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Document 32013H0179

2013/179/UE: Raccomandazione della Commissione, del 9 aprile 2013 , relativa a relativa all'uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni Testo rilevante ai fini del SEE

OJ L 124, 4.5.2013, p. 1–210 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

ELI: http://data.europa.eu/eli/reco/2013/179/oj

4.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 124/1


RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE

del 9 aprile 2013

relativa a relativa all'uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2013/179/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 191 e l'articolo 292,

considerando quanto segue:

(1)

Per numerosi operatori che partecipano al processo decisionale nel settore ambientale è indispensabile disporre di informazioni e misurazioni affidabili e corrette sulla prestazione ambientale dei prodotti e delle organizzazioni.

(2)

L'attuale proliferazione di metodi e iniziative diversi destinati a valutare e comunicare le prestazioni ambientali generano confusione e una certa diffidenza nei confronti delle informazioni sulle prestazioni ambientali. Tale proliferazione può comportare anche costi supplementari per le imprese, se esse sono tenute a misurare le prestazioni ambientali dei prodotti o dell'organizzazione in base ai diversi metodi in uso presso le autorità pubbliche, i partner commerciali, le iniziative private e gli investitori. Tali costi riducono la possibilità di scambi transfrontalieri di prodotti "verdi". Vi è il rischio che il mercato dei prodotti verdi diventi ancor più inefficiente (1).

(3)

La comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo "Politica integrata dei prodotti — Sviluppare il concetto di ciclo di vita ambientale" (2) riconosce la necessità di tenere conto degli impatti ambientali durante l'intero ciclo di vita di un prodotto in modo integrato.

(4)

Le conclusioni del Consiglio su "Gestione sostenibile dei materiali e produzione e consumo sostenibili" del 20 dicembre 2010 (3), invitavano la Commissione a elaborare una metodologia comune per la valutazione quantitativa degli impatti ambientali dei prodotti nel corso del loro intero ciclo di vita, a sostegno della valutazione e dell'etichettatura dei prodotti stessi.

(5)

La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Verso un atto per il mercato unico — Per un'economia sociale di mercato altamente competitiva: 50 proposte per lavorare, intraprendere e commerciare insieme in modo più adeguato" (4) annunciava che si sarebbe esaminata la possibilità di definire una metodologia europea comune per la valutazione e l'etichettatura dei prodotti, al fine di affrontare la questione del loro impatto ambientale, in particolare le emissioni di CO2. La necessità di una tale iniziativa è stata ribadita nei due atti successivi relativi al mercato unico (5).

(6)

La comunicazione "Un'agenda europea dei consumatori — Stimolare la fiducia e la crescita" sottolinea che i consumatori hanno il diritto di conoscere l'impatto ambientale nel corso del ciclo di vita dei prodotti che intendono acquistare e devono essere aiutati a individuare le opzioni realmente sostenibili. La comunicazione afferma che la Commissione metterà a punto metodologie armonizzate per valutare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle imprese come base per fornire informazioni affidabili ai consumatori.

(7)

La comunicazione intitolata "Un'industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica — aggiornamento della comunicazione sulla politica industriale" (6) menziona il fatto che la Commissione sta esaminando le migliori modalità per integrare i prodotti e i servizi verdi nel mercato interno, includendovi la misurazione dell'impronta ambientale.

(8)

Nella comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni dal titolo "Tabella di marcia per un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse" (7), la Commissione europea mirava a istituire un approccio metodologico comune per consentire agli Stati membri e al settore privato di valutare, comunicare e confrontare le prestazioni ambientali dei prodotti, dei servizi e delle imprese sulla base di una valutazione approfondita degli impatti ambientali nel corso del ciclo di vita ("impronta ambientale").

(9)

Lo stesso documento invitava gli Stati membri a mettere a punto incentivi che incoraggiassero una grande maggioranza delle imprese a misurare, confrontare e migliorare l'efficienza nell'uso delle risorse in maniera sistematica.

(10)

In risposta a tali esigenze di natura politica, la Commissione ha messo a punto due metodologie per misurare l'impronta ambientale dei prodotti e delle organizzazioni in base a metodi esistenti e ampiamente riconosciuti. La comunicazione "Costruire il mercato unico dei prodotti verdi" delinea un quadro per svilupparli ulteriormente e per affinare le metodologie con la partecipazione di numerosi portatori di interessi (tra cui l'industria e in particolare le PMI) attraverso test. I test esploreranno inoltre le possibili soluzioni a sfide di natura pratica, quali l'accesso ai dati relativi al ciclo di vita, e la qualità degli stessi, o metodi di verifica efficaci sul piano dei costi.

(11)

Obiettivo finale dell'iniziativa è superare la frammentazione del mercato interno per quanto riguarda i diversi metodi disponibili per misurare le prestazioni ambientali. La Commissione ritiene che per l'applicazione obbligatoria occorra fare ulteriori passi avanti per ridurre al minimo gli oneri amministrativi. Dato che qualsiasi nuovo metodo comporterebbe costi iniziali, la Commissione raccomanda alle imprese che decidono di applicare la metodologia su base volontaria di farlo dopo averne valutato attentamente l'impatto sulla propria competitività e consiglia agli Stati membri che utilizzano la metodologia di valutarne i costi e i benefici per le imprese.

(12)

La Commissione lavora allo sviluppo di approcci adeguati alle esigenze specifiche dei settori e delle categorie di prodotti, in linea con le prescrizioni dei metodi che definiscono l'impronta ambientale, tenendo conto delle caratteristiche specifiche dei prodotti complessi, delle filiere flessibili e dei mercati dinamici.

(13)

Raccomandando l'uso dei metodi per determinare l'impronta ambientale agli Stati membri, alle imprese private e alle associazioni, ma anche agli operatori di sistemi di misurazione o comunicazione delle prestazioni ambientali e agli investitori, la Commissione punta a ridurre la molteplicità dei metodi e delle etichette, nell'interesse sia dei fornitori che degli utilizzatori delle informazioni in materia di prestazioni ambientali. Ai fini di una maggiore chiarezza, i potenziali settori di applicazione sono inclusi nell'allegato I della presente raccomandazione.

(14)

La Commissione osserva che, sebbene l'iniziativa si focalizzi sugli impatti ambientali, nel contesto globale anche altri indicatori di prestazione, quali gli impatti economici e sociali, nonché le questioni legate all'occupazione svolgono un ruolo sempre più importante e hanno anche effetti di compensazione. La Commissione seguirà da vicino questi sviluppi e altre metodologie internazionali (quali la Global Reporting Initiative/Sustainability Reporting Guidance).

(15)

La maggior parte delle PMI non dispone delle competenze e delle risorse necessarie per soddisfare i requisiti in materia di informazioni sulle prestazioni ambientali nel ciclo di vita. Pertanto, gli Stati membri e le associazioni di settore dovrebbero fornire un sostegno alle PMI.

(16)

Parallelamente alla fase pilota saranno sviluppati strumenti di sostegno (criteri di qualità per le banche dati sull'analisi del ciclo di vita, sistemi di gestione dei dati, arbitrato scientifico, sistemi di verifica e di controllo della conformità, autorità di coordinamento) a livello dell'Unione europea e degli Stati membri, al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi strategici. La Commissione conosce il mercato globale e terrà le organizzazioni internazionali informate in merito a questa iniziativa volontaria,

HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:

1.   FINALITÀ E CAMPO DI APPLICAZIONE

1.1.

La presente raccomandazione promuove l'utilizzo dei metodi per determinare l'impronta ambientale nelle politiche e nei programmi pertinenti connessi alla misurazione o alla comunicazione delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti o delle organizzazioni.

1.2.

La presente raccomandazione è indirizzata agli Stati membri e alle organizzazioni pubbliche e private che misurano o intendono misurare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei propri prodotti, servizi o della propria organizzazione o comunicano o intendono comunicare le informazioni relative alle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita ai portatori di interessi privati, pubblici o della società civile nel mercato unico.

1.3.

La presente raccomandazione non si applica all'attuazione della legislazione obbligatoria dell'UE che prevede una metodologia specifica per il calcolo delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti.

2.   DEFINIZIONI

Ai fini della presente raccomandazione si intende per:

(a)   "metodo di determinazione dell'impronta ambientale dei prodotti (di seguito PEF)": metodo generale per misurare e comunicare il potenziale impatto ambientale nel corso del ciclo di vita di un prodotto, come stabilito nell'allegato II;

(b)   "metodo di determinazione dell'impronta ambientale delle organizzazioni (di seguito OEF)": metodo generale per misurare e comunicare il potenziale impatto ambientale nel corso del ciclo di vita di un'organizzazione, come stabilito nell'allegato III;

(c)   "impronta ambientale del prodotto": il risultato di uno studio dell'impronta ambientale del prodotto basato sulla metodologia dell'impronta ambientale del prodotto;

(d)   "impronta ambientale dell'organizzazione": il risultato di uno studio dell'impronta ambientale dell'organizzazione basato sulla metodologia dell'impronta ambientale dell'organizzazione;

(e)   "prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita": misurazione quantificata delle potenziali prestazioni ambientali, tenendo conto di tutte le fasi pertinenti del ciclo di vita di un prodotto o di un'organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento;

(f)   "comunicazione delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita": la divulgazione di informazioni sulle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita, anche ai partner commerciali, agli investitori, agli organismi pubblici o ai consumatori;

(g)   "organizzazione": società, azienda, impresa, autorità o istituzione, o loro parti o combinazione di esse, con o senza personalità giuridica, pubblica o privata, che ha amministrazione e funzioni proprie;

(h)   "programma": iniziativa a scopo di lucro o non di lucro adottata da imprese private o da un'associazione di imprese private, da un partenariato pubblico/privato o da organizzazioni non governative che richiede la misurazione o la comunicazione delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita;

(i)   "associazione di settore": organizzazione che rappresenta le imprese private che sono membri dell'organizzazione o società private appartenenti a un settore a livello locale, regionale, nazionale o internazionale;

(j)   "comunità finanziaria": tutti i soggetti che forniscono servizi finanziari (comprese le consulenze finanziarie), tra cui le banche, gli investitori e le compagnie assicurative;

(k)   "dati relativi al ciclo di vita": informazioni sul ciclo di vita di un determinato prodotto, organizzazione o altro riferimento. Si tratta di metadati descrittivi e dell'inventario quantitativo del ciclo di vita nonché dei dati sulla valutazione d'impatto nel corso del ciclo di vita;

(l)   "dati relativi all'inventario nel ciclo di vita": input e output qualificati per un prodotto o un'organizzazione nel proprio ciclo di vita, dati specifici (misurati o rilevati direttamente) o generici (misurati o rilevati indirettamente, medi).

3.   USO DELLE METODOLOGIE PEF E OEF NELLE POLITICHE DEGLI STATI MEMBRI

Gli Stati membri dovrebbero:

3.1.

utilizzare le metodologie PEF o OEF nelle politiche su base volontaria che implicano la misurazione o la comunicazione delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti o delle organizzazioni, ove necessario, garantendo al contempo che tali politiche non ostacolino la libera circolazione delle merci nel mercato unico;

3.2.

ritenere valide le informazioni sulle prestazioni ambientali nel ciclo di vita o le dichiarazioni basate sull'uso delle metodologie PEF o OEF nei sistemi nazionali che comportano la misurazione o la comunicazione delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti o delle organizzazioni;

3.3.

compiere sforzi per aumentare la disponibilità di dati di alta qualità relativi al ciclo di vita, mediante azioni volte a sviluppare, esaminare e mettere a disposizione banche dati nazionali e contribuire ad alimentare le banche dati pubbliche esistenti, in base alle prescrizioni in termini di qualità dei dati stabilite nelle metodologie PEF e OEF;

3.4.

fornire alle PMI assistenza e strumenti che consentano loro di misurare e migliorare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei propri prodotti o della propria organizzazione in base alle metodologie PEF o OEF;

3.5.

promuovere l'uso della metodologia OEF per misurare o comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita delle organizzazioni pubbliche.

4.   USO DELLE METODOLOGIE PEF E OEF DA PARTE DELLE IMPRESE E ALTRE ORGANIZZAZIONI PRIVATE

Le imprese e altre organizzazioni private che decidono di misurare o comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei propri prodotti o della propria organizzazione dovrebbero:

4.1.

utilizzare le metodologie PEF e OEF per misurare o comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei propri prodotti o della propria organizzazione;

4.2.

contribuire alla revisione delle banche dati pubbliche e alimentarle con dati di elevata qualità sul ciclo di vita, quanto meno conformi alle prescrizioni di qualità dei dati stabilite dalle metodologie PEF o OEF;

4.3.

prendere in considerazione la possibilità di offrire sostegno alle PMI nelle rispettive catene di approvvigionamento per far sì che forniscano informazioni basate sulle metodologie PEF e OEF e migliorino le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei loro prodotti e della loro organizzazione.

Le associazioni di settore dovrebbero:

4.4.

promuovere l'uso delle metodologie PEF e OEF tra i propri soci;

4.5.

contribuire alla revisione delle banche dati pubbliche e alimentarle con dati di elevata qualità sul ciclo di vita, quanto meno conformi alle prescrizioni di qualità dei dati stabilite dalle metodologie PEF o OEF;

4.6.

fornire alle PMI strumenti semplificati di calcolo e competenze che consentano loro di calcolare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei propri prodotti o della propria organizzazione in base alle metodologie PEF o OEF.

5.   USO DELLE METODOLOGIE PEF E OEF NEI PROGRAMMI RELATIVI ALLA MISURAZIONE O COMUNICAZIONE DELLE PRESTAZIONI AMBIENTALI NEL CORSO DEL CICLO DI VITA

I programmi relativi alla misurazione o alla comunicazione delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dovrebbero:

5.1.

utilizzare le metodologie PEF e OEF come metodo di riferimento per misurare o comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti o delle organizzazioni.

6.   USO DELLE METODOLOGIE PEF E OEF DA PARTE DELLA COMUNITÀ FINANZIARIA

I membri della comunità finanziaria, se del caso, dovrebbero:

6.1.

promuovere l'uso delle informazioni relative alle prestazioni ambientali nel ciclo di vita calcolate in base alle metodologie PEF o OEF nella valutazione dei rischi finanziari connessi alle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita;

6.2.

promuovere l'uso di informazioni basate su studi OEF nelle proprie valutazioni dei livelli di prestazione per la componente ambientale degli indici di sostenibilità.

7.   VERIFICA

7.1.

Gli studi PEF e OEF che devono essere utilizzati per scopi di comunicazione devono essere verificati in base ai criteri di revisione delle metodologie PEF e OEF.

7.2.

La verifica dovrebbe essere improntata ai seguenti principi:

(a)

un elevato livello di credibilità della misurazione e della comunicazione;

(b)

la proporzionalità dei costi e dei benefici della verifica rispetto all'uso previsto dei risultati PEF e OEF;

(c)

la verificabilità dei dati relativi al ciclo di vita e la tracciabilità dei prodotti e delle organizzazioni.

8.   COMUNICAZIONE IN MERITO ALL'ATTUAZIONE DELLA RACCOMANDAZIONE

8.1.

Gli Stati membri sono invitati a comunicare ogni anno alla Commissione le misure adottate alla luce della presente raccomandazione. Le prime informazioni dovrebbero essere trasmesse un anno dopo l'adozione della presente raccomandazione. Le informazioni trasmesse dovrebbero comprendere:

(a)

le modalità con cui le metodologie PEF e OEF sono utilizzate nelle iniziative politiche;

(b)

il numero di prodotti e organizzazioni oggetto dell'iniziativa;

(c)

gli incentivi relativi alle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita;

(d)

le iniziative relative all'elaborazione di dati di qualità elevata sul ciclo di vita;

(e)

l'assistenza offerta alle PMI per la fornitura di informazioni ambientali nel corso del ciclo di vita e per il miglioramento delle loro prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita;

(f)

eventuali problemi od ostacoli rilevati nell'utilizzo delle metodologie.

Fatto a Bruxelles, il 9 aprile 2013

Per la Commissione

Janez POTOČNIK

Membro della Commissione


(1)  Valutazione d'impatto che accompagna la comunicazione della Commissione "Costruire il mercato unico dei prodotti verdi: promuovere informazioni migliori e credibili sulle prestazioni ambientali dei prodotti e delle organizzazioni. (SWD(2013) 111 definitivo).

(2)  COM(2003) 302 definitivo.

(3)  Riunione n. 3 061 del Consiglio "Ambiente", Bruxelles, 20 dicembre 2010.

(4)  COM(2010) 608 definitivo/2.

(5)  COM(2011) 206 definitivo — L'Atto per il mercato unico —Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia. "Insieme per una nuova crescita", e COM(2012) 573 final "L'Atto per il mercato unico II — Insieme per una nuova crescita".

(6)  COM(2012) 582 final.

(7)  COM(2011) 571 definitivo.


ALLEGATO I

POTENZIALI AMBITI DI APPLICAZIONE DELLE METODOLOGIE PEF E OEF E RISULTATI

Potenziali ambiti di applicazione e risultati della metodologia PEF:

ottimizzazione dei processi durante il ciclo di vita di un prodotto;

sostegno alla progettazione del prodotto che riduca al minimo gli impatti ambientali nel corso del ciclo di vita;

comunicazione delle informazioni relative alle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti (ad esempio mediante la documentazione che accompagna il prodotto, siti internet e app) da parte delle singole imprese o mediante programmi su base volontaria;

programmi relativi alle dichiarazioni ambientali, in particolare garantendo una sufficiente affidabilità e completezza delle dichiarazioni;

programmi che creano reputazione dando visibilità ai prodotti che calcolano le proprie prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita;

identificazione degli impatti ambientali significativi al fine di stabilire criteri per i marchi di qualità ecologica;

incentivi basati sulle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita, ove opportuno.

Potenziali ambiti di applicazione e risultati della metodologia OEF:

ottimizzazione dei processi lungo tutta la catena di approvvigionamento della gamma di prodotti di un'organizzazione;

comunicazione delle prestazioni ambientali nel ciclo di vita alle parti interessate (ad esempio mediante relazioni annuali, nelle relazioni sulla sostenibilità, come risposta ai questionari degli investitori o dei portatori di interessi);

programmi che creano reputazione dando visibilità alle organizzazioni che calcolano le proprie prestazioni ambientali nel ciclo di vita o alle organizzazioni che le migliorano nel tempo, ad esempio di anno in anno;

programmi che richiedono la comunicazione delle prestazioni ambientali nel ciclo di vita;

un mezzo per fornire informazioni sulle prestazioni ambientali nel ciclo di vita e sul conseguimento degli obiettivi nel quadro di un sistema di gestione ambientale;

incentivi basati sul miglioramento delle prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita, calcolate in base alla metodologia OEF, ove opportuno.


ALLEGATO II

GUIDA SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI (PEF)

INDICE

Sintesi

Contesto

Obiettivi e destinatari

Procedura e risultati

Rapporto con la guida sull’impronta ambientale delle organizzazioni

1.

CONSIDERAZIONI GENERALI PER GLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

1.1

Principi ed esempi per possibili applicazioni

1.2

Come utilizzare la presente guida

1.3

Principi per gli studi sull’impronta ambientale dei prodotti

1.4

Fasi di uno studio sull’impronta ambientale dei prodotti

2.

RUOLO DELLE REGOLE DI CATEGORIA RELATIVE ALL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

2.1

Informazioni generali

2.2

Ruolo delle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti e rapporto con le regole di categoria di prodotto esistenti

2.3

Struttura delle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti in base alla classificazione dei prodotti associata alle attività (CPA)

3.

DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEGLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

3.1

Informazioni generali

4.

DEFINIZIONE DELL’AMBITO DEGLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

4.1

Informazioni generali

4.2

Unità di analisi e flusso di riferimento

4.3

Confini del sistema per gli studi sull’impronta ambientale dei prodotti

4.4

Selezione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale e dei metodi di valutazione

4.5

Selezione di ulteriori informazioni ambientali da includere nella PEF

4.6

Ipotesi/limitazioni

5.

COMPILAZIONE E REGISTRAZIONE DEL PROFILO DI UTILIZZO DELLE RISORSE E DI EMISSIONI

5.1

Informazioni generali

5.2

Fase di analisi (raccomandata)

5.3

Piano di gestione dei dati (facoltativo)

5.4

Dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

5.4.1

Acquisizione delle materie prime e prelavorazione(dalla culla al cancello)

5.4.2

Beni strumentali

5.4.3

Produzione

5.4.4

Distribuzione e stoccaggio dei prodotti

5.4.5

Fase di utilizzo

5.4.6

Modellizzazione della logistica per il prodotto analizzato

5.4.7

Fine vita

5.4.8

Computo dell’uso di energia elettrica (ivi compreso l’uso di energie rinnovabili)

5.4.9

Ulteriori considerazioni per la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

5.5

Nomenclatura per il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

5.6

Requisiti in materia di qualità dei dati

5.7

Raccolta di dati specifici

5.8

Raccolta di dati generici

5.9

Lacune nei dati rimanenti delle unità di processo/dati mancanti

5.10

Processi multifunzionali

5.11

Raccolta di dati relativi alle fasi metodologiche successive in uno studio sulla PEF

6.

VALUTAZIONE DI IMPATTO DELL’IMPRONTA AMBIENTALE

6.1

Classificazione e caratterizzazione (obbligatorie)

6.1.1

Classificazione dei flussi dell’impronta ambientale dei prodotti

6.1.1

Caratterizzazione dei flussi dell’impronta ambientale

6.2

Normalizzazione e ponderazione (raccomandata/facoltativa)

6.2.1

Normalizzazione dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (raccomandata)

6.2.1

Ponderazione dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (facoltativa)

7.

INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

7.1

Informazioni generali

7.2

Valutazione della fondatezza del modello di impronta ambientale dei prodotti

7.3

Identificazione di punti critici

7.4

Stima dell’incertezza

7.5

Conclusioni, raccomandazioni e limitazioni

8.

RELAZIONI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

8.1

Informazioni generali

8.2

Elementi delle relazioni

8.2.1

Primo elemento: sintesi

8.2.2

Secondo elemento: relazione principale

8.2.3

Terzo elemento: allegato

8.2.4

Quarto elemento: relazione riservata

9.

REVISIONE CRITICA DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

9.1

Informazioni generali

9.2

Tipo di revisione

9.3

Qualifica del revisore

10.

ACRONIMI E ABBREVIAZIONI

11.

GLOSSARIO

12.

RIFERIMENTI

Allegato I:

Sintesi dei principali requisiti obbligatori per l’impronta ambientale dei prodotti e l’elaborazione di regole di categoria per l’impronta ambientale dei prodotti

Allegato II:

Piano di gestione dei dati (adattamento dall’iniziativa del protocollo sui gas a effetto serra )

Allegato III:

Elenco di controllo per la raccolta di dati

Allegato IV:

Individuazione di nomenclatura e proprietà adeguate a flussi specifici

Allegato V:

Gestione della multifunzionalità in situazioni di fine vita

Allegato VI:

Orientamenti per la contabilizzazione delle emissioni a seguito di modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo che hanno un impatto sui cambiamenti climatici

Allegato VII:

Esempio di una regola di categoria relativa all’impronta ambientale dei prodotti per prodotti cartacei intermedi – requisiti in materia di qualità dei dati

Allegato VIII:

Mappatura della terminologia utilizzata nella presente guida sulla PEF con la terminologia ISO

Allegato IX:

Guida sulla PEF e manuale sull’ILCD: principali differenze

Allegato X:

Confronto tra i requisiti chiave della guida sulla PEF e altri metodi

SINTESI

L’impronta ambientale dei prodotti (Product Environmental Footprint - PEF) è una misura che, sulla base di vari criteri, indica le prestazioni ambientali di un prodotto o servizio nel corso del rispettivo ciclo di vita. Le informazioni relative alla PEF sono fornite con l’obiettivo generale di ridurre gli impatti ambientali dei prodotti e servizi, tenendo conto delle attività della catena di approvvigionamento (1) (dall’estrazione di materie prime, alla produzione, all’uso e alla gestione finale dei rifiuti). La guida sulla PEF mette a disposizione un metodo di modellazione degli impatti ambientali dei flussi di materiale/energia e dei flussi di emissioni e di rifiuti associati a un prodotto nel corso del relativo ciclo di vita.

Il presente documento fornisce una serie di orientamenti per il calcolo della PEF e per la definizione di requisiti metodologici specifici delle categorie dei prodotti da utilizzare in regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti. La PEF è complementare ad altri strumenti che riguardano siti e soglie specifici.

Contesto

La guida sulla PEF è stata sviluppata nell’ambito di uno degli elementi fondamentali dell’iniziativa faro della strategia Europa 2020 – “Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” (2). La “Tabella di marcia per un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” della Commissione europea (3) propone vari modi per aumentare la produttività delle risorse e dissociare la crescita economica dall’uso delle risorse e dagli impatti ambientali, assumendo come presupposto il concetto di ciclo di vita. Uno dei suoi scopi consiste nel: “Istituire un approccio metodologico comune per consentire agli Stati membri e al settore privato di valutare, rendere note e confrontare le prestazioni ambientali dei prodotti, dei servizi e delle aziende sulla base di una valutazione globale del loro impatto ambientale nel corso del loro ciclo di vita (‘impronta ecologica’)”. Il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a sviluppare metodologie di supporto.

Il progetto relativo all’impronta ambientale dei prodotti e delle organizzazioni (OEF) è stato avviato allo scopo di definire una metodologia europea armonizzata per gli studi sull’impronta ambientale che possa comprendere una serie più ampia di criteri di prestazione ambientale pertinenti basandosi sul concetto di ciclo di vita (4). Il concetto di ciclo di vita prende in considerazione tutti i vari flussi di risorse e gli interventi ambientali associati a un prodotto o un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento. Esso include tutte le fasi che vanno dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, alla distribuzione, all’utilizzo e ai processi di fine vita, nonché tutti gli impatti ambientali, gli effetti sulla salute, i rischi legati alle risorse e gli oneri per la società associati pertinenti. Tale approccio è essenziale per illustrare i possibili compromessi tra vari tipi di impatti ambientali legati a specifiche decisioni politiche e gestionali e contribuire a evitare un trasferimento involontario degli oneri.

Obiettivi e destinatari

Il presente documento si propone di fornire una serie di orientamenti tecnici completi e dettagliati per la conduzione di uno studio sulla PEF. Gli studi sull’impronta ambientale dei prodotti possono essere utilizzati per vari scopi, tra cui la gestione interna e la partecipazione a programmi volontari o obbligatori. Esso è rivolto principalmente a esperti tecnici tenuti ad effettuare uno studio sulla PEF come ingegneri e responsabili ambientali nelle aziende e in altre istituzioni. Non è indispensabile avere una grande esperienza nel campo della valutazione ambientale per utilizzare la presente guida al fine di effettuare uno studio sulla PEF.

La guida non ha lo scopo di avvalorare direttamente confronti o dichiarazioni comparative [ossia le dichiarazioni concernenti la superiorità o l’equivalenza delle prestazioni ambientali di un prodotto rispetto a un altro (sulla base della norma ISO 14040:2006)]. Per tali confronti sarà necessario definire ulteriori regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti a integrazione degli orientamenti più generali indicati nel presente documento al fine di accrescere l’armonizzazione, la specificità, la pertinenza e la riproduttività metodologiche per un determinato tipo di prodotto. Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti consentiranno inoltre di concentrarsi sui parametri più importanti e quindi di ridurre i tempi, gli sforzi e i costi di completamento di uno studio sulla PEF. Oltre a fornire gli orientamenti e a definire i requisiti generali per gli studi sulla PEF, il presente documento specifica anche i requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti.

Procedura e risultati

Ciascun requisito specificato nella presente guida è stato scelto tenendo conto delle raccomandazioni derivanti da metodi di contabilità ambientale e documenti di orientamento simili e ampiamente accettati. Nello specifico, sono stati considerati come guide metodologiche: le norme ISO (5) [in particolare: ISO 14044(2006), progetto ISO/DIS 14067(2012); ISO 14025(2006), ISO 14020(2000)], il manuale del sistema ILCD (International Reference Life Cycle Data System) (6); le norme in materia di impronta ecologica (7); il protocollo sui gas a effetto serra (8) (WRI/ WBCSD); i principi generali per una comunicazione ambientale sui prodotti di massa BPX 30-323-0 (ADEME) (9); e le specifiche per la valutazione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita di beni e servizi (PAS 2050, 2011) (10).

Il risultato dell’analisi è sintetizzato nell’allegato X. Una descrizione più dettagliata è contenuta in “Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment” (EC-JRC-IES 2011b) (11). Benché i metodi esistenti possano offrire varie alternative per una determinata scelta metodologica, lo scopo della presente guida è, laddove fattibile, di individuare un unico requisito per ogni aspetto decisivo o di fornire ulteriori orientamenti allo scopo di favorire la conduzione di studi sulla PEF più coerenti, esaurienti e riproducibili. Pertanto, la comparabilità è ritenuta prioritaria rispetto alla flessibilità.

Come indicato in precedenza, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti sono un’estensione e un’integrazione necessarie degli orientamenti più generali per gli studi sulla PEF contenuti nel presente documento (in termini di comparabilità tra i vari studi sulla PEF). Quando saranno definite, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti svolgeranno un ruolo importante contribuendo ad aumentare la riproducibilità, la qualità, la coerenza e la pertinenza degli studi sulla PEF.

Rapporto con la guida sull’impronta ambientale delle organizzazioni

L’impronta ambientale delle organizzazioni (OEF) e l’impronta ambientale dei prodotti (PEF) offrono entrambe la possibilità di quantificare le prestazioni ambientali dal punto di vista del ciclo di vita. Mentre il metodo di calcolo della PEF è specifico per i singoli prodotti o servizi, il metodo di calcolo dell’OEF si applica alle attività delle organizzazioni nel complesso, ossia a tutte le attività associate ai prodotti e/o ai servizi forniti da un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento (dall’estrazione delle materie prime, all’uso, alle opzioni per la gestione finale dei rifiuti). La rilevazione dell’impronta ambientale dei prodotti e delle organizzazioni può quindi essere considerata un’attività integrativa, intrapresa nei singoli casi per sostenere applicazioni specifiche.

Per calcolare l’OEF non è necessario condurre analisi multiple sui prodotti. L’OEF si calcola piuttosto utilizzando i dati aggregati che rappresentano i flussi di risorse e di rifiuti che attraversano il confine definito di un’organizzazione. Dopo aver calcolato l’OEF, i dati possono tuttavia essere disaggregati a livello di prodotto mediante formule di allocazione adeguate. In teoria, la somma delle PEF dei prodotti forniti da un’organizzazione in un determinato periodo di riferimento (per esempio un anno) dovrebbe essere pari alla sua OEF per lo stesso periodo di riferimento (12). Le metodologie indicate nella presente guida sono state intenzionalmente definite a tale scopo. Inoltre, l’OEF può servire a individuare i settori del portafoglio di prodotti di un’organizzazione in cui gli impatti ambientali sono più significativi e in cui, quindi, possono essere necessarie analisi dettagliate a livello di singoli prodotti.

Terminologia: deve, dovrebbe e può

La presente guida usa una terminologia precisa per indicare i requisiti, le raccomandazioni e le opzioni a disposizione delle aziende.

Il termine “deve” viene utilizzato per indicare ciò che è necessario al fine di garantire la conformità di uno studio sulla PEF alla presente guida.

Il termine “dovrebbe” è impiegato per indicare una raccomandazione, ma non un obbligo. Qualsiasi deviazione da un requisito indicato con “dovrebbe” deve essere giustificata dal responsabile dello studio e trasparente.

Il termine “può” è utilizzato per indicare un’opzione ammessa.

1.   Considerazioni generali per gli studi sull’impronta ambientale dei prodotti (PEF)

1.1   Principi ed esempi per possibili applicazioni

L’impronta ambientale dei prodotti (PEF) è una misura che, sulla base di vari criteri, indica le prestazioni ambientali di un prodotto o servizio nel corso del rispettivo ciclo di vita (13). Le informazioni relative alla PEF sono fornite con l’obiettivo generale di ridurre gli impatti ambientali di prodotti e servizi.

Il presente documento fornisce una serie di orientamenti per il calcolo della PEF e per la definizione di requisiti metodologici specifici delle categorie di prodotto da utilizzare in regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti. Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti sono un’estensione e un’integrazione necessarie degli orientamenti generali per gli studi sulla PEF. Quando saranno definite, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti svolgeranno un ruolo importante contribuendo ad aumentare la riproducibilità, la coerenza e la pertinenza degli studi sulla PEF. Tali regole consentiranno di concentrarsi sui parametri più importanti e quindi, se possibile, anche di ridurre i tempi, gli sforzi e i costi di completamento di uno studio sulla PEF.

Basata sul concetto di ciclo di vita (14), la guida sulla PEF mette a disposizione un metodo di modellazione degli impatti ambientali dei flussi di materiale/energia e dei flussi di emissioni e di rifiuti (15) associati a un prodotto (16) dal punto di vista della catena di approvvigionamento (17) (dall’estrazione delle materie prime (18), all’uso, alla gestione finale dei rifiuti). Il concetto di ciclo di vita prende in considerazione tutti i vari flussi di risorse e gli interventi ambientali associati a un prodotto o a un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento. Esso include tutte le fasi che vanno dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, alla distribuzione, all’utilizzo e ai processi di fine vita, nonché tutti gli impatti ambientali, gli effetti sulla salute, i rischi legati alle risorse e gli oneri per la società.

Si rivolge principalmente a esperti tecnici quali ingegneri e responsabili ambientali tenuti ad effettuare uno studio sulla PEF. Non è indispensabile avere una grande esperienza nei metodi di valutazione ambientale per utilizzare la presente guida al fine di sviluppare uno studio sulla PEF.

Il metodo della PEF è basato sul concetto di ciclo di vita. Il concetto del ciclo di vita applicato alla gestione ambientale e il principio del ciclo di vita (LCT) in generale prendono in considerazione tutte le interazioni ambientali pertinenti associate a un prodotto, un servizio, un’attività o un’entità dal punto di vista della catena di approvvigionamento. Ciò è in contrasto con l’intento di concentrarsi unicamente sugli impatti a livello di sito o su singoli impatti ambientali per ridurre la possibilità di un trasferimento involontario degli oneri, un trasferimento degli oneri relativi all’impatto ambientale da una fase della catena di approvvigionamento a un’altra, da una categoria di impatto a un’altra, tra gli impatti e l’impiego efficiente delle risorse e/o da un paese a un altro.

Al fine di sviluppare un modello che fornisca una rappresentazione realistica di questi impatti e flussi fisici, occorre definire per quanto possibile parametri di modellazione sulla base di rapporti e termini fisici chiari.

Ogni requisito specificato nella presente guida è stato scelto tenendo conto delle raccomandazioni derivanti da metodi di contabilità ambientale dei prodotti e documenti di orientamento simili e ampiamente accettati. Nello specifico, sono stati considerati come guide metodologiche:

le norme ISO (19) [in particolare: ISO 14044(2006), progetto ISO/DIS 14067(2012); ISO 14025(2006), ISO 14020(2000)];

il manuale ILCD (International Reference Life Cycle Data System) (20);

l’impronta ecologica (21);

il protocollo sui gas a effetto serra (22) (WRI/WBCSD);

principi generali per una comunicazione ambientale sui prodotti di massa BPX 30-323-0 (ADEME) (23);

specifiche per la valutazione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita di beni e servizi (PAS 2050, 2011) (24).

L’allegato X fornisce un quadro generale di alcuni requisiti chiave contenuti nella guida sulla PEF rispetto ai requisiti/alle specifiche contenuti nelle guide metodologiche precedentemente citate. Una descrizione più dettagliata dei metodi analizzati e del risultato delle analisi è contenuta in “Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment” (25). Benché i metodi esistenti possano offrire varie alternative per una determinata scelta metodologica, lo scopo della presente guida è (laddove fattibile) quello di individuare un unico requisito per ogni aspetto decisivo o di fornire ulteriori orientamenti allo scopo di favorire la conduzione di studi sulla PEF più coerenti, esaurienti e riproducibili.

Le possibili applicazioni degli studi sulla PEF possono essere ripartite sulla base di obiettivi interni o esterni:

le applicazioni interne possono comprendere il sostegno alla gestione ambientale, l’identificazione delle aree sensibili sotto il profilo ambientale, il rilevamento e il miglioramento delle prestazioni ambientali e possono comportare implicitamente opportunità di riduzione dei costi;

le applicazioni esterne [per esempio, le comunicazioni tra le imprese (B2B) e tra imprese e consumatori (B2C)] comprendono un’ampia serie di possibilità, fra cui le risposte alle richieste dei clienti e dei consumatori, la commercializzazione, le valutazioni comparative, l’etichettatura ecologica, la promozione dell’ecoprogettazione nelle catene di approvvigionamento, gli appalti verdi e il rispetto dei requisiti previsti dalle politiche ambientali a livello europeo o di singolo Stato membro;

le valutazioni comparative potrebbero comprendere, per esempio, la definizione di un prodotto con prestazioni medie (sulla base dei dati forniti dalle parti interessate o di dati generici o di approssimazioni) seguita da una classificazione degli altri prodotti in base alle loro prestazioni rispetto al prodotto di riferimento.

La Tabella 1 fornisce un quadro generale delle applicazioni previste per gli studi sulla PEF in relazione ai requisiti necessari per effettuare studi sulla PEF ai sensi della presente guida.

Tabella 1:

principali requisiti per gli studi sulla PEF in relazione all’applicazione prevista

Applicazioni previste

Definizione di obiettivo e ambito

Valutazione

Rispetto dei requisiti sulla qualità dei dati

Gerarchia della multifunzionalità

Scelta dei metodi di valutazione di impatto

Classificazione e caratterizzazione

Normalizzazione

Ponderazione

Interpretazione dei risultati della PEF

Requisiti in materia di informativa

Revisione critica (1 persona)

Gruppo di revisione critica (3 persone)

Necessità di regole di categoria sulla PEF

Interne

(dichiarate in linea con la guida sulla PEF Guide)

O

R

R

O

O

O

R

F

O

F

O

F

F

Esterne

B2B/B2C senza confronti/dichiarazioni comparative

O

R

O

O

O

O

R

F

O

O

O

R

R

B2B/B2C con confronti/dichiarazioni comparative

O

R

O

O

O

O

R

F

O

O

/

O

O

“O”

=

obbligatorio;

“R”

=

raccomandato (non obbligatorio);

“F”

=

facoltativo (non obbligatorio);

«/»

=

non applicabile

Requisiti per gli studi sulla PEF

Gli studi sulla PEF devono basarsi sul concetto del ciclo di vita.

1.2   Come utilizzare la presente guida

La presente guida fornisce le informazioni necessarie per condurre uno studio sulla PEF. Il materiale contenuto nella guida è presentato in maniera sequenziale, nell’ordine delle fasi metodologiche che devono essere completate per calcolare una PEF. Ogni sezione inizia con una descrizione generale della fase metodologica, un quadro generale delle considerazioni necessarie e alcuni esempi dimostrativi. I “requisiti” specificano le norme metodologiche che devono/dovrebbero essere rispettate per garantire la conformità degli studi sulla PEF. I “requisiti” si trovano in riquadri di testo con bordi costituiti da una linea singola in base alle sezioni di descrizione generale. I “suggerimenti” descrivono le migliori prassi non obbligatorie, ma raccomandate. Si trovano in riquadri di testo con sfondo colorato e bordi costituiti anche in questo caso da una linea continua. Qualora siano specificati, gli ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti si trovano in riquadri di testo con bordi costituiti da una linea doppia alla fine di ogni rispettiva sezione.

1.3   Principi per gli studi sull’impronta ambientale dei prodotti

Allo scopo di ottenere studi sulla PEF coerenti, esaurienti e riproducibili, è indispensabile il rispetto rigoroso di una serie fondamentale di principi analitici, che forniscono alcuni orientamenti generali sull’applicazione del metodo di calcolo della PEF. Devono essere considerati riguardo a ogni fase degli studi sulla PEF, dalla definizione degli obiettivi e dell’ambito della ricerca alla raccolta dei dati, alla valutazione di impatto, alla comunicazione e alla verifica dei risultati degli studi.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Gli utenti della presente guida devono osservare i seguenti principi negli studi sulla PEF:

(1)

Rilevanza

Tutti i metodi utilizzati e i dati raccolti per quantificare la PEF devono essere, per quanto possibile, rilevanti per lo studio.

(2)

Completezza

La quantificazione della PEF deve comprendere tutti i flussi di materiale/energia significativi sotto il profilo ambientale e gli altri interventi ambientali previsti nel rispetto dei confini definiti del sistema (26), dei requisiti relativi ai dati e dei metodi di valutazione di impatto impiegati.

(3)

Coerenza

In tutte le fasi dello studio sulla PEF deve essere garantita una rigorosa conformità alla presente guida per garantire la coerenza interna e la comparabilità con analisi simili.

(4)

Precisione

Deve essere compiuto ogni sforzo possibile per ridurre le incertezze sia nella modellazione del sistema produttivo (27) che nella comunicazione dei risultati.

(5)

Trasparenza

Le informazioni sulla PEF devono essere divulgate in modo tale da fornire agli utilizzatori previsti la base necessaria per decidere e consentire alle parti interessate di valutarne la fondatezza e l’attendibilità.

Principi per le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

1.   Rapporto con la guida sull’impronta ambientale dei prodotti

I requisiti metodologici fissati per le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti si applicano agli studi sulla PEF in aggiunta ai requisiti della guida sulla PEF. Qualora le regole in questione prevedano requisiti più specifici rispetto a quelli indicati nella presente guida, occorre rispettare tali requisiti specifici.

2.   Coinvolgimento di parti interessate selezionate

Il processo di definizione delle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti deve essere aperto e trasparente e deve comprendere la consultazione con parti interessate selezionate. È necessario compiere ogni sforzo possibile per ottenere un consenso in tutto il processo (adattamento da ISO 14020:2000, 4.9.1, principio 8). Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono essere sottoposte a una valutazione tra pari.

3.   Necessità di ottenere la comparabilità

I risultati degli studi sulla PEF condotti in linea con la guida sulla PEF e con il documento riguardante le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti pertinente possono essere utilizzati per il confronto delle prestazioni ambientali dei prodotti della stessa categoria sulla base del ciclo di vita e per le dichiarazioni comparative (28) (destinate a essere divulgate al pubblico). La comparabilità dei risultati è quindi determinante. Le informazioni fornite per il confronto devono essere trasparenti per consentire all’utente di comprendere i limiti della comparabilità insiti nel risultato calcolato (adattamento da ISO 14025).

1.4   Fasi di uno studio sull’impronta ambientale dei prodotti

Quando si effettua uno studio sulla PEF devono essere completate alcune fasi in linea con la presente guida, ossia definizione di obiettivi e ambito, profilo di impiego delle risorse e di emissioni, valutazione di impatto dell’impronta ambientale e interpretazione e comunicazione dell’impronta ambientale – cfr. figura 1.

Figura 1

Fasi di uno studio sull’impronta ambientale dei prodotti

Image

2.   RUOLO DELLE REGOLE DI CATEGORIA RELATIVE ALL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

2.1   Informazioni generali

Oltre a fornire orientamenti e requisiti generali per gli studi sulla PEF, la presente guida specifica anche i requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti, che svolgeranno un ruolo importante contribuendo ad aumentare la riproducibilità, la coerenza (e quindi la comparabilità tra i calcoli della PEF nella stessa categoria di prodotti (29)) nonché la rilevanza degli studi sulla PEF. Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti consentiranno di concentrarsi sui parametri più importanti di uno studio sulla PEF e quindi anche di ridurre i tempi, gli sforzi e i costi correlati.

L’obiettivo è quello di garantire che le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti siano definite in base alla guida sulla PEF e che forniscano le specificazioni richieste per ottenere la comparabilità, una maggiore riproducibilità, la coerenza, la rilevanza, la profondità e l’efficacia degli studi in questione. Le regole dovrebbero consentire che gli studi sulla PEF siano incentrati sugli aspetti e i parametri più pertinenti per determinare le prestazioni ambientali di un determinato tipo di prodotto. Una regola di categoria relativa all’impronta ambientale dei prodotti può specificare ulteriormente i requisiti indicati nella presente guida e aggiungere nuovi requisiti qualora la guida sulla PEF consenta una scelta tra varie opzioni.

Se non devono essere utilizzati per dichiarazioni comparative da divulgare al pubblico, gli studi sulla PEF possono essere effettuati senza utilizzare le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti.

Requisiti per gli studi sulla PEF

In mancanza di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti, gli aspetti fondamentali che devono essere inclusi in tali regole (come indicato nella presente guida) devono essere specificati, giustificati e indicati esplicitamente nello studio sulla PEF.

2.2   Ruolo delle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti e rapporto con le regole di categoria di prodotto esistenti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti mirano a fornire orientamenti tecnici completi e dettagliati su come effettuare uno studio sulla PEF per una specifica categoria di prodotti. Tali regole devono fornire specificazioni ulteriori a livello di processo e/o di prodotto, in particolare specificazioni e orientamenti per esempio nei seguenti ambiti:

definire l’obiettivo e l’ambito dello studio;

definire le categorie di impatto rilevanti/irrilevanti;

individuare i confini di sistema appropriati per l’analisi;

identificare i parametri chiave e le fasi del ciclo di vita;

fornire orientamenti sulle possibili fonti di dati;

definire il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni;

fornire ulteriori specifiche sulle modalità per risolvere problemi di multifunzionalità (30).

Tutti i suddetti aspetti sono illustrati nella presente guida.

Come definito nella norma ISO 14025(2006), le regole di categoria di prodotto (PCR) (31) contengono serie di norme, orientamenti e requisiti specifici allo scopo di definire “Dichiarazioni ambientali di tipo III” per ogni categoria di prodotti (ossia prodotti e/o servizi con funzioni equivalenti). Le “dichiarazioni ambientali di tipo III” sono dichiarazioni quantitative sulla base dell’analisi del ciclo di vita (32) di un determinato prodotto o servizio, per esempio informazioni di natura quantitativa relative ai possibili impatti ambientali.

Per la definizione e l’analisi delle regole di categoria di prodotto (PCR), la norma ISO 14025(2006) descrive la procedura e stabilisce i requisiti necessari per la comparabilità delle cosiddette “dichiarazioni ambientali di tipo III”. Tali dichiarazioni possono costituire, per esempio, una possibile applicazione di uno studio sulla PEF.

Gli orientamenti per la definizione delle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti si basano sul contenuto minimo di un documento sulle PCR, come previsto nella norma ISO 14025, il quale in riferimento alle PCR comprende, sebbene in modo non limitativo, i seguenti elementi:

identificazione della categoria di prodotto per cui deve essere definita una PCR, compresa per esempio una descrizione delle funzioni del prodotto, delle prestazioni tecniche e degli usi;

definizione dell’obiettivo e dell’ambito della valutazione del ciclo di vita (LCA) (33) del prodotto, in linea con i requisiti delle norme ISO della serie 14040 per esempio in termini di unità funzionale, confine del sistema, requisiti in materia di qualità dei dati (34);

descrizione delle analisi dell’inventario del ciclo di vita (LCI), con particolare attenzione alla raccolta dei dati, alle procedure di calcolo e alle regole di allocazione (35);

scelta degli indicatori delle categorie di impatto dell’impronta ambientale da includere nell’LCA;

descrizione di ogni possibile parametro predeterminato per la comunicazione dei dati relativi alla valutazione del ciclo di vita, per esempio, alcune categorie predeterminate di dati dell’inventario e/o indicatori delle categorie di impatto dell’impronta ambientale;

se la valutazione del ciclo di vita non comprende tutte le fasi del ciclo di vita, le informazioni sulle fasi mancanti e la relativa giustificazione;

la durata della validità della regola di categoria relativa alla PEF in fase di definizione.

Qualora siano disponibili altre PCR di sistemi differenti, queste possono fornire una base per definire una regola di categoria relativa alla PEF (36), in linea con i requisiti previsti nella presente guida.

Requisiti per la definizione di regole di categoria relative alla PEF

Per quanto possibile e tenendo conto dei diversi contesti di applicazione, tali regole dovrebbero essere conformi ai documenti orientativi internazionali relativi alle regole di categoria di prodotto (PCR) esistenti.

2.3   Struttura delle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti in base alla classificazione dei prodotti associata alle attività (CPA)

Il documento riguardante le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti illustra il tipo di informazioni da fornire in merito a un prodotto dal punto di vista del ciclo di vita nonché i modi con cui generare tali informazioni. Il sistema di classificazione dei prodotti associata alle attività (figura 2) deve essere utilizzato per codificare e definire i moduli di informazioni utilizzati per rappresentare il ciclo di vita del prodotto.

Le categorie di prodotto della CPA si riferiscono alle attività definite secondo i codici NACE (ossia la Classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee). Ogni prodotto della CPA è associato a una singola attività NACE, per cui la struttura della CPA corrisponde a quella della NACE per tutti i livelli.

La classificazione NACE presenta la seguente struttura gerarchica (NACE Rev. 2 2008 (37), pagina 15):

1.

voci identificate da un codice alfabetico (sezioni);

2.

voci identificate da un codice numerico a due cifre (divisioni);

3.

voci identificate da un codice numerico a tre cifre (gruppi);

4.

voci identificate da un codice numerico a quattro cifre (classi);

La classificazione internazionale tipo per industrie (ISIC) e NACE hanno gli stessi codici ai livelli più alti, tuttavia NACE è più dettagliata ai livelli più bassi. Poiché il codice NACE nel contesto del presente studio si applica a livello settoriale, deve essere assegnato come minimo un codice a due cifre (ossia il livello di divisione) (38), conformemente al sistema ISIC.

Un esempio di tale approccio per un documento sulle regole di categoria relative alla PEF è illustrato di seguito in relazione a “latte e prodotti a base di latte”, in cui il codice a due cifre (divisioni) definisce un gruppo di prodotti settoriali (per esempio divisione 10 – Prodotti alimentari) contenente una serie di singoli prodotti codificati (per esempio 10.51.11 - Latte liquido trattato e crema di latte) (figura 2). Pertanto il codice numerico a due cifre e talvolta il codice numerico a una cifra possono essere utilizzati per definire moduli di informazioni settoriali che, in combinazione, costituiscono specifici cicli di vita dei prodotti secondo una struttura orizzontale. Ciascuno di essi prevede una struttura verticale interna che va dal gruppo di prodotti generale a singoli prodotti più specifici.

Figura 2:

Rappresentazione dei principi del sistema CPA

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Requisiti per la definizione di regole di categoria relative alla PEF

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono essere basate almeno su una divisione di codici a due cifre della CPA (opzione predefinita). Tuttavia, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti possono consentire deviazioni (giustificate), come per esempio i codici a tre cifre. Per esempio, se il settore è complesso, sono necessari codici a più di due cifre. Qualora vari metodi di produzione per prodotti simili siano definiti utilizzando CPA alternative, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono tenere conto di tali CPA.

3.   DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEGLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

3.1   Informazioni generali

La definizione degli obiettivi è la prima fase di uno studio sulla PEF, in cui si stabilisce il contesto generale dello studio. Lo scopo di obiettivi chiaramente definiti consiste nel garantire che gli scopi delle analisi, i metodi, i risultati e le applicazioni previste siano allineati in maniera ottimale e che esista una visione condivisa che possa guidare i partecipanti allo studio. L’uso della guida sulla PEF comporta che alcuni aspetti relativi alla definizione degli obiettivi vengano decisi a priori. Nondimeno, è importante soffermarsi a considerare e articolare attentamente gli obiettivi al fine di garantire il buon esito dello studio sulla PEF.

Nella fase di definizione degli obiettivi è importante identificare le applicazioni previste e il grado di profondità e di rigore delle analisi. Ciò si dovrebbe riflettere nei limiti definiti dello studio (fase di definizione dell’ambito). Saranno necessari studi quantitativi conformemente ai requisiti in materia di analisi specificati nella presente guida per le analisi riguardanti, per esempio, le modalità di approvvigionamento che comportano i costi ambientali più bassi, la progettazione dei prodotti, le valutazioni comparative o le comunicazioni. Sono possibili anche combinazioni di metodi in un unico studio sulla PEF se sono sottoposte ad analisi quantitative solo alcune parti della catena di approvvigionamento e altre sono oggetto di descrizioni qualitative di possibili aree sensibili sotto il profilo ambientale (per esempio, un’analisi quantitativa dalla culla al cancello (cradle-to-gate) (39) abbinata a descrizioni qualitative di considerazioni ambientali dal cancello alla tomba (gate-to-grave) (40) o ad analisi quantitative delle fasi di utilizzo e di fine vita per determinati tipi di prodotti rappresentativi).

Requisiti per gli studi sulla PEF

La definizione degli obiettivi per uno studio sulla PEF deve comprendere:

le applicazioni previste;

i motivi per cui si effettua lo studio e il contesto della decisione;

i destinatari;

confronti o dichiarazioni comparative (41) che devono essere resi pubblici;

il committente dello studio;

la procedura di revisione (eventuale).

Esempio – Impronta ambientale di una T-shirt: definizione degli obiettivi

Aspetti

Dettaglio

Applicazioni previste

Fornire informazioni sul prodotto al cliente

Motivi per cui si effettua lo studio e contesto della decisione

Rispondere alla richiesta di un cliente

Confronti che saranno resi pubblici

No, sarà disponibile al pubblico ma non è destinato a essere usato per confronti o dichiarazioni comparative

Destinatari

Tecnici esterni, business-to-business

Revisione

Revisore esterno indipendente, sig. Y

Committente dello studio

G company limited

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale (PECFR) dei prodotti devono specificare i requisiti di valutazione per gli studi sulla PEF.

4.   DEFINIZIONE DELL’AMBITO DEGLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

4.1   Informazioni generali

Nel definire l’ambito degli studi sulla PEF, sono descritti in modo particolareggiato il sistema da valutare e i criteri analitici associati.

Requisiti per gli studi sulla PEF

La definizione dell’ambito di uno studio sulla PEF deve essere in linea con gli obiettivi definiti per lo studio e comprenderà (per una descrizione più particolareggiata cfr. punti successivi):

unità di analisi (42) e flusso di riferimento (43);

confini del sistema;

categorie di impatto dell’impronta ambientale;

ipotesi/limitazioni.

4.2   Unità di analisi e flusso di riferimento

Gli utenti della guida sulla PEF sono tenuti a definire l’unità di analisi e il flusso di riferimento per lo studio sulla PEF. L’unità di analisi definisce qualitativamente e quantitativamente la/e funzione/i e la durata del prodotto.

Requisiti per gli studi sulla PEF

L’unità di analisi per uno studio sulla PEF sarà definita in funzione dei seguenti aspetti:

la/e funzione/i o il/i servizio/i forniti: “cosa”;

la portata della funzione o del servizio: “quanto”;

il livello di qualità previsto: “quale livello di qualità”;

la durata/vita del prodotto: “per quanto tempo”;

i codici NACE.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare le unità di analisi.

Esempio:

Guida/Requisiti: Definire l ’ unità funzionale Denomina e quantifica gli aspetti qualitativi e quantitativi delle funzioni del prodotto in base alle domande «cosa», «quanto», «quale livello di qualità» e «per quanto tempo».

Esempio di definizione dell’ unità funzionale

Unità funzionale di una T-shirt:

 

(COSA) T-shirt (misure S, M, L) in poliestere,

 

(QUANTO) Una T-shirt,

 

(QUALE LIVELLO DI QUALITÀ) da indossare una volta la settimana e lavare in lavatrice a 30°

 

(PER QUANTO TEMPO) per 5 anni.

Nota:

Alcuni prodotti intermedi possono avere più funzioni. Può essere necessario individuare e selezionare le varie funzioni.

Il flusso di riferimento è la quantità di prodotto necessario per fornire la funzione definita. Tutti gli altri flussi in ingresso (44) e in uscita (45) nell’analisi sono collegati ad esso in termini quantitativi. Il flusso di riferimento può essere espresso in relazione diretta con l’unità di analisi o in un modo più orientato al prodotto.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Occorre determinare un flusso di riferimento appropriato in relazione all’unità di analisi. I dati quantitativi in ingresso e in uscita raccolti a sostegno dell’analisi devono essere calcolati in relazione a tale flusso.

Esempio:

Flusso di riferimento: 160 grammi di poliestere

4.3   Confini del sistema per gli studi sull’impronta ambientale dei prodotti

I confini del sistema definiscono quali parti del ciclo di vita del prodotto e quali processi associati appartengono al sistema analizzato (cioè sono necessari per lo svolgimento della sua funzione quale definita dall’unità di analisi). Pertanto, ai fini della valutazione del sistema produttivo è indispensabile definire chiaramente il confine del sistema.

Diagramma dei confini del sistema (raccomandato)

Il diagramma dei confini del sistema, o diagramma di flusso, è una rappresentazione schematica del sistema analizzato. Indica in dettaglio le parti del ciclo di vita del prodotto incluse o escluse dall’analisi. Un diagramma dei confini del sistema può essere uno strumento utile per definire il confine del sistema e per organizzare le successive attività di raccolta di dati.

SUGGERIMENTO: non è obbligatorio elaborare un diagramma del confine del sistema, tuttavia è fortemente raccomandato. Il diagramma del confine del sistema è utile per definire e strutturare l’analisi.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Il confine del sistema deve essere definito secondo la logica della catena di approvvigionamento generale, includendo tutte le fasi, dall’estrazione delle materie prime (46) alla trasformazione, alla produzione, alla distribuzione, allo stoccaggio, all’utilizzo e al trattamento di fine vita del prodotto (ossia dalla culla alla tomba (47)), secondo quanto appropriato ai fini dell’applicazione prevista dello studio. I confini del sistema devono comprendere tutti i processi collegati alla catena di approvvigionamento del prodotto relativa all’unità di analisi.

I processi inclusi nei confini del sistema devono essere divisi in processi di foreground (processi di primo piano, centrali nel ciclo di vita del prodotto, per i quali è disponibile l’accesso diretto alle informazioni (48)) e processi di background (processi di secondo piano nel ciclo di vita del prodotto, per i quali non è possibile l’accesso diretto alle informazioni (49)).

Il diagramma del confine del sistema dovrebbe essere incluso nella definizione dell’ambito.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

La regola di categoria relativa alla PEF deve specificare i confini del sistema per gli studi sulla PEF relativi alla categoria di prodotti, specificando le fasi pertinenti del ciclo di vita e i processi da assegnare in generale a ciascuna fase (comprese specifiche temporali, geografiche e tecnologiche). Qualsiasi deviazione dal criterio predefinito dalla culla alla tomba deve essere indicata e giustificata in modo esplicito, per esempio l’esclusione della fase di utilizzo non nota o della fine vita di prodotti intermedi (50).

La regola di categoria relativa alla PEF deve specificare gli scenari a valle (51) in modo da garantire comparabilità e coerenza tra gli studi sulla PEF.

Compensazioni

Il termine “compensazione” viene spesso utilizzato in riferimento ad attività di mitigazione dei gas a effetto serra di terzi, per esempio sistemi regolamentati nel quadro del Protocollo di Kyoto (CDM – Meccanismo per lo sviluppo pulito, JI – Attuazione congiunta, ETS – Sistemi di scambio di quote di emissione), o sistemi volontari. Le compensazioni sono costituite da riduzioni discrete di gas a effetto serra utilizzate per compensare le emissioni di tali gas in altri luoghi, per esempio al fine di rispettare un obiettivo o un limite massimo obbligatorio o volontario in relazione ai gas serra. Il calcolo delle compensazioni avviene su una base di riferimento, la quale rappresenta uno scenario ipotetico per le emissioni che si sarebbero registrate in assenza del progetto di mitigazione determinante le compensazioni. Ne sono un esempio la compensazione del carbonio del meccanismo per lo sviluppo pulito, i crediti di carbonio e altre compensazioni esterne al sistema.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Le compensazioni non devono essere incluse nello studio sulla PEF, ma possono essere comunicate separatamente come “ulteriori informazioni ambientali”.

4.4   Selezione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale e dei metodi di valutazione

Le categorie di impatto dell’impronta ambientale (52) si riferiscono a categorie specifiche di impatto considerate in uno studio sulla PEF. Riguardano in generale l’utilizzo delle risorse, le emissioni di sostanze dannose per l’ambiente (per esempio gas a effetto serra o sostanze chimiche tossiche), che possono determinare effetti sulla salute umana. I metodi di valutazione dell’impatto dell’impronta ambientale impiegano modelli per quantificare i rapporti causali tra i flussi in entrata di materiali/energia e le emissioni connesse al ciclo di vita del prodotto (inventariate nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni) e ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale (53) considerata. Ciascuna categoria fa quindi riferimento a un certo modello indipendente di valutazione dell’impatto dell’impronta ambientale.

Lo scopo della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (54) consiste nel raggruppare e aggregare i dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni inventariato in base ai rispettivi contributi a ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale. Ne deriva la base necessaria per l’interpretazione dei risultati dell’impronta ambientale in relazione agli obiettivi dello studio sulla PEF (per esempio, l’identificazione delle “parti sensibili” della catena di approvvigionamento e delle “opzioni” di miglioramento). La scelta delle categorie di impatto dell’impronta ambientale dovrebbe pertanto essere ampia in modo da includere tutte le questioni ambientali pertinenti connesse alla catena di approvvigionamento del prodotto.

La tabella 2 fornisce un elenco predefinito di categorie di impatto dell’impronta ambientale e dei relativi metodi di valutazione da utilizzare (55). Ulteriori indicazioni sulle modalità di calcolo di tali impatti sono fornite nel capitolo 6.

Tabella 2

categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite (con i rispettivi indicatori di categoria di impatto dell’impronta ambientale) e modelli di valutazione di impatto dell’impronta ambientale per gli studi sulla PEF

Categoria di impatto dell’impronta ambientale

Modello di valutazione di impatto dell’impronta ambientale

Indicatori di categoria di impatto dell’impronta ambientale

Fonte

Cambiamenti climatici

Modello di Berna - Potenziali di riscaldamento globale in un arco temporale di 100 anni.

kg CO2 equivalente

Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, 2007

Riduzione dello strato di ozono

Modello EDIP basato sui potenziali di riduzione dello strato di ozono dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) in un arco di tempo infinito.

kg di CFC-11 (56) equivalente

OMM, 1999

Ecotossicità per ambiente acquatico di acqua dolce

Modello USEtox

CTUe (unità tossica comparativa per gli ecosistemi)

Rosenbaum et al., 2008

Tossicità per gli esseri umani - effetti cancerogeni

Modello USEtox

CTUh (unità tossica comparativa per gli esseri umani)

Rosenbaum et al., 2008

Tossicità per gli esseri umani - effetti non cancerogeni

Modello USEtox

CTUh (unità tossica comparativa per gli esseri umani)

Rosenbaum et al., 2008

Particolato/smog provocato dalle emissioni di sostanze inorganiche

Modello RiskPoll

kg di PM2,5 (57) equivalente

Humbert, 2009

Radiazione ionizzante – effetti sulla salute umana

Modello di effetti sulla salute umana

kg di U235 equivalente (nell’aria)

Dreicer et al., 1995

Formazione di ozono fotochimico

Modello LOTOS-EUROS

kg di NMVOC (58) equivalente

Van Zelm et al., 2008 applicato in ReCiPe

Acidificazione

Modello di superamento accumulato

moli di H+ equivalente

Seppälä et al.,2006; Posch et al., 2008

Eutrofizzazione – terrestre

Modello di superamento accumulato

moli di N equivalente

Seppälä et al.,2006; Posch et al., 2008

Eutrofizzazione – acquatica

Modello EUTREND

acqua dolce: kg di P equivalente acqua di mare: kg di N equivalente

Struijs et al., 2009 attuato in ReCiPe

Impoverimento delle risorse – acqua

Modello svizzero per la scarsità ecologica

uso di m3 di acqua connesso alla scarsità locale di acqua

Frischknecht et al., 2008

Impoverimento delle risorse – minerali, fossili

Modello CML2002

kg di antimonio (Sb) equivalente

van Oers et al., 2002

Trasformazione del terreno

Modello della materia organica contenuta nel suolo

Kg (deficit)

Milà i Canals et al., 2007

A seconda del sistema produttivo e dell’applicazione prevista, gli utenti della presente guida sulla PEF possono scegliere di restringere la gamma di categorie di impatto dell’impronta ambientale considerate. Tali esclusioni devono essere giustificate da appropriata documentazione, come (elenco non esaustivo):

processo di consenso internazionale;

revisione esterna indipendente;

processo con la partecipazione di una pluralità di parti interessate;

studi di valutazione del ciclo di vita sottoposti a valutazione tra pari;

fase di analisi (cfr. sezione 5.2).

Requisiti per gli studi sulla PEF

La scelta delle categorie di impatto dell’impronta ambientale dovrebbe essere ampia in modo da includere tutte le questioni ambientali pertinenti connesse alla catena di approvvigionamento del prodotto. Per uno studio sulla PEF occorre applicare tutte le categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite specificate, nonché i modelli associati specificati di valutazione di impatto dell’impronta ambientale. Qualsiasi esclusione deve essere esplicitamente documentata, giustificata e comunicata nella relazione sulla PEF, nonché comprovata da documenti adeguati.

