Causa C‑215/03

Salah Oulane

contro

Minister voor Vreemdelingenzaken en Integratie

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank te 's-Gravenhage)

«Libera circolazione delle persone — Diritto d'ingresso e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri — Obbligo di esibire una carta d'identità o un passaporto — Condizione preliminare per il riconoscimento del diritto di soggiorno — Sanzione — Imposizione di una misura di custodia cautelare finalizzata all'espulsione»

Conclusioni dell'avvocato generale P. Léger, presentate il 21 ottobre 2004 ?

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 17 febbraio 2005 ?

Massime della sentenza

1.     Libera circolazione delle persone — Diritto d'ingresso e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri — Riconoscimento del diritto di soggiorno di un destinatario di servizi cittadino di un altro Stato membro subordinato alla presentazione di una carta di identità o di un passaporto con esclusione di ogni altro mezzo di prova dell'identità o della cittadinanza — Illiceità

(Direttiva del Consiglio 73/148, art. 4, n. 2, terzo comma)

2.     Libera prestazione dei servizi — Libera circolazione dei destinatari di servizi — Parità di trattamento — Discriminazione in base alla cittadinanza — Obbligo per i cittadini di altri Stati membri di esibire una carta di identità o un passaporto per dimostrare la loro cittadinanza con esclusione di ogni altro mezzo di prova — Illiceità

(Artt. 12 CE e 49 CE)

3.     Libera circolazione delle persone — Libera prestazione dei servizi — Diritto d'ingresso e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri — Inadempimento dell'obbligo di presentare una carta di identità o un passaporto — Mancanza di una minaccia per l’ordine pubblico — Misura di custodia cautelare finalizzata all'espulsione — Illiceità

(Art. 49 CE; direttiva del Consiglio 73/148, art. 8)

4.     Libera circolazione delle persone — Libera prestazione dei servizi — Diritto d'ingresso e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri — Obbligo di apportare le prove della regolarità del soggiorno — Facoltà dello Stato membro ospitante di adottare una misura di espulsione in mancanza di tali prove

(Art. 49 CE; direttiva del Consiglio 73/148)

1.     L’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva 73/148, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, dev’essere interpretato nel senso che il riconoscimento da parte di uno Stato membro del diritto di soggiorno ad un destinatario di servizi cittadino di un altro Stato membro non può essere subordinato all’esibizione da parte di tale cittadino di una carta d’identità o di un passaporto validi qualora la prova della sua identità e della sua cittadinanza possa essere fornita, senza alcun equivoco, con altri mezzi.

(v. punto 26, dispositivo 1)

2.     L’art. 49 CE osta a che i cittadini degli Stati membri che soggiornano in un altro Stato membro in qualità di destinatari di servizi siano soggetti in detto Stato membro all’obbligo di esibire una carta d’identità o un passaporto validi al fine di provare la loro cittadinanza, mentre il detto Stato membro non impone in generale ai propri cittadini un obbligo di fornire le generalità, consentendo loro di provare la loro identità con ogni mezzo consentito dal diritto nazionale. Infatti, l’art. 49 CE costituisce, nell’ambito della libera prestazione dei servizi, una specifica espressione del principio di parità di trattamento previsto dall’art. 12 CE, che vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità.

Il diritto comunitario non osta a che uno Stato membro effettui controlli sull’osservanza dell’obbligo di essere sempre muniti di un titolo di soggiorno, purché un obbligo identico sia imposto ai suoi cittadini per quel che riguarda la loro carta d’identità.

(v. punti 33-35, dispositivo 2)

3.     Un provvedimento di custodia cautelare di un cittadino di un altro Stato membro che soggiorna in qualità di destinatario di servizi, finalizzato alla sua espulsione, adottato per la mancata esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi pur in mancanza di una minaccia per l’ordine pubblico, costituisce un ostacolo ingiustificato alla libera prestazione dei servizi e, pertanto, una violazione dell’art. 49 CE.

Anche se gli Stati membri restano legittimati a sanzionare la violazione dell’obbligo di esibire una carta d’identità o un passaporto, le sanzioni devono essere tuttavia analoghe a quelle applicate a violazioni nazionali simili ed essere proporzionate. A tal riguardo, misure di arresto o di espulsione motivate esclusivamente dall’inosservanza, da parte dell’interessato, di formalità di legge relative al controllo degli stranieri pregiudicano la sostanza stessa del diritto di soggiorno direttamente conferito dal diritto comunitario e sono manifestamente sproporzionate rispetto alla gravità della violazione.

