COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Un’Europa aperta e sicura: come realizzarla /* COM/2014/0154 final */
COMUNICAZIONE
DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E
SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Un’Europa
aperta e sicura: come realizzarla Introduzione Negli ultimi
cinque anni sono state elaborate politiche intese a rendere l’Europa più aperta
e sicura. Nel giugno 2014 il Consiglio europeo stabilirà gli orientamenti
strategici per un ulteriore sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e
giustizia. Riconoscendo la
necessità di risposte comuni a livello europeo per affrontare le sfide comuni,
il Consiglio potrà basarsi sui notevoli progressi conseguiti da quando, nel
2009, il programma di Stoccolma ha fissato i suoi ambiziosi obiettivi. Da
allora, è stato definitivamente concordato un sistema europeo comune di asilo,
che introduce norme migliori per le persone in cerca di protezione; è stato
rafforzato lo spazio Schengen, una delle realizzazioni più popolari del
progetto europeo; sono stati potenziati i canali della migrazione regolare;
sono state fissate condizioni più chiare per l’ingresso e il soggiorno ed è
entrato in vigore un insieme comune di diritti per i migranti; la politica
comune dei visti ha subito importanti modifiche che hanno semplificato l’ingresso
dei viaggiatori in regola nell’Unione europea, contribuendo alla sua crescita
economica; è stato abolito l’obbligo del visto per una serie di paesi. Nel settore
della sicurezza, la legislazione e la cooperazione pratica forniscono oggi
strumenti comuni per aiutare a proteggere le società e le economie europee
dalla criminalità organizzata e dalle forme gravi di criminalità. L’aumento
della cooperazione in materia di contrasto alla criminalità si è dimostrato
essenziale per reagire a problemi comuni come la tratta degli esseri umani, il
terrorismo, la criminalità informatica e la corruzione. È stato inoltre
creato un quadro per le politiche di migrazione e asilo esterne dell’UE, che
consente all’Unione di impegnarsi in maniera coerente con i paesi del vicinato
e con gli altri paesi terzi, e di contribuire a iniziative in corso nell’ambito
delle Nazioni Unite e a livello nazionale nel settore della migrazione e dello
sviluppo. Malgrado le
grandi realizzazioni conseguite dal programma di Stoccolma, il lavoro non è
affatto finito: resta ancora molto da fare per garantire la piena applicazione
ed esecuzione degli strumenti esistenti. Occorre recepire in modo coerente la
normativa sull’asilo. Il quadro giuridico di una politica comune della migrazione
dev’essere ancora completato e sono necessari ulteriori sforzi mirati all’integrazione.
Vanno affrontati i problemi di sicurezza, tenendo conto dell’evidente necessità
di potenziare la cooperazione tra Stati membri e agenzie dell’UE per il
contrasto alla criminalità. Il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia della
normativa e delle politiche devono formare parte integrante del ciclo programmatico. L’UE e gli Stati
membri dovranno inoltre affrontare nuove sfide. L’Europa è parte di un mondo
globalizzato e interconnesso, in cui la mobilità internazionale è destinata a
crescere. Il numero di persone che desiderano entrare in Europa – alcune
temporaneamente, come turisti, studenti e fornitori di servizi, altre su base
più permanente, per lavorare o per ottenere protezione – non farà che
aumentare. L’UE dovrà far fronte a cambiamenti demografici, all’urbanizzazione,
a società sempre più diversificate e a carenze sul mercato del lavoro. Sarà
cruciale sfruttare al massimo i vantaggi che le politiche in materia di Affari
interni possono offrire per potenziare la crescita economica e attirare in
Europa persone con le giuste competenze, nonché viaggiatori in regola. L’Europa si
troverà inoltre ad affrontare le conseguenze dell’instabilità di cui soffrono
varie regioni del mondo, in particolare il suo vicinato. Eventi come la Primavera
araba e l’attuale crisi in Siria richiedono risposte adeguate e coordinate ai
flussi migratori misti, e occorrerà impegnarsi di più per evitare che si ripetano
tragedie nel Mediterraneo. La tecnologia in
rapido sviluppo offre nuove opportunità di crescita economica e trasforma
radicalmente i contatti e le relazioni interpersonali: tutti cambiamenti che
portano con sé nuove sfide alla sicurezza. La criminalità informatica suscita
preoccupazioni crescenti, la tratta di esseri umani si sviluppa in modo sempre
più sofisticato, la criminalità organizzata transfrontaliera si manifesta in
nuove forme e il terrorismo continua a minacciare la sicurezza. Dobbiamo
sfruttare le innovazioni tecnologiche e la scienza, che possono contribuire ad
affrontare questi problemi. L’UE dovrà continuare a mobilitare gli strumenti
essenziali per la sicurezza in termini di preparazione e resilienza,
specialmente tramite il programma di ricerca e sviluppo Orizzonte 2020. In un mondo
sempre più interdipendente, le questioni di Affari interni devono essere
integrate nel contesto generale della politica estera dell’UE, rafforzando il
dialogo e la cooperazione con i paesi terzi. La coerenza e l’armonizzazione con
la politica estera aiuteranno a prevedere le sfide, a raggiungere meglio gli
obiettivi dell’UE, a promuoverne i valori e a rispettarne gli obblighi
internazionali in materia di diritti umani. Questa
riflessione strategica avviene in un periodo in cui l’Europa sta gradualmente
uscendo da una crisi economica e sociale che ha avuto pesanti conseguenze: un
livello di disoccupazione tuttora elevato e società più vulnerabili ed esposte
alla xenofobia. È in queste circostanze che i leader politici devono agire con
decisione per realizzare un’Europa aperta e sicura, in cui siano garantiti i
diritti fondamentali sulla base della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, che dev’essere rispettata dalle istituzioni dell’UE nell’adottare e
nell’attuare la normativa e dagli Stati membri laddove agiscono in applicazione
del diritto dell’Unione. Le politiche nel settore degli Affari interni
promuovono e proteggono i valori europei e permettono ai cittadini di vivere in
sicurezza, godendo della ricca diversità delle nostre società. Nel preparare la
presente comunicazione, la Commissione ha consultato una vasta gamma di
interessati e parti in causa, in particolare tramite la conferenza “Un’Europa
aperta e sicura: quali sono i prossimi passi?”, svoltasi il 29 e 30 gennaio
