52006DC0216

Comunicazione della Commissione - Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 - e oltre - Sostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano {SEC(2006) 607} {SEC(2006) 621} /* COM/2006/0216 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 22.5.2006

COM(2006) 216 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

ARRESTARE LA PERDITA DI BIODIVERSITÀ ENTRO IL 2010 — E OLTRESostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano{SEC(2006) 607}{SEC(2006) 621}

INDICE

1. Introduzione 3

2. Perché è importante la biodiversità? 5

3. Cosa accade alla biodiversità e perché? 5

4. Cosa è stato fatto finora e con quale efficacia? 7

5. Che cosa resta da fare? 12

ALLEGATO 1: EU Action Plan to 2010 and Beyond

ALLEGATO 2: EU Biodiversity Headline Indicators

1. INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni l’umanità ha tratto enormi benefici dallo sviluppo[1], che ha arricchito le nostre vite. Buona parte di questo sviluppo è stata tuttavia associata ad un calo della varietà e dell’estensione dei sistemi naturali – in altri termini, della biodiversità[2]. Questa perdita di biodiversità in termini di ecosistemi, specie e geni è particolarmente preoccupante, non solo per il valore intrinseco fondamentale della natura, ma anche perché comporta un calo dei “servizi ecosistemici” che i sistemi naturali offrono. Tra questi ricordiamo la produzione di cibo, combustibile, fibre e medicinali, l’effetto regolatore sull’acqua, l’aria e il clima, il mantenimento della fertilità del suolo, i cicli dei nutrienti. Sotto questo aspetto le problematiche della biodiversità sono parte integrante dello sviluppo sostenibile e sono elementi che contano per la competitività, la crescita e l’occupazione, oltre che per migliorare l'esistenza delle persone.

La recente valutazione Millennium Ecosystem Assessment (MA)[3] voluta dal Segretario generale delle Nazioni Unite ha evidenziato che la maggior parte dei servizi descritti è in calo, nell’UE e nel pianeta. La situazione è riassumibile in questi termini: stiamo spendendo il capitale naturale della Terra, mettendo così a rischio la capacità degli ecosistemi di provvedere al sostentamento delle generazioni future. È possibile contrastare questo calo, ma solo modificando radicalmente le politiche e le pratiche in uso.

L’UE ha assunto impegni significativi in questo campo. I capi di Stato e di governo dell’UE nel 2001 hanno deciso di arrestare “il deterioramento della diversità biologica [nell’UE] al fine di raggiungere questo obiettivo entro il 2010”[4] e di “ripristinare gli habitat e i sistemi naturali”[5]. Nel 2002 hanno condiviso la decisione di circa 130 leader mondiali di ridurre sensibilmente il tasso di perdita della biodiversità [a livello mondiale] entro il 2010[6]. I sondaggi condotti mostrano che le preoccupazioni per la natura e la biodiversità sono fortemente condivise dai cittadini dell’UE[7].

A livello comunitario le politiche generali per arrestare la perdita di biodiversità all’interno dell’UE sono ampiamente in atto. Gli obiettivi in materia di biodiversità risultano, ad esempio, integrati nella strategia per lo sviluppo sostenibile[8] e nel partenariato di Lisbona per la crescita e l’occupazione, oltre che in una vasta serie di politiche ambientali e settoriali. Nel 1998 è stata adottata una strategia comunitaria per la biodiversità[9], seguita, nel 2001, dai relativi piani d’azione[10]. La maggior parte degli Stati membri ha anche formulato, o lo sta facendo, strategie e/o piani di azione analoghi.

Nonostante gli importanti progressi realizzati e i primi segni di un rallentamento della perdita di biodiversità, la velocità e il grado di attuazione sono stati insufficienti e molta della nostra biodiversità è fortemente impoverita e continua a diminuire. È ancora possibile realizzare l’obiettivo fissato per il 2010, ma sarà necessario accelerare l’attuazione delle proposte sia in ambito comunitario che negli Stati membri.

In particolare vengono evidenziate due minacce per la biodiversità dell’UE. La prima riguarda l’utilizzo sconsiderato del territorio e lo sviluppo. Gli Stati membri hanno una particolare responsabilità perché, migliorando la pianificazione, possono conciliare le esigenze di utilizzo del territorio e di sviluppo con quelle di conservazione della biodiversità e di mantenimento dei servizi ecosistemici. La seconda concerne l’impatto sempre più forte dei cambiamenti climatici sulla biodiversità. Questa situazione rafforza l’urgente necessità di intervenire con efficacia sulle emissioni dei gas serra anche oltre gli obiettivi stabiliti nel protocollo di Kyoto. È inoltre necessario sostenere l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici, garantendo allo stesso tempo che i provvedimenti per l’adattamento e l’attenuazione dei cambiamenti climatici non rappresentino essi stessi un pericolo per la biodiversità.

I risultati ottenuti a livello mondiale non sono incoraggianti e si avverte il rischio reale di non riuscire a rispettare l’obiettivo globale del 2010. L’UE ha le sue responsabilità in questo. Il nostro stile di vita ci rende fortemente dipendenti dalle importazioni dai paesi in via di sviluppo: la produzione e il trasporto di questi beni possono spesso accelerare la perdita di biodiversità. Se vogliamo fare la differenza, dobbiamo renderci credibili tutelando la biodiversità dell’UE e raddoppiando, al contempo, i nostri tentativi di tutelare la biodiversità a livello mondiale con gli aiuti allo sviluppo, le relazioni commerciali e la governance internazionale.

