52003DC0654

Comunicazione della Commissione al Consiglio E al Parlamento Europeo riguardante l'attuazione del piano d'azione sul capitale di rischio (PACR) /* COM/2003/0654 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO RIGUARDANTE L'ATTUAZIONE DEL PIANO D'AZIONE SUL CAPITALE DI RISCHIO (PACR)

1. COMPENDIO

La presente comunicazione tratta dei progressi compiuti nell'attuazione del PACR per il 2002 e, nella misura del possibile, per i primi nove mesi del 2003. È il quinto documento di questo tipo dall'adozione del Piano d'azione sul capitale di rischio nel 1998. Ed è anche l'ultimo e definitivo, visto che diversi Consigli europei avevano fissato e confermato il 2003 quale scadenza per il suo completamento. //

Questa è la quinta e ultima relazione annuale

Il 2002 è stato un anno di aggiustamento alla lunga fase di ridimensionamento del settore. Anche se il totale degli investimenti in private equity nell'UE è leggermente aumentato rispetto al 2001, raggiungendo il secondo livello più alto in assoluto, forte è stata la preferenza per le operazioni di buy-out, meno rischiose, e maggiore il focus sugli investimenti in società già partecipate, il che ha lasciato le operazioni di early-stage, e di seed in particolare, in situazione di difficoltà.

Fra gli Stati membri persistono ancora differenze sostanziali, sintomo evidente di un mercato europeo altamente frammentato. Questo vale anche per i paesi dell'adesione dove i mercati del capitale di rischio sono evidentemente poco sviluppati. // Forte preferenza per i buy-out Un mercato altamente frammentato

Permane il divario con gli USA; gli investimenti negli USA restano il doppio degli investimenti europei. La situazione è tuttavia migliorata rispetto sia al 2001, quando gli investimenti negli USA erano ben tre volte superiori, sia al 2000, quando il rapporto era di quattro a uno; in termini cumulativi, però, rimane ancora molto da fare. A ciò si aggiunga che negli USA aumenta ancora il flusso di capitali per iniziative imprenditoriali (politicamente sensibili) in fase di avvio (early-stage). // Persiste il divario con gli USA

Il quadro normativo dell'UE è migliorato sensibilmente. Le questioni fiscali costituiscono il versante più debole. Conseguenza della crescente consapevolezza dell'importanza assunta dall'imprenditorialità è una programmazione comunitaria per il prossimo futuro alquanto intensa. Questo vale anche per la ricerca e lo sviluppo, settore nel quale si stanno elaborando importanti misure in vista dell'orizzonte 2010. Sono stati inoltre approvati fondi pubblici adeguati e la politica di aiuti di Stato per il capitale di rischio si è rivelata un successo. // Notevoli i progressi in molti settori

Se guardiamo a tutto il periodo di attuazione del PACR, i progressi compiuti sono considerevoli poiché tutti gli obiettivi politici, e molti di quelli tecnici, sono stati raggiunti. Il settore europeo del capitale di rischio è oggi molto più vasto, maturo e professionale che nel 1998. La consapevolezza delle imprese e delle autorità pubbliche circa l'importanza strategica del settore e le possibilità offerte da questo tipo di finanziamento è ormai radicata in Europa. Il PACR ha un ruolo politico nel sostegno a quanti, direttamente o indirettamente, operano nel settore del capitale di rischio. Le idee cui si informa permeano già altre politiche e altri programmi regionali, nazionali e comunitari. Anche il sostegno manifestato dal Parlamento europeo è stato vigoroso e questo è di per sé un risultato importante.

Al fine di sostenere lo slancio attuale, la Commissione continuerà a seguire con attenzione i mercati europei del capitale di rischio. In un secondo momento procederà a una nuova analisi dei comparti in cui persistono inefficienze nell'intento di presentare proposte e raccomandazioni, a seconda dei casi, in vista del termine di Lisbona per il 2010. // Sono stati raggiunti molti degli obiettivi del PACR Sarà contemplata l'eventualità di un follow-up

Particolare attenzione merita la situazione dei mercati borsistici specializzati nelle imprese a forte crescita. Con l'adesione dei nuovi Stati membri nel maggio 2004, le borse valori saranno così numerose nell'Unione europea che la loro sopravvivenza commerciale a lungo termine diverrà insostenibile. Negli USA, per esempio, le borse principali sono essenzialmente due (NYSE + NASDAQ), cui si affianca un gruppo di efficienti ATS (Alternative Trading System). // Troppi i mercati azionari nell'UE

La compresenza di tanti mercati azionari, spesso esigui, frammenta la liquidità a disposizione per le piccole imprese in espansione nell'Unione, spingendo al rialzo il costo del capitale e riducendo le possibilità di uscita (disinvestimenti) per il venture capitalist. È senz'altro giunto il momento che le borse europee minori si uniscano formalmente per offrire un bacino di liquidità alle imprese europee a forte crescita, sulla base di un quadro comune e rigoroso di norme paneuropee in materia di negoziazione e governo societario, così come definite nell'ambito del PASF. Le borse regionali potrebbero anch'esse collegarsi con questa rete paneuropea specializzata e, di conseguenza, con le borse principali. La Commissione apprezzerebbe un'iniziativa strategica in tal senso da parte del settore. // Occorrerà migliorare l'infrastruttura per le imprese a forte crescita

2. INTRODUZIONE //

Dall'adozione nel 1998 del Piano d'azione sul capitale di rischio (PACR) [1], la Commissione ha presentato annualmente al Consiglio e al Parlamento europeo una comunicazione sul progredire della sua attuazione. Questa quinta relazione [2] riguarda il 2002 e, nella misura del possibile, i primi nove mesi del 2003; comprende inoltre una valutazione globale dell'intero periodo del PACR (1998-2003 [3]), nonché un possibile quadro d'azione futura. // È questa la quinta e ultima relazione annuale sull'attuazione del PACR

[1] Basato sul documento "Il capitale di rischio: una chiave per la creazione di posti di lavoro nell'Unione europea", SEC(1998)522, aprile 1998.

[2] Le precedenti sono state: COM(1999) 493 del 20 ottobre 1999, COM(2000) 658 del 18 ottobre 2000, COM(2001) 605 del 25 ottobre 2001 e COM(2002) 563 del 16 ottobre 2002.

[3] Questa data per il completamente del PACR è stata voluta dal Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000) ed è stata confermata dai successivi vertici di primavera (Stoccolma e Barcellona).

Obiettivo del PACR era sopprimere le barriere normative e amministrative ancora esistenti a livello comunitario e nazionale, che rischiano tuttora di ostacolare la creazione di un autentico mercato unico del capitale di rischio. Da questo punto di vista, il PACR è una componente importante della riforma strutturale, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona. // L'intento è costruire un mercato unico del capitale di rischio

La presente comunicazione è stata redatta dal Gruppo di lavoro sul capitale di rischio della Commissione, di cui fan parte anche rappresentanti del FEI. È proseguita la stretta consultazione con i professionisti del settore (EVCA), il cui apporto ha arricchito il dibattito. // Contatti continui con il settore

La sezione 3 presenta un'analisi del mercato rilevante e un quadro prospettico per il medio termine. La sezione 4 esamina gli aspetti normativi. La sezione 5 tratta gli aspetti fiscali. La sezione 6 si incentra sugli sviluppi dell'imprenditorialità. La sezione 7 tratta di ricerca e sviluppo. La sezione 8 descrive i diversi aspetti del finanziamento pubblico. La sezione 9 contiene le conclusioni su tutto il periodo del PACR. La sezione 10 propone un possibile quadro di azioni future. Il documento si chiude su una serie di allegati. // Il documento consta di nove sezioni e vari allegati

3. ANDAMENTO DEL MERCATO [4] //

[4] I dati UE sono attinti dall'inchiesta svolta da PWC per l'EVCA e pubblicata nell'Annuario EVCA 2003. I dati USA sono attinti dall'inchiesta svolta da PwC e Venture Economics per NVCA (Money Tree Survey). Queste fonti sono state preferite ad altre poiché forniscono dati coerenti per i vari paesi (anche se i dati UE e USA non sono interamente comparabili) e per vari anni.

3.1. Il settore UE del private equity nel 2002 //

Nel 2002, il totale degli investimenti in private equity nell'UE, comprensivi degli investimenti in venture capital e in operazioni di buy-out, era pari a 27 miliardi di EUR (0,29% del PIL). Un lieve aumento rispetto al 2001. Le società che hanno beneficiato di fondi di private equity sono state circa 7 800, un terzo delle quali imprese ad alto contenuto tecnologico. // Lieve incremento del private equity rispetto al 2001

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Se il volume degli investimenti ha retto complessivamente bene, l'interesse degli operatori si è tuttavia spostato dal venture capital ai buy-out. Nello specifico, la crescita globalmente positiva degli investimenti in private equity registrata nell'UE nel 2002 è attribuibile agli investimenti in buy-out che sono aumentati del 57% e passati da 10,7 miliardi a 16,8 miliardi di EUR (0,18% del PIL). Sono invece diminuiti gli investimenti in venture capital che scendono da 12,7 miliardi a 10,1 miliardi di EUR (0,11% del PIL). Particolarmente colpiti sono stati gli investimenti in venture capital nelle imprese (c.d. venture backed) del settore tecnologico (allegato 4), in flessione del 41% da 5,7 miliardi a 3,3 miliardi di EUR. // Diminuisce il venture capital, aumenta il buy out

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Anche nel 2002 come negli anni precedenti la crescita degli investimenti in private equity è variata notevolmente da uno Stato membro all'altro. La crescita è stata vigorosa in Francia (78%), Finlandia (78%) e nel Regno Unito (52%). L'attività di investimento è invece calata sensibilmente in Grecia (-56%), Germania (-43%) e Portogallo (-37%). In termini assoluti, il settore britannico del private equity resta il più vigoroso [5] con investimenti totali per 10,4 miliardi di EUR. Il Regno Unito vanta inoltre il livello più alto di investimenti in private equity in percentuale del PIL (0,63%), immediatamente prima della Svezia con lo 0,58%. Altri paesi con quote elevate di investimento sono la Francia (0,39%), i Paesi Bassi (0,39%) e la Finlandia (0,33%). // Persistono le differenze fra gli Stati membri

[5] I dati EVCA attribuiscono investimenti a un paese sulla base degli investimenti realizzati da società locali di private equity, a prescindere dalla localizzazione degli stessi. I dati relativi ad alcuni paesi comprendono pertanto una componente di investimenti in uscita. Per i paesi dell'adesione, un notevole flusso di investimenti in entrata è stato attribuito al paese d'origine dei fondi di private equity rilevanti.

