52002DC0513

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Commercio e sviluppo - Aiutare i paesi in via di sviluppo a beneficiare degli scambi /* COM/2002/0513 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO - COMMERCIO E SVILUPPO AIUTARE I PAESI IN VIA DI SVILUPPO A BENEFICIARE DEGLI SCAMBI

INDICE

PARTE I COMMERCIO E SVILUPPO -- SFIDE E OPPORTUNITÀ

1. Commercio, crescita e povertà

1.1. La posizione dei paesi in via di sviluppo nell'ambito del commercio mondiale

1.2. Molti paesi in via di sviluppo sono in ritardo

1.3. Povertà, ineguaglianza e commercio

1.4. L'esigenza di mercati realmente accessibili

1.5. Ostacoli politici, strutturali ed istituzionali

1.6. L'integrazione regionale è una strategia valida

2. Il sistema commerciale multilaterale

2.1. Vantaggi del sistema commerciale multilaterale regolamentato

2.2. Difficoltà nell'attuazione degli accordi OMC

2.3. Integrare sviluppo e commercio: l'agenda di sviluppo di Doha (DDA)

PARTE II AIUTARE I PAESI IN VIA DI SVILUPPO A BENEFICIARE DELLA LIBERALIZZAZIONE DEGLI SCAMBI

3. Integrare il commercio nelle strategie di sviluppo

3.1. Riforma del sistema commerciale nell'ambito delle strategie per la riduzione della povertà

3.2. Complementarità, coerenza e coordinamento con gli altri donatori

3.3. Assistenza per un'effettiva partecipazione al sistema commerciale multilaterale

3.4. Altri interventi di assistenza in campo commerciale

4. Un programma di azione per migliorare l'erogazione dell'assistenza

Allegato 1 - Descrizione dell'assistenza UE in campo commerciale

Allegato 2 - Il quadro integrato per i paesi meno sviluppati

Elenco degli acronimi

>SPAZIO PER TABELLA>

Sintesi

Portare avanti i lavori avviati a Doha, Monterrey e Johannesburg

L'importanza del rapporto tra sviluppo, commercio e l'integrazione dei paesi in via di sviluppo nell'economia mondiale è stata riconosciuta in maniera crescente a livello internazionale e in particolare durante le tre importanti conferenze tenutesi nel corso di quest'ultimo anno:

* La quarta riunione ministeriale dei paesi aderenti all'OMC, tenutasi a Doha nel novembre 2001, ha dato il via alla cosiddetta Agenda di sviluppo di Doha (DDA), che rappresenta un nuovo approccio al commercio basato sullo sviluppo e accompagnato da interventi di potenziamento delle capacità per aiutare tutti i paesi a partecipare efficacemente ai negoziati. Il nuovo approccio punta a promuovere lo sviluppo in maniera diretta, piuttosto che limitandosi semplicemente a concedere ai paesi in via di sviluppo più tempo per attuare gli accordi e adeguarsi agli stessi [1].

[1] Il programma, noto come "Agenda di sviluppo di Doha", comprende numerosi strumenti: una dichiarazione ministeriale che definisce il mandato per l'avvio di negoziati in diversi settori, nonché un programma di lavoro per i paesi membri dell'OMC in altri settori, una decisione ministeriale relativa alle questioni e ai problemi legati all'attuazione (che esamina alcune delle difficoltà incontrate dai paesi in via di sviluppo appartenenti all'OMC nell'attuare taluni accordi OMC) e una dichiarazione ministeriale sull'accordo TRIPS e sulla salute pubblica (che analizza il rapporto tra diritti di proprietà intellettuale e questioni inerenti la salute pubblica).

* La conferenza ONU sui finanziamenti per lo sviluppo, tenutasi a Monterrey nel marzo 2002 e in occasione della quale i leader mondiali hanno sottolineato l'importanza, ai fini dello sviluppo, degli interventi di sostegno tesi ad eliminare gli ostacoli commerciali sul fronte dell'offerta e del finanziamento efficace, sicuro e prevedibile dell'assistenza in campo commerciale e delle iniziative di potenziamento delle capacità.

* Infine, il recente vertice mondiale di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile (WSSD), in cui i leader internazionali hanno riconosciuto l'importanza del commercio ai fini dello sviluppo sostenibile, sottolineando l'esigenza di ulteriori interventi, oltre a quelli annunciati a Doha e Monterrey, e di politiche commerciali, di sviluppo e ambientali basate sul sostegno reciproco. Il vertice di Johannesburg ha formulato una serie di importanti conclusioni, tra cui: la necessità di promuovere un sistema economico aperto e solidale capace di stimolare la crescita economica e lo sviluppo sostenibile in tutti i paesi e affrontare meglio i problemi del degrado ambientale; il riconoscimento del potenziale contributo dato dagli accordi regionali allo sviluppo sostenibile; l'impegno a sostenere il potenziamento delle capacità per consentire ai paesi che dipendono dai prodotti di base di diversificare i propri prodotti; l'incoraggiamento dei sistemi di valutazione dell'impatto a livello nazionale per individuare il rapporto tra commercio, ambiente e sviluppo e, infine, il sostegno alle iniziative che promuovono il commercio di beni e servizi rispettosi dell'ambiente, ivi compresi i prodotti biologici.

È ora necessario impegnarsi per tradurre questi impegni in azioni concrete.

I temi della presente comunicazione

In tale contesto, l'obiettivo della presente comunicazione è definire le modalità per consentire all'UE di far fronte ai propri impegni internazionali e di aiutare i paesi in via di sviluppo a raccogliere i frutti legati agli scambi e agli investimenti. Nel far questo, la presente comunicazione:

* Sottolinea che il commercio può favorire la crescita e ridurre la povertà ed essere un importante catalizzatore dello sviluppo sostenibile. I paesi che si sono integrati nell'economia mondiale attraverso il commercio e gli investimenti hanno registrato una maggiore crescita economica e hanno migliorato molti dei loro indicatori sociali fondamentali. Consapevole di ciò, nel 2000 l'UE ha individuato il commercio come uno dei sei settori prioritari della propria politica di sviluppo [2]. Tuttavia, l'apertura degli scambi non è di per sé sufficiente a combattere la povertà e la misura in cui il commercio contribuisce a ridurla dipende anche da altre politiche. La riforma degli scambi deve essere inquadrata in una più ampia strategia di riduzione della povertà, gestita in prima persona dai paesi interessati e per la quale è necessario applicare politiche interne migliori unitamente ad un sostegno esterno supplementare.

[2] Comunicazione della Commissione sulla "Politica di sviluppo della Comunità europea", COM (2000) 212 def. del 26 aprile 2000 e dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea del 10 novembre 2000.

* Individua gli elementi essenziali per migliorare il contributo del commercio alla crescita economica e allo sviluppo sostenibile attraverso l'integrazione delle strategie riguardanti il commercio e lo sviluppo, ossia: (i) politiche macroeconomiche valide, gestione efficiente dell'economia e sviluppo del capitale umano, ivi compresa la promozione delle norme fondamentali del lavoro [3]; (ii) migliore accesso ai mercati e regole commerciali equilibrate per sostenere le riforme interne; (iii) assistenza commerciale e sviluppo delle capacità per aiutare i paesi in via di sviluppo a portare a termine questi compiti.

[3] Comunicazione della Commissione "Promozione delle norme fondamentali del lavoro e miglioramento della governance sociale nel quadro della globalizzazione", COM(2001) 416 def. del 18 luglio 2001.

* Riconosce che i negoziati commerciali multilaterali nel quadro dell'agenda di sviluppo di Doha, uniti a talune iniziative bilaterali e regionali, e il sostegno all'integrazione regionale tra paesi in via di sviluppo sono gli strumenti ideali per promuovere l'apertura dei mercati [4] e migliorare le regole. Nell'ambito della DDA, la Commissione si adopererà per conseguire un risultato favorevole allo sviluppo in entrambi i settori. Ad esempio, l'accesso ai mercati, in particolare per quei prodotti sui quali i paesi in via di sviluppo dispongono di un vantaggio comparato (ad es. i prodotti agricoli e quelli ad alta intensità di manodopera), è essenziale per aiutare i paesi poveri e beneficiare degli scambi.

[4] Senza sottovalutare, tuttavia, il ruolo che hanno svolto e che continueranno a svolgere le concessioni unilaterali in materia di accesso ai mercati, attraverso il sistema SPG e l'iniziativa EBA a favore dei paesi meno sviluppati.

* Si basa sulla comunicazione della Commissione dell'aprile 2000 e sulla dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione del novembre 2000 sulla politica di sviluppo dell'UE e individua i settori principali su cui dovrebbe concentrarsi l'assistenza dell'UE per lo sviluppo delle capacità commerciali: (i) assistenza in vista dell'adesione all'OMC e per la partecipazione ai negoziati commerciali multilaterali, (ii) sostegno per l'attuazione degli attuali e futuri accordi OMC e (iii) sostegno alle riforme politiche e agli investimenti necessari per garantire una maggiore partecipazione all'economia mondiale, ivi compresa l'assistenza tecnica e il potenziamento delle capacità nel settore "commercio e ambiente". Inoltre, è opportuno rafforzare la capacità commerciale mediante altri interventi di assistenza in campo commerciale, attraverso politiche macroeconomiche, settoriali e fiscali valide atte a migliorare le condizioni di investimento e mediante un sostegno allo sviluppo del settore privato. Infine, è necessario sostenere lo sviluppo di mercati e istituzioni regionali tra i paesi in via di sviluppo, in particolare attraverso la negoziazione, l'attuazione e l'applicazione di accordi bilaterali e regionali con l'UE.

* Sottolinea l'esigenza di un approccio coerente che crei sinergie a tutti i livelli, come già indicato nella comunicazione "Verso un partenariato globale per uno sviluppo sostenibile" [5].

[5] COM (2002) 82 def. del 13.02.2002.

* Infine, propone una serie di iniziative concrete e pratiche per rendere più incisive le azioni attuali e future (della Commissione e/o degli Stati membri) o le proposte (destinate all'intera comunità internazionale) dell'UE.

Proposte di intervento concrete

La comunicazione propone una serie di interventi concreti, raggruppabili in tre categorie:

(a) Intensificare il dialogo con i paesi partner

- Porre, ad esempio, un maggiore accento sulle tematiche commerciali nell'ambito del dialogo riguardante i documenti di strategia per la riduzione della povertà (PRSP)

- Provvedere affinché i finanziamenti per questa nuova priorità (ossia l'assistenza in campo commerciale) vengano adeguati, ove opportuno, in sede di revisione dei documenti di strategia nazionale e dei documenti di strategia regionale

(b) Migliorare l'efficienza del sostegno UE

- Rafforzare la componente commerciale nell'ambito della programmazione dell'assistenza UE allo sviluppo utilizzando la task force 'commercio e sviluppo' della Commissione

- Riservare una particolare attenzione ai paesi meno sviluppati e agli altri paesi a basso reddito

- Esaminare le possibilità per il finanziamento di iniziative orizzontali di assistenza in campo commerciale, ivi comprese le iniziative bilaterali, regionali e multilaterali

- Rafforzare la capacità dell'UE di elaborare e attuare programmi di formazione per i negoziatori e gli amministratori e creare reti di collegamento tra gli istituti di istruzione superiore

- Fornire assistenza tecnica per la valutazione dell'impatto in termini di sostenibilità

- Rafforzare gli interventi tesi a migliorare le capacità dei singoli paesi in campo sanitario e fitosanitario

(c) Contribuire a migliorare l'efficienza a livello internazionale

- Garantire la coerenza politica nella fornitura di assistenza tecnica in campo commerciale, applicando i principi concordati dalla Commissione nella comunicazione del 2000 sullo sviluppo

- Rivedere gli attuali meccanismi di coordinamento degli Stati membri e promuovere le "migliori pratiche"

- Cooperare in maniera più efficiente con le altre organizzazioni internazionali

- Continuare a sostenere il quadro integrato per i paesi meno sviluppati e partecipare attivamente ai relativi organi di gestione

- Incoraggiare le banche di sviluppo regionale a favorire il potenziamento delle capacità in campo commerciale

- Fornire sostegno al segretariato OMC nel settore dell'assistenza tecnica OMC e fornire ulteriori contributi al fondo fiduciario globale DDA.

Infine, la comunicazione propone di eseguire una revisione globale dell'assistenza UE in campo commerciale prima della fine del 2005.

