52005DC0192




[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 17.5.2005

COM(2005) 192 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

Terza relazione intermedia sulla coesione: verso un nuovo partenariato per la crescita, l’occupazione e la coesione{SEC(2005)632}

INDICE

Introduzione 3

1. Disparità economiche e sociali nell’UE ampliata 3

1.1. Livelli di disparità 3

1.1.1. Pil: il divario aumenta con l’allargamento 3

1.1.2. Pil delle regioni 4

1.1.3. Tassi di occupazione: servono maggiori progressi 4

1.1.4. Produttività: miglioramenti recenti 4

1.2. Tendenze della disparità 5

2. Politica di coesione dell’UE e strategia di Lisbona nel periodo 2000-2006 7

2.1. Fondi strutturali e strategia di Lisbona: obiettivi comuni 7

2.2. Revisione intermedia: occasione per introdurre adattamenti 8

2.3. Politica di coesione nei nuovi Stati membri: una buona partenza 8

2.4. Addizionalità 9

3. Futuro della politica di coesione e agenda per la crescita e l’occupazione 10

3.1. Pareri di altri organi e istituzioni dell’UE 10

3.2. Grande mobilitazione degli attori chiave in materia di politica di coesione 10

3.3. Consiglio europeo di primavera: le regioni al centro del processo di Lisbona 10

3.4. Orientamenti strategici comunitari 2007-2013 11

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

Terza relazione intermedia sulla coesione: verso un nuovo partenariato per la crescita, l’occupazione e la coesione

INTRODUZIONE

Questa terza relazione intermedia presenta un aggiornamento della situazione e le tendenze emergenti a livello regionale dopo la pubblicazione della terza relazione sulla coesione nel febbraio 2004. Affronta inoltre numerosi temi importanti della politica regionale e di coesione europea derivanti dalla revisione intermedia dei Fondi strutturali.

La terza relazione sulla coesione stata importante in quanto ha delineato i principi guida per la riforma delle politiche regionali e di coesione dell’Unione per il periodo 2007-2013; stata seguita dalla presentazione nel luglio 2004 delle proposte legislative attualmente in discussione in sede di Consiglio e di Parlamento europeo.

Dopo l’adozione della terza relazione vi sono stati altri due importanti eventi per la politica di coesione. Anzitutto, lo storico allargamento del 1° maggio 2004 che ha portato l’Unione da 15 a 25 Stati membri ha messo in luce il ruolo chiave che svolge la politica di coesione nel processo d’integrazione europea, contribuendo a promuovere la creazione di nuove opportunità nell’intero territorio dell’Unione. In secondo luogo, su proposta della Commissione, nel marzo 2005 il Consiglio europeo ha avviato una strategia per la crescita e l’occupazione volta a rivitalizzare l’agenda di Lisbona in seguito ai risultati contrastanti della revisione intermedia. Come risulta dalla presente relazione, l’integrazione, la crescita e l’occupazione messe in evidenza dalla strategia sono molto importanti per la proposta riforma della politica di coesione durante le ultime fasi dei negoziati.

1. DISPARITÀ ECONOMICHE E SOCIALI NELL’UE AMPLIATA

Conformemente all’articolo 158 del trattato, il primo obiettivo della politica di coesione ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle regioni. Il recente allargamento a 25 Stati membri, con la prevista adesione di Bulgaria e Romania nel 2007, ha aumentato enormemente il divario tra i livelli di sviluppo dell’UE. I nuovi Stati membri hanno redditi pro capite e tassi di occupazione notevolmente inferiori a quelli degli altri paesi dell’UE. Negli ultimi anni hanno dimostrato tuttavia un notevole dinamismo, registrando alti tassi di crescita per quanto riguarda sia il Pil che la produttività, e pertanto il divario si sta riducendo. La sezione seguente fornisce un’analisi aggiornata dei livelli e delle tendenze delle disparità.