Un provvedimento di custodia cautelare potrebbe basarsi solo su una disposizione espressa di deroga, quale l’art. 8 della direttiva 73/148, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, che autorizza gli Stati membri ad apportare restrizioni al diritto di soggiorno dei cittadini degli altri Stati membri qualora esse siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Il fatto di non avere adempiuto le formalità di legge relative all’ingresso, al trasferimento e al soggiorno degli stranieri non può, di per sé, costituire una minaccia per l’ordine pubblico e per la pubblica sicurezza.

(v. punti 38, 40-42, 44, dispositivo 3)

4.     Fatte salve le questioni relative all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza e alla sanità pubblica, spetta ai cittadini di uno Stato membro che soggiornino in un altro Stato membro in qualità di destinatari di servizi fornire le prove che consentano di stabilire la regolarità del loro soggiorno ai sensi della direttiva 73/148, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi. La prova dell’identità e della cittadinanza può, tuttavia, in mancanza di carta di identità o di passaporto validi, essere fornita con altri mezzi. Del pari, la prova che essi rientrano in una delle categorie di cui agli artt. 1 e 4 della direttiva 73/148, conformemente all'art. 6 della medesima, può essere fornita con ogni mezzo idoneo.

In mancanza di tali prove, lo Stato membro ospitante può adottare una misura di espulsione nel rispetto dei limiti imposti dal diritto comunitario.

(v. punti 53-56, dispositivo 4)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
17 febbraio 2005(1)

«Libera circolazione delle persone – Diritto d'ingresso e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri – Obbligo di esibire una carta d'identità o un passaporto – Condizione preliminare per il riconoscimento del diritto di soggiorno – Sanzione – Imposizione di una misura di custodia cautelare finalizzata all'espulsione»

Nel procedimento C-215/03,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'art. 234 CE, presentata dal Rechtbank te's-Gravenhage (Paesi Bassi) con decisione 12 maggio 2003, pervenuta alla Corte il 19 maggio 2003, nel procedimento

Salah Oulane

contro

Minister voor Vreemdelingenzaken en Integratie,



LA CORTE (Prima Sezione),,



composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), M. Ilešič e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. P. Léger
cancelliere: sig.ra M.‑F. Contet, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del
9 settembre 2004,
viste le osservazioni scritte presentate:

per il sig. S. Oulane, dal sig. M.N.R. Nasrullah, advocaat;

per il Minister voor Vreemdelingenzaken en Integratie, dal sig. R. van Asperen, advocaat;

per il governo belga, dalla sig.ra A. Snoecx, in qualità di agente;

per il governo francese, dalla sig.ra A. Bodard-Hermant, in qualità di agente;

per il governo italiano, dal sig. A. Cingolo, in qualità di agente;

per il governo olandese, dalle sig.re J. van Bakel e H.G. Sevenster, in qualità di agenti;

per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra M. Condou-Durande e dal sig. R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 21 ottobre 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 4, n. 2, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, 73/148/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (GU L 172, pag. 14).

2
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Oulane, cittadino francese, e il Minister voor Vreemdelingenzaken en Integratie (Ministro degli Affari Esteri e dell’Integrazione), in merito alla sua custodia cautelare finalizzata all’espulsione per la mancata esibizione di una carta d’identità o di un passaporto che provassero il suo status di cittadino comunitario.


Contesto normativo

La normativa comunitaria

3
L’art. 4, n. 2, della direttiva 73/148 così dispone:

«Per i prestatori e per i destinatari di servizi il diritto di soggiorno corrisponde alla durata della prestazione.

Se la prestazione ha durata superiore a tre mesi, lo Stato membro in cui tale prestazione è effettuata rilascia un permesso di soggiorno per comprovare tale diritto.

Se la prestazione ha durata inferiore o uguale a tre mesi, la carta d’identità o il passaporto in virtù del quale l’interessato è entrato nel territorio dello Stato membro equivale a un documento di soggiorno. Tuttavia lo Stato membro può imporre all’interessato di notificare la sua presenza nel territorio».

4
L’art. 6 della direttiva 73/148 recita:

«Per il rilascio della carta e del permesso di soggiorno lo Stato membro può esigere dal richiedente soltanto:

a)
l’esibizione del documento in forza del quale egli è entrato nel suo territorio;

b)
la prova che egli rientra in una delle categorie di cui agli articoli 1 e 4».