La presente comunicazione evidenzia l’ampiezza del problema ed esamina l’adeguatezza delle soluzioni che l’UE ha proposto finora. In seguito individua i principali settori di intervento, i relativi obiettivi e le misure di sostegno necessarie per conseguire gli obiettivi del 2010 e intraprendere la strada del recupero della biodiversità. Tutte queste considerazioni si traducono in obiettivi ed azioni specifici illustrati nel piano d’azione dell’UE fino al 2010 e oltre ( EU Action Plan to 2010 and Beyond ), allegato al presente documento. Il piano è destinato alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri e individua le responsabilità di ciascun soggetto chiamato a intervenire. Il piano è fondato sulla consultazione di esperti di numerosi settori e del pubblico, che lo sostengono ampiamente.

Infine, l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 non deve essere un fine in sé. La Commissione intende avviare un dibattito in merito ad una visione di lungo termine entro la quale inquadrare le politiche future riguardanti il tipo di natura che desideriamo per l’UE e il ruolo dell’UE nella salvaguardia della natura in tutto il pianeta.

2. PERCHÉ È IMPORTANTE LA BIODIVERSITÀ?

Ci si può chiedere se sia un problema portare all’estinzione un numero sempre più elevato di specie e se l’ingegno umano e la tecnologia non possano trovare dei sostituti per i servizi ecosistemici perduti.

Per molti la perdita di specie e di habitat naturali è un problema perché, sotto il profilo etico, ritengono che l’umanità non abbia il diritto di decidere del destino della natura. In termini più concreti, la natura ha un valore per il piacere e l’ispirazione che infonde e seppure sia difficile quantificarlo, nondimeno rappresenta la base per buona parte del settore turistico e ricreativo.

Da un punto di vista economico la biodiversità apporta benefici per le generazioni attuali e per quelle future grazie ai servizi offerti dagli ecosistemi, quali la produzione di cibo, combustibile, fibre e medicinali, l’effetto regolatore sull’acqua, l’aria e il clima, il mantenimento della fertilità del suolo, i cicli dei nutrienti. È difficile attribuire un valore monetario preciso a questi servizi su scala mondiale, ma le stime dicono che si tratta di centinaia di miliardi di euro l’anno. Essi sono inoltre alla base della crescita, dell’occupazione e del benessere dell’UE. Nei paesi in via di sviluppo rappresentano un elemento determinante per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio (i Millennium Development Goals ). Eppure, secondo la valutazione MA, circa due terzi di questi servizi sono in calo nel mondo, messi in pericolo dall’eccessivo sfruttamento e dalla perdita di quella ricchezza di specie che ne assicura la stabilità.

A riprova di questo calo si possono citare fenomeni quali la drastica diminuzione degli stock ittici, la perdita diffusa di fertilità del suolo, le distruzioni delle popolazioni di impollinatori e la minor capacità di ritenzione delle acque di esondazione dei nostri fiumi. C’è un limite al grado in cui l’ingegno umano e la tecnologia possono sostituirsi a questo sistema naturale di supporto alla vita e anche dove ci riescono, spesso i costi superano quelli degli interventi di conservazione. Oltrepassata una certa soglia, è spesso molto difficile, se non impossibile, ripristinare gli ecosistemi: l’estinzione è un fenomeno definitivo e l’umanità non è in grado di sopravvivere senza questo sistema di sostentamento della vita.

3. COSA ACCADE ALLA BIODIVERSITÀ E PERCHÉ?

3.1. Situazione della biodiversità e tendenze

Secondo la MA, gli ecosistemi europei hanno subito una maggiore frammentazione di origine antropica rispetto a quelli di tutti gli altri continenti. Per citare un esempio, solo l’1-3% delle foreste dell’Europa occidentale può essere definito “indisturbato dalla presenza umana”: dagli anni ‘50 l’Europa ha perduto oltre la metà delle terre umide e dei terreni agricoli a più alto valore naturalistico, senza contare che molti ecosistemi marini dell’UE sono degradati. Per quanto riguarda le specie, il 42% dei mammiferi autoctoni dell’Europa, il 43% degli uccelli, il 45% dei lepidotteri, il 30% degli anfibi, il 45% dei rettili e il 52% dei pesci di acqua dolce sono minacciati di estinzione; inoltre, la maggior parte dei principali stock ittici marini è al di sotto della soglia biologica di sicurezza e circa 800 specie vegetali europee sono a rischio di estinzione globale. Inoltre, sono in atto cambiamenti ancora sconosciuti ma potenzialmente significativi nelle forme di vita inferiori, compresa la diversità di invertebrati e di popolazioni microbiche. Infine, molte specie un tempo comuni oggi presentano una diminuzione della popolazione. Questa perdita di specie e il calo in termini numerici sono spesso abbinati ad una perdita sensibile di diversità genetica.

Su scala mondiale, la perdita di biodiversità è ancora più preoccupante.[11] Dalla fine degli anni ‘70 è stata distrutta una superficie di foresta pluviale tropicale più ampia dell’UE, in massima parte per ricavarne legno, per praticare colture come la palma da olio e la soia e per allevare bestiame; ogni 3-4 anni viene distrutta una superficie equivalente a tutta la Francia. Anche altri ecosistemi come le terre umide, le zone aride, le isole, le foreste temperate, le foreste di mangrovie e le barriere coralline stanno subendo perdite di pari entità. Le specie oggi si estinguono a una velocità circa 100 volte superiore a quella che si può desumere dai resti fossili e si prevede che possa accelerare, con la minaccia concreta di una nuova “estinzione di massa” di proporzioni mai viste dalla scomparsa dei dinosauri.

3.2. Pressioni e fattori che determinano la perdita di biodiversità

I principali fattori di pressione e le cause che determinano questo fenomeno sono ormai ben noti. La pressione principale è rappresentata dalla frammentazione, dal degrado e dalla distruzione degli habitat causati dal cambiamento nell’utilizzo del suolo che, a sua volta, è dato dalla conversione, dall’intensificazione dei sistemi di produzione, dall’abbandono delle pratiche tradizionali (che spesso erano compatibili con la biodiversità), dalle opere di edificazione e da calamità varie tra le quali gli incendi. Altri fattori di pressione importanti sono l’eccessivo sfruttamento, la diffusione di specie esotiche invasive e l’inquinamento. L’importanza relativa di questi fattori di pressione varia da un luogo all’altro e molto spesso vari fattori agiscono in concomitanza.