2014, e mediante una consultazione pubblica che ha beneficiato di molti
contributi. Si è inoltre discusso delle future politiche nell’ambito del
Parlamento europeo, del Consiglio, del Comitato delle regioni e dei consigli di
direzione delle agenzie dell’UE. Il dibattito
sulle politiche di Affari interni deve basarsi sui fatti. A questo scopo, il
documento di lavoro dei servizi della Commissione allegato alla presente
comunicazione presenta una selezione di dati statistici pertinenti a questa
riflessione. Le priorità
politiche 1. Una politica
efficace di migrazione e mobilità I cambiamenti
demografici, soprattutto la contrazione della popolazione europea in età
lavorativa, associati a notevoli carenze di lavoratori qualificati in
determinati settori (soprattutto l’ingegneria, le tecnologie dell’informazione
e l’assistenza sanitaria), ostacolano la produttività dell’UE e pertanto la sua
ripresa economica. L’aumento della concorrenza a livello mondiale per
accaparrarsi le competenze e i talenti, che colpisce i mercati del lavoro di
molti Stati membri, costituirà un fattore decisivo per la prosperità economica
europea nel prossimo decennio. Negli ultimi 15
anni, l’UE ha seguito un approccio settoriale alla migrazione regolare,
elaborando un quadro giuridico comune che disciplina l’ammissione di talune
categorie di persone, ne riconosce i diritti e sanziona le violazioni. L’Unione
ha inoltre promosso un impegno comune degli Stati membri mirato all’integrazione
e al rimpatrio. È giunto il momento di consolidare tutti questi risultati
elaborando una comune politica migratoria dell’UE più coerente, che tenga conto
anche delle esigenze economiche a breve e a lungo termine. 1.1. Trarre i massimi vantaggi dalla migrazione e
dall’integrazione All’Europa
occorre una politica migratoria ben gestita che contribuisca efficacemente alla
strategia “Europa 2020” per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
L’Europa deve attirare nuovi talenti e competere sulla scena globale. È
importante stabilire sinergie con altri settori d’intervento, garantendo, ad
esempio, la coerenza tra la politica di migrazione e quella di occupazione,
istruzione, sviluppo e commercio, e favorendo gli spostamenti di breve durata
di professionisti altamente qualificati nel settore dei servizi. Attirare e
mantenere studenti internazionali, e promuovere l’istruzione degli immigrati in
posizione regolare, aiuterà a colmare le future carenze di competenze sul mercato
del lavoro dell’UE. Per meglio
identificare i settori economici e le occupazioni in cui è difficile reclutare
manodopera o scarseggiano lavoratori qualificati, occorre organizzare una
valutazione comune del fabbisogno tramite dialoghi strutturali con gli Stati
membri, le imprese e i sindacati sulla domanda di manodopera immigrata e sulla
mobilità correlata agli scambi commerciali. Dal momento che gli Stati membri
possono avere esigenze diverse gli uni dagli altri, una piattaforma di
coordinamento a livello dell’UE sarebbe utile per garantire che la migrazione e
la mobilità incidano positivamente sull’economia dell’Unione. Parallelamente,
occorre potenziare le misure che valorizzano il potenziale degli immigrati già presenti
regolarmente negli Stati membri, poiché i loro tassi di occupazione sono oggi
nettamente inferiori alla media e molti sono maggiormente colpiti dall’esclusione
sociale. I meccanismi esistenti per abbinare domanda e offerta di lavoro, quali
EURES e la Panoramica europea delle competenze, vanno migliorati ed estesi ai
cittadini di paesi terzi. Le misure di preparazione alla partenza possono
aiutare i migranti con informazioni, formazioni o il riconoscimento delle
qualifiche – ma non devono essere considerate una condizione per l’ingresso
nell’UE. Occorre favorire l’imprenditorialità dei migranti garantendo la
stabilità dei permessi e consentendo un facile accesso alle informazioni e alle
opportunità di collegamento in rete. È necessario
occuparsi ulteriormente della trasferibilità dei diritti pensionistici e delle
prestazioni sociali, ad esempio consentendo ai lavoratori migranti di
trasferire i diritti pensionistici professionali tra diversi settori e tra
diversi paesi, compresi i paesi terzi, alla stregua dei cittadini dell’Unione. Per attirare
talenti, l’UE dovrebbe incoraggiare e estendere ulteriormente il riconoscimento
delle qualifiche e delle competenze professionali acquisite all’estero: ciò
favorirebbe anche un buon uso delle competenze e delle qualifiche dei migranti
che soggiornano regolarmente nell’Unione. A questo scopo, l’UE potrebbe anche
intavolare discussioni con i partner internazionali. Sempre al fine di rendere
l’UE una destinazione più attraente, studenti e ricercatori dovrebbero
beneficiare di procedure più semplici e veloci di rilascio del visto. Le norme vigenti
dell’UE sull’ammissione dei migranti e sui loro diritti devono essere attuate
in modo effettivo e coerente da tutti gli Stati membri. Una valutazione dell’attuale
legislazione sulla migrazione legale aiuterebbe a individuare le carenze, ad
aumentare la coerenza e a valutare l’impatto del quadro in vigore. Si
potrebbero prendere ulteriori iniziative per codificare e razionalizzare le
condizioni sostanziali di ammissione, nonché i diritti dei cittadini di paesi
terzi: questo costituirebbe un primo passo verso la realizzazione di uno “spazio
unico della migrazione” allo scopo di agevolare la mobilità dei cittadini di
paesi terzi all’interno dell’Unione, anche tramite il riconoscimento reciproco
dei permessi nazionali. L’Europa è una
società diversificata, nella quale l’integrazione continua a costituire una
sfida. Per favorire la coesione sociale e ottenere i massimi vantaggi dall’immigrazione,
occorre impegnarsi di più per un’autentica integrazione degli immigrati nel
mercato del lavoro e nelle società di accoglienza, prestando maggiore
attenzione all’equilibrio di genere e colmando il notevole divario
occupazionale a svantaggio delle immigrate. Bisogna garantire un trattamento
equo e un accesso non discriminatorio al mercato del lavoro, offrendo un
sostegno mirato ai migranti vulnerabili, specialmente le donne, i giovani e i
minori non accompagnati, e agendo concretamente nell’“interesse superiore del
minore” in conformità della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del
fanciullo. Sulla base del lavoro precedentemente svolto nel settore dell’integrazione,
si potrebbero individuare politiche efficaci e divulgare le migliori pratiche.
