52002AE0355

Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Libro verde — Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese" (COM(2001) 366 def.)

Gazzetta ufficiale n. C 125 del 27/05/2002 pag. 0044 - 0055


Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Libro verde - Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese"

(COM(2001) 366 def.)

(2002/C 125/11)

La Commissione, in data 25 luglio 2001, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito al "Libro verde - Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese".

La Sezione "Occupazione, affari sociali e cittadinanza", incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo della Relatrice Hornung-Draus, della Correlatrice Engelen-Kefer e del Correlatore Hoffelt, in data 19 dicembre 2001.

Il Comitato economico e sociale ha adottato, il 20 marzo 2002, nel corso della 389a sessione plenaria, con 117 voti favorevoli, 4 contrari e 14 astensioni, il seguente parere.

1. Osservazioni di carattere generale

1.1. L'impegno sociale delle imprese è un importante pilastro per la costruzione e il mantenimento delle istituzioni della società civile e va oltre il diritto nazionale, europeo e internazionale vigente. Numerosi sono gli esempi positivi che dimostrano che la collaborazione tra le imprese, i sindacati, nonché le istituzioni e le associazioni locali caratterizza l'impegno civile dei cittadini sul territorio.

Nell'ambito della responsabilità sociale delle imprese la sfida odierna è lo sviluppo, da parte delle imprese, di relazioni di qualità con tutti i soggetti interessati: azionisti, lavoratori, sindacati, clienti, fornitori, subappaltatori, associazioni ed enti territoriali, essenzialmente sul piano umano, sociale, finanziario e ambientale, e su base volontaria e/o negoziale. All'Unione europea spetta il compito di trovare i mezzi per incoraggiare tale sviluppo.

1.2. La globalizzazione comporta per le imprese la connessione con reti internazionali, relazioni contrattuali a livello mondiale e nuove forme di ripartizione del lavoro. Di conseguenza le imprese devono sempre di più far fronte anche alla dimensione internazionale della loro responsabilità sociale. Le imprese operanti a livello internazionale, con la loro presenza economica, svolgono spesso un ruolo importante nel miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nei paesi in via di sviluppo. Investendo in impianti produttivi o acquistando dalle imprese locali merci e prodotti da trasformare, contribuiscono alla creazione ed alla salvaguardia di posti di lavoro, al finanziamento delle strutture sociali, al miglioramento del livello d'istruzione, ai cambiamenti strutturali e di conseguenza al rafforzamento dell'economia dei paesi in cui si trovano. D'altro canto anche la mancanza di comportamenti responsabili da parte delle imprese presenta notevoli rischi - in particolare la minaccia per le strutture delle piccole imprese locali, lo sfruttamento dell'ambiente e delle materie prime, l'ingerenza politica, la violazione delle norme fondamentali sul lavoro, la riduzione dei diritti sindacali, il lavoro minorile, il lavoro forzato e le discriminazioni nei confronti delle donne e delle minoranze, ecc.

1.3. A livello internazionale, la responsabilità sociale delle imprese costituisce da numerosi anni un tema importante dei lavori delle organizzazioni internazionali. L'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha fissato degli importanti standard con le norme fondamentali sul lavoro; successivamente l'OCSE ha elaborato orientamenti per le imprese multinazionali, mentre le Nazioni Unite, nel contesto della globalizzazione, si sono dedicate all'argomento con l'iniziativa "Global Compact" di Kofi Annan. Nel Libro verde in esame, la Commissione solleva la questione della necessità di un quadro europeo per promuovere la responsabilità sociale delle imprese.

1.4. Anche se la responsabilità sociale delle imprese non è un fenomeno nuovo, nell'era della globalizzazione essa assume una particolare attualità. Le proteste sempre più massicce degli oppositori della globalizzazione testimoniano il crescente disagio che i cittadini provano dinanzi al collegamento in rete a livello mondiale e alla crescente virtualizzazione delle attività economiche. Il Comitato economico e sociale prende molto sul serio il disagio che tali proteste esprimono. Si impegna a favorire un ampio dialogo che permetta di dar voce ai timori e alle paure e che renda più trasparenti le regole che governano l'economia mondiale. Il dialogo deve soprattutto contribuire a favorire i necessari cambiamenti nel comportamento di alcune imprese e, quindi, a promuovere la responsabilità sociale.

1.5. Il Comitato spera che il Libro verde della Commissione permetta di avviare un dibattito sui vari aspetti del tema della responsabilità sociale delle imprese. La base deve essere costituita dal concetto di sviluppo sostenibile. Al più tardi dal vertice di Göteborg, il concetto della sostenibilità per i settori ambientale, sociale ed economico rappresenta un importante quadro di riferimento per l'economia e la politica. Si deve operare a favore di un migliore equilibrio tra lo "shareholder-value" (valore per l'azionista) e gli interessi dei lavoratori e dei loro rappresentanti nonché degli altri "stakeholder" - clienti, fornitori, comuni, società. Le imprese devono realizzare dei profitti per sopravvivere alla concorrenza, garantire la propria esistenza e creare posti di lavoro. È nell'interesse economico delle imprese comportarsi in modo socialmente responsabile, per poter conseguire i propri interessi a lungo termine. Un'impresa che investe, infatti, ha bisogno di un quadro stabile e favorevole: certezza giuridica e pace, rapporti leali all'interno dell'impresa e un clima sociale favorevole agli investimenti. L'impresa non può essere indifferente al tipo di società in cui opera. Ogni impresa deve tener conto dell'ambiente sociale nelle sue riflessioni e decisioni di tipo economico.

1.6. Il Comitato concorda con la Commissione europea: la responsabilità sociale delle imprese è un contributo importante al conseguimento dell'obiettivo strategico definito a Lisbona, ovvero "diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale".

