52011DC0327

LIBRO VERDE Rafforzare la fiducia reciproca nello spazio giudiziario europeo — Libro verde sull'applicazione della normativa dell'UE sulla giustizia penale nel settore della detenzione /* COM/2011/0327 def. */


INDICE

1. Obiettivo 2

2. Qual è l’interesse dell’UE in questo settore? 3

3. Relazione tra gli strumenti di riconoscimento reciproco e la detenzione 4

3.1. Il mandato di arresto europeo (MAE) 4

3.2. Il trasferimento dei detenuti 5

3.3. Sospensione condizionale e sanzioni alternative 7

3.4. Ordinanza cautelare europea (ESO) 7

3.5. Attuazione 8

4. La questione della custodia cautelare 9

4.1. La durata della custodia cautelare 9

4.2. Riesame periodico dei motivi di custodia cautelare/termini massimi previsti dalla legge 10

5. Minori 11

6. Condizioni di detenzione 12

6.1. Attività svolte attualmente nell’ambito dell’UE in relazione alla detenzione 12

6.2. Monitoraggio delle condizioni di detenzione da parte degli Stati membri 12

6.3. Regole penitenziarie europee 13

7. Consultazione pubblica 13

ALLEGATI 15

Tabella 1: popolazione carceraria nell’Unione europea 2009-2010 15

Tabella 2: Attività di sostegno a livello dell’UE 18

Obiettivo

La Commissione intende esaminare in che misura la detenzione influisce[1] sulla fiducia reciproca, e di conseguenza in generale sul riconoscimento reciproco e sulla cooperazione giudiziaria nell’ambito dell’Unione europea. Sebbene le condizioni della detenzione e la gestione delle carceri siano di competenza degli Stati membri, l’interesse della Commissione è giustificato dall’importanza fondamentale del principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie in relazione allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Affinché il riconoscimento reciproco operi effettivamente deve sussistere una base comune di fiducia tra le autorità giudiziarie. Occorre che gli Stati membri abbiano una migliore conoscenza reciproca dei sistemi di giustizia penale.

Nella risoluzione del Consiglio relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati in procedimenti penali[2], il Consiglio afferma che “ Il tempo che una persona può trascorrere in stato di detenzione prima di essere sottoposta a giudizio e durante il procedimento giudiziario varia considerevolmente da uno Stato membro all’altro. Periodi di detenzione preventiva eccessivamente lunghi sono dannosi per le persone, possono pregiudicare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri e non corrispondono ai valori propugnati dall’Unione europea ”.

Il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare un Libro verde sulla custodia cautelare. Il presente Libro — che fa parte del pacchetto dei diritti procedurali — rappresenta la risposta della Commissione alla richiesta del Consiglio.

Il Libro verde riguarda l’interazione tra le condizioni della detenzione e gli strumenti del riconoscimento reciproco come ad esempio il mandato d’arresto europeo e la custodia cautelare e avvia un’ampia consultazione pubblica basata su dieci questioni enunciate nel Libro.

Il programma di Stoccolma[3] incoraggia la Commissione a riflettere sulla detenzione e sulle relative questioni : Il Consiglio europeo ritiene che occorra compiere sforzi per rafforzare la fiducia reciproca e rendere più efficace il principio del riconoscimento reciproco nel campo della detenzione. Dovrebbero proseguire le iniziative volte a promuovere lo scambio delle migliori prassi e andrebbe sostenuta l’attuazione delle regole penitenziarie europee, approvate dal Consiglio d’Europa. Si potrebbero anche esaminare questioni quali alternative alla reclusione, progetti pilota in materia di detenzione e migliori prassi per quanto riguarda la gestione delle carceri. La Commissione è invitata a proseguire le riflessioni su questo aspetto nell’ambito delle possibilità offerte dal trattato di Lisbona.

Per diversi anni il Parlamento europeo ha sollecitato la Commissione a intraprendere azioni su varie questioni nel settore della detenzione. Nella risoluzione sul programma di Stoccolma[4], il Parlamento europeo chiede la costruzione di uno spazio della giustizia penale UE da sviluppare, tra l’altro, attraverso norme minime relative alle condizioni delle carceri e dei detenuti e una serie di diritti comuni per i detenuti nell’UE . Ciò viene ribadito nella Dichiarazione scritta sulla violazione dei diritti fondamentali dei detenuti nell’Unione europea[5].

QUAL È L’INTERESSE DELL’UE IN QUESTO SETTORE?

Le questioni sulla detenzione, sia che si riferiscano ai detenuti in attesa di giudizio, sia che riguardino le persone condannate, rientrano nella competenza degli Stati membri. Tuttavia, l’Unione europea ha motivo per interessarsi a tali questioni, fatto salvo il principio di sussidiarietà.

Le questioni relative alla detenzione rientrano nell’ambito dell’Unione europea in primo luogo in quanto sono un aspetto rilevante dei diritti che devono essere salvaguardati per promuovere una fiducia reciproca e per assicurare il buon funzionamento degli strumenti per il reciproco riconoscimento e, in secondo luogo, poiché l’Unione europea deve difendere alcuni valori.

Per promuovere la reciproca fiducia, le priorità della Commissione nel settore della giustizia penale sono di rafforzare i diritti procedurali per mezzo di norme minime per indagati o imputati nei procedimenti penali. Il rispetto di un livello minimo di protezione dei diritti individuali nell’Unione è a beneficio dei cittadini di tutta l’Unione e aumenterà la fiducia reciproca necessaria per riequilibrare le misure adottate in materia di cooperazione giudiziaria che rafforzano i poteri di pubblici ministeri, tribunali e funzionari inquirenti.

A tale scopo, la Commissione ha elaborato un pacchetto di misure sui diritti procedurali di indagati e imputati[6] che contribuirà alla realizzazione della necessaria fiducia reciproca tra gli operatori del diritto, pur tenendo conto delle differenze tra tradizioni giuridiche e sistemi degli Stati membri.