Un ulteriore impegno sarà necessario per sviluppare le capacità e per
collaborare con le autorità locali e regionali che sono chiamate a agire in
prima linea dalle politiche d’integrazione. 1.2. Un approccio credibile alla migrazione irregolare
e al rimpatrio La prevenzione e
la riduzione della migrazione irregolare formano parte essenziale di un sistema
migratorio ben gestito. Ridurre la migrazione irregolare richiede una
combinazione di misure. Si tratta di un fenomeno spesso collegato al traffico
di migranti e alla tratta di esseri umani, e alimentato dalla domanda proveniente
dai datori di lavoro che offrono opportunità di impiego illegale. La
cooperazione con i paesi di origine e di transito è essenziale e dovrebbe
costituire una parte integrante dell’azione esterna dell’UE, compresa la
cooperazione allo sviluppo. Si potrebbe
svolgere una valutazione accurata della attuali norme sul traffico di migranti
e delineare una nuova strategia generale dell’UE che sfrutti al meglio gli
strumenti esistenti, affrontando la migrazione irregolare dal punto di vista
della domanda e contrastando le reti criminali coinvolte. È opportuno aumentare
le misure preventive, ad esempio le campagne d’informazione nei paesi di
origine e di transito sui rischi che comporta la migrazione irregolare. L’Unione
continuerà a dare la preferenza al rimpatrio volontario; dovrebbe quindi prendere
in considerazione misure europee di rimpatrio volontario assistito e
reintegrazione, da attuare in stretta cooperazione con i paesi di origine, le
organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative. Parallelamente,
l’UE deve continuare a collaborare con i paesi terzi per garantire la piena
applicazione degli obblighi di riammissione previsti dagli accordi internazionali
conclusi con tali paesi, che permettono il rimpatrio effettivo dei cittadini di
paesi terzi privi di diritti di soggiorno nell’UE. Occorrerà valutare la
possibilità di concludere nuovi accordi di riammissione con altri importanti
paesi di origine, sfruttando al contempo tutte le possibilità offerte dalla
politica estera dell’UE. L’Unione dovrebbe continuare a garantire l’esecuzione
delle misure di rimpatrio sulla base di norme comuni che consentano un
rimpatrio credibile e umano, nel rispetto dei diritti fondamentali e della
dignità di ogni persona. 2. Schengen, visti e frontiere esterne 2.1.
Schengen La creazione
dello spazio Schengen, in cui i cittadini possono viaggiare senza essere
sottoposti a controlli, è un cardine fondamentale della costruzione europea.
Ogni anno i cittadini europei compiono più di 1,25 miliardi di viaggi per
turismo, affari o visite ad amici e parenti in tutta Europa, senza ostacoli
alle frontiere interne. Oltre a raccogliere il favore dei cittadini, questa
libertà di circolazione apporta enormi benefici all’economia europea. Lo spazio
Schengen dev’essere completato. È quindi prioritario attuare concretamente le
modifiche recentemente apportate alla governance di Schengen, contribuendo a
rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati Schengen, a impedire gli abusi e
a consentire all’Unione di gestire situazioni in cui gli Stati membri non
rispettano l’obbligo di controllare le rispettive sezioni di frontiere esterne. Particolare
attenzione va dedicata al corretto funzionamento del Sistema d’informazione
Schengen (SIS II), per garantire la sicurezza e la libera circolazione delle
persone. Questo compito costituisce una responsabilità centrale dell’Agenzia
europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala (eu-LISA), istituita
nel 2012. Oltre a provvedere al funzionamento efficace dei sistemi di
tecnologie dell’informazione attuali e futuri nel settore degli Affari interni,
nei prossimi anni eu-LISA dovrà realizzare sinergie tra le agenzie dell’UE
competenti per la sicurezza e lo sviluppo dei sistemi IT. 2.2. Rafforzare
l’attuazione della politica comune in materia di visti La politica in
materia di visti dovrebbe facilitare le opportunità di viaggio per i
viaggiatori in regola e rendere lo spazio Schengen una destinazione più
interessante per i cittadini di paesi terzi, mantenendo però elevato il livello
di sicurezza. È nell’interesse dell’UE essere aperta ai visitatori, che
contribuiscono alla crescita economica. È quindi tempo di completare la
politica comune in materia di visti, rivedendo il codice dei visti Schengen al
fine di ottenere un trattamento più convergente di tali visti da parte degli
Stati membri, e completando l’introduzione a livello mondiale del Sistema d’informazione
visti (VIS). Si potrebbe valutare, previa una valutazione d’impatto, la
possibilità di andare verso un sistema basato più sulla valutazione degli
individui che su quella delle cittadinanze. Dovremmo
continuare a incoraggiare la cooperazione consolare e lo scambio d’informazioni
locali, per armonizzare e semplificare il rilascio dei visti, e creare Centri
per i visti Schengen allo scopo di aumentare e razionalizzare la presenza degli
Stati membri nei paesi terzi ai fini dell’accoglimento delle domande di visto e
delle decisioni in merito. Una politica
intelligente in materia di visti dovrebbe comportare anche revisioni periodiche
degli elenchi di paesi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo del visto. Per
incoraggiare una cooperazione più stretta tra l’UE e i paesi partner e
aumentare i contatti interpersonali, nei casi in cui la liberalizzazione non è
ancora un’opzione realistica si potrebbe considerare la possibilità di
concludere accordi di facilitazione del rilascio dei visti. L’attuale prassi di
concludere accordi di riammissione parallelamente ad accordi di facilitazione
del visto si è rivelata utile e va proseguita in futuro. 2.3. Gestione integrata delle frontiere esterne Nel corso degli
anni sono stati realizzati grandi progressi verso una gestione integrata delle
frontiere esterne dell’UE. Grazie alla revisione del suo mandato, Frontex ha
ottenuto un potenziamento del proprio ruolo, che consente un migliore sostegno
agli Stati membri coinvolti in operazioni congiunte e una maggiore cooperazione
con i paesi terzi. Eurosur intensificherà la cooperazione tra gli Stati membri
e FRONTEX, contribuendo alla gestione delle frontiere esterne e aiutando a
salvare vite umane, soprattutto nel Mediterraneo. Occorre inoltre favorire, in
linea con la strategia europea in materia di sicurezza marittima, la
cooperazione tra i soggetti coinvolti nel settore marittimo. Tuttavia, l’aumento
del numero delle persone che si recano nell’UE, destinato a aumentare,
specialmente di coloro che viaggiano per via aerea, impone all’UE di gestire le
frontiere in maniera più moderna ed efficiente, utilizzando tecnologie all’avanguardia.
