COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi /* COM/2011/0455 definitivo */
INDICE 1........... L'INTEGRAZIONE, OVVERO
DISPIEGARE IL POTENZIALE DELL'IMMIGRAZIONE 2 2........... GESTIRE L'INTEGRAZIONE: UNA
RESPONSABILITÀ COMUNE................. 4 A........... L'INTEGRAZIONE TRAMITE LA PARTECIPAZIONE............................................. 4 B........... PIÙ AZIONE A LIVELLO LOCALE........................................................................... 9 C........... COINVOLGIMENTO DEI PAESI DI ORIGINE....................................................... 11 3........... LA STRADA DA SEGUIRE.................................................................................... 11
1.
L'INTEGRAZIONE,
OVVERO DISPIEGARE IL POTENZIALE DELL'IMMIGRAZIONE
Negli ultimi decenni, il
fenomeno migratorio si è intensificato nella maggior parte degli Stati membri
dell'Unione. Gli immigrati di paesi terzi costituiscono circa il quattro per
cento della popolazione totale dell'Unione[1]. La composizione demografica dell'Unione sta cambiando e
le società europee si trovano alle prese con una crescente diversità. Si
pongono nuove condizioni per la coesione sociale e la risposta dei governi ai
timori della gente comune. L'Europa è anche
notevolmente esposta ai cambiamenti demografici di una popolazione che
invecchia, che ha una più lunga speranza di vita e accusa un calo delle fasce
in età lavorativa[2].
Un rimedio a ciò può venire dall'immigrazione legale che per giunta ottimizza
l'uso della forza lavoro e delle competenze già disponibili nell'Unione e
accresce la produttività dell'economica europea. L'evoluzione demografica varia
da regione a regione e va affrontata con soluzioni ad hoc. Per godere a pieno
dei benefici dell'immigrazione, l'Europa dovrà saper gestire la diversità e il
multiculturalismo che caratterizzano le sue società tramite un'integrazione più
efficace degli immigrati. La strategia Europa 2020[3] e il programma di
Stoccolma[4]
riconoscono tutte le potenzialità dell'immigrazione ai fini di un'economia
sostenibile e competitiva e individuano come chiaro obiettivo politico la reale
integrazione degli immigrati regolari, sostenuta dal rispetto e dalla promozione
dei diritti umani[5]. Gli Stati membri hanno
riconfermato l'impegno ad elaborare l'idea chiave dell'integrazione come motore
dello sviluppo economico e della coesione sociale, affinché gli immigrati
possano contribuire ulteriormente alla crescita economica e alla ricchezza
culturale[6].
Esiste già un quadro in cui iscrivere la cooperazione dell'Unione in materia di
integrazione: i principi fondamentali comuni per la politica di integrazione
degli immigrati nell'Unione europea, concordati dal Consiglio nel 2004[7]. I principi
inquadrano l'integrazione come un processo dinamico e bilaterale di adeguamento
reciproco degli immigrati e delle società ospiti. Tutte le azioni dell'Unione
proposte dalla Commissione nel 2005 nel quadro dell’agenda comune per
l’integrazione sono state condotte in porto[8];
con il mutare, però, del contesto sociale, economico e politico, non tutte le
misure disposte per l'integrazione hanno centrato gli obiettivi. Le politiche
di integrazione presuppongono anche la volontà e l'impegno degli immigrati a
costituire parte della società che li accoglie. La nuova disposizione del
trattato diretta a favorire l'integrazione dei cittadini di paesi terzi[9] regolarmente
soggiornanti nel territorio degli Stati membri (articolo 79, paragrafo 4, del
TFUE) crea margine per una nuova azione concertata ma esclude l'armonizzazione.
Tale azione dovrà poi tenere conto di un contesto demografico, sociale,
economico e politico in evoluzione. Tra le sfide pressanti
ancora irrisolte i dati indicano[10]:
· i livelli occupazionali tuttora bassi della forza
lavoro immigrata, soprattutto femminile; · la crescente disoccupazione e gli alti tassi di
forza lavoro immigrata sovra qualificata; · il rischio crescente di esclusione sociale; · le disparità in termini di rendimento scolastico; · l'apprensione pubblica per la scarsa integrazione. La rinnovata agenda
europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi è un contributo al
dibattito su come capire e sostenere meglio l'integrazione. Il testo illustra
una varietà di approcci possibili, a seconda che a raccogliere la sfida
dell'integrazione siano migranti di tipologia diversa, senza competenze
specifiche o altamente qualificati, oppure beneficiari di protezione
internazionale. L'Europa, che si è costruita sul rispetto reciproco tra culture
e tradizioni diverse, deve assumere un atteggiamento positivo verso la
diversità e dare solide garanzie in tema di diritti fondamentali e parità di
trattamento. Occorrono poi interventi specialmente mirati ai gruppi di
immigrati più vulnerabili. La presente comunicazione,
che tiene conto delle esperienze di tutta l'Unione, individua le sfide che
l'integrazione pone all'Europa e a fronte di queste propone raccomandazioni e
ambiti di intervento. Insieme al documento di lavoro della Commissione che la
accompagna, la comunicazione passa in rassegna le iniziative dell'Unione a
sostegno dell'integrazione dei cittadini di paesi terzi. L'Unione dispone di
diversi strumenti per contribuire a indirizzare e guidare gli sforzi degli
Stati membri, ma l'agenda europea per l'integrazione non potrà realizzarsi
contando solo sugli strumenti europei. Processo dinamico di lungo respiro,
l'integrazione fa appello agli sforzi di una
vasta gamma di attori in diversi ambiti di intervento e a vari livelli. È per
questo motivo che le raccomandazioni contenute nella presente comunicazione si
rivolgono a tutte le parti coinvolte nel processo di integrazione.