Su scala mondiale due sono le cause che scatenano questi fattori di pressione: la crescita demografica e l’aumento dei consumi pro capite. Si prevede che queste cause andranno ad intensificarsi notevolmente, esercitando maggiori pressioni soprattutto sulle foreste tropicali, su altri ecosistemi tropicali e sugli ecosistemi di montagna. Anche se questi fattori sono meno importanti ai fini della perdita di biodiversità nell’UE, ci si aspetta che anche nell’UE varie pressioni aumenteranno, compresa la domanda di alloggi e di infrastrutture di trasporto.

Altri fattori importanti a livello mondiale sono gli insuccessi in termini di governance e il mancato riconoscimento, da parte dell’economia tradizionale, del valore economico del capitale naturale e dei servizi ecosistemici.

A queste cause si aggiungono i cambiamenti climatici, i cui effetti sulla biodiversità (come il cambiamento dei modelli di distribuzione, migrazione e riproduzione) sono già osservabili. In Europa entro il 2010 le temperature medie dovrebbero aumentare di un valore compreso tra 2oC e 6,3oC rispetto alle temperature del 1990 e questo fatto potrebbe avere effetti significativi sulla biodiversità.

Infine anche la globalizzazione, compreso il commercio europeo, aumenta le pressioni esercitate sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici nei paesi in via di sviluppo e nell’UE, ad esempio con la maggiore domanda di risorse naturali, con il contributo alle emissioni di gas serra e favorendo la diffusione di specie esotiche invasive.

4. COSA È STATO FATTO FINORA E CON QUALE EFFICACIA?

Questo capitolo passa in rassegna i risultati ottenuti nell’attuazione della strategia comunitaria per la biodiversità e dei relativi piani d’azione, e in questo senso è adempiuto l’obbligo di riferire al Consiglio e al Parlamento in merito. Le informazioni riportate si basano sul riesame della politica in materia di biodiversità svolto nel 2003–2004[12] e tengono conto degli sviluppi successivi.

4.1. L’approccio dell’UE alla politica sulla biodiversità

L’approccio politico dell’UE riconosce che la biodiversità non è diffusa uniformemente e che alcuni habitat e specie sono più a rischio di altri. Per questo attribuisce particolare importanza alla creazione e alla protezione di una rete consistente di siti a elevato valore naturalistico: la rete Natura 2000. Questo approccio riconosce però anche che gran parte della biodiversità si trova al di fuori di questi siti. L' intervento piu' ampio sull’ambiente al di fuori della rete Natura 2000 e' garantito dalle politiche specifiche sulla natura (con le azioni a favore delle specie minacciate e della connettività della rete Natura 2000, per esempio) e dall’integrazione delle esigenze in termini di biodiversità nelle politiche agricola, della pesca e in altri settori.

Sulla scena internazionale l’UE si è occupata principalmente di rafforzare la Convenzione sulla Diversità Biologica e altri accordi in materia di biodiversità, tentando di farli attuare e di intervenire a favore della biodiversità con l’assistenza esterna. L’UE ha attivamente regolamentato il commercio insostenibile delle specie minacciate e ha promosso sinergie tra l’Organizzazione Mondiale del Commercio e gli accordi multilaterali in campo ambientale. Fino ad oggi alla biodiversità è stata riservata un’attenzione relativamente limitata nell’ambito degli accordi commerciali bilaterali e multilaterali.

4.2. La biodiversità nell’ambito della politica interna dell’UE

4.2.1. Salvaguardia degli habitat e delle specie più importanti

La base dell’intervento dell’UE in questo campo è rappresentata da due direttive, quella sugli uccelli selvatici[13] e quella sugli habitat[14] (che, insieme, costituiscono le “direttive sulla natura”). Pur non essendo state attuate interamente in tutti gli Stati membri, si sono registrati sensibili progressi nella designazione dei siti della rete Natura 2000, una rete composta di siti contenenti aree “sufficienti” dei 200 tipi di habitat più importanti dell’UE. La rete oggi copre circa il 18% del territorio dell’UE-15 e l’ampliamento agli Stati dell’UE-10 è in fase avanzata. Piani d’azione concepiti appositamente per determinate specie si stanno rivelando positivi per alcune delle specie più minacciate dell’UE.

Tra i problemi insoluti figura la sostanziale assenza di siti Natura 2000 nell’ambiente marino, gli impatti dannosi delle attività di sviluppo sui siti Natura 2000 e la scarsa disponibilità di fondi per una gestione efficace dei siti e per le azioni di sostegno. Tutti i benefici della rete in termini di biodiversità e servizi ecosistemici si faranno sentire solo quando i problemi che ancora rimangono in sospeso saranno affrontati nella loro interezza.

