubbliche (un esempio è il deterioramento delle infrastrutture causato dal topo muschiato) e la biodiversità (il gobbo rugginoso, specie indigena, minacciato dal gobbo della Giamaica). Poiché il volume degli scambi e dei trasporti è in aumento, lo è anche il numero delle specie esotiche invasive introdotte; non solo, siccome le specie introdotte poi s'insediano e si diffondono, aumentano anche i danni causati da ciascuna di esse, con il conseguente aumento generale dei danni. Se non si interviene in maniera adeguata, si prevede che il costo per l'UE aumenterà in proporzione.

Politica fallimentare – Ben pochi Stati membri dispongono di un quadro giuridico organico per far fronte al problema, mentre la maggior parte di essi ricorre a interventi ad hoc, mirati a singole specie: questo approccio disorganico, che sfocia in interventi scoordinati, non si presta ad affrontare un problema per sua natura transfrontaliero. Al momento la legislazione dell'UE contempla solo i parassiti e gli agenti patogeni che infestano le piante, gli animali e le specie esotiche introdotte a fini di acquacoltura (organismi regolati, rispettivamente, dal regime fitosanitario, dal regime di sanità animale e dal regolamento sull'uso delle specie esotiche in acquacoltura), lasciando irrisolti aspetti sostanziali del problema. Va inoltre aggiunto che le misure adottate dagli Stati membri dell'UE in questo campo sono prive di un'ottica preventiva, essendo studiate prevalentemente per essere applicate a danno avvenuto, nell'intento di limitarlo.

Presenti nella maggior parte dei paesi oppure solo in certe regioni o al verificarsi di determinate condizioni ecologiche o climatiche, di fatto le specie esotiche invasive colpiscono tutti gli Stati membri, seppure in momenti diversi e ad opera di specie diverse. Si può presumere che i paesi con i maggiori volumi di scambi e numerosi punti d'ingresso siano quelli più esposti all'introduzione di queste specie. Non è possibile determinare l'entità o la concentrazione dei movimenti intraunionali, dato che non vige alcun controllo interno dei prodotti di base né viene monitorata la circolazione transfrontaliera delle specie esotiche nell'ambiente naturale. Poiché tutta l'UE risente degli effetti delle specie esotiche invasive, un intervento coordinato andrà a vantaggio di tutti gli Stati membri, in cambio di sforzi che ciascuno di essi sarà chiaramente tenuto a prodigare.

2.           Giustificazione di un intervento a livello dell'UE in base al principio della sussidiarietà

Il fatto che il numero di specie esotiche invasive sia in aumento malgrado le attuali politiche/iniziative, indica che l'approccio adottato finora non è efficace. Poiché le specie non conoscono frontiere, l'intervento a livello dell'UE è giustificato. Un intervento coordinato a livello di Unione serve a garantire che, al rilevare per la prima volta la presenza nell'Unione di una specie esotica invasiva, gli Stati membri adottino misure tempestive a beneficio degli altri Stati ancora indenni. È inoltre necessario ad assicurare chiarezza giuridica e condizioni eque di concorrenza ai settori che utilizzano o scambiano specie esotiche, evitando al tempo stesso la frammentazione del mercato interno a causa della coesistenza di varie restrizioni alla loro commercializzazione, diverse da uno Stato membro all'altro. Alcune specie sono invasive e molto dannose in alcuni paesi e innocue o addirittura redditizie in altri. Agire a livello dell'Unione in base al principio di solidarietà significa proteggere gli interessi degli Stati membri maggiormente esposti alle ripercussioni più negative. A beneficiare di un approccio comune sono, infine, anche gli Stati membri che hanno già una legislazione sulle specie esotiche invasive, i quali avranno la garanzia che gli Stati membri confinanti prendano provvedimenti nei confronti delle stesse specie.