2.
GESTIRE
L'INTEGRAZIONE: UNA RESPONSABILITÀ COMUNE
In considerazione di tutto
ciò è chiaro che scopo dell'integrazione è sfruttare il potenziale
dell'immigrazione creando condizioni favorevoli alla partecipazione economica,
sociale, culturale e politica degli immigrati. Soluzioni efficaci alle sfide
dell'integrazione vanno senz'altro rinvenute nel contesto nazionale e locale,
ma trattandosi di sfide comuni a molti Stati membri, ha senso scambiarsi le
esperienze. Non è appannaggio dell'Unione europea delineare strategie di
integrazione ma può stabilire un quadro per il monitoraggio, la definizione di
indicatori e lo scambio di buone pratiche, avvalendosi degli strumenti
finanziari europei per incentivare il processo. l documento di lavoro della
Commissione allegato illustra esempi di buone pratiche e scambio di
informazioni. L'integrazione è connessa
a un quadro normativo e politico definito e coordinato a livello dell'Unione[11]. L'azione
dell'Unione a sostegno dell'integrazione intende definire un quadro normativo
che garantisca la parità di trattamento e assicurare a tutti gli immigrati un
livello di diritti adeguato. Le priorità dell'integrazione devono esser prese
pienamente in considerazione in tutti i settori interessati per contribuire in
modo coerente alla risoluzione delle sfide dell'integrazione e a onorare altre
priorità politiche. L'integrazione è un
processo evolutivo, che richiede un attento monitoraggio, sforzi costanti,
approcci innovativi e idee coraggiose. Non è facile trovare soluzioni, eppure
una buona integrazione dei migranti nell'Unione contribuirà significativamente
al raggiungimento degli obiettivi che l'Unione si è posta nella strategia
Europa 2020: portare il tasso di occupazione al 75% entro il 2020; ridurre il
tasso di abbandono scolastico al di sotto del 10%; aumentare la quota della
popolazione che ha completato gli studi superiori; fare uscire dalla povertà e
dall'esclusione sociale più di 20 milioni di persone[12]. Le azioni proposte
riguardano i seguenti settori chiave: A. l'integrazione
tramite la partecipazione; B. più azione a livello
locale; C. coinvolgimento dei
paesi di origine. A. L'INTEGRAZIONE TRAMITE LA PARTECIPAZIONE L'integrazione è un
processo che comincia dalla base; per questo le politiche di integrazione vanno
elaborate secondo un autentico approccio dal basso, a contatto con la realtà
locale, in modo da sostenere l'apprendimento della lingua, i percorsi
introduttivi, l'accesso all'impiego, all'istruzione e alla formazione
professionale e la lotta alla discriminazione, tutti fattori che mirano a
incrementare la partecipazione dei migranti alla società. L'integrazione implica che
la società ospite si impegni a dare una sistemazione agli immigrati, a
rispettarne i diritti e la cultura e a informarli dei loro obblighi. Nel
contempo, gli immigrati devono dar prova di voler integrarsi e rispettare le
regole e i valori della società in cui vivono. 1. Il contributo socio-economico degli immigrati 1.1. L'apprendimento della lingua L'apprendimento della
lingua è ampiamente riconosciuto come un fattore essenziale ai fini
dell'integrazione Sviluppare le competenze linguistiche significa avere migliori
opportunità di lavoro, maggiore indipendenza e maggiore partecipazione al
mercato del lavoro, specie delle immigrate. Le formazioni linguistiche
e i programmi introduttivi devono essere finanziariamente e geograficamente
accessibili. È importante offrire corsi di lingua il cui livello sia modulato
in funzione delle conoscenze dei partecipanti e delle condizioni di
apprendimento. Il CEFR (quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza
delle lingue), strumento di base elaborato dal Consiglio d'Europa per il
reciproco riconoscimento delle qualifiche linguistiche, può rivelarsi utile per
determinare il livello di competenza linguistica[13]. 1.2. La partecipazione al mercato del lavoro In molti Stati membri sono
notevoli le discrepanze occupazioni tra cittadini di paesi terzi e cittadini
dell'Unione. Nel 2010 il tasso occupazionale dei cittadini di paesi terzi tra i
20-64 anni era di dieci punti percentuali inferiore rispetto alla popolazione
