52004PC0607

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro {SEC(2004) 1154} /* COM/2004/0607 def. - COD 2004/0209 */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 22.9.2004

COM(2004) 607 definitivo

2004/0209 (COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

recante modifica della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro

(presentata dalla Commissione) {SEC(2004) 1154}

RELAZIONE

I. OGGETTO DELLA PROPOSTA

1. La presente proposta mira a modificare la direttiva 2003/88/CE[1] del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro.

2. Il riesame di talune disposizioni della direttiva 2003/88/CE, al fine di un’eventuale modifica, è imposto dalla direttiva stessa. Difatti essa contiene due disposizioni che prevedono il proprio riesame entro il 23 novembre 2003. Tali disposizioni sono relative al periodo di riferimento per l’applicazione dell’articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro) e alla facoltà di non applicare l’articolo 6 qualora il lavoratore dia il proprio assenso per effettuare un simile lavoro.

3. D’altro lato l’interpretazione data dalla Corte di giustizia delle disposizioni della direttiva nelle varie cause pregiudiziali ai sensi dell’articolo 234 del trattato ha inciso profondamente sulla nozione di «orario di lavoro» e di conseguenza sulle disposizioni fondamentali della direttiva. La Commissione ha dunque ritenuto utile e opportuno analizzare gli effetti della giurisprudenza, in particolare delle sentenze delle cause SIMAP[2] e Jaeger[3], relative alla classificazione come orario di lavoro dei servizi di guardia dei medici effettuati in base al regime di presenza fisica nei centri ospedalieri.

4. Ai sensi dell’articolo 138 del trattato, la Commissione ha consultato le parti sociali a livello comunitario in merito al possibile orientamento di un’azione comunitaria in materia. Dopo tale consultazione la Commissione ha ritenuto che un’azione comunitaria fosse auspicabile, ed ha nuovamente consultato le parti sociali a livello comunitario in merito al contenuto della proposta prevista, conformemente all’articolo 38 paragrafo 3 del trattato. Il risultato di questa seconda fase di consultazione è riassunto qui di seguito.

II. RISULTATI DELLA SECONDA FASE DI CONSULTAZIONE DELLE PARTI SOCIALI

5. Innanzitutto và rilevato che le parti sociali hanno respinto l’invito ad aprire negoziati in questo settore al fine di arrivare a un accordo europeo e hanno chiesto alla Commissione di presentare una proposta di direttiva.

6. Quanto al contenuto di una simile proposta, le opinioni divergono. Così, per quanto concerne l'articolo 22, paragrafo 1 ("opt-out"), l'organizzazione rappresentante i lavoratori (CES) sostiene che solo la sua progressiva eliminazione, al più presto possibile, sia accettabile. Per contro, per quanto concerne le organizzazioni rappresentanti i datori di lavoro, l'UNICE si dice favorevole al mantenimento dell'attuale articolo 22, paragrafo 1, ma aggiungendo la possibilità per gli Stati membri di autorizzare l'opt-out tramite contratto collettivo, mentre la CEEP, dal canto suo, si pronuncia in favore del mantenimento di tale disposizione, chiedendo un rafforzamento delle sue condizioni d'applicazione.

7. Quanto alla questione delle deroghe ai periodi di riferimento, la CES rammenta che l’annualizzazione dei periodi di riferimento è già possibile nel quadro legislativo attualmente in vigore. La CES ritiene che la possibilità di prolungare il periodo di riferimento a 12 mesi per via legislativa o regolamentare striderebbe con dei moderni accordi in materia di orario di lavoro. L'UNICE ritiene che la direttiva dovrebbe consentire un periodo di riferimento di un anno, con la possibilità di prolungamento tramite una convenzione collettiva. Tale modifica permetterebbe di andare incontro alle necessità delle imprese soggette a forti fluttuazioni, segnatamente per le PMI, e rappresenterebbe un sostegno all’occupazione nei periodi di fluttuazione della domanda. Il CEEP si pronuncia nel medesimo senso.

