2.9.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 232/14


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 1o settembre 2010

sui criteri e gli standard metodologici relativi al buono stato ecologico delle acque marine

[notificata con il numero C(2010) 5956]

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2010/477/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

vista la direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) (1), in particolare l’articolo 9, paragrafo 3,

considerando quanto segue:

(1)

I criteri per il conseguimento del buono stato ecologico costituiscono la base per l’elaborazione di approcci coerenti nelle fasi preparatorie delle strategie per la salvaguardia dell’ambiente marino, compresa la definizione delle caratteristiche che costituiscono un «buono stato ecologico» e l’elaborazione di una serie esaustiva di obiettivi ambientali, da definire in modo coerente e ordinato, nel quadro della cooperazione regionale.

(2)

La Commissione ha consultato tutte le parti interessate, incluse le convenzioni marittime regionali, in particolare in merito alla valutazione scientifica e tecnica preparata dai gruppi di lavoro tematici avviati dal Centro comune di ricerca e dal Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare per sostenere la definizione di criteri e standard metodologici.

(3)

Le attività tecniche e le ricerche hanno evidenziato soprattutto la necessità pressante di ampliare le conoscenze scientifiche per valutare il buono stato ecologico nel suo insieme e in modo coerente, al fine di favorire una gestione basata sulla nozione di ecosistema (approccio ecosistemico). È necessario consolidare le conoscenze scientifiche, in particolare basandosi sulla comunicazione «Una strategia europea per la ricerca marina e marittima: Uno Spazio europeo della ricerca coerente per promuovere l’uso sostenibile degli oceani e dei mari» (2), nel quadro della comunicazione «Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» (3) e coerentemente con le altre politiche e normative dell’Unione. È inoltre opportuno che in uno stadio successivo del processo siano integrate le esperienze che deriveranno, a livello nazionale e regionale, dall’attuazione delle fasi preparatorie delle strategie per l’ambiente marino elencate all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/56/CE.

(4)

È pertanto appropriato che la Commissione riveda la presente decisione nel quadro della direttiva 2008/56/CE, articolo 25, paragrafo 3. In aggiunta alla revisione dei criteri, è necessario sviluppare standard metodologici in stretto coordinamento con la definizione di programmi di monitoraggio. È opportuno che la revisione sia condotta il prima possibile dopo il completamento della valutazione richiesta ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2008/56/CE, in modo da poter procedere all’aggiornamento delle strategie per l’ambiente marino rispettando la scadenza del 2018 come previsto dall’articolo 17 della direttiva e contribuire così alla gestione adattativa. Questo approccio è coerente con il fatto che potrebbe rivelarsi necessario adattare nel tempo la definizione di buono stato ecologico, considerata la natura dinamica degli ecosistemi marini, la loro naturale variabilità e il fatto che le pressioni e gli impatti sull’ambiente marino possono variare con l’evolversi delle attività umane e l’incidenza dei cambiamenti climatici.

(5)

I criteri relativi al buono stato ecologico si basano sugli obblighi esistenti e sugli sviluppi nel contesto della normativa dell’Unione applicabile, compresa la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (4), che si applica alle acque costiere, nonché la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (5), della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (6) e numerosi altri strumenti messi a punto nel quadro della politica comune della pesca, tenendo in considerazione anche, quando pertinenti, le informazioni e le conoscenze accumulate e gli approcci elaborati nell’ambito delle convenzioni regionali. Poiché la decisione contribuisce allo sviluppo della nozione di buono stato ecologico delle acque marine, essa sostiene il processo di revisione della strategia per la biodiversità dell’Unione europea dopo il 2010 e del piano d’azione sulla biodiversità per quanto riguarda gli ecosistemi marini.

(6)

La direttiva 2008/56/CE, il pilastro ambientale della politica marittima integrata, richiede l’applicazione dell’approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane, che copre tutti i settori che hanno ripercussioni sull’ambiente marino. Il Libro verde sulla riforma della politica comune della pesca (7) afferma che detta riforma deve permettere di fornire gli strumenti adatti alla messa in atto di tale approccio.

(7)

Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2008/56/CE,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

I criteri che gli Stati membri devono applicare per valutare il grado di conseguimento del buono stato ecologico sono definiti nell’allegato, unitamente ai riferimenti agli standard metodologici applicabili, quando presenti.

Articolo 2

Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 1o settembre 2010.

Per la Commissione

Janez POTOČNIK

Membro della Commissione


(1)  GU L 164 del 25.6.2008, pag. 19.

(2)  COM(2008) 534 definitivo.

(3)  COM(2010) 2020 definitivo.

(4)  GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1.

(5)  GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7.

(6)  GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7.

(7)  COM(2009) 163 definitivo, pag. 19.


ALLEGATO

CRITERI E STANDARD METODOLOGICI PER IL BUONO STATO ECOLOGICO

PARTE A

Condizioni generali di applicazione dei criteri per il buono stato ecologico

1.

I criteri che consentono di valutare in che misura il buono stato ecologico è conseguito sono specificati e numerati nella parte B in relazione a ciascuno degli undici descrittori del buono stato ecologico elencati nell’allegato I della direttiva 2008/56/CE. I criteri sono accompagnati da un elenco degli indicatori correlati necessari per rendere operativi i criteri e consentire di ottenere dei progressi. Nella parte B i criteri sono accompagnati da riferimenti agli standard metodologici applicabili, se presenti. Per alcuni criteri e relativi indicatori è stata identificata la necessità di ulteriori sviluppi e di maggiori informazioni, che sarà trattata ulteriormente in fase di revisione della presente decisione (1). In questa parte sono descritte le condizioni generali di applicazione di tali criteri e dei relativi indicatori.

2.

