52005DC0082

Libro verde sul diritto applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio {SEC(2005) 331} /* COM/2005/0082 def. */


Bruxelles, 14.3.2005

COM(2005) 82 definitivo

LIBRO VERDE

sul diritto applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio

(presentat o dalla Commissione){SEC(2005) 331}

LIBRO VERDE

sul diritto applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio

Scopo del presente Libro verde è quello di avviare un’ampia consultazione con le parti interessate in merito al diritto applicabile e alla giurisdizione in materia di matrimonio. Il Libro verde individua i problemi che possono sorgere allo stato attuale e propone alcune possibili soluzioni. Il documento di lavoro della Commissione in allegato fornisce informazioni sul diritto sostanziale e processuale e sulle norme che regolano i conflitti di legge in materia di divorzio negli Stati membri.

La Commissione invita tutte le parti interessate a presentare le proprie osservazioni entro il 30 settembre 2005 al seguente indirizzo:

Commissione europeaDirezione Generale Giustizia, libertà e sicurezzaUnità C1 – Giustizia civileB - 1049 BruxellesFax: +32-2/299 64 57E-mail: jls-coop-jud-civil@cec.eu.int

Qualora le parti interessate non desiderino vedere pubblicate le loro osservazioni sul sito web della Commissione, sono pregate di indicarlo espressamente.

La Commissione intende organizzare un’audizione pubblica sul presente argomento, cui saranno invitati tutti coloro che risponderanno.

1. CONTESTO

Attualmente non esistono norme comunitarie sul diritto applicabile in materia di divorzio. Il regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio[1] (“regolamento Bruxelles II”) disciplina la giurisdizione e il riconoscimento delle decisioni in materia matrimoniale, ma nulla dispone in merito al diritto applicabile. L’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio[2] (“nuovo regolamento Bruxelles II”), che a partire dal 1° marzo 2005 si sostituirà al regolamento Bruxelles II, non introdurrà cambiamenti in materia, in quanto il nuovo regolamento riprende le disposizioni sul matrimonio previste dal regolamento Bruxelles II lasciandole praticamente immutate.

Nel 1998 il Consiglio europeo di Vienna ha sottolineato che l’obiettivo di uno spazio giudiziario comune è quello di semplificare la vita dei cittadini, soprattutto nelle situazioni che riguardano la vita quotidiana, come in caso di divorzio[3]. Nel novembre 2004 il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a presentare nel 2005 un Libro verde sulle norme che regolano i conflitti di legge in materia di divorzio (“Roma III”)[4].

La maggior mobilità dei cittadini all’interno dell’Unione europea ha provocato un aumento dei matrimoni “internazionali”, in cui i coniugi hanno cittadinanza diversa oppure risiedono in Stati membri diversi o in uno Stato membro di cui non sono cittadini. Qualora una coppia “internazionale” decida di divorziare possono essere invocate varie leggi. Scopo delle norme sul diritto applicabile, spesso chiamate “norme sui conflitti di legge”, è quello di individuare quale delle varie leggi si debba applicare. Considerato l’alto numero di divorzi all’interno dell’Unione europea, il diritto applicabile e la giurisdizione nei casi internazionali in materia di divorzio riguardano un numero considerevole di cittadini. A titolo esemplificativo, circa il 15% dei divorzi pronunciati ogni anno in Germania (circa 30 000 coppie) concerne coppie di nazionalità diversa[5].

2. LIMITI DELLA SITUAZIONE ATTUALE

Una coppia “internazionale” che voglia divorziare è soggetta alle norme sulla giurisdizione di cui al nuovo regolamento Bruxelles II, che consente ai coniugi di scegliere tra vari criteri di giurisdizione alternativi (cfr. punto 3.6 del documento di lavoro in allegato). Una volta instaurato un procedimento di divorzio davanti a un tribunale di uno Stato membro, il diritto applicabile è individuato attraverso le norme sui conflitti di legge di tale Stato. Tra le norme sui conflitti di legge dei vari Stati membri sussistono notevoli differenze (cfr. punto 3.4 del documento di lavoro in allegato).

A causa di tali differenze e delle attuali norme sulla giurisdizione, nei divorzi “internazionali” possono sorgere vari problemi. Oltre alla mancanza di certezza giuridica e di flessibilità, la situazione attuale può condurre a risultati che non corrispondono alle legittime aspettative dei cittadini. Inoltre, per i cittadini comunitari residenti in uno Stato terzo può essere difficile trovare un tribunale giurisdizionalmente competente in materia di divorzio e ottenere il riconoscimento nel proprio paese di origine della sentenza di divorzio pronunciata da un tribunale di uno Stato terzo. La situazione attuale infine comporta il rischio di una “corsa in tribunale”.