PARTE I COMMERCIO E SVILUPPO -- SFIDE E OPPORTUNITÀ

1. Commercio, crescita e povertà

1.1. La posizione dei paesi in via di sviluppo nell'ambito del commercio mondiale

I flussi commerciali internazionali sono aumentati straordinariamente negli ultimi tre decenni. Una caratteristica importante del commercio mondiale in questo arco di tempo è stata la crescente partecipazione dei paesi in via di sviluppo [6], la cui quota di esportazioni di merci è passata da meno di un quarto a quasi un terzo tra il 1970 e il 1999. Queste tendenze sono state inoltre accompagnate da uno spostamento nella composizione delle esportazioni dei paesi in via di sviluppo dai prodotti di base ai manufatti, in particolare a partire dall'inizio degli anni '80. I manufatti rappresentano oggi il 70 % delle esportazioni dei paesi in via di sviluppo, dopo essersi attestati per molto tempo attorno al 20 % per gran parte degli anni '70 e i primi anni '80. La quota dei prodotti agricoli è scesa dal 20 % circa al 10% nello stesso periodo [7].

[6] Il gruppo dei paesi in via di sviluppo è composto da tutti i paesi e i territori classificati come beneficiari di assistenza allo sviluppo ufficiale dall'OCSE/CAS e comprende i paesi meno sviluppati, altri paesi a basso reddito, i paesi a medio-basso e medio-alto reddito, nonché Malta e la Slovenia.

[7] "Trade and Development Report, 2002", UNCTAD, Ginevra, 2002.

Gli scambi tra i paesi in via di sviluppo e l'UE rispecchiano la maggiore integrazione dei primi nel sistema del commercio mondiale. Dopo diversi anni di crescita fiacca, le esportazioni di questi paesi nell'UE sono aumentate in media del 15 % dal 1995 e la loro bilancia commerciale con l'UE è passata in attivo nel 1999 (grafico 1). Le importazioni dall'insieme dei paesi in via di sviluppo rappresentano ora il 42 % delle importazioni totali dell'UE, pari in valore di 432 miliardi di EUR nel 2000.

Grafico 1: Commercio UE con i paesi in via di sviluppo 1995-2000 (miliardi EUR)

>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

Fonte: Commissione europea

1.2. Molti paesi in via di sviluppo sono in ritardo

Tuttavia, l'impressionante prestazione dei paesi in via di sviluppo nel loro insieme, che trova riflesso nell'aumento della loro quota di commercio mondiale e nello spostamento verso i prodotti manufatti negli ultimi tre decenni, nasconde due fatti importanti. In primo luogo, ad eccezione di poche economie dell'Asia orientale di nuova industrializzazione, le esportazioni dei paesi in via di sviluppo continuano a concentrarsi su prodotti con un valore aggiunto limitato, derivati principalmente dallo sfruttamento delle risorse naturali e fabbricati ricorrendo a forza lavoro non qualificata, con limitate prospettive di crescita della produttività. Anche se le statistiche indicano una considerevole espansione delle esportazioni di beni ad alta intensità di tecnologia dai paesi in via di sviluppo, questi paesi partecipano spesso solo alle fasi di assemblaggio della catena di produzione internazionale, quelle che richiedono manodopera poco qualificata. La tecnologia e il know-how per lo più sono contenuti nelle parti e nelle componenti importate e la maggior parte del valore aggiunto va a vantaggio dei produttori delle economie più avanzate [8].

[8] "Trade and Development Report, 2002", UNCTAD, Ginevra, 2002.

In secondo luogo, un gran numero di paesi non partecipano a questo processo d'integrazione e registrano di fatto un declino delle loro quote di commercio mondiale. Infatti, la quota dei 49 paesi meno sviluppati è scesa dal 3 % negli anni '50 allo 0,5 % circa nei primi anni '80 e si è mantenuta attorno a questa percentuale estremamente esigua per gli ultimi due decenni [9].

[9] "Duty and Quota-Free Market Access for LDCs: An Analysis of QUAD Initiatives", UNCTAD Ginevra, 2001.

Le ragioni per le quali questi paesi sono rimasti indietro sono da ricercarsi in una combinazione di fattori interni e internazionali. Tra i motivi interni vi sono: politiche che non hanno stimolato né gli investimenti, sia nazionali che esteri, né l'iniziativa privata; bassi livelli d'istruzione; corruzione; elevati costi di trasporto; infrastrutture e servizi carenti; in alcuni casi, disordini civili e conflitti. A livello internazionale, i problemi principali sono i seguenti: dipendenza da una gamma limitata di prodotti di base esposti ad un deterioramento delle ragioni di scambio; forte volatilità dei prezzi internazionali; eccessiva concorrenza tra produttori e scarsa concorrenza tra acquirenti; barriere commerciali relativamente elevate in tutto il modo, soprattutto per i prodotti agricoli e per quelli ad alta intensità di manodopera; persistenti difficoltà nello sfruttamento delle preferenze commerciali offerte dai paesi OCSE. Inoltre, una crescente concorrenza nella domanda di investimenti esteri diretti pone molte piccole economie in una posizione contrattuale debole quando si tratta di attrarre gli investimenti adeguati [10].

[10] Secondo l'UNCTAD, la quota di investimenti esteri diretti (IED) nei paesi in via di sviluppo è diminuita nel 1999 per il secondo anno consecutivo fino al 19%, dopo aver raggiunto una punta del 41% nel 1994. Inoltre, si calcola che i flussi di IED dall'UE e dagli USA siano caduti rispettivamente del 37% e 42% nel 2001 e una rapida ripresa appare improbabile.

1.3. Povertà, ineguaglianza e commercio

Esiste oggi un numero consistente di studi e di prove empiriche che dimostrano l'importanza della partecipazione agli scambi e agli investimenti internazionali; da tali studi e prove si possono trarre due conclusioni principali. Innanzitutto, i paesi che partecipano maggiormente agli scambi e agli investimenti internazionali tendono ad avere tassi di crescita più elevati [11]. In secondo luogo, perché il commercio abbia un'incidenza duratura e positiva sulla riduzione della povertà, deve far parte di una strategia più ampia, gestita in prima persona dal paese interessato, ponendo un forte accento sullo sviluppo del capitale umano e riservando una particolare attenzione alle categorie vulnerabili, ivi comprese le donne.

[11] "Globalization, Growth and Poverty", Banca mondiale, 2002, Washington DC, e "Trade, Growth and Poverty", Dollar e Kraay, mimeo, 2001.

La maggiore apertura agli scambi è generalmente associata ad un più elevato tasso di crescita economica, sebbene sia il rapporto di causalità che la misurazione del' "grado di apertura" siano tuttora oggetto di dibattito. Tuttavia, è lecito affermare con relativa certezza che negli ultimi anni "nessun paese si è potuto sviluppare con successo chiudendo le porte agli scambi internazionali e ai flussi di capitale di lungo termine" [12].

[12] "Trade Policy Reform as Institutional Reform", Dani Rodrik in "Development, Trade and the WTO--a Handbook", Banca mondiale, Washington DC, 2002.

La graduale soppressione delle barriere commerciali, unita alle riforme interne e finalizzata ad introdurre politiche macroeconomiche valide, a creare istituzioni e sistemi normativi efficienti e a promuovere gli investimenti nelle infrastrutture e nel capitale umano, determinano un "circolo virtuoso" di apertura e di maggiore competitività e crescita (che tende a divenire più endogena, anche se originariamente spinta dalle esportazioni).

I paesi che sono riusciti a combinare un incremento degli scambi con una crescita e uno sviluppo umano più forti presentano tendenzialmente alcune caratteristiche fondamentali comuni. Hanno progressivamente aperto le loro economie nel quadro di una strategia globale di sviluppo, basata su due pilastri principali: migliorare le condizioni per gli investimenti, perché il settore privato generi posti di lavoro, ed emancipare i poveri, specialmente attraverso il miglioramento dell'istruzione. Ciò mette in evidenza che il contesto istituzionale e politico generale nel quale avviene la liberalizzazione degli scambi è il fattore che determina l'impatto delle riforme commerciali sui risultati economici [13].

[13] Dani Rodrik e altri affermano che l'assetto istituzionale entro il quale opera la politica commerciale è più importante per i risultati economici rispetto al livello delle barriere commerciali. Cfr. ad esempio "Institutions for High Quality Growth--What They Are and How to Acquire Them", Dani Rodrik, Studies in Comparative International Development, 2000.

Per quanto riguarda il rapporto tra commercio e ineguaglianza, alcune ricerche indicano che in media i poveri beneficiano della crescita generata dal commercio nella stessa proporzione del resto della popolazione [14]. Inoltre, poiché le barriere commerciali sono intese in molti paesi a proteggere un gruppo ristretto di persone privilegiate, la liberalizzazione degli scambi tende a ridurre le rendite di monopolio e il valore dei collegamenti con il potere politico e la burocrazia [15]. La maggior parte degli studi conclude che il commercio non incide in maniera significativa sulla disuguaglianza sociale ed economica, la quale dipende soprattutto dalle politiche interne, sulle quali il commercio ha un impatto limitato [16].

[14] Dollar e Kraay, 2001

[15] "Trade, Growth and Poverty--a Selective Survey", A. Krueger e Berg, 2002. Tra gli altri studi sullo stesso argomento citiamo: "Trade and Poverty--Is There a Connection?" A. Winters; "Trade, Growth and Disparity Among Nations", D. Ben-David in Special Studies, OMC, 1999; e "Trade Liberalization and Poverty: a Handbook", CEPR.

[16] Cfr. ad esempio i documenti della conferenza sulla globalizzazione, la crescita e la (dis)uguaglianza, 15-17 marzo 2001, Warwick, UK in http://www.warwick.ac.uk/fac/soc/CSGR/Conf-papers.html

È inevitabile tuttavia che l'apertura commerciale porti ad una ristrutturazione dell'economia, con effetti negativi su alcuni settori della popolazione, specialmente quando incoraggia l'introduzione di cambiamenti tecnici che richiedono nuove qualifiche, in risposta ad una maggiore concorrenza estera. Il processo di riforma degli scambi, in particolare la successione e il ritmo delle riforme e tutte le misure di accompagnamento, devono pertanto essere in grado di compensare i potenziali effetti negativi dell'apertura commerciale. In particolare, affinché il commercio produca un impatto positivo sullo sviluppo sostenibile, è importante garantire che l'espansione degli scambi e la crescita economica non si traducano in un eccessivo sfruttamento delle risorse naturali. In tal caso, i risultati economici nel breve termine rischierebbero di essere vanificati dai costi nel medio e lungo termine, ivi compresi i costi legati alle conseguenze negative per l'ambiente e la salute.

La breve analisi che precede rivela che, affinché il commercio possa contribuire alla lotta contro la povertà e la disuguaglianza e massimizzare i potenziali vantaggi di una maggiore integrazione nell'economia mondiale, le riforme commerciali devono essere inquadrate in una strategia di sviluppo sostenibile più ampia che comprenda, tra l'altro, una combinazione di politiche macroeconomiche valide, una migliore offerta di servizi nel campo dell'istruzione e della sanità, adeguati dispositivi di sicurezza sociale, il rispetto delle norme fondamentali sul lavoro, migliori infrastrutture e un migliore accesso ai mercati, in particolare per le popolazioni rurali, e la concreta attuazione di un quadro normativo che garantisca il buon funzionamento dei mercati, impedisca le posizioni commerciali dominanti e la corruzione e introduca un'adeguata legislazione in campo ambientale.

Tali strategie globali a livello nazionale, il cui obiettivo è raccogliere i frutti della globalizzazione e assicurare un'equa distribuzione, richiedono un sostegno finanziario esterno per gli interventi di riforma, il potenziamento delle capacità e la creazione delle infrastrutture. In tale contesto, un ruolo fondamentale viene svolto dalle istituzioni di Bretton Woods, la cui influenza è particolarmente importante. È pertanto indispensabile che l'UE garantisca un efficace coordinamento con tali istituzioni, assicurando nel contempo che le politiche creditizie tengano conto delle priorità concordate dall'UE e dai paesi beneficiari nel quadro dei documenti di strategia nazionale, sulla base di una più stretta concertazione tra la Commissione e gli Stati membri.

1.4. L'esigenza di mercati realmente accessibili

Dopo il ciclo di negoziati commerciali multilaterali noto come Uruguay Round (UR), gli ostacoli agli scambi sono stati notevolmente ridotti, sia nei paesi industrializzati che nei paesi in via di sviluppo. L'UR ha anche esteso le discipline multilaterali a settori precedentemente esclusi, come ad esempio le norme sui diritti di proprietà intellettuale, una maggiore disciplina a sostegno dell'agricoltura, la soppressione delle limitazioni volontarie delle esportazioni e la graduale liberalizzazione del commercio di prodotti tessili e di articoli di abbigliamento. Per quanto riguarda l'acceso al mercato, le aliquote medie dei dazi sono state significativamente ridotte in tutto il mondo.