3.           Obiettivi

Obiettivi generali:

rendere minimi gli effetti negativi delle specie esotiche invasive sulla biodiversità e sull'ambiente, nonché contribuire al perseguimento dell'obiettivo in materia di biodiversità che l'UE si è posta di raggiungere entro il 2020, nella fattispecie l'obiettivo 5: "entro il 2020 individuare e classificare in ordine di priorità le specie esotiche invasive e i loro vettori, contenere o eradicare le specie prioritarie, gestire i vettori per impedire l'introduzione e l'insediamento di nuove specie";

rendere minimi gli effetti negativi delle specie esotiche invasive sull'economia e sulla società dell'UE e proteggere il benessere e la salute dei cittadini, contribuendo in tal modo alla realizzazione della strategia Europa 2020.

Obiettivi specifici:

privilegiare un approccio preventivo, rispetto all'attuale approccio reattivo, per affrontare i problemi posti dalle specie esotiche invasive;

dare la priorità al tipo di intervento che apporta i massimi benefici netti;

promuovere un approccio coerente al problema in tutta l'UE.

Obiettivi operativi:

impedire l'introduzione deliberata nell'UE di specie esotiche invasive di rilevanza unionale;

impedire l'introduzione accidentale di specie esotiche invasive nell'UE e il rilascio accidentale nell'ambiente;

impedire il rilascio deliberato nell'ambiente di specie esotiche invasive;

preallarme e reazione rapida per impedire la riproduzione e la diffusione di specie esotiche invasive di rilevanza unionale;

eliminare, rendere minimi o mitigare i danni gestendo le specie esotiche invasive di rilevanza unionale insediate nell'ambiente.

4.           Opzioni strategiche

Sono state individuate cinque opzioni, che contemplano tutte i cinque obiettivi operativi, ma con un grado diverso di ambizione. Le opzioni sono state elaborate tenendo in considerazione due aspetti: da un lato l'analisi delle misure necessarie per tradurre gli obiettivi operativi (contenuto), dall'altro il tipo di strumento politico (forma).

Opzione 0 – L'opzione di base rappresenta lo status quo, senza prevedere alcun ulteriore intervento, quindi disciplinando solo i parassiti e gli agenti patogeni che colpiscono le piante e gli animali, nonché le specie esotiche introdotte a fini di acquacoltura. È inoltre possibile imporre divieti alle importazioni a titolo del regolamento sul commercio della flora e della fauna selvatiche e con l'entrata in vigore sulla convenzione relativa all'acqua di zavorra sarà trattato anche questo aspetto. Gli Stati membri continuano ad intervenire con misure ad hoc, messe in campo in base al costo dei danni provocati dalle singole specie.

Opzione 1 – Nel segno della promozione dell'azione volontaria e della cooperazione, questa opzione prevede l'elaborazione di linee guida, codici di condotta settoriali e campagne educative e di sensibilizzazione. Si tratta di un passo in più rispetto a quanto già compiuto con l'opzione 0.

Opzione 2.1 – Uno strumento legislativo di base accompagnato da un elenco unico di specie esotiche invasive di rilevanza unionale. Si tratta di specie esotiche di cui è stato comprovato il carattere invasivo mediante una valutazione dei rischi e considerate una minaccia per tutta l'Unione da un comitato permanente al quale partecipano anche rappresentanti degli Stati membri. L'elenco fa scattare una serie di obblighi per gli Stati membri: da un lato, predisporre misure per impedire l'ingresso nell'UE delle specie figuranti nell'elenco (prevenzione), dall'altro gestire le specie in elenco che sono già entrate e si sono insediate nell'UE (reazione), per evitarne l'ulteriore diffusione nell'UE e ridurre al minimo i danni da esse causati. La scelta delle misure da adottare (eradicazione, contenimento o controllo) è lasciata agli Stati membri.

Opzione 2.2 – Questa opzione amplia il campo d'applicazione dell'opzione 2.1 in quanto non si limita solo all'elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale, ma prevede norme per il rilascio nell'ambiente, introducendo un sistema in cui, per le specie di rilevanza nazionale, occorre chiedere l'autorizzazione agli Stati membri.