2.1. Mancanza di certezza giuridica e di prevedibilità per i coniugi

Considerate le differenze esistenti tra le norme sui conflitti di legge degli Stati membri in materia di divorzio e la complessità di tali norme, spesso è difficile prevedere quale legge nazionale si applicherà a un determinato caso. Ciò vale soprattutto quando i coniugi non hanno una residenza abituale comune o hanno una cittadinanza diversa, ma il problema può presentarsi anche quando i coniugi, pur avendo la stessa cittadinanza, decidono di separarsi e si trasferiscono in Stati membri diversi.

Esempio 1: la coppia italo-portoghese i cui coniugi vivono in Stati membri diversi Un portoghese e un’italiana si sposano in Italia. Dopo la celebrazione del matrimonio il marito torna in Portogallo per motivi professionali mentre la moglie rimane in Italia. Dopo due anni la coppia decide di divorziare. Ai sensi del nuovo regolamento Bruxelles II la coppia può chiedere il divorzio sia Italia che in Portogallo, a scelta. I tribunali di tali Stati applicano in primo luogo la legge nazionale comune dei coniugi. Nel caso di specie, poiché i coniugi hanno cittadinanza diversa, il tribunale italiano applicherebbe la legge dello Stato “nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata”, mentre il tribunale portoghese la legge della residenza abituale comune dei coniugi o, in mancanza, la legge con cui i coniugi hanno il collegamento più stretto. Risulta quindi difficile per i coniugi prevedere quale sarà il diritto applicabile alla loro fattispecie. |

2.2. Insufficiente autonomia delle parti

Le norme sui conflitti di legge degli Stati membri prevedono in linea di principio una sola soluzione per una data situazione, ad esempio l’applicazione della legge nazionale dei coniugi o la legge dello Stato in cui si svolge il procedimento (“lex fori”). In alcuni casi questo principio si rivela troppo rigido. Esso ad esempio non permette di tenere conto del fatto che i cittadini possano sentirsi strettamente collegati con uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza. Introducendo un certo grado di autonomia delle parti e consentendo a quest’ultime di scegliere il diritto applicabile, le norme diventerebbero più flessibili e si aumenterebbe la certezza giuridica e la prevedibilità per i coniugi.

Esempio 2: la coppia italiana che vive in Germania Una coppia di cittadini italiani vive a Monaco da vent’anni e si sente perfettamente integrata nella società tedesca. Dopo che i figli se ne sono andati di casa i coniugi decidono di divorziare consensualmente. Essi vorrebbero divorziare secondo il diritto tedesco, cui si sentendo più strettamente collegati e che in caso di divorzio consensuale richiede solo un anno di separazione, a differenza del diritto italiano che ne prevede tre. Il nuovo regolamento Bruxelles II consente ai coniugi di chiedere il divorzio sia Germania che in Italia, a scelta. Tuttavia, poiché le norme sui conflitti di legge di entrambi i paesi prevedono in primo luogo la legge nazionale comune dei coniugi, i tribunali di entrambi i paesi applicheranno la legge sul divorzio italiana. |

2.3. Rischio di risultati che non corrispondono alle legittime aspettative dei cittadini

I cittadini europei beneficiano sempre più dei vantaggi forniti dal mercato interno, trasferendosi da uno Stato membro a un altro per motivi professionali. È improbabile che essi siano a conoscenza del fatto che le condizioni del loro eventuale divorzio possano variare notevolmente in seguito a tale trasferimento. È il caso, ad esempio, di due coniugi aventi cittadinanza diversa che si trasferiscono in uno Stato membro di cui nessuno dei due sia cittadino. Poiché il nuovo regolamento Bruxelles II non consente ai coniugi di presentare domanda di divorzio nello Stato membro di cui un solo coniuge abbia la cittadinanza se non sussiste un altro criterio di collegamento, i coniugi possono trovarsi nella situazione in cui l’unica possibilità sia quella di rivolgersi al tribunale dello Stato membro in cui risiedono abitualmente. In certi casi i risultati possono non corrispondere alle loro legittime aspettative.