Per la maggior parte dei criteri, la valutazione e le metodologie necessarie devono tenere conto e, quando pertinente, basarsi su quelle applicabili ai sensi della normativa vigente dell’UE, in particolare le direttive 2000/60/CE, 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2), 92/43/CEE e 2009/147/CE e di altre norme pertinenti dell’Unione [compresa la politica comune della pesca, ad esempio il regolamento (CE) n. 199/2008 del Consiglio (3) ], tenendo conto anche delle relazioni dei gruppi di lavoro tematici avviati dal Centro comune di ricerca e dal Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (4) e, quando pertinenti, delle informazioni e delle conoscenze accumulate e degli approcci elaborati nell’ambito delle convenzioni marittime regionali.

3.

Per ottenere il buono stato ecologico occorre che tutte le attività umane pertinenti siano svolte nel rispetto del requisito di proteggere e preservare l’ambiente marino e della nozione di uso sostenibile dei beni e dei servizi marini per le generazioni presenti e future, come indicato all’articolo 1 della direttiva 2008/56/CE. I criteri per il buono stato ecologico devono essere applicati tenendo conto della necessità di avere come obiettivo la valutazione e il monitoraggio, nonché di dare priorità alle azioni in base all’importanza degli impatti, contro le minacce agli ecosistemi e ai loro componenti. Tuttavia è importante che la valutazione consideri i principali effetti cumulativi e sinergici degli impatti sugli ecosistemi marini, come prevede la direttiva 2008/56/CE, articolo 8, paragrafo 1, lettera b), punto ii).

4.

In alcuni casi, in particolare tenendo conto del rapporto tra necessità di informazione ed estensione geografica delle acque marine interessate, può essere opportuno applicare inizialmente alcuni criteri selezionati e i relativi indicatori per effettuare un controllo generale dello stato ecologico su ampia scala e solo successivamente individuare i casi e le aree specifiche che, per via dell’importanza degli impatti e delle minacce alla luce delle caratteristiche ambientali e/o della pressione esercitata dall’uomo, richiedono una valutazione più precisa effettuata applicando tutti gli indicatori pertinenti per i criteri.

5.

La scala temporale e spaziale degli impatti varia in misura considerevole in base al tipo di pressione e alla sensibilità dei componenti dell’ecosistema interessati. Per via delle loro caratteristiche intrinseche, alcuni criteri e indicatori possono essere applicati con differenti scale temporali per cogliere una gamma diversificata di processi. Se una valutazione deve essere condotta inizialmente su una scala spaziale relativamente piccola per essere significativa dal punto di vista ambientale (ad esempio perché le pressioni sono localizzate), potrebbe essere necessario aumentare la scala della valutazione, a livello di sottodivisioni, sottoregioni e regioni.

6.

Una valutazione congiunta della scala, distribuzione e intensità delle pressioni e dell’estensione, vulnerabilità e resilienza dei vari componenti dell’ecosistema, se possibile anche tramite mappatura, consente di individuare le aree in cui gli ecosistemi marini hanno, o potrebbero avere, subito danni. La valutazione costituisce anche una base utile per valutare la scala degli impatti effettivi o potenziali sugli ecosistemi marini. Questo approccio, che tiene conto di considerazioni basate su un’analisi dei rischi, consente inoltre di selezionare gli indicatori più adeguati in relazione ai criteri per valutare i progressi compiuti verso il conseguimento di un buono stato ecologico. Questo processo facilita inoltre l’elaborazione di strumenti specifici che favoriscono l’applicazione di un approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane, necessario per conseguire un buono stato ecologico, individuando le fonti delle pressioni e degli impatti, compresi i loro effetti cumulativi e sinergici. Rientrano tra gli strumenti le misure di protezione spaziale e le misure elencate nell’allegato VI della direttiva 2008/56/CE, in particolare i controlli della distribuzione spaziale e temporale, come la pianificazione dello spazio marittimo.

7.

Le condizioni dell’ambiente marino e le attività umane che hanno ripercussioni su tale ambiente presentano un’ampia varietà. In particolare, vi sono differenze tra le varie regioni e persino all’interno delle stesse regioni, sottoregioni e sottodivisioni. Per questo motivo l’applicabilità di specifici indicatori relativi ai criteri potrebbe richiedere la valutazione della loro pertinenza dal punto di vista ecologico alle situazioni sottoposte a valutazione.

8.

Gli Stati membri devono valutare ciascuno dei criteri e dei relativi indicatori elencati nel presente allegato, per individuare quelli da utilizzare per determinare il buono stato ecologico. Se, sulla base della valutazione iniziale, uno Stato membro non ritiene opportuno usare uno o più di tali criteri, fornisce alla Commissione una motivazione nel quadro della comunicazione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2008/56/CE, quando pertinente per la coerenza e la comparazione tra regioni e sottoregioni. In questo contesto, gli Stati membri devono rispettare l’obbligo di cooperazione regionale istituito dall’articolo 5 e dall’articolo 6 della direttiva summenzionata, in particolare il requisito di garantire che i diversi elementi delle strategie per l’ambiente marino siano coerenti e coordinati nell’intera regione o sottoregione marina interessata.

9.

È importante che l’applicazione dei criteri tenga conto dei risultati della valutazione iniziale, richiesti ai sensi dell’articolo 8 e dell’allegato III della direttiva 2008/56/CE, e che le due attività non siano svolte in maniera isolata. La valutazione iniziale è la procedura più importante per individuare le caratteristiche principali, nonché le principali pressioni e gli impatti sull’ambiente marino, a patto che venga regolarmente aggiornata e che vengano attuati programmi di monitoraggio. La prima valutazione deve essere completata entro la data indicata all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2008/56/CE sulla base degli elenchi indicativi di elementi riportati nell’allegato III di detta direttiva e tenendo conto dei dati eventualmente disponibili. Occorre inoltre tenere in considerazione il fatto che alcuni criteri e i relativi indicatori sono riconosciuti come ancora in fase di sviluppo durante questo periodo iniziale.

10.

I progressi realizzati per conseguire un buono stato ecologico si inscrivono nel contesto della costante e ampia evoluzione dell’ambiente marino. I cambiamenti climatici stanno già avendo ripercussioni sull’ambiente marino, compresi i processi e le funzioni degli ecosistemi. Quando elaborano le rispettive strategie per l’ambiente marino, gli Stati membri devono indicare, se pertinenti, eventuali elementi che dimostrano l’incidenza dei cambiamenti climatici. La gestione adattativa basata sull’approccio ecosistemico include l’aggiornamento periodico della definizione di buono stato ecologico.