Occorre da un lato agevolare l’accesso all’Europa per i viaggiatori in regola,
dall’altro rafforzare la sicurezza delle frontiere. È quindi prioritaria l’attuazione
del pacchetto “Frontiere intelligenti”, che comprende un sistema europeo di
ingressi/uscite e il programma per i viaggiatori registrati. Si potrebbero
valutare nuovi approcci a una gestione efficace delle frontiere, tenendo conto
della valutazione della fattibilità di un sistema europeo di guardie di
frontiera. 3. Un sistema
europeo comune di asilo nella pratica Nei prossimi
anni, visto che il numero di richiedenti asilo potrebbe aumentare, l’UE dovrà
affrontare probabilmente sfide importanti in materia di protezione internazionale.
Flussi di migranti complessi e misti mettono sotto pressione le capacità degli
Stati membri di trattare le domande di asilo, di dare accoglienza e di soddisfare
i bisogni dei gruppi vulnerabili, come anche di assicurare l’integrazione di
coloro cui è stata riconosciuta la protezione internazionale. 3.1. Il consolidamento del sistema europeo comune di
asilo È stata adottata
la legislazione sul sistema europeo comune di asilo (CEAS), che permette un
migliore accesso all’asilo alle persone bisognose di protezione, innalza la
qualità delle condizioni di accoglienza e accelera e rende più affidabili le
decisioni in materia di asilo; occorre ora recepirla in modo effettivo e
attuarla con coerenza, se si vuole che gli Stati membri siano in grado di
rispondere alle sfide della protezione internazionale. A questo scopo
svolgerà un ruolo importante l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO),
che contribuirà a migliorare la valutazione delle domande di asilo e armonizzerà
le prassi vigenti nell’UE, anche grazie al monitoraggio delle qualità delle
decisioni in materia di asilo e alla condivisione tra gli Stati membri delle
informazioni relative al paese di origine. È opportuno
elaborare nuove regole sul riconoscimento reciproco delle decisioni in materia
di asilo tra gli Stati membri e un quadro per il trasferimento della
protezione, in linea con l’obiettivo, previsto dal trattato, di creare uno
status uniforme valido in tutta l’Unione. Ciò ridurrebbe gli ostacoli alla
circolazione interna all’UE e faciliterebbe il trasferimento dei benefici
connessi alla protezione da uno Stato membro all’altro. 3.2. Responsabilità e solidarietà Responsabilità e
solidarietà devono andare di pari passo: da un lato gli Stati membri devono
rispettare pienamente le norme dell’acquis dell’Unione, dall’altra
devono aiutare altri Stati membri a far fronte a forti pressioni temporanee
esercitate sui loro sistemi di asilo. Una delle forme
di solidarietà che andrebbero incoraggiate è il ricollocamento dei beneficiari
di protezione internazionale, che negli ultimi anni è stato sperimentato per i
beneficiari provenienti da Malta. Una nuova forma che potrebbe essere
sviluppata nei prossimi anni è il trattamento congiunto delle domande di asilo.
Nei momenti di emergenza si potrebbe anche tentare di mettere in comune i posti
di accoglienza, per evitare che alcuni paesi siano sovraffollati mentre altri abbiano
riserve disponibili. In futuro occorrerà riflettere su altri modi per
distribuire più equamente le responsabilità tra gli Stati membri. 3.3. Prevenzione e gestione delle crisi Il regolamento
Dublino comprende adesso un meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di
gestione delle crisi. Per applicare correttamente ognuna di queste fasi sarà
necessario un maggiore afflusso di informazioni dagli Stati membri alla
Commissione e all’EASO sulla situazione attuale e su eventuali carenze che
potrebbero condurre a una crisi. Sarà quindi necessario aumentare la raccolta
di dati e l’analisi dei rischi sulla base delle informazioni fornite dagli Stati
membri, dalle delegazioni e dalle agenzie dell’UE, dalle organizzazioni
internazionali e da altre fonti. Le carenze dei sistemi di asilo degli Stati
membri vanno evitate tramite misure preventive e la pianificazione di
contingenza. Per rendere l’Unione
più preparata a gestire flussi migratori massicci, occorre valutare il quadro
vigente in materia di protezione temporanea e all’occorrenza modificarlo, per
farne uno strumento più pratico e flessibile. 3.4. Affrontare le sfide esterne e sfruttare i
canali legali di accesso all’asilo nell’UE Gli obiettivi di
promuovere standard elevati di protezione nei paesi di origine e di transito e ridurre
il numero di persone che si espongono a viaggi pericolosi attraverso il Sahara,
il Mediterraneo e altre rotte nella speranza di raggiungere l’Europa vanno
rafforzati quali parti integranti dell’azione esterna dell’UE. È necessario
ampliare il campo di applicazione dei programmi di protezione regionale
esistenti, come quelli nell’Africa settentrionale e nel Corno d’Africa, e
valutare l’opportunità di vararne di nuovi. Tali programmi dovrebbero mirare
maggiormente al potenziamento della capacità delle autorità nazionali di
affrontare i flussi di sfollati, compresa la capacità di ricevere assistenza
internazionale, e promuovere l’impatto positivo dei rifugiati sulle comunità
locali. L’UE dovrebbe
fare in modo che le persone con bisogni fondati di protezione arrivino in modo
più ordinato, riducendo così il raggio d’azione del traffico di migranti e le
tragedie umanitarie. Grazie alla
disponibilità di nuovi fondi e in stretta cooperazione con la politica di
sviluppo, l’UE dovrebbe potenziare l’impegno a favore del reinsediamento, che
può offrire soluzioni a lungo termine alle persone identificate dall’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) come bisognose di
protezione. Per ora il risultato ottenuto dall’UE in materia di reinsediamento
è relativamente modesto: la grande maggioranza dei rifugiati a livello mondiale
continua a essere ospitata dai paesi in via di sviluppo. Tutti e 28 gli Stati
membri dovrebbero dar prova di maggiore solidarietà nei confronti dei paesi
ospitanti del mondo in via di sviluppo, partecipando alle attività di
reinsediamento e assumendosi una maggiore responsabilità. Il
reinsediamento potrebbe essere completato da procedure di ingresso protetto che
permettano alle persone di chiedere protezione senza mettere a rischio la loro
vita nel cercare di raggiungere le frontiere dell’UE, a cominciare da un
approccio coordinato ai visti umanitari e orientamenti comuni. Si potrebbe
avviare uno studio di fattibilità sull’eventuale trattamento congiunto delle
domande di protezione al di fuori dell’Unione europea, fatto salvo l’attuale
diritto di accesso alle procedure di asilo nell’UE. 4. Rafforzare
ulteriormente l’approccio globale in materia di migrazione e mobilità Le iniziative a
favore della libertà, della sicurezza e della giustizia in Europa sono
influenzate anche dagli eventi e dalle evoluzioni che si verificano al di fuori
dell’UE. Il cambiamento politico e l’instabilità, il crescente divario tra
ricchi e poveri e i cambiamenti climatici sono tutti fattori che favoriscono da
un lato una più ampia mobilità volontaria, dall’altro gli spostamenti forzati,
aumentando così la pressione sulle frontiere esterne dell’UE. L’Unione deve
impegnarsi maggiormente sia con i paesi vicini, a Est e a Sud, sia con quelli
più lontani, per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e
forzata. A questo fine, dovrebbe continuare ad aiutare i paesi di origine e di
transito a potenziare le capacità di prevenzione della migrazione irregolare e
di lotta contro il traffico di migranti e la tratta di esseri umani, a
migliorare la gestione delle frontiere e le capacità di asilo e accoglienza. L’UE deve rafforzare
i partenariati con i paesi terzi nel settore della migrazione e della mobilità,
per trarre pieno vantaggio dal quadro e dagli strumenti dell’approccio globale.