8. Anche per quanto concerne la questione della definizione dell’orario di lavoro, le opinioni sono assai divergenti. Il CES ritiene che l'introduzione della nozione di "periodi di inattività nell’ambito di un servizio di guardia" rappresenti una misura sproporzionata rispetto ai problemi incontrati dagli Stati membri. Secondo la CES si potrebbe puntare a soluzioni più circoscritte. L'UNICE sostiene che solo i periodi di lavoro effettivi dovrebbero rientrare nella nozione di “orario di lavoro" in questa accezione. La CEEP sostiene l'addizione della categoria del "periodo di inattività nell’ambito di un servizio di guardia", che non dovrebbe essere considerato parte dell’orario di lavoro.

III. GIUSTIFICAZIONE DELLA PROPOSTAZIONE

9. La Commissione ha sottolineato a più riprese[4] la propria convinzione secondo cui solo un approccio globale ai quattro settori individuati e sottoposti alla discussione delle parti sociali a livello comunitario potrebbe consentire di trovare una soluzione equilibrata che garantisca il rispetto dei criteri definiti.

10. Inoltre la Commissione ha annunciato preliminarmente i criteri su cui dovrà basarsi la proposta da varare:

- garantire una maggior protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori per quanto attiene all’orario di lavoro;

- dare alle imprese ed agli Stati membri una maggior flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro;

- rendere più compatibili la vita professionale e la vita familiare;

- evitare d'imporre oneri eccessivi alle imprese, soprattutto alle PMI;.

11. Secondo il punto di vista della Commissione la presente proposta è quella più adeguata per soddisfare detti criteri.

12. In effetti, la presente proposta consente di aumentare il livello di tutela dei lavoratori accordando, nel medesimo tempo, alle imprese la necessaria flessibilità in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. Per quanto concerne più specificamente l'opt-out individuale, che permette di non essere tenuto a rispettare il limite delle 48 ore, la presente direttiva introduce un doppio sistema che combina i vantaggi dell'approccio individuale con l'ulteriore sicurezza procurata dalla negoziazione collettiva. L'opt-out sarà vincolato alla preventiva autorizzazione tramite convenzione collettiva o accordo tra le parti sociali, ma solamente nel caso in cui tali accordi siano possibili secondo i termini di legge e/o le prassi nazionali. Qualora ciò non avvenga, l'opt-out continuerà ad essere possibile tramite assenso individuale, ma le condizioni di applicazione saranno riviste allo scopo di prevenire gli abusi ed assicurare che la scelta del lavoratore sia interamente libera. Inoltre, in tal caso, la direttiva prevede una limitazione della durata dell’orario di lavoro settimanale in ogni data settimana.

13. Inoltre essa rende più compatibili la vita professionale e la vita, segnatamente attraverso le modifiche proposte riguardo all'articolo 22, paragrafo 1. Nel quadro degli obiettivi della strategia di Lisbona, il sesto “considerando” rammenta che spetta agli Stati membri incoraggiare i negoziati tra le parti sociali in questo settore.

14. Inoltre la presente proposta garantisce alle imprese e agli Stati membri una maggiore flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro. In effetti il periodo di riferimento per il calcolo della durata massima settimanale dell’orario di lavoro potrà essere fissato a un anno, offrendo così alle imprese l’opportunità di reagire alle fluttuazioni, più o meno regolari, della domanda.

15. Nell’intento di assicurare un adeguato equilibrio tra la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, da una parte, ed il bisogno di flessibilità delle imprese, dall’altra, e tenendo conto del fatto che i periodi inattivi durante i servizi di guardia non richiedono lo stesso livello di protezione che richiedono i periodi attivi, la proposta stabilisce che i periodi inattivi durante i servizi di guardia non fanno parte dell’orario di lavoro ai sensi della direttiva, a meno che la legislazione nazionale, i contratti collettivi o gli accordi tra parti sociali non dispongano altrimenti.

16. Infine, la proposta tiene conto della situazione particolare delle imprese, segnatamente delle PMI. In effetti l'opt-out individuale resterebbe accessibile alle imprese che non hanno contratti collettivi né una rappresentanza del personale (essenzialmente piccolissime e piccole imprese); inoltre la possibilità di fissare il periodo di riferimento a un anno semplificherebbe la gestione dell’orario di lavoro dei dipendenti, permettendo allo stesso tempo un migliore adattamento alle fluttuazioni della domanda.