1.7. Se tuttavia il punto di riferimento è costituito dagli obiettivi di Lisbona, allora si deve tener conto anche del rafforzamento della competitività delle imprese, poiché la competitività e la redditività delle imprese, in quanto fondamenti della loro esistenza duratura, sono i presupposti essenziali perché esse assumano una responsabilità sociale. Il legame fra successo economico e comportamento socialmente responsabile deve essere visto nei seguenti termini: la responsabilità sociale, assieme alla buona riuscita economica, contribuisce al successo duraturo di un'impresa. Di conseguenza è importante convincere le imprese a considerare la responsabilità sociale come un'evoluzione a lungo termine, come investimento strategico in scelte quali la commercializzazione, gli strumenti di gestione e i settori di attività.

1.8. La responsabilità sociale delle imprese comporta, oltre alla creazione e alla salvaguardia dei posti di lavoro, anche lo sviluppo di posti di lavoro migliori con una sufficiente tutela del lavoro e della salute, il rispetto delle esigenze dei disabili(1) e la promozione di una cultura dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Operare in modo socialmente responsabile significa per le imprese applicare con convinzione le norme vigenti in campo sociale e sforzarsi di creare uno spirito di partenariato. Ciò significa anche sviluppare le relazioni industriali e promuovere i negoziati e la partecipazione dei lavoratori.

1.9. I profitti, gli investimenti, il consumo, il costo del lavoro, le regolamentazioni, le tasse, l'approvvigionamento ottimale di beni, un elevato livello occupazionale, la crescita, un'esistenza degna dell'uomo, il benessere, la solidarietà, il rispetto reciproco, la libertà e la giustizia sono legate tra di loro da un rapporto indissolubile e costituiscono i pilastri della nostra comunità economica e di valori. In tale quadro, le imprese devono essere gestite con successo, ovvero devono operare in modo economicamente efficiente e socialmente responsabile.

1.10. La responsabilità sociale delle imprese è una tematica complessa che va affrontata in modo differenziato e approfondito. Le peculiarità culturali e il rispettivo quadro giuridico locale si ripercuotono direttamente sulla natura della responsabilità sociale delle imprese. Questa complessità viene purtroppo completamente ignorata dalla Commissione; occorre invece tenerne conto. Si devono operare delle distinzioni tra i diversi livelli d'azione geografici (locale, nazionale, europeo, globale), tra paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati, tra grandi imprese multinazionali, PMI e microimprese e tra i vari settori. Inoltre, nelle proprie riflessioni, la Commissione parte dal presupposto che esista una struttura gerarchica classica all'interno delle imprese, mentre occorre tener conto anche delle nuove strutture delle imprese e delle nuove forme di organizzazione del lavoro (tempo parziale, telelavoro, imprese virtuali, ecc.).

1.11. Un principio fondamentale della responsabilità sociale delle imprese è il suo carattere volontario. Il carattere volontario - e negoziale - delle misure e delle iniziative permette alle imprese di sviluppare approcci e modelli di responsabilità sociale propri di una particolare impresa o di uno specifico settore. Le iniziative concepite all'interno delle imprese e dei settori sono accettate molto meglio rispetto ad un quadro stabilito dall'esterno. Questa constatazione si riflette anche nelle iniziative esistenti, ad esempio quelle relative ai codici di condotta sociali, a livello dell'OIL, dell'OCSE o dell'ONU, tutte fondate sul principio dell'applicazione volontaria delle misure di responsabilità sociale delle imprese.

1.12. La decisione volontaria di un'impresa di adottare misure di responsabilità sociale, siano esse codici di condotta, "Carte" o etichette di qualità, comporta ovviamente anche la volontà di rispettare gli impegni e gli obblighi assunti. Il Comitato è favorevole ad azioni comuni e ad accordi volontari conclusi tra le parti sociali in materia di responsabilità sociale delle imprese, accordi che possono anche comportare adeguati meccanismi di accompagnamento e di valutazione.

1.13. Il principio della volontarietà dei codici di condotta in materia sociale deriva da un'ulteriore riflessione: nell'UE e nei suoi Stati membri, le imprese sono tenute per legge e in base a norme minime a conformarsi a talune disposizioni - uguali per tutti - che contribuiscono a sviluppare dei comportamenti responsabili. La responsabilità sociale delle imprese riguarda attività che vanno al di là del semplice rispetto delle norme giuridiche vigenti. Non a caso l'impulso all'elaborazione e all'applicazione di codici di condotta sociali è venuto soprattutto da quei paesi e da quelle culture in cui vige una limitata legislazione sociale. Che le imprese si debbano attenere alle leggi in vigore è fuori discussione. Tuttavia, tutte le iniziative che mirano a rafforzare la responsabilità sociale delle imprese vanno, per definizione, oltre le norme giuridiche vigenti e possono essere solo di natura volontaria.

1.14. Il Comitato è dell'avviso che il Libro verde non si soffermi sufficientemente sul ruolo particolare che le imprese dell'economia sociale svolgono nell'ambito della responsabilità sociale delle imprese. È un vero peccato, perché proprio questo settore offre dei buoni esempi di come la responsabilità sociale possa costituire il fulcro degli obiettivi imprenditoriali. Molte imprese dell'economia sociale pubblicano regolarmente dei rapporti sulle misure di responsabilità sociale adottate o ricorrono, per valutare le proprie attività, a strumenti specifici quali gli audit e i bilanci sociali. Il Comitato ritiene che occorrerebbe dare particolare rilievo a tali iniziative.

1.15. In generale, il tema della responsabilità sociale delle imprese viene affrontato dalla Commissione prevalentemente dal punto di vista delle grandi imprese multinazionali. In Europa la maggioranza delle imprese è costituita però da PMI o microimprese che necessitano di un approccio specifico alla responsabilità sociale delle imprese, adeguato alla loro situazione e alle loro necessità. A tale riguardo, il Comitato sottolinea che, in materia di responsabilità delle imprese, si deve distinguere chiaramente fra dimensione sociale e dimensione che riguarda la società in senso lato e l'ambiente. Per numerose PMI, la tutela dell'ambiente è un settore nuovo, che richiede mezzi e modalità di applicazione diversi da quelli utilizzati per la dimensione sociale.

