52003DC0113

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo , al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni - Difesa europea - Questioni industriali e di mercato - Verso una politica comunitaria in materia di attrezzature militari /* COM/2003/0113 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI - DIFESA EUROPEA - QUESTIONI INDUSTRIALI E DI MERCATO - Verso una politica comunitaria in materia di attrezzature militari

INDICE

SINTESI

Introduzione

1. Sviluppi recenti a favore di una politica europea in materia di attrezzature militari

1.1. Sviluppi recenti all'interno e all'esterno dell'UE

1.2. Politica europea degli armamenti e politica industriale

1.3. Politica europea in materia di armamenti e disposizioni del trattato

2. Obiettivi di una politica europea in materia di attrezzature militari

2.1. Domanda di attrezzature militari

2.2. Offerta di attrezzature militari

2.3. Regolamentare il mercato europeo delle attrezzature militari

2.4. Ricerca

3. Proposte d'azione

3.1. Verso un mercato europeo delle attrezzature militari

3.1.1. Normalizzazione

3.1.2. Controllo delle industrie collegate al settore della difesa

3.1.3. Trasferimenti all'interno della Comunità

3.1.4. Politica di concorrenza

3.1.5. Razionalizzazione della spesa nell'ambito delle gare d'appalto nel settore della difesa

3.1.6. Controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso

3.2. Verso un'azione più coerente nel settore europeo della ricerca

4. Ulteriori temi di riflessione per l'UE e gli stati membri

4.1. Proposte relative a un'Agenzia europea per le attrezzature militari

4.2. Sicurezza delle forniture

4.3. Questioni commerciali legate alla difesa

5. Conclusioni

SINTESI

Nel 1996 e nel 1997, la Commissione ha presentato due comunicazioni volte ad incoraggiare la ristrutturazione industriale e una maggiore efficienza del mercato europeo delle attrezzature militari. Alcune delle idee in esse contenute si sono concretizzate. Gli Stati membri, tuttavia, non hanno agito in vari settori fondamentali, ritenendo forse che le proposte presentate fossero premature. In seguito a un periodo di trasformazioni del settore e del quadro istituzionale dell'Unione europea, compreso l'avvio di una vera e propria politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), in una risoluzione del 10 aprile 2002 il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare una nuova comunicazione.

Tali questioni sono state messe ancor più in evidenza dalla Convenzione sul futuro dell'Europa. Un gruppo di lavoro incaricato delle questioni della difesa ha formulato raccomandazioni concrete che saranno oggetto di ulteriori riflessioni nei prossimi mesi.

Il rafforzamento della posizione industriale e commerciale delle imprese europee che producono attrezzature militari migliorerà sensibilmente la capacità dell'UE di eseguire le missioni di Petersberg nel quadro della realizzazione della PESD. Esso gioverà inoltre alla difesa collettiva, potenziando il contributo dell'Europa alla NATO.

Quali che siano le prospettive a lungo termine di una politica europea comune in materia di attrezzature militari, la Commissione è determinata ad avanzare senza indugio ogniqualvolta ciò sia possibile. La presente comunicazione propone pertanto un'azione nei settori seguenti.

- Normalizzazione: le parti interessate riconoscono la necessità di un'impostazione europea armonizzata per quanto riguarda la normalizzazione nel settore della difesa. La Commissione sta esaminando la questione con il CEN per promuovere la collaborazione tra ministeri della difesa e industria al fine di elaborare, entro la fine del 2004, un manuale contenente tutte le norme comunemente applicate all'acquisto di attrezzature militari.

- Controllo delle industrie collegate alla difesa: le parti interessate hanno bisogno di un quadro più preciso del contesto industriale ed economico della difesa in Europa. A tal fine, la comunicazione propone di avviare attività di controllo delle industrie collegate al settore della difesa.

- Trasferimenti all'interno della Comunità: si sostiene da tempo che un sistema europeo semplificato di licenze potrebbe contribuire a ridurre le macchinose procedure amministrative che ostacolano la circolazione di componenti di attrezzature militari tra i paesi dell'UE. La Commissione propone di avviare uno studio di valutazione dell'impatto nel 2003 e, in funzione dei risultati ottenuti, incominciare l'elaborazione dell'adeguato strumento legislativo alla fine del 2004.

- Concorrenza: la concorrenza migliora l'efficienza del mercato e tutela l'innovazione. Pertanto, e senza escludere eventuali eccezioni compatibili con il trattato, la Commissione intende proseguire la riflessione sull'applicazione delle norme di concorrenza nel settore della difesa.

- Norme in materia di appalti: anche l'armonizzazione delle norme in materia di appalti per le attrezzature militari contribuirebbe ad una maggiore efficienza del mercato. Su tale base, l'UE dovrebbe avviare una riflessione sulla maniera ottimale di procedere all'acquisto di attrezzature militari a livello nazionale e comunitario. L'obiettivo finale consisterebbe nell'adozione di un'unica serie di norme per l'acquisto di attrezzature militari in Europa. Negli ultimi anni, la Corte ha emesso importanti sentenze attinenti a tali lavori, segnatamente per contribuire a definire il campo d'applicazione dell'articolo 296. Entro il 2003, la Commissione presenterà una comunicazione interpretativa sulle implicazioni di tali sentenze. Parallelamente, essa elaborerà un libro verde, che potrebbe venir pubblicato nel 2004, quale base di discussione con le parti interessate.

- Controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso: esistono sistemi internazionali di controllo delle esportazioni, ma la CE non aderisce alla maggior parte di essi. Ne consegue che spesso gli Stati membri adottano posizioni non coordinate, che potrebbero limitare inutilmente le possibilità di esportazione delle industrie civili europee e incidere negativamente sul funzionamento del mercato interno dopo l'ampliamento. La comunicazione propone di sollevare la questione nell'ambito dei gruppi di lavoro pertinenti del Consiglio.

- Ricerca: la Commissione propone di consultare nel 2003 e l'industria gli Stati membri per individuare le esigenze comuni ed elaborare un programma di ricerca collegato alla sicurezza. Essa intende avviare un progetto pilota al riguardo.

La Commissione ha seguito il dibattito su un eventuale quadro comunitario delle attrezzature militari sorvegliato da una o più agenzie. Un quadro di questo genere potrebbe contribuire al coordinamento di programmi nazionali realizzati in collaborazione e offrire una base per la partecipazione di Stati membri attualmente non coinvolti. Benché, finora, gli Stati membri abbiano preferito svolgere la maggior parte dei lavori in materia al di fuori del trattato CE, potrebbe esistere un margine di manovra anche per alcuni strumenti e dispositivi comunitari.

Introduzione

Nel 1996 e nel 1997, la Commissione europea ha presentato due comunicazioni [1] sulle industrie collegate al settore della difesa per incoraggiare la ristrutturazione e la creazione di un mercato europeo efficiente delle attrezzature militari. Ne sono scaturite proposte e azioni riguardanti alcuni aspetti della questione. Per quanto riguarda le riforme fondamentali, tuttavia, gli Stati membri hanno ritenuto prematura un'azione a livello europeo.

[1] COM(96)10 e COM(97)583.

In seguito a un periodo di notevoli cambiamenti nel settore degli armamenti e nel quadro istituzionale dell'Unione europea, compresa l'evoluzione della PESD, in una risoluzione del 10 aprile 2002 il Parlamento europeo ha invitato la Commissione ad affrontare la questione degli armamenti in una nuova comunicazione.

Nell'autunno 2002, la Convenzione europea ha creato un gruppo di lavoro sulle questioni della difesa, presieduto dal commissario europeo Michel Barnier. La relazione redatta dal gruppo [2] sottolinea in particolare che la credibilità della politica europea in materia di difesa poggia sull'esistenza e sullo sviluppo delle capacità europee e sul potenziamento della base industriale e tecnologica del settore della difesa.