PARTE B

Criteri per il buono stato ecologico pertinenti per i descrittori di cui all’allegato I della direttiva 2008/56/CE

Descrittore 1:   La biodiversità è mantenuta. La qualità e la presenza di habitat nonché la distribuzione e l’abbondanza delle specie sono in linea con le prevalenti condizioni fisiografiche, geografiche e climatiche.

Tenendo conto di quanto indicato al punto 2 della parte A, la valutazione è necessaria a diversi livelli ecologici: specie, habitat (comprese le comunità associate, ossia i biotopi) ed ecosistemi, che si riflettono nella struttura della presente sezione. Per alcuni aspetti di questo descrittore, è necessario un ulteriore supporto scientifico e tecnico (5). Vista l’ampia portata del descrittore e tenuto conto dell’allegato III della direttiva 2008/56/CE, occorre stabilire delle priorità tra le caratteristiche della biodiversità a livello di specie, habitat ed ecosistemi. In questo modo è possibile individuare le caratteristiche della biodiversità e le aree colpite e minacciate e stabilire gli indicatori appropriati tra i criteri selezionati, adeguati alle aree e alle caratteristiche interessate (6). L’obbligo di cooperazione regionale di cui all’articolo 5 e all’articolo 6 della direttiva 2008/56/CE è direttamente pertinente per il processo di selezione delle caratteristiche della biodiversità all’interno di regioni, sottoregioni e sottodivisioni, compresa, se necessario, la definizione di condizioni di riferimento ai sensi dell’allegato IV della direttiva 2008/56/CE. L’uso di modelli basati sulla piattaforma di un sistema di informazione geografica può costituire una base utile per la mappatura di una gamma di caratteristiche della biodiversità e di attività umane con le rispettive pressioni, purché eventuali errori siano adeguatamente valutati e descritti nella fase di applicazione dei risultati. Questo tipo di dati costituisce un prerequisito per la gestione ecosistemica delle attività umane e per l’elaborazione degli strumenti territoriali correlati (7).

A livello di specie

Tenendo conto di quanto indicato al punto 2 della parte A, per ogni regione, sottoregione e sottodivisione occorre stilare un elenco di specie e gruppi funzionali pertinenti prendendo in considerazione le diverse specie e comunità (ad esempio il fitoplancton e lo zooplancton) che figurano nell’elenco indicativo di cui alla direttiva 2008/56/CE, allegato III, tabella 1. I tre criteri di valutazione delle specie sono i seguenti: distribuzione, dimensione della popolazione e condizioni della popolazione. Per quanto riguarda quest’ultimo criterio, in alcuni casi esso implica anche una comprensione dello stato di salute della popolazione e delle relazioni intraspecie e interspecie. Occorre inoltre valutare separatamente le sottospecie e le popolazioni il cui stato risulta colpito o potenzialmente minacciato alla luce della valutazione iniziale o di nuove informazioni disponibili. La valutazione delle specie richiede inoltre una comprensione integrata della distribuzione, dell’estensione e delle condizioni dei loro habitat, conformemente ai requisiti stabiliti dalla direttiva 92/43/CEE (8) e dalla direttiva 2009/147/CE, per garantire che vi sia un habitat sufficientemente esteso da mantenere la propria popolazione, tenendo in considerazione eventuali minacce di deterioramento o perdita di tali habitat. In relazione alla biodiversità a livello di specie, i tre criteri per la valutazione dei progressi verso un buono stato ecologico e i relativi indicatori sono i seguenti:

1.1.   Distribuzione delle specie

Gamma di distribuzione (1.1.1)

Schema di distribuzione in tale gamma, se pertinente (1.1.2)

Area coperta dalle specie (per specie sessili/bentoniche) (1.1.3).

1.2.   Dimensioni della popolazione

Abbondanza e/o biomassa della popolazione, a seconda dei casi (1.2.1).

1.3.   Condizioni della popolazione

Caratteristiche demografiche della popolazione (ad esempio struttura per taglia o per classe di età, ripartizione per sesso, tassi di fecondità, tassi di sopravvivenza/mortalità) (1.3.1)

Struttura genetica della popolazione, se pertinente (1.3.2).

A livello di habitat

Ai fini della direttiva 2008/56/CE, il termine «habitat» comprende sia le caratteristiche abiotiche che la comunità biologica associata e i due elementi sono considerati insieme con il termine «biotopo». Per ogni regione, sottoregione o sottodivisione occorre stabilire un insieme di tipi di habitat, tenendo conto dei diversi habitat contenuti nell’elenco indicativo riportato nella tabella 1 dell’allegato III di suddetta direttiva e tenendo conto degli strumenti indicati nella parte A, punto 2. Tali strumenti si riferiscono anche a un certo numero di complessi di habitat (questo significa che occorre valutare, se del caso, la composizione, l’estensione e le proporzioni relative degli habitat all’interno di tali complessi) e di habitat funzionali (come le aree di deposizione di uova, di riproduzione e di alimentazione e le rotte migratorie). Ai fini della classificazione a livello di habitat, è essenziale consentire un impegno ulteriore per classificare in modo coerente gli habitat marini sulla base di un’adeguata mappatura, prendendo in considerazione anche le variazioni lungo il gradiente di distanza dalla costa e di profondità (ad esempio mare costiero, mare continentale e alto mare). I tre criteri per la valutazione degli habitat sono la distribuzione, l’estensione e le condizioni (per quest’ultimo sono di particolare rilievo le condizioni di specie e comunità tipiche), unitamente ai rispettivi indicatori. La valutazione delle condizioni degli habitat richiede una comprensione integrata dello stato delle comunità e delle specie associate, conformemente alle disposizioni della direttiva 92/43/CEE (9) e della direttiva 2009/147/CE, compresa, quando pertinente, una valutazione dei loro tratti funzionali.