L’influenza di qualsiasi esclusione sui risultati finali, soprattutto per quanto riguarda le limitazioni in termini di comparabilità rispetto ad altri studi sulla PEF, deve essere discussa nella fase di interpretazione e comunicata. Tali esclusioni sono sottoposte a revisione.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare e giustificare qualsiasi esclusione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite, specialmente in relazione agli aspetti della comparabilità.

4.5   Selezione di ulteriori informazioni ambientali da includere nella PEF

I possibili impatti ambientali pertinenti di un prodotto possono andare oltre i modelli di valutazione di impatto dell’impronta ambientale ampiamente accettati basati sul ciclo di vita. È importante considerare tali impatti ambientali ogniqualvolta possibile. Per esempio, gli impatti sulla biodiversità dovuti a modifiche della destinazione dei suoli possono verificarsi in associazione con un sito o un’attività specifici. Ciò può rendere necessaria l’applicazione di altre categorie di impatto dell’impronta ambientale non incluse nell’elenco predefinito fornito nella presente guida sulla PEF, o persino descrizioni qualitative aggiuntive ove gli impatti non possono essere collegati alla catena di approvvigionamento del prodotto in maniera quantitativa. Tali metodi aggiuntivi vanno considerati complementari all’elenco predefinito di categorie di impatto dell’impronta ambientale.

Alcuni prodotti potrebbero essere fabbricati in aziende situate in prossimità del mare. Le relative emissioni potrebbero quindi avere un impatto diretto sulle acque marine invece che sulle acque dolci. Poiché l’insieme predefinito di categorie di impatto dell’impronta ambientale comprende solo l’ecotossicità risultante dalle emissioni in acqua dolce, è importante considerare anche le emissioni dirette nelle acque marine. Queste devono essere incluse a livello elementare perché non è attualmente disponibile un modello di valutazione dell’impatto per tali emissioni.

Le ulteriori informazioni ambientali possono comprendere (elenco non esaustivo):

(a)

dati della distinta materiali;

(b)

informazioni su disassemblabilità, riciclabilità, ricuperabilità, riutilizzabilità, impiego efficiente delle risorse;

(c)

informazioni sull’utilizzo di sostanze pericolose;

(d)

informazioni sullo smaltimento dei rifiuti pericolosi/non pericolosi;

(e)

informazioni sul consumo di energia;

(f)

informazioni su impatti locali/relativi a siti specifici, per es. impatti locali su acidificazione, eutrofizzazione e biodiversità;

Altre informazioni ambientali pertinenti sulle attività e/o sui siti coinvolti, nonché sui prodotti in uscita.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Se l’insieme predefinito di categorie di impatto dell’impronta ambientale o i modelli predefiniti per la valutazione dell’impatto non coprono adeguatamente i potenziali impatti ambientali del prodotto oggetto di valutazione, tutti gli aspetti ambientali pertinenti collegati (qualitativi/quantitativi) devono essere altresì inclusi nelle “ulteriori informazioni ambientali”. Tuttavia, questi non devono sostituire i modelli di valutazione obbligatori delle categorie predefinite di impatto dell’impronta ambientale. I modelli a sostegno di tali categorie aggiuntive devono essere chiaramente identificati e documentati con i corrispondenti indicatori.

Le ulteriori informazioni ambientali devono essere:

basate su dati comprovati, valutati o verificati in conformità con i requisiti della norma ISO 14020 e con la clausola 5 della norma ISO 14021:1999;

specifiche, accurate e non fuorvianti;

pertinenti per la particolare categoria di prodotti.

Le emissioni dirette nelle acque marine devono essere incluse nelle ulteriori informazioni ambientali (a livello di inventario).

Se le ulteriori informazioni ambientali sono utilizzate a sostegno della fase di interpretazione di uno studio sulla PEF, allora tutti i dati necessari per produrre tali informazioni devono rispettare gli stessi requisiti qualitativi stabiliti per i dati impiegati per il calcolo dei risultati della PEF (cfr. sezione 5.6 (59)).

Le ulteriori informazioni ambientali devono riguardare esclusivamente questioni ambientali. Informazioni e istruzioni, per esempio schede di sicurezza del prodotto non riferite alle prestazioni ambientali del prodotto, non devono far parte di una PEF. Analogamente, non devono essere incluse informazioni relative a obblighi legali.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare e giustificare le ulteriori informazioni ambientali da includere nello studio sulla PEF. Tali informazioni aggiuntive devono essere trasmesse separatamente dai risultati relativi alla PEF basati sul ciclo di vita, unitamente a una documentazione chiara per tutti i metodi e le ipotesi. Le ulteriori informazioni ambientali possono essere quantitative e/o qualitative.

Le ulteriori informazioni ambientali possono comprendere (elenco non esaustivo):

altri impatti ambientali pertinenti per la categoria di prodotti;

altri parametri tecnici pertinenti che possono essere impiegati per valutare il prodotto oggetto dello studio e atti a consentire comparazioni con altri prodotti in termini di efficienza globale del prodotto. Tali parametri tecnici possono riferirsi, per esempio, all’utilizzo di energia rinnovabile/non rinnovabile, all’uso di combustibili rinnovabili/non rinnovabili, all’impiego di materiali secondari, all’uso di risorse di acqua dolce o allo smaltimento di rifiuti pericolosi/non pericolosi;

altri approcci pertinenti per condurre la caratterizzazione (60) dei flussi dal Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, quando nel metodo predefinito non sono disponibili fattori di caratterizzazione (61) per taluni flussi (per es. gruppi di sostanze chimiche);

indicatori ambientali o indicatori di responsabilità di prodotto (secondo la Global Reporting Initiative - GRI);

il consumo di energia nel ciclo di vita di una fonte energetica primaria, che rappresenta separatamente l’uso di energia “rinnovabile”;

il consumo di energia diretto di una fonte energetica primaria, che rappresenta separatamente l’uso di energia “rinnovabile” per il cancello dell’impianto;

per le fasi da cancello a cancello, il numero di specie della lista rossa dell’IUCN e di specie degli elenchi di conservazione nazionali con habitat in zone interessate da operazioni, per livello di rischio di estinzione;

descrizione di impatti significativi di attività e prodotti sulla biodiversità in zone protette e zone con un elevato valore di biodiversità al di fuori delle zone protette;

peso totale dei rifiuti per tipo e metodo di smaltimento;

peso dei rifiuti trasportati, importati, esportati o trattati ritenuti pericolosi ai sensi degli allegati I, II, III, e VIII della Convenzione di Basilea e percentuale di rifiuti trasportati trasferiti a livello internazionale.

4.6   Ipotesi/limitazioni

Negli studi sulla PEF possono emergere varie limitazioni all’effettuazione di analisi e pertanto devono essere formulate alcune ipotesi. Per esempio, i dati generici (62) potrebbero non rappresentare completamente la realtà del prodotto analizzato e possono essere adattati per una migliore rappresentazione.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Tutte le limitazioni e le ipotesi devono essere comunicate in maniera trasparente.

Ulteriori requisiti per le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono indicare le limitazioni specifiche della categoria dei prodotti e definire le ipotesi necessarie per superare tali limitazioni.

5.   COMPILAZIONE E REGISTRAZIONE DEL PROFILO DI UTILIZZO DELLE RISORSE E DI EMISSIONI

5.1   Informazioni generali

Deve essere compilato un inventario (profilo) di tutti i flussi di materiali/energia in entrata/in uscita e delle emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo per la catena di approvvigionamento del prodotto come base per la modellazione della PEF. Questo è denominato Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (63).

In teoria, il modello della catena di approvvigionamento del prodotto sarebbe costruito utilizzando dati specifici degli impianti o dei prodotti (ossia modellando il ciclo di vita esatto che descrive la catena di approvvigionamento, l’utilizzo e le fasi di fine vita a seconda dei casi). In pratica, e come regola generale, ogniqualvolta possibile devono essere utilizzati i dati di inventario raccolti direttamente specifici dell’impianto. Per i processi in cui l’impresa non ha accesso diretto a dati specifici (cioè i processi di background), di norma si utilizzano i dati generici (64). Tuttavia, è buona prassi accedere ai dati raccolti direttamente presso i fornitori per i prodotti più rilevanti da essi forniti, ove possibile, salvo che i dati generici siano più rappresentativi o appropriati.

Il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni deve adottare le seguenti classificazioni (65) dei flussi inclusi:

flussi elementari, che sono (ISO 14040:2006, 3.12) “i materiali o l’energia in entrata nel sistema oggetto di studio che sono stati prelevati dall’ambiente senza alcuna preventiva trasformazione operata dall’uomo, o i materiali o l’energia in uscita dal sistema oggetto di studio che vengono scaricati nell’ambiente senza alcuna ulteriore trasformazione operata dall’uomo”. I flussi elementari sono, per esempio, le risorse estratte in natura o le emissioni nell’aria, nell’acqua, nel suolo che sono direttamente collegate ai fattori di caratterizzazione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale.

flussi non elementari (o complessi), che sono tutti i restanti flussi in entrata (per esempio, energia elettrica, materiali, processi di trasporto) e in uscita (per esempio, rifiuti, sottoprodotti) di un sistema che richiedono ulteriori operazioni di modellazione per essere trasformati in flussi elementari.

Tutti i flussi non elementari del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere trasformati in flussi elementari. Per esempio, i flussi di rifiuti non soltanto devono essere comunicati come chilogrammi di rifiuti domestici o di rifiuti pericolosi, ma devono anche includere le emissioni nell’acqua, nell’aria e nel suolo dovute ai trattamenti dei rifiuti solidi. Ciò è necessario per la comparabilità degli studi sulla PEF. La compilazione del profilo di utilizzo delle risorse o di emissioni è pertanto completata quando tutti i flussi sono espressi come flussi elementari.

SUGGERIMENTO: documentare il processo di raccolta dei dati è utile per migliorare la qualità dei dati nel tempo, per prepararsi per la revisione critica (66) e per rivedere i futuri inventari dei prodotti per tenere conto di cambiamenti delle pratiche di produzione. Per garantire che tutte le informazioni pertinenti siano documentate, può essere utile stabilire un piano di gestione dei dati nelle prime fasi del processo di inventario (cfr. allegato II).

La compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni in uno studio sulla PEF può essere completata seguendo una procedura a due fasi, come spiegato nella figura 3. La prima fase non è obbligatoria, ma fortemente raccomandata.

Figura 3

Procedura a due fasi per la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

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Requisiti per gli studi sulla PEF

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere inclusi nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni. I flussi devono essere raggruppati in “flussi elementari” e “flussi non elementari (ossia complessi)”. Tutti i flussi non elementari del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere quindi trasformati in flussi elementari.

5.2   Fase di analisi (raccomandata)

Si raccomanda vivamente un profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni iniziale “a livello di analisi”, definito come fase di analisi, in quanto aiuta a definire le attività di raccolta di dati e le priorità di qualità dei dati per il profilo effettivo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Se si svolge una fase di analisi (altamente raccomandata), devono essere utilizzati dati specifici e/o generici facilmente disponibili conformi ai requisiti in materia di qualità dei dati definiti nella sezione 5.6. Tutti i processi e le attività da considerare nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere inclusi nella fase di analisi. Eventuali esclusioni di fasi della catena di approvvigionamento devono essere esplicitamente giustificate e sottoposte al processo di revisione e se ne deve discutere l’influenza sui risultati finali.

Per le fasi della catena di approvvigionamento per le quali non si prevede una valutazione di impatto quantitativa dell’impronta ambientale, la fase di analisi deve fare riferimento alla letteratura esistente e ad altre fonti per formulare descrizioni qualitative di processi potenzialmente significativi sotto il profilo ambientale. Tali descrizioni qualitative devono essere incluse nelle ulteriori informazioni ambientali.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare i processi da includere, nonché i requisiti associati in materia di qualità dei dati e di revisione, che possono essere superiori a quelli della presente guida sulla PEF. Esse devono anche specificare per quali processi sono necessari dati specifici e per quali è ammesso o necessario l’uso di dati generici.

5.3   Piano di gestione dei dati (facoltativo)

Un piano di gestione dei dati può essere uno strumento prezioso per gestire i dati e per seguire il processo di compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni relativo al prodotto.

Il piano di gestione dei dati può comprendere:

una descrizione delle procedure di raccolta di dati;

fonti dei dati;

metodologie di calcolo;

procedure di trasmissione, archiviazione e backup dei dati;

procedure di controllo della qualità e di revisione per la raccolta dei dati, i flussi in ingresso e le attività di movimentazione, la documentazione dei dati e i calcoli delle emissioni.

Per ulteriori indicazioni sulle possibili modalità di formulazione di un piano di gestione dei dati, cfr. allegato II.

5.4   Dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Requisiti per gli studi sulla PEF

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere inclusi nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

Devono essere valutati i seguenti elementi per l’inclusione nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni:

acquisizione delle materie prime e prelavorazione;

beni strumentali: deve essere utilizzata la riduzione lineare. Deve essere presa in considerazione la durata prevista dei beni strumentali (e non il tempo necessario per diventare un valore contabile economico pari a 0);

produzione;

distribuzione e stoccaggio dei prodotti;

fase di utilizzo;

logistica;

fine vita.e

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono fornire uno o più esempi per la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, specificando anche quanto segue:

elenchi di sostanze per le attività/i processi inclusi;

le unità;

la nomenclatura per i flussi elementari.

Ciò può valere per una o più fasi della catena di approvvigionamento, i processi o le attività, per garantire la standardizzazione della raccolta e della comunicazione dei dati. Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti possono specificare requisiti riguardo ai dati per le principali fasi a monte, da cancello a cancello (67) o a valle più rigorosi di quelli definiti nella presente guida sulla PEF.

Per la modellazione dei processi/delle attività all’interno del modulo centrale (ossia la fase da cancello a cancello), le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono anche specificare quanto segue:

processi/attività inclusi;

specifiche per la compilazione di dati per i processi fondamentali, ivi compresi i dati di calcolo delle medie tra gli impianti;

eventuali dati specifici del sito richiesti da comunicare come “ulteriori informazioni ambientali”;

requisiti specifici in materia di qualità dei dati, per esempio per la misurazione di dati di attività specifiche.

Se le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti richiedono deviazioni rispetto al confine predefinito del sistema dalla culla alla tomba (per esempio, se prescrivono l’utilizzo di un confine dalla culla al cancello), esse devono specificare il modo in cui occorre tener conto degli equilibri di materiali/energia nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

5.4.1   Acquisizione delle materie prime e prelavorazione(dalla culla al cancello)  (68)

La fase di acquisizione delle materie prime e di prelavorazione ha inizio con l’estrazione delle risorse in natura e termina quando i componenti del prodotto entrano (attraverso il cancello) nell’impianto di produzione del prodotto stesso. I processi che possono rientrare in questa fase sono i seguenti:

scavi minerari ed estrazione di risorse;

prelavorazione di tutti i materiali in ingresso per la fabbricazione del prodotto oggetto dello studio, per esempio:

formazione di lingotti dai metalli;

pulizia del carbone;

conversione di materiale riciclato;

fotosintesi per materiali biogenici;

coltivazione e raccolto di alberi o colture;

trasporto all’interno e tra gli impianti di estrazione e di prelavorazione e all’impianto di produzione.

5.4.2   Beni strumentali

Esempi di beni strumentali che devono essere inclusi:

macchinari impiegati nei processi di produzione;

edifici;

apparecchiature per ufficio;

mezzi di trasporto;

infrastrutture di trasporto.

Per i beni strumentali deve essere utilizzata la riduzione lineare. Deve essere presa in considerazione la durata prevista dei beni strumentali (e non il tempo necessario per diventare un valore contabile economico pari a 0).

5.4.3   Produzione(68)

La fase di produzione ha inizio quando i componenti del prodotto entrano nel sito di produzione e termina quando il prodotto finito lascia l’impianto di produzione. Esempi di attività connesse alla produzione sono:

trattamento chimico;

fabbricazione;

trasporto di prodotti semilavorati tra i processi di fabbricazione;

montaggio di componenti materiali;

imballaggio;

trattamento di rifiuti;

trasporto dei dipendenti (se pertinente);

viaggi di lavoro (se pertinente).

5.4.4   Distribuzione e stoccaggio dei prodotti(68)

I prodotti sono distribuiti agli utenti e possono essere immagazzinati in vari punti della catena di approvvigionamento. Esempi di processi connessi alla distribuzione e allo stoccaggio che devono essere inclusi sono (elenco non esaustivo):

flussi in entrata di energia per illuminazione e riscaldamento dei magazzini;

impiego di refrigeranti in magazzini e mezzi di trasporto;

utilizzo di carburante per i veicoli.

5.4.5   Fase di utilizzo(68)

La fase di utilizzo ha inizio quando il consumatore o utilizzatore finale prende possesso del prodotto e termina quando il prodotto utilizzato viene gettato per essere trasportato in un impianto di riciclaggio o di smaltimento di rifiuti. Esempi di processi della fase di utilizzo che devono essere inclusi sono (elenco non esaustivo):

modelli di utilizzo/consumo, ubicazione, momento (giorno/notte, estate/inverno, settimana/fine settimana) e durata presunta della fase di utilizzo dei prodotti;

trasporto nel luogo di utilizzo;

refrigerazione nel luogo di utilizzo;

preparazione per l’utilizzo (per es. cottura in forno a microonde);

consumo di risorse durante l’utilizzo (per es. uso di detersivi, energia e acqua per la lavatrice);

riparazione e manutenzione del prodotto durante la fase di utilizzo.

Lo scenario di utilizzo deve anche tenere conto del fatto che l’utilizzo dei prodotti analizzati possa comportare o meno modifiche dei sistemi in cui sono utilizzati. Per esempio, i prodotti che impiegano energia potrebbero influire sull’energia necessaria per il riscaldamento/raffreddamento di un edificio, o il peso della batteria di un autoveicolo potrebbe influire sul consumo di carburante dell’autoveicolo. Si dovrebbe tenere conto delle seguenti fonti di informazioni tecniche sullo scenario di utilizzo (elenco non esaustivo):

norme internazionali pubblicate che specificano gli orientamenti e i requisiti per la definizione di scenari per la fase di utilizzo e di scenari per la durata del prodotto, ossia per effettuarne una stima;

orientamenti nazionali pubblicati per la definizione di scenari per la fase di utilizzo e di scenari per la durata del prodotto, ossia per effettuarne una stima;

orientamenti settoriali pubblicati per la definizione di scenari per la fase di utilizzo e di scenari per la durata del prodotto, ossia per effettuarne una stima;

indagini di mercato o altri dati di mercato.

Nota: il metodo che il fabbricante raccomanda di applicare nella fase di utilizzo (per esempio, cottura in un forno a una temperatura specifica per un tempo specifico) potrebbe fornire la base per determinare la fase di utilizzo di un prodotto. Il modello di utilizzo effettivo può tuttavia essere diverso da quello raccomandato e dovrebbe essere utilizzato se tale informazione è disponibile.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Qualora non sia stato definito alcun metodo per determinare la fase di utilizzo dei prodotti secondo le tecniche specificate nella presente guida sulla PEF, le modalità di determinazione della fase di utilizzo dei prodotti devono essere stabilite dall’organizzazione che effettua lo studio. Il modello di utilizzo effettivo può tuttavia essere diverso da quello raccomandato e dovrebbe essere utilizzato se tale informazione è disponibile. Devono essere incluse le influenze pertinenti su altri sistemi dovute all’utilizzo dei prodotti.

È necessario fornire la documentazione dei metodi e delle ipotesi. Devono essere documentate tutte le ipotesi pertinenti per la fase di utilizzo.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare:

gli eventuali scenari della fase di utilizzo da includere nello studio;

il periodo di tempo da considerare per la fase di utilizzo.

5.4.6   Modellizzazione della logistica per il prodotto analizzato

Tra i parametri importanti che dovrebbero, o devono (a seconda dei casi, cfr. sotto) essere presi in considerazione nella modellizzazione del trasporto figurano:

1.

tipo di trasporto: deve essere preso in considerazione il tipo di trasporto, per esempio terrestre (autocarro, ferrovia, oleodotto), per vie d’acqua (nave, battello, chiatta) o per via aerea (aeroplano);

2.

tipo di veicolo e consumo di carburante: devono essere presi in considerazione il tipo di veicolo per ciascun tipo di trasporto, nonché il consumo di carburante a pieno carico e a vuoto. Deve essere applicato un adeguamento al consumo di un veicolo a pieno carico in base al tasso di carico (69);

3.

tasso di carico: gli impatti ambientali sono direttamente connessi al tasso di carico effettivo, che pertanto deve essere preso in considerazione;

4.

numero di ritorni a vuoto: deve essere preso in considerazione il numero di ritorni a vuoto (ossia il rapporto tra la distanza percorsa per andare a ritirare il carico successivo dopo aver scaricato il prodotto e la distanza percorsa per trasportare il prodotto), ove applicabile e pertinente. I chilometri percorsi dal veicolo vuoto devono essere assegnati al prodotto. Devono essere definiti valori specifici per paese e tipo di prodotto trasportato;

5.

distanza di trasporto: le distanze di trasporto devono essere documentate applicando le distanze di trasporto medie specifiche per il contesto considerato;

6.

allocazione degli impatti derivanti dal trasporto: Una frazione degli impatti derivanti dalle attività di trasporto deve essere assegnata all’unità di analisi (al prodotto considerato) sulla base del fattore di limitazione del carico. Dovrebbero essere presi in considerazione i seguenti principi di modellazione:

trasporto di prodotti: tempo o distanza E massa o volume (o in casi specifici: pezzi/pallet) del prodotto trasportato:

a)

se si raggiunge il peso massimo autorizzato prima che il veicolo abbia raggiunto il suo carico fisico massimo: al 100% del suo volume (prodotti ad alta densità), l’allocazione deve essere basata sulla massa dei prodotti trasportati;

b)

se il veicolo è carico al 100% del volume, ma non raggiunge il peso massimo autorizzato (prodotti a bassa densità), l’allocazione deve essere basata sul volume dei prodotti trasportati;

trasporto di persone: tempo o distanza;

viaggio di lavoro del personale: tempo, distanza o valore economico;

7.

produzione di combustibile: deve essere presa in considerazione la produzione di combustibile. I valori predefiniti per la produzione di combustibile si trovano, per esempio, nella banca dati europea di riferimento sul ciclo di vita (ELCD) (70);

8.

infrastrutture: si dovrebbero prendere in considerazione le infrastrutture di trasporto, in particolare stradale, ferroviario e per vie d’acqua;

9.

risorse e strumenti: si dovrebbero prendere in considerazione la quantità e il tipo di risorse e strumenti aggiuntivi necessari per le operazioni logistiche, come gru e trasportatori.

Requisiti per gli studi sulla PEF

I parametri di trasporto di cui si deve tenere conto sono: tipo di trasporto, tipo di veicolo e consumo di carburante, tasso di carico, numero di ritorni a vuoto (ove pertinente), distanza di trasporto, allocazione per il trasporto di prodotti sulla base di un fattore di limitazione del carico (ossia la massa per i prodotti ad alta densità e il volume per i prodotti a bassa densità) e la produzione di combustibile.

I parametri di trasporto di cui si dovrebbe tenere conto sono: le infrastrutture di trasporto, le risorse e gli strumenti aggiuntivi come gru e trasportatori, l’allocazione per il trasporto del personale basata su tempo o distanza, l’allocazione per i viaggi di lavoro del personale basata su tempo o distanza o valore economico.

Gli impatti dovuti al trasporto devono essere espressi in unità di riferimento predefinite, ossia tkm per il trasporto di prodotti e persona-km per il trasporto di passeggeri. Qualsiasi deviazione da tali unità di riferimento predefinite deve essere giustificata e comunicata.

L’impatto ambientale dovuto al trasporto deve essere calcolato moltiplicando l’impatto relativo a ciascuna unità di riferimento per ciascuno dei tipi di veicolo per:

a)

per i prodotti: la distanza e il carico;

b)

per le persone: la distanza e il numero di persone sulla base degli scenari di trasporto definiti.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare gli scenari di trasporto, distribuzione e stoccaggio da includere nello studio, se disponibili.

5.4.7   Fine vita  (71)

La fase di fine vita ha inizio quando il prodotto usato viene gettato dall’utilizzatore e termina quando il prodotto è restituito alla natura come rifiuto o entra nel ciclo di vita di un altro prodotto (cioè come flusso in entrata riciclato). Tra gli esempi di processi di fine vita che devono essere inclusi nello studio sulla PEF figurano:

raccolta e trasporto di prodotti e imballaggi a fine vita;

smantellamento di componenti;

sminuzzamento e cernita;

conversione in materiale riciclato;

compostaggio o altri metodi di trattamento dei rifiuti organici;

accumulo di rifiuti;

incenerimento e smaltimento di cenere dei residui;

smaltimento di rifiuti in discarica e gestione e manutenzione di discariche;

trasporto necessario verso tutti gli impianti di trattamento di fine vita.

Poiché spesso non è noto esattamente cosa succederà alla fine della vita di un prodotto, occorre definire gli scenari di fine vita.

Requisiti per gli studi sulla PEF

I flussi di rifiuti derivanti da processi inclusi nei confini del sistema devono essere modellati a livello di flussi elementari.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Gli eventuali scenari di fine vita devono essere definiti nelle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti. Tali scenari devono essere basati su prassi, tecnologie e dati attuali (relativi all’anno di analisi).

5.4.8   Computo dell’uso di energia elettrica (ivi compreso l’uso di energie rinnovabili)

L’energia elettrica proveniente dalla rete consumata a monte o entro il confine definito della PEF deve essere modellata nel modo più preciso possibile dando la preferenza ai dati di un fornitore specifico. Se l’energia elettrica è rinnovabile completamente o in parte, è importante che non si verifichino doppi conteggi. Il fornitore deve quindi garantire che l’elettricità fornita all’organizzazione per la fabbricazione del prodotto è generata in modo efficiente utilizzando fonti rinnovabili e non è immessa nella rete ad uso di altri consumatori (per es. garanzia di origine per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (72)).

Requisiti per gli studi sulla PEF

Per l’energia elettrica (proveniente dalla rete) consumata a monte o entro il confine definito della PEF, devono essere utilizzati i dati di un fornitore specifico, se disponibili. In caso contrario, occorre impiegare i dati relativi al mix di consumi a livello nazionale del paese in cui si verificano le fasi del ciclo di vita. Per l’energia elettrica consumata nella fase di utilizzo dei prodotti, il mix energetico deve tenere conto delle vendite tra paesi o regioni. Qualora tali dati non siano disponibili, deve essere utilizzato il mix di consumi medio dell’Unione europea o il mix più rappresentativo.

Occorre garantire che sia evitato un doppio conteggio dell’energia elettrica rinnovabile (proveniente dalla rete) consumata a monte o entro il confine definito della PEF (e degli impatti associati). Una dichiarazione del fornitore deve essere allegata alla relazione sulla PEF per garantire che l’energia elettrica fornita è effettivamente generata da fonti rinnovabili e non viene venduta ad altre organizzazioni.

5.4.9   Ulteriori considerazioni per la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Rimozioni ed emissioni di carbonio biogenico

Il carbonio, per esempio, viene eliminato dall’atmosfera in seguito alla crescita degli alberi (fattore di caratterizzazione (73) di -1 CO2 eq. per il riscaldamento globale), mentre viene rilasciato durante la combustione del legno (fattore di caratterizzazione di +1 CO2 eq. per il riscaldamento globale).

Requisiti per gli studi sulla PEF

Le rimozioni e le emissioni di fonti di carbonio biogenico devono essere individuate separatamente nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (74).

Modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo (impatto sui cambiamenti climatici): l’impatto delle modifiche riguardanti la destinazione del suolo sui cambiamenti climatici deriva essenzialmente da una variazione degli stock di carbonio nel terreno. Le modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo si verificano in seguito a una trasformazione da un tipo di destinazione del suolo a un altro, che avviene in un’unica superficie e che può causare modifiche nello stock di carbonio di tale suolo specifico, ma non comporta un cambiamento in un altro sistema. Per maggiori informazioni, cfr. allegato VI.

Modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo (impatto sui cambiamenti climatici): l’impatto delle modifiche riguardanti la destinazione del suolo sui cambiamenti climatici deriva essenzialmente da una variazione degli stock di carbonio nel terreno. Le modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo si verificano quando una determinata modifica della destinazione del suolo induce cambiamenti al di fuori dei confini del sistema, ossia in altri tipi di destinazione del suolo. Visto che nell’ambito dell’impronta ambientale non esiste una metodologia concordata per le modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo, tali modifiche non sono considerate nei calcoli dei gas nel PEF.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Le emissioni di gas a effetto serra derivanti da modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo devono essere assegnate ai prodotti i) per 20 anni successivamente alla modifica della destinazione del suolo o ii) per un periodo unico di raccolta del prodotto valutato a partire dall’inizio dell’estrazione (anche se questo periodo è superiore a 20 anni) (75), scegliendo il periodo più lungo tra questi due. Per maggiori informazioni, cfr. allegato VI. Le emissioni di gas a effetto serra derivanti da modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo non devono essere incluse, a meno che non sia previsto dai PEFCR. In tal caso la modifica indiretta deve essere segnalata separatamente in quanto informazione ambientale aggiuntiva, ma non se ne terrà conto nel calcolo della categoria d’impatto del gas serra.

Computo della produzione di energia rinnovabile

Entro il confine del sistema valutato, l’energia può essere prodotta da fonti rinnovabili. Se viene prodotta energia rinnovabile in quantità superiore a quella consumata entro il confine definito del sistema ed è fornita, per esempio, alla rete elettrica, questa può essere accreditata esclusivamente al prodotto valutato a condizione che il credito non sia già stato preso in considerazione in altri sistemi. La documentazione (come per esempio la garanzia di origine per la produzione di energia elettrica rinnovabile (76)) deve spiegare se il credito è considerato o meno nel calcolo.

Requisiti per gli studi sulla PEF

I crediti associati all’energia rinnovabile prodotta nel confine del sistema devono essere calcolati rispetto ai dati relativi al mix di consumi medio rettificato (ossia sottraendo la quantità di energia rinnovabile fornita esternamente) del paese al quale viene fornita l’energia elettrica. Qualora tali dati non siano disponibili, deve essere utilizzato il mix di consumi medio dell’Unione europea rettificato o il mix più rappresentativo. Se non sono disponibili dati sul calcolo dei mix rettificati, devono essere utilizzati i mix medi non rettificati. Devono essere chiaramente indicati i mix energetici considerati per il calcolo dei benefici e se sono stati rettificati.

Computo dello stoccaggio temporaneo (di carbonio) ed emissioni ritardate

Lo stoccaggio temporaneo (di carbonio) si verifica quando un prodotto “riduce i gas serra nell’atmosfera” o genera “emissioni negative”, assorbendo o stoccando carbonio per un determinato periodo di tempo.

Le emissioni ritardate sono emissioni rilasciate nel corso del tempo, ad esempio per via di un utilizzo prolungato o nel corso delle fasi dello smaltimento finale, e non in unica volta in un momento preciso “t”.

Consideriamo l’esempio seguente: se possediamo un mobile di legno con una durata di vita di 120 anni, stocchiamo carbonio per i 120 anni di vita del mobile e le emissioni associate al suo smaltimento o incenerimento quando sarà giunto alla fine del ciclo di vita sono “ritardate” di 120 anni. Il CO2 è consumato per la produzione del mobile di legno, viene stoccato per 120 anni ed è rilasciato al momento dello smaltimento o incenerimento del mobile. Il CO2 è immagazzinato per 120 anni e le emissioni ritardate si verificano solo dopo 120 anni (al termine del ciclo di vita del mobile) e non subito.

Requisiti per gli studi sulla PEF

I crediti associati allo stoccaggio temporaneo (di carbonio) o alle emissioni ritardate non devono essere considerati nel calcolo delle categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite. Tali crediti possono tuttavia essere inclusi come “ulteriori informazioni ambientali”. Inoltre, essi devono essere inclusi nelle “ulteriori informazioni ambientali” se specificato in una pertinente regola di categoria relativa all’impronta ambientale dei prodotti.

5.5   Nomenclatura per il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Gli incaricati dell’elaborazione di studi sulla PEF devono controllare la nomenclatura e le proprietà documentate per un dato flusso nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni rispetto alla nomenclatura e alle proprietà dell’International Reference Life Cycle Data System (ILCD - sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita) (77).

Requisiti per gli studi sulla PEF

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere documentati utilizzando la nomenclatura e le proprietà del sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) (74), come descritto nell’allegato IV.

Se nell’ILCD non sono disponibili la nomenclatura e le proprietà per un determinato flusso, l’utilizzatore deve creare una nomenclatura adeguata e documentare le proprietà del flusso.

5.6   Requisiti in materia di qualità dei dati

La presente sezione descrive le modalità con cui deve essere valutata la qualità dei dati. Per gli studi sulla PEF sono stati adottati sei criteri qualitativi, di cui cinque riguardano i dati e uno il metodo. Tali criteri sono sintetizzati nella. La rappresentatività (tecnologica, geografica e temporale) definisce in che misura i processi e i prodotti selezionati descrivono il sistema analizzato. Una volta scelti i prodotti e i processi che rappresentano il sistema analizzato e inventoriato il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni di tali processi e prodotti, il criterio della completezza consente di valutare in che misura il profilo in questione copre tutte le emissioni e le risorse associate a questi processi e prodotti

Oltre ai criteri menzionati, nella valutazione della qualità sono inclusi altri tre aspetti, ossia revisione, documentazione (conformità con il formato ILCD) e conformità con la nomenclatura ILCD. Gli ultimi tre non sono inclusi nella valutazione semiquantitativa della qualità dei dati come descritto nei paragrafi seguenti. Devono tuttavia essere rispettati.

Tabella 3

criteri, documentazione, nomenclatura e revisione in relazione alla qualità dei dati

Criteri per la qualità dei dati

rappresentatività tecnologica (78)

rappresentatività geografica (79)

rappresentatività temporale (80)

completezza

incertezza dei parametri (81)

adeguatezza e coerenza metodologiche (82) (i requisiti definiti nella tabella 7 si applicano fino alla fine del 2015. A partire dal 2016 sarà richiesta la piena conformità alla metodologia della PEF).

Documentazione

Conforme al formato ILCD

Nomenclatura

Conforme alla nomenclatura ILCD (per esempio, l’uso di flussi elementari di riferimento ILCD per gli inventari compatibili con la tecnologia dell’informazione).

Revisione

Revisione da parte di un “revisore qualificato” (cfr. capitolo 8):

Relazione di revisione separata


Tabella 4

quadro generale dei requisiti in materia di qualità dei dati e di valutazione della qualità dei dati

 

Qualità dei dati minima richiesta

Tipo di valutazione della qualità dei dati richiesta

Dati riguardanti almeno il 7% dei contributi a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale

Qualità dei dati nel complesso “buona” (DQR ≤ 3,0)

Semiquantitativa basata sulla tabella 5.

Dati riguardanti il 20-30% dei contributi a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale

Qualità dei dati nel complesso “soddisfacente”

Giudizio qualitativo di esperti (la tabella 7 può essere utilizzata come base per il giudizio di esperti). Non è necessaria alcuna quantificazione.

Dati utilizzati per approssimazione e per colmare le lacune identificate (non più del 10% del contributo a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale)

Migliori dati disponibili

Giudizio qualitativo di esperti (la tabella 7 può essere utilizzata come base per il giudizio di esperti).

Valutazione semiquantitativa della qualità dei dati

La Tabella 5 fornisce una panoramica dei criteri utilizzati per la valutazione semiquantitativa della qualità dei dati; la Tabella 6 e le equazioni corrispondenti descrivono i criteri da utilizzare per una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati. L’allegato VII fornisce un esempio di requisiti in materia di qualità dei dati per i prodotti cartari intermedi.

Tabella 5

criteri per la valutazione semiquantitativa della qualità dei dati complessiva dei set di dati degli inventari del ciclo di vita utilizzati nello studio sull’impronta ambientale.

Livello di qualità

Indice di qualità

Definizione

Completezza

Adeguatezza e coerenza metodologiche

Rappresentatività temporale

Rappresentatività tecnologica

Rappresentatività geografica

Incertezza dei parametri

 

 

 

Da valutare rispetto all’ambito di ciascuna categoria di impatto ambientale e in confronto a una qualità dei dati ideale ipotetica.

I metodi di inventario del ciclo di vita applicati e le scelte metodologiche (per esempio, allocazione, sostituzione e simili) sono in linea con l’obiettivo e l’ambito del set di dati, soprattutto con le sue applicazioni previste quale sostegno alle decisioni. I metodi sono inoltre stati applicati in modo coerente tra tutti i dati (83).

Grado al quale il set di dati riflette le condizioni specifiche del sistema in esame riguardo al tempo/all’età dei dati e compresi gli eventuali set di dati di background.

Commento: ossia dell’anno interessato (e delle eventuali differenze annuali o giornaliere).

Grado al quale il set di dati riflette la popolazione effettiva interessata per quanto riguarda la tecnologia, compresi gli eventuali set di dati di background.

Commento: ossia delle caratteristiche tecnologiche, ivi comprese le condizioni operative.

Grado al quale il set di dati riflette la popolazione effettiva interessata per quanto riguarda la geografia, compresi gli eventuali set di dati di background.

Commento: ossia del luogo/sito, della regione, del paese, del mercato, del continente interessato e così via.

Giudizio qualitativo di esperti o deviazione relativa dalle norme come % se si utilizza una simulazione di Montecarlo.

Commento: la valutazione dell’incertezza riguarda unicamente i dati relativi al profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e non la valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

Molto buono

1

Soddisfa il criterio a un grado molto elevato, senza richiedere alcun miglioramento.

Completezza molto buona

(≥ 90 %)

Piena conformità a tutti i requisiti della guida sulla PEF

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Incertezza molto bassa

Incertezza molto bassa

(≤ 10 %)

Buono

2

Soddisfa il criterio a un grado elevato, con scarsa esigenza di miglioramenti.

Buona completezza

(tra 80% e 90%)

Metodo basato su un processo attributivo (84) E:

Sono soddisfatti i tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Modellazione di fine vita

confine del sistema

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Incertezza bassa

Incertezza bassa

(tra 10% e 20%)

Soddisfacente

3

Soddisfa il criterio a un grado accettabile, tuttavia richiede un miglioramento.

Completezza soddisfacente

(tra 70% e 80%)

Metodo basato su un processo attributivo E:

Sono soddisfatti due dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Modellazione di fine vita

confine del sistema

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Incertezza accettabile

Incertezza accettabile

(tra 20% e 30%)

Scarso

4

Non soddisfa il criterio a un grado sufficiente. Richiede miglioramenti.

Scarsa completezza

(tra 50% e 70%)

Metodo basato su un processo attributivo E:

È soddisfatto uno dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Modellazione di fine vita

confine del sistema

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Incertezza elevata

Incertezza elevata

(tra 30% e 50%)

Molto scarso

5

Non soddisfa il criterio. Sono necessari miglioramenti sostanziali O:

Questo criterio non è stato giudicato/esaminato o la sua qualità non ha potuto essere verificata/non è nota.

Completezza molto scarsa o non nota

(< 50 %)

Metodo basato su un processo attributivo MA:

Non è soddisfatto nessuno dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Modellazione di fine vita

confine del sistema

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Specifico per il contesto

Incertezza molto elevata

Incertezza molto elevata

(> 50 %)

La qualità dei dati complessiva deve essere calcolata sommando l’indice di qualità raggiunto per ogni criterio di qualità, diviso per il numero totale di criteri (ossia sei). Il risultato dell’indice di qualità dei dati (DQR) si utilizza per identificare il livello di qualità corrispondente nella tabella 6. La formula 1 fornisce il sistema di calcolo:

Formula 1

Formula

—   DQR: indice di qualità dei dati del set di dati;

—   TeR: rappresentatività tecnologica;

—   GR: rappresentatività geografica;

—   TiR: rappresentatività temporale;

—   C: completezza;

—   P: precisione/incertezza;

—   M:

adeguatezza e coerenza metodologiche.

La Formula 1 deve essere utilizzata per individuare il livello di qualità dei dati complessivo in base all’indice di qualità dei dati raggiunto.

Tabella 6

livello di qualità dei dati complessivo in base all’indice di qualità dei dati raggiunto

Indice di qualità dei dati complessivo (DQR)

Livello di qualità dei dati complessivo

≤ 1,6

“Ottima qualità”

da >1,6 a 2,0

“Qualità molto buona”

da 2,0 a 3,0

“Buona qualità”

da 3,0 a 4,0

“Qualità soddisfacente”

>4

“Scarsa qualità”


Tabella 7

esempio di valutazione semiquantitativa della qualità dei dati richiesta per i set di dati degli inventari del ciclo di vita fondamentali.

Processo: processo di tintura.


Livello di qualità

Indice di qualità

Definizione

Completezza

Conformità e coerenza metodologiche

Rappresentatività temporale

Rappresentatività tecnologica

Rappresentatività geografica

Incertezza dei parametri (deviazione relativa dalle norme come % se si utilizza una simulazione di Montecarlo, altrimenti giudizio qualitativo di esperti.

Molto buono

1

Soddisfa il criterio a un grado molto elevato, senza richiedere alcun miglioramento.

Completezza molto buona

(≥ 90 %)

Piena conformità a tutti i requisiti della guida sulla PEF

2009-2012

Discontinua con le macchine per tintura a getto d’aria

Mix Europa centrale

Incertezza molto bassa

(≤ 10 %)

Buono

2

Soddisfa il criterio a un grado elevato, con scarsa esigenza di miglioramenti.

Buona completezza

(tra 80% e 90%)

Metodo basato su un processo attributivo E:

Sono soddisfatti i tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Modellazione di fine vita

confine del sistema

2006-2008

per esempio “Mix di consumi nell’Unione europea: 30% tintura semicontinua, 50% tintura ad esaurimento e 20% tintura continua”

UE 27; UK, DE; IT; FR

Incertezza bassa

(tra 10% e 20%)

Buono

2

Soddisfa il criterio a un grado elevato, con scarsa esigenza di miglioramenti.

Buona completezza

(tra 80% e 90%)

Metodo basato su un processo attributivo E:

Sono soddisfatti i tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Modellazione di fine vita

confine del sistema

2006-2008

per esempio “Mix di consumi nell’Unione europea: 30% tintura semicontinua, 50% tintura ad esaurimento e 20% tintura continua”

UE 27; UK, DE; IT; FR

Incertezza bassa

(tra 10% e 20%)

Scarso

4

Non soddisfa il criterio a un grado sufficiente. Richiede miglioramenti.

Scarsa completezza

(tra 50% e 75%)

Metodo basato su un processo attributivo E:

è soddisfatto il seguente requisito relativo ai metodi previsti dalla guida sulla PEF:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Tuttavia, non sono soddisfatti i due requisiti relativi relativo ai metodi previsto dalla guida sulla PEF di seguito riportati:

modellazione di fine vita

confine del sistema

1990-1999

per esempio, “Tintura in esaurimento”

Medio Oriente; US; JP

Incertezza elevata

(tra 30% e 50%)

Molto scarso

5

Non soddisfa il criterio. Sono necessari miglioramenti sostanziali O:

Questo criterio non è stato giudicato/esaminato o la sua qualità non ha potuto essere verificata/non è nota.

Completezza molto scarsa o non nota

(< 50 %)

Metodo basato su un processo attributivo MA:

Non è soddisfatto nessuno dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Modellazione di fine vita

confine del sistema

<1990; sconosciuto

Tintura continua; altro; sconosciuto

Altro; sconosciuto

Incertezza molto elevata

(> 50 %)

Requisiti per gli studi sulla PEF

I requisiti in materia di qualità dei dati devono essere soddisfatti da uno studio sulla PEF destinato alla comunicazione esterna, cioè B2B e B2C. Per gli studi sulla PEF (dichiarati in linea con la presente guida) destinati ad applicazioni interne, i requisiti in materia di qualità dei dati specificati dovrebbero essere rispettati (ossia sono raccomandati), ma non sono obbligatori. Eventuali deviazioni dai requisiti devono essere documentate. I requisiti in materia di qualità dei dati si applicano sia ai dati specifici (85) che ai dati generici (86).

Per una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati negli studi sulla PEF occorre adottare i sei criteri illustrati di seguito: rappresentatività tecnologica, rappresentatività geografica, rappresentatività temporale, completezza, incertezza dei parametri e adeguatezza e coerenza metodologiche.

Nella fase di analisi opzionale è richiesta una valutazione soddisfacente (“fair”) minima sulla qualità dei dati in relazione a quei dati che rappresentano almeno il 90% dell’impatto stimato per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale, come valutato qualitativamente da un esperto.

Nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni finale, per i processi o le attività che rappresentano almeno il 70% dei contributi a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale, i dati sia specifici e generici devono raggiungere almeno un livello complessivo di “buona qualità” (è stata scelta la soglia del 70% per conciliare l’obiettivo di una valutazione attendibile con la necessità di mantenerla fattibile e accessibile). Per questi processi deve essere effettuata e comunicata una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati. Almeno 2/3 del restante 30% (ossia dal 20% al 30%) devono essere modellati con dati di qualità almeno “soddisfacente”. I dati di qualità inferiore al livello “soddisfacente” non devono rappresentare oltre il 10% dei contributi a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale.

I requisiti in materia di qualità dei dati per la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale sono soggetti a revisione nell’ambito dello studio sulla PEF. I requisiti in materia di qualità dei dati riguardanti la completezza, l’adeguatezza e la coerenza metodologiche, nonché l’incertezza dei parametri dovrebbero essere soddisfatti ricavando i dati generici esclusivamente da fonti di dati conformi ai requisiti della guida sulla PEF.

In relazione al criterio della qualità dei dati “adeguatezza e coerenza metodologiche”, i requisiti definiti nella tabella 6 si applicano fino alla fine del 2015. A partire dal 2016, sarà richiesta la piena conformità alla metodologia della PEF.

La valutazione della qualità dei dati generici deve essere condotta a livello dei flussi in entrata (per es. la carta acquistata per essere utilizzata in una tipografia) mentre la valutazione della qualità dei dati specifici deve essere effettuata a livello di un singolo processo o di un processo combinato, o a livello di singoli flussi in ingresso.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono fornire ulteriori indicazioni sul punteggio della valutazione della qualità dei dati per quanto riguarda la rappresentatività temporale, geografica e tecnologica. Esse devono specificare, per esempio, quale punteggio della qualità dei dati relativo alla rappresentatività temporale dovrebbe essere assegnato a un set di dati che rappresenta un determinato anno.

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti possono specificare ulteriori criteri per la valutazione della qualità dei dati (rispetto ai criteri predefiniti).

Tali regole possono indicare requisiti più rigorosi in materia di qualità dei dati, se appropriato per la categoria di prodotti in questione. Tra questi possono figurare:

attività/processi da cancello a cancello;

fasi a monte o a valle;

attività fondamentali della catena di approvvigionamento per la categoria di prodotti;

categorie di impatto dell’impronta ambientale fondamentali per la categoria di prodotti.

Esempio per determinare l’indice di qualità dei dati

Componente

Livello di qualità raggiunto

Indice di qualità corrispondente

Rappresentatività tecnologica (TeR)

buono

2

Rappresentatività geografica (GR)

buono

2

Rappresentatività temporale (TiR)

soddisfacente

3

Completezza (C)

buono

2

Incertezza dei parametri (P)

buono

2

Adeguatezza e coerenza metodologiche (M)

buono

2

Formula

Un indice di qualità (DQR) di 2,2 corrisponde a una “buona qualità” complessiva.

5.7   Raccolta di dati specifici

La presente sezione descrive la raccolta di dati specifici, che sono dati direttamente misurati o raccolti rappresentativi delle attività presso un impianto specifico o una serie di impianti. I dati dovrebbero includere tutti i flussi in entrata e in uscita noti per i processi. I flussi in entrata sono (per esempio) l’energia, l’acqua, i materiali e così via. I flussi in uscita sono i prodotti, i coprodotti (87) e le emissioni. Le emissioni possono essere suddivise in quattro categorie: emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo ed emissioni sotto forma di rifiuti solidi. I dati specifici possono essere raccolti, misurati o calcolati utilizzando i dati sulle attività (88) e i relativi fattori di emissione. Si noti che i fattori di emissione possono essere derivati dai dati generici nel rispetto dei requisiti in materia di qualità dei dati.

Raccolta dei dati - misurazioni e questionari mirati

Le fonti di dati più rappresentative per processi specifici sono le misurazioni effettuate direttamente sui processi o ottenute dai gestori degli impianti mediante colloqui o questionari. I dati possono richiedere una distribuzione in scala, un’aggregazione o altre forme di trattamento matematico per allinearli con l’unità di analisi e il flusso di riferimento del processo.

Le fonti di dati specifici più tipiche sono:

dati sui consumi a livello di processo o di impianto;

fatture e variazioni delle giacenze/inventari di materiali di consumo;

misurazioni delle emissioni (quantitativi e concentrazioni di emissioni di gas e acque reflue);

composizione di prodotti e rifiuti;

reparti/unità di approvvigionamento e di vendita.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Devono essere ottenuti dati specifici (89) per tutti i processi di foreground e per i processi di background, se del caso (90). Tuttavia, se i dati generici sono più rappresentativi o appropriati rispetto ai dati specifici per i processi di foreground (da giustificare e comunicare), anche per i processi di foreground devono essere utilizzati i dati generici.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono:

1.

specificare per quali processi devono essere raccolti dati specifici;

2.

specificare i requisiti per la raccolta di dati specifici;

3.

definire i requisiti per la raccolta di dati per ogni sito per i seguenti aspetti:

fasi interessate e ambito della raccolta di dati;

luogo della raccolta dei dati (a livello nazionale, internazionale, presso fabbriche specifiche ecc.);

termine della raccolta dei dati (anno, stagione, mese ecc.);

quando il luogo o il termine per la raccolta dei dati deve essere limitato a un certo intervallo, fornire una giustificazione e dimostrare che i dati raccolti costituiranno campioni sufficienti.

5.8   Raccolta di dati generici

Per dati generici si intendono i dati non basati su misurazioni o calcoli diretti dei rispettivi processi nel sistema. I dati generici possono essere settoriali, ossia specifici per il settore considerato per lo studio sulla PEF, o multisettoriali. Tra gli esempi di dati generici sono inclusi quelli di seguito indicati:

dati provenienti dalle pubblicazioni specializzate o da documenti scientifici;

i dati relativi al ciclo di vita medio del settore provenienti dalle banche dati degli inventari del ciclo di vita, dalle relazioni delle associazioni del settore, dalle statistiche pubbliche e così via.

Fonti di provenienza dei dati generici

I dati generici, ove disponibili, dovrebbero provenire dalle fonti di dati specificate nella presente guida. I dati generici restanti dovrebbero provenire preferibilmente dalle seguenti fonti:

banche dati fornite da organizzazioni governative internazionali (per esempio, FAO, UNEP);

progetti di banche dati di inventari del ciclo di vita di governi nazionali (per i dati specifici per il paese che ospita la banca dati);

progetti di banche dati di inventari del ciclo di vita di governi nazionali;

altre banche dati di inventari del ciclo di vita di terzi;

altre pubblicazioni specializzate.

Altre possibili fonti di dati generici sono indicate, per esempio, nel repertorio delle risorse della piattaforma europea sulla valutazione del ciclo di vita (91). Se i dati necessari non sono reperibili nelle fonti di cui sopra, possono essere utilizzate altre fonti.

Requisiti per gli studi sulla PEF

I dati generici dovrebbero essere utilizzati soltanto per i processi nel sistema di background; tuttavia, se sono più rappresentativi o appropriati rispetto ai dati specifici per i processi di foreground, i dati generici devono essere utilizzati anche per i processi nel sistema di foreground. Se disponibili, i dati generici di un settore specifico devono essere utilizzati al posto dei dati generici multisettoriali. Tutti i dati generici devono soddisfare i requisiti di qualità specificati nella presente guida. Le fonti dei dati utilizzati devono essere chiaramente documentate e riportate nella relazione sulla PEF.

I dati generici (a condizione che siano conformi ai requisiti di qualità specificati nella presente guida) dovrebbero, se disponibili, provenire dalle seguenti fonti:

dati elaborati in linea con i requisiti delle pertinenti regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti;

dati elaborati in linea con i requisiti previsti per gli studi sulla PEF;

rete di dati del sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) (92) (dando la preferenza ai set di dati pienamente conformi con la rete di dati dell’ILCD rispetto a quelli conformi solo al livello di base);

banca dati europea di riferimento sul ciclo di vita (ELCD) (93).

Ulteriori requisiti per le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare:

i casi in cui è consentito l’uso di dati generici come approssimazione per una sostanza per la quale i dati specifici non sono disponibili;

il livello di somiglianze richiesto tra la sostanza effettiva e la sostanza generica;

la combinazione di più di un set di dati generico, se necessario.

5.9   Lacune nei dati rimanenti delle unità di processo/dati mancanti

Le lacune nei dati esistono quando non sono disponibili dati specifici o generici sufficientemente rappresentativi del processo nel ciclo di vita del prodotto. Per la maggior parte dei processi per i quali possono mancare i dati, dovrebbe essere possibile ottenere informazioni sufficienti per fornire una stima ragionevole dei dati mancanti. Pertanto, nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni finale le lacune nei dati dovrebbero essere limitate al minimo o assenti. Le informazioni mancanti possono essere di vari tipi e avere caratteristiche diverse, rendendo così necessario procedere separatamente in ogni singolo caso per trovare una soluzione.

Possono esistere lacune nei dati quando:

non esistono dati per un flusso in entrata/prodotto specifico, o

esistono dati per un processo simile, ma:

i dati sono stati generati in una regione diversa;

i dati sono stati generati con una tecnologia diversa;

i dati sono stati generati in un periodo di tempo diverso.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Eventuali lacune nei dati devono essere colmate con i migliori dati generici o estrapolati disponibili (94). Il contributo di tali dati (comprese le lacune nei dati generici) non deve rappresentare più del 10% del contributo complessivo per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale considerata. Questo si riflette nei requisiti in materia di qualità dei dati, secondo cui il 10 % dei dati può essere scelto fra i migliori dati disponibili (senza ulteriori requisiti in materia di qualità dei dati).

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono indicare le potenziali lacune nei dati e fornire orientamenti dettagliati per colmare tali lacune.

5.10   Processi multifunzionali

Se svolge più di una funzione, ossia se fornisce più prodotti e/o servizi (“coprodotti”), un processo o un impianto è “multifunzionale”. In tali situazioni, tutti i flussi in ingresso e le emissioni connessi al processo devono essere ripartiti tra il prodotto interessato e altri coprodotti basandosi su una serie di principi. I sistemi che comportano la multifunzionalità dei processi devono essere modellati in base alla seguente gerarchia decisionale e agli ulteriori orientamenti previsti dalle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti, se disponibili.

Gerarchia decisionale

I)   Suddivisione o espansione del sistema

Ove possibile, dovrebbe essere utilizzata una suddivisione o un’espansione del sistema per evitare l’allocazione. Per suddivisione si intende la disaggregazione dei processi o degli impianti multifunzionali per isolare i flussi in entrata direttamente associati al flusso in uscita di ciascun processo o impianto. Per espansione del sistema si intende l’estensione del sistema includendo funzioni aggiuntive relative ai coprodotti. In primo luogo, si deve valutare se il processo analizzato può essere suddiviso o esteso. Nei casi in cui sia possibile la suddivisione, i dati di inventario dovrebbero essere raccolti solo per le unità di processo (95) direttamente attribuibili (96) ai prodotti/servizi interessati. Oppure, se il sistema è estensibile, le ulteriori funzioni devono essere incluse nell’analisi comunicando i risultati per il sistema esteso nel suo complesso anziché a livello di singolo coprodotto.

II)   Allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente

Qualora non sia possibile una suddivisione o un’espansione del sistema, dovrebbe essere applicata l’allocazione: i flussi in entrata e in uscita del sistema dovrebbero essere ripartiti tra i vari prodotti o funzioni in modo da tenere conto dei rapporti fisici sottostanti pertinenti tra i prodotti o le funzioni. (norma ISO 14044:2006, 14).

Per allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente si intende una ripartizione dei flussi in entrata e in uscita di un processo o di un impianto multifunzionale in base a un rapporto fisico quantificabile pertinente tra i flussi in entrata di processo e i flussi in uscita di coprodotto (per esempio, una proprietà fisica dei flussi in entrata e in uscita pertinente per la funzione svolta dal coprodotto interessato). L’allocazione basata su un rapporto fisico può essere modellata attraverso la sostituzione diretta se è possibile individuare un prodotto direttamente sostituito (97).

Un effetto di sostituzione diretta può essere modellato in maniera adeguata? Lo si può dimostrare provando che (1) esiste un effetto di sostituzione diretta empiricamente dimostrabile E (2) il prodotto sostituito può essere modellato e i dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni possono essere dedotti in maniera direttamente rappresentativa:

in caso affermativo (ossia se si verificano entrambe le condizioni), modellare l’effetto di sostituzione.

Oppure

I flussi in entrata/uscita possono essere ripartiti sulla base di un altro rapporto fisico sottostante pertinente che lega i flussi in entrata e in uscita alla funzione svolta dal sistema? Lo si può dimostrare provando che è possibile definire un rapporto fisico sottostante pertinente con il quale ripartire i flussi imputabili allo svolgimento della funzione definita del sistema di prodotti (98):

in caso affermativo, effettuare l’allocazione sulla base del rapporto fisico in questione.

III)   Allocazione basata su un altro rapporto

È possibile un’allocazione basata su un altro rapporto. Per esempio, la ripartizione economica consiste nell’allocazione dei flussi in entrata e in uscita associati ai processi multifunzionali ai flussi in uscita dei coprodotti in misura proporzionale ai rispettivi valori di mercato. Il prezzo di mercato delle cofunzioni dovrebbe riferirsi alla condizione specifica e al luogo in cui i coprodotti sono fabbricati. Una ripartizione basata su un valore economico deve essere applicata soltanto quando (I e II) non sono possibili. In ogni caso, deve essere fornita una chiara giustificazione del fatto che sono state scartate le fasi I e II e che è stato scelto un determinato criterio di allocazione nella fase III, per garantire per quanto possibile la rappresentatività fisica dei risultati relativi alla PEF.

L’allocazione basata su un altro rapporto può essere trattata in uno dei seguenti modi alternativi:

Può essere individuato un effetto di sostituzione indiretta (99)? E il prodotto sostituito può essere modellato e l’inventario dedotto in maniera ragionevolmente rappresentativa?

in caso affermativo (ossia se si verificano entrambe le condizioni), modellare l’effetto di sostituzione indiretta.

Oppure

I flussi in entrata/uscita possono essere ripartiti tra i prodotti e le funzioni sulla base di un altro rapporto (per esempio, il valore economico relativo dei coprodotti)?

In caso affermativo, ripartire i prodotti e le funzioni sulla base del rapporto individuato.

Gestire la multifunzionalità dei prodotti è particolarmente difficile in caso di riciclaggio o di recupero di energia di uno (o più) di tali prodotti, in quanto i sistemi tendono a diventare piuttosto complessi. L’allegato V fornisce una metodologia che deve essere utilizzata per valutare le emissioni complessive associate a un determinato processo che comporta il riciclaggio e/o il recupero di energia. Quanto precede riguarda anche i flussi di rifiuti creati entro i confini del sistema.

Esempi di sostituzione diretta e indiretta

Sostituzione diretta:

la sostituzione diretta può essere modellata come forma di allocazione basata su un rapporto fisico sottostante quando può essere individuato un effetto di sostituzione diretta empiricamente dimostrabile. Per esempio, quando si applica azoto da effluente a un terreno agricolo, sostituendo direttamente una quantità equivalente dell’azoto fertilizzante specifico che l’agricoltore avrebbe altrimenti utilizzato, al sistema di allevamento di animali dal quale si ottiene l’effluente viene attribuito un credito per la produzione di fertilizzante per la produzione di fertilizzante sostitutivo (tenendo conto delle differenze in termini di trasporto, movimentazione ed emissioni).

Sostituzione indiretta:

la sostituzione indiretta può essere modellata come forma di “allocazione basata su un altro rapporto” quando si presume che un coprodotto sostituisca un prodotto marginale o medio equivalente del mercato attraverso processi mediati dal mercato. Per esempio, quando viene confezionato e venduto letame per essere usato per il giardinaggio domestico, al sistema di allevamento di animali da cui si ottiene il letame viene riconosciuto un credito per il fertilizzante per giardinaggio domestico medio del mercato che si presume sia stato sostituito (tenendo conto delle differenze in termini di trasporto, movimentazione ed emissioni).

Requisiti per gli studi sulla PEF

La seguente gerarchia decisionale multifunzionale per la PEF deve essere applicata per la risoluzione di tutti i problemi di multifunzionalità: (1) suddivisione o espansione del sistema, (2) allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente (fra cui sostituzione diretta o altro rapporto fisico sottostante pertinente), (3) allocazione basata su un altro rapporto (fra cui sostituzione indiretta o altro rapporto sottostante pertinente).

Tutte le scelte fatte in questo contesto devono essere comunicate e motivate riguardo all’obiettivo generale di garantire risultati fisicamente rappresentativi e rilevanti sotto il profilo ambientale. Per la multifunzionalità dei prodotti in situazioni di riciclaggio o di recupero di energia, deve essere applicata l’equazione descritta nell’allegato V. Il processo decisionale sopra menzionato si applica anche per la multifunzionalità di fine vita.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono inoltre specificare le soluzioni riguardanti la multifunzionalità da applicare entro i confini definiti del sistema e, se del caso, per le fasi a monte e a valle. Se possibile/opportuno, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti possono inoltre prevedere fattori specifici da utilizzare in caso di soluzioni di allocazione. Tutte le soluzioni per la multifunzionalità specificate nelle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono essere chiaramente giustificate con riferimento alla gerarchia delle soluzioni per la multifunzionalità per la PEF.

Qualora si applichi la suddivisione, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare i processi che devono essere suddivisi e i principi ai quali dovrebbe attenersi tale suddivisione.

Ove si applica l’allocazione basata su un rapporto fisico, le regole di categoria relative all’impronta ambientale del prodotto devono specificare i rapporti fisici sottostanti pertinenti da considerare e stabilire i fattori di allocazione pertinenti.

Ove si applica l’allocazione basata su altri rapporti, le regole di categoria relative all’impronta ambientale del prodotto devono specificare il rapporto e stabilire i fattori di allocazione pertinenti. Per esempio, nel caso di una ripartizione economica, le regole di categoria relative all’impronta ambientale del prodotto devono specificare le regole per la determinazione dei valori economici dei coprodotti.

Per la multifunzionalità in situazioni di fine vita, le regole di categoria relative all’impronta ambientale del prodotto devono specificare in che modo sono calcolate le diverse parti all’interno della formula obbligatoria fornita.

Figura 4

albero decisionale per i processi multifunzionali

Image

5.11   Raccolta di dati relativi alle fasi metodologiche successive in uno studio sulla PEF

La Figura 5 riguarda la fase di raccolta di dati da svolgere quando si effettua uno studio sulla PEF. Sono sintetizzati i requisiti “deve/dovrebbe/può” per i dati specifici e i dati generici. La figura indica inoltre il collegamento tra la fase di raccolta dei dati e la definizione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e la successiva valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

Figura 5

rapporto tra la raccolta dei dati, il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e la valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

Image

6.   VALUTAZIONE DI IMPATTO DELL’IMPRONTA AMBIENTALE

Dopo aver definito il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, deve essere intrapresa la valutazione di impatto dell’impronta ambientale per calcolare le prestazioni ambientali del prodotto utilizzando le categorie e i modelli di impatto dell’impronta ambientale. La valutazione di impatto dell’impronta ambientale comprende due fasi obbligatorie e due facoltative. Tale valutazione non intende sostituire altri strumenti (regolamentari) che hanno un ambito e un obiettivo diverso come la valutazione dei rischi ambientali ((E)RA), la valutazione di impatto ambientale specifica del sito (EIA) o le norme in materia di salute e sicurezza a livello di prodotto o relative alla sicurezza sul luogo di lavoro. In particolare, la valutazione di impatto dell’impronta ambientale non ha l’obiettivo di prevedere se in un luogo specifico o in un momento specifico vengono superate determinate soglie e si verificano impatti effettivi. Per contro, descrive le pressioni esistenti sull’ambiente. Pertanto, detta valutazione è complementare ad altri strumenti comprovati, aggiungendo il punto di vista del ciclo di vita.

6.1   Classificazione e caratterizzazione (obbligatorie)

Requisiti per gli studi sulla PEF

La valutazione di impatto dell’impronta ambientale deve includere una classificazione e caratterizzazione dei flussi dell’impronta ambientale dei prodotti.