IV. CONTENUTO MATERIALE DELLA PROPOSTA

17. Si propone di modificare la direttiva 2003/88/CE come segue.

18. Articolo 2 (Definizioni): Le definizioni di "orario di lavoro" e di "periodo di riposo" rimangono invariate. La presente proposta inserisce due nuove definizioni: "servizio di guardia" e "periodo inattivo durante il servizio di guardia", che si aggiungono alle definizioni esistenti. Queste due nuove definizioni mirano a introdurre nella direttiva una nozione che non rappresenta esattamente una terza categoria di orario da aggiungere alle altre due, ma una categoria che integra, in misure diverse, le due nozioni di "orario di lavoro" e di "periodo di riposo”. La proposta nozione di « servizio di guardia » copre le situazioni in cui il lavoratore ha l’obbligo di permanenza sul luogo di lavoro.

19. Nuovo Articolo 2bis (Servizio di guardia) : In seguito all’inserimento delle due definizioni, questo articolo mira a definire il regime applicabile al periodo di e più specificatamente ai periodi inattivi del servizio di guardia. È chiaramente definito che i periodi inattivi del servizio di guardia non fanno parte dell’orario di lavoro, a meno che la legislazione nazionale, ovvero un contratto collettivo o tra parti sociali (in conformità con la legislazione e/o le pratiche nazionali) non preveda il contrario. Per quanto riguarda i periodi durante i quali il lavoratore esercita effettivamente le sue attività o funzioni, essi devono essere considerati a tutti gli effetti come parte integrante dell’orario di lavoro ai sensi della direttiva.

20. Articolo 16 (Periodi di riferimento), comma b) : In base a questa modifica, il periodo di riferimento "standard" resta di 4 mesi. Tuttavia gli Stati membri possono portare tale periodo a un anno, a condizione che consultino le parti sociali interessate e incoraggino il dialogo sociale in materia. Inoltre si specifica che la durata del periodo di riferimento non può in alcun caso essere superiore alla durata del contratto di lavoro.

21. Articolo 17 (Deroghe), paragrafi 1 e 3 : Queste modifiche devono essere lette unitamente alla modifica all’articolo 16, comma b), che elimina la possibilità di derogare al periodo di riferimento di quattro mesi. Visto che la legge nazionale potrà fissare un periodo di riferimento di un anno, non è più necessario prevedere deroghe che possono raggiungere una durata di sei mesi.

22. Articolo 17 (Deroghe), paragrafo 2 : Gli articoli 3 e 5 stabiliscono dei periodi di riposo giornaliero e settimanale della durata rispettiva di 11 ore consecutive per periodo di 24 ore e di 24 ore più le 11 di riposo quotidiano per ciascun periodo di sette giorni. Tuttavia è possibile derogare a questi due articoli. In caso di deroga, in principio, si dovrà accordare ai lavoratori un riposo compensativo. La presente modifica mira a chiarire che i periodi di riposo compensativo devono essere garantiti entro un termine ragionevole e, in ogni caso, non superiore a 72 ore.

23. Articolo 18 (Deroghe mediante contratto collettivo) : anche questo articolo provvede ad chiarire la tematica del riposo compensativo (cfr. qui sopra).

24. Il primo e il terzo comma dell'articolo 19 ed il secondo paragrafo dell'articolo 20 sono eliminati. Nel secondo caso si tratta di eliminare delle deroghe al periodo di riferimento, divenute obsolete dopo l’emendamento proposto dall’articolo 16, comma b).

25. Articolo 22, paragrafo 1 : Questa disposizione stabilisce le condizioni da rispettare da parte degli Stati membri per consentire la non applicazione dell’articolo 6 (durata massima settimanale dell’orario di lavoro).

La non applicazione dell'articolo 6 è sottoposta alla condizione che sia autorizzata da un contratto collettivo o un accordo concluso tra parti sociali a livello adeguato.

Il testo prevede che tale obbligo d’autorizzazione per contratto collettivo non sia applicabile qualora non sia in vigore alcun contratto collettivo e qualora nell’impresa o nello stabilimento non esista una rappresentazione del personale abilitata a concludere contratti collettivi o accordi in questo settore, in conformità con la legislazione e/o alle pratiche nazionali. In questo caso, l'assenso individuale del lavoratore, secondo le condizioni definite, è sufficiente.