Le regioni più remote e i paesi e i territori d’oltremare degli Stati membri presentano una biodiversità d’importanza internazionale, ma gran parte di queste zone non rientra nelle direttive sulla natura.[15]

4.2.2. Integrazione della biodiversità nella strategia per lo sviluppo sostenibile, nel partenariato di Lisbona per la crescita e l’occupazione e nella politica ambientale

La conservazione della biodiversità rientra fra gli obiettivi principali della strategia per lo sviluppo sostenibile e del sesto programma d’azione per l’ambiente[16]. È stata inoltre ritenuta un elemento importante che può contribuire alla crescita e all’occupazione dell’UE (due terzi degli Stati membri affrontano questo tema nei rispettivi programmi nazionali di riforma nell’ambito della strategia di Lisbona). Anche i rilevanti progressi avvenuti nella politica ambientale stanno apportando benefici alla biodiversità: i successi più evidenti sono stati la riduzione degli impatti dell’inquinamento da fonti puntuali, come quelli prodotti dalle acque reflue urbane che incidono sullo stato ecologico dei fiumi. Gli inquinanti diffusi, come le sostanze eutrofizzanti trasportate dal'aria, rimangono invece un problema importante. Le più recenti direttive quadro e strategie tematiche nei settori delle acque, dell’aria, dell’ambiente marino, del suolo, delle risorse naturali, dell’ambiente urbano e dei pesticidi (di prossima presentazione) dovrebbero garantire ulteriori progressi, quando attuate.

4.2.3. Integrazione della biodiversità nella politica agricola e nella politica di sviluppo rurale

Poiché gestisce un’ampia parte del territorio dell’UE l’agricoltura aiuta a conservare i geni, le specie e gli habitat. Negli ultimi decenni, tuttavia, l’intensificazione e la specializzazione, unite alla marginalizzazione e al sotto-utilizzo dei terreni, hanno determinato una notevole perdita di biodiversità. La politica agricola comune (PAC), unita ad una più ampia dinamica di sviluppo del settore agricolo, è stata una dei fattori trainanti di questi processi, ma dal 1992 è stata adattata per integrare con maggiore efficacia le esigenze della biodiversità. L’incentivo all’utilizzo di misure agro-ambientali, di buone pratiche agricole, dell’agricoltura biologica e il sostegno alle zone svantaggiate hanno avuto ripercussioni positive sulla diversità dei terreni agricoli. La riforma della PAC del 2003 promuove questi e altri provvedimenti a favore della biodiversità. Benefici indiretti dovrebbero inoltre derivare dagli interventi previsti nell’ambito della politica di mercato e dei redditi, compresa la condizionalità obbligatoria, il pagamento unico all’azienda agricola (disaccoppiamento) e la modulazione.

Il nuovo regolamento sullo sviluppo rurale[17] stabilisce anche un maggiore sostegno alla rete Natura 2000, mantiene le misure agroambientali e le indennità per le zone caratterizzate da svantaggi naturali e propone una serie di provvedimenti a sostegno della gestione sostenibile dei boschi e delle foreste (alcuni dei quali concepiti appositamente per incrementarne il valore ecologico), come le indennità per interventi silvoambientali. La possibilità di sfruttare al massimo tutti i benefici di queste misure dipenderà dall’applicazione che ne faranno gli Stati membri e dai finanziamenti disponibili.

4.2.4. Integrazione nella politica della pesca

Le attività della pesca e dell’acquicoltura all’interno dell’UE hanno avuto impatti dannosi sia sugli stock ittici pescati a fini commerciali sia sugli habitat e sulle specie non bersaglio. Negli ultimi anni c’è stato un certo progresso per l’integrazione della biodiversità nella politica della pesca, ma è ancora prematuro valutarne l’efficacia. La riforma della politica comune della pesca[18], tuttavia, consentirà, quando sarà applicata del tutto, di ridurre la pressione esercitata dalla pesca, migliorerà la situazione degli stock ittici pescati e tutelerà meglio gli habitat e le specie non bersaglio.

4.2.5. Integrazione nella politica di sviluppo regionale e territoriale

Le direttive sulla natura e la direttiva sulla valutazione d’impatto ambientale (VIA)[19] impongono di tener conto dei potenziali impatti di alcuni sviluppi regionali e territoriali; tra i vari elementi da considerare vi sono le soluzioni alternative e la concezione di misure intese a prevenire e ridurre gli impatti negativi. Si è rivelato, ad esempio, molto utile procedere a valutazioni ambientali accurate nelle primissime fasi del processo decisionale, ma purtroppo spesso queste valutazioni vengono effettuate troppo tardi o sono di scarsa qualità. La recente introduzione della valutazione ambientale strategica (VAS)[20], applicabile ad alcuni piani e programmi, dovrebbe aiutare a conciliare le esigenze di conservazione con quelle di sviluppo garantendo che gli impatti vengano presi in considerazione in una fase precoce del processo di pianificazione.

4.2.6. Controllo delle specie esotiche

Le specie esotiche invasive sono classificate come uno degli obiettivi prioritari di intervento nell’ambito del sesto programma d’azione per l’ambiente. Pur avendo destinato finanziamenti ad alcuni programmi locali di eradicazione attraverso il programma LIFE, la Comunità non dispone ancora di una strategia globale in materia e per questo sono state avviate attività su questo tema.

4.3. La biodiversità nella politica esterna dell’UE

4.3.1. Governance internazionale

L’UE svolge un ruolo attivo nel contesto della governance internazionale nel campo della biodiversità. La Commissione e gli Stati membri ritengono tuttavia che sia necessario rafforzare sensibilmente l’attuazione della Convenzione sulla Diversità Biologica. L’UE sta inoltre attuando con determinazione una serie di altri accordi internazionali connessi alla biodiversità e promuove sinergie tra di essi.

4.3.2. Assistenza esterna

Gli Stati membri hanno un posto di primo piano fra i donatori del Global Environment Facility , lo strumento finanziario ambientale che sostiene progetti a favore della biodiversità. Questi finanziamenti, però, rappresentano meno di un centesimo del bilancio annuo totale destinato agli aiuti allo sviluppo da parte della Comunità e degli Stati membri. I risultati ottenuti nel tentativo di dare spazio alla biodiversità in questi bilanci sono stati deludenti, in particolare per la scarsa priorità attribuita spesso alla biodiversità rispetto ad altre esigenze altrettanto urgenti.

