32000Y0429(01)

Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario

Gazzetta ufficiale n. C 121 del 29/04/2000 pag. 0002 - 0013


Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario

(2000/C 121/02)

In data 24 febbraio 1999, la Commissione ha adottato e pubblicato un progetto di comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario degli appalti pubblici(1), sottoponendolo a una vasta consultazione. Tenendo conto dei numerosi contributi(2) pervenuti in seguito alla pubblicazione del progetto originario nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, la Commissione ha adottato la presente comunicazione interpretativa.

1. INTRODUZIONE

1. Le concessioni sono uno strumento che alcuni Stati membri usano da tempo, soprattutto per realizzare e finanziare grandi lavori d'infrastruttura, come collegamenti ferroviari o una parte rilevante di quelli stradali. Il coinvolgimento del settore privato è diminuito a partire dal primo quarto del XX secolo, quando gli Stati hanno cominciato a privilegiare la realizzazione e la gestione diretta di impianti e servizi destinati al pubblico.

2. Negli ultimi anni, taluni fattori, quali le restrizioni di bilancio e la volontà di limitare l'intervento dei poteri pubblici e di rendere partecipe il settore pubblico delle esperienze e dei modi di funzionamento di quello privato, hanno determinato il recupero di interesse per la concessione.

3. È bene ricordare subito che la Commissione non privilegia alcuna modalità di organizzazione della proprietà, sia essa pubblica o privata; l'articolo 295 (ex 222) del trattato CE garantisce infatti la neutralità nei confronti dello statuto, pubblico o privato, delle imprese.

4. Dato il ricorso sempre più frequente a questa forma di associazione con gli operatori, soprattutto per grandi lavori di infrastruttura e per taluni servizi, la Commissione, con la presente comunicazione interpretativa, ritiene necessario informare gli operatori interessati e i poteri pubblici sulle disposizioni che, allo stato attuale del diritto comunitario, ritiene applicabili alle concessioni. In effetti, la Commissione si trova spesso a dover trattare denunce per violazione del diritto comunitario in materia di concessioni, relative ad operazioni complesse in cui i poteri pubblici ricorrono alle competenze e ai capitali di operatori economici. Essa ha, perciò, circoscritto il concetto di "concessione", sviluppando orientamenti cui si è attenuta nell'istruzione di tali casi. La presente comunicazione interpretativa è, dunque, un atto di trasparenza necessario per chiarire l'attuale quadro giuridico alla luce dell'esperienza acquisita nei casi finora trattati.

5. Nella versione provvisoria della comunicazione interpretativa(3), la Commissione aveva manifestato l'intenzione di trattare anche le altre forme di cooperazione usate per ricorrere al finanziamento e alle competenze privati. La Commissione, confortata dai contributi pervenuti, favorevoli a un tale approccio, ha rinunciato a occuparsi di forme di cooperazione prive di caratteristiche analoghe a quelle delle concessioni nel senso della presente comunicazione interpretativa. Difatti, la varietà delle ipotesi e il loro continuo sviluppo, quali si evincono dalle risposte ricevute al progetto di comunicazione interpretativa, impongono un'approfondita riflessione sulle caratteristiche comuni di questi fenomeni. Il dibattito su questa questione, avviato dalla pubblicazione del progetto di comunicazione interpretativa, deve dunque proseguire.

6. I contributi sulle concessioni hanno permesso alla Commissione di affinare l'analisi e di descrivere le caratteristiche proprie delle concessioni, distinguendole dagli appalti pubblici, soprattutto in ragione della delega di servizi d'interesse generale effettuata da questo tipo di cooperazione.

7. La Commissione ricorda che il presente testo non è volto all'interpretazione dei regimi specifici derivanti dalle direttive adottate in taluni settori, come, per esempio, l'energia o i trasporti.

La presente comunicazione interpretativa (nel prosieguo, la "comunicazione") preciserà, da un lato, le norme e principi del trattato che si applicano a tutte le forme di concessione e, dall'altro, le norme particolari previste dalla direttiva 93/37/CEE sugli appalti pubblici di lavori(4) (nel prosieguo, "la direttiva lavori") per le concessioni di lavori pubblici.

2. DEFINIZIONE E PROBLEMATICA GENERALE DELLE CONCESSIONI

Le concessioni non vengono definite dal trattato CE. L'unica definizione rinvenibile nel diritto comunitario derivato è quella della direttiva lavori, che prevede un regime specifico per la concessione di lavori(5). Per contro, le altre forme di concessione non sono disciplinate dalle direttive relative agli appalti pubblici(6).

Ciò non significa, comunque, che le concessioni sfuggano alle norme e ai principi del trattato. Infatti, nella misura in cui si configurano come atti dello Stato aventi per oggetto prestazioni di attività economiche o forniture di beni, le concessioni sono soggette alle norme conferenti del trattato CE e ai principi sanciti in materia della giurisprudenza della Corte.

Al fine di delimitare l'ambito di applicazione della presente comunicazione e prima di precisare il regime applicabile alle concessioni, occorre innanzitutto delinearne i tratti distintivi. A questo scopo, è opportuno ricordare la nozione di concessione di lavori quale risulta dalla direttiva lavori.

2.1 LA CONCESSIONE DI LAVORI

2.1.1 La difinizione della direttiva 93/37/CEE

Il legislatore comunitario ha inteso definire la nozione di concessione di lavori partendo da quella di appalto pubblico di lavori.

Il testo della direttiva lavori prevede che gli appalti pubblici di lavori "sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra un imprenditore e un'amministrazione aggiudicatrice (...) aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, l'esecuzione e la progettazione di lavori relativi ad una delle attività di cui all'allegato II o di un'opera (...) oppurre l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice" [articolo 1, lettera a)].

L'articolo 1, lettera d), della stessa direttiva definisce la concessione di lavori pubblici come "un contratto che presenta le stesse caratteristiche degli appalti pubblici di lavori, ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo."

Pertanto, come risulta da questa definizione, l'elemento distintivo determinante della nozione di concessione di lavori consiste nell'attribuzione del diritto di gestire l'opera come contropartita della sua costruzione; il diritto di gestione può anche essere accompagnato da un prezzo.

2.1.2 Delimitazione delle nozioni di "appalto pubblico di lavori" e di "concessione di lavori"

La Commissione ritiene che il criterio del diritto di gestione permetta di individuare alcuni elementi caratteristici per distinguere la concessione di lavori dall'appalto pubblico.

Anzitutto, il diritto di gestione consente al concessionario di percepire proventi dall'utente (ad esempio, in forma di pedaggio o di canone) per un determinato periodo di tempo. La durata della concessione rappresenta, pertanto, un elemento importante della remunerazione del concessionario. Quest'ultimo non è quindi direttamente remunerato dall'autorità aggiudicatrice, ma ottiene da questa il diritto di percepire i proventi derivanti dall'uso dell'opera realizzata(7).

Il diritto di gestione implica anche il trasferimento della responsabilità di gestione. Tale responsabilità investe al tempo stesso gli aspetti tecnici, finanziari e gestionali dell'opera. Spetta pertanto al concessionario, ad esempio, effettuare gli investimenti necessari perché l'opera possa utilmente essere messa a disposizione degli utenti e sopportarne l'onere di ammortamento. Inoltre, il concessionario assume non soltanto i rischi inerenti ad una qualsiasi attività di costruzione, ma dovrà altresì sopportare quelli connessi alla gestione e all'uso abituale dell'impianto(8).

Da quanto precede si deduce che, in una concessione di lavori, l'alea relativa alla gestione viene trasferita al concessionario(9).

La Commissione constata l'esistenza di fattispecie sempre più numerose di appalti pubblici frutto di complesse operazioni giuridiche(10). Ecco perché il confine tra queste operazioni e la concessione di lavori pubblici può essere talvolta difficile da tracciare.