[2] Relazione finale del gruppo di lavoro 8 sulla difesa: CONV461/02 del 16 dicembre 2002.

Nell'insieme, gli Stati membri dell'Unione europea spendono per la difesa meno della metà degli Stati Uniti [3]. Il bilancio americano è pari complessivamente a 390 miliardi di USD l'anno, rispetto ai 160 miliardi di euro di tutti gli Stati membri dell'Unione. Da diversi anni, gli investimenti europei nel settore della difesa sono nettamente inferiori a quelli effettuati negli Stati Uniti in termini di acquisti (40 miliardi di euro l'anno in Europa rispetto ai 100 miliardi di USD degli Stati Uniti) e di ricerca (10 miliardi di euro in Europa rispetto ai 50 miliardi di USD degli Stati Uniti). Al di là dei livelli assoluti di spesa, che dipendono necessariamente dai rispettivi obiettivi, tuttavia, l'Europa registra risultati alquanto inferiori in termini di capacità operative. La capacità militare effettiva degli Stati membri dell'Unione europea è stimata al 10% circa di quella degli Stati Uniti [4]. Tale questione incide sulle relazioni transatlantiche. Una difesa europea più forte e una base tecnologica industriale rafforzata possono contribuire notevolmente alla sicurezza collettiva nell'ambito della NATO e di altre parnership. I contribuenti dovrebbero trarre il massimo vantaggio dal loro investimento nella sicurezza. È ampiamente dimostrato che attualmente le cose non stanno così, e che un mercato europeo delle attrezzature militari comporterebbe notevoli economie. Tanto per il settore civile quanto per quello della difesa è fondamentale, a livello economico, creare un contesto nel quale le società europee possano spendere vantaggiosamente il loro denaro. Per questo motivo, la Commissione intende inquadrare la questione del commercio e della produzione di armi in un contesto industriale. Sono interessate tutte le attività industriali in Europa riguardanti componenti che potrebbero essere incorporate in prodotti civili e/o militari.

[3] Senza tener conto dell'aumento del bilancio americano della difesa dal 2003, pari a circa 100 miliardi di USD per un periodo di tre anni.

[4] Cfr. la risoluzione del Parlamento europeo del 10 aprile 2002.

La redditività della spesa militare, il mantenimento di una base industriale competitiva in materia di difesa e di tecnologia, un migliore accesso ai mercati dei paesi terzi per i manufatti dell'UE, l'etica e l'equità del commercio degli armamenti, la sicurezza delle forniture, nonché la necessità di rispettare le prerogative degli Stati membri in questo settore delicato sono elementi importanti di cui tener conto nella definizione di una politica europea degli armamenti [5] .

[5] Sinonimo, ai fini della presente comunicazione, di politica in materia di attrezzature militari.

Sotto il profilo militare, l'efficienza di corpi multinazionali quali Eurocorps, Eurofor e Euromarfor richiede un elevato livello di interoperabilità degli armamenti. Per conseguire tale obiettivo rispettando l'efficacia dei costi, bisognerebbe equipaggiare sempre più le unità nazionali che compongono tali forze con le medesime attrezzature.

A livello industriale, la sopravvivenza di una base industriale della difesa europea, in grado di sostenere la PESD, dipenderà dalla riuscita del consolidamento nazionale e transeuropeo dell'industria, nonché delle partnership transatlantiche tra società. L'attuale quadro giuridico e regolamentare frammentato limita le possibilità di adeguamento delle società o le spinge verso strategie o alleanze che collocano l'Unione in una posizione svantaggiata. L'incapacità di conservare una base industriale competitiva della difesa, nonché la perdita di autonomia in materia di capacità di concezione ed innovazione, limitano le alternative disponibili e sono destinate, a lungo termine, a determinare costi più elevati di approvvigionamento.

Ci sono quindi ottime ragioni a favore di un maggiore coordinamento di una politica europea in materia di attrezzature militari. Come la PESD integra le politiche nazionali di difesa e la NATO, una politica comunitaria in materia di attrezzature militari completerebbe le corrispondenti politiche nazionali.

La Commissione può offrire un valido contributo in questo settore cercando di migliorare la qualità del quadro regolamentare comunitario che disciplina il trattamento degli armamenti in Europa. La presente comunicazione si prefigge tale scopo.

Le industrie europee della difesa competono in un mercato globale. La Commissione riconosce la necessita di affrontare in un secondo tempo alcune questioni particolari, quali un migliore funzionamento dell'attuale codice di condotta sulle esportazioni di armi e una maggiore apertura dei mercati dei paesi terzi ai prodotti europei della difesa.

1. SVILUPPI RECENTI A FAVORE DI UNA POLITICA EUROPEA IN MATERIA DI ATTREZZATURE MILITARI

1.1. Sviluppi recenti all'interno e all'esterno dell'UE

I Consigli europei di Colonia ed Helsinki del 1999 hanno impresso un nuovo slancio alla politica europea di sicurezza e di difesa attraverso la definizione di un obiettivo globale da conseguire entro il 2003 e la creazione di nuove strutture comunitarie quali il comitato politico e di sicurezza, il comitato militare dell'UE e lo Stato maggiore dell'UE. Il piano d'azione europeo sulle capacità (ECAP), che cerca di colmare le lacune dell'UE in termini di capacità, dovrebbe comportare programmi di acquisto di attrezzature disponibili in commercio, programmi realizzati in collaborazione, nonché misure in materia di ricerca e tecnologia.

È in atto una stretta cooperazione con la NATO per consentire all'UE un accesso garantito alle capacità di pianificazione della NATO per operazioni nel quadro della PESD. Sono in corso ampie consultazioni in tale ambito per garantire la massima compatibilità tra la concezione dell'UE e della NATO in materia.

Nel frattempo, al di fuori del quadro istituzionale dell'UE, è proseguita una profonda ristrutturazione delle industrie collegate al settore della difesa. Di fronte a una sempre maggiore concorrenza, soprattutto da parte degli Stati Uniti, le imprese reclamano con insistenza un mercato più aperto ed efficiente per rendere più competitiva la base tecnologica e industriale della difesa europea. Gruppi di Stati membri hanno colto queste nuove sfide concludendo accordi specifici quali la Lettera di intenti [6] e il suo accordo quadro, volti ad agevolare la ristrutturazione industriale, e l'organismo congiunto per la cooperazione in materia di armamenti (OCCAr) [7] inteso a migliorare la gestione dei programmi in materia di armamenti realizzati in collaborazione.

[6] La Lettera di intenti e il suo accordo quadro comprendono sei paesi: Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito. Lo scopo consiste nell'agevolare il processo di ristrutturazione industriale.

[7] L'OCCAr comprende quattro paesi: Francia, Germania, Italia e Regno Unito. Scopo di tale organizzazione internazionale è migliorare la gestione dei programmi realizzati in collaborazione.

Le diverse iniziative nel settore del commercio e della produzione di armamenti europei devono essere sostenute da un quadro globale più coerente per garantire una maggiore certezza del diritto e favorire la partecipazione di un maggior numero di Stati membri.

La recente adozione del regolamento (CE) n. 150/2003 del Consiglio [8], che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare, rappresenta un passo verso la creazione di un mercato europeo della difesa.

[8] Nel gennaio 2003 è stato adottato, ai sensi dell'articolo 26 del trattato CE, un regolamento del Consiglio che sospende che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare (GU L 25 del 30.1.2003, pag. 1).