La Commissione ha già sottolineato che il rispetto dei diritti fondamentali nell’ambito dell’UE è vitale per contribuire a creare una fiducia reciproca tra Stati membri. Una mancanza di fiducia nell’effettività dei diritti fondamentali negli Stati membri quando essi attuano il diritto dell’Unione ostacolerebbe il funzionamento e il rafforzamento degli strumenti di cooperazione nel settore della libertà, sicurezza e giustizia[7].

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta dell’UE) stabilisce una normativa alla quale tutti gli Stati membri devono conformarsi quando attuano il diritto dell’UE. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che condizioni inaccettabili di detenzione possono costituire una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo (CEDU). L’articolo 4 della Carta dell’UE è formulato in modo identico all’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e queste due disposizioni hanno lo stesso ambito di applicazione e lo stesso significato. L’articolo 19, paragrafo 2, della Carta dell’UE stabilisce inoltre che nessuno può essere consegnato a uno Stato in cui esista un elevato rischio di essere sottoposto tra l’altro a un trattamento inumano o degradante.

Nonostante il fatto che il diritto e le procedure penali di tutti gli Stati membri siano soggetti alle disposizioni della CEDU e debbano conformarsi alla Carta dell’UE quando applicano la normativa europea, ci sono ancora dubbi sul modo in cui le norme sono applicate nell’UE.

RELAZIONE TRA GLI STRUMENTI DI RICONOSCIMENTO RECIPROCO E LA DETENZIONE

Le condizioni di detenzione possono avere un impatto diretto sul buon funzionamento del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie. I detenuti in attesa di giudizio e quelli condannati hanno diritto a un ragionevole livello di condizioni di detenzione. Le carceri sovraffollate e le accuse di trattamento inadeguato dei detenuti possono deteriorare la fiducia sulla quale necessariamente si basa la cooperazione giudiziaria nell’Unione europea.

Il principio di riconoscimento reciproco si basa sull’idea di fiducia reciproca tra gli Stati membri. Le decisioni giudiziarie vanno riconosciute come equivalenti ed eseguite in tutta l’Unione europea, indipendentemente dal luogo in cui la decisione è stata emessa. Si presume che alla base i sistemi di giustizia penale nell’Unione europea, pur non essendo uguali, siano almeno equivalenti. Di norma le decisioni giudiziarie sono eseguite dai giudici nello Stato di esecuzione. Tali giudici devono verificare che la decisione iniziale sia stata presa giustamente (cioè che i diritti della persona non siano stati violati quando la decisione è stata presa) e che i diritti della persona saranno rispettati pienamente una volta che il soggetto sarà tornato in un altro Stato membro.

Senza reciproca fiducia nel settore della detenzione gli strumenti di reciproco riconoscimento nell’Unione europea che incidono sulla detenzione non funzioneranno adeguatamente, poiché uno Stato membro potrebbe fare resistenza nel riconoscere ed esegure la decisione adottata dalle autorità di un altro Stato membro. Potrebbe essere difficile sviluppare una stretta cooperazione giudiziaria tra Stati membri a meno che non vengano compiuti ulteriori sforzi per migliorare le condizioni di detenzione e promuovere alternative alla custodia cautelare.

Una serie di strumenti di riconoscimento reciproco sono potenzialmente interessati dalla questione delle condizioni di detenzione. Gli strumenti in questione sono le decisioni quadro del Consiglio sul mandato di arresto europeo, sul trasferimento dei detenuti, sul reciproco riconoscimento delle sanzioni alternative e della sospensione condizionale (probation) e sull’ordinanza cautelare europea.

Il mandato di arresto europeo (MAE) [8]

Il MAE prevede la consegna tra Stati membri di persone ricercate per essere processate o per l’esecuzione della pena in seguito a una condanna ed è pertanto rilevante per la detenzione sia nella fase che precede il giudizio che in quella successiva.

Sebbene il MAE abbia dimostrato di essere uno strumento molto utile per garantire che i delinquenti non possano attraversare i confini per eludere la giustizia, in particolare in relazione a reati gravi e relativi alla criminalità organizzata con dimensione transfrontaliera, la sua attuazione, compreso il principio fondamentale del reciproco riconoscimento sul quale è basato, deve rispettare i diritti fondamentali. L’articolo 1, paragrafo 3, del MAE prevede che gli Stati membri devono rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali, compreso l’articolo 4 della Carta dell’UE e l’articolo 3 della CEDU e non impone la consegna qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia persuasa, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, che detta consegna comporterebbe una violazione dei diritti fondamentali della persona per le inaccettabili condizioni detentive.

Tuttavia, il trattamento dei detenuti deve raggiungere un livello minimo di severità per rientrare nell’ambito dell’articolo 4 della Carta dell’UE e dell’articolo 3 della CEDU. Questo argomento viene regolarmente invocato nei procedimenti relativi al MAE nel caso in cui la consegna sia contestata poiché le condizioni di detenzione nello Stato emittente sono inadeguate.

Ad esempio : In una recente sentenza (parti: The Minister for Justice Equality and Law Reform c. Robert Rettinger) il 23 luglio 2010 la Irish Supreme Court ha riformato in appello una decisione presa dalla Irish High Court di consegna di una persona indagata soggetta a mandato d’arresto europeo a uno Stato emittente. La Supreme Court ha rinviato la causa alla High Court per riesaminarla tenendo conto di tutto il materiale a disposizione per stabilire previo un rigoroso esame se ci fosse un rischio effettivo che una persona consegnata potesse andare incontro a un trattamento in contrasto con l’articolo 3 della CEDU. Nella sua decisione la Irish Supreme Court ha fatto riferimento a una serie di casi trattati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sulle condizioni di detenzione e ha concluso che i denunzianti erano stati detenuti in condizioni disumane e degradanti.

In questo caso la consegna è stata contestata in base a motivazioni relative a questioni che riguardano la detenzione in quanto le condizioni nello Stato emittente sono state considerate non conformi alla Carta dell’UE e alle disposizioni della CEDU.