1.1. Livelli di disparità

1.1.1. Pil: il divario aumenta con l’allargamento

Le disparità del Pil pro capite tra i 25 Stati membri sono considerevoli. Nel 2003, i livelli di Pil pro capite (misurati in parità del potere d’acquisto) variavano dal 41% della media UE in Lettonia al 215% in Lussemburgo. Il secondo paese più prospero l’Irlanda, con un Pil pari al 132% della media UE. In tutti i nuovi Stati membri, il Pil pro capite inferiore al 90% della media UE-25, mentre inferiore alla metà di questo livello in Polonia, Lettonia, Lituania ed Estonia, nonché in Romania e Bulgaria.

1.1.2. Pil delle regioni

Nel 2002, ultimo anno per cui sono disponibili dati regionali, i livelli del Pil pro capite variavano dal 189% della media UE-25 delle 10 regioni più prospere al 36% delle 10 regioni meno prospere. Oltre un quarto della popolazione di 64 regioni UE ha un Pil pro capite inferiore al 75% della media. Nei nuovi Stati membri si tratta del 90% della popolazione, ad eccezione delle regioni di Praga, Bratislava e Budapest nonché di Cipro e della Slovenia. Nell’UE-15, ciò riguarda soltanto il 13% della popolazione e le regioni a basso reddito sono concentrate geograficamente nella Grecia meridionale, in Portogallo, nel sud della Spagna e nell’Italia meridionale nonché nei nuovi Länder tedeschi.

La media del Pil pro capite dell’UE scesa notevolmente con l’allargamento ai 10 nuovi Stati membri, che sono relativamente più poveri. In alcune regioni, ciò significa che il Pil pro capite ha superato il 75% della nuova media UE-25, pur rimanendo inferiore al 75% della media UE-15. In tali regioni vive circa il 3,5% della popolazione UE. Un ulteriore 4% vive in regioni il cui Pil pro capite nel periodo 2000-2006 era inferiore al 75% della media UE-15, ma che ha superato nel frattempo tale livello, a prescindere dagli effetti dell’allargamento.

1.1.3. Tassi di occupazione: servono maggiori progressi

In generale, i tassi di occupazione negli Stati membri restano di molto inferiori all’obiettivo del 70% fissato per il 2010 dalla strategia di Lisbona (obiettivo del 67% per il 2005), essendosi attestati in media sul 62,9% nell’UE-25 nel 2003. Soltanto in quattro Stati membri – Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Regno Unito – il tasso raggiunge il 70%, mentre scende addirittura al 51,2% in Polonia. Per raggiungere l’obiettivo del 70% occorrono altri 22 milioni di posti di lavoro. Nei nuovi Stati membri, l’occupazione dovrebbe aumentare di un quarto per raggiungere il 70%, vale a dire 7 milioni di posti di lavoro.

A livello regionale il quadro più vario che a livello nazionale. Soltanto un quarto della popolazione dell’UE-25 risiede in regioni in cui già stato raggiunto l’obiettivo del 70% di occupazione, e pertanto 200 delle 254 regioni dell’UE non raggiungono l’obiettivo. Quasi il 15% della popolazione vive in regioni in cui il tasso di occupazione inferiore al 55%, principalmente nei nuovi Stati membri e nelle regioni meridionali della Spagna e dell’Italia.

I tassi di occupazione restano bassi nella maggior parte delle regioni meno prospere. Soltanto in pochissime regioni con un Pil pro capite inferiore al 75% della media si registrano tassi di occupazione superiori alla media. I tassi di occupazione tendono ad essere più alti nelle regioni più prospere, sebbene alcune regioni molto prospere continuino ad avere tassi di occupazione bassi (come per esempio l’Italia del Nord).

1.1.4. Produttività: miglioramenti recenti

Le differenze di produttività fra gli Stati membri sono più elevate rispetto a quelle dei tassi di occupazione. In generale il confronto della produttività a livello internazionale (misurata come Pil per occupato) usa i tassi di cambio correnti in quanto essi riflettono la situazione della competitività in modo più accurato. In questi termini le differenze fra gli Stati membri sono notevoli – meno del 30% della media UE-25 in Polonia e nei tre Stati baltici, ma oltre il 150% in Lussemburgo e Irlanda. I 10 nuovi membri si distaccano alla fine della lista; in tutti i paesi dell’UE-15, ad eccezione del Portogallo, la produttività supera quella di tutti i nuovi Stati membri. Pertanto, nonostante la forte crescita della produttività degli ultimi anni, per raggiungere la convergenza sarà necessaria una crescita continua sia della produttività che dell’occupazione.