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Guardando più attentamente al numero di imprese partecipate (allegato 5), emerge un quadro più complesso delle tipologie di investimento in private equity. Il numero di buy-out finanziati da investitori istituzionali dell'UE è aumentato del 13%, indicando con ciò che la crescita del 57% del volume degli investimenti potrebbe essere il frutto di una serie di operazioni per svariati miliardi di euro. È aumentato anche, seppur marginalmente, il numero di aziende target per investimenti in venture capital, nonostante un calo del volume degli investimenti, nel 2002, del 26%. //

I fondi raccolti nel 2002 dagli investitori istituzionali europei sono ammontati a 27,5 miliardi di EUR, nemmeno i due terzi dell'importo equivalente per il 2001, accusando un ulteriore calo rispetto al livello record del 2000. A dispetto comunque di questo ridimensionamento, la raccolta fondi del 2002 resta di lungi superiore a quella del 1997-1998, due anni di indubbia espansione del mercato europeo del private equity. Ciò sembra suggerire che il settore europeo del private equity abbia raggiunto una certa maturità. // In calo i fondi raccolti

Nel decennio scorso le banche, i fondi pensione e le assicurazioni hanno fornito l'essenziale dei fondi per gli investimenti in private equity, con un apporto rispettivo di 50 miliardi, 40 miliardi e 25 miliardi di EUR sul periodo 1993-2002. L'insieme dei tre settori ha rappresentato dal 67% (1997) al 56% (2002) del totale dei fondi raccolti. Nel 2001 e 2002 però, tutte le categorie di investitori, eccetto le pubbliche amministrazioni, hanno accusato un calo di interesse per il private equity, primi fra tutti i fondi pensione. Nel 2002 questi ultimi hanno investito 4,3 miliardi di EUR nel settore, contro i 10,2 miliardi del 2001. Le assicurazioni hanno investito 3,6 miliardi di EUR in private equity, contro 4,7 miliardi nel 2001. I fondi impegnati dalle banche sono stati di 6,8 miliardi di EUR nel 2002, contro 9,2 miliardi nel 2001. È plausibile tuttavia che, per massima parte, le banche abbiano riservato i fondi di private equity alle loro società captive. // Netta flessione degli investimenti dei fondi pensione

Nel 2002 sono stati raccolti fondi di investimento in venture capital per 8,5 miliardi di EUR, livello nettamente inferiore ai 15 miliardi del 2001. Migliori sono i risultati della raccolta di fondi per le operazioni di buy-out, con 18,3 miliardi di EUR per l'anno scorso contro i 23,3 miliardi del 2001 allocati a questo fine. //

Dei 10,7 miliardi di EUR impiegati nel 2002, 3 miliardi sono confluiti verso investimenti per l'avvio di imprese (early-stage) e 8 miliardi verso operazioni finalizzate alle fasi di sviluppo e espansione (allegato 6). Gli investimenti di early-stage si sono scomposti in 305 milioni di EUR per la primissima fase di costruzione (seed financing) e 2,6 miliardi di EUR per la fase iniziale di attività (start up), accusando un calo rispettivo del 43% e del 28% nei confronti dell'anno precedente. Oltre 500 imprese nella primissima fase hanno ricevuto investimenti medi pari a 570 000 EUR. I fondi trasferiti a più di 2 700 start up hanno generato transazioni del taglio medio di 1 milione di EUR. Quasi 3 900 imprese in fase di espansione hanno ricevuto investimenti di venture capital per un controvalore medio di 1,8 milioni di EUR. // Colpito dal ridimensionamento soprattutto il seed financing

Indice dello sviluppo e della maturità del settore europeo del private equity è la presenza nell'UE, a fine 2002, di poco più di 5 500 manager specializzati (allegato 7), in calo del 6,6% rispetto all'anno precedente ma in aumento del 68% rispetto a un management di 3 275 unità nel 1998. // Si consolida il numero di manager

Dal 2001 il volume di write-off (azzeramento della partecipazione) (allegato 8), calcolato in base al costo dell'investimento, muove verso parametri diversi rispetto al periodo 1993-2000. Nel 2002, il 31% dei disinvestimenti, calcolati al costo dell'investimento originale, è avvenuto sotto forma di write-off. // Aumentano i c.d. write-off

3.2. Il settore del private equity nei paesi dell'adesione //

Il settore del private equity ha raggiunto nei paesi dell'adesione stadi di sviluppo variabili. Se guardiamo agli investimenti in percentuale del PIL, l'Ungheria è al primo posto. Nel 2001, gli investimenti ungheresi in private equity da parte di investitori istituzionali locali hanno rappresentato lo 0,23% del PIL, a fronte di una media UE dello 0,27% del PIL per quello stesso anno. Nel 2002 si sono però gravemente contratti, in linea con l'andamento globale dei mercati europei, per passare allo 0,03% del PIL. In valori assoluti, l'investimento è calato dell'88% scendendo a 17 milioni di EUR dai 143 dell'anno precedente. // Diversi i livelli di sviluppo nei paesi dell' adesione

Il mercato polacco resta, a confronto, molto esiguo: gli investimenti in percentuale del PIL si sono attestati allo 0,06% nel 2002 e allo 0,08% nel 2001. In valori assoluti, i volumi investiti nel 2002 (137 milioni di EUR) sono paragonabili a quelli di alcuni piccoli Stati membri. Quanto ai mercati del private equity della Cechia e della Slovacchia, si può considerare che abbiano raggiunto la massa critica: nel 2002, gli investimenti ammontavano rispettivamente a 27 milioni e a 5 milioni di EUR. //

Come per i piccoli mercati degli Stati membri, il private equity in Cechia, Ungheria, Polonia e Slovacchia si è distinto per l'orientamento al venture capital, con investimenti di buy-out dal ruolo minore o inesistente. Complessivamente, nel 2002 le banche hanno costituito la principale fonte di finanziamento, anche se in Slovacchia le pubbliche amministrazioni hanno svolto un ruolo maggiore. Nel 2002 il totale degli investimenti in private equity in Estonia, Lettonia, Lituania e Slovenia non ha raggiunto i 5 milioni di EUR. Non sono pervenuti i dati per Cipro e Malta. // Assenti le operazioni di buy-out

3.3. Il settore UE del private equity a confronto con gli USA //

Il volume degli investimenti europei in venture capital ha subito una contrazione meno severa di quello americano, con il risultato che la differenza fra i livelli di investimento è meno accentuata. Il divario persiste comunque. Nonostante un calo di quasi il 50%, gli investimenti USA in venture capital (allegato 2) costituiscono pur sempre lo 0,2% del PIL, a fronte dello 0,1% del PIL nell'UE. In valori assoluti, nel 2002 gli USA hanno registrato un volume di investimenti in venture capital di 20 miliardi di EUR, pari al doppio di quello dell'UE (10 miliardi di EUR). // Contrazione più grave negli USA

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In Europa, gli investimenti di early-stage rappresentano una quota degli investimenti in venture capital che è di poco maggiore a quella negli USA. Questo sembra contraddire l'opinione diffusa secondo cui è più semplice per le early-stage raccogliere fondi negli USA che in Europa. Tuttavia, poiché in passato il volume relativo degli investimenti in venture capital negli Stati Uniti ha superato di molte volte gli investimenti UE, l'early-stage financing è stato maggiore negli USA. // Più elevato l'importo USA per l'early-stage financing

Inoltre, negli USA circa il 60% delle imprese partecipate da fondi di venture capital appartengono alla categoria delle early-stage, contro il 40% circa in Europa. Negli USA, il 20% circa dei volumi investiti è destinato a imprese che beneficiano di capitali di rischio per la prima volta, mentre l'80% va ad imprese già oggetto di partecipazioni di venture capital (c.d. follow on). In Europa, invece, i dati sono rispettivamente il 75% e il 25%. Si direbbe quindi che il venture capitalist americano sia un investitore di maggiore esperienza, più propenso a seguire una strategia a lungo termine, investendo cioè per trance successive anziché con un unico apporto massiccio di capitale come è più tipico dell'investitore una tantum europeo. Poiché a ogni esborso corrisponde un riesame dell'azienda partecipata, è plausibile che il venture capitalist americano preferisca combinare l'investimento con un impegno in termini di monitoraggio e assistenza manageriale. // Maggiore negli USA l'interesse per i follow-on