1.4.   Distribuzione degli habitat

Gamma di distribuzione (1.4.1)

Schema di distribuzione (1.4.2).

1.5.   Estensione degli habitat

Area dell’habitat (1.5.1)

Volume dell’habitat, se pertinente (1.5.2).

1.6.   Condizioni dell’habitat

Condizioni delle specie e comunità tipiche (1.6.1)

Abbondanza e/o biomassa relativa, a seconda dei casi (1.6.2)

Condizioni fisiche, idrologiche e chimiche (1.6.3).

A livello di ecosistema

1.7.   Struttura dell’ecosistema

Composizione e proporzioni relative dei componenti dell’ecosistema (habitat e specie) (1.7.1).

Inoltre, le interazioni tra i componenti strutturali dell’ecosistema sono fondamentali per la valutazione dei processi e delle funzioni dell’ecosistema ai fini della determinazione complessiva del buono stato ecologico, tenendo conto tra le altre cose dell’articolo 1, dell’articolo 3, paragrafo 5, e dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2008/56/CE. Per valutare i processi e le funzioni di un ecosistema sono importanti anche altri aspetti affrontati tramite altri descrittori del buono stato ecologico (ad esempio i descrittori 4 e 6) così come considerazioni relative a connettività e resilienza.

Descrittore 2:   Le specie non indigene introdotte dalle attività umane restano a livelli che non alterano negativamente gli ecosistemi.

Per evitare che le specie introdotte da attività umane raggiungano livelli nocivi per gli ecosistemi e per contenere eventuali ripercussioni, è essenziale individuare e valutare le vie e i vettori di diffusione delle specie non indigene. La valutazione iniziale deve tenere presente che a livello di Unione (10) è già disciplinata l’introduzione di alcune specie dovute ad attività umane al fine di valutare e ridurre al minimo l’eventuale impatto di tali specie sugli ecosistemi acquatici; occorre tenere presente inoltre che altre specie non indigene sono utilizzate comunemente in acquacoltura da molto tempo e sono già soggette al rilascio di specifiche autorizzazioni ai sensi dei regolamenti esistenti (11). Gli effetti delle specie non indigene sull’ambiente sono ancora conosciuti solo parzialmente. Occorre approfondire le conoscenze scientifiche e tecniche per poter elaborare indicatori potenzialmente utili (12), in particolare per quanto riguarda gli impatti delle specie invasive non indigene (come gli indici di inquinamento biologico), che rappresentano l’aspetto principale nel conseguimento di un buono stato ecologico. Per quanto riguarda la valutazione e il monitoraggio (13), la priorità è definire la caratterizzazione dello stato, un prerequisito per valutare l’ampiezza degli impatti ma che non determina, in sé, il conseguimento del buono stato ecologico per questo descrittore.

2.1.   Abbondanza e caratterizzazione dello stato delle specie non indigene, in particolare delle specie invasive

Tendenze in relazione all’abbondanza, alla frequenza di ritrovamento e alla distribuzione spaziale di specie non indigene, in particolare specie non indigene invasive, soprattutto nelle zone a rischio, in relazione ai principali vettori e alle principali vie di diffusione di tali specie (2.1.1).

2.2.   Impatto ambientale delle specie invasive non indigene

Rapporto tra specie invasive non indigene e specie indigene in alcuni gruppi tassonomici oggetto di studi approfonditi (ad esempio pesci, macroalghe, molluschi) che possono fornire una misura per valutare le variazioni nella composizione delle specie (ad esempio a seguito di un insediamento a scapito delle specie native) (2.2.1)

Impatti delle specie invasive non indigene a livello di specie, habitat ed ecosistemi, quando possibile (2.2.2).

Descrittore 3:   Le popolazioni di tutti i pesci, molluschi e crostacei sfruttati a fini commerciali restano entro limiti biologicamente sicuri, presentando una ripartizione della popolazione per età e dimensioni indicativa della buona salute dello stock.

Questa sezione si applica a tutti gli stock oggetto del regolamento (CE) n. 199/2008 (entro l’ambito territoriale definito dalla direttiva 2008/56/CE) e soggetti a obblighi simili nel quadro della politica comune della pesca. Per questi e per altri stock la sua applicazione dipende dai dati disponibili [tenendo conto delle disposizioni in materia di raccolta dei dati di cui al regolamento (CE) n. 199/2008], che determineranno gli indicatori più adeguati da utilizzare. Per questo descrittore i tre criteri per la valutazione dei progressi verso un buono stato ecologico e i relativi indicatori sono i seguenti:

3.1.   Livello di pressione dell’attività di pesca

 

Indicatore primario. L’indicatore primario per il livello di pressione dell’attività di pesca è il seguente:

Mortalità per pesca (F) (3.1.1).

Per conseguire e mantenere un buono stato ecologico occorre che i valori di F siano pari o inferiori a FMSY, il livello che può produrre il rendimento massimo sostenibile (MSY, Maximum Sustainable Yield). Questo significa che nelle zone di pesca miste e dove sono importanti le interazioni ecosistemiche, la gestione a lungo termine può dare luogo allo sfruttamento di alcuni stock in misura inferiore rispetto ai livelli FMSY per non pregiudicare lo sfruttamento di altre specie a FMSY  (14).

Il valore F è stimato sulla base di adeguate valutazioni analitiche fondate sull’analisi della cattura (ossia tutto quanto viene prelevato dallo stock, compresi gli esemplari scartati e quelli non contabilizzati) secondo l’età o secondo la taglia ed informazioni complementari. Se il grado di conoscenza delle dinamiche della popolazione dello stock non consente di fare simulazioni, è possibile applicare una valutazione scientifica dei valori F associati alla curva di rendimento per reclutamento (Y/R, yield-per-recruit), unita alle altre informazioni sul rendimento storico della zona di pesca o sulle dinamiche della popolazione di stock simili.