2. I livelli d'azione - il livello globale

2.1. Il divario tra i paesi in via di sviluppo ed i paesi industrializzati in termini di benessere rimane notevole. Le condizioni di lavoro in molti paesi in via di sviluppo - a causa della più modesta produttività dell'economia e delle strutture democratiche e rappresentative in parte sottosviluppate - sono spesso molto peggiori che nei paesi industrializzati. Così, ad esempio, continuano purtroppo ad esistere forme inaccettabili di lavoro minorile, salari molto bassi, repressione nei confronti dei sindacati e condizioni di lavoro insalubri.

2.2. Molte imprese hanno già introdotto misure intese a migliorare le condizioni di lavoro - al di là delle norme previste dalla legge - nelle loro succursali, nelle loro filiali e, in parte, anche presso i loro partner commerciali, i loro fornitori ed i loro concessionari nei paesi in via di sviluppo. Il Comitato accoglie con grande favore e sostiene tali iniziative imprenditoriali. Anche se si considera la minore produttività delle economie dei paesi in via di sviluppo, pratiche quali le forme estreme di lavoro minorile e il lavoro forzato sono inaccettabili. Deve essere inoltre impedita qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei sindacati e va rispettata la libertà di associazione. Le imprese operanti a livello internazionale che cercano di apportare miglioramenti nella loro zona d'influenza e con i mezzi di cui dispongono, contribuiscono a dare un impulso importante a tutto il processo.

2.3. Una condizione preliminare all'efficace sviluppo del potenziale positivo delle imprese è rappresentata dall'esistenza di un quadro giuridico affidabile e favorevole alla creazione di imprese e agli investimenti, che consenta scambi commerciali internazionali il più possibile liberi - nel rispetto delle norme fondamentali dell'OIL. A tale scopo, si fa appello ai governi ed agli organi statali dei rispettivi paesi. Spetta a loro anche offrire un sistema d'istruzione efficace e strutture di sicurezza sociale funzionanti, che le imprese contribuiscono a finanziare con il pagamento delle imposte.

2.4. È compito dei legislatori, dei governi e delle amministrazioni dei paesi in questione creare adeguate norme in materia di diritto sociale e di diritto del lavoro e garantirne il rispetto. È soprattutto quest'ultimo punto ad essere carente nei paesi in via di sviluppo. Ad esempio, il lavoro minorile è vietato in numerosi paesi in via di sviluppo, ma gli Stati non fanno rispettare tale divieto. Inoltre, in molti paesi vengono calpestati i diritti sindacali. Di conseguenza, lo scopo da raggiungere deve essere in primo luogo quello di far sì che le istituzioni governative competenti facciano applicare le leggi necessarie e le convenzioni internazionali relative ai diritti dell'uomo e dei lavoratori. È un compito importante dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Tuttavia, anche la Banca mondiale, l'FMI e l'OMC devono tenere conto della responsabilità sociale nell'esercizio dei loro compiti a livello internazionale. Inoltre, le imprese europee presenti in tali paesi possono apportare il loro contributo dando alle altre imprese il buon esempio, ovvero rispettando la legislazione e promuovendo il rispetto delle leggi sul lavoro presso i loro partner commerciali locali. La legislazione del paese ospitante costituisce di conseguenza, per le imprese che operano a livello internazionale, la base ed il quadro giuridico minimo vincolante per agire in modo socialmente responsabile.

2.5. Importanti orientamenti di base sono contenuti inoltre nelle dichiarazioni e negli strumenti giuridici delle organizzazioni sociopolitiche internazionali, in particolare in quelle dell'OIL. Benché tali dichiarazioni siano rivolte in primo luogo ai governi, le imprese ne possono favorire gli orientamenti nella loro sfera d'influenza. La dichiarazione dell'OIL relativa ai principi fondamentali e ai diritti sul lavoro del 18 giugno 1998 ne è un buon esempio: esprime l'impegno degli Stati membri dell'OIL ad applicare efficacemente i seguenti principi e diritti sul lavoro considerati fondamentali:

- la libertà d'associazione ed il riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva;

- l'eliminazione di tutte le forme di lavoro coatto e forzato;

- l'abolizione effettiva delle forme peggiori di lavoro minorile; e

- l'eliminazione della discriminazione nell'impiego e nella professione.

2.6. Altri importanti strumenti giuridici sono la "Dichiarazione tripartita dell'OIL sulle imprese multinazionali e la politica sociale" del 1977 e le "Linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali" del 1976, in particolare il capitolo "Occupazione e relazioni industriali".

2.7. Per poter adempiere con successo al loro impegno sociale, le imprese devono poter scegliere le opzioni che tengono meglio conto della loro situazione specifica e delle loro possibilità d'azione nei confronti dei loro partner commerciali nei paesi in via di sviluppo. Una grande impresa multinazionale, anche solo in virtù della posizione che occupa sul mercato, ha a sua disposizione tutt'altri mezzi per esercitare la propria influenza rispetto ad una PMI. In numerosi settori, la situazione è addirittura caratterizzata da un'inversione del rapporto di forze, ovvero le PMI dei paesi industrializzati si trovano di fronte a grossi fornitori con una posizione dominante sul mercato sui quali non riescono ad esercitare praticamente nessuna influenza.

2.8. Nel quadro del concetto di responsabilità sociale delle imprese, le imprese hanno la possibilità di porre in primo piano i temi che rivestono un'importanza particolare per il settore e il mercato in cui operano. Così ad esempio l'industria tessile solleva il tema del lavoro minorile, mentre l'industria petrolifera si occupa in particolare di attività a favore dell'ambiente. Mentre un'impresa prevede un controllo esterno o una certificazione, un'altra ritiene più adeguati l'applicazione e il controllo a livello interno. Ciò che conta, in ultima analisi, è che le misure adottate abbiano effettivamente successo.