Opzione 2.3 – Questa opzione amplia il campo d'applicazione dell'opzione 2.1 in quanto non si limita solo all'elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale, ma prevede norme per il rilascio nell'ambiente, introducendo un sistema in cui le nuove specie esotiche possono essere rilasciate nell'ambiente solo se esplicitamente approvate e iscritte in un elenco UE di specie esotiche ammesse al rilascio, previo accertamento dell'assenza di rischi.

Opzione 2.4 – Questa opzione prevede disposizioni più rigorose dell'opzione 2.2 in fatto di risposta rapida, che si traducono nell'obbligo per gli Stati membri di eradicare, non appena rilevatane la comparsa, le specie esotiche invasive incluse nell'elenco di specie di rilevanza unionale, invece di controllarne la popolazione o di contenerle, fatte salve deroghe concesse dalla Commissione.

5.           Valutazione dell'impatto

L'impatto prodotto dalle varie opzioni è di difficile valutazione, in primo luogo perché è impossibile sapere in anticipo quante e quali invasioni sarà necessario affrontare, così come quali e quante specie figureranno nell'elenco di specie esotiche invasive di rilevanza unionale. A tale difficoltà si aggiunge la scarsità di studi economici esaustivi e su larga scala che fino a poco tempo fa caratterizzava la letteratura su queste specie.

Un'altra considerazione importante da farsi riguarda il numero consistente di PMI, ivi comprese le micro imprese, presenti nei settori che saranno presumibilmente interessati dagli effetti dello strumento legislativo. La Commissione, preoccupata dell'impatto che la normativa può produrre sulle piccole e micro imprese, ha una strategia per alleggerire gli oneri a loro carico, senza tuttavia esimerle dal rispetto delle nuove norme. Le specie esotiche invasive hanno gravi effetti negativi sulle PMI operanti in settori quali la silvicoltura, l'agricoltura, il turismo e le attività ricreative, settori che quindi trarrebbero beneficio dall'introduzione di misure coordinate per farvi fronte. Allo stesso tempo, tuttavia, altre PMI attive, ad esempio, nel commercio di animali da compagnia e nel settore orticolo, traggono profitto dagli scambi di specie esotiche e potrebbero subire ripercussioni dall'introduzione della normativa in oggetto, che può porre alcune restrizioni all'uso delle specie esotiche, sebbene sia generalmente riconosciuto che per la maggior parte degli usi esistono specie di sostituzione.

Di seguito è descritto l'impatto che, secondo l'analisi, produrrebbe ciascuna opzione.

Opzione 0 – Il mantenimento dello status quo, oltre ad avere già un costo annuo d'intervento di 1,4 miliardi di euro, non impedirebbe il moltiplicarsi dei danni recati dalle specie esotiche invasive all'economia, alla società e all'ambiente, vanificando pertanto gli obiettivi della presente proposta.

Opzione 1 – Questa opzione implicherebbe un costo aggiuntivo minimo d'intervento rispetto all'opzione 0, ma sarebbe anch'essa inefficace ad arrestare l'aumento dei danni.