Per finire, il mercato USA ha dovuto affrontare anche un drastico ridimensionamento nella raccolta di fondi per investimenti in private equity. Nel 2002 sono stati raccolti 30,9 miliardi di USD, contro 82,6 miliardi del 2001 e 180,2 miliardi nell'anno record 2000. La riserva di fondi raccolti ma non investiti è posta in particolare rilievo. Nel 2002 i fondi raccolti per investimenti in venture capital hanno appena raggiunto 6,9 miliardi di USD, contro i 40,7 miliardi del 2001 e i 106,9 miliardi del 2000. In concomitanza con questa raccolta esigua di nuovi fondi, nel 2002 26 fondi di venture capital hanno annullato impegni per un controvalore di 5 miliardi di USD per mancanza di investimenti attraenti. Nel 2002, dunque, i fondi raccolti per gli investimenti di venture capital sono stati appena 1,9 miliardi di USD. Per ritrovare un importo simile bisogna risalire al 1991. // Restano ingenti quantità di fondi da investire

3.4. Disinvestimenti e mercati high growth //

Nel 2002 sono state oggetto di disinvestimento in Europa 4 911 aziende, contro 6 293 nel 2001. La vendita a partner industriali (trade sale) ha costituito il canale di disinvestimento per 821 e 1 233 aziende rispettivamente. In termini di investimenti al costo, le vendite a partner industriali hanno rappresentato il 17% del totale dei disinvestimenti per il 2002, rispetto al 34% nel 2001. Nel 2002, sempre in termini di costo dell'investimento, le IPO (Initial Public Offering) finanziate dal private equity (comprese le operazioni di buy-out mediante prestiti di capitale) ammontavano a 703 milioni di EUR, indicando un aumento rispetto al 2001 (250 milioni di EUR). Nel 2002 sono state quotate sui mercati azionari europei 41 aziende partecipate da fondi di private equity, contro 47 l'anno precedente. Nel 2003, i mercati sono diventati ancora meno ricettivi. // Diminuisce il numero di disinvestimenti

Come mostra l'allegato 9, nell'ultimo triennio il Neuer Markt di Francoforte, il Nouveau Marché di Euronext, l'AIM di Londra e il Nasdaq Europe hanno perso molto del loro valore, accusando un calo più grave di quello risentito dalle principali borse europee. Inoltre, ancora a metà del 2003 nessuno dei c.d. mercati high growth (mercati azionari per le imprese a forte crescita) era più tornato ai suoi livelli di partenza da inizio 1998. Considerato l'esiguo volume di contrattazioni risultante dallo scarso interesse dell'investitore per le piccole imprese orientate alla crescita, si è deciso di chiudere il Neuer Markt e il Nasdaq Europe. I mercati high growth europei sono spesso paragonati al Nasdaq, che però esiste già dal 1971 e quota oltre 4000 società, in particolare alcune fra le più importanti società globali che figureranno sempre nel portafoglio degli investitori. Questo spiega perché, in proporzione, la sua capitalizzazione di mercato totale sia calata di meno dopo il crash di inizio 2000 e perché la ripresa sia stata più rapida. // Migliore il NASDAQ rispetto ai mercati high growth dell'UE

Nel 2002 è ancora diminuito il numero di IPO. Sul Nouveau Marché sono state ammesse al listino solo 2 nuove imprese, contro 10 società nel 2001 e 52 nel 2000. Solo una nuova società si è aggiunta al listino del Neuer Markt nel 2002, contro 11 nel 2001 e 133 nel 2000. Sul Nuovo Mercato non si sono registrate nuove ammissioni, a fronte di 5 società nel 2001 e 30 nel 2000. Non se ne sono avute nemmeno sul Nuevo Mercado nel 2002, contro le 6 società ammesse nel 2001. Sull'AIM sono state 60 nel 2002, in calo da 94 e da 179 rispettivamente nel 2001 e nel 2000. A fine 2002, 704 nuove società erano quotate sull'AIM (contro 629 a fine 2001), 135 sul Nouveau Marché (164), 45 sul Nuovo Mercato (45), 13 sul Nuevo Mercado (13) e 240 sul Neuer Markt (in calo da 326 a fine 2001). Per il volume delle contrattazioni, si veda l'allegato 10. I dati disponibili per il 2003 non sono incoraggianti: alla fine del primo semestre si registrava una sola IPO sul Nuevo Mercado e 12 nuove ammissioni sull'AIM. // Si contrae ulteriormente il numero di IPO

L'integrazione in corso delle borse europee, nazionali e regionali, offrirà agli investitori sempre maggiori opportunità di negoziare efficacemente le azioni su base transfrontaliera. Aumenterà la liquidità del mercato europeo e miglioreranno quindi le condizioni per l'ammissione al listino delle imprese a forte crescita. Questo non potrà però surrogare la fiducia dell'investitore nelle prospettive future delle nuove società ammesse, elemento trainante delle decisioni d'investimento. // La fiducia dell'investitore, il vero traino della ripresa

3.5. Prospettive del settore UE del private equity //

Nel 2002 gli investimenti in private equity hanno raggiunto il secondo livello più alto in assoluto (allegato 1), rappresentando circa il triplo di quello del 1997, che è stato il primo anno di notevolissima crescita sul mercato europeo. Questo indica che il settore europeo del private equity ha raggiunto un livello e una maturità tale da consentirgli di accusare abbastanza bene il colpo delle recenti contrazioni. // Il 2002, secondo anno record

Nel 1997 i volumi investiti in venture capital e in buy-out ammontavano a 4,8 miliardi di EUR. Nel 2002, gli investimenti in venture capital nell'UE sono scesi a 10,1 miliardi di EUR dai 12,7 miliardi del 2001, mentre gli investimenti di buy-out hanno raggiunto i 16,8 miliardi di EUR, ossia il loro massimo livello storico. Sembrerebbe che il volume venture capital continui a contrarsi, sebbene a un tasso ridotto, mentre gli investimenti di buy-out sono nuovamente in espansione. // Preferenza per le operazioni di buy-out

Mentre nel periodo 1997-2001 i fondi raccolti per nuovi investimenti hanno superato in gran misura i volumi investiti, nel 2002, invece, sono risultati pari al volume degli investimenti, proprio come accadeva prima del 1997. Nel 2003 la raccolta fondi è diventata via via più difficile anche per i fondi di private equity ben stabiliti con track record eccellenti. // La raccolta di fondi è più difficoltosa

Nel 2002 è emersa chiaramente la tendenza delle banche a liberarsi dei loro fondi captive di private equity. Negli ultimi cinque anni le banche hanno fornito in media il 26% di tutti i fondi raccolti in Europa. Recisi i legami con le loro captive, le banche rischiano di disinteressarsi alquanto del finanziamento futuro di queste entità e non è chiaro quale dei due comparti, il buy-out o il venture capital, subirà il contraccolpo peggiore. // Le banche smobilizzano i fondi captive di private equity

Negli ultimi cinque anni è rimasta stabile, a una media del 23%, anche la quota di finanziamento fornita dai fondi pensione sul mercato crescente. La diversificazione a favore di attività con un ciclo diverso dalle azioni quotate è considerata generalmente benefica. Tuttavia, a causa del crollo del corso delle azioni, la quota di private equity nel portafoglio dei fondi pensione supera ormai le allocazioni target. Nel breve periodo tali fondi non saranno forse più disponibili a convogliare ulteriori capitali negli investimenti di private equity. Inoltre, anche se a medio e lungo termine il volume crescente di pensioni da finanziare in Europa potrebbe accrescere sostanzialmente l'offerta di private equity, la tendenza di alcuni Stati membri a preferire regimi contributivi definiti potrebbe produrre l'effetto contrario. // Caute prospettive per gli investimenti dei fondi pensione

Alcuni segnali sembrano indicare che il private equity stia ottenendo il riconoscimento di classe di attività a sé stante. Eppure, la necessità di definire benchmark pone notevoli difficoltà. I professionisti del settore stanno compiendo sforzi incoraggianti per elaborare convenzioni e statistiche comunemente accettate che misurino la redditività di questo tipo d'investimento. // È in corso la definizione di benchmark appropriati

La percezione generale è che l'assenza di opportunità di uscita costituisca l'unico grande ostacolo alla ripresa dei mercati europei del private equity, con particolare riguardo agli interventi in venture capital nelle early-stage e nelle imprese high tech. Preoccupa soprattutto l'esiguità dei disinvestimenti a fronte degli ingenti volumi investiti dal 1998 e al 2000 che, in circostanze normali, dovrebbero essere maturi per il disinvestimento in un prossimo futuro. Le imprese sono pertanto sempre più dipendenti dalle operazioni di follow on, innalzando temporaneamente la domanda per questo tipo di finanziamento [6]. // La mancanza di opportunità di uscita sembra costituire il problema fondamentale

[6] Ciò vale soprattutto per le imprese nel settore delle scienze della vita, caratterizzate da tempi lunghi di sviluppo del prodotto e forte fabbisogno di capitale.

4. QUESTIONI NORMATIVE //

Sin dal varo del PACR nel 1998, la necessità di istituire un adeguato quadro normativo ai livelli comunitario e nazionale costituisce una priorità politica assoluta. Senza un corpus di norme giuridiche e amministrative che riflettano le esigenze degli operatori del capitale di rischio (lato dell'offerta) e delle imprese (lato della domanda), è in effetti improbabile che i mercati europei del capitale di rischio possano prosperare. Come vedremo in seguito (allegato 11) sono stati compiuti, dal 1998 ad oggi, notevoli progressi [7] in tal senso. // Grandi progressi nell'istituzione di un quadro normativo adeguato

[7] Si legga al riguardo il punto 8 delle conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles (20 e 21 marzo 2003).

4.1. Provvedimenti inclusi nel PASF [8] //

[8] Questi provvedimenti riguardano soprattutto l'offerta di capitale di rischio.