2.9. Alcune imprese ed associazioni settoriali elaborano codici di condotta nei quali si impegnano a rispettare o promuovere norme sociali ed etiche o ad assumere un determinato impegno sociale. I codici di condotta di questo tipo sono l'espressione di una specifica cultura e filosofia imprenditoriale e riflettono gli obiettivi e le priorità sociali a lungo termine di una determinata impresa o di uno specifico settore. Quando si opta per questo approccio, è importante che le possibilità d'azione dell'impresa o del settore interessati vengano espresse in modo realistico e credibile. Ciò avviene, ad esempio, nel caso di codici di condotta che prevedono un conseguimento progressivo degli standard sociali prefissi tramite una collaborazione di partenariato fra l'impresa, i suoi fornitori ed i suoi partner commerciali nei paesi in via di sviluppo.

2.10. Nel Libro verde la Commissione chiede che le imprese siano responsabili non solo delle loro filiali, ma anche del rispetto della legislazione e del comportamento socialmente responsabile dei loro fornitori. Pur comprendendo tale richiesta, il Comitato ritiene che essa sia difficilmente applicabile in forma così generalizzata. Non si può pretendere che un'impresa possa essere garante del rispetto di determinati standard di lavoro da parte dei suoi fornitori e dei suoi partner commerciali. Tenendo conto in particolare delle sempre più complesse relazioni tra imprese e fornitori con catene produttive spesso sparse in diverse parti del mondo, tale garanzia andrebbe oltre le possibilità giuridiche e tecniche delle imprese, in particolare delle PMI. Tuttavia, nel quadro degli appalti e della conclusione di contratti, le imprese possono esprimere le proprie convinzioni in materia sociale. Il Comitato concorda con la Commissione nell'affermare che, oltre alla dimensione interna, esiste anche una dimensione esterna della responsabilità sociale delle imprese. Quest'ultima vale anche nei confronti dei subappaltatori e dei fornitori provenienti dai paesi in via di sviluppo.

2.11. A tale riguardo, il Comitato non nega l'esistenza di difficoltà di ordine pratico: spesso nemmeno le grandi imprese riescono ad ottenere dai loro principali fornitori il rispetto degli standard di responsabilità sociale propri dell'impresa stessa, per non parlare poi dei subfornitori. Nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, la struttura dell'economia si basa su una miriade di piccole e piccolissime imprese. Le principali imprese europee del settore tessile, tanto per fare un esempio, in un paese come l'India arrivano facilmente ad avere da 12000 a 15000 fornitori principali. Si può immaginare quanti siano i subfornitori. Spetta in primo luogo ai singoli Stati far rispettare le leggi. Inoltre la collaborazione con i sindacati e le ONG può contribuire a far emergere le situazioni di non rispetto.

2.12. Le regole di comportamento e l'impegno sociale delle imprese devono tenere conto della cultura, delle tradizioni e della situazione economica dei rispettivi paesi. Un'applicazione rigorosa di standard sociali eccessivi nei paesi in via di sviluppo potrebbe essere percepita come un tentativo dei paesi industrializzati di aumentare il costo del lavoro in questi paesi per privarli di un elemento del loro vantaggio comparativo. I problemi di discriminazione fra i sessi e il mancato rispetto dei diritti umani fondamentali riconosciuti dalla Comunità internazionale non possono essere considerati alla stregua dei vantaggi comparativi. Ciò ridurrebbe notevolmente la collaborazione di questi paesi, indispensabile invece per il miglioramento delle condizioni sociali. Tuttavia le imprese possono e dovrebbero impegnarsi a livello aziendale a superare questi problemi nel quadro delle loro attività in materia di responsabilità sociale delle imprese.

2.13. I principi fondamentali della responsabilità sociale delle imprese a livello mondiale si fondano spesso sulle convenzioni dell'OIL. Il Comitato sottolinea espressamente l'importanza delle norme fondamentali del lavoro dell'OIL in quanto norme minime vincolanti di diritto internazionale, che devono essere rispettate in tutto il mondo. Tuttavia, avendo come destinatari i governi, le convenzioni dell'OIL possono solo limitatamente fungere da orientamento e da base per la pratica delle imprese. Necessiterebbero di una "traduzione" per quanti operano nelle imprese. Il Comitato accoglie con grande favore i lavori dell'OIL relativi all'attuazione di tali convenzioni nella prassi delle imprese a livello locale e all'applicazione concreta dei codici di condotta sociali nella catena dei fornitori (supply chain) delle imprese.

2.14. In tale contesto, il Comitato si compiace per l'iniziativa della Commissione europea (Comunicazione del 18 luglio 2001 intitolata "Promozione delle norme fondamentali del lavoro e miglioramento della governance sociale nel quadro della globalizzazione") che mira a sostenere gli sforzi dell'OIL intesi a far rispettare in tutto il mondo le norme fondamentali sul lavoro.

2.15. Il Comitato constata che le istituzioni internazionali - soprattutto la Banca mondiale, l'FMI e l'OMC - devono tenere conto della responsabilità sociale delle imprese. Un importante contributo potrebbe consistere nel fare in modo che le imprese che beneficiano di un credito o cui vengono concessi vantaggi commerciali rispettino in ogni caso almeno le norme fondamentali sul lavoro dell'OIL. Il Comitato constata inoltre che le imprese operanti a livello internazionale stanno già intraprendendo notevoli sforzi per sensibilizzare i loro fornitori e i loro partner commerciali, nel mondo intero ed in particolare nei paesi in via di sviluppo, ai vantaggi derivanti dal miglioramento delle condizioni di lavoro, e per conseguire miglioramenti, tramite incentivi, incoraggiamenti, consigli e il loro stesso esempio(2). Questi sforzi, che si iscrivono in una strategia a lungo termine, saranno tanto più efficaci quanto i paesi interessati creeranno condizioni quadro favorevoli e concederanno alle imprese il margine di manovra necessario per sfruttare il loro potenziale d'innovazione.