I partenariati per la mobilità, in particolare, possono svolgere un ruolo
importante per soddisfare il fabbisogno di manodopera e competenze in Europa e
facilitare la mobilità legata agli scambi commerciali. Anche i dialoghi per la
liberalizzazione del regime dei visti e per la facilitazione del rilascio dei
visti per soggiorni di breve durata possono stimolare la crescita economica
dell’UE e promuovere lo sviluppo dei paesi terzi. È quindi
prioritario rafforzare l’impatto dell’approccio globale nei paesi terzi. Nel
definire obiettivi e azioni occorre tenere debitamente conto di questioni e
priorità di politica estera. La cooperazione tra le varie parti interessate è
essenziale: occorre sfruttare al massimo le capacità del SEAE, comprese le
delegazioni dell’UE, per garantire l’efficienza e la coerenza dell’azione dell’Unione. Nel quadro del programma
sulla migrazione e lo sviluppo, l’UE deve cercare di ottimizzare l’incidenza
della migrazione Sud-Sud sullo sviluppo, integrare la politica migratoria nei
piani nazionali per lo sviluppo e la riduzione della povertà, rafforzare la
coerenza delle politiche per lo sviluppo e promuovere misure di reintegrazione
per i migranti rimpatriati. Tale cooperazione finalizzata a una corretta
gestione delle migrazioni può apportare vantaggi notevoli per lo sviluppo dei
paesi di origine. L’UE dovrebbe
approfondire le relazioni con i paesi del vicinato tramite dialoghi per la
migrazione, la mobilità e la sicurezza e la creazione e l’attuazione di
partenariati per la mobilità. Occorre fare in modo che siano pienamente attuati
i partenariati con il Marocco (firmato nel 2013) e la Tunisia (firmato nel
2014). L’UE dovrebbe continuare a investire nei dialoghi regionali sulla
migrazione e nelle relazioni bilaterali con alcuni paesi prioritari non
interessati dalla politica di vicinato, mantenendo altresì il sostegno ai
diritti umani, alla democrazia, ai valori fondamentali, e al buon governo. 5. Un’Europa della sicurezza Nel 2010 l’UE ha
adottato la prima strategia di sicurezza interna (ISS) con il relativo piano d’azione.
La strategia si concentra su settori prioritari nei quali un’azione comune a
livello dell’UE permetterebbe di affrontare le principali minacce alla
sicurezza contribuendo all’impegno degli Stati membri. Riconoscendo l’esigenza
di rafforzare la sicurezza e al contempo di rispettare pienamente i diritti
fondamentali, ivi compresa la protezione dei dati personali e della vita
privata, la strategia si propone cinque obiettivi strategici: 1) smantellare le
reti criminali internazionali, 2) prevenire il terrorismo e contrastare la
radicalizzazione e il reclutamento, 3) aumentare i livelli di sicurezza per i
cittadini e le imprese nel ciberspazio, 4) rafforzare la sicurezza attraverso
la gestione delle frontiere, 5) aumentare la resilienza dell’Europa alle crisi
e alle calamità. Questi obiettivi rimangono validi, ma le sfide evolvono: la
Commissione, gli Stati membri e il Parlamento europeo dovrebbero pertanto
elaborare insieme una versione aggiornata della strategia di sicurezza interna
per il periodo 2015-2020, rivedendo le azioni previste per ciascun obiettivo.
Promuovendo un approccio basato sulla prevenzione e sul contrasto alla
criminalità, la nuova strategia dovrebbe altresì incoraggiare maggiori sinergie
tra il settore degli Affari interni e altri settori connessi alla sicurezza
interna, quali i trasporti, il mercato interno, l’unione doganale, la ricerca e
lo sviluppo, il mercato digitale, la protezione civile e le relazioni esterne.
La ricerca nel settore della sicurezza è stata finora finanziata nell’ambito
del 7° programma quadro di ricerca e sviluppo; per il prossimo
programma, Orizzonte 2020, è previsto un maggiore impegno. L’UE continuerà a
sostenere il settore europeo della sicurezza allo scopo di conseguire priorità
strategiche in questo ambito. 5.1.