Tali obiettivi sono stati messi ancor più in risalto dalla Convenzione sul futuro dell'Europa. Uno dei suoi gruppi di lavoro ha tenuto un dibattito di notevole importanza in materia di difesa e ha formulato importanti raccomandazioni [9] che saranno oggetto di un'ulteriore analisi e di dibattiti nel corso delle delibere della Convenzione dei prossimi mesi.

[9] Relazione finale del gruppo di lavoro VIII sulla difesa del 16 dicembre 2002; CONV461/02.

1.2. Politica europea degli armamenti e politica industriale

Esiste un'unità di intenti intrinseca tra la politica interna dell'Unione europea, compresi gli obiettivi di Lisbona, e gli obiettivi esterni ai quali devono contribuire tutte le politiche e tutti gli strumenti. La Commissione ritiene che il dinamismo dell'industria sia essenziale affinché l'Europa sia in grado di mantenere e accrescere la propria prosperità, realizzando contemporaneamente le sue più alte aspirazioni sociali, ambientali e internazionali [10]. Un obiettivo della comunicazione dell'11 dicembre 2002 sulla politica industriale in un'Europa allargata consiste nel reinserire l'industria nel programma politico. Un messaggio fondamentale consiste nel fatto che la politica industriale, pur essendo di natura orizzontale, deve tener conto delle caratteristiche e delle esigenze specifiche di ogni singolo settore. In tale contesto, la relazione STAR 21 pubblicata nel luglio 2002 conteneva un'analisi approfondita della situazione e delle difficoltà del settore aerospaziale europeo e sottolineava la necessità di tener conto della dimensione della difesa. Un'operazione analoga riguardante le industrie marittime (LeaderSHIP 2015) è stata avviata nel gennaio 2003.

[10] COM (2002) 714 "La politica industriale in un'Europa allargata" , dell'11 dicembre 2002.

Con tale spirito, e in vista del Consiglio europeo di primavera del 21 marzo 2003, la Commissione ed alcuni Stati membri hanno presentato proposte in materia di riforma strutturale e ammodernamento in Europa, per potenziare la competitività economica e garantire opportunità di lavoro per tutti. Sono state proposte, tra l'altro, misure volte ad eliminare alcuni ostacoli alla concorrenza e all'accesso ai mercati, concludere rapidamente il riesame in corso della legislazione sul mercato interno per conseguire un'effettiva apertura dei mercati, migliorare i risultati della ricerca e instaurare legami più precisi tra istituti di ricerca e creazione di imprese.

Se non si riuscirà a potenziare il contributo delle politiche comunitarie, segnatamente in materia di scambi, sviluppo, mercato interno, ricerca e concorrenza, non si potranno trovare soluzioni ottimali in termini di efficacia della PESD. È certo, inoltre, che il mancato sviluppo di una dimensione europea per il mercato delle attrezzature militari e per gli investimenti nella ricerca si ripercuoterà negativamente sulla competitività delle imprese ad alta tecnologia. La conoscenza e l'innovazione sono essenziali per consentire a tali imprese di competere e collaborare alle stesse condizioni con i concorrenti internazionali, quali ad esempio le società statunitensi, che beneficiano di un maggiore appoggio dei loro governi.

Sebbene alcune imprese europee siano all'avanguardia nell'innovazione a livello mondiale, la modesta quota europea di brevetti e attività di ricerca e sviluppo rispetto ai principali concorrenti indica che, complessivamente, in Europa l'innovazione resta troppo debole. Questa realtà è alla base della scarsa competitività dell'UE in alcuni segmenti economici a maggior valore aggiunto. Varie misurazioni del vantaggio comparato dimostrano che l'UE tende a specializzarsi in tecnologia medio-alta e in industrie mature ad alta intensità di capitale. Se è essenziale mantenere i punti di forza di questi settori, che costituiscono una quota importante della produzione complessiva e dell'occupazione, l'UE dovrebbe cercare di migliorare la propria posizione favorendo tecnologie quali le TIC (tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni), l'elettronica, le biotecnologie o le nanotecnologie, settori in cui spesso accusa ritardi rispetto ai principali concorrenti. Le industrie imperniate sulla tecnologia non sono soltanto fonte di conoscenza e di ricadute tecnologiche sull'economia, ma registrano anche i maggiori incrementi di produttività. La relativa debolezza dell'industria europea in questi settori, e il suo scarso peso nell'economia, si ripercuotono sulla crescita complessiva e sull'andamento della produttività nell'Unione europea.

In realtà, gran parte dei contributi ai sistemi di sicurezza e di difesa provengono attualmente dalle industrie e dalle PMI che sviluppano i loro prodotti e i loro servizi essenzialmente per applicazioni civili.

Le industrie collegate al settore della difesa potrebbero beneficiare dell'impostazione proposta nella comunicazione dell'UE sulla politica industriale.

1.3. Politica europea in materia di armamenti e disposizioni del trattato

Le questioni del commercio e della produzione degli armamenti si trovano al punto di intersezione tra politica della difesa e politica industriale.

In passato, è risultato difficile conciliare le esigenze imprescindibili dell'industria e della difesa. L'industria europea degli armamenti ne ha subito le conseguenze. Occorre pertanto definire un quadro più adeguato.

Nel corso degli anni, la vasta applicazione dell'articolo 296 [11] del trattato CE ha comportato una frammentazione dei mercati e delle industrie a livello nazionale. La situazione potrebbe tuttavia venire migliorata nel quadro delle disposizioni degli attuali trattati. Con sufficiente determinazione, dovrebbe essere possibile elaborare un insieme di norme sulle attrezzature militari, che tengano debitamente conto delle peculiarità degli armamenti, limitando progressivamente il ricorso all'articolo 296. Alcune delle norme necessarie potrebbero rientrare nell'ambito del primo (trattato CE) o del secondo (Politica estera e di sicurezza comune) pilastro del trattato UE [12].

[11] ARTICOLO 296 DEL TRATTATO CE :

[12] ARTICOLO 17 DEL TRATTATO UE 1. LA POLITICA ESTERA E DI SICUREZZA COMUNE COMPRENDE TUTTE LE QUESTIONI RELATIVE ALLA SICUREZZA DELL'UNIONE, IVI COMPRESA LA DEFINIZIONE PROGRESSIVA DI UNA POLITICA DI DIFESA COMUNE, CHE POTREBBE CONDURRE A UNA DIFESA COMUNE QUALORA IL CONSIGLIO EUROPEO DECIDA IN TAL SENSO. IN TAL CASO IL CONSIGLIO EUROPEO RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI ADOTTARE TALE DECISIONE SECONDO LE RISPETTIVE NORME COSTITUZIONALI. LA POLITICA DELL'UNIONE A NORMA DEL PRESENTE ARTICOLO NON PREGIUDICA IL CARATTERE SPECIFICO DELLA POLITICA DI SICUREZZA E DI DIFESA DI TALUNI STATI MEMBRI, RISPETTA GLI OBBLIGHI DI ALCUNI STATI MEMBRI, I QUALI RITENGONO CHE LA LORO DIFESA COMUNE SI REALIZZI TRAMITE L'ORGANIZZAZIONE DEL TRATTATO DEL NORDATLANTICO (NATO), NELL'AMBITO DEL TRATTATO DELL'ATLANTICO DEL NORD, ED È COMPATIBILE CON LA POLITICA DI SICUREZZA E DI DIFESA COMUNE ADOTTATA IN TALE CONTESTO. LA DEFINIZIONE PROGRESSIVA DI UNA POLITICA DI DIFESA COMUNE SARÀ SOSTENUTA, SE GLI STATI MEMBRI LO RITENGONO OPPORTUNO, DALLA LORO RECIPROCA COOPERAZIONE NEL SETTORE DEGLI ARMAMENTI.