Le differenze di produttività in termini di standard di potere d’acquisto (SPA) sono più limitate (l’adeguamento dell’SPA una pratica comune per paragonare i dati del Pil al fine di riflettere più accuratamente il tenore di vita in presenza di livelli di prezzi diversi nei vari paesi).

A livello regionale, livelli di produttività più alti sono associati a livelli del Pil più elevati, il che mette in evidenza il ruolo essenziale di questa variabile per i risultati economici (in questi dati non rientrano le regioni dei Paesi Bassi e del Portogallo). Per quanto riguarda l’occupazione, l’associazione con il Pil meno forte, ma chiaramente positiva. I livelli di produttività rispetto alla media UE variano molto di più dei tassi di occupazione – la produttività era inferiore al 25% della media UE in 15 regioni e addirittura inferiore al 20% in due regioni. All’opposto, la produttività supera la media UE in gran parte delle regioni in cui anche il Pil pro capite supera la media.

1.2. Tendenze della disparità

A partire dalla metà degli anni ’90, la crescita nell’UE stata deludente, in media di poco superiore al 2% l’anno, sebbene in Irlanda, Lussemburgo, Grecia, Finlandia e Spagna questa percentuale sia stata superata. Il tasso di crescita medio stato condizionato da risultati piuttosto modesti in grandi economie come Italia e Germania. Le economie dei nuovi Stati membri sono però cresciute molto più velocemente, fino a circa 6% l’anno nei paesi baltici.

Alla forte crescita dei nuovi Stati membri si associata un’elevata crescita della produttività, in generale con una perdita di posti di lavoro nei casi peggiori e una crescita dell’occupazione molto limitata nei casi migliori. Ciò deriva da un processo di ristrutturazione caratterizzato da un aumento della produttività globale senza crescita occupazionale a breve termine. Pertanto, a tassi di disoccupazione relativamente alti spesso si accompagna un calo dei tassi di occupazione (in particolare in Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia).

D’altra parte, si sono registrati aumenti di occupazione relativamente forti in Irlanda e Lussemburgo e in misura minore in Spagna, Paesi Bassi e Finlandia, dove sono aumentate sia l’occupazione che la produttività.

Le regioni con maggior crescita del Pil (nel periodo 1995-2002) si concentrano nei paesi a forte crescita come Irlanda, Stati baltici, Slovacchia e Polonia. Le regioni a bassa crescita si concentrano in Germania e Italia. Però, nella maggior parte dei paesi i tassi di crescita regionale sono molto diversi; ciò risulta molto chiaramente nei nuovi Stati membri nonché nel Regno Unito e in Finlandia. In Germania, oltre alla bassa crescita a livello nazionale vi sono state forti differenze regionali. In Italia, la crescita stata quasi uniformemente bassa in tutte le regioni.

Globalmente, a partire dal 1995 in tutta l’UE sono diminuite le disparità, più rapidamente fra paesi che fra regioni; in diversi Stati membri infatti le disparità regionali si sono accentuate.

Le disparità del Pil pro capite tra Stati membri restano marcate; per ridurre nettamente il divario sarà necessaria una forte crescita continua per oltre una generazione in molti dei nuovi Stati membri. Questo processo già iniziato con il miglioramento della posizione relativa dei paesi meno prosperi a partire dal 1995 grazie a tassi di crescita elevati. Di conseguenza, sono diminuiti gli indicatori sintetici delle disparità del Pil pro capite[1].

Le disparità a livello regionale sono più alte che a livello nazionale, ma stanno anch’esse contraendosi[2]. La crescita in generale stata più alta in molte delle regioni meno prospere, ma va rilevato che anche la maggior parte delle regioni più prospere ha ottenuto buoni risultati nel periodo considerato. Pertanto la quota del Pil totale aumentata sia per le regioni meno prospere che per quelle più prospere.