L'autorizzazione tramite contratto collettivo o accordo rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente. In effetti rimane sempre necessario l’assenso del lavoratore. Rispetto alla situazione precedente, le condizioni sono definite in maniera più chiara e rigorosa. Infatti l’assenso del lavoratore deve essere dato per iscritto, non può essere dato all’inizio del rapporto lavorativo o durante il periodo di prova, il suo periodo di validità è limitato, è fissato un tetto massimo assoluto di ore lavorative, è sancito l’obbligo di tenere dei registri.

2004/0209 (COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

recante modifica della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 137, paragrafo 2,

vista la proposta della Commissione[5]

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo[6],

visto il parere del Comitato delle regioni[7],

deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato[8],

considerando quanto segue:

(1) L'articolo 137 del trattato dispone che la Comunità sostiene e completa l'azione degli Stati membri al fine di migliorare l'ambiente di lavoro per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori. Le direttive adottate sulla base di tale articolo devono evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese.

(2) La direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro[9] prevede prescrizioni minime di sicurezza e sanitarie in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, in relazione ai periodi di riposo quotidiano, di pausa, di riposo settimanale, di durata massima settimanale del lavoro e di ferie annuali, nonché relativamente ad aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

(3) Due disposizioni della direttiva 2003/88/CE sono provviste di una clausola di riesame entro il 23 novembre 2003. Si tratta dell'articolo 19 e dell'articolo 22, paragrafo 1.

(4) Oltre dieci anni dopo l’adozione della direttiva 93/104/CE del Consiglio[10], la direttiva iniziale in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, appare necessario modernizzare la legislazione comunitaria, al fine di rispondere meglio alle nuove realtà e richieste, sia dei datori di lavoro che dei lavoratori.

(5) La conciliazione tra lavoro e vita familiare è un elemento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi che l'Unione si è prefissata nella Strategia di Lisbona. Essa non solo è adatta a rendere più soddisfacente il clima lavorativo, ma anche a consentire un migliore adattamento ai bisogni dei lavoratori, segnatamente di quelli che hanno responsabilità familiari. Varie modifiche introdotte nella direttiva 2003/88/CE, segnatamente per quanto concerne l'articolo 22, permettono una migliore compatibilità tra lavoro e vita familiare.

(6) In questo contesto spetta agli Stati membri incoraggiare le parti sociali a concludere, al livello appropriato, accordi che fissino delle regole miranti a una migliore compatibilità tra vita professionale e vita familiare.

(7) Si fa impellente la necessità di trovare un nuovo equilibrio tra la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ed il bisogno di introdurre una maggiore flessibilità nell’organizzazione dell’orario di lavoro, segnatamente per quanto riguarda i servizi di guardia e, più specificatamente, i periodi inattivi durante il servizio di guardia.

(8) Anche le disposizioni concernenti il periodo di riferimento devono essere riviste, nell’intento di semplificare il regime esistente e di meglio adattarlo alle necessità delle imprese e dei lavoratori.

(9) L'esperienza acquisita nell’applicazione dell'articolo 22, paragrafo 1, dimostra che la decisione finale, puramente individuale, di non applicare l'articolo 6 della direttiva può comportare dei problemi per quanto concerne la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nonché della libertà di scelta del lavoratore.

(10) Ai sensi dell'articolo 138, paragrafo 2 del trattato la Commissione ha consultato le parti sociali a livello comunitario in merito al possibile orientamento di un’azione comunitaria in materia.

(11) Dopo tale consultazione, la Commissione, ritenendo opportuna un'azione comunitaria, ha nuovamente consultato le parti sociali a livello comunitario sul contenuto della proposta prevista, ai sensi dell'articolo 138, paragrafo 3 del trattato.

(12) Al termine di tale seconda fase di consultazione le parti sociali non hanno informato la Commissione della loro volontà di avviare il processo che potrebbe condurre alla conclusione di un accordo, come previsto all'articolo 138, paragrafo 4 del trattato.

(13) Poiché gli obiettivi dell’azione proposta, che consiste nel modernizzare la legislazione comunitaria in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri, e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5 del trattato. Conformemente al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, la presente decisione non va oltre quanto è necessario per conseguire tali obiettivi.

(14) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi, riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto del diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque (articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea).

(15) Conformemente al principio di sussidiarietà e al principio di proporzionalità, enunciati all'articolo 5 del trattato, gli obiettivi dell’azioni qui proposta non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri, poiché si tratta di modificare un atto di diritto comunitario in vigore.

