52011PC0290

/* COM/2011/0290 def. - COD 2011/0138 */ REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo


RELAZIONE

1. CONTESTO GENERALE E MOTIVAZIONE DELLA PROPOSTA

A norma dell’articolo 62, punto 2, lettera b), punto i), del trattato che istituisce la Comunità europea, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 539/2001[1] che elenca i paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne (c.d. “elenco negativo”) e quelli i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (c.d. “elenco positivo”). L’articolo 61 del trattato CE annoverava la compilazione di questi elenchi fra le misure di accompagnamento direttamente collegate alla libera circolazione delle persone in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Dalla sua adozione, il regolamento è stato modificato otto volte[2]. Le modifiche recenti vertono tutte sulla revisione dell’elenco positivo e dell’elenco negativo allegati al regolamento: le più recenti riguardano lo spostamento di Taiwan nell’elenco positivo e, in conseguenza dell’esito dei dialoghi sulla liberalizzazione dei visti, lo spostamento, sempre nell’elenco positivo, degli ultimi due paesi dei Balcani occidentali, l’Albania e la Bosnia-Erzegovina.

Nel corso degli ultimi anni è emersa l’esigenza di apportare alcune modifiche tecniche anche al testo del regolamento. È apparso ad esempio necessario rafforzare la certezza del diritto introducendo disposizioni per disciplinare certe situazioni non ancora contemplate, e adattare alcune definizioni in base ai recenti cambiamenti apportati dal diritto derivato, ad esempio dal codice dei visti (regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio)[3].

Inoltre, dieci anni dopo l’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’UE e la creazione di un politica comune dei visti, conformemente all’articolo 77, paragrafo 2, lettera a), del TFUE è necessario portare avanti l’armonizzazione di tale politica relativamente a certe categorie elencate all’articolo 4 del regolamento e che, finora, erano oggetto di decisioni unilaterali dei singoli Stati membri.

Infine, alla luce delle conseguenze dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona si rendono necessari nuovi cambiamenti, come l’introduzione di una clausola di salvaguardia e una modifica del meccanismo di reciprocità.

1.1. Sintesi delle misure proposte

La presente modifica del regolamento è volta a:

- introdurre una clausola di salvaguardia che consenta di sospendere rapidamente, in via temporanea, l’esenzione dal visto per i cittadini di un paese terzo figurante nell’elenco positivo nel caso di una situazione d’emergenza in cui sia necessaria una pronta risposta per risolvere le difficoltà incontrate dagli Stati membri;

- modificare alcune disposizioni, ad esempio il meccanismo di reciprocità, per renderle pienamente conformi alle rispettive disposizioni del TFUE;

- garantire la conformità con il regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (codice dei visti)[4], applicabile dal 5 aprile 2010, introducendo ad esempio appropriate definizioni di “soggiorno di breve durata” e di “visto”;

- provvedere a che, ai sensi dell’articolo 77, paragrafo 2, lettera a), del TFUE e ai fini della certezza del diritto, il regolamento determini in modo esaustivo se un cittadino di un paese terzo sia soggetto all’obbligo del visto oppure ne sia esente, completando le norme applicabili ai rifugiati e agli apolidi in modo da chiarire il regime dei visti applicabile a quanti di questi risiedono nel Regno Unito o in Irlanda;

- muovere verso la piena armonizzazione della politica comune dei visti, introducendo norme nuove e più armonizzate relativamente all’obbligo del visto o all’esenzione da questo applicabili alle varie categorie di cittadini di paesi terzi;

- introdurre disposizioni chiare relative all’obbligo del visto o all’esenzione per i titolari di lasciapassare e di vari passaporti rilasciati da certi soggetti di diritto internazionale non aventi la qualifica di organizzazioni internazionali intergovernative;

- adottare nuove disposizioni relative agli obblighi incombenti a certi Stati membri in virtù di accordi anteriori dell’UE o internazionali che implicano la necessità di derogare alle norme comuni in materia di visti.

2. ELEMENTI DELLA PROPOSTA

2.1. Definizione di una clausola di salvaguardia che consenta di sospendere la liberalizzazione dei visti

Il Consiglio GAI dell’8 novembre 2010 ha approvato l’esenzione dal visto per l’Albania e la Bosnia-Erzegovina nonostante la riluttanza di certi Stati membri dovuta al rapido aumento delle domande d’asilo in alcuni di essi a seguito della liberalizzazione dei visti a favore di diversi paesi dei Balcani occidentali. Per rispondere a queste preoccupazioni la Commissione ha presentato una dichiarazione volta a intensificare quanto prima, sul territorio di tutti i paesi dei Balcani occidentali che hanno ottenuto la liberalizzazione dei visti, il controllo post-liberalizzazione, affermando in particolare che, qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, compresi i Balcani occidentali, la Commissione può proporre al Consiglio di adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati, conformemente all’articolo 78 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché una rapida sospensione della liberalizzazione dei visti .

A seguito della dichiarazione della Commissione, alla fine di dicembre 2010 due Stati membri hanno presentato un documento (doc. 18212/10 VISA 311 COMIX 842) contenente il suggerimento di inserire nel regolamento (CE) n. 539/2001 una clausola di salvaguardia che dia alla Commissione la facoltà di decidere in merito all’eventuale sospensione temporanea dell’esenzione dal visto, conformemente a una procedura di comitato, e fermo restando il ricorrere di determinate condizioni.