Secondo la Commissione, si è in presenza di appalti pubblici di lavori ai sensi del diritto comunitario quando il costo dell'opera grava sostanzialmente sull'autorità aggiudicatrice e quando il contraente non si remunera attraverso i proventi riscossi dagli utenti dell'opera.

La circostanza che la direttiva permetta che il diritto di gestione sia accompagnato da un prezzo non modifica questa conclusione. Si tratta di un'ipotesi che esiste nella pratica. Accade ad esempio che lo Stato sostenga parzialmente il costo di gestione della concessione affinché il prezzo delle prestazioni diminuisca per l'utente (pratica dei "prezzi sociali")(11). Tale intervento può avvenire secondo modalità diverse (somma forfettaria garantita, o somma fissa ma versata in funzione del numero di utenti, ecc.) e non conduce necessariamente alla modifica della natura del contratto, se il prezzo versato copre solo una parte del costo dell'opera e della sua gestione.

Infatti, rientrano sempre nella nozione di concessione le ipotesi in cui lo Stato paghi un prezzo in contropartita dei lavori effettuati, purché esso non elimini il rischio inerente alla gestione. Precisando che il diritto di gestire l'opera può essere accompagnato da un prezzo, la direttiva lavori indica che la remunerazione del concessionario deve provenire dalla gestione.

Anche se, in genere, l'origine del compenso - prelevato direttamente dall'utente dell'opera - è un elemento significativo, quello determinante è la presenza del rischio di gestione, legato all'investimento effettuato o ai capitali investiti, in particolare se l'autorità concedente paga un prezzo.

È vero che anche negli appalti pubblici accade che una parte dei rischi sia a carico del contraente(12). Tuttavia, l'alea legata all'aspetto finanziario dell'operazione, che si potrebbe definire "rischio economico", è propria del fenomeno delle concessioni. Questo tipo di rischio, infatti, che dipende strettamente dai proventi che il concessionario può trarre dalla fruizione(13) , costituisce un importante elemento per distinguere le concessioni dagli appalti pubblici.

In conclusione, il diritto di gestione comporta il trasferimento al concessionario dell'alea derivante da tale gestione; la ripartizione dei rischi tra concedente e concessionario avviene caso per caso in base alle rispettive capacità di gestire al meglio i rischi in questione.

Se i poteri pubblici sopportano la maggior parte dell'alea legata alla gestione dell'opera, garantendo, per esempio, il rimborso dei finanziamenti, l'elemento "rischio" viene a mancare. In tal caso la Commissione ritiene che si tratti di un appalto pubblico di lavori e non di una concessione(14).

2.2. LA CONCESSIONE DI SERVIZI

La direttiva 92/50/CEE sui pubblici appalti di servizi (nel prosieguo "la direttiva servizi") si applica, ai sensi del suo articolo 1, agli "appalti pubblici di servizi", definiti come "contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di servizi ed un'amministrazione aggiudicatrice, ad esclusione (...)".

Contrariamente alla direttiva lavori, la direttiva servizi non contiene alcuna definizione della nozione di concessione di servizi(15).

Al solo scopo di distinguere il fenomeno economico della concessione di servizi rispetto alla nozione di appalto pubblico di servizi - e di delimitare quindi il campo di applicazione della comunicazione - è importante identificare i tratti essenziali del fenomeno.

A tal fine, è opportuno fondarsi su elementi che si ispirino alla succitata nozione di concessione di lavori e che tengano conto tanto della giurisprudenza della Corte(16) in materia quanto dell'opinio juris(17).

L'oggetto delle concessioni di lavori è per definizione diverso da quello delle concessioni di servizi. Ciò può condurre a differenze, in termini di investimenti e di durata, tra i due tipi di concessioni. Tuttavia, tenuto conto dei suddetti criteri, un contratto di concessione ha, in genere, le stesse caratteristiche, indipendentemente dal suo oggetto.

Infatti, come per le concessioni di lavori, il criterio della gestione è una caratteristica essenziale per stabilire se si è in presenza di una concessione di servizi(18). Applicando tale criterio, si ha concessione di servizi quando l'operatore si assume i rischi di gestione del servizio (sua istituzione e gestione) rifacendosi sull'utente, soprattutto per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone. La modalità di remunerazione dell'operatore è, come nel caso della concessione di lavori, un elemento che permette di stabilire l'assunzione del rischio di gestione.

Come la concessione di lavori, anche la concessione di servizi è caratterizzata da un trasferimento della responsabilità di gestione.

Infine, la concessione di servizi riguarda di solito attività che, per la loro natura, l'oggetto e le norme che le disciplinano, possono rientrare nella sfera di responsabilità dello Stato ed essere oggetto di diritti esclusivi o speciali(19).

È anche opportuno rammentare che, nella precitata sentenza Lottomatica, la Corte ha distinto tra un trasferimento di responsabilità al concessionario in merito alle operazioni di lotto - qualificabili come attività appartenenti alla sfera di responsabilità dello Stato nel senso indicato - e la semplice fornitura all'amministrazione di sistemi informatici. Nel caso specifico, essa ha concluso che, mancando un tale trasferimento, si era in presenza di un appalto pubblico.

2.3. LA DELIMITAZIONE TRA CONCESSIONI DI LAVORI E DI SERVIZI

Dato che solo la direttiva 93/37/CEE prevede un regime particolare per le procedure da seguire nell'attribuzione di una concessione di lavori, è utile stabilire in che ipotesi ci si trovi in presenza di una concessione di tale tipo, soprattutto se si tratta di un contratto misto che comporti anche un aspetto "prestazione di servizi". In pratica, tale ipotesi si verifica nella quasi totalità dei casi, poiché il concessionario di lavori pubblici presta molto spesso un servizio all'utente nell'ambito dell'opera realizzata.

Riguardo alla delimitazione del campo d'applicazione delle norme delle direttive lavori e servizi, il considerando 16 di quest'ultima precisa che se i lavori sono accessori e non sono oggetto del contratto, essi non possono giustificare la classificazione del contratto come appalto pubblico di lavori. Tali disposizioni sono state interpretate dalla Corte di Giustizia nella causa Gestión Hotelera Internacional in cui la Corte ha dichiarato che "qualora i lavori da effettuare abbiano carattere meramente accessorio rispetto all'oggetto principale dell'aggiudicazione, l'aggiudicazione nel suo insieme non può essere qualificata come appalto di lavori pubblici"(20). Il problema dei contratti misti è stato affrontato dalla Corte di giustizia in un'altra causa(21), dalla quale risulta che se un contratto ha due oggetti distinti (come forniture e servizi) è opportuno applicare a ciascuno di essi le rispettive norme specifiche.

Benché tali principi siano stati sviluppati in materia di appalti pubblici, la Commissione ritiene opportuno un approccio analogo per stabilire se una concessione sia disciplinata o no dalla direttiva lavori. Il campo di applicazione ratione materiae di quest'ultima è in effetti lo stesso, sia in caso di appalto di lavori che di concessione di lavori(22).

Pertanto, secondo la Commissione, occorre innanzitutto stabilire se l'oggetto principale del contratto di concessione riguardi la costruzione di un'opera o l'esecuzione e realizzazione di lavori per conto del concedente oppure se, al contrario, tali lavori o la costruzione di tale opera siano meramente accessori rispetto all'oggetto principale del contratto.

Se il contratto riguarda principalmente la costruzione di un'opera per conto del concedente, si tratta, secondo la Commissione, di una concessione di lavori.

In tal caso, purché la soglia di applicazione della direttiva sia raggiunta (5000000 di EUR), va applicato il regime previsto dalla direttiva lavori, anche se esistono aspetti legati ai servizi. La circostanza che i lavori o le opere siano di fatto realizzate da terzi non influisce sulla natura del contratto di base. L'oggetto del contratto rimane identico.

Al contrario, un contratto di concessione che contempli la realizzazione di lavori solo a titolo accessorio o riguardi unicamente la gestione di un'opera esistente, va trattato come una concessione di servizi.