2. OBIETTIVI DI UNA POLITICA EUROPEA IN MATERIA DI ATTREZZATURE MILITARI

A fini di semplificazione, le questioni relative alla politica degli armamenti [13] possono essere raggruppate in quattro sezioni.

[13] Tali questioni sono già state trattate nella comunicazione della Commissione sugli armamenti del 1997, le cui conclusioni e raccomandazioni restano valide.

1) Domanda di attrezzature militari: armonizzazione del fabbisogno in campo militare e di altre esigenze legate alla sicurezza, nonché programmazione e acquisto di attrezzature collegate al settore della difesa.

2) Offerta di attrezzature militari: completamento del processo di consolidamento industriale (essenzialmente della responsabilità delle industrie stesse); politiche e azioni di sostegno della Commissione e degli Stati membri a favore della creazione e del mantenimento di una struttura industriale competitiva in Europa.

3) Mercato delle attrezzature militari: un quadro regolamentare adeguato che disciplini gli aspetti interni ed esterni; norme adeguate per una fornitura di beni e servizi basata sull'efficienza in termini di costi da parte delle agenzie di approvvigionamento di materiali per la difesa degli Stati membri e di una futura agenzia europea (agenzie europee); controlli delle esportazioni economicamente validi. Tutti questi aspetti vanno sviluppati mantenendo norme etiche e promuovendo l'accesso reciproco al mercato.

4) Ricerca: cooperazione e coerenza della ricerca nel settore della difesa a livello europeo; sfruttamento di sinergie civili-militari.

È estremamente probabile che l'azione comunitaria possa apportare un valore aggiunto alle questioni 3 e 4.

2.1. Domanda di attrezzature militari

I nuovi rischi per la sicurezza comune verranno gestiti sempre più da coalizioni multinazionali, rendendo necessaria l'interoperabilità tra le forze nazionali.

Nell'ambito della PESD, e di concerto con la NATO, occorre inoltre quanto prima una migliore armonizzazione del fabbisogno di attrezzature militari. Affinché tale impostazione risulti economicamente vantaggiosa, occorre trasformarla in programmi comuni di attrezzature militari con caratteristiche tecniche comuni e programmi di approvvigionamento omogenei. Bisogna aumentare il numero di programmi di attrezzature militari e di successivi acquisti che potrebbero essere realizzati congiuntamente dal maggior numero possibile di Stati membri.

Tale processo dovrebbe consentire di realizzare economie di scala a livello di produzione e di effettuare risparmi grazie a una maggiore forza contrattuale negli acquisti che comporterebbe una diminuzione dei costi, oltre ai vantaggi offerti da una maggiore interoperabilità. Maggiori prevedibilità e coerenza a livello europeo in materia di programmazione e di acquisti consentirebbero all'industria di prevedere e di adeguare in maniera più opportuna la propria capacità di produzione.

Tenuto conto della longevità delle attrezzature militari, l'armonizzazione della programmazione e della fornitura di attrezzature dipenderà anche dal miglioramento dell'attuale piano d'azione sulle capacità europee (ECAP), che dovrebbe offrire una prospettiva a più lungo termine.

L'elaborazione di orientamenti generali, la verifica dei progressi compiuti e la corrispondenza tra metodi di finanziamento e proposte del piano d'azione sulle capacità europee richiederanno la partecipazione attiva del Consiglio europeo e dei ministri della Difesa per mantenere lo slancio e fornire l'autorità politica necessaria per assicurare l'adozione rapida di decisioni.

2.2. Offerta di attrezzature militari

Come si è detto, negli ultimi anni le industrie collegate al settore della difesa hanno continuato il loro processo di consolidamento. Un esempio lampante è quello dell'industria aerospaziale che, nel quadro del processo di razionalizzazione, ha potenziato la propria dimensione europea. I sistemi terrestri e i cantieri navali non registrano ancora livelli comparabili di razionalizzazione. Occorre un forte consolidamento di tali settori per mantenere la capacità dell'Europa in settori nei quali essa è sempre stata forte e tecnologicamente all'avanguardia.

L'ampliamento comporterà nuove sfide poiché l'industria della difesa dei nuovi Stati membri è essenzialmente deficitaria. Occorre un processo di ristrutturazione e razionalizzazione per garantirne la redditività. Tale processo potrebbe essere agevolato da politiche sociali e regionali, ricorrendo ai Fondi strutturali comunitari in conformità delle modalità in vigore.

La necessità di dividere gli elevatissimi costi dello sviluppo di nuovi sistemi e di familiarizzarsi con tecnologie essenziali ha spinto le imprese europee e americane a creare partnership quali il cacciabombardiere interforze (Joint Strike Fighter) sviluppato da Lockheed Martin e ribattezzato F-35, il principale programma di difesa della storia, di un valore di 200 miliardi di USD per i prossimi 30 anni. Con ogni probabilità, tale programma è destinato a dominare le relazioni industriali transatlantiche nel settore della difesa per molti anni. Esso offre ai paesi partecipanti importanti prospettive di lavoro per l'industria locale nel settore della tecnologia aerospaziale avanzata. Quattro Stati membri dell'Unione europea si sono impegnati a partecipare al programma stanziando a suo favore circa 4 miliardi di euro. Il Pentagono ha ordinato 2900 aerei. Per illustrare il divario esistente in termini di potere di acquisto in America e in Europa, basti rammentare che gli Europei hanno ordinato soltanto 150 aerei.

Nel frattempo, tuttavia, vengono prodotti in Europa tre caccia: l'Eurofighter, una joint venture tra Germania, Italia, Spagna e Regno Unito, il Rafale francese e il Gripen svedese-britannico.

Detti progetti europei presentano certi vantaggi. Essi possono entrare in funzione più rapidamente dell'F-35, dato che Rafale e Gripen sono già in servizio e l'Eurofighter è previsto per il 2003.

Tali scelte riguardanti programmi fondamentali in materia di attrezzature militari potrebbero avere ripercussioni negative sotto il profilo della politica industriale, per quanto riguarda la capacità dell'Europa di mantenere una propria industria di aerei da caccia competitiva. Sono inoltre probabili ripercussioni sull'industria aeronautica per il trasporto civile e commerciale.

I risultati per le imprese europee sono estremamente variabili. Le imprese non americane godono generalmente di un trattamento meno favorevole quando cercano di rifornire le agenzie di approvvigionamento statunitensi, direttamente o attraverso una partnership con altre imprese americane. Anche le imprese europee devono rispettare disposizioni locali specifiche per osservare le norme in materia di proprietà delle imprese che operano nel settore della difesa negli USA. Perfino quando le aziende europee, o in alcuni casi i loro governi, hanno effettuato investimenti massicci in nuovi sistemi di armamenti da realizzare negli Stati Uniti, il loro livello di accesso alle principali fasi di progettazione e sviluppo è risultato raramente soddisfacente. Oltre alla possibile incapacità di mantenere nell'Unione europea grandi appaltatori diretti, verrebbe compromesso il futuro di migliaia di PMI europee direttamente o indirettamente collegate a tali società.

L'industria europea corre il pericolo di essere ridotta al rango di subfornitore dei grandi appaltatori diretti statunitensi, mentre il know-how fondamentale resta nelle mani delle aziende statunitensi.

Le decisioni sulla ristrutturazione in Europa verranno adottate innanzitutto dalle stesse aziende, tenendo conto delle realtà del mercato, compresi gli interessi degli azionisti. Vi sono tuttavia limiti alla maggiore efficienza che le società possono raggiungere da sole finché il contesto in cui si muovono resta immutato. Quando si parla di sicurezza delle forniture si intende che gli Stati membri, singolarmente o collettivamente, hanno un chiaro interesse a mantenere una struttura industriale competitiva in grado di soddisfare le esigenze delle loro rispettive forze armate e della PESD. L'interesse pubblico esige inoltre che si tenga conto delle importanti conseguenze in termini di applicazioni civili di queste industrie ad alta tecnologia.