L'attuazione del PASF procede a ritmo sostenuto [9] e dovrebbe completarsi, secondo quanto richiesto dal Consiglio europeo di Bruxelles della primavera scorsa, entro aprile 2004. La data coincide con la sessione finale dell'attuale Parlamento europeo, il che lascia tempo a sufficienza (di norma 18 mesi) per recepire gli ultimi provvedimenti adottati negli ordinamenti nazionali entro il 2005. Concluse le trattative per i rimanenti provvedimenti del PASF, la logica vuole che l'azione comunitaria si concentri su un'attuazione e applicazione comuni a livello europeo e negli Stati membri. Con particolare riguardo ai provvedimenti inclusi in entrambi il PASF e il PACR, si sono compiuti progressi sostanziali: // Il PACR muove verso il pieno compimento

[9] Cfr. "Ottava relazione - Servizi finanziari/Nove mesi per il FSAP", 3 giugno 2003, www.europa.eu.int/comm (mercato interno, servizi finanziari).

Provvedimento: "Aggiornamento delle direttive sui prospetti, per facilitare alle imprese la raccolta di capitali transfrontalieri" (per esempio, le c.d. IPO) //

Il 15 luglio 2003 è stata adottata la nuova direttiva sui prospetti. Una volta recepita, sarà dunque più semplice e meno oneroso raccogliere capitali nell'UE sulla base dell'imprimatur dell'autorità di regolamentazione di uno Stato membro. Saranno quindi agevolate le possibilità di uscita in capitale di rischio (IPO) e l'ingresso di nuove imprese nei mercati azionari high growth. // La direttiva prospetti adottata nell'estate 2003

Provvedimento: "Adozione di regole prudenziali per consentire agli investitori istituzionali d'investire in venture capital" //

Il 13 maggio 2003 è stata adottata la direttiva sui fondi pensione integrativi che, una volta recepita (24 mesi), offrirà nuove opportunità al settore del capitale di rischio. Al riguardo, il Consiglio europeo di primavera di Bruxelles ha esplicitamente invitato il Consiglio e la Commissione ad esaminare gli ostacoli agli investimenti dei fondi pensionistici sui mercati dei capitali di rischio (punto 31, secondo trattino, delle conclusioni della presidenza). Le nuove direttive OICVM del 2001 dovrebbero per altro essere recepite entro l'agosto 2003. // Dopo lunghe attese è finalmente adottata la direttiva sui fondi pensione

Provvedimento: "Valutazione delle attuali disposizioni in materia di contabilità e di audit" //

Oltre all'adozione, già rimandata, del regolamento del Consiglio sull'applicazione dei principi contabili internazionali (IAS), il 19 maggio 2003 la Commissione ha adottato una direttiva [10] che consente agli Stati membri di esentare parzialmente più PMI dagli obblighi in materia di conti annuali. Sono state modernizzate anche la quarta e la settima direttiva contabile [11]. Alla luce dei recenti scandali finanziari la Commissione ha peraltro adottato una comunicazione [12] del 21 maggio 2003 che stabilisce azioni prioritarie in materia di revisione legale per rafforzare la qualità dell'audit e l'indipendenza dei revisori. // Modernizzazione del quadro normativo in materia di contabilità e audit

[10] Direttiva 2003/38/CE del 13 maggio 2003, GU L 120 del 15.5.2003, pagg. 22-23.

[11] Direttiva 2003/51/CE del 18 giugno 2003, GU L 178 del 17.7.2003, pagg. 16-22.

[12] COM(2003) 286 definitivo.

Provvedimento: "Diffusione delle pratiche migliori nel governo societario" //

Nell'intento di prevenire gli effetti nefasti degli scandali finanziari diffusamente commentati dai media, il 21 maggio 2003 la Commissione ha adottato una comunicazione [13] sul diritto delle società e il governo societario nell'Unione europea, comprensiva di piano d'azione. Ultimato il processo di consultazione, la Commissione dovrebbe presentare proposte di provvedimenti specifici nell'autunno 2003. // È già stato avviato un piano d'azione

[13] COM(2003) 284 definitivo.

4.2. Provvedimenti non previsti nel PASF [14] //

[14] Questi provvedimenti riguardano soprattutto l'offerta di capitale di rischio.

Si può segnalare qualche progresso anche per i provvedimenti normativi del PACR non figuranti nel PASF. //

Provvedimento: "Riforma dei testi di legge sull'insolvenza e sul fallimento" [15] //

[15] Per una panoramica sull'argomento, si vedano "The European Restructuring and Insolvency Guide 2002/2003" (guida sulla ristrutturazione e l'insolvenza in Europa), White Page (Libro bianco), 2002, e "Bankrupcy and Insolvency" (fallimento e insolvenza), EVCA, maggio 2002.

La quinta e ultima riunione del gruppo di esperti del progetto Best Ristrutturazione, fallimento e nuovo avvio si è tenuto il 16 maggio 2003. La relazione finale su questo progetto sarà pubblicata nell'autunno 2003 e conterrà una serie di indicatori, elaborati sulla base dei lavori del gruppo, per ciascuno degli argomenti trattati (allarme rapido, sistema giuridico, nuovo avvio, anatema contro la bancarotta), nonché una strategia di miglioramento illustrata con esempi di buone pratiche. // È stato ultimato un progetto Best

Provvedimento: "Riforma del sistema del brevetto europeo" //

Dopo oltre trent'anni di trattative, il 3 marzo 2003 il Consiglio dei ministri ha raggiunto un accordo politico sul brevetto comunitario. Una volta istituito, il brevetto comunitario dovrebbe, fra l'altro, dimezzare in media i costi di traduzione. Un unico tribunale comunitario centralizzato dirimerà inoltre i litigi aventi ad oggetto i brevetti comunitari. // Presto disponibile il brevetto comunitario

5. QUESTIONI FISCALI //

Le questioni fiscali rivestono un'importanza capitale per lo sviluppo dei mercati del capitale di rischio. È il caso in particolare dell'imposta societaria (sui dividendi e i guadagni in conto capitale) e dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (sui dividendi, i guadagni in conto capitale e i diritti d'opzione). Sono importanti anche le condizioni in ordine agli incentivi fiscali per l'innovazione e la ricerca e sviluppo (R&S). Anche se il quadro generale è lungi dall'essere soddisfacente, si registrano importanti progressi. // La situazione generale va migliorando

5.1. Situazione negli Stati membri

Poiché la fiscalità resta un settore di competenza essenzialmente nazionale, gli investitori paneuropei si trovano ad operare in un sistema frammentato: disparità dei tassi effettivi di imposizione sulle società, numerose inefficienze e costi elevati di adempimento fiscale. Devono inoltre fare i conti con una situazione generalizzata che riserva al finanziamento mediante capitali propri un trattamento meno favorevole rispetto al finanziamento mediante debito. Il sussistere di differenze fra i regimi fiscali rilevanti spiega il diverso andamento degli Stati membri nel settore del capitale di rischio, cosa di cui cominciano a rendersi conto i responsabili politici. Sembra in particolare opinione largamente condivisa che una politica fiscale generale adeguatamente concepita e specifici incentivi fiscali (anche per l'R&S e l'innovazione) possono svolgere un ruolo importante al riguardo. Come indicato nelle precedenti comunicazioni, molti Stati membri si sono recentemente dotati di una normativa adeguata (cfr. allegato 12), tendenza che è andata proseguendo nel 2003. // Molti Stati membri hanno introdotto una normativa adeguata

5.2. Sviluppi a livello comunitario //

Le iniziative fiscali a livello comunitario sono necessarie per il buon funzionamento del mercato interno. Come si è già detto, in un recente studio [16] la Commissione ha constatato che le imprese devono spesso sostenere elevati costi di adempimento fiscale e una doppia imposizione internazionale nel caso di transazioni all'interno di gruppi multinazionali, flussi transnazionali di dividendi, pagamento di interessi e royalty, compensazioni di perdite transfrontaliere e ristrutturazioni. L'obiettivo politico finale sarebbe eliminare tutti questi ostacoli. // Bisogna eliminare gli ostacoli transfrontalieri

[16] "Imposta societaria nel mercato unico", SEC(2001) 1681 del 23.10.2001.

Nel pacchetto fiscale adottato dal Consiglio ECOFIN nella sessione di giugno 2003 è compresa la direttiva sul regime fiscale applicabile al pagamento di interessi e royalty fra società associate, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2004. Nel pacchetto è incluso anche un codice di condotta riguardante l'imposizione fiscale sulle imprese all'interno dell'UE. L'obiettivo è garantire condizioni eque che consentano di evitare una concorrenza fiscale sleale con conseguenti perdite per il fisco, e vanificare decisioni economiche efficienti.

D'altro canto, la Commissione ha di recente adottato una proposta di direttiva del Consiglio [17] intesa a migliorare la direttiva sulle società madri e figlie e ad estenderne il campo d'applicazione. Essa prevede l'eliminazione della doppia imposizione dei pagamenti transfrontalieri dei dividendi, contribuendo così a una riduzione del costo internazionale del capitale. // Occorre evitare una concorrenza fiscale sleale La direttiva sulle società madri e figlie è in corso di modernizzazione

[17] Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, COM(2003) 462 definitivo del 29.7.2003.