Del resto, è anche possibile che talune operazioni contemplino sia la realizzazione di un'opera o la realizzazione di lavori che la prestazione di servizi. Per cui, a margine di una concessione di lavori, possono essere concluse delle concessioni di servizi per attività complementari ma indipendenti dalla gestione della concessione dell'opera. Ad esempio, i servizi di ristoro di un'autostrada possono essere oggetto di una concessione di servizi diversa dalla concessione di costruzione o di gestione dell'autostrada. Secondo la Commissione, quando gli oggetti dei contratti sono dissociabili, a ciascun tipo di contratto si applicano le norme ad esso relative.

2.4. IL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA PRESENTE COMUNICAZIONE INTERPRETATIVA

Come sopra indicato, benché le concessioni non siano contemplate dalle direttive sugli appalti pubblici, esse sono soggette alle norme e ai principi del trattato, nella misura in cui siano riconducibili ad atti dello Stato e abbiano per oggetto la prestazione di attività economiche.

Infatti, ogni atto dello Stato(23), contrattuale o unilaterale, che stabilisca le condizioni alle quali è soggetta una prestazione di attività economiche, va valutato alla luce delle disposizioni del trattato e, in particolare, di quelle degli articoli da 43 a 55 (ex articoli da 52 a 66)(24).

Sono perciò oggetto della presente Comunicazione gli atti riconducibili allo Stato per mezzo dei quali un'autorità pubblica affida a un soggetto - vuoi con un atto contrattuale, vuoi con un atto unilaterale che abbia ricevuto il consenso di tale soggetto - la gestione totale o parziale di servizi che di norma ricadono nell'ambito di prerogative dello Stato, e per i quali il soggetto in questione assume il rischio di gestione. Siffatti servizi rientrano nell'ambito della presente comunicazione se configurabili quali prestazioni di attività economiche ai sensi degli articoli da 43 a 55 (ex articoli da 52 a 66) del trattato.

Gli atti dello Stato così definiti saranno designati nel prosieguo della presente comunicazione con il termine "concessioni", indipendentemente dalla qualifica giuridica che essi ricevono negli ordinamenti giuridici nazionali.

Tenuto conto di quanto precede, e fatte salve le norme del diritto comunitario che potrebbero essere applicabili, la presente comunicazione non riguarda:

- gli atti mediante i quali un'autorità pubblica conferisca un'abilitazione o conceda un'autorizzazione all'esercizio di un'attività economica, e ciò anche qualora simili atti fossero considerati come concessioni in alcuni Stati membri(25);

- gli atti relativi ad attività a carattere non economico, come la scuola dell'obbligo o la sicurezza sociale.

Va, invece, sottolineato che quando una concessione giunge a scadenza, il suo rinnovo è assimilabile a una nuova concessione e, pertanto, rientra nell'oggetto della Comunicazione.

Un problema particolare si pone invece se, tra concessionario e concedente, esiste una forma de delega interorganica che non esula dalla sfera amministrativa dell'amministrazione aggiudicatrice(26). La questione dell'applicazione del diritto comunitario a simili relazioni è stata affrontata dalla Corte(27). Tuttavia, le ulteriori cause attualmente pendenti davanti alla Corte potranno apportare elementi di novità a riguardo(28).

Al contrario, le relazioni tra autorità pubbliche e imprese pubbliche incaricate della gestione de servizi di interesse economico generale, ricadono, in via di principio, nell'ambito della comunicazione(29). È vero che, secondo una girurisprudenza costante della Corte(30), non c'è nulla del trattato che possa impedire agli Stati membri di sottrarre al gioco della concorrenza, per motivi di pubblico interesse di natura non economica, taluni servizi d'interesse generale conferendo dei diritti esclusivi(31). La Corte aggiunge, tuttavia, che le modalità di organizzazione e l'esercizio di un monopolio così istituito non devono violare le disposizioni del trattato in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi o le norme di concorrenza(32). Inoltre, anche le modalità di conferimento di tali diritti esclusivi sono sottoposte alle norme del trattato e possono, pertanto, rientrare nel campo di applicazione della presente comunicazione.

3. REGIME APPLICABILE ALLE CONCESSIONI

Come già precedentemente indicato, sole le concessioni di lavori il cui importo sia uguale o superiore alla soglia fissata dalla direttiva 93/37/CEE (5000000 di EURO) sono oggetto di un regime specifico.

Ciononostante, le concessioni, come del resto ogni atto dello Stato che stabilisca le condizioni cui è soggetta una prestazione di attività economiche, ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni degli articoli da 28 a 30 (ex articoli da 30 a 36) e da 43 a 55 (ex articoli da 52 a 66) del trattato CE o dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte(33). Si tratta in particolare dei principi di non discriminazione, di parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità(34).

Il trattato CE non limita la facoltà degli Stati membri di ricorrere a delle concessioni, purché le modalità della scelta siano compatibili con il diritto comunitario.

Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, gli Stati membri, pur rimanendo liberi, in virtù del trattato, di stabilire norme materiali e procedurali, sono tenuti a rispettare tutte le disposizioni pertinenti del diritto comunitario e, in particolare, i divieti che derivano dai principi sanciti dal trattato CE in tema di diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi(35). La Corte ha, del resto, sottolineato l'importanza dei principi e delle norme derivanti dal trattato, precisando, in particolare, che le direttive relative agli appalti pubblici sono volte, da una parte, "a facilitare la realizzazione effettiva, all'interno della Comunità, della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi" e, d'altra parte, "a garantire l'effettività dei diritti riconosciuti dal trattato nel settore dei pubblici appalti di lavori e di forniture"(36).

Alcuni Stati membri talvolta hanno ritenuto che l'attribuzione di una concessione non fosse soggetta alle disposizioni del trattato, consistendo questa nella delega di un servizio al pubblico che poteva essere attribuita soltanto sulla base di una fiducia reciproca (intuitu personae). Discende dal trattato e da una giurisprudenza costante della Corte che le sole giustificazioni in base alle quali atti dello Stato, adottati in violazione degli articoli 43 e 49 (ex articoli 52 e 59) del trattato CE, sfuggono al divieto previsto da detti articoli, sono quelle contemplate dagli articoli 45 e 55 (ex articoli 55 e 66), le cui condizioni d'applicazione, precisate dalla Corte e peraltro molto restrittive, sono esplicitate qui appresso(37). Nulla nel trattato o nella giurisprudenza della Corte permette di prospettare una situazione diversa per le concessioni.

La Commissione ricorda, qui di seguito, le disposizioni del trattato e i principi desunti dalla giurisprudenza della Corte applicabili alle concessioni oggetto della presente comunicazione.

3.1. LE NORME E I PRINCIPI DEL TRATTATO O SANCITI DALLA CORTE

Benché, come sopra ricordato, il trattato non contenga alcuna esplicita menzione degli appalti pubblici né delle concessioni, molte delle sue disposizioni sono rilevanti in materia. Si tratta delle norme del trattato che instaurano e garantiscono il buon funzionamento del Mercato unico, ossia:

- le norme che vietano qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità (articolo 12, paragrafo 1, ex articolo 6, paragrafo 1);

- le norme relative alla libera circolazione delle merci (articoli 28 - ex 30 - e seguenti), alla libertà di stabilimento (articoli 43 - ex 52 - e seguenti), alla libera prestazione di servizi (articoli 49 - ex 59 - e seguenti) nonché le eccezioni a tali norme previste agli articoli 30, 45 e 46 (ex articoli 36, 55 e 56)(38),

- le disposizioni dell'articolo 86 (ex 90) del trattato, che possono, altresì, far da guida nella determinazione della legittimità della concessione dei diritti.

Le norme e i principi sanciti dalla Corte sono esplicitati qui di seguito.

È vero che la giurisprudenza citata riguarda in parte gli appalti pubblici. Tuttavia, i principi che ne derivano hanno spesso una portata che supera l'ambito degli appalti pubblici. Essi sono applicabili anche ad altre fattispecie, tra cui le concessioni.