Smantellare le reti criminali internazionali La penetrazione
dei gruppi criminali organizzati nell’economia dell’UE costituisce un rischio
per la sicurezza. Le forme gravi di criminalità aventi una dimensione
transfrontaliera, quali corruzione, tratta di esseri umani, droga, armi da
fuoco e altre merci illecite, e sfruttamento sessuale dei minori, causano gravi
danni alle vittime e all’intera società. Parecchie di queste minacce assumono
dimensioni più ampie. La criminalità organizzata è sempre più flessibile e sta
sviluppando le sue attività tanto all’interno quanto all’esterno delle
frontiere europee, continuando a minacciare gravemente la sicurezza interna
dell’UE ed esercitando potenziali effetti destabilizzanti sui paesi terzi. L’UE deve
continuare ad adeguare e rafforzare la risposta a queste minacce, coordinando l’azione
sia al proprio interno che oltre le frontiere. A questo scopo è essenziale una cooperazione
operativa tra le autorità degli Stati membri, incentrata su priorità concordate
a livello dell’UE nell’ambito del ciclo programmatico per contrastare la
criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale. Occorre
rafforzare la fiducia reciproca e ricorrere più ampiamente alle squadre
investigative comuni (SIC) e altre operazioni congiunte, con il sostegno dei
fondi e delle agenzie dell’UE. L’azione dell’UE dovrà garantire che la
cooperazione pratica delle SIC non sia ostacolata da norme nazionali divergenti
in materia di tecniche investigative, e occorre tenerne conto. È inoltre
opportuno intensificare lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto
degli Stati membri e le agenzie competenti dell’UE, nonché tra un’agenzia e un’altra,
utilizzando pienamente gli strumenti esistenti dell’Unione. Il ruolo di Europol
come punto nodale dello scambio di informazioni nell’UE va potenziato, in
stretta cooperazione con gli Stati membri, l’OLAF e FRONTEX. Tutti gli Stati
membri devono istituire punti di contatto unici, tenendo conto del quadro di
cooperazione doganale esistente. Si potrebbe aumentare l’interoperabilità dei
sistemi di scambio di informazioni, tenendo conto degli sviluppi nel più vasto
ambito delle soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni
europee. Per sostenere la
cooperazione pratica, occorre sviluppare ulteriormente la formazione a livello
dell’UE rivolta al personale preposto all’azione di contrasto, attuando
completamente nei prossimi anni il programma di formazione europea delle
autorità di contrasto, allo scopo di far partecipare un numero elevato di
agenti di ogni grado delle forze di polizia, delle guardie di frontiera e dei
funzionali doganali. Allo stesso
tempo, l’UE deve intensificare gli sforzi mirati specificamente ai reati che
causano i maggiori danni alle vittime e alla società. La corruzione mina la
fiducia nella democrazia, danneggia il mercato interno, scoraggia gli
investimenti esteri, sottrae entrate fiscali alle autorità pubbliche e agevola
le attività dei gruppi criminali organizzati. Per combattere più efficacemente
questo fenomeno, gli Stati membri dovrebbero seguire i suggerimenti formulati
nella relazione dell’UE sulla lotta alla corruzione, la cui pubblicazione
dovrebbe proseguire nei prossimi anni. Le misure anticorruzione dovrebbero
essere meglio collegate ai settori strategici dell’UE e i finanziamenti dell’Unione
dovrebbero sostenere lo sviluppo di capacità istituzionali e amministrative.
Occorre inoltre sviluppare di più la cooperazione tra istituzioni dell’UE,
Stati membri e organizzazioni internazionali. I gruppi
criminali organizzati sono attirati dai forti guadagni del traffico illecito, della
corruzione, della criminalità finanziaria e di altre attività illegali. Bisogna
impegnarsi maggiormente per combattere questo incentivo e per impedire che i proventi
della criminalità si infiltrino nell’economia legale. La direttiva relativa al
congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea dev’essere
recepita e attuata tempestivamente da tutti gli Stati membri. Gli uffici per il
recupero dei beni, le autorità di contrasto, giudiziarie e amministrative, ad
esempio le autorità fiscali o gli organi preposti al rilascio delle licenze,
dovrebbero intensificare la cooperazione per individuare più efficacemente i
beni. Il riciclaggio di denaro aiuta i gruppi criminali a nascondere i proventi
dei reati: per impedire questo abuso del sistema finanziario, occorre adottare
la proposta relativa alla quarta direttiva antiriciclaggio, recepirla e
attuarla in tempi brevi; occorre altresì valutare l’esigenza di una normativa
dell’UE riguardante le norme penali antiriciclaggio. La
tratta degli esseri umani costituisce una minaccia crescente. L’UE ha adottato
una strategia 2012-2016 per sconfiggere questo reato e una direttiva, che
va ora pienamente recepita e attuata in tempi brevi. Occorre completare l’attuazione
della strategia, compresi aspetti relativi alla tratta nei paesi terzi. Dev’essere
poi definita una strategia post-2016, che comprenda fra l’altro la prevenzione,
l’assistenza alle vittime, il rimpatrio sicuro, la reintegrazione e il ruolo di
internet. Andrebbe esaminata l’esigenza di perseguire penalmente l’uso
intenzionale dei servizi forniti dalle vittime della tratta. Per raggiungere
questi obiettivi occorre prolungare l’incarico di coordinatore anti-tratta dell’UE. La tratta di
esseri umani rimane un affare estremamente redditizio per la criminalità
organizzata. Nel 2013 Europol e l’Osservatorio europeo delle droghe e delle
tossicodipendenze hanno pubblicato insieme la prima “Relazione sui mercati
della droga”, che ha denunciato una crescita del traffico delle nuove sostanze
psicoattive. La Commissione ha proposto una legislazione intesa a ritirare
rapidamente tali sostanze dal mercato se dannose per la salute, rispettando al
contempo gli usi industriali e commerciali legittimi. Anche tale legislazione
dovrebbe essere adottata e attuata, nell’ambito dell’approccio equilibrato
proposto dalla strategia dell’Unione europea in materia di droga. Lo sfruttamento
e l’abuso sessuale dei minori causano alle vittime danni permanenti. La
direttiva dell’UE sullo sfruttamento on-line dev’essere recepita e attuata in
via prioritaria. Occorre integrare maggiormente la protezione dei minori dalla
criminalità sessuale in altri settori politici dell’UE, ed esaminare l’esigenza
di una strategia generale dell’Unione in materia. La violenza
collegata all’uso delle armi da fuoco continua a causare gravi danni e perdite
di vite umane in tutta l’UE: occorre impegnarsi di più nella lotta contro il