La normativa nazionale

5
Il Vreemdelingenwet (legge olandese sugli stranieri) 23 novembre 2000 (Stbl. 2000, n. 495; in prosieguo: la «legge») dispone, all’art. 50, quanto segue:

«1. I funzionari incaricati della sorveglianza delle frontiere e del controllo degli stranieri sono competenti sia sulla base di fatti e circostanze che, valutati secondo criteri oggettivi, fanno sorgere una presunzione ragionevole di soggiorno irregolare, sia nell’ambito della lotta al soggiorno irregolare dopo l’espatrio, per arrestare persone al fine di determinarne l’identità, la cittadinanza e lo status nell’ambito del diritto di soggiorno (…).

2. Qualora l’identità della persona arrestata non possa essere provata immediatamente, tale persona può essere condotta in un luogo previsto per un interrogatorio. Essa vi è trattenuta per una durata massima di sei ore, senza che ovviamente si tenga conto del periodo tra la mezzanotte e le nove del mattino (…)».

6
L’art. 59 della legge prevede, in particolare, che, qualora motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale lo richiedano, lo straniero il cui soggiorno non sia regolare può essere sottoposto ad una misura di custodia cautelare finalizzata alla sua espulsione.

7
L’art. 8:13, n. 1, del Vreemdelingenbesluit (decreto olandese in materia di stranieri, che attua la legge) 23 novembre 2000 (Stbl. 2000, n. 497; in prosieguo: il «decreto»), dispone quanto segue:

«Non si procede all’espulsione di un cittadino comunitario fintantoché non si rilevi che quest’ultimo non dispone di un diritto di soggiorno o che il suo diritto di soggiorno si è estinto»

8
Il punto B10/24 della Vreemdelingencirculaire 2000 (circolare olandese sugli stranieri, Stcrt. 2000, pag. 17) recita:

«Lo straniero che soggiorni nei Paesi Bassi e dichiari di far valere diritti sulla base del Trattato CE, ma non abbia esibito una carta d’identità o un passaporto validi, è messo in condizioni di esibire tale documento. Per fare ciò, gli è concesso un termine ragionevole di due settimane».


Controversia nella causa principale

9
Il 3 dicembre 2001, sospettato di soggiorno illegale, il sig. Oulane è stato arrestato dalle autorità olandesi. Nel suo interrogatorio, il sig. Oulane, che non disponeva di alcun documento d’identità, ha dichiarato di essere cittadino francese, di trovarsi nei Paesi Bassi da circa tre mesi e di essere ivi in vacanza. Le autorità olandesi lo hanno sottoposto a custodia cautelare finalizzata alla sua espulsione, in particolare a causa del rischio di elusione da parte sua del detto provvedimento di espulsione.

10
Il 7 dicembre successivo egli ha esibito alle autorità una carta d’identità francese. Queste ultime, allora, hanno riconosciuto il suo status di cittadino comunitario e non hanno più contestato che si trattasse di un turista. Con decisione 10 dicembre 2001, il Minister voor Vreemdelingenzaken en Integratie ha revocato il provvedimento di custodia cautelare.

11
Il 27 luglio 2002 il sig. Oulane è stato arrestato dalla polizia ferroviaria nella stazione di Rotterdam centro, in un tunnel merci non accessibile al pubblico. Non avendo con sé alcun documento idoneo a provare la sua identità, egli è stato sentito e sottoposto a custodia cautelare finalizzata alla sua espulsione. Durante il suo interrogatorio, ha dichiarato di trovarsi nei Paesi Bassi da 18 giorni e di voler tornare in Francia. Le autorità olandesi hanno invocato la tutela dell’ordine pubblico per giustificare tale custodia cautelare in quanto si poteva presumere che l’interessato avrebbe tentato di eludere il provvedimento di espulsione.

12
Il 2 agosto 2002 egli è stato espulso verso la Francia.


Questioni pregiudiziali

13
Il sig. Oulane ha messo in discussione la legalità di tali provvedimenti di custodia cautelare dinanzi al Rechtbank te’s-Gravenhage e ha inoltre chiesto un risarcimento danni.