totale dello stesso gruppo di età, a livello dell'Unione[14]. In particolare il
tasso di occupazione delle immigrate risulta sostanzialmente più basso sia del
tasso medio che del tasso occupazionale degli immigrati uomini[15]. Posto che
partecipare al mercato del lavoro è un mezzo fra i più efficaci e concreti per
integrarsi nella società, l'impegno per colmare tali divari va indirizzato
tanto ai lavoratori migranti che a coloro che immigrano nell'Unione per
ricongiungersi alle famiglie o per beneficiare di protezione internazionale In tutti gli Stati membri
in cui vengono raccolti dati, tra i cittadini di paesi terzi, soprattutto donne[16], si registrano
livelli di sovra qualificazione rispetto ai lavori che svolgono. Gli immigrati
disoccupati o gli immigrati che svolgono lavori per i quali sono sovra
qualificati rappresentano una risorsa inutilizzata e uno spreco di capitale
umano, senza contare che l'esperienza può risultare per loro degradante. Occorre istituire servizi che permettano il
riconoscimento di qualifiche e competenze acquisite nel paese d'origine in modo
da offrire agli immigrati maggiori opportunità di trovare un impiego per cui
sono adeguatamente qualificati. Un
primo passo consisterebbe nell'affinare gli strumenti per verificare il
percorso formativo e le precedenti esperienze lavorative, paragonare diplomi e
qualifiche e individuare eventuali bisogni di formazione. In seconda battuta, ma
altrettanto importanti, vengono la trasparenza delle informazioni sui posti
disponibili e il sostegno dei servizi pubblici per l'impiego sono fattori
altrettanto importati. I datori di lavoro e le parti sociali svolgono un ruolo
decisivo nel promuovere la diversità e combattere le discriminazioni. Occorre
poi rafforzare l'importante ruolo imprenditoriale degli immigrati, la loro
creatività e capacità innovativa[17]
con il sostegno di autorità chiamate a informare il pubblico sulla creazione
d'impresa. In terzo luogo occorre poi
predisporre programmi introduttivi che aiutino i nuovi arrivati a inserirsi nel
mondo del lavoro e in altri gangli vitali della società ospite. Le misure introduttive potrebbero far parte di un
accordo contrattuale che suggelli l'impegno e definisca diritti e doveri di
entrambe le parti. 1.3. Sforzi nel settore dell'istruzione Nella maggior parte degli
Stati membri dell'Unione cresce la percentuale di studenti con un passato di
immigrazione[18].
Per garantire a tutti un insegnamento di qualità e mettere a frutto il
potenziale della diversità, i sistemi scolastici devono adeguarsi alla
crescente diversificazione della popolazione studentesca. Per garantire l'apprendimento
delle lingue sarebbe poi opportuno
intervenire in una primissima fase, già prima dell'età scolare. Il livello medio di
istruzione dei cittadini dei paesi terzi è inferiore rispetto a quello dei
cittadini dell'Unione[19].
I giovani con un passato di immigrazione sono più esposti al rischio di
lasciare il sistema scolastico senza aver conseguito un diploma di istruzione
secondaria superiore. Occorrono nuovi sforzi per prevenire l'abbandono
scolastico tra i giovani immigrati[20]. Gli insegnanti e il personale
scolastico andrebbero formati per gestire la diversità. Il reclutamento di
insegnati o di puericultori immigrati può rivelarsi peraltro utile per
stimolare l'apprendimento nelle classi con un'elevata partecipazione di
immigrati e per consentire l'ulteriore apertura dei sistemi scolastici
nazionali ad altre culture, europee e non, Azioni utili sarebbero ad esempio
corsi di lingua per i genitori in parallelo ad iniziative di guida,
affiancamento e tutoraggio alla scolarizzazione dei figli. Le scuole in zone
particolarmente svantaggiate con un'alta concentrazione di giovani immigrati
potrebbero mettere a punto programmi specializzati, sistemi di tutoraggio e
consentire l'accesso alla formazione per garantirsi un vantaggio competitivo. 1.4. Garantire condizioni di vita migliori Le misure di inclusione
sociale rivolte agli immigrati dovrebbero mirare a rimuovere eventuali ostacoli
ad una effettiva fruizione dei servizi
sociali e sanitari e combattere la povertà e l'esclusione dei più vulnerabili[21].