6.1.1   Classificazione dei flussi dell’impronta ambientale dei prodotti

La classificazione consiste nell’allocazione dei flussi in entrata e in uscita di materiale/energia inventariati nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni alla categoria di impatto dell’impronta ambientale pertinente. Per esempio, nella fase di classificazione, tutti i flussi in entrata/uscita che comportano emissioni di gas a effetto serra sono assegnati alla categoria dei cambiamenti climatici. Analogamente, quelli che comportano emissioni di sostanze che riducono lo strato di ozono sono classificati di conseguenza nella categoria di riduzione dello strato di ozono. In alcuni casi, un flusso in entrata/uscita può contribuire a più di una categoria di impatto dell’impronta ambientale (per esempio, i clorofluorocarburi (CFC) contribuiscono ai cambiamenti climatici e alla riduzione dello strato di ozono).

È importante esprimere i dati in termini di sostanze costituenti per le quali sono disponibili fattori di caratterizzazione (cfr. la sezione successiva). Per esempio, i dati per un fertilizzante NPK composto dovrebbero essere disaggregati e classificati in base alle frazioni di N, P e K in quanto ogni elemento costituente contribuisce a varie categorie di impatto dell’impronta ambientale. In pratica, i dati relativi al profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni possono essere tratti da banche dati dell’inventario del ciclo di vita pubbliche o commerciali esistenti, in cui la classificazione è già stata realizzata. In tal caso, ad esempio, il fornitore dei dati deve garantire che la classificazione e i percorsi della valutazione di impatto dell’impronta ambientale collegati corrispondano ai requisiti della presente guida.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Tutti i flussi in entrata/uscita inventariati durante la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere assegnati alle categorie di impatto dell’impronta ambientale a cui contribuiscono (“classificazione”) usando il sistema di classificazione reperibile all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/projects.

Nell’ambito della classificazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, i dati dovrebbero essere espressi in termini di sostanze costituenti per le quali sono disponibili fattori di caratterizzazione.

Esempio: classificazione dei dati per uno studio su una T-shirt

Classificazione dei dati nella categoria di impatto dei cambiamenti climatici

CO2

CH4

SO2

No

NOx

No


Classificazione dei dati nella categoria di impatto dell’acidificazione

CO2

No

CH4

No

SO2

NOx

6.1.1   Caratterizzazione dei flussi dell’impronta ambientale

Per caratterizzazione si intende il calcolo dell’entità del contributo di ciascun flusso in entrata/uscita classificato alle rispettive categorie di impatto dell’impronta ambientale e l’aggregazione dei contributi all’interno di ogni categoria. Il calcolo si effettua moltiplicando i valori del profilo di utilizzo delle risorse e di emissione per i fattori di caratterizzazione pertinenti per ogni categoria.

I fattori di caratterizzazione sono specifici per ogni sostanza o risorsa. Rappresentano l’intensità dell’impatto di una sostanza rispetto a una sostanza comune di riferimento per una categoria di impatto dell’impronta ambientale (indicatore di categoria di impatto). Per esempio, nel caso del calcolo degli impatti dei cambiamenti climatici, tutte le emissioni di gas a effetto serra inventariate nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni sono ponderate in termini di intensità di impatto relativa al biossido di carbonio, che è la sostanza di riferimento per questa categoria. Ciò consente di aggregare i potenziali di impatto e di esprimerli in termini di singola sostanza equivalente (in questo caso, equivalente di CO2) per ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale. Per esempio, il fattore di caratterizzazione espresso come potenziale di riscaldamento globale per il metano è pari a 25 equivalenti di CO2 e il relativo impatto sul riscaldamento climatico è quindi 25 volte più elevato di quello del CO2 (ossia il fattore di caratterizzazione di 1 equivalente di CO2).

Requisiti per gli studi sulla PEF

A tutti i flussi in entrata/uscita di ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale devono essere assegnati fattori di caratterizzazione che rappresentano il contributo per unità di flusso in entrata/uscita alla categoria, utilizzando i fattori di caratterizzazione forniti (disponibili online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/projects. Successivamente devono essere calcolati i risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale moltiplicando il quantitativo di ogni flusso in entrata/uscita per il suo fattore di caratterizzazione e sommando i contributi di tutti i flussi in entrata/uscita all’interno di ogni categoria, al fine di ottenere una singola misura espressa nell’unità di riferimento adeguata.

Se i fattori di caratterizzazione del modello predefinito non sono disponibili per determinati flussi (per esempio, un gruppo di sostanze chimiche) del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, è possibile ricorrere ad altri metodi per la caratterizzazione di tali flussi. Tali casi devono essere comunicati tra le ulteriori informazioni ambientali. I modelli di caratterizzazione devono essere scientificamente e tecnicamente validi e basati su meccanismi ambientali identificabili distinti (100) o osservazioni empiriche riproducibili.

Esempio: Calcolo dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale

Riscaldamento globale

CF

CO2

g

5,132

×

1

=

5,132 kg CO2eq

CH4

g

8,2

×

25

=

0,205 kg CO2eq

SO2

g

3,9

×

0

=

0 kg CO2eq

NOx

g

26,8

×

0

=

0 kg CO2eq

Totale

=

5,337 kg CO2eq


Acidificazione

CF

CO2

g

5,132

×

0

=

0 Mol H+ eq.

CH4

g

8,2

×

0

=

0 Mol H+ eq.

SO2

g

3,9

×

1,31

=

0,005 Mol H+ eq.

NOx

g

26,8

×

0,74

=

0,019 Mol H+ eq.

Totale

=

0,024kg Mol H+ eq

6.2   Normalizzazione e ponderazione (raccomandata/facoltativa)

Dopo le due fasi obbligatorie di classificazione e di caratterizzazione, la valutazione di impatto dell’impronta ambientale può essere integrata dalla fase di normalizzazione (raccomandata) e dalla fase di ponderazione (facoltativa).

6.2.1   Normalizzazione dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (raccomandata)

La normalizzazione è una fase non obbligatoria, ma raccomandata, in cui i risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale sono moltiplicati per i fattori di normalizzazione per calcolare e confrontare l’entità dei loro contributi alle categorie di impatto dell’impronta ambientale rispetto a un’unità di riferimento (di norma la pressione relativa alla categoria interessata causata dalle emissioni di una nazione intera o di un cittadino medio nell’arco di un anno). In questo modo, si ottengono risultati sull’impronta ambientale normalizzati e adimensionali, che tengono conto degli oneri imputabili a un prodotto rispetto a un’unità di riferimento, come il pro capite per un determinato anno e una determinata regione. Ciò consente di confrontare la rilevanza dei contributi derivanti da processi singoli rispetto all’unità di riferimento delle categorie di impatto dell’impronta ambientale considerate. Per esempio, i risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale possono essere paragonati con gli stessi risultati per una determinata regione, per esempio l’UE-27, e per individuo. In tal caso rifletterebbero gli equivalenti pro capite relativi alle emissioni associate all’UE-27. I risultati dell’impronta ambientale (normalizzati) non indicano tuttavia la gravità/rilevanza dei rispettivi impatti.

Requisiti per gli studi sulla PEF

La normalizzazione non è una fase obbligatoria, ma è raccomandata per gli studi sulla PEF. Se viene applicata, i risultati sull’impronta ambientale normalizzati devono essere comunicati tra le ulteriori informazioni ambientali, documentando tutti i metodi e tutte le ipotesi.

I risultati normalizzati non devono essere aggregati dal momento che viene applicata implicitamente la ponderazione. I risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale prima della normalizzazione devono essere comunicati unitamente ai risultati normalizzati.

6.2.1   Ponderazione dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (facoltativa)

La ponderazione non è una fase obbligatoria, bensì facoltativa, che può facilitare l’interpretazione e la comunicazione dei risultati dell’analisi. In questa fase, i risultati dell’impronta ambientale, per esempio i risultati normalizzati, sono moltiplicati per un insieme di fattori di ponderazione, che riflettono la relativa importanza percepita delle categorie di impatto considerate. I risultati dell’impronta ambientale ponderati possono quindi essere confrontati per valutarne la relativa importanza. Possono anche essere aggregati in tutte le categorie di impatto dell’impronta ambientale per ottenere diversi valori aggregati o un singolo indicatore di impatto complessivo.

La ponderazione richiede la formulazione di giudizi di valore in merito alla rispettiva importanza delle categorie di impatto dell’impronta ambientale considerate. Tali giudizi possono basarsi su opinioni di esperti, punti di vista culturali/politici o considerazioni economiche (101).

Requisiti per gli studi sulla PEF

La ponderazione è una fase facoltativa e quindi non obbligatoria per gli studi sulla PEF. Se applicata, i metodi e i risultati devono essere comunicati tra le ulteriori informazioni ambientali. I risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale prima della ponderazione devono essere comunicati unitamente ai risultati ponderati.

L’applicazione delle fasi di normalizzazione e ponderazione negli studi sulla PEF devono essere coerenti con gli obiettivi e l’ambito dello studio definiti, ivi comprese le applicazioni previste. (102).

7.   INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

7.1   Informazioni generali

L’interpretazione dei risultati dello studio sulla PEF (103) ha due scopi:

il primo è garantire che il modello di PEF rispetti gli obiettivi e i requisiti di qualità dello studio; in questo senso, l’interpretazione della PEF può promuovere miglioramenti continui del modello di PEF finché non sono conseguiti tutti gli obiettivi e soddisfatti tutti i requisiti;

il secondo è trarre dall’analisi conclusioni e raccomandazioni valide, per esempio a favore dei miglioramenti ambientali.

Per raggiungere tali obiettivi, l’interpretazione della PEF deve procedere secondo quattro fasi, come illustrato nel presente capitolo.

Requisiti per gli studi sulla PEF

La fase di interpretazione deve comprendere le seguenti fasi: “valutazione della fondatezza del modello di PEF”, “identificazione di punti critici”, “stima dell’incertezza” e “conclusioni, limitazioni e raccomandazioni”.

7.2   Valutazione della fondatezza del modello di impronta ambientale dei prodotti

La valutazione della fondatezza del modello di PEF deve includere una valutazione della misura in cui le scelte metodologiche, come i confini del sistema, le fonti di dati, l’allocazione e l’ambito delle categorie di impatto dell’impronta ambientale, influenzano i risultati dell’analisi.

Tra gli strumenti che dovrebbero essere utilizzati per valutare la fondatezza del modello di PEF sono compresi quelli di seguito specificati:

controlli di completezza: valutazione dei dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni per garantirne la completezza rispetto agli obiettivi, all’ambito, ai confini del sistema e ai criteri di qualità definiti. I controlli riguardano anche la completezza dell’ambito dei processi (ossia se sono stati inclusi tutti i processi in ciascuna fase della catena di approvvigionamento) e l’ambito dei flussi in entrata/uscita (ossia se sono stati inclusi i flussi in entrata di materiali o energia e le emissioni associati a ogni processo);

controlli di sensibilità: valutazione della misura in cui i risultati sono determinati da specifiche scelte metodologiche e dell’impatto dell’attuazione di scelte alternative nel caso in cui siano identificabili. È utile per strutturare i controlli di sensibilità per ogni fase dello studio sulla PEF, ivi compresa la definizione degli obiettivi e dell’ambito, il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e la valutazione di impatto dell’impronta ambientale;

controlli di coerenza: valutazione della misura in cui le ipotesi, i metodi e le considerazioni relative alla qualità dei dati sono stati applicati in maniera coerente in tutto lo studio sulla PEF.

Qualsiasi questione posta in evidenza nella valutazione può essere utilizzata per attuare miglioramenti continui dello studio sulla PEF.

Requisiti per gli studi sulla PEF

La valutazione della fondatezza del modello di PEF deve includere una valutazione della misura in cui le scelte metodologiche influenzano i risultati. Queste scelte devono corrispondere ai requisiti specificati nella presente guida ed essere adeguate al contesto. Gli strumenti che dovrebbero essere utilizzati per valutare la fondatezza del modello di impronta ambientale dei prodotti sono i controlli di completezza, i controlli di sensibilità e i controlli di coerenza.

7.3   Identificazione di punti critici

Dopo aver garantito che il modello di PEF sia fondato e conforme a tutti gli aspetti individuati nelle fasi di definizione degli obiettivi e dell’ambito, la fase successiva consiste nell’identificazione dei principali elementi che contribuiscono ai risultati della PEF. Questa fase può essere definita anche analisi dei “punti critici” o dei “punti deboli”. Gli elementi che contribuiscono ai risultati possono essere elementi specifici delle fasi del ciclo di vita, dei processi o di singoli flussi in entrata/uscita di materiali o energia associati a una determinata fase o processo della catena di approvvigionamento del prodotto. Tali elementi possono essere individuati attraverso una revisione sistematica dei risultati dello studio sulla PEF. In questo contesto possono risultare particolarmente utili gli strumenti grafici. Questo tipo di analisi fornisce la base necessaria per individuare i possibili miglioramenti associati a specifici interventi gestionali.

Requisiti per gli studi sulla PEF

I risultati della PEF devono essere analizzati per valutare l’effetto dei punti critici/punti deboli della catena di approvvigionamento a livello di flussi in entrata/uscita, di processi e di fasi della catena di approvvigionamento e per valutare le possibilità di miglioramento.

Requisiti per le regole di categoria relative alla PEF

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono individuare le più importanti categorie di impatto dell’impronta ambientale per il settore. A tale scopo, possono essere utilizzate la normalizzazione e la ponderazione.

7.4   Stima dell’incertezza

La stima delle incertezze dei risultati finali dello studio sulla PEF può favorire il miglioramento continuo degli studi sulla PEF, oltre ad aiutare i destinatari a valutare la fondatezza e l’applicabilità dei risultati dello studio.

Le principali fonti di incertezza negli studi sulla PEF sono due, come di seguito specificato.

(1)

Incertezze stocastiche per i dati del “profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni”

Le incertezze stocastiche (parametri e modelli) si riferiscono a descrizioni statistiche della varianza intorno a una media/valore medio. Per i dati normalmente distribuiti, tale varianza è solitamente descritta in termini di media e deviazione standard. I risultati della PEF che sono calcolati utilizzando medie di dati (ossia la media di punti di rilevamento multipli per un dato processo) non riflette l’incertezza associata a tale varianza. Tuttavia, l’incertezza può essere valutata e comunicata mediante appropriati strumenti statistici.

(2)

Incertezze legate alle scelte

Si tratta di incertezze che derivano dalle scelte metodologiche, ivi compresi i principi di modellazione, i confini del sistema, le scelte di allocazione, la scelta dei metodi di valutazione di impatto dell’impronta ambientale e altre ipotesi di carattere temporale, tecnologico, geografico e simili. Tali incertezze non sono facilmente riconducibili alla descrizione statistica, ma possono essere caratterizzate unicamente attraverso valutazioni dei modelli di scenari (per esempio, modellando gli scenari più sfavorevoli e quelli più favorevoli per i processi rilevanti) e un’analisi della sensibilità.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Deve essere fornita almeno una descrizione qualitativa delle incertezze dei risultati della PEF per le incertezze relative ai dati e le incertezze relative alle scelte, al fine di favorire una valutazione complessiva delle incertezze dei risultati dello studio sulla PEF.

Requisiti per le regole di categoria relative alla PEF

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono descrivere le incertezze comuni alla categoria di prodotto e individuare l’intervallo in cui i risultati potrebbero essere considerati non significativamente diversi nei confronti o nelle dichiarazioni comparative.

SUGGERIMENTO: le valutazioni quantitative dell’incertezza possono essere calcolate per la variante associata ai dati del “profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” utilizzando, per esempio, le simulazioni di Montecarlo o altri strumenti idonei. L’influenza delle incertezze legate alle scelte effettuate dovrebbe essere valutata ai limiti superiore e inferiore attraverso analisi della sensibilità sulla base di valutazioni degli scenari. Il tutto dovrebbe essere chiaramente documentato e comunicato.

7.5   Conclusioni, raccomandazioni e limitazioni

L’aspetto finale della fase di interpretazione è trarre conclusioni sulla base dei risultati delle analisi, rispondere alle domande poste all’inizio dello studio sulla PEF e formulare raccomandazioni adeguate per i destinatari e il contesto previsti, tenendo conto esplicitamente di eventuali limitazioni della fondatezza e dell’applicabilità dei risultati. La PEF deve essere considerata complementare ad altre valutazioni e strumenti come le valutazioni di impatto ambientale o le valutazioni dei rischi chimici relative a siti specifici.

Dovrebbero essere individuati i possibili miglioramenti come, per esempio, tecniche e tecnologie più pulite, cambiamenti nella progettazione dei prodotti, sistemi di gestione ambientale [per esempio, il sistema di ecogestione e audit (EMAS) o la norma ISO 14001] o altri metodi sistematici.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Le conclusioni, raccomandazioni e limitazioni devono essere descritte in base agli obiettivi e all’ambito definiti dello studio sulla PEF. Gli studi sulla PEF a sostegno delle dichiarazioni comparative destinate a essere divulgate al pubblico (ossia le dichiarazioni ambientali concernenti la superiorità o l’equivalenza di un prodotto) devono basarsi sia sulla presente guida che sulle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti correlate. Le conclusioni dovrebbero includere una sintesi dei “punti critici” della catena di approvvigionamento individuati e dei possibili miglioramenti associati a interventi gestionali.

8.   RELAZIONI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

8.1   Informazioni generali

Le relazioni sulla PEF forniscono un resoconto pertinente, esauriente, coerente, preciso e trasparente dello studio e degli impatti ambientali calcolati associati al prodotto. Tengono conto delle migliori informazioni possibili in modo tale da massimizzarne l’utilità per i destinatari attuali e futuri, comunicando al contempo le limitazioni in modo chiaro e trasparente. Per essere efficaci, le relazioni sulla PEF devono soddisfare vari criteri procedurali (qualità delle relazioni) e sostanziali (contenuto delle relazioni).

8.2   Elementi delle relazioni

Le relazioni sulla PEF sono costituite almeno da tre elementi: una sintesi, la relazione principale e un allegato. Le informazioni riservate e oggetto di proprietà intellettuale possono essere documentate in un quarto elemento, ossia una relazione riservata integrativa. Le relazioni di revisione sono allegate o vi si fa riferimento.

8.2.1   Primo elemento: sintesi

La sintesi deve poter essere una parte a sé stante senza compromettere i risultati e le conclusioni/raccomandazioni (se incluse). La sintesi deve soddisfare gli stessi criteri di trasparenza, coerenza e simili validi per la relazione dettagliata. La sintesi deve includere almeno quanto segue:

i principali elementi dell’obiettivo e dell’ambito dello studio con le limitazioni e le ipotesi associate;

una descrizione del confine del sistema;

i principali risultati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e le componenti della valutazione di impatto dell’impronta ambientale, che devono essere presentati in modo tale da garantire l’uso adeguato delle informazioni;

gli eventuali miglioramenti ambientali rispetto a periodi precedenti;

dichiarazioni pertinenti sulla qualità dei dati, le ipotesi e i giudizi di valore;

una descrizione di ciò che è stato conseguito dallo studio, eventuali raccomandazioni formulate e conclusioni tratte;

una valutazione complessiva delle incertezze dei risultati.

8.2.2   Secondo elemento: relazione principale

La relazione principale (104) deve includere almeno le seguenti componenti:

Obiettivo dello studio:

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono almeno quanto segue:

le applicazioni previste;

le limitazioni metodologiche o di categorie di impatto dell’impronta ambientale;

i motivi per cui si effettua lo studio;

i destinatari;

se lo studio deve essere utilizzato per confronti o per dichiarazioni comparative da divulgare al pubblico;

regole di categoria relative all’impronta ambientale di riferimento;

il committente dello studio.

Ambito dello studio:

L’ambito dello studio deve individuare il sistema analizzato nel dettaglio e il metodo generale utilizzato per stabilire i confini del sistema. L’ambito dello studio deve anche includere i requisiti in materia di qualità dei dati. Infine, l’ambito deve comprendere una descrizione dei metodi applicati per valutare i possibili impatti ambientali e delle categorie di impatto dell’impronta ambientale, dei metodi e dei criteri di normalizzazione e di ponderazione inclusi.

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono almeno quanto segue:

unità di analisi e flusso di riferimento;

confini di sistema, comprese le omissioni delle fasi del ciclo di vita, esigenze in materia di dati o processi, quantificazione dell’energia e di flussi in entrata e in uscita di materiali, ipotesi relative a produzione di energia elettrica, uso e fasi di fine vita;

i motivi e il possibile significato di eventuali esclusioni;

tutte le ipotesi e i giudizi di valore, unitamente alle giustificazioni delle ipotesi formulate;

rappresentatività, adeguatezza e tipi/fonti dei dati e delle informazioni richiesti;

categorie di impatto dell’impronta ambientale, modelli e indicatori;

fattori di normalizzazione e ponderazione (se utilizzati);

trattamento di eventuali problemi di multifunzionalità incontrati nella modellazione.

Compilazione e registrazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni:

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono almeno quanto segue:

descrizione e documentazione di tutti i dati sulle unità di processo (105) raccolti;

procedure di raccolta dei dati;

fonti della letteratura pubblicata;

informazioni sugli eventuali scenari di utilizzo e di fine vita considerati nelle fasi a valle;

procedure di calcolo;

convalida dei dati, ivi comprese la documentazione e la giustificazione delle procedure di allocazione;

se è stata condotta un’analisi della sensibilità (106), deve essere indicata.

Calcolo dei risultati delle valutazioni di impatto dell’impronta ambientale dei prodotti:

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono quanto segue:

la procedura di valutazione di impatto dell’impronta ambientale, i calcoli e i risultati dello studio sulla PEF;

la limitazione dei risultati dell’impronta ambientale rispetto all’obiettivo definito e all’ambito dello studio sulla PEF;

il rapporto tra i risultati delle valutazioni di impatto dell’impronta ambientale e l’obiettivo e l’ambito definiti;

in caso di esclusioni di categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite, deve essere comunicata la giustificazione delle esclusioni;

in caso di eventuali deviazioni dai metodi di valutazione di impatto dell’impronta ambientale (che devono essere giustificate e incluse nelle ulteriori informazioni ambientali), gli elementi obbligatori delle relazioni devono includere anche quanto segue:

le categorie di impatto e gli indicatori di tali categorie di impatto considerati, ivi compresa la motivazione della loro scelta e un riferimento alla loro fonte;

descrizioni di tutti i modelli di caratterizzazione, i fattori di caratterizzazione e i metodi utilizzati o riferimento ai medesimi, ivi comprese tutte le ipotesi e le limitazioni;

descrizioni di tutte le scelte di valore utilizzate in relazione alle categorie di impatto dell’impronta ambientale, i modelli di caratterizzazione, i fattori di caratterizzazione, la normalizzazione, il raggruppamento, la ponderazione e la giustificazione del loro utilizzo e della loro influenza su risultati, conclusioni e raccomandazioni o riferimento a quanto indicato;

dichiarazione e giustificazione di eventuali raggruppamenti di categorie di impatto dell’impronta ambientale;

analisi dei risultati degli indicatori, per esempio l’analisi della sensibilità e dell’incertezza riguardo all’utilizzo di altre categorie di impatto o di ulteriori informazioni ambientali, ivi comprese le implicazioni per i risultati.

eventuali ulteriori informazioni ambientali;

informazioni sullo stoccaggio del carbonio nei prodotti;

informazioni sulle emissioni ritardate;

dati e risultati degli indicatori ottenuti prima di qualsiasi normalizzazione;

se inclusi, fattori e risultati di normalizzazione e ponderazione.

Interpretazione dei risultati relativi alla PEF:

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono quanto segue:

valutazione della qualità dei dati;

piena trasparenza delle scelte di valore, motivazione e giudizi di esperti;

identificazione dei punti critici sotto il profilo ambientale;

incertezza (almeno una descrizione qualitativa);

conclusioni, raccomandazioni, limitazioni e possibili miglioramenti.

8.2.3   Terzo elemento: allegato

L’allegato serve a documentare gli elementi a sostegno della relazione principale, che sono di carattere più tecnico, e deve includere:

descrizioni di tutte le ipotesi, comprese quelle che sono risultate irrilevanti;

relazione di revisione critica (se effettuata), ivi compresi (se del caso) il nome e l’associazione del revisore o del gruppo di revisori, una revisione critica, eventuali risposte alle raccomandazioni;

profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (facoltativo se considerato sensibile e comunicato separatamente nella relazione riservata, cfr. sotto);

autodichiarazione della qualificazione dei revisori, da cui risulti quanti punti hanno ottenuto per ogni criterio definito nella sezione 10.3 della presente guida.

8.2.4   Quarto elemento: relazione riservata

La relazione riservata è un elemento facoltativo delle relazioni che deve contenere tutti i dati (compresi quelli grezzi) e le informazioni riservati o oggetto di proprietà intellettuale che non possono essere resi disponibili all’esterno. Deve essere messa a disposizione dei responsabili della revisione critica in via riservata.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Qualsiasi studio sulla PEF destinato alle comunicazioni esterne deve comprendere una relazione relativa allo studio sulla PEF intesa a fornire una solida base per la valutazione, il monitoraggio e il tentativo di miglioramento delle prestazioni ambientali del prodotto nel corso del tempo. La relazione sulla PEF deve comprendere, come minimo, una sintesi, una relazione principale e un allegato, che devono contenere tutti gli elementi specificati nel presente capitolo. Possono essere incluse eventuali informazioni aggiuntive pertinenti, per esempio una relazione riservata.

Ulteriori requisiti per la definizione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare e motivare eventuali deviazioni rispetto ai requisiti predefiniti in materia di informativa, illustrati nel capitolo 8, nonché specificare e motivare ulteriori obblighi di informativa e/o differenziare gli obblighi di informativa che dipendono, per esempio, dal tipo di applicazioni dello studio sulla PEF e dal tipo di prodotto sottoposto a valutazione. Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare se i risultati della PEF devono essere comunicati separatamente per ciascuna delle fasi del ciclo di vita selezionate.

9.   REVISIONE CRITICA DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DEI PRODOTTI

9.1   Informazioni generali  (107)

Una revisione critica è fondamentale per garantire l’affidabilità dei risultati relativi alla PEF e per migliorare la qualità dello studio sulla PEF.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Qualsiasi studio sulla PEF destinato a una comunicazione interna dichiarato in linea con la presente guida e qualsiasi studio sulla PEF destinato alla comunicazione esterna (per esempio B2B o B2C) deve essere soggetto a revisione critica per garantire che:

i metodi utilizzati per la realizzazione dello studio sulla PEF siano in linea con la guida sulla PEF;

i metodi utilizzati per la realizzazione dello studio sulla PEF siano validi sotto il profilo tecnico e scientifico;

i dati utilizzati siano adeguati, ragionevoli e corrispondenti ai requisiti definiti concernenti la qualità dei dati;

l’interpretazione dei risultati tenga conto delle limitazioni individuate;

la relazione sullo studio sia chiara, precisa e coerente.

9.2   Tipo di revisione

Il tipo di revisione più idoneo a fornire la garanzia minima di qualità richiesta è una revisione esterna indipendente. Il tipo di revisione condotta si fonda sugli obiettivi e sulle applicazioni previste dello studio sulla PEF.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Salvo diversamente indicato negli strumenti politici pertinenti, uno studio sulla PEF destinato a una comunicazione esterna (108) deve essere sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di revisori). Per corroborare una dichiarazione comparativa destinata a essere divulgata al pubblico, uno studio sulla PEF deve basarsi sulle regole di categoria relative alla PEF pertinenti ed è sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno tre revisori esterni indipendenti e qualificati. Uno studio sulla PEF destinato a una comunicazione interna e dichiarato in linea con la guida sulla PEF deve essere sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di revisori).

Il tipo di revisione condotta si fonda sugli obiettivi e sulle applicazioni previste dello studio sulla PEF.

Requisiti per le regole di categoria relative alla PEF

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti prescrivono i requisiti di revisione per gli studi sulla PEF da utilizzare per le dichiarazioni comparative destinate a essere divulgate al pubblico (per esempio, se è sufficiente una revisione di almeno tre revisori esterni indipendenti e qualificati).

9.3   Qualifica del revisore

La valutazione dell’idoneità dei potenziali revisori si basa su un sistema a punteggio che tiene conto dell’esperienza nel campo della revisione e dell’audit, della metodologia e della pratica in materia di EF e/o LCA, nonché della conoscenze di tecnologie, processi o altre attività pertinenti rappresentati dai prodotti oggetto di studio. La tabella 8 presenta il sistema a punteggio per ciascuna parte relativa alle competenze e all’esperienza.

Salvo indicazione contraria nel contesto dell’applicazione prevista, l’autodichiarazione del revisore in base al sistema a punteggio costituisce il requisito minimo.

Tabella 8

sistema a punteggio per revisori e gruppi di revisori idonei.

 

Punteggio (punti)

 

Tema

Criteri

0

1

2

3

4

Criteri obbligatori

Verifica della revisione ed esercizi di audit

Anni di esperienza (109)

0 – 2

3 – 4

5 – 8

9 – 14

> 14

Numero di revisioni (110)

0 – 2

3 – 5

6 – 15

16 – 30

> 30

Metodologia e pratica in materia di EF

Anni di esperienza (111)

0 – 2

3 – 4

5 –8

9 – 14

> 14

“Esperienze” di partecipazione a lavori pertinenti a LCA

0 –4

5 – 8

9 – 15

16 – 30

> 30

Tecnologie o altre attività inerenti allo studio sulla PEF

Anni di esperienza nel settore privato (112)

0 – 2

(negli ultimi 10 anni)

3 – 5

(negli ultimi 10 anni)

6 – 10

(negli ultimi 20 anni)

11 – 20

> 20

Anni di esperienza nel settore pubblico (113)

0 – 2

(negli ultimi 10 anni)

3 – 5

(negli ultimi 10 anni)

6 – -10

(negli ultimi 20 anni)

11 – 20

> 20

Altri (114)

Verifica della revisione ed esercizi di audit

Punteggi facoltativi relativi all’audit

2 punti: certificazione in qualità di revisore esterno per almeno uno schema EPD, ISO 14001 o altro EMS.

1 punto: corsi frequentati sugli audit ambientali (almeno 40 ore).

1 punto: presidenza di almeno un gruppo di esperti di revisione (per studi EF, LCA o altre applicazioni ambientali).

1 punto: formatore qualificato per corsi di audit ambientale.

Requisiti per gli studi sulla PEF

Una revisione critica dello studio sulla PEF viene condotta in funzione dei requisiti dell’applicazione prevista. Salvo diversamente indicato, il punteggio minimo necessario per qualificarsi come revisore o entrare a far parte di un gruppo di revisori è di sei punti, che comprendono almeno un punto per ciascuno dei tre criteri obbligatori (ossia verifica ed esercizio di audit, metodologia ed esercizio in materia di EF e/o LCA, nonché conoscenze delle tecnologie o di altre attività riguardanti lo studio sulla PEF). I punti per criterio devono essere raggiunti dai singoli soggetti, mentre possono essere sommati per tutti i criteri a livello di gruppo. I revisori o i gruppi di revisori devono presentare un’autocertificazione delle loro qualifiche, indicando i punti raggiunti per ciascun criterio, nonché il totale dei punti ottenuti. Detta autodichiarazione costituisce parte integrante della relazione sulla PEF.

10.   ACRONIMI E ABBREVIAZIONI

ADEME

Agence de l’Environnement et de la Maîtrise de l’Energie

B2B

Business-to-Business (tra imprese)

B2C

Business-to-Consumer (tra impresa e consumatore)

BSI

British Standards Institution

CF

Fattore di caratterizzazione

CFC

Clorofluorocarburi

CPA

Classificazione statistica dei prodotti associata alle attività

DQR

Indice di qualità dei dati

EIA

Valutazione di impatto ambientale

ELCD

Banca dati europea di riferimento sul ciclo di vita

EF

Impronta ambientale

EMAS

Sistemi di ecogestione e audit

EMS

Sistemi di gestione ambientale

EoL

Fine vita

EPD

Dichiarazioni ambientali di prodotto

GHG

Gas a effetto serra

GRI

Global Reporting Initiative

ILCD

International Reference Life Cycle Data System (sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita)

IPCC

Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici

ISIC

Classificazione internazionale tipo per industrie

ISO

Organizzazione internazionale di normalizzazione

IUCN

Unione internazionale per la conservazione della natura e delle sue risorse

LCA

Valutazione del ciclo di vita

LCI

Inventario del ciclo di vita

LCIA

Valutazione di impatto del ciclo di vita

LCT

Principio del ciclo di vita

NACE

Nomenclature générale des Activités Economiques dans les Communautés Européennes

OEF

Impronta ambientale delle organizzazioni

PAS

Publicly Available Specification

PCR

Regola di categoria di prodotto

PEFCR

Regola di categoria relativa all’impronta ambientale dei prodotti

WRI

World Resources Institute

WBCSD

World Business Council for Sustainable Development

11.   GLOSSARIO

Ulteriori informazioni ambientali– Categorie di impatto dell’impronta ambientale e altri indicatori ambientali calcolati e comunicati unitamente ai risultati sulla PEF.

Acidificazione– Categoria di impatto dell’impronta ambientale che riguarda le ripercussioni delle sostanze acidificanti sull’ambiente. Le emissioni di NOx, NH3 e SOx comportano il rilascio di ioni idrogeno (H+) quando i gas sono mineralizzati. I protoni favoriscono l’acidificazione dei suoli e delle acque, se rilasciati in superfici dove la capacità tampone è bassa, con conseguente deterioramento delle foreste e acidificazione dei laghi.

Allocazione– Un approccio volto alla risoluzione di problemi di multifunzionalità. Si riferisce a un “frazionamento dei flussi in entrata o in uscita di un processo, un sistema produttivo o un impianto tra il sistema in esame e un altro sistema o più sistemi” (in base alla norma ISO 14040:2006).

Attributivo/a– Si riferisce all’elaborazione di modelli basati su processi, volta a fornire una rappresentazione statica delle condizioni medie, esclusi gli effetti mediati dal mercato.

Media di dati– Si riferisce a una media di dati specifici ponderata in base alla produzione.

Processi di background– Si riferisce a quei processi nel ciclo di vita di un prodotto per i quali non è possibile accedere direttamente alle informazioni. Per esempio, la maggior parte dei processi del ciclo di vita a monte e, in genere, tutti i processi fino a quelli a valle saranno considerati parte del processo di background.

Business-to-Business (B2B)– Descrive le transazioni tra imprese, quali quelle tra un fabbricante e un grossista o tra un grossista e un rivenditore.

Business-to-Consumers (B2C)– Descrive le transazioni tra imprese e consumatori, come quelle tra rivenditori e consumatori. Secondo la norma ISO 14025:2006, si definisce consumatore “un singolo membro del pubblico che acquista o utilizza merci, beni o servizi per uso privato”.

Caratterizzazione– Calcolo dell’entità del contributo di ciascun flusso in entrata/in uscita classificato secondo le rispettive categorie di impatto dell’impronta ambientale e combinazione di contributi all’interno di ciascuna categoria. Ciò richiede una moltiplicazione lineare dei dati di inventario con fattori di caratterizzazione per ciascuna sostanza e categoria di impatto dell’impronta ambientale di interesse. Per esempio, per quanto riguarda la categoria di impatto dell’impronta ambientale “cambiamenti climatici”, CO2 viene scelta come sostanza di riferimento, mentre un chilogrammo di CO2-equivalenti come unità di riferimento.

Fattore di caratterizzazione– Fattore derivato da un modello di caratterizzazione applicato per convertire un risultato assegnato di “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” all’unità comune dell’indicatore di categoria di impatto ambientale (sulla base della norma ISO 14040:2006).

Classificazione– Allocazione di flussi in entrata e in uscita di materiali/energia elencati nel “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” secondo le categorie di impatto dell’impronta ambientale in base al potenziale di ciascuna sostanza per contribuire a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale presa in considerazione.

Cofunzione– Due o più funzioni risultanti dalla stessa unità di processo o dallo stesso sistema produttivo.

Dichiarazione comparativa– Una dichiarazione in materia di ambiente riguardante la superiorità o l’equivalenza dei prodotti, sulla base dei risultati di uno studio sulla PEF e regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti pertinenti (in base alla norma ISO 14040:2006).

Confronto .– Un confronto (grafico o di altro tipo) di due o più prodotti concernente i risultati della loro PEF, che tenga conto delle PEFCR ed escluda la dichiarazione comparativa.

Coprodotto– Due o più prodotti risultanti dalla stessa unità di processo o dallo stesso sistema produttivo (ISO 14040:2006).

Cradle to Gate (dalla culla al cancello)– Una catena di approvvigionamento parziale di un prodotto, dall’estrazione di materie prime (culla) al “cancello” del fabbricante. Sono omesse le fasi di distribuzione, stoccaggio, utilizzo e fine vita della catena di approvvigionamento.

Cradle to Grave (dalla culla alla tomba)– Un ciclo di vita parziale di un prodotto che comprende le fasi di estrazione delle materie prime, trasformazione, distribuzione, stoccaggio, utilizzo e smaltimento o riciclaggio. Tutti i flussi in entrata e in uscita pertinenti sono presi in considerazione per tutte le fasi del ciclo di vita.

Revisione critica– Processo inteso a garantire la coerenza tra uno studio sulla PEF e i principi e i requisiti della guida sulla PEF e delle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti (se disponibili) (in base alla norma ISO 14040:2006).

Qualità dei dati– Caratteristiche dei dati che riguardano la loro capacità di soddisfare i requisiti stabiliti (ISO 14040:2006). La qualità dei dati riguarda vari aspetti, come la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale, nonché la completezza e la precisione dei dati di inventario.

Emissioni ritardate– Emissioni che sono rilasciate nel tempo, ad esempio per via di un utilizzo prolungato o nel corso delle fasi dello smaltimento finale, e non in una sola volta in un momento preciso “t”.

Modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo (dLUC)– La trasformazione da un tipo di destinazione del suolo a un altro che avviene in un’unica superficie e non determina cambiamenti all’interno di un altro sistema.

Direttamente attribuibile– Si riferisce a un processo, un’attività o un impatto che si verifica all’interno del confine definito del sistema.

A valle– Evento che si verifica lungo la catena di approvvigionamento di un prodotto dopo il punto di riferimento.

Impronta ecologica– Si riferisce “all’area di ecosistemi terrestri e idrici produttivi necessari per produrre le risorse che la popolazione consuma e assimilare i rifiuti che la popolazione produce, ovunque sulla Terra si trovino suoli e acque” (Wackernagel e Rees, 1996). Ai sensi della guida sulla PEF l’impronta ambientale non corrisponde all’impronta ecologica secondo Wackernagel e Rees; per maggiori informazioni sulle differenze principali si rimanda all’allegato X.

Ecotossicità– Categoria di impatto dell’impronta ambientale relativa agli impatti tossici su un ecosistema, che danneggiano le singole specie e modificano la struttura e la funzione dell’ecosistema. L’ecotossicità deriva da vari meccanismi tossicologici causati dall’emissione di sostanze aventi un effetto diretto sulla salute dell’ecosistema.

Flussi elementari– Nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, i flussi elementari comprendono “i materiali o l’energia in entrata nel sistema oggetto di studio che sono stati prelevati dall’ambiente senza alcuna preventiva trasformazione operata dall’uomo, o i materiali o l’energia in uscita dal sistema oggetto di studio che vengono scaricati nell’ambiente senza alcuna ulteriore trasformazione operata dall’uomo” (ISO 14040, 3.12). I flussi elementari comprendono, per esempio, le risorse reperite in natura o le emissioni nell’aria, nell’acqua, nel suolo che sono direttamente collegate ai fattori di caratterizzazione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale.

Aspetto ambientale– Un elemento delle attività o dei prodotti di un’organizzazione che ha o può avere un impatto sull’ambiente (regolamento EMAS).

Valutazione di impatto dell’impronta ambientale– Fase dell’analisi PEF intesa a comprendere e a valutare le dimensioni e il significato dei possibili impatti ambientali per un sistema produttivo durante tutto il ciclo di vita del prodotto (norma ISO 14044:2006). I metodi di valutazione di impatto dell’impronta ambientale impiegati forniscono i fattori di caratterizzazione dell’impatto per i flussi elementari, al fine di aggregare l’impatto per ottenere un numero limitato di indicatori intermedi e/o dei danni.

Metodo di valutazione dell’impatto dell’impronta ambientale– Protocollo per la traduzione quantitativa di dati riguardanti il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni in contributi per un impatto ambientale di interesse.

Categoria di impatto dell’impronta ambientale– Classe di utilizzo delle risorse o di impatto ambientale cui sono riferiti i dati riguardanti il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

Indicatore di categoria di impatto dell’impronta ambientale– Rappresentazione quantificabile di una categoria di impatto dell’impronta ambientale (sulla base di ISO 14000:2006).

Impatto ambientale– Qualsiasi modifica all’ambiente, positiva o negativa, derivante in tutto o in parte da attività, prodotti o servizi di un’organizzazione (regolamento EMAS).

Meccanismo ambientale– Sistema di processi fisici, chimici e biologici per una determinata categoria di impatto dell’impronta ambientale che collega i risultati di profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni agli indicatori di categoria dell’impronta ambientale (sulla base della norma ISO 14040:2006).

Eutrofizzazione– I nutrienti (principalmente azoto e fosforo) di scarichi fognari e terreni agricoli fertilizzati accelerano la crescita di alghe e altra vegetazione nelle acque. Il deterioramento di materiale organico consuma ossigeno provocando così carenza dello stesso e, in alcuni casi, moria ittica. L’eutrofizzazione traduce la quantità di sostanze emesse in una misura comune espressa come l’ossigeno necessario per la decomposizione della necromassa.

Dati estrapolati– Si riferisce ai dati di un determinato processo che viene utilizzato per rappresentare un processo simile per cui i dati non sono disponibili, sull’ipotesi che detto processo sia ragionevolmente rappresentativo.

Diagramma di flusso– Rappresentazione schematica dei flussi che si verificano in una o più fasi del processo nel corso del ciclo di vita del prodotto in esame.

Processi di foreground– Si riferisce a quei processi nel ciclo di vita di un prodotto per i quali è possibile accedere direttamente alle informazioni. Per esempio, il sito del produttore e altri processi gestiti dal produttore o dai contraenti (come il trasporto merci, i servizi della sede principale, ecc.) fanno parte dei processi di foreground.

Gate to Gate (da cancello a cancello)– Una catena di approvvigionamento parziale di un prodotto che comprende isolo i processi effettuati su un prodotto in un’organizzazione o un sito specifici.

Cradle to Grave (dalla culla alla tomba)– Una catena di approvvigionamento parziale di un prodotto che comprende unicamente le fasi di distribuzione, stoccaggio, utilizzo e smaltimento o riciclaggio.

Dati generici– Sono i dati non direttamente raccolti, misurati o valutati, ma provenienti da una banca dati di inventari sul ciclo di vita di terzi o da un’altra fonte conforme ai requisiti sulla qualità dei dati della guida sull’impronta ambientale dei prodotti.

Potenziale di riscaldamento globale– Capacità di un gas a effetto serra di influenzare il forzante radiativo, espresso in termini di una sostanza di riferimento (per esempio, unità di CO2-equivalenti) e di uno specifico arco temporale (come GWP 20, GWP 100, GWP 500, per 20, 100 e 500 anni, rispettivamente). Si riferisce alla capacità di influenzare i cambiamenti della temperatura media globale dell’aria a livello del suolo e alle successive variazioni di diversi parametri climatici e dei loro effetti, come la frequenza e l’intensità delle tempeste, l’intensità di precipitazione e la frequenza delle piene, ecc.

Tossicità per gli esseri umani – effetti cancerogeni– Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta gli effetti negativi sulla salute degli esseri umani causati dall’assunzione di sostanze tossiche per inalazione di aria, ingestione di cibo/acqua, penetrazione cutanea, nella misura in cui si tratta di sostanze cancerogene.

Tossicità per gli esseri umani – effetti non cancerogeni– Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta gli effetti negativi sulla salute degli esseri umani causati dall’assunzione di sostanze tossiche per inalazione di aria, ingestione di cibo/acqua, penetrazione cutanea, nella misura in cui si tratta di sostanze non cancerogene non causate da particolato/smog provocato dalle emissioni di sostanze inorganiche o da radiazioni ionizzanti.

Modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo (iLUC)– Si verificano quando la domanda di un determinato utilizzo del suolo comporta cambiamenti esterni al sistema, vale a dire in altri tipi di destinazione del suolo. Tali effetti indiretti possono essere principalmente valutati dall’elaborazione di modelli economici della domanda per il suolo o dall’elaborazione di modelli inerenti alla delocalizzazione delle attività su scala globale. Gli svantaggi principali di tali modelli sono costituiti dalla loro dipendenza dalle tendenze, che potrebbero non tener conto degli sviluppi futuri. Essi sono comunemente utilizzati come base per le decisioni politiche.

Flusso in ingresso– Flusso di prodotti, materiale o energia che entra in un’unità di processo. I prodotti e i materiali comprendono materie prime, prodotti intermedi e coprodotti (ISO 14040:2006).

Prodotto intermedio– Prodotto in uscita da un’unità di processo che è un prodotto in entrata in altre unità di processo, il quale richiede un’ulteriore trasformazione nel sistema (ISO 14040:2006).

Radiazione ionizzante, salute umana– Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta gli effetti negativi sulla salute umana causati da emissioni radioattive.

Utilizzo del suolo– Categoria di impatto dell’impronta ambientale riguardante l’utilizzo (occupazione) e la conversione (trasformazione) del territorio con attività quali agricoltura, costruzione di strade, case, miniere, ecc. L’occupazione del suolo considera gli effetti della destinazione del suolo, la superficie del territorio interessato e la durata della sua occupazione (variazioni della qualità moltiplicate per superficie e durata). La trasformazione del suolo considera l’entità delle variazioni delle proprietà del suolo e la superficie interessata (variazioni della qualità moltiplicate per la superficie).

Ciclo di vita– Fasi consecutive e interconnesse di un sistema produttivo, dall’acquisizione o dalla generazione di materie prime o dalle risorse naturali allo smaltimento finale (ISO 14040:2006).

Concetto di ciclo di vita– Tiene in considerazione tutti i vari flussi di risorse e gli interventi ambientali associati a un prodotto dal punto di vista della catena di approvvigionamento, incluse tutte le fasi dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, distribuzione, uso e ai processi di fine vita, nonché tutti gli impatti ambientali associati pertinenti (anziché concentrarsi su una singola questione).

Valutazione del ciclo di vita (LCA)– Elencazione e valutazione dei flussi in ingresso, dei flussi in uscita e dei possibili impatti ambientali di un sistema di prodotti in tutto il suo ciclo di vita (ISO 14040:2006).

Valutazione di impatto del ciclo di vita (LCIA)– Fase della valutazione del ciclo di vita intesa a comprendere e a valutare la dimensione e il significato dei possibili impatti ambientali per un sistema in tutto il ciclo di vita (norma ISO 14040:2006). I metodi LCIA impiegati forniscono i fattori di caratterizzazione dell’impatto per i flussi elementari, al fine di aggregare l’impatto per ottenere un numero limitato di indicatori intermedi e/o dei danni.

Tasso di carico– Rapporto tra carico effettivo e carico massimo o capacità (ossia massa o volume) di trasporto di un veicolo per ogni viaggio.

Multifunzionalità– Se svolge più di una funzione, ossia se fornisce più prodotti e/o servizi (“coprodotti”), un processo o un impianto è detto “multifunzionale”. In tali situazioni, tutti i flussi in ingresso e le emissioni connessi al processo devono essere ripartiti tra il prodotto interessato e altri coprodotti basandosi su una serie di principi.

Flussi non elementari (o complessi)– Nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, i flussi non elementari comprendono tutti i flussi in entrata (per esempio, energia elettrica, materiali, processi di trasporto) e in uscita (per esempio, rifiuti, sottoprodotti) di un sistema che richiedono ulteriori operazioni di modellazione per essere trasformati in flussi elementari.

Normalizzazione– Dopo la fase di caratterizzazione, la normalizzazione è un passaggio facoltativo, in cui i risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale sono moltiplicati per i fattori di normalizzazione, che rappresentano l’inventario generale di un’unità di riferimento (per esempio, un intero paese o un cittadino medio). I risultati normalizzati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale esprimono le quote relative degli impatti del sistema analizzato in termini di contributi complessivi per ciascuna categoria di impatto per unità di riferimento. Visualizzando uno accanto all’altro i risultati normalizzati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale delle diverse tematiche di impatto, emerge che le categorie di impatto sono quelle più o meno interessate dal sistema analizzato. I risultati normalizzati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale riflettono solo il contributo del sistema analizzato nei confronti del possibile impatto complessivo e non la gravità/pertinenza del rispettivo impatto totale. I risultati normalizzati sono adimensionali, ma non aggiuntivi.

Flusso in uscita– Prodotto, materiale o flusso di energia che lascia un’unità di processo. I prodotti e i materiali comprendono le materie prime, i prodotti intermedi, i coprodotti e le emissioni (ISO 14040:2006).

Riduzione dello strato di ozono– Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta la degradazione dell’ozono stratosferico dovuta alle emissioni di sostanze lesive dell’ozono, quali gas contenenti cloro e bromo di lunga durata (per esempio CFC, HCFC, halon).

Particolato/smog provocato dalle emissioni di sostanze inorganiche– Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta gli effetti avversi sulla salute umana causati dalle emissioni di particolato (PM) e dai suoi precursori (NOx, SOx, NH3).

Formazione di ozono fotochimico– Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta la formazione di ozono al livello del suolo della troposfera causata da ossidazione fotochimica di composti organici volatili (VOC) e monossido di carbonio (CO) in presenza di ossidi di azoto (NOx) e luce solare. Alte concentrazioni di ozono troposferico a livello del suolo risultano dannose per la vegetazione, le vie respiratorie dell’uomo e i materiali artificiali attraverso la reazione con materiali organici.

Prodotto– Qualsiasi bene o servizio (ISO 14040:2006).

Categoria di prodotti– Gruppo di prodotti in grado di svolgere funzioni equivalenti (ISO 14025:2006).

Regole di categoria di prodotto (PCR)– Serie di regole, requisiti e orientamenti specifici per la preparazione di dichiarazioni ambientali di tipo III per una o più categorie di prodotti (ISO 14025:2006).

Regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti (PEFCR)– Si tratta di regole specifiche relative a un prodotto e basate sul ciclo di vita che integrano gli orientamenti metodologici generali per gli studi relativi all’impronta ambientale dei prodotti, fornendo un’ulteriore specifica a livello di una categoria specifica di prodotto. Dette regole possono contribuire a spostare l’attenzione dallo studio sulla PEF verso aspetti e parametri più rilevanti, favorendo dunque una maggiore pertinenza, riproducibilità e coerenza.

Flusso di prodotti– Prodotti che accedono o lasciano un altro sistema di prodotti (ISO 14040:2006).

Sistema di prodotti– Raccolta di unità di processi con flussi elementari e di prodotti, che svolgono una o più funzioni definite, e che modellano il ciclo di vita di un prodotto (ISO 14040:2006).

Materia prima– Materiale primario o secondario utilizzato per la fabbricazione di un prodotto (ISO 14040:2006).

Flusso di riferimento– Misura dei flussi in uscita dei processi in un determinato sistema che devono svolgere la funzione espressa dall’unità di analisi (in base alla norma ISO 14040:2006).

Rilasci– Emissioni nell’aria, nonché scarichi nell’acqua e nel suolo (ISO 14040:2006).

Impoverimento delle risorse– Categoria di impatto dell’impronta ambientale che riguarda l’utilizzo di risorse naturali, rinnovabili e non rinnovabili, biotiche o abiotiche.

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni– Si riferisce all’inventario di dati raccolti per rappresentare i flussi in ingresso e in uscita associati a ogni fase della catena di approvvigionamento del prodotto oggetto di studio. La compilazione di “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” risulta ultimata quando i flussi non elementari (ossia complessi) vengono trasformati in flussi elementari.

Risultati di profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni– Esito di un profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni che cataloga i flussi che attraversano il confine del sistema e fornisce il punto di partenza per la valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

Analisi di sensibilità– Procedure sistematiche per la valutazione degli effetti delle scelte fatte in materia di metodi e dati sui risultati di uno studio sulla PEF (in base alla norma ISO 14040: 2006).

Materia organica del suolo (SOM)– È la misura del contenuto di materia organica nel suolo. Deriva da piante e animali e comprende tutta la materia organica presente nel suolo, esclusa la materia non decomposta.

Dati specifici– Si riferisce a dati direttamente misurati o raccolti, rappresentativi delle attività di un impianto specifico o di una serie di impianti. È un sinonimo di “dati primari”.

Suddivisione– Suddivisione si riferisce alla disaggregazione dei processi o degli impianti multifunzionali per isolare i flussi in entrata direttamente associati al flusso in uscita di ciascun processo o impianto. Il processo è studiato per accertare la sua eventuale suddivisibilità. Laddove la suddivisione è possibile, i dati di inventario devono essere raccolti solo per quelle unità di processo direttamente imputabili ai prodotti/servizi interessati.

Confini del sistema– Definizione di aspetti inclusi o esclusi dallo studio. A titolo di esempio, per un’analisi di impatto ambientale “cradle-to-grave”, i confini del sistema dovrebbero comprendere tutte le attività che vanno dall’estrazione delle materie prime alla trasformazione, alla distribuzione, allo stoccaggio, all’uso, allo smaltimento o al riciclaggio.

Diagramma dei confini del sistema– Rappresentazione grafica del confine del sistema definito per lo studio sulla PEF.

Stoccaggio temporaneo (di carbonio)– si verifica quando un prodotto “riduce i gas serra nell’atmosfera” o genera “emissioni negative”, assorbendo o stoccando carbonio per un determinato periodo di tempo.

Dichiarazione ambientale di tipo III– Una dichiarazione ambientale che fornisce dati ambientali quantificati utilizzando parametri predeterminati e, ove pertinente, informazioni ambientali aggiuntive (ISO 14025:2006). I parametri predeterminati si basano sulle norme della serie ISO 14040, costituite dalle norme ISO 14040 e ISO 14044.

Analisi dell’incertezza– Procedura che valuta l’incertezza introdotta nei risultati di uno studio sulla PEF a causa della variabilità dei dati e dell’incertezza correlata alla scelta.

Unità di analisi– L’unità di analisi definisce gli aspetti qualitativi e quantitativi delle funzioni e/o dei servizi forniti dal prodotto oggetto di valutazione; la definizione dell’unità di analisi risponde alle domande “cosa?”, “quanto?”, “quale livello di qualità?”, e “per quanto tempo?”.

Unità di processo– Il più piccolo elemento considerato nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni per cui vengono quantificati i flussi in ingresso e in uscita (in base a ISO 14040:2006).

A monte– Evento che si verifica lungo la catena di approvvigionamento di prodotti/servizi acquistati prima di entrare nei confini del sistema.

Rifiuti– Sostanze o oggetti che il detentore intende o deve smaltire (ISO 14040:2006).

Ponderazione– La ponderazione è una fase aggiuntiva ma non obbligatoria che può corroborare l’interpretazione e la comunicazione dei risultati delle analisi. I risultati sulla PEF sono moltiplicati per un insieme di fattori di ponderazione, che riflettono la relativa importanza percepita delle categorie di impatto considerate. I risultati dell’impronta ambientale ponderati possono essere direttamente confrontati tra le categorie di impatto, nonché aggregati in tutte le categorie di impatto per ottenere un singolo indicatore di impatto complessivo. La ponderazione richiede la formulazione di giudizi di valore in merito alla rispettiva importanza delle categorie di impatto dell’impronta ambientale considerate. Tali giudizi possono basarsi su opinioni di esperti, metodi delle scienze sociali, punti di vista culturali/politici, o considerazioni economiche.

12.   RIFERIMENTI

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World Resources Institute (WRI) e World Business Council for Sustainable Development WBCSD (2011): Greenhouse Gas Protocol Corporate Value Chain (Scope 3) Accounting and Reporting Standard.

Allegato I

Sintesi dei principali requisiti obbligatori per l’impronta ambientale dei prodotti e l’elaborazione di regole di categoria per l’impronta ambientale dei prodotti

La seguente tabella fornisce una sintesi dei requisiti obbligatori (“deve”) per la PEF, nonché tutti i requisiti aggiuntivi (“deve”, “dovrebbe” e “può”) per l’elaborazione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti. Tali requisiti sono ampiamente illustrati nella presente guida, come indicato nella colonna sinistra della tabella.

Tabella 9

Sintesi dei principali requisiti obbligatori per gli studi sulla PEF e dei requisiti aggiuntivi per l’elaborazione di PEFCR

Capitolo/sezione

Criteri

Requisiti per l’impronta ambientale dei prodotti (PEF)

Requisiti aggiuntivi per l’elaborazione di regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti (PEFCR)

1

Approccio generale

Gli studi sull’impronta ambientale dei prodotti (PEF) devono essere basati sul concetto del ciclo di vita.

 

1.1

Principi

Gli utenti della presente guida devono osservare i seguenti principi negli studi sulla PEF:

1.

rilevanza;

2.

completezza;

3.

coerenza;

4.

precisione;

5.

trasparenza.

Principi per le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti (PEFCR):

1.

rapporto con la guida sull’impronta ambientale dei prodotti;

2.

coinvolgimento di parti interessate selezionate;

3.

necessità di ottenere la comparabilità.

2.1

Ruolo delle PEFCR

In mancanza di PEFCR gli aspetti fondamentali che devono essere inclusi in tali regole (come indicato nella presente guida) devono essere specificati, giustificati e indicati esplicitamente nello studio sulla PEF.

 

2.2

Rapporto con le PEFCR

 

Le PEFCR dovrebbero, per quanto possibile e riconoscendo i diversi contesti di applicazione, essere conformi ai documenti orientativi internazionali relativi alle regole di categoria di prodotto (PCR) esistenti.

2.3

Struttura delle PEFCR in base alla classificazione dei prodotti associata alle attività (CPA)

 

Le PEFCR devono essere basate almeno su una divisione di codici a due cifre della CPA (opzione predefinita). Tuttavia, esse possono consentire deviazioni (giustificate), come per esempio i codici a tre cifre. Per esempio, per la complessità del settore, sono necessarie più di due cifre. Qualora vari metodi di produzione per prodotti simili siano definiti utilizzando CPA alternative, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono tenere conto di tutte tali CPA.

3.1

Definizione degli obiettivi

La definizione degli obiettivi per uno studio sulla PEF deve comprendere:

le applicazioni previste;

i motivi per cui si effettua lo studio e il contesto della decisione;

i destinatari;

confronti o dichiarazioni comparative che devono essere resi pubblici;

il committente dello studio;

la procedura di revisione (eventuale).

Le PEFCR devono specificare i requisiti di valutazione per gli studi sulla PEF.

4.1

Definizione dell’ambito

La definizione dell’ambito di uno studio sulla PEF deve essere in linea con gli obiettivi definiti per lo studio e comprenderà:

unità di analisi e flusso di riferimento;

confini del sistema;

categorie di impatto dell’impronta ambientale;

ipotesi e limitazioni.

 

4.2

Unità di analisi e flusso di riferimento

L’unità di analisi per uno studio sulla PEF sarà definita in funzione dei seguenti aspetti:

la/e funzione/i o il/i servizio/i forniti: “cosa”;

la portata della funzione o del servizio: “quanto”;

il livello di qualità previsto: “quale livello di qualità”;

la durata/vita del prodotto: “per quanto tempo”;

i codici NACE.

Occorre determinare un flusso di riferimento appropriato in relazione all’unità di analisi. I dati quantitativi in ingresso e in uscita raccolti a sostegno dell’analisi devono essere calcolati in relazione a tale flusso.

Le PEFCR devono specificare le unità di analisi.

4.3

Confini del sistema

Il confine del sistema deve essere definito secondo la logica della catena di approvvigionamento generale, includendo tutte le fasi, dall’estrazione delle materie prime alla trasformazione, alla produzione, alla distribuzione, allo stoccaggio, all’utilizzo e al trattamento di fine vita del prodotto (ossia dalla culla alla tomba), secondo quanto appropriato ai fini dell’applicazione prevista dello studio. I confini del sistema devono comprendere tutti i processi collegati alla catena di approvvigionamento del prodotto relativa all’unità di analisi.

I processi inclusi nei confini del sistema devono essere divisi in processi di foreground (processi di primo piano, centrali nel ciclo di vita del prodotto, per i quali è disponibile l’accesso diretto alle informazioni) e processi di background (processi di secondo piano nel ciclo di vita del prodotto, per i quali non è possibile l’accesso diretto alle informazioni).

La regola di categoria relativa alla PEF deve specificare i confini del sistema per gli studi sulla PEF relativi alla categoria di prodotti, specificando le fasi pertinenti del ciclo di vita e i processi. Qualsiasi deviazione dal criterio predefinito dalla culla alla tomba deve essere specificata e giustificata in modo esplicito, per esempio l’esclusione della fase di utilizzo non nota o della fine vita di prodotti intermedi.

La regola di categoria relativa alla PEF deve specificare gli scenari a valle in modo da garantire comparabilità e coerenza tra gli studi sulla PEF.

4.3

Compensazioni

Le compensazioni non devono essere incluse nello studio sulla PEF, ma possono essere comunicate separatamente come “ulteriori informazioni ambientali”.

 

4.4

Selezione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale e metodi

Per uno studio sulla PEF occorre applicare tutte le categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite specificate, nonché i modelli associati specificati di valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

Qualsiasi esclusione deve essere esplicitamente documentata, giustificata e comunicata nella relazione sulla PEF, nonché comprovata da documenti adeguati. L’influenza di qualsiasi esclusione sui risultati finali, soprattutto per quanto riguarda le limitazioni in termini di comparabilità rispetto ad altri studi sulla PEF, deve essere discussa nella fase di interpretazione e comunicata. Tali esclusioni sono sottoposte a revisione.

Le PEFCR devono specificare e giustificare qualsiasi esclusione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite, specialmente in relazione agli aspetti della comparabilità.

4.5

Selezione di ulteriori informazioni ambientali

Se l’insieme predefinito di categorie di impatto dell’impronta ambientale o i modelli predefiniti per la valutazione dell’impatto non coprono adeguatamente i potenziali impatti ambientali del prodotto oggetto di valutazione, tutti gli aspetti ambientali pertinenti collegati (qualitativi/quantitativi) devono essere altresì inclusi nelle “ulteriori informazioni ambientali”. Tuttavia, questi non devono sostituire i modelli di valutazione obbligatori delle categorie predefinite di impatto dell’impronta ambientale. I modelli a sostegno di tali categorie aggiuntive devono essere chiaramente identificati e documentati con i corrispondenti indicatori.

Le ulteriori informazioni ambientali devono essere:

basate su dati comprovati, valutati o verificati in conformità con i requisiti della norma ISO 14020 e con la clausola 5 della norma ISO 14021:1999;

specifiche, accurate e non fuorvianti;

pertinenti per la particolare categoria di prodotti.

Le emissioni dirette nelle acque marine devono essere incluse nelle ulteriori informazioni ambientali (a livello di inventario).

Se le ulteriori informazioni ambientali sono utilizzate a sostegno della fase di interpretazione di uno studio sulla PEF, allora tutti i dati necessari per produrre tali informazioni devono rispettare gli stessi requisiti qualitativi stabiliti per i dati impiegati per il calcolo dei risultati della PEF.

Le ulteriori informazioni ambientali devono riguardare esclusivamente questioni ambientali. Informazioni e istruzioni, per es. schede di sicurezza del prodotto non riferite alle prestazioni ambientali del prodotto, non devono far parte di una PEF. Analogamente, non devono essere incluse informazioni relative a obblighi legali.

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare e giustificare le ulteriori informazioni ambientali da includere nello studio sulla PEF. Tali informazioni aggiuntive devono essere trasmesse separatamente dai risultati relativi alla PEF basati sul ciclo di vita, unitamente a una documentazione chiara per tutti i metodi e le ipotesi. Le ulteriori informazioni ambientali possono essere quantitative e/o qualitative. Le ulteriori informazioni ambientali possono comprendere (elenco non esaustivo):

altri impatti ambientali pertinenti per la categoria di prodotti;

altri parametri tecnici pertinenti che possono essere impiegati per valutare il prodotto oggetto dello studio e atti a consentire comparazioni con altri prodotti in termini di efficienza del sistema globale del prodotto. Tali parametri tecnici possono riferirsi, per esempio, all’utilizzo di energia rinnovabile/non rinnovabile, all’uso di combustibili rinnovabili/non rinnovabili, all’impiego di materiali secondari, all’uso di risorse di acqua dolce o allo smaltimento di rifiuti pericolosi/non pericolosi;

altri approcci pertinenti per condurre la caratterizzazione dei flussi del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, quando nel metodo predefinito non sono disponibili fattori di caratterizzazione per taluni flussi (per esempio, gruppi di sostanze chimiche);

indicatori ambientali o indicatori di responsabilità di prodotto (secondo la Global Reporting Initiative - GRI);

il consumo di energia nel ciclo di vita di una fonte energetica primaria, che rappresenta separatamente l’uso di energia “rinnovabile”;

il consumo di energia diretto da una fonte energetica primaria, che rappresenta separatamente l’uso di energia “rinnovabile” per il cancello dell’impianto;

per le fasi da cancello a cancello, il numero di specie della lista rossa dell’IUCN e di specie degli elenchi di conservazione nazionali con habitat in zone interessate da operazioni, per livello di rischio di estinzione;

descrizione di impatti significativi di attività e prodotti sulla biodiversità in zone protette e zone con un elevato valore di biodiversità al di fuori delle zone protette;

peso totale dei rifiuti per tipo e metodo di smaltimento;

peso dei rifiuti trasportati, importati, esportati o trattati ritenuti pericolosi ai sensi degli allegati I, II, III e VIII della convenzione di Basilea e percentuale di rifiuti trasportati trasferiti a livello internazionale.