2.3. Regolamentare il mercato europeo delle attrezzature militari

Lo sviluppo delle industrie europee collegate al settore della difesa attraversa una fase critica, e le decisioni adottate ora determineranno con ogni probabilità le loro prospettive e le loro possibilità di successo per i prossimi decenni. Il fatto che molte delle società interessate producano tanto per il mercato civile quanto per quello della difesa, disciplinati da due quadri regolamentari distinti, complica ulteriormente le cose.

È indispensabile ridurre lo svantaggio delle società europee nei confronti dei loro concorrenti, segnatamente statunitensi, dovuto al fatto che le normative che disciplinano le attività nel settore della difesa non sono omogenee a livello di Unione europea ma frammentate a livello nazionale. Per quanto riguarda l'accesso ai mercati non comunitari, il fatto che i problemi vengano solitamente affrontati a livello di singoli Stati membri comporta una forte perdita di potere negoziale. L'incapacità dell'insieme delle aziende europee e dei loro governi di sfruttare appieno il peso dell'Unione nel quadro di un'azione comune, non può che andare a scapito dell'industria europea.

Per risolvere tali problemi, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per creare un vero mercato europeo delle attrezzature militari, in conformità dell'obiettivo già fissato dagli Stati membri che aderiscono al gruppo armamenti dell'Europa occidentale (WEAG) [14]. In pratica, l'assenza di impegni vincolanti ha indebolito il conseguimento di tale obiettivo. Tale lacuna potrebbe essere colmata da un quadro comunitario di norme che garantiscano la certezza del diritto e l'attuazione uniforme della normativa. Tale quadro potrebbe altresì gettare le basi per la partecipazione di un maggior numero di Stati membri.

[14] I ministri della difesa di tali paesi hanno già approvato una serie di principi esposti nel documento politico coerente (CPD) nel 1990 e in un CPD aggiornato nel 1999, volti ad estendere a tutta la WEAG le loro attività in materia di armamenti.

2.4. Ricerca

La cooperazione europea in materia di ricerca nel settore della difesa resta limitata e di portata ridotta: soltanto l'OAEO [15] (Organizzazione armamenti dell'Europa occidentale) è al momento specificamente incaricata di gestire programmi di ricerca in collaborazione nel settore della difesa, ma gestisce soltanto il 2,5% degli investimenti europei nel settore. Per il momento, né l'OCCAr, né la Lettera d'intenti intervengono nel settore della ricerca.

[15] 19 membri (paesi europei della NATO): Austria, Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia, Turchia, Regno Unito; presieduta dai Paesi Bassi dal 1° gennaio del 2003 per 2 anni.

Gli investimenti dei paesi europei sono di 4-5 volte inferiori a quelli americani, e tale scarto è ulteriormente aggravato dalla frammentazione e dalla compartimentazione delle ricerche europee. Ciò consentirebbe agli Stati Uniti d'imporre norme di qualità di un livello spesso difficilmente raggiungibile per gli europei, a causa della mancanza di investimenti nei settori tecnologici di punta.

Il settore in Europa è caratterizzato da una netta separazione tra ricerca civile e militare. Il trasferimento delle tecnologie dal settore civile al settore militare resta modesto, mentre le ricerche europee nel settore della difesa sono ritenute passibili di considerevoli trasferimenti verso attività civili. Occorre approfondire tale sinergia, sortendo così effetti positivi a cascata, per rafforzare la competitività dell'industria europea e contribuire al conseguimento dell'obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002, secondo il quale gli investimenti per le attività di ricerca devono raggiungere il 3% del PIL entro il 2010 [16].

[16] COM(2002) 499 def.

È importante sottolineare il ruolo svolto dalla ricerca nel settore della difesa nell'ambito della politica di innovazione degli Stati Uniti e gli effetti positivi per le industrie, comprese quelle del settore civile. Tale compenetrazione tra ricerca civile e militare è stata vantaggiosa tanto per gli industriali americani che operano nel settore degli armamenti, quanto per gli utilizzatori civili, in termini di sviluppo del mercato, sbocchi commerciali e costi. L'approvvigionamento militare americano di tecnologie di punta, assumendo i rischi, i costi di dimostrazione e ammortamento, ha avvantaggiato i fornitori americani, agevolando l'integrazione di tali tecnologie in applicazioni civili: Internet, l'interfaccia "windows-icons-pointer", il microprocessore RISC (utilizzato attualmente nella telefonia mobile) o il GPS (Global Positioning System) rappresentano sistemi originariamente finanziati dalla ricerca militare americana, segnatamente attraverso l'azione della DARPA (Defence Advanced Research Project Agency - Agenzia di ricerca per i progetti avanzati della difesa).

3. PROPOSTE D'AZIONE

L'elaborazione di una politica comunitaria in materia di attrezzature militari consisterà in un processo a lungo termine al quale parteciperanno numerosi soggetti diversi. La presente comunicazione si concentra su una serie di misure specifiche, che la Commissione ritiene possano contribuire alla realizzazione di obiettivi comunitari di più vasta portata. Le misure proposte intendono incoraggiare la ristrutturazione e il consolidamento dell'industria, promuovere la creazione di un mercato europeo delle attrezzature militari e rafforzare la competitività dell'industria europea, nonché conseguire più vasti obiettivi socioeconomici.

3.1. Verso un mercato europeo delle attrezzature militari

3.1.1. Normalizzazione

Pur trattandosi essenzialmente di una questione tecnica, le attività sulla normalizzazione delle attrezzature militari sono un importante presupposto dell'apertura dei mercati nazionali e della progressiva creazione di un mercato unico europeo. Tanto i produttori quanto le autorità pubbliche (ministeri della Difesa) saranno avvantaggiati da un riferimento comune costituito da norme elaborate in conformità delle attività della NATO, che consentirà loro di migliorare la redditività e l'interoperabilità. Tale necessità è stata riconosciuta da tutte le parti che partecipano, su base volontaria, all'elaborazione di un "manuale di normalizzazione nel settore della difesa". Quest'ultimo conterrà riferimenti a norme e specifiche affini, comunemente utilizzate a sostegno degli appalti nel settore della difesa, nonché orientamenti per una selezione ottimale di tali norme.

L'azione in corso, alla quale partecipano i ministeri della Difesa e l'industria con l'assistenza del CEN, è finanziata nell'ambito del contratto quadro per la normalizzazione del 1998. La Commissione garantirà che una prima versione del Manuale europeo sia pronta entro la fine del 2003 e una prima versione operativa verso la fine del 2004.

La fase successiva consisterebbe nel dare al manuale una status ufficiale affinché, dopo l'approvazione del suo contenuto, esso venga sistematicamente utilizzato per gli appalti nel settore della difesa. La Commissione proporrebbe quindi misure complementari adeguate per garantire l'aggiornamento e l'impiego del manuale.

3.1.2. Controllo delle industrie collegate al settore della difesa

Conformemente alla missione della Comunità di assicurare le condizioni necessarie alla competitività dell'industria (art. 130 del trattato CE), la Commissione dovrebbe riesaminare costantemente la situazione di tutti i settori dell'industria. Per controllare, a livello di UE (compresi i nuovi Stati membri), la situazione economica della base industriale del settore della difesa, compresa la sua capacità di soddisfare le esigenze della PESD in materia di forniture, l'Unione deve poter accedere regolarmente alle informazioni su tale settore. Occorre conoscere e valutare i livelli di competitività e di competenze specifiche, la distribuzione geografica di tali competenze, gli investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo, ecc. per poter fissare dei parametri e contribuire all'elaborazione di politiche specifiche. Inoltre, i produttori devono poter conoscere meglio le condizioni di mercato in cui procedere alla ristrutturazione.