L'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale richiede
un'attenzione particolare e le esperienze traumatiche che spesso hanno vissuto
richiedono particolare assistenza sociale e psicologica. Servono quindi
politiche concepite per ridurre l'isolamento dei beneficiari di protezione
internazionale e le restrizioni poste ai loro diritti, garantendo formazioni
linguistiche efficaci e l'accesso all'alloggio e a cure mediche nell'ambito di
sistemi sanitari che promuovano l'integrazione e di programmi di sensibilizzazione
sanitaria culturalmente mirati. Le politiche dovrebbero inoltre mirare alla
formazione professionale e all'assistenza nella ricerca di lavoro. Occorre prestare inoltre
particolare attenzione alla situazione dei cittadini di paesi terzi di etnia
Rom in posizione regolare nell'Unione. 1.5. Un uso più efficace dei fondi UE La partecipazione degli
immigrati e l'attuazione di strategie di integrazione dal basso vanno sostenute
usando meglio gli strumenti europei esistenti. Il Fondo europeo per l'integrazione
di cittadini di paesi terzi e il Fondo europeo per i rifugiati sovvenzionano
misure di accoglienza, percorsi introduttivi, provvedimenti mirati alla
partecipazione alla vita civile e sociale, alla parità di accesso ai servizi
ecc. A questi si aggiungono il Fondo sociale europeo, che sovvenziona misure
intese ad agevolare l'accesso e l'integrazione nel mercato del lavoro, e il
Fondo europeo di sviluppo regionale, che finanzia un'ampia gamma di misure di
integrazione nel contesto dello sviluppo regionale. Raccomandazioni Gli Stati membri dovrebbero: ·
organizzare corsi di lingua
che rispondano alle esigenze evolutive degli immigrati nelle diverse fasi del
processo di integrazione; ·
predisporre programmi
introduttivi per i nuovi arrivati, come corsi di lingua e di educazione civica.
Questi programmi dovrebbero tener conto dei bisogni specifici delle immigrate
per promuoverne la partecipazione al mercato del lavoro e l'indipendenza
economica; ·
prendere provvedimenti
diretti a rilevare e valutare le esigenze dei singoli e a convalidare
qualifiche e esperienze professionali; ·
favorire la partecipazione
degli immigrati con politiche attive del mercato del lavoro; ·
concentrare gli sforzi nei
sistemi educativi conferendo a insegnanti e dirigenti scolastici le competenze
necessarie per gestire la diversità, assumendo insegnanti con un passato di
immigrazione e favorendo la partecipazione dei figli di immigrati
all'educazione e assistenza della prima infanzia; ·
considerare le particolari
esigenze dei gruppi di immigrati vulnerabili. La Commissione dovrebbe: ·
favorire lo scambio delle
pratiche e il coordinamento delle politiche del lavoro, dell'istruzione e
sociali; ·
provvedere a un uso migliore
degli strumenti finanziari di cui dispone l'Unione per sostenere la partecipazione
degli immigrati. 2. Diritti e doveri: realizzare la parità
di trattamento e infondere un senso di appartenenza La tutela dei valori
universali e dei diritti umani fondamentali è sancita dal trattato. È
fondamentale intensificare gli sforzi per lottare contro la discriminazione e
dare agli immigrati gli strumenti per conoscere i valori fondamentali
dell'Unione e degli Stati membri. Partecipare al processo
democratico è la condizione per integrarsi. Nella misura del possibile, vanno
rimossi gli ostacoli legislativi e strutturali che impediscono la
partecipazione degli immigrati alla vita politica. Bisogna favorire il coinvolgimento dei rappresentanti degli immigrati,
donne comprese, nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche e
dei programmi di integrazione. Programmi di
sensibilizzazione e stage possono anch'essi contribuire a potenziare la
capacità delle organizzazioni di immigrati, incoraggiando e sostenendone la
partecipazione a livello locale, ad esempio nei consigli di istituto, negli enti
che amministrano gli alloggi, ecc. Le misure volte a
promuovere la partecipazione democratica comprendono corsi e tutoraggio, il
diritto di voto alle elezioni locali, la creazione di organi consultivi locali,
regionali e nazionali, incentivi all'imprenditoria, alla creatività e
all'innovazione[22]. Raccomandazioni Gli Stati membri dovrebbero: ·
predisporre misure per
attuare nella pratica il principio della parità di trattamento e prevenire la
discriminazione istituzionale e forme quotidiane di discriminazione; ·
rimuovere gli ostacoli alla
partecipazione politica degli immigrati e
coinvolgere di più i rappresentanti degli immigrati nell'elaborazione e
nell'attuazione delle politiche e dei programmi di integrazione. La Commissione dovrebbe: ·
garantire
la piena e corretta attuazione delle direttive vigenti in materia di non
discriminazione nel settore dell'immigrazione legale. B. PIÙ AZIONE A LIVELLO LOCALE Le politiche di
integrazione vanno formulate e attuate con il coinvolgimento attivo delle
autorità locali. Gli enti locali, responsabili di un'ampia gamma di servizi e
attività, svolgono un ruolo importante nel modulare l'interazione tra gli
immigrati e la società ospite. 1. Il problema delle aree urbane particolarmente svantaggiate Molti
immigrati vanno a vivere nelle aree urbane dove l'integrazione è
particolarmente problematica. Perché i centri urbani possano stimolare
l'attività economica e culturale e contribuire alla coesione sociale, le
politiche di integrazione devono affrontare i problemi specifici dei quartieri
disagiati. Per sostenere lo sviluppo
urbano, diversi Stati membri ricorrono con successo a intese o accordi tra
autorità nazionali, regionali e locali. In tal senso è fondamentale il
coinvolgimento dei rappresentanti delle organizzazioni e della popolazione
locali. Un'integrazione effettiva presuppone poi misure di sostegno a favore
delle infrastrutture sociali e della rivitalizzazione urbana, improntate a un
approccio integrato contro la segregazione. 2. Una più stretta cooperazione a più livelli Sebbene
le misure di integrazione siano per lo più competenza degli enti locali, per il
buon coordinamento dei servizi, del loro finanziamento e della loro valutazione
è importante intensificare la cooperazione tra i diversi livelli di governance.