14
Considerando il fatto che la soluzione della controversia pendente dinanzi ad esso richiedeva un’interpretazione del diritto comunitario, il Rechtbank te’s-Gravenhage ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

« In merito al primo procedimento:

1)
Se, a causa del venir meno dei controlli doganali all’ingresso nel territorio, la disposizione di cui all’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva 73/148/CEE (…) debba essere intesa nel senso che il diritto di soggiorno ivi sancito a favore di una persona la quale affermi di essere cittadina di un altro Stato membro e turista debba essere riconosciuto dalle autorità dello Stato membro in cui la persona invoca il suo diritto di soggiorno solo nel momento in cui tale persona esibisca una carta d’identità o un passaporto validi.

2)
Qualora la questione sub 1) vada risolta in senso affermativo, se allo stato attuale il diritto comunitario, con particolare riferimento al divieto di discriminazione e al principio della libera circolazione dei servizi, consenta di fare un’eccezione nel senso che le autorità di uno Stato membro debbono porre la persona in condizioni tali da poter esibire una carta d’identità o un passaporto validi.

3)
Se, ai fini della soluzione della questione sub 2), sia rilevante la circostanza che il diritto nazionale dello Stato membro in cui la persona invoca il suo diritto di soggiorno non impone in generale ai propri cittadini nessun obbligo di fornire le generalità.

4)
Qualora la questione sub 2) vada risolta in senso affermativo, se allo stato attuale il diritto comunitario imponga requisiti per quanto concerne la durata del periodo durante il quale lo Stato membro deve comunque porre l’interessato in condizione di esibire una carta d’identità o un passaporto validi prima che venga inflitta una sanzione di diritto amministrativo, adottata nelle forme di un provvedimento per presunto soggiorno illegale.

5)
Se una sanzione di diritto amministrativo adottata nelle forme di un provvedimento quale indicato nella questione sub 4), consistente nell’applicazione di una misura di custodia cautelare finalizzata all’espulsione in osservanza del disposto dell’art. 59 [della legge] prima che sia scaduto il termine indicato nella detta questione, costituisca un’eccessiva restrizione della libera circolazione dei servizi.

6)
Qualora la questione sub 1) vada risolta in senso negativo, se allora allo stato attuale del diritto comunitario si possa parlare di un ostacolo alla libera circolazione dei servizi qualora a carico di una persona, la quale affermi di essere cittadina di un altro Stato membro e turista, fintantoché essa non dimostri il proprio diritto di soggiorno mediante esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi, venga applicato un provvedimento di custodia cautelare finalizzata all’espulsione in osservanza del disposto dell’art. 59 [della legge], per ragioni di ordine pubblico, anche in assenza di una minaccia seria ed attuale per l’ordine pubblico medesimo.

7)
Se, qualora si tratti di un ostacolo quale indicato nella questione sub 6), per la soluzione della questione se il medesimo sia giustificato sia rilevante la durata del periodo durante il quale uno Stato membro pone comunque l’interessato in condizione di esibire una carta d’identità o un passaporto validi.

8)
Se, qualora si debba parlare di un ostacolo quale indicato nella questione sub 6), per la soluzione della questione relativa alla legittimità dell’ostacolo medesimo sia rilevante la circostanza che lo Stato membro in seguito riconosca o meno un diritto al risarcimento per il periodo durante il quale la persona è rimasta sotto custodia cautelare, non avendo ancora provato la propria cittadinanza mediante l’esibizione di un passaporto o di una carta d’identità validi, così com’è prassi nello Stato membro nel caso delle custodie cautelari illegittime riguardanti gli stranieri.

9)
Nel caso in cui uno Stato membro non preveda esso stesso, in generale, nessun obbligo di fornire le proprie generalità, se allo stato attuale il diritto comunitario si opponga, soprattutto alla luce del divieto di discriminazione, a che uno Stato membro, nell’ambito della vigilanza interna sugli stranieri, nei confronti di una persona che affermi di essere un turista possa giungere all’emanazione di un provvedimento quale la custodia cautelare finalizzata all’espulsione, in osservanza del disposto dell’art. 59 [della legge], fintantoché la persona non provi il suo asserito diritto di soggiorno mediante l’esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi.

Per quanto concerne il secondo procedimento:

10)
Se allo stato attuale il diritto comunitario si opponga a che, fintantoché il cittadino di uno Stato membro non invochi egli stesso il diritto di soggiorno in quanto destinatario di servizi nei confronti dello Stato membro nel cui territorio egli soggiorna, la persona non venga considerata dal detto Stato membro come un cittadino tutelato in forza del diritto di soggiorno previsto dall’ordinamento comunitario.