4.6

Ipotesi/Limitazioni

Tutte le limitazioni e le ipotesi devono essere comunicate in maniera trasparente.

Le regole di categoria relative alla PEF devono indicare le limitazioni specifiche della categoria dei prodotti e definire le ipotesi necessarie per superare tali limitazioni.

5.1

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere inclusi nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni. I flussi devono essere raggruppati in “flussi elementari” e “flussi non elementari (ossia complessi)”. Tutti i flussi non elementari del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere quindi trasformati in flussi elementari.

 

5.2

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni – fase di analisi

Se si svolge una fase di analisi (altamente raccomandata), devono essere utilizzati dati specifici e/o generici facilmente disponibili conformi ai requisiti in materia di qualità dei dati definiti nella sezione 5.6. Tutti i processi e le attività da considerare nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere inclusi nella fase di analisi. Eventuali esclusioni di fasi della catena di approvvigionamento devono essere esplicitamente giustificate e sottoposte al processo di revisione e se ne deve discutere l’influenza sui risultati finali.

Per le fasi della catena di approvvigionamento per le quali non si prevede una valutazione di impatto quantitativa dell’impronta ambientale, la fase di analisi deve fare riferimento alla letteratura esistente e ad altre fonti per formulare descrizioni qualitative di processi potenzialmente significativi sotto il profilo ambientale. Tali descrizioni qualitative devono essere incluse nelle ulteriori informazioni ambientali.

Le PEFCR devono specificare i processi da includere, nonché i requisiti associati in materia di qualità dei dati e di revisione, che possono essere superiori a quelli della presente guida sulla PEF. Esse devono anche specificare per quali processi sono necessari dati specifici e per quali è ammesso o necessario l’uso di dati generici.

5.4

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni - dati

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere inclusi nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

Devono essere valutati i seguenti elementi per l’inclusione nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni:

acquisizione delle materie prime e prelavorazione;

beni strumentali: deve essere utilizzata la riduzione lineare. Deve essere presa in considerazione la durata prevista dei beni strumentali (e non il tempo necessario per diventare un valore contabile economico pari a 0);

produzione;

distribuzione e stoccaggio dei prodotti;

fase di utilizzo;

logistica;

fine vita.

Le PEFCR devono fornire uno o più esempi per la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, specificando anche quanto segue:

elenchi di sostanze per le attività/i processi inclusi;

le unità;

la nomenclatura per flussi elementari.

Ciò può valere per una o più fasi della catena di approvvigionamento, i processi o le attività, per garantire la standardizzazione della raccolta e della comunicazione dei dati. Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti possono specificare requisiti riguardo ai dati per le principali fasi a monte, da cancello a cancello o a valle più rigorosi di quelli definiti nella presente guida sulla PEF.

Per la modellazione dei processi/delle attività all’interno del modulo centrale (ossia la fase da cancello a cancello), le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono anche specificare quanto segue:

processi/attività inclusi;

specifiche per la compilazione di dati per i processi fondamentali, ivi compresi i dati di calcolo delle medie tra gli impianti;

eventuali dati specifici del sito richiesti da comunicare come “ulteriori informazioni ambientali”;

requisiti specifici in materia di qualità dei dati, per esempio per la misurazione di dati di attività specifiche.

Se le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti richiedono deviazioni rispetto al confine predefinito del sistema dalla culla alla tomba (per esempio, se prescrivono l’utilizzo di un confine dalla culla al cancello), esse devono specificare il modo in cui occorre tener conto degli equilibri di materiali/energia nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

5.4.5

Fase di utilizzo

Qualora non sia stato definito alcun metodo per determinare la fase di utilizzo dei prodotti secondo le tecniche specificate nella presente guida, le modalità di determinazione di tale fase devono essere stabilite dall’organizzazione che effettua lo studio. Il modello di utilizzo effettivo può tuttavia essere diverso da quello raccomandato e dovrebbe essere utilizzato se tale informazione è disponibile. Devono essere incluse le influenze pertinenti su altri sistemi dovute all’utilizzo dei prodotti.

È necessario fornire la documentazione dei metodi e delle ipotesi. Devono essere documentate tutte le ipotesi pertinenti per la fase di utilizzo.

Le PEFCR devono specificare:

gli eventuali scenari della fase di utilizzo da includere nello studio;

il periodo di tempo da considerare per la fase di utilizzo.

5.4.6

Logistica

I parametri di trasporto di cui si deve tenere conto sono: tipo di trasporto, tipo di veicolo e consumo di carburante, tasso di carico, numero di ritorni a vuoto eventualmente applicabili e pertinenti, distanza di trasporto, allocazione per il trasporto di prodotti sulla base di un fattore di limitazione del carico (ossia la massa per i prodotti ad alta densità e il volume per i prodotti a bassa densità) e la produzione di combustibile.

Gli impatti dovuti al trasporto devono essere espressi in unità di riferimento predefinite, ossia tkm per il trasporto di prodotti e persona-km per il trasporto di passeggeri. Qualsiasi deviazione da tali unità di riferimento predefinite deve essere comunicata e giustificata.

L’impatto ambientale dovuto al trasporto deve essere calcolato moltiplicando l’impatto per unità di riferimento per ciascuno dei tipi di veicolo per a) per i prodotti: la distanza e il carico e b) per le persone: la distanza e il numero di persone sulla base degli scenari di trasporto definiti.

Le PEFCR devono specificare gli scenari di trasporto, distribuzione e stoccaggio da includere nello studio, se disponibili.

5.4.7

Fine vita

I flussi di rifiuti derivanti da processi inclusi nei confini del sistema devono essere modellati a livello di flussi elementari.

Gli eventuali scenari di fine vita devono essere definiti nelle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti. Tali scenari devono essere basati su prassi, tecnologie e dati attuali (relativi all’anno di analisi).

5.4.8

Utilizzo dell’energia elettrica

Per l’energia elettrica proveniente dalla rete consumata a monte o entro il confine definito della PEF, devono essere utilizzati i dati specifici dei fornitori, se disponibili. In caso contrario, occorre impiegare i dati relativi al mix di consumi a livello nazionale del paese in cui si verificano le fasi del ciclo di vita. Per l’energia elettrica consumata nella fase di utilizzo dei prodotti, il mix energetico deve tenere conto dei rapporti delle vendite tra paesi o regioni. Qualora tali dati non siano disponibili, deve essere utilizzato il mix di consumi medio dell’Unione europea o il mix più rappresentativo.

Occorre garantire che sia evitato un doppio conteggio dell’energia elettrica rinnovabile proveniente dalla rete consumata a monte o entro il confine definito della PEF (e degli impatti associati). Una dichiarazione del fornitore deve essere allegata alla relazione sulla PEF pergarantire che l’energia elettrica fornita è effettivamente generata da fonti rinnovabili e non viene venduta ad altre organizzazioni.

 

5.4.9

Rimozioni ed emissioni di carbonio biogenico

Le rimozioni e le emissioni di fonti di carbonio biogenico devono essere individuate separatamente nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

 

5.4.9

Modifiche dirette e indirette riguardanti la destinazione del suolo (impatto sui cambiamenti climatici)

Le emissioni di gas a effetto serra derivanti da modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo devono essere assegnate ai prodotti i) per 20 anni successivamente alla modifica della destinazione del suolo o ii) per un periodo unico di raccolta del prodotto valutato a partire dall’inizio dell’estrazione (anche se questo periodo è superiore a 20 anni), scegliendo il periodo più lungo tra questi due. Per maggiori informazioni, cfr. allegato VI. Le emissioni di gas a effetto serra derivanti da modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo non devono essere incluse, a meno che non sia previsto dai PEFCR. In tal caso la modifica indiretta deve essere segnalata separatamente in quanto informazione ambientale aggiuntiva, ma non se ne terrà conto nel calcolo della categoria d’impatto del gas serra.

 

5.4.9

Produzione di energia rinnovabile

I crediti associati all’energia rinnovabile prodotta nel confine del sistema devono essere calcolati rispetto ai dati relativi al mix di consumi medio rettificato (ossia sottraendo la quantità di energia rinnovabile fornita esternamente) del paese al quale viene fornita l’energia elettrica. Qualora tali dati non siano disponibili, deve essere utilizzato il mix di consumi medio dell’Unione europea rettificato o il mix più rappresentativo. Se non sono disponibili dati sul calcolo dei mix rettificati, devono essere utilizzati i mix medi non rettificati. Devono essere chiaramente indicati i mix energetici considerati per il calcolo dei benefici e se sono stati rettificati.

 

5.4.9

Stoccaggio temporaneo (di carbonio) ed emissioni ritardate

I crediti associati allo stoccaggio temporaneo (di carbonio) o alle emissioni ritardate non devono essere considerati nel calcolo delle categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite. Tali crediti possono tuttavia essere inclusi come “ulteriori informazioni ambientali”. Inoltre, essi devono essere inclusi nelle “ulteriori informazioni ambientali” se specificato in una pertinente regola di categoria relativa all’impronta ambientale dei prodotti.

 

5.5

Nomenclatura

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere documentati utilizzando la nomenclatura e le proprietà del sistema internazionale di riferimento suidati relativi al ciclo di vita (ILCD)79, come descritto nell’allegato IV. Se nell’ILCD non sono disponibili la nomenclatura e le proprietà per un determinato flusso, l’utilizzatore deve creare una nomenclatura adeguata e documentare le proprietà del flusso.

 

5.6

Requisiti in materia di qualità dei dati

I requisiti in materia di qualità dei dati devono essere soddisfatti da uno studio sulla PEF destinato alla comunicazione esterna, cioè B2B e B2C. Per gli studi sulla PEF (dichiarati in linea con la presente guida) destinati ad applicazioni interne, i requisiti in materia di qualità dei dati specificati dovrebbero essere raggiunti (ossia, sono raccomandati), ma non sono obbligatori. Eventuali deviazioni dai requisiti devono essere documentate. I requisiti in materia di qualità dei dati si applicano sia ai dati specifici che ai dati generici.

Per una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati negli studi sulla PEF occorre adottare i sei criteri illustrati di seguito: rappresentatività tecnologica, geografica e temporale, completezza, incertezza dei parametri e adeguatezza e coerenza metodologiche.

Nella fase di analisi opzionale è richiesta una valutazione soddisfacente (“fair”) minima sulla qualità dei dati in relazione a quei dati che rappresentano almeno il 90% dell’impatto stimato per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale, come valutato qualitativamente da un esperto.

Nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni finale, per i processi e/o le attività che rappresentano almeno il 70 % dei contributi a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale, sia i dati specifici che quelli generici devono raggiungere almeno un livello complessivo di buona qualità (“good quality”). Per questi processi deve essere effettuata e comunicata una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati. Almeno 2/3 del restante 30 % (ossia dal 20 % al 30 %) devono essere modellati con dati di qualità almeno soddisfacente (“fair quality”). I dati che hanno ottenuto una valutazione inferiore al livello “soddisfacente” non devono rappresentare oltre il 10 % dei contributi a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale.

I requisiti in materia di qualità dei dati per la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale sono soggetti a revisione nell’ambito dello studio sulla PEF. I requisiti in materia di qualità dei dati riguardanti la completezza, l’adeguatezza e la coerenza metodologiche, nonché l’incertezza dei parametri dovrebbero essere soddisfatti ricavando i dati generici esclusivamente da fonti di dati conformi ai requisiti della guida sulla PEF.

In relazione al criterio della qualità dei dati “adeguatezza e coerenza metodologiche”, i requisiti definiti nella tabella 6 si applicano fino alla fine del 2015. A partire dal 2016 sarà richiesta la piena conformità alla metodologia della PEF.

La valutazione della qualità dei dati generici è condotta a livello dei flussi in entrata (per es. la carta acquistata per essere utilizzata in una tipografia), mentre la valutazione della qualità dei dati specifici deve essere effettuata a livello di un singolo processo o processo combinato, o a livello dei singoli flussi in ingresso.

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti forniscono ulteriori orientamenti sul punteggio relativo alla valutazione della qualità dei dati per la categoria di prodotto in questione rispetto alla rappresentatività temporale, geografica e tecnologica; per esempio indicano quale punteggio per la qualità dei dati relativo alla rappresentatività temporale dovrebbe essere assegnato a un set di dati che rappresenta un dato anno.

Le PEFCR possono specificare ulteriori criteri per la valutazione della qualità dei dati (rispetto ai criteri predefiniti).

Tali regole possono indicare requisiti più rigorosi in materia di qualità dei dati, per quanto riguarda:

attività/processi da cancello a cancello;

fasi a monte o a valle;

attività fondamentali della catena di approvvigionamento per la categoria di prodotti;

categorie di impatto dell’impronta ambientale fondamentali per la categoria di prodotti.

5.7

Raccolta di dati specifici

Devono essere ottenuti dati specifici per tutti i processi di foreground e per i processi di background, se del caso. Tuttavia, se i dati generici sono più rappresentativi o appropriati rispetto ai dati specifici per i processi di foreground (da comunicare e giustificare), anche per i processi di foreground devono essere utilizzati i dati generici. Va notato che i fattori di emissione possono essere ottenuti dai dati generici soggetti ai requisiti in materia di qualità dei dati.

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare

1.

per quali processi devono essere raccolti dati specifici;

2.

i requisiti per la raccolta di dati specifici;

3.

i requisiti per la raccolta di dati relativamente per ogni sito per i seguenti aspetti:

fasi interessate e ambito della raccolta di dati;

luogo della raccolta dei dati (a livello nazionale, internazionale, presso fabbriche specifiche ecc.);

termine della raccolta dei dati (anno, stagione, mese, ecc.);

quando il luogo o il termine per la raccolta dei dati deve essere limitato a un certo intervallo, fornire una giustificazione e dimostrare che i dati raccolti costituiranno campioni sufficienti.

5.8

Raccolta di dati generici

Se disponibili, i dati generici di un settore specifico devono essere utilizzati al posto dei dati generici multisettoriali.

Tutti i dati generici devono soddisfare i requisiti di qualità dei dati specificati nel presente documento.

Le fonti dei dati utilizzati devono essere chiaramente documentate e riportate nella relazione sulla PEF.

I dati generici (a condizione che siano conformi ai requisiti di qualità dei dati specificati nella presente guida sulla PEF) dovrebbero, se disponibili, provenire dalle seguenti fonti:

dati elaborati in linea con i requisiti delle pertinenti regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti;

dati elaborati in linea con i requisiti per gli studi sulla PEF;

rete di dati del sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) (dando la preferenza ai set di dati che sono pienamente conformi con la rete di dati dell’ILCD rispetto a quelli che conformi solo al primo livello);

banca dati ELCD.

Le PEFCR devono specificare:

i casi in cui è consentito l’uso di dati generici come approssimazione di una sostanza per la quale i dati specifici non sono disponibili;

il livello di somiglianze richiesto tra la sostanza effettiva e la sostanza generica;

la combinazione di più di un set di dati generico, se necessario.

5.9

Gestione delle lacune a livello di dati

Eventuali lacune nei dati devono essere colmate con i migliori dati generici o estrapolati disponibili. Il contributo di tali dati (comprese le lacune nei dati generici) non deve rappresentare più del 10% del contributo complessivo per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale considerata. Questo si riflette nei requisiti in materia di qualità dei dati, secondo cui il 10% dei dati può essere scelto fra i migliori dati disponibili (senza ulteriori requisiti in materia di qualità dei dati).

Le PEFCR devono indicare le potenziali lacune nei dati e fornire orientamenti dettagliati per colmare tali lacune.

5.10

Gestione della multifunzionalità

La seguente gerarchia decisionale multifunzionale per la PEF deve essere applicata per la risoluzione di tutti i problemi di multifunzionalità: 1) suddivisione o espansione di sistema, 2) allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente (fra cui sostituzione diretta o altro rapporto fisico sottostante pertinente), 3) allocazione basata su un altro rapporto (fra cui sostituzione indiretta o altro rapporto sottostante pertinente).

Tutte le scelte fatte in questo contesto devono essere comunicate e motivate riguardo all’obiettivo generale di garantire risultati fisicamente rappresentativi e rilevanti sotto il profilo ambientale. Per la multifunzionalità dei prodotti in situazioni di riciclaggio o di recupero di energia, deve essere applicata l’equazione descritta all’allegato V. La gerarchia delle decisioni di cui sopra vale anche per la multifunzionalità di fine vita.

Le PEFCR devono inoltre specificare le soluzioni riguardanti la multifunzionalità per l’applicazione entro i confini definiti del sistema e, se del caso, per le fasi a monte e a valle. Se possibile/opportuno, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti possono inoltre prevedere fattori specifici da utilizzare in caso di soluzioni di allocazione. Tutte queste soluzioni per la multifunzionalità specificate nelle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono essere chiaramente giustificate con riferimento alla gerarchia delle soluzioni per la multifunzionalità per la PEF.

Laddove è applicata la suddivisione, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti specificano quali processi devono essere suddivisi e secondo quali principi.

Se deve essere applicata l’allocazione sulla base del rapporto fisico, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare i rapporti fisici sottostanti pertinenti da considerare, e stabilire i fattori di allocazione pertinenti.

Se deve essere applicata l’allocazione sulla base di altri rapporti, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti specificano il rapporto, e stabiliscono i fattori di allocazione pertinenti. Per esempio, nel caso di un’allocazione economica, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti specificano le regole per la determinazione dei valori economici del coprodotti.

Per la multifunzionalità in situazioni di fine del ciclo di vita, le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti specificano come calcolare le diverse parti all’interno della formula obbligatoria fornita.

6.1

Valutazione di impatto dell’impronta ambientale

La valutazione di impatto dell’impronta ambientale deve includere una classificazione e caratterizzazione dei flussi dell’impronta ambientale dei prodotti.

 

6.1.1

Classificazione

Tutti i flussi in entrata/uscita inventariati durante la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere assegnati alle categorie di impatto dell’impronta ambientale a cui contribuiscono (“classificazione”) usando il sistema di classificazione reperibile all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/projects.

Nell’ambito della classificazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, i dati dovrebbero essere espressi in termini di sostanze costituenti per cui sono disponibili fattori di caratterizzazione.

 

6.1.2

Caratterizzazione

A tutti i flussi in ingresso/uscita classificati in ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale devono essere assegnati fattori di caratterizzazione che rappresentano il contributo per unità di ingresso/uscita per la categoria, utilizzando gli apposti fattori di caratterizzazione, disponibile online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/projects

La valutazione di impatto dell’impronta ambientale è successivamente calcolata per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale moltiplicando il quantitativo di ogni flusso in ingresso/uscita per il suo fattore di caratterizzazione e sommando i contributi di tutti i flussi in ingresso/uscita all’interno di ogni categoria, al fine di ottenere una singola misura espressa in termini di un’unità di riferimento adeguata.

Se i fattori di caratterizzazione del metodo predefinito non sono disponibili per determinati flussi (per esempio, un gruppo di sostanze chimiche) del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, è possibile ricorrere ad altri metodi per la caratterizzazione di tali flussi. Tali casi devono essere comunicati tra le ulteriori informazioni ambientali. I modelli di caratterizzazione devono essere scientificamente e tecnicamente validi, e basarsi su meccanismi distinti, meccanismi ambientali identificabili o osservazioni empiriche riproducibili.

 

6.2.1

Normalizzazione (se applicata)

La normalizzazione non è una fase obbligatoria, ma è raccomandata per gli studi sulla PEF. Se viene applicata, i metodi e i risultati devono essere comunicati tra le “ulteriori informazioni ambientali”, documentando tutti i metodi e tutte le ipotesi.

I risultati normalizzati non devono essere aggregati dal momento che viene applicata implicitamente la ponderazione. I risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale prima della normalizzazione devono essere comunicati unitamente ai risultati normalizzati.

 

6.2.2

Ponderazione (se applicata)

La ponderazione è una fase facoltativa e quindi non obbligatoria per gli studi sulla PEF. Se applicata, i metodi e i risultati devono essere comunicati tra le ulteriori informazioni ambientali. I risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale prima della ponderazione devono essere comunicati unitamente ai risultati ponderati.

L’applicazione delle fasi di normalizzazione e ponderazione negli studi sulla PEF deve essere coerente con gli obiettivi definiti e l’ambito dello studio, comprese le applicazioni previste.

 

7.1

Interpretazione dei risultati

La fase di interpretazione deve comprendere le seguenti fasi: “valutazione della fondatezza del modello di PEF”, “identificazione di punti critici”, “stima dell’incertezza” e “conclusioni, limitazioni e raccomandazioni”.

 

7.2

Fondatezza del modello

La valutazione della fondatezza del modello di PEF deve includere una valutazione della misura in cui le scelte metodologiche influenzano i risultati. Queste scelte devono corrispondere ai requisiti specificati nella presente guida ed essere adeguate al contesto. Gli strumenti che dovrebbero essere utilizzati per valutare la fondatezza del modello di impronta ambientale dei prodotti sono i controlli di completezza, i controlli di sensibilità e i controlli di coerenza.

 

7.3

Identificazione di punti critici

I risultati della PEF devono essere analizzati per valutare l’effetto dei punti critici/punti deboli della catena di approvvigionamento a livello di flussi in entrata/uscita, di processi e di fasi della catena di approvvigionamento e per valutare le possibilità di miglioramento.

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono individuare le più importanti categorie di impatto dell’impronta ambientale per il settore. A tale scopo, possono essere utilizzate la normalizzazione e la ponderazione.

7.4

Stima dell’incertezza

Deve essere fornita almeno una descrizione qualitativa delle incertezze dei risultati finali della PEF per le incertezze relative all’inventario dei dati e le incertezze relative alle scelte, al fine di favorire una valutazione complessiva delle incertezze dei risultati dello studio sulla PEF.

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono descrivere le incertezze comuni alla categoria di prodotto e individuare l’intervallo in cui i risultati potrebbero essere considerati non significativamente diversi nei confronti o nelle dichiarazioni comparative.

7.5

Conclusioni, raccomandazioni e limitazioni

Le conclusioni, raccomandazioni e limitazioni devono essere descritte in base agli obiettivi e all’ambito definiti dello studio sulla PEF. Gli studi sulla PEF a sostegno delle dichiarazioni comparative destinate a essere divulgate al pubblico (ossia le dichiarazioni ambientali concernenti la superiorità o l’equivalenza di un prodotto rispetto a un altro prodotto) devono essere basati sulla presente guida sulla PEF e sulle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti associate.

Le conclusioni tratte dallo studio sulla PEF dovrebbero includere una sintesi dei “punti critici” della catena di approvvigionamento individuati e dei possibili miglioramenti associati a interventi gestionali.

 

8.2

Informativa

Qualsiasi studio sulla PEF destinato alle comunicazioni esterne deve comprendere una relazione sullo studio sulla PEF recante una solida base per la valutazione, il monitoraggio e il tentativo di migliorare le prestazioni ambientali del prodotto nel tempo. La relazione sulla PEF deve comprendere, come minimo, una sintesi, una relazione principale e un allegato, che devono contenere tutti gli elementi specificati nel presente capitolo. Ogni ulteriore informazione di supporto può essere inclusa, per esempio una relazione di carattere riservato.

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare e motivare eventuali scostamenti dai requisiti di informativa predefiniti e da ulteriori requisiti di informativa e/o differenziare i requisiti di informativa che dipendono, per esempio, dal tipo di applicazioni dello studio sulla PEF e dal tipo di prodotto sottoposto a valutazione. Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti devono specificare se i risultati della PEF devono essere comunicati separatamente per ciascuna delle fasi del ciclo di vita selezionate.

9.1

Revisione

Qualsiasi studio sulla PEF destinato a una comunicazione interna che dichiara di essere in linea con la guida sulla PEF e qualsiasi studio sulla PEF per la comunicazione esterna (per es., B2B e B2C) è soggetto a revisione critica per garantire che:

i metodi utilizzati per la realizzazione dello studio sulla PEF siano in linea con la guida sulla PEF;

i metodi utilizzati per la realizzazione dello studio sulla PEF siano validi sotto il profilo tecnico e scientifico;

i dati utilizzati siano adeguati, ragionevoli e corrispondenti ai requisiti definiti concernenti la qualità dei dati;

l’interpretazione dei risultati tenga conto dei limiti individuati;

la relazione sullo studio sia chiara, precisa e coerente.

 

9.2

Tipo di revisione

Salvo diversamente indicato negli strumenti politici pertinenti, uno studio sulla PEF destinato a una comunicazione esterna (per es., B2B e B2C) è sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo direvisori). Per corroborare una dichiarazione comparativa destinata a essere divulgata al pubblico, uno studio sulla PEF deve basarsi sulle regole di categoria relative alla PEF pertinenti ed è sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno tre revisori esterni indipendenti e qualificati. Uno studio sulla PEF destinato a una comunicazione interna e che dichiara di essere in linea con la guida sulla PEF è sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di revisori).

Le regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti prescrivono i requisiti di revisione per gli studi sulla PEF da utilizzare per le dichiarazioni comparative destinate a essere divulgate al pubblico (per esempio, se è sufficiente una revisione di almeno tre revisori esterni indipendenti e qualificati).

9.3

Qualifiche del revisore

Una revisione critica dello studio sulla PEF viene condotta in funzione dei requisiti dell’applicazione prevista. Salvo diversa indicazione, il punteggio minimo necessario per qualificarsi come revisore o entrare a far parte di un gruppo di revisione è di sei punti, fra cui almeno un punto per ciascuno dei tre criteri obbligatori (cioè la verifica e l’esercizio di audit, metodologia ed esercizio in materia di LCA, e conoscenze delle tecnologie o di altre attività riguardanti lo studio sulla PEF). I punti per criterio devono essere raggiunti dai singoli soggetti, mentre possono essere sommati per tutti i criteri a livello di gruppo. I revisori o i gruppi di revisori devono presentare un’autocertificazione delle loro qualifiche, indicando i punti raggiunti per ciascun criterio, nonché il totale dei punti ottenuti. Detta autocertificazione costituisce parte integrante della relazione sulla PEF.

 

(DATI INFORMATIVI)

Allegato II

Piano di gestione dei dati (adattamento dall’iniziativa del protocollo sui gas a effetto serra  (115))

Se viene sviluppato un piano di gestione dei dati, è opportuno avviare e documentare le seguenti fasi.

1.

Assegnare una persona/un gruppo alla qualità contabile di un prodotto . Questa persona/questo gruppo dovrebbe occuparsi dell’attuazione e del mantenimento del piano di gestione dei dati, migliorando costantemente la qualità degli inventari dei prodotti, coordinando gli scambi di dati interni ed eventuali interazioni esterne (per esempio con i relativi programmi di contabilità del prodotto e i revisori).

2.

Sviluppare un piano di gestione dei dati e il relativo elenco di controllo . Lo sviluppo del piano di gestione dei dati deve iniziare prima che i dati vengano raccolti per garantire che tutte le informazioni pertinenti circa l’inventario siano documentate in corso d’opera. Il piano dovrebbe evolvere nel corso del tempo, man mano che la raccolta dei dati e i processi vengono ottimizzati. Nel piano, i criteri di qualità e i sistemi di valutazione/a punteggio sono da definire. L’elenco di controllo per il piano di gestione dei dati delinea quali componenti dovrebbero essere inclusi in un piano di gestione dei dati e quali possono essere utilizzati come guida per la realizzazione di un piano o per accorpare i documenti esistenti affinché costituiscano il piano.

3.

Eseguire i controlli sulla qualità dei dati . I controlli si applicano a tutti gli aspetti del processo di inventario, in particolare sulla qualità dei dati, sul trattamento dei dati, sulla documentazione e sulle procedure di calcolo. I criteri di qualità definiti e i sistemi a punteggio costituiscono la base per i controlli sulla qualità dei dati.

4.

Revisione dell’inventario e delle relazioni dell’organizzazione . I revisori indipendenti esterni selezionati dovrebbero rivedere lo studio - idealmente dalle fasi iniziali.

5.

Stabilire anelli di retroazione formali per migliorare la raccolta e il trattamento di dati, e i processi di documentazione . Gli anelli di retroazione sono necessari per migliorare la qualità dell’inventario dell’organizzazione nel tempo e correggere eventuali errori o incongruenze individuate nel processo di revisione.

6.

Instaurare procedure di informativa, documentazione e archiviazione . Instaurare processi di tenuta dei registri indicanti quali dati archiviare e in che modo; quali informazioni riportare nell’ambito delle relazioni di inventario interne ed esterne; e ciò che deve essere documentato a sostegno della raccolta di dati e delle metodologie di calcolo. Il processo può riguardare anche l’allineamento o lo sviluppo di sistemi di banche dati pertinenti per il mantenimento dei registri.

Il piano di gestione dei dati potrebbe essere un documento in continua evoluzione che viene aggiornato in funzione delle modifiche alle fonti dei dati, dell’ottimizzazione delle procedure di trattamenti dei dati, del miglioramento delle metodologie di calcolo, del cambiamento delle responsabilità in fatto di inventario in seno all’organizzazione, o di una modifica agli obiettivi aziendali per quanto concerne l’inventario dell’organizzazione.

(DATI INFORMATIVI)

Allegato III

Elenco di controllo per la raccolta di dati

Un modello per la raccolta di dati è utile per organizzare le attività e i risultati della raccolta dei dati durante la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni. Il seguente elenco di controllo non esaustivo può essere utilizzato come punto di partenza per la raccolta dei dati e l’organizzazione di un modello di raccolta dei dati:

Gli elementi principali per la raccolta di dati comprendono:

introduzione allo studio sulla PEF, compresa una panoramica degli obiettivi riguardanti la raccolta dei dati e il modello/questionario impiegato;

informazioni sui soggetti giuridici o sulle persone fisiche responsabili delle procedure di misurazione e di raccolta dei dati;

descrizione del sito in cui i dati sono raccolti (per esempio, capacità massima e normale di funzionamento, rendimento annuo di produttività, ubicazione, numero di dipendenti, ecc.);

fonti di dati e valutazione della qualità dei dati;

data/anno della raccolta dei dati;

descrizione del prodotto (e unità di analisi);

descrizione del sistema dei prodotti e confine del sistema;

diagramma relativo alla fase di processo individuale;

flussi di ingresso e di uscita per flusso di riferimento per unità.

Esempio: modello semplificato relativo alla raccolta dei dati

Panoramica tecnica

Diagramma della panoramica dei processi per la fase di produzione di una società che realizza T-shirt

Image

Elenco dei processi presenti nei confini del sistema: produzione di fibre, filatura, torcitura, testurizzazione, tessitura, pretrattamento, tintura, stampa, rivestimento e finissaggio.

Raccolta dei dati riguardanti l’unità di processo “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni”

Nome del processo: processo di finissaggio

Diagramma del processo: il finissaggio si riferisce ai processi eseguiti sul filato o tessuto dopo la tessitura o la lavorazione a maglia per migliorare l’aspetto e le prestazioni del prodotto tessile finito

Figura

Diagramma del processo – processo di finissaggio

Image

Flusso in ingresso

Codice

Nome

Quantità

Unità

 

 

 

 

 

 

 

 

Flusso in uscita (per flusso di riferimento)

Codice

Nome

Quantità

Unità

 

 

 

 

 

 

 

 


Tabella 10

Esempio di profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni  (116)

Parametro

Unità/kg

Quantità

Consumo di energia (non elementare)

MJ

115,5

Elettricità (elementare)

MJ

34,6

Combustibile fossile (elementare)

MJ

76

Altri (non elementari)

MJ

4,9

Risorse non rinnovabili (non elementari)

kg

2,7

Gas naturale (elementare)

kg

0,59

Gas naturale, materia prima (elementare)

kg

0,16

Petrolio greggio (elementare)

kg

0,57

Petrolio greggio, materia prima (elementare)

kg

0,48

Carbone (elementare)

kg

0,66

Carbone, materia prima (elementare)

kg

0,21

LPG (elementare)

kg

0,02

Energia idroelettrica (MJel) (elementare)

MJ

5,2

Acqua (elementare)

kg

12 400

Emissioni nell’atmosfera (flussi elementari)

CO2

g

5,132

CH4

g

8,2

SO2

g

3,9

Nox

g

26,8

CH

g

25,8

CO

g

28

Emissioni in acqua (flussi elementari)

COD Mn

g

13,3

BOD

g

5,7

Tot-P

g

0,052

Tot-N

g

0,002

Allegato IV

Individuazione di nomenclatura e proprietà adeguate a flussi specifici

I principali destinatari di questo allegato sono esperti professionisti e revisori in materia di impronta ambientale.

Il presente allegato si basa su “International Reference Life Cycle Data System (ILCD) Handbook – Nomenclature and other conventions” (Comunità europee, JRC–IES, 2010). Se sono necessarie ulteriori informazioni e chiarimenti riguardanti la nomenclatura e le convenzioni di denominazione, si prega di fare riferimento al documento summenzionato, disponibile al seguente indirizzo: http://lct.jrc.ec.europa.eu/.

Diversi gruppi usano spesso una nomenclatura e altre convenzioni notevolmente diverse. Di conseguenza, i profili di utilizzo delle risorse e di emissioni [per i professionisti della valutazione del ciclo di vita: set di dati riguardanti l’inventario del ciclo di vita (LCI)] non sono compatibili su diversi livelli, in modo da limitare fortemente l’uso combinato dei set di dati riguardanti i profili di utilizzo delle risorse e di emissioni provenienti da fonti diverse o un efficiente scambio elettronico di dati fra i professionisti. Ne consegue anche la difficoltà a comprendere e rivedere in maniera chiara e non ambigua le relazioni sull’impronta ambientale e sulla LCA.

Lo scopo del presente allegato è quello di sostenere la raccolta dei dati, la documentazione e l’uso in relazione ai profili di utilizzo delle risorse e di emissioni e LCI negli studi sull’impronta ambientale e sulla LCA, fornendo una nomenclatura comune e disposizioni in materia di argomenti correlati. Il documento costituisce anche la base per un elenco di riferimento comune di flussi elementari da utilizzare nelle attività relative all’impronta a ambientale e alla LCA.

Il documento sostiene il lavoro efficiente sull’impronta a ambientale e sulla LCA, e sullo scambio di dati fra i diversi strumenti e le diverse banche dati.

L’obiettivo è orientare le attività di raccolta dati, denominazione e documentazione di modo tale che i dati:

siano sensati, precisi e utili per ulteriori valutazioni di impatto dell’impronta ambientale e interpretazioni e informative;

possano essere compilati e forniti in modo economico;

siano completi senza sovrapporsi;

possano essere efficacemente scambiati fra i professionisti che dispongono di diverse banche dati e sistemi software, di modo da ridurre la probabilità di errori.

Questa nomenclatura e altre convenzioni si concentrano su flussi elementari, proprietà di flusso e relative unità, e presentano suggerimenti per la denominazione di set di dati riguardanti i processi, flussi di prodotti e rifiuti, per una migliore compatibilità fra i diversi sistemi di banche dati. Sono contenuti anche raccomandazioni e requisiti fondamentali relativamente alla classificazione di set di dati di fonti e di contatto. La tabella 11 elenca le regole del manuale sull’ILCD necessarie negli studi sulla PEF. La Tabella specifica la categoria-regole e relativi capitoli del manuale sull’ILCD.

Tabella 11

Regole obbligatorie per ciascun tipo di flusso.

Voci

Regole obbligatorie dalla nomenclatura ILCD

(cfr. tabella 14)

Materia prima, flusso in ingresso

2, 4, 5

Emissione, flusso in uscita

2, 4, 9

Flusso dei prodotti

10, 11, 13, 14, 15, 16, 17


Tabella 12

Regole sulla nomenclatura..

Regola n.

Categoria di regola

Sezione del capitolo nel manuale ILCD – Nomenclatura e altre convenzioni

2

“Categorie di flusso elementari” per l’emissione/la ricezione del comparto ambientale

Sezione 2.1.1

4

Ulteriore differenziazione di emissione/ricezione dei comparti ambientali

Sezione 2.1.2

5

Classificazione supplementare non identificativa dei flussi elementari “Risorse del suolo”

Sezione 2.1.3.1

9

Consigliato per tecnici e non tecnici: classificazione supplementare non identificativa delle emissioni

Sezione 2.1.3.2

10

Classificazione di alto livello dei flussi di prodotti, flussi di rifiuti e processi

Sezione 2.2

11

Classificazioni di secondo livello dei flussi di prodotti, flussi di rifiuti e processi (per precedente classificazione di alto livello)

Sezione 2.2

13

Campo “Denominazione di base”

Sezione 3.2

14

Campo di denominazione “Trattamento, standard, vie”

Sezione 3.2

15

Campo di denominazione “Tipo di mix e tipo di ubicazione”

Sezione 3.2

16

Campo di denominazione “Proprietà di flusso quantitative”

Sezione 3.2

17

Denominazione della convenzione di flussi e processi

Sezione 3.2

Esempio di individuazione di nomenclatura e proprietà adeguate a flussi specifici

Materia prima, flusso in ingresso: petrolio greggio (regole 2, 4, 5)

(1)

Specificare “categorie di flusso elementari” per l’emissione/la ricezione del comparto ambientale:

Esempio: Risorse - Risorse del suolo

(2)

Ulteriore differenziazione di emissione/ricezione dei comparti ambientali

Esempio: Risorse del suolo di energia non rinnovabile

(3)

Classificazione supplementare non identificativa per i flussi elementari “Risorse del suolo”

Esempio: Risorse del suolo di energia non rinnovabile (per es., “Petrolio greggio; 42,3 MJ/kg di potere calorifico netto”)

Set di dati di flussi: petrolio greggio: 42,3 MJ/kg di potere calorifico netto

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Emissione, flusso in uscita: Esempio: Biossido di carbonio (regole 2, 4, 9)

(1)

Specificare “categorie di flusso elementari” per l’emissione/la ricezione del comparto ambientale

Esempio: Emissioni - Emissioni nell’atmosfera - Emissioni nell’atmosfera, non specificato

(2)

Ulteriore differenziazione di ricezione/fornitura dei comparti ambientali

Esempio: “Emissione nell’atmosfera, DE”

(3)

Classificazione supplementare non identificativa delle emissioni

Esempio: “Composti covalenti inorganici” (per es., “Biossido di carbonio, fossile”, “Ossido di carbonio”, ”Anidride solforosa”, “Ammoniaca”, ecc.)

Image

Flusso dei prodotti: Esempio: T-shirt (regole 10-17)

(1)

Classificazione di alto livello per flussi di prodotti, flussi di rifiuti e processi

Esempio: “Sistema”

(2)

Classificazioni di secondo livello per i flussi di prodotti, flussi di rifiuti e processi (per precedente classificazione di alto livello)

Esempio: “Tessili, mobili e altri interni”

(3)

Campo “Denominazione di base”

Esempio: “Denominazione di base: T-shirt bianca in poliestere”

(4)

Campo di denominazione “Trattamento, standard, vie”

Esempio:“”

(5)

Campo di denominazione “Tipo di mix e tipo di ubicazione”

“Mix di produzione, nel punto vendita”

(6)

Campo di denominazione “Proprietà di flusso quantitative”

Esempio: “160 grammi di poliestere”

(7)

Convenzione di denominazione dei flussi e dei processi.

<“Denominazione di base”; “Trattamento, standard, vie”; “Tipo di mix e tipo di ubicazione”; “Proprietà di flusso quantitative”>.

Esempio: “T-shirt bianca in poliestere; mix di produzione, nel punto vendita; 160 grammi di poliestere”

Allegato V

Gestione della multifunzionalità in situazioni di fine vita

Gestire la multifunzionalità dei prodotti è particolarmente difficile in caso di riutilizzo, riciclaggio o di recupero di energia di uno (o più) di tali prodotti, in quanto i sistemi tendono a diventare piuttosto complessi.

Il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (RUaEP) generale risultante per unità di analisi può essere stimato utilizzando la formula riportata di seguito, e che:

è applicabile per il riciclaggio sia ad anello aperto (117) che ad anello chiuso (118);

se pertinente/applicabile, è in grado di predisporre il riutilizzo del prodotto in fase di valutazione. Questo è modellato come avviene nel riciclaggio;

se pertinente/applicabile, può predisporre il downcycling, vale a dire eventuali differenze di qualità tra il materiale secondario (riciclato o riutilizzato) e il materiale primario (cioè vergine);

se pertinente/applicabile, può predisporre il recupero di energia;

attribuisce gli impatti e i benefici dovuti al riciclaggio in parti uguali tra il produttore con materiali riciclati e il produttore che fabbrica un prodotto riciclato: 50/50 di ripartizione (119).

Occorre raccogliere i dati quantitativi per i singoli parametri coinvolti al fine di utilizzare la formula indicata di seguito per stimare il RUaEP generale per unità di analisi. Se possibile, questi devono essere stabiliti sulla base di dati associati ai processi effettivi coinvolti. Tuttavia, questo non sempre è possibile/fattibile e i dati potrebbero essere reperibili altrove (si prega di notare che la spiegazione fornita di seguito per ciascun termine della formula contiene una raccomandazione su come/dove trovare i dati mancanti).

Il RUaEP per unità di analisi (120) è calcolato mediante la formula seguente:

Formula

La suddetta formula può essere suddivisa in 5 blocchi:

Formula

Questi sono interpretati come segue (i diversi parametri sono spiegati in dettaglio in appresso):

Formula

= rappresenta il RUaEP dall’acquisizione del materiale vergine e dal pretrattamento.

Formula

= rappresenta il RUaEP associato all’ingresso del materiale riciclato ed è proporzionale alla frazione dell’ingresso del materiale che è stato riciclato in un sistema precedente.

Formula

= rappresenta il RUaEP dal processo di riciclaggio (o riutilizzo) da cui viene sottratto il credito dall’ingresso del materiale vergine evitato (rappresenta qualsiasi eventuale downcycling).

Formula

= rappresenta il RUaEP derivante dal processo di recupero di energia da cui sono state sottratte le emissioni evitate derivanti dalla fonte di energia sostituita.

Formula

= rappresenta il RUaEP netto dallo smaltimento della frazione del materiale che non è stato riciclato (o riutilizzato) a fine vita o consegnato a un processo di recupero di energia.

In cui:

—   EV= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti da materiale vergine (cioè l’acquisizione e il pretrattamento di materiale vergine). Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   E*V= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dall’acquisizione e dal pretrattamento di materiale vergine (acquisizione e pretrattamento) presumibilmente sostituito con materiali riciclabili:

se ha luogo solamente il riciclaggio ad anello chiuso: E*V = EV;

se ha luogo solamente il riciclaggio ad anello aperto: E*V = E’V rappresenta l’ingresso del materiale vergine che si riferisce al materiale vergine effettivo sostituito attraverso il riciclaggio ad anello aperto. Se queste informazioni non sono disponibili, occorre ipotizzare in merito a quale materiale vergine sostituire o quali dati medi utilizzare che devono essere estrapolati alla fonte in base alle fonti dei dati generici di cui alla sezione 5.8. Se altre informazioni pertinenti non sono disponibili è possibile ipotizzare che E’V = EV, come se avesse avuto luogo il riciclaggio ad anello chiuso.

—   Erecycled= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dal processo di riciclaggio del materiale riciclato (o riutilizzato), compresi i processi di raccolta, smistamento e trasporto. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   ErecyclingEoL= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dal processo di riciclaggio nella fase di fine vita, compresi i processi di raccolta, smistamento e trasporto. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

Nota: nei casi di riciclaggio ad anello chiuso Erecycled = ErecyclingEoL and E*V = EV

—   ED= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dallo smaltimento dei rifiuti in fase di fine vita del prodotto analizzato (per esempio discarica, incenerimento, pirolisi). Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   E*D= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dallo smaltimento dei rifiuti (per esempio discarica, incenerimento, pirolisi) in fase di fine vita del materiale da cui viene ricavato il contenuto riciclato. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

Se ha luogo solamente il riciclaggio ad anello chiuso: E*D = ED

Se ha luogo solamente il riciclaggio ad anello aperto: E*D = E’D rappresenta lo smaltimento del materiale da cui viene ricavato il contenuto riciclato. Se queste informazioni non sono disponibili, occorre ipotizzare in merito a come questo materiale sarebbe stato smaltito se non fosse stato riciclato. Se informazioni pertinenti non sono disponibili è possibile ipotizzare che E’D = ED, come se avesse avuto luogo il riciclaggio ad anello chiuso.

—   EER= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dal processo di recupero di energia. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   ESE,heat ed ESE,elec= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) che sarebbero derivate dalla fonte di energia sostituita specifica, calore ed energia elettrica, rispettivamente. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   R1 [adimensionale]= “contenuto di materiale riciclato (o riutilizzato)”, è la proporzione del materiale in ingresso alla produzione che è stato riciclato in un precedente sistema (0=<R1<=1). Se questa informazione non è disponibile, completa e regolarmente aggiornata, informazioni statistiche sui tassi di riciclaggio e di altri parametri rilevanti possono essere ottenute da fornitori come Eurostat (121).

—   R2 [adimensionale]= “frazione di materiale di riciclaggio (o riutilizzo)”, è la proporzione del materiale nel prodotto che verrà riciclata (o riutilizzata) in un sistema successivo. R2 deve pertanto tener conto delle inefficienze nei processi di raccolta e riciclaggio (o riutilizzo) (0=<R2=<1). Se questa informazione non è disponibile, completa e regolarmente aggiornata, informazioni statistiche sui tassi di riciclaggio e di altri parametri rilevanti possono essere ottenute da fornitori come Eurostat (122).

—   R3 [adimensionale]= la proporzione di materiale nel prodotto che viene utilizzato per il recupero di energia (per esempio incenerimento con recupero di energia) in fase di fine vita (0=<R3=<1). Se questa informazione non è disponibile, completa e regolarmente aggiornata, informazioni statistiche sui tassi di riciclaggio e di altri parametri rilevanti possono essere ottenute da fornitori come Eurostat.

—   LHV= potere calorifico inferiore [per esempio J/kg] del materiale nel prodotto che viene utilizzato per il recupero di energia. Questo dovrebbe essere stabilito con un metodo di laboratorio adeguato. Se questo non è possibile o fattibile, andrebbero utilizzati dati generici (vedere, per esempio, i “flussi elementari di riferimento ELCD” (123), e la banca dati ELCD nell’ambito del trattato/riciclaggio energetico in fase di fine vita (124)).

—   XER,heat e XER,elec [adimensionale]= l’efficienza del processo di recupero di energia (0<XER<1) di calore ed elettricità, cioè il rapporto tra il contenuto di energia di uscita (per esempio produzione di calore o elettricità) e il contenuto di energia del materiale nel prodotto che viene utilizzato per il recupero di energia. XER deve quindi tenere conto delle inefficienze del processo di recupero di energia (0=<XER<1). Se queste informazioni non sono disponibili, occorre utilizzare i dati generici (si veda, per esempio il trattamento/riciclaggio energetico in fase di fine vita nella banca dati ELCD).

—   Qs= qualità del materiale secondario, cioè la qualità del materiale riciclato o riutilizzato (si veda la nota in basso).

—   Qp= qualità del materiale primario, cioè la qualità del materiale vergine (si veda la nota in basso).

Nota: Qs/Qp è un rapporto adimensionale preso come approssimazione per le eventuali differenze di qualità tra il materiale secondario e il materiale primario (“downcycling”). Seguendo la gerarchia multifunzionale dell’impronta ambientale (cfr. la sezione 5.10), sarà valutata la possibilità di individuare un pertinente rapporto fisico sottostante come base per il coefficiente di correzione della qualità (il fattore limitante è determinante). Se questo non è possibile, sarà utilizzato un altro rapporto, come per esempio il valore economico. In questo caso, i prezzi dei materiali primari rispetto a quelli secondari sono assunti per servire come proxy per la qualità. In questo contesto, Qs/Qp corrisponderà al rapporto tra il prezzo di mercato del materiale secondario (Qs) e il prezzo di mercato del materiale primario (Qp). I prezzi di mercato delle materie primarie e secondarie sono reperibili in fonti online (125). Gli aspetti della qualità da prendere in considerazione per il materiale primario e secondario devono essere specificati nelle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti.

Allegato VI

Orientamenti per la contabilizzazione delle emissioni a seguito di modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo che hanno un impatto sui cambiamenti climatici

Il presente allegato fornisce orientamenti per il calcolo delle emissioni di gas serra relativi alla modifica della destinazione del suolo che ha un impatto sui cambiamenti climatici.

L’impatto sul clima è il risultato delle emissioni e degli assorbimenti biogenici di CO2 causati dalle variazioni degli stock di carbonio, e da emissioni biogeniche e non biogeniche di CO2, N2O e CH4 (per es., combustione di biomassa). Le emissioni biogeniche includono quelle derivanti dalla bruciatura (combustione) o dalla degradazione di materiali biogenici, dal trattamento delle acque reflue e dalle fonti biologiche nel suolo e nell’acqua (fra cui CO2, CH4 and N2O), mentre le rimozioni biogeniche corrispondono all’assorbimento di CO2 durante la fotosintesi. Le emissioni non biogeniche corrispondono a tutte le emissioni derivanti da fonti non biogeniche, come per esempio materiale a base di fossili, mentre le rimozioni non biogeniche corrispondono a CO2 che viene rimosso da un’atmosfera da una fonte non biogenica (WRI e WBCSD 2011b).

Le modifiche riguardanti la destinazione del suolo potrebbero essere classificate in dirette o in indirette:

 

Le modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo (dLUC) si verificano in seguito a una trasformazione da un tipo di destinazione del suolo a un altro, che avviene in un’unica superficie, che causa eventualmente modifiche nello stock di carbonio di tale suolo specifico, ma che non comporta un cambiamento in un altro sistema.

 

Le modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo (iLUC) si verificano quando una determinata modifica della destinazione del suolo induce cambiamenti al di fuori dei confini del sistema, ossia in altri tipi di destinazione del suolo.

La Figura 6 mostra la rappresentazione schematica delle modifiche sia dirette che indirette di destinazione del suolo legate alla produzione di biocarburanti.

Figura 6

Rappresentazione schematica delle modifiche dirette e indirette riguardanti la destinazione del suolo [adattamento da (CE Delft 2010)].

Image

Image

La parte rimanente del presente allegato riguarda il cambiamento diretto di destinazione del suolo che è l’unico elemento di cui tener conto nel PE, in quanto il metodo non consente di tenere conto delle modifiche indirette (cfr. sezione 5.4.4).

SEZIONE 1:   RIFERIMENTI PER IL CALCOLO DELLE EMISSIONI DOVUTE AL CAMBIAMENTO DIRETTO DI DESTINAZIONE DEL SUOLO

La decisione C(2010)3751 della Commissione contiene le linee direttrici per il calcolo degli stock di carbonio nel terreno sia per la destinazione di riferimento del suolo che per la destinazione del suolo effettiva. Propone valori per gli stock di carbonio associati a quattro diverse categorie di destinazione: terreni coltivati e colture perenni, terreni erbosi e terreni forestali. Per le modifiche di destinazione del suolo di queste categorie, si applicheranno le linee direttrici di cui alla decisione C(2010) 3751. Per le emissioni che risultano dalla conversione in altre categorie di destinazione dei suoli, come le zone umide, gli insediamenti e altri tipi di suoli che non figurano nella decisione, occorre attenersi agli orientamenti IPPC 2006 per gli inventari nazionali dei gas a effetto serra.

Per il rilascio o l’assorbimento di CO2 causato dalla modifica diretta riguardante la destinazione del suolo, occorre utilizzare i fattori di emissione più recenti di IPCC CO2 (come indicato nella decisione C(2010) 3751 della Commissione), a meno che non siano disponibili dati specifici più accurati. Altre emissioni conseguenti alla modifica riguardante la destinazione del suolo (per es. NO3 - perdite in acqua, emissioni da combustione di biomassa, erosione del suolo, ecc.) andrebbero misurate o modellate in funzione del caso di specie o facendo ricorso a fonti autorevoli.

SEZIONE 2   ORIENTAMENTI PRATICI SECONDO IL METODO PAS 2050:2011

Per indicazioni pratiche su aspetti specifici (ad esempio quando non si conosce la destinazione del suolo precedente si raccomanda l’applicazione del metodo PAS 2050:2011 (BSI 2011) (conformemente alle indicazioni del “European Food Sustainable Consumption and Production Roundtable” – Food SCP e del protocollo ENVIFOOD pubblicato) integrato da PAS2050-1 (BSI 2012), per la valutazione delle emissioni di gas a effetto serra dalla culla al cancello (ossia, dall’estrazione della materia prima alla fabbricazione) del ciclo di vita dei prodotti orticoli. Il PAS 2050-1:2012 prende in considerazione le emissioni e le rimozioni coinvolte nel processo di coltivazione di un prodotto orticolo e (più che sostituire) integra il PAS 2050:2011. Un documento aggiuntivo in formato Excel è anche messo a disposizione dal British Standard Institution (BSI) per i calcoli del PAS 2050-1:2012.

Precedente categoria relativa alla destinazione del suolo e alla localizzazione della produzione

Stando al PAS 2050:2011 (BSI 2011), è possibile individuare tre distinte situazioni (e relativi orientamenti), a seconda della disponibilità delle informazioni sulla localizzazione della produzione e della categoria relativa alla precedente destinazione del suolo:

Paese di produzione e precedente destinazione del suolo sono noti: le emissioni di gas a effetto serra provenienti dalla modifica riguardante la destinazione del suolo, sono trattate nell’allegato C, PAS 2050:2011 (BSI 2011). Per le emissioni non elencate nell’allegato C, consultare il documento 2006 IPCC Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories” (BSI 2011).

Paese di produzione noto e precedente destinazione del suolo ignota: le emissioni di gas a effetto serra costituiscono la stima delle emissioni medie della modifiche riguardante la destinazione del suolo per quel vegetale in quel paese” (BSI 2011).

Paese di produzione e precedente destinazione del suolo non sono noti: le emissioni di gas a effetto serra costituiscono la media ponderata delle emissioni dovute alla modifica riguardante la destinazione del suolo di quella materia prima specifica nei paesi in cui essa è coltivata” (BSI 2011).

Emissioni e rimozioni generali di gas serra da inserire nella valutazione

Secondo il PAS 2050:2011 (BSI 2011), le emissioni e le rimozioni da inserire nella valutazione sono le seguenti:

Gas inclusi nell’allegato A del PAS 2050:2011 (BSI 2011);

Nota: Alcune eccezioni sono previste per le emissioni e le rimozioni biogeniche di carbonio relative ai prodotti alimentari e ai mangimi animali. Nel caso di prodotti alimentari e dei mangimi animali, le emissioni e le rimozioni derivanti da fonti biogeniche che diventano parte del prodotto possono essere escluse. Tale esclusione non vale per:

le emissioni e rimozioni di carbonio biogenico utilizzato nella produzione di prodotti alimentari e mangimi (ad esempio quando si brucia biomassa per ottenere combustibile) quando questo carbonio biogenico non diventa parte del prodotto;

le emissioni diverse dal CO2 derivanti dalla degradazione di rifiuti di prodotti alimentari e mangimi e dalla fermentazione enterica;

qualsiasi componente biogenica presente in un materiale che è parte del prodotto finale ma non è destinata all’ingerimento (ad esempio, l’imballaggio)” (BSI 2011, page 9).

Per le emissioni di metano (CH4) derivanti dalla combustione dei rifiuti con recupero di energia, si rimanda alla sezione 8.2.2, pagina 22, PAS 2050:2011.

(DATI INFORMATIVI)

Allegato VII

Esempio di una regola di categoria relativa all’impronta ambientale dei prodotti per prodotti cartacei intermedi – requisiti in materia di qualità dei dati

La seguente tabella fornisce un esempio di requisiti in materia di qualità dei dati e del livello della qualità dei dati tratti dalle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti per i prodotti cartacei intermedi.

Tabella 13

Esempio di requisiti in materia di qualità dei dati per prodotti cartacei intermedi  (126)

 

 

 

Elementi della qualità dei dati

 

 

 

Rappresentatività

Completezza

Adeguatezza, conformità e coerenza metodologiche

Precisione/incertezza

Livello di qualità

Indice di qualità

Definizione

tecnologica

geografica

temporale

Eccellente

1

Soddisfa il criterio a un grado molto elevato, senza richiedere alcun miglioramento.

Per es., il processo è analogo. Per l’energia elettrica dalla rete, la tecnologia media, come mix di consumo specifico per paese.

Dati specifici per paese o

Dati risalenti a ≤ 3 anni

Completezza molto buona

(≥ 90 %)

Piena conformità a tutti i requisiti della guida sulla PEF

Incertezza molto bassa

(≤ 7 %)

Molto buono

2

Soddisfa il criterio a un grado elevato, con scarsa esigenza di miglioramenti.

Per es., tecnologia media, come mix di consumo specifico per paese.

Europa centrale, Europa settentrionale, mix rappresentativo UE-27.

Dati risalenti a 3-5 anni

Buona completezza

(tra 80% e 90%)

Metodo basato su un processo attributivo E non è stato soddisfatto alcuno dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati: (1) gestione della multifunzionalità; (2) modellazione della fase di fine vita; (3) confine del sistema.

Incertezza bassa

(tra 7% e 10%)

Buono

3

Soddisfa il criterio a un grado accettabile, tuttavia richiede un miglioramento.

Per es., tecnologia media, come mix di consumo specifico per paese o tecnologia media come mix di consumo medio dell’UE.

Paesi dell’UE-27, altri paesi europei

Dati risalenti a 5-10 anni

Completezza soddisfacente

(tra il 70% e l’80%)

Metodo basato su un processo attributivo E sono stati soddisfatti due dei requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati: (1) gestione della multifunzionalità; (2) modellazione della fase di fine vita; (3) confine del sistema.

Incertezza soddisfacente

(tra il 10% e il 15%)

Soddisfacente

4

Non soddisfa il criterio a un grado sufficiente, ma richiede piuttosto alcuni miglioramenti.

Per es., tecnologia media, come mix di consumo specifico per paese o tecnologia media come mix di consumo medio di un gruppo di prodotti simili

Medio Oriente, America del Nord, Giappone, ecc.

Dati risalenti a 10-15 anni

Scarsa completezza

(tra 50% e 70%)

Metodo basato su un processo attributivo ED è stato soddisfatto uno dei requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati: (1) gestione della multifunzionalità; (2) modellazione della fase di fine vita; (3) confine del sistema.

Incertezza elevata

(tra il 15% e il 25%)

Scarso

5

Non soddisfa il criterio. Sono necessari miglioramenti sostanziali.

Per es., altro processo o non nota

Dati globali o non nota

Dati risalenti a ≥ 15 anni

Completezza molto scarsa o non nota

(< 50 %)

Metodo basato su un processo attributivo MA non è stato soddisfatto nessuno dei requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sulla PEF di seguito riportati: (1) gestione della multifunzionalità; (2) modellazione della fase di fine vita; (3) confine del sistema.

Incertezza molto elevata

(>25 %)

Allegato VIII

Mappatura della terminologia utilizzata nella presente guida sulla PEF con la terminologia ISO

Il presente allegato fornisce una mappatura dei principali termini utilizzati in questa guida sulla PEF con termini corrispondenti usati secondo la norma ISO 14044:2006. Le differenze rispetto alla terminologia ISO intendono rendere la guida sulla PEF più accessibile al relativo pubblico di riferimento, che comprende anche gruppi che non necessariamente hanno una forte conoscenza alle spalle in materia di valutazione ambientale. Le tabelle che seguono forniscono una mappatura dei termini divergenti.

Tabella 14

Mappatura dei termini principali

Termini utilizzati in ISO 14044:2006

Termini corrispondenti utilizzati in questa guida sulla PEF

Unità funzionale

Unità di analisi

Analisi di inventario del ciclo di vita

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Valutazione di impatto del ciclo di vita

Valutazione di impatto dell’impronta ambientale

Interpretazione del ciclo di vita

Interpretazione dell’impronta ambientale

Categoria di impatto

Categoria di impatto dell’impronta ambientale

Indicatore della categoria di impatto

Indicatore della categoria di impatto dell’impronta ambientale


Tabella 15

Mappatura dei criteri riguardanti la qualità dei dati

Termini utilizzati in ISO 14044:2006

Termini corrispondenti utilizzati in questa guida sulla PEF

Copertura temporale

Rappresentatività temporale

Copertura geografica

Rappresentatività geografica

Copertura tecnologia

Rappresentatività tecnologica

Precisione

Incertezza dei parametri

Completezza

Completezza

Coerenza

Adeguatezza e coerenza metodologiche

Fonti dei dati

Presente in “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni”

Incertezza delle informazioni

Presente in “Incertezza dei parametri”

Allegato IX

Guida sulla PEF e manuale sull’ILCD: principali differenze

In caso di discrepanze tra la guida sulla PEF e il manuale sull’ILCD, la guida sulla PEF ha la precedenza.

Questo allegato indica gli aspetti più importanti in termini di differenze tra guida sulla PEF e il manuale sull’ILCD, e fornisce una giustificazione concisa di tali scostamenti. Va notato, tuttavia, che il manuale sull’ILCD fornisce un punto di partenza per gli sviluppi della PEF. Il manuale sull’ILCD può essere ulteriormente modificato per allinearlo con la guida sulla PEF, e le sezioni ridondanti che vengono affrontate nella guida sulla PEF possono essere rimosse dal manuale sull’ILCD.

1.

Destinatari

A differenza del manuale sull’ILCD, la guida sulla PEF si rivolge a persone che hanno una conoscenza limitata in tema di valutazione del ciclo di vita. Pertanto è redatto in un modo più accessibile.

2.

Controllo di completezza

Il manuale sull’ILCD offre due opzioni per il controllo di completezza (1) controllo di completezza a livello di ogni impatto ambientale e (2) controllo di completezza a livello di impatto ambientale generale (cioè combinato). La guida sulla PEF considera la completezza solo a livello di ogni impatto ambientale. Infatti, poiché la guida sulla PEF non raccomanda alcuna serie specifica di fattori di ponderazione, l’impatto ambientale generale (cioè combinato) non può essere stimato.

3.

Estensione della definizione degli obiettivi

La guida sulla PEF è destinata a un utilizzo in applicazioni specifiche, pertanto le estensioni della definizione degli obiettivi non sono previste.

4.

La definizione di campo di applicazione comprende anche le “limitazioni”

La definizione del campo di applicazione della guida sulla PEF comprende anche le specifiche delle limitazioni dello studio. In effetti, sulla base dell’esperienza acquisita con il manuale sull’ILCD, la limitazione può essere correttamente definita solo quando i professionisti dispongono di informazioni che riguardano tutti gli aspetti relativi alla definizione degli obiettivi e alla funzione di analisi.

5.

La definizione di procedura di revisione rientra in quella di obiettivo

La procedura di revisione è essenziale per migliorare la qualità di uno studio sulla PEF, quindi deve essere definita nella prima fase del processo, cioè al momento della definizione degli obiettivi.

6.

Fase di analisi anziché approccio iterativo

La guida sulla PEF raccomanda una fase di analisi da effettuare per ottenere una stima approssimativa di ogni impatto ambientale per le categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite. Questa fase è simile all’approccio iterativo raccomandato nel manuale sull’ILCD.

7.

Valutazione della qualità dei dati

La guida sulla PEF si avvale di cinque livelli di valutazione per valutare la qualità dei dati (eccellente, ottimo, buono, soddisfacente, scarso), rispetto ai tre livelli utilizzati nel manuale sull’ILCD. Ciò consentirà di raffrontare l’uso di dati con livelli inferiori di qualità dei dati nello studio sulla PEF con quelli richiesti dal manuale sull’ILCD. Inoltre, la guida sulla PEF utilizza una formula semiquantitativa per valutare la qualità dei dati, rendendo più facile raggiungere una qualità di dati “buona”, per esempio.

8.

Gerarchia di decisione multifunzionale

La guida sulla PEF fornisce una gerarchia di decisione per risolvere la multifunzionalità di prodotti che si discosta dall’approccio approvato dal manuale sull’ILCD. La guida sulla PEF fornisce anche un’equazione per risolvere la multifunzionalità in situazioni di riciclaggio e recupero energetico, nella fase di fine vita.

9.

Analisi di sensitività

L’analisi di sensitività dei risultati è facoltativa nella guida sulla PEF. Ciò dovrebbe ridurre il carico di lavoro per gli utenti della guida sulla PEF.