I problemi sorgono sia in fase pre-processuale che post-processuale[9]. L’autorità giudiziaria in casi particolari può considerare l’argomentazione relativa alla detenzione convincente e negare la consegna. Anche laddove l’esito non sia il rifiuto, “l’elevato livello di fiducia tra gli Stati membri” (citato in base al sistema MAE nel considerando 10 della decisione quadro) si deteriora laddove le autorità giudiziarie debbano ripetutamente ponderare questa fiducia con carenze accertate relative alla detenzione.

Tenuto conto del diritto a un processo rapido enunciato all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, nel caso in cui i periodi di custodia cautelare siano eccessivamente lunghi, gli Stati membri che eseguono i MAE possono opporsi all’uso di uno strumento designato per la rapida consegna di persone che devono essere processate qualora queste ultime rischino così di trascorrere mesi in attesa di un processo in un carcere straniero mentre sarebbero potute rimanere in patria fino a che le autorità dello Stato emittente fossero pronte per il processo.

Il trasferimento dei detenuti

La decisione quadro del Consiglio 2008/909/GAI del 27 novembre 2008[10] relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale dev’essere attuata entro il 5 dicembre 2011. Essa stabilisce un sistema di trasferimento dei detenuti condannati allo Stato membro di cui sono cittadini o in cui risiedono abitualmente (o in uno Stato membro con il quale hanno stretti legami). L’articolo 3, paragrafo 4, prevede che gli Stati membri devono rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali. Occorre agevolare la riabilitazione sociale del condannato garantendo che quest’ultimo sconti la pena in patria.

Ad esempio: Peter è cittadino dello Stato membro A, condannato per un reato nello Stato membro B, dove vive abitualmente, a due anni di carcere. Le autorità dello Stato membro B possono farlo ritornare nello Stato A per scontare la pena senza chiedere il suo consenso.

Nel caso in cui vengano accertate condizioni precarie di detenzione, o condizioni che rischiano di essere al di sotto delle norme minime previste dalle regole penitenziarie europee del Consiglio d’Europa, potrebbe esserci un ostacolo al trasferimento dei detenuti. Le persone condannate che non vogliono essere trasferite potrebbero sostenere che il trasferimento comporterebbe il rischio di venire sottoposti a un trattamento inumano o degradante.

La decisione quadro elimina la norma che prevedeva che la persona condannata debba dare il suo assenso al trasferimento. Ciò significa che occorre dare un’attenzione ancora maggiore alla possibile violazione dei diritti fondamentali successivi al trasferimento. Un migliore accesso all’informazione per quanto riguarda le condizioni di detenzione e i sistemi di giustizia penale in altri Stati permetterà di chiedere agli Stati di tener conto di tutti i fattori rilevanti prima di iniziare il trasferimento.

Sussiste il rischio che i trasferimenti possano essere utilizzati per alleggerire il sovraffollamento in uno Stato membro, eventualmente aggravando il sovraffollamento in un altro. Ciò potrebbe rappresentare un particolare problema nel caso in cui uno Stato membro avesse una percentuale elevata di detenuti che siano cittadini di un altro Stato membro, probabilmente trattandosi di uno Stato vicino.

La diversità tra ordinamenti degli Stati membri sull’esecuzione di sanzioni privative della libertà pone potenziali problemi per la riuscita dell’operazione della decisione quadro. Qualora una persona sia condannata in uno Stato membro a una pena detentiva che sarà eseguita in un altro è importante per tale persona sapere quanto della suddetta condanna dovrà scontare effettivamente. Gli Stati membri hanno normative diverse per quanto riguarda la liberazione condizionale o anticipata[11], e ciò potrebbe rappresentare un ostacolo ai trasferimenti qualora la persona interessata avesse quasi terminato di scontare una condanna più lunga nello Stato membro in cui sia trasferita rispetto a quello in cui è stata condannata. Sussiste il rischio che lo Stato di esecuzione abbia un sistema di scarcerazione anticipata meno generoso rispetto allo Stato emittente. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato[12] che in questo caso non era esclusa la possibilità che una pena detentiva di fatto palesemente più lunga nello Stato di esecuzione potesse dar luogo a una questione ai sensi dell’articolo 5 della CEDU (diritto alla libertà e alla sicurezza) e perciò impegna la responsabilità dello Stato emittente in base a questo articolo[13].

Sospensione condizionale e sanzioni alternative

La decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008[14], relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive dev’essere attuata entro il 6 dicembre 2011.

Tale decisione quadro si riferisce alla fase post-processuale. Essa applica il principio di riconoscimento reciproco a molte delle alternative alla detenzione e alle misure che agevolano la scarcerazione anticipata. L’articolo 1, paragrafo 4, prevede che gli Stati membri devono rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali. La decisione di sospensione condizionale o altre sanzioni alternative sarebbe eseguita in uno Stato membro diverso da quello in cui la persona è stata condannata e può essere eseguita in qualsiasi Stato membro purché l’interessato dia il suo assenso.

Ad esempio: Anna è cittadina dello Stato membro A, ma si trova in vacanza nello Stato membro B e viene condannata per un reato nello Stato membro B a eseguire un lavoro a favore della collettività invece di una pena detentiva. Può tornare al suo Stato membro d’origine e le autorità di quest’ultimo Stato sono tenute a riconoscere la condanna ad eseguire un lavoro a favore della collettività e a monitorare l’esecuzione da parte di Anna.

La decisione quadro applica il principio di riconoscimento reciproco a molte delle alternative alla detenzione e a misure che agevolino la scarcerazione anticipata. La sua corretta applicazione comporterebbe il fatto che le misure di sospensione condizionale e le alternative alla detenzione siano disponibili in tutti i sistemi giuridici nell’Unione. Tali misure pertanto devono essere promosse a livello dell’Unione per un’appropriata ed efficace applicazione delle norme da parte degli Stati membri.

Ordinanza cautelare europea (ESO)

La decisione quadro 2009/829/GAI del 23 ottobre 2009[15] sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare dev’essere attuata entro il 1° dicembre 2012. L’articolo 5 stabilisce che gli Stati membri devono rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali.