Esempio 3: la coppia finno-svedese che si trasferisce in Irlanda Una coppia finno-svedese si trasferisce da Stoccolma a Dublino, dove i coniugi hanno trovato un lavoro interessante. Il matrimonio si deteriora e alla fine la coppia decide di divorziare. Volendo divorziare consensualmente e non avendo figli, i coniugi si aspettano un procedimento semplice e veloce, come sarebbe secondo il diritto finlandese o svedese. Tuttavia, ai sensi del nuovo regolamento Bruxelles II, la giurisdizione spetta solamente ai tribunali irlandesi, i quali applicano al divorzio il diritto irlandese (“lex fori”), a prescindere dalla cittadinanza dei coniugi. L’unico modo per assicurarsi che il divorzio sia regolato dalla legge svedese o finlandese è che uno dei coniugi ritorni nello Stato membro d’origine per almeno sei mesi e che poi chieda là il divorzio. Nessuno dei coniugi vuole o può lasciare il suo lavoro e l’Irlanda per sei mesi a tal fine. D’altro canto, essi vogliono evitare l’applicazione della legge sul divorzio irlandese, che prevede un periodo di separazione di quattro anni per accertarsi che il matrimonio sia finito. I coniugi sono sorpresi del drastico mutamento delle condizioni di divorzio conseguente alla loro decisione di trasferirsi in un altro Stato membro. |

2.4. Rischi o difficoltà per i cittadini comunitari che vivono in uno Stato terzo

Mentre le disposizioni del nuovo regolamento Bruxelles II in materia di riconoscimento si applicano a tutte le decisioni di divorzio rese da un tribunale di uno Stato membro, le norme sulla giurisdizione non disciplinano tutte le ipotesi. Ciò può creare difficoltà per i cittadini comunitari che vivono in uno Stato terzo. In alcuni casi può succedere che nessuno dei criteri di giurisdizione previsti dal regolamento sia applicabile. In queste situazioni i tribunali dello Stato membro possono avvalersi delle norme nazionali che determinano la giurisdizione. Tuttavia, il fatto che tali norme non siano armonizzate può portare a situazioni in cui nessun tribunale all’interno dell’Unione europea o altrove abbia la giurisdizione per conoscere del divorzio di una coppia di cittadini comunitari di nazionalità diversa che vivono in uno Stato terzo. Inoltre, se il divorzio è stato pronunciato in uno Stato terzo, la coppia può avere serie difficoltà a far riconoscere la relativa sentenza negli Stati membri d’origine dei coniugi.

Esempio 4: la coppia tedesco-olandese che vive in uno Stato terzo Una coppia tedesco-olandese vive in uno Stato terzo da molti anni. La relazione si deteriora e la moglie tedesca vuole divorziare, preferibilmente davanti a un tribunale tedesco. Tuttavia, il divorzio non può essere chiesto né in Germania né in un altro Stato membro. Nessuno dei criteri di giurisdizione del nuovo regolamento Bruxelles II è applicabile poiché i coniugi non risiedono abitualmente in uno Stato membro e non hanno cittadinanza comune. Di conseguenza i tribunali degli Stati membri possono avvalersi delle norme nazionali che determinano la giurisdizione. Tuttavia la moglie tedesca non può chiedere il divorzio in Germania in base alle norme tedesche sulla giurisdizione, in quanto, ai sensi dell’articolo 6 del nuovo regolamento Bruxelles II che offre una certa tutela al convenuto, il marito olandese può essere convenuto in giudizio in Germania soltanto in forza delle norme sulla giurisdizione previste dal suddetto regolamento. Il procedimento non può svolgersi nemmeno nei Paesi Bassi, in quanto il diritto olandese non prevede norme sulla giurisdizione nazionale in queste circostanze. Di conseguenza la moglie tedesca non può presentare domanda di divorzio in nessuno Stato membro. La sua unica speranza è che i tribunali dello Stato terzo abbiano la giurisdizione in materia. Anche in questo caso tuttavia, può essere difficile ottenere il riconoscimento della relativa sentenza in Germania. |

2.5. Rischio di una “corsa in tribunale”

Il principio della litispendenza (cfr. punto 3.6.3 del documento di lavoro in allegato) può indurre un coniuge a presentare domanda di divorzio prima dell’altro coniuge per impedire che il tribunale di un altro Stato membro riconosca la propria giurisdizione (“corsa in tribunale”). Ne possono derivare situazioni in cui il coniuge ricorrente presenta domanda di divorzio in un particolare Stato membro per ottenere un certo risultato, ad esempio eludere l’applicazione di una determinata legge sul divorzio. La “corsa in tribunale” può pregiudicare il coniuge convenuto qualora ne consegua l’applicazione di un diritto con cui detto coniuge non si sente strettamente collegato e che non tiene conto dei suoi interessi. L’esempio che segue illustra tale rischio.