Una reale integrazione può realizzarsi solo di concerto tra una vasta gamma di
parti interessate, prime fra tutte le istituzioni europee, gli Stati membri e
le parti in causa a livello nazionale, regionale e locale. L'Unione europea può
delineare il quadro per il monitoraggio, la definizione di indicatori e lo
scambio di buone pratiche tra i vari livelli di governance, creando al tempo
stesso gli incentivi per promuovere modelli validi a livello locale e
regionale. I "patti
territoriali" tra le parti interessate ai diversi livelli dovrebbero
garantire a tutti i partecipanti la necessaria flessibilità di mezzi per
realizzare determinati obiettivi politici, provvedendo nel contempo a un uso
razionale degli strumenti politici e dei canali e procedure di finanziamento.
In tal senso il Comitato delle regione avrebbe un ruolo da svolgere. Esempi Il progetto INTI-Cities, elaborato
per valutare, in base ad un indicatore, politiche e pratiche di integrazione e
accordi di governance a livello locale, è stato sperimentato con successo nei
comuni di Helsinki, Rotterdam, Malmö, Düsseldorf, Genova e Lione. Il progetto DIVE
intendeva invece valutare come i comuni sfruttano la diversità e i principi
di uguaglianza quando agiscono come datori di lavoro, acquirenti di beni e servizi,
decisori politici e fornitori di servizi. L'indicatore DIVE è stato applicato
sul campo a Amsterdam, Leeds, Berlino e Roma; le città partecipanti hanno
sottoscritto la Carta EUROCITIES per l'integrazione nelle città[23]. La Regione di Valencia ha predisposto un
quadro normativo per regolare la cooperazione attiva tra una varietà di attori
dell'integrazione dei nuovi arrivati. Fra il governo regionale, i sindacati e
l'associazione dei datori di lavoro è stato poi concluso un "patto per
l'immigrazione" imperniato sulla gestione della diversità sul luogo di
lavoro e diretto a incoraggiare la partecipazione attiva dei lavoratori
migranti, mentre un "patto locale per l'integrazione" riunisce le
autorità pubbliche locali, provinciali e regionali nell'intento di dinamizzarne
la cooperazione e assicurare la coerenza delle azioni svolte nei diversi
settori a sostegno dell'integrazione. 3. I finanziamenti europei a sostegno dell'azione locale Il Fondo europeo per
l'integrazione di cittadini di paesi terzi sostiene validamente gli sforzi
degli Stati membri intesi a permettere a cittadini di paesi terzi di soddisfare
le condizioni di soggiorno e integrarsi più facilmente nelle società europee[24]. Per il prossimo
quadro finanziario pluriennale, la Commissione propone di semplificare la
struttura degli strumenti di spesa, riducendo il numero di programmi a una
struttura a due pilastri comprensiva di un fondo per la migrazione e l'asilo[25]. Una componente
del fondo saranno le azioni a sostegno dell'integrazione dei cittadini di paesi
terzi. I finanziamenti avranno anche una dimensione esterna a copertura delle
azioni sia nei paesi dell'UE che nei paesi terzi. In futuro è previsto che i
finanziamenti del Fondo si concentrino su un approccio locale più mirato, a
sostegno di strategie coerenti volte a promuovere l'integrazione su scala
locale e attuate essenzialmente da enti locali o regionali e da attori non
statali, tenendo conto delle loro specificità. I risultati saranno valutati in
termini di contributo alla realizzazione dell'obiettivo generale di estendere
la partecipazione, sulla base ai seguenti parametri: 1) un più alto tasso
occupazionale; 2) un maggior livello di istruzione; 3) una migliore inclusione
sociale; 4) una cittadinanza attiva. Raccomandazioni Gli Stati membri dovrebbero: ·
elaborare strategie globali
di integrazione da attuare con la partecipazione effettiva di tutte le parti
interessate, locali e regionali, secondo un approccio "dal basso". Le parti interessate a
tutti i livelli di governance dovrebbero: ·
sostenere i "patti
territoriali", come quadro di cooperazione tra le parti interessate ai
diversi livelli, per l'elaborazione e l'attuazione delle politiche di
integrazione. La Commissione dovrebbe: ·
coinvolgere gli attori
locali e regionali nel processo di elaborazione delle politiche di integrazione
nell'ambito dei programmi dell'Unione, tramite un partenariato strategico con
il Comitato delle regioni e le reti europee di città e regioni; ·
promuovere una
programmazione più coordinata degli strumenti finanziari dell'Unione esistenti
che miri agli interventi locali, soprattutto
tramite il Fondo europeo per l'integrazione di cittadini di paesi terzi, il
Fondo europeo per i rifugiati, il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo di
sviluppo regionale. C. COINVOLGIMENTO DEI PAESI DI ORIGINE I paesi d'origine hanno un