Tuttavia, la Comunicazione della Commissione sulla coerenza della politica per lo sviluppo[21] specifica che: “L’UE dovrebbe aumentare gli stanziamenti destinati alla biodiversità e potenziare le misure volte ad integrare la biodiversità negli aiuti allo sviluppo.” Questo obiettivo ambizioso si ritrova nella nuova politica di sviluppo dell’UE[22] (il “Consenso europeo” sulla cooperazione allo sviluppo) e nella politica di vicinato[23].

4.3.3. Commercio internazionale

Si è cominciato ad affrontare l’impatto del commercio del legno sulle foreste tropicali[24], ma si è fatto poco per affrontare altre cause della deforestazione legate agli scambi. Sono stati ottenuti alcuni risultati sul commercio delle specie selvatiche, grazie all’impegno attivo nell’ambito della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche (CITES). Più in generale, l’UE ha incentivato l’integrazione degli aspetti ambientali negli scambi internazionali (ad esempio attraverso le attività sulle valutazioni d’impatto della sostenibilità legata al commercio) e si è unita agli sforzi internazionali per limitare modelli di produzione e di consumo insostenibili, anche se con pochi risultati concreti per la biodiversità fino ad oggi.

4.4. Misure di sostegno

4.4.1. Conoscenze

Il Sesto programma quadro[25], integrato dai finanziamenti alla ricerca degli Stati membri, è servito a rafforzare un approccio europeo alla ricerca sulla biodiversità, sull'uso del suolo e sul cambiamento climatico e a migliorare il supporto scientifico alle politiche per l’UE e le regioni partner, in particolare quelle dei paesi in via di sviluppo. Serve però ben altro per colmare le lacune critiche in termini di conoscenze. La Piattaforma Europea per la Strategia di Ricerca sulla Biodiversità ha presentato un’utile analisi delle esigenze di ricerca. La recente proposta relativa al Settimo Programma Quadro[26] offre l’opportunità di far fronte a queste esigenze con la cooperazione, infrastrutture nuove e la creazione di capacità.

La MA ha avuto un peso determinante nel portare all’attenzione del mondo politico e dei cittadini l’attuale stato e le tendenze che si registrano in tutto il pianeta per quanto attiene alla biodiversità e ai servizi ecosistemici. Si tratta di una valutazione sicuramente importante, ma per ora non esiste alcun meccanismo in grado di garantirne un riesame e un aggiornamento periodici.

4.4.2. Sensibilizzazione e impegno del pubblico

Le istituzioni comunitarie, gli Stati membri e la società civile hanno intrapreso molte attività in questo senso, compresa l’adozione di direttive per l’esecuzione della convenzione di Århus e l’iniziativa che coinvolge svariati soggetti interessati, denominata “Countdown 2010”. Gli obiettivi fissati per il 2010 offrono un’ottica utile per dare maggiore visibilità politica a questo tema.

4.4.3. Monitoraggio e comunicazione dei dati

Si stanno facendo dei passi avanti per quanto riguarda la formulazione e la razionalizzazione di indicatori, il monitoraggio e la comunicazione delle informazioni. È stato scelto un indicatore sullo stato della biodiversità utilizzato come indicatore strutturale nel 2004 e come indicatore da titolo (indicatore headline) di sviluppo sostenibile nel 2005. La Commissione sta inoltre elaborando una serie di indicatori headline di biodiversità in collaborazione con l’Agenzia Europea dell’Ambiente, che si basa sugli indicatori adottati dalla Convenzione sulla Diversità Biologica. Sono anche in corso lavori per sviluppare approcci e strumenti di monitoraggio e per razionalizzare gli obblighi di comunicazione previsti dalle direttive sulla natura.

5. CHE COSA RESTA DA FARE?

5.1. Piano d’azione dell’UE fino al 2010 e oltre

Il riesame delle politiche avvenuto nel 2003-2004 è culminato in un’importante conferenza dei soggetti interessati tenutasi sotto la presidenza irlandese a Malahide, nel maggio del 2004, nel corso della quale è stato raggiunto un ampio consenso sugli obiettivi prioritari da conseguire per il rispetto degli impegni fissati per il 2010, indicati nel cosiddetto “Messaggio di Malahide"[27].

Partendo da questo consenso e dall’analisi presentata nei capitoli 2-4 precedenti, la Commissione ha individuato quattro settori prioritari di intervento e, in relazione a questi, dieci obiettivi prioritari. La Commissione ha inoltre individuato quattro misure di sostegno principali. Gli obiettivi e le misure di sostegno hanno ottenuto un forte consenso nell’ambito di una recente consultazione pubblica.[28]

La realizzazione degli obiettivi e delle misure di sostegno richiederà interventi specifici, che vengono definiti, con i rispettivi traguardi, nel “Piano d’azione dell’UE fino al 2010 e oltre” allegato alla presente comunicazione. Il piano d’azione specifica anche gli interventi e gli obiettivi in materia di monitoraggio, valutazione e comunicazione delle informazioni.

Il piano d’azione rappresenta un importante e inedito approccio alla politica UE sulla biodiversità, perché riguarda sia la Comunità che gli Stati membri, specificando il ruolo di ciascuno di essi in merito ad ogni azione proposta, e presenta un piano globale di azioni prioritarie finalizzate a raggiungere traguardi specifici nei tempi indicati. Il successo del piano dipenderà dal dialogo e dalla partnership che si instaureranno tra la Commissione e gli Stati membri e da un’applicazione comune.

Il piano d’azione risponde al recente invito avanzato dalla Convenzione sulla Diversità Biologica di definire le priorità di intervento in vista del 2010[29] e va inteso come complemento alla strategia comunitaria per la biodiversità e ai relativi piani d’azione. Gli Stati membri sono invitati ad adeguare le proprie strategie e i propri piani d’azione per tener conto di questo documento.