Una clausola di salvaguardia potrebbe anche contribuire a preservare, in futuro, l’integrità dei processi di liberalizzazione del visto e ad aumentare la credibilità presso l’opinione pubblica.

Gli Stati membri hanno inoltre espresso sostegno generale a questo suggerimento nell’ambito del comitato CSIFA, convenendo sul fatto che una tale clausola di salvaguardia fornirebbe un quadro generale per il futuro senza essere specificamente legata a determinati paesi terzi.

La clausola di salvaguardia sarebbe complementare a quella di cui all’articolo 78, paragrafo 3, del TFUE, ma ben distinta. Sarebbe applicata solo come misura temporanea in situazioni d’emergenza chiaramente definite.

Tale clausola dovrebbe chiaramente indicare che si tratta di una sospensione dell’esenzione dal visto solo per un breve periodo di tempo, per motivi d’urgenza, e in base a criteri chiaramente definiti e circoscritti. Vi si potrebbe ricorrere solo in caso d’emergenza, cioè se vi è un cambiamento repentino della situazione, ad esempio se le cifre interessate aumentano improvvisamente in un lasso di tempo relativamente breve e occorre intervenire con urgenza sul piano dei visti per risolvere le difficoltà incontrate dagli Stati membri, e se le misure basate sull’articolo 78, paragrafo 3, del TFUE non costituiscono una risposta appropriata o sufficiente.

Per poter reagire rapidamente nelle situazioni sopra menzionate, la decisione sulla sospensione temporanea dell’esenzione dal visto verrebbe adottata con procedura di comitato conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011[5], conferendo alla Commissione competenze d’esecuzione ai sensi dell’articolo 291 del TFUE.

Anche se le condizioni per attivare la clausola di salvaguardia sono chiaramente definite, la Commissione dovrà valutare la situazione, e non dovrebbe scattare nessun automatismo a seguito delle notifiche inviate dagli Stati membri. Nel valutare l’opportunità o meno di sospendere l’esenzione dal visto per un paese terzo, la Commissione dovrà tenere conto del numero di Stati membri interessati dall’improvviso manifestarsi di una delle situazioni elencate nella presente proposta e delle ripercussioni generali sulla situazione migratoria nell’UE.

Conformemente alle regole di comitatologia di cui al regolamento (UE) n. 182/2011, nel quadro della procedura d’esame il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono dalla Commissione, contemporaneamente ai membri del comitato, la proposta di decisione di sospensione dell’esenzione dal visto per uno o più Stati membri, insieme ad altri documenti rilevanti fra cui, ad esempio, eventuali relazioni di FRONTEX e dell’UESA e le notifiche iniziali degli Stati membri.

Ai fini della sospensione dell’esenzione dal visto, l’applicazione della procedura d’esame sembra appropriata. Il comitato esprime il proprio parere a maggioranza qualificata. I voti dei membri sono ponderati nel modo stabilito dalle pertinenti disposizioni del trattato (articolo 238, paragrafo 3, del TFUE). Quando il comitato esprime un parere positivo, la Commissione adotta l’atto d’esecuzione. Se il comitato esprime un parere negativo, la Commissione non adotta l’atto.

Ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (UE) n. 182/2011, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno il diritto di controllo per verificare che la Commissione non oltrepassi i suoi poteri d’esecuzione.

Inoltre, ai fini di trasparenza, a seguito di una proposta di sospensione temporanea dell’esenzione dal visto per uno o più Stati membri, la Commissione e il Parlamento europeo potrebbero procedere a uno scambio di vedute su richiesta di quest’ultimo.

Prima della fine del periodo di sospensione temporanea, la Commissione invierebbe al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione accompagnata, se del caso, da una proposta di modifica del regolamento (CE) n. 539/2001 secondo la procedura legislativa ordinaria, per spostare il paese terzo nell’elenco negativo. In tal caso la misura sospensiva potrebbe essere prorogata da una nuova decisione d’esecuzione adottata secondo la procedura di comitato per un periodo di nove mesi al massimo, lasciando così al Parlamento europeo e al Consiglio tempo sufficiente per respingere o approvare la proposta di modifica degli elenchi del regolamento (CE) n. 539/2001.

2.2. Modifica del meccanismo di reciprocità

Nel corso di un’operazione di codificazione relativa al regolamento (CE) n. 539/2001, il gruppo consultivo degli esperti giuridici della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo ha esaminato la base giuridica derivata stabilita dal regolamento (CE) n. 851/2005[6]. L’articolo 1, paragrafo 4, lettera c), del regolamento (CE) n. 539/2001, quale modificato, stabilisce che “entro novanta giorni dalla pubblicazione della notifica, la Commissione, d’intesa con lo Stato membro interessato, riferisce al Consiglio. La relazione può essere accompagnata da una proposta di reintroduzione temporanea dell’obbligo del visto nei confronti dei cittadini del paese terzo in causa. La Commissione può anche presentare questa proposta dopo le deliberazioni del Consiglio sulla proposta. Entro tre mesi, il Consiglio decide sulla proposta a maggioranza qualificata.”

Il gruppo consultivo dei servizi giuridici ha ritenuto che tale disposizione abbia stabilito una base giuridica derivata che non è manifestamente obsoleta e che, ai fini di una sua eventuale soppressione o modifica, va pertanto riesaminata alla luce della sentenza della Corte di giustizia del 6 maggio 2008 nella causa C-133/06.