11)
Se la nozione di destinatario di servizi, valida ai fini della libera circolazione dei servizi, debba essere intesa nel senso che, anche quando qualcuno si trattenga in un altro Stato membro per un periodo di tempo abbastanza lungo, eventualmente per più di sei mesi, ivi sia arrestato per un reato, non indichi una fissa residenza o dimora e inoltre non disponga né di denaro né di bagagli, il soggiorno in un altro Stato membro costituisca motivo sufficiente per presumere che si fruisca di servizi turistici o di altri servizi collegati a un breve soggiorno quali, ad esempio, l’alloggio e il consumo di pasti».


Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

15
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva 73/148 debba essere interpretato nel senso che il riconoscimento da parte di uno Stato membro del diritto di soggiorno a un destinatario di servizi cittadino di un altro Stato membro è subordinato all’esibizione da parte di tale cittadino di una carta d’identità o di un passaporto.

16
In via preliminare, occorre ricordare che il principio della libera circolazione delle persone costituisce uno dei fondamenti della Comunità. Pertanto, le disposizioni che lo sanciscono devono essere interpretate estensivamente (v., in particolare, sentenza 9 novembre 2000, causa C-357/98, Yiadom, Racc. pag. I-9265, punto 24).

17
Secondo una giurisprudenza costante, il diritto dei cittadini di uno Stato membro di entrare nel territorio di un altro Stato membro e di soggiornarvi, ai fini previsti dal Trattato, è direttamente conferito dal Trattato o, a seconda dei casi, dalle disposizioni adottate per la sua attuazione (sentenze 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer, Racc. pag. 497, punto 31, e 5 marzo 1991, causa C-376/89, Giagounidis, Racc. pag. I‑1069, punto 12).

18
Di conseguenza, il rilascio di un permesso di soggiorno ad un cittadino di uno Stato membro dev’essere considerato non come un atto costitutivo di diritti, ma come un atto destinato a comprovare, da parte di uno Stato membro, la posizione individuale del cittadino di un altro Stato membro nei confronti delle norme comunitarie (v., in particolare, sentenza 23 marzo 2004, causa C-138/02, Collins, Racc. pag. I-0000, punto 40).

19
Per quanto riguarda, in particolare, i cittadini di uno Stato membro che soggiornino in un altro Stato membro quali destinatari di servizi, la direttiva 73/148 prevede, all’art. 6, che lo Stato ospitante può subordinare il rilascio del permesso di soggiorno all’esibizione del documento in forza del quale essi sono entrati nel suo territorio. Inoltre, dall’art. 4, n. 2, terzo comma, della stessa direttiva risulta che, se la prestazione ha durata inferiore o uguale a tre mesi, la carta d’identità o il passaporto equivale a un documento di soggiorno.

20
Le dette condizioni non sono state modificate nell’ambito della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77).

21
Ne consegue che uno Stato membro ha il diritto di imporre ai destinatari di servizi cittadini degli altri Stati membri che intendano soggiornare nel suo territorio di fornire la prova della loro identità e della loro cittadinanza.

22
Come sottolinea giustamente la Commissione delle Comunità europee, l’obbligo di esibire una carta d’identità o un passaporto validi è diretto, da un lato, a semplificare la soluzione dei problemi connessi con la prova del diritto di soggiorno non solo per i cittadini, ma anche per le autorità nazionali e, dall’altro, a fissare le condizioni massime che uno Stato membro può imporre agli interessati per riconoscere il loro diritto di soggiorno.

23
Tuttavia, il fatto che una tale prova possa essere fornita solo esibendo, in ogni caso, una carta d’identità o un passaporto validi eccede manifestamente gli scopi della direttiva 73/148.

24
Infatti, l’esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi, ai fini della giustificazione dello status di cittadino comunitario, costituisce una formalità amministrativa il cui unico scopo è la determinazione da parte delle autorità nazionali di un diritto che deriva direttamente dallo status del soggetto in questione.

25
Se, pur non avendo esibito una carta d’identità o un passaporto validi, l’interessato è comunque in grado di provare con altri mezzi, senza alcun equivoco, la sua cittadinanza, lo Stato membro ospitante non può mettere in discussione il suo diritto di soggiorno per il solo fatto che egli non ha esibito uno dei suddetti documenti (v., in tal senso, nel contesto dei cittadini di paesi terzi, sentenza 25 luglio 2002, causa C-459/99, MRAX, Racc. pag. I-6591, punto 62).