Allegato X

Confronto tra i requisiti chiave della guida sulla PEF e altri metodi

Sebbene metodi di contabilità ambientale dei prodotti e documenti di orientamento simili e ampiamente accettati siano strettamente allineati riguardo alla maggior parte degli orientamenti metodologici che forniscono, esistono alcune discrepanze e/o un’assenza di chiarezza su vari aspetti decisivi, che rendono meno coerenti e comparabili i risultati delle analisi. Il presente allegato fornisce un riepilogo dei requisiti chiave selezionati di questa guida sulla PEF mettendoli a confronto con alcuni metodi esistenti. Si basa sul documento “Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment”, reperibile all’indirizzo Internet http://ec.europa.eu/environment/eussd/corporate_footprint.htm. (EC-JRC-IES, 2011b). Inserimenti con diverso sfondo sono stati utilizzati per segnalare dove la guida sulla PEF si allinea (con sfondo grigio chiaro), entra in conflitto (strisce diagonali), o va al di là di un altro metodo (per esempio, fornisce maggiori dettagli o imposta requisiti più elevati) (sfondo grigio scuro). In assenza di confronto significativo possibile, non viene utilizzato alcuno sfondo.

Tabella 16

Confronto dei requisiti chiave: guida sulla PEF e altri metodi

Criteri

Guida sulla PEF

ISO 14044 (2006) LCA – requisiti e linee guida

la norma ISO/DIS 14067 (2012): impronta di carbonio del prodotto

Manuale sull’ILCD – 1o edizione (2010) (127)

Impronta ecologica (2009) (128)

Protocollo sui gas a effetto serra (2011) (WRI – WBCSD) (129)

Impronta ambientale francese

(BPX 30-323) (130)

Impronta ambientale del Regno Unito PAS 2050 (2011) (131)

Secondo LCT

Sì.

Sì.

Sì.

Sì.

Sì.

Sì.

Sì.

Sì.

Applicazioni ed esclusioni

Le applicazioni interne possono includere il supporto alla gestione ambientale, l’identificazione di punti critici ambientali, il miglioramento ambientale e il monitoraggio delle prestazioni;

Le applicazioni esterne (per es., B2B, B2C) coprono una vasta gamma di possibilità, da rispondere alle esigenze del cliente e del consumatore, alla commercializzazione, alla realizzazione di parametri di riferimento, all’etichettatura ambientale, ecc.

Identificare le opportunità per migliorare le prestazioni ambientali dei prodotti.

Dichiarazione comparativa con requisiti supplementari.

Fornire informazioni ai responsabili delle decisioni.

Fornire informazioni ai consumatori per il processo decisionale

Monitoraggio delle prestazioni.

Dichiarazione comparativa con requisiti supplementari.

Applicazione situazione “A”: Analisi ambientale del ciclo di vita prestazioni dei prodotti per il miglioramento (monitoraggio delle prestazioni), i confronti, le informazioni ai clienti (impresa, consumatore). Comprese dichiarazioni comparative con requisiti supplementari.

Fornire informazioni ai responsabili delle decisioni e ai consumatori sui comportamenti del consumo a diversi livelli, esempio livello nazionale, sub-regionale, aziendale.

Il monitoraggio delle prestazioni include l’individuazione delle opportunità di riduzione dei gas a effetto serra.

Fornire i dati sulle emissioni di gas a effetto serra per le imprese e le parti interessate attraverso informative pubbliche.

Altri tipi di comunicazione (per esempio, etichette, reclami) sono supportati dalla norma con specifiche aggiuntive (per esempio, norme di prodotto).

Dichiarazioni comparative (come definito dalla norma ISO 14044) non sono supportate.

Fornire informazioni al consumatore, consentire il confronto dei prodotti appartenenti alla stessa categoria e, se del caso, tra le categorie di prodotti.

Il metodo è destinato a essere utilizzato per la valutazione interna, per es.:

Per facilitare la valutazione delle configurazioni o dei parametri di riferimento di prodotti alternativi

Il monitoraggio delle prestazioni, che include l’individuazione delle opportunità di riduzione dei gas a effetto serra.

Favorire il confronto delle emissioni di gas a effetto serra di beni e servizi

Destinatari della comunicazione

B2B e B2C.

B2B e B2C.

B2B e B2C.

B2B e B2C.

Informazione pubblica.

B2B e B2C.

B2C.

Non prescrive i requisiti per la comunicazione.

Unità funzionale

L’unità di analisi per uno studio sulla PEF sarà definita in funzione dei seguenti aspetti: la/e funzione/i o il/i servizio/i forniti: “cosa”; la portata della funzione o del servizio: “quanto”; La durata del servizio erogato o tempo di vita del servizio: “per quanto tempo”; il livello di qualità previsto: “quale livello di qualità”.

Si determinerà un flusso di riferimento appropriato in relazione all’unità di analisi. I dati quantitativi in ingresso e in uscita raccolti a sostegno dell’analisi saranno calcolati in relazione a tale flusso.

L’unità funzionale è coerente con l’obiettivo e l’ambito dello studio. Essa deve essere chiaramente definita e misurabili.

Dopo aver scelto l’unità funzionale, deve essere definito il flusso di riferimento.

Chiaramente definita e misurabile.

L’unità funzionale è coerente con l’obiettivo e l’ambito dello studio. Essa è chiaramente definita, in termini di aspetti sia quantitativi che qualitativi.

Flusso di riferimento distinto per sostenere la raccolta dei dati.

La norma in sé non fornisce alcuna informazione specifica sulla definizione dell’unità funzionale, ma ci sono diversi studi che utilizzano il concetto di unità funzionale basato sulla norma ISO 14044.

La portata, la durata la vita, e il livello di qualità desiderato della funzione o del servizio.

Flusso di riferimento distinto per sostenere la raccolta dei dati.

L’unità funzionale è definita a livello di regole di categoria dei prodotti.

Si riferisce all’unità funzionale come unità di analisi.

Scarsità di informazioni e orientamenti forniti.

Confine del sistema

I confini del sistema comprendono tutti i processi collegati alla catena di approvvigionamento del prodotto relativa all’unità di analisi.

Dalla culla alla tomba come approccio predefinito, o diverso se diversamente specificato nelle regole di categoria relative alla PEF.

I processi inclusi nei confini del sistema sono divisi in processi di foreground (processi di primo piano, centrali nel ciclo di vita del prodotto, per i quali è disponibile l’accesso diretto alle informazioni) e processi di background (processi di secondo piano nel ciclo di vita del prodotto, per i quali non è possibile l’accesso diretto alle informazioni).

Processo iterativo:

I confini del sistema iniziali sono definiti sulla base di obiettivi e finalità dello studio.

I confini del sistema finali sono determinati dopo i calcoli iniziali e l’analisi di sensibilità.

[…]

Dall’acquisizione delle materie prime fino alla fine del ciclo di vita e smaltimento. Consente l’analisi sia dalla culla alla tomba che dalla culla al cancello.

Dall’acquisizione delle materie prime fino alla fine del ciclo di vita e smaltimento. Iterativo, focalizzato sulla maggior parte dei processi pertinenti.

Include tutti i processi (sia i processi attribuibili che i processi non attribuibili).

La norma non prevede regole per la definizione dei confini del sistema. Requisito secondo cui la relazione definisce chiaramente tutte le attività comprese all’interno dei confini del sistema.

La maggior parte delle analisi sull’impronta ambientale dei prodotti definisce i confini del “ciclo di vita” come

attività comprese dalla culla al punto di acquisto.

Dall’acquisizione delle materie prime fino alla fine del ciclo di vita e smaltimento. Processi attribuibili necessari, processi attribuibili non pertinenti.

Consente l’analisi sia dalla culla alla tomba che dalla culla al cancello.

Dall’acquisizione delle materie prime fino alla fine del ciclo di vita e smaltimento.

Esclusioni:

compensazione di carbonio

ricerca e sviluppo

Trasporto di dipendenti da casa al luogo di lavoro

Servizi associati al prodotto o al sistema (per esempio, pubblicità, marketing, ecc.)

trasporto di consumatore al e dal punto di acquisto al dettaglio.

Dall’acquisizione delle materie prime fino alla fine del ciclo di vita e smaltimento. Consente la fase dalla culla alla tomba e dalla culla al cancello).

Si applicano altri requisiti supplementari.

Confine del sistema

Esclusioni:

beni strumentali

Flussi in ingresso di energia umana nei processi.

Animali che forniscono servizi di trasporto

trasporto di consumatore al e dal punto di acquisto al dettaglio (potrebbe essere incluso dopo la revisione).

Pendolarismo dei lavoratori.

Compensazione

Non consentita.

Consentita – sulla base di massa, energia o rilevanza ambientale.

Nessun orientamento.

I criteri di compensazione dovrebbero prendere in considerazione il grado di completezza quantitativa rispetto agli impatti ambientali complessivi del sistema dei prodotti.

Per gli studi comparativi la compensazione deve inoltre riferirsi sempre alla massa e all’energia.

Nessun orientamento.

Non consentita.

5 % di massa ed energia e impatto ambientale.

5 % di potenziale del riscaldamento globale che contribuisce in modo effettivo.

(ossia > 1 % delleemissioni) deve essere incluso e almeno il 95% del totale).

Categorie di impatto

Metodi di valutazione dell’impatto del ciclo di vita (LCIA)

Un set predefinito di 14 categorie di impatto mediane è considerato, a meno che (1) non diversamente specificato nelle regole di categoria relative alla PEF o (2) l’esclusione di alcune categorie di impatto è giustificata, come specificato nella guida sulla PEF.

Un set predefinito di metodi LCIA di punti medi deve essere utilizzato.

Numerosi gli impatti ambientali derivanti dalla fornitura di prodotti, fra cui:

Emissioni di gas a effetto serra

Potenziale di riduzione dell’ozono

Potenziale di acidificazione

Potenziale di eutrofizzazione

Potenziale di creazione fotochimica dell’ozono

Altri impatti ambientali, per esempio riduzione delle risorse e salute umana (finali).

Cambiamento climatico, compresa la modifica riguardante la destinazione del suolo.

Riferire tutte le emissioni di gas a effetto serra.

Riguarda dodici categorie di impatto mediane e tre categorie di impatto finali.

Il manuale sull’ILCD fornisce metodi raccomandati al punto mediano e finale (per aree protette).

Valori dell’impronta ecologica (per es., ettari globali)

Cambiamento climatico, compresa la modifica riguardante la destinazione del suolo.

Le sei sostanze previste dal protocollo di Kyoto devono essere segnalate. Altre sostanze applicabili al prodotto studiato o la catena di valore sono raccomandate.

I metodi LCIA raccomandati dal JRC sono seguiti.

Le categorie di impatto sono fissati per categoria di prodotto.

Un set predefinito di metodi LCIA di punti medi deve essere utilizzato.

Cambiamento climatico, compresa la modifica riguardante la destinazione del suolo.

Riferire tutte le emissioni di gas a effetto serra.

Approccio di modellazione (attributivo e consequenziale)

Usa elementi da approcci di modellazione sia attributivi che consequenziali.

Forniscono i principi di come calcolare l’impatto ambientale associato ai prodotti. Evitare l’allocazione è l’approccio preferibile.

Forniscono il principio sul modo di calcolare le emissioni di gas a effetto serra (cambiamenti climatici) associate ai prodotti. Evitare l’allocazione è l’approccio preferibile.

Approccio attributivo più sostituzione per la fine del ciclo di vita e altri processi di multiprodotto. Evitare l’allocazione è l’approccio preferibile.

Approccio contabile (simile all’approccio attributivo).

Consente l’LCA dei processi, flussi di ingresso e di uscita o modellazione ibrida.

Approccio attributivo, più espansione del sistema diretta per i processi multi-prodotto e approssimazione ad anello chiuso per il riciclaggio (secondo i requisiti della norma).

Approccio attributivo.

Regole di allocazione per il riciclaggio e il recupero di energia sono proposte per materiale.

Approccio attributivo. Evitare l’allocazione è l’approccio preferibile.

Qualità dei dati

La qualità dei dati è valutata in base ai criteri seguenti:

Rappresentatività tecnologica

Rappresentatività geografica

Rappresentatività temporale

Completezza

Incertezza dei parametri

Adeguatezza e coerenza metodologiche (cioè il completamento del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni in base alla presente guida generale).

I requisiti in materia di qualità dei dati devono essere soddisfatti (per i dati sia per specifici che generici) da qualsiasi studio sulla PEF destinato a una comunicazione esterna. Per gli studi sulla PEF (che dichiarano di essere in linea con la presente guida) destinati ad applicazioni interne, i requisiti in materia di qualità dei dati specificati dovrebbero essere raggiunti (ossia, sono consigliati), anche se non sono obbligatori.

Nel profilo definitivo di utilizzo delle risorse e di emissioni, per i processi e/o le attività che rappresentano almeno il 70o% dei contributi per ciascuna categoria di impatto (sulla base dell’esercizio di analisi, se condotto), sia i dati specifici che quelli generici conseguono almeno un livello generale di buona qualità (“good quality”). Per questi processi deve essere effettuata e comunicata una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati. […]

Relativamente al livello in cui la valutazione della qualità dei dati viene effettuata:

Per i dati generici, deve essere effettuata a livello dei flussi in ingresso, per esempio la carta acquistata per essere utilizzata in una tipografia

per dati specifici, deve essere condotta a livello di un singolo processo o processi combinati, o a livello di singoli flussi di ingresso.

Per i seguenti criteri di qualità dei dati i requisiti devono essere specificati:

Copertura temporale

Copertura geografica

Copertura tecnologia

Precisione

Completezza

Coerenza

Fonti dei dati

Incertezza delle informazioni

Non sono specificati requisiti minimi di qualità dei dati

Per le dichiarazioni comparative, i suddetti otto criteri devono essere affrontati.

Confronto PEF e ISO 14044:

1.

i criteri di qualità dei dati (sei rispetto a otto) riguardano in larga misura gli stessi aspetti, ma ISO va al di là della PEF.

2.

Nella PEF, i sei criteri devono sempre essere presi in considerazione, mentre gli otto criteri ISOdevono essere presi in considerazione solo per le dichiarazioni comparative

3.

La PEF stabilisce requisiti minimi effettivi in materia di qualità dei dati, contrariamente alla norma ISO.

Adotta la norma ISO 14044.

Modificati dalla norma ISO 14044 (si applica sia ai dati primari che ai dati secondari):

rappresentatività tecnologica,

rappresentatività geografica,

rappresentatività temporale,

completezza/precisione,

adeguatezza e coerenza metodologiche.

Non esistono requisiti specifici in materia di qualità dei dati nella metodologia. Fa riferimento alla norma ISO 14044.

Cinque indicatori per la qualità dei dati devono essere utilizzati per valutare la qualità dei dati:

Rappresentatività tecnologica

Rappresentatività temporale

Rappresentatività geografica

Completezza

Affidabilità

Per i processi di rilievo, le società devono fornire una dichiarazione descrittiva per quanto concerne le fonti dei dati, la qualità dei dati e gli eventuali sforzi compiuti per migliorare la qualità dei dati.

L’ADEME ha istituito un comitato consultivo direttivo per la banca dati pubblica. Il comitato valuta anche la qualità dei dati/la revisione qualitativa e critica

Rappresentatività geografica

Rappresentatività tecnologica

Rappresentatività temporale

Completezza dei flussi elementari

Precisione e incertezza

Riproducibilità

Non sono specificati requisiti minimi di qualità dei dati

Adattamento dalla norma ISO 14044.

Non sono specificati requisiti minimi di qualità dei dati

Tipo di dati e raccolta di dati

Modello di raccolta dei dati

I dati specifici devono essere ottenuti per tutti i processi di foreground e i processi di background, se del caso. Tuttavia, se i dati generici sono più rappresentativi o appropriati rispetto ai dati specifici (da comunicare e giustificare) per i processi di foreground, anche per i processi di foreground sono utilizzati i dati generici.

I dati generici dovrebbero essere usati solo per i processi nel sistema di background, a meno che (i dati generici) siano più rappresentativi o appropriati dei dati specifici per i processi di foreground, nel qual caso i dati generici devonoessere utilizzati anche per i processi del sistema di foreground.

Dati generici (a condizione che soddisfino i requisiti in materia di qualità dei dati specificati nella presente guida sulla PEF) devono, se disponibili, essere tratti da

I dati elaborati in linea con i requisiti delle pertinenti regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti

I dati elaborati in linea con i requisiti per gli studi sulla PEF

Rete di dati del sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) (dati che rispondono ai requisiti ILCD per la situazione A)

ELCD

Modello di raccolta dei dati: il modello fornito è informativo.

Dati primari: raccolti (misurati, calcolati o stimati) dai luoghi di produzione associati alle unità di processo all’interno del confine del sistema.

Dati secondari: Dati derivanti da altre fonti, come la letteratura o le banche dati. Nessuna fonte di dati specifica è raccomandata. Il professionista deve seguire i requisiti in materia di qualità dei dati definiti per la selezione dei dati secondari.

Modello di raccolta dei dati: Cfr. ISO/TR 14049

Adotta la norma ISO 14044.

Dati primari: I dati primari per il sistema di foreground e dei principali processi di background preferiti; i dati secondari possono essere ugualmente utilizzati, a condizione che siano conformi all’ILCD e abbiano una rappresentatività buona e dimostrabile per quei processi/prodotti.

Per tutte le altre esigenze in termini di dati, sono preferibili dati secondari della migliore qualità e conformi all’ILCD. Le lacune rimanenti a livello di dati devono essere colmate con “stime di dati” di qualità minima.

La guida metodologica stabilisce che il piano di gestione dei dati dovrebbe prevedere un modello di raccolta di dati.

Se si ricorre alla LCA dei processi, il requisito/la raccomandazione per i dati primari devono seguire la norma ISO 14044.

Dati secondari: Non viene fornita una fonte specifica.

Non viene fornito un modello di raccolta

Dati primari sono necessari per tutti i processi di proprietà o controllo della società di riferimento.

Dati secondari: Sono raccomandati i dati della migliore qualità, anche se sono preferibili i dati primari, se disponibili.

La guida metodologica stabilisce che il piano di gestione dei dati dovrebbe prevedere un modello di raccolta di dati.

Tuttavia, nella norma non viene fornito alcun esempio.

I dati primari sono preferibili.

Requisito specifico fornito a livello di regole di categoria dei prodotti.

Fornisce un modello di raccolta di dati per i trasporti e l’ unità di processo nell’allegato E.

Dati di attività primari sono richiesti per tutti i processi di proprietà o gestione dell’organizzazione operante.

I dati secondari devono essere usati per i flussi in ingresso se i dati di attività primari non sono stati ottenuti.

Preferibile che i dati secondari siano conformi ai requisiti del PAS. La selezione dei dati secondari devono basarsi su quanto segue

(1)

regole sulla qualità dei dati tratte dalla norma ISO 14044,

(2)

Preferenza per i dati secondari da pubblicazioni sulla revisione tra pari, insieme ai dati provenienti da altre fonti autorevoli

Modello di raccolta: fornito nella guida PAS 2050.

Allocazione/gerarchia multifunzionale

La seguente gerarchia multifunzionale delle decisioni sulla PEF si applica per la risoluzione di tutti i problemi di multifunzionalità: (1) suddivisione o espansione del sistema; (2) allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente (in questo caso è possibile applicare la sostituzione); (3) allocazione sulla base di altri rapporti

L’Allocazione deve dapprima essere evitata attraverso la suddivisione del processo o l’espansione del sistema, se possibile. In caso contrario, i rapporti fisici (per es., massa, energia) tra prodotti o funzioni devono essere utilizzati per ripartire i flussi in ingresso e in uscita.

Quando non è possibile stabilire i rapporti fisici, vengono utilizzati altri rapporti (per esempio il valore economico).

Adottano la norma ISO 14044.

Ulteriormente sviluppata e specificata dalla norma ISO 14044:

Evitare l’allocazione mediante suddivisione o suddivisione virtuale.

Sostituzione/ espansione del sistema (anche di funzioni più ampie) del mix di mercato.

Allocazione del rapporto fisico causale, per es., massa, energia.

Allocazione economica.

Se l’analisi comprende un nuovo calcolo di dati P-LCA che disaggrega un prodotto finito nei suoi prodotti primari equivalenti, deve essere conforme alle norme LCA ISO 14040 e 14044.

Adattamento dalla norma ISO 14044:

Le aziende devono evitare per quanto possibile l’allocazione utilizzando la suddivisione dei processi, ridefinendo l’unità funzionale, o mediante l’espansione del sistema.

Se l’allocazione è inevitabile, le aziende assegnano emissioni e rimozioni in base ai rapporti fisici sottostanti tra il prodotto studiato e i coprodotti.

Quando non è possibile stabilire da soli i rapporti fisici, le aziende dovranno selezionare l’allocazione economica o un altro metodo di allocazione che rifletta altri rapporti tra il prodotto studiato e i coprodotti.

Adottano la norma ISO 14044.

Ulteriore sviluppo dalla norma ISO 14044:

1.

L’allocazione del coprodotto è evitata dividendo le unità di processo insottoprocessi, o mediante l’espansione del sistema dei prodotti.

2.

Se 1 non è applicabile, l’allocazione avverrà in base a requisiti supplementari.

3.

Se non ci sono requisiti supplementari, il valore economico avrà la preferenza.

Allocazione per il riciclaggio

Orientamenti specifici forniti (compresa la formula!), che tengono conto anche del recupero di energia.

Tale questione è affrontata separatamente, fornendo un principio generale per evitare l’allocazione, ma nessuna regola specifica è prevista così come nessuna formula.

Sostituzione della produzione primaria del prodotto evitato.

Segue la gerarchia di allocazione della norma ISO 14044. L’allegato Cche contiene le formule è INFORMATIVO.

Sostituzione della produzione primaria della media di mercato del prodotto evitato.

Nessuna linea guida.

Deve essere usato il metodo di approssimazione ad anello chiuso o del contenuto riciclato. Se nessuno dei due metodi è appropriato, altri metodi - in linea con la normaISO 14044 - possono essere utilizzati se divulgati e giustificati nella relazione di inventario.

Fornisce orientamenti molto dettagliati ed equazioni per il riciclaggio ad anello chiuso e aperto, con o senza recupero di energia.

Fornisce equazioni per calcolare le emissioni - una distinzione tra metodo del contenuto riciclato e metodo del riciclaggio di approssimazione ad anello chiuso

(stabilisce i criteri su dove applicare 0/100,100/0).

Emissioni e rimozioni di carbonio fossili e biogeniche

Le rimozioni e le emissioni sono comunicate separatamente per entrambe le fonti fossili e biogeniche.

Nessuna disposizione.

Le rimozioni e le emissioni sono comunicate separatamente per entrambe le fonti fossili e biogeniche.

Le rimozioni e le emissioni sono comunicate separatamente per entrambe le fonti fossili e biogeniche.

Nessuna disposizione.

Entrambe le emissioni e le rimozioni di carbonio da fonti fossili e biogeniche sono incluse nei risultati di inventario e riportate separatamente a fini di trasparenza (obbligatorio a meno che non applicabile).

Entrambe le emissioni e le rimozioni di carbonio da fonti fossili e biogeniche dovrebbero essere comunicate separatamente.

Entrambe le emissioni e le rimozioni di carbonio sono incluse nella valutazione (obbligatorio), eccetto le emissioni e le rimozioni biogeniche da alimenti e mangimi (che non è obbligatorio).

Modifica diretta riguardante la destinazione del suolo/modifica indiretta riguardante la destinazione del suolo

Le emissioni di gas a effetto serra derivanti dalle modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo devono essere assegnate a prodotti/servizi per 20 anni dopo la modifica della destinazione del suolo che si verifica usando la tabella dei valori predefiniti dell’IPCC.

Modifica indiretta riguardante la destinazione del suolo: d’ora in poi non deve essere inclusa, dal momento che non è disponibile una metodologia accettata.

Nessuna disposizione.

Modifica diretta riguardante la destinazione del suolo: Utilizza le linee guida IPCC.

Modifica indiretta riguardante la destinazione del suolo: Sarà presa in considerazione quando un metodo concordato a livello internazionale verrà stabilito.

Modifica diretta riguardante la destinazione del suolo: Orientamenti IPCC specifici con tabella predefinita; assegnata a prodotti per 20 anni dopo la modifica riguardante la destinazione del suolo (possibili aggiustamenti in caso di migliori dati specifici rivisti).

Modifica indiretta riguardante la destinazione del suolo (ILUC) è presa inconsiderazione nell’ambito della modellazione consequenziale, ma non per le LCA (attributive) a livello di prodotto.

Modifica diretta riguardante la destinazione del suolo: Tipi di destinazione del suolo utilizzati nella relazione sono coerenti con i conti dell’impronta nazionale, sia per impronta che per biocapacità.

Modifica indiretta riguardante la destinazione del suolo: nessuna disposizione.

Modifica diretta riguardante la destinazione del suolo: richiesta se attributiva. Disponibilità di ulteriori orientamenti per il calcolo, fonti di dati in riferimento all’IPCC.

Modifica indiretta riguardante la destinazione del suolo non è richiesta.

Modifica diretta riguardante la destinazione del suolo: riferimento alla metodologia IPCC.

Modifica indiretta riguardante la destinazione del suolo: Sarà presa in considerazione quando un metodo concordato a livello internazionale verrà stabilito.

Modifica diretta riguardante la destinazione del suolo: In particolare comprende le emissioni dalle modifiche riguardanti la destinazione del suolo intervenuta negli ultimi 20 anni.

Modifica indiretta riguardante la destinazione del suolo è esclusa.

Stoccaggio di carbonio ed emissioni ritardate

I crediti associati allo stoccaggio temporaneo (di carbonio) o alle emissioni ritardate non devono essere considerati nel calcolo della PEF per le categorie di impatto predefinite, salvo se specificato nelle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti.

Non sono fornite disposizioni/informazioni specifiche. Tuttavia, l’interpretazione della definizione di LCA fornita suggerisce che lo stoccaggio di carbonio e le emissioni ritardate sono escluse dall’ambito consueto di studio.

Lo stoccaggio di carbonio deve essere comunicato separatamente.

Escluso dall’ambito consueto di studio. Tuttavia, se incluso in quanto parte dell’obiettivo dello studio, il manuale sull’ILCD fornisce dettagliate indicazioni operative.

Come per l’approccio raccomandato nel PAS 2050 per i metodi con cui vengono calcolati gli impatti di stoccaggio di carbonio.

Differenziano lo stoccaggio temporaneo dallo stoccaggio permanente se garantito per oltre 10 000 anni.

Nessuna disposizione.

Il carbonio non rilasciato a seguito del trattamento di fine vita nel periodo di tempo dello studio è trattato come carbonio stoccato. Il periodo di tempo dovrebbe essere basato sulla scienza per quanto possibile, o costituire un periodo di almeno 100 anni.

Le emissioni ritardate o i fattori di ponderazione (per esempio carbonio temporaneo) non sono inclusi nei risultati di inventario, ma possono essere indicati separatamente.

Carbonio biogenico e fossile. Media ponderata con il tempo per lo stoccaggio/il ritardo fino a 100 anni.

La decisione se applicare il concetto di emissioni ritardate è facoltativa e sarà decisa in ogni regola di categoria relativa all’impronta ambientale dei prodotti.

La rimozione dei gas a effetto serra può essere presa in considerazione per i prodotti contenenti biomassa se questa biomassa deriva da foreste reimpiantate.

L’eventuale impatto di stoccaggio di carbonio è incluso nell’inventario, ma deve essere anche contabilizzato a parte. I fattori di ponderazione per le emissioni ritardate non sono inclusi nel risultato di inventario, ma è previsto un metodo (di cui all’allegato B), se le organizzazioni desiderano applicarle. In questo caso, si deve procedere alla registrazione separata nel risultato di inventario.

Compensazione delle emissioni

Non vanno inserite nella valutazione.

Nessuna disposizione.

Non vanno inserite nella valutazione.

Non vanno inserite nella valutazione.

Nessuna disposizione.

Non vanno inserite nella valutazione.

Non vanno inserite nella valutazione.

Non vanno inserite nella valutazione.

Qualifiche della revisione e del revisore

Salvo diversa disposizione indicata negli strumenti politici pertinenti, uno studio destinato a una comunicazione esterna è sottoposto a una revisione effettuata da un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di revisori). Per corroborare una dichiarazione comparativa destinata a essere divulgata al pubblico, uno studio deve basarsi sulle regole di categoria relative alla PEF pertinenti ed è sottoposto a una revisione effettuata da un revisore esterno indipendente affiancato da un gruppo di parti interessate.

Si applicano requisiti minimi per le qualifiche del revisore.

Fornisce requisiti per studi comparativi:

Se lo studio è destinato a essere utilizzato per una dichiarazione comparativa da comunicare al pubblico, le parti interessate devono condurre questa valutazione come una revisione critica, e fornire informazioni di carattere generale per quanto riguarda il tipo di revisione.

Stabilisce sistemi di verifica differenti a seconda della natura e destinazione prevista dello studio: dichiarazione, denuncia, etichettatura.

Fornisce i requisiti minimi per il tipo di revisione, le qualifiche del revisore e le modalità di revisione (per esempio, per uno studio generale LCA, la revisione esterna di un esperto indipendente è un requisito minimo).

Specifica che la relazione dovrebbe essere valutata in maniera indipendente, ma non prevede orientamenti specifici.

La garanzia è obbligatoria e può essere raggiunta attraverso:

Verifica di parte

Verifica di terzi

Revisione critica.

I dati secondari non derivanti da fonti raccomandate devono essere riviste dal comitato.

Nella regola di categoria dei prodotti, sono definiti la validità temporale dei dati e la frequenza di aggiornamento, nonché il processo di convalida dei dati e dei risultati.

L’ente di certificazione indipendente accreditato a fornire la valutazione e la certificazione del PAS 2050.

Ci sono altre possibilità di verifica, fra cui l’autoverifica e la verifica da parte di enti non accreditati, a seconda della comunicazione prevista.

Informativa

La relazione sullo studio deve comprendere, come minimo, una sintesi, una relazione principale e un allegato, Devono contenere tutti gli elementi specificati. Ogni ulteriore informazione di supporto può essere inclusa, per esempio una relazione di carattere riservato –

(il contenuto segue strettamente i requisiti della norma ISO 14044 in materia di informativa. Tuttavia, se la valutazione supporta dichiarazioni comparative (da comunicare al pubblico), i requisiti di informativa ISO vanno oltre i requisiti di informativa della PEF.

Fornisce i requisiti generali di informativa e ulteriori requisiti per l’informativa di terze parti.

Non vi è alcun esempio di modello per la relazione LCA nella norma ISO 140xx.

La norma ISO 14048 fornisce il modello e/o i requisiti solo per il set di dati.

Fornisce i requisiti generali (adattamento dalla norma ISO 14044).

Requisiti aggiuntivi di informativa di terze parti:

a)

modifiche all’ambito iniziale associate alle rispettive motivazioni;

b)

descrizione delle fasi del ciclo di vita;

c)

confine del sistema, incluso il tipo di flussi in ingresso e uscita del sistema come flussi elementari, […].

d)

descrizione delle unità di processo di rilievo, […]

e)

dati,[…]

f)

risultati dell’interpretazione, fra cui le conclusioni e le limitazioni.

Fornisce i requisiti generali di informativa e ulteriori requisiti per l’informativa di terze parti.

Fornisce set di dati e il formato e i modelli della relazione sullo studio.

Supporta lo scambio di dati e flusso di lavoro elettronico/sul web

Modello di relazione non fornito.

Si applicano altri requisiti […]

Fornisce un elenco di elementi obbligatori e facoltativi per l’informativa al pubblico (modello disponibile sul sito Internet del protocollo sui gas a effetto serra).

Modello di relazione non fornito.

Modello di relazione non fornito.

Interpretazione dei risultati

La fase di interpretazione dell’impronta ambientale deve comprendere le seguenti fasi: (1) “valutazione della fondatezza del modello di PEF”, (2) “identificazione di punti critici”, (3) “stima dell’incertezza” e (4) “conclusioni, limitazioni e raccomandazioni”.

Strumento facoltativo per l’interpretazione dei risultati: controllo di completezza, controllo di sensibilità, controllo di coerenza (obbligatori nella norma ISO 14044).

individuazione degli aspetti significativi sulla base dei risultati del LCI e delle fasi LCIA di LCA;

una valutazione che tenga conto dei controlli di completezza, sensibilità e coerenza;

conclusioni, limitazioni e raccomandazioni

Adottano la norma ISO 14044.

Ulteriore indicazione dalla norma ISO 14044.

Adottano la norma ISO 14044.

Aspetti dell’interpretazione sono inclusi nei capitoli riguardanti incertezza, informativa e monitoraggio delle prestazioni.

Adottano la norma ISO 14044.

Adottano la norma ISO 14044.

Incertezza dei risultati

Viene fornita almeno una descrizione qualitativa delle incertezze.

SUGGERIMENTO: Le valutazioni quantitative delle incertezze possono essere calcolate per la varianza associata a processi significativi e fattori di caratterizzazione per mezzo delle simulazioni Monte Carlo.

Elencato come un requisito, ma non vengono forniti orientamenti dettagliati.

“L’analisi dei risultati per la sensibilità e l’incertezza deve essere effettuata per gli studi destinati a essere utilizzati in dichiarazioni comparative destinate a essere rese pubbliche.”

Elencato come un requisito, ma non vengono forniti orientamenti dettagliati.

Nessun metodo specifico nella guida esistente. Fornisce solo un quadro.

Nessun orientamento dettagliato fornito, ma indica che una stima dei seguenti tipi di incertezza deve essere fornita separatamente:

parametri dei flussi di ingresso

ipotesi di proporzionalità

errori di categoria

copertura incompleta o parziale

Richiede informativa sull’incertezza qualitativa per i processi di rilievo,

Orientamenti e strumenti per l’esecuzione di analisi dell’incertezza quantitativa disponibili come informazioni supplementari sul sito Internet del protocollo sui gas a effetto serra.

I gruppi di lavoro specifici per il settore deve effettuare un’analisi dell’incertezza e della sensibilità in base alla norma ISO 14040:2006.

Particolare attenzione sarà data agli aspetti ambientali significativi per garantire che le informazioni comunicate ai consumatori rimangano pertinenti.

Le società devono fornire una dichiarazione qualitativa sull’incertezza di inventario e scelte metodologiche. Le scelte metodologiche comprendono:

profilo di utilizzo e di fine del ciclo di vita

metodi di allocazione, compresa l’allocazione dovuta a riciclaggio

uso della fonte dei valori del potenziale di riscaldamento globale

modelli di calcolo


(1)  In letteratura la catena di approvvigionamento viene spesso definita “catena del valore”. Tuttavia, nel presente documento è stata preferita l’espressione “catena di approvvigionamento”, per evitare la connotazione economica di “catena del valore”.

(2)  Commissione europea 2011: COM(2011) 571 definitivo: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse.

(3)  http://ec.europa.eu/environment/resource_efficiency/index_en.htm

(4)  http://ec.europa.eu/environment/eussd/corporate_footprint.htm

(5)  Disponibile online all’indirizzo http://www.iso.org/iso/iso_catalogue.htm

(6)  Disponibile online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(7)  “Ecological Footprint Standards 2009” – Global Footprint Network. Disponibile online all’indirizzo http://www.footprintnetwork.org/images/uploads/Ecological_Footprint_Standards_2009.pdf

(8)  WRI e WBCSD (2011). Greenhouse Gas Protocol Product Life Cycle Accounting and Reporting Standard, 2011.

(9)  General principles for an environmental communication on mass market products: http://www2.ademe.fr/servlet/getDoc?id=11433&m=3&cid=96

(10)  Specification for the assessment of the life cycle greenhouse gas emissions of goods and services: http://www.bsigroup.com/en/Standards-and-Publications/How-we-can-help-you/Professional-Standards-Service/PAS-2050/

(11)  Questo documento è reperibile all’indirizzo http://ec.europa.eu/environment/eussd/corporate_footprint.htm

(12)  Per esempio, un’impresa produce 40 000 T-shirt e 20 000 pantaloni all’anno con un’impronta ambientale dei prodotti pari rispettivamente a X e Y rispettivamente per T-shirt e pantaloni. L’OEF dell’impresa è pari a Z / anno. In teoria, Formula.

(13)  Il ciclo di vita corrisponde a fasi consecutive e interconnesse di un sistema produttivo, dall’acquisizione o dalla generazione di materie prime o dalle risorse naturali allo smaltimento finale (ISO 14040:2006).

(14)  Il concetto di ciclo di vita tiene in considerazione tutti i vari flussi di risorse e gli interventi ambientali associati a un prodotto o un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento, incluse tutte le fasi dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, distribuzione, uso e ai processi di fine vita, nonché tutti gli impatti ambientali associati pertinenti (anziché concentrarsi su una singola questione).

(15)  Si definiscono rifiuti le sostanze o gli oggetti che il detentore intende o deve smaltire (ISO 14040:2006).

(16)  Prodotto - un qualsiasi bene o servizio (ISO 14040:2006).

(17)  In letteratura la catena di approvvigionamento viene spesso definita “catena del valore”. Tuttavia, nel presente documento è stata preferita l’espressione “catena di approvvigionamento”, per evitare la connotazione economica di “catena del valore”.

(18)  Materia prima – materiale primario o secondario utilizzato per la fabbricazione di un prodotto (ISO 14040:2006).

(19)  Disponibile online all’indirizzo http://www.iso.org/iso/iso_catalogue.htm

(20)  Disponibile online all’indirizzo: http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(21)  “Ecological Footprint Standards 2009” – Global Footprint Network. Disponibile online all’indirizzo http://www.footprintnetwork.org/images/uploads/Ecological_Footprint_Standards_2009.pdf

(22)  GHGP 2011, Greenhouse Gas Protocol Product Life Cycle Accounting and Reporting Standard.

(23)  General principles for an environmental communication on mass market products. Disponibile online all’indirizzo http://www2.ademe.fr/servlet/getDoc?id=11433&m=3&cid=96

(24)  Specification for the assessment of the life cycle greenhouse gas emissions of goods and services. Disponibile online all’indirizzo http://www.bsigroup.com/en/Standards-and-Publications/How-we-can-help-you/Professional-Standards-Service/PAS-2050/

(25)  Commissione europea - Centro comune di ricerca - Istituto per l’ambiente e la sostenibilità (2011b). Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment. EC – IES - JRC, Ispra, novembre 2011. http://ec.europa.eu/environment/eussd/corporate_footprint.htm

(26)  Confine del sistema – Definizione degli aspetti inclusi o esclusi dallo studio. Per esempio, per un’analisi di impatto ambientale “cradle-to-grave” i confini del sistema dovrebbero comprendere tutte le attività che vanno dall’estrazione delle materie prime alla trasformazione, alla distribuzione, allo stoccaggio, all’uso, allo smaltimento o al riciclaggio.

(27)  Sistema di prodotti – Raccolta di unità di processi con flussi elementari e di prodotti, che svolgono una o più funzioni definite, e che modella il ciclo di vita di un prodotto (ISO 14040:2006).

(28)  Le dichiarazioni comparative sono dichiarazioni ambientali relative alla superiorità o all’equivalenza di un prodotto rispetto a un prodotto concorrente che svolge la stessa funzione. (ISO 14040:2006).

(29)  Una categoria di prodotti è un gruppo di prodotti in grado di svolgere funzioni equivalenti (ISO 14025:2006).

(30)  Se svolge più di una funzione, ossia se fornisce più prodotti e/o servizi (“coprodotti”), un processo o un impianto è “multifunzionale”. In tali situazioni, tutti i flussi in ingresso e le emissioni connessi al processo devono essere ripartiti tra il prodotto interessato e altri coprodotti basandosi su una serie di principi. (cfr. capitolo 6.10 e allegato V).

(31)  Regole di categoria di prodotto (PCR) - Serie di regole, requisiti e orientamenti specifici per la preparazione di dichiarazioni ambientali di tipo III per una o più categorie di prodotti (ISO 14025:2006).

(32)  Un aspetto ambientale è un elemento delle attività o dei prodotti di un’organizzazione che ha o può avere un impatto sull’ambiente.

(33)  La valutazione del ciclo di vita è l’elencazione e la valutazione dei flussi in ingresso, dei flussi in uscita e dei possibili impatti ambientali di un sistema di prodotti in tutto il suo ciclo di vita (ISO 14040:2006).

(34)  Qualità dei dati si riferisce alle caratteristiche dei dati che riguardano la loro capacità di soddisfare i requisiti stabiliti (ISO 14040:2006). La qualità dei dati riguarda vari aspetti, come la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale, nonché la completezza e la precisione dei dati di inventario.

(35)  Il metodo dell’allocazione serve a risolvere i problemi di multifunzionalità. Si riferisce a un “frazionamento dei flussi in entrata o in uscita di un processo, un sistema produttivo o un impianto tra il sistema in esame e un altro sistema o più sistemi” (ISO 14040:2006).

(36)  In taluni casi possono essere sufficienti semplici modifiche/integrazioni delle regole di categoria di prodotto esistenti.

(37)  http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/product_details/publication?p_product_code=KS-RA-07-015

(38)  Il codice alfabetico delle sezioni non compare nel codice numerico in base alla classificazione NACE e pertanto in questo caso non è rilevante.

(39)  Valutazione di una parziale catena di approvvigionamento di un prodotto, dall’estrazione di materie prime (culla) al “cancello” del fabbricante. Sono omesse le fasi di distribuzione, stoccaggio, utilizzo e fine vita della catena di approvvigionamento (cfr. Il glossario).

(40)  Valutazione che comprende le fasi di estrazione delle materie prime, trasformazione, distribuzione, stoccaggio, utilizzo e smaltimento o riciclaggio. Tutti i flussi in entrata e in uscita pertinenti sono presi in considerazione per tutte le fasi del ciclo di vita (cfr. glossario).

(41)  Una dichiarazione comparativa è una dichiarazione ambientale concernente la superiorità o l’equivalenza di un prodotto rispetto a un prodotto concorrente che svolge la stessa funzione.

(42)  L’espressione “unità di analisi” è utilizzata nella presente guida al posto dell’espressione “unità funzionale” utilizzata nella norma ISO 14044.

(43)  Il flusso di riferimento è una misura dei risultati dei processi in un dato sistema produttivo necessari per rispettare la funzione espressa dall’unità di analisi (in base alla norma ISO 14040:2006).

(44)  Flusso in ingresso – flusso di prodotti, materiale o energia che entra in un’unità di processo. I prodotti e i materiali comprendono materie prime, prodotti intermedi e coprodotti (ISO 14040:2006).

(45)  Flusso in uscita – flusso di prodotti, materiali o energia che escono da un’unità di processo. I prodotti e i materiali comprendono le materie prime, i prodotti intermedi, i coprodotti e le emissioni (ISO 14040:2006).

(46)  La materia prima è materiale primario o secondario utilizzato per la fabbricazione di un prodotto (ISO 14040:2006).

(47)  Dalla culla alla tomba - Una valutazione che comprende le fasi di estrazione delle materie prime, trasformazione, distribuzione, stoccaggio, utilizzo e smaltimento o riciclaggio. Tutti i flussi in ingresso e in uscita pertinenti sono considerati per la totalità delle fasi del ciclo di vita.

(48)  Per esempio, il sito del produttore e altri processi gestiti dal produttore o dai suoi fornitori come il trasporto delle merci, i servizi della sede centrale, ecc.

(49)  Per esempio, la maggior parte dei processi che nel ciclo di vita si collocano a monte – quali infrastrutture, edifici - e in generale tutti i processi più a valle.

(50)  Prodotto intermedio – risultato di una unità di processo che viene immesso in altre unità di processo che richiedono ulteriore trasformazione all’interno del sistema (ISO 14040:2006).

(51)  A valle – nella catena di approvvigionamento di beni/servizi, successivo al punto di produzione.

(52)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “categoria di impatto dell’impronta ambientale” anziché l’espressione “categoria di impatto” utilizzata nella norma ISO 14044:2006.

(53)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “indicatore di categoria di impatto dell’impronta ambientale” anziché l’espressione “indicatore di categoria di impatto” utilizzata nella norma ISO 14044:2006.

(54)  In tutta la presente guida si ricorre all’espressione “valutazione di impatto dell’impronta ambientale” anziché all’espressione “valutazione di impatto del ciclo di vita”, utilizzata nella norma ISO 14044:2006. Si tratta della fase relativa all’analisi della PEF volta a comprendere e a valutare le dimensioni e il significato dei possibili impatti ambientali per un sistema in tutto il ciclo di vita [in base alla norma ISO 14044:2006). I metodi di valutazione di impatto dell’impronta ambientale forniscono i fattori di caratterizzazione dell’impatto per i flussi elementari, al fine di aggregare l’impatto per ottenere un numero limitato di indicatori intermedi e/o dei danni.

(55)  Per maggiori informazioni sulle categorie di impatto ambientale e sui metodi di valutazione, si fa riferimento al manuale ILCD “Framework and requirements for LCIA models and indicators”, “Analysis of existing Environmental Assessment methodologies for use in LCA” e “Recommendation for life cycle impact assessment in the European context”. Sono disponibili on line all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/

(56)  CFC-11 = triclorofluorometano, noto anche come freon-11 o R-11, è un clorofluorocarburo.

(57)  PM2,5 = particolato con un diametro pari o inferiore a 2,5 μm.

(58)  NMVOC = composti organici volatili non metanici

(59)  Qualità dei dati - Caratteristiche dei dati che riguardano la loro capacità di soddisfare i requisiti stabiliti (ISO 14040:2006). La qualità dei dati riguarda vari aspetti, come la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale, nonché la completezza e la precisione dei dati di inventario.

(60)  Caratterizzazione si riferisce al calcolo dell’entità del contributo di ciascun flusso in entrata/in uscita classificato secondo le rispettive categorie di impatto dell’impronta ambientale e combinazione di contributi all’interno di ciascuna categoria. Ciò richiede una moltiplicazione lineare dei dati di inventario con fattori di caratterizzazione per ciascuna sostanza e categoria di impatto dell’impronta ambientale di interesse. Per esempio, per quanto riguarda la categoria di impatto dell’impronta ambientale “cambiamenti climatici”, CO2 viene scelta come sostanza di riferimento e l’unità di riferimento è un kg CO2-equivalenti.

(61)  Un fattore di caratterizzazione è un fattore derivato da un modello di caratterizzazione applicato per convertire un risultato assegnato di “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” all’unità comune dell’indicatore di categoria di impatto ambientale (sulla base della norma ISO 14040:2006).

(62)  I dati generici sono i dati non direttamente raccolti, misurati o valutati, ma provenienti da una banca dati di inventari sul ciclo di vita di terzi o da un’altra fonte conforme ai requisiti sulla qualità dei dati del metodo relativo all’impronta ambientale delle organizzazioni.

(63)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” invece dell’espressione “inventario del ciclo di vita” utilizzata nella norma ISO 14044.

(64)  I dati generici sono dati non direttamente raccolti, misurati o stimati, ma provenienti da una banca dati di inventari del ciclo di vita di terzi o da un’altra fonte conforme ai requisiti in materia di qualità dei dati del metodo di calcolo della PEF.

(65)  La classificazione è definita come allocazione di flussi in entrata e in uscita di materiali/energia inventariati nel Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni secondo le categorie di impatto dell’impronta ambientale in base al potenziale di ciascuna sostanza per contribuire a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale presa in considerazione.

(66)  La revisione critica è un processo inteso a garantire la coerenza tra uno studio sulla PEF e i principi e i requisiti della presente guida e delle regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti (se disponibili) (in base alla norma ISO 14040:2006).

(67)  Gate to Gate (da cancello a cancello) – comprende i processi all’interno di un’organizzazione o un sito specifici.

(68)  La presente sezione è basata sul capitolo 7.3.1 del protocollo sui gas a effetto serra relativo ai principi contabili e di informativa per il ciclo di vita dei prodotti, 2011.

(69)  Il tasso di carico è il rapporto o la capacità (cioè la massa o il volume) di trasporto di un veicolo per ogni viaggio.

(70)  Per maggiori informazioni, consultare: http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/data

(71)  Questa sezione si basa sulla sezione 7.3.1 del protocollo sui gas a effetto serra relativa ai principi contabili e di informativa per il ciclo di vita dei prodotti, 2011.

(72)  Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16.

(73)  Il fattore di caratterizzazione (CF) è un fattore derivato da un modello di caratterizzazione applicato per convertire un risultato del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni assegnato nell’unità comune dell’indicatore di categoria di impronta ambientale (in base alla norma ISO 14040:2006).

(74)  Un inventario separato delle emissioni/eliminazioni di fonti di carbonio biogenico implica che per la categoria di impatto dell’impronta ambientale relativa ai cambiamenti climatici devono essere assegnati i seguenti fattori di caratterizzazione (cfr. sezione 6.1.2): “-1” per le rimozioni di biossido di carbonio biogenico; “+1” per le emissioni di biossido di carbonio biogenico; “+25” per le emissioni di metano.

(75)  Se non è possibile includere le informazioni sul periodo, occorre scegliere una delle due possibilità seguenti per quanto riguarda la data della modifica della destinazione del suolo, ossia a) “il 1o gennaio del primo anno nel corso del quale si può dimostrare che sia intervenuta la modifica della destinazione del suolo” o b) “il 1o gennaio dell’anno in cui viene effettuata la valutazione delle emissioni e delle eliminazioni di gas serra” (BSI 2011).

(76)  Unione europea 2009:Direttiva 2009/28/CE.

(77)  Commissione europea - Centro comune di ricerca - Istituto per l’ambiente e la sostenibilità (2010f). International Reference Life Cycle Data System (ILCD) Handbook – Nomenclature and other conventions (Manuale sul sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) – Nomenclatura e altre convenzioni). Prima edizione. EUR 24 384. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo. http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(78)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “rappresentatività tecnologica” anziché l’espressione “copertura tecnologica” utilizzata nella norma ISO 14044.

(79)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “rappresentatività geografica” anziché l’espressione “copertura geografica” utilizzata nella norma ISO 14044.

(80)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “rappresentatività temporale” anziché l’espressione “copertura temporale” utilizzata nella norma ISO 14044.

(81)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “incertezza dei parametri” anziché il termine “precisione” utilizzato nella norma ISO 14044.

(82)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “adeguatezza e completezza metodologiche” anziché il termine “coerenza” utilizzato nella norma ISO 14044.

(83)  Questo requisito si applica fino alla fine del 2015. A partire dal 2016 sarà richiesta la piena conformità alla metodologia della PEF.

(84)  Attributivo - si riferisce all’elaborazione di modelli basati su processi, volta a fornire una rappresentazione statica delle condizioni medie.

(85)  Si riferisce a dati direttamente misurati o raccolti, rappresentativi delle attività di un impianto specifico o di una serie di impianti. Sinonimo di “dati primari”.

(86)  Sono i dati non direttamente raccolti, misurati o valutati, ma provenienti da una banca dati di inventari sul ciclo di vita di terzi o da un’altra fonte conforme ai requisiti sulla qualità dei dati della guida sull’impronta ambientale dei prodotti.

(87)  Coprodotto – Due o più prodotti risultanti dalla stessa unità di processo o dallo stesso sistema produttivo (ISO 14040:2006).

(88)  I dati sulle attività sono dati specifici del processo preso in considerazione, al contrario dei dati generici.

(89)  Ivi compresi i dati medi che rappresentano più siti. I dati medi si riferiscono a una media di dati specifici ponderata in base alla produzione.

(90)  Una definizione dei processi di “foreground” e di “background” è fornita nel Glossario.

(91)  http://lca.jrc.ec.europa.eu/lcainfohub/datasetArea.vm

(92)  http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/data

(93)  http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/data

(94)  Per dati estrapolati si intendono i dati di un determinato processo utilizzati per rappresentare un processo simile per il quale i dati non sono disponibili, partendo dal presupposto che detto processo sia ragionevolmente rappresentativo.

(95)  Un’unità di processo è Il più piccolo elemento considerato nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni per cui vengono quantificati i flussi in entrata e in uscita (sulla base della norma ISO 14040:2006).

(96)  Per direttamente attribuibile si intende un processo, un’attività o un impatto che si verifica all’interno del confine definito del sistema.

(97)  Cfr. sotto per un esempio di sostituzione diretta.

(98)  Un sistema di prodotti è la raccolta di unita di processo con flussi elementari e di prodotti, che svolgono una o più funzioni definite, e che modella il ciclo di vita di un prodotto (norma ISO 14040:2006).

(99)  Si ha sostituzione indiretta quando un prodotto viene sostituito, ma non si sa esattamente da quale prodotto.

(100)  Si definisce meccanismo ambientale un sistema di processi fisici, chimici e biologici per una determinata categoria di impatto dell’impronta ambientale che collega i risultati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni agli indicatori di categoria dell’impronta ambientale (in base alla norma ISO 14040:2006).

(101)  Per maggiori informazioni sui metodi di ponderazione esistenti nella valutazione del ciclo di vita, cfr. le relazioni redatte dal CCR e dal CML intitolate “Background review of existing weighting approaches in LCIA” e “Evaluation of weighting methods for measuring the EU-27 overall environmental impact”. Questi documenti sono disponibili online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(102)  Va sottolineato che la norma ISO 14040 e la norma 14044 non consentono di utilizzare la ponderazione a sostegno delle dichiarazioni comparative divulgate al pubblico

(103)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “interpretazione dell’impronta ambientale” anziché l’espressione “interpretazione del ciclo di vita” utilizzata nella norma ISO 14044.

(104)  La relazione principale, definita nella presente guida, è per quanto possibile in linea con i requisiti della norma ISO 14044 in materia di informativa per gli studi che non contengono dichiarazioni comparative da divulgare al pubblico.

(105)  Un’unità di processo è Il più piccolo elemento considerato nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni per cui vengono quantificati i flussi in entrata e in uscita (in base alla norma ISO 14040:2006).

(106)  Le analisi di sensibilità sono procedure sistematiche per la valutazione degli effetti delle scelte fatte in materia di metodi e dati sui risultati di uno studio sulla PEF (in base alla norma ISO 14040:2006).

(107)  Questa sezione si basa sul capitolo 12.3 del protocollo sui gas a effetto serra relativa ai principi contabili e di informativa per il ciclo di vita dei prodotti, 2011.

(108)  Cfr. sezione 1.1, tabella 1.

(109)  Anni di esperienza nel campo dell’analisi e dell’audit ambientale.

(110)  Numero di revisioni per la conformità alla norma ISO 14040/14044, ISO 14025 [Dichiarazioni ambientali di prodotti (EPD)] o per set di dati LCI.

(111)  Anni di esperienza di lavoro in materia di LCA, a partire dal diploma universitario.

(112)  Anni di esperienza in un settore connesso ai prodotti studiati. La qualifica delle conoscenze sulle tecnologie o su altre attività viene assegnata in base alla classificazione di codici NACE [Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2]. È possibile utilizzare anche classificazioni equivalenti di altre organizzazioni internazionali. L’esperienza acquisita con tecnologie o processi in ciascun sottosettore è ritenuta valida per l’intero settore.

(113)  Anni di esperienza nel settore pubblico, per esempio centro di ricerca, università, istituzioni governative con riferimento ai prodotti in esame

(*)

Il candidato deve calcolare gli anni di esperienza sulla base di contratti di lavoro. Per esempio, il prof. A lavora presso l’Università B a tempo parziale da gennaio 2005 fino a dicembre 2010 e a tempo parziale presso una raffineria. Di conseguenza, il prof. A possiede 3 anni di esperienza nel settore privato e 3 anni nel settore pubblico (università).

(114)  I punti aggiuntivi sono accessori.

(115)  WRI e WBCSB - Allegato 3 al protocollo sui gas a effetto serra - principio contabile e di informativa per la catena del valore delle imprese (ambito 3), 2011

(116)  Esiste una distinzione tra “flussi elementari” (ossia (ISO 14044, 3.12) “i materiali o l’energia in entrata nel sistema oggetto di studio che sono stati prelevati dall’ambiente senza alcuna preventiva trasformazione operata dall’uomo, o i materiali o l’energia in uscita dal sistema oggetto di studio che vengono scaricati nell’ambiente senza alcuna ulteriore trasformazione operata dall’uomo”) e “flussi non elementari” tutti i restanti flussi in ingresso (per esempio, energia elettrica, materiali, processi di trasporto) e flussi in uscita (per esempio, rifiuti, sottoprodotti) di un sistema che richiedono ulteriori operazioni di modellazione per essere trasformati in flussi elementari.

(117)  Il riciclaggio ad anello aperto si riferisce a quelle situazioni in cui il materiale del sistema dei prodotti considerato è parzialmente o completamente riciclato in un altro sistema dei prodotti.

(118)  Il riciclaggio ad anello chiuso si riferisce a quelle situazioni in cui il materiale del sistema dei prodotti considerato è riciclato nuovamente nel medesimo sistema dei prodotti.

(119)  Questo approccio si basa sull’anello aperto in cui il mercato non mostra uno squilibrio visibile (ripartizione 50/50) di BPX 30-323-0. (ADEME 2011) Alcuni adattamenti sono stati fatti per l’attribuzione degli impatti di smaltimento al fine di ottenere un corretto equilibrio fisico nei sistemi costituiti da diversi prodotti.

(120)  L’unità di analisi può variare a seconda del prodotto/materiale oggetto di valutazione. In molti casi riguarderà 1 kg di materiale, ma tale cifra può cambiare, se del caso. Per il legno, per esempio, è più comune l’uso di 1 m3 come unità di analisi (perché il peso varia in base al contenuto di acqua).

(121)  I dati sulla produzione e il trattamento dei rifiuti per ogni Stato membro sono disponibili all’indirizzo: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/waste/data/main_tables;

(122)  I dati sulla produzione e il trattamento dei rifiuti per ogni Stato membro sono disponibili all’indirizzo: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/waste/data/main_tables;

(123)  http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(124)  http://lca.jrc.ec.europa.eu/lcainfohub/datasetList.vm?topCategory=End-of-life+treatment&subCategory=Energy+recycling

(125)  Per esempio: http://data.worldbank.org/data-catalog/commodity-price-data; http://www.metalprices.com/; http://www.globalwood.org/market/market.htm; http://www.steelonthenet.com/price_info.html; http://www.scrapindex.com/index.html.

(126)  Questa tabella è tratta dal progetto di documento “Regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti (PFCR) per i prodotti cartacei intermedi” (2011) dalla Confederazione delle industrie europee della carta (CEPI), che si basava su un progetto preliminare della presente guida sulla PEF.

(127)  Disponibile online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(128)  “Ecological Footprint Standards 2009” – Global Footprint Network. Disponibile online all’indirizzo http://www.footprintnetwork.org/images/uploads/Ecological_Footprint_Standards_2009.pdf

(129)  WRI e WBCSD (2011). Protocollo sui gas a effetto serra relativa ai principi contabili e di informativa per il ciclo di vita dei prodotti, 2011

(130)  http://www2.ademe.fr/servlet/getDoc?id=11433&m=3&cid=96

(131)  Disponibile online all’indirizzo http://www.bsigroup.com/en/Standards-and-Publications/How-we-can-help-you/Professional-Standards-Service/PAS-2050/


ALLEGATO III

GUIDA ALL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI (OEF)

SINTESI

Contesto

Obiettivi e destinatari

Procedura e risultati

Rapporto con la guida sull’impronta ambientale dei prodotti

Terminologia: deve, dovrebbe e può

1.

CONSIDERAZIONI GENERALI PER GLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

1.1

Principi e applicazioni

1.2

Come utilizzare la presente guida

1.3

Principi per gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni

1.4

Fasi di uno studio sull’impronta ambientale delle organizzazioni

2.

RUOLO DELLE REGOLE SETTORIALI RELATIVE ALL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

2.1

Informazioni generali

2.2

Definizione del settore soggetto alle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

3.

DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEGLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

4.

DEFINIZIONE DELL’AMBITO DEGLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

4.1

Informazioni generali

4.2

Definizione dell’organizzazione (unità di analisi)

4.3

Portafoglio di prodotti

4.4

Confini del sistema per gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni

4.4.1

Confini dell’organizzazione

4.4.2

Confini dell’impronta ambientale delle organizzazioni

4.4.3

Diagramma dei confini del sistema

4.4.4

Come trattare le compensazioni in un’OEF

4.5

Selezione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale e dei metodi di valutazione

4.6

Selezione delle ulteriori informazioni ambientali da includere nell’OEF

4.7

Ipotesi/limitazioni

5.

COMPILAZIONE E REGISTRAZIONE DEL PROFILO DI UTILIZZO DELLE RISORSE E DI EMISSIONI (FASE DI INVENTARIO)

5.1

Informazioni generali

5.2

Fase di analisi

5.3

Piano di gestione dei dati (facoltativo)

5.4

Dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

5.4.1

Attività e impatti diretti

5.4.2

Attività a monte indirettamente attribuibili

5.4.3

Attività a valle indirettamente attribuibili

5.4.4

Ulteriori requisiti per il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

5.4.5

Modellazione degli scenari di trasporto

5.4.6

Modellazione degli scenari per la fase di utilizzo

5.4.7

Modellazione degli scenari di fine vita

5.5

Nomenclatura per il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

5.6

Requisiti in materia di qualità dei dati

5.7

Raccolta di dati specifici

5.8

Raccolta di dati generici

5.9

Lacune nei dati restanti/dati mancanti

5.10

Raccolta di dati relativi alle fasi metodologiche successive in uno studio sull’impronta ambientale delle organizzazioni

5.11

Processi e impianti multifunzionali

6.

VALUTAZIONE DI IMPATTO DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

6.1

Classificazione e caratterizzazione (obbligatorie)

6.1.1

Classificazione dei flussi dell’impronta ambientale

6.1.1

Caratterizzazione dei flussi dell’impronta ambientale

6.2

Normalizzazione e ponderazione (raccomandata/facoltativa)

6.2.1

Normalizzazione dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (raccomandata)

6.2.1

Ponderazione dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (facoltativa)

7.

INTERPRETAZIONE DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

7.1

Informazioni generali L’interpretazione dei risultati dello studio sull’OEF ha due scopi:

7.2

Valutazione della fondatezza del modello di impronta ambientale delle organizzazioni

7.3

Identificazione di punti critici (questioni rilevanti)

7.4

Stima dell’incertezza

7.5

Conclusioni, raccomandazioni e limitazioni

8.

RELAZIONI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

8.1

Informazioni generali

8.2

Elementi delle relazioni

8.2.1

Primo elemento: sintesi

8.2.2

Secondo elemento: relazione principale

8.2.3

Terzo elemento: allegato

8.2.4

Quarto elemento: relazione riservata

9.

REVISIONE CRITICA DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

9.1

Informazioni generali

9.2

Tipo di revisione

9.3

Qualifica del revisore

10.

ACRONIMI E ABBREVIAZIONI

11.

GLOSSARIO

12.

RIFERIMENTI

Allegato I

Sintesi dei principali requisiti obbligatori per gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni e l’elaborazione di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Allegato II.

Piano di gestione dei dati (adattamento dall’iniziativa del protocollo sui gas a effetto serra)

Allegato III.

Elenco di controllo per la raccolta di dati

Allegato IV.

Individuazione di nomenclatura e proprietà adeguate a flussi specifici

Allegato V.

Gestione della multifunzionalità in situazioni di fine vita

Allegato VI:

Orientamenti per la contabilizzazione delle emissioni a seguito di modifiche dirette riguardanti la destinazione del che hanno un impatto sui cambiamenti climatici

Allegato VII:

Mappatura della terminologia utilizzata nella presente guida sull’OEF con la terminologia ISO

Allegato VIII.

Guida sull’OEF e manuale sull’ILCD: differenze principali

Allegato IX.

Confronto tra i requisiti principali relativi all’impronta ambientale delle organizzazioni e altri metodi

SINTESI

L’impronta ambientale delle organizzazioni (Organisation Environmental Footprint - OEF) è una misura, sulla base di vari criteri, delle prestazioni ambientali di organizzazioni che forniscono prodotti/servizi nella prospettiva del ciclo di vita. L’OEF è oggetto di studi il cui obiettivo generale è tentare di ridurre gli impatti ambientali connessi alle attività delle organizzazioni, tenendo conto delle attività della catena di approvvigionamento (1) (dall’estrazione di materie prime, alla produzione, all’uso e alla gestione finale dei rifiuti). Le organizzazioni interessate comprendono imprese, enti della pubblica amministrazione, organizzazioni senza scopo di lucro e altri organismi. L’OEF è complementare ad altri strumenti che riguardano siti e soglie specifici.

Il presente documento fornisce una serie di orientamenti per il calcolo dell’OEF e per la definizione di requisiti metodologici settoriali da utilizzare in regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni.