Ciononostante, le esportazioni dei paesi in via di sviluppo incontrano tuttora considerevoli barriere sia nei mercati dei paesi industrializzati che in quelli degli altri paesi in via di sviluppo. Poiché la maggior parte dei poveri del mondo lavora principalmente nell'agricoltura e nelle industrie ad alta intensità di manodopera [17], un'ulteriore liberalizzazione del commercio internazionale in questi settori è essenziale per ridurre la povertà. Nei paesi ad alto reddito le aliquote medie dei dazi sui prodotti agricoli sono quasi il doppio di quelle sui manufatti [18] e, nonostante siano stati compiuti significativi progressi dagli anni '80 in poi, i dazi all'importazione nei paesi in via di sviluppo si mantengono a livelli quasi doppi rispetto a quelli delle nazioni industrializzate. Poiché una quota crescente degli scambi mondiali avviene tra paesi in via di sviluppo, importanti progressi in termini di benessere possono essere compiuti riducendo gradualmente le barriere commerciali in questi paesi man mano che essi sviluppano la propria competitività.

[17] La povertà rurale rappresenta il 63 % circa della povertà mondiale; nell'Africa subsahariana questo dato sale ad una quota tra il 65 e il 90%

[18] "Global Economic Prospects 2002", Banca mondiale, Washington DC, 2002.

I paesi in via di sviluppo sono preoccupati soprattutto per i picchi tariffari e per l'aumento delle tariffe, anche in presenza di regimi di accesso preferenziali. Nonostante i progressi compiuti dopo l'Uruguay Round, gli aiuti all'agricoltura sotto forma di sovvenzioni restano consistenti nei paesi industrializzati e spesso crea distorsioni, rischiando di penalizzare i paesi in via di sviluppo [19]. Inoltre, gli ostacoli non tariffari, come le norme sanitarie e fitosanitarie, sono sempre più complessi e limitano talvolta il potenziale di esportazione dei paesi poveri [20]. I paesi in via di sviluppo hanno spesso problemi a rispettare gli standard sanitari e fitosanitari applicati alle importazioni di prodotti agricoli e alimentari destinati all'UE, in particolare per quanto riguarda i divieti e i controlli dell'UE sulle sostanze residue e gli agenti patogeni. I problemi che ne risultano possono dar luogo a conflittualità in campo commerciale , riducendo le esportazioni e le possibilità di crescita nei paesi in via di sviluppo. È necessario operare degli investimenti in tali paesi per conformare le loro strutture normative, scientifiche e tecniche agli standard in vigore affinché possano soddisfare i requisiti applicati dall'UE nei settori in questione. Pertanto, la risoluzione dei problemi in campo sanitario e fitosanitario merita una particolare attenzione nell'ambito dell'assistenza UE a favore del commercio e dello sviluppo.

[19] Si stima che il totale degli aiuti all'agricoltura (secondo la definizione dell'OCSE) abbia raggiunto 327 miliardi di USD nel 2000 ("Global Economic Prospects 2002", Banca mondiale, 2002).

[20] Otsuki, T et al (2001) "Saving two in a billion: a case study to quantify the trade effect of European food safety standards on African exports", Banca mondiale.

In particolare è aumentato, nei paesi industrializzati e nei paesi in via di sviluppo, il ricorso a misure antidumping [21]. In occasione della 3a conferenza sui paesi meno sviluppati tenutasi a Bruxelles, l'UE si è impegnata a non avviare procedimenti antidumping nei confronti dei paesi in via di sviluppo.

[21] Anche se le inchieste antidumping non si concludono sempre con l'introduzione di misure antidumping, il semplice fatto di avviarle aumenta l'incertezza e induce gli importatori a cercare fornitori alternativi. La Comunità non applica misure antidumping nel settore agricolo, né ha applicato la clausola generale di salvaguardia ai prodotti agricoli.

Il sistema di preferenze generalizzate (SPG) dell'UE, introdotto a partire dal 1971, rappresenta uno strumento importante per la promozione delle esportazioni dei paesi in via di sviluppo. Dal 1995 sono state abolite le restrizioni quantitative e l'intero sistema SPG è stato snellito e reso più efficiente nel dicembre 2001 [22]. Tra le varie iniziative promosse dall'UE per aiutare i paesi in via di sviluppo a sfruttare le opportunità legate agli scambi vi è la creazione del centro per l'innovazione e lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, le concessioni fatte nell'ambito del SPG, ivi compresa l'iniziativa EBA ("Everything But Arms") a favore dei paesi meno sviluppati, non sono sempre state sfruttate appieno. Un impiego più efficiente e più completo degli strumenti SPG/EBA può pertanto contribuire in maniera sostanziale ad aumentare l'accessibilità dei mercati da parte dei paesi in via di sviluppo.

[22] Regolamento (CE) n. 2501/2001 del Consiglio del 10 dicembre 2001.

1.5. Ostacoli politici, strutturali ed istituzionali

La maggiore accessibilità dei mercati e il potenziamento dell'assistenza in campo commerciale non sono di per sé sufficienti a produrre automaticamente un'espansione degli scambi, a promuovere la crescita e a ridurre la povertà, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. È chiaramente necessario migliorare i meccanismi di accesso al mercato per aiutare gli esportatori a conformarsi alle normative in vigore e a sfruttare le concessioni relative all'accesso ai mercati. Le carenze sul fronte dell'offerta spesso ostacolano l'espansione degli scambi. I principali fattori limitativi sono i seguenti: politiche fiscali e macroeconomiche inadeguate, quadri normativi e sistemi di attuazione carenti; dipendenza da una gamma ridotta di prodotti di esportazione a basso valore aggiunto; costi di trasporto elevati; inefficienza dei servizi pubblici, dei servizi di telecomunicazione e dei servizi finanziari.

Per risolvere questi problemi è necessario rafforzare le capacità istituzionali (ivi compreso il dialogo sociale), sviluppare nuovi strumenti normativi e operare ingenti investimenti. Questi ultimi dovrebbero riguardare ad esempio i laboratori per i controlli SPS, le strutture di controllo, gli uffici di normalizzazione e registrazione, gli impianti di stoccaggio, il potenziamento delle capacità in campo scientifico e tecnologico mediante opportuni programmi di ricerca e il sostegno all'elaborazione di quadri normativi e di politiche per un uso più efficiente delle tecnologie informatiche e di comunicazione. É inoltre opportuno potenziare i servizi di sostegno alle imprese nel settore dei pagamenti, delle assicurazioni e dei trasporti. Tutto ciò richiede notevoli risorse e buone capacità di pianificazione. Gli sforzi compiuti dai paesi in via di sviluppo per attuare le riforme e aumentare le proprie capacità commerciali devono pertanto essere accompagnati da un'assistenza esterna supplementare da parte delle nazioni sviluppate, per integrare le maggiori possibilità di accesso ai mercati. Conformemente agli impegni assunti in occasione del vertice di Johannesburg, l'UE deve aiutare i paesi vulnerabili a beneficiare delle nuove opportunità in campo commerciale, in particolare nei settori in cui essi godono di un vantaggio comparato e dove vi è la possibilità di ottenere risultati reciprocamente vantaggiosi ("win-win"), ad esempio il settore dei prodotti ecocompatibili e di quelli biologici. Per quanto riguarda la dipendenza dai prodotti locali, l'UE e gli altri partecipanti si sono impegnati, durante il WSSD, a potenziare la capacità di diversificazione di tali paesi, fornendo un'assistenza tecnica e finanziaria e avviando iniziative internazionali per far fronte al problema dell'instabilità dei prezzi internazionali dei prodotti di base e del deterioramento delle ragioni di scambio. La Commissione valuterà come realizzare tali obiettivi.

1.6. L'integrazione regionale è una strategia valida

Gli accordi commerciali regionali tra paesi in via di sviluppo o tra i paesi in via di sviluppo e quelli sviluppati possono contribuire alla partecipazione dei primi all'economia globale e rafforzare il sistema commerciale multilaterale, purché siano orientati verso l'esterno e riducano gli ostacoli al commercio estero. L'integrazione sud-sud può promuovere l'efficienza, accrescere la concorrenza tra paesi allo stesso livello di sviluppo, consentire economie di scala, attrarre maggiori investimenti esteri diretti e conferire un maggiore potere di contrattazione. Infine, cosa non meno importante, l'integrazione regionale può contribuire al consolidamento della pace e della sicurezza. Il contributo fornito dall'integrazione regionale allo sviluppo sostenibile è stato confermato dal WSSD.

L'impatto dell'integrazione regionale è accresciuto se il coordinamento va oltre le misure di frontiera fino a divenire un'integrazione più profonda comprendente la convergenza delle politiche interne (relative ad esempio agli investimenti e alla concorrenza) e/o l'adozione di norme armonizzate o comuni, lo sviluppo di servizi finanziari regionali e la fornitura coordinata di servizi infrastrutturali quali le telecomunicazioni, la fornitura di energia e le reti di trasporto regionali. La dimensione regionale può rappresentare un incentivo ad adottare politiche valide e a creare istituzioni che potrebbero altrimenti essere difficili o addirittura impossibili da istituire a livello nazionale. È inoltre possibile economizzare risorse con l'insediamento d'istituzioni e lo sviluppo delle capacità a livello regionale. Ciò vale per vari settori legati al commercio, quali la normalizzazione, la protezione della proprietà intellettuale e l'intera gamma di misure di agevolazione del commercio, tra cui le procedure doganali.

Per molto tempo l'UE ha difeso e sostenuto l'integrazione sud-sud e l'integrazione dei paesi in via di sviluppo nel sistema commerciale multilaterale nel quadro di una strategia di sviluppo intesa a superare i limiti imposti dalle piccole dimensioni economiche e dalla vulnerabilità. Tuttavia, non si deve perdere di vista il fatto che gli effetti positivi dell'integrazione si possono ottenere solo se il quadro politico generale e le condizioni di gestione e di sicurezza sono favorevoli ad una tale integrazione (come nel caso della riforma degli scambi in generale). Pertanto, dati i limiti esistenti in questi campi, molte delle iniziative precedenti non hanno ancora dato i risultati sperati.

L'UE ha sempre partecipato ad accordi commerciali regionali con paesi o gruppi di paesi in via di sviluppo e tale partecipazione si è intensificata negli ultimi anni. Accordi sono stati conclusi con il Sudafrica, il Messico, il Cile e vari paesi dell'area mediterranea. Vi sono numerosi vantaggi nel collegare paesi in via di sviluppo con un grande paese industriale o un blocco commerciale. Tra i punti di forza di tale integrazione nord-sud vi sono: vincolamento alle riforme, accesso stabile a grandi mercati, miglioramento dei sistemi di gestione, agevolazione dei flussi di IED e trasferimenti di tecnologie. Benché la priorità dell'UE sia e resti la liberalizzazione multilaterale degli scambi e la fissazione di regole nel quadro dell'OMC, è possibile integrare tali priorità con accordi bilaterali e regionali per perseguire meglio gli obiettivi di apertura degli scambi e di sviluppo. Tra le condizioni necessarie per ottenere una siffatta articolazione positiva vi sono: la piena compatibilità con le regole multilaterali; flessibilità di attuazione, adattata al livello di sviluppo delle parti; un alto grado di convergenza normativa e una definizione delle regole che vada oltre le regole multilaterali di base; nonché, nella maggior parte dei casi, una reale integrazione regionale tra gli stessi partner dell'UE.

L'integrazione nord-sud e l'integrazione sud-sud si possono rafforzare a vicenda. Ad esempio, la maggiore accessibilità di un mercato sviluppato può incoraggiare i paesi in via di sviluppo a superare le resistenze nei confronti di un'apertura reciproca dei mercati, rendendoli più attraenti agli occhi degli investitori, con conseguente rafforzamento della competitività. Analogamente, l'efficace integrazione delle economie dei paesi in via di sviluppo aumenta la credibilità di questi ultimi di fronte ai paesi industrializzati.

Nelle iniziative che l'UE sta conducendo nel settore degli accordi commerciali regionali (con i paesi mediterranei, il Mercosur, il Consiglio di cooperazione del Golfo e i futuri accordi di partenariato economico (APE) nel quadro dell'accordo di Cotonou) l'UE promuove pertanto una sorta di approccio sud-sud-nord, il cui obiettivo è combinare i punti forti dell'integrazione nord-sud con gli aspetti positivi dell'integrazione sud-sud. Questo approccio ha anche il vantaggio di ridurre l'effetto di accentramento/irradiamento che si produce quando un grande blocco commerciale intraprende accordi separati con un gran numero di paesi. Va precisato tuttavia che, perché dia buoni risultati, e in special modo perché vada oltre il tradizionale libero scambio di merci, questo approccio deve mantenere un elevato grado di ambizione.