2.16. Anche il comportamento finanziario delle imprese rappresenta un elemento del comportamento socialmente responsabile (per es. riciclaggio di denaro sporco, corruzione, paradisi fiscali). Per quanto concerne in particolare gli investimenti socialmente responsabili (ISR), il Comitato raccomanda di affinare i criteri utilizzati nei processi di valutazione o di classificazione del comportamento socialmente responsabile delle imprese. Dovrebbero basarsi su elementi comparabili (per la tutela dell'ambiente, ad es., non avrebbe alcun senso applicare gli stessi criteri ad un'impresa siderurgica e a una banca). Inoltre le imprese non dovrebbero poter essere escluse solo in base ai loro prodotti e/o al loro settore di attività (per es. petrolio, microchip o produzione di alluminio). Nel complesso occorre migliorare le condizioni quadro per gli ISR; ciò comprende anche gli accordi giuridici e contrattuali collettivi a livello mondiale ed europeo.

3. I livelli d'azione - il livello europeo

3.1. Nel Libro verde la Commissione europea solleva la questione di un nuovo quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese. Le imprese sono una componente dell'intera società ed esplicano le loro attività in un ambiente sociale caratterizzato da leggi e disposizioni salariali che regolamentano il mercato del lavoro, equilibrano gli interessi delle parti e tutelano i lavoratori. Ciò è accettato da tutte le parti in causa e costituisce, in Europa, la base sulla quale si fonda la responsabilità sociale delle imprese, senza che ciò intacchi il quadro giuridico (politica sociale e ambientale).

3.2. La partecipazione e la consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti è regolamentata, a livello europeo, dalla direttiva sui comitati d'impresa europei nonché dalla direttiva sull'informazione e sulla consultazione dei lavoratori e, all'interno dei singoli Stati membri, in modi diversi, per lo più da norme giuridiche. Il Comitato esorta all'applicazione coerente delle disposizioni vigenti in modo che la trasformazione industriale possa avvenire in modo socialmente responsabile grazie ad un corretto equilibrio fra gli interessi delle parti.

3.3. Considerato il quadro esistente in ambito sociale, in Europa è opportuno anzitutto creare un clima psicologico nel quale la responsabilità sociale delle imprese abbia un posto fisso. Il livello europeo costituisce una piattaforma ideale per lo scambio di esperienze di successo e per sensibilizzare le imprese ad inserire la responsabilità sociale nelle loro strategie.

3.4. La responsabilità sociale delle imprese non è compito solo del management e dei rappresentanti dei lavoratori. Lo Stato, i comuni, i singoli cittadini e la società civile devono apportare il loro contributo alla responsabilità sociale. Il Comitato si compiace che la Commissione sollevi questa problematica nel suo Libro bianco sulla governance europea.

3.5. Le imprese dipendono dalle condizioni quadro che trovano nel paese in cui esercitano la loro attività economica. Così, ad esempio, non è obbligatorio rispettare una convenzione dell'OIL in un paese che non l'ha ratificata né recepita nella legislazione nazionale. Tuttavia se le imprese non possono e non devono essere chiamate a compensare le negligenze dei governi, la loro responsabilità sociale deve indurle a fare meglio di quanto non impongano loro gli obblighi giuridici. A tal fine la dichiarazione tripartita dell'OIL sulle imprese multinazionali costituisce un importante quadro di riferimento. Il Comitato sottolinea che le norme fondamentali sul lavoro dell'OIL, in quanto parte dei diritti dell'uomo, devono essere rispettate in tutti gli Stati membri dell'OIL, indipendentemente dalla loro ratifica. Ogni Stato membro, in qualità di membro dell'OIL, è tenuto a far sì che vengano rispettate le norme fondamentali sul lavoro - diritti sindacali, libertà di contrattazione collettiva, divieto del lavoro minorile, del lavoro forzato e delle discriminazioni - ed è responsabile del rispetto di queste norme da parte delle imprese. Agli Stati europei spetta il particolare compito di recepire nel diritto nazionale le norme sul lavoro dell'OIL. In linea generale l'Unione europea può impegnarsi anche già a monte facendo in modo che, in sede di elaborazione di accordi internazionali, questi ultimi raccolgano un ampio consenso e vengano sottoscritti dal maggior numero possibile di paesi.

3.6. Il Comitato attribuisce una particolare importanza al principio della volontarietà delle misure di responsabilità sociale delle imprese. La creazione di un quadro europeo dettagliato e vincolante non sarebbe appropriato. Standard dettagliati ed omogenei in materia di responsabilità sociale rischiano infatti di mettere una camicia di forza alle imprese, in particolare alle PMI e alle imprese dell'economia sociale. Le imprese devono avere la possibilità di elaborare, in funzione della loro situazione specifica, soluzioni settoriali, "su misura" e particolarmente efficaci. Dei principi generali europei fissati dalle parti sociali potrebbero contribuire ad una maggiore diffusione delle misure di responsabilità sociale già applicate a numerose imprese. Il Comitato sarebbe quindi favorevole a che le parti sociali approfondissero singoli aspetti della responsabilità sociale delle imprese, ad esempio nel settore sanitario, della protezione dei lavoratori o della promozione delle pari opportunità. Lo specifico quadro dell'UE in materia di responsabilità sociale delle imprese potrebbe essere elaborato sulla base di iniziative comuni e di accordi volontari fra le parti sociali, come è accaduto ad esempio nel settore tessile. La Commissione potrebbe contribuire alla trasparenza, alla coerenza e alle buone pratiche in tale ambito, promovendo il partenariato tra gli attori chiave della responsabilità sociale.

3.7. La responsabilità sociale delle imprese comporta al tempo stesso aspetti qualitativi e quantitativi che variano a seconda del settore e della situazione delle imprese, quindi anche l'accompagnamento e la valutazione devono essere concepiti in modo differenziato.

3.8. Il Comitato accoglie con favore le misure che sostengono e promuovono la diffusione di buoni esempi di comportamento socialmente responsabile. Negli Stati membri esistono già numerosi reti di questo tipo (per es. l'"Observatoire de la responsabilité sociétale des entreprises" - ORSE - in Francia).