Esempio 5: il marito polacco che va a lavorare in Finlandia Una coppia polacca sposata da vent’anni vive in Polonia con i figli. Il marito riceve un’interessante proposta di lavoro in Finlandia per due anni. La coppia decide che il marito accetti l’offerta e che la moglie resti in Polonia con i figli. Dopo un anno il marito comunica alla moglie che vuole divorziare. Egli sa che i procedimenti di divorzio secondo il diritto polacco sono lunghi e che il tribunale deve accertarsi che il matrimonio sia completamente e irreparabilmente finito. Tuttavia, ai sensi del nuovo regolamento Bruxelles II, i tribunali finlandesi possono riconoscere la propria giurisdizione in quanto il marito ha vissuto in Finlandia per più di un anno. In base al principio della “lex fori”, i tribunali finlandesi applicano al divorzio il diritto finlandese. Ne consegue che il marito polacco può ottenere il divorzio dopo un periodo di riflessione di sei mesi, nonostante l’opposizione della moglie. Volendo ottenere il divorzio il più presto possibile, il marito si rivolge immediatamente al tribunale finlandese, che pronuncia il divorzio dopo sei mesi nonostante la forte opposizione della moglie. |

Domanda 1: Le risulta che nell’ambito dei divorzi “internazionali” possano sorgere altri problemi, diversi da quelli sopra esposti? |

3. SOLUZIONI POSSIBILI

3.1. Status quo

Una prima possibilità sarebbe quella di lasciare le cose così come stanno, senza introdurre modifiche normative. Si potrebbe sostenere che i problemi individuati non sono così seri o non si presentano così di frequente da giustificare l’azione comunitaria.

3.2. Armonizzare le norme sui conflitti di legge

Un’altra opzione sarebbe quella di armonizzare le norme sui conflitti di legge, basandosi su una serie di criteri di collegamento uniformi. Questa soluzione avrebbe il vantaggio di assicurare la certezza giuridica (esempio 1). Inoltre, a seconda del contenuto delle norme armonizzate, potrebbe aumentare l’autonomia delle parti (esempio 2) e contribuire a trovare soluzioni che soddisfino i cittadini (esempio 3). L’armonizzazione potrebbe far diminuire almeno in parte la “corsa in tribunale” (esempio 5), in quanto qualsiasi tribunale adito applicherebbe la legge sui divorzi individuata in base a norme comuni.

I criteri di collegamento dovrebbero essere esaminati attentamente al fine di assicurare la certezza giuridica e la prevedibilità, e nel contempo consentire una certa flessibilità. L’obiettivo sarebbe quello di garantire che un divorzio sia regolato dall’ordinamento giuridico con cui ha il collegamento più stretto. Si potrebbero utilizzare criteri di collegamento comunemente usati dagli strumenti internazionali e dalle norme sui conflitti di legge degli Stati membri, quali l’ultima residenza abituale comune dei coniugi, la cittadinanza comune dei coniugi, l’ultima cittadinanza comune se un coniuge la conserva ancora o la “lex fori”.

Domanda 2: È favorevole all’armonizzazione delle norme sui conflitti di legge? Quali sono i pro e i contro? Domanda 3: Quali ritiene siano i criteri di collegamento più idonei? Domanda 4: Le norme armonizzate dovrebbero valere solo per il divorzio o anche per la separazione personale e l’annullamento del matrimonio? Domanda 5: Le norme armonizzate dovrebbero prevedere una clausola di ordine pubblico che consenta ai tribunali di non applicare la legge straniera in determinate circostanze? |

3.3. Permettere ai coniugi di scegliere il diritto applicabile

Un’altra opzione sarebbe quella di introdurre una possibilità limitata per i coniugi di scegliere il diritto applicabile al procedimento di divorzio. Tale possibilità potrebbe aumentare la certezza giuridica e la prevedibilità per i coniugi, soprattutto nei divorzi consensuali. Una certa autonomia delle parti renderebbe inoltre più flessibili le norme attuali, che in linea di principio prevedono un’unica soluzione. Essa infine in certi casi potrebbe agevolare l’accesso ai tribunali. Questa soluzione sarebbe particolarmente utile quando i coniugi decidono di divorziare consensualmente, come nel caso della coppia italo-portoghese (esempio 1) e della coppia italiana che vive in Germania (esempio 2).