In un settore in cui si applica la codecisione, non è giuridicamente possibile prevedere, in un atto di diritto derivato, una procedura semplificata che consenta al Consiglio di decidere in merito a una proposta della Commissione senza alcun intervento del Parlamento europeo.

Di conseguenza, la disposizione in oggetto sarà mantenuta ma verrà tuttavia modificata, da un lato stabilendo che la relazione debba essere inviata anche al Parlamento europeo e, dall’altro, menzionando il ruolo del Parlamento europeo nel processo di codecisione.

Il lavoro di codificazione continuerà e verrà ultimato una volta adottata la modifica in questione.

In tale contesto, va menzionato che uno Stato membro ha suggerito di modificare l’attuale meccanismo di reciprocità per renderlo più efficace. Secondo tale suggerimento, la Commissione sarebbe obbligata a presentare, in tempi brevissimi, una proposta di reintroduzione temporanea dell’obbligo del visto nei confronti dei cittadini di un paese terzo che non abolisca a sua volta l’obbligo del visto nei confronti di uno Stato membro entro 12 mesi dalla sua introduzione.

È importante sottolineare che una tale modifica del meccanismo di reciprocità violerebbe l’esclusivo diritto di iniziativa della Commissione e non porterebbe necessariamente all’adozione della proposta misura di ritorsione.

Il meccanismo di reciprocità inizialmente previsto dal regolamento (CE) n. 539/2001 comportava già un certo automatismo: la notificazione dei casi di non reciprocità non era obbligatoria, e lo Stato membro interessato era libero di decidere se procedervi o meno. In caso di avvenuta notifica, tuttavia, gli Stati membri erano obbligati a imporre, provvisoriamente e automaticamente, l’obbligo del visto ai cittadini del paese terzo interessato 30 giorni dopo la notifica, salvo diversa decisione del Consiglio.

Questo automatismo è stato considerato il punto debole del meccanismo di reciprocità originario, ed è quindi stato abbandonato nel 2005 perché ritenuto controproducente. Non vi è alcun motivo di pensare che oggi sarebbe più efficace.

Il meccanismo di reciprocità attuale, quale modificato nel 2005, è ritenuto in generale efficiente, e i casi di non reciprocità si sono considerevolmente ridotti. Le situazioni di non reciprocità che ancora permangono interessano per lo più Stati membri che, secondo i paesi terzi, non soddisfano i criteri obiettivi per l’esenzione dal visto fissati dalla legislazione nazionale di questi ultimi.

Se ai fini dell’applicazione della clausola di salvaguardia in situazioni d’emergenza accuratamente circoscritte è previsto il ricorso alla procedura di comitato (vedi sopra, punto 2.1), per l’adozione della misura di ritorsione consistente nel reintrodurre l’obbligo del visto per un paese terzo in caso di non reciprocità è opportuno prendere in considerazione la politica estera generale dell’Unione europea nei confronti di tale paese, senza automatismo alcuno, così come il principio di solidarietà fra gli Stati membri dell’UE. Si rende inoltre necessaria una valutazione politica dell’opportunità di una tale misura.

La maggior parte degli Stati membri ha inoltre messo in guardia contro una (re)imposizione “automatica” dell’obbligo del visto per i cittadini di paesi terzi, per le sue implicazioni politiche, e ha invocato invece un approccio caso per caso e l’applicazione di misure provvisorie in altri ambiti.

2.3. Definizione di “visto” e di soggiorno di breve durata senza visto

La presente proposta allinea la definizione di “visto” a quella utilizzata nel codice dei visti. Il “visto” è un’autorizzazione ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo ingresso nel territorio degli Stati membri.

Ai fini del presente regolamento è escluso da tale definizione il visto di transito aeroportuale, poiché il regime dei visti applicabile dagli Stati membri ai cittadini dei paesi terzi che transitano dagli aeroporti internazionali degli Stati membri è disciplinato dal codice dei visti ed è in questo contenuto.

I cittadini di paesi terzi figuranti nell’elenco dell’allegato II sono esenti dall’obbligo di cui al paragrafo 1 per soggiorni sul territorio degli Stati membri non superiori ai tre mesi su un periodo di sei mesi.

Questa definizione tiene anche conto delle implicazioni derivanti dall’interpretazione della norma del soggiorno di tre mesi data dalla Corte di giustizia nella causa 241/05[7].

2.4. Rifugiati e apolidi residenti nel Regno Unito e in Irlanda

Una precedente modifica del 2006 del regolamento (CE) n. 539/2001 (regolamento (CE) n. 1932/2006) intendeva già chiarire la situazione dei rifugiati e degli apolidi adattando il regime dei visti applicabile in modo da distinguere fra quelli che risiedono in uno Stato membro e quelli che risiedono in un paese terzo.

Sulla base del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, detti Stati membri non partecipano all’adozione del regolamento (CE) n. 539/2001 e delle sue modifiche. Pertanto, ai fini del regolamento (CE) n. 539/2001, il Regno Unito e l’Irlanda non sono considerati Stati membri. Di conseguenza, le disposizioni del regolamento (CE) n. 1932/2006 sul regime dei visti applicabile ai rifugiati e agli apolidi non interessano tali soggetti se residenti nel Regno Unito o in Irlanda.

La presente proposta intende correggere questa situazione insoddisfacente inserendo nel regolamento una disposizione sui rifugiati e gli apolidi residenti in tali due Stati.