A tal fine, si propone di avviare un'attività di controllo delle industrie collegate al settore della difesa, utilizzando i dati di EUROSTAT e del Sistema statistico europeo (SSE), nonché altre fonti d'informazione pertinenti, comprese le associazioni industriali, sempre nel rispetto delle vigenti norme di riservatezza.

3.1.3. Trasferimenti all'interno della Comunità

La Commissione è consapevole del fatto che i trasferimenti all'interno della Comunità di prodotti della difesa comportano procedure amministrative complesse e lente, a causa del numero elevato di procedure nazionali. Tali procedure consistono in licenze individuali rilasciate alle imprese, licenze di importazione/esportazione, verifica delle forniture e talvolta certificati di utilizzatore finale. Inoltre, le medesime procedure si applicano anche al trasferimento di prodotti della difesa verso altri Stati membri o alle esportazioni di tali prodotti in paesi terzi. Tale complessità è dovuta tra l'altro alla volontà degli Stati membri di controllare la destinazione finale dei prodotti della difesa, soprattutto quando vengono esportati in paesi terzi.

La Commissione ha quindi cercato, in collaborazione con esperti dei governi, di individuare possibili modi di semplificare i trasferimenti, all'interno della Comunità, di prodotti legati al settore della difesa. Una possibilità consisterebbe, ad esempio, nell'allineare i sistemi nazionali di licenze attraverso il principio di autorizzazione globale, che verrebbe applicato ai programmi intergovernativi e ai programmi di cooperazione industriale.

Occorre avviare uno studio di impatto per valutare il valore aggiunto di un'eventuale iniziativa legislativa a livello comunitario. Si potrebbe tener conto, a questo proposito, dell'esperienza maturata nell'ambito delle modalità di trasferimento di attrezzature militari per le forze armate nel quadro degli accordi pertinenti della NATO. In funzione dei risultati di tale studio, la Commissione proporrà un adeguato strumento legislativo (regolamento o direttiva), la cui elaborazione inizierà alla fine del 2004.

3.1.4. Politica di concorrenza

La politica delle concorrenza rappresenta un elemento fondamentale del mercato comune e non costituisce un ostacolo all'evoluzione tecnologica o all'iniziativa privata. Inoltre, essa deve garantire che i cambiamenti determinati dalle forze di mercato, ad esempio attraverso concentrazioni e acquisizioni, non comportino l'affermarsi o il rafforzarsi di posizioni dominanti, bensì vantaggi in termini di innovazione e redditività.

La Commissione non si è opposta a tali operazioni purché le concentrazioni puramente militari le fossero notificate nel quadro del regolamento comunitario sul controllo delle concentrazioni. Recentemente, tuttavia, sono state effettuate complesse fusioni transfrontaliere, che richiedono un'attenta valutazione dell'impatto globale sulla concorrenza, segnatamente per quanto riguarda beni a duplice uso o prodotti civili. Una maggior chiarezza sarebbe accolta con soddisfazione tanto dall'industria quanto dai governi. I produttori hanno bisogno di un quadro stabile e trasparente nel quale procedere alla ristrutturazione. Analogamente, occorre tener conto degli interessi delle altre parti interessate del mercato, in particolare dei clienti, dei concorrenti e dei subappaltatori degli altri Stati membri.

A causa delle sue specificità, e in particolare delle strette relazioni con le autorità pubbliche, il settore della difesa potrebbe beneficiare, direttamente o indirettamente, di sostegno pubblico equivalente a un aiuto di Stato. Conformemente alle disposizioni dell'articolo 296 del trattato CE, finora l'articolo 87 del trattato CE relativo al controllo degli aiuti di Stato non è stato applicato purché le imprese interessate fabbricassero solamente attrezzature militari. Non è stato neppure notificato alcun aiuto di questo genere che contribuisse alla "realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo" conformemente all'articolo 87, paragrafo 3, lettera b) del trattato CE. Un eventuale sostegno finanziario pubblico alla produzione di attrezzature militari non dovrebbe comunque alterare le condizioni di concorrenza sul mercato comune di prodotti che non hanno una specifica destinazione militare. Tale aspetto è particolarmente rilevante quando le società in questione fabbricano tanto prodotti destinati a un uso strettamente militare quanto prodotti civili. È necessario, in particolare, garantire che non vi siano finanziamenti incrociati tra queste due attività. Gli aiuti a prodotti destinati a fini non specificamente militari rientrano nell'ambito delle disposizioni tipo in materia di aiuti di Stato.

La Commissione intende proseguire la riflessione sull'applicazione delle norme di concorrenza nel settore della difesa, tenendo debitamente conto delle specificità del settore e delle disposizioni dell'articolo 296 del trattato CE.

3.1.5. Razionalizzazione della spesa nell'ambito delle gare d'appalto nel settore della difesa

Rendere più efficiente il mercato europeo delle attrezzature militari offrirebbe vantaggi derivanti da una maggiore concorrenza, scambi internazionali, minori sovrapposizioni nei settori della ricerca e dello sviluppo, economie di scala, nonché dalle conoscenze da applicare nella produzione.

Una maggiore apertura del sistema di appalti per le attrezzature militari a livello comunitario consentirà a tutte le società di utilizzare le medesime interfaccia e gli stessi processi per l'elaborazione, la fornitura e la manutenzione delle attrezzature, nonché per le gare d'appalto. Gli Stati membri dell'UE che fanno parte della WEAG hanno già adottato tale impostazione e cercato di aprire i rispettivi mercati, creando centri nazionali di informazione sulle gare d'appalto e pubblicando i dati relativi al proprio fabbisogno in materia di attrezzature militari sulle rispettive gazzette ufficiali. Tuttavia, tale iniziativa è stata indebolita dalla mancanza di impegni vincolanti.

Un primo passo verso l'armonizzazione delle norme in materia di appalti pubblici dovrebbe consistere nell'esaminare le diverse pratiche in vigore e sviluppare un'impostazione comune.

Su tale base, l'UE dovrebbe avviare una riflessione sulla maniera ottimale di procedere all'acquisto di attrezzature militari a livello nazionale e comunitario. Sarebbero interessati i prodotti acquistati tanto dai ministeri della Difesa degli Stati membri quanto da un'eventuale futura agenzia europea. L'obiettivo finale consisterebbe nell'adozione di un'unica serie di norme per l'acquisto di attrezzature militari in Europa.

Negli ultimi anni, la Corte ha emesso importanti sentenze attinenti a tali lavori, segnatamente per contribuire a definire il campo d'applicazione dell'articolo 296. Entro il 2003, la Commissione presenterà una comunicazione interpretativa sulle implicazioni di tali sentenze.

Parallelamente, la Commissione elaborerà un libro verde, che potrebbe venir pubblicato nel 2004, quale base di discussione con le parti interessate. Si intende in tal modo giungere ad un accordo sulle norme in materia di appalti da applicare alle attrezzature militari in funzione del loro livello di sensibilità.

La creazione di un mercato europeo delle attrezzature militari basato sul principio di equa concorrenza tra le società europee renderà inutile il ricorso a compensazioni (ossia pratiche di compensazioni industriali obbligatorie per l'acquisto di attrezzature e/o servizi militari). Tuttavia, a causa degli obblighi contrattuali in vigore, dovranno essere approvate alcune modalità transitorie. Il suddetto libro verde tratterà anche la questione delle compensazioni all'interno e all'esterno dell'UE.

3.1.6. Controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso

I prodotti a duplice uso sono i prodotti, compresi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile che militare [17]. Gli Stati membri controllano le esportazioni di tali prodotti e partecipano, a titolo individuale, ad una serie di sistemi internazionali informali (vincolanti sotto il profilo politico ma non giuridico) di controllo delle esportazioni [18].