3.1.1. La parità di trattamento

Secondo una costante giurisprudenza della Corte, "il principio generale di uguaglianza, di cui il divieto di discriminazione a motivo della cittadinanza è solo un'espressione specifica, è uno dei principi fondamentali del diritto comunitario. Questo principio impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che la differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata"(39) .

La Corte ha inoltre precisato che il principio di parità di trattamento, del quale sono specifica espressione gli articoli 43 (ex 52) e 49 (ex 59) del trattato CE "vieta non solo le discriminazioni palesi a motivo della cittadinanza, (...) ma anche qualsiasi forma di discriminazione dissimulata che, mediante il ricorso ad altri criteri distintivi, abbia in pratica le stesse conseguenze"(40).

Il principio di parità di trattamento implica, in particolare, che le regole del gioco siano conosciute da tutti i potenziali concessionari e si applichino a tutti nello stesso modo. Risulta dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dalla sentenza Raulin(41) e dalla sentenza Parlamento/Consiglio(42), che l'osservanza del principio di parità di trattamento esige non soltanto la fissazione di condizioni d'accesso non discriminatorie all'attività economica, ma altresì che le autorità pubbliche adottino ogni misura atta a garantire l'esercizio di tale attività.

La Commissione ritiene che da questa giurisprudenza derivi l'obbligo di ottemperare al principio di messa in concorrenza.

Nelle sentenze Storebælt e Bus Wallons la Corte ha precisato le implicazioni del principio di parità di trattamento in tema di appalti pubblici affermando, da una parte, che l'osservanza del principio di parità di trattamento esige che tutte le offerte siano conformi alle prescrizioni del capitolato d'oneri affinché sia possibile un raffronto obiettivo tra le offerte(43), e, dall'altra, che, se un ente aggiudicatore tiene conto di una modifica apportata alle offerte iniziali di un solo offerente, quest'ultimo è avvantaggiato rispetto ai suoi concorrenti, il che viola il principio della parità di trattamento degli offerenti e nuoce alla trasparenza della procedura. La Corte ha inoltre constatato che "la procedura del raffronto tra le offerte (deve) rispettare, in tutte le sue fasi, tanto il principio della parità di trattamento degli offerenti quanto quello della trasparenza, affinché tutti gli offerenti (dispongano) delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte"(44).

La Corte ha quindi precisato in parte della sua giurisprudenza relativa all'applicazione delle direttive, che il principio di parità di trattamento degli offerenti prescinde da una eventuale discriminazione fondata sulla loro nazionalità o su altri criteri distintivi.

L'applicazione di questo principio alle concessioni (che è ovviamente possibile solo quando l'amministrazione aggiudicatrice negozia con più candidati) lascia il concedente libero di scegliere la procedura di aggiudicazione più appropriata, in particolare in funzione delle caratteristiche del settore interessato e di stabilire i requisiti che i candidati devono soddisfare durante le varie fasi della procedura(45). Tuttavia, ciò implica che la scelta del candidato, o dei candidati, deve essere operata in base a criteri obiettivi e che la procedura deve svolgersi nel rispetto delle regole procedurali e dei requisiti fondamentali così come inizialmente stabiliti(46). Qualora tali regole non siano state fissate, l'applicazione del principio di parità di trattamento esige, comunque, che la scelta dei candidati avvenga in maniera obiettiva.

Pertanto vanno considerate contrarie a dette norme del trattato ed al principio della parità di trattamento, ad esempio, le disposizioni che riservano determinati contratti pubblici alle società a prevalente o totale partecipazione statale o pubblica, diretta o indiretta(47); le pratiche che permettono l'accettazione di offerte non conformi al capitolato d'oneri o modificate successivamente alla loro apertura; la presa in considerazione di soluzioni alternative, nei casi in cui tale possibilità non sia stata prevista dal progetto iniziale. Il progetto iniziale inoltre non deve essere snaturato, nel corso della procedura, rispetto ai criteri e alle esigenze fissati all'inizio della stessa.

Accade, talvolta, che il concedente non avendo la possibilità di definire i propri bisogni in termini tecnici sufficientemente precisi, ricorra a offerte alternative idonee a fornire soluzioni diverse a un problema espresso in termini generali. In queste ipotesi, tuttavia, il capitolato d'oneri deve comunque, al fine di garantire una concorrenza sana ed efficace, presentare in maniera non discriminatoria ed obiettiva quanto è richiesto ai candidati e, soprattutto, le modalità dell'approccio che essi devono seguire nel preparare le loro offerte. In questo modo, ciascun offerente sa in anticipo di poter prospettare soluzioni tecniche diverse. Più in generale, il capitolato d'oneri non deve comportare elementi contrari alle norme e ai principi anzidetti del trattato. I bisogni del concedente possono anche essere determinati in collaborazione con imprese del settore, a condizione che ciò non abbia l'effetto di limitare la concorrenza.

3.1.2. La trasparenza

La Commissione ricorda che la Corte, nella sua giurisprudenza, ha sottolineato la correlazione tra il principio della trasparenza ed il principio della parità di trattamento, di cui mira ad assicurare l'effetto utile garantendo condizioni di concorrenza non falsate(48).

La Commissione constata che nella quasi totalità degli Stati membri esistono regole o prassi amministrative in materia di concessioni secondo le quali gli enti che intendano affidare ad un terzo la gestione di un'attività economica devono, per garantire un minimo di trasparenza, rendere pubblica la loro intenzione con modalità appropriate.

Come confermato dalla Corte nella sua più recente giurisprudenza, il principio di non discriminazione sulla base della nazionalità implica un obbligo di trasparenza al fine di permettere all'amministrazione aggiudicatrice di garantirne il rispetto(49).

La tasparenza può essere garantita con ogni mezzo appropriato, compresa la pubblicazione, in funzione e per tenere conto delle specificità del settore in questione(50). Siffatte forme di pubblicità contengono, in generale, le informazioni necessarie affinché potenziali concessionari possano decidere se sono interessati a partecipare alla procedura (ad esempio, criteri di selezione e di attribuzione, ecc.), ivi compreso l'oggetto della concessione nonché la natura ed estensione delle prestazioni attese dal concessionario.

La Commissione ritiene che, in tali condizioni, l'obbligo di trasparenza sia rispettato.

3.1.3. La proporzionalità

Per giurisprudenza costante, la Corte considera il principio di proporzionalità come "facente parte dei principi generali del diritto comunitario"(51); in tale contesto, le autorità nazionali sono tenute ad osservare tale principio nell'applicazione del diritto comunitario(52), anche quando esse dispongano di un ampio margine discrezionale(53).

Il principio di proporzionalità esige che ogni provvedimento adottato sia al tempo stesso necessario ed adeguato rispetto agli scopi perseguiti(54). Uno Stato membro, infatti, nella scelta dei provvedimenti da adottare, deve ricorrere a quelli che comportino le minori turbative per l'esercizio di un'attività economica(55).

Applicato alle concessioni, questo principio, pur lasciando alle organizzazioni concedenti la facoltà di definire, in particolare in termini di prestazioni e di specifiche tecniche, l'obiettivo da raggiungere, esige, però, che ogni provvedimento adottato sia al tempo stesso necessario e adeguato in relazione all'obiettivo fissato.

Ad esempio, uno Stato membro non può esigere, ai fini della selezione dei candidati, capacità tecniche, professionali o finanziarie sproporzionate o eccessive rispetto all'oggetto della concessione.

Il principio di proporzionalità esige anche che la concorrenza si concili con l'equilibrio finanziario; la durata della concessione deve dunque essere fissata in modo da non restringere o limitare la libera concorrenza più di quanto sia necessario per ammortizzare gli investimenti e remunerare i capitali investiti in misura ragionevole(56) pur mantenendo sul concessionario il rischio derivante dalla gestione.