Poiché non vi è reciproco riconoscimento dei visti né equivalenza fra un titolo di soggiorno e un visto nelle relazioni fra, da un lato, il Regno Unito e l’Irlanda e, d’altro lato, gli Stati membri Schengen, il regolamento lascia gli Stati membri liberi di decidere individualmente in merito all’esenzione dal visto o all’obbligo di visto per questa categoria di persone. Queste decisioni nazionali devono essere notificate alla Commissione conformemente all’articolo 5 del regolamento.

2.5. Armonizzazione dell’obbligo del visto o esenzione per alcune categorie di cui all’articolo 4, paragrafo 1

L’articolo 4 del regolamento (CE) n. 539/2001 permette ai singoli Stati membri di esentare dall’obbligo di visto varie categorie di cittadini di paesi terzi figuranti nell’elenco negativo, o di assoggettare a tale obbligo cittadini di paesi terzi figuranti nell’elenco positivo.

La Commissione ritiene che, dieci anni dopo l’integrazione dell’acquis di Schengen nell’UE, sia giunto il momento di fare un ulteriore passo avanti verso una maggiore armonizzazione della politica comune dei visti. Occorre lavorare per conformarsi pienamente al trattato creando una vera e propria politica comune in tale ambito. Per questo la presente proposta intende limitare la libertà degli Stati membri di accordare esenzioni dal visto o di imporne l’obbligo alle varie categorie di persone di cui all’articolo 4, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 539/2001, stabilendo nuove regole comuni in materia per alcune di queste categorie. La proposta tiene comunque conto delle considerevoli differenze esistenti fra le prassi degli Stati membri per quanto riguarda certe categorie (come i titolari di passaporti diplomatici e i titolari di passaporti di servizio), continuando per il momento a permettere loro di decidere individualmente in merito all’esenzione dal visto o al relativo obbligo, tranne nei casi in cui l’UE voglia negoziare accordi di esenzione dal visto per queste categorie con certi paesi terzi.

2.5.1. Ulteriore armonizzazione

La Commissione continua a lavorare per raggiungere la piena armonizzazione relativamente alle categorie di cui all’articolo 4, paragrafo 1, per le quali un’armonizzazione di fatto o una quasi armonizzazione già esiste.

Stando alle attuali notifiche da essi inviate, tutti gli Stati membri esentano dall’obbligo del visto i membri degli equipaggi civili di aerei . Data la situazione, non è più giustificato mantenere la possibilità, per gli Stati membri, di decidere liberamente in merito all’esenzione o meno di tale categoria.

Per quanto riguarda gli equipaggi civili di navi , tutti gli Stati membri – tranne due – esentano tali soggetti dall’obbligo del visto in caso di permesso di recarsi a terra , mentre tutti gli Stati membri – tranne due – mantengono l’obbligo del visto ai fini del transito . La modifica in questione sancirà quindi, in modo generale e armonizzato, l’esenzione dal visto per la prima categoria e l’obbligo del visto per la seconda.

Poiché vi è un solo Stato membro che esenta dall’obbligo del visto equipaggi e accompagnatori nei voli di soccorso e salvataggio e altri soccorritori in caso di catastrofi o incidenti , il presente regolamento abolirà tale categoria.

2.5.2. Mantenimento delle disposizioni

Per la categoria degli equipaggi civili di navi che operano su vie fluviali internazionali si intendono mantenere le attuali disposizioni, dato che dalle notifiche inviate emerge che gli Stati membri attraversati dal Reno o dal Danubio seguono prassi divergenti in materia di esenzione o imposizione dell’obbligo del visto per questa categoria. La questione è inoltre oggetto di lavori legislativi in corso presso la CCNR (Commissione Reno), di cui occorre tenere conto.

Le modifiche in oggetto non andrebbero a incidere neanche sull’attuale possibilità, per gli Stati membri, di decidere in merito all’esenzione dal visto per i titolari di lasciapassare rilasciati da talune organizzazioni internazionali intergovernative .

2.5.3. Nuova disposizione relativa agli obblighi derivanti da precedenti accordi UE

Prima che fosse istituita la politica comune dei visti dell’UE, l’Unione europea e i suoi Stati membri avevano concluso con i paesi terzi accordi internazionali, come accordi di associazione, riguardanti fra l’altro la circolazione delle persone e dei servizi, che potrebbero influire sull’obbligo del visto imposto a cittadini di paesi terzi. Tali accordi internazionali conclusi dall’Unione prevalgono sulle disposizioni del diritto derivato dell’UE, fra cui il regolamento (CE) n. 539/2001. Nel caso in cui questi accordi internazionali comportino una cosiddetta “clausola di standstill”, alcuni Stati membri potrebbero trovarsi nell’obbligo di derogare alle regole della politica comune dei visti conformemente alla loro legislazione e alle loro rispettive prassi applicabili/vigenti alla data in cui la clausola di standstill è entrata in vigore per loro.

La Commissione propone pertanto che all’articolo 4 sia introdotta una disposizione che consenta agli Stati membri di dispensare i fornitori di servizi dall’obbligo dei visto, nella misura necessaria all’osservanza degli obblighi internazionali sottoscritti dalla Comunità prima dell’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 539/2001.