 

Indicatori secondari (se non sono disponibili valutazioni analitiche dei valori di rendimento per F):

Rapporto tra cattura e indice di biomassa (in seguito: «rapporto cattura/biomassa») (3.1.2).

Il valore per l’indicatore che riflette FMSY deve essere determinato sulla base di un giudizio scientifico a seguito dell’analisi delle tendenze storiche osservate dell’indicatore unite ad altre informazioni sul rendimento storico della zona di pesca. Se sono disponibili valutazioni dello stock in termini di produzione, il rapporto cattura/biomassa ha valore indicativo.

In alternativa al rapporto cattura/biomassa, possono essere definiti degli indicatori secondari sulla base di altri valori pertinenti che sostituiscono la mortalità per pesca, adeguatamente giustificati.

3.2.   Capacità riproduttiva dello stock

 

Indicatore primario. L’indicatore primario della capacità riproduttiva dello stock è il seguente:

Biomassa dello stock riproduttore (SSB) (3.2.1).

Si tratta di un valore stimato in base ad adeguate valutazioni analitiche basate sull’analisi della cattura secondo l’età o la taglia ed informazioni complementari.

Se una valutazione analitica consente di stimare il valore di SSB, il valore di riferimento che riflette la capacità riproduttiva è SSBMSY, ossia la biomassa dello stock riproduttore che raggiungerebbe il rendimento massimo sostenibile con una mortalità per pesca pari a FMSY. Qualsiasi valore di SSB osservato pari o superiore a SSBMSY è considerato conforme al presente criterio.

Sono necessarie ulteriori ricerche per risolvere il problema che, a causa delle possibili interazioni tra i vari stock, è possibile che una SSB corrispondente all’MSY non sia raggiunta contemporaneamente per tutti gli stock.

Se i modelli di simulazione non consentono di stimare in modo affidabile il valore per SSBMSY, il riferimento da utilizzare per questo criterio è SSBpa, ossia il valore minimo di SSB per cui esiste una forte probabilità che lo stock sia in grado di ricostituirsi nelle condizioni di sfruttamento attuali.

 

Indicatori secondari (se non sono disponibili valutazioni analitiche dei valori di rendimento per SSB):

Indici di biomassa (3.2.2).

Possono essere utilizzati se è possibile ricavarli per la frazione della popolazione sessualmente matura. In questi casi, tali indici devono essere utilizzati se il giudizio scientifico è in grado di determinare, sulla base di un’analisi dettagliata delle tendenze storiche dell’indicatore unite ad altre informazioni sul rendimento storico della zona di pesca, che vi è un’elevata probabilità che lo stock possa ricostituirsi nelle condizioni di sfruttamento attuali.

3.3.   Età della popolazione e distribuzione per taglia

 

Indicatori primari. Gli stock sani sono caratterizzati da un’alta proporzione di esemplari di età avanzata e di grandi dimensioni. Gli indicatori basati sull’abbondanza relativa di pesci di grandi dimensioni comprendono:

Proporzione di taglia superiore rispetto alla taglia media della prima maturazione sessuale (3.3.1)

Lunghezza massima media per tutte le specie individuate nel corso delle prospezioni effettuate dalle navi da ricerca (3.3.2)

Percentile del 95 % della distribuzione della lunghezza dei pesci osservata nel corso delle prospezioni effettuate dalle navi da ricerca (3.3.3)

 

Indicatore secondario:

Taglia alla prima maturazione sessuale che può riflettere l’ampiezza degli effetti genetici indesiderati dello sfruttamento (3.3.4).

Per le due serie di indicatori (proporzione di pesci di età avanzata e taglia alla prima maturazione sessuale) è necessario un giudizio scientifico per determinare se vi sono alte probabilità che la diversità genetica intrinseca dello stock non venga minacciata. Il giudizio degli esperti deve essere formulato a seguito di un’analisi delle serie cronologiche disponibili per l’indicatore, unitamente a qualsiasi altra informazione relativa alla biologia della specie.

Descrittore 4:   Tutti gli elementi della rete trofica marina, nella misura in cui siano noti, sono presenti con normale abbondanza e diversità e con livelli in grado di assicurare l’abbondanza a lungo termine delle specie e la conservazione della loro piena capacità riproduttiva.

Questo descrittore riguarda importanti aspetti funzionali come i flussi energetici e la struttura delle reti trofiche (dimensioni e abbondanza). In questa fase occorre consolidare le conoscenze scientifiche e tecniche per poter elaborare criteri e indicatori potenzialmente utili che consentano di trattare le relazioni all’interno della rete trofica (15).

4.1.   Produttività (produzione per unità di biomassa) di specie principali o gruppi trofici

Per considerare i flussi energetici nelle reti trofiche occorre sviluppare ulteriormente adeguati indicatori per valutare il rendimento dei principali processi predatore-preda che riflettono la vitalità a lungo termine dei componenti nella parte di rete trofica in cui si trovano, sulla base delle esperienze osservate in alcune sottoregioni nella selezione di specie adeguate (ad esempio mammiferi, uccelli marini).

Rendimento delle specie predatrici principali utilizzando la loro produzione per unità di biomassa (produttività) (4.1.1).

4.2.   Proporzione di specie selezionate in cima alle reti trofiche

Per trattare la struttura delle reti trofiche e le dimensioni e l’abbondanza dei componenti, occorre valutare la proporzione di specie selezionate in cima alle reti trofiche. Occorre sviluppare ulteriormente gli indicatori sulla base dell’esperienza maturata in alcune sottoregioni. Per i pesci di taglia elevata sono disponibili dati provenienti dagli studi di monitoraggio dei pesci.

Pesci di grandi dimensioni (per peso) (4.2.1).

4.3.   Abbondanza/distribuzione di gruppi trofici/specie principali

Tendenze nell’abbondanza di gruppi/specie selezionati per l’importanza funzionale (4.3.1).