Il 10% della popolazione UE-25 che vive nelle regioni meno ricche ha prodotto soltanto il 2,2% del Pil nel 2002, rispetto all’1,5% nel 1995. Il 10% delle regioni più prospere ha invece prodotto il 18,3% del Pil nel 2002, rispetto al 18% nel 1995. Pertanto il rapporto tra la quota del Pil delle regioni più prospere e di quelle meno prospere sceso da 12 a 8,5 nel periodo considerato.

La suddivisione della crescita tra il 1995 e il 2001 in produttività e occupazione rivela che la produttività stato il principale motore di buoni risultati economici. Anche la crescita dell’occupazione ha chiaramente un effetto positivo sulla crescita del Pil, ma questo nesso meno sistematico di quanto si potrebbe prevedere. In parte riflette la bassa crescita dell’occupazione registrata nelle regioni con forte crescita, in particolare nei nuovi Stati membri, specialmente nei tre paesi baltici e in Slovacchia, ma anche in alcune regioni della Grecia. Potrebbe essere un’indicazione di una fase particolare del processo di sviluppo e ristrutturazione.

Con lo stesso metodo di calcolo si può avere un quadro ragionevolmente paragonabile delle disparità all’interno degli Stati membri. Paragonando la quota del Pil nazionale di regioni che contano il 20% della popolazione si riducono notevolmente i problemi di comparabilità derivanti dalle differenze di numero e dimensioni delle regioni negli Stati membri. In questa analisi sono compresi quattro nuovi Stati membri.

Da questo punto di vista, le disparità sono più pronunciate in Ungheria, dove il 20% degli abitanti delle regioni più prospere ha prodotto una quota del Pil 2,6 volte superiore a quella delle regioni meno ricche. Questo dato aumentato in modo più marcato in Ungheria dal 1995. Anche la Repubblica ceca, la Slovacchia, il Regno Unito e il Belgio registrano alti livelli di disparità interne; le disparità più basse si registrano in Grecia, Germania, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia.

L’Italia l’unico paese in cui questo divario visibilmente diminuito nel corso del tempo, sebbene vi siano state piccole riduzioni anche in Spagna e Austria. Oltre all’Ungheria, le disparità interne sono aumentate notevolmente in due dei tre nuovi Stati membri rimanenti, ad esclusione soltanto della Slovacchia, nonché nel Regno Unito e in Svezia (in quest’ultima a un livello relativamente basso). In generale, può capitare che le economie che si trovano in un processo di recupero registrino aumenti delle disparità interne, con una concentrazione geografica iniziale della crescita seguita in una fase successiva da un modello di sviluppo più uniforme.

Va inoltre rilevato che in generale le disparità tra le zone urbane e rurali nell’UE sono aumentate in seguito all’allargamento.

I livelli di disparità prevalenti nell’UE dimostrano chiaramente che necessaria una politica di coesione attiva. Elemento significativo del contesto politico attuale, la riforma proposta della politica di coesione e della politica di sviluppo rurale pone l’accento sulla creazione di posti di lavoro e sulla crescita. Essa dovrebbe contribuire a porre rimedio all’inadeguata attuazione della strategia di Lisbona, che non ha consentito all’Unione di far crescere sufficientemente il Pil e l’occupazione. In base alla riforma proposta viene mantenuta una politica di coesione attiva anche all’esterno delle regioni meno prospere, al fine di fornire uno stimolo alla strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Questo fornirà un incentivo finanziario a tali misure politiche e darà un maggior slancio politico a livello locale.