Con riguardo alle iniziative specifiche sul capitale di rischio, merita particolare attenzione l'idea della Commissione di sviluppare il concetto [18] di "imposizione fiscale nel paese di origine" mediante un progetto pilota per piccole e medie imprese. Seguendo questo approccio, un'impresa può scegliere di calcolare la totalità della sua base imponibile, comprese le sussidiarie o le stabili organizzazioni all'estero, applicando le norme dello Stato membro di residenza della sede principale. Il progetto dovrebbe comportare soprattutto una riduzione significativa dei costi di adempimento fiscale per le PMI e la loro internazionalizzazione sul mercato interno. // Un progetto pilota per le SME potrebbe apportare maggiori benefici

[18] Si leggano gli esiti della consultazione pubblicati il 7 luglio 2003 al seguente indirizzo: http://europa.eu.int/comm/ taxation_customs/taxation/company_tax/index.htm

5.3. Politica fiscale nel contesto internazionale //

L'interazione fra i singoli provvedimenti, che potrebbero essere coerenti e giustificabili a livello nazionale, e il diverso approccio nell'applicare i principi fiscali internazionali possono generare doppia imposizione quando gli operatori interessati risiedono in più di uno Stato membro. Questo accade purtroppo spesso nel caso dei diritti d'opzione (stock option), se l'azienda che emette le opzioni e il dipendente risiedono in paesi diversi. È tuttavia incoraggiante osservare che tali problematiche formano oggetto di sempre maggiore attenzione, segnatamente a livello dell'OCSE. È ovvio che da una prospettiva comunitaria sarebbe importante che gli Stati membri assumessero un approccio coordinato nelle opportune sedi internazionali. // Gli Stati membri devono coordinare la loro posizione nelle sedi internazionali

6. IMPRENDITORIALITÀ //

I progetti Best Procedure (che si fondano sull'individuazione e lo scambio fra Stati membri delle pratiche migliori) hanno costituito il quadro di cui si è avvalso il PACR in materia di imprenditorialità. Le relazioni sui progetti attualmente disponibili [19] riguardano il trasferimento d'azienda, l'istruzione e la formazione all'imprenditorialità, il benchmarking (analisi comparativa dei risultati) della gestione degli incubatori, i business angel, il fallimento e il nuovo avvio e altri argomenti. Eppure, nonostante sia universalmente riconosciuta l'importanza dell'imprenditorialità per la creazione di posti di lavoro [20], per l'innovazione e la crescita economica, l'Europa non sta ancora sfruttando appieno il suo potenziale imprenditoriale.

[19] Si veda http://europa.eu.int/comm/enterprise/ index_en.htm.

[20] Nel nuovo orientamento n. 2 per le politiche a favore dell'occupazione sulla creazione di posti di lavoro e imprenditorialità (cfr. decisione del Consiglio 2003/578/CE- GU L 197del 5.8.2003, pag. 13), l'accento è posto sulla necessità di facilitare l'accesso al capitale per le start-up, le PMI nuove o esistenti e per le imprese con un alto potenziale di crescita e di creazione di posti di lavoro.

Nell'intento di iniziare un ampio dibattito pubblico sui programmi futuri in materia di imprenditorialità, la Commissione ha adottato un Libro verde nel gennaio 2003 [21]. Al riguardo, il Consiglio europeo di primavera di Bruxelles [22] ha invitato la Commissione a proporre a titolo di follow-up un piano d'azione sull'imprenditorialità europea, entro la fine del 2003. // Il potenziale imprenditoriale europeo non è ancora del tutto sfruttato

[21] Libro verde - L'imprenditorialità in Europa, COM(2003) 27 definitivo del 21.1.2003.

[22] Cfr. punto 23, primo trattino, delle conclusioni della presidenza.

Si sta preparando un piano d'azione

Il rapporto [23] 2003 sull'attuazione della Carta europea per le piccole imprese giunge alla conclusione che i progressi compiuti sono incoraggianti. Molti Stati membri hanno fatto dell'imprenditorialità nell'istruzione un programma prioritario e nel 2002 si sono moltiplicati gli sforzi per promuovere la cultura imprenditoriale nelle scuole. Dal primo rapporto [24] sull'attuazione della Carta nei paesi dell'adesione si evince che questi paesi sono sulla buona strada. La sfida principale che devono ora raccogliere è costruire una cultura imprenditoriale. Resta tuttavia difficile per le PMI accedere ai finanziamenti e il settore del venture capital è ancora poco sviluppato. Sarebbe pertanto necessario concentrare gli sforzi sull'istruzione in questo campo. Al Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, i paesi dei Balcani occidentali hanno approvato la Carta. // Progressi incoraggianti secondo la Carta per le piccole imprese

[23] COM(2003) 21 definitivo del 21.1.2003.

[24] SEC(2003) 57 del 21.1.2003.

6.1. Gli investitori informali e il venture capital a servizio della comunità //

Il numero di reti di business angel è in continua crescita (allegato 3). Particolare rilevanza assume l'esplosione del numero di reti in Francia e in Germania, dove sono altrettanto numerose che nel Regno Unito. // Continuano ad aumentare le reti di business angel

Mano a mano che vanno maturando i mercati europei del capitale di rischio, cominciano a delinearsi obiettivi più ampi. In diversi Stati membri, fondi regionali di venture capital sono partecipati da operatori pubblici e perseguono obiettivi di sviluppo delle comunità locali, diretti a creare posti di lavoro o imprenditorialità. Nel Regno Unito, per esempio, il governo partecipa al 50% nel Bridges Community Development Venture Fund, che effettua investimenti nelle aree più povere del paese. Questi fondi beneficiano anche degli sgravi fiscali accordati dal governo inglese agli investimenti per lo sviluppo della comunità. // Uso del venture capital per lo sviluppo delle comunità

6.2. La partecipazione finanziaria dei dipendenti //

A seguito della comunicazione della Commissione sulla promozione della partecipazione finanziaria dei dipendenti [25], sono state finanziate diverse azioni e progetti (conferenze, esercizi di benchmarking, studi, ecc.) e, nel contempo, un gruppo di esperti [26] ad hoc istituito dalla Commissione per esaminare gli ostacoli transnazionali all'applicazione di vari regimi, dovrebbe pubblicare la sua relazione entro gli inizi dell'autunno 2003. // All'esame gli ostacoli alla partecipazione finanziaria dei dipendenti

[25] Quadro per la promozione della partecipazione finanziaria dei lavoratori dipendenti, COM(2002) 364 del 5 luglio 2002.

[26] Il "Gruppo ad alto livello sugli ostacoli transnazionali alla partecipazione finanziaria dei dipendenti in società aventi dimensioni transfrontaliere" ha tenuto sette riunioni al luglio 2003.

Un altro gruppo di esperti istituito dalla Commissione ha analizzato le vigenti disposizioni sui diritti d'opzione dei dipendenti e sulla scorta delle sue conclusioni ha presentato proposte per migliorare il quadro normativo [27]. Secondo la relazione, le aliquote d'imposta effettive sui diritti d'opzione assegnati ai dipendenti (e dunque alle azioni da questi detenute) variano nell'UE dal 15% a oltre il 70%. A causa delle differenze esistenti tra i codici tributari nazionali, i dipendenti che si trasferiscono da un paese all'altro mantenendo i propri diritti d'opzione possono incorrere in notevoli difficoltà. // È stata pubblicata una relazione sui diritti d'opzione dei dipendenti

[27] "Diritti d'opzione dei dipendenti - Quadro giuridico e amministrativo per i diritti d'opzione dei dipendenti nell'UE". Relazione finale del Gruppo d'esperti, giugno 2003 ; www.europa.eu.int/comm (imprese).

7. SPAZIO EUROPEO DELLA RICERCA E DELL'INNOVAZIONE //

Le attività avviate nell'ambito del Quinto programma quadro, in particolare quelle che promuovono reti e aggregazioni (cluster) tra università, centri di ricerca, imprenditori e legali a livello europeo, proseguiranno nell'ambito del Sesto programma quadro [28]. Rientrano in questo novero l'iniziativa Gate2Growth [29] e il Forum Biotecnologia & Finanza cui si è già accennato nelle precedenti comunicazioni. // Proseguiranno molte delle iniziative

[28] "Sesto programma quadro (2002-2006)", 27 giugno 2002, www.european.eu.int/comm (ricerca).

[29] Cfr. www.gate2growth.com

Il Sesto programma quadro pone inoltre maggiore enfasi sull'integrazione dell'innovazione in quanto dimensione fondamentale per la concezione e l'attuazione dei progetti di ricerca e lo sfruttamento dei risultati della ricerca da parte degli stessi partner, mediante operazioni di spin-off e transfer di tecnologie. I partecipanti sono pertanto invitati a includere nei loro progetti delle "attività relative all'innovazione", che possono ricevere finanziamenti a un tasso pari alle attività di ricerca, e a valutare la fattibilità di esplorare la ricerca attraverso operazioni di spin-off. È consentito alle associazioni di PMI partecipare a nome e per conto dei loro membri. // L'accento sull'innovazione

Le organizzazioni in cerca di finanziamenti esterni per i loro progetti, altre attività di ricerca o infrastrutture di ricerca, o per lo sfruttamento dei risultati dei loro lavori, riceveranno informazioni sui vari strumenti di finanziamento del FEI e della BEI (per es. la nuova Iniziativa 2010 per l'innovazione della BEI che, forte di una dotazione indicativa di 20 miliardi di EUR per il periodo 2003-2006, contribuirà al finanziamento di iniziative connesse con l'innovazione e la R&S). // Saranno divulgate informazioni sulle modalità di finanziamento

7.1. Obiettivo il 3% del PIL //

Nella primavera 2003 la Commissione ha adottato una comunicazione [30] comprensiva di un piano d'azione diretto a conseguire l'obiettivo stabilito dal Consiglio europeo di Barcellona (marzo 2002) di aumentare gli investimenti dell'UE nella ricerca fino al 3% circa del PIL entro il 2010, con due terzi del totale proveniente dal settore privato. Il piano d'azione nasce dalla consultazione di tutte le parti interessate, in particolare l'industria e la comunità finanziaria, e tiene conto delle raccomandazioni di cinque gruppi d'esperti sulle modalità per migliorare l'efficacia dei meccanismi di sostegno pubblico alla ricerca e allo sviluppo (compreso il capitale di rischio). // È stata adottata una nuova comunicazione

[30] Investire nella ricerca: un piano d'azione per l'Europa, COM(2003) 226 definitivo del 4 giugno 2003.