La Commissione propone che, previo esame del Consiglio e del Parlamento, l’attuazione del piano d’azione avvenga sotto la vigilanza del gruppo di esperti sulla biodiversità (BEG) già costituito, che dovrebbe anche garantire il coordinamento e la complementarità tra le azioni della Comunità e quelle degli Stati membri.

5.2. Quattro settori principali e dieci obiettivi prioritari

Questo punto introduce i quattro settori principali e i dieci obiettivi prioritari del piano d’azione, ne definisce l’ambito di applicazione e mette in evidenza alcune delle azioni più importanti individuate nel piano.

5.2.1. SETTORE 1: La biodiversità nell’UE

Obiettivi

1. Salvaguardare gli habitat e le specie più importanti dell’UE

Occorre intervenire a favore degli habitat e delle specie più importanti dell’UE per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e per incentivarne il recupero. Per gli habitat serve un maggiore impegno da parte degli Stati membri, che dovranno proporre, designare, tutelare e gestire con efficacia i siti Natura 2000. Essi devono anche rafforzare la coerenza, la connettività e la resilienza della rete, anche attraverso il sostegno alle aree protette a livello nazionale, regionale e locale. È necessario estendere l’uso di piani d’azione specifici per il recupero delle specie maggiormente minacciate dell’UE e occorrono misure simili per gli habitat e le specie delle regioni più remote dell’UE che non rientrano nelle direttive sulla natura[30].

2 . Conservare e ripristinare la biodiversità e i servizi ecosistemici nel contesto rurale dell'UE

3 . Conservare e ripristinare la biodiversità e i servizi ecosistemici nell’ambiente marino dell’UE

La rete Natura 2000 e la conservazione delle specie minacciate non saranno possibili, nel lungo termine, senza un ambiente terrestre, marino e di acqua dolce favorevole alla biodiversità. Tra le azioni più importanti citiamo: ottimizzare l’uso delle misure a disposizione nell’ambito della nuova PAC, soprattutto per prevenire l’intensificazione o l’abbandono di terreni agricoli, boschivi e foreste ad alto valore naturalistico, e sostenerne il ripristino; mettere in atto il piano d’azione sulle foreste di prossima pubblicazione, compresi provvedimenti per prevenire e combattere gli incendi boschivi; ottimizzare il ricorso alle misure già disponibili nell’ambito della nuova politica comune della pesca, in particolare per ripristinare gli stock ittici, ridurre gli effetti sulle specie non bersaglio e contenere i danni agli habitat marini; proseguire con l’attuazione delle principali direttive quadro in materia di ambiente e delle strategie tematiche che riducono le pressioni cui è sottoposta la biodiversità, in particolare migliorando la qualità delle acque dolci, dell’ambiente marino e dei suoli e riducendo la pressione degli inquinanti diffusi (come le sostanze ad azione acidificante ed eutrofizzante trasportate dal'aria, i nitrati provenienti da fonti agricole ed i pesticidi).

4. Rafforzare la compatibilità tra lo sviluppo regionale e territoriale e la biodiversità all’interno dell’UE

Una migliore pianificazione a livello di Stati membri, regioni ed enti locali è la chiave per prevenire, ridurre al minimo e compensare gli effetti negativi dello sviluppo regionale e territoriale e aiuta a rendere tale sviluppo più compatibile con la biodiversità. A tal fine occorre tener conto delle esigenze della biodiversità “più a monte” nell’ambito del processo decisionale. Tra gli interventi principali ricordiamo: dare rilievo alla biodiversità nel contesto della VAS e della VIA; garantire che i finanziamenti comunitari a vantaggio dello sviluppo regionale favoriscano e non danneggino la biodiversità; creare partnership tra i responsabili della pianificazione, dello sviluppo e chi tutela la biodiversità.

5. Ridurre sensibilmente l’impatto delle specie esotiche invasive e dei genotipi esotici sulla biodiversità dell’UE

Si stanno già applicando varie misure per prevenire e ridurre la presenza di specie esotiche invasive, ma rimangono alcune lacune a livello di politiche; a tal fine sarebbe opportuno formulare una strategia globale dell’UE nonché azioni più specifiche, compreso un sistema di allarme rapido.

5.2.2. SETTORE 2: La biodiversità nell’UE e nel mondo

Obiettivi

6. Rafforzare sensibilmente l’efficacia della governance internazionale per la biodiversità e i servizi ecosistemici

7. Potenziare notevolmente il sostegno alla biodiversità e ai servizi ecosistemici nell’ambito dell’assistenza esterna dell’UE

8. Ridurre drasticamente l’impatto degli scambi internazionali sulla biodiversità e i servizi ecosistemici su scala planetaria

Se si vuole ottemperare all’impegno di ridurre drasticamente il tasso di perdita della biodiversità su scala mondiale entro il 2010 è necessario dare nuovo impulso all’intervento della Comunità e degli Stati membri. Serve un approccio più coerente da parte dell’UE, che garantisca una sinergia tra gli interventi in materia di governance , di scambi (compresi gli accordi bilaterali) e di cooperazione allo sviluppo. Per quanto riguarda la governance , l’UE dovrebbe incentrarsi di più su un’attuazione più efficace della Convenzione sulla Diversità Biologica ed i relativi accordi. In materia di assistenza esterna l’UE dovrebbe potenziare i finanziamenti destinati appositamente alla biodiversità e dare maggior importanza alla biodiversità nell’ambito dei programmi settoriali e geografici. Sotto il profilo degli scambi è particolarmente urgente adottare misure per combattere la deforestazione tropicale, compresi gli scambi delle merci che contribuiscono al fenomeno. La rapida attuazione del programma “Applicazione delle normative, governance e commercio nel settore forestale (FLEGT)”[31] può dare un contributo di rilievo a questo proposito. Infine, un intervento efficace nei paesi e nei territori d’oltremare degli Stati membri, particolarmente ricchi di biodiversità, è un fattore essenziale per la credibilità dell’UE sulla scena internazionale.