26
Pertanto, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva 73/148 dev’essere interpretato nel senso che il riconoscimento da parte di uno Stato membro del diritto di soggiorno ad un destinatario di servizi cittadino di un altro Stato membro non può essere subordinato all’esibizione da parte di tale cittadino di una carta d’identità o di un passaporto validi qualora la prova della sua identità e della sua cittadinanza possa essere fornita, senza alcun equivoco, con altri mezzi.

27
Alla luce della soluzione della prima questione, non occorre risolvere la seconda e la quarta questione.

Sulla terza questione

28
Con la terza questione, che mantiene la sua utilità anche in mancanza di soluzione della seconda questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il diritto comunitario osti a che i cittadini degli Stati membri siano soggetti in un altro Stato membro all’obbligo di esibire una carta d’identità o un passaporto validi al fine di provare la loro cittadinanza, mentre il detto Stato membro non impone in generale ai propri cittadini un obbligo di fornire le generalità.

29
Dall’ordinanza di rinvio risulta che, secondo la giurisprudenza nazionale, la normativa olandese non prevede un obbligo universale di fornire le generalità, bensì obblighi ben circoscritti, limitati a circostanze determinate. Uno di tali obblighi riguarda il controllo degli stranieri.

30
Ai sensi di tale giurisprudenza, una persona la quale sostenga, nell’ambito di un controllo, di possedere la cittadinanza olandese deve rendere attendibile la propria identità. Oltre all’esibizione di una carta d’identità, di un passaporto valido o anche di una patente rilasciata nei Paesi Bassi, l’attendibilità dell’identità può risultare dalla consultazione dei dati disponibili presso le autorità locali olandesi. Per contro, se un cittadino dichiara di essere originario di un altro Stato membro, ma non è in grado di esibire una carta d’identità o un passaporto validi, le autorità nazionali lo pongono sotto custodia cautelare fintantoché non esibisca i detti documenti.

31
Alla luce di ciò, come rileva il giudice del rinvio, i cittadini di altri Stati membri che soggiornino nei Paesi Bassi ai fini previsti dal Trattato, in pratica, devono sempre portare con sé un documento d’identità, mentre un tale obbligo non sussiste per i cittadini di tale Stato membro.

32
Va sottolineato che un tale regime implica una palese disparità di trattamento fra i cittadini olandesi e quelli degli altri Stati membri. Una tale disparità di trattamento è vietata dal Trattato.

33
Infatti, l’art. 49 CE costituisce, nell’ambito della libera prestazione dei servizi, una specifica espressione del principio di parità di trattamento previsto dall’art. 12 CE, che vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità (v. sentenze 5 dicembre 1989, causa C-3/88, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑4035, punto 8, e 16 gennaio 2003, causa C-388/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑721, punto 13).

34
Certo, il diritto comunitario non osta a che uno Stato membro effettui controlli sull’osservanza dell’obbligo di essere sempre muniti di un titolo di soggiorno, purché un obbligo identico sia imposto ai suoi cittadini per quel che riguarda la loro carta d’identità (sentenze 27 aprile 1989, causa 321/87, Commissione/Belgio, Racc. pag. 997, punto 12, e 30 aprile 1998, causa C‑24/97, Commissione/Germania, Racc. pag. I-2133, punto 13).

35
Occorre quindi risolvere la terza questione dichiarando che l’art. 49 CE osta a che i cittadini degli Stati membri siano soggetti in un altro Stato membro all’obbligo di esibire una carta d’identità o un passaporto validi al fine di provare la loro cittadinanza, mentre il detto Stato membro non impone in generale ai propri cittadini un obbligo di fornire le generalità, consentendo loro di provare la loro identità con ogni mezzo consentito dal diritto nazionale.

Sulla quinta, sesta, settima, ottava e nona questione

36
Con la quinta, la sesta, la settima, l’ottava e la nona questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se un provvedimento di custodia cautelare di un cittadino di un altro Stato membro, finalizzato alla sua espulsione, adottato per la mancata esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi, pur in mancanza di una minaccia per l’ordine pubblico, costituisca un ostacolo alla libera prestazione dei servizi e, in caso di soluzione affermativa, se il detto ostacolo possa essere giustificato.

37
Va ricordato anzitutto che il principio della libera prestazione dei servizi sancito dall’art. 49 CE comprende la libertà per i destinatari di servizi di recarsi in un altro Stato membro per fruire ivi di un servizio, senza essere ostacolati da restrizioni, e che i turisti vanno considerati destinatari di servizi (sentenza 19 gennaio 1999, causa C-348/96, Calfa, Racc. pag. I-11, punto 16).