3.1.4. Il mutuo riconoscimento

Il principio del mutuo riconoscimento è stato affermato dalla Corte e progressivamente precisato in una vasta giurisprudenza in materia di libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi. In base a tale principio, uno Stato membro é tenuto ad accettare i prodotti e i servizi forniti da operatori economici di altri paesi della Comunità, nella misura in cui tali prodotti e servizi rispondano in modo equivalente alle esigenze legittimamente perseguite dallo Stato membro destinatario(57).

L'applicazione di questo principio alle concessioni implica, in particolare, che lo Stato membro in cui la prestazione è fornita sia tenuto ad accettare le specifiche tecniche, i controlli nonché i titoli, i certificati e le qualifiche prescritti in un altro Stato membro, nella misura in cui essi siano riconosciuti equivalenti a quelli richiesti dallo Stato membro destinatario della prestazione(58).

3.1.5. Le deroghe previste dal trattato

Restrizioni alla libera circolazione delle merci, alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi possono essere ammesse soltanto se fondate su una delle giustificazioni di cui agli articoli 30, 45, 46 e 55 (ex 36, 55, 56 e 66) del trattato CE.

Per quanto riguarda, in particolare, l'articolo 45, ex 55, (che permette restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi per attività che partecipino, seppure occasionalmente, all'esercizio di pubblici poteri), la Corte ha sottolineato a più riprese(59) "che l'articolo 45 (ex 55) del trattato, ponendo una deroga alla regola fondamentale della libertà di stabilimento, è soggetto a un'interpretazione che limiti la sua portata a quanto è strettamente necessario per tutelare gli interessi che la stessa norma permette agli Stati membri di proteggere". Tale eccezione deve essere limitata unicamente a quelle attività di cui agli articoli 43 e 49 (ex 52 e 59), che, di per sé stesse, comportino una partecipazione diretta e specifica all'esercizio dei pubblici poteri(60).

Di conseguenza, la deroga prevista dall'articolo 45 (ex 55) deve essere limitata ai casi in cui il concessionario partecipi direttamente e specificamente all'esercizio dei pubblici poteri.

Le attività svolte in virtù di un obbligo o di un'esclusività stabiliti dalla legge o qualificate dalle autorità nazionali come attività di servizio pubblico non formano pertanto automaticamente oggetto di questa deroga(61). È vero che ogni attività delegata dai pubblici poteri ha, in linea di principio, una connotazione di pubblica utilità, ma ciò non significa che questa attività partecipi necessariamente all'esercizio dei pubblici poteri.

La Corte di giustizia, ad esempio, ha ritenuto inapplicabile la deroga dell'articolo 45 (ex 55) nelle seguenti ipotesi:

- l'autorità pubblica mantiene un controllo sulle attività delegate e dispone di mezzi sufficienti per provvedere alla tutela degli interessi di cui essa è responsabile(62).

- le attività trasferite sono di natura tecnica e, pertanto, estranee all'esercizio dei pubblici poteri(63).

Come sopra precisato, il principio di proporzionalità esige che ogni misura che limiti l'esercizio delle libertà di cui agli articoli 43 e 49 (ex 52 e 59) sia al tempo stesso necessaria e adeguata rispetto agli obiettivi perseguiti(64). Ciò implica, in particolare, che, nella scelta delle misure destinate a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito, lo Stato membro deve privilegiare quelle che comportano i minori ostacoli per l'esercizio di tali libertà(65).

Inoltre, nel quadro della libera prestazione di servizi, lo Stato membro di accoglienza dovrà verificare che l'interesse da salvaguardare non sia già tutelato in virtù delle norme alle quali il candidato è soggetto nello Stato membro in cui esercita normalmente la propria attività.

3.1.6. La tutela dei diritti dei singoli

In una costante giurisprudenza relativa alle libertà fondamentali del trattato, la Corte ha affermato che le decisioni di rifiuto o di rigetto adottate dalle pubbliche autorità devono essere motivate e devono poter essere oggetto di ricorsi giurisdizionali da parte dei loro destinatari(66).

Tale principio è d'applicazione generale in quanto, come precisa al Corte, discende da tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e sancite dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo(67).

Siffatto principio è quindi applicabile anche ai singoli che ritengano lesi i propri diritti in occasione dell'attribuzione di una concessione ai sensi della presente comunicazione.

3.2. IL REGIME SPECIFICO DELLA DIRETTIVA 93/37/CEE PER LE CONCESSIONI DI LAVORI

La Commissione ritiene utile ricordare che le norme e i principi da essa sopra illustrati si applicano alle concessioni di lavori. Per queste ultime, tuttavia, la direttiva 93/37/CEE prevede inoltre un regime particolare che contiene delle regole di pubblicità.

È palese come soltanto le norme ed i principi del trattato si applichino, altresì, alle concessioni che non raggiungano la soglia prevista dalla direttiva 93/37/CEE.

3.2.1. La fase a monte: la scelta del concessionario

3.2.1.1. Le norme di pubblicità e di trasparenza

Per quanto riguarda le concessioni di lavori, le amministrazioni aggiudicatrici hanno l'obbligo di pubblicare nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un bando di concessione secondo il modello previsto nella direttiva 93/37/CEE al fine di aprire tale contratto alla concorrenza a livello europeo(68) .

Un problema riscontrato dalla Commissione riguarda l'attribuzione di concessioni tra persone giuridiche pubbliche. Sembrerebbe che alcuni Stati membri interpretino le disposizioni della direttiva 93/37/CEE relative alle concessioni di lavori nel senso che esse non si applicherebbero ai contratti stipulati tra un ente pubblico e una persona giuridica di diritto pubblico.

La direttiva 93/37/CEE, viceversa, impone una pubblicità preliminare per l'attribuzione di ogni contratto di concessione di lavori pubblici, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del concessionario potenziale. L'articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/37/CEE, del resto, prevede espressamente che il concessionario possa essere un'amministrazione aggiudicatrice contemplata dalla direttiva, il che implica che questo tipo di relazione sia soggetto, a monte, ad una pubblicazione ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della stessa direttiva.

3.2.1.2. La scelta del tipo di procedura

Per quanto riguarda le concessioni di lavori, il concedente è libero di scegliere la procedura più appropriata e, in particolare, di esperire una procedura negoziata.

3.2.2. La fase a valle: gli appalti attribuiti dal titolare del contratto(69)

La direttiva 93/37/CEE ha definito alcune regole per quanto riguarda gli appalti attribuiti dal concessionario di lavori pubblici per appalti di valore pari o superiore a 5000000 EUR. Esse variano, però, in funzione del tipo di concessionario.

Se il concessionario è esso stesso un'amministrazione aggiudicatrice ai sensi della direttiva, i contratti per l'esecuzione dei lavori devono essere attribuiti nel pieno rispetto di tutte le disposizioni previste dalla direttiva per gli appalti pubblici di lavori(70).

Se il concessionario non è un'amministrazione aggiudicatrice, la direttiva prescrive unicamente il rispetto di talune norme di pubblicità. Tali norme non si applicano tuttavia nei casi in cui il concessionario attribuisca appalti di lavori ad imprese collegate ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva. La direttiva, inoltre, stabilisce che l'elenco limitativo di tali imprese deve essere allegato alla candidatura per la concessione ed aggiornato in seguito secondo le modifiche che intervengono successivamente nei collegamenti tra le imprese. Poiché questo elenco è limitativo, il concessionario non potrà invocare la non applicabilità delle norme di pubblicità per l'attribuzione di un appalto di lavori ad un'impresa che non figuri in detto elenco.

Di conseguenza, il concessionario, sia nel caso in cui sia esso stesso un'amministrazione aggiudicatrice ai sensi della direttiva, sia nel caso in cui non rivesta tale qualifica, è sempre tenuto a rendere nota a livello comunitario la sua intenzione di affidare a terzi un appalto di lavori.