4. I livelli d'azione - il livello nazionale/locale

4.1. Il Libro verde sottolinea l'impatto delle misure in materia di responsabilità sociale delle imprese a livello locale. Il Comitato osserva che le imprese dell'economia sociale sono per lo più delle PMI o delle microimprese che vedono nella dimensione locale della responsabilità sociale delle imprese il loro compito principale. L'impegno locale di queste imprese per la responsabilità sociale e ambientale si basa su una prospettiva economica a lungo termine, dato che esse si impegnano per il bene comune (servizi di prossimità, misure d'integrazione, progetti ambientali, ecc.). La Commissione dovrebbe insistere maggiormente su questa dimensione già esistente della responsabilità sociale delle imprese a livello locale.

4.2. Il Comitato constata che la responsabilità sociale delle imprese comporta al tempo stesso la promozione della disponibilità a comunicare e ad apprendere costantemente. Le persone con una buona capacità comunicativa e aperte a nuove conoscenze sono anche capaci di una buona convivenza sociale, che non conosce intolleranze e discriminazioni in base all'appartenenza etnica, alla disabilità, all'orientamento sessuale o al sesso. Chi conosce altre culture, stili di vita o modi di pensare, sarà aperto ad accoglierli. Questa missione spetta agli istituti di istruzione, alla politica per le famiglie e all'economia. È una sfida che la globalizzazione lancia alla società odierna.

4.3. Le imprese orientate verso il futuro hanno bisogno di collaboratori competenti, capaci di muoversi liberamente e autonomamente nella società della conoscenza e dell'informazione. La condizione preliminare per l'applicazione e l'integrazione di nuovi sviluppi è costituita dalla qualificazione delle risorse umane e dalla loro disponibilità e capacità di apprendere lungo tutto l'arco della vita. Il Comitato ritiene che i governi, l'economia, le parti sociali e gli individui siano tutti chiamati a partecipare nella stessa misura a tale processo. I rispettivi ruoli devono essere chiaramente definiti in un dialogo aperto.

4.4. La politica per la famiglia, la politica dell'istruzione e la politica economica non devono più essere viste isolatamente. Si deve fare in modo che per le famiglie sia più facile avere figli, che le donne possano proseguire la loro attività professionale qualificata e che i bambini abbiano le migliori opportunità di istruzione. L'economia deve tenere conto delle esigenze dei lavoratori, che sono padri e madri di famiglia, e praticare una strategia d'impresa a favore delle famiglie, ovvero socialmente responsabile.

4.5. La responsabilità sociale delle imprese richiede non solo la conseguente disponibilità da parte della direzione dell'impresa e una strategia d'impresa socialmente responsabile; essa ha bisogno anche di persone, di lavoratori che siano disposti a sostenere la responsabilità sociale delle imprese nella loro personale sfera d'attività e a comportarsi di conseguenza. Il Comitato ritiene pertanto particolarmente importante investire nello sviluppo del senso civico dei cittadini. È un ruolo che spetta ai sistemi d'istruzione che devono trasmettere, fin dalla scuola materna, una cultura della convivenza basata sui principi di solidarietà e di responsabilità. Le famiglie devono essere incoraggiate ad impegnarsi con i loro figli a favore della collettività. Le imprese possono migliorare le condizioni quadro per l'impegno civico, possono ricompensare con premi l'impegno socialmente responsabile, possono creare incentivi per incoraggiare il personale ad impegnarsi sul piano sociale.

4.6. Il Comitato accoglie con favore l'approccio che prevede di avvalersi di reti di responsabilità sociale a livello locale e regionale, come spesso già avviene. In tali reti le imprese, le parti sociali e i pubblici poteri cooperano con gli altri soggetti della società civile organizzata, per elaborare e realizzare obiettivi comuni in materia di responsabilità sociale. Si deve tuttavia evitare di gravare le PMI, a livello locale, con ulteriori oneri burocratici ed amministrativi.

5. Osservazione conclusiva

5.1. La responsabilità sociale delle imprese rappresenta un tema centrale per il Comitato che intende seguirne ed accompagnarne gli sviluppi con estrema attenzione e in modo attivo. Il Comitato spera che la Commissione europea, nell'approfondire ulteriormente la tematica, tenga conto delle suddette osservazioni. Il principio della volontarietà, quello della sostenibilità ambientale, economica e sociale e l'orientamento in base agli accordi già conclusi dalle organizzazioni internazionali dovrebbero costituire il quadro di riferimento per le ulteriori attività della Commissione europea, al fine di sostenere gli sforzi delle imprese che intendono operare in modo socialmente responsabile.

Bruxelles, 20 marzo 2002.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale

Göke Frerichs

(1) Cfr. parere CES in merito alla "Proposta di decisione del Consiglio relativa all'anno europeo delle persone con disabilità - 2003", GU C 36 del 8.2.2002.

(2) Per esempi concreti cfr.

http://oracle02.ilo.org:6060/dyn/basi/vpisearch.first

http://www.csreurope.org/csr_europe/Databank/databankindex.htm

http://www.csrforum.com/csr/csrwebassist.nsf/content/a1c2a3.html

http://www.business-impact.org/bi2/case_studies_2k/

ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale

Emendamenti respinti

I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto un numero di voti favorevoli pari ad un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso del dibattito.

Da inserire prima della parte generale

"1.1. Preambolo

La maggior parte degli osservatori del comportamento delle imprese sarebbero d'accordo sul fatto che esse dispongono di un ampio potenziale per ottenere dei buoni risultati, dal punto di vista economico e sociale, per le parti interessate come pure per soddisfare gli obblighi che hanno verso gli azionisti. Per tradizione, la ragion d'essere stessa delle imprese è economica. Conseguendo la sua finalità economica l'impresa assolve anche i propri obblighi giuridici e contrattuali nei confronti delle parti interessate. Negli ultimi trent'anni si è rafforzata la tendenza da parte di imprese, politici e osservatori, a ritenere che alcune imprese, operando su base volontaria, dispongano anche di un notevole potenziale per gratificare le parti interessate anche attraverso programmi di responsabilità sociale delle imprese stesse. Tali programmi devono essere coerenti con la finalità economica dell'impresa e in genere s'incentrerebbero su strategie aziendali mirate alla sopravvivenza dell'impresa e al suo successo nel medio/lungo periodo. Il mancato conseguimento della finalità economica aziendale non solo rende impossibile far fronte alla responsabilità sociale dell'impresa, ma significa anche che le parti interessate subiscono un pregiudizio sociale enorme. Quando raggiungono il loro obiettivo economico, le imprese dispongono di un notevole potenziale per migliorare il mondo in cui viviamo. Il Comitato auspica che, al momento opportuno, nel Libro bianco la Commissione tenga in maggiore considerazione le finalità economiche dell'impresa."