2. POLITICA DI COESIONE DELL’UE E STRATEGIA DI LISBONA NEL PERIODO 2000-2006

2.1. Fondi strutturali e strategia di Lisbona[3]: obiettivi comuni

Una recente valutazione[4] ha sottolineato le somiglianze tra la strategia di Lisbona definita nel 2000 e le priorità di spesa della politica di coesione. L’analisi mostra che nei programmi valutati la quota del sostegno dei Fondi strutturali per investimenti che rientrano nella strategia di Lisbona spesso supera il 50%. Il livello di coerenza sembra notevolmente maggiore nelle regioni relativamente più prospere, mentre inferiore nelle regioni meno sviluppate. Il quadro diverso se si tiene conto degli investimenti in materia di trasporti ed energia, che fanno parte della strategia di Lisbona rinnovata, definita nel marzo 2005 dagli Stati membri sulla base dell’agenda per la crescita e l’occupazione proposta dalla Commissione (vedi la sezione 3.3).

Per quanto riguarda la governance, si ritiene che il sistema di gestione decentrato dei Fondi strutturali consenta maggiori sinergie tra gli obiettivi politici globali definiti a livello UE, come la strategia di Lisbona, e le necessità e condizioni specifiche delle regioni. Inoltre, con la sua grande varietà di attori, la politica di coesione in grado di aumentare la partecipazione delle regioni alla strategia di Lisbona e di gestire i complessi compiti di sviluppo nelle diverse condizioni locali.

Le principali raccomandazioni contenute nella valutazione sono:

- concentrazione tematica su priorità specifiche per avere un’influenza positiva diretta sulla competitività regionale;

- scambi di esperienze per promuovere l’apprendimento in materia di politiche tra le regioni come mezzo per promuovere la nascita di sistemi innovativi. Lo studio insiste sul fatto che l’apprendimento non avviene automaticamente ma deve essere organizzato attivamente.

2.2. Revisione intermedia: occasione per introdurre adattamenti

Nel 2004 terminata la revisione intermedia dei Fondi strutturali dell’attuale periodo di programmazione per l’UE-15, che comprendeva l’assegnazione della riserva di efficacia ed efficienza in seguito alle valutazioni intermedie del 2003, di cui erano responsabili le autorità di gestione in partenariato con le autorità nazionali e la Commissione. Vi sono state due fasi:

1. Valutazioni intermedie. La valutazione del contributo dei Fondi strutturali al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona ha messo in luce che in generale gli investimenti riguardavano settori importanti per il conseguimento di tali obiettivi.

2. Assegnazione della riserva di efficacia ed efficienza: si tratta di un’innovazione nel periodo di programmazione 2000-2006. In stretta consultazione con gli Stati membri, la Commissione ha assegnato per tutti gli obiettivi oltre 8 miliardi di euro a priorità o a programmi realizzati con successo.

La revisione intermedia ha fornito l’opportunità per adattare i programmi tenendo conto dei cambiamenti della situazione socioeconomica o del mercato del lavoro. Ciò ha portato ad adattamenti qualitativi in numerosi settori prioritari e ha consentito di contribuire meglio alle priorità della strategia europea per l’occupazione e al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, tenendo conto dell’esperienza acquisita nell’attuale periodo di programmazione e delle specificità di ciascuno Stato membro.

Molti Stati membri hanno usato la riserva di efficacia ed efficienza per rafforzare il sostegno dell’economia basata sulla conoscenza mediante la cooperazione tra istituti di ricerca e imprese, lo sviluppo di gruppi di imprese e centri di ricerca, gli investimenti per l’accesso a banda larga, lo sviluppo di strategie innovative regionali e la formazione di ricercatori nonché mediante progetti di ricerca applicata. La riserva di efficacia ed efficienza stata usata per sostenere l’imprenditoria mediante sovvenzioni alle imprese start-up, a quelle piccole e a quelle innovative, lo sviluppo di parchi commerciali, la consulenza e l’introduzione in alcuni Stati membri di misure di finanziamento con capitali di rischio.

Le misure che promuovono la crescita economica e la competitività sembrano essere state rafforzate in particolare nell’obiettivo 2, mentre l’istruzione e la formazione professionale continuano ad essere un importante fattore in gran parte dei programmi degli obiettivi 1 e 2. I programmi dell’obiettivo 1 restano orientati a progetti tradizionali come quelli riguardanti i trasporti e altre infrastrutture, sebbene in alcuni Stati membri con vaste regioni dell’obiettivo 1 sembra che sia stato dato maggior peso alla ricerca e all’innovazione.