ruolo da svolgere a sostegno del processo di integrazione: 1) gettando le basi
dell'integrazione già prima della partenza dei migranti; 2) sostenendo i
migranti una volta nell'Unione, ad esempio tramite le ambasciate; 3) preparando
il rimpatrio temporaneo o definitivo dei migranti che hanno fatto tesoro di
esperienze e conoscenze. 1. Misure a sostegno dell'integrazione prima della partenza Prima della partenza, i
paesi d'origine possono venire incontro ai migranti informandoli, ad esempio,
sui visti necessari o sui permessi di soggiorno e offrendo loro corsi di lingua
o formazioni professionali che ne sviluppino le competenze. A tal fine occorre
aiutare i paesi terzi a predisporre misure di preparazione alla partenza,
migliorando al tempo stesso i metodi per il riconoscimento di qualifiche e
competenze dei migranti. Nei prossimi mesi la
Commissione lancerà un portale europeo dell’immigrazione dove chi intende
immigrare nell'Unione troverà informazioni su come presentare la domanda. 2. Contatti costruttivi tra diaspore e paesi d'origine Le rimesse e il
trasferimento di competenze, innovazione e conoscenze possono incentivare
investimenti sostenibili nei paesi d'origine favorendone lo sviluppo. Promuovendo una strategia
più dinamica a favore dell'imprenditoria transnazionale si otterrà di agevolare
gli imprenditori attivi tanto negli Stati membri che nei paesi partner. Questo
tipo di imprese può creare posti di lavoro
nei paesi di origine e essere un vantaggio sia per l'integrazione degli immigrati che per lo sviluppo degli scambi
tra paesi. 3. Migrazione circolare e sviluppo dei paesi d'origine Bisogna definire un quadro
di diritti per incentivare la migrazione temporanea e circolare, che garantisca
uno status giuridico chiaro e faciliti la mobilità. I partenariati per la
mobilità con i paesi terzi potrebbero diventare l'ambito in cui promuovere
iniziative di integrazione negli Stati membri intese a beneficio anche dei
paesi d'origine. Messaggi politici positivi da entrambi i lati potrebbero far
nascere un clima più propizio all'integrazione agevolando al tempo stesso la
migrazione temporanea e circolare. Raccomandazioni Gli Stati membri e i paesi d'origine dovrebbero: ·
fare in modo che il sostegno
ai migranti prima della partenza, diretto a facilitare il processo
d'integrazione, si iscriva nel dialogo e nella cooperazione tra l'Unione e i
paesi partner. É fondamentale in tal senso perfezionare i metodi per il
riconoscimento delle qualifiche e delle competenze dei migranti.
3.
La strada da seguire
Gestire l'integrazione è
cosa essenziale se l'obiettivo è che migranti e Unione pervengano insieme a
sfruttare al massimo il potenziale dell'immigrazione. Per conciliare crescita
economica e coesione sociale e far fronte alla diversità crescente delle
società europee, urgono politiche di integrazione efficaci. Tale processo presuppone un dibattito
strutturato e informato e servono strategie coerenti per ottenere una
partecipazione migliore degli immigrati alle società che li ospitano.
3.1.
Maggiore cooperazione, consultazione e
coordinamento
Per rispondere alle sfide
dell'integrazione i governi nazionali e le collettività regionali e locali
devono agire di concerto, garantendo il dialogo con le parti interessate a
tutti i livelli di governance. Occorre inoltre intensificare la cooperazione
con i paesi di origine e sviluppare un processo trilaterale tra migranti,
società di accoglienza e paesi d'origine. L'Unione dovrebbe fornire il sostegno
necessario a questo processo. La Commissione svolge un
ruolo importante nel favorire il dialogo tra le parti coinvolte sulle
principali sfide dell'integrazione. Lo scambio di conoscenze e di buone
pratiche tra Stati membri avviene nell'ambito della rete dei punti nazionali di
contatto per l'integrazione, che potrebbe svolgere un ruolo ancor più centrale
organizzando riunioni mirate e valutazioni comparate. Politiche di integrazione
più efficaci e efficienti possono fiorire grazie al coordinamento e al
monitoraggio dei progressi politici, nell'ambito delle strutture di intervento
esistenti, tra le istituzioni dell'Unione e in stretta collaborazione con gli
Stati membri. Il
forum europeo sull’integrazione, istituito dalla Commissione in cooperazione
con il Comitato economico e sociale europeo, è il luogo d'incontro dei
rappresentanti dalla società civile a livello nazionale e dell'Unione. I
processo di consultazione andrebbe potenziato con riunioni strategiche, la
partecipazione del Comitato delle regioni e delle associazioni di comuni. Il
forum potrebbe avvalersi del sostegno di forum nazionali, regionali o locali.