2. Il sistema commerciale multilaterale

2.1. Vantaggi del sistema commerciale multilaterale regolamentato

L'esistenza di un sistema multilaterale regolamentato degli scambi è un elemento decisivo che influenza la capacità dei paesi in via di sviluppo di partecipare al commercio internazionale. All'interno dell'OMC la liberalizzazione degli scambi può essere adattata alle esigenze e alle capacità dei suoi membri attraverso negoziati intesi ad assicurare un equilibrio globale tra diritti e obblighi. Tale equilibrio si fonda su regole vincolanti che garantiscono la trasparenza e la non discriminazione. Il sistema regolamentato dell'OMC sostituisce "lo Stato di diritto" alla "legge della giungla". Un argomento che milita fortemente a favore del sistema è che i principi di trasparenza e non discriminazione giovano in particolare alle piccole nazioni e ai paesi in via di sviluppo, che hanno spesso subìto le azioni unilaterali dei grandi partner commerciali. Queste norme vincolanti offrono protezione contro le pressioni esercitate dai gruppi d'interesse nazionali ed esteri e dai "cacciatori" di rendite di monopolio e fornisce la credibilità internazionale che aiuta a rendere vincolanti le riforme interne positive.

Per i paesi in via di sviluppo i principali vantaggi derivanti dall'adesione all'OMC sono i seguenti: le regole multilaterali consolidano e rafforzano il buon governo a livello nazionale; la creazione di un assetto normativo ed istituzionale più efficiente rafforza le capacità commerciali dei paesi membri e le loro prospettive in termini di IED; l'accesso ai principali mercati di esportazione viene reso più efficiente e più sicuro; possibilità di accedere ad un meccanismo di composizione delle controversie. Inoltre, l'adesione all'OMC facilita l'elaborazione di politiche commerciali interne credibili e aiuta a creare un quadro normativo ed istituzionale più attraente agli occhi degli investitori privati.

Senza cercare di entrare nel dettaglio o di offrire una visione globale, i vantaggi legati all'attuazione degli impegni OMC possono essere illustrati mediante pochi esempi:

- Il rispetto degli accordi sugli standard sanitari e fitosanitari (SPS) e sugli ostacoli commerciali tecnici (TBT) aiuta i paesi in via di sviluppo ad accedere concretamente ai mercati dei paesi con standard rigorosi in materia di protezione della salute umana, sicurezza, ambiente, ecc. e a innalzare i propri standard;

- Una migliore attuazione dell'accordo sul valore in dogana e il miglioramento dei sistemi di concessione delle licenze di importazione, delle ispezioni pre-spedizione e delle norme di origine promuovono l'efficienza dei sistemi di riscossione dei dazi, facilitano gli scambi, aumentano la trasparenza e riducono il rischio di corruzione;

- Il rispetto dell'accordo sui diritti di proprietà intellettuale connessi al commercio (TRIPS), che per molti paesi in via di sviluppo risulta difficile a causa della sua complessità, attirerà nel lungo termine gli investimenti esteri e garantirà il trasferimento delle tecnologie a vantaggio dello sviluppo industriale e tecnologico del paese in questione;

- L'accordo generale sugli scambi di servizi (GATS) offre delle importanti opportunità per attirare gli investimenti stabili a lungo termine, migliorare le relative infrastrutture (trasporti, telecomunicazioni, servizi finanziari, turismo), promuovere la crescita a lungo termine e la competitività dell'economia nel suo insieme. La generale flessibilità del meccanismo GATS (approccio "dal basso verso l'alto" alla liberalizzazione) è particolarmente adatta a rispondere alle esigenze dei paesi in via di sviluppo, i quali hanno fatto un ampio uso di tale flessibilità (aprendo un numero inferiore di settori e liberalizzando un numero più ristretto di transazioni rispetto ai paesi industrializzati). L'attuale ciclo di negoziati offre l'opportunità ai paesi meno sviluppati di assumere impegni in diversi settori, in particolare quelli legati al potenziamento delle infrastrutture, conformemente al principio della progressiva liberalizzazione sul quale si base il GATS.

2.2. Difficoltà nell'attuazione degli accordi OMC

L'ampliamento del campo d'azione dell'OMC dopo l'Uruguay Round ha accresciuto la complessità del sistema obbligando i membri ad adeguare il loro quadro istituzionale e normativo. Si tratta spesso dello stesso quadro necessario per assicurare una gestione efficiente ed equa dell'economia nazionale, ma il suo potenziamento (e in qualche caso la sua creazione dal nulla) richiede comunque un grande sforzo da parte di molti paesi in via di sviluppo.

Attuazione

Non sorprende che i paesi in via di sviluppo abbiano avuto difficoltà ad attuare e applicare gli accordi OMC. Mentre la maggioranza è riuscita a superare tale prova, altri - in particolare molti dei paesi meno sviluppati e i membri OMC dell'Africa subsahariana - hanno incontrato alcune difficoltà in settori specifici. I problemi incontrati da molti paesi in via di sviluppo nel cogliere le nuove opportunità commerciali sono dovuti a crisi politiche interne, alla scarsa competitività o a carenze infrastrutturali o di altro tipo. Tuttavia, diversi paesi in via di sviluppo hanno rilevato anche che i principali settori di esportazione non sono pienamente liberalizzati o che la liberalizzazione è proceduta in maniera troppo lenta.

Le norme OMC per i paesi in via di sviluppo e per quelli industrializzati implicano importanti impegni in termini di riforma delle politiche e pratiche commerciali (ad esempio, rendere più trasparenti le misure commerciali, disciplinare i regimi di sovvenzione, migliorare le procedure per le licenze d'importazione, riformare il sistema di calcolo del valore in dogana e gli strumenti di difesa commerciale), nonché impegni che incidono concretamente o potenzialmente sul contesto normativo e imprenditoriale interno (in particolare quello d'introdurre norme tecniche, sanitarie e fitosanitarie e leggi sulla proprietà intellettuale). Gli accordi dell'OMC che contemplano questi settori comprendono spesso impegni relativi all'assistenza da fornire ai paesi in via di sviluppo, per migliorarne le capacità normative, amministrative e istituzionali.

Adesioni

Circa 27 paesi, di cui più o meno la metà sono paesi in via di sviluppo (ad esempio Cambogia, Vietnam, Samoa, Tonga, Sudan, Capo Verde, Seychelles e Yemen), sono impegnati nel processo di adesione all'OMC, che è complesso e lungo. I paesi candidati, oltre ad apportare modifiche legislative e normative al loro regime degli scambi con l'estero, devono anche introdurre il commercio come elemento fondamentale nelle loro politiche economiche e di sviluppo nazionali. Inoltre, essi hanno spesso bisogno di migliorare le proprie infrastrutture istituzionali, giudiziarie e amministrative.

I leader internazionali si sono impegnati a sostenere tale processo di adesione in occasione del WSSD. Ciò spiega perché l'UE già offre assistenza ai paesi che aderiscono all'OMC, la maggior parte dei quali sono paesi meno sviluppati. L'UE partecipa inoltre assiduamente ai lavori dell'OMC tesi a snellire e semplificare il processo di adesione dei paesi meno sviluppati, conformemente agli impegni assunti durante la terza conferenza ONU sui paesi meno sviluppati (LDC III), tenutasi a Bruxelles nel maggio 2001.

2.3. Integrare sviluppo e commercio: l'agenda di sviluppo di Doha (DDA)

L'Accordo generale sulle tariffe e il commercio riconosceva già chiaramente che le regole commerciali dovevano essere adattate alla situazione specifica dei paesi in via di sviluppo; per questo motivo è stata inserita nel GATT la parte IV. L'Accordo di Marrakech, che ha istituito l'OMC, ha introdotto nell'OMC tale principio, oltre che l'impegno a garantire un trattamento speciale e differenziale. L'agenda di sviluppo di Doha è però il tentativo più ambizioso mai fatto finora di porre la questione dello sviluppo al centro del sistema multilaterale degli scambi. L'obiettivo è rinunciare all'approccio OMC in base al quale le regole in campo commerciale venivano considerate come le migliori che il processo negoziale potesse produrre, mentre ai paesi in via di sviluppo veniva semplicemente concesso più tempo per adeguarsi attraverso deroghe e esenzioni temporanee. La dichiarazione dei ministri riunitisi a Doha impone ora ai negoziatori di stabilire regole capaci di favorire lo sviluppo e di definire meccanismi che consentano ai paesi in via di sviluppo di attuarle, di trarre beneficio da tali regole e dall'ulteriore liberalizzazione degli scambi. La dichiarazione di Doha relativa all'accordo TRIPS e sulla salute pubblica, adottata durante la conferenza ministeriale di Doha su iniziativa di un gruppo di paesi in via di sviluppo, rappresenta di per sé una conferma in tal senso e dimostra la crescente volontà dei membri dell'OMC di muoversi in questa direzione, nonché l'efficacia del processo negoziale OMC a tale proposito.

In tale contesto la Commissione persegue un approccio nell'ambito dell'OMC che applica il massimo livello di flessibilità possibile nei confronti dei paesi in via di sviluppo, affinché il risultato dei negoziati e il programma di lavoro della DDA tengano debitamente conto dei limiti di sviluppo dei singoli paesi. A titolo di esempio, nella sua recente comunicazione sui meccanismi OMC di agevolazione degli scambi ("Modifiche all'articolo VIII del GATT relativo agli oneri e alle formalità riguardanti le esportazioni e le importazioni"), la Commissione ha proposto di concedere un periodo transitorio ai paesi che ne fanno richiesta, elaborando e concordando insieme ai singoli paesi in questione un opportuno programma di assistenza tecnica. Ciò faciliterebbe la partecipazione attiva dei paesi in via di sviluppo ai negoziati, la successiva attuazione degli accordi raggiunti e la realizzazione dei vantaggi che ne derivano. Allo stesso tempo tale approccio contribuirebbe a garantire un impiego mirato e coordinato dei finanziamenti forniti dai donatori per l'assistenza in campo commerciale.

A livello generale, la dichiarazione dei ministri di Doha ribadisce, al paragrafo 2, l'impegno generale dei membri dell'OMC "a continuare gli sforzi positivi destinati a far sì che i paesi in via di sviluppo, e in special modo quelli meno sviluppati, si assicurino una parte nell'espansione del commercio mondiale, commisurata alle esigenze del loro sviluppo economico", e conferma che "in questo contesto svolgono un ruolo importante un più ampio accesso ai mercati, regole equilibrate e programmi mirati e prolungati di assistenza tecnica e sviluppo delle capacità".

Migliorare l'accesso ai mercati

In agricoltura, un settore di particolare interesse per i paesi in via di sviluppo, i paesi membri hanno dichiarato quanto segue: "Basandoci sui lavori compiuti fino ad oggi e senza pregiudicare l'esito dei negoziati, ci impegniamo ad avviare dei negoziati globali al fine di: realizzare dei miglioramenti sostanziali dal punto di vista dell'accesso ai mercati; ridurre tutte le forme di sussidi alle esportazioni, in maniera tale da determinarne la graduale eliminazione; ridurre in maniera sostanziale gli strumenti nazionali di sostengo che creano distorsioni nei flussi commerciali". Per quanto riguarda l'accesso ai mercati per i prodotti non agricoli, di particolare interesse per i paesi in via di sviluppo che fabbricano prodotti ad alta intensità di manodopera, i paesi membri dell'OMC hanno concordato nella dichiarazione di Doha "di promuovere dei negoziati intesi a ridurre o abolire, secondo i casi, i dazi doganali, compresi i picchi tariffari, i dazi elevati, il carattere progressivo dei dazi e gli ostacoli non tariffari, in particolare per i prodotti la cui esportazione è d'interesse per i paesi in via di sviluppo".

Tuttavia, sebbene il miglioramento dell'accesso ai mercati dei paesi industrializzati rappresenti un elemento essenziale di qualsiasi pacchetto definitivo, esso non costituisce una panacea. I paesi in via di sviluppo possono aumentare in maniera significativa la propria prosperità riducendo le barriere commerciali reciproche e stimolando gli scambi regionali. Affrontando il problema dell'accesso ai mercati esclusivamente in un'ottica nord-sud si ignora infatti la situazione di competitività cui devono far fronte i paesi in via di sviluppo nelle varie fasi dello sviluppo. Pertanto, al fine di garantire un esito positivo dei negoziati DDA sull'accesso ai mercati, sono necessari contributi sostanziali da parte di tutti i paesi, sia quelli industrializzati che quelli in via di sviluppo.