Nell’ambito dell’obiettivo 3, le strategie iniziali sono state considerate ancora valide, tenendo conto della strategia europea per l’occupazione riveduta e delle raccomandazioni sull’occupazione. Gran parte delle modifiche intendevano semplificare i programmi, aumentare la flessibilità per rispondere alle sfide socioeconomiche e tener conto delle necessità.

2.3. Politica di coesione nei nuovi Stati membri: una buona partenza

Nel giugno 2004 la Commissione europea ha adottato i programmi contenenti le strategie che i Fondi strutturali devono sostenere nei dieci nuovi Stati membri. Insieme al Fondo di coesione, i Fondi strutturali mettono a disposizione dei dieci nuovi Stati membri tra il 2004 e il 2006 oltre 24 miliardi di euro del bilancio europeo, di cui oltre un terzo (8,5 miliardi) assegnato al Fondo di coesione, che diventato quindi ancora più importante (da circa un decimo a un terzo dell’assistenza strutturale). Per Stati membri come Cipro, l’Estonia, la Lettonia o la Slovenia, l’assistenza del Fondo di coesione rappresenta circa la metà dell’assistenza strutturale globale.

I Fondi sosterranno non soltanto gli investimenti per lo sviluppo economico e sociale, ma anche misure di assistenza tecnica per potenziare la capacità amministrativa. Nei nuovi Stati membri i programmi si prefiggono varie priorità che tengono conto delle situazioni specifiche, fra cui misure per migliorare la competitività commerciale e lo sviluppo delle risorse umane, le infrastrutture di base, le condizioni ambientali e lo sviluppo rurale e/o della pesca. Le politiche rurali si prefiggono obiettivi di coesione territoriale e gli obiettivi di Lisbona.

Il Fondo sociale europeo fornisce sostegno a tutti i nuovi Stati membri per affrontare le sfide in materia di mercato del lavoro e occupazione conformemente alla strategia europea per l’occupazione. I problemi del mercato del lavoro che deve affrontare ogni nuovo Stato membro per cercare di raggiungere gli obiettivi occupazionali dell’UE sono stati identificati nei documenti di valutazione congiunta sulle politiche per l’occupazione. Il Fondo sociale europeo traduce le priorità identificate nel quadro della strategia europea per l’occupazione in priorità e misure concrete di finanziamento, comprese misure per l’inclusione sociale. Queste priorità consistono principalmente nell’aumentare l’occupazione e l’offerta di lavoro, adattare le capacità della forza lavoro ai mutamenti del mercato del lavoro e garantire che il funzionamento di quest’ultimo sostenga la ristrutturazione dell’economia in corso.

2.4. Addizionalità

Il principio di addizionalità intende garantire che i Fondi strutturali completino, e non sostituiscano, gli sforzi nazionali intesi a promuovere la coesione economica e sociale. Il livello medio annuo della spesa strutturale pubblica in termini reali deve essere almeno pari alla base definita.

La verifica intermedia dell’addizionalità per il periodo 2000-2002 terminata alla fine del 2004 per l’UE-15. Dei 13 Stati membri interessati almeno in parte dall’obiettivo 1, nove hanno rispettato il principio e quattro no (Germania, Francia, Irlanda e Italia). In particolare, paesi come il Regno Unito o la Grecia hanno addirittura superato gli obiettivi di spesa. La Germania e l’Italia, con gli importi di spesa pubblica più alti, non sono riuscite a rispettare gli obiettivi a causa del peggioramento delle condizioni macroeconomiche, che ha portato a investimenti pubblici inferiori alle attese. Tuttavia, per rispettare i criteri di addizionalità questi due paesi, insieme a Francia e Irlanda, dovranno riportare la spesa strutturale pubblica degli anni restanti del periodo di programmazione in linea con i livelli previsti dall’articolo 11 del regolamento generale dei Fondi strutturali. In generale, i Fondi strutturali stanno esercitando un notevole effetto di leva nel mantenimento di alti livelli di investimenti pubblici compatibili con gli sforzi profusi dai paesi per garantire sane finanze pubbliche.