La presente proposta è conforme alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 19 febbraio 2009 nella causa C-228/06, Mehmet Soysal e Ibrahim Savatli , in cui la Corte ha dichiarato: “L’art. 41, n. 1, del protocollo addizionale [dell’accordo di associazione con la Turchia] firmato a Bruxelles il 23 novembre 1970 […], deve essere interpretato nel senso che esso osta all’introduzione, a far data dall’entrata in vigore di detto protocollo, del requisito di un visto per consentire a cittadini turchi, come i ricorrenti nella causa principale, di entrare nel territorio di uno Stato membro al fine di effettuarvi prestazioni di servizi per conto di un’impresa avente sede in Turchia, allorché, a tale data, detto visto non era richiesto”.

L’articolo 41 del protocollo addizionale comporta una clausola di standstill secondo la quale: “Le parti contraenti si astengono dall’introdurre tra loro nuove restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi”. Non consta attualmente alla Commissione che altri paesi, oltre alla Turchia, beneficino di un’analoga clausola di standstill stabilita da un accordo internazionale concluso con l’Unione.

Gli Stati membri interessati da tale deroga sono tenuti a notificarlo alla Commissione e agli altri Stati membri.

2.5.4. Procedura d’esenzione dall’obbligo del visto dei titolari di passaporti diplomatici e di servizio dopo l’abrogazione del regolamento (CE) n. 789/2001 del Consiglio[8]

L’attuale testo dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 539/2001 si riferisce alla procedura di cui al regolamento (CE) n. 789/2001, da seguire quando uno Stato membro decide di dispensare dall’obbligo del visto i titolari di passaporti diplomatici e/o di servizio di un paese terzo.

Ai sensi del regolamento (CE) n. 789/2001, gli Stati membri che intendono dispensare dall’obbligo del visto i titolari di passaporti diplomatici e di servizio di paesi terzi per i quali occorre una consultazione preliminare devono aver presentato un’iniziativa legislativa in merito alla quale il Consiglio delibera a maggioranza qualificata (dal 2006).

Per quanto riguarda i titolari di passaporti diplomatici e di servizio di paesi terzi per i quali non occorre una consultazione preliminare, il regolamento (CE) n. 789/2001 prevedeva che gli Stati membri dovessero semplicemente comunicare al Consiglio eventuali modifiche al loro regime dei visti (obbligo od esenzione).

Il regolamento (CE) n. 789/2001 è stato tuttavia abrogato con regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti)[9]. Si è ritenuto che, dopo l’abrogazione di tale regolamento, lo strumento appropriato per disciplinare questi aspetti “procedurali” delle decisioni nazionali sull’obbligo del visto o sull’esenzione per i titolari di questi tipi di passaporti sarebbe stato, se del caso, il regolamento (CE) n. 539/2001.

Nel contesto della presente modifica va quindi esaminata l’opportunità di istituire una specifica procedura decisionale nel caso in cui uno Stato membro intenda abolire l’obbligo del visto per i titolari di passaporti diplomatici e di servizio di un paese terzo per cui occorra una consultazione preliminare.

La Commissione non vede la necessità di istituire uno specifico “meccanismo di decisione comune” per tale questione, sia per motivi istituzionali che sostanziali.

Per quanto attiene agli aspetti istituzionali va osservato quanto segue.

Dopo il periodo transitorio di cinque anni previsto dal trattato di Amsterdam per il Titolo IV del TCE e dopo l’entrata in vigore del nuovo trattato sul funzionamento dell’Unione europea non è più possibile, sul piano giuridico, instaurare una procedura decisionale che preveda il diritto d’iniziativa per uno Stato membro, ed è addirittura inammissibile, da un punto di vista istituzionale, accettare che il suggerimento o l’intenzione di uno Stato membro (di abolire l’obbligo del visto per i titolari di passaporto diplomatico di un paese oggetto di consultazione preliminare) possa vincolare la Commissione nel suo diritto di iniziativa: la Commissione non può difatti essere obbligata a presentare una proposta.

Inoltre, se venisse introdotto un meccanismo di “decisione comune”, dovrebbero essere rispettati i principi e le procedure previsti dal TFUE (vedi sopra il punto 2.2 sul meccanismo di reciprocità). Il Consiglio non potrebbe decidere da solo; una tale misura dovrebbe essere adottata in codecisione col Parlamento europeo.

Per quanto attiene agli aspetti sostanziali va osservato quanto segue.

La decisione di chiedere una consultazione preliminare sulle domande di visto presentate dai cittadini di un determinato paese terzo (o da certe categorie di tali cittadini) è squisitamente nazionale. Il meccanismo di solidarietà di Schengen implica in effetti che gli altri Stati membri inviino sistematicamente le domande di visto in questione per la consultazione preliminare allo Stato membro richiedente.

In linea di principio, la decisione di abolire l’obbligo del visto per i titolari di passaporti diplomatici e di servizio di paesi figuranti nell’elenco negativo è anch’essa una decisione unilaterale di uno Stato membro. Di norma, gli altri Stati membri non sono tenuti ad accettare queste misure: sulla base di una tale decisione, i diplomatici interessati possono recarsi senza visto nello Stato membro interessato, ma restano pur sempre soggetti all’obbligo del visto per entrare negli altri Stati membri. Naturalmente, questi diplomatici si trovano nello spazio Schengen, che è privo di frontiere interne, la qual cosa può presentare un certo rischio.