Il sito web europeo sull’integrazione, che divulga informazioni utili
provenienti da diverse categorie di interessati, è uno strumento interattivo
che favorisce lo scambio di informazioni e che va ulteriormente sviluppato
tramite profili on line.
3.2.
Un pacchetto adattabile di
provvedimenti europei
Per
intensificare il coordinamento e lo scambio di conoscenze, l'Unione sta
mettendo a punto un pacchetto di provvedimenti adattabile, da cui le autorità
degli Stati membri potranno scegliere le misure più adeguate in funzione del
contesto nazionale. I cosiddetti
"moduli europei", concepiti a sostegno di politiche e prassi partendo
dalle esperienze degli Stati membri e di altri attori, possono essere adattati
alle necessità di singoli Stati membri, regioni e città[26] e possono
costituire un quadro europeo di riferimento per elaborare e attuare prassi di
integrazione negli Stati membri. I moduli si articolano intorno a tre aree
tematiche: 1) corsi di introduzione e di lingua; 2) forte impegno da parte
della società ospite; 3) partecipazione attiva dei migranti a tutti gli aspetti
della vita collettiva.
3.3.
Monitoraggio dei risultati
Per formulare le politiche
di immigrazione e di integrazione e verificarne i risultati, occorrono dati
statistici molto attendibili. Le istituzioni e gli Stati membri dell'Unione
devono lavorare fianco a fianco a un quadro per un uso razionale delle
statistiche sulla migrazione e per potenziare la capacità di raccogliere e
pubblicare dati statistici sui migranti e sulle loro condizioni
socio-economiche. In quattro settori di
rilevanza per l'integrazione – occupazione, istruzione, inclusione sociale e
cittadinanza attiva – sono stati individuati "indicatori" europei
comuni[27],
che verranno utilizzati per monitorare i risultati delle politiche di
integrazione allo scopo di rendere i dati più comparabili e rafforzare il
processo di apprendimento europeo. Gli indicatori comuni permetteranno di
valutare gli sforzi a sostegno dell'integrazione, alla luce degli obiettivi
europei per l'occupazione, l'istruzione e l'inclusione sociale, permettendo
così di coordinare di più le politiche nazionali e dell'Unione. La
Commissione si farà carico di monitorare gli sviluppi e formulare
raccomandazioni, dialogando con gli Stati membri. Raccomandazioni La Commissione dovrebbe: · usare e coordinare meglio le
piattaforme europee per la consultazione e lo scambio di conoscenze (tra cui i
punti nazionali di contatto per l'integrazione, il forum europeo sull’integrazione
e il sito web europeo sull’integrazione), affinché possano contribuire
maggiormente al processo decisionale, al monitoraggio e al coordinamento delle
politiche; ·
provvedere
allo sviluppo di un pacchetto adattabile di provvedimenti, tra cui i
"modelli europei", per sostenere le politiche e le prassi nazionali e
locali. Sarà compito delle autorità nazionali, regionali e locali e della
società civile attuare il pacchetto, in collaborazione strategica con il
Comitato delle regioni; · sostenere l'elaborazione di
"indicatori" europei comuni in materia di occupazione, istruzione,
inclusione sociale e cittadinanza attiva, che aiuteranno a monitorare i
risultati delle politiche di integrazione e serviranno da base per un follow-up
sistematico. [1] In base alle statistiche
demografiche del 2010 per cittadinanza, gli stranieri residenti nei 27 Stati
membri dell'UE sono 32,4 milioni (6,5% della popolazione totale), 12,3 milioni
dei quali sono cittadini UE-27 residenti in un altro Stato membro e 20,1
milioni cittadini di paesi non UE-27 (4% della popolazione totale), http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/population/introduction. [2] Sebbene l'immigrazione netta sia stata
negli ultimi anni il principale fattore di crescita della popolazione totale
dell'Unione, nello stesso periodo la migrazione verso l'Unione ha registrato
una tendenza al ribasso. , Eurostat, Statistics in focus, 1/2011,
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KS-SF-11-001/EN/KS-SF-11-001-EN.PDF. [3] Conclusioni del Consiglio europeo
del 25-26 marzo 2010, EUCO 7/10, CO EUR 4, CONCL 1. [4] Programma di Stoccolma - Un'Europa
aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini, GU C 115 del 4.5.2010,
pagg. 1–38. [5] L'Analisi annuale della crescita
2011, che passa in rassegna gli interventi necessari affinché l'Unione possa
progredire verso il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,