Contesto

Il presente documento riguarda uno degli elementi fondamentali della tabella di marcia per un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse della strategia Europa 2020 (2). Il documento propone vari modi per aumentare la produttività delle risorse e dissociare la crescita economica dall’uso delle risorse e dagli impatti ambientali, partendo dal concetto di ciclo di vita (ossia considerando in maniera integrata l’estrazione di materie prime, la produzione, l’uso, la gestione dei rifiuti finali e tutti i trasporti necessari). Uno dei suoi scopi è: “Istituire un approccio metodologico comune per consentire agli Stati membri e al settore privato di valutare, rendere note e confrontare le prestazioni ambientali dei prodotti, dei servizi e delle aziende sulla base di una valutazione globale del loro impatto ambientale nel corso del loro ciclo di vita (‘impronta ecologica’)”. Nel 2010 anche il Consiglio europeo, ha invitato la Commissione e gli Stati membri a ottimizzare l’uso di metodi come l’analisi del ciclo di vita (LCA) dei prodotti, tenendo conto del lavoro svolto nel contesto del sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) (3). Il progetto relativo all’impronta ambientale dei prodotti e delle organizzazioni è stato avviato allo scopo di definire una metodologia europea armonizzata per gli studi sull’impronta ambientale che possa comprendere una serie più ampia di criteri di prestazione ambientale pertinenti sulla base del concetto di ciclo di vita.

Il concetto di ciclo di vita tiene conto di tutti i vari flussi di risorse e degli interventi ambientali associati a un prodotto o a un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento. Esso include tutte le fasi che vanno dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, alla distribuzione, all’utilizzo e ai processi di fine vita, nonché tutti gli impatti ambientali, gli effetti sulla salute, i rischi legati alle risorse, gli oneri per la società e le relative soluzioni di compromesso associati pertinenti. Tale approccio è essenziale per garantire una gestione efficace, poiché alcuni importanti effetti ambientali possono verificarsi “a monte” o “a valle” e, quindi, non essere immediatamente evidenti, nonché per rendere trasparenti le possibili soluzioni di compromesso tra vari tipi di impatti ambientali legati a specifiche decisioni politiche e gestionali e contribuire a evitare un trasferimento involontario degli oneri.

Obiettivi e destinatari

Gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni possono essere utilizzati per vari scopi, tra cui valutazioni comparative e rilevamento delle prestazioni, ricerca di sistemi di approvvigionamento con i costi ambientali più bassi (ossia gestione della catena di approvvigionamento), attività di mitigazione e partecipazione a programmi volontari o obbligatori. Per quanto possibile, l’OEF dovrebbe essere applicabile anche nel contesto dei sistemi di ecogestione e audit (EMAS).

Il presente documento si propone di fornire una serie di orientamenti tecnici completi e dettagliati per la conduzione di uno studio sull’OEF in qualsiasi settore. Esso è rivolto principalmente a esperti tecnici quali ingegneri e responsabili ambientali che devono effettuare uno studio sull’OEF. Non è indispensabile avere una grande esperienza nel campo della valutazione del ciclo di vita per utilizzare la presente guida al fine di effettuare uno studio sull’OEF.

La guida non ha lo scopo di avvalorare direttamente confronti o dichiarazioni comparative [ossia le dichiarazioni ambientali concernenti la superiorità o l’equivalenza di un’organizzazione rispetto a un’organizzazione concorrente che fornisce gli stessi prodotti (sulla base della norma ISO 14040:2006)], per il quale sarà necessario definire ulteriori regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni a integrazione degli orientamenti più generali esistenti per incrementare l’armonizzazione, la specificità, la pertinenza e la riproduttività metodologiche per un determinato settore. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni consentiranno inoltre di concentrarsi sui parametri più importanti e quindi di ridurre i tempi, gli sforzi e i costi necessari per uno studio sull’OEF. Oltre agli orientamenti e ai requisiti generali per gli studi sull’OEF, il presente documento specifica anche i requisiti per la definizione di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni.

Procedura e risultati

Ogni requisito per gli studi sull’OEF riportato nella presente guida è stato scelto sulla base delle raccomandazioni derivanti da metodi di contabilità ambientale delle organizzazioni e documenti di orientamento simili ampiamente accettati. Nello specifico sono stati considerati come guide metodologiche le norme ISO 14064 (2006) e ISO/WD TR 14069 (progetto, 2010), il manuale sull’ILCD (2011), il protocollo sui gas a effetto serra del World Resources Institute (WRI) e del World Business Council on Sustainable Development (WBCSD) (2011a), il metodo del bilancio del carbonio (Bilan Carbone®, versione 5.0), il documento Guidance on how to measure and report your greenhouse gas emissions del DEFRA (2009), il Carbon Disclosure project for Water (2010) e la Global Reporting Initiative - GRI (versione 3.0).

Il risultato dell’analisi è sintetizzato nell’allegato IX. Una descrizione più dettagliata dei metodi analizzati e del risultato delle analisi è contenuta in “Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment (4). Sebbene tali documenti si attengano strettamente alla maggior parte degli orientamenti metodologici che forniscono, occorre sottolineare il persistere di alcune discrepanze e/o un’assenza di chiarezza su vari aspetti decisivi, che rendono meno coerenti e comparabili i risultati delle analisi. Benché i metodi esistenti offrano a volte varie alternative per una determinata scelta metodologica, lo scopo della presente guida è fornire ulteriori orientamenti e (laddove fattibile) individuare un unico requisito per ogni aspetto decisivo, allo scopo di favorire la conduzione di studi sull’OEF più coerenti, esaurienti e riproducibili. Pertanto, la comparabilità è ritenuta prioritaria rispetto alla flessibilità.

Per quanto possibile, la presente guida cerca di essere in linea con le norme metodologiche internazionali esistenti o future, fra cui la norma ISO 14069 (progetto) e l’ambito 3 del protocollo sui gas a effetto serra, nonché la guida sull’impronta ambientale dei prodotti. Analogamente, sono stati compiuti sforzi anche per allinearsi il più possibile ai sistemi di gestione ambientale esistenti (EMAS e ISO 14001). Si noti tuttavia che ai fini di una valutazione ambientale basata su vari criteri a livello di organizzazioni, partendo dal punto di vista del ciclo di vita, la presente guida va necessariamente oltre rispetto ai documenti di orientamento esistenti per quanto riguarda alcuni aspetti importanti.

Come indicato in precedenza, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni sono un’estensione e un’integrazione necessarie degli orientamenti più generali per gli studi sull’OEF contenuti nel presente documento (in termini di comparabilità tra i vari studi sull’OEF). Quando saranno definite, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni svolgeranno un ruolo importante contribuendo ad aumentare la riproducibilità, la qualità, la coerenza e la pertinenza degli studi sull’OEF.

Rapporto con la guida sull’impronta ambientale dei prodotti

L’impronta ambientale dei prodotti (Product Environmental Footprint - PEF) (5) e l’impronta ambientale delle organizzazioni offrono entrambe la possibilità di quantificare le prestazioni ambientali dal punto di vista del ciclo di vita. Mentre il metodo di calcolo della PEF è specifico per i singoli prodotti o servizi, il metodo di calcolo dell’OEF si applica alle attività delle organizzazioni nel complesso, ossia a tutte le attività associate ai prodotti e/o ai servizi forniti da un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento (dall’estrazione delle materie prime, all’uso, alla gestione finale dei rifiuti). La rilevazione dell’impronta ambientale dei prodotti e la rilevazione dell’impronta ambientale delle organizzazioni possono quindi essere considerate attività integrative, intraprese nei singoli casi per sostenere applicazioni specifiche.

Per calcolare l’OEF non è necessario analizzare tutti i singoli prodotti di un’organizzazione. L’OEF si calcola utilizzando i dati aggregati che rappresentano i flussi di risorse e di rifiuti che attraversano i confini di un’organizzazione. Dopo aver calcolato l’OEF, i dati possono tuttavia essere disaggregati a livello di prodotto mediante formule di allocazione adeguate. In teoria, la somma delle PEF dei prodotti/servizi forniti in un determinato periodo di riferimento (per esempio un anno) da un’organizzazione dovrebbe essere pari alla sua OEF per lo stesso periodo di riferimento (6). Le metodologie sono state intenzionalmente definite a tale scopo. Inoltre, l’OEF può servire a individuare i settori del portafoglio di prodotti di un’organizzazione in cui gli impatti ambientali sono più significativi e in cui, quindi, possono essere auspicabili analisi dettagliate a livello di singoli prodotti.

Terminologia: deve, dovrebbe e può

La presente guida usa una terminologia precisa per indicare i requisiti, le raccomandazioni e le opzioni disponibili.

Il termine “deve” viene utilizzato in tutta la guida per indicare ciò che è necessario al fine di garantire la conformità di uno studio sull’OEF alla presente guida.

Il termine “dovrebbe” è impiegato per indicare una raccomandazione, ma non un obbligo. Qualsiasi deviazione da un requisito indicato con “dovrebbe” deve essere giustificata e trasparente.

Il termine “può” è utilizzato per indicare un’opzione ammessa.

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1.   CONSIDERAZIONI GENERALI PER GLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

1.1   Principi e applicazioni

L’impronta ambientale delle organizzazioni (OEF) è una misura, sulla base di vari criteri, delle prestazioni ambientali di organizzazioni che forniscono prodotti/servizi (7) dal punto di vista del ciclo ambientale. Tali organizzazioni comprendono imprese, enti dell’amministrazione pubblica e altri organismi. Il presente documento fornisce una serie di orientamenti per il calcolo dell’OEF e per la definizione di requisiti metodologici settoriali da utilizzare in regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni che sono un’estensione e un’integrazione necessarie degli orientamenti più generali per gli studi sull’OEF contenuti nel presente documento. Quando saranno definite, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni svolgeranno un ruolo importante contribuendo a rendere gli studi sull’OEF più riproducibili, coerenti e pertinenti. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni consentiranno di concentrarsi sui parametri più importanti e quindi, se possibile, anche di ridurre i tempi, gli sforzi e i costi di completamento di uno studio sull’OEF.

Basata sul concetto di ciclo di vita, l’OEF è un metodo di modellazione e di quantificazione degli impatti ambientali fisici dei flussi di materiale/energia e dei conseguenti flussi di emissioni e di rifiuti (8) associati alle attività delle organizzazioni dal punto di vista della catena di approvvigionamento (9) (dall’estrazione delle materie prime, all’uso, alla gestione finale dei rifiuti). Il concetto di ciclo di vita prende in considerazione tutti i vari flussi di risorse e gli interventi ambientali associati a un prodotto o un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento. Esso include tutte le fasi del ciclo di vita di un prodotto, dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, alla distribuzione, all’uso e ai processi di fine vita, e tutti gli impatti ambientali, gli effetti sulla salute, i rischi legati alle risorse, gli oneri per la società e i compromessi associati pertinenti. Ciò è in contrasto con l’approccio che prevede di concentrarsi unicamente sugli impatti a livello di sito o su singoli impatti ambientali per ridurre la possibilità di un trasferimento involontario degli oneri, che, per esempio, può verificarsi da una fase del ciclo di vita nella catena di approvvigionamento a un’altra, da una categoria di impatto a un’altra, da un’organizzazione a un’altra, o da un paese a un altro. L’OEF integra altre valutazioni e strumenti come le valutazioni di impatto ambientale o le valutazioni dei rischi chimici relative a siti specifici.

L’OEF è un modello di contabilità ambientale anziché un modello di contabilità finanziaria. È stato pertanto compiuto ogni possibile sforzo per ridurre al minimo la necessità di utilizzare informazioni finanziarie (per esempio, nella definizione dei confini delle organizzazioni) che possono essere scarsamente rappresentative dei rapporti fisici pertinenti per i sistemi modellati.

Ogni requisito specificato nella presente guida è stato scelto tenendo conto delle raccomandazioni derivanti da metodi di contabilità ambientale delle organizzazioni e documenti di orientamento simili e ampiamente accettati. Nello specifico, sono stati considerati come guide metodologiche:

la norma ISO 14064 (2006): gas a effetto serra – parti 1 e 3;

la norma ISO/WD TR 14069 (progetto, 2010): gas a effetto serra – quantificazione e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra per le organizzazioni;

il manuale sul sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) (2011);

i principi contabili e di informativa per le imprese del protocollo sui gas a effetto serra (WRI/ WBCSD) (2011a);

il metodo Bilan Carbone® (versione 5.0);

gli orientamenti del DEFRA sulle modalità di misurazione e di comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra (2009);

il Carbon Disclosure Project for Water (2010);

la Global Reporting Initiative (GRI) (versione 3.0).

Il risultato dell’analisi è sintetizzato nell’allegato IX. Una descrizione più dettagliata dei metodi analizzati e del risultato delle analisi è contenuta in “Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment (10). Benché i metodi esistenti possano offrire varie alternative per una determinata scelta metodologica, lo scopo della presente guida è fornire ulteriori orientamenti e (laddove fattibile) individuare un unico requisito per ogni aspetto decisivo, allo scopo di favorire la conduzione di studi sull’OEF più coerenti, esaurienti e riproducibili.

I principali requisiti per gli studi sull’OEF (elaborati in dettaglio nella presente guida) sono leggermente diversi a seconda dell’applicazione (tabella 1):

le applicazioni interne possono comprendere il sostegno alle gestione ambientale, l’identificazione delle aree sensibili sotto il profilo ambientale, il rilevamento e il miglioramento delle prestazioni ambientali e possono comportare implicitamente opportunità di riduzione dei costi;

le applicazioni esterne (per esempio, le comunicazioni alle parti interessate o le comunicazioni tra le imprese, i rapporti con le autorità pubbliche o gli investitori) comprendono un’ampia serie di possibilità, fra cui le risposte alle richieste di informazioni degli investitori, la commercializzazione, le valutazioni comparative e il rispetto dei requisiti previsti dalle politiche ambientali a livello europeo o di singolo Stato membro;

le valutazioni comparative potrebbero comprendere, per esempio, la definizione di un prodotto con prestazioni medie (sulla base dei dati forniti dalle parti interessate o di dati generici o di approssimazioni) seguita da una classificazione degli altri prodotti in base alle loro prestazioni rispetto al prodotto di riferimento.

Tabella 1

principali requisiti per gli studi sull’OEF in relazione all’applicazione prevista.

Applicazioni previste

Definizione di obiettivo e ambito

Valutazione

Rispetto dei requisiti sulla qualità dei dati

Gerarchia multifunzionale

Scelta dei metodi di valutazione di impatto

Classificazione e caratterizzazione

Normalizzazione

Ponderazione

Interpretazione dei risultati dell’OEF

Elementi di comunicazione

Revisione critica (1 persona)

Gruppo di revisione critica (3 persone)

Necessità di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Interne

(dichiarate in linea con la guida sull’OEF)

O

R

R

O

O

O

R

F

O

F

O

F

F

Esterne

Senza confronti/dichiarazioni comparative

O

R

O

O

O

O

R

F

O

O

O

R

R

Con confronti/dichiarazioni comparative

O

R

O

O

O

O

R

F

O

O

/

O

O

“O”

=

obbligatorio

“R”

=

raccomandato (non obbligatorio)

“F”

=

facoltativo (non obbligatorio)

“/”

=

non applicabile

Requisiti per gli studi sull ’OEF

Gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni (OEF) devono essere basati sul concetto di ciclo di vita.

1.2   Come utilizzare la presente guida

La presente guida fornisce le informazioni necessarie per condurre uno studio sull’OEF. Il materiale contenuto nella guida è presentato in maniera sequenziale, nell’ordine delle fasi metodologiche che devono essere completate per calcolare un’OEF. Ogni sezione inizia con una descrizione generale della fase metodologica, un quadro generale delle considerazioni necessarie e alcuni esempi dimostrativi. I “requisiti” specificano le norme metodologiche che devono/dovrebbero essere rispettate per garantire la conformità degli studi sull’OEF. I requisiti si trovano in riquadri di testo con bordi costituiti da una linea continua singola in base alle sezioni di descrizione generale. I “suggerimenti” descrivono le migliori pratiche non obbligatorie, ma raccomandate. Si trovano in riquadri di testo con sfondo colorato e bordi costituiti anche in questo caso da una linea continua singola. Qualora siano specificati, gli ulteriori requisiti per la definizione di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni si trovano in riquadri di testo con bordi costituiti da una linea continua doppia alla fine di ogni rispettiva sezione.

1.3   Principi per gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni

Per conseguire l’obiettivo di studi sull’OEF coerenti, esaurienti e riproducibili è indispensabile il rispetto rigoroso di una serie fondamentale di principi analitici, il cui scopo è fornire alcuni orientamenti generali sull’applicazione del metodo di calcolo dell’OEF. Devono essere considerati riguardo a ogni fase degli studi sull’OEF, dalla definizione degli obiettivi e dell’ambito degli studi alla raccolta dei dati, alla valutazione di impatto ambientale, alla comunicazione e alla verifica dei risultati degli studi.

Requisiti per gli studi sull ’OEF

Gli utenti della presente guida devono osservare i seguenti principi negli studi sull’OEF:

(1)

Rilevanza

Tutti i metodi e i dati raccolti e utilizzati per quantificare l’OEF devono essere, per quanto possibile, rilevanti per lo studio.

(2)

Completezza

Nella quantificazione dell’OEF occorre prestare attenzione a tutti i flussi di materiale/energia significativi sotto il profilo ambientale (11) e agli altri interventi ambientali previsti nel rispetto dei confini definiti del sistema, dei requisiti relativi ai dati e dei metodi di valutazione di impatto impiegati.

(3)

Coerenza

In tutte le fasi dello studio sull’OEF deve essere garantita una rigorosa conformità alla presente guida per rafforzare la coerenza interna, nonché la comparabilità con analisi simili.

(4)

Precisione

Deve essere compiuto ogni sforzo possibile per ridurre le incertezze sia nella modellazione che nella comunicazione dei risultati.

(5)

Trasparenza

Le informazioni sull’OEF devono essere divulgate in modo da fornire agli utilizzatori previsti la base necessaria per adottare decisioni e consentire alle parti interessate di valutarne la fondatezza e l’attendibilità.

Principi per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

1.   Rapporto con la guida sull’impronta ambientale delle organizzazioni

I requisiti metodologici fissati per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni si applicano agli studi sull’OEF in aggiunta ai requisiti della guida sull’OEF. Qualora le regole in questione prevedano requisiti più specifici rispetto a quelli indicati nella presente guida, occorre rispettare tali requisiti specifici.

2.   Coinvolgimento di parti interessate selezionate

Il processo di definizione delle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni deve essere aperto e trasparente e deve comprendere la consultazione con parti interessate selezionate. È necessario compiere ogni sforzo possibile per ottenere un consenso in tutto il processo (adattamento da ISO 14020:2000, 4.9.1, principio 8). Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono essere sottoposte a una valutazione tra pari.

3.   Necessità di ottenere la comparabilità

I risultati degli studi sull’OEF condotti in linea con la guida sull’OEF e con il documento riguardante le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni pertinente possono essere utilizzati per il confronto delle prestazioni ambientali delle organizzazioni dello stesso settore sulla base del ciclo di vita e per le dichiarazioni comparative (da comunicare al pubblico). La comparabilità dei risultati è quindi determinante. Le informazioni fornite per il confronto devono essere trasparenti per consentire all’utilizzatore di comprendere i limiti della comparabilità insiti nel risultato calcolato (adattamento da ISO 14025 (12)).

1.4   Fasi di uno studio sull’impronta ambientale delle organizzazioni

Quando si effettua uno studio sull’OEF devono essere completate alcune fasi in linea con la presente guida, ossia definizione di obiettivi e ambito, profilo di impiego delle risorse e di emissioni, valutazione di impatto dell’impronta ambientale e interpretazione e comunicazione dell’impronta ambientale – cfr. Figura 1;

Figura 1

fasi di uno studio sull’impronta ambientale delle organizzazioni.

Image

2.   RUOLO DELLE REGOLE SETTORIALI RELATIVE ALL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

2.1   Informazioni generali

Oltre a fornire orientamenti e requisiti generali per gli studi sull’OEF, la presente guida specifica anche i requisiti per la definizione di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni, che svolgeranno un ruolo importante contribuendo ad aumentare la riproducibilità, la coerenza (e quindi la comparabilità tra i calcoli dell’OEF in organizzazioni dello stesso settore) e la rilevanza degli studi sull’OEF. Tali regole consentiranno di concentrarsi sui parametri più importanti e quindi, se possibile, anche di ridurre i tempi, gli sforzi e i costi di completamento di uno studio sull’OEF.

L’obiettivo è garantire che le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni siano definite in base alla guida sull’OEF e che forniscano le ulteriori specifiche richieste per ottenere la comparabilità, una maggiore riproducibilità, la coerenza, la rilevanza, la profondità e l’efficacia degli studi sull’OEF. Le regole dovrebbero consentire di concentrare gli studi sull’OEF sugli aspetti e i parametri più pertinenti per determinare le prestazioni ambientali del settore. Una regola settoriale relativa all’impronta ambientale delle organizzazioni deve/dovrebbe/può specificare ulteriormente i requisiti indicati nella presente guida e aggiungere nuovi requisiti qualora la guida sull’OEF più generale offra più opzioni.

La presente guida definisce gli aspetti fondamentali che devono essere inclusi nelle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni. Sono compresi, per esempio:

la scelta e la descrizione dei confini del sistema (confini dell’organizzazione e confini dell’analisi OEF);

la definizione del periodo di riferimento e della durata della fase di utilizzo da considerare;

la definizione degli aspetti ambientali rilevanti/irrilevanti (13);

la descrizione delle informazioni da includere nelle fasi di utilizzo e di fine vita, se considerate nell’analisi;

le modalità di compilazione del portafoglio di prodotti (14), ivi compresi i relativi flussi di riferimento fondamentali (15);

la scelta dei dati sottostanti, indicando i dati che devono essere raccolti direttamente (specifici) e i dati che possono essere generici (16) e fornendo orientamenti sulle possibili fonti di dati;

le norme specifiche per risolvere le questioni della multifunzionalità (17) dei processi/delle attività fondamentali per il settore;

i requisiti di valutazione;

i requisiti in materia di informativa.

Se non devono essere utilizzati per dichiarazioni comparative da divulgare al pubblico, gli studi sull’OEF possono essere effettuati senza utilizzare le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni.

Requisiti per gli studi sull’OEF

In mancanza di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni per il settore di riferimento, gli aspetti fondamentali che devono essere inclusi in tali regole (come indicato nella presente guida) devono essere specificati, giustificati e indicati esplicitamente nello studio sull’OEF.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni dovrebbero mirare a concentrare gli studi sull’OEF sugli aspetti e i parametri più pertinenti per determinare le prestazioni ambientali del settore.

Una regola settoriale relativa all’impronta ambientale delle organizzazioni deve/dovrebbe/può specificare ulteriormente i requisiti indicati nella presente guida e aggiungere nuovi requisiti qualora la guida sull’OEF più generale offra varie opzioni.

2.2   Definizione del settore soggetto alle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Il settore deve essere definito in riferimento al portafoglio di prodotti settoriale caratteristico (18) utilizzando i codici NACE [ossia in linea con la nomenclatura generale delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE Rev. 2)]. NACE è un sistema di classificazione statistica delle attività economiche in Europa. Viene assegnato un codice NACE a ogni unità inserita nei registri di imprese a fini statistici, in base alla sua attività economica principale. L’attività principale è quella che contribuisce in maggior misura al valore aggiunto dell’unità. Poiché NACE deriva dalla Classificazione internazionale tipo per industrie di tutti i rami di attività economica delle Nazioni unite (ISIC), i due sistemi di classificazione sono molto simili; tuttavia NACE è più dettagliata di ISIC.

L’allocazione del codice NACE è facilitata dalle note esplicative di NACE, dalle decisioni adottate dal comitato di gestione di NACE, dalle tabelle di corrispondenza e dal riferimento alla classificazione dei prodotti per attività. Un’attività secondo la definizione data nel presente documento “può consistere in un semplice processo (per esempio la tessitura), ma può anche comprendere tutta una serie di sottoprocessi, ciascuno dei quali è menzionato in categorie diverse della classificazione (per esempio, la fabbricazione di un’automobile consiste in attività specifiche quali fusione, forgiatura, saldatura, assemblaggio, verniciatura e così via). Se il processo di produzione è organizzato come una serie integrata di attività elementari in una stessa unità statistica, tutto l’insieme viene considerato un’attività (19).

NACE è costituita da una struttura gerarchica come di seguito specificato (20):

1.

voci identificate da un codice alfabetico (sezioni);

2.

voci identificate da un codice numerico a due cifre (divisioni);

3.

voci identificate da un codice numerico a tre cifre (gruppi);

4.

voci identificate da un codice numerico a quattro cifre (classi);

ISIC e NACE hanno gli stessi codici ai livelli più alti, tuttavia NACE è più dettagliata ai livelli più bassi. Poiché il codice NACE nel contesto del presente studio si applica a livello settoriale, deve essere assegnato come minimo un codice a due cifre (ossia il livello di divisione) (21), conformemente al sistema di codifica ISIC. Per le imprese multisettoriali, devono essere assegnati tutti i codici NACE identificabili relativi al rispettivo portafoglio di prodotti.

Esempio:

Un’impresa che fabbrica T-shirt e pantaloni appartiene al settore dei fabbricanti di abbigliamento. Il codice NACE (e ISIC) del settore che rappresenta i fabbricanti di abbigliamento è 14. Se non include processi di finissaggio dei tessuti (per esempio, la decolorazione dei jeans), l’impresa appartiene anche al settore dei fabbricanti di tessuti. Il codice NACE (e ISIC) relativo al settore che rappresenta i fabbricanti di tessuti è 13. All’impresa devono pertanto essere assegnati i codici NACE 13 e 14.

Il settore dovrebbe essere definito in modo da includere tutte le organizzazioni pertinenti del settore in questione. Tuttavia, deve essere anche sufficientemente specifico per facilitare la formulazione di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni adeguatamente rappresentative e prescrittive oltre a quelle indicate nella guida sull’OEF. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni sono pertanto definite principalmente in riferimento alle attività caratteristiche del settore, rappresentate in un tipico portafoglio di prodotti.

Per individuare la serie di attività attraverso le quali le organizzazioni possono essere raggruppate in base a una regola settoriale relativa all’impronta ambientale delle organizzazioni, dovrebbero essere presi in considerazione vari criteri:

le organizzazioni dovrebbero fornire prodotti/servizi simili;

gli impatti ambientali pertinenti relativi alle attività delle organizzazioni possono essere descritti mediante una serie simile di categorie di impatto dell’impronta ambientale, di metodi e di altri indicatori;

le organizzazioni dovrebbero avere confini organizzativi simili e flussi in ingresso di prodotti con un profilo sufficientemente simile (22).

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Il settore cui la regola settoriale relativa all’impronta ambientale delle organizzazioni deve riferirsi deve essere definito utilizzando i codici NACE. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono essere basate almeno su una divisione di codici a due cifre dei codici NACE (opzione predefinita). Tuttavia, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni possono consentire deviazioni (giustificate), come per esempio i codici a tre cifre, se la complessità del settore lo richiede. Qualora siano identificabili vari metodi di produzione per portafogli di prodotti simili definiti utilizzando codici NACE alternativi, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono tenere conto di tutti tali codici NACE.

3.   DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEGLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

La definizione degli obiettivi è la prima fase di uno studio sull’OEF, in cui si stabilisce il contesto generale dello studio. Lo scopo di obiettivi chiaramente articolati è garantire che gli scopi delle analisi, i metodi, i risultati e le applicazioni previste siano allineati in maniera ottimale e che esista una visione condivisa che possa guidare i partecipanti allo studio.

Un elemento importante della fase di definizione degli obiettivi è l’identificazione delle applicazioni previste dello studio e il grado di profondità e di rigore delle analisi necessario associato. A sua volta, ciò si dovrebbe riflettere nei limiti definiti dello studio (fase di definizione dell’ambito). Per le analisi riguardanti, per esempio, le modalità di approvvigionamento che comportano i costi ambientali più bassi, la progettazione dei prodotti, le valutazioni comparative o le comunicazioni, saranno necessari studi quantitativi completi conformemente ai requisiti in materia di analisi specificati nella presente guida. Sono possibili anche combinazioni di metodi se in un unico studio sull’OEF sono sottoposte ad analisi quantitative solo alcune parti della catena di approvvigionamento e altre sono oggetto di descrizioni qualitative di possibili aree sensibili sotto il profilo ambientale (per esempio, un’analisi quantitativa dalla culla al cancello (cradle-to-gate) (23) abbinate a descrizioni qualitative di considerazioni ambientali dal cancello alla tomba (gate-to-grave) (24) o ad analisi quantitative delle fasi di utilizzo e di fine vita per determinati tipi di prodotti rappresentativi).

Esistono vari motivi per effettuare uno studio sull’OEF, come la necessità di comprendere gli impatti ambientali più significativi delle attività di un’organizzazione in tutto il suo ciclo di vita, di individuare opportunità per ridurre gli impatti ambientali concentrandosi principalmente sulle aree sensibili identificate, di sostenere decisioni strategiche (per esempio sulla gestione dei rischi nella catena di approvvigionamento), di rispondere alle richieste di informazioni degli investitori e delle parti interessate riguardanti le prestazioni ambientali, l’informativa sulla sostenibilità delle imprese, le comunicazioni alle parti interessate e simili.

Esempio: impronta ambientale di un’impresa che produce jeans e T-shirt: definizione degli obiettivi.

Aspetti

Dettaglio

Applicazioni previste

Informativa sulla sostenibilità delle imprese

Motivi per cui si effettua lo studio

Dimostrare l’impegno verso un continuo miglioramento e la sua realizzazione

Destinatari

Clienti

Confronti o dichiarazioni comparative che devono essere resi pubblici

No, sarà disponibile al pubblico ma non è destinato a essere usato per confronti o dichiarazioni comparative.

Committente dello studio

G Company Ltd.

Procedura di revisione

Revisore esterno indipendente, sig. Y

Requisiti per gli studi sull’OEF

La definizione degli obiettivi per uno studio sull’OEF deve comprendere:

le applicazioni previste;

motivi per cui si effettua lo studio e il contesto della decisione;

i destinatari;

se deve essere utilizzato per confronti e/o dichiarazioni comparative intesi a essere resi pubblici;

il committente dello studio;

la procedura di revisione (eventuale).

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare i requisiti di valutazione per gli studi sull’OEF.

4.   DEFINIZIONE DELL’AMBITO DEGLI STUDI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

4.1   Informazioni generali

La definizione dell’ambito degli studi sull’OEF implica la descrizione in dettaglio del sistema da valutare e dei criteri analitici associati.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

La definizione dell’ambito di uno studio sull’OEF deve essere in linea con gli obiettivi definiti per lo studio e i requisiti della guida sull’OEF. Deve essere individuato e descritto con chiarezza (cfr. le sezioni successive per maggiori informazioni) quanto segue:

definizione dell’organizzazione (unità di analisi (25)) e portafoglio di prodotti (serie e quantità di prodotti/servizi forniti nel periodo di riferimento);

confini del sistema (confini dell’organizzazione e confini dell’OEF);

categorie di impatto dell’impronta ambientale;

ipotesi e limitazioni.

4.2   Definizione dell’organizzazione (unità di analisi)

L’organizzazione è l’unità di riferimento per l’analisi e (insieme al portafoglio di prodotti) la base per la definizione dei confini dell’organizzazione. È un concetto parallelo a quello di “unità funzionale” in una tradizionale valutazione del ciclo di vita (LCA) (26). In senso più generale, la funzione principale dell’organizzazione, ai fini del calcolo dell’OEF, è la fornitura di prodotti e servizi in un determinato periodo di riferimento. Lo studio sull’OEF è inteso a dare una misura delle possibili pressioni ambientali associate alla fornitura di prodotti da parte dell’organizzazione. Definire l’organizzazione in riferimento al portafoglio di prodotti facilita pertanto la rappresentazione diretta degli scambi fisici dell’organizzazione con l’ambiente.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

L’organizzazione (o un sottoinsieme chiaramente definito dell’organizzazione oggetto dello studio sull’OEF) deve essere definita in base a quanto segue:

il nome dell’organizzazione;

i tipi di prodotti/servizi forniti dall’organizzazione (ossia il settore);

le ubicazioni delle attività (ossia i paesi);

i codici NACE.

Esempio:

Aspetto

Dettaglio

Organizzazione:

Y Company Ltd.

Settore di prodotti/servizi:

produttore di abbigliamento

Ubicazioni:

Parigi, Berlino, Milano

Codici NACE:

14

4.3   Portafoglio di prodotti

Per portafoglio di prodotti s’intende la quantità e la natura dei prodotti e dei servizi forniti dall’organizzazione nel periodo di riferimento, che dovrebbe essere un anno. Costituisce la base per definire il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (inventario) per l’organizzazione, che equivale ai flussi in entrata e in uscita (27) associati alla fornitura del portafoglio di prodotti dell’organizzazione in base ai confini del sistema definiti per lo studio.

L’OEF può essere limitata a un sottoinsieme chiaramente definito del portafoglio di prodotti dell’organizzazione, come per esempio nel caso in cui il portafoglio di prodotti di un rivenditore sia costituito da prodotti fabbricati internamente (con il proprio marchio) e prodotti forniti dall’organizzazione senza alcuna trasformazione. Il portafoglio di prodotti per l’analisi dalla culla alla tomba potrebbe quindi essere limitato ai prodotti interni, mentre per gli altri prodotti viene effettuata un’analisi dalla culla al cancello o da cancello a cancello. Un altro tipico esempio è un’organizzazione che svolge la sua attività in vari settori e decide di limitare la sua analisi a un settore.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Per l’organizzazione deve essere definito un portafoglio di prodotti che rappresenti la quantità e la natura dei prodotti e dei servizi (o di un sottoinsieme chiaramente definito del portafoglio) forniti dall’organizzazione nel periodo di riferimento in termini di “cosa” e “quanto”. L’eventuale limitazione dell’OEF a un sottoinsieme del portafoglio di prodotti deve essere giustificata e comunicata.

Il periodo di riferimento dovrebbe essere un anno.

Per la modellazione degli scenari di utilizzo e di fine vita, devono essere fornite anche informazioni su “quale livello di qualità” e “per quanto tempo” (28) riguardo alle prestazioni dei prodotti. I dati quantitativi in ingresso e in uscita raccolti a sostegno dell’analisi (da effettuare in una fase successiva dello studio sull’OEF) devono essere calcolati in relazione al portafoglio di prodotti specificato.

Esempio: portafoglio di prodotti

Aspetto

Dettaglio

[COSA]

T-shirt (media per le misure S, M, L) fatte di poliestere, pantaloni (media per le misure S, M, L) fatti di poliestere.

[QUANTO]

40 000 T-shirt, 20 000 pantaloni.

[QUALE LIVELLO DI QUALITÀ]

Si indossano una volta alla settimana e si lavano a macchina a 30 gradi una volta alla settimana; il consumo di energia della lavatrice è pari a 0,72 MJ/kg di bucato e il consumo di acqua è pari a 10 litri/kg di bucato per un ciclo di lavaggio. Una T-shirt pesa 0,16 kg e un paio di pantaloni pesa 0,53 kg. Ne consegue un consumo di energia di 0,4968 MJ alla settimana e un consumo di acqua di 6,9 litri alla settimana.

[PER QUANTO TEMPO]

Fase di utilizzo di cinque anni per le T-shirt e i pantaloni.

[ANNO]

2010

[PERIODO DI RIFERIMENTO]

un anno

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare ulteriormente le modalità di definizione del portafoglio di prodotti, in particolare riguardo agli aspetti “quale livello di qualità” e “per quanto tempo”. Esse devono anche definire il periodo di riferimento quando è diverso da un anno e giustificare il periodo scelto.

4.4   Confini del sistema per gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni

Le attività delle organizzazioni si inseriscono in definitiva in reti di rapporti sociali, finanziari e fisici. È pertanto necessario stabilire confini per definire formalmente quali rapporti sono considerati nell’OEF e quali sono esclusi. Un aspetto fondamentale emerso da una contabilità ambientale basata sul concetto di ciclo di vita è che l’utilizzo delle risorse e le emissioni legati ai processi a monte (ossia i prodotti e i servizi acquistati dall’organizzazione) o a valle (ossia quelli connessi alla distribuzione, allo stoccaggio, all’utilizzo e al fine vita dei prodotti/servizi forniti dall’organizzazione) possono determinare in modo sostanziale il profilo ambientale complessivo di un’organizzazione. Una gestione dell’ambiente effettiva e efficace richiede quindi che si rivolga attenzione ai processi a monte e a valle e che si consideri in quale misura sono o possono essere influenzati dalle decisioni adottate a livello organizzativo.

Tenuto conto del ruolo ovviamente importante che la scelta dei confini del sistema svolge nel determinare le dimensioni dell’OEF calcolata, tali confini devono essere stabiliti in maniera coerente e sulla base di determinati principi. La definizione dei confini determina anche direttamente l’utilità dei risultati delle analisi per applicazioni specifiche. Per esempio, per ottenere i risultati più adatti al fine di informare chi si occupa di gestione ambientale degli impatti diretti a livello di sito, sono appropriati confini dell’organizzazione legati al sito. Affinché nella gestione si tenga conto degli impatti più ampi della catena di approvvigionamento, sono necessari confini del sistema che comprendano i processi a monte e/o a valle. Un calcolo dell’OEF dal quale risulti che la maggior parte degli impatti ambientali si verifica a monte nella catena di approvvigionamento in associazione a processi specifici costituisce la base necessaria per apportare miglioramenti lungo la catena di approvvigionamento. Un’analisi da cui emerga che gli impatti a valle sono più importanti può dimostrare che esistono possibilità di riprogettare i prodotti o modificare la composizione del portafoglio di prodotti.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I confini del sistema devono includere sia i confini dell’organizzazione (in relazione all’organizzazione definita), sia i confini dell’OEF (che specificano gli aspetti della catena di approvvigionamento inclusi nell’analisi).

4.4.1   Confini dell’organizzazione

Al fine di massimizzare la rappresentatività fisica del modello di OEF, è più opportuno definire i confini dell’organizzazione sulla base del portafoglio di prodotti (29) anziché fornire una definizione economica. Per questo motivo, i confini dell’organizzazione degli studi sull’OEF sono definiti in modo da includere tutti gli impianti e i processi associati posseduti e/o gestiti totalmente o parzialmente dall’organizzazione e che contribuiscono direttamente alla fornitura del portafoglio di prodotti. (30) Ciò corrisponde al principio del “controllo” nel senso che, in teoria, l’organizzazione dovrebbe poter avere accesso diretto a dati specifici (31) per attività in cui ha un interesse operativo o finanziario e dovrebbe anche poter influire sulle decisioni in materia di gestione ambientale per gli impianti interessati alla luce dei risultati dello studio sull’OEF. Le attività e gli impatti legati ai processi rientranti nei confini definiti dell’organizzazione sono considerati attività e impatti “diretti”.

Per esempio, nel caso dei rivenditori, i prodotti fabbricati da altre organizzazioni non sono inclusi nei confini dell’organizzazione del rivenditore. I confini dei rivenditori sono quindi limitati ai beni strumentali e a tutti i processi/attività connessi al servizio di commercio al dettaglio. Tuttavia, i prodotti fabbricati o trasformati dal rivenditore devono essere inclusi nei confini dell’organizzazione.

Poiché alcuni impianti di proprietà comune e/o gestiti congiuntamente possono contribuire alla fornitura del portafoglio di prodotti definito dell’organizzazione e dei portafogli di prodotti di altre organizzazioni, può essere necessario ripartire i flussi in entrata e in uscita di conseguenza (cfr. sezione 5.11).

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I confini dell’organizzazione per il calcolo dell’OEF devono comprendere tutti gli impianti/attività posseduti e/o gestiti dall’organizzazione (parzialmente o totalmente) che contribuiscono a fornire il portafoglio di prodotti durante il periodo di riferimento.

Tutte le attività e i processi che si svolgono entro i confini dell’organizzazione, ma che non sono necessari per il funzionamento dell’organizzazione, devono essere inclusi nell’analisi, ma comunicati separatamente. Esempi di tali processi/attività sono le attività di giardinaggio, i pasti serviti da un’azienda nella mensa e simili.

Nel caso dei rivenditori, i prodotti fabbricati o trasformati da un rivenditore devono essere inclusi nei confini dell’organizzazione.

Esempio

Impianto

Stato

Contribuisce direttamente al portafoglio di prodotti?

Inclusione nel confine del sistema

Impianto tessile

Gestito/non posseduto

Impianto tessile

Parzialmente posseduto/gestito

Stabilimento (cucitura)

Posseduto/gestito

Fabbrica di bottiglie

Quota di minoranza

No

No

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare i processi, le attività e gli impianti caratteristici del settore interessato da includere nei confini dell’organizzazione.

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare i processi e le attività caratteristici che si svolgono entro i confini dell’organizzazione, ma che non sono necessari per il funzionamento dell’organizzazione. Tali processi e attività devono essere inclusi nell’analisi e comunicati separatamente.

4.4.2   Confini dell’impronta ambientale delle organizzazioni

A seconda dell’applicazione prevista, gli studi sull’OEF possono richiedere confini del sistema più ampi dei confini dell’organizzazione. A tale scopo, i confini dell’OEF devono essere definiti in termini di attività indirette e di impatti associati. Le attività e gli impatti indiretti sono quelli che si verificano a monte o a valle nelle catene di approvvigionamento connesse alle attività dell’organizzazione, ma che non rientrano nei confini definiti delle organizzazioni.

Figura 2 indica i processi/le attività obbligatori e facoltativi da includere nell’OEF. Per alcune organizzazioni, le attività a valle (indirette) possono essere escluse sulla base di una giustificazione esplicita. Per esempio, per le organizzazioni che fabbricano prodotti intermedi (32) o prodotti con una sorte indeterminabile per i quali la fase di utilizzo non è nota (per esempio legname, zucchero), la fase di utilizzo può essere esclusa dall’analisi. Se i rivenditori forniscono prodotti fabbricati da altre organizzazioni, i processi produttivi devono essere inclusi come processi a monte.

Figura 2

confini dell’organizzazione e dell’OEF. Nota: le esclusioni (per esempio le attività a valle) devono essere esplicitamente giustificate nel contesto dello studio e dell’applicazione prevista.

Image

Il trasporto dei dipendenti può avvenire entro il confine dell’organizzazione (per esempio quando i dipendenti si spostano utilizzando veicoli posseduti o gestiti dal datore di lavoro o si avvalgono del servizio di trasporto pubblico e il costo è sostenuto dal datore di lavoro) o può costituire un processo indiretto (per esempio quando un dipendente si sposta con veicoli privati o mezzi di trasporto pubblici sostenendone i costi). Per garantire la comparabilità tra gli studi sull’OEF, nell’analisi deve essere incluso il trasporto dei dipendenti, anche nel caso in cui si tratti di attività indirette.

Poiché i prodotti di un settore possono avere una durata diversa [come specificato nella descrizione del portafoglio di prodotti alla voce “per quanto tempo” (cfr. sezione 4.3)], la durata da considerare per la valutazione dei processi/delle attività a valle deve essere definita in modo tale da garantire la comparabilità e la coerenza tra gli studi sull’OEF. Se la durata del prodotto è più breve del periodo di tempo definito da considerare, occorre tenere conto delle sostituzioni necessarie. Tali sostituzioni sono necessarie per rispettare la durata definita e quindi non riguardano il riutilizzo.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I confini dell’OEF devono essere definiti secondo la logica della catena di approvvigionamento generale, che include come minimo le attività a livello di sito (dirette) e a monte (indirette) associate al portafoglio di prodotti dell’organizzazione. I confini dell’OEF devono includere, salvo diversamente convenuto, tutte le fasi della catena di approvvigionamento, dall’acquisizione delle materie prime (33) alla trasformazione, alla produzione, alla distribuzione, allo stoccaggio, all’utilizzo e al trattamento di fine vita del portafoglio di prodotti (ossia dalla culla alla tomba). Devono essere presi in considerazione tutti i processi rientranti nei confini definiti dell’OEF. Se sono escluse le attività a valle (indirette), come per esempio la fase di utilizzo di prodotti intermedi o di prodotti con una sorte incerta, occorre fornire una giustificazione esplicita.

Nell’analisi deve essere incluso il trasporto dei dipendenti, anche se si tratta di attività indirette.

Se i rivenditori forniscono prodotti fabbricati da altre organizzazioni, i processi produttivi devono essere inclusi come processi a monte.

Devono essere prese in considerazione le sostituzioni necessarie per conformarsi alla durata definita (cfr. le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni nella sezione 4.3). Il numero di sostituzioni equivale a “periodo/durata di vita – 1”. Poiché ciò presuppone una situazione media, il numero di sostituzioni non deve essere un numero intero. I processi produttivi futuri per tali sostituzioni devono essere ritenuti identici ai processi dell’anno di riferimento. Se un periodo di tempo fisso non è pertinente per un determinato settore (cfr. le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni nella sezione 4.3), la fase di utilizzo deve comprendere la durata di vita dei prodotti inclusi nel portafoglio di prodotti dell’organizzazione (senza sostituzioni).

Suggerimento: il grado di validità con cui può essere valutata tutta la catena di approvvigionamento dell’OEF per un’organizzazione dipende fortemente dalla natura e dalla varietà dei prodotti forniti dall’organizzazione.

Se l’organizzazione fornisce prodotti intermedi e non è possibile stabilire scenari di utilizzo finale validi, può essere preferibile modellare soltanto gli impatti a monte diretti e indiretti. L’organizzazione potrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di modellare le fasi di utilizzo e di fine vita soltanto per un piccolo sottoinsieme di prodotti rappresentativo.

In ogni caso, i confini del sistema devono essere stabiliti e giustificati in relazione agli obiettivi definiti e alle applicazioni previste dello studio.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare il confine dell’OEF, precisando anche le fasi della catena di approvvigionamento da includere e i processi/le attività diretti (da cancello a cancello) e indiretti (a monte e a valle) da inserire nello studio sull’OEF. Qualsiasi deviazione dal criterio predefinito dalla culla alla tomba deve essere specificata e giustificata in modo esplicito, per esempio l’esclusione della fase di utilizzo non nota di prodotti intermedi. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono anche prevedere la giustificazione per le esclusioni di processi/attività.

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare i periodi di tempo e gli scenari da considerare per le attività a valle. Se per un determinato settore (per esempio alcuni prodotti di consumo) non è opportuno o pertinente un periodo di tempo fisso, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificarne e giustificarne i motivi

4.4.3   Diagramma dei confini del sistema

Il diagramma dei confini del sistema è una rappresentazione schematica del sistema analizzato. Indica in dettaglio le parti della catena di approvvigionamento dell’organizzazione incluse o escluse dall’analisi. Un diagramma dei confini del sistema può essere uno strumento utile per definire il confine del sistema e organizzare le successive attività di raccolta di dati; pertanto dovrebbe essere incluso nella definizione dell’ambito.

Suggerimento: non è obbligatorio preparare un diagramma del confine del sistema, tuttavia lo si raccomanda vivamente. Il diagramma del confine del sistema serve all’organizzazione per definire e strutturare l’analisi.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Il diagramma del confine del sistema deve essere incluso nella definizione dell’ambito.

4.4.4   Come trattare le compensazioni in un’OEF

Il termine “compensazione” viene spesso utilizzato in riferimento ad attività di mitigazione dei gas a effetto serra di terzi. Le compensazioni sono riduzioni dei gas a effetto serra ottenute in un luogo diverso da quello della fonte dell’emissione, utilizzate per compensare le emissioni, per esempio per conseguire un obiettivo oppure un limite massimo obbligatorio o volontario riguardo alle emissioni di gas a effetto serra. Il calcolo delle compensazioni avviene su una base di riferimento, la quale rappresenta uno scenario ipotetico per le emissioni che si sarebbero registrate in assenza del progetto di mitigazione che determina le compensazioni. Ne sono un esempio la compensazione del carbonio del meccanismo per lo sviluppo pulito, i crediti di carbonio e altre compensazioni esterne al sistema.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Le compensazioni non devono essere incluse in uno studio sull’OEF, ma possono essere comunicate separatamente come “ulteriori informazioni ambientali”.

4.5   Selezione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale e dei metodi di valutazione

Le categorie di impatto dell’impronta ambientale (34) riguardano categorie specifiche di impatto ambientale (35) considerate in uno studio sull’OEF che, generalmente, riguardano l’utilizzo delle risorse (per esempio i combustibili fossili e i minerali) o le emissioni di sostanze dannose per l’ambiente (per esempio i gas a effetto serra o le sostanze chimiche tossiche), che possono determinare effetti sulla salute umana. Si usano modelli di valutazione di impatto per quantificare i rapporti causali tra i flussi in entrata di materiali/energia e le emissioni connesse alle attività dell’organizzazione (inventariate nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni) e ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale considerata (cfr. Figura 1). Ciascuna di queste categorie si riferisce a un modello di valutazione di impatto dell’impronta ambientale indipendente, nonché a un indicatore di categoria di impatto dell’impronta ambientale (36).

I modelli di valutazione di impatto dell’impronta ambientale utilizzati nell’OEF sono modelli intermedi (37) in quanto sono considerati consolidati sotto il profilo scientifico. (38) Alcuni impatti potrebbero sembrare esclusi dalla valutazione di impatto dell’impronta ambientale; tuttavia sono inclusi in indicatori intermedi. Per esempio, gli impatti sulla biodiversità (un punto finale connesso agli ecosistemi) non sono esplicitamente calcolati per gli studi sull’OEF, ma sono rappresentati da vari altri indicatori intermedi che riguardano la biodiversità, prevalentemente l’ecotossicità, l’eutrofizzazione, l’acidificazione, l’utilizzo del territorio, i cambiamenti climatici e la riduzione dello strato di ozono.

Lo scopo della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (39) consiste nel raggruppare e aggregare i dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni inventariato in base ai rispettivi contributi a ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale. Ne deriva la base necessaria per l’interpretazione dei risultati dell’OEF in relazione agli obiettivi dello studio (per esempio, l’identificazione delle “parti sensibili” della catena di approvvigionamento e le possibilità di miglioramento). La scelta delle categorie di impatto dell’impronta ambientale deve pertanto essere ampia in modo tale da includere tutte le questioni ambientali pertinenti connesse alle attività dell’organizzazione.

La presente guida sull’OEF fornisce un elenco predefinito di categorie di impatto dell’impronta ambientale e di rispettivi modelli e indicatori di valutazione da utilizzare negli studi sull’OEF (Tabella 2) (40). Ulteriori indicazioni sulle modalità di calcolo di tali impatti sono fornite nel capitolo 6 che contiene. anche i dati necessari per effettuare la valutazione.

Tabella 2

categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite con i rispettivi indicatori di categoria di impatto dell’impronta ambientale e modelli di valutazione di impatto dell’impronta ambientale per gli studi sull’OEF.

Categoria di impatto dell’impronta ambientale

Modello di valutazione di impatto dell’impronta ambientale

Indicatore di categoria di impatto dell’impronta ambientale

Fonte

Cambiamenti climatici

Modello di Berna - Potenziali di riscaldamento globale in un arco temporale di 100 anni.

Tonnellata di CO2 equivalente

Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, 2007

Riduzione dello strato di ozono

Modello EDIP basato sui potenziali di riduzione dello strato di ozono dell’Organizzazione meteorologica mondiale in un arco di tempo infinito.

kg di CFC-11 equivalente (41)

OMM, 1999

Ecotossicità – acqua dolce (45)

Modello USEtox

CTUe (unità tossica comparativa per gli ecosistemi) (46)

Rosenbaum et al., 2008

Tossicità per gli esseri umani - effetti cancerogeni

Modello USEtox

CTUh (unità tossica comparativa per gli esseri umani) (47)

Rosenbaum et al., 2008

Tossicità per gli esseri umani - effetti non cancerogeni

Modello USEtox

CTUh (unità tossica comparativa per gli esseri umani) (47)

Rosenbaum et al., 2008

Particolato/smog provocato dalle emissioni di sostanze inorganiche

Modello RiskPoll

kg di PM2,5 equivalente (42)

Humbert, 2009

Radiazione ionizzante – effetti sulla salute umana

Modello di effetti sulla salute umana

kg di U235 equivalente (nell’aria)

Dreicer et al., 1995

Formazione di ozono fotochimico

Modello LOTOS-EUROS

kg di NMVOC equivalente (43)

Van Zelm et al., 2008 applicato in ReCiPe

Acidificazione

Modello di superamento accumulato

moli di H+ equivalente

Seppälä et al., 2006; Posch et al, 2008

Eutrofizzazione – terrestre

Modello di superamento accumulato

moli di N equivalente

Seppälä et al., 2006; Posch et al, 2008

Eutrofizzazione – acquatica

Modello EUTREND

acqua dolce: kg di P equivalente

acqua di mare: kg di N equivalente

Struijs et al., 2009 attuato in ReCiPe

Impoverimento delle risorse – acqua

Modello svizzero per la scarsità ecologica

uso di m3 di acqua connesso alla scarsità locale di acqua (48)

Frischknecht et al., 2008

Impoverimento delle risorse – minerali, fossili

Modello CML2002

kg di Sb equivalente (44)

van Oers et al., 2002

Utilizzo del territorio

Modello della materia organica contenuta nel suolo

kg di C (carenza)

Milà i Canals et al., 2007

A seconda della natura delle attività dell’organizzazione e delle applicazioni previste dello studio sull’OEF, gli utenti della presente guida possono scegliere di limitare la serie di categorie di impatto dell’impronta ambientale. Le giustificazioni delle esclusioni devono essere comprovate da documenti adeguati. Tra gli esempi di fonti di documenti giustificativi sono compresi (elenco non esaustivo):

processo di consenso internazionale;

revisione esterna indipendente (in base ai requisiti indicati nel capitolo 9);

processo con la partecipazione di una pluralità di parti interessate;

studi di valutazione del ciclo di vita sottoposti a valutazione tra pari;

fase di analisi (cfr. sezione 5.2).

Esempio: giustificazione dell’esclusione di categorie di impatto dell’impronta ambientale

Categorie di impatto dell’impronta ambientale escluse

Giustificazione

Particolato/smog provocato dalle emissioni di sostanze inorganiche

Un revisore esperto conferma che non sussistono impatti significativi di particolato/smog provocato dalle emissioni di sostanze inorganiche sulla base delle prove fornite.

Radiazione ionizzante

Da studi di settore precedenti (riferimenti) emerge che non sono presenti radiazioni ionizzanti significative.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Per uno studio sull’OEF occorre applicare tutte le categorie di impatto dell’impronta ambientale, nonché i modelli e gli indicatori di valutazione di impatto dell’impronta ambientale associati predefiniti (cfr. Tabella 2). Qualsiasi esclusione deve essere esplicitamente documentata, giustificata e comunicata nella relazione sull’OEF, nonché comprovata da documenti adeguati. Nella fase di interpretazione deve essere comunicata e discussa l’influenza di qualsiasi esclusione sui risultati finali, soprattutto per quanto riguarda le limitazioni in termini di comparabilità rispetto ad altri studi sull’OEF. Tali esclusioni sono sottoposte a revisione.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare e giustificare qualsiasi esclusione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite, specialmente per quanto riguarda gli aspetti della comparabilità.

4.6   Selezione delle ulteriori informazioni ambientali da includere nell’OEF

I possibili impatti ambientali rilevanti di un’organizzazione potrebbero andare al di là dei modelli di valutazione di impatto dell’impronta ambientale basati sul ciclo di vita ampiamente accettati. È importante considerare tali impatti ambientali ove possibile. Per esempio, gli impatti sulla biodiversità dovuti a modifiche della destinazione dei suoli possono verificarsi in associazione con un sito o un’attività specifici. Ciò può rendere necessaria l’applicazione di altre categorie di impatto dell’impronta ambientale oltre a quelle predefinite contenute nell’elenco fornito nella presente guida, o persino descrizioni qualitative aggiuntive. Tali metodi aggiuntivi sono complementari alla serie predefinita di categorie di impatto dell’impronta ambientale. Per esempio, varie iniziative e sistemi di sviluppo (come la Global Reporting Initiative (49)) forniscono modelli che le organizzazioni possono utilizzare per comunicare dati qualitativi riguardanti gli impatti sulla biodiversità locale.

Le organizzazioni ubicate vicino al mare potrebbero emettere sostanze direttamente nelle acque marine anziché in acque dolci. Poiché la serie predefinita di categorie di impatto dell’impronta ambientale include soltanto l’ecotossicità dovuta alle emissioni in acque dolci, è importante considerare le emissioni dirette nelle acque marine come ulteriori informazioni ambientali. Ciò deve essere fatto a livello di inventario in quanto attualmente non è disponibile alcun modello di valutazione di impatto per tali emissioni.

Oltre alla comunicazione dei valori assoluti per ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale considerata, possono essere necessari anche criteri di misurazione basati sull’intensità, come per esempio nel caso della gestione del miglioramento delle prestazioni ambientali e dell’effettuazione di confronti o di dichiarazioni comparative. Tra gli esempi di criteri di misurazione basati sull’intensità sono compresi gli impatti per unità di prodotto, per dipendente, per vendite lorde e per valore aggiunto.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Se la serie predefinita di categorie di impatto dell’impronta ambientale o i modelli predefiniti di valutazione di impatto dell’impronta ambientale non comprendono in maniera adeguata i possibili impatti ambientali dell’organizzazione, tra le ulteriori informazioni ambientali devono essere inclusi anche tutti i relativi aspetti ambientali pertinenti (qualitativi/quantitativi). Le ulteriori informazioni ambientali devono essere comunicate separatamente dai risultati della valutazione predefinita di impatto dell’impronta ambientale. Tuttavia, questi non devono sostituire i modelli di valutazione obbligatori delle categorie predefinite di impatto dell’impronta ambientale. I modelli a sostegno delle categorie aggiuntive con gli indicatori corrispondenti devono essere chiaramente identificati e documentati.

Le ulteriori informazioni ambientali devono essere:

basate su dati comprovati, esaminati o verificati (conformemente ai requisiti della norma ISO 14020 e alla - clausola 5 della norma ISO 14021:1999);

specifiche, accurate e non fuorvianti;

pertinenti per il settore particolare;

sottoposte al processo di revisione;

chiaramente documentate.

Le emissioni dirette nelle acque marine devono essere incluse nelle ulteriori informazioni ambientali (a livello di inventario).

Se si utilizzano le ulteriori informazioni ambientali a sostegno della fase di interpretazione di uno studio sull’OEF, tutti i dati necessari per ottenere tali informazioni devono rispettare gli stessi requisiti qualitativi stabiliti per i dati impiegati per il calcolo dei risultati dell’OEF (cfr. sezione 5.6 (50)).

Le ulteriori informazioni ambientali devono riguardare unicamente questioni ambientali. Dello studio sull’OEF non devono far parte informazioni e istruzioni, come per esempio le schede di sicurezza dell’organizzazione, che non hanno alcuna relazione con l’impronta ambientale dell’organizzazione. Analogamente, non devono essere incluse le informazioni relative a obblighi legali.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare quanto segue:

le ulteriori informazioni ambientali che devono essere incluse nello studio sull’OEF o che si raccomanda di presentare in quanto pertinenti per il settore interessato. Tali ulteriori informazioni ambientali devono essere comunicate separatamente dai risultati della valutazione predefinita di impatto dell’impronta ambientale (cfr. Tabella 2). Tutti i modelli e le ipotesi delle ulteriori informazioni ambientali devono essere comprovati da documentazione adeguata, chiaramente documentati e sottoposti al processo di revisione. Le ulteriori informazioni ambientali possono includere (elenco non esaustivo):

altre categorie di impatto ambientale pertinenti per il settore;

altri approcci pertinenti per condurre la caratterizzazione dei flussi dal profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, quando nel metodo predefinito non sono disponibili fattori di caratterizzazione per taluni flussi (per esempio, gruppi di sostanze chimiche);

indicatori ambientali o indicatori di responsabilità di prodotto (per esempio, gli indicatori fondamentali dell’EMAS o la Global Reporting Initiative (GRI));

il consumo di energia nel ciclo di vita di una fonte energetica primaria, che rappresenta separatamente l’uso di energia “rinnovabile”;

il consumo di energia diretto di una fonte energetica primaria, che rappresenta separatamente l’uso di energia “rinnovabile”;

per le fasi da cancello a cancello, il numero di specie della lista rossa dell’IUCN e di specie degli elenchi di conservazione nazionali con habitat in zone interessate da operazioni, per livello di rischio di estinzione;

descrizione di impatti significativi di attività e prodotti sulla biodiversità in zone protette e zone con un elevato valore di biodiversità al di fuori delle zone protette;

peso totale dei rifiuti per tipo e metodo di smaltimento;

peso dei rifiuti trasportati, importati, esportati o trattati ritenuti pericolosi ai sensi degli allegati I, II, III, e VIII della Convenzione di Basilea e percentuale di rifiuti trasportati trasferiti a livello internazionale;

informazioni tratte dalle valutazioni di impatto ambientale e dalle valutazioni del rischio chimico;

giustificazioni per inclusioni/esclusioni.

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono inoltre definire l’unità adeguata per i criteri di misurazione basati sull’intensità richiesti per scopi di comunicazione specifici.

4.7   Ipotesi/limitazioni

Negli studi sull’OEF possono esistere varie limitazioni all’effettuazione di analisi e pertanto devono essere formulate alcune ipotesi. Per esempio, i dati generici (51) che non rappresentano completamente la realtà dell’organizzazione possono essere adattati per una migliore rappresentazione.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Tutte le limitazioni e le ipotesi devono essere comunicate in maniera trasparente.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono indicare le limitazioni specifiche del settore e definire le ipotesi necessarie per superare tali limitazioni.

5.   COMPILAZIONE E REGISTRAZIONE DEL PROFILO DI UTILIZZO DELLE RISORSE E DI EMISSIONI (FASE DI INVENTARIO)

5.1   Informazioni generali

Deve essere compilato un inventario (profilo) di tutti i flussi di materiali/energia in entrata/in uscita e delle emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo come base per la modellazione dell’OEF. Si tratta del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e si compila in termini di totale dei prodotti/servizi rappresentati dal portafoglio di prodotti definito dell’organizzazione. A livello di organizzazione, ciò include tutti i flussi in entrata e in uscita per i processi posseduti e/o gestiti che contribuiscono alla fornitura del portafoglio di prodotti entro il confine dell’organizzazione. A livello analitico, se nei confini dell’OEF sono inclusi i processi/flussi a monte e a valle, sono compresi tutti i processi/flussi connessi a tutte le fasi del ciclo di vita del portafoglio di prodotti.

In teoria, le attività dell’organizzazione dovrebbero essere descritte utilizzando dati specifici degli impianti o dei prodotti (ossia modellando il ciclo di vita esatto che descrive la catena di approvvigionamento, l’utilizzo e le fasi di fine vita a seconda dei casi). In pratica, e in generale, per i processi rientranti nel confine definito dell’organizzazione, devono essere utilizzati i dati di inventario specifici dell’impianto raccolti direttamente salvo che i dati generici siano più rappresentativi o appropriati. Per i processi non rientranti nel confine dell’organizzazione, per i quali non è possibile un accesso diretto ai dati, di norma si utilizzano i dati generici. Tuttavia, è buona prassi tentare di accedere direttamente ai dati raccolti dai fornitori in tutti i casi possibili, in particolare per i processi significativi sotto il profilo ambientale. I requisiti di raccolta e di utilizzo dei dati specifici e generici sono descritti in modo più particolareggiato rispettivamente nelle sezioni 5.7 e 5.8.

I dati generici sono dati provenienti da banche dati degli inventari del ciclo di vita di terzi, da relazioni di governi o associazioni di settore, da banche dati statistiche, da pubblicazioni specializzate o da altre fonti. Si utilizzano quando non sono disponibili dati specifici o non sono pertinenti. Tutti i dati devono soddisfare i requisiti di qualità specificati nella presente guida.

Il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni deve adottare le seguenti classificazioni dei flussi inclusi:

flussi elementari, che sono (ISO 14040:2006, 3.12) “i materiali o l’energia in entrata nel sistema oggetto di studio che sono stati prelevati dall’ambiente senza alcuna preventiva trasformazione operata dall’uomo, o i materiali o l’energia in uscita dal sistema oggetto di studio che vengono scaricati nell’ambiente senza alcuna ulteriore trasformazione operata dall’uomo”. I flussi elementari comprendono, per esempio, le risorse reperite in natura o le emissioni nell’aria, nell’acqua, nel suolo che sono direttamente collegate ai fattori di caratterizzazione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale;

flussi non elementari (o complessi), che sono tutti i restanti flussi in entrata (per esempio, energia elettrica, materiali, processi di trasporto) e flussi in uscita (per esempio, rifiuti, sottoprodotti) di un sistema che richiedono ulteriori operazioni di modellazione per essere trasformati in flussi elementari.

Tutti i flussi non elementari del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere trasformati in flussi elementari. Per esempio, i flussi di rifiuti non soltanto devono essere comunicati come chilogrammi di rifiuti domestici o di rifiuti pericolosi, ma devono anche includere le emissioni nell’acqua, nell’aria e nel suolo dovute ai trattamenti dei rifiuti solidi. Ciò è necessario per la comparabilità degli studi sull’OEF. La compilazione del profilo di utilizzo delle risorse o di emissioni è pertanto completata quando tutti i flussi sono flussi elementari.