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

La direttiva 2003/88/CE è modificata come segue:

1. All’articolo 2, sono inseriti i punti 1bis e 1ter:

"1bis. "servizio di guardia": periodo durante il quale il lavoratore è obbligato a tenersi a disposizione, sul proprio luogo di lavoro, al fine di intervenire, su richiesta del datore di lavoro, per esercitare la propria attività o le proprie funzioni.

1ter. "periodo inattivo del servizio di guardia": periodo durante il quale il lavoratore è di guardia ai sensi dell'articolo 1bis, ma non è chiamato dal suo datore di lavoro ad esercitare la propria attività o le proprie funzioni."

2. È inserito il seguente articolo 2bis :

"Articolo 2bis

Servizio di guardia

Il periodo inattivo del servizio di guardia non è considerato come orario di lavoro, a meno che la legge nazionale o, conformemente alla legislazione e/o alle pratiche nazionali, un contratto collettivo o un accordo tra parti sociali non dispongano altrimenti.

Il periodo durante il quale il lavoratore esercita effettivamente le proprie attività o funzioni durante il servizio di guardia è sempre considerato come orario di lavoro."

3. All’articolo 16, il punto b) è sostituito dalla dicitura seguente:

"b) per l'applicazione dell'articolo 6 (durata massima settimanale del lavoro), un periodo di riferimento non superiore a quattro mesi.

Tuttavia gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, per ragioni oggettive o tecniche o per ragioni riguardanti l’organizzazione del lavoro, portare tale periodo di riferimento a dodici mesi, con riserva del rispetto dei principi generali relativi alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, e con riserva di una consultazione delle parti sociali interessate e della profusione di sforzi volti a incoraggiare tutte le forme pertinenti di dialogo sociale, compresa la concertazione, se le parti lo desiderano.

Se la durata del contratto di lavoro è inferiore a un anno, il periodo di riferimento non può essere superiore alla durata del contratto di lavoro.

I periodi di ferie annue, concesse a norma dell'articolo 7, ed i periodi di assenza per malattia non vengono presi in considerazione o sono neutri ai fini del computo della media;"

4. L'articolo 17 è modificato come segue:

a) Al paragrafo 1, le parole "agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16" sono sostituite dalle parole "agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16, punti a) e c)".

b) Al paragrafo 2, le parole "a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo" sono sostituite dalle parole "a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo entro un limite ragionevole, non superiore a 72 ore".

c) Al paragrafo 3, nella frase introduttiva, le parole “agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16" sono sostituite dalle parole "agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16, punti a) e c)".

d) Il paragrafo 5 è modificato come segue:

i) Il primo comma è sostituito dal testo seguente:

"In conformità al paragrafo 2 del presente articolo le deroghe all'articolo 6, nel caso dei medici in formazione, possono essere concesse secondo il disposto dei commi dal secondo al settimo del presente paragrafo."

ii) L'ultimo comma è soppresso.

5. All’articolo 18, terzo comma, le parole "a condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo" sono sostituite dalle parole "a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo entro un limite ragionevole, non superiore a 72 ore".

6. L'articolo 19 è sostituito dal testo seguente:

"Gli Stati membri hanno la facoltà, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, di consentire che, per ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, i contratti collettivi o gli accordi conclusi tra le parti sociali fissino periodi di riferimento, relativi alla durata massima settimanale del lavoro, che non superino in alcun caso i dodici mesi."

7. All'articolo 20, il paragrafo 2 è soppresso.

8. L'articolo 22 è modificato come segue:

a) Il paragrafo 1 è sostituito dal testo seguente:

"1. Gli Stati membri hanno facoltà di non applicare l'articolo 6, nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori. Il ricorso a tale facoltà deve tuttavia essere espressamente prevista dal contratto collettivo o dall’accordo concluso tra parti sociali a livello nazionale o regionale o in conformità con la legislazione e/o le pratiche nazionali, tramite contratti collettivi o accordi conclusi tra parti sociali a livello adeguato.