Il piano d'azione definisce una gamma di iniziative che dosano strumenti e politiche vari, da intraprendere e sviluppare a livello europeo e/o nazionale allo scopo di raggiungere l'obiettivo del 3%. Diverse di queste azioni tendono a migliorare l'accesso ai finanziamenti per la ricerca e l'innovazione: i) sostegno ai meccanismi di garanzia per la ricerca e l'innovazione nelle PMI; ii) sostegno al capitale di rischio per le PMI che svolgono un'intensa attività di ricerca; iii) mercati finanziari efficienti, cooperativi e integrati. Il piano d'azione definisce inoltre nuove misure che contribuiranno a sostenere la creazione e la rapida crescita di imprese basate sulla tecnologia incrementando così la domanda di capitale di rischio: // Le azioni vanno intraprese a entrambi i livelli, comunitario e nazionale

- avviare o proseguire le necessarie riforme normative e amministrative, e relative misure di sostegno, per consentire agli enti pubblici di ricerca di sviluppare collegamenti più efficaci con l'industria; gli aspetti da affrontare in questo contesto includono, in particolare, l'istituzione di incubatori e fondi di seed;

- elaborare linee guida per la gestione e lo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale risultanti dalla ricerca sostenuta con finanziamenti pubblici, allo scopo di promuovere il transfer di tecnologia all'industria e la creazione di spin-off; e

- incoraggiare l'uso concertato degli incentivi fiscali e altri, in particolare per stimolare la creazione e la rapida crescita di società che svolgono un'intensa attività di ricerca. // Nuove iniziative per aumentare la domanda di capitale di rischio

8. FINANZIAMENTI PUBBLICI //

8.1. Aiuti di Stato e capitale di rischio //

La comunicazione sugli aiuti di Stato e il capitale di rischio [31] si è rivelata un efficace strumento di sostegno all'intervento pubblico sotto forma di partecipazione nel capitale azionario in caso di fallimento del mercato, in grado nel contempo di attirare capitali privati. Sia le autorità nazionali che il settore hanno apprezzato la flessibilità dello strumento e il suo approccio innovativo. Gli Stati membri hanno mostrato una particolare propensione per investimenti innovativi di capitale di rischio nelle PMI situate in aree depresse, attive nei settori dell'high tech o dei servizi o nel quadro di altri progetti d'interesse europeo. Il successo di diverse partnership pubblico/privato incoraggiate dalla regola pari passu (stesso livello di privilegio) ha suscitato investimenti ripetuti da parte di investitori privati, in aggiunta alle autorità pubbliche, rendendo più semplice il reclutamento, nel settore privato, di manager indipendenti di comprovata esperienza, retribuiti in base al rendimento dell'investimento e/o l'andamento del fondo. // Successo della comunicazione sugli aiuti di Stato e il capitale di rischio

[31] Comunicazione "Aiuti di Stato e capitale di rischio", GU C 235 del 21.8.2001, pag. 3.

Fra i regimi approvati a norma della comunicazione [32] figurano il Fondo britannico di prestiti e venture capital per le piccole e medie imprese [33], che fornisce finanziamenti azionari e quasi azionari e microfinanziamenti alle PMI; il fondo greco TANEO per lo sviluppo della New Economy [34], un fondo di fondi (fund of funds) diretto a sostenere gli interventi di venture capital in PMI attive nei settori della new economy, quali le telecomunicazioni e la biotecnologia; il regime italiano Interventi per la concessione di anticipazioni finanziarie per l'acquisizione temporanea di partecipazioni di minoranza nel capitale di rischio di imprese innovative [35] diretto a sostenere imprese innovative nella fase di start up, e due programmi austriaci, il Fondo per la partecipazione nel capitale azionario delle PMI nel Burgenland [36] e il Programma d'azione "venture capital" per il Land della Stiria [37]. // Alcuni esempi recenti

[32] Cfr. www.europa.eu.int/comm/secretariat_general/sgb/state_aids

[33] Caso N 620/2002, decisione della Commissione del 4.2.0003.

[34] Caso N 548/2002, decisione della Commissione del 18.9.2002.

[35] Caso N 292/2002, decisione della Commissione del 11.12.2002.

[36] Caso N 677/2002, decisione della Commissione del 4.4.2003.

[37] Caso N 403/2002, decisione della Commissione del 19.2.2003.

8.2. Il Fondo europeo per gli investimenti //

Obiettivo del FEI è sostenere i mercati UE del capitale di rischio e investire essenzialmente nei fondi regionali e paneuropei basati sulla tecnologia. Nel settore high tech l'attività del FEI si è storicamente incentrata sugli interventi nelle fasi iniziali e medie di sviluppo, ma a seguito di una recente valutazione sulla scarsità di risorse adeguate per lo sviluppo in Europa di tecnologiche promettenti negli stadi medio e maturo dell'iniziativa imprenditoriale, ha integrato degli investimenti nelle fasi successive (later stage) . // Il FEI investe in altri fondi

Nel 2002 il FEI ha investito 471,5 milioni di EUR in fondi di capitale di rischio. La flessione rispetto al 2001 (investimenti in 57 fondi per un totale di 800 milioni di EUR) è dovuta all'attuale fase discendente del mercato che offre opportunità limitate di investimento adeguato. Il FEI resta tuttavia un operatore chiave sul mercato degli interventi early-stage e high tech in capitale di rischio, con un portafoglio comprendente 185 fondi per un controvalore di 2,45 miliardi di EUR (al 30 aprile 2003), il 73% dei quali è confluito verso investimenti di early-stage e il 61% verso imprese ad alto contenuto tecnologico. // Calo dei nuovi impegni nel 2002

Il Fondo utilizza risorse proprie ovvero quelle che amministra su mandato della Banca europea per gli investimenti (BEI) o della Commissione europea. Sin dal varo dell'Iniziativa 2000 per l'innovazione, il FEI gestisce tutte le risorse finanziarie della BEI in capitale di rischio. In totale, l'88% dell'attività del Fondo sui capitali di rischio è coperto dalle risorse della BEI. Con questa premessa e in risposta alle richieste di un intervento più sostenuto nel settore del capitale di rischio, la BEI ha avviato le procedure necessarie per aumentare di 500 milioni di EUR la dotazione del Fondo.

Per conto della Commissione europea il FEI amministra il Programma pluriennale a favore dell'impresa e dell'imprenditorialità 2001-2005 (MAP), subentrato al Programma crescita e occupazione 1998-2000. In questo ambito sono stati istituiti gli strumenti di finanziamento ETF Start-up Facility (Sportello MET-avviamento), che finanzia investimenti in operazioni di seed e early-stage, e la Seed Capital Action. L'ETF Start-up Facility costituisce il 5% del portafoglio cumulativo del Fondo in venture capital (al 30 aprile 2003). Il FEI effettua gli investimenti secondo le migliori pratiche in uso nel mercato. // Una varietà di fonti di finanziamento

Da ultimo, il FEI ha istituito dei servizi di consulenza indipendente nel cui ambito offre consulenze fondate sulle sue competenze di investitore e garante. Questa nuova attività complementare e a pagamento, condotta in stretta cooperazione con la Commissione europea, è attualmente mirata agli enti e alle autorità regionali ma potrebbe applicarsi presto ad altri settori, quali la ricerca. // Attività complementari di consulenza

8.3. Fondi regionali //

Come si è già detto nell'ultima relazione, le linee direttrici [38] della Commissione per l'attuazione dei fondi strutturali nel periodo 2000-2006 chiedono di sostituire parzialmente i sussidi forniti alle PMI con fonti di finanziamento più moderne e dinamiche, quali fondi di capitale di rischio e fondi di garanzia. Il vantaggio consiste nel fatto che i contributi pubblici a questi fondi sono recuperabili in capo ad alcuni anni (fondi di rotazione), una volta liquidato l'investimento nelle PMI. // Le sovvenzioni tradizionali cedono il posto a strumenti finanziari più moderni

[38] www.europa.eu.int/comm/regional_policy/sources/docoffic/official/guidelines/coord_en.htm

La programmazione dei fondi strutturali mostra che le linee guida sono applicate e che, pertanto, gli interventi in fondi di capitale di rischio e di garanzia raggiungeranno 1,4 miliardi di EUR circa nel periodo 2000-2006, ossia più del doppio rispetto al periodo 1994-1999. Due terzi circa vanno alle regioni dell'obiettivo 1 e un terzo alle regioni dell'obiettivo 2. La ripartizione per paese indica chiaramente che il Regno Unito si avvale più di ogni altro di queste possibilità. // Raddoppieranno i fondi di capitale di rischio e di garanzia

D'altro canto, la Guida della Commissione al finanziamento del capitale di rischio nella politica regionale [39] è già disponibile in tutte le lingue ufficiali della Comunità e dovrebbe rivelarsi un utile strumento per tutti gli operatori, nazionali e regionali, che si occupano di capitale di rischio. // La nuova Guida è già disponibile

[39] www.europa.eu.int/comm/regional_policy/sources/docgener/guides/risk/risk_en.pdf