È necessario individuare i cambiamenti nello stato delle popolazioni che potrebbero incidere sulla struttura della rete trofica. Devono essere messi a punto indicatori dettagliati tenendo conto della loro importanza per le reti trofiche sulla base di gruppi/specie adeguati in una regione, sottoregione o sottodivisione, compresi quando pertinente:

gruppi con elevati tassi di rotazione (ad esempio fitoplancton, zooplancton, meduse, molluschi bivalvi, pesci pelagici a breve ciclo vitale) che rispondono rapidamente ai cambiamenti dell’ecosistema e sono utili come indicatori di allarme precoce,

gruppi/specie bersaglio di attività umane o indirettamente colpiti da esse (in particolare catture accessorie e scarti),

gruppi/specie che determinano l’habitat,

gruppi/specie in cima alla rete trofica,

specie migratorie anadrome e catadrome che percorrono lunghe distanze,

gruppi/specie strettamente legati a specifici gruppi/specie in un altro livello trofico.

Descrittore 5:   È ridotta al minimo l’eutrofizzazione di origine umana, in particolare i suoi effetti negativi, come perdite di biodiversità, degrado dell’ecosistema, fioriture algali nocive e carenza di ossigeno nelle acque di fondo.

La valutazione dell’eutrofizzazione nelle acque marine deve tenere conto della valutazione delle acque costiere e di transizione ai sensi della direttiva 2000/60/CE (allegato V, punti 1.2.3 e 1.2.4) e relativi orientamenti (16), in modo da garantire la comparabilità, tenendo in considerazione anche le informazioni e le conoscenze accumulate e gli approcci elaborati nell’ambito delle convenzioni marittime regionali. Sulla base di una procedura di analisi svolta nell’ambito della valutazione iniziale, delle considerazioni basate sul rischio possono essere tenute in considerazione per valutare l’eutrofizzazione in modo efficace (17). La valutazione deve combinare le informazioni relative ai livelli di nutrienti e quelle relative a una serie di effetti primari e secondari pertinenti dal punto di vista ecologico (18), tenendo conto delle scale temporali attinenti. Tenuto conto del fatto che la concentrazione di nutrienti è direttamente collegata agli apporti di nutrienti portati dai fiumi nel bacino imbrifero, è particolarmente importante instaurare una cooperazione con gli Stati membri senza sbocchi sul mare tramite strutture di cooperazione istituite ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, terzo comma, della direttiva 2008/56/CE.

5.1.   Livelli di nutrienti

Concentrazione di nutrienti nella colonna d’acqua (5.1.1)

Tassi dei nutrienti (silice, azoto e fosforo), se pertinenti (5.1.2).

5.2.   Effetti diretti da eccesso di nutrienti

Concentrazioni di clorofilla nella colonna d’acqua (5.2.1)

Trasparenza dell’acqua legata all’aumento delle alghe in sospensione, se pertinente (5.2.2)

Abbondanza di macroalghe opportuniste (5.2.3)

Cambiamento nella composizione in specie della flora, come per esempio il rapporto fra diatomee e flagellati, tra specie bentoniche e pelagiche o le fioriture algali nocive o tossiche (per esempio cianobatteri) causate dalle attività umane(5.2.4).

5.3.   Effetti indiretti da eccesso di nutrienti

Abbondanza di alghe e angiosperme marine perenni (ad esempio fucacee, Zostera marina e Posidonia oceanica) che subiscono un impatto a causa di una ridotta trasparenza dell’acqua (5.3.1)

Ossigeno disciolto, ossia cambiamenti dovuti ad un aumento della decomposizione di sostanza organica e dell’estensione dell’area interessata (5.3.2).

Descrittore 6:   L’integrità del fondo marino è ad un livello tale da garantire che la struttura e le funzioni degli ecosistemi siano salvaguardate e gli ecosistemi bentonici, in particolare, non abbiano subito effetti negativi.

L’obiettivo è che la pressione antropica sul fondo marino non impedisca ai componenti dell’ecosistema di conservare la propria diversità naturale, la produttività e i processi ecologici dinamici considerando la sua resilienza. La scala di valutazione di questo descrittore può essere particolarmente impegnativa per via della natura discontinua delle proprietà di alcuni ecosistemi bentonici e delle diverse pressioni esercitate dall’uomo. Dopo una valutazione iniziale degli impatti e delle minacce alla biodiversità e delle pressioni esercitate dall’uomo, occorre condurre un’ulteriore valutazione e attività di monitoraggio ed è necessaria l’integrazione dei risultati della valutazione dalle scale più piccole ad una più ampia che comprenda, se pertinente, una sottodivisione, sottoregione o regione (19).

6.1.   Danni fisici, in relazione alla caratteristiche del substrato

Il principale interesse ai fini della gestione è l’estensione degli impatti delle attività umane sui substrati del fondo marino che costituiscono gli habitat bentonici. Tra i vari tipi di substrato, i substrati biogenici, più sensibili alle perturbazioni fisiche, svolgono una serie di funzioni a sostengo degli habitat e delle comunità bentoniche.

Tipo, abbondanza, biomassa ed estensione del substrato biogenico di pertinenza (6.1.1)

Estensione del fondale influenzato in maniera significativa dalle attività antropiche per i diversi tipi di substrato (6.1.2).

6.2.   Condizioni della comunità bentonica

Le caratteristiche della comunità bentonica (ad esempio composizione in specie, ripartizione per taglia e tratti funzionali) forniscono un’indicazione importante del corretto funzionamento dell’ecosistema. Le informazioni sulla struttura e la dinamica delle comunità si ottengono valutando, a seconda dei casi, la diversità in specie, la produttività (abbondanza o biomassa), la predominanza di taxa e taxoceni tolleranti o sensibili e la composizione per taglia, testimoniate dalla proporzione di esemplari di taglia piccola e grande.

Presenza di specie particolarmente sensibili e/o tolleranti (6.2.1)

Indici multimetrici che valutano le condizioni e la funzionalità della comunità bentonica, come diversità e ricchezza di specie, proporzione di specie opportunistiche rispetto alle specie sensibili (6.2.2)

Proporzione di biomassa o numero di esemplari nel macrobenthos al di sopra di una lunghezza/taglia specifica (6.2.3)

Parametri che descrivono le caratteristiche (forma, pendenza e intercetta) dello spettro di dimensioni della comunità bentonica (6.2.4).