Infine, la Commissione ritiene che uno Stato membro disattenda le disposizioni della direttiva 93/37/CEE per quanto riguarda i lavori eseguiti da terzi, quando utilizzi, come intermediario, una società collegata per attribuire gli appalti di lavori ad imprese terze senza l'espletamento di una gara.

3.2.3. Le norme applicabili ai ricorsi

L'articolo 1 della direttiva 89/665/CEE prescrive che: "Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che (...) le decisioni prese dalle autorità aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile", secondo le condizioni stabilite dalla direttiva "in quanto tali decisioni hanno violato il diritto comunitario in materia di appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto".

Tale disposizione della direttiva è applicabile alle concessioni di lavori(71).

La Commissione ricorda inoltre gli obblighi che discendono dall'articolo 2, paragrafo 7, della direttiva 89/665/CEE, secondo cui "gli Stati membri fanno sì che le decisioni prese dagli organi responsabili delle procedure di ricorso possano essere attuate in maniera efficace".

Ciò implica che gli Stati membri sono tenuti ad astenersi dall'adottare misure sostanziali o procedurali che possano privare d'effetto utile i meccanismi istituiti da questa direttiva.

Gli appalti pubblici dei concessionari che sono amministrazioni aggiudicatrici, oltre a rispettare gli obblighi già citati, sono soggetti all'obbligo di motivazione previsto dall'articolo 8 della direttiva 93/37/CEE, che impone all'amministrazione aggiudicatrice di motivare la propria decisione entro un termine di quindici giorni, nonché alle norme relative agli strumenti di tutela previsti dalla direttiva 89/665/CEE.

3.3. LA CONCESSIONE NEI SETTORI SPECIALI

La direttiva 93/38/CEE, relativa alle procedure di appalto degli enti che operano nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti o delle telecomunicazioni (qui di seguito "direttiva settori speciali"), non contiene norme specifiche sulle concessioni di lavori, né sulle concessioni di servizi.

Per stabilire le norme applicabili, la personalità giuridica del concedente così come la sua attività sono elementi decisivi. Possono prospettarsi varie situazioni.

Una prima ipotesi riguarda l'attribuzione da parte dello Stato, o di un altro ente pubblico non operante specificatamente in uno dei quattro settori di cui alla direttiva settori speciali, di una concessione riguardante un'attività economica in uno di questi quattro settori. Questa attribuzione è disciplinata dalle norme e dai principi del trattato sopraindicati, nonché della direttiva lavori, se si tratta di una concessione di lavori.

Una seconda ipotesi è quella di un ente pubblico, operante specificatamente in uno dei settori di cui alla direttiva settori speciali, che decida di attribuire una concessione. Le norme e i principi del trattato sono applicabili nella misura in cui il concedente è un ente pubblico. Anche nel caso di una concessione di lavori, soltanto le norme e i principi del trattato troveranno applicazione, non essendo applicabile la direttiva lavori all'assegnazione di concessioni da parte di un ente che operi specificatamente nei settori di cui alla direttiva 93/38/CEE.

Infine, nell'ipotesi in cui il concedente sia un ente privato, quest'ultimo non è sottoposto né alle norme né ai principi sopra descritti(72).

La Commissione confida nel fatto che la pubblicazione della presente comunicazione aiuti a chiarire le regole del gioco e ad aprire i mercati alla concorrenza nel campo delle concessioni.

La Commissione sottolinea, peraltro, che lo sforzo di trasparenza, rappresentato dalla pubblicazione della presente comunicazione, non esclude eventuali proposte legislative in materia di concessioni, se ciò divenisse necessario per incrementare la certezza giuridica.

Infine, gli elementi che oggi possono essere derivati dal trattato, dalle direttive e dalla giurisprudenza, potranno essere ulteriormente precisati dalla Corte, davanti alla quale pendono istanze pregiudiziali(73). Al momento opportuno, la presente comunicazione potrà dunque essere completata per integrarvi nuovi elementi.

(1) GU C 94 del 7.4.1999, pag. 4.

(2) La Commissione ringrazia sentitamente gli operatori economici, i rappresentanti di interessi collettivi, le autorità pubbliche e tutti i privati che, con i loro contributi, hanno permesso di arricchire la presente comunicazione.

(3) Cfr. anche il punto 2.1.2.4 della comunicazione della Commissione "Gli appalti pubblici nell'Unione europea", COM(98) 143, adottata l'11 marzo 1998.

(4) Direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, (GU L 199 del 9.8.1993, pag. 54).

(5) Direttiva 93/37/CEE, citata.

(6) Direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi. (GU L 209 del 24.7.1992, pag. 1); direttiva 93/36/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 199 del 9.8.1993, pag. 1); direttiva 93/238/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 199 del 9.8.1993, pag. 84).

(7) L'esempio più noto di concessione di lavori pubblici è il contratto mediante il quale uno Stato attribuisce ad una società il diritto di costruire e di gestire un'autostrada, permettendole di remunerarsi attraverso la riscossione di un pedaggio nei confronti dell'utente.

(8) La verifica dovrà essere effettuata caso per caso, prendendo in considerazione vari elementi, quali l'oggetto, la durata e il valore del contratto, la capacità economica e finanziaria del concessionario, nonché ogni altro elemento utile a stabilire che il concessionario sopporta effettivamente il rischio.

(9) Se il rimborso dei finanziamenti fosse effettuato dall'amministrazione aggiudicatrice senza l'alea connessa alla gestione dell'opera, l'elemento "rischio" verrebbe meno e il contratto dovrebbe essere considerato come appalto di lavori e non come concessione. Inoltre, qualora il concessionario riceva, in maniera diretta o indiretta, durante la vigenza del contratto o anche alla scadenza di questo, una remunerazione (sotto forma di rimborso, ripianamento perdite o altro) diversa da quella derivante dalla gestione, il contratto non potrebbe più essere qualificato come concessione. Nella detta ipotesi, la compatibilità dei finanziamenti supplementari dovrà essere valutata con riferimento a tutte le disposizioni del diritto comunitario.

(10) Ad esempio, la Commissione ha avuto modo di trattare il caso di un consorzio composto da imprenditori e da banche che s'impegnava a realizzare un'opera destinata a soddisfare le necessità dell'amministrazione aggiudicatrice in cambio del rimborso, da parte di questa, del prestito contratto, dagli imprenditori presso le banche, accompagnato da un utile per i partner privati. La Commissione ha considerato questa situazione come un appalto pubblico, in quanto il consorzio non assumeva alcuna attività di gestione e quindi non sopportava alcun rischio ad essa connesso.

La Commissione è giunta alla stessa conclusione in un altro caso in cui, malgrado un'apparenza di gestione da parte del partner privato che effettuava i lavori, detto partner beneficiava in realtà di una garanzia d'indennizzo da parte dell'amministrazione pubblica in condizioni tali che quest'ultima assumeva di fatto i rischi connessi alla gestione.

(11) Ad esempio, quando il pedaggio di un'autostrada è fissato dallo Stato a un livello che non copre il costo della gestione.

(12) Per esempio, il rischio di modifiche al contesto normativo durante l'esecuzione del contratto, (per esempio, in termini di tutela dell'ambiente che richiedano modifiche dell'opera o fiscali tali da sconvolgere l'equilibrio finanziario del contratto) o il rischio di obsolescenza tecnica. Tale tipo di rischi, peraltro, esiste in misura maggiore nel quadro di una concessione, tenuto conto del fatto che essa si estende per un periodo di tempo relativamente lungo (sulla durata delle concessioni, si veda infra, punto 3.1.3).

(13) Si noti che anche nell'ipotesi di un pedaggio fittizio, a carico cioè del concedente, il rischio economico resta se la remunerazione dipende dal tasso di fruizione.

(14) In un caso istruito dalla Commissione, nonostante un'apparenza di gestione, l'amministrazione pubblica aveva garantito al partner privato indennizzi a condizioni tali da assumersi di fatto i rischi di gestione.