9. CONCLUSIONI //

Gli ultimi diciotto mesi sono stati un periodo di adattamento per l'Europa e molti operatori sono convinti di aver già toccato il fondo della lunga fase discendente. Lo scoppio della bolla speculativa e gli scandali finanziari sono ormai alle spalle e sembra che molte imprese siano pronte per una ripresa quando tra non molto si sarà concluso un processo di consolidamento e razionalizzazione. // Potrebbe presto incominciare un nuovo ciclo

Se guardiamo a tutto il periodo di attuazione del PACR (1998-2003) possiamo riscontrare notevoli progressi. Da un punto di vista politico, il capitale di rischio è attualmente una voce prioritaria nella programmazione di tutte le istituzioni, regionali, nazionali e comunitarie. Da un punto di vista tecnico, sono stati ultimati molti dei provvedimenti previsti dal PACR nel 1998. Alcuni di questi si sottraggono, per la loro stessa natura, all'obbligo di osservare specifiche scadenze temporali (per es. i provvedimenti legati a barriere culturali), ma anche in questi casi si registrano progressi qualitativi. // Raggiunti molti degli obiettivi previsti nel 1998

Il settore europeo è cambiato anche molto negli ultimi cinque anni. Si è fatto più grande (nonostante il divario con gli Stati Uniti), più globale, maturo e professionale, e di conseguenza il capitale di rischio sta diventando una classe di attività a sé stante in un numero crescente di Stati membri. La sfida consiste ora nell'estendere tali sviluppi positivi all'intera Unità europea, in particolare ai nuovi Stati membri. // Il capitale di rischio deve costituire una classe di attività a sé stante in tutta Europa

10. PROSPETTIVE //

Il mondo di oggi è molto diverso sul piano economico, finanziario e politico, da come era nel 1998. Il settore del capitale di rischio ha subito importanti trasformazioni, è stato messo a dura prova e ha riportato notevoli successi. Occorre pertanto rivedere molte delle premesse e degli obiettivi stabiliti nel PACR. L'Europa, inoltre, se intende conseguire gli obiettivi di Lisbona per il 2010, dovrà sviluppare un'economia moderna e un potente settore innovativo, il che presuppone l'attuazione di un mercato paneuropeo del capitale di rischio molto più efficiente e sofisticato. // Il capitale di rischio è cambiato radicalmente negli ultimi 5 anni.

Partendo da questi presupposi e nell'intento di sostenere lo slancio attuale e sviluppare l'esperienza maturata in questi ultimi cinque anni, la Commissione continuerà a seguire con attenzione l'evoluzione dei mercati europei del capitale di rischio e inizierà, nel 2004, a una nuova analisi dei settori in cui persistono inefficienze, rispondendo con ciò all'invito rivoltole dal Consiglio europeo di Bruxelles del marzo 2003 "ad operare per ridurre gli ostacoli che si frappongono alla creazione di un autentico mercato europeo dei capitali di rischio, in grado di sostenere l'imprenditorialità, e ad esaminare tra l'altro gli ostacoli agli investimenti degli investitori istituzionali (fondi pensionistici) sui mercati dei capitali di rischio" (punto 31, secondo trattino, delle conclusioni della presidenza). // Una nuova analisi basata sull'esperienza del PACR

Nonostante la grande varietà di tematiche e aspetti ricoperti dal settore del capitale di rischio, la nuova analisi dovrà comunque incentrarsi su alcuni importanti elementi:

(i) Sopprimere gli ostacoli agli investimenti in venture capital degli investitori istituzionali

Per dare seguito all'invito del Consiglio europeo qui sopra.

(ii) Proseguire il miglioramento del quadro normativo

Dovrebbe trattarsi di un'attività continua, nell'intento precipuo di garantire che le esigenze del capitale di rischio siano prese in considerazione durante i negoziati e le fasi di attuazione e applicazione delle nuove norme (regolamento sulle fusioni o nuovo accordo di Basilea in materia di adeguatezza dei fondi propri - Basilea II).

Un provvedimento specifico sollecitato a più riprese dal settore è la creazione di una struttura legale dei fondi armonizzata a livello europeo, in grado di garantire la trasparenza fiscale alle operazioni di capitale di rischio in tutta l'Unione. Nella comunicazione COM(2003) 226 definitivo del 30 aprile 2003 "Investire nella ricerca: un piano d'azione per l'Europa", pagina 26, la Commissione si impegna già a considerare "gli effetti e la possibilità" di tale provvedimento. Il contesto di riferimento è quello della ricerca e lo sviluppo ma la tematica è orizzontale e andrebbe pertanto considerata per tutte le circostanze in cui interviene il capitale di rischio. // Alcuni elementi possibili Ogni nuova iniziativa dovrà integrare aspetti del capitale di rischio Il settore chiede strutture trasparenti

(iii) Promuovere le strategie di uscita

Premessa necessaria del successo di un mercato del capitale di rischio è la disponibilità di meccanismi di disinvestimento efficaci. In proposito è opportuno riesaminare le caratteristiche, la struttura e il ruolo dei mercati azionari specializzati e dei mercati secondari nei confronti delle imprese a forte crescita alla luce dei fattori che stimolano l'interesse dell'investitore per le aziende c.d. venture backed. // Andrebbe garantito un ciclo continuo del capitale di rischio

(iv) Colmare il divario informativo fra la comunità finanziaria (lato dell'offerta), le imprese e gli imprenditori (lato della domanda)

Questa iniziativa di reciproco vantaggio si articola in due aspetti distinti:

Predisporre meccanismi di rispondenza

I fornitori di capitale di rischio devono sapere, in modo tempestivo ed efficiente in rapporto ai costi, quali sono le aziende e gli imprenditori alla ricerca di fondi e viceversa. Tale esigenza va soddisfatta a livello regionale, nazionale e paneuropeo, a seconda delle dimensioni, della strategia e degli obiettivi dei diversi partecipanti (cfr. sezione 6.2 del COM(2002) 563).

Sviluppare sistemi di rating per le PMI, compreso il rating tecnologico

Prima di lanciarsi in un investimento, il finanziatore deve valutare i rischi e i benefici ad esso connessi. Se questo comporta costi elevati e difficoltà, è molto probabile che rinunci ad investire. Quando l'impresa ha certe dimensioni ed è presente sul mercato da diversi anni, valgono i metodi tradizionali di valutazione (antecedenti finanziari, rating interno attribuito dalla banca, studi di fattibilità, due diligence, ecc.). Le cose si complicano quando invece il comparto interessato è quello tecnologico - settore privilegiato d'intervento per il capitale di rischio - o quando le aziende beneficiarie sono giovani e innovative, hanno poche risorse e nessuna esperienza e possibilmente puntano su un unico prodotto o servizio ad alto contenuto tecnologico. Per tutte queste situazioni sarebbe importante mettere a punto metodologie di raging credibili, affidabili ed efficienti rispetto ai costi. // Si devono facilitare gli incontri tra investitori e imprenditori Occorre sviluppare meccanismi di rating in grado di valutare il rischio tecnologico

(v) Prospettiva strategica: colmare il divario con gli USA

Sarà necessario a tal fine esaminare con attenzione gli strumenti, formali o informali, di politica privata e/o pubblica sapientemente dosati negli USA per promuovere le attività di capitale di rischio in tutte le fasi dell'investimento, così da spiegare, per esempio, come mai, in proporzione, sono meno gli europei che scelgono di diventare imprenditori e perché le nuove aziende negli USA crescono più rapidamente e diventano più grandi che in Europa. // Le politiche di successo andrebbero emulate

(vi) Centrare il focus degli interventi comunitari

Le azioni comunitarie del passato, nel convogliare il sostegno finanziario verso fondi di venture capital consistenti essenzialmente in interventi di early-stage, sono riuscite nell'intento di promuovere la crescita del settore europeo del venture capital. Perché il mercato così creato si perpetui è opportuno che questa strategia resti valida e sia attuata nel quadro del MAP. Se il seed financing e gli interventi di early-stage devono restare prioritari, è tuttavia necessario che gli strumenti comunitari (in particolare il FEI) contribuiscano a mantenere un'offerta adeguata di finanziamenti nelle fasi successive (later stage) per le imprese con un potenziale promettente. L'obiettivo è in effetti contrastare l'attuale contrazione dell'offerta di capitale di sviluppo, dovuta al fatto che i mercati del capitale di rischio sono ancora in fase d'adattamento agli effetti dello scoppio della bolla speculativa Internet. // Il sostegno comunitario deve coprire tutte le fasi

L'allargamento comporterà la fusione dei mercati finanziari dei nuovi Stati membri con quello dei quindici attuali. I collegamenti con gli operatori paneuropei sono già ampiamente stabiliti. L'ampliamento del mercato europeo sarà fonte di maggiori opportunità per tutti gli interessati. Per questo, occorrerà trarre il massimo vantaggio dall'esperienza maturata dal FEI nell'investire nuovi fondi in località esterne alla sfera immediata di influenza dei più importanti centri finanziari. // Il FEI dovrà occuparsi anche dei nuovi Stati membri

O O O O O //

ELENCO DEGLI ALLEGATI

Allegato 1 - Dati storici sul capitale di rischio nell'UE

Allegato 2 - Dati storici sugli investimenti in venture capital negli USA

Allegato 3 - Reti di business angels nell'UE

Allegato 4 - Volume totale degli investimenti in private equity e investimenti high tech in Europa 1993-2003

Allegato 5 - Numero di aziende partecipate da fondi di venture capital e buy-out in Europa 1997-2002