Vanno comunque ricordati gli elementi qui di seguito indicati:

- se uno o più Stati membri aboliscono l’obbligo del visto per i titolari di passaporti diplomatici e di servizio di un dato paese terzo prima che un altro Stato membro aggiunga tale paese nell’elenco dei paesi soggetti alla consultazione preliminare, l’abolizione dell’obbligo del visto anteriormente introdotta non è affatto rimessa in questione e continua ad applicarsi;

- anche se, in una procedura di consultazione preliminare, uno Stato membro si oppone al rilascio del visto a un richiedente, lo Stato membro che tratta la domanda di visto non è obbligato a rifiutarlo, e può decidere di rilasciare un visto con validità territoriale limitata permettendo così l’accesso solo al proprio territorio. Naturalmente, la persona interessata si trova nello spazio Schengen, che è privo di frontiere interne, la qual cosa può, di nuovo, presentare un certo rischio.

2.6. Chiarimento della situazione e creazione della base giuridica per l’obbligo di visto o esenzione per i titolari di passaporti diplomatici o di servizio o lasciapassare rilasciati da altri soggetti di diritto internazionale che non sono organizzazioni intergovernative

Vi sono alcuni soggetti di diritto internazionale che rilasciano passaporti diplomatici o di servizio o lasciapassare ma che non sono organizzazioni intergovernative, e attualmente non rientrano quindi nel campo d’applicazione dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 539/2001. Figurano invece nell’“Inventario dei documenti di viaggio” e gli Stati membri dichiarano se tali documenti di viaggio sono riconosciuti o meno (ad. es. il Sovrano ordine dei Cavalieri di Malta).

È necessario che anche questi soggetti rientrino nel campo d’applicazione del regolamento (CE) n. 539/2001 e che gli Stati membri decidano se dispensare o meno dall’obbligo del visto i titolari di documenti di viaggio da essi rilasciati, notificandolo alla Commissione ai sensi dell’articolo 5.

3. PRINCIPALI ORGANIZZAZIONI/ESPERTI CONSULTATI

Stati membri.

4. VALUTAZIONE D’IMPATTO

Non necessaria.

5. BASE GIURIDICA

La presente proposta costituisce uno sviluppo della politica comune dei visti ai sensi dell’articolo 77, paragrafo 2, lettera a), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

6. Pr INCIPI DI PROPORZIONALITÀ E DI SUSSIDIARIETÀ

Il regolamento (CE) n. 539/2001 adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne (elenco negativo) e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (elenco positivo).

La decisione di modificare gli elenchi, spostando alcuni paesi dall’elenco negativo a quello positivo o viceversa, nonché di apportare altre modifiche al regolamento, è di competenza dell’Unione ai sensi dell’articolo 77, paragrafo 2, lettera a) del TFUE. È questa una materia in cui la piena armonizzazione è un obiettivo perseguito da lungo tempo per chiari motivi d’efficacia.

7. SCELTA DELLO STRUMENTO

Il regolamento (CE) n. 539/2001 deve essere modificato con un regolamento.

8. INCIDENZA SUL BILANCIO

Nessuna.

2011/0138 (COD)

Proposta di

REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 77, paragrafo 2, lettera a),

vista la proposta della Commissione europea[10],

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,

considerando quanto segue:

1. Il presente regolamento introduce una clausola di salvaguardia con riguardo ai visti, che consenta di sospendere rapidamente, in via temporanea, l’esenzione dal visto per i cittadini di un paese terzo figurante nell’elenco positivo nel caso di una situazione d’emergenza in cui sia necessaria una pronta risposta per risolvere le difficoltà incontrate da uno o più Stati membri, tenendo conto dell’impatto generale di tale situazione d’emergenza sull’insieme dell’Unione europea.

2. Onde garantire condizioni uniformi per l’applicazione della clausola di salvaguardia è opportuno conferire alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze devono essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze d’esecuzione attribuite alla Commissione[11].

3. Il meccanismo di reciprocità da applicare se uno dei paesi terzi di cui all’allegato II del regolamento (CE) n. 539/2001 decide di imporre l’obbligo del visto ai cittadini di uno o più Stati membri deve essere adattato in funzione dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e della giurisprudenza della Corte relativa alle basi giuridiche derivate.

4. Per garantire la coerenza con il regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti)[12], il presente regolamento allinea ad esso la definizione di “visto”.

5. Occorre portare avanti il lavoro verso una piena armonizzazione della politica comune dei visti per quanto riguarda le categorie di deroghe che gli Stati membri possono prevedere in virtù dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 539/2001. A tal fine il presente regolamento modifica il richiamato articolo 4 per le materie in cui già esiste un’armonizzazione di fatto o una quasi armonizzazione sulla base di prassi convergenti degli Stati membri.

6. Poiché il regolamento (CE) n. 1932/2006 sul regime di visti per i rifugiati e gli apolidi non si applica ai rifugiati e agli apolidi che risiedono nel Regno Unito o in Irlanda, è necessario chiarire la situazione relativa all’obbligo del visto per alcuni di essi. Il presente regolamento lascia gli Stati membri liberi di decidere in merito all’esenzione o all’obbligo di visto per questa categoria di persone. Tali decisioni nazionali devono essere notificate alla Commissione.

7. Tenuto conto di alcuni obblighi incombenti agli Stati membri in virtù di accordi internazionali conclusi dalla Comunità prima dell’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 539/2001 che implicano la necessità di derogare alle norme comuni in materia di visti, il presente regolamento introduce una disposizione che autorizza gli Stati membri a dispensare dall’obbligo del visto coloro che effettuano prestazioni di servizi nel corso del loro soggiorno, nella misura necessaria all’osservanza di tali obblighi.