Infine, oltre alla questione riguardante l'accesso ai mercati in senso stretto, l'Unione europea offrirà concretamente un maggiore accesso al proprio mercato ai prodotti dei paesi in via di sviluppo fornendo un'assistenza tecnica migliore e più mirata al fine di aiutare tali paesi a conformarsi ai regolamenti e agli standard comunitari (ad esempio gli standard sanitari e fitosanitari).

La transizione verso un sistema di regole commerciali più equilibrate

Le "norme" OMC sono rappresentate generalmente da accordi che disciplinano le azioni dirette dei paesi membri dell'OMC riguardanti i flussi commerciali. A tal riguardo, la DDA punta a chiarire e migliorare le norme esistenti, come ad esempio quelle riguardanti le misure antidumping e le sovvenzioni. I responsabili dei negoziati sono invitati ad agire in tal senso "salvaguardando i concetti fondamentali, i principi e l'efficacia .... e tenendo conto delle esigenze dei paesi in via di sviluppo e di quelli meno sviluppati." [23]

[23] Cfr. ad es. paragrafo 28 della dichiarazione di Doha.

Due settori meritano una particolare attenzione, a causa del loro potenziale impatto sui paesi in via di sviluppo. Il primo è rappresentato dagli accordi commerciali regionali. A tal riguardo, l'UE ci tiene a precisare che, per essere compatibile con le norme OMC, un accordo commerciale regionale presuppone un elevato livello d'integrazione economica tra le parti interessate, nonché la creazione di un regime di scambi aperto, caratterizzato tuttavia da un livello di flessibilità sufficiente per consentire una reale integrazione sud-sud e nord-sud. In secondo luogo, gli interventi di agevolazione degli scambi, e in particolare la riforma del sistema doganale, produrranno probabilmente un impatto sostanziale sulla capacità dei paesi in via di sviluppo di incrementare le entrate, migliorando i sistemi di raccolta e aumentando il volume degli scambi, e di combattere la corruzione e l'inefficienza attraverso l'introduzione di procedure amministrative moderne e più trasparenti.

Le "norme equilibrate" menzionate nel DDA si riferiscono tuttavia anche agli accordi (attuali e futuri) che rafforzano la capacità dei paesi membri di regolamentare in maniera efficiente le attività economiche sul proprio territorio, mantenendo nel contempo dei regimi commerciali e di investimenti aperti e trasparenti e garantendo la protezione degli interessi pubblici importanti. I temi del DDA che rientrano in tale categoria e che sono destinati ad assumere un'importanza particolare per i paesi in via di sviluppo sono i seguenti: il dibattito sull'accordo TRIPS e sulla salute pubblica (a tal riguardo la dichiarazione di Doha dimostra che l'accordo TRIPS contiene tutti gli elementi necessari per garantire un adeguato equilibrio tra interessi pubblici e diritti di proprietà intellettuale); i negoziati intesi a definire un rapporto chiaro e di rafforzamento reciproco tra le regole commerciali e gli accordi multilaterali in campo ambientale; la negoziazione di un quadro relativo agli investimenti capace d'incrementare i flussi di investimenti esteri diretti; la negoziazione di un accordo sulla concorrenza che rafforzi le leggi e le politiche nazionali sulla concorrenza come strumento efficace per la regolamentazione delle attività economiche; la maggiore trasparenza nel settore degli appalti pubblici, al fine di migliorare l'efficienza della spesa pubblica, riducendo le uscite e combattendo la corruzione.

Uno dei temi importanti affrontati dalla DDA è il "rapporto tra il commercio e il trasferimento delle tecnologie e le eventuali raccomandazioni relative alle misure da adottare in ambito OMC per promuovere il flusso di tecnologie verso i paesi in via di sviluppo". A Doha i ministri hanno istituito un gruppo di lavoro a tal fine. Questo processo incide in maniera rilevante sulle attività di regolamentazione dell'OMC in diversi settori, in quanto dovrebbe riguardare tutti i canali attraverso i quali è possibile operare un trasferimento di tecnologie verso i paesi in via di sviluppo, ossia: investimenti, commercio di beni e servizi, concessione di licenze in campo tecnologico, appalti pubblici, aiuti allo sviluppo, accordi multilaterali in campo ambientale.

Tutto ciò presuppone un notevole sforzo da parte dei paesi membri dell'OMC, in particolare i paesi in via di sviluppo, concedendo, ove opportuno, un trattamento speciale e differenziale. I paesi in via di sviluppo dovranno migliorare e modernizzare i rispettivi quadri normativi e amministrativi interni, non soltanto per ottemperare agli obblighi OMC ma, cosa ancora più importante, per beneficiare della maggiore efficienza della normativa interna e dell'aumento delle opportunità commerciali e d'investimento che risultano dall'introduzione di tali norme. Ciò richiederà a sua volta un notevole impegno, da parte degli stessi paesi in via di sviluppo, a livello di creazione delle strutture istituzionali e di riforma politica. I donatori e le agenzie multilaterali contribuiranno a tale processo mediante significativi interventi di assistenza per il potenziamento delle capacità. Tuttavia, prima ancora di sviluppare questa "capacità commerciale", i paesi OMC in via di sviluppo necessitano di un'assistenza per poter partecipare in maniera efficace alla revisione delle norme esistenti e alla negoziazione di quelle nuove.

PARTE II AIUTARE I PAESI IN VIA DI SVILUPPO A BENEFICIARE DELLA LIBERALIZZAZIONE DEGLI SCAMBI

3. Integrare il commercio nelle strategie di sviluppo

È essenziale integrare le tematiche commerciali nelle strategie di sviluppo in maniera tale da contribuire agli obiettivi fondamentali della riduzione della povertà e dello sviluppo sostenibile. A tal fine è necessario inserire le tematiche commerciali nel dibattito sui documenti di strategia per la riduzione della povertà (PRSP) o nelle altre strategie di sviluppo, le quali dovrebbero sfruttare appieno le sinergie tra il settore del commercio e gli altri settori importanti per lo sviluppo sostenibile. È altresì importante garantire la complementarità e il coordinamento tra i programmi promossi dai donatori bilaterali e dalle agenzie internazionali. Inoltre, è opportuno riservare una maggiore attenzione alla coerenza delle diverse politiche dell'UE caratterizzate da una dimensione esterna.

L'assistenza in campo commerciale rappresenta uno dei principali temi della dichiarazione di Doha. I partecipanti si sono impegnati con determinazione a rafforzare e migliorare l'assistenza. Tali impegni sono stati successivamente confermati in occasione della conferenza di Monterrey sui finanziamenti allo sviluppo (marzo 2002) e nell'ambito del piano di attuazione concordato al WSSD (settembre 2002). L'UE già destina un ingente volume di risorse agli interventi di assistenza in campo commerciale nei paesi in via di sviluppo (vedi allegato 1) ed è impegnata a portare avanti tale approccio in stretto coordinamento con gli altri donatori bilaterali e multilaterali.

L'UE utilizzerà i propri interventi di assistenza in campo commerciale per promuovere la proficua partecipazione al sistema commerciale multilaterale e per favorire le necessarie riforme politiche ed istituzionali.

Inoltre, le capacità commerciali verranno rafforzate mediante altri interventi di assistenza in campo commerciale, tra cui:

* promozione di un quadro macroeconomico e di una politica fiscali validi;

* assistenza per contribuire a ristrutturare e rendere più competitivo il sistema di produzione; e

* sostegno all'integrazione e alla cooperazione regionale.

Le aspettative relative all'assistenza commerciale sono perciò grandi. È però importante essere realistici e riconoscere che il miglioramento della capacità commerciale, delle infrastrutture nazionali e delle istituzioni preposte al commercio richiede tempo. L'esperienza compiuta dalle economie in transizione nell'ammodernare le proprie istituzioni ed economie lo dimostra chiaramente. È necessario un ampio sostegno, in un'ottica di lungo termine, per sviluppare le capacità commerciali. È evidente che l'assistenza sarà utile soltanto se integrata dall'avvio di adeguate riforme politiche, a livello nazionale, capaci di creare condizioni favorevoli per gli investimenti, gli scambi e la crescita. L'assistenza deve inoltre esser mirata, ben coordinata e integrata in tali politiche nazionali.

3.1. Riforma del sistema commerciale nell'ambito delle strategie per la riduzione della povertà

La politica commerciale deve costituire parte integrante della politica nazionale di sviluppo di un paese e dovrebbe essere abbinata ad adeguate riforme istituzionali e macroeconomiche atte a promuovere una crescita equa e lo sviluppo delle risorse umane e a garantire una corretta gestione delle risorse naturali, nonché la protezione dell'ambiente. Questo presupposto è essenziale per consentire ai paesi in via di sviluppo di godere dei vantaggi generati dall'espansione degli scambi. È inoltre fondamentale garantire che l'assistenza in campo commerciale contribuisca concretamente a rafforzare la capacità commerciale, promuovendo nel contempo lo sviluppo sostenibile e la parità tra i sessi.

La natura e la sequenza delle riforme della politica commerciale dovrebbero riflettere le condizioni specifiche che caratterizzano i singoli paesi e dovrebbero preferibilmente scaturire da un dialogo nazionale cui partecipano il governo, il settore privato e i rappresentanti del mondo del lavoro e della società civile.

I documenti di strategia nazionale di riduzione della povertà (PRSP), o il loro equivalente, rappresentano uno strumento naturale per integrare le tematiche commerciali nei quadri generali di sviluppo, i quali rappresentano la base per la politica pubblica nazionale e per l'assistenza esterna. Complessivamente, la prima generazione di PRSP non è riuscita tuttavia a dare un adeguato risalto alle problematiche commerciali. Ciò dimostra che non si riconosce e non si tiene pienamente conto del rapporto tra scambi e povertà e che le riforme della politica commerciale si sono spesso limitate alle semplici misure doganali (riduzione delle barriere tariffarie e non tariffarie). Questo aspetto necessita di una correzione in futuro e i PRSP dovrebbero dimostrare che l'attuazione di riforme commerciali concrete contribuirà a stimolare la crescita, a ridurre la povertà e a promuovere la parità tra i sessi. Al vertice di Johannesburg è stato inoltre concordato che i PRSP dovrebbero anche fungere da strumento per l'elaborazione di strategie nazionali di sviluppo sostenibili.

Da parte loro, i donatori dovrebbero attribuire un'importanza prioritaria al sostegno alle riforme della politica commerciale nell'ambito delle rispettive strategie di aiuti allo sviluppo. La comunicazione della Commissione dell'aprile 2000 relativa alla politica di sviluppo della Comunità e la dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione del novembre 2000 individuano il commercio come uno dei sei settori prioritari della politica di sviluppo. Sviluppi politici analoghi si riscontrano nelle strategie dei singoli Stati membri, delle agenzie multilaterali e di gran parte dei paesi in via di sviluppo. Tale priorità necessita ora di interventi più concreti di follow-up. Pertanto, la Commissione intende approfondire il dialogo politico sui temi commerciali con i paesi beneficiari e con le organizzazioni regionali. Per quanto riguarda la cooperazione UE, i documenti di strategia nazionale (CSP) e i documenti di strategia regionale (RSP) rappresentano degli strumenti per tradurre il dialogo politico in concreti programmi di assistenza. Le questioni commerciali e i loro rapporti con le altre politiche importanti ai fini dello sviluppo sostenibile devono essere presi in considerazione in tutte le fasi di preparazione dei CSP e dei RSP (dialogo politico, analisi delle attività dei donatori e definizione dell'intervento CE). Tuttavia, molti dei CSP approvati finora non pongono un accento sufficiente sull'assistenza in campo commerciale, il che riflette la generale mancanza di visibilità degli aspetti commerciali nell'ambito dei PRSP. D'altra parte, l'assistenza in campo commerciale, intesa in senso lato, occupa un posto di primo piano nei RSP per i paesi ACP, dal momento che in alcune regioni il 40-50% dei fondi regionali è destinato a tale settore.