(15) L'assenza di riferimenti alla nozione di concessione di servizi nella direttiva servizi richiede qualche osservazione. Nonostante la Commissione, nel corso dei lavori preparatori di tale direttiva, avesse proposto di prevedere per questo tipo di concessione un regime particolare analogo a quello esistente per le concessioni di lavori, il Consiglio non ha accettato questa proposta. Occorre perciò stabilire se l'attribuzione delle concessioni di servizi non rientri interamente nel regime istituito dalla direttiva servizi. Essa si applica, come sopra precisato, ai "contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di servizi e un'amministrazione aggiudicatrice", fatte salve alcune eccezioni menzionate nella direttiva, tra le quali non figura il contratto di concessione.

L'interpretazione letterale di questa definizione, seguita da taluni autori, potrebbe portare ad includere nell'ambito di applicazione della direttiva servizi il contratto di concessione, poiché questo è stipulato a titolo oneroso e in forma scritta. Siffatta impostazione comporterebbe che l'attribuzione di una concessione di servizi dovrebbe rispettare tutte le norme di detta direttiva ed essere disciplinata, dunque, da una procedura più complessa di quella delle concessioni di lavori.

Tuttavia, in mancanza di giurisprudenza della Corte su questo punto, la Commissione, nei casi concreti da essa trattati, non ha seguito questa impostazione. Una questione pregiudiziale pendente davanti alla Corte, solleva la questione della definizione e del regime giuridico applicabile alle concessioni di servizi [Causa C-324/98 Telaustria Verlags Gesellschaft mbH contro Post & Telekom Austria (Telaustria)].

(16) Sentenza della Corte del 26 aprile 1994, causa C-272/91, Commissione/Italia (Lottomatica).

(17) Conclusioni dell'avvocato generale La Pergola nella causa C-360/96, Arnhem; conclusioni dell'avvocato generale Alber nella causa C-108/98, RI. SAN Srl/Comune di Ischia.

(18) Nella sentenza del 10 novembre 1998 nella causa C-360/96, Arnhem, punto 25, la Corte ha scartato la qualifica di concessione di servizi perché la remunerazione versata consisteva unicamente in un prezzo pagato dai pubblici poteri e non nel diritto a gestire il servizio.

(19) Conclusioni dell'avvocato generale nella causa Arnhem, cit.; conclusioni dell'avvocato generale nella causa RI.SAN Srl., cit.

(20) Sentenza della Corte del 19 aprile 1994 nella causa C-331/92 Gestion Hotelière, Racc. I-1329.

(21) Sentenza della Corte del 5 dicembre 1989 nella causa 3/88, Data Processing, Racc. 4035.

(22) La Corte ha del resto applicato lo stesso principio per delimitare gli appalti di forniture e di servizi nella sua sentenza del 18 novembre 1999 nella causa C-107/98, Teckal Srl contro Comune di Viano e AGAC di Reggio Emilia (Teckal).

(23) Nel senso più ampio del termine, e cioè gli atti adottati dall'insieme delle autorità pubbliche che fanno parte dell'organizzazione dello Stato (enti pubblici territoriali, regioni, circoscrizioni amministrative, comunità autonome, comuni) nonché quelli adottati da qualsiasi altro organismo che, pur godendo di personalità giuridica autonoma, sia collegato allo Stato da vincoli così stretti da poter essere considerato come facente parte dell'organizzazione di questo. Sono ugualmente compresi nella nozione di atti dello Stato gli atti ad esso imputabili, gli atti, cioè, che, pur non essendo adottati da pubbliche autorità, sono a queste imputabili in ragione degli strumenti di intervento di cui esse dispongono per impedirne l'adozione od imporne la modifica.

(24) Un ragionamento analogo va seguito riguardo alle concessioni di forniture, che vanno valutate rispetto agli articoli da 28 a 30 (ex articoli da 30 a 36) del trattato CE.

(25) Per esempio, le concessioni di taxi o l'autorizzazione ad utilizzare la strada pubblica (edicole dei giornali, caffè all'aperto), gli atti riguardanti le farmacie, i distributori di benzina.

(26) Relazioni analoghe a quelle relative al fenomeno talvolta definito "in-house". Quest'ultimo è stato analizzato dapprima dagli avvocati generali La Pergola (nella causa Arnhem, cit.), Cosmas (nella causa Teckal cit.) e Alber (nella causa RI.SAN cit.).

(27) Nella precitata sentenza Teckal, la Corte ha precisato che perché sia applicabile la direttiva 93/36/CEE "basta, in linea di principio, che il contratto sia stato stipulato, da una parte, da un ente locale e, dall'altra, da una persona giuridicamente distinta da quest'ultimo", aggiungendo che "può avvenire diversamente solo nel caso in cui, nel contempo, l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e questa persona realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano" (punto 50).

(28) Cause C-94/99 ARGE e C-324/98 (Telaustria).

(29) Nel settore dell'audiovisivo, occorre tenere conto del protocollo sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri, allegato al trattato di Amsterdam, che modifica il trattato sull'Unione europea (entrato in vigore il 1o maggio 1999).

(30) Sentenza Sacchi del 30 aprile 1974 nella causa 155/73 e Elliniki Radiophonia del 18 giugno 1991 nella causa C-260/89.

(31) Sentenza precitata Elliniki Radiophonia, punto 10.

(32) Sentenza precitata Elliniki Radiophonia, punto 12.

(33) Conviene ricordare, per quanto attiene il settore dei trasporti, che le rilevanti disposizioni in materia di libera prestazione di servizi sono, ai sensi e per gli effetti del rinvio contenuto nell'articolo 51 (ex 61), gli articoli 70-80 (ex 74-84) del trattato CE. Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia, i principi generali di diritto comunitario si applicano in questa materia (cfr. sentenze del 4 aprile 1974, causa C-167/73, Commissione/Francia, del 30 aprile 1986, cause riunite 209/84 e 213/84, Ministère Public/ASJES e altri, del 17 maggio 1994, causa C-18/93, Corsica ferries, del 1 ottobre 1998, causa C-38/97, Autotrasporti Librandi snc/Cuttica).

I servizi di trasporto per ferrovia, strada e vie navigabili sono, inoltre, disciplinati dal regolamento (CEE) n. 1191/69 così come modificato dal regolamento (CEE) n. 1893/91 che prevede i meccanismi e le procedure che le autorità pubbliche possono utilizzare al fine di assicurarsi che i loro obiettivi per il trasporto pubblico vengano raggiunti.

(34) È evidente che gli atti e i comportamenti del concessionario sono soggetti alle norme e ai principi suddetti nella misura in cui siano ascrivibili allo Stato ai sensi della giurisprudenza della Corte.

(35) Sentenza del 9 luglio 1987, cause riunite 27/86, 28/86 e 29/86, Bellini.

(36) Sentenze del 10 marzo 1987, causa 199/85, Commissione/Italia e del 17 novembre 1993, causa C-71/92, Commissione/Spagna.

(37) Sentenza Lottomatica, cit. In tale sentenza la Corte di giustizia ha ritenuto che, nella fattispecie, i compiti del concessionario si limitassero ad attività di tipo tecnico e, come tali, soggette al trattato.

(38) La Commissione ricorda che misure restrittive, anche se non discriminatorie, sono contrarie agli articoli 43 (ex 52) e 49 (ex 59) del trattato quando non siano giustificate da esigenze imperative d'interesse generale degne di tutela. È il caso delle misure che non sono né adeguate né necessarie per raggiungere lo scopo perseguito.

(39) Sentenza dell'8 ottobre 1980, causa 810/79, Überschär.

(40) Sentenza del 13 luglio 1993, causa C-330/91, Commerzbank; cfr. anche sentenza del 3 febbraio 1982, cause riunite 62 e 63/81, Seco e Desquenne.

(41) Sentenza del 26 febbraio 1992, causa C-357/89.

(42) Sentenza del 7 luglio 1992, causa C-295/90.