Il principio della libertà di scelta è stato utilizzato sempre più spesso nelle convenzioni internazionali in materia di norme sui conflitti di legge nel campo del diritto dei contratti, ma meno nel diritto di famiglia. Esistono tuttavia eccezioni, come la recente legge belga sul diritto internazionale privato che consente ai coniugi di scegliere tra la legge nazionale di uno dei coniugi o la legge belga (ossia la “lex fori”)[6].

Lasciare alle parti una scelta illimitata potrebbe provocare l’applicazione di leggi “esotiche”, con cui le parti hanno un collegamento minimo o inesistente. È quindi preferibile limitare il campo di scelta a determinate leggi con cui i coniugi hanno uno stretto collegamento (ad esempio in virtù della cittadinanza di uno o di entrambi i coniugi, dell’ultima residenza abituale comune o della “lex fori”). Una possibilità sarebbe quella di limitare la scelta alla legge dello Stato in cui si svolge il procedimento (“lex fori”) per garantire che i tribunali non siano obbligati ad applicare il diritto straniero.

Ovviamente si dovrebbero esaminare in modo approfondito le modalità di scelta. Si potrebbe prevedere che la scelta venga espressa esplicitamente e per iscritto al momento della presentazione della domanda di divorzio. Sarebbe inoltre necessario esaminare l’opportunità di introdurre speciali misure per tutelare un coniuge contro l’indebita pressione da parte dell’altro coniuge a scegliere una determinata legge. Potrebbero altresì essere necessarie speciali disposizioni per il caso in cui i coniugi abbiano figli.

La scelta di una legge chiaramente si riferisce alle norme sostanziali dello Stato in cui si svolge il procedimento e non alle norme di diritto internazionale privato (esclusione del cosiddetto “rinvio”). In caso contrario l’obiettivo della certezza giuridica sarebbe pregiudicato.

Domanda 6: Dovrebbe essere consentito alle parti di scegliere il diritto applicabile? Quali sono i pro e i contro? Domanda 7: La scelta dovrebbe essere limitata a determinate leggi? In caso affermativo, quali ritiene siano i criteri di collegamento idonei? La scelta dovrebbe essere limitata alle leggi degli Stati membri? La scelta dovrebbe essere limitata alla “lex fori”? Domanda 8: La possibilità di scegliere il diritto applicabile dovrebbe valere solo per il divorzio o anche per la separazione personale e l’annullamento del matrimonio? Domanda 9: Quali dovrebbero essere i requisiti formali dell’accordo delle parti relativo alla scelta del diritto applicabile? |

3.4. Rivedere i criteri di giurisdizione di cui all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003

I criteri di giurisdizione di cui all’articolo 3 del regolamento n. 2201/2003 erano stati originariamente previsti per rispondere a necessità di carattere obiettivo, per essere adeguati agli interessi delle parti, improntarsi a principi di flessibilità e tener conto della mobilità delle persone, che cercavano in definitiva di favorire senza compromettere la certezza del diritto[7].

Si potrebbe affermare che le norme sulla giurisdizione non rispondono interamente a tali obiettivi. In mancanza di norme uniformi sui conflitti di legge, la sussistenza di vari criteri di giurisdizione alternativi può dar luogo all’applicazione di leggi con cui i coniugi non hanno necessariamente il collegamento più stretto (esempio 5). D’altro canto in certi casi i criteri di giurisdizione possono non avere la flessibilità sufficiente per soddisfare le esigenze dei singoli (esempio 3).

Un’opzione possibile sarebbe quella di rivedere le norme sulla giurisdizione. Si dovrebbero tuttavia valutare le conseguenze di un’eventuale revisione. Una limitazione dei criteri di giurisdizione potrebbe avere conseguenze negative in termini di flessibilità e di accesso ai tribunali, a meno che si dia alle parti la possibilità di scegliere il tribunale giurisdizionalmente competente (cfr. il successivo punto 3.6). D’altro canto, aggiungere nuovi criteri di giurisdizione potrebbe far diminuire ulteriormente la certezza giuridica.