[17] Definizione tratta dal regolamento (CE) n. 1334/2000 del 22 giugno 2000.

[18] Il gruppo Australia controlla esportazioni e trasbordi che potrebbero comportare la proliferazione di armi chimiche e biologiche. Il regime di non proliferazione nel settore missilistico intende prevenire la proliferazione di vettori teleguidati di armi di distruzione di massa attraverso il controllo delle esportazioni di missili e di tecnologie collegate.

Il regolamento (CE) n. 1334/2000 del Consiglio, basato sull'articolo 133 del trattato CE, pur sostenendo il principio della libera circolazione delle merci all'interno dell'UE, fornisce norme e principi comuni giuridicamente vincolanti per l'attuazione e l'applicazione dei controlli delle esportazioni di prodotti a duplice uso da parte degli Stati membri. Il regolamento è strettamente collegato ai sistemi di controllo delle esportazioni, poiché comprende un elenco comune di prodotti soggetti a controllo, risultato delle decisioni consensuali adottate nell'ambito di tali sistemi.

Poiché esistono differenze a livello di attuazione degli impegni in materia di controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso da parte dei paesi partecipanti ai sistemi di controllo delle esportazioni (per non parlare di quelli che non partecipano a tali sistemi), occorre procedere con la massima attenzione per evitare che alcuni settori industriali civili quali i settori nucleare, chimico, biologico, farmaceutico, spaziale e aeronautico e le tecnologie dell'informazione, potenzialmente oggetto di controlli, vengano sottoposti a limitazioni inutili o inique.

Recependo sul piano giuridico le decisioni adottate dagli Stati membri nell'ambito dei sistemi di controllo delle esportazioni, la Comunità impone restrizioni ai controlli esercitati sulle esportazioni dalle industrie europee. La Commissione non aderisce a tali sistemi (ad eccezione del gruppo Australia). Occorre promuovere un maggiore coinvolgimento della Commissione ai fini di un coordinamento più efficace delle posizioni degli Stati membri nei diversi sistemi e per rappresentare gli interessi della Comunità. In particolare, la Commissione dovrebbe interessarsi al funzionamento del mercato unico e agli interessi economici dei vari settori dell'industria civile, sostenendo al tempo stesso l'obiettivo fondamentale della sicurezza dei cittadini dell'UE.

Alla luce dei controlli imposti dalla CE, per ragioni di sicurezza, sull'esportazione di prodotti a duplice uso e conformemente alle decisioni adottate presso le sedi specializzate nel controllo delle esportazioni, occorre tener conto dell'impatto di tali controlli sulla competitività delle industrie della difesa dell'UE e di quelle che fabbricano prodotti a duplice uso. Occorre far sì che tutti questi aspetti siano adeguatamente trattati nell'ottica dell'ampliamento, per evitare ripercussioni negative sul mercato unico dei prodotti a duplice uso e sul sistema di controllo delle esportazioni della Comunità.

La Commissione solleverà la questione relativa ai mezzi necessari per conseguire tali obiettivi con gli Stati membri nell'ambito dei gruppi di lavoro pertinenti del Consiglio, rammentando le particolari sfide dell'ampliamento.

3.2. Verso un'azione più coerente nel settore europeo della ricerca

Forte della sua lunga esperienza in materia di gestione dei programmi di ricerca comunitari e di coordinamento delle attività e dei programmi di ricerca nazionali, la Commissione è disposta a mettere le sue conoscenze al servizio di un'iniziativa volta a promuovere la cooperazione nel settore della ricerca collegata alla sicurezza mondiale.

Gli insegnamenti tratti dalla creazione dello Spazio europeo di ricerca indicano che l'Unione e i suoi Stati membri trarrebbero maggiori vantaggi dai programmi di ricerca nazionali se questi fossero meglio coordinati; lo stesso vale ovviamente per il settore della ricerca avanzata collegata alla sicurezza. Una convergenza delle iniziative su scala europea per tener conto delle necessità a medio o lungo termine consentirebbe di garantire il migliore sviluppo possibile di tecnologie di punta fondamentali per l'Europa e comporterebbe un vero «valore aggiunto europeo».

A tal fine, e conformemente a quanto suggerito dal Parlamento nella risoluzione del 10 aprile 2002, la Commissione inviterà i rappresentanti delle amministrazioni nazionali, dell'industria e della ricerca con attività significative nel settore a definire, nel 2003, un programma europeo di ricerca legato alla sicurezza mondiale, nonché le modalità più adeguate per un'iniziativa comune.

Per preparare l'attuazione di tale programma di ricerca avanzata legata alla sicurezza mondiale, la Commissione intende avviare un'azione preparatoria con gli Stati membri, riguardante alcuni elementi specifici e concreti, utili soprattutto per eseguire le missioni di Petersberg. Una siffatta azione preparatoria, della durata massima di tre anni, rappresenterebbe una fase pilota e dovrebbe permettere di acquisire l'esperienza necessaria per valutare le condizioni e le modalità atte a promuovere una cooperazione efficace tra programmi nazionali di ricerca collegata alla sicurezza mondiale. Essa riguarderebbe un numero limitato di temi attentamente selezionati in diversi settori che utilizzano tecnologie di punta e misure d'accompagnamento specifiche.

4. ULTERIORI TEMI DI RIFLESSIONE PER L'UE E GLI STATI MEMBRI

4.1. Proposte relative a un'Agenzia europea per le attrezzature militari

Il trattato sull'Unione europea (art. 17), indica che "la definizione progressiva di una politica di difesa comune sarà sostenuta, se gli Stati membri lo ritengono opportuno, dalla loro reciproca cooperazione nel settore degli armamenti". La dichiarazione sull'UEO allegata ai trattati di Maastricht e di Amsterdam prevede la possibilità di creare un'agenzia europea per gli armamenti. Il gruppo di lavoro "difesa" della Convenzione ha inserito nelle proprie raccomandazioni la creazione di un'agenzia europea su base intergovernativa, che si occuperebbe di armamenti e ricerca strategica e potrebbe contribuire altresì a garantire il miglioramento delle capacità. La proposta è stata sostenuta nella dichiarazione franco-britannica rilasciata nel quadro del vertice svoltosi a Le Touquet il 4 febbraio 2003.

Diversi Stati membri hanno già avviato alcune iniziative congiunte in materia di appalti e ricerca quali OCCAr, la Lettera d'intenti e la WEAO. Iniziative dell'UE in tale settore dovrebbero fare tesoro di tale esperienza. Bisognerebbe creare un quadro comunitario delle attrezzature militari che comprenda:

- programmi realizzati in collaborazione sulla base dell'OCCAr, ai quali possono associarsi progressivamente paesi che desiderino partecipare a questo tipo di cooperazione, in conformità delle norme OCCAr, abbandonando il principio del "giusto ritorno";

- ricerca e tecnologia. Il Memorandum d'intesa Europa concordato in sede di Organizzazione dell'Europa occidentale per gli armamenti contiene una serie di idee preziose che potrebbero essere ulteriormente approfondite; a lungo termine, l'UE dovrebbe prendere in considerazione la creazione di una DARPA (Agenzia di ricerca per i progetti avanzati della difesa) europea;

- acquisto di attrezzature disponibili in commercio. Tale questione non viene ancora trattata a livello europeo; sarebbe ora che lo fosse.