8. Il presente regolamento crea una base giuridica per l’obbligo o l’esenzione dal visto dei titolari di lasciapassare e passaporti diplomatici o di servizio rilasciati da determinati soggetti di diritto internazionale che non sono organizzazioni internazionali intergovernative.

9. Il presente regolamento costituisce uno sviluppo dell’acquis di Schengen, conformemente al protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea, definito nell’allegato A della decisione 1999/435/CE[13] del Consiglio, del 20 maggio 1999, che definisce l’acquis di Schengen ai fini della determinazione, in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull’Unione europea, della base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l’acquis.

10. Per quanto riguarda l’Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai sensi dell’accordo concluso dal Consiglio dell’Unione europea con la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia sull’associazione di questi due Stati all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen[14], che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, lettera B, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativa a talune modalità di applicazione del suddetto accordo[15].

11. Per quanto riguarda la Svizzera, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai sensi dell’accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen[16], che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, lettera B, della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 3 della decisione 2008/146/CE [17].

12. Per quanto riguarda il Liechtenstein, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai sensi del protocollo tra l’Unione europea, la Comunità europea, la Confederazione svizzera e il Principato del Liechtenstein sull’adesione del Principato del Liechtenstein all’accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, lettera B, della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 3 della decisione [xx/2011/UE] del Consiglio. FN [rif. alla GU, adottata il 7.3.11; non ancora pubblicata][18]

13. Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen a cui il Regno Unito non partecipa, a norma della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen[19]. Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolato, né è soggetto alla sua applicazione.

14. Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen a cui l’Irlanda non partecipa, a norma della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell’Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen[20]. L’Irlanda non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Il regolamento (CE) n. 539/2001 è così modificato:

15. L’articolo 1 è così modificato:

16. il paragrafo 2 è così modificato:

(i) il primo comma è sostituito dal seguente:

“I cittadini dei paesi terzi che figurano nell’elenco dell’allegato II sono esentati dall’obbligo di cui al paragrafo 1 per soggiorni la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo ingresso nel territorio degli Stati membri.”

(ii) al secondo comma sono aggiunti i seguenti trattini:

- “i membri degli equipaggi civili di aerei;

- i membri degli equipaggi civili di navi che si recano a terra e che sono in possesso di un documento di identità dei marittimi rilasciato ai sensi delle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (n. 108 del 1958 e n. 185 del 2003) o della convenzione IMO di Londra del 1965 (FAL) sulla facilitazione del traffico marittimo internazionale.”

- al paragrafo 4, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

- “entro novanta giorni dalla pubblicazione della notifica, la Commissione, d’intesa con lo Stato membro interessato, riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio. La relazione può essere accompagnata da una proposta di reintroduzione temporanea dell’obbligo del visto nei confronti dei cittadini del paese terzo in causa. La Commissione può anche presentare questa proposta dopo le deliberazioni del Parlamento europeo e del Consiglio sulla proposta. Entro tre mesi, il Parlamento europeo e il Consiglio decidono sulla proposta secondo la procedura legislativa ordinaria.”

- È inserito il seguente articolo 1 bis:

“Articolo 1 bis – Clausola di salvaguardia

1. I paragrafi da 2 a 5 del presente articolo si applicano nel caso in cui uno o più Stati membri si trovino a dover affrontare una situazione d’emergenza caratterizzata dal sopravvenire di una delle seguenti circostanze:

17. un improvviso aumento di almeno il 50%, su un periodo di sei mesi e rispetto ai sei mesi precedenti, del numero di cittadini di uno dei paesi terzi di cui all’allegato II trovati in situazione di soggiorno irregolare sul territorio di uno Stato membro;

18. un improvviso aumento di almeno il 50%, su un periodo di sei mesi e rispetto ai sei mesi precedenti, del numero di domande d’asilo presentate da cittadini di uno dei paesi terzi di cui all’allegato II, per il quale di tasso di riconoscimento nei sei mesi precedenti era inferiore al 3%;

19. un improvviso aumento di almeno il 50%, su un periodo di sei mesi e rispetto ai sei mesi precedenti, del numero di esiti negativi dati alle domande di riammissione presentate da uno Stato membro a uno dei paesi terzi di cui all’allegato II per cittadini di quest’ultimo paese.

2. Uno Stato membro che si trovi a dover affrontare una delle situazioni d’emergenza di cui al paragrafo 1 può darne notifica alla Commissione. La notifica è debitamente motivata e contiene dati e statistiche rilevanti, così come una circostanziata illustrazione delle misure preliminari adottate dallo Stato membro interessato per porre rimedio alla situazione in questione.

3. La Commissione esamina la notifica tenendo conto del numero di Stati membri interessati dalle situazioni di cui al paragrafo 1 e delle ripercussioni generali di tali aumenti sulla situazione migratoria nell’Unione quale emerge dai dati forniti dagli Stati membri e dalle relazioni di FRONTEX e/o dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo. Entro tre mesi dal ricevimento della notifica la Commissione può adottare una decisione d’esecuzione che sospende per un periodo di sei mesi l’esenzione dall’obbligo del visto per i cittadini del paese terzo in questione. Tale decisione d’esecuzione è adottata conformemente alla procedura di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 2, e fissa la data dalla quale decorrono gli effetti della sospensione dell’esenzione dall’obbligo di visto.