(43) Sentenza del 22 giugno 1993, causa C-243/89, Storebælt, punto 37.

(44) Sentenza del 25 aprile 1996, causa C-87/94, Bus Wallons. Cfr. anche la sentenza del Tribunale di primo grado (nel prosieguo il "TPG") del 17 dicembre 1998, T-203/96, Embassy Limousines & Services.

(45) A tale riguardo, va sottolineato che la presente comunicazione non pregiudica l'interpretazione di regole specifiche in materia di trasporti, previste dal trattato o da regolamenti specifici in vigore o futuri.

(46) Ad esempio, anche se il capitolato d'oneri può prevedere la possibilità per i candidati d'introdurre miglioramenti tecnici rispetto alle soluzioni previste dal concedente aggiudicatore (il che si verifica sovente nei casi di progetti di infrastruttura complessi), tali miglioramenti non possono riguardare i requisiti essenziali di un progetto e dovono essere delimitati.

(47) Sentenza Dataprocessing cit., punto 30.

(48) Sentenza Bus Wallons, cit. punto 54.

(49) Sentenza del 18 novembre 1999 nella causa C-275/98, Unitron Scandinavia A/S, punto 31.

(50) La trasparenza può essere garantita, tra l'altro, mediante la pubblicazione di un avviso o di una preinformazione in quotidiani, giornali specializzati o mediante affissione.

(51) Sentenza dell'11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder, punto 21.

(52) Sentenza del 27 ottobre 1993, causa 127/92, punto 27.

(53) Sentenza del 19 giugno 1980, cause riunite 41/79, 121/79 e 796/79, Testa et al., punto 21.

(54) Lo stesso dicasi, per esempio, per quanto riguarda l'obbligo di garantire un elelvato livello di protezione dell'ambiente o l'applicazione del principio di prudenza.

(55) Cfr., ad esempio, sentenza del 17 maggio 1984, causa 15/83, Denkavit Nederland o la sentenza del TPG del 19 giugno 1997, causa T-260/94, Air Inter SA, punto 14.

(56) Cfr., in proposito, la giurisprudenza recente del TPG, secondo la quale il trattato deve essere applicato "quando un provvedimento adottato da uno Stato membro costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento dei cittadini di un altro Stato membro nel suo territorio e procuri, al tempo stesso, vantaggi ad un'impresa dotandola del diritto esclusivo, a meno che siffatto provvedimento statale non persegua uno scopo legittimo, compatibile col trattato, e non si giustifichi permanentemente con esigenze imperative connesse all'interesse generale (...)". In questo caso, il TPG aggiunge che "occorre ancora che il provvedimento nazionale di cui trattasi sia atto a garantire il raggiungimento dello scopo che esso persegue e non vada oltre quanto necessario al raggiungimento di tale scopo" (sentenza dell'8 luglio 1999, causa T-266/97, Vlaamse Televisie Maatschappij NV, punto 108).

(57) Questo principio è affermato dalla giurisprudenza della Corte in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi (in particolare nelle sentenze Vlassopoulou, del 7 maggio 1991, causa C-340/89 e Dennemeyer, del 25 luglio 1991, causa C-76/90). Nella prima sentenza, la Corte constata che "requisiti nazionali di qualificazione, anche se applicati senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, possono produrre l'effetto di frapporre ostacoli all'esercizio, da parte di cittadini di altri Stati membri, del diritto di stabilimento loro garantito dall'articolo 43 (ex 52) del trattato CE. Tale potrebbe essere il caso se le norme nazionali considerate facessero astrazione dalle conoscenze e dalle qualifiche già acquisite dall'interessato in un altro Stato membro". Nella sentenza Dennemeyer, la Corte precisa in particolare che "uno Stato membro non può subordinare l'esecuzione della prestazione di servizi sul suo territorio all'osservanza di tutte le condizioni prescritte per lo stabilimento, perché altrimenti priverebbe di qualsiasi effetto utile le norme del trattato CE dirette a garantire appunto la libera prestazione dei servizi." Infine, nella causa Webb del 17 dicembre 1981 (causa 279/80), la Corte ha aggiunto che la libera prestazione di servizi richiede che "(...) lo Stato membro destinatario della prestazione (...) tenga conto della documentazione e delle garanzie già presentate dal prestatore di servizi per poter esercitare la propria attività nello Stato membro in cui è stabilito".

(58) Ad esempio, lo Stato membro in cui è fornita la prestazione è tenuto ad accettare le qualifiche equivalenti relative alle capacità professionali, tecniche e finanziarie dei prestatori di servizi già acquisite dagli interessati in un altro Stato membro.

(59) In tema di qualificazione delle imprese, oltre all'applicazione delle direttive di armonizzazione tecnica, la prova dell'equivalenza può essere portata in virtù di accordi di riconoscimento reciproco dei sistemi di certificazione volontaria; tali accordi possono fondarsi sull'accreditamento che permette di dimostrare la competenza degli organismi di valutazione.

(60) Sentenza del 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners.

(61) Conclusioni dell'avvocato generale Mischio nella causa C-3/88, Dataprocessing, cit.

(62) Sentenza del 15 marzo 1988, causa 147/86, cit.

(63) Cause C-3/88 e C-272/91, Data Processing e Lottomatica, cit.

(64) Causa T-260/94, Air Inter SA, cit. Ad esempio, la Corte ha escluso l'applicazione della deroga relativa all'ordine pubblico in casi in cui essa non era sufficientemente giustificata e l'obiettivo perseguito poteva essere raggiunto con altri mezzi non implicanti una limitazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (cfr. punto 15 della sentenza C-3/88, Data Processing, cit.).

(65) Sentenza del 28 marzo 1996, causa C-272/94, Guiot/Climatec.

(66) Sentenza del 7 maggio 1991, causa C-340/89, Vlassopoulou, punto 22.

(67) Sentenza del 15 ottobre 1987, causa 22/86, Heylens, punto 14.

(68) "Per realizzare la finalità della direttiva consistente nel garantire lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti di lavori pubblici, i criteri e le condizioni che si applicano a ciascuna gara devono costituire oggetto di un'adeguata pubblicità da parte delle amministrazioni aggiudicatrici" (cfr. sentenza del 20 settembre 1988, causa 31/87, Beentjes, punto 21).

(69) Va ricordato che, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva, l'amministrazione aggiudicatrice può imporre al concessionario di affidare a terzi appalti corrispondenti a una percentuale minima del valore globale dei lavori. L'amministrazione aggiudicatrice può anche invitare i candidati concessionari a dichiarare nelle loro offerte tale percentuale minima.

(70) Analogamente per i concessionari di servizi che sono amministrazioni aggiudicatrici ai sensi della direttiva. Le disposizioni di quest'ultima si applicano alle procedure di aggiudicazione degli appalti da esse lanciati nel quadro della concessione.

(71) Al riguardo, va ricordato che l'avvocato generale Elmer, nella causa C-433/93, Commissione/Germania, ha constatato che secondo la giurisprudenza della Corte (sentenze del 20 settembre 1988, nella causa 31/87, Beentjes, e del 22 giugno 1989, nella causa 103/88, Constanzo) "le direttive sugli appalti pubblici attribuiscono ai singoli diritti di cui possono avvalersi direttamente, a determinate condizioni dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato e delle amministrazioni aggiudicatrici". L'avvocato generale sostiene, inoltre, che la direttiva 89/665/CEE, successiva a tale giurisprudenza, non limiti i diritti attribuiti da questa giurisprudenza ai singoli nei confronti delle pubbliche autorità. La direttiva, anzi, intende rafforzare "i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano comunitario ... in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette" (cfr. secondo considerando della direttiva 89/665/CEE).

(72) Tuttavia, nella misura in cui il concessionario beneficia di diritti esclusivi o speciali per attività di cui alla direttiva settori speciali, per questi appalti pubblici esso dovrà rispettare le norme di tale direttiva.

(73) Per esempio, la causa Telaustria, cit.