Domanda 10: In base alla sua esperienza ritiene che la sussistenza di più criteri di giurisdizione provochi una “corsa in tribunale”? Domanda 11: Secondo lei, i criteri di giurisdizione dovrebbero essere rivisti? In caso affermativo, quale sarebbe la soluzione migliore? |

3.5. Rivedere la norma sulla giurisdizione residuale di cui all’articolo 7 del regolamento n. 2201/2003

Un’altra questione è quella di decidere se si debba rivedere la norma sulla giurisdizione residuale, prevista dall’articolo 7 del nuovo regolamento Bruxelles II. Le disposizioni attuali possono dar luogo a situazioni in cui nessun tribunale all’interno dell’Unione europea, e nemmeno altrove, sia giurisdizionalmente competente a pronunciarsi su una domanda di divorzio (esempio 4). Qualora un tribunale di uno Stato terzo riconosca la propria giurisdizione, la sentenza di divorzio da esso emessa può essere riconosciuta all’interno dell’Unione europea solo ai sensi del diritto nazionale o dei trattati internazionali applicabili, ma non in base al nuovo regolamento Bruxelles II. Questa situazione può provocare difficoltà alla coppia che voglia veder riconosciuto il divorzio nei paesi d’origine dei coniugi.

Domanda 12: Ritiene che le norme sulla giurisdizione dovrebbero essere armonizzate ulteriormente e che l’articolo 7 del regolamento n. 2201/2003 dovrebbe essere eliminato o perlomeno limitato ai casi in cui non sono coinvolti cittadini dell’UE? In caso affermativo, come dovrebbero essere tali norme? |

3.6. Permettere ai coniugi di scegliere il tribunale giurisdizionalmente competente

Un’altra soluzione sarebbe quella di consentire ai coniugi di scegliere il tribunale giurisdizionalmente competente in caso di divorzio (“proroga della giurisdizione”). Permettere alle parti di decidere che un tribunale o i tribunali di un determinato Stato membro abbiano la giurisdizione nei procedimenti di divorzio potrebbe aumentare la certezza giuridica e la flessibilità ed essere particolarmente utile nei casi di divorzio consensuale.

La proroga della giurisdizione potrebbe dimostrarsi utile anche nelle situazioni in cui i coniugi non possono adire un tribunale di uno Stato membro ai sensi delle attuali norme sulla giurisdizione in quanto non hanno cittadinanza o domicilio comuni. Essa, ad esempio, consentirebbe alla coppia finno-svedese che vive in Irlanda di attribuire la giurisdizione nel loro procedimento di divorzio ai tribunali finlandesi o svedesi (esempio 3). Analogamente, permetterebbe alla coppia tedesco-olandese che vive in uno Stato terzo di scegliere il tribunale giurisdizionalmente competente (esempio 4). Il tribunale designato dalle parti applicherebbe la legge stabilita dalle norme sui conflitti di legge dello Stato in cui si svolge il procedimento.

La possibilità di scegliere il tribunale giurisdizionalmente competente è prevista da vari strumenti comunitari. La proroga è possibile ai sensi dell’articolo 23 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio. Analogamente, l’articolo 12 del nuovo regolamento Bruxelles II prevede una limitata possibilità di scegliere il tribunale giurisdizionalmente competente in materia di potestà dei genitori.

La proroga della giurisdizione in materia di divorzio potrebbe essere limitata ai tribunali degli Stati membri con cui i coniugi hanno uno stretto collegamento, ad esempio in virtù della cittadinanza o del domicilio di entrambi i coniugi o dell’ultima residenza abituale comune dei coniugi. Se i coniugi hanno figli occorre assicurarsi che le eventuali norme siano coerenti con le disposizioni sulla proroga di cui all’articolo 12 del nuovo regolamento Bruxelles II. Naturalmente si devono altresì valutare le modalità e il momento della scelta.

Domanda 13: Quali sono i pro e i contro dell’introduzione di una possibilità di proroga della giurisdizione in materia di divorzio? Domanda 14: La proroga dovrebbe essere limitata a determinate giurisdizioni? Domanda 15: Quali dovrebbero essere i requisiti formali dell’accordo di proroga delle parti? |

3.7. Introdurre la possibilità di trasferire una causa

Come spiegato in precedenza (punto 2.5.), in determinate circostanze un coniuge può essere incentivato a “correre in tribunale” prima che lo faccia l’altro coniuge. Ciò è dovuto almeno in parte alla norma sulla litispendenza, prevista dal nuovo regolamento Bruxelles II, criticata in quanto troppo rigida e incentivante a “colpire per primi”. Una soluzione potrebbe essere quella di introdurre la possibilità, in circostanze eccezionali, di trasferire il procedimento di divorzio davanti al tribunale di un altro Stato membro. L’articolo 15 del nuovo regolamento Bruxelles II prevede tale possibilità in materia di potestà dei genitori.