Motivazione

Il Libro verde non annette la dovuta importanza alla portata del contributo sociale offerto dalle imprese quando raggiungono i loro obiettivi economici.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 45, voti contrari: 79, astensioni: 11.

Da inserire prima della parte generale

"1.2. Finalità economica dell'impresa

1.2.1. L'obiettivo primario di un'impresa è economico e i suoi rapporti e le sue responsabilità principali sono giuridiche e contrattuali, non volontarie. In effetti, tutti gli elementi della coesione sociale - occupazione, coesione comunitaria, coesione sociale nazionale, vecchiaia sostenuta da risparmi e investimenti - si possono realizzare solo se le società raggiungono i loro obiettivi economici d'impresa.

1.2.2. La redditività è un parametro essenziale per i risultati di un'impresa. Il profitto le consente di agire in maniera competitiva e d'investire nel futuro. La redditività di un'impresa è messa continuamente alla prova dalla sfida delle forze del mercato. Queste ultime modificano continuamente l'ambiente di mercato di una società. Un'impresa raggiunge il suo obiettivo se sopravvive a queste sfide e prospera. Per ottenere tale risultato il modello economico di un'impresa dev'essere sostenibile a lungo termine.

1.2.3. I rapporti delle parti interessate sono giuridici e contrattuali, tuttavia solo sopravvivendo e prosperando un'impresa può soddisfare i suoi obblighi di salvaguardare l'occupazione e la qualità dell'occupazione, di mantenere gli ordini ai fornitori, di intrattenere con loro rapporti di partnership, di soddisfare la domanda dei consumatori e garantire infine la soddisfazione dei clienti.

1.2.4. Nella comunità in cui è situata, un'impresa che ha successo preserva l'occupazione, sostenendo i lavoratori e le loro famiglie, che a loro volta fanno affidamento sui fornitori locali di beni e servizi; un'impresa di successo è essa stessa cliente importante dei fornitori locali di beni e servizi e la stessa impresa fornisce linfa vitale economica alla sua collettività e ne favorisce la coesione sociale.

1.2.5. Un'impresa che ha successo paga le tasse sui profitti; percepisce le tasse dai suoi lavoratori per il governo e contribuisce con esse ai fondi di sicurezza sociale. Inoltre essa paga e riscuote il gettito IVA per conto del governo. L'impresa è la componente centrale del sistema fiscale nazionale che a sua volta finanzia il modello sociale.

1.2.6. Una percentuale dei profitti di un'impresa di successo viene pagata agli azionisti sotto forma di dividendi. In misura sempre maggiore gli stessi azionisti sono rappresentati da fondi pensione e imprese assicurative che gestiscono i risparmi accumulati nel tempo dai singoli in previsione della vecchiaia. Sono sistemi che fanno affidamento sui profitti e sui dividendi delle imprese.

1.2.7. Il profitto è la misura del successo di un'impresa. La diminuzione dei profitti non solo nuoce ai risparmi a lungo termine dei singoli, ma ha anche un impatto sull'occupazione, sui fornitori e sui clienti nonché sulle entrate del governo. Per questo un'impresa non dovrebbe sacrificare il profitto a breve termine senza attese di profitto nel medio/lungo termine."

Motivazione

Il Libro verde non riconosce che la società civile e la coesione sociale dipendono dal raggiungimento da parte delle imprese dei loro obiettivi economici d'impresa.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 47, voti contrari: 86, astensioni: 17.

Da premettere alla parte generale

"1.3. Definizione di responsabilità sociale delle imprese

1.3.1. La responsabilità sociale delle imprese è un concetto in continua evoluzione che richiede un impegno con le parti direttamente interessate, la società e l'ambiente, e che dovrebbe anche essere favorevole agli interessi degli azionisti, specialmente se supporta la sostenibilità a lungo termine del modello economico.

1.3.2. Le parti direttamente interessate sono i clienti, i fornitori e i dipendenti. I rapporti fondamentali con le parti interessate sono contrattuali e giuridici. Estensioni volontarie dei rapporti con le parti interessate possono comprendere accordi per dimostrare comportamenti socialmente responsabili. Per esempio, ai clienti si possono offrire prodotti provenienti da fonti o subfornitori socialmente responsabili, le condizioni di occupazione possono essere 'positive' in molti sensi e prevedere maggiori investimenti nelle risorse umane.

1.3.3. Nel caso di estensioni dei rapporti con le parti direttamente interessate, in genere le aziende cercano di dimostrare, adducendo giustificazioni economiche, che queste azioni e i relativi costi sono nell'interesse degli azionisti. Ciò può comportare tempi lunghi e in alcuni casi può richiedere una 'formazione' degli azionisti.

1.3.4. Una dimensione più complessa della responsabilità sociale delle imprese tocca la comunità locale in cui l'azienda opera come pure la collettività in senso più ampio. In tale contesto la giustificazione economica può risultare meno evidente e i risultati sono più spesso a lungo termine.

1.3.5. È nel contesto della società in generale che si presenta la questione di primaria importanza della sostenibilità. Si deve raggiungere un obiettivo fra la sostenibilità dell'impresa, ovvero la sua capacità di sopravvivere e ad aver successo, e lo sviluppo sostenibile in generale, con i suoi tre aspetti - economico, sociale e ambientale. Il quadro giuridico e normativo per lo sviluppo sociale dovrà forse essere sviluppato per integrare le iniziative nel settore della RSI. In effetti, le iniziative in questo settore possono incentivare e informare tale legislazione o regolamentazione.