L’ordinanza cautelare europea riguarda la libertà provvisoria nella fase pre-processuale. Essa consentirà la possibilità di emanare una misura cautelare non detentiva, in base alla quale si potrà essere trasferiti dallo Stato membro, dove la persona non residente è indagata per aver commesso un reato, allo Stato membro dov’è la persona indagata è abitualmente residente. Ciò permetterà all’indagato di essere sottoposto a una misura cautelare non detentiva nello Stato membro d’origine fino a che il processo avrà luogo nello Stato membro straniero e pertanto prevede un modo di ridurre in futuro la custodia cautelare di cittadini non residenti dell’Unione europea.

Ad esempio: Hans, residente nello Stato membro A viene arrestato e accusato di un reato nello Stato membro B. Il relativo processo non inizierà prima di 6 mesi. Qualora egli fosse residente nello Stato membro B, il giudice sarebbe disposto a liberarlo dietro cauzione, a condizione che si presenti presso un commissariato, ma il giudice è restio poiché Hans vive in un altro Stato membro e ivi ritornerà in attesa del processo. Il giudice teme che Hans non ritornerà e che possa addirittura fuggire. In base all’ordinanza cautelare europea, il giudice può consentire ad Hans di tornare in patria, imponendo come condizione l’obbligo di comunicare il suo recapito, e può chiedere alle autorità dello Stato membro A di garantire che Hans si presenti al commissariato competente in base all’ordinanza emessa dal giudice dello Stato membro B.

L’ordinanza cautelare europea prevede vari tipi alternativi di misure cautelari al posto della custodia cautelare, come l’obbligo che la persona comunichi all’autorità competente dello Stato di esecuzione qualsiasi cambio di residenza al fine di ricevere una citazione a comparire in un’udienza o in un processo nel corso di un procedimento penale; il divieto di frequentare determinati luoghi definiti dallo Stato di emissione o di esecuzione; l’obbligo di rimanere in un luogo determinato, in determinati periodi; restrizioni rispetto alla possibilità di lasciare il territorio dello Stato di esecuzione; l’obbligo di presentarsi in determinati periodi presso una determinata autorità, l’obbligo di depositare una certa somma di denaro o di dare un altro tipo di garanzia o l’obbligo di sottoporsi a una disintossicazione.

Il sistema previsto con l’ordinanza cautelare europea è discrezionale per lo Stato membro emittente e ciò rende difficile prevedere in che modo verrà applicato dai giudici nazionali e come interagirà con il MAE. Inoltre, sussistono dubbi sulla frequenza con la quale utilizzare l’ordinanza cautelare europea.

La fiducia reciproca è essenziale per il buon funzionamento dell’ordinanza cautelare europea. Tuttavia, sussiste il rischio che lo strumento non sarà utilizzato uniformemente in tutti gli Stati membri, ma soltanto in quegli Stati tra i quali sussiste la fiducia reciproca.

L’uso di misure alternative alla custodia cautelare potrebbe essere incoraggiato. Con l’applicazione dell’ordinanza cautelare europea, si dovrebbe promuovere l’uso di misure alternative, come ad esempio la sorveglianza attraverso dispositivi elettronici per un’applicazione adeguata ed efficiente delle norme dell’ordinanza cautelare europea da parte degli Stati membri e per ridurre la custodia cautelare.

Attuazione

Prima che vengano attuate le decisioni quadro (rispettivamente nel 2011 e nel 2012) occorre stabilire se le condizioni di detenzione sono tali da consolidare la fiducia reciproca in modo tale che non vi siano ostacoli all’applicazione degli strumenti di riconoscimento reciproco.

È importante che gli Stati membri li recepiscano tempestivamente nella legislazione nazionale e li applichino correttamente. La Commissione è disposta a dare agli Stati membri assistenza e orientamenti sulle buone pratiche e continuerà i suoi seminari regionali di attuazione, iniziati nel 2010, considerandoli un aspetto importante del processo di attuazione.

QUESITI SUGLI STRUMENTI DI RICONOSCIMENTO RECIPROCO

1) Fase pre-processuale : Quali misure cautelari non detentive sono disponibili? Sono efficaci? Tali misure cautelari alternative alla custodia cautelare potrebbero essere promosse a livello dell’Unione europea? E, in caso affermativo, come?

2) Fase post-processuale : Quali sono nel suo ordinamento giuridico le misure alternative più importanti alla detenzione (come il lavoro a favore delle comunità o la sospensione condizionale ( probation ))? Sono efficaci? La libertà vigilata e le altre misure alternative alla detenzione potrebbero essere promosse a livello dell’Unione europea? E, in caso affermativo, come?

3) In che modo ritiene che le condizioni di detenzione possano incidere sul buon funzionamento del MAE? E cosa pensa del funzionamento della decisione quadro relativa al trasferimento dei detenuti?