I nove nuovi Stati membri ammissibili all’obiettivo 1 (Cipro stato classificato nell’obiettivo 2) hanno terminato l’esercizio ex ante alla fine del 2003. I risultati mostrano che la spesa strutturale nazionale sarà mantenuta o addirittura aumentata nel prossimo periodo. Dato che non vi erano dati di riferimento di un precedente periodo da usare come base della spesa strutturale pubblica, si fatto ricorso ai dati degli anni più recenti in cui vi stata un’esecuzione. Si potuta così determinare una cifra di base da usare come obiettivo della spesa strutturale pubblica nel 2004/2006. La sfida del prossimo periodo consiste nel garantire che il calendario di spesa sia mantenuto nella pratica.

3. FUTURO DELLA POLITICA DI COESIONE E AGENDA PER LA CRESCITA E L’OCCUPAZIONE

In seguito alla pubblicazione della terza Relazione sulla coesione nel febbraio 2004 e delle proposte di regolamento per i Fondi e gli strumenti strutturali in luglio, il dibattito sulla riforma della politica di coesione post-2006 diventato più mirato ed intenso. Il dibattito ha ricevuto un ulteriore impeto con l’approvazione da parte del Consiglio europeo nel marzo 2005 delle proposte della Commissione sul rinnovamento della strategia di Lisbona.

3.1. Pareri di altri organi e istituzioni dell’UE

La discussione sui principali elementi delle proposte legislative della Commissione sulla riforma della politica di coesione proseguita nel 2005 in sede di Parlamento europeo, Comitato delle Regioni e Comitato economico e sociale europeo. Le discussioni al PE hanno dimostrato un vasto sostegno alle proposte della Commissione. Il Parlamento ha inoltre effettuato un’accurata analisi delle prospettive finanziarie 2007-2013, in particolare attraverso la relazione della commissione temporanea sulle sfide politiche e sui bisogni finanziari 2007-2013 dell’Unione allargata, creata con l’obiettivo principale di definire le priorità politiche del PE per le prospettive finanziarie future. Tale commissione ha sottolineato la necessità di fornire all’Unione europea ampliata i mezzi per garantire la coesione sociale e territoriale nonché la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. Anche la commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo (REGI) ha stilato varie relazioni sulle proposte della Commissione relative alla regolamentazione generale e ai regolamenti del FESR, dell’FSE e del Fondo di coesione.

Anche i pareri del Comitato delle Regioni e del Comitato economico e sociale europeo sono stati molto positivi e hanno sostenuto in particolare la necessità di mantenere un pacchetto finanziario adeguato per i Fondi strutturali e di proseguire la politica strutturale a livello europeo, opponendosi fortemente alle richieste di rinazionalizzarla. È stato accolto con favore anche il potenziamento, che traspare dalle proposte della Commissione, della coerenza tra la politica di coesione e la strategia di Lisbona.

3.2. Grande mobilitazione degli attori chiave in materia di politica di coesione

Le proposte della Commissione sono state discusse e ampiamente sostenute in una serie di dibattiti organizzati a livello europeo, nazionale e regionale. Tutti i protagonisti hanno continuato a dare il loro contributo a un dibattito di alta qualità, diventato più intenso a livello delle istituzioni UE nell’autunno 2004. La Commissione europea ha agevolato il dibattito in corso mediante numerosi eventi ed attività, alcuni dei quali sono messi in evidenza di seguito. Questo approccio ha consentito un dibattito trasparente e vivace, che stato ampiamente apprezzato da tutte le parti interessate.

I particolari sui principali eventi figurano in allegato (tabella 8).

3.3. Consiglio europeo di primavera: le regioni al centro del processo di Lisbona

Come già ricordato, il Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005 ha formulato diverse raccomandazioni chiave sul rilancio della strategia di Lisbona. Si trattato inoltre di un’importante occasione per la politica di coesione UE, con l’avallo esplicito al più alto livello politico della sua importanza come strumento per realizzare la strategia di Lisbona.