traffico illecito di armi da fuoco. Una revisione della normativa vigente dell’Unione
sulla vendita e il trasferimento delle armi da fuoco all’interno dell’UE,
combinata a maggiori sforzi nelle attività pratiche di contrasto, ridurrebbe i
rischi di uso e traffico illegale. Infine, bisogna
continuare a rivedere e, se necessario, rafforzare l’efficacia degli accordi e
delle convenzioni vigenti con i paesi terzi sulla condivisione delle
informazioni delle autorità di contrasto. L’uso crescente dei dati del codice
di prenotazione (PNR), tanto nei paesi terzi quanto negli Stati membri,
dovrebbe essere discusso nel contesto di un nuovo piano normativo a livello
dell’UE, che garantisca un livello elevato di protezione sia per il trattamento
dei dati PNR all’interno dell’UE, sia per il loro trasferimento dall’UE ai
paesi terzi. Lo strumento PNR europeo dovrebbe essere finalmente adottato e
applicato. Occorre inoltre rivedere la direttiva sulla conservazione dei dati,
parallelamente alla revisione della direttiva e-privacy e tenendo conto dei
negoziati sul quadro in materia di protezione di dati. 5.2. Prevenire
il terrorismo e contrastare la radicalizzazione e il reclutamento Negli ultimi
anni sono stati perpetrati vari attentati terroristici, per la maggior parte da
individui o piccoli gruppi, ma spesso con gravi conseguenze. La minaccia del
terrorismo e dell’estremismo violento è destinata a costituire una seria sfida per
l’UE nei prossimi anni. Si delinea una tendenza preoccupante: cittadini
europei, per la maggior parte giovani, si recano in paesi come la Siria per
impegnarsi come combattenti stranieri. Una volta sul posto, alcuni si legano a
gruppi terroristici e, al loro ritorno, diventano una grave minaccia per la
sicurezza dell’Unione. La nostra risposta dev’essere la prevenzione del
terrorismo, come previsto dalla strategia antiterrorismo dell’UE, e la lotta alla
radicalizzazione che conduce al terrorismo. Dobbiamo reagire in modo più deciso
e globale all’estremismo violento e al terrorismo, tenendo conto sia della
dimensione interna che di quella esterna. La strategia dell’Unione europea
volta a combattere la radicalizzazione e il reclutamento nelle file del
terrorismo, di cui si prevede la revisione, sarà fondamentale per orientare l’azione
futura. Come proposto dalla Commissione, occorre soprattutto aiutare coloro che
desiderano lasciare gli ambienti estremisti, formare attori locali, impegnarsi
con le comunità locali, collaborare di più con il settore privato per
contrastare la radicalizzazione online e integrare l’attività interna con
iniziative esterne. La lotta all’estremismo violento dovrebbe continuare a far
parte dell’assistenza allo sviluppo e alla sicurezza che l’UE fornisce ai paesi
terzi, tenendo conto di diversi aspetti: istruzione, società civile, genere,
governance e mezzi di comunicazione. Per sostenere
questo impegno, la rete per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione
dovrebbe essere potenziata e sviluppata, trasformandosi in un polo di
conoscenze che raccolga le buone prassi e che coordini meglio le attività degli
operatori. L’UE può aiutare
gli Stati membri a collegare le attività di contrasto e migliorare la
formazione e le esercitazioni rivolte alle autorità di contrasto chiamate a gestire
gli attentati terroristici. ATLAS, la rete delle forze d’intervento
antiterroristico dell’Unione, ha condotto nel 2013 la maggiore esercitazione
mai compiuta a livello dell’UE. Questo lavoro dovrebbe essere portato avanti
con un maggior numero di esercitazioni a livello operativo, ma anche
strategico. Disporre di forze meglio formate e in grado di cooperare dovrebbe
costituire un obiettivo per i prossimi anni. L’UE ha già adottato
una normativa volta a ostacolare l’accesso alle sostanze che possono essere
impiegate come precursori per produrre esplosivi: adesso bisogna fare in modo
che sia applicata efficacemente. Occorre inoltre rafforzare le attività sui
materiali chimici, biologici, radiologici e nucleari e sugli esplosivi. Il coordinamento
antiterrorismo deve tenere conto delle nuove strutture istituzionali create dal
trattato di Lisbona, fra l’altro per sostenere il lavoro dell’Alta rappresentante
e del SEAE sulle relazioni esterne dell’UE, in particolare favorendo una
migliore comunicazione tra l’Unione e i paesi terzi. 5.3.
Aumentare i livelli di sicurezza per i cittadini e le imprese nel ciberspazio Le nostre
società sono sempre più dipendenti da internet: affinché i cittadini e le
imprese possano sfruttarne pienamente il potenziale, occorre costruire sistemi
sicuri e affidabili. È essenziale garantire che i pagamenti elettronici possano
essere eseguiti in maniera sicura. Stanno però emergendo nuove sfide, tra cui l’uso
della moneta digitale e di piattaforme online che agevolano molte forme di
criminalità grave e organizzata. Il numero di attacchi informatici è destinato
probabilmente a crescere nei prossimi anni, nonostante le importanti misure
adottate per migliorare le capacità di lotta contro la criminalità informatica
e rafforzare la sicurezza in questo settore. È necessario
aumentare la capacità operativa di combattere la criminalità informatica. Nell’ambito
di Europol, l’UE ha istituito un Centro europeo per la lotta alla criminalità
informatica (EC3), che nel primo anno di esistenza ha già dimostrato la sua validità
sostenendo le indagini intraprese dagli Stati membri su una vasta gamma di
reati, dalla frode all’abuso sessuale dei minori online. La Commissione
continuerà a sostenere lo sviluppo dell’EC3 come punto nodale per la lotta
contro la criminalità informatica in Europa. Aiutare gli Stati membri a
sviluppare le capacità di lotta contro la criminalità informatica sarà uno dei
compiti principali dell’UE: idealmente, tutti gli Stati membri dovrebbero
essere dotati di un centro per la lotta alla criminalità informatica. A
livello strategico, l’UE ha bisogno di una risposta più coordinata. La prima
strategia europea per la sicurezza informatica è stata adottata allo scopo di
creare l’ambiente online più sicuro del mondo: questa linea va ora tradotta in
azione. La
strategia riconosce altresì l’esigenza di aumentare la cooperazione
internazionale, a livello sia strategico che operativo. Da questo punto di
vista l’accordo concluso con gli Stati Uniti d’America in occasione del vertice
del 2010, che prevede la creazione di un gruppo di lavoro sulla sicurezza
informatica e la criminalità informatica, si è rivelato utile per ottenere
risultati concreti, si pensi in particolare all’Alleanza mondiale contro l’abuso