Descrittore 7:   La modifica permanente delle condizioni idrografiche non influisce negativamente sugli ecosistemi marini.

Alterazioni permanenti delle condizioni idrogeografiche dovute ad attività umane (ad esempio cambiamenti nel regime di marea, trasporto di sedimenti o di acqua dolce, azione delle correnti o delle onde) che comportano modifiche nelle caratteristiche fisiche e chimiche elencate nella tabella 1 dell’allegato III della direttiva 2008/56/CE. Tali modifiche possono essere particolarmente rilevanti se hanno ripercussioni a larga scala sugli ecosistemi marini e la loro valutazione può rivelare precocemente possibili impatti sull’ecosistema. Per le acque costiere, la direttiva 2000/60/CE fissa obiettivi idromorfologici che devono essere raggiunti tramite misure adottate nel quadro dei piani di gestione dei bacini idrografici. Le attività devono essere esaminate singolarmente per valutare gli impatti caso per caso. Ai fini della valutazione della portata degli impatti di tali attività e degli aspetti cumulativi possono essere utili strumenti come la valutazione dell’impatto ambientale, la valutazione ambientale strategica e la pianificazione spaziale marittima. Tuttavia, è importante assicurare che tali strumenti offrano elementi adeguati per valutare gli impatti potenziali sull’ambiente marino, tenendo in considerazione anche gli effetti transfrontalieri.

7.1.   Caratterizzazione spaziale delle alterazioni permanenti

Estensione dell’area colpita da alterazioni permanenti (7.1.1).

7.2.   Impatto dei cambiamenti idrografici permanenti

Estensione spaziale degli habitat colpiti dall’alterazione permanente (7.2.1)

Cambiamenti negli habitat, in particolare nelle funzioni svolte (ad esempio aree di deposizione di uova, di riproduzione e di alimentazione e rotte migratorie di pesci, uccelli e mammiferi) dovuti all’alterazione delle condizioni idrografiche (7.2.2).

Descrittore 8:   Le concentrazioni dei contaminanti presentano livelli che non danno origine a effetti inquinanti.

La concentrazione di inquinanti nell’ambiente marino e i loro effetti devono essere valutati tenendo in considerazione gli impatti e le minacce per l’ecosistema (20). Occorre tenere conto anche delle disposizioni pertinenti della direttiva 2000/60/CE per le acque territoriali e/o costiere per garantire un adeguato coordinamento dell’attuazione dei due quadri giuridici, tenendo presenti anche le informazioni e le conoscenze raccolte e gli approcci elaborati nell’ambito delle convenzioni marittime regionali. Se è rilevante per l’ambiente marino, gli Stati membri devono considerare le sostanze o i gruppi di sostanze che:

i)

superano i relativi standard di qualità ambientale definiti all’articolo 2, paragrafo 35, e all’allegato V della direttiva 2000/60/CE nelle acque, nei sedimenti e nel biota delle acque costiere o territoriali adiacenti alla regione o sottoregione marina considerata; e/o

ii)

sono inclusi nell’elenco delle sostanze prioritarie di cui all’allegato X della direttiva 2000/60/CE e ulteriormente regolamentate nella direttiva 2008/105/CE che vengono scaricate nella regione, sottoregione o sottodivisione marina interessata; e/o

iii)

sono contaminanti e il loro rilascio nell’ambiente (comprese perdite, scarichi o emissioni) pone rischi significativi per l’ambiente marino dovuti all’inquinamento passato e presente nella regione, sottoregione o sottodivisione interessata, anche come conseguenza di episodi di inquinamento grave causati da incidenti che coinvolgono, ad esempio, sostanze pericolose o nocive.

I progressi verso il conseguimento di un buono stato ecologico dipenderanno dalla progressiva eliminazione dell’inquinamento, ossia dalla capacità di mantenere entro limiti accettabili la presenza dei contaminanti nell’ambiente marino e dei relativi effetti biologici, in modo da garantire che non abbiano impatti significativi e non causino rischi per l’ambiente marino.

8.1.   Concentrazione dei contaminanti

Concentrazione dei contaminanti di cui sopra, misurata nella matrice pertinente (biota, sedimento o acqua) in modo da garantire la comparabilità con le valutazioni effettuate ai sensi della direttiva 2000/60/CE (8.1.1).

8.2.   Effetti dei contaminanti

Livelli degli effetti inquinanti sui componenti dell’ecosistema interessati, tenendo conto dei processi biologici selezionati e dei gruppi tassonomici nei quali è stato individuata una relazione di causa/effetto che deve essere monitorata (8.2.1)

Manifestazione, origine (quando possibile), estensione di episodi di inquinamento gravi significativi (ad esempio fuoriuscite di petrolio e di prodotti petroliferi) e loro impatto sul biota fisicamente colpito dall’inquinamento (8.2.2).

Descrittore 9:   I contaminanti presenti nei pesci e in altri prodotti della pesca in mare destinati al consumo umano non eccedono i livelli stabiliti dalla legislazione comunitaria o da altre norme pertinenti.

Nelle diverse regioni o sottoregioni, gli Stati membri devono monitorare l’eventuale presenza nei tessuti commestibili (a seconda dei casi muscoli, fegato, carne, uova, parti molli) di pesci, crostacei, molluschi ed echinodermi, nonché nelle alghe catturate o raccolte nell’ambiente naturale, di sostanze i cui livelli massimi sono fissati a livello di Unione, di regione o di Stato membro per i prodotti destinati al consumo umano.

9.1.   Livelli, numero e frequenza dei contaminanti

Livelli effettivi dei contaminanti rilevati e numero di inquinanti che hanno superato i livelli massimi stabiliti per legge (9.1.1)

Frequenza del superamento dei limiti di legge (9.1.2).

Descrittore 10:   Le proprietà e le quantità di rifiuti marini non provocano danni all’ambiente costiero e marino.