38
Come la Corte ha dichiarato, gli Stati membri restano legittimati a sanzionare la violazione dell’obbligo di esibire una carta d’identità o un passaporto, purché le sanzioni siano analoghe a quelle applicate a violazioni nazionali simili e siano proporzionate (v., in tal senso, sentenza 21 settembre 1999, causa C-378/97, Wijsenbeek, Racc. pag. I-6207, punto 44).

39
Orbene, da un lato, il Regno dei Paesi Bassi non impone in generale ai propri cittadini un obbligo di fornire le generalità, consentendo loro di provare la loro identità con ogni mezzo.

40
Dall’altro lato, misure di arresto o di espulsione motivate esclusivamente dall’inosservanza, da parte dell’interessato, di formalità di legge relative al controllo degli stranieri pregiudicano la sostanza stessa del diritto di soggiorno direttamente conferito dal diritto comunitario e sono manifestamente sproporzionate rispetto alla gravità della violazione (v. sentenze 3 luglio 1980, causa 157/79, Pieck, Racc. pag. 2171, punti 18 e 19; 12 dicembre 1989, causa C‑265/88, Messner, Racc. pag. I-4209, punto 14, e MRAX, cit., punto 78).

41
Un provvedimento di custodia cautelare potrebbe basarsi solo su una disposizione espressa di deroga, quale l’art. 8 della direttiva 73/148, che autorizza gli Stati membri ad apportare restrizioni al diritto di soggiorno dei cittadini degli altri Stati membri qualora esse siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (v., in tal senso, citata sentenza 16 gennaio 2003, Commissione/Italia, punto 19).

42
Tuttavia, le questioni pregiudiziali si basano sul presupposto che non sussistesse alcuna minaccia reale e seria per l’ordine pubblico. Il fatto di non avere adempiuto le formalità di legge relative all’ingresso, al trasferimento e al soggiorno degli stranieri non può, di per sé, costituire una minaccia per l’ordine pubblico e per la pubblica sicurezza (v. citate sentenze Royer, punto 47, e MRAX, punto 79).

43
In tale contesto, occorre aggiungere che, come l’avvocato generale ha giustamente rilevato al paragrafo 103 delle sue conclusioni, il fatto che un risarcimento danni possa essere concesso a posteriori a causa dell’illiceità della custodia cautelare è irrilevante.

44
Ciò premesso, le dette questioni devono essere risolte nel senso che un provvedimento di custodia cautelare di un cittadino di un altro Stato membro, finalizzato alla sua espulsione, adottato per la mancata esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi, pur in mancanza di una minaccia per l’ordine pubblico, costituisce un ostacolo ingiustificato alla libera prestazione dei servizi e, pertanto, una violazione dell’art. 49 CE.

Sulla decima e sull’undicesima questione

45
Con la decima e l’undicesima questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se la nozione di «destinatario di servizi», debba essere intesa nel senso che si può presumere che un cittadino di uno Stato membro fruisca di servizi turistici in un altro Stato membro per il solo fatto del suo soggiorno nel territorio di quest’ultimo per un periodo superiore a sei mesi, anche qualora egli non indichi una fissa residenza o dimora e non disponga né di denaro né di bagagli.

46
Dagli atti sottoposti alla Corte risulta che, durante la custodia cautelare del ricorrente nella causa principale nell’ambito del secondo procedimento, quest’ultimo non ha fatto valere lo status di destinatario di servizi, in particolare in quanto turista. Infatti, egli si è limitato a dichiarare alle autorità nazionali di trovarsi nei Paesi Bassi da 18 giorni e di voler tornare in Francia.

47
Si deve ricordare, a questo proposito, che spetta alla Corte fornire al giudice nazionale tutti gli elementi d’interpretazione del diritto comunitario che possano essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto o meno riferimento nella formulazione delle sue questioni (v. sentenze 12 dicembre 1990, causa C-241/89, SARPP, Racc. pag. I‑4695, punto 8, e 7 settembre 2004, causa C-456/02, Trojani, Racc. pag. I-0000, punto 38).