LA QUESTIONE DELLA CUSTODIA CAUTELARE

La detenzione può essere disposta soltanto nel caso in cui venga osservato l’obbligo di rispettare il diritto alla libertà (articolo 5, paragrafo 1, della CEDU) che è strettamente connesso alla presunzione di non colpevolezza[16]. L’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dell’UE stabilisce che ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Anche l’articolo 6, paragrafo 2, della CEDU e l’ICCPR[17] contengono disposizioni sulla presunzione di non colpevolezza[18]. Nell’ambito del presente Libro verde la custodia cautelare comprende il periodo fino alla sentenza definitiva[19]. La custodia cautelare è una misura di natura eccezionale nei sistemi giudiziari di tutti gli Stati membri. Essa va applicata soltanto nel caso in cui tutte le altre misure vengano considerate insufficienti. In alcuni sistemi europei la custodia cautelare è perfino prevista da un precetto costituzionale e ciò dimostra una particolare attenzione nei confronti del diritto alla libertà, conformemente alla presunzione di non colpevolezza. Ciò limita le circostanze in base alle quali la custodia cautelare viene autorizzata e stabilisce criteri specifici e procedure per la sua utilizzazione. Ad esempio, essa si deve applicare soltanto nel caso in cui il giudice abbia stabilito che sussista un elevato rischio di fuga dell’imputato, una minaccia per la sicurezza dei cittadini, delle vittime o dei testimoni oppure un rischio di ostacolo alle indagini. Tuttavia, la condizione degli imputati detenuti dev’essere comunque monitorata e una eventuale istanza per ottenere la scarcerazione deve poter essere ripresentata durante tutto il corso del procedimento. Nella programmazione dei processi dev’essere data la precedenza ai casi di imputati detenuti. Il principio di proporzionalità in materia penale impone che le misure coercitive, come la custodia cautelare o le misure alternative alla detenzione si utilizzino soltanto quando siano strettamente necessarie e soltanto per il tempo necessario. Spetta alle autorità giudiziarie nazionali garantire che, in un determinato caso, la custodia cautelare di una persona accusata non superi un periodo ragionevole e sia conforme al principio di presunzione di non colpevolezza e al diritto alla libertà, pur soddisfacendo le esigenze delle indagini su reati.

La durata della custodia cautelare

Il periodo che una persona trascorre in custodia cautelare v aria sensibilmente da uno Stato membro all’altro. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo stabilisce che la custodia cautelare dev’essere considerata una misura eccezionale e che nei limiti del possibile occorre preferire misure cautelari non detentive. Tuttavia, in pratica le persone che non sono cittadini dello Stato membro in questione si trovano in posizione svantaggiata al momento di ottenere la scarcerazione dietro cauzione poiché presentano un rischio più elevato di fuga rispetto agli imputati che sono cittadini dello Stato membro in questione. Il risultato è che agli altri imputati viene regolarmente negata la scarcerazione e di conseguenza vengono privati del loro diritto alla libertà semplicemente perché sono meno vicini alla giurisdizione.

Alcuni paesi non hanno stabilito un limite massimo alla custodia cautelare. In alcuni, una persona può essere trattenuta in custodia cautelare fino a 4 anni[20]. I periodi eccessivamente lunghi di custodia cautelare sono gravemente nocivi per la persona e l’esistenza di un sistema di custodia cautelare di durata eccessiva in uno Stato membro in particolare, può deteriorare la fiducia reciproca.

Le autorità giudiziarie devono applicare la misura coercitiva meno rigorosa e più adeguata, cioè devono scegliere una misura alternativa rispetto alla custodia cautelare qualora sia sufficiente per eliminare i rischi di fuga o di reiterazione del reato. Tali autorità possono emettere un MAE per assicurarsi il ritorno di una persona ricercata che dev’essere processata e che è stata rilasciata e autorizzata a tornare nel suo Stato di residenza invece di essere detenuta in stato di custodia cautelare. Tale possibilità potrebbe consentire ai giudici di fare un uso più equilibrato della custodia cautelare, di liberare persone accusate di reati prive di una residenza stabile nella loro giurisdizione e pertanto di ridurre i periodi di custodia cautelare.

Infine, l’articolo 47 della Carta dell’UE e la CEDU[21] prevedono che chiunque ha diritto ad essere processato entro un termine ragionevole o ad essere scarcerato durante il procedimento e che la scarcerazione può essere condizionata a garanzie che assicurino la comparizione dell’interessato nel processo.

Riesame periodico dei motivi di custodia cautelare/termini massimi previsti dalla legge

Occorre chiedersi se le norme minime relative alle disposizioni in materia di riesame dei motivi di custodia cautelare e/o di termini massimi previsti dalla legge relativi alla custodia cautelare rafforzino la fiducia reciproca tra Stati membri.

Il diritto a un processo rapido e a una scarcerazione in fase pre-processuale (a meno che esistano motivi imperativi per mantenere la persona in custodia cautelare) rappresenta un diritto importante. Alcuni Stati membri hanno stabilito un termine di legge massimo per la custodia cautelare. L’articolo 5 della CEDU stabilisce il diritto a un ricorso giurisdizionale contro il provvedimento di custodia cautelare ai sensi dell’articolo 5 della CEDU; tale esigenza dev’essere interpretata come obbligo periodico per le autorità incaricate delle indagini e dell’azione penale di giustificare regolamente la proroga della detenzione preprocessuale dell’indagato.

La raccomandazione 2006-13 del Consiglio d’Europa[22] relativa alla custodia cautelare stabilisce le condizioni di quest’ultima e le garanzie contro gli abusi. Essa raccomanda misure di riesame periodico da parte di un’autorità giudiziaria dei motivi che giustificano il mantenimento dello stato di custodia cautelare per una persona.

La Commissione intende valutare se norme giuridicamente vincolanti, ad esempio norme minime dell’UE sul riesame periodico dei motivi che giustificano il mantenimento dello stato di custodia cautelare, potrebbero consentire di migliorare la fiducia reciproca.

QUESITI SULLA CUSTODIA CAUTELARE

4) Sussiste l’obbligo di scarcerare una persona accusata a meno che esistano motivi imperativi per mantenerla in custodia cautelare. Come si applica questo principio nell’ambito del suo ordinamento?

5) Le differenze esistenti tra Stati membri in relazione alle norme relative a) al termine di legge massimo di durata di custodia cautelare e b) la regolarità del riesame della detenzione preprocessuale possono costituire un ostacolo alla fiducia reciproca. Cosa ne pensa? Qual è il modo migliore per ridurre la custodia cautelare?

6) I giudici possono emettere un MAE per assicurarsi il ritorno di una persona ricercata che dev’essere processata, che è stata rilasciata e che è stata autorizzata a tornare nel suo Stato di residenza invece di essere detenuta in stato di custodia cautelare. Questa possibilità è già utilizzata dai giudici e in caso affermativo con quali modalità?