Il ricorso a tale facoltà è inoltre possibile, tramite un accordo tra il datore di lavoro ed il lavoratore, qualora non sia in vigore alcun contratto collettivo e all’interno dell’impresa o dello stabilimento in questione non esista una rappresentazione del personale abilitata a concludere contratti collettivi o accordi tra parti sociali in questo settore, in conformità con la legislazione e/o le pratiche nazionali.

b) È inserito il seguente paragrafo 1bis :

1bis. In ogni caso, gli Stati membri che ricorrono alla facoltà prevista al paragrafo 1 devono prendere le misure necessarie ad assicurare che:

a) nessun datore di lavoro chieda a un lavoratore di lavorare più di 48 ore nel corso di un periodi di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all'articolo 16, punto 2, a meno che non abbia ottenuto il consenso del lavoratore all’esecuzione di tale lavoro. La validità di un simile accordo non può essere superiore a un anno, rinnovabile. Un consenso dato all’atto della firma del contratto di lavoro individuale o durante qualsiasi periodo di prova è nullo e non avvenuto;

b) nessun lavoratore possa subire un danno per il fatto che non è disposto ad accettare di effettuare tale lavoro;

c) nessun lavoratore possa prestare più di 65 ore di lavoro in una settimana qualunque, a meno che il contratto collettivo o l'accordo concluso tra parti sociali non disponga altrimenti;

d) il datore di lavoro tenga registri aggiornati di tutti i lavoratori che effettuano tale lavoro e del numero di ore di servizio effettivamente prestate;

e) i registri siano messi a disposizione delle autorità competenti che possono vietare o limitare, per ragioni di sicurezza e/o di salute dei lavoratori, la possibilità di superare la durata massima settimanale del lavoro;

f) il datore di lavoro, su richiesta delle autorità competenti, dia loro informazioni sui consensi dati dai lavoratori all’esecuzione di un lavoro che superi le 48 ore nel corso di un periodo di 7 giorni, calcolato come media del periodo di riferimento di cui all’articolo 16, punto b), nonché sulle ore di servizio effettivamente prestate da tali lavoratori."

9. È inserito il seguente articolo 24bis :

"Articolo 24bis

Relazione sull’attuazione

Entro i cinque anni successivi alla data di cui all'articolo 3 della presente direttiva la Commissione presenterà un rapporto al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale relativo all'attuazione delle disposizioni della presente direttiva, segnatamente dell'articolo 22, paragrafi 1 e 2, accompagnato, se del caso, dalle proposte del caso, mirate in particolare, qualora essa lo ritenga necessario, alla graduale eliminazione di tale disposizione.

Articolo 2

Gli Stati membri determinano le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro il termine di cui all'articolo 3 nonché, quanto prima, le eventuali modifiche che le riguardano. In particolare essi garantiscono che i lavoratori e/o i loro rappresentanti dispongano di procedure adeguate ai fini dell’esecuzione degli obblighi previsti dalla presente direttiva.

Articolo 3

Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per adeguarsi alla presente direttiva entro e non oltre il [--], o si accertano che le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante accordo, mentre gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie a consentire loro di poter garantire in qualsiasi momento il conseguimento degli obiettivi della presente direttiva. Essi informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Gli Stati membri stabiliscono le modalità di tale riferimento.

Articolo 4

La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea .

Articolo 5

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il […]

Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

Il Presidente Il Presidente

[…] […]

[1] Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, GU L 299, del 18.11.2003, p. 9.

[2] Sentenza della Corte del 3 ottobre 2000, causa C-303/98, Sindicato de Médicos de Asistencia Pública (SIMAP) contro Conselleria de Sanidad y Consumo de la Generalidad Valenciana, Racc. 2000, pag. I-07963.

[3] Sentenza della Corte del 9 ottobre 2003, causa C-151/02, domanda di pronuncia pregiudiziale: Landesarbeitsgericht Schleswig-Holstein (Germania) nella causa dinnanzi ad esso pendente tra Landeshauptstadt Kiel e Norbert Jaeger , non ancora pubblicata.

[4] Cfr. in particolare i due documenti di consultazione delle parti sociali: Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo , al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni e alle parti sociali a livello comunitario relativa al riesame della direttiva 93/104/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, documentoCOM(2003) 843 def. e Seconda fase di consultazione delle parti sociali a livello comunitario concernente la revisione della direttiva 93/104/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, documento SEC(2004) 610.

[5] GU C […] del […], pag. […].

[6] GU C […] del […], pag. […].

[7] GU C […] del […], pag. […].

[8] GU C […] del […], pag. […].

[9] Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, GU L 299, del 18.11.2003, pag. 9.

[10] Direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, GU L 307, del 13.12.1993, pag. 18.