48
Alla luce di tale principio, occorre rilevare quanto segue.

49
Se è vero che il diritto di soggiorno dei cittadini di uno Stato membro in un altro Stato membro deriva direttamente dal Trattato, lo Stato membro ospitante può nondimeno imporre ai detti cittadini comunitari l’osservanza di determinate formalità amministrative al fine di riconoscere un tale diritto.

50
Per quanto riguarda i destinatari di servizi, le modalità pratiche di tale riconoscimento sono previste dalla direttiva 73/148.

51
Dall’art. 4, n. 2, di tale direttiva risulta che il diritto di soggiorno corrisponde alla durata della prestazione. Se la prestazione ha durata superiore a tre mesi, lo Stato membro in cui tale prestazione è effettuata rilascia un permesso di soggiorno per comprovare tale diritto. Se la prestazione ha durata inferiore o uguale a tre mesi, la carta d’identità o il passaporto in virtù del quale l’interessato è entrato nel territorio dello Stato membro equivale a un documento di soggiorno.

52
Peraltro, ai sensi dell’art. 6 della direttiva 73/148, gli Stati membri possono esigere dall’interessato, per il rilascio del permesso di soggiorno, oltre all’esibizione di uno dei citati documenti d’identità, soltanto la prova che egli «rientra in una delle categorie di cui agli articoli 1 e 4» della stessa direttiva.

53
Occorre ricordare, da un lato, che la prova dell’identità e della cittadinanza può essere fornita con altri mezzi (v. punto 25 della presente sentenza) e, dall’altro, che dalla mancanza di precisione quanto al mezzo di prova ammesso affinché l’interessato dimostri di rientrare in una delle categorie di cui agli artt. 1 e 4 della direttiva 73/148 occorre concludere che una tale prova può essere fornita con ogni mezzo idoneo (v., in tal senso, sentenza 5 febbraio 1991, causa C-363/89, Roux, Racc. pag. I‑273, punti 15 e 16).

54
Fatte salve le questioni relative all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza e alla sanità pubblica, spetta ai cittadini di uno Stato membro, in quanto destinatari di servizi, fornire le prove che consentano di stabilire la regolarità del loro soggiorno.

55
Nel caso in cui il cittadino di uno Stato membro non sia in grado di provare che i requisiti del diritto di soggiorno quale destinatario di servizi ai sensi della direttiva 73/148 sono soddisfatti, lo Stato membro ospitante può adottare una misura di espulsione nel rispetto dei limiti imposti dal diritto comunitario.

56
Di conseguenza, occorre risolvere la decima e l’undicesima questione nel senso che spetta ai cittadini di uno Stato membro che soggiornino in un altro Stato membro quali destinatari di servizi fornire le prove che consentano di stabilire la regolarità del loro soggiorno. In mancanza di tali prove, lo Stato membro ospitante può adottare una misura di espulsione nel rispetto dei limiti imposti dal diritto comunitario.


Sulle spese

57
Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle di dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)
L’art. 4, n. 2, terzo comma, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, 73/148/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, dev’essere interpretato nel senso che il riconoscimento da parte di uno Stato membro del diritto di soggiorno ad un destinatario di servizi cittadino di un altro Stato membro non può essere subordinato all’esibizione da parte di tale cittadino di una carta d’identità o di un passaporto validi qualora la prova della sua identità e della sua cittadinanza possa essere fornita, senza alcun equivoco, con altri mezzi.

2)
L’art. 49 CE osta a che i cittadini degli Stati membri siano soggetti in un altro Stato membro all’obbligo di esibire una carta d’identità o un passaporto validi al fine di provare la loro cittadinanza, mentre il detto Stato membro non impone in generale ai propri cittadini un obbligo di fornire le generalità, consentendo loro di provare la loro identità con ogni mezzo consentito dal diritto nazionale.

3)
Un provvedimento di custodia cautelare di un cittadino di un altro Stato membro, finalizzato alla sua espulsione, adottato per la mancata esibizione di una carta d’identità o di un passaporto validi, pur in mancanza di una minaccia per l’ordine pubblico, costituisce un ostacolo ingiustificato alla libera prestazione dei servizi e, pertanto, una violazione dell’art. 49 CE.

4)
Spetta ai cittadini di uno Stato membro che soggiornino in un altro Stato membro quali destinatari di servizi fornire le prove che consentano di stabilire la regolarità del loro soggiorno. In mancanza di tali prove, lo Stato membro ospitante può adottare una misura di espulsione nel rispetto dei limiti imposti dal diritto comunitario.

Firme


1
Lingua processuale: l'olandese.