L'agenzia creata (o le agenzie create) per controllare tale quadro comunitario dovrebbe rispecchiare la scelta politica degli Stati membri, in base alla quale gran parte delle operazioni di controllo deve continuare ad essere realizzata al di fuori dell'attuale trattato CE. Sarebbe tuttavia ragionevole ricorrere ai dispositivi e agli strumenti comunitari qualora gli Stati membri ritenessero che la Comunità potesse offrire un contributo (ad esempio, quando i lavori riguardino meccanismi di mercato o quando sia possibile fare tesoro, nel settore della ricerca, dell'esperienza maturata nei programmi quadro civili). A lungo termine, gli Stati membri potrebbero anche decidere di elaborare un meccanismo centrale di finanziamento che consenta a quanti di loro dispongono di un bilancio nazionale per la difesa sproporzionatamente modesto di contribuire comunque alle capacità dell'UE.

Un altro vantaggio di un quadro europeo di questo genere per le attrezzature militari consiste nel fatto che esso potrebbe, in alcuni casi, rafforzare il potere negoziale dell'Unione europea per gli accordi commerciali nel settore degli armamenti, e quindi la posizione dell'UE.

4.2. Sicurezza delle forniture

Fino a poco tempo fa, la questione della sicurezza delle forniture è stata affrontata essenzialmente dai singoli Stati membri. Il processo di consolidamento nel settore della difesa, che consente all'Europa di mantenere una base industriale competitiva, dovrebbe comportare una maggiore concentrazione settoriale. I governi dovranno accettare la perdita di alcune capacità nazionali, acquistare direttamente da società estere o transnazionali e autorizzare cambiamenti di proprietà a livello delle società che operano nel settore della difesa. La reciproca dipendenza tra nazioni per la fornitura di alcuni materiali militari esiste già di fatto. Alcuni paesi acquistano interi sistemi da aziende estere e anche quando un paese acquista da fornitori nazionali, alcune componenti di attrezzature più complesse provengono dall'estero.

Adottando un'impostazione su scala comunitaria per quanto riguarda la sicurezza delle forniture, i governi potrebbero:

- evitare di mantenere capacità eccedentarie non concorrenziali riservando gli ordini alle società nazionali;

- essere in grado di permettere concentrazioni transnazionali che comportano un cambio di proprietà;

- agevolare la circolazione e i trasferimenti transnazionali di personale impegnato in attività riservate;

- consentire il trasferimento transnazionale di beni e tecnologia.

Un'impostazione di questo tipo consentirebbe, di fatto, di diversificare le fonti di approvvigionamento e di ridurre quindi la dipendenza da un unico fornitore, quale ad esempio gli Stati Uniti.

I progressi dell'Unione europea in questo settore dovrebbero poggiare sulle attività già avviate in altre sedi quali la Lettera d'intenti, la NATO e la WEAG.

4.3. Questioni commerciali legate alla difesa

Una maggiore apertura dei mercati esteri, segnatamente degli Stati Uniti, ai prodotti europei della difesa rappresenta un obiettivo prioritario. È essenziale che le industrie della difesa dell'Unione europea mantengano e sviluppino ulteriormente le proprie capacità di progettazione e competenze specifiche nelle tecnologie più avanzate. In caso contrario, la maggior parte dei mercati nazionali europei resterà aperta ai fabbricanti americani, mentre il mercato statunitense resterà chiuso ai fabbricanti europei, ad eccezione di alcune società europee stabilite negli Stati Uniti.

Per acquistare una maggiore credibilità in questo settore bisognerebbe consolidare i mercati nazionali della difesa e sfruttare il potenziale del bilancio combinato dell'UE destinato all'acquisto di attrezzature militari (a livello nazionale e di UE). Tale processo consentirebbe di migliorare la posizione negoziale dell'UE ai fini di una maggiore reciprocità e per instaurare condizioni di parità per le società europee che desiderano accedere al mercato statunitense.

Occorre impegnarsi ancora più a fondo su alcuni di tali aspetti. La Commissione tornerà su tale questione in una fase successiva.

Per quanto riguarda l'etica in materia di commercio degli armamenti, nel 1998 il Consiglio ha adottato il codice di condotta dell'UE sulle esportazioni di armi. Tale codice di condotta è uno strumento politicamente vincolante, che cerca di creare "norme comuni elevate" che gli Stati membri devono rispettare al momento dell'adozione di decisioni in materia di esportazione di armi, nonché ai fini di una maggiore trasparenza in materia di esportazione di armi convenzionali. Esso prevede inoltre un meccanismo operativo specifico volto a scoraggiare i singoli Stati membri dal trarre vantaggi commerciali da vendite rifiutate da altri Stati membri. È stato concordato un elenco comune di materiale militare al quale si applica il codice, che serve come orientamento; gli Stati membri sono liberi di utilizzare i propri elenchi.

I sei paesi firmatari della Lettera di intenti hanno compiuto un primo passo verso una soluzione pratica volta a ottimizzare le decisioni in materia di esportazioni di prodotti di società multinazionali. Le idee contenute in tale lettera dovrebbero servire come base per future norme comunitarie. In particolare, l'eventuale decisione di esportare al di fuori dell'Unione europea dovrebbe tener conto della necessità di consultare prima gli Stati membri interessati dal rilascio di un'autorizzazione, riconoscendo al tempo stesso la responsabilità politica del paese esportatore finale.

5. Conclusioni

La presente comunicazione intende promuovere ulteriormente una maggiore efficienza dell'industria delle attrezzature militari. Si tratta di un obiettivo in sé ma anche di un'importante sfida che l'Unione deve cogliere per garantire la riuscita della PESD. La Commissione propone di:

* fornire le risorse finanziarie necessarie per garantire che il Manuale di normalizzazione europeo sia pronto entro il 2004 e proporre successivamente misure complementari adeguate per garantire l'aggiornamento e l'impiego del manuale;

* avviare un'attività di controllo delle industrie collegate al settore della difesa utilizzando i dati di EUROSTAT e del Sistema statistico europeo, nonché altre fonti d'informazione pertinenti, sempre nel rispetto delle vigenti norme di riservatezza;

* avviare uno studio di valutazione dell'impatto nel 2003 e, sulla base dei risultati di questo, iniziare alla fine del 2004 l'elaborazione dell'opportuno dispositivo giuridico volto ad agevolare il trasferimento di attrezzature militari all'interno della Comunità;

* continuare la riflessione sull'applicazione delle norme di concorrenza nel settore della difesa, tenendo debitamente conto delle specificità del settore e delle disposizioni dell'articolo 296 del trattato CE;

* avviare una riflessione sulla maniera ottimale di procedere all'acquisto di attrezzature militari a livello nazionale e comunitario. Tenuto conto delle importanti sentenze emesse dalla Corte negli ultimi anni, segnatamente per contribuire a definire il campo d'applicazione dell'articolo 296, entro il 2003 la Commissione presenterà una comunicazione interpretativa sulle implicazioni di tali sentenze. Parallelamente, essa elaborerà un libro verde, che potrebbe venir pubblicato nel 2004, quale base di discussione con le parti interessate;

* sollevare, presso i gruppi di lavoro pertinenti del Consiglio, la questione della partecipazione della Commissione ai sistemi di controllo delle esportazioni;

* avviare un'azione preparatoria nel settore della ricerca avanzata legata alla sicurezza mondiale, per sviluppare unitamente agli Stati membri e all'industria, alcuni elementi specifici e concreti, utili soprattutto per eseguire le missioni di Petersberg;

* proseguire i lavori su un eventuale quadro comunitario delle attrezzature militari controllato da una o più agenzie. Tale quadro riunirà iniziative nazionali, segnatamente programmi di ricerca e sviluppo realizzati in collaborazione e programmi d'acquisto di attrezzature militari disponibili in commercio, ed incoraggerà un maggior numero di Stati membri a partecipare a tali programmi, consentendo all'UE di utilizzare, all'occorrenza, meccanismi e strumenti comunitari.