Allegato 6 - Investimenti di venture capital per fasi 2002

Allegato 7 - Numero di manager di private equity per milione di abitanti

Allegato 8 - Write-off (al costo) in Europa

Allegato 9 - Indici dei nuovi mercati 1998-2003

Allegato 10 - Volume medio delle contrattazioni giornaliere al settembre 2002

Allegato 11 - Recepimento dei testi di legge comunitari già adottati sui servizi finanziari

Allegato 12 - Sintesi della tassazione dei guadagni in conto capitale negli Stati membri nel 2003

Allegato 13 - Attuazione del PACR (per provvedimento)

Allegato 14 - Sigle ricorrenti nel PACR

Allegato 15 - Glossario dei termini del PACR

ALLEGATO 1

DATI STORICI SUL CAPITALE DI RISCHIO nell'UE

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ALLEGATO 2

DATI STORICI SUGLI INVESTIMENTI IN VENTURE CAPITAL negli USA

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ALLEGATO 3

RETI DI BUSINESS ANGELS nell'UE

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Fonte : EBAN

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ALLEGATO 4

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ALLEGATO 5

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ALLEGATO 6

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ALLEGATO 7

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ALLEGATO 8

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ALLEGATO 9

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ALLEGATO 10

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ALLEGATO 11

RECEPIMENTO DEI TESTI DI LEGGE COMUNITARI GIÀ ADOTTATI SUI SERVIZI FINANZIARI

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Settembre 2003

ALLEGATO 12

SINTESI DELLA TASSAZIONE DEI GUADAGNI IN CONTO CAPITALE NEGLI STATI MEMBRI

>SPAZIO PER TABELLA>

Fonti - EVCA : Taxation of Corporate Profits, Dividends and Capital gains in Europe

- Servizi della Commissione a partire dai dati forniti dagli Stati membri

ALLEGATO 13

PACR (PIANO D'AZIONE SUL CAPITALE DI RISCHIO) APPROVATO AL VERTICE DI CARDIFF (GIUGNO 1998)

SITUAZIONE ALL'OTTOBRE 2003 PER TIPO DI BARRIERA

Il PACR indica sei (6) categorie di barriere da abbattere nell'UE:

( FRAMMENTAZIONE DEL MERCATO

( BARRIERE ISTITUZIONALI E NORMATIVE

( TASSAZIONE

( SCARSO NUMERO DI PICCOLE IMPRESE AD ALTO CONTENUTO TECNOLOGICO

( RISORSE UMANE

( BARRIERE CULTURALI

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ALLEGATO 14

SIGLE ricorrenti nel PACR

AIM: // Alternative Investment Market di Londra (www.londonstockexchange.com/aim)

ATS: // Alternative Trading System

BEI: // Banca europea per gli investimenti (www.eib.org)

BEST: // Task Force per la semplificazione del contesto delle imprese, istituita dalla Commissione nel settembre 1997

EVCA: // European Private Equity and Venture Capital Association (www.evca.com)

FEI: // Fondo europeo per gli investimenti (www.eif.org)

IAS: // International Accounting Standards o principi contabili internazionali

MAP: // Multi-Annual Programme for Enterprise and Entrepreneurship o Programma pluriennale a favore dell'impresa e dell'imprenditorialità attuato dalla Commissione

NASDAQ: // National Association of Securities Dealers Automated Quotation system (www.nasdaq.com)

NYSE: // New York Stock Exchange

OICVM: // Organismo d'investimento collettivo in valori mobiliari (fondo d'investimento)

PASF: // Piano d'azione per i servizi finanziari

PMI: // Piccole e medie imprese

R&S: // Ricerca e sviluppo

ALLEGATO 15

GLOSSARIO dei termini utilizzati nella COMUNICAZIONE

Borsa valori (mercato borsistico, mercato dei titoli) // Mercato di compravendita di valori mobiliari. La sua funzione essenziale è quella di mettere le imprese, i pubblici poteri e gli enti locali nelle condizioni di raccogliere capitale vendendo titoli agli investitori.

Business angels: // Soggetti privati disposti ad investire in imprese giovani e non quotate, mediante partecipazione al capitale di rischio, nelle fasi di avviamento e primo sviluppo (seed financing* e start up*). Il business angel apporta finanziamenti acquisendo partecipazioni di minoranza a medio termine ma può fornire anche finanziamenti a lungo termine. Con una capacità di investimento generalmente inferiore a 150 000 EUR, integra l'intervento del venture capitalist finanziando stadi dell'iniziativa imprenditoriale precedenti a quelli in cui è in grado di intervenire la maggior parte delle società specializzate di venture capital*.

Capitale di sviluppo (development capital): // Investimento in capitale di rischio effettuato nelle fasi di sviluppo di un'impresa e finalizzato ad espandere un'attività già esistente (detto anche expansion financing)

Capitalizzazione di mercato: // Il valore di mercato del capitale azionario di una società, derivante dal corso delle sue azioni moltiplicato per il numero di azioni di capitale emesse dalla società. Per estensione, la valutazione globale delle società quotate in una borsa valori.

Corporate venturing: // Attività di venture capital* promossa e realizzata da gruppi industriali con l'obiettivo di acquisire partecipazioni in aziende più piccole non quotate, per motivi strategici, finanziari o di responsabilità societaria. Prevalentemente attuata da grosse imprese per sostenere lo sviluppo tecnologico esterno.

Direttiva prospetti: // Documenti redatti a norma delle direttive 89/298/CEE (offerte pubbliche) e/o 80/390/CEE (prospetto), che saranno sostituite dalla nuova direttiva adottata il 15 luglio 2003.

Direttive contabili: // Direttiva 78/660/CEE (la quarta) e direttiva 83/349/CEE (la settima) e successivi emendamenti.

Diritto d'opzione (stock option) // Opzione sull'acquisto o sulla sottoscrizione di azioni che un'azienda offre ai propri dipendenti e/o manager a un prezzo determinato.

Early stage financing: // Interventi effettuati per l'avvio di un'iniziativa imprenditoriale, prima che inizino la fabbricazione commerciale e le vendite e prima che si realizzino profitti, comprendente sia le operazioni di seed* che quelle di start up*.

Equity (capitale netto, patrimonio netto): // Valore delle azioni ordinarie di una società.

Fondi di venture capital: // Fondi chiusi costituiti per fornire capitali di rischio.

Governo societario:

// Insieme di regole che definiscono i comportamenti da rispettare per il governo di organizzazioni, in particolare società a responsabilità limitata, e i rapporti tra gli azionisti e il management. La questione assume rilievo crescente dall'inizio degli anni Novanta, poiché i finanziatori esterni vogliono assicurarsi che il management dell'impresa non agisca contro i loro interessi.

Initial Public Offering (IPO): // Offerta pubblica di vendita o di sottoscrizione di azioni di un'impresa, finalizzata ad avviare il processo di quotazione in Borsa.

Investitori istituzionali: // Gli operatori istituzionali comprendono soprattutto società indipendenti, sussidiarie di imprese, banche, assicurazioni, fondi pensioni e fondi d'investimento, che raccolgono il risparmio e forniscono fondi ai mercati, ma anche altri tipi di istituzioni (per esempio le fondazioni).

Management buy-out (MBO): // Operazione di acquisizione di un'impresa o di una linea di prodotti al termine della quale la proprietà risulta distribuita tra un gruppo di manager interni alla stessa.

Mercati del capitale di rischio: // Mercati caratterizzati dall'apporto di capitale azionario da parte di operatori specializzati nei confronti di imprese nei primi stadi di crescita (seed financing*, start up* e capitale di sviluppo*). Ai fini della presente comunicazione, si distinguono tre tipi di finanziamento:

* investimento informale da parte di business angels* e gruppi industriali (corporate venturing*);

* venture capital;

* borse specializzate nelle PMI e nelle imprese a forte crescita (mercati high growth).

Mercato finanziario (mercato di capitali): // Mercato in cui le imprese e il settore pubblico ottengono nuove risorse finanziarie a medio e lungo termine. Le Borsa valori è l'istituzione fondamentale del mercato finanziario.

Mercato secondario: // Insieme delle negoziazioni di titoli già in circolazione. La sua prosperità e liquidità sono la condizione per l'esistenza di un robusto mercato primario.

Private equity: // Per opposizione al public equity, è l'investimento effettuato sui mercati privati in società non ancora quotate in borsa. Comprende il venture capital* e le operazioni di buy-out*.

Prospetto: // Offerta formale scritta per la vendita di titoli in cui si presenta il programma delle attività di un'impresa o si riportano i fatti relativi a un'impresa esistente, necessari affinché l'investitore possa decidere con cognizione di causa.

Replacement capital (capitale di sostituzione): // Investimento finalizzato alla ristrutturazione della base azionaria di un'impresa, in cui un nuovo investitore in venture capital si sostituisce a uno o più soci non più interessati a proseguire l'attività.

Seed financing: // Finanziamento dello studio e progettazione dell'idea imprenditoriale.

Start up: // Finanziamento dello sviluppo e della prima commercializzazione di un prodotto.

Valori mobiliari: // Attivi finanziari comprendenti azioni, obbligazioni, titoli a reddito fisso, investimenti a capitale variabile e crediti su prestiti o depositi.

Venture capital: // Apporto di capitale azionario, ovvero sottoscrizione di titoli convertibili in azioni, nei confronti di imprese non quotate da parte di operatori specializzati che, agendo in qualità di mandanti, gestiscono capitali propri, di privati o di istituzioni. Costituiscono investimenti in venture capital l'early-stage financing*, il capitale di sviluppo* e il capitale di sostituzione* ma ne sono escluse le operazioni di buy-out*.

(*) Termine definito nel glossario o nell'elenco delle sigle.