7) Sarebbe opportuno stabilire norme minime nell’ambito dell’Unione europea che regolano la durata massima della custodia cautelare e prevederne il riesame periodico per rafforzare la fiducia reciproca? In caso affermativo, quale sarebbe il modo migliore per realizzare quanto sopra? Quali altre misure potrebbero ridurre la custodia cautelare?

MINORI

I minori sono in una situazione particolarmente vulnerabile per quanto riguarda la custodia cautelare. Le misure privative della libertà hanno conseguenze estremamente negative per lo sviluppo equilibrato del minore e costituiscono un grave ostacolo al loro reinserimento nella società. Uno studio recente[23] evidenzia l’esistenza di differenze nel modo in cui i minori sono trattati nell’ambito di diversi ordinamenti giuridici. Nell’ambito dell’UE l’età minima per la quale il minore è ritenuto penalmente responsabile varia dall’età di 8 anni in Scozia all’età di 16 anni in Portogallo. In genere gli Stati membri hanno normative specifiche per i minori.

A livello internazionale sono state adottate una serie di misure per tutelare i diritti dei minori nei procedimenti penali, comprese quelle concernenti la detenzione. L’articolo 37 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo stabilisce che le misure dell’arresto e della detenzione di un fanciullo devono costituire un provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata più breve possibile. Ogni fanciullo sarà trattato in modo da tener conto delle esigenze delle persone della sua età e tenendo presente il fatto che è separato dagli adulti e ha il diritto di mantenere il contatto con la sua famiglia. Ogni fanciullo privato della propria libertà ha diritto ad accedere immediatamente all’opportuna assistenza giuridica e ha diritto a contestare dinanzi a un organo giurisdizionale o altra autorità competente la legittimità di qualsiasi privazione di libertà.

QUESITO SUI MINORI

8) Esistono misure alternative specifiche alla detenzione che potrebbero essere sviluppate in relazione ai minori?

CONDIZIONI DI DETENZIONE

Diverse sentenze emesse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo hanno evidenziato carenze in alcune carceri dell’Unione europea[24]. Nel programma di Stoccolma si afferma che […] dovrebbero proseguire le iniziative volte a promuovere lo scambio delle migliori prassi e andrebbe sostenuta l’attuazione delle regole penitenziarie europee, approvate dal Consiglio d’Europa. Si potrebbero anche esaminare questioni quali alternative alla reclusione, progetti pilota in materia di detenzione e migliori prassi per quanto riguarda la gestione delle carceri.

Attività svolte attualmente nell ’ambito dell’UE in relazione alla detenzione

La Commissione sostiene una serie di attività in relazione agli istituti penitenziari mediante vari programmi finanziari[25] Tali attività variano da studi sulle condizioni nelle carceri a progetti di tipo pratico sull’educazione e sulla formazione, compreso l’inserimento sociale e il reinserimento degli ex detenuti.

Monitoraggio delle condizioni di detenzione da parte degli Stati membri

Le buone condizioni di detenzione sono un prerequisito per la riabilitazione degli ex-detenuti. Diverse relazioni sulle condizioni di detenzione nelle carceri dell’UE evidenziano che alcuni di essi sono al di sotto delle norme internazionali e in particolare rispetto alle regole penitenziarie approvate dal Consiglio d’Europa e le norme minime standard dell’ONU per il trattamento dei detenuti[26].

Il Consiglio d’Europa, compresa la Corte europea dei diritti dell’uomo, il CPT e il comitato dei ministri si incaricano di elaborare le norme relative agli istituti penitenziari in Europa. Le norme contenute nelle regole penitenziarie europee, pur non essendo vincolanti, in linea di massima sono state adottate.

Il protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (OPCAT) del 2006, ha istituito un nuovo sistema di visite regolari ai luoghi di detenzione per prevenire i maltrattamenti ai detenuti. A livello nazionale, gli Stati che fanno parte dell’OPCAT[27] devono stabilire o designare meccanismi nazionali di prevenzione (NPM) per monitorare le carceri.

L’UE e il Consiglio d’Europa hanno finanziato congiuntamente un progetto che promuove la creazione in Europa di una rete attiva di meccanismi nazionali di prevenzione al fine di rafforzare l’interscambio tra gli addetti ai lavori e la riflessione critica.

La Commissione e il Consiglio d’Europa discutono regolarmente su come coordinare al meglio tali organismi di controllo in modo da evitare la duplicazione e rafforzare le sinergie. Nell’ambito dei meccanismi nazionali di prevenzione si ritiene che sia importante riunirsi regolamente nell’ambito di una rete informale per discutere sulle questioni riguardanti la detenzione, scambiandosi le migliori pratiche in questo settore. Inoltre, sarebbe opportuno incoraggiare i direttori delle carceri nell’Unione europea a incontrarsi regolarmente. Tuttavia, è evidente che non occorre creare una ulteriore rete di monitoraggio delle carceri. Nelle due tavole rotonde organizzate per riunire gli organismi nazionali di monitoraggio e i direttori, si è avvertito che il valore aggiunto dell’UE consisterebbe nel promuovere un miglior coordinamento delle varie reti.

QUESITO SUL MONITORAGGIO DELLE CONDIZIONI DI DETENZIONE

9) Come promuovere al meglio il controllo delle condizioni di detenzione da parte degli Stati membri? In che modo l’UE potrebbe incoraggiare le amministrazioni penitenziarie a lavorare in rete e a stabilire le migliori pratiche?

Regole penitenziarie europee

Le regole penitenziarie europee adottate dal Consiglio d’Europa nel gennaio 2006 contengono orientamenti globali sulla gestione delle carceri e sul trattamento dei detenuti. La finalità è quella di tutelare i diritti fondamentali dei detenuti in modo coerente con la legittima finalità della detenzione e creare le condizioni che debbano favorire il reinserimento dopo la scarcerazione.

Le regole penitenziarie europee non sono vincolanti, sebbene la Corte europea dei diritti dell’uomo si sia basata su di esse per esaminare le denunce sulle condizioni della detenzione. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo intende correggere le condizioni di detenzione eccessivamente negative in singoli casi, ma non è in grado di conseguire un’applicazione uniforme delle suddette regole in tutti gli Stati membri.