4. Prima dello scadere del periodo di validità della decisione d’esecuzione adottata ai sensi del paragrafo 3 la Commissione, in cooperazione con gli Stati membri interessati, presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Tale relazione può essere accompagnata da una proposta di modifica del presente regolamento diretta a spostare nell’allegato I il paese terzo in questione.

5. Qualora abbia proposto una modifica del presente regolamento per spostare un paese terzo nell’allegato I ai sensi del paragrafo 4, la Commissione può prorogare la validità della decisione di esecuzione adottata ai sensi del paragrafo 3 per un massimo di nove mesi. La decisione di prorogare la validità della decisione d’esecuzione è adottata conformemente alla procedura di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 2.”

20. L’articolo 2 è sostituito dal seguente:

“Ai fini del presente regolamento, per “visto” si intende l’autorizzazione rilasciata da uno Stato membro, necessaria ai fini del transito o di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a tre mesi su un periodo di sei mesi dalla data di primo ingresso nel territorio degli Stati membri.”

21. L’articolo 4 è così modificato:

22. il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:

“1. Gli Stati membri possono prevedere deroghe all’obbligo del visto di cui all’articolo 1, paragrafo 1, o all’esenzione da tale obbligo di cui all’articolo 1, paragrafo 2, per le seguenti categorie di persone:

23. i titolari di passaporti diplomatici, di passaporti di servizio/ufficiali o di passaporti speciali;

24. gli equipaggi civili di navi che operano in acque internazionali;

25. i titolari di lasciapassare, passaporti diplomatici o di servizio rilasciati da talune organizzazioni internazionali intergovernative o da altri soggetti di diritto internazionale ai loro funzionari.”

26. al paragrafo 2 è aggiunta la seguente lettera d):

“(d) i rifugiati statutari, gli apolidi e altre persone che non possiedono la cittadinanza di nessun paese, che risiedono nel Regno Unito o in Irlanda e sono titolari di un documento di viaggio rilasciato da tali Stati membri “.

27. è aggiunto un nuovo paragrafo 4:

“Nella misura imposta dall’applicazione dell’articolo 41, paragrafo 1, del protocollo addizionale dell’accordo di associazione fra la Turchia e la CE, gli Stati membri possono prevedere deroghe all’obbligo del visto di cui all’articolo 1, paragrafo 1, per i cittadini turchi che effettuano prestazioni di servizi durante il loro soggiorno.”

28. È inserito il seguente articolo 4 bis:

“Articolo 4 bis

Procedura di comitato

1. La Commissione è assistita da un comitato. Quest’ultimo è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.”

Artic olo 2

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea .

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati.

Fatto a Bruxelles, […]

Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

Il presidente Il presidente

[1] GU L 81 del 21.3.2001, pag. 1.

[2] Regolamento (CE) n. 2414/2001 del Consiglio del 7 dicembre 2001 (GU L 327 del 12.12.2001, pag. 1); regolamento (CE) n. 453/2003 del Consiglio del 6 marzo 2003 (GU L 69 del 13.3.2003, pag. 10); regolamento (CE) n. 851/2005 del Consiglio del 2 giugno 2005 (GU L 141 del 4.6.2005, pag. 3); regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio del 20 novembre 2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1); regolamento (CE) n. 1932/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006 (GU L 405 del 30.12.2006, pag. 23); regolamento (CE) n. 1244/2009 del Consiglio del 30 novembre 2009 (GU L 336 del 18.12.2009, pag. 1); regolamento (UE) n. 1091/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 (GU L 329 del 14.12.2010, pag. 1); regolamento (UE) n. 1211/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2010 (GU L 339 del 22.12.2010, pag. 9).

[3] GU L 243 del 15.9.2009, pag. 1.

[4] GU L 243 del 15.9.2009, pag. 1.

[5] GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.

[6] GU L 141 del 4.6.2005, pag. 3.

[7] Nella causa 241/05, la Corte di giustizia europea ha statuito che l’articolo 20, paragrafo 1, della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen dev’essere interpretato nel senso che la nozione di “primo ingresso” di cui a tale disposizione riguarda, oltre il primissimo ingresso nel territorio degli Stati contraenti di detto accordo, anche il primo ingresso in tali territori che avviene dopo la scadenza di un periodo di sei mesi da tale primissimo ingresso nonché qualsiasi altro primo ingresso che avviene dopo la scadenza di ogni nuovo periodo di sei mesi a decorrere da una precedente data di primo ingresso. Questo – per analoga interpretazione – si applica anche ai soggiorni sulla base di un visto. Un visto per soggiorno di breve durata è un visto di viaggio valido per uno o più ingressi, purché né la durata di un soggiorno ininterrotto, né il totale dei soggiorni successivi siano superiori a tre mesi per semestre a decorrere dalla data del primo ingresso. Gli stranieri non soggetti all’obbligo del visto possono circolare liberamente nei territori delle Parti contraenti per una durata massima di tre mesi nel corso di un periodo di sei mesi a decorrere dalla data del primo ingresso.

[8] GU L 116 del 24.4.2001, pag. 2.

[9] GU L 243 del 15.9.2009, pag. 1.

[10] GU C […] del […], pag. […].

[11] GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.

[12] GU L 243 del 15.9.2009, pag. 1.

[13] GU L 176 del 10.7.1999, pag. 1.

[14] GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36.

[15] GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.

[16] GU L 53 del 27.2.2008, pag. 52.

[17] GU L 53 del 27.2.2008, pag. 1.

[18] GU L ……

[19] GU L 131 dell’1.6.2000, pag. 43.

[20] GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.