3.2. Complementarità, coerenza e coordinamento con gli altri donatori

Molte delle iniziative tese a integrare le tematiche commerciali nelle politiche e nei piani di sviluppo vengono attuate a livello internazionale, in particolare nell'ambito del quadro integrato per i paesi meno sviluppati (QI) e del programma congiunto di assistenza tecnica integrata. Le agenzie internazionali, come ad esempio Banca mondiale, FMI, UNCTAD, PNUS, PNUA, ITC, OMC, OMD, WIPO, OIL e le banche regionali (tra cui la Banca interamericana di sviluppo e la Banca africana di sviluppo) pongono un crescente accento sull'importanza dell'assistenza e del potenziamento delle capacità in campo commerciale. Inoltre, numerosi donatori bilaterali, tra cui gli Stati membri dell'UE, sono estremamente attivi nel settore del commercio e dello sviluppo. Alla luce di ciò l'UE cercherà di garantire la complementarità tra i propri programmi e quelli dei donatori internazionali e bilaterali. Il comitato di assistenza allo sviluppo dell'OCSE può svolgere un ruolo importante come punto d'incontro per un'analisi comune e per il coordinamento tra i donatori bilaterali. Gli sforzi compiuti dal CAS per promuovere, a intervalli regolari, degli scambi informali con le agenzie multilaterali sono essenziali a tal fine e l'UE dovrebbe incoraggiare e sostenere ulteriori interventi in tale direzione.

Verrà inoltre incoraggiata una maggiore cooperazione tra le organizzazioni internazionali interessate, come ad esempio la task force PNUA/UNCTAD per il potenziamento delle capacità nei settori del commercio, dell'ambiente e dello sviluppo. A livello generale, è importante adottare un approccio più globale tra le diverse agenzie e iniziative al fine di garantire un impatto più incisivo sullo sviluppo sostenibile.

La diretta partecipazione al programma di riforma in campo commerciale rappresenta un elemento chiave. Il quadro integrato offre una buona dimostrazione di tale approccio in quanto incoraggia i paesi in via di sviluppo beneficiari ad integrare i risultati delle diagnosi dell'integrazione degli scambi nei rispettivi documenti di strategia per la riduzione della povertà, insistendo nel contempo che essi dimostrino il proprio impegno a rispettare il programma di riforma della politica commerciale attraverso la creazione di strutture nazionali di coordinamento (vedi allegato 2).

All'interno dell'UE, i principi di coordinamento concordati nella dichiarazione congiunta della Commissione e del Consiglio del 2000 relativa alla politica di sviluppo dovrebbero essere pienamente applicati. A tal fine, il quadro politico proposto nell'ambito della presente comunicazione potrebbe fungere da base di riferimento per un intervento più coordinato nel settore del commercio e dello sviluppo.

È necessaria una maggiore coerenza politica tra le diverse politiche dell'UE aventi una dimensione esterna. La recente comunicazione della Commissione intitolata "Verso un partenariato globale per uno sviluppo sostenibile" [24] sottolinea l'esigenza di migliorare la coerenza delle politiche dell'UE. A tal fine l'UE dovrebbe continuare ad adeguare le principali politiche, ivi compresa la politica agricola comune, la politica comune della pesca e le politiche dell'UE nel settore del commercio, dell'energia, dei trasporti e dell'industria, agli obiettivi interni ed esterni dello sviluppo sostenibile. In occasione del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, i paesi in via di sviluppo hanno posto un forte accento su questi aspetti della riforma, sottolineando ulteriormente l'esigenza di compiere progressi rapidi e significativi nell'ambito dell'OMC. Se adottata, la recente proposta della Commissione relativa alla revisione intermedia della PAC rappresenterebbe un esempio concreto di un intervento adottato per migliorare la coerenza. La recente decisione della Commissione di valutare le principali iniziative politiche dal punto di vista dell'impatto sulla sostenibilità al fine di determinarne in anticipo gli effetti sociali, economici e ambientali dovrebbe aiutare ulteriormente l'UE ad affrontare meglio tale compito.

[24] COM (2002) 82 def., pag. 15.

Una particolare attenzione verrà riservata all'impatto dell'allargamento dell'UE sui rapporti commerciali con i paesi in via di sviluppo. Sebbene si preveda un impatto generale positivo [25], è necessario eseguire un'analisi più approfondita.

[25] Diversi elementi sembrano confermare tale ipotesi: l'allargamento amplierà ulteriormente il mercato dell'UE con l'aggiunta di altri 150 milioni di consumatori e il conseguente aumento della domanda di importazioni; l'attuazione di regole, standard e procedure comunitari uniformi da parte dei paesi candidati dovrebbe agevolare gli scambi con i paesi in via di sviluppo; infine, l'adozione di una tariffa doganale comune dovrebbe, in media, abbassare le tariffe esterne nei paesi candidati, migliorando l'accessibilità dei mercati.

L'UE ribadisce gli impegni assunti in occasione della conferenza ministeriale OMC di Singapore in relazione alle norme fondamentali universalmente riconosciute nel campo del lavoro e continuerà a fornire sostegno ai lavori attualmente in corso nell'ambito dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sulla dimensione sociale della globalizzazione. L'UE intende inoltre portare avanti gli interventi riguardanti la creazione di un regime di scambi equo e il commercio di prodotti biologici e di prodotti ecocompatibili, in particolare quelli provenienti dai paesi in via di sviluppo, conformemente agli impegni da essa assunti nell'ambito del piano di attuazione al WSSD.

3.3. Assistenza per un'effettiva partecipazione al sistema commerciale multilaterale

L'assistenza UE si concentrerà principalmente sui seguenti tre settori:

(i) assistenza per l'adesione all'OMC e per la partecipazione ai negoziati commerciali multilaterali, principalmente attraverso i programmi di formazione e i contributi a copertura delle spese logistiche;

(ii) sostegno per l'attuazione degli attuali e futuri accordi OMC che richiedono un notevole sforzo finanziario e/o lo sviluppo di quadri normativi e istituzionali specifici;

(iii) sostegno alle riforme politiche e agli investimenti necessari per garantire una maggiore efficienza economica e una maggiore partecipazione al sistema commerciale multilaterale. Sebbene i singoli settori d'intervento debbano necessariamente essere selezionati sulla base della situazione specifica di ciascun paese o di ciascuna regione, i seguenti esempi illustrano quali sono gli interventi tipici richiesti nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo:

* Riforma dell'amministrazione doganale e delle altre misure di agevolazione degli scambi: semplificazione e armonizzazione dei documenti d'importazione e d'esportazione sulla base di standard internazionali, ivi compreso l'impiego di dichiarazioni semplificate; miglioramento delle procedure doganali, mediante sistemi come ad esempio la valutazione del rischio, l'attuazione di procedure semplificate per l'entrata e il rilascio delle merci, il riconoscimento dello stato di commerciante autorizzato, utilizzando sistemi automatizzati e sistemi elettronici per lo scambio dei dati; miglioramento della trasparenza e delle procedure di ricorso contro le decisioni e i decreti delle amministrazioni doganali; regolare consultazione con la comunità di operatori commerciali sui regolamenti e le procedure in materia di importazione ed esportazione.

* Standard e valutazione della conformità: individuazione, in collaborazione con la comunità imprenditoriale e con tutte le altri parti interessate, dei settori prioritari per aumentare la convergenza normativa verso gli standard internazionali, al fine di ridurre le barriere e migliorare l'accesso ai mercati, tenendo debitamente conto degli obiettivi legittimi; intensificare l'impiego di standard internazionali, con la partecipazione attiva alla definizione degli standard internazionali; rafforzamento degli enti proposti alla standardizzazione e alla valutazione delle conformità al fine di sviluppare meccanismi comuni e compatibili a livello regionale; attuazione dell'accordo OMC sugli ostacoli tecnici agli scambi (TBT).

* Servizi: sostegno alla creazione di un quadro normativo nazionale favorevole alla concorrenza e rafforzamento della capacità normativa necessaria per attuare e beneficiare della liberalizzazione del commercio di servizi, in particolare nel settore finanziario, delle telecomunicazioni, dei trasporti o dell'ambiente; sostegno alle misure tese a rafforzare la capacità dei servizi interni di migliorare l'efficienza e la competitività del terziario.

* Investimenti: individuazione degli strumenti amministrativi per agevolare i flussi d'investimento; sostegno alle attività di promozione degli investimenti (anche in relazione alla ricerca e al trasferimento delle tecnologie) e attuazione di norme trasparenti, stabili, aperte e non discriminatorie per gli investitori.

* Diritti di proprietà intellettuale: garantire l'attuazione e l'applicazione di un'adeguata legislazione compatibile con l'accordo TRIPS sulla base di standard internazionali elevati; garantire che gli organismi nazionali di registrazione e i tribunali siano dotati di attrezzature adeguate e di personale qualificato; adesione ai principali trattati internazionali sulla proprietà intellettuale; cooperazione nella lotta contro la pirateria e la contraffazione.

* Politica della concorrenza: progressiva elaborazione di una politica della concorrenza e della relativa legislazione e sviluppo di un'adeguata capacità di attuazione (a livello nazionale o regionale); promozione della concorrenza nell'ambito della comunità imprenditoriale e dell'opinione pubblica in senso lato; integrazione della politica della concorrenza nelle politiche nazionali, per evitare casi di abuso del potere economico da parte di società nazionali ed estere.

* Legislazione per l'introduzione di adeguati standard in campo lavorativo, ivi compreso l'effettivo rispetto delle norme fondamentali sul lavoro sancite dalla dichiarazione dell'OIL del 1998 [26], in stretta collaborazione con l'OIL.

[26] Dichiarazione OIL sui principi e i diritti fondamentali nel campo del lavoro (86a sessione, Ginevra, giugno 1998).

* Norme ambientali: sviluppo di una legislazione adeguata ed efficace in campo ambientale per far fronte ai problemi ambientali a livello locale, regionale e mondiale.

3.4. Altri interventi di assistenza in campo commerciale

Politiche macroeconomiche e fiscali

A livello più generale, gli interventi di sostegno in questo settore dovrebbero anche puntare a creare delle politiche macroeconomiche e fiscali valide al fine di realizzare una piattaforma politica che garantisca condizioni commerciali migliori e una maggiore stabilità a livello economico e finanziario. Una questione delicata, suscettibile di produrre un impatto significativo sulle riforme politiche nei paesi in via di sviluppo, consiste nel fatto che la liberalizzazione degli scambi sotto forma di riduzione dei dazi generalmente determina un calo delle entrate del governo. Per molti paesi in via di sviluppo la percentuale delle entrate derivanti dalla tassazione dei flussi commerciali può essere cospicua. Tuttavia, il timore per la perdita delle entrate statali è a volte esagerato. Accompagnando l'abbassamento dei dazi con un aumento dell'efficienza dei servizi doganali e con una riduzione delle esenzioni di natura politica, è possibile controbilanciare o limitare le perdite sul fronte delle entrate. Nei numerosi paesi in via di sviluppo caratterizzati da un'amministrazione doganale e da sistemi di applicazione particolarmente carenti, dove dilagano le attività di contrabbando e la corruzione, la riforma del sistema doganale determinerebbe in realtà un aumento delle entrate nonostante la riduzione dei dazi. Inoltre, nella misura in cui i dazi vengono applicati per motivi erariali, la ristrutturazione del sistema fiscale è generalmente auspicabile, dal momento che i dazi non rappresentano lo strumento di tassazione migliore o più equo. Il processo di adeguamento fiscale dovrebbe essere valutato nel contesto macroeconomico generale.

In passato, la Commissione ha già contribuito al processo di adeguamento fiscale mediante interventi di consulenza e di formazione, nonché attraverso interventi provvisori di sostegno al bilancio per far fronte alle carenze transitorie (ad esempio in Africa occidentale e nell'Africa orientale e meridionale). Al fine di facilitare il processo di adeguamento associato agli accordi commerciali multilaterali e regionali, l'UE intende portare avanti e ampliare questo tipo di sostegno.

Sostegno alla riorganizzazione del settore imprenditoriale

I vantaggi derivanti dalle opportunità commerciali create dalla liberalizzazione degli scambi e degli investimenti (attraverso le iniziative multilaterali o bilaterali o attraverso l'integrazione regionale) possono essere sfruttati soltanto mediante un aumento dell'efficienza delle attività produttive. La capacità di adeguamento non dipende soltanto dal settore privato in senso stretto, ma anche dalle condizioni generali per gli investimenti, come ad esempio lo sviluppo del capitale umano, l'affidabilità delle infrastrutture di trasporto e di comunicazione, l'efficienza dei servizi pubblici, l'efficienza dei servizi finanziari e delle istituzioni che operano in campo commerciale e il buon governo.

Al fine di fornire sostegno al processo di riorganizzazione e aumentare la competitività del settore privato nei paesi in via di sviluppo sono stati istituiti, a livello nazionale e regionale, numerosi strumenti a favore del settore privato (per es.: EBAS, PROINVEST, ALINVEST). Inoltre, l'UE ha posto anche un forte accento sul rafforzamento dei servizi di supporto e sul miglioramento delle infrastrutture. Alla luce della DDA e delle iniziative d'integrazione regionale, verrà rafforzata l'assistenza al fine di migliorare la risposta sul fronte dell'offerta. Un evento importante per il gruppo di paesi ACP è rappresentato dal "dispositivo per gli investimenti" istituito recentemente nell'ambito del 9° FES.