La distribuzione di rifiuti è estremamente variabile e questo elemento deve essere tenuto in considerazione nei programmi di monitoraggio. Occorre individuare l’attività a cui sono correlati i rifiuti e, se possibile, la loro provenienza. Occorre sviluppare ulteriormente diversi indicatori, in particolare quelli relativi agli impatti biologici e alle microparticelle, anche per quanto riguarda una migliore valutazione della loro tossicità potenziale (21).

10.1.   Caratteristiche dei rifiuti nell’ambiente marino e costiero

Tendenze nella quantità di rifiuti gettati in mare e/o depositati sui litorali, compresa l’analisi della loro composizione, la distribuzione spaziale e, se possibile, la loro provenienza (10.1.1)

Tendenze nella quantità di rifiuti nella colonna d’acqua (inclusi quelli galleggianti in superficie) e depositati sul fondo, compresa l’analisi della loro composizione, la distribuzione spaziale e, se possibile, la loro provenienza (10.1.2)

Tendenze nella quantità, nella distribuzione e, se possibile, nella composizione di microparticelle (in particolare microplastiche (10.1.3).

10.2.   Impatti dei rifiuti sulla vita marina

Tendenze nella quantità e nella composizione dei rifiuti ingeriti dagli animali marini (ad esempio tramite analisi stomacali) (10.2.1).

Questo indicatore deve essere sviluppato ulteriormente sulla base dell’esperienza accumulata in alcune sottoregioni (ad esempio nel Mare del Nord) per poterlo adattare ad altre regioni.

Descrittore 11:   L’introduzione di energia, comprese le fonti sonore sottomarine, è a livelli che non hanno effetti negativi sull’ambiente marino.

Insieme al rumore sottomarino, trattato dalla direttiva 2008/56/CE, altre forme di apporti di energia (come l’energia termica, i campi elettromagnetici e la luce) possono avere impatti sui componenti degli ecosistemi marini. È necessario approfondire le conoscenze scientifiche e tecniche per elaborare ulteriormente i criteri relativi a questo descrittore (22), anche in relazione agli impatti dell’introduzione dell’energia sulla vita marina e i relativi livelli di rumore e di frequenza (che, se del caso, potrebbero dover essere adattati per rispondere al requisito della cooperazione regionale). Nella fase attuale i principali orientamenti per la misurazione del rumore sottomarino sono stati considerati una priorità in relazione alla valutazione e al monitoraggio (23), fatti salvi sviluppi futuri anche per quanto riguarda la mappatura. I suoni antropogenici possono avere durata breve (suoni intermittenti causati da indagini sismiche e dall’installazione di pali per la costruzione di piattaforme e stazioni eoliche, oppure esplosioni) o lunga (suoni continui dovuti a operazioni di dragaggio e al passaggio di navi oppure prodotti da impianti di energia) che hanno effetti di tipo diverso sugli organismi. La maggior parte delle attività commerciali che producono livelli elevati di rumore e che colpiscono aree estese è svolta in condizioni controllate ed è soggetta al rilascio di un’autorizzazione. In questo modo è possibile coordinare requisiti coerenti per misurare tali suoni intensi intermittenti.

11.1.   Distribuzione spazio-temporale di suoni intermittenti di frequenza elevata, media e bassa

Proporzione dei giorni e loro distribuzione in un anno di calendario, sulle aree di una determinata superficie e loro distribuzione spaziale, in cui le fonti sonore antropogeniche superano livelli che potrebbero avere un impatto significativo sulla fauna marina, misurati come Livello di esposizione a un suono (in dB re 1μPa2.s) o come livello di pressione acustica di picco (in dB re 1μPapeak) a un metro, misurati sulla banda di frequenza da 10 Hz a 10 kHz (11.1.1)

11.2.   Suono continuo a bassa frequenza

Tendenze nei livelli di rumorosità ambiente entro le bande 63 e 125 Hz a 1/3 di ottava (frequenza centrale) (re 1μΡa RMS; livello medio di rumore nelle bande di questa ottava per un anno) misurate tramite stazioni di osservazione e/o utilizzando modelli, se necessario (11.2.1).


(1)  Cfr. i considerando 3 e 4.

(2)  GU L 348 del 24.12.2008, pag. 84.

(3)  GU L 60 del 5.3.2008, pag. 1.

(4)  Cfr. il considerando 2.

(5)  Cfr. i considerando 3 e 4.

(6)  Cfr. parte A, punti da 3 a 6.

(7)  Cfr. parte A, punto 6.

(8)  «Assessment, monitoring and reporting of conservation status — Preparing the 2001-2007 report under Article 17 of the Habitats Directive», 15 marzo 2005, accettata dalla commissione Habitat il 20 aprile 2005.

(9)  Cfr. nota 8.

(10)  Regolamento (CE) n. 708/2007 del Consiglio, dell’11 giugno 2007, relativo all’impiego in acquacoltura di specie esotiche e di specie localmente assenti (GU L 168 del 28.6.2007, pag. 1).

(11)  Cfr. l’allegato IV del regolamento (CE) n. 708/2007.

(12)  Cfr. i considerando 3 e 4.

(13)  Cfr. parte A, punto 9.

(14)  Comunicazione «Conseguire la sostenibilità della pesca nell’UE tramite l’applicazione del rendimento massimo sostenibile» [COM(2006) 360 definitivo].

(15)  Cfr. i considerando 3 e 4.

(16)  Guidance Document on the Eutrophication Assessment in the Context of European Water Policies, Document n. 23. Commissione europea (2009) Cfr. http://circa.europa.eu/Public/irc/env/wfd/library

(17)  Cfr. parte A, punti da 3 a 6.

(18)  Cfr. parte A, punto 7.

(19)  Cfr. parte A, punti da 3 a 6.

(20)  Cfr. parte A, punti 3 e 4.

(21)  Cfr. i considerando 3 e 4.

(22)  Cfr. i considerando 3 e 4.

(23)  Cfr. parte A, punto 9.