Suggerimento: documentare il processo di raccolta dei dati è utile per migliorare la qualità dei dati nel tempo, per prepararsi alla revisione critica (52) e per rivedere i futuri inventari dell’organizzazione per tenere conto di cambiamenti delle attività dell’organizzazione. Per garantire che tutte le informazioni pertinenti siano documentate, può essere utile stabilire un piano di gestione dei dati nelle prime fasi del processo di inventario (cfr. allegato II).

Il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni in uno studio sull’OEF può essere compilato seguendo una procedura in due fasi: fase di analisi e fase di completamento. La procedura è illustrata nella figura 3. La prima fase non è obbligatoria, ma è vivamente raccomandata.

Figura 3

procedura in due fasi per compilare il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (la fase di analisi è vivamente raccomandata, ma non è obbligatoria).

Image

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere inclusi nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni. I flussi devono essere raggruppati in “flussi elementari” e “flussi non elementari (ossia complessi)”. Tutti i flussi non elementari del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere quindi trasformati in flussi elementari.

5.2   Fase di analisi

Si raccomanda vivamente un profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e una valutazione di impatto dell’OEF iniziale a “livello di analisi”. La fase di analisi contribuisce a concentrare le attività di raccolta dei dati e le priorità di qualità dei dati per il completamento del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Dovrebbe essere compilato un profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni iniziale a “livello di analisi”, che è vivamente raccomandato. Se si conduce una fase di analisi, devono essere utilizzati dati specifici e/o generici facilmente disponibili conformi ai requisiti in materia di qualità dei dati definiti nella sezione 5.6. Eventuali esclusioni di fasi della catena di approvvigionamento devono essere esplicitamente giustificate e sottoposte al processo di revisione e se ne deve discutere l’influenza sui risultati finali.

Per le fasi della catena di approvvigionamento per le quali non si prevede una valutazione di impatto quantitativa dell’impronta ambientale (per esempio, la fase di utilizzo dei prodotti intermedi in un’OEF dalla culla al cancello), la fase di analisi deve fare riferimento alla letteratura esistente e ad altre fonti per formulare descrizioni qualitative di processi potenzialmente significativi sotto il profilo ambientale. Tali descrizioni qualitative devono essere incluse nelle ulteriori informazioni ambientali.

Nella formulazione di descrizioni qualitative di possibili impatti ambientali, devono essere considerate le seguenti fonti di informazioni:

studi sull’OEF e basati sulle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni di organizzazioni simili;

studi basati sulla regola delle categorie di impronta ambientale dei prodotti e di impronta ambientale delle organizzazioni per i prodotti principali forniti dalle organizzazioni;

studi dettagliati precedenti di organizzazioni simili;

documenti di riferimento settoriali sull’EMAS, se ne esistono per il settore;

norme in materia di informativa ambientale delle organizzazioni di altre iniziative/sistemi;

studi sull’impatto ambientale dei prodotti e sul miglioramento delle prestazioni ambientali dei prodotti per i prodotti forniti dall’organizzazione;

indicatori essenziali delle prestazioni ambientali per i settori, comunicati dal DEFRA (http://archive.defra.gov.uk/environment/business/reporting/pdf/envkpi-guidelines.pdf);

altre pubblicazioni specializzate.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare i processi da includere. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono anche specificare per quali processi sono necessari dati specifici e per quali è ammesso o necessario l’uso di dati generici.

5.3   Piano di gestione dei dati (facoltativo)

Sebbene non sia necessario nel contesto dell’OEF, un piano di gestione dei dati può essere uno strumento prezioso per gestire i dati e per seguire la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

Il piano di gestione dei dati può comprendere:

una descrizione delle procedure di raccolta di dati per quanto riguarda:

processi/attività rientranti nei confini definiti dell’organizzazione;

processi/attività non rientranti (a monte o a valle) entro i confini definiti dell’organizzazione, ma rientranti nei confini dell’OEF;

fonti dei dati;

metodologie di calcolo;

procedure di trasmissione, archiviazione e backup dei dati;

procedure di controllo della qualità e di revisione per la raccolta dei dati, i flussi in ingresso e le attività di movimentazione, la documentazione dei dati e i calcoli delle emissioni.

Per ulteriori indicazioni sulle possibili modalità di formulazione di un piano di gestione dei dati, cfr. allegato II.

5.4   Dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni deve essere costituito dai flussi in entrata e in uscita documentati associati a tutte le attività e i processi di tutte le fasi del ciclo di vita entro i confini definiti dell’OEF.

Devono essere valutati i seguenti elementi per l’inclusione nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (53):

attività dirette e impatti delle fonti possedute e/o gestite dall’organizzazione;

attività a monte indirettamente attribuibili;

attività a valle indirettamente attribuibili;

Per i beni strumentali deve essere utilizzata la riduzione lineare. Deve essere presa in considerazione la durata prevista dei beni strumentali (e non il tempo necessario per diventare un valore contabile economico pari a 0).

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono inoltre specificare le fonti e i requisiti di qualità e di revisione per i dati utilizzati in uno studio sull’OEF.

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono fornire uno o più esempi per la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, specificando anche quanto segue:

elenchi di sostanze per le attività/i processi inclusi;

le unità;

la nomenclatura per i flussi elementari.

Ciò può valere per una o più fasi della catena di approvvigionamento, i processi o le attività, per garantire la standardizzazione della raccolta e della comunicazione dei dati. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni possono specificare requisiti riguardo ai dati per le principali fasi a monte, da cancello a cancello o a valle più rigorosi di quelli definiti nella presente guida.

Per la modellazione dei processi/delle attività entro il confine definito dell’organizzazione (ossia la fase da cancello a cancello), le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono anche specificare quanto segue:

processi/attività inclusi;

specifiche per la compilazione di dati per i processi fondamentali, ivi compresi i dati di calcolo delle medie tra gli impianti;

la durata prevista dei beni strumentali;

eventuali dati specifici del sito richiesti da comunicare come “ulteriori informazioni ambientali”;

requisiti specifici in materia di qualità dei dati, per esempio per la misurazione di dati di attività specifiche.

e le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni richiedono/consentono deviazioni rispetto al confine predefinito del sistema dalla culla alla tomba (per esempio, se prescrivono l’utilizzo di un confine dalla culla al cancello), esse devono specificare il modo in cui occorre tener conto degli equilibri di materiali/energia nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

Per la stima della durata dei beni strumentali, devono essere utilizzare le seguenti fonti:

le regole relative alle categorie di impronta ambientale dei prodotti/le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni pertinenti;

le regole di categoria di prodotto pertinenti;

i valori utilizzati nelle norme europee;

i valori utilizzati nelle norme nazionali;

dati statistici;

altre fonti di materiale informativo riguardante la durata dei beni strumentali.

5.4.1   Attività e impatti diretti

Gli impatti diretti sono gli impatti derivanti da fonti possedute e/o gestite dall’organizzazione, ossia da attività a livello di sito, come di seguito specificato:

beni strumentali costruiti/prodotti dall’organizzazione (per esempio, i macchinari utilizzati nei processi produttivi, gli edifici, le apparecchiature per ufficio, i mezzi di trasporto, le infrastrutture di trasporto). Per i beni strumentali deve essere applicata la riduzione lineare;

produzione di energia derivante dalla combustione di carburanti in fonti stazionarie (per esempio caldaie, fornaci, turbine);

trattamento fisico o chimico (per esempio, in attività manifatturiere, di trasformazione, di pulizia e simili);

trasporto di materiali, prodotti e rifiuti (risorse e emissioni derivanti dalla combustione di carburanti) con veicoli posseduti e/o gestiti dall’impresa, descritto in termini di modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza;

lavoratori pendolari (risorse e emissioni derivanti dalla combustione di carburanti) che utilizzano veicoli posseduti e/o gestiti dall’organizzazione, descritti in termini di modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza;

viaggi di lavoro (risorse e emissioni derivanti dalla combustione di carburanti) con veicoli posseduti e/o gestiti dall’organizzazione, descritti in termini di modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza;

trasporto di clienti e visitatori (risorse e emissioni derivanti dalla combustione di carburanti) con veicoli posseduti e/o gestiti dall’organizzazione, descritti in termini di modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza;

trasporto dai fornitori (risorse e emissioni derivanti dalla combustione di carburanti) con veicoli posseduti e/o gestiti dall’organizzazione, descritti in termini di modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza;

smaltimento e trattamento dei rifiuti (composizione, volume) quando sono lavorati in impianti posseduti e/o gestiti dall’organizzazione;

emissioni derivanti da rilasci intenzionali o non intenzionali (54) (per esempio, le emissioni di idrofluorocarburi (HFC) durante l’uso di apparecchiature di condizionamento dell’aria);

altre attività specifiche del sito.

5.4.2   Attività a monte indirettamente attribuibili

Gli impatti diretti delle attività a monte si riferiscono all’uso di materiali, all’energia e alle emissioni associati ai prodotti/servizi provenienti da fonti di approvvigionamento a monte del confine dell’organizzazione per favorire la creazione del portafoglio di prodotti. Si tratta di risorse e di emissioni provenienti da attività quali:

estrazione delle materie prime necessarie per la creazione del portafoglio di prodotti;

estrazione, produzione e trasporto di beni strumentali (55) acquistati (per esempio, i macchinari utilizzati nei processi produttivi, gli edifici, le apparecchiature per ufficio, i mezzi di trasporto, le infrastrutture di trasporto). Per i beni strumentali deve essere applicata la riduzione lineare;

estrazione, produzione e trasporto di energia elettrica, vapore e energia per riscaldamento/raffreddamento acquistati;

estrazione, produzione e trasporto di materiali, combustibili e altri prodotti acquistati;

produzione di energia elettrica consumata da attività a monte;

smaltimento e trattamento di rifiuti prodotti da attività a monte;

smaltimento e trattamento dei rifiuti prodotti nel sito quando sono lavorati in impianti non posseduti e/o gestiti dall’organizzazione;

trasporto di materiali e prodotti tra fornitori e da fornitori con veicoli non posseduti e/o gestiti dall’organizzazione (modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza);

lavoratori pendolari che utilizzano veicoli non posseduti o gestiti dall’organizzazione (modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza).

viaggi di lavoro (risorse e emissioni derivanti dalla combustione di carburanti) con veicoli non posseduti e/o gestiti dall’organizzazione (modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza);

trasporto di clienti e visitatori (risorse e emissioni derivanti dalla combustione di carburanti) con veicoli non posseduti e/o gestiti dall’organizzazione (modalità di trasporto, tipo di veicoli e distanza);

qualsiasi altro processo/attività a monte.

5.4.3   Attività a valle indirettamente attribuibili

Gli impatti indiretti di attività a valle si riferiscono all’uso di materiali, all’energia e alle emissioni associati ai prodotti/servizi presenti a valle del confine dell’organizzazione in relazione al portafoglio di prodotti. Si tratta di risorse e di emissioni provenienti da attività quali:

trasporto e distribuzione di prodotti/servizi forniti al cliente, in cui i mezzi di trasporto non sono posseduti e/o gestiti dall’organizzazione;

trasformazione dei prodotti/servizi forniti;

utilizzo dei prodotti/servizi forniti (per maggiori informazioni, cfr. sezione 5.4.6);

trattamento di fine vita dei prodotti/servizi forniti (per maggiori informazioni, cfr. sezione 5.4.7);

qualsiasi altro processo/attività a valle.

5.4.4   Ulteriori requisiti per il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Computo dell’uso di energia elettrica (ivi compreso l’uso di energie rinnovabili)

L’uso di energia elettrica proveniente dalla rete consumata a monte o entro il confine dell’organizzazione deve essere modellato nel modo più preciso possibile dando la preferenza ai dati specifici dei fornitori. Se l’energia elettrica è rinnovabile completamente o in parte, è importante che non si verifichino doppi conteggi.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Per l’energia elettrica proveniente dalla rete consumata a monte o entro il confine dell’organizzazione, devono essere utilizzati i dati specifici dei fornitori, se disponibili. In caso contrario, occorre impiegare i dati relativi al mix di consumi a livello nazionale del paese in cui si verificano le fasi del ciclo di vita. Per l’energia elettrica consumata nella fase di utilizzo dei prodotti, il mix energetico deve tenere conto dei rapporti delle vendite tra paesi o regioni. Qualora tali dati non siano disponibili, deve essere utilizzato il mix di consumi medio dell’Unione europea o il mix più rappresentativo.

Per l’energia rinnovabile proveniente dalla rete consumata a monte o entro il confine definito dell’organizzazione, occorre garantire che si eviti un doppio conteggio dell’energia rinnovabile (e degli impatti associati). Deve essere inclusa una dichiarazione del fornitore come allegato della relazione sull’OEF, che garantisca che l’elettricità fornita è effettivamente prodotta da fonti rinnovabili e non è venduta ad altre organizzazioni, per esempio, fornendo una garanzia di origine per la produzione di energia elettrica rinnovabile (56).

Computo della produzione di energia rinnovabile

Alcune organizzazioni possono produrre energia da fonti rinnovabili in quantità superiore a quella consumata. Se l’energia rinnovabile in eccesso prodotta entro il confine definito dell’organizzazione viene fornita a terzi (ossia viene immessa nella rete elettrica), può essere accreditata esclusivamente all’organizzazione se il credito non è già stato preso in considerazione in altri sistemi. La documentazione (come per esempio la garanzia di origine per la produzione di energia elettrica rinnovabile (56)) deve spiegare se il credito è considerato o meno nel calcolo.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I crediti associati all’energia rinnovabile prodotta dall’organizzazione devono essere calcolati rispetto ai dati relativi al mix di consumi medio rettificato (ossia sottraendo la quantità di energia rinnovabile fornita esternamente) del paese al quale viene fornita l’energia elettrica. Qualora tali dati non siano disponibili, deve essere utilizzato il mix di consumi medio dell’Unione europea rettificato o il mix più rappresentativo. Se non sono disponibili dati sul calcolo dei mix rettificati, devono essere utilizzati i mix medi non rettificati. Devono essere chiaramente indicati i mix energetici considerati per il calcolo dei benefici e se sono stati rettificati.

Computo dello stoccaggio temporaneo (di carbonio) ed emissioni ritardate

Lo stoccaggio temporaneo (di carbonio) si verifica quando un prodotto “riduce i gas serra nell’atmosfera” o genera “emissioni negative”, assorbendo o stoccando carbonio per un determinato periodo di tempo.

Le emissioni ritardate sono emissioni rilasciate nel corso del tempo, ad esempio per via di un utilizzo prolungato o nel corso delle fasi dello smaltimento finale, e non in unica volta in un momento preciso “t”.

Consideriamo l’esempio seguente: se possediamo un mobile di legno con una durata di vita di 120 anni, stocchiamo carbonio per i 120 anni di vita del mobile e le emissioni associate al suo smaltimento o incenerimento quando sarà giunto alla fine del ciclo di vita sono “ritardate” di 120 anni. Il CO2 è consumato per la produzione del mobile di legno, viene stoccato per 120 anni ed è rilasciato al momento dello smaltimento o incenerimento del mobile. Il CO2 è immagazzinato per 120 anni e le emissioni ritardate si verificano solo dopo 120 anni (al termine del ciclo di vita del mobile) e non subito

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I crediti associati allo stoccaggio temporaneo (di carbonio) o alle emissioni ritardate non devono essere considerati nel calcolo delle categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite. Tali crediti possono tuttavia essere inclusi come “ulteriori informazioni ambientali”. Inoltre, devono essere comunicati come “ulteriori informazioni ambientali” se previsto dalle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni.

Eliminazioni ed emissioni di carbonio biogenico

Il carbonio, per esempio, viene eliminato dall’atmosfera in seguito alla crescita degli alberi (CF (57) di -1 CO2 eq. per il riscaldamento globale), mentre viene rilasciato durante la combustione del legno (CF di +1 CO2 eq. per il riscaldamento globale).

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Le eliminazioni e le emissioni per le fonti di carbonio biogenico devono essere identificate separatamente nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni. (58)

Modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo (impatto sui cambiamenti climatici): l’impatto delle modifiche riguardanti la destinazione del suolo sui cambiamenti climatici deriva essenzialmente da una variazione degli stock di carbonio nel terreno. Le modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo si verificano in seguito a una trasformazione da un tipo di destinazione del suolo a un altro, che avviene in un’unica superficie, che causa eventualmente modifiche nello stock di carbonio di tale suolo specifico, ma che non comporta un cambiamento in un altro sistema. Per maggiori informazioni, cfr. allegato VI.

Modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo (impatto sui cambiamenti climatici): l’impatto delle modifiche riguardanti la destinazione del suolo sui cambiamenti climatici deriva essenzialmente da una variazione degli stock di carbonio nel terreno. Le modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo si verificano quando una determinata modifica della destinazione del suolo induce cambiamenti al di fuori dei confini dell’OEF, ossia in altri tipi di destinazione del suolo. Visto che nell’ambito dell’impronta ambientale non esiste una metodologia concordata per le modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo, tali modifiche non sono considerate nei calcoli dei gas nel PEF.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Le emissioni di gas a effetto serra derivanti da modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo devono essere assegnate ai prodotti i) per 20 anni successivamente alla modifica della destinazione del suolo o ii) per un periodo unico di raccolta del prodotto valutato a partire dall’inizio dell’estrazione (anche se questo periodo è superiore a 20 anni) (59), scegliendo il periodo più lungo tra questi due. Per maggiori informazioni, cfr. allegato VI. Le emissioni di gas a effetto serra derivanti da modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo non devono essere incluse, a meno che non sia previsto dai PEFCR. In tal caso la modifica indiretta deve essere segnalata separatamente in quanto informazione ambientale aggiuntiva, ma non se ne terrà conto nel calcolo della categoria d’impatto del gas serra.

5.4.5   Modellazione degli scenari di trasporto

La modellazione dei trasporti in tutto il ciclo di vita dei prodotti forniti dall’organizzazione richiede la definizione di alcuni scenari. Devono/dovrebbero essere presi in considerazione i seguenti parametri (a seconda dei casi, cfr. sotto):

1.

Modalità di trasporto: deve essere presa in considerazione la modalità di trasporto, per esempio terrestre (autocarro, ferrovia, oleodotto), acquatica (nave, battello, chiatta), o aerea (aeroplano);

2.

Tipo di veicolo e consumo di carburante: devono essere presi in considerazione il tipo di veicolo e il consumo di carburante a pieno carico e a vuoto. Deve essere applicato un adeguamento al consumo di un veicolo a pieno carico in base al tasso di carico (cfr. l’esempio di seguito riportato);

3.

Tasso di carico  (60): gli impatti ambientali sono direttamente connessi al tasso di carico effettivo, pertanto deve essere considerato il tasso di carico.

4.

Numero di ritorni a vuoto: deve essere preso in considerazione il numero di ritorni a vuoto eventualmente applicabile, ossia il rapporto tra la distanza percorsa per raccogliere il carico successivo dopo aver scaricato il prodotto e la distanza percorsa per trasportare il prodotto. I chilometri percorsi dal veicolo vuoto devono essere assegnati al prodotto considerato. Devono essere definiti valori specifici per paese e tipo di prodotto trasportato.

5.

Distanza di trasporto: le distanze di trasporto devono essere documentate applicando le distanze di trasporto medie specifiche per il contesto considerato.

6.

Allocazione  (61) degli impatti derivanti dal trasporto: in caso di trasporto di vari prodotti, può essere necessario assegnare una quota degli impatti derivanti dal trasporto all’organizzazione sulla base del fattore di limitazione del carico. Si applicano i seguenti requisiti: (62)

trasporto di prodotti: tempo o distanza E massa o volume (o in casi specifici: pezzi/pallet) del prodotto trasportato;

a)

se si raggiunge il peso massimo autorizzato prima che il veicolo abbia raggiunto il suo carico fisico massimo: al 100 % del suo volume (prodotti ad alta densità), l’allocazione deve essere basata sulla massa dei prodotti trasportati.

b)

se il veicolo è carico al 100 % del volume, ma non raggiunge il peso massimo autorizzato (prodotti a bassa densità), l’allocazione deve essere basata sul volume dei prodotti trasportati.

trasporto di persone: tempo o distanza.

viaggio di lavoro del personale: tempo, distanza o costi.

7.

Produzione di combustibile: deve essere presa in considerazione la produzione di combustibile. I valori predefiniti per la produzione di combustibile si trovano per esempio, nella banca dati europea di riferimento sul ciclo di vita (ELCD) (63);

8.

Infrastrutture: devono essere prese in considerazione le infrastrutture di trasporto, in particolare per il trasporto stradale, ferroviario e acquatico.

9.

Risorse e strumenti: devono essere presi in considerazione la quantità e il tipo di risorse e strumenti aggiuntivi necessari per le operazioni logistiche, come gru e trasportatori.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I parametri di trasporto di cui si deve tenere conto sono: tipo di trasporto, tipo di veicolo e consumo di carburante, tasso di carico, numero di ritorni a vuoto eventualmente applicabili e pertinenti, distanza di trasporto, allocazione per il trasporto di prodotti sulla base di un fattore di limitazione del carico (ossia la massa per i prodotti ad alta densità e il volume per i prodotti a bassa densità) e la produzione di combustibile.

I parametri di trasporto di cui si dovrebbe tenere conto sono: le infrastrutture di trasporto, le risorse e gli strumenti aggiuntivi come gru e trasportatori, l’allocazione per il trasporto del personale basata su tempo o distanza, l’allocazione per i viaggi di lavoro del personale basata su tempo o distanza o valore economico.

Gli impatti dovuti al trasporto devono essere espressi in unità di riferimento predefinite, ossia tkm per il trasporto di prodotti e persona-km per il trasporto di passeggeri. Qualsiasi deviazione da tali unità di riferimento predefinite deve essere comunicata e giustificata.

L’impatto ambientale dovuto al trasporto deve essere calcolato moltiplicando l’impatto per unità di riferimento per ciascuno dei tipi di veicolo per a) per i prodotti: la distanza e il carico e b) per le persone: la distanza e il numero di persone sulla base degli scenari di trasporto definiti.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare gli eventuali scenari di trasporto, distribuzione e stoccaggio da includere nello studio sull’OEF.

5.4.6   Modellazione degli scenari per la fase di utilizzo

La fase di utilizzo dei prodotti/servizi inclusi nel portafoglio di prodotto dell’organizzazione inizia quando il consumatore o l’utilizzatore finale prende possesso del prodotto e finisce quando il prodotto usato viene buttato via per essere trasportato in un impianto di riciclaggio o di smaltimento di rifiuti. Devono essere definiti scenari di utilizzo, tenendo conto delle informazioni tecniche pubblicate, fra cui:

norme internazionali pubblicate che specificano gli orientamenti e i requisiti per la definizione di scenari per la fase di utilizzo e di scenari per la durata del prodotto, ossia per effettuarne una stima;

orientamenti nazionali pubblicati che forniscono indicazioni specifiche per la definizione di scenari per la fase di utilizzo e di scenari per la durata del prodotto, ossia per effettuarne una stima;

orientamenti settoriali pubblicati che forniscono indicazioni specifiche per la definizione di scenari per la fase di utilizzo e di scenari per la durata del prodotto, ossia per effettuarne una stima;

indagini di mercato o altri dati di mercato.

Lo scenario di utilizzo deve anche tenere conto del fatto che l’utilizzo dei prodotti analizzati possa comportare o meno modifiche dei sistemi in cui sono utilizzati. Per esempio, i prodotti che impiegano energia potrebbero influire sull’energia necessaria per il riscaldamento/raffreddamento di un edificio, o il peso della batteria di un autoveicolo potrebbe influire sul consumo di carburante dell’autoveicolo.

Nota: il metodo che il fabbricante raccomanda di applicare nella fase di utilizzo (per esempio, cottura in un forno a una temperatura specifica per un tempo specifico) potrebbe fornire la base per determinare la fase di utilizzo di un prodotto. Il modello di utilizzo effettivo può tuttavia essere diverso da quello raccomandato e dovrebbe essere utilizzato se disponibile.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Se nello studio sull’OEF devono essere incluse le fasi a valle, devono essere specificati i profili di utilizzo (ossia gli scenari associati e la durata presupposta) per i prodotti/servizi rappresentativi per il settore. Devono essere documentate tutte le ipotesi pertinenti per la fase di utilizzo. Qualora non sia stato definito alcun metodo per determinare la fase di utilizzo dei prodotti secondo le tecniche specificate nella presente guida, le modalità di determinazione della fase di utilizzo dei prodotti devono essere stabilite dall’organizzazione che effettua lo studio. È necessario fornire la documentazione dei metodi e delle ipotesi. Devono essere incluse le influenze pertinenti su altri sistemi dovute all’utilizzo dei prodotti.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare:

gli eventuali scenari di utilizzo da includere nello studio;

il periodo di tempo da considerare per la fase di utilizzo.

Per la definizione degli scenari della fase di utilizzo occorre prendere in considerazione le informazioni tecniche pubblicate. Per la definizione del profilo di utilizzo è necessario tenere conto anche dei modelli di utilizzo/consumo, dell’ubicazione, del momento (giorno/notte, estate/inverno, settimana/fine settimana) e della durata presunta per la fase di utilizzo dei prodotti. Se disponibile, deve essere utilizzato il modello di utilizzo effettivo.

5.4.7   Modellazione degli scenari di fine vita  (64)

La fase di fine vita dei prodotti inclusi nel portafoglio di prodotti dell’organizzazione inizia quando l’utilizzatore si disfa dei prodotti e finisce quando i prodotti sono restituiti alla natura come rifiuti o entrano nel ciclo di vita di altri prodotti (ossia, come flusso in entrata riciclato). Esempi di processi di fine vita da includere nello studio sull’OEF sono:

raccolta e trasporto di prodotti e imballaggi a fine vita;

smantellamento di componenti di prodotti a fine vita;

sminuzzamento e cernita;

conversione in materiale riciclato;

produzione evitata grazie a riciclaggio o riutilizzo;

compostaggio o altri metodi di trattamento dei rifiuti organici;

accumulo di rifiuti;

incenerimento e smaltimento di cenere dei residui;

smaltimento di rifiuti in discarica e gestione e manutenzione di discariche;

trasporto necessario verso gli impianti di trattamento a fine vita.

Poiché spesso non esistono informazioni su ciò che accade con esattezza alla fine della vita di un prodotto, devono essere definiti scenari di fine vita.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I flussi di rifiuti derivanti da processi inclusi nei confini del sistema devono essere modellati a livello di flussi elementari.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono definire gli eventuali scenari di fine vita da includere nello studio sull’OEF. Tali scenari devono essere basati sulle prassi, sulle tecnologie e sui dati attuali (anno dell’intervallo di tempo analizzato).

5.5   Nomenclatura per il profilo di utilizzo delle risorse e delle emissioni

L’uso di una nomenclatura molto diversa e di altre convenzioni rende i profili di utilizzo delle risorse e di emissioni incompatibili a vari livelli, limitando quindi in larga misura l’uso combinato di set di dati su tali profili provenienti da varie fonti o uno scambio di dati elettronico efficiente tra le parti interessate. Ne consegue anche la difficoltà ad analizzare e comprendere in maniera chiara e non ambigua le relazioni sull’OEF. Pertanto, è importante utilizzare la stessa nomenclatura in tutti gli studi sull’OEF.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere documentati utilizzando la nomenclatura e le proprietà del sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) (65). (Per maggiori informazioni sulle norme e le proprietà della nomenclatura dell’ILCD, cfr. l’ allegato IV).

Se nell’ILCD non sono disponibili la nomenclatura e le proprietà per un determinato flusso, l’utilizzatore deve creare una nomenclatura adeguata e documentare le proprietà del flusso.

5.6   Requisiti in materia di qualità dei dati

Gli indicatori di qualità dei dati consentono di conoscere il grado di idoneità dei dati rispetto a un processo o un’attività inclusi nel profilo di utilizzo delle risorse o di emissioni. Questa sezione descrive i requisiti in materia di qualità dei dati e le modalità di valutazione della qualità dei dati. Per gli studi sull’OEF sono stati adottati sei criteri, di cui cinque riguardano i dati e uno il metodo. Tali criteri sono sintetizzati nella tabella 3. La rappresentatività (tecnologica, geografica e temporale) definisce in che misura i processi e i prodotti selezionati descrivono il sistema analizzato. Una volta scelti i prodotti e i processi che rappresentano il sistema analizzato e inventoriato il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni di tali processi e prodotti, il criterio della completezza consente di valutare in che misura il profilo in questione copre tutte le emissioni e le risorse associate a questi processi e prodotti.

Oltre ai criteri menzionati, nella valutazione della qualità sono inclusi altri tre aspetti, ossia documentazione (conformità al formato ILCD), conformità alla nomenclatura ILCD e revisione. Gli ultimi tre non sono inclusi nella valutazione semiquantitativa della qualità dei dati come descritto nei paragrafi successivi. Devono tuttavia essere rispettati.

Tabella 3

criteri, documentazione, nomenclatura e revisione in relazione alla qualità dei dati

Dati

Rappresentatività tecnologica (66)

Rappresentatività geografica (67)

Rappresentatività temporale (68)

Completezza

Incertezza dei parametri (69)

Metodo

Adeguatezza e coerenza metodologiche (70) (i requisiti definiti nella tabella 6 si applicano fino alla fine del 2015. A partire dal 2016 sarà richiesta la piena conformità alla metodologia dell’OEF).

Documentazione

Conforme al formato ILCD

Nomenclatura

Conforme al documento relativo alla nomenclatura ILCD (per esempio, l’uso di flussi elementari di riferimento ILCD per gli inventari compatibili con la tecnologia dell’informazione).

Revisione

Revisione da parte di un “revisore qualificato” (cfr. capitolo 9)

Relazione di revisione separata


Tabella 4

quadro generale dei requisiti in materia di qualità dei dati e di valutazione della qualità dei dati

 

Qualità dei dati minima richiesta

Tipo di valutazione della qualità dei dati richiesta

Dati riguardanti almeno il 70 % dei contributi a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale

Qualità dei dati nel complesso “buona” (DQR ≤ 3.0)

Semiquantitativa basata sulla tabella 6.

Dati che rappresentano il successivo 20 % (ossia da 70 % a 90 %) dei contributi a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale

Qualità dei dati nel complesso “soddisfacente”

Giudizio qualitativo di esperti (la tabella 6 può essere utilizzata come base per il giudizio di esperti). Non è necessaria alcuna quantificazione.

Dati utilizzati per approssimazione e per colmare le lacune identificate (oltre il 90 % del contributo a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale)

Migliori informazioni disponibili

Giudizio qualitativo di esperti (la tabella 6 può essere utilizzata come base per il giudizio di esperti).

Valutazione semiquantitativa della qualità dei dati

Le tabelle che seguono (tabella 5 e Tabella 6) e l’equazione (formula 1) descrivono i criteri da utilizzare per una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati.

Tabella 5

criteri per la valutazione semiquantitiva della qualità dei dati dell’inventario del ciclo di vita utilizzati nello studio sull’OEF, sulla base di EC-JRC-IE 2010d

Livello di qualità

Indice di qualità (DQR)

Definizione

Completezza

Adeguatezza e coerenza metodologiche

Rappresentatività temporale

Rappresentatività tecnologica

Rappresentatività geografica

Incertezza dei parametri

 

 

 

Da valutare rispetto all’ambito di ciascuna categoria di impatto ambientale e in confronto a una qualità dei dati ideale ipotetica.

I metodi di inventario del ciclo di vita applicati (71) e le scelte metodologiche (per esempio, allocazione, sostituzione e simili) sono in linea con l’obiettivo e l’ambito, soprattutto con le applicazioni previste quale sostegno alle decisioni. I metodi sono stati applicati in modo coerente tra tutti i dati. (72)

Grado al quale il set di dati riflette le condizioni specifiche del sistema in esame riguardo a tempo/età dei dati e compresi gli eventuali set di dati di processo di background (73).

Commento: ossia dell’anno interessato (e delle eventuali differenze annuali o giornaliere).

Grado al quale il set di dati riflette la popolazione effettiva interessata per quanto riguarda la tecnologia, compresi gli eventuali set di dati del processo di background.

Commento: ossia delle caratteristiche tecnologiche, ivi comprese le condizioni operative.

Grado al quale il set di dati riflette la popolazione effettiva interessata per quanto riguarda la geografia, compresi gli eventuali set di dati del processo di background.

Commento: ossia del luogo/sito, della regione, del paese, del mercato, del continente interessato e così via.

Giudizio qualitativo di esperti o deviazione relativa dalle norme come % se si utilizza una simulazione di Montecarlo.

Commento: la valutazione dell’incertezza riguarda unicamente i dati relativi al profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e non la valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

Molto buono

1

Soddisfa il criterio a un grado molto elevato, senza richiedere alcun miglioramento.

Completezza molto buona

(≥ 90 %)

Piena conformità a tutti i requisiti della guida sull’OEF

Specifica per ogni singolo caso (74)

Specifica per ogni singolo caso

Specifica per ogni singolo caso

Incertezza molto bassa

(≤ 10 %)

Buono

2

Soddisfa il criterio a un grado elevato, con scarsa esigenza di miglioramenti.

Buona completezza

([tra 80 % e 90 %)

Metodo (75) basato su un processo attributivo E:

Sono soddisfatti i tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida dell’OEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità;

modellazione di fine vita;

confine del sistema.

Specifica per ogni singolo caso

Specifica per ogni singolo caso

Specifica per ogni singolo caso

Incertezza bassa

(tra 10 % e 20 %]

Soddisfacente

3

Soddisfa il criterio a un grado accettabile, tuttavia richiede un miglioramento.

Completezza soddisfacente

([tra 70 % e 80 %)

Metodo basato su un processo attributivo E:

Sono soddisfatti due dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida dell’OEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità;

modellazione di fine vita;

confine del sistema.

Specifica per ogni singolo caso

Specifica per ogni singolo caso

Specifica per ogni singolo caso

Incertezza soddisfacente

(tra 20 % e 30 %]

Scarso

4

Non soddisfa il criterio a un grado sufficiente, ma richiede piuttosto alcuni miglioramenti.

Scarsa completezza

([tra 50 % e 70 %)

Metodo basato su un processo attributivo E:

È soddisfatto uno dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sull’OEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità;

modellazione di fine vita;

confine del sistema.

Specifica per ogni singolo caso

Specifica per ogni singolo caso

Specifica per ogni singolo caso

Incertezza elevata

(tra 30 % e 50 %]

Molto scarso

5

Non soddisfa il criterio. Sono necessari miglioramenti sostanziali O:

Questo criterio non è stato giudicato/esaminato o la sua qualità non ha potuto essere verificata/non è nota.

Completezza molto scarsa o non nota

(< 50 %)

Metodo basato su un processo attributivo MA:

Non è stato soddisfatto alcuno dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sull’OEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità;

modellazione di fine vita;

confine del sistema.

 

 

 

Incertezza molto elevata

(> 50 %)

La qualità dei dati complessiva deve essere calcolata sommando l’indice di qualità raggiunto (DQR), determinato in base alla tabella 6, per ogni criterio di qualità, diviso per il numero totale di criteri (ossia 6). La Formula 1 fornisce il sistema di calcolo (Commissione europea – CCR – IAS 2010d, pagina 109). Il risultato dell’indice di qualità dei dati (DQR) si utilizza per identificare il livello di qualità corrispondente in Tabella 6.

Formula 1

Formula

—   DQR: indice di qualità dei dati del set di dati;

—   TeR:

rappresentatività tecnologica;

—   GR:

rappresentatività geografica;

—   TiR:

rappresentatività temporale;

—   C:

completezza;

—   P:

incertezza dei parametri;

—   M:

adeguatezza e coerenza metodologiche.

Tabella 6

livello di qualità dei dati complessivo in base all’indice di qualità dei dati raggiunto

Indice di qualità dei dati complessivo (DQR)

Livello di qualità dei dati complessivo

≤ 1,6

“Ottima qualità”

da > 1,6 a≤ 2,0

“Qualità molto buona”

da > 2,0 a ≤3,0 (76)

“Buona qualità”

da > 3,0 a ≤4,0

“Qualità soddisfacente”

> 4

“Scarsa qualità”


Tabella 7

esempio di valutazione semiquantitativa della qualità dei dati richiesta per i set di dati degli inventari del ciclo di vita fondamentali.

Processo: processo di tintura.


Livello di qualità

Indice di qualità

Definizione

Completezza

Adeguatezza e coerenza metodologiche

Rappresentatività temporale

Rappresentatività tecnologica

Rappresentatività geografica

Incertezza dei parametri

Molto buono

1

Soddisfa il criterio a un grado molto elevato, senza richiedere alcun miglioramento.

Completezza molto buona

(≥ 90 %)

Piena conformità a tutti i requisiti della guida sull’OEF

2009-2012

Discontinua con le macchine per tintura a getto d’aria

Europa centrale

Incertezza molto bassa

(≤ 10 %)

Buono

2

Soddisfa il criterio a un grado elevato, con scarsa esigenza di miglioramenti.

Buona completezza

([tra 80 % e 90 %)

Metodo basato su un processo attributivo E:

Sono soddisfatti i tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sull’OEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità;

modellazione di fine vita;

confine del sistema.

2006-2008

per esempio “Mix di consumi nell’Unione europea: 30 % tintura semicontinua, 50 % tintura ad esaurimento e 20 % tintura continua”

UE 27; UK, DE; IT; FR

Incertezza bassa

(tra 10 % e 20 %]

Soddisfacente

3

Soddisfa il criterio a un grado accettabile, tuttavia richiede un miglioramento.

Completezza soddisfacente

([tra 70 % e 80 %)

Metodo basato su un processo attributivo E:

Sono soddisfatti i due requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sull’OEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità;

modellazione di fine vita.

Tuttavia, non è soddisfatto il seguente requisito relativo ai metodi previsto dalla guida sull’OEF:

confine del sistema

1999-2005

per esempio “Mix produttivo nell’Unione europea: 35 % tintura semicontinua, 40 % tintura ad esaurimento e 25 % tintura continua”

Europa scandinava; altri paesi dell’UE-27

Incertezza soddisfacente (tra 20 % e 30 %]

Scarso

4

Non soddisfa il criterio a un grado sufficiente, richiede piuttosto alcuni miglioramenti.

Scarsa completezza

([tra 50 % e 70 %)

Metodo basato su un processo attributivo E:

È soddisfatto il seguente requisito relativo ai metodi previsto dalla guida sull’OEF:

viene affrontata la questione della multifunzionalità

Tuttavia, non sono soddisfatti i due requisiti relativi relativo ai metodi previsto dalla guida sull’OEF di seguito riportati:

modellazione di fine vita;

confine del sistema.

1990-1999

per esempio, “Tintura ad esaurimento”

Medio Oriente; US; JP

Incertezza elevata

(tra 30 % e 50 %]

Molto scarso

5

Non soddisfa il criterio. Sono necessari miglioramenti sostanziali O:

Questo criterio non è stato giudicato/esaminato o la sua qualità non ha potuto essere verificata/non è nota.

Completezza molto scarsa o non nota

(< 50 %)

Metodo basato su un processo attributivo MA:

Non è stato soddisfatto alcuno dei tre requisiti relativi ai metodi previsti dalla guida sull’OEF di seguito riportati:

viene affrontata la questione della multifunzionalità;

modellazione di fine vita;

confine del sistema.

< 1990; sconosciuto

Tintura continua; altro; sconosciuto

Altro; sconosciuto

Incertezza molto elevata

(> 50 %)

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I requisiti in materia di qualità dei dati devono essere soddisfatti da uno studio sull’OEF destinato alla comunicazione esterna. Per gli studi sull’OEF (dichiarati in linea con la presente guida) destinati ad applicazioni interne, i requisiti in materia di qualità dei dati specificati dovrebbero essere rispettati (ossia sono raccomandati), ma non sono obbligatori. Eventuali deviazioni dai requisiti devono essere documentate. I requisiti in materia di qualità dei dati si applicano sia ai dati specifici che ai dati generici.

Per una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati negli studi sull’OEF occorre adottare i sei criteri illustrati di seguito: rappresentatività tecnologica, rappresentatività geografica, rappresentatività temporale, completezza, incertezza dei parametri, adeguatezza metodologica.

Nella fase di analisi opzionale (se del caso) è richiesta una valutazione soddisfacente (“fair”) minima sulla qualità dei dati in relazione a quei dati che rappresentano almeno il 90 % dell’impatto stimato per ciascuna categoria EF, come valutato qualitativamente da un esperto.

Nel profilo definitivo di utilizzo delle risorse e di emissioni, per i processi e/o le attività che rappresentano almeno il 70 % dei contributi per ciascuna categoria di impatto EF, sia i dati specifici che quelli generici conseguono almeno un livello generale di buona qualità (“good quality”) (77). Per questi processi deve essere effettuata e comunicata una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati. Almeno 2/3 del restante 30 % (ossia dal 70 % al 90 %) devono essere modellati con dei dati che abbiano almeno una qualità soddisfacente (“fair quality”), conformemente alla valutazione qualitativa di un esperto. I dati residui [utilizzati per l’approssimazione e l’intento di colmare le lacune individuate (oltre il 90 % di contributo per gli impatti ambientali)] si basano sulle migliori informazioni disponibili. Tali criteri sono sintetizzati in Tabella 4.

I requisiti in materia di qualità dei dati per la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale sono soggetti a revisione nell’ambito dello studio sull’OEF. I requisiti in materia di qualità dei dati riguardanti la completezza, l’adeguatezza e la coerenza metodologiche e l’incertezza dei parametri devono essere soddisfatti attingendo i dati generici da fonti di dati conformi ai requisiti della presente guida.

In relazione al criterio della qualità dei dati “adeguatezza e coerenza metodologiche”, i requisiti definiti nella tabella 6 si applicano fino alla fine del 2015. A partire dal 2016, sarà richiesta la piena conformità alla metodologia dell’OEF.

Relativamente al livello in cui la valutazione della qualità dei dati viene effettuata:

per i dati generici: la valutazione della qualità dei dati deve essere effettuata a livello dei flussi in entrata, per esempio la carta acquistata per essere utilizzata in una tipografia;

per i dati specifici: la qualità dei dati deve essere valutata a livello di un singolo processo o processi aggregati, o a livello di singoli flussi in entrata.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono fornire ulteriori indicazioni sul punteggio della valutazione della qualità dei dati per quanto riguarda la rappresentatività temporale, geografica e tecnologica. Esse specificano, per esempio, che il punteggio della qualità dei dati relativo alla rappresentatività temporale deve essere assegnato a un set di dati che rappresenta un determinato anno.

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni possono specificare ulteriori criteri per la valutazione della qualità dei dati (rispetto ai criteri predefiniti).

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni possono indicare requisiti più rigorosi in materia di qualità dei dati per quanto riguarda, per esempio:

i processi di foreground  (78);

processi di background (sia per la fase a monte, sia per la fase a valle);

processi/attività fondamentali della catena di approvvigionamento per il settore;

categorie di impatto dell’impronta ambientale fondamentali per il settore.

Esempio per determinare l’indice di qualità dei dati

Componente

Livello di qualità raggiunto

Indice di qualità corrispondente

Rappresentatività tecnologica (TeR)

buona

2

Rappresentatività geografica (GR)

buona

2

Rappresentatività temporale (TiR)

soddisfacente

3

Completezza (C)

buona

2

Incertezza dei parametri (P)

buona

2

Adeguatezza e coerenza metodologiche (M)

buona

2

Formula

DQR = 2,2 corrisponde a una “buona qualità” complessiva.

5.7   Raccolta di dati specifici

I dati specifici sono dati direttamente misurati o raccolti rappresentativi delle attività presso un impianto specifico o una serie di impianti. I dati dovrebbero includere tutti i flussi in entrata e in uscita noti per i processi. I flussi in entrata sono (per esempio) l’energia, l’acqua, i materiali e così via. I flussi in uscita sono i prodotti, i coprodotti, le emissioni e i rifiuti. Le emissioni possono essere suddivise in tre categorie: emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo. I dati specifici possono essere raccolti, misurati o calcolati utilizzando i dati sulle attività e i relativi fattori di emissione. Si noti che i fattori di emissione possono essere derivati dai dati generici nel rispetto dei requisiti in materia di qualità dei dati.

Raccolta dei dati - Misurazioni e questionari mirati

Le fonti di dati più rappresentative per processi specifici sono le misurazioni effettuate direttamente sui processi o ottenute dai gestori degli impianti mediante colloqui o questionari. I dati possono richiedere una distribuzione in scala, un’aggregazione o altre forme di trattamento matematico per metterli in relazione con il portafoglio di prodotti.

Le fonti di dati specifici più tipiche comprendono quanto segue:

dati sui consumi a livello di processo o di impianto;

fatture e variazioni delle rimanenze di materie di consumo;

emissioni dichiarate/comunicate alle autorità a fini giuridici come l’ottenimento di autorizzazioni o per ottemperare ai requisiti in materia di informativa come quelli previsti dal registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) o dal precedente registro europeo delle emissioni inquinanti (EPER);

misurazioni delle emissioni (concentrazioni cui vanno aggiunte le quantità corrispondenti di gas di scarico e di acque reflue);

composizione di rifiuti e prodotti;

reparti/unità di approvvigionamento e di vendita.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Si devono ottenere dati specifici (79) per tutti i processi/le attività rientranti nel confine dell’organizzazione e per gli eventuali processi/attività di background (80). Tuttavia, se i dati generici sono più rappresentativi o appropriati rispetto ai dati specifici (da comunicare e giustificare) per i processi di foreground, anche per i processi di foreground sono utilizzati i dati generici.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono:

1.

specificare per quali processi devono essere raccolti dati specifici;

2.

specificare i requisiti per la raccolta di dati specifici per ogni processo/attività;

3.

definire i requisiti per la raccolta di dati per i seguenti aspetti per ogni sito:

fasi interessate e ambito della raccolta di dati;

luogo in cui avviene la raccolta dei dati (per esempio, a livello nazionale, internazionale o presso fabbriche rappresentative);

termine della raccolta dei dati (per esempio, anno, stagione, mese, ecc.);

se il luogo o il termine per la raccolta dei dati si limita a un certo intervallo, fornire una giustificazione e dimostrare che i dati raccolti serviranno da campioni sufficienti.

Nota: la regola di base è che il luogo della raccolta dei dati è rappresentato da tutte le aree interessate, mentre il termine della raccolta dei dati è pari o superiore a un anno.

5.8   Raccolta di dati generici

Per dati generici si intendono i dati non basati su misurazioni o calcoli diretti per i rispettivi processi specifici. I dati generici possono essere settoriali, ossia specifici per il settore considerato per lo studio sull’OEF, o multisettoriali. Tra gli esempi di dati generici sono inclusi quelli di seguito indicati:

dati provenienti dalle pubblicazioni specializzate o da documenti scientifici;

i dati relativi al ciclo di vita medio del settore provenienti dalle banche dati degli inventari del ciclo di vita, dalle relazioni delle associazioni del settore, dalle statistiche pubbliche e così via.

Fonti di provenienza dei dati generici

Per garantire la comparabilità, i dati generici devono essere conformi ai requisiti in materia di qualità dei dati specificati nella presente guida. I dati generici, ove disponibili, dovrebbero provenire dalle fonti di dati specificate nella presente guida (cfr. sotto).

I dati generici restanti dovrebbero provenire preferibilmente dalle seguenti fonti:

banche dati fornite da organizzazioni governative internazionali (per esempio, IEA, FAO, UNEP);

progetti di banche dati di inventari del ciclo di vita di governi nazionali (per i dati specifici per il paese che ospita la banca dati);

progetti di banche dati di inventari del ciclo di vita di governi nazionali;

altre banche dati di inventari del ciclo di vita di terzi;

altre pubblicazioni specializzate.

Le possibili fonti di dati generici sono indicate nel repertorio delle risorse della piattaforma europea sulla valutazione del ciclo di vita. (81) Se i dati necessari non sono reperibili nelle fonti di cui sopra, possono essere utilizzate altre fonti.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I dati generici dovrebbero essere utilizzati soltanto per i processi e le attività non rientranti nel confine definito dell’organizzazione o per fornire i fattori di emissione per i dati relativi alle attività che descrivono i processi di foreground. Inoltre, per i processi e le attività rientranti nei confini dell’organizzazione che sono rappresentati in maniera più adeguata da dati generici, devono essere utilizzati questi ultimi (cfr. il requisito precedente). Se disponibili, i dati generici di un settore specifico devono essere utilizzati al posto dei dati generici multisettoriali. Tutti i dati generici devono soddisfare i requisiti di qualità specificati nella presente guida. Le fonti dei dati utilizzati devono essere chiaramente documentate e riportate nella relazione sull’OEF.

I dati generici (a condizione che siano conformi ai requisiti di qualità specificati nella presente guida) dovrebbero, se disponibili, provenire da quanto segue:

dati creati in linea con i requisiti previsti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni pertinenti;

dati creati in linea con i requisiti previsti per gli studi sull’OEF;

dati creati in linea con i requisiti previsti per gli studi sull’impronta ambientale dei prodotti;

rete di dati del sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) (dando la preferenza ai set di dati “conformi all’ILCD” rispetto a quelli “del livello di ingresso della rete di dati dell’ILCD”) (82);

banca dati europea di riferimento sul ciclo di vita (ELCD) (81)

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare:

i casi in cui è consentito l’uso di dati generici come approssimazione per una sostanza per la quale i dati specifici non sono disponibili;

il livello di somiglianze richiesto tra la sostanza effettiva e la sostanza generica;

la combinazione di più di un set di dati generico, se necessario.

5.9   Lacune nei dati restanti/dati mancanti

Le lacune nei dati esistono quando non sono disponibili dati specifici o generici sufficientemente rappresentativi del processo/dell’attività in questione. Per la maggior parte dei processi/delle attività per i quali mancano i dati, dovrebbe essere possibile ottenere informazioni sufficienti per fornire una stima ragionevole dei dati mancanti. Pertanto, nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni finale le eventuali lacune nei dati dovrebbero essere limitate al minimo o assenti. Le informazioni mancanti possono essere di vari tipi e avere caratteristiche diverse, per cui può essere necessario procedere separatamente in ogni singolo caso per trovare una soluzione.

Possono esistere lacune nei dati quando:

non esistono dati per un flusso in entrata/in uscita specifico, o

esistono dati per un processo simile, ma:

i dati sono stati creati in una regione diversa;

i dati sono stati creati con una tecnologica diversa;

i dati sono stati creati in un periodo di tempo diverso.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Eventuali lacune nei dati devono essere colmate con i migliori dati generici o estrapolati disponibili (83). Il contributo di tali dati (comprese le lacune nei dati generici) non deve rappresentare più del 10 % del contributo complessivo per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale considerata, come risulta dai requisiti in materia di qualità dei dati, in base ai quali il 10 % dei dati può essere scelto fra i migliori dati disponibili (senza ulteriori requisiti in materia di qualità dei dati).

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono trattare le potenziali lacune nei dati e fornire orientamenti dettagliati per colmare tali lacune.

5.10   Raccolta di dati relativi alle fasi metodologiche successive in uno studio sull’impronta ambientale delle organizzazioni

La figura 4 riguarda la fase di raccolta di dati di cui tenere conto quando si effettua uno studio sull’OEF. Sono sintetizzati i requisiti “deve/dovrebbe/può” per i dati specifici e i dati generici. La figura indica inoltre il collegamento tra la fase di raccolta dei dati e la definizione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e la successiva valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

Figura 4

rapporto tra la raccolta dei dati, il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e la valutazione di impatto dell’impronta ambientale

Image

5.11   Processi e impianti multifunzionali

Se svolge più di una funzione, ossia se fornisce più prodotti e/o servizi (“coprodotti”), un processo o un impianto è “multifunzionale”. In tali situazioni, tutti i flussi in entrata e le emissioni connessi al processo devono essere ripartiti tra il prodotto interessato e gli altri coprodotti basandosi su una serie di principi. Analogamente, qualora un impianto di proprietà comune e/o gestito congiuntamente fabbrichi più prodotti, o nel caso in cui il calore e l’elettricità siano prodotti contemporaneamente mediante la cogenerazione, può essere necessario ripartire i flussi in entrata e le emissioni associati tra i prodotti dei portafogli di prodotti definiti di varie organizzazioni. Tuttavia, se un processo contribuisce a più prodotti del portafoglio di prodotti di un’organizzazione e lo studio sull’OEF riguarda tutto il portafoglio di prodotti di tale organizzazione, l’allocazione tra i prodotti non è necessaria.

I sistemi che comportano la multifunzionalità dei processi devono essere modellati in base alla seguente gerarchia decisionale e agli ulteriori orientamenti a livello settoriale eventualmente previsti dalle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni. La Figura 5 riporta un albero decisionale per i processi multifunzionali.

“Alcuni flussi in uscita possono essere costituiti in parte da coprodotti e in parte da rifiuti. In tali casi, è necessario individuare il rapporto tra i coprodotti e i rifiuti in quanto i flussi in entrata e in uscita devono essere assegnati soltanto parzialmente ai coprodotti.

Le procedure di allocazione devono essere applicate in maniera uniforme a flussi in entrata e in uscita simili del sistema in esame.” (norma ISO 14044:2006, 14).

Gerarchia decisionale

I)   Suddivisione o espansione del sistema

Ove possibile, dovrebbe essere utilizzata una suddivisione o un’espansione del sistema per evitare l’allocazione. Per suddivisione si intende la disaggregazione dei processi o degli impianti multifunzionali per isolare i flussi in entrata direttamente associati al flusso in uscita di ciascun processo o impianto. Per espansione del sistema si intende l’estensione del sistema includendo funzioni aggiuntive relative ai coprodotti. In primo luogo, si deve valutare se il processo analizzato può essere suddiviso o esteso. Nei casi in cui sia possibile la suddivisione, i dati di inventario dovrebbero essere raccolti solo per le unità di processo (84) direttamente attribuibili (85) ai prodotti/servizi interessati. Oppure, se il sistema è estensibile, le ulteriori funzioni devono essere incluse nell’analisi comunicando i risultati per il sistema esteso nel complesso anziché a livello di singolo coprodotto.

II)   Allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente

Qualora non sia possibile una suddivisione o un’estensione del sistema, dovrebbe essere applicata l’allocazione: i flussi in entrata e in uscita del sistema dovrebbero essere ripartiti tra i vari prodotti o funzioni in modo da tenere conto dei rapporti fisici sottostanti pertinenti tra i prodotti o le funzioni. (norma ISO 14044:2006, 14).

Per allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente si intende una ripartizione dei flussi in entrata e in uscita di un processo o di un impianto multifunzionale in base a un rapporto fisico quantificabile pertinente tra i flussi in entrata di processo e i flussi in uscita di coprodotto (per esempio, una proprietà fisica dei flussi in entrata e in uscita pertinente per la funzione svolta dal coprodotto interessato). L’allocazione basata su un rapporto fisico può essere modellata attraverso la sostituzione diretta se è possibile individuare un prodotto direttamente sostituito (86).

Un effetto di sostituzione diretta può essere modellato in maniera adeguata? Lo si può dimostrare provando che (1) esiste un effetto di sostituzione diretta empiricamente dimostrabile E (2) il prodotto sostituito può essere modellato e i dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni possono essere dedotti in maniera direttamente rappresentativa:

in caso affermativo (ossia se si verificano entrambe le condizioni), modellare l’effetto di sostituzione.

Oppure

I flussi in entrata/uscita possono essere ripartiti sulla base di un altro rapporto fisico sottostante pertinente che lega i flussi in entrata e in uscita alla funzione svolta dal sistema? Lo si può dimostrare provando che è possibile definire un rapporto fisico sottostante pertinente con il quale ripartire i flussi imputabili allo svolgimento della funzione definita del sistema di prodotti (87):

in caso affermativo, effettuare l’allocazione sulla base del rapporto fisico in questione.

III   Allocazione basata su un altro rapporto

Può essere possibile un’allocazione basata su un altro rapporto. Per esempio, la ripartizione economica consiste nell’allocazione dei flussi in entrata e in uscita associati ai processi multifunzionali ai flussi in uscita dei coprodotti in misura proporzionale ai rispettivi valori di mercato. Il prezzo di mercato delle cofunzioni dovrebbe riferirsi alla condizione specifica e al momento in cui i coprodotti sono fabbricati. Una ripartizione basata su un valore economico deve essere applicata soltanto quando (I e II) non sono possibili. In ogni caso, deve essere fornita una chiara giustificazione del fatto che sono state scartate le fasi I e II e che è stato scelto un determinato criterio di allocazione nella fase III, per garantire per quanto possibile la rappresentatività fisica dei risultati dello studio sull’OEF.

L’allocazione basata su un altro rapporto può essere trattata in uno dei seguenti modi alternativi:

Può essere individuato un effetto (88) di sostituzione indiretta? E il prodotto sostituito può essere modellato e l’inventario dedotto in maniera ragionevolmente rappresentativa?

in caso affermativo (ossia se si verificano entrambe le condizioni), modellare l’effetto di sostituzione indiretta.

Oppure

I flussi in entrata/uscita possono essere ripartiti tra i prodotti e le funzioni sulla base di un altro rapporto (per esempio, il valore economico relativo dei coprodotti)?

In caso affermativo, ripartire i prodotti e le funzioni sulla base del rapporto individuato.

Gestire la multifunzionalità dei prodotti è particolarmente difficile in caso di riciclaggio o di recupero di energia di uno (o più) di tali prodotti, in quanto i sistemi tendono a diventare piuttosto complessi. L’allegato V fornisce una metodologia che deve essere utilizzata per valutare le emissioni complessive associate a un determinato processo che comporta il riciclaggio e/o il recupero di energia. Per la fase di fine vita deve essere applicata l’equazione descritta nell’allegato V. Quanto precede riguarda anche i flussi di rifiuti creati entro i confini del sistema. La gerarchia decisionale descritta nella presente sezione si applica anche al riciclaggio di prodotti.

Esempi di sostituzione diretta e indiretta

Sostituzione diretta:

la sostituzione diretta può essere modellata come forma di allocazione basata su un rapporto fisico sottostante quando può essere individuato un effetto di sostituzione diretta empiricamente dimostrabile. Per esempio, quando si applica azoto da effluente a un terreno agricolo, sostituendo direttamente una quantità equivalente dell’azoto fertilizzante specifico che l’agricoltore avrebbe altrimenti utilizzato, al sistema di allevamento di animali dal quale si ottiene l’effluente viene attribuito un credito per la produzione di fertilizzante per la produzione di fertilizzante sostitutivo (tenendo conto delle differenze in termini di trasporto, movimentazione e emissioni).

Sostituzione indiretta:

la sostituzione indiretta può essere modellata come forma di “allocazione basata su un altro rapporto” quando si presume che un coprodotto sostituisca un prodotto marginale equivalente del mercato o un prodotto medio equivalente del mercato attraverso processi mediati dal mercato. Per esempio, quando viene confezionato e venduto letame per essere usato per il giardinaggio domestico, al sistema di allevamento di animali da cui si ottiene il letame viene riconosciuto un credito per il fertilizzante per giardinaggio domestico medio del mercato che si presume sia stato sostituito (tenendo conto delle differenze in termini di trasporto, movimentazione e emissioni).

Figura 5

albero decisionale per i processi multifunzionali

Image

Requisiti per gli studi sull’ OEF

La gerarchia decisionale multifunzionale per l’OEF deve essere applicata per la risoluzione di tutti i problemi di multifunzionalità a livello di processo e di impianto: (1) suddivisione o espansione del sistema, (2) allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente (fra cui (a) sostituzione diretta o (b) altro rapporto fisico sottostante pertinente), (3) allocazione basata su un altro rapporto (fra cui (a) sostituzione indiretta o (b) altro rapporto sottostante pertinente).

Tutte le scelte fatte in questo contesto devono essere comunicate e motivate riguardo all’obiettivo generale di garantire risultati fisicamente rappresentativi e rilevanti sotto il profilo ambientale.

Se i coprodotti sono in parte coprodotti e in parte rifiuti, tutti i flussi in entrata e in uscita devono essere assegnati solo ai coprodotti.

Le procedure di allocazione devono essere applicate in modo uniforme a flussi in entrata e in uscita simili.

Per i problemi di multifunzionalità, fra cui il riciclaggio o il recupero di energia a fine vita, o per i flussi di rifiuti all’interno dei confini del sistema, deve essere applicata l’equazione descritta nell’allegato V.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono inoltre specificare le soluzioni riguardanti la multifunzionalità da applicare entro i confini definiti dell’organizzazione e, se del caso, per le fasi a monte e a valle. Se possibile/opportuno, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni possono inoltre prevedere scenari o fattori di sostituzione specifici da utilizzare in caso di soluzioni di allocazione. Tutte le soluzioni per la multifunzionalità specificate nelle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono essere chiaramente giustificate con riferimento alla gerarchia delle soluzioni per la multifunzionalità per l’OEF.

Qualora si applichi la suddivisione, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare i processi che devono essere suddivisi e i relativi principi.

Se deve essere applicata l’allocazione basata su un rapporto fisico, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare i rapporti fisici sottostanti pertinenti da considerare e stabilire i fattori di allocazione pertinenti.

Se deve essere applicata l’allocazione basata su altri rapporti, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare il rapporto e stabilire i fattori di allocazione pertinenti. Per esempio, nel caso di una ripartizione economica, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare le regole per la determinazione dei valori economici del coprodotti.

Per la multifunzionalità in situazioni di fine vita, le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare le modalità di calcolo delle diverse parti della formula obbligatoria fornita.

6.   VALUTAZIONE DI IMPATTO DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

Dopo aver definito il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, deve essere intrapresa la valutazione di impatto dell’impronta ambientale per calcolare l’impronta ambientale dell’organizzazione utilizzando le categorie e i modelli di impatto dell’impronta ambientale. La valutazione di impatto dell’impronta ambientale comprende due fasi obbligatorie e due facoltative. La valutazione di impatto dell’impronta ambientale non intende sostituire altri strumenti (regolamentari) che hanno un ambito e un obiettivo diverso come la valutazione dei rischi ambientali ((E)RA), la valutazione di impatto ambientale specifica del sito (EIA) o le norme in materia di salute e sicurezza a livello di prodotto o relative alla sicurezza sul luogo di lavoro. In particolare, la valutazione di impatto dell’impronta ambientale non ha l’obiettivo di prevedere se in un luogo specifico o in un momento specifico vengono superate determinate soglie e si verificano impatti effettivi. Per contro, descrive le pressioni esistenti sull’ambiente. Pertanto, la valutazione di impatto dell’impronta ambientale è complementare ad altri strumenti comprovati, aggiungendo il punto di vista del ciclo di vita.

6.1   Classificazione e caratterizzazione (obbligatorie)

Requisiti per gli studi sull’ OEF

La valutazione di impatto dell’impronta ambientale deve comprendere:

classificazione;

caratterizzazione.

6.1.1   Classificazione dei flussi dell’impronta ambientale

La classificazione consiste nell’allocazione dei flussi in entrata e in uscita di materiale/energia inventariati nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni alla categoria di impatto dell’impronta ambientale pertinente. Per esempio, nella fase di classificazione, tutti i flussi in entrata/uscita che comportano emissioni di gas a effetto serra sono assegnati alla categoria dei cambiamenti climatici. Analogamente, quelli che comportano emissioni di sostanze che riducono lo strato di ozono sono classificati di conseguenza. In alcuni casi, un flusso in entrata/uscita può contribuire a più di una categoria di impatto dell’impronta ambientale (per esempio, i clorofluorocarburi (CFC) contribuiscono ai cambiamenti climatici e alla riduzione dello strato di ozono).

È importante esprimere i dati in termini di sostanze costituenti per le quali sono disponibili fattori di caratterizzazione (cfr. la sezione successiva). Per esempio, i dati per un fertilizzante NPK composto dovrebbero essere disaggregati e classificati in base alle frazioni di N, P e K in quanto ogni elemento costituente contribuisce a varie categorie di impatto dell’impronta ambientale.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Tutti i flussi in entrata/uscita inventariati durante la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni devono essere assegnati alle categorie di impatto dell’impronta ambientale a cui contribuiscono (“classificazione”) usando il sistema di classificazione reperibile all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/projects.

Nell’ambito della classificazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, i dati dovrebbero essere espressi in termini di sostanze costituenti per le quali sono disponibili fattori di caratterizzazione.

Se i dati relativi al profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni sono tratti da banche dati dell’inventario del ciclo di vita pubbliche o commerciali esistenti, in cui la classificazione è già stata realizzata, è necessario garantire che la classificazione e i percorsi della valutazione di impatto dell’impronta ambientale collegati corrispondano ai requisiti della presente guida.

Esempio: fase di classificazione nella valutazione di impatto dell’impronta ambientale

Classificazione dei dati nella categoria di impatto dei cambiamenti climatici

CO2

CH4

SO2

No

NOx

No


Classificazione dei dati nella categoria di impatto dell’acidificazione

CO2

No

CH4

No

SO2

NOx

6.1.1   Caratterizzazione dei flussi dell’impronta ambientale

Per caratterizzazione si intende il calcolo dell’entità del contributo di ciascun flusso in entrata/uscita classificato alle rispettive categorie di impatto dell’impronta ambientale e l’aggregazione dei contributi all’interno di ogni categoria. Il calcolo si effettua moltiplicando i valori del profilo di utilizzo delle risorse e di emissione per i fattori di caratterizzazione pertinenti per ogni categoria.