Nelle sue conclusioni il Consiglio di primavera ha messo in luce numerosi punti chiave. Anzitutto, ha raccomandato all’UE di mobilitare le risorse nazionali e comunitarie adeguate, compresa la politica di coesione, nell’ambito delle tre dimensioni della strategia: economica, sociale ed ambientale. In secondo luogo ha caldamente invitato gli attori regionali e locali a impegnarsi maggiormente e a partecipare attivamente alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona. In settori quali l’innovazione, il sostegno alle PMI, l’accesso al finanziamento con capitali di rischio e le start-up ad alta tecnologia, il Consiglio europeo di primavera ha concluso che sono necessari poli di innovazione e partenariati a livello regionale e locale. Ha inoltre invitato a creare maggiori sinergie tra i fondi comunitari e i progetti di R&S della BEI.

La quarta raccomandazione affermava che alla riduzione del livello degli aiuti di Stato deve affiancarsi una redistribuzione a favore di alcuni obiettivi orizzontali come la ricerca, l’innovazione, una società dell’informazione inclusiva e un capitale umano che consenta un livello maggiore di investimenti e la riduzione delle disparità conformemente agli obiettivi di Lisbona. La quinta raccomandazione riguardava la necessità di investire in infrastrutture per promuovere la crescita e la convergenza sul piano economico, sociale e ambientale. Sono state sottolineate anche l’importanza di ultimare i 30 progetti prioritari della rete di trasporto transeuropea e le misure per aumentare l’efficienza energetica. La sesta raccomandazione riguardava la necessità di creare un maggior numero di posti di lavoro mediante politiche occupazionali più attive. Infine, il Consiglio europeo ha concluso che sulla base degli orientamenti integrati diramati a livello comunitario gli Stati membri devono mettere a punto programmi nazionali di riforma in materia di crescita e occupazione, in consultazione con i partner regionali e nazionali.

3.4. Orientamenti strategici comunitari 2007-2013

Per tener conto della strategia di Lisbona, nella prossima generazione dei programmi della politica di coesione, la Commissione ha proposto un approccio più strategico per orientare maggiormente i programmi verso la creazione di crescita e occupazione. Verrebbero elaborati orientamenti strategici a livello comunitario mediante decisione del Consiglio, con il parere del Parlamento europeo, volti a mettere a punto quadri programmatici a livello di ciascuno Stato membro da negoziare in partenariato, tenendo conto delle diverse necessità e circostanze nazionali e regionali. Il quadro di riferimento strategico nazionale volto a definire chiare priorità per Stati membri e regioni, sostenendo le sinergie tra la politica di coesione e la strategia di Lisbona e aumentando la coerenza con gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la strategia europea per l’occupazione. Verrebbe accresciuta la coerenza con altre politiche e priorità comunitarie in settori quali la concorrenza, la ricerca[5], l’ambiente, i trasporti e la politica energetica; sarebbero inoltre affrontati problemi di ristrutturazione legati per esempio all’apertura degli scambi.

Per la futura politica di sviluppo rurale viene proposto un approccio simile alla pianificazione strategica. Gli interventi in materia di sviluppo rurale si prefiggeranno di contribuire all’agenda per la crescita e l’occupazione della strategia di Lisbona rinnovata, alla pianificazione territoriale sostenibile e alla qualità della vita nelle zone rurali.

[1] Per es. l’errore standard nei 25 Stati membri sceso da 22,8 nel 1995 a 18,1 nel 2003.

[2] L’errore standard era 27,3 nel 2002, rispetto a 29,3 nel 1995.

[3] Il Consiglio europeo di Göteborg del 2001 ha inserito in questi obiettivi una dimensione ambientale.

[4] “Thematic Evaluation of the Structural Funds’ Contributions to the Lisbon Strategy” pubblicata dall’Istituto tecnologico danese, febbraio 2005.

[5] Comunicazione della Commissione intitolata "Costruire il SER della conoscenza al servizio della crescita", COM(2005) 118.