I CSP e i RSP cercheranno di sfruttare appieno le sinergie tra l'assistenza in campo commerciale descritta precedentemente e gli interventi di sostegno nei settori che tipicamente incidono sulla risposta a livello dell'offerta: politiche macroeconomiche e fiscali, sviluppo rurale e ricerca agricola, infrastrutture dei trasporti e delle telecomunicazioni e efficienza del settore finanziario. Tale approccio è coerente con i settori prioritari dell'assistenza allo sviluppo CE individuati nella dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione del novembre 2000 [27]. È inoltre opportuno tener conto del programma di azione per l'integrazione delle tematiche di genere negli interventi di cooperazione allo sviluppo.

[27] La dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione individua sei settori prioritari per l'assistenza allo sviluppo CE: legami tra commercio e sviluppo; integrazione e cooperazione regionale; riforma macroeconomica e promozione di un accesso equo ai servizi sociali; infrastrutture dei trasporti e gestione delle stesse; sicurezza alimentare e sviluppo rurale sostenibile; potenziamento delle capacità istituzionali.

Infine, cosa non meno importante, l'assistenza per l'attuazione di norme fondamentali sul lavoro sarà parte integrante degli interventi di sostegno sul fronte dell'offerta. Esiste un numero crescente di prove che dimostrano l'esistenza di una correlazione positiva tra rispetto delle norme fondamentali sul lavoro e aumento della produttività nei paesi in via di sviluppo e l'UE pone questo tipo di assistenza al centro della propria strategia per il miglioramento della gestione degli affari sociali nel contesto della globalizzazione [28]. Questo elemento importante dell'agenda internazionale verrà gestito in stretto coordinamento con l'OIL.

[28] Comunicazione della Commissione "promozione delle norme fondamentali del lavoro e miglioramento della governanza sociale nel quadro della globalizzazione", COM (2001) 416 def. del 18 luglio 2001.

Sostegno alla cooperazione e all'integrazione regionale

Ove opportuno, gli interventi da attuare nell'ambito dell'assistenza CE in campo commerciale verranno eseguiti a livello regionale. Tali interventi integreranno e rafforzeranno le azioni promosse a livello nazionale. L'approccio regionale offre chiari vantaggi, come ad esempio il rafforzamento dei processi d'integrazione regionale - un priorità dell'UE [29] - e le economie di scala e di varietà.

[29] Si pensi ad esempio all'impegno, assunto in occasione del vertice di Madrid del 2002, a promuovere ulteriormente l'integrazione regionale nella Comunità andina e in America centrale.

L'integrazione regionale viene promossa sia nell'ambito della strategia di sviluppo, che nel quadro del regime commerciale adottato dall'UE nei confronti dei diversi gruppi di paesi in via di sviluppo. Si tratta dell'approccio sud-sud-nord descritto nella sezione 1.6. In base a tale approccio, l'UE negozia una serie di accordi con organizzazioni regionali: ad esempio con i paesi del Mercosur, con l'obiettivo esplicito di contribuire all'integrazione economica dell'America latina; nel Mediterraneo, il cui programma MED (2001-2003) per il mercato regionale rappresenta un buon esempio di un'iniziativa tesa a promuovere l'integrazione regionale nell'area in questione; nel sud-est asiatico, dove l'UE sostiene da tempo l'integrazione dei paesi aderenti all'ASEAN.

Tale approccio si applica tuttavia in particolare agli accordi di partenariato economico (APE) tra i paesi ACP e l'EU, i cui negoziati verranno avviati nel settembre 2002.

Gli APE si baseranno su quattro principi fondamentali:

Partenariato. Gli APE sono accordi di partenariato che implicano diritti e obblighi per entrambe le parti. Il rispetto di tali obblighi da entrambe le parti è essenziale per il buon esito dell'accordo. In particolare, se da una parte l'UE è disposta ad aprire ulteriormente i propri mercati ai prodotti ACP, a eliminare tutti gli altri ostacoli commerciali e a fornire un'assistenza in campo commerciale, i paesi ACP devono essere pronti ad aprire i propri mercati e attuare politiche adeguate per rafforzare le proprie capacità sul fronte dell'offerta e ridurre i costi di transazione.

Integrazione regionale. L'integrazione regionale è uno strumento valido per promuovere l'integrazione nell'economia mondiale. I recenti progressi realizzati dai paesi ACP in tale settore riflettono la decisione politica degli stessi di basare la propria integrazione nell'economia mondiale sull'integrazione economica regionale. Gli APE rafforzeranno pertanto le iniziative d'integrazione regionale avviate tra i paesi ACP.

Flessibilità. Gli APE sono innanzitutto degli strumenti di sviluppo. Pertanto, essi saranno caratterizzati dal massimo livello possibile di flessibilità, per tener conto dei limiti economici, sociali e ambientali dei paesi ACP interessati, nonché della loro capacità di adeguamento al nuovo regime commerciale. D'altra parte, tali accordi devono essere anche integrati nella politica di sviluppo dei paesi ACP e nelle strategie di sostegno dell'UE.

Collegamento con l'OMC. Gli APE non sono fini a se stessi, bensì sono intesi a facilitare l'integrazione dei paesi ACP nell'economia mondiale. Pertanto, essi si baseranno sulle norme OMC, tenendo conto dei risultati dell'agenda di sviluppo di Doha. Tuttavia, in alcuni casi tali accordi andranno al di là delle norme OMC. Nell'ambito di tali norme, essi definiranno delle relazioni commerciali bilaterali più specifiche e più funzionali, al fine di ridurre gli ostacoli commerciali di natura pratica tra i paesi ACP e l'UE e rafforzare l'integrazione tra le economie di entrambe le parti.

4. Un programma di azione per migliorare l'erogazione dell'assistenza

Obiettivi e approccio

La sezione 3 della presente comunicazione descrive i settori chiave sui quali si deve concentrare l'assistenza dell'UE in campo commerciale. Questa sezione definisce un programma d'azione basato su una serie di approcci pratici per consentire alla Commissione di migliorare l'erogazione dell'assistenza in campo commerciale, sia attraverso le proprie attività che mediante il coordinamento con gli Stati membri e/o con gli altri donatori bilaterali e le agenzie multilaterali. Vengono inoltre individuate alcune iniziative politiche dell'UE finalizzate a stimolare interventi da parte dell'intera comunità internazionale.

Come già menzionato precedentemente, i programmi e le attività in campo commerciale costituiscono già parte integrante dei CSP e degli RSP. Nei paesi o nelle regioni in cui non è stata riservata la dovuta attenzione alle tematiche commerciali, la revisione intermedia delle strategie, che verrà avviata a partire dal 2003, cercherà di garantire che i problemi commerciali siano affrontati in maniera adeguata e ricevano i necessari finanziamenti. Nel frattempo, la Commissione individuerà le ulteriori misure necessarie per integrare gli interventi già avviati di potenziamento delle capacità commerciali, consentendo in tal modo il progressivo aumento dell'assistenza in questo settore in seguito alla revisione intermedia dei CSP e degli RSP.

È opportuno sottolineare che il successo del programma di azione raccomandato dipenderà dal pieno impegno e dalla diretta partecipazione al processo di riforma commerciale da parte degli stessi paesi in via di sviluppo. Questi ultimi dovrebbero creare strutture nazionali adeguate per la definizione della politica commerciale e per integrare le tematiche commerciali nelle rispettive strategie di sviluppo e nei propri programmi. Dal momento che la coerenza politica riveste una grande importanza per i paesi che intendono sfruttare i vantaggi del commercio nell'ambito della propria strategia di sviluppo, l'UE promuoverà un approccio globale al programma di riforma in campo commerciale, la quale dovrà includere opportune politiche per la riduzione della povertà e lo sviluppo sostenibile, ivi compresi un'adeguata legislazione in campo ambientale e sociale, il buon governo e lo sviluppo sul fronte dell'offerta.

Pertanto, la Commissione intende attuare o promuovere i seguenti interventi:

Intensificare il dialogo con i paesi partner

* A livello generale, porre un maggiore accento sulle tematiche commerciali nell'ambito del dialogo politico dell'UE con i paesi in via di sviluppo, in particolare per integrare meglio i problemi della politica commerciale nei PRSP o in altri strumenti analoghi. La Commissione avvierà delle discussioni con le autorità dei paesi beneficiari per sensibilizzarle alle questioni commerciali. Un'azione congiunta e la complementarità tra la Commissione e gli Stati membri dell'UE sono essenziali in tale contesto.

* La Commissione si adopererà affinché i finanziamenti per questa nuova priorità, ossia l'assistenza in campo commerciale, vengano adattati alle esigenze, in particolare quelle dei paesi meno sviluppati. Questo problema deve essere affrontato da entrambe le parti nell'ambito del dialogo relativo alla revisione intermedia dei CSP/RSP, il cui avvio è previsto per l'inizio del 2003. Tale esercizio valuterà e analizzerà l'integrazione del commercio nelle politiche di sviluppo nazionali dei paesi partner e si baserà sulle esigenze specifiche dei singoli paesi, tenendo conto del principio di complementarità con gli interventi promossi dagli altri donatori bilaterali e multilaterali. Esso dovrebbe inoltre basarsi su una visione globale dell'assistenza in campo commerciale, che comprenda non soltanto l'assistenza tecnica, ma anche la formazione, il potenziamento delle capacità, il sostegno a livello istituzionale e politico, il sostegno alla riforma fiscale e del sistema di bilancio, l'assistenza per la riorganizzazione del settore privato e il miglioramento dei servizi di supporto. Nella sua relazione annuale sull'assistenza allo sviluppo CE, la Commissione riferirà sugli importi complessivi stanziati a favore dell'assistenza in campo commerciale. Ove opportuno, la Commissione applicherà nel breve termine il principio di flessibilità nei settori non prioritari degli attuali RSP/CSP.

* Rafforzare, ove opportuno e in consultazione con il paese/regione partner, la componente commerciale nell'ambito dell'esercizio di programmazione dell'assistenza allo sviluppo UE attraverso (i) l'assistenza per una effettiva partecipazione al sistema commerciale multilaterale; (ii) il sostegno alle riforme istituzionali e politiche; (iii) il sostegno per la ristrutturazione e una maggiore competitività del sistema di produzione e (iv) il sostegno alla cooperazione e all'integrazione regionale.

Migliorare l'efficacia del sostegno UE

* La task force inter DG per il commercio e lo sviluppo, istituita recentemente per rafforzare la coerenza interna della Commissione, guiderà i diversi servizi della Commissione interessati, ivi comprese le delegazioni, nel loro compito di integrazione delle tematiche commerciali nei CSP e negli RSP, fornirà know-how e altri input per l'individuazione e l'attuazione dei programmi e dei progetti e fungerà da collegamento con i responsabili dei negoziati commerciali e con le persone preposte al controllo dell'attuazione degli accordi commerciali.

* Riservare una particolare attenzione ai paesi meno sviluppati e altri paesi a basso reddito in sede di ripartizione delle risorse a favore dell'assistenza in campo commerciale, rispettando nel contempo le attuali norme sullo stanziamento degli aiuti allo sviluppo.

* Valutare come poter finanziare in futuro le iniziative orizzontali di assistenza in campo commerciale a vantaggio di tutti i paesi in via di sviluppo, agendo in particolare in collaborazione con le agenzie multilaterali. Attualmente, quasi tutta l'assistenza UE allo sviluppo viene fornita su base nazionale/regionale. Tuttavia, in questo settore vi è una crescente esigenza di fornire sostegno alle iniziative multilaterali (come ad esempio quelle promosse dalla Banca mondiale, dall'OMC, e dalla task force PNUA/UNCTAD per il potenziamento delle capacità nei settori del commercio, dell'ambiente e dello sviluppo) e ad alcune iniziative UE (soprattutto per quanto riguarda la formazione degli amministratori), senza limitarsi a regioni o paesi specifici.

* Rafforzare la capacità dell'UE di elaborare e attuare i propri programmi di formazione per i negoziatori in campo commerciale e gli amministratori dei paesi in via di sviluppo. Verranno valutati i risultati del primo programma di formazione per i negoziatori e gli amministratori dei paesi dell'Asia, dell'America latina e del Mediterraneo e verranno avviate ulteriori attività analoghe, estendendole anche ai paesi ACP. Una componente importante di tali programmi è rappresentata dalla partecipazione di istituti europei di istruzione superiore altamente qualificati e riconosciuti a livello internazionale, selezionati in base a criteri di competitività.