5.2.3. SETTORE 3: Biodiversità e cambiamenti climatici

Obiettivo

9. Sostenere l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici

Nel mondo politico e scientifico si concorda ormai ampiamente sul fatto che ha avuto inizio un periodo di cambiamenti climatici inevitabili e senza precedenti. L’impatto del fenomeno sulla biodiversità all’interno dell’UE è già quantificabile e i cambiamenti climatici possono, nel giro di pochi decenni, mettere a repentaglio i nostri tentativi di tutelare la biodiversità e farne un uso sostenibile.

Per attenuare i fattori che minacciano la biodiversità sul lungo periodo è necessario abbattere drasticamente le emissioni di gas serra. Dobbiamo ottemperare agli impegni di Kyoto e fissare obiettivi ben più ambiziosi in termini di emissioni globali per il periodo successivo al 2012 se vogliamo contenere l’aumento della temperatura media annua del pianeta a non più di 2oC al di sopra dei livelli pre-industriali.

Tutelando la biodiversità è possibile contenere le concentrazioni di gas serra in atmosfera, perché le foreste, le torbiere e altri habitat sono in grado di immagazzinare il carbonio. Serviranno anche politiche per agevolare l’adattamento della biodiversità alla costante evoluzione delle temperature e dei regimi idrici; ciò significa, in particolare, garantire la coerenza della rete Natura 2000. Occorre infine puntare a prevenire, ridurre al minimo e controbilanciare tutti i danni potenziali che potrebbero derivare alla biodiversità dalle misure di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.

5.2.4. SETTORE 4: La base di conoscenze

Obiettivo

10. Potenziare in maniera sostanziale la base di conoscenze per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità, all’interno dell’UE e nel mondo

Comprendere la biodiversità è una delle principali sfide scientifiche che l’umanità deve affrontare. È ormai diventato determinante rafforzare le nostre conoscenze in materia di biodiversità e di servizi ecosistemici, perché solo così in futuro sarà possibile perfezionare le nostre risposte politiche. In questo senso sarà necessario rafforzare (nel contesto del Settimo programma quadro e dei programmi di ricerca nazionali) lo Spazio Europeo della Ricerca, la sua dimensione internazionale, le infrastrutture di ricerca, l’interfaccia tra mondo scientifico e mondo politico e l’interoperabilità dei dati sulla biodiversità: tutto questo dovrebbe permettere di sfruttare le tecnologie emergenti nel campo dell’informazione e della comunicazione. Condizionatamente alla disponibilita' di fondi provenienti da esistenti risorse finanziarie, la Commissione istituirà un meccanismo UE per fornire pareri indipendenti, autorevoli e fondati sulla ricerca scientifica che daranno un contributo all’attuazione e alla formulazione di ulteriori politiche. In ambito internazionale l’UE dovrebbe individuare le modalità e gli strumenti necessari per potenziare l’offerta di pareri scientifici indipendenti ai fini della formulazione di politiche su scala mondiale, contribuendo, ad esempio, attivamente all’esame della MA prevista per il 2007 nell’ambito della Convenzione sulla Diversità Biologica e alle consultazioni in corso sulla necessità di migliorare i Meccanismi Internazionali della Conoscenza Scientifica sulla Biodiversita'.

5.3. Le quattro misure di sostegno principali

1. Garantire un finanziamento adeguato

Un finanziamento adeguato, sia per la rete Natura 2000 che per la biodiversità presente in siti non compresi nella rete, è una necessità. Le nuove prospettive finanziarie per il 2007-2013 aprono opportunità di finanziamento per la biodiversità e Natura 2000 nell’ambito del Fondo di sviluppo rurale[32], del Fondo di coesione e dei fondi strutturali[33], di Life+[34] e del Settimo Programma Quadro. Tuttavia, le riduzioni di bilancio previste dal Consiglio Europeo di dicembre[35] influenzeranno sicuramente le possibilità di finanziamento messe a disposizione della biodiversità all’interno di questi strumenti; ne consegue pertanto che le scelte di attuazione a livello nazionale saranno determinanti. La Comunità e gli Stati membri dovranno garantire, attraverso i cofinanziamenti comunitari e le risorse proprie degli Stati membri, un finanziamento adeguato del piano d’azione, in particolare con riferimento alla rete Natura 2000, ai terreni agricoli e forestali ad elevato valore naturalistico, alla biodiversità marina, alla biodiversità a livello planetario, alla ricerca nel campo della biodiversità, al monitoraggio e agli inventari. In ogni caso la disponibilita' delle risorse finanziarie comunitarie dovra' tener conto delle limitazioni di budget ed essere compresa nel nuovo Prospettive Finanziarie.

2. Rafforzare il processo decisionale dell’UE in materia di biodiversità

Per realizzare tale obiettivo è necessario: migliorare il coordinamento e la complementarità tra gli interventi della Comunità e quelli degli Stati membri, segnatamente attraverso il BEG; garantire che le politiche vigenti e nuove ed i bilanci (compresi quelli nell’ambito dei programmi nazionali di riforma nel contesto della strategia di Lisbona) tengano in debito conto le esigenze in termini di biodiversità; considerare i costi ambientali (inclusa la perdita di capitale naturale e di servizi ecosistemici) nel processo decisionale; migliorare la coerenza a livello nazionale tra vari piani e programmi che incidono sulla biodiversità e infine garantire che le decisioni adottate in ambito regionale e locale siano compatibili con gli impegni assunti ad alto livello a favore della biodiversità.