sottolinea la necessità di riforme urgenti per migliorare le competenze di
cittadini nazionali e immigrati e creare incentivi al lavoro. COM(2011) 11
definitivo, allegato 2, relazione macroeconomica. [6] Conclusioni del Consiglio e dei
Rappresentanti dei governi degli Stati membri sull'integrazione come motore di
sviluppo e coesione sociale, documento del consiglio n. 9248/10. [7] Documento del Consiglio n. 14615/04
del 19.11.2004. [8] COM(2005) 389 definitivo; SEC(2010) 357 definitivo. [9] Per cittadini di paesi terzi si
intendono i migranti provenienti da paesi esterni all'Unione e che non hanno la
cittadinanza di uno Stato membro. Fanno parte di questo gruppo sia i nati in un
paese non dell'Unione, sia i nati nell'Unione che però non hanno la
cittadinanza di uno Stato membro. [10] Cfr. l'allegato documento di lavoro
della Commissione. [11] Il documento di lavoro della
Commissione allegato passa in rassegna le recenti iniziative dell'Unione a
sostegno dell'integrazione di cittadini di paesi terzi. [12] Conclusioni del Consiglio europeo del
25-26 marzo 2010, EUCO 7/10, CO EUR 4, CONCL 1. [13] Cfr. Common European Framework of
Reference for Languages, CEFR, http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/cadre_en.asp.
[14] Nel 2010 il tasso occupazionale medio
della popolazione totale tra i 20-64 anni era del 68,6% (contro il 69,1% del
2009) mentre quello dei cittadini di paesi terzi tra i 20-64 anni raggiungeva
il 58,5% (contro il 59,1% del 2009). [15] Nel 2010 il livello occupazionale
delle cittadine di paesi terzi in età lavorativa primaria, ovvero tra i 25 e i
54 anni, era di circa 20 punti percentuali inferiore rispetto al tasso
occupazionale medio della popolazione femminile totale dello stesso gruppo di
età. Eurostat, EU Labour Force Survey, dati trimestrali sui tassi
occupazionali per sesso, gruppo d'età e cittadinanza – confronto tra i tassi
occupazionali dei cittadini degli Stati membri e dei cittadini di paesi terzi: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/employment_unemployment_lfs/data/database.
[16] Ethnic minority and Roma women in
Europe: A case for gender equality?, relazione di sintesi della Commissione
europea, 2009. [17] Dati recenti pubblicati dalla
Unioncamere Lombardia mostrano che gli immigrati contribuiscono nel 60% dei
casi a creare nuove imprese nella regione, www.lom.camcom.it. [18] "Progress towards the common
European objectives in education and training (2010/2011)", SEC(2011)
526. Nell'Unione la percentuale di cittadini di paesi terzi tra i 6 e i 17 anni
è del 5,7% e quelli tra 18 e 24 del 7,9%. La percentuale di giovani tra i 6 e i
17 anni non cittadini dell'Unione è superiore al 9% in Germania e Austria,
all'11% in Spagna e Irlanda e al 45% in Lussemburgo. [19] Il sondaggio UE Labour Force
Survey mostra che la popolazione immigrata è notevolmente
sottorappresentata ai livelli medi di istruzione e molto più sovra
rappresentata ai livelli bassi, mentre il tasso di sovra qualificazione era nel
2009 del 45% per i cittadini dei paesi terzi contro il 29% per i cittadini
dell'Unione.
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/employment_unemployment_lfs/data/database.
[20] COM(2010)
296; COM(2011) 18. [21] COM(2010) 758. [22] Summary report of the fourth
meeting of the European Integration Forum, 6-7 dicembre 2010, http://ec.europa.eu/ewsi/UDRW/images/items/static_38_812142537.pdf.
[23] Cfr. sito web Integrating Cities:
http://www.integratingcities.eu. [24] Decisione 2007/435/CE del Consiglio,
del 25 giugno 2007, che istituisce il Fondo europeo per l’integrazione di
cittadini di paesi terzi per il periodo 2007-2013 nell'ambito del programma
generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori. La copertura del fondo
per l'intero periodo ammonta a 825 milioni di euro. [25] COM(2011) 500 definitivo. [26] I moduli sono una naturale evoluzione
del "Manuale sull'integrazione per i responsabili delle politiche di
integrazione e gli operatori del settore", http://ec.europa.eu/ewsi/UDRW/images/items/docl_12892_815393891.pdf [27] Conclusioni del Consiglio
"Giustizia e affari interni" del 3-4 giugno 2010, documento del
Consiglio n. 9248/10. Eurostat Methodologies and Working Papers,
Indicators of Immigrant Integration - A Pilot Study, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/product_details/publication?p_product_code=KS-SF-11-030.