* Utilizzare i risultati di tali programmi per creare reti di collegamento tra gli istituti di istruzione superiore europei e le rispettive controparti nei paesi in via di sviluppo e aiutare questi ultimi a sviluppare la propria capacità di formazione, anche su base regionale, nel settore del commercio e nei settori ad esso associati.

* Ai paesi in via di sviluppo interessati verrà fornita un'assistenza tecnica per valutare l'impatto in termini di sostenibilità e per analizzare il rapporto tra commercio, ambiente e sviluppo in seguito alla liberalizzazione degli scambi, conformemente agli impegni assunti dall'UE al WSSD.

* Rafforzare gli attuali interventi tesi a migliorare le capacità dei paesi in via di sviluppo in campo sanitario e fitosanitario, dal momento che il rispetto degli standard sanitari e fitosanitari si è rivelato uno dei principali ostacoli che impediscono l'incremento delle esportazioni di tali paesi verso i mercati dei paesi industrializzati. Portare avanti lo sviluppo di un programma d'azione in campo sanitario e fitosanitario, ivi compresi un approccio standard alla valutazione dei singoli paesi, una serie di eventuali misure di assistenza tecnica per far fronte a problemi comuni (compresi i relativi programmi di formazione) e individuazione di fonti di finanziamento aggiuntive e delle necessarie competenze.

Rafforzare l'efficacia e il coordinamento a livello internazionale

* Garantire che la coerenza politica tra i programmi commerciali multilaterali e bilaterali/regionali dell'UE crei adeguate sinergie nella fornitura di assistenza in campo commerciale. Ciò è essenziale per le relazioni dell'UE con tutti i paesi partner in via di sviluppo, in particolare con quelli più vulnerabili, come ad esempio la maggior parte dei paesi ACP.

* Rivedere gli attuali meccanismi di coordinamento degli Stati membri dell'UE e apportare i necessari cambiamenti. Promuovere un maggiore scambio delle "migliori pratiche" tra la Commissione e gli Stati membri e tra gli stessi Stati membri. Promuovere scambi analoghi con gli altri donatori (ivi compreso il CAS OECD).

* Migliorare l'efficienza della cooperazione con le organizzazioni come l'OMS, UNCTAD, OMC, ITC, PNUS, PNUA, BM, FMI, UNIDO, WIPO e OIL che vantano una particolare esperienza nel settore del commercio e nei settori ad esso associati, sfruttando i loro vantaggi comparati. Valutare i punti di forza delle diverse istituzioni internazionali responsabili del commercio e promuovere la cooperazione tra le stesse. Ove opportuno, canalizzare l'assistenza attraverso le organizzazioni che hanno un vantaggio comparato, in maniera tale aumentare l'efficienza e l'efficacia ed evitare le duplicazioni.

* Continuare a promuovere il quadro integrato (QI) come strumento valido per integrare le tematiche commerciali nelle politiche di sviluppo dei paesi meno sviluppati. Allo stesso tempo, cercare di estendere i principi e la metodologia del QI in particolare agli altri paesi in via di sviluppo e, a livello prioritario, agli altri paesi a basso reddito caratterizzati da esigenze e problemi analoghi a quelli dei paesi meno sviluppati. Fornire sostegno al fondo fiduciario QI attingendo, ove possibile, alle risorse per la cooperazione allo sviluppo, come ad esempio il FES e le linee di bilancio nel quadro dei regolamenti ALA e MED.

* Fornire sostegno al segretariato OMC nel suo ruolo di fornitore di assistenza tecnica attraverso i suoi piani di assistenza tecnica OMC. Questi ultimi dovrebbero garantire il coinvolgimento di tutti i paesi in via di sviluppo e dovrebbero essere "guidati dalle esigenze" piuttosto che "guidati dalla domanda". Tali piani dovrebbero coprire tutti i temi della negoziazione e dell'attuazione e dovrebbero concentrarsi direttamente sui necessari interventi di formazione piuttosto che sui seminari e sulle sessioni informative di carattere generale. La Commissione continuerà a fornire contributi al fondo fiduciario globale DDA in quanto fonte di finanziamento del piano di AT OMC.

* Continuare a partecipare agli organi di gestione del QI (gruppo di lavoro interagenzie e comitato direttivo). È necessario a tale riguardo far fronte a due priorità: (a) rafforzare la partecipazione dei donatori bilaterali alle diagnosi dell'integrazione degli scambi; (b) sviluppare ulteriormente il ruolo dei "facilitatori", ossia i donatori incaricati di aiutare il paese in questione a sviluppare un'adeguata capacità nazionale d'integrare le tematiche commerciali nella politica di sviluppo. Inoltre, è opportuno ampliare il ruolo stesso della Commissione, nonché quello degli Stati membri dell'UE in veste di "facilitatori".

* Incoraggiare le banche per lo sviluppo regionale (come ad es. la Banca africana di sviluppo e la Banca interamericana di sviluppo) a destinare ulteriori risorse al programma di potenziamento delle capacità in campo commerciale.

Alla luce dei suddetti impegni specifici, la Commissione intende preparare una revisione generale degli interventi di assistenza UE in campo commerciale prima della fine del 2005.

Allegato 1 - Descrizione dell'assistenza UE in campo commerciale

Non è facile determinare il volume dell'assistenza EU in campo commerciale. Esistono numerosi progetti/programmi che riguardano esplicitamente l'assistenza tecnica e il potenziamento delle capacità in relazione alla politica commerciale. Spesso tuttavia le attività promosse in questo settore sono una componente di un programma settoriale, come ad esempio il programma per i trasporti o per l'agricoltura. Inoltre, solitamente gli interventi di potenziamento delle capacità e di sostegno istituzionale adottano un approccio generale e flessibile al fine di rispondere alle particolari esigenze delle parti interessate. Le attività specifiche, come ad esempio quelle attinenti al commercio, possono essere decise soltanto nella fase di attuazione. Pertanto, per i progetti di questo tipo è solo nella fase della valutazione a posteriori che è possibile determinare il volume degli interventi in campo commerciale.

Da un primo esercizio condotto nel corso degli ultimi cinque anni per valutare il volume dell'assistenza UE in campo commerciale è emerso che il valore dei progetti ammonta complessivamente a circa 640 milioni di euro per un totale di 117 operazioni. Circa il 30% possono essere considerati come progetti di assistenza tecnica e di potenziamento delle capacità in senso stretto. Gran parte dei restanti progetti riguarda lo sviluppo delle attività commerciali a sostegno del settore privato. Dal punto di vista della ripartizione regionale, 61% dei progetti è andato a beneficio dei paesi ACP mentre il 14 e 12% riguardano rispettivamente l'America latina e i paesi mediterranei. I restanti progetti sono stati riservati all'Asia e all'ex Unione Sovietica (9 e 4%).

A livello generale, il 60% dei progetti sono regionali e il 40% nazionali. I programmi in campo commerciale sono spesso collegati a nuovi accordi commerciale con l'UE (ad esempio nei paesi ACP e nell'area mediterranea). I programmi varati in America latina e in Asia e caratterizzati da un'importante componente commerciale sono tipicamente programmi finalizzati a rafforzare i rapporti tra la regione in questione e l'UE, promuovendo ad esempio gli investimenti e le joint ventures.

Seguono alcuni esempi di programmi di assistenza in campo commerciale varati recentemente:

* Un programma da 10 milioni di euro per aiutare i paesi ACP ad attuare gli accordi dell'Uruguay Round, ad aderire all'OMC e a partecipare alla DDA.

* Un programma da 20 milioni di euro per preparare i paesi e le regioni ACP ai negoziati sugli accordi di partenariato economico.

* Un programma da 45 milioni di euro per il potenziamento delle capacità al fine di migliorare le condizioni sanitarie nelle esportazioni di prodotti ittici.

* Un programma da 29 milioni di euro per l'iniziativa sui pesticidi finalizzata a rafforzare la competitività del settore orticolo dei paesi ACP.

* Un programma da 60 milioni di euro per la promozione delle attività commerciali in Egitto.

* Un programma da 6 milioni di euro per la promozione delle attività commerciali in Pakistan.

* Un programma in ambito OMC da 2 milioni di euro per il potenziamento delle capacità nelle Filippine.

* Un programma da 8 milioni di euro per favorire un accordo di libero scambio con il Messico.

* Un programma da 8 milioni di euro per assistere l'unione doganale in America centrale.

* Un programma da 4 milioni di euro per le norme e gli standard tecnici del Mercosur.

* Un programma da 5 milioni di euro per la cooperazione in ambito doganale con il Mercosur.

* 1,2 milioni di euro per la task force PNUA/UNCTAD per il potenziamento delle capacità nei settori del commercio, dell'ambiente e dello sviluppo.

Per il 2002 sono previste diverse nuove iniziative e attività come diretto risultato dell'agenda di sviluppo di Doha, ad esempio:

* Un contributo aggiuntivo al fondo fiduciario per il quadro integrato (750 000 euro)

* Un contributo a favore del fondo fiduciario globale (700 000 euro)

* La preparazione di un corso di formazione intensivo per i negoziatori dei paesi in via di sviluppo (2,4 milioni di euro).

Allegato 2 - Il quadro integrato per i paesi meno sviluppati

Il quadro integrato è un'iniziativa congiunta avviata nel 1996 da sei agenzie internazionali (OMC, Banca mondiale, FMI, UNCTAD, PNUS, e ITC) per aiutare i paesi meno sviluppati ad integrare le tematiche commerciali nelle rispettive politiche di sviluppo. Tale iniziativa viene attuata sulla base di un'analisi globale delle potenzialità commerciali attraverso una diagnosi dell'integrazione degli scambi (DTIS), il cui obiettivo è individuare le esigenze in termini di assistenza tecnica e potenziamento delle capacità in campo commerciale, contribuendo in tal modo a ridurre le carenze dei sistemi di produzione e di commercializzazione e a rafforzare le capacità istituzionali, normative e giudiziarie necessarie per partecipare al sistema commerciale internazionale.

Gli interventi di follow-up attuati in seguito ai primi studi hanno tuttavia prodotto risultati deludenti, mettendo in dubbio il successo dell'iniziativa QI. Di conseguenza, all'inizio del 2001 le agenzie interessate hanno deciso di rilanciare l'iniziativa. Sotto la guida della Banca mondiale sono stati definiti la metodologia e i mandati modello per una nuova serie di DTIS. Nel novembre 2001 sono stati completati tre studi pilota (Cambogia, Mauritania, e Madagascar). In Cambogia e in Mauritania in seguito agli studi sono anche stati organizzati dei seminari a livello nazionale.

Il prossimo passo consiste nell'individuare i finanziamenti per le attività raccomandate nell'ambito della DTIS. Ciò dovrebbe avvenire idealmente attraverso il meccanismo del gruppo consultivo, sotto gli auspici della Banca mondiale, o il meccanismo della tavola rotonda, sotto gli auspici del PNUS. Qualora non venisse istituito un gruppo consultivo/tavola rotonda entro un lasso di tempo ragionevolmente breve in seguito al seminario a livello nazionale, e ai fini di evitare un rallentamento dell'iniziativa, il paese, assistito dal "facilitatore" del paese donatore, organizzerà una riunione speciale con tutti i donatori per ottenere i necessari finanziamenti. In tali casi il paese s'impegna a integrare i risultati della DTIS nel proprio documento di strategia per la riduzione della povertà (PRSP) al fine di garantire la realizzazione dell'obiettivo dell'integrazione.

Nel corso dei prossimi 15 mesi verranno effettuate delle diagnosi in altri 11 paesi: Malawi, Senegal, Lesotho, Yemen, Etiopia, Nepal, Eritrea, Gibuti, Burundi, Guinea e Mali.

Le diagnosi vengono finanziate mediante il fondo fiduciario QI, gestito dalla PNUS. A metà 2001 circa è stato chiesto ai donatori bilaterali di fornire un contributo al fondo fiduciario QI. La Commissione europea ha stanziato circa 200 000 euro per il 2001. La Commissione intende fornire 750 000 euro per il 2002, in particolare per i paesi meno sviluppati che appartengono al gruppo ACP. Il fondo fiduciario QI ammonta complessivamente a oltre 10 milioni di USD, la metà dei quali sono stati stanziati dall'Unione europea (Stati membri più Commissione).

Considerando la validità di questo metodo e la diretta partecipazione dei paesi meno sviluppati, il QI rappresenta uno strumento importante per integrare le tematiche commerciali nelle politiche economiche e di sviluppo nazionali dei paesi meno sviluppati.