1.3.6. La responsabilità sociale delle imprese è per definizione volontaria. Esistono tuttavia delle strutture quadro. Le aziende possono sviluppare codici deontologici che definiscono un comportamento etico e responsabile nei confronti delle parti interessate e della collettività. Inoltre, le imprese si uniscono per mettere in comune le proprie risorse. Gran parte delle attività commerciali di una comunità hanno una dimensione filantropica.

1.3.7. Alla luce dell'analisi sopra tracciata il CES approva la definizione fornita al paragrafo 20 del Libro verde secondo la RSI è la 'integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate'."

Motivazione

Nel parere non figura alcuna definizione della responsabilità sociale delle imprese. È utile contrapporre e comparare la responsabilità sociale delle imprese con gli obiettivi economici delle imprese.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 40, voti contrari: 95, astensioni: 19.

Punto 1.3

Prima dell'ultima frase inserire: "I sindacati hanno contribuito in modo decisivo a far evolvere tale quadro."

Esito della votazione

Voti favorevoli: 59, voti contrari: 76, astensioni: 11.

Punto 1.4, ultima frase

Modificare come segue: "Ma il dialogo fra datori di lavoro e sindacati deve soprattutto contribuire...."

Esito della votazione

Voti favorevoli: 56, voti contrari: 83, astensioni: 13.

Punto 1.5, quinta frase

Sostituire "realizzare dei profitti" con "mirare alla competitività".

Esito della votazione

Voti favorevoli: 46, voti contrari: 81, astensioni: 9.

Punto 1.5

Al termine dell'ultima frase aggiungere quanto segue: "per restituire alla sfera sociale ed a quella ambientale quanto è stato preso in prestito all'atto dell'insediamento (presenza di alloggi, infrastrutture sanitarie, istruzione di base e superiore, trasporti...)"

Motivazione

Dato che gli interessi degli azionisti, dei lavoratori e dei loro rappresentanti, dei clienti, dei fornitori, dei comuni, della società, ecc. si trovano tutti sul medesimo piano...

Esito della votazione

Voti favorevoli: 39, voti contrari: 71, astensioni: 15.

Punto 1.7

Completare l'ultima frase come segue: "...il successo imprenditoriale è la condizione necessaria ed irrinunciabile per poter assumere la responsabilità sociale..."

Motivazione

Risulta evidente dal testo.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 61, voti contrari: 82, astensioni: 10.

Punto 1.8

Al termine della prima frase aggiungere: "... lungo tutto l'arco della vita, nonché lo sviluppo dell'accesso alla formazione e l'investimento nella formazione continua per tutte le categorie di lavoratori."

Esito della votazione

Voti favorevoli: 66, voti contrari: 67, astensioni: 6.

Punto 1.9, prima frase

Sopprimere quanto segue: "...l'autodisciplina, l'etica professionale..."

Esito della votazione

Voti favorevoli: 54, voti contrari: 66, astensioni: 15.

Punto 1.9

Al termine della prima frase sopprimere "e di valori"

Motivazione

Profitti e libertà, investimenti e rispetto reciproco, consumo e un'esistenza degna non sono valori equivalenti. Possono esservi stretti nessi, ma tali valori nell'attuale fase dell'Europa sociale non possono essere elencati e frammisti senza alcun ordine.

Altrimenti ciò significherebbe che abbiamo già eliminato le cause della povertà, dell'esclusione dal mercato del lavoro: non potremmo che rallegrarcene. Già il dire che "costituiscono i pilastri della nostra comunità economica" pecca d'ottimismo.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 41, voti contrari: 55, astensioni: 10.

Punto 1.11

Aggiungere un brano di frase nel terzo periodo: "Le iniziative concepite all'interno dell'impresa sono accettate molto meglio dai dirigenti rispetto ad un quadro stabilito dall'esterno."

Motivazione

L'idea che i lavoratori, nell'ambito di un'impresa, siano sullo stesso piano dei dirigenti o degli azionisti è tutta da dimostrare. Il legislatore (che definisce la legge) e le parti negoziali (che convengono accordi quadro settoriali o interprofessionali) sono stati eletti o designati in maniera legittima, vuoi a suffragio universale, vuoi con modalità di rappresentazione che poggiano sulla rappresentatività. Si tratta di elementi della democrazia che sono parte integrante degli Stati di diritto, gli Stati membri dell'Unione, e non vi sono sinora elementi che permettano di dimostrare una tale pretesa "inaccettabilità".

Esito della votazione

Voti favorevoli: 34, voti contrari: 60, astensioni: 13.

Punto 2.3

Aggiungere quanto segue dopo l'ultimo periodo: "D'altro canto il Comitato esorta la responsabilità sociale delle imprese a tener conto del fatto che la delocalizzazione delle attività produttive che richiedono lavoratori poco qualificati e l'incoraggiamento all'immigrazione di lavoratori altamente qualificati per far fronte alla 'scarsità di mano d'opera' che affligge le imprese europee, contribuiscono ad indebolire le risorse umane dei paesi interessati."

Motivazione

Non è il caso di chiedere agli Stati di fare sforzi di investimento pubblico per l'istruzione delle élite o dei lavoratori futuri se ciò servirà solamente ad incoraggiare la fuga dei cervelli. Si tratta di una questione che rientra nella sfera della responsabilità sociale delle imprese.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 37, voti contrari: 89, astensioni: 12.

Punto 2.4

Aggiungere quanto segue dopo l'ultimo periodo: "Tuttavia la responsabilità sociale delle imprese, dato il suo carattere volontario, permette alle imprese europee presenti in tali paesi di non ricorrere al lavoro minorile, anche qualora non lo impedisca la legislazione locale. La RSE può incoraggiare le imprese, in questi stessi paesi, ad offrire ai genitori salari superiori a quelli offerti ai loro bambini, pur mantenendoli ancora a livelli assai inferiori a quelli europei."

Motivazione

È un esempio eccellente, nell'ambito del quale si può ammettere che non vi è in tal caso differenza alcuna tra responsabilità sociale e societale delle imprese, mentre il carattere volontario della RSE può permettere di andare oltre le legislazioni nazionali.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 48, voti contrari: 71, astensioni: 11.