Il trasferimento potrebbe essere previsto in via eccezionale e in base a condizioni tassative qualora un coniuge instauri il procedimento di divorzio in uno Stato membro e l’altro coniuge ne richieda il trasferimento davanti al tribunale di un altro Stato membro, sostenendo che la vita matrimoniale si sia localizzata prevalentemente in quello Stato. Per garantire la certezza del diritto, il “centro di gravità” della vita matrimoniale potrebbe individuarsi in base a un elenco tassativo di criteri di collegamento, che includa ad esempio l’ultima residenza abituale comune dei coniugi, se uno dei due vive ancora là, e la loro cittadinanza comune.

È chiaro che si dovrebbero altresì precisare le modalità di un eventuale meccanismo di trasferimento per garantire in particolare che esso non diventi uno strumento dilatorio. Qualora il procedimento di divorzio sia connesso con procedimenti in materia di potestà dei genitori possono essere necessarie ulteriori misure per assicurare la coerenza con l’articolo 15 del nuovo regolamento Bruxelles II.

La possibilità di trasferire una causa potrebbe rappresentare una soluzione ai problemi che possono sorgere qualora un coniuge abbia chiesto unilateralmente il divorzio contro la volontà dell’altro coniuge. A titolo esemplificativo, detta possibilità permetterebbe alla moglie polacca di cui all’esempio 5 di chiedere ai tribunali finlandesi di trasferire la causa davanti ai tribunali polacchi in quanto, essendo entrambi i coniugi di nazionalità polacca ed essendo la Polonia la loro ultima residenza abituale comune, il “centro di gravità” della vita matrimoniale era localizzato in Polonia.

Domanda 16: Ritiene che dovrebbe essere possibile chiedere il trasferimento di una causa davanti al tribunale di un altro Stato membro? Quali sono i pro e i contro? Domanda 17: Quali dovrebbero essere i criteri di collegamento che consentono di trasferire una causa in un altro Stato membro? Domanda 18: Quali misure sarebbero necessarie per garantire la certezza giuridica ed evitare indebite dilazioni? |

3.8. Combinare soluzioni diverse

Le proposte sopra descritte sono esempi di varie soluzioni possibili. Nessuna di esse tuttavia potrebbe risolvere da sola tutti i problemi descritti al capitolo 2. Si potrebbe pertanto considerare di combinare varie soluzioni.

Ad esempio, ai coniugi potrebbe essere consentito di scegliere il tribunale giurisdizionalmente competente in base alla cittadinanza di uno dei coniugi o alla loro ultima residenza abituale. Inoltre, si potrebbe permettere loro di scegliere il diritto applicabile, o almeno di optare per l’applicazione della “lex fori”. Questa combinazione potrebbe risolvere i problemi descritti negli esempi 1-4 ed essere particolarmente utile nei divorzi consensuali. Per quanto riguarda i problemi relativi ai divorzi chiesti unilateralmente da un coniuge (esempio 5), si potrebbe prevedere di introdurre la possibilità di trasferire la causa in un altro Stato membro.

Domanda 19: Quale ritiene sia la combinazione di soluzioni che risolverebbe meglio i problemi illustrati? Domanda 20: Ha altre soluzioni da suggerire per risolvere i problemi descritti al capitolo 2? |

[1] Regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi, GU L 160 del 30.6.2000, pag. 19.

[2] Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, GU L 338 del 23.12.2003, pag. 1.

[3] GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.

[4] Programma dell’Aia: rafforzare la libertà, la sicurezza e la giustizia nell’Unione europea, adottato dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004.

[5] Fonte: Statistisches Bundesamt. Deutschland.

[6] Articolo 55, secondo paragrafo, della « Loi portant le Code de droit international privé » del 16 luglio 2004, pubblicata il 27 luglio 2004.

[7] Punto 27 della relazione esplicativa relativa alla convenzione del 28 maggio 1998 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali (su cui si basa il regolamento Bruxelles II), GU C 221 del 16.7.1998, pag. 27.