Tenuto conto della sua notevole esperienza e del suo lavoro in questo settore, il Consiglio d’Europa ha un ruolo essenziale. Le iniziative che l’Unione europea intraprenderà in questo settore potrebbero giocare un ruolo nell’assicurare standard equivalenti di detenzione per il buon funzionamento dei meccanismi di riconoscimento reciproco stabiliti nella sezione 3.

QUESITO SULLE NORME DI DETENZIONE

10) In che modo si potrebbe migliorare la promozione del Consiglio d’Europa e degli Stati membri nel loro sforzo teso a mettere in pratica buone condizioni di detenzione?

CONSULTAZIONE PUBBLICA

La Commissione si augura che questo Libro verde raggiunga un pubblico vasto e stimoli interesse in molti ambiti. Il documento contiene dieci quesiti e la Commissione ha interesse a ricevere contributi, osservazioni e risposte dagli operatori del diritto come giudici, pubblici ministeri e avvocati e altri operatori del diritto, direttori delle carceri, personale impiegato nei servizi sociali e nei servizi di sorveglianza, centri di detenzione preventiva e penitenziari, circoli accademici, ONG ed enti pubblici.

Le risposte vanno inviate entro il 30 novembre 2011 al seguente indirizzo di posta elettronica:

Commissione europea Direzione generale della Giustizia Unità B.1 — Diritto processuale penale MO59 – 3/68 BE – 1049 Bruxelles Belgio oppure al seguente indirizzo di posta elettronica:

JUST-CRIMINAL-JUSTICE@ec.europa.eu

Dichiarazione sulla protezione della privacy

Obiettivo e riferimento dell’elaborazione dei dati personali:

La Commissione registrerà ed elaborerà i vostri dati personali nella misura in cui sono necessari a dare un seguito al vostro contributo alla consultazione pubblica. I dati verranno gestiti conformemente alle disposizioni del regolamento (CE) n. 45/2001 concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati. I dati saranno registrati e memorizzati per il tempo necessario alle azioni di follow-up nel contesto del contributo fornito. Per motivi di trasparenza i contributi, ivi compresi i nominativi e la posizione occupata in seno all’organizzazione, saranno comunicati al pubblico, in particolare tramite il seguente indirizzo: http://[...].

Diritto di rettifica & responsabile del trattamento dei dati personali:

Se desidera ulteriori informazioni sul trattamento dei suoi dati personali o sull’esercizio dei suoi diritti (ad esempio, accesso a o rettifica di dati inesatti o incompleti) si prega di contattare: JUST-CRIMINAL-JUSTICE@ec.europa.eu

In ogni momento si ha il diritto di ricorrere al garante europeo della protezione dei dati: edps@edps.europa.eu

ALLEGATI

Tabella 1: POPOLAZIONE CARCERARIA NELL’UNIONE EUROPEA 2009-2010

Statistiche: La popolazione carceraria dell’Unione europea (Fonti: International Centre for Prison Studies — King’s College — Università di Londra è disponibile sul seguente sito:

http://www.kcl.ac.uk/depsta/law/research/icps/worldbrief/?search=europe&x=Europe

e Eurostat Statistics in focus — 58/2010)

Programma “Giustizia penale” (JPEN) | “Studio sulla detenzione nell’UE” “Custodia cautelare nell’Unione europea” | Il JPEN finanzia progetti relativi alla giustizia penale. Lo “Studio sulla detenzione nell’UE” è realizzato dall’ “Institute for International Research on Criminal Policy”, delle Università di Gand (BE) e di Tilburg (NL). Si tratta di una indagine empirica a livello dell’UE basata su questionari sulle condizioni di detenzione in tutti gli Stati membri. In esso vengono esaminate le condizioni, la durata dei periodi di detenzione, le disposizioni relative alla scarcerazione anticipata, alla salute dei detenuti, al mantenimento dell’ordine (osservanza delle norme internazionali) e ispezione e monitoraggio, e contiene una sezione speciale sui giovani. Ne è prevista la pubblicazione nell’estate del 2011. Lo studio “Pre-trial detention in the European Union, An Analysis of Minimum Standards in Pre-trial Detention and the Grounds for Regular Review in the Member States of the EU” è stato realizzato dalle Università di Tilburg (NL) e Greifswald (DE). Esso contiene un’analisi statistica e alcuni capitoli dedicati a ciascuno degli Stati membri dell’UE. |

“Pathways for Inclusion” | Conferenza europea sulla rieducazione nelle carceri | Nel febbraio 2010, la Commissione europea ha organizzato una Conferenza europea sulla rieducazione nelle carceri, intitolata “Pathways for Inclusion”. I risultati hanno contribuito a individuare percorsi per lo sviluppo futuro dei moduli di istruzione in carcere. |

Programma sull’apprendimento permanente (LLP) e Programma “Gioventù in azione” | Iniziative mirate alla riabilitazione del detenuto | L’istruzione e la formazione hanno un ruolo importante nelle strategie efficaci di riabilitazione, come anche le misure destinate ai giovani a rischio. I principali strumenti dell’UE sono il Programma sull’apprendimento permanente (LLP) e il Programma “Gioventù in azione”. Le iniziative mirate specificamente alla riabilitazione degli ex-detenuti rappresentano oltre 100 sovvenzioni per un importo complessivo pari a 12 milioni di EUR. |

Fondo sociale europeo | Sostegno al reinserimento professionale e sociale degli ex detenuti. | Il Fondo sociale europeo contribuisce al reinserimento sociale e professionale degli ex detenuti. L’idea comune è rappresentata dal fatto che il fattore più importante per ridurre la recidiva è che il detenuto possa avere un lavoro al momento della scarcerazione. Nel periodo 2007-2013 10 miliardi di EUR sono destinati ad azioni che promuovono il reinserimento sociale dei gruppi più svantaggiati, compresi detenuti ed ex detenuti. |