Opzione 2.1 – Questa opzione non prevede un incremento pronunciato dei costi d'intervento rispetto all'opzione 0 (26-40 milioni di euro/anno) e potrebbe inoltre determinare una diminuzione dei costi nel tempo (1 miliardo di euro/anno). Le misure proposte a titolo dell'opzione 2.1 comportano la riorganizzazione della spesa attuale – impostandola più sulla prevenzione e meno sui rimedi (in linea con i regimi sulla salute degli animali e delle piante) – e un uso più efficiente delle risorse, mediante una classificazione in base alle priorità. I costi aggiuntivi sarebbero contenuti al minimo sfruttando al massimo le disposizioni vigenti. L'opzione 2.1 potrebbe incidere negativamente sugli scambi internazionali (ma solo se fossero vietate specie esotiche invasive pregiate oggetto comune di scambi) e sulle piccole e micro imprese dedite alla coltivazione di specie esotiche invasive o al commercio di animali da compagnia e specie ornamentali (ma solo nella misura in cui non si trovassero alternative valide). In sede di stesura dell'elenco delle specie, si terrebbe tuttavia conto delle potenziali ripercussioni negative sull'economia. D'altro canto, a beneficiare del mancato aumento dei danni sarebbero in primo luogo i cittadini, le autorità pubbliche e altri operatori economici, tra cui molte piccole e micro imprese, e in generale, tutti gli operatori economici trarrebbero peraltro vantaggio da una maggiore certezza del diritto e da un approccio più coordinato. Lo strumento legislativo di base apporterebbe infine sostanziali benefici sociali, ambientali ed economici di entità superiore ai costi. Il pacchetto di misure potrebbe di fatto evitare la perdita di posti di lavoro (ad esempio, dopo la drastica riduzione delle risorse ittiche), sarebbe di giovamento alla salute pubblica, ai beni e alle strutture ricreative. Anche l'impatto sull'ambiente sarebbe positivo, grazie ai danni evitati alla biodiversità e ai servizi ecosistemici. Si stima che, nel lungo periodo, per ciascuna specie esotica invasiva di cui si previene l'introduzione si risparmiano in media 130 milioni di euro all'anno in costi per danni/di contenimento. Si tratta di una stima approssimativa, che però illustra i benefici potenziali in maniera semplificata. Inoltre, anche qualora non si riesca a impedire l'insediamento di nuove specie esotiche invasive, esse sarebbero comunque iscritte nell'elenco e gestite in modo coerente, evitando in tal modo ulteriori costi per danni.

Opzione 2.2 – Questa opzione è incentrata ancor più sulla prevenzione, senza comportare troppi oneri: sono previsti alcuni costi amministrativi a carico degli Stati membri ancora privi di un sistema di autorizzazioni e degli operatori economici che hanno interesse a rilasciare specie esotiche di rilevanza nazionale. Il sistema tuttavia eviterebbe l'introduzione nell'ambiente di specie esotiche invasive che, sebbene non figuranti nell'elenco delle specie di rilevanza unionale, possono causare notevoli danni economici, sociali e ambientali.

Opzione 2.3 – Questa opzione è quella che, sul piano economico, sociale ed ambientale, più si ispira al principio di precauzione. L'approccio che prefigura è però molto distante da quello attuale e comporta ingenti oneri amministrativi per i settori economici che dipendono dall'introduzione di specie esotiche nell'ambiente (ad esempio, il settore orticolo e silvicolo).

Opzione 2.4 – Questa opzione garantisce che le nuove invasioni siano affrontate immediatamente e in modo radicale. L'eradicazione rapida di ogni invasione eviterebbe effetti negativi di lungo periodo sull'economia, la società e l'ambiente: questo approccio presupporrebbe investimenti iniziali più elevati, soprattutto per gli Stati membri, ma notevoli risparmi più a lungo termine, per la società nel suo insieme.

Occorre infine considerare che l'impatto delle opzioni sarebbe diverso nei vari Stati membri, in quanto dipenderebbe non solo dalle condizioni geografiche e climatiche, ma anche dalla struttura delle imprese: alcuni Stati membri, ad esempio, hanno un settore forestale forte (paesi nordici, Germania), mentre altri presentano un fiorente settore orticolo (Paesi Bassi). Non è stato tuttavia possibile individuare squilibri particolarmente netti tra gli Stati membri.

6.           Opzioni a confronto

In base all'analisi dell'impatto è stata tratta la conclusione illustrata di seguito.