3. Creare partnership

Questa misura è finalizzata a creare partnership tra governi, mondo accademico, addetti alla conservazione, proprietari e utilizzatori dei terreni, settore privato, settore finanziario, settore dell’istruzione e dei media per individuare soluzioni al problema. A tal fine si potrà partire da disposizioni esistenti (come quelle previste nell’ambito della PAC e della PCP) o creare nuove partnership, anche al di fuori dell’UE.

4. Istruzione, sensibilizzazione e partecipazione del pubblico

In quest’ambito si tratterà di formulare e mettere in atto una strategia di comunicazione a sostegno del piano d’azione, a stretto contatto con l’iniziativa “Countdown 2010”, e di attuare la convenzione di Ǻrhus e le direttive connesse[36].

5.4. Monitoraggio, valutazione e revisione

La Commissione riferirà ogni anno al Consiglio e al Parlamento sui progressi realizzati per l’attuazione del piano d’azione; la prima relazione riguarderà il periodo compreso tra l’adozione della comunicazione e la fine del 2007.

La seconda relazione (che coprirà il periodo fino alla fine del 2008) comprenderà una valutazione intermedia sintetica dei progressi realizzati per il conseguimento degli obiettivi in vista del 2010.

La quarta relazione annuale (fino alla fine del 2010) valuterà in che misura l’UE ha ottemperato agli impegni fissati per il 2010. Il documento conterrà una valutazione qualitativa del grado di attuazione delle iniziative previste dal piano d’azione e di conseguimento degli obiettivi e verranno prese in esame le ipotesi di base e le eventuali iniziative mancanti. La valutazione si basera' anche su dati quantitativi relativi a una serie di indicatori headline per la biodiversità (cfr. allegato 2). Nel 2007 verrà elaborato un indice di biodiversità che sarà utilizzato come indicatore strutturale e di sviluppo sostenibile. La Commissione formulerà e applicherà tali indicatori e procederà al monitoraggio in associazione con gli Stati membri e la società civile.

La settima relazione annuale (fino alla fine del 2013) fornirà una valutazione analoga, riguardante anche tutti gli obiettivi post-2010 fissati nel piano d’azione.

Tutte queste valutazioni confluiranno nella valutazione definitiva del Sesto Programma d’Azione per l’Ambiente, nella revisione delle politiche settoriali e dei bilanci del periodo 2007-2013, nonché nelle politiche e nei bilanci per il periodo successivo al 2013.

5.5. Una visione a più lungo termine per la biodiversità e l’UE: un quadro di riferimento per le politiche comunitarie

Per concludere, arrestare la perdita di biodiversità e avviarne il recupero sono obiettivi importanti. Occorre tuttavia guardare oltre il 2010 e pensare ad una visione a più lungo termine per inquadrare le politiche. Tale visione dovrebbe riconoscere il fatto che siamo interdipendenti con la natura e che serve un nuovo equilibrio tra sviluppo e conservazione dell’ambiente naturale. La Commissione avvierà un dibattito su questo tema.

[1] Cfr., ad esempio, l’andamento dell’Indice di sviluppo umano, in UNDP Human Development Report 2005.

[2] Segretariato della Convenzione sulla Diversità Biologica (2006), Global Biodiversity Outlook 2 .

[3] http://www.maweb.org

[4] Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Göteborg del 15 e 16 giugno 2001.

[5] COM (2001) 264 def.

[6] Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, Piano di attuazione.

[7] Speciale Eurobarometro 217 (2005).

[8] COM (2001) 264 def.

[9] COM (1998) 42 def.

[10] COM (2001) 162 def.

[11] Segretariato della Convenzione sulla Diversità Biologica (2006) op. cit.

[12] Altre informazioni sono contenute nei documenti di audit della conferenza di Malahide, sul sito della DG Ambiente su Europa: http://europa.eu.int/comm/environment/nature/biodiversity/develop_biodiversity_policy/malahide_conference/index_en.htm

[13] Direttiva 79/409/CEE, GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1, modificata dal regolamento (CE) n. 807/2003, GU L 122 del 6.5.2003, pag. 36.

[14] Direttiva 92/43/CEE, GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7, modificata dalla direttiva 97/62/CE, GU L 305 dell’8.11.1997, pag. 42.

[15] Sono invece comprese le Azzorre, Madeira e le Canarie.

[16] Decisione n. 1600/2002/CE, GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1.

[17] Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, GU L 277 del 21.10.2005, pag. 1.

[18] COM(2001)135 def.

[19] Direttiva 85/337/CEE, modificata dalla direttiva 97/11/CE, GU L 73 del 14.3.1997, pag. 5.

[20] Direttiva 2001/42/CE, GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30.

[21] COM (2005) 134 def.

[22] COM (2005) 311 def.

[23] COM (2003) 104 def., COM (2004) 373 def.

[24] COM (2003) 251 def.

[25] Decisione n. 1513/2002/CE, GU L 232 del 29.8.2002, pag. 1.

[26] COM (2005) 119 def.

[27] Consultare: la relazione sulla conferenza nel sito della DG Ambiente sul sito Europa.

[28] Pagina sulle consultazioni della DG Ambiente sul sito Europa.

[29] Segretariato della Convenzione sulla Diversità Biologica (2006), op. cit .

[30] Cioè misure volontarie e su iniziativa nazionale per la Guiana francese, l’isola di Reunion, Guadalupe e Martinica.

[31] COM (2003) 251 def.

[32] Regolamento (CE) n. 1698/2005, GU L 277 del 21.10.2005, pag. 1 e decisione n. 2006/144/CE, GU L 55 del 25.2.2006, pag. 20.

[33] COM (2004) 492, 493, 494 , 495, 496 def.

[34] COM (2004) 621 def.

[35] Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Bruxelles, 15 e 16 dicembre 2005.

[36] Direttiva 2003/4/CE, GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26, e direttiva 2003/35/CE, GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17.