Iniziativa comunitaria EQUAL ecc. | Mira a rafforzare l’occupabilità degli ex detenuti | L’iniziativa comunitaria EQUAL mira a rafforzare l’occupabilità degli ex detenuti. È stata creata una rete di apprendimento per il reinserimento degli ex detenuti che riunisce 11 Stati membri e riceve finanziamenti fino al 2012. I Fondi Strutturali sono destinati a vari programmi per fornire possibilità di formazione professionale nei penitenziari. Si tratta di investimenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) in settori come la formazione professionale sul posto di lavoro e sono integrati da azioni del Fondo sociale europeo che contribuiscono al reinserimento degli ex detenuti nella società. |

Progetto “Peer-to-Peer II” | L’obiettivo è ridurre i maltrattamenti inflitti ai detenuti a livello nazionale in Europa | La Commissione europea, il Consiglio d’Europa e il fondo fiduciario “diritti dell’uomo”, creato recentemente, cofinanziano un progetto di ampia portata, il “Peer-to-Peer II Project” che comprende il finanziamento del progetto europeo dei meccanismi nazionali di prevenzione. L’obiettivo globale del progetto è quello di ridurre i maltrattamenti inflitti ai detenuti a livello nazionale. |

[1] In questo caso s’intende la detenzione come definita all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), b) e c) della CEDU per aver commesso un reato e non per altri scopi (come ad esempio la detenzione di migranti).

[2] Risoluzione relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali, (GU C 295 del 4.12.2010, pag. 1).

[3] GU C 115 del 4.4.2010, pag. 1.

[4] Risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2009 sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: "Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini" — Programma di Stoccolma, P7_TA(2009)0090.

[5] Dichiarazione scritta sulla violazione dei diritti fondamentali dei detenuti nell’Unione europea di europarlamentari del 14.2.2011.

[6] Le proposte riguarderanno il diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (direttiva 2010/64/UE adottata nell’ottobre 2010), il diritto all’informazione nei procedimenti penali, il diritto di accesso a un difensore, il diritto a comunicare durante la detenzione, la tutela delle persone indagate e imputate vulnerabili e l’accesso al patrocinio gratuito.

[7] “Strategia per un’attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, COM(2010) 573.

[8] Decisione del Consiglio del 13 giugno 2002 (GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1).

[9] V. relazione della Commissione sull’attuazione del MAE — COM(2011) 175 dell’11.4.2011.

[10] Decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 (GU L 327 del 5.12.2008, pag. 27).

[11] In alcuni Stati membri sono previste disposizioni per la liberazione anticipata automatica dei detenuti, altri hanno meccanismi discrezionali e altri hanno disposizioni che sono al tempo stesso discrezionali e automatiche. Esistono anche differenze nei meccanismi di controllo per le persone condannate scarcerate in anticipo e la possibilità (o meno) di ottenere sconti di pena grazie al lavoro svolto in carcere. Ci sono inoltre differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda il modo in cui le pene detentive possono essere scontate. Alcuni Stati hanno disposto che i detenuti scontino una pena detentiva nel fine settimana o ritornino in carcere la sera, mentre altri hanno previsto la reclusione diurna. Per contro, questi tipi di condanna non sono affatto disponibili in diversi Stati membri che prevedono invece la carcerazionie in senso più “tradizionale”.

[12] Decisione finale riguardo all’ammissibilità della domanda n. 28578/03 in Szabó v Sweden , 27 giugno 2006.

[13] V. Dirk van Zyl Smit and Sonja Snacken, Principles of European Prison Law and Policy (Principi del diritto penitenziario europeo e politica) . Penology and Human Rights (Diritto penale e diritti dell’uomo) , OUP, 2009, Chapter 8, Release (Scarcerazione) .

[14] Decisione 2008/947/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 (GU L 337 del 16.12.2008, pag. 102).

[15] Decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio del 23 ottobre 2009 (GU L 294 dell’11.11.2009, pag. 20).

[16] V. il Libro verde della Commissione sulla presunzione di non colpevolezza, COM(2006) 174 del 26 aprile 2006.

[17] Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

[18] Articolo 48, paragrafo 1, della Carta, articolo 14, paragrafo 2, dell’ICCPR.

[19] Come nella maggior parte degli Stati membri, la nozione di “custodia cautelare” nel Libro verde viene utilizzata in senso lato e comprende tutti i detenuti che non sono stati giudicati in modo definitivo.

[20] V. lo studio su "Pre-trial detention in the European Union, An Analysis of Minimum Standards in Pre-trial Detention and the Grounds for Regular Review in the Member States of the EU” realizzato dalle Università di Tilburg, Paesi Bassi, e Greifswald, Germania.

[21] Articolo 5, paragrafo 3, della CEDU.

[22] Adottata dal comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 27 settembre 2006.

[23] Documento Strasburgo del 6 giugno 2006, PC-CP (2006) 09, “Youth custody and the balance between education and punishment — an international comparison of developments and prospects” (Il carcere minorile tra rieducazione e pena — sviluppi e prospettive in base a un confronto internazionale) .

[24] Cfr., tra l’altro, le sentenze nelle cause Peers c. Grecia , 19 aprile 2001, Salejmanovic c. Italia , 16 luglio 2009, Orchowski c. Repubblica di Polonia , 22 gennaio 2010.

[25] Cfr. tabella 2.

[26] Raccomandazione del Consiglio d’Europa (2006)2 sulle norme penitenziarie europee e sulle norme minime standard dell’ONU per il trattamento dei detenuti (1995).

[27] I seguenti Stati membri hanno ratificato il Protocollo facoltativo il 2 febbraio 2011: CY, CZ, DK, EE, FR, DE, LU, MT, NL, PL, RO, SI, ES, SE e UK. I seguenti Stati membri hanno firmato il protocollo: AT, BE, BG, FI, IE, IT e PT.

[28] I dati per il Regno Unito sono indicati separatamente per i seguenti paesi: a) Inghilterra e Galles, b) Scozia e c) Irlanda del Nord per l’esistenza di tre giurisdizioni distinte.