L'opzione 0 e l'opzione 1 poggiano su varie normative unionali e nazionali, ma escludono la grande maggioranza delle specie e dei vettori dal loro campo d'intervento. Si tratta di un intervento il cui costo, soprattutto a carico degli Stati membri, già si situa intorno a 1,4 miliardi di euro all'anno e che si è rivelato inefficace a raggiungere gli obiettivi del presente esercizio e privo di coerenza con gli obiettivi generali dell'UE.

Con l'opzione 2.1 si potrebbero ridurre in modo considerevole gli effetti negativi delle specie esotiche invasive e raggiungere gli obiettivi prestabiliti, con costi aggiuntivi d'intervento compresi tra 26 e 40 milioni di euro all'anno. I costi annui d'intervento nel lungo periodo potrebbero per di più diminuire, passando a 1 miliardo di euro. Si avrebbero così ricadute positive sull'efficienza della spesa per le autorità pubbliche degli Stati membri e coerenza con gli obiettivi generali dell'UE.

L'opzione 2.2 sarebbe più efficace, efficiente e coerente dell'opzione 2.1 con costi aggiuntivi di modesta entità, in quanto gli Stati membri potrebbero avvalersi spesso dei regimi vigenti.

L'opzione 2.3 sarebbe ancor più efficace e coerente dell'opzione 2.2, se non fosse che l'entità degli oneri imposti a taluni operatori economici, in particolare quelli attivi nella produzione primaria, ne pregiudicherebbe l'efficienza.

L'opzione 2.4 sarebbe più efficiente, efficace e coerente dell'opzione 2.2 con costi aggiuntivi modesti.

In sintesi, l'opzione 2.3 è quella che presumibilmente genera i migliori risultati in termini di efficacia e coerenza. Tuttavia, lo sbilanciamento sul piano economico è considerato troppo importante e ne inficia il rapporto costi/benefici, che pertanto risulta meno favorevole rispetto all'opzione 2.2. D'altro canto i benefici aggiuntivi derivanti dall'opzione 2.4 sono considerati tutt'altro che trascurabili e in grado di compensare i costi aggiuntivi più delle opzioni 2.2 e 2.1. L'opzione 2.4 potrebbe inoltre avvalersi molto efficacemente delle disposizioni già in vigore negli Stati membri. L'opzione 2.4 è quindi l'opzione prescelta, in quanto risulta la più vantaggiosa sotto il profilo dei costi, sebbene non dia i migliori risultati in termini di biodiversità.

Scegliendo l'opzione 2.4 ci si attende che: 1) i costi annui d'intervento rimangano stabili, se non addirittura diminuiscano nel tempo; 2) l'entità dei benefici (ossia, i risparmi realizzati sui costi di gestione e dei danni) continui ad aumentare negli anni, in proporzione al numero di invasioni evitate; 3) l'incremento dei costi complessivi generati dal problema non sia superiore a quello che si verificherebbe in assenza di misure a livello dell'UE.

7.           Monitoraggio e valutazione

Il monitoraggio e la valutazione dei risultati ottenuti con lo strumento proposto saranno realizzati mediante le relazioni e le notifiche prescritte dal testo di legge. Su tale base, la Commissione e altri organismi potranno stilare relazioni sugli indicatori e seguire i progressi compiuti nel perseguimento degli obiettivi.

Gli obblighi in materia di rendicontazione poggeranno su meccanismi esistenti, come quelli previsti dalle direttive Habitat e Uccelli, dalla direttiva quadro in materia di acque e dalla direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino, nonché dai regimi sulla sanità degli animali e delle piante e sull'acquacoltura. Tali obblighi si limiteranno allo stretto necessario per garantire l'applicazione del testo legislativo e di altri accordi internazionali, evitando oneri amministrativi inutili.

Il testo legislativo includerà una clausola di riesame che consentirà di adeguare l'approccio in base ai progressi scientifici e tecnici e di introdurre graduali modifiche alla luce dei problemi che emergeranno nel corso della sua attuazione.