sessuale di minori online, istituita dall’UE e dagli USA. Attualmente l’Alleanza
riunisce 52 paesi di tutto il mondo e può ispirare future iniziative. L’UE dovrà
fare in modo che continui a ottenere risultati, oltre a incoraggiare altri
paesi a parteciparvi. L’Unione
europea ha già introdotto una legislazione più severa per combattere la criminalità
informatica, che dev’essere attuata rapidamente. Per agire efficacemente
occorre anche intensificare la cooperazione con il settore privato. Occorre
inoltre chiarire la giurisdizione nel ciberspazio. Sotto questo aspetto, la
Convenzione di Budapest del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica
continuerà a svolgere un ruolo importante per la cooperazione globale e
dovrebbe essere ratificata dagli Stati membri che non l’hanno ancora fatto. 5.4. Rafforzare
la sicurezza attraverso la gestione delle frontiere È
indispensabile fissare standard uniformi ed elevati di sicurezza e gestione
delle frontiere, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali. Le politiche di
gestione delle frontiere hanno un ruolo fondamentale nella lotta contro la
criminalità trasfrontaliera e nel mantenimento di un alto livello di sicurezza. La
strategia per la gestione integrata delle frontiere andrebbe aggiornata sulla
base dell’esperienza maturata nell’applicazione degli attuali strumenti
politici. L’UE dovrebbe studiare il modo di integrare i sistemi e le
piattaforme esistenti e mirare a una maggiore cooperazione a livello nazionale
tra guardie di frontiera e altre autorità che operano ai posti di frontiera, al
fine di aumentare la sicurezza. Per quanto
riguarda la circolazione delle merci, in seguito alla comunicazione della
Commissione del 2013, sarà presentata nel 2014 una strategia sulla gestione dei
rischi doganali e la sicurezza della catena di approvvigionamento. Questa
iniziativa renderà più efficace la gestione dei rischi, aumentando la
disponibilità e l’uso dei dati sulla catena di approvvigionamento, rafforzando
la cooperazione e il coordinamento tra autorità doganali a livello
internazionale e con altre autorità di contrasto e di sicurezza, aumentando le
capacità, tanto a livello nazionale quanto a livello dell’UE, di rispondere in
modo più integrato e coerente ai rischi nelle catene di approvvigionamento. 5.5. Aumentare
la resilienza dell’Europa alle crisi e alle calamità L’UE ha
notevolmente rafforzato la sua capacità di prevenzione, preparazione e risposta
alle catastrofi naturali o provocate dall’uomo, e bisogna ora fare in modo che
i sistemi predisposti funzionino. Il centro di coordinamento delle risposte
alle emergenze ha assunto la funzione di fornitore di servizi e piattaforma per
il coordinamento della risposta alle catastrofi gravi. Una sfida cruciale
consisterà nell’attuare pienamente la nuova legislazione in materia di
protezione civile, che delinea le future attività dell’UE in questo settore.
Restano da fissare le modalità di ricorso alla clausola di solidarietà, che
costituisce il quadro per la risposta alle grandi crisi. Occorre integrare la
gestione delle catastrofi in altre politiche e in altri fondi, e rafforzare il
contributo della scienza e dell’innovazione alla gestione delle catastrofi. Vanno
affrontati problemi operativi quali l’interoperabilità di attrezzature e
sistemi di comunicazione, e potenziare l’attività di formazione e esercitazione. 5.6.
Costruire la sicurezza interna in un contesto globale La
sicurezza interna europea impone anche di agire al di là delle frontiere dell’UE
e in cooperazione con i partner di paesi terzi. La radicalizzazione, la lotta
contro la tratta di esseri umani e contro il traffico di droga, ad esempio,
richiedono questo tipo di cooperazione. I
livelli di instabilità di molti paesi terzi mettono a rischio la democrazia, lo
Stato di diritto e i diritti umani al loro interno, ma possono anche avere
importanti ripercussioni sull’UE. L’Unione dovrebbe affrontare più
sistematicamente i problemi di sicurezza interna nell’ambito dell’azione
esterna, collegandoli ai suoi programmi di assistenza e di cooperazione e ad
altri strumenti politici di cooperazione internazionale. Per fare
ciò, dovrebbe offrire assistenza mirata allo sviluppo della capacità di
contrasto, proponendo azioni di formazione o condividendo conoscenze e buone
prassi. L’UE potenzierà la cooperazione allo sviluppo con i partner, sostenendone
l’impegno volto a aumentare la tutela dei diritti umani, lo Stato di diritto e aspetti
di governance quali la trasparenza, la partecipazione e la responsabilità. L’Unione
dovrebbe continuare a collaborare con i partner a livello nazionale e regionale
per elaborare un programma comune in materia di sicurezza, cercando sinergie e
coerenza con gli Stati membri e altri donatori. Per riflettere le priorità
strategiche nel settore degli Affari interni nel programma internazionale,
occorre rafforzare ulteriormente la cooperazione con il SEAE. Conclusione Garantire la
libertà, la sicurezza e la giustizia è un obiettivo cruciale per l’Unione
europea. Dal 1999, anno dell’entrata in vigore del trattato di Amsterdam e dell’adozione
del programma di Tampere, molto è stato fatto per mantenere un’Europa aperta e
sicura, saldamente legata al rispetto dei diritti fondamentali e basata sulla
determinazione a servire i suoi cittadini. Per il futuro, le priorità sono l’attuazione
della normativa e il consolidamento di tali realizzazioni, nonché il
rafforzamento della cooperazione pratica. Il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia
della normativa e delle politiche permetteranno di raddrizzare il tiro, mentre
l’uso strategico dei finanziamenti dell’UE permetterà di puntare di più alle
priorità, in linea con l’impegno delle istituzioni europee a favore di una
regolamentazione intelligente. L’approccio orientato ai cittadini dovrebbe rimanere
il principio guida di ogni futura iniziativa. Al contempo
dobbiamo concentrarci sulle opportunità e sulle sfide che ci riserva il futuro.
Dev’essere chiaro che il Parlamento europeo, gli Stati membri, la Commissione,
l’Alta rappresentante e il SEAE, le agenzie dell’UE e molte altre parti
dovranno unire le forze con più determinazione per poter reagire in modo
efficace a una realtà in trasformazione. Scopo della presente comunicazione è
identificare tali sfide e presentare le misure che, a parere della Commissione,
dovrebbero essere discusse con il Parlamento europeo e il Consiglio e
dovrebbero essere prese in considerazione dal Consiglio europeo quando definirà
gli orientamenti strategici in virtù dell’articolo 68.