I fattori di caratterizzazione sono specifici per ogni sostanza o risorsa. Rappresentano l’intensità dell’impatto di una sostanza rispetto a una sostanza comune di riferimento per una categoria di impatto dell’impronta ambientale (indicatore di categoria di impatto). Per esempio, nel caso del calcolo degli impatti dei cambiamenti climatici, tutte le emissioni di gas a effetto serra inventariate nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni sono ponderate in termini di intensità di impatto relativa al biossido di carbonio, che è la sostanza di riferimento per questa categoria. Ciò consente di aggregare i potenziali di impatto e di esprimerli in termini di singola sostanza equivalente (in questo caso, equivalente di CO2) per ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale. Per esempio, il fattore di caratterizzazione espresso come potenziale di riscaldamento globale per il metano è pari a 25 equivalenti di CO2 e il relativo impatto sul riscaldamento climatico è quindi 25 volte più elevato di quello del CO2 (ossia il fattore di caratterizzazione di 1 equivalente di CO2).

Requisiti per gli studi sull’ OEF

A tutti i flussi in entrata/uscita di ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale devono essere assegnati fattori di caratterizzazione che rappresentano il contributo per unità di flusso in entrata/uscita alla categoria, utilizzando i fattori di caratterizzazione forniti (disponibili online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/projects). Successivamente devono essere calcolati i risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale moltiplicando il quantitativo di ogni flusso in entrata/uscita per il suo fattore di caratterizzazione e sommando i contributi di tutti i flussi in entrata/uscita all’interno di ogni categoria, al fine di ottenere una singola misura espressa in termini di un’unità di riferimento adeguata.

Se i fattori di caratterizzazione del metodo predefinito non sono disponibili per determinati flussi (per esempio, un gruppo di sostanze chimiche) del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, è possibile ricorrere ad altri metodi per la caratterizzazione di tali flussi. Tali casi devono essere comunicati tra le ulteriori informazioni ambientali. I modelli di caratterizzazione devono essere scientificamente e tecnicamente validi e basati su meccanismi ambientali identificabili distinti (89) o osservazioni empiriche riproducibili.

Esempio: fase di caratterizzazione nella valutazione di impatto dell’impronta ambientale

Cambiamenti climatici:

 

Quantità (kg)

 

CF

 

 

Equivalenti di CO2 (tonnellate metriche)

CO2

5 132

×

1

 

=

5,132 t CO2 eq.

CH4

8,2

x

25

 

=

0,205 t CO2 eq.

SO2

3,9

x

0

 

=

0 t CO2 eq.

NO2

26,8

x

0

 

=

0 t CO2 eq.

Totale

=

5,337 t CO2 eq.


Acidificazione:

 

Quantità (kg)

 

CF

 

 

Moli equivalenti di H+

CO2

5 132

x

0

 

=

0 Mol H+ eq.

CH4

8,2

x

0

 

=

0 Mol H+ eq.

SO2

3,9

x

1,31

 

=

5,109 Mol H+ eq.

NO2

26,8

x

0,74

 

=

19,832 Mol H+ eq.

Totale

=

24,941 Mol H+ eq.

6.2   Normalizzazione e ponderazione (raccomandata/facoltativa)

Dopo le due fasi obbligatorie di classificazione e di caratterizzazione, la valutazione di impatto dell’impronta ambientale può essere integrata dalla fase di normalizzazione (raccomandata) e dalla fase di ponderazione (facoltativa).

6.2.1   Normalizzazione dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (raccomandata)

La normalizzazione è una fase non obbligatoria, ma raccomandata in cui i risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale sono moltiplicati per i fattori di normalizzazione per calcolare e confrontare l’entità dei loro contributi alle categorie di impatto dell’impronta ambientale rispetto a un’unità di riferimento (di norma la pressione relativa alla categoria interessata causata da una nazione intera o da un cittadino medio nell’arco di un anno). In questo modo, si ottengono risultati sull’OEF normalizzati adimensionali, che tengono conto degli oneri imputabili a un prodotto rispetto a un’unità di riferimento, come il pro capite per un determinato anno e una determinata regione. Ciò consente di confrontare la rilevanza dei contributi derivanti da processi/attività dell’organizzazione rispetto all’unità di riferimento delle categorie di impatto dell’impronta ambientale considerate.

I risultati sull’OEF normalizzati non indicano tuttavia la gravità/rilevanza dei rispettivi impatti, né possono essere aggregati in tutte le categorie di impatto dell’impronta ambientale.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

La normalizzazione non è una fase obbligatoria, ma raccomandata per gli studi sull’OEF. Se applicata, i risultati sull’OEF normalizzati devono essere comunicati tra le ulteriori informazioni ambientali, documentando tutti i metodi e tutte le ipotesi. I risultati normalizzati non devono essere aggregati dal momento che viene applicata implicitamente la ponderazione. I risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale prima della normalizzazione devono essere comunicati unitamente ai risultati normalizzati.

6.2.1   Ponderazione dei risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale (facoltativa)

La ponderazione non è una fase obbligatoria, ma facoltativa che può facilitare l’interpretazione e la comunicazione dei risultati dell’analisi. In questa fase, i risultati dell’impronta ambientale (normalizzati) sono moltiplicati per un insieme di fattori di ponderazione, che riflettono la relativa importanza percepita delle categorie di impatto considerate. I risultati dell’impronta ambientale ponderati possono quindi essere confrontati per valutarne la relativa importanza. Possono anche essere aggregati in tutte le categorie di impatto dell’impronta ambientale per ottenere diversi valori aggregati o un singolo indicatore di impatto complessivo.

La ponderazione richiede la formulazione di giudizi di valore in merito alla rispettiva importanza delle categorie di impatto dell’impronta ambientale considerate. Tali giudizi possono basarsi su opinioni di esperti, punti di vista culturali/politici o considerazioni economiche (90).

Requisiti per gli studi sull’ OEF

La ponderazione è una fase facoltativa e quindi non obbligatoria per gli studi sull’OEF. Se applicata, i risultati devono essere comunicati tra le ulteriori informazioni ambientali, documentando tutti i metodi e tutte le ipotesi. I risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale prima della ponderazione devono essere comunicati unitamente ai risultati ponderati.

L’applicazione delle fasi di normalizzazione e ponderazione negli studi sull’OEF devono essere coerenti con gli obiettivi e l’ambito definiti dello studio, ivi comprese le applicazioni previste (91).

7.   INTERPRETAZIONE DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

7.1   Informazioni generali

L’interpretazione dei risultati dello studio sull’OEF (92) ha due scopi:

il primo scopo è garantire che il modello di OEF corrisponda agli obiettivi e ai requisiti di qualità dello studio; in questo senso, l’interpretazione dell’OEF può promuovere miglioramenti continui del modello di OEF finché non sono conseguiti tutti gli obiettivi e soddisfatti tutti i requisiti;

Il secondo scopo è trarre dall’analisi conclusioni e raccomandazioni valide, per esempio a favore dei miglioramenti ambientali.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

La fase di interpretazione di uno studio sull’OEF deve comprendere le seguenti fasi: “valutazione della fondatezza del modello di OEF”, “identificazione di punti critici”, “stima dell’incertezza” e “conclusioni, limitazioni e raccomandazioni”.

7.2   Valutazione della fondatezza del modello di impronta ambientale delle organizzazioni

Si tratta di una valutazione dell’influenza che la scelta metodologica può avere sui risultati dell’analisi. Tra gli strumenti che dovrebbero essere utilizzati per valutare la fondatezza del modello di OEF sono compresi quelli di seguito specificati:

controlli di completezza: valutazione dei dati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni per garantirne la completezza rispetto agli obiettivi, all’ambito, ai confini del sistema e ai criteri di qualità definiti. I controlli riguardano anche la completezza dell’ambito dei processi (ossia se sono stati inclusi tutti i processi pertinenti in ciascuna fase della catena di approvvigionamento) e l’ambito dei flussi in entrata/uscita (ossia se sono stati inclusi i flussi in entrata di materiali o energia e le emissioni associati a ogni processo);

controlli di sensibilità: valutazione della misura in cui i risultati sono determinati da specifiche scelte metodologiche e dell’impatto dell’attuazione di scelte alternative nel caso in cui siano identificabili. È utile per strutturare i controlli di sensibilità per ogni fase dello studio sull’OEF, ivi compresa la definizione degli obiettivi e dell’ambito, il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e la valutazione di impatto dell’impronta ambientale;

controlli di coerenza: valutazione della misura in cui le ipotesi, i metodi e le considerazioni relative alla qualità dei dati sono stati applicati in maniera coerente in tutto lo studio sull’OEF.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

La valutazione della fondatezza del modello di OEF deve includere una valutazione della misura in cui le scelte metodologiche, come i confini del sistema, le fonti di dati, le scelte di allocazione e l’ambito delle categorie di impatto dell’impronta ambientale influenzano i risultati. Queste scelte devono corrispondere ai requisiti specificati nella presente guida ed essere adeguate al contesto. Gli strumenti che dovrebbero essere utilizzati per valutare la fondatezza del modello di impronta ambientale dei prodotti sono i controlli di completezza, i controlli di sensibilità e i controlli di coerenza. Qualsiasi questione posta in evidenza nella valutazione dovrebbe essere utilizzata per attuare miglioramenti continui dello studio sull’OEF.

7.3   Identificazione di punti critici (questioni rilevanti)

Dopo aver garantito che il modello di OEF (ossia la scelta dei confini del sistema, delle fonti dei dati e dell’allocazione) sia fondato e conforme a tutti gli aspetti individuati nelle fasi di definizione degli obiettivi e dell’ambito, la fase successiva consiste nell’identificazione dei principali elementi che contribuiscono ai risultati dell’OEF. Questa fase può essere definita anche analisi dei “punti critici” o dei “punti deboli”. Gli elementi che contribuiscono ai risultati possono essere elementi specifici del portafoglio di prodotti, delle fasi del ciclo di vita, dei processi o di singoli flussi in entrata/uscita di materiali o energia associati a una determinata fase o processo della catena di approvvigionamento dell’organizzazione. Tali elementi possono essere individuati attraverso una revisione sistematica dei risultati dello studio sull’OEF. In questo contesto possono risultare particolarmente utili gli strumenti grafici. Questo tipo di analisi fornisce la base necessaria per individuare i possibili miglioramenti associati a specifici interventi gestionali.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

I risultati dell’OEF devono essere analizzati per valutare l’effetto dei punti critici/punti deboli della catena di approvvigionamento a livello di flussi in entrata/uscita, di processi e di fase della catena di approvvigionamento e per valutare le possibilità di miglioramento.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono individuare le più importanti categorie di impatto dell’impronta ambientale per il settore. A tale scopo, possono essere utilizzate la normalizzazione e la ponderazione.

7.4   Stima dell’incertezza

La stima delle incertezze dei risultati finali dello studio sull’OEF può favorire il miglioramento continuo degli studi sull’OEF, oltre ad aiutare i destinatari a valutare la fondatezza e l’applicabilità dei risultati dello studio sull’OEF.

Le principali fonti di incertezza negli studi sull’OEF sono due, come di seguito specificato.

(1)

Incertezze stocastiche (parametri e modelli) per i dati del “profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni”

In pratica, può essere difficile accedere alle stime dell’incertezza per tutti i dati utilizzati in uno studio sull’OEF. Come minimo, gli sforzi compiuti per caratterizzare con precisione l’incertezza stocastica e il suo impatto sui risultati della modellazione dovrebbero concentrarsi sui processi individuati come rilevanti sotto il profilo ambientale nella valutazione di impatto dell’impronta ambientale e nelle fasi di interpretazione.

(2)

Incertezze legate alle scelte

Si tratta di incertezze che derivano dalle scelte metodologiche, ivi compresi i principi di modellazione, i confini del sistema, la scelta dei modelli di valutazione di impatto dell’impronta ambientale e altre ipotesi di carattere temporale, tecnologico, geografico e simili. Tali incertezze non sono facilmente riconducibili alla descrizione statistica, ma possono essere caratterizzate unicamente attraverso valutazioni dei modelli di scenari (per esempio, modellando gli scenari più sfavorevoli e quelli più favorevoli per i processi rilevanti) e un’analisi della sensibilità.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Deve essere fornita almeno una descrizione qualitativa delle incertezze dei risultati finali dell’OEF separatamente per le incertezze relative ai dati e le incertezze relative alle scelte, al fine di favorire una valutazione complessiva delle incertezze dei risultati dello studio.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono descrivere le incertezze comuni al settore e individuare l’intervallo in cui i risultati potrebbero essere considerati non significativamente diversi nei confronti o nelle dichiarazioni comparative.

SUGGERIMENTO: le valutazioni quantitative dell’incertezza possono essere calcolate per la variante associata ai dati del “profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” utilizzando, per esempio, le simulazioni di Montecarlo o altri strumenti idonei. L’influenza delle incertezze legate alle scelte effettuate dovrebbe essere valutata ai limiti superiore e inferiore attraverso analisi della sensibilità sulla base di valutazioni degli scenari. Il tutto dovrebbe essere chiaramente documentato e comunicato.

7.5   Conclusioni, raccomandazioni e limitazioni

L’aspetto finale della fase di interpretazione è trarre conclusioni sulla base dei risultati, rispondere alle domande poste all’inizio dello studio sull’OEF e formulare raccomandazioni adeguate per i destinatari e il contesto previsti, tenendo conto esplicitamente di eventuali limitazioni della fondatezza e dell’applicabilità dei risultati. L’OEF deve essere considerata complementare ad altre valutazioni e strumenti come le valutazioni di impatto ambientale o le valutazioni dei rischi chimici relative a siti specifici.

Dovrebbero essere individuati i possibili miglioramenti come, per esempio, tecniche e tecnologie più pulite, cambiamenti nella progettazione dei prodotti, gestione della catena di approvvigionamento, sistemi di gestione ambientale (per esempio, il sistema di ecogestione e audit (EMAS) o la norma ISO 14001) o altri metodi sistematici.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Le conclusioni, raccomandazioni e limitazioni devono essere descritte in base agli obiettivi e all’ambito definiti dello studio sull’OEF. Gli studi sull’OEF a sostegno delle dichiarazioni comparative (93) destinate a essere divulgate al pubblico devono essere basati sulla presente guida E sulle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni associate.

Come previsto dalla norma ISO 14044:2006, per le dichiarazioni comparative destinate a essere divulgate al pubblico, deve essere attentamente valutato se eventuali differenze di qualità dei dati e di scelte metodologiche utilizzate per modellare le organizzazioni messe a confronto possono influenzare la comparabilità dei risultati. Devono essere prese in considerazione e documentate/comunicate eventuali incongruenze nella definizione dei confini del sistema, nella qualità dei dati di inventario o nella valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

Le conclusioni tratte dallo studio sull’OEF dovrebbero includere una sintesi dei “punti critici” della catena di approvvigionamento individuati e dei possibili miglioramenti associati a interventi gestionali.

8.   RELAZIONI SULL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

8.1   Informazioni generali

Le relazioni sull’OEF devono fornire un resoconto pertinente, esauriente, coerente, preciso e trasparente dello studio e degli impatti ambientali calcolati associati all’organizzazione. Tengono conto delle migliori informazioni possibili in modo tale da massimizzarne l’utilità per i destinatari attuali e futuri, comunicando al contempo le limitazioni in modo onesto e trasparente. Per essere efficaci, le relazioni sull’OEF devono soddisfare vari criteri procedurali (qualità delle relazioni) e sostanziali (contenuto delle relazioni).

8.2   Elementi delle relazioni

Le relazioni sull’OEF sono costituite almeno da tre elementi: la relazione principale, una sintesi e un allegato. Le informazioni riservate e oggetto di proprietà intellettuale possono essere documentate in un quarto elemento, ossia una relazione riservata integrativa. Le relazioni di revisione sono allegate o vi si fa riferimento.

8.2.1   Primo elemento: sintesi

La sintesi deve poter essere una parte a sé stante senza compromettere i risultati e le conclusioni/raccomandazioni (se incluse). La sintesi deve soddisfare gli stessi criteri di trasparenza, coerenza e simili validi per la relazione principale.

La sintesi deve includere almeno quanto segue:

i principali elementi dell’obiettivo e dell’ambito dello studio con le limitazioni e le ipotesi associate;

una descrizione dei confini del sistema;

i principali risultati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni e le componenti della valutazione di impatto dell’impronta ambientale, che devono essere presentati in modo tale da garantire l’uso adeguato delle informazioni;

gli eventuali miglioramenti ambientali rispetto a periodi precedenti;

dichiarazioni pertinenti sulla qualità dei dati, le ipotesi e i giudizi di valore;

una descrizione di ciò che è stato conseguito dallo studio, le raccomandazioni formulate e le conclusioni tratte;

una valutazione complessiva delle incertezze dei risultati.

8.2.2   Secondo elemento: relazione principale

La relazione principale (94) deve includere almeno le seguenti componenti:

Obiettivo dello studio:

l’obiettivo deve includere almeno dichiarazioni chiare e concise riguardo ai seguenti aspetti:

le applicazioni previste;

le limitazioni metodologiche o di categorie di impatto dell’impronta ambientale;

i motivi per cui si effettua lo studio;

i destinatari;

se lo studio deve essere utilizzato per confronti o per dichiarazioni comparative da divulgare al pubblico (che richiedono una regola settoriale relativa all’impronta ambientale delle organizzazioni);

le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni di riferimento;

il committente dello studio.

Ambito dello studio

L’ambito dello studio deve individuare l’organizzazione in dettaglio e il metodo generale utilizzato per stabilire i confini del sistema. L’ambito dello studio deve anche includere i requisiti in materia di qualità dei dati. Infine, l’ambito deve comprendere una descrizione dei metodi applicati per valutare i possibili impatti ambientali e delle categorie di impatto dell’impronta ambientale e dei set di dati di normalizzazione e di ponderazione inclusi.

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono almeno quanto segue:

descrizione dell’organizzazione e del portafoglio di prodotti definito;

confini del sistema (confini dell’organizzazione e dell’OEF);

i motivi e il possibile significato di eventuali esclusioni;

tutte le ipotesi e i giudizi di valore, unitamente alle giustificazioni delle ipotesi formulate;

rappresentatività, adeguatezza e tipi/fonti dei dati e delle informazioni richiesti;

categorie di impatto dell’impronta ambientale, modelli e indicatori, fattori di normalizzazione e di ponderazione (se utilizzati);

trattamento di eventuali problemi di multifunzionalità incontrati nella modellazione.

Compilazione e registrazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono almeno quanto segue:

descrizione e documentazione di tutti i dati specifici raccolti;

procedure di raccolta dei dati;

fonti della letteratura pubblicata;

informazioni sugli eventuali scenari di utilizzo e di fine vita considerati nelle fasi a valle;

procedure di calcolo;

convalida dei dati, ivi comprese la documentazione e la giustificazione delle procedure di allocazione;

descrizione e risultati dell’analisi di sensibilità (95), se effettuata.

Calcolo dei risultati delle valutazioni di impatto dell’impronta ambientale delle organizzazioni

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono quanto segue:

la procedura, i calcoli e i risultati delle valutazioni di impatto dell’impronta ambientale per i processi principali, a monte e a valle separatamente, ivi incluse tutte le ipotesi e le limitazioni;

il rapporto tra i risultati delle valutazioni di impatto dell’impronta ambientale e l’obiettivo e l’ambito definiti;

in caso di esclusioni di categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite, deve essere comunicata la giustificazione delle esclusioni;

in caso di eventuali deviazioni dalle categorie e/o dai modelli di impatto dell’impronta ambientale predefiniti (che devono essere giustificate e incluse nelle ulteriori informazioni ambientali), gli elementi obbligatori delle relazioni devono includere anche quanto segue:

le categorie di impatto dell’impronta ambientale e gli indicatori di tali categorie considerati, ivi compresa la motivazione della loro scelta e un riferimento alla loro fonte;

descrizioni di tutti i modelli di caratterizzazione, i fattori di caratterizzazione e i metodi utilizzati o riferimento ai medesimi, ivi comprese tutte le ipotesi e le limitazioni;

descrizioni di tutte le scelte di valore utilizzate in relazione alle categorie di impatto dell’impronta ambientale, i modelli di caratterizzazione, i fattori di caratterizzazione, la normalizzazione, il raggruppamento, la ponderazione e la giustificazione del loro utilizzo e della loro influenza su risultati, conclusioni e raccomandazioni o riferimento a quanto indicato;

dichiarazione e giustificazione di eventuali raggruppamenti di categorie di impatto dell’impronta ambientale;

analisi dei risultati degli indicatori, per esempio l’analisi della sensibilità e dell’incertezza riguardo all’utilizzo di altre categorie di impatto o di ulteriori informazioni ambientali, ivi comprese le implicazioni per i risultati.

eventuali ulteriori informazioni ambientali;

informazioni sullo stoccaggio del carbonio nei prodotti;

informazioni sulle emissioni ritardate;

dati e risultati degli indicatori prima di qualsiasi normalizzazione e ponderazione;

se inclusi, fattori e risultati di normalizzazione e ponderazione.

Interpretazione dei risultati dell’OEF

Gli elementi obbligatori delle relazioni comprendono quanto segue:

valutazione della qualità dei dati;

piena trasparenza delle scelte di valore, motivazione e giudizi di esperti;

valutazione generale dell’incertezza (almeno una descrizione qualitativa);

conclusioni;

identificazione dei punti critici sotto il profilo ambientale;

raccomandazioni, limitazioni e possibili miglioramenti.

8.2.3   Terzo elemento: allegato

L’allegato serve a documentare gli elementi a sostegno della relazione principale, che sono di carattere più tecnico, e deve includere:

descrizioni di tutte le ipotesi, comprese quelle che sono risultate irrilevanti;

questionario/elenco di controllo della raccolta di dati (cfr. allegato III della presente guida) e dati grezzi (facoltativi se considerati sensibili e comunicati separatamente nella relazione riservata);

profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (facoltativo se considerato sensibile e comunicato separatamente nella relazione riservata, cfr. sotto);

relazione di revisione critica (se effettuata), ivi compresi (se del caso) il nome e l’associazione del revisore o del gruppo di revisori, risposte alla relazione di revisione (eventuale);

autodichiarazione della qualificazione dei revisori, da cui risulti quanti punti hanno ottenuto per ogni criterio definito nella sezione 9.3 della presente guida.

8.2.4   Quarto elemento: relazione riservata

La relazione riservata dovrebbe (elemento delle relazioni facoltativo) contenere tutti i dati (compresi quelli grezzi) e le informazioni riservati o oggetto di proprietà intellettuale che non possono essere resi disponibili all’esterno. Deve essere messa a disposizione dei responsabili della revisione critica in via riservata.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Qualsiasi studio sull’OEF destinato alle comunicazioni esterne deve comprendere una relazione sullo studio sull’OEF recante un resoconto pertinente, esaustivo, coerente, preciso e trasparente dello studio e degli impatti ambientali calcolati associati all’organizzazione. Le informazioni riportate devono altresì fornire una solida base per la valutazione, il monitoraggio e il tentativo di miglioramento delle prestazioni ambientali dell’organizzazione nel corso del tempo. La relazione sull’OEF deve comprendere, come minimo, una sintesi, una relazione principale e un allegato, che devono contenere tutti gli elementi delle relazioni specificati nel presente capitolo.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare e motivare eventuali deviazioni dai requisiti in materia di informativa predefiniti e da ulteriori obblighi di informativa e/o differenziare gli obblighi di informativa che dipendono, per esempio, dal tipo di applicazioni dello studio sull’OEF e dal tipo di organizzazione sottoposta a valutazione. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono specificare se i risultati dell’OEF devono essere comunicati separatamente per ciascuna delle fasi del ciclo di vita selezionate.

9.   REVISIONE CRITICA DELL’IMPRONTA AMBIENTALE DELLE ORGANIZZAZIONI

9.1   Informazioni generali (96)

Una revisione critica è fondamentale per garantire l’affidabilità dei risultati OEF e per migliorare la qualità dello studio sull’OEF.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Qualsiasi studio sull’OEF destinato a una comunicazione interna e dichiarato in linea con la guida sull’OEF e qualsiasi studio sull’OEF per la comunicazione esterna è soggetto a revisione critica per garantire che:

i metodi utilizzati per la realizzazione dello studio sull’OEF siano in linea con la guida relativa all’OEF;

i metodi utilizzati per la realizzazione dello studio sull’OEF siano validi sotto il profilo tecnico e scientifico;

i dati utilizzati siano adeguati, ragionevoli e corrispondenti ai requisiti definiti concernenti la qualità dei dati;

l’interpretazione dei risultati tenga conto dei limiti individuati;

la relazione sullo studio sia chiara, precisa e coerente.

9.2   Tipo di revisione

Il tipo di revisione più idoneo a fornire la garanzia minima di qualità richiesta è una revisione esterna indipendente. Il tipo di revisione condotta si fonda sugli obiettivi e sulle applicazioni previste dello studio sull’OEF.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Salvo diversamente indicato negli strumenti politici pertinenti, uno studio sull’OEF destinato a una comunicazione esterna è sottoposto a una valutazione critica effettuata da almeno un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di revisori). Per corroborare una dichiarazione comparativa destinata a essere divulgata al pubblico, uno studio sull’OEF deve basarsi sulle OEFSR pertinenti ed è sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno tre revisori esterni indipendenti e qualificati. Uno studio sull’OEF destinato a una comunicazione interna e dichiarato in linea con la guida sull’OEF è sottoposto a una valutazione critica effettuata da almeno un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di revisori).

Il tipo di revisione condotta si fonda sugli obiettivi e sulle applicazioni previste dello studio sull’OEF.

Ulteriori requisiti per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni prescrivono i requisiti di revisione per gli studi sull’OEF da utilizzare per le dichiarazioni comparative destinate a essere divulgate al pubblico (per esempio, se è sufficiente una revisione di almeno tre revisori esterni indipendenti e qualificati).

9.3   Qualifica del revisore

La valutazione dell’idoneità dei potenziali revisori si basa su un sistema a punteggio che tiene conto dell’esperienza nel campo della revisione e dell’audit, della metodologia e della pratica in materia di EF e/o LCA, nonché della conoscenze di tecnologie, processi o altre attività pertinenti rappresentati dall’organizzazione e dal suo portafoglio di prodotti. La Tabella 8 presenta il sistema a punteggio per ciascuna parte relativa alle competenze e all’esperienza.

Se un revisore non soddisfa di per sé i requisiti necessari indicati di seguito per poter svolgere tale compito, il quadro di revisione consente il soddisfacimento dei requisiti da parte di più revisori congiuntamente, attraverso l’istituzione di un “gruppo di revisori”.

Tabella 8

Sistema a punteggio per revisori e gruppi di revisori idonei.

 

Punteggio (punti)

Tema

Criteri

0

1

2

3

4

Criteri obbligatori

Verifica della revisione ed esercizi di audit

Anni di esperienza (97)

0-2

3 – 4

5 –8

9 – 14

> 14

Numero di revisioni (98)

0-2

3 – 5

6 –15

16 – 30

> 30

Metodologia ed esercizio EF o LCA

Anni di esperienza (99)

0-2

3 – 4

5 – 8

9 – 14

> 14

“Esperienze” di partecipazione a lavori pertinenti a EF o LCA

0-4

5 – 8

9 – 15

16 – 30

> 30

Tecnologie o altre attività inerenti allo studio sull’OEF

Anni di esperienza (100) nel settore pubblico o privato

0-2

(negli ultimi 10 anni)

3 –5

(negli ultimi 10 anni)

6 – 10

(negli ultimi 20 anni)

11 – 20

> 20

Anni di esperienza nel settore pubblico (101)

0 – 2

(negli ultimi 10 anni)

3 – 5

(negli ultimi 10 anni)

6 – -10

(negli ultimi 20 anni)

11 – 20

> 20

Altro (102)

Verifica della revisione ed esercizi di audit

Punteggi facoltativi relativi all’audit

2 punti: certificazione in qualità di revisore esterno per almeno uno schema EPD, ISO 14001 o altro EMS.

1 punto: corsi frequentati sugli audit ambientali (almeno 40 ore).

1 punto: presidenza di almeno un gruppo di esperti di revisione (per studi EF, LCA o altre applicazioni ambientali).

1 punto: formatore qualificato per corsi di audit ambientale.

Requisiti per gli studi sull’ OEF

Una revisione critica dello studio sull’OEF viene condotta in funzione dei requisiti dell’applicazione prevista. Salvo diversamente indicato, il punteggio minimo necessario per qualificarsi come revisore o entrare a far parte di un gruppo di revisori è di sei punti, che comprendono almeno un punto per ciascuno dei tre criteri obbligatori (ossia verifica ed esercizio di audit, metodologia ed esercizio in materia di EF e/o LCA, nonché conoscenze delle tecnologie o di altre attività riguardanti lo studio sull’OEF). I punti per criterio devono essere raggiunti dai singoli soggetti, mentre possono essere sommati per tutti i criteri a livello di gruppo. I revisori o i gruppi di revisori devono presentare un’autocertificazione delle loro qualifiche, indicando i punti raggiunti per ciascun criterio, nonché il totale dei punti ottenuti. Detta autocertificazione costituisce parte integrante dell’allegato obbligatorio della relazione sull’OEF.

10.   ACRONIMI E ABBREVIAZIONI

ADEME

Agence de l’Environnement et de la Maîtrise de l’Energie

B2B

Business-to-Business (tra imprese)

B2C

Business-to-Consumer (tra impresa e consumatore)

BSI

British Standards Institution

CDP

Carbon disclosure project

CF

Fattore di caratterizzazione

CFC

Clorofluorocarburi

CFC-11

Triclorofluorometano

CPA

Classificazione statistica dei prodotti associata alle attività

DQR

Indice di qualità dei dati

EIA

Valutazione di impatto ambientale

ELCD

Banca dati europea di riferimento sul ciclo di vita

EF

Impronta ambientale

EIPRO

Impatto ambientale dei prodotti

EMAS

Sistemi di ecogestione e audit

EMS

Sistemi di gestione ambientale

EOL

Fine vita

GHG

Gas a effetto serra

GRI

Global Reporting Initiative

ILCD

International Reference Life Cycle Data System (sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita)

IMPRO

Miglioramento delle prestazioni ambientali dei prodotti

IPCC

Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici

ISIC

Classificazione internazionale tipo per industrie

ISO

Organizzazione internazionale di normalizzazione

IUCN

Unione internazionale per la conservazione della natura e delle sue risorse

LCA

Valutazione del ciclo di vita

LCI

Inventario del ciclo di vita

LCT

Principio del ciclo di vita

NACE

Nomenclature générale des Activités Economiques dans les Communautés Européennes

NMVOC

Composti organici volatili non metanici (COVNM)

ODP

Potenziale di riduzione dell’ozono

OEF

Impronta ambientale delle organizzazioni

OEFSR

Regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

PEF

Impronta ambientale dei prodotti

PM2,5

Particolato con un diametro pari o inferiore a 2,5 μm

Sb

Antimonio

WRI

World Resources Institute

WBCSD

World Business Council for Sustainable Development

11.   GLOSSARIO

 

Ulteriori informazioni ambientali – Categorie di impatto dell’impronta ambientale e altri indicatori ambientali calcolati e comunicati unitamente ai risultati sull’OEF.

 

Acidificazione – Categoria di impatto dell’impronta ambientale che riguarda le ripercussioni delle sostanze acidificanti sull’ambiente. Le emissioni di NOx, NH3 e SOx comportano il rilascio di ioni idrogeno (H+) quando i gas sono mineralizzati. I protoni favoriscono l’acidificazione dei suoli e delle acque, se rilasciati in superfici dove la capacità tampone è bassa, con conseguente deterioramento delle foreste e acidificazione dei laghi.

 

Allocazione – Un approccio volto alla risoluzione di problemi di multifunzionalità. Si riferisce a un frazionamento dei flussi in entrata o in uscita di un processo, un sistema produttivo o un impianto tra il sistema in esame e un altro sistema o più sistemi (in base alla norma ISO 14040:2006).

 

Attributivo/a – Si riferisce all’elaborazione di modelli basati su processi, volta a fornire una rappresentazione statica delle condizioni medie, esclusi gli effetti mediati dal mercato.

 

Media di dati – Si riferisce a una media di dati specifici ponderata in base alla produzione.

 

Processo di background – Si riferisce a quei processi della catena di approvvigionamento delle organizzazioni per i quali non è possibile accedere direttamente alle informazioni. Per esempio, la maggior parte dei processi della catena di approvvigionamento a monte e, in genere, tutti i processi fino a quelli a valle saranno considerati parte del processo di background.

 

Business-to-Business (B2B) – Descrive le transazioni tra imprese, quali quelle tra un fabbricante e un grossista o tra un grossista e un rivenditore.

 

Business-to-Consumers (B2C) – Descrive le transazioni tra imprese e consumatori, come quelle tra rivenditori e consumatori. Secondo la norma ISO 14025:2006, si definisce consumatore un singolo membro del pubblico che acquista o utilizza merci, beni o servizi per uso privato.

 

Caratterizzazione – Calcolo dell’entità del contributo di ciascun flusso in entrata/in uscita classificato secondo le rispettive categorie di impatto dell’impronta ambientale e combinazione di contributi all’interno di ciascuna categoria. Ciò richiede una moltiplicazione lineare dei dati di inventario con fattori di caratterizzazione per ciascuna sostanza e categoria di impatto dell’impronta ambientale di interesse. Per esempio, per quanto riguarda la categoria di impatto dell’impronta ambientale “cambiamenti climatici”, CO2 viene scelta come sostanza di riferimento, mentre una tonnellata di CO2-equivalenti come unità di riferimento.

 

Fattore di caratterizzazione – Fattore derivato da un modello di caratterizzazione applicato per convertire un risultato assegnato di “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” all’unità comune dell’indicatore di categoria di impatto ambientale (sulla base della norma ISO 14040:2006).

 

Classificazione – Allocazione di flussi in entrata e in uscita di materiali/energia inventariati nel “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” secondo le categorie di impatto dell’impronta ambientale in base al potenziale di ciascuna sostanza per contribuire a ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale presa in considerazione.

 

Cofunzione – Due o più funzioni risultanti dalla stessa unità di processo o dallo stesso sistema produttivo.

 

Dichiarazione comparativa – Una dichiarazione in materia di ambiente riguardante la superiorità o l’equivalenza di un’organizzazione rispetto a un’organizzazione concorrente che fornisce gli stessi prodotti, sulla base dei risultati di uno studio sull’OEF e di OEFSR di sostegno (sulla base della norma ISO 14040:2006).

 

Confronto – Un confronto (grafico o di altro tipo) di due o più organizzazioni concernente i risultati della loro OEF, che tenga conto delle OEFSR ed escluda la dichiarazione comparativa.

 

Coprodotto – Due o più prodotti risultanti dalla stessa unità di processo o dallo stesso sistema produttivo (ISO 14044:2006).

 

Cradle to Cradle (dalla culla alla culla) – Un tipo specifico di valutazione cradle-to-grave (dalla culla alla tomba), in cui la fase di smaltimento di fine vita del prodotto consiste in un processo di riciclaggio.

 

Cradle to Gate (dalla culla al cancello) – La valutazione di una parziale catena di approvvigionamento di un’organizzazione, dall’estrazione di materie prime (culla) al “cancello” del fabbricante. Sono omesse le fasi di distribuzione, stoccaggio, utilizzo e fine vita della catena di approvvigionamento.

 

Cradle to Grave (dalla culla alla tomba) – La catena di approvvigionamento di un’organizzazione che comprende le fasi di estrazione delle materie prime, trasformazione, distribuzione, stoccaggio, utilizzo e smaltimento o riciclaggio. Tutti i flussi in entrata e in uscita pertinenti sono presi in considerazione per tutte le fasi del ciclo di vita.

 

Revisione critica – Processo inteso a garantire la coerenza tra uno studio sull’OEF e i principi e i requisiti della presente guida e delle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni associate (se disponibili) (sulla base della norma ISO 14040:2006).

 

Qualità dei dati – Caratteristiche dei dati che riguardano la loro capacità di soddisfare i requisiti stabiliti (ISO 14044:2006). La qualità dei dati riguarda vari aspetti, come la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale, nonché la completezza e la precisione dei dati di inventario.

 

Emissioni ritardate – Emissioni che sono rilasciate nel tempo, ad esempio per via di un utilizzo prolungato o nel corso delle fasi dello smaltimento finale, e non in una sola volta in un momento preciso “t”.

 

Modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo (dLUC) – Le trasformazioni da un tipo di destinazione del suolo a un altro che avvengono in un’unica superficie, causando eventualmente modifiche nello stock di carbonio di quel suolo specifico, e non determinano cambiamenti all’interno di un altro sistema.

 

Direttamente attribuibile – Si riferisce a un processo, a un’attività o a un impatto che si verifica all’interno del confine definito di un’organizzazione.

 

A valle – Evento che si verifica lungo la catena di approvvigionamento di un prodotto dopo aver lasciato i confini di un’organizzazione.

 

Impronta ecologica – Si riferisce “all’area di ecosistemi terrestri e idrici produttivi necessari per produrre le risorse che la popolazione consuma e assimilare i rifiuti che la popolazione produce, ovunque sulla Terra si trovino suoli e acque” (Wackernagel e Rees 1996). Stando alla presente guida sull’OEF, l’impronta ambientale non è uguale all’impronta ecologica di Wackernagel e Rees: le differenze principali sono evidenziate nell’allegato X della guida PEF (EC-JRC-IES, 2012).

 

Ecotossicità – Categoria di impatto dell’impronta ambientale relativa agli impatti tossici su un ecosistema, che danneggiano le singole specie e modificano la struttura e la funzione dell’ecosistema. L’ecotossicità deriva da vari meccanismi tossicologici causati dall’emissione di sostanze aventi un effetto diretto sulla salute dell’ecosistema.

 

Flussi elementari – nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, i flussi elementari comprendono (ISO 14040, pag. 3) “i materiali o l’energia in entrata nel sistema oggetto di studio che sono stati prelevati dall’ambiente senza alcuna preventiva trasformazione operata dall’uomo, o i materiali o l’energia in uscita dal sistema oggetto di studio che vengono scaricati nell’ambiente senza alcuna ulteriore trasformazione operata dall’uomo”. I flussi elementari comprendono, per esempio, le risorse reperite in natura o le emissioni nell’aria, nell’acqua, nel suolo che sono direttamente collegate ai fattori di caratterizzazione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale.

 

Aspetto ambientale – Un elemento delle attività o dei prodotti di un’organizzazione che ha o può avere un impatto sull’ambiente (ivi compresa la salute umana) (regolamento EMAS).

 

Valutazione di impatto dell’impronta ambientale (EF) – Fase dell’analisi OEF intesa a comprendere e a valutare le dimensioni e il significato dei possibili potenziali impatti ambientali per un sistema in tutto il ciclo di vita (norma ISO 14044:2006). I metodi di valutazione di impatto dell’impronta ambientale impiegati forniscono i fattori di caratterizzazione dell’impatto per i flussi elementari, al fine di aggregare l’impatto per ottenere un numero limitato di indicatori intermedi e/o dei danni.

 

Metodo di valutazione dell’impatto dell’impronta ambientale (EF) – Protocollo per la traduzione quantitativa di dati riguardanti il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni in contributi per un impatto ambientale di interesse.

 

Categoria di impatto dell’impronta ambientale (EF) – Classe di utilizzo delle risorse o di impatto ambientale cui sono riferiti i dati riguardanti il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

 

Indicatore di categoria di impatto dell’impronta ambientale (EF) – Rappresentazione quantificabile di una categoria di impatto dell’impronta ambientale (sulla base della norma ISO 14044:2006).

 

Impatto ambientale – Qualsiasi modifica all’ambiente, positiva o negativa, derivante in tutto o in parte da attività o prodotti di un’organizzazione (regolamento EMAS).

 

Meccanismo ambientale – Sistema di processi fisici, chimici e biologici per una determinata categoria di impatto dell’impronta ambientale che collega i risultati di profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni agli indicatori di categoria dell’impronta ambientale (sulla base della norma ISO 14040:2006).

 

Significativo sotto il profilo ambientale – Qualsiasi processo o attività che consti per almeno il 90 % dei contributi verso ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale considerata.

 

Eutrofizzazione – I nutrienti (principalmente azoto e fosforo) di scarichi fognari e terreni agricoli fertilizzati accelerano la crescita di alghe e altra vegetazione nelle acque. Il deterioramento di materiale organico consuma ossigeno provocando così carenza dello stesso e, in alcuni casi, moria ittica. L’eutrofizzazione traduce la quantità di emissione di sostanze in una misura comune espressa come l’ossigeno necessario per la decomposizione della necromassa.

 

Dati estrapolati – Si riferisce ai dati di un determinato processo che viene utilizzato per rappresentare un processo simile per cui i dati non sono disponibili, sull’ipotesi che detto processo sia ragionevolmente rappresentativo.

 

Diagramma di flusso – Rappresentazione schematica del sistema modellato (sistemi di foreground e collegamenti al sistema di background), comprese tutte le entrate e le uscite principali.

 

Processo di foreground – Si riferisce a quei processi del ciclo di vita dell’organizzazione per i quali è possibile accedere direttamente alle informazioni. Per esempio, il sito del produttore e altri processi gestiti dall’organizzazione o dai contraenti (come il trasporto merci, i servizi della sede principale, ecc.) appartengono al sistema di foreground.

 

Gate to Gate (da cancello a cancello) – Valutazione di una catena di approvvigionamento parziale di un’organizzazione che comprende solo i processi all’interno di una specifica organizzazione o di uno specifico sito.

 

Gate to Grave (dal cancello alla tomba) – La valutazione di una catena di approvvigionamento parziale di un’organizzazione che comprende solo i processi all’interno di una specifica organizzazione o di uno specifico sito e i processi che avvengono lungo la catena di approvvigionamento, come le fasi di distribuzione, stoccaggio, utilizzo, smaltimento o riciclaggio.

 

Dati generici – Sono i dati non direttamente raccolti, misurati o valutati, ma provenienti da una banca dati di inventari del ciclo di vita di terzi o da un’altra fonte conforme ai requisiti sulla qualità dei dati della guida sull’impronta ambientale delle organizzazioni. Sinonimo di “dati secondari”.

Esempio: Un’organizzazione che gestisce un impianto acquista acido acetilsalicilico da un certo numero di imprese regionali sulla base del minor costo come input ai loro dati generici relativi alle fonti dei processi di produzione da una banca dati riguardante l’inventario del ciclo di vita, per rappresentare le condizioni medie della produzione di acetilsalicilico nella regione di interesse.

 

Potenziale di riscaldamento globale – Capacità di un gas a effetto serra di influenzare il forzante radiativo, espresso in termini di una sostanza di riferimento (per esempio, unità di CO2-equivalenti) e di uno specifico arco temporale (come GWP 20, GWP 100, GWP 500, per 20, 100 e 500 anni, rispettivamente). Si riferisce alla capacità di influenzare i cambiamenti della temperatura media globale dell’aria a livello del suolo e alle successive variazioni di diversi parametri climatici e dei loro effetti, come la frequenza e l’intensità delle tempeste, l’intensità di precipitazione e la frequenza delle piene, ecc.

 

Tossicità per gli esseri umani – effetti cancerogeni – Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta gli effetti negativi sulla salute degli esseri umani causati dall’assunzione di sostanze tossiche per inalazione di aria, ingestione di cibo/acqua, penetrazione cutanea, nella misura in cui si tratta di sostanze cancerogene.

 

Tossicità per gli esseri umani – effetti non cancerogeni – Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta gli effetti negativi sulla salute degli esseri umani causati dall’assunzione di sostanze tossiche per inalazione di aria, ingestione di cibo/acqua, penetrazione cutanea, nella misura in cui si tratta di sostanze non cancerogene non causate da particolato/smog provocato dalle emissioni di sostanze inorganiche o da radiazioni ionizzanti.

 

Modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo (iLUC) - Si verificano quando la domanda di un determinato utilizzo del suolo comporta cambiamenti esterni al sistema, vale a dire in un altro tipo di destinazione del suolo. Tali effetti indiretti possono essere principalmente valutati dall’elaborazione di modelli economici della domanda per il suolo o l’elaborazione di modelli inerenti alla delocalizzazione delle attività su scala globale. Gli svantaggi principali di tali modelli sono costituiti dalla loro dipendenza dalle tendenze, che potrebbero non tener conto degli sviluppi futuri. Essi sono comunemente utilizzati come base per le decisioni politiche.

 

Indirettamente attribuibili – Si riferisce a un processo, a un’attività o a un impatto che si verifica al di fuori del confine definito di un’organizzazione, ma all’interno del confine definito dell’OEF (ossia a monte o a valle).

 

Flusso in ingresso – Flusso di prodotti, materiale o energia che entra in un’unità di processo. I prodotti e i materiali comprendono materie prime, prodotti intermedi e coprodotti. (norma ISO 14040:2006).

 

Prodotto intermedio – Prodotto in uscita da un’unità di processo che è un prodotto in entrata in altre unità di processo, il quale richiede un’ulteriore trasformazione nel sistema (norma ISO 14040:2006).

 

Radiazione ionizzante, salute umana – Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta gli effetti negativi sulla salute umana causati da emissioni radioattive.

 

Utilizzo del suolo – Categoria di impatto dell’impronta ambientale riguardante l’utilizzo (occupazione) e la conversione (trasformazione) del territorio con attività quali agricoltura, costruzione di strade, case, miniere, ecc. L’occupazione del suolo considera gli effetti della destinazione del suolo, la superficie del territorio interessato e la durata della sua occupazione (variazioni della qualità moltiplicate per superficie e durata). La trasformazione del suolo considera l’entità delle variazioni delle proprietà del suolo e la superficie interessata (variazioni della qualità moltiplicate per la superficie).

 

Ciclo di vita – Fasi consecutive e interconnesse di un sistema produttivo, dall’acquisizione o dalla generazione di materie prime o dalle risorse naturali allo smaltimento finale (ISO 14040:2006).

 

Concetto di ciclo di vita - Tiene in considerazione tutti i vari flussi di risorse e gli interventi ambientali associati a un prodotto o un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento, incluse tutte le fasi dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, distribuzione, uso e ai processi di fine vita, nonché tutti gli impatti ambientali associati pertinenti (anziché concentrarsi su una singola questione).

 

Valutazione del ciclo di vita (LCA) – elencazione e valutazione dei flussi in ingresso, dei flussi in uscita e dei possibili impatti ambientali di un sistema di prodotti in tutto il suo ciclo di vita (ISO 14040:2006).

 

Valutazione di impatto del ciclo di vita (LCIA) – Fase della valutazione del ciclo di vita intesa a comprendere e a valutare la dimensione e il significato dei possibili impatti ambientali per un sistema in tutto il ciclo di vita (norma ISO 14040:2006). I metodi LCIA impiegati forniscono i fattori di caratterizzazione dell’impatto per i flussi elementari, al fine di aggregare l’impatto per ottenere un numero limitato di indicatori intermedi e/o dei danni.

 

Tasso di carico – Rapporto tra il carico effettivo e il carico pieno o capacità (cioè massa o volume) di un veicolo per ogni viaggio.

 

Multifunzionalità – Se svolge più di una funzione, ossia se fornisce più prodotti e/o servizi (“coprodotti”), un processo o un impianto è detto “multifunzionale”. In tali situazioni, tutti i flussi in ingresso e le emissioni connessi al processo devono essere ripartiti tra il prodotto interessato e altri coprodotti basandosi su una serie di principi. Analogamente, qualora un impianto di proprietà comune e/o gestito congiuntamente fabbrichi più prodotti, può essere necessario ripartire i flussi in ingresso e le emissioni associati tra i prodotti dei portafogli di prodotti definiti di varie organizzazioni. Le organizzazioni che intraprendono uno studio sull’OEF possono pertanto trovarsi di fronte a problemi di multifunzionalità a livello di prodotto e di impianto.

 

Flussi non elementari (o complessi) – Flussi in entrata e flussi in uscita restanti non elementari e che richiedono ulteriori operazioni di modellazione per essere trasformati in flussi elementari. Esempi di flussi in entrata non elementari sono energia elettrica, materiali, processi di trasporto, mentre esempi di flussi in uscita non elementari sono rifiuti e sottoprodotti.

 

Normalizzazione – Dopo la fase di caratterizzazione, la normalizzazione è un passaggio facoltativo (ma raccomandato), in cui i risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale sono moltiplicati per i fattori di normalizzazione, che rappresentano l’inventario generale di un’unità di riferimento (per esempio, un intero paese o un cittadino medio). I risultati normalizzati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale esprimono le quote relative degli impatti del sistema analizzato in termini di contributi complessivi per ciascuna categoria di impatto per unità di riferimento. Visualizzando uno accanto all’altro i risultati normalizzati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale delle diverse tematiche di impatto, emerge che le categorie di impatto dell’impronta ambientale sono quelle più o meno interessate dal sistema analizzato. I risultati normalizzati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale riflettono solo il contributo del sistema analizzato nei confronti del possibile impatto complessivo e non la gravità/pertinenza del rispettivo impatto totale. I risultati normalizzati sono adimensionali, ma non aggiuntivi.

 

Regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni (OEFSR) – Si tratta di regole settoriali specifiche basate sul ciclo di vita che integrano gli orientamenti metodologici generali per gli studi sull’OEF, fornendo un’ulteriore specifica a livello settoriale. Dette regole possono contribuire a spostare l’attenzione dallo studio sull’OEF verso aspetti e parametri più rilevanti, favorendo dunque una maggiore pertinenza, riproducibilità e coerenza.

 

Flusso in uscita – Prodotto, materiale o flusso di energia che lascia un’unità di processo. I prodotti e i materiali comprendono le materie prime, i prodotti intermedi, i coprodotti e le emissioni (ISO 14040:2006).

 

Riduzione dello strato di ozono – Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta la degradazione dell’ozono stratosferico dovuta alle emissioni di sostanze lesive dell’ozono, quali gas contenenti cloro e bromo di lunga durata (per esempio CFC, HCFC, halon).

 

Particolato/smog provocato dalle emissioni di sostanze inorganiche – Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta gli effetti avversi sulla salute umana causati dalle emissioni di particolato (PM) e dai suoi precursori (NOx, SOx, NH3).

 

Formazione di ozono fotochimico – Categoria di impatto dell’impronta ambientale che rappresenta la formazione di ozono al livello del suolo della troposfera causata da ossidazione fotochimica di composti organici volatili (VOC) e monossido di carbonio (CO) in presenza di ossidi di azoto (NOx) e luce solare. Alte concentrazioni di ozono troposferico a livello del suolo risultano dannose per la vegetazione, le vie respiratorie dell’uomo e i materiali artificiali attraverso la reazione con materiali organici.

 

Prodotto – Qualsiasi bene o servizio (ISO 14040:2006).

 

Categoria di prodotti – Gruppo di prodotti in grado di svolgere funzioni equivalenti (ISO 14025:2006).

 

Regole di categoria relative all’impronta ambientale dei prodotti (PEFCR) – Si tratta di regole specifiche relative a un prodotto e basate sul ciclo di vita che integrano gli orientamenti metodologici generali per gli studi relativi all’impronta ambientale dei prodotti, fornendo un’ulteriore specifica a livello di una categoria specifica di prodotto. Dette regole possono contribuire a spostare l’attenzione dallo studio relativo all’impronta ambientale dei prodotti verso aspetti e parametri più rilevanti, favorendo dunque una maggiore pertinenza, riproducibilità e coerenza.

 

Flusso di prodotti – Prodotti che accedono o lasciano un altro sistema di prodotti (ISO 14040:2006).

 

Sistema di prodotti – Raccolta di unità di processi con flussi elementari e di prodotti, che svolgono una o più funzioni definite, e che modella il ciclo di vita di un prodotto (ISO 14040:2006).

 

Materia prima – Materiale primario o secondario utilizzato per la fabbricazione di un prodotto (ISO 14040:2006).

 

Flusso di riferimento – Misura dei flussi in uscita dai processi in un dato sistema necessari per adempiere alla funzione espressa dall’unità di analisi (sulla base della norma ISO 14040:2006)

 

Rilasci – Emissioni nell’aria, nonché scarichi nell’acqua e nel suolo (ISO 14040:2006).

 

Impoverimento delle risorse – Categoria di impatto dell’impronta ambientale che riguarda l’utilizzo di risorse naturali, rinnovabili e non rinnovabili, biotiche o abiotiche.

 

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni – Si riferisce all’inventario di dati raccolti per rappresentare i flussi in ingresso e in uscita associati a ogni fase della catena di approvvigionamento dell’organizzazione oggetto di studio. La compilazione di “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” risulta ultimata quando i flussi non elementari (ossia complessi) vengono trasformati in flussi elementari.

 

Risultati di profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni – Esito di un profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni che cataloga i flussi che attraversano il confine dell’OEF e fornisce il punto di partenza per la valutazione di impatto dell’impronta ambientale.

 

Analisi di sensibilità – Procedure sistematiche per la valutazione degli effetti delle scelte fatte in materia di metodi e dati sul risultato di uno studio sull’OEF (sulla base della norma ISO 14040: 2006).

 

Materia organica del suolo (SOM) – È la misura del contenuto di materia organica nel suolo. Deriva da piante e animali e comprende tutta la materia organica presente nel suolo, esclusa la materia non decomposta.

 

Dati specifici – Si riferisce a dati direttamente misurati o raccolti, rappresentativi delle attività di un impianto specifico o di una serie di impianti. È un sinonimo di “dati primari”.

Esempio: un’organizzazione farmaceutica raccoglie i dati dai registri di inventario interni per rappresentare i flussi in entrata di materiali/energia e le emissioni di una fabbrica che produce acido acetilsalicilico.

 

Suddivisione – Si riferisce alla disaggregazione dei processi o degli stabilimenti multifunzionali per isolare i flussi in ingresso direttamente associati ai flussi in uscita di ciascun processo o stabilimento. Il processo è studiato per accertare la sua eventuale suddivisibilità. Laddove la suddivisione è possibile, i dati di inventario devono essere raccolti solo per quelle unità di processo direttamente imputabili ai prodotti/servizi interessati.

 

Confini del sistema – Definizione di aspetti inclusi o esclusi dallo studio. A titolo di esempio, per un’analisi di impatto ambientale “cradle-to-grave”, i confini del sistema dovrebbero comprendere tutte le attività che vanno dall’estrazione delle materie prime alla trasformazione, alla fabbricazione, all’uso, alla riparazione e alla manutenzione, nonché il trasporto, trattamento dei rifiuti e altri servizi acquistati, quali i servizi di pulizia e giuridici, di marketing, di produzione e dismissione di beni strumentali, il funzionamento di locali destinati alla vendita al dettaglio, allo stoccaggio, alle mansioni amministrative, il pendolarismo del personale, i viaggi d’affari, e i processi di fine vita.

 

Diagramma dei confini del sistema – Rappresentazione schematica del sistema analizzato. Indica in dettaglio le parti della catena di approvvigionamento dell’organizzazione incluse o escluse dall’analisi.

 

Stoccaggio temporaneo (di carbonio) – si verifica quando un prodotto “riduce i gas serra nell’atmosfera” o genera “emissioni negative”, assorbendo o stoccando carbonio per un determinato periodo di tempo.

 

Analisi dell’incertezza – Procedura che valuta l’incertezza introdotta nei risultati di uno studio PEF a causa della variabilità dei dati e dell’incertezza correlata alla scelta.

 

Unità di analisi – L’unità di analisi definisce gli aspetti qualitativi e quantitativi delle funzioni e/o dei servizi forniti dall’organizzazione oggetto di valutazione; la definizione dell’unità di analisi risponde alle domande “cosa?”, “quanto?”, “quale livello di qualità?” e “per quanto tempo?”.

 

Unità di processo – Il più piccolo elemento considerato nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni per cui vengono quantificati i flussi in ingresso e in uscita (sulla base della norma ISO 14040:2006)

 

A monte – Evento che si verifica lungo la catena di approvvigionamento di prodotti/servizi acquistati prima di entrare nei confini di un’organizzazione.

 

Rifiuti – Sostanze o oggetti che il detentore intende o deve smaltire (ISO 14040:2006)

 

Ponderazione – La ponderazione è una fase aggiuntiva ma non obbligatoria che può corroborare l’interpretazione e la comunicazione dei risultati delle analisi. I risultati sull’OEF (normalizzati) sono moltiplicati per un insieme di fattori di ponderazione, che riflettono la relativa importanza percepita delle categorie di impatto considerate. I risultati dell’impronta ambientale ponderati possono essere direttamente confrontati tra le categorie di impatto, nonché aggregati in tutte le categorie di impatto per ottenere un singolo indicatore di impatto complessivo. La ponderazione richiede la formulazione di giudizi di valore in merito alla rispettiva importanza delle categorie di impatto dell’impronta ambientale considerate. Tali giudizi possono basarsi su opinioni di esperti, metodi delle scienze sociali, punti di vista culturali/politici, o considerazioni economiche.

12.   RIFERIMENTI

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Wackernagel, M. e Rees, W. (1996). Our Ecological Footprint. New Society Publishers, Canada.

WMO (1999). Scientific Assessment of Ozone Depletion: 1998. Global Ozone Research and Monitoring Project - Report No. 44, ISBN 92-807-1722-7, Ginevra

WRI e WBCSD (2004). The Greenhouse Gas Protocol: An Organisation Accounting and Reporting Standard. Edizione rivista. World Resources Institute, Washington, DC and World Business Council for Sustainable Development, Ginevra.

WRI e WBCSD (2011a). Greenhouse Gas Protocol. Corporate Value Chain (Scope 3) Accounting and Reporting Standard – Supplement to the GHG Protocol Corporate Accounting and Reporting Standard. World Resources Institute and World Business Council for Sustainable Development, USA. (ISBN 978-1-56973-772-9).

WRI e WBCSD (2011b). Greenhouse Gas Protocol. Product Life Cycle Accounting and Reporting Standard. World Resources Institute and World Business Council for Sustainable Development, USA. (ISBN 978-1-56973-773-6).

Allegato I

Sintesi dei principali requisiti obbligatori per gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni e l’elaborazione di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni

Il presente allegato fornisce una panoramica dei requisiti essenziali obbligatori (“deve”) per gli studi sull’OEF. I requisiti obbligatori per l’OEF e i requisiti aggiuntivi per l’elaborazione di OEFSR sono sintetizzati nella tabella 2, alle colonne 3 e 4, rispettivamente. I requisiti riguardano diversi criteri menzionati nella seconda colonna e ulteriormente elaborati in capitoli e sezioni a parte (come indicato nella prima colonna).

Tabella 9

Sintesi dei principali requisiti obbligatori per gli studi sull’OEF e dei requisiti aggiuntivi per l’elaborazione di OEFSR

Capitolo/sezione

Criteri

Requisiti per l’impronta ambientale delle organizzazioni (OEF)

Requisiti aggiuntivi per l’elaborazione di regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni (OEFSR)

1.1

Approccio generale

Gli studi sull’impronta ambientale delle organizzazioni (OEF) devono essere basati sul concetto di ciclo di vita.

 

1.3

Principi

Gli utenti della presente guida devono osservare i seguenti principi negli studi sull’OEF:

1.

rilevanza;

2.

completezza;

3.

coerenza;

4.

precisione;

5.

trasparenza.

Principi per le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni (OEFRS):

1.

rapporto con la guida sull’impronta ambientale delle organizzazioni;

2.

coinvolgimento di parti interessate selezionate;

3.

necessità di ottenere la comparabilità.

2.1

Ruolo delle OEFSR

In mancanza di OEFSR per il settore di riferimento, gli aspetti fondamentali che devono essere inclusi in tali regole (come indicato nella presente guida) devono essere specificati, giustificati e indicati esplicitamente nello studio sull’OEF.

Le OEFSR dovrebbero avere lo scopo di concentrare gli studi sull’OEF sugli aspetti e parametri più pertinenti per determinare le prestazioni ambientali del settore.

Una OEFSR deve/dovrebbe/può specificare ulteriormente i requisiti indicati nella presente guida e aggiungere nuovi requisiti qualora la guida sull’OEF più generale offra varie opzioni.

2.2

Definizione del settore

 

Le OEFSR devono essere basate almeno su una divisione di codici a due cifre dei codici NACE (opzione predefinita). Tuttavia, le OEFSR possono consentire deviazioni (giustificate), come per esempio i codici a tre cifre, se la complessità del settore lo richiede. Qualora siano identificabili vari metodi di produzione per portafogli di prodotti simili definiti utilizzando codici NACE alternativi, le OEFSR devono tenere conto di tutti tali codici NACE.

3

Definizione degli obiettivi

La definizione degli obiettivi per uno studio sull’OEF deve comprendere:

le applicazioni previste;

i motivi per cui si effettua lo studio e il contesto della decisione;

i destinatari;

se deve essere utilizzato per confronti e/o dichiarazioni comparative intesi a essere resi pubblici;

il committente dello studio;

la procedura di valutazione (eventuale).

Le OEFSR devono specificare i requisiti di revisione per gli studi sull’OEF.

4

Definizione dell’ambito

La definizione dell’ambito di uno studio sull’OEF deve essere in linea con gli obiettivi definiti per lo studio e i requisiti della guida sull’OEF. Deve essere individuato e descritto con chiarezza (cfr. le sezioni successive per maggiori informazioni) quanto segue:

definizione dell’organizzazione (unità di analisi (103)) e portafoglio di prodotti (serie e quantità di prodotti/servizi forniti nel periodo di riferimento);

confini del sistema (confini dell’organizzazione e confini dell’OEF);

categorie di impatto dell’impronta ambientale;

ipotesi e limitazioni.

 

4.2

Definizione dell’organizzazione (unità di analisi)

L’organizzazione (o un sottoinsieme chiaramente definito dell’organizzazione oggetto dello studio sull’OEF) deve essere definita in base a quanto segue:

il nome dell’organizzazione;

i tipi di prodotti/servizi forniti dall’organizzazione (ossia il settore);

le ubicazioni delle attività (ossia i paesi);

i codici NACE.

 

4.3

Portafoglio di prodotti

Per l’organizzazione deve essere definito un portafoglio di prodotti che rappresenti la quantità e la natura dei prodotti e dei servizi (o di un sottoinsieme chiaramente definito del portafoglio) forniti dall’organizzazione nel periodo di riferimento in termini di “cosa” e “quanto”. L’eventuale limitazione dell’OEF a un sottoinsieme del portafoglio di prodotti deve essere giustificata e comunicata. Per la modellazione degli scenari di utilizzo e di fine vita, devono essere fornite anche informazioni su “quale livello di qualità” e “per quanto tempo” riguardo alle prestazioni dei prodotti. I dati quantitativi in ingresso e in uscita raccolti a sostegno dell’analisi (da effettuare in una fase successiva dello studio sull’OEF) devono essere calcolati in relazione al portafoglio di prodotti specificato.

Le OEFSR devono specificare ulteriormente le modalità di definizione del portafoglio di prodotti, in particolare riguardo agli aspetti “quale livello di qualità” e “per quanto tempo”. Esse devono anche definire il periodo di riferimento quando è diverso da un anno e giustificare il periodo scelto.

4.4

Confini del sistema

I confini del sistema devono includere i confini dell’organizzazione (in relazione all’organizzazione definita), sia i confini dell’OEF (che specificano gli aspetti della catena di approvvigionamento inclusi nell’analisi).

 

4.4.1

Confini dell’organizzazione

I confini dell’organizzazione per il calcolo dell’OEF devono comprendere tutti gli impianti/le attività posseduti e/o gestiti dall’organizzazione (parzialmente o totalmente) che contribuiscono a fornire il portafoglio di prodotti durante il periodo di riferimento.

Tutte le attività e i processi che si svolgono entro i confini dell’organizzazione ma che non sono necessari per il funzionamento dell’organizzazione devono essere inclusi nell’analisi, ma comunicati separatamente. Esempi di tali processi/attività sono le attività di giardinaggio, i pasti serviti da un’azienda nella mensa e simili.

Nel caso dei rivenditori, i prodotti fabbricati o trasformati da un rivenditore devono essere inclusi nei confini dell’organizzazione.

Le OEFSR devono specificare i processi, le attività e gli impianti caratteristici del settore interessato da includere nei confini dell’organizzazione.

Le OEFSR devono specificare i processi e le attività caratteristici che si svolgono entro i confini dell’organizzazione, ma che non sono necessari per il funzionamento dell’organizzazione. Tali processi e attività devono essere inclusi nell’analisi e comunicati separatamente.

4.4.2

Confini dell’impronta ambientale di un’organizzazione

I confini dell’OEF devono essere definiti secondo la logica della catena di approvvigionamento generale, che include come minimo le attività a livello di sito (dirette) e a monte (indirette) associate al portafoglio di prodotti dell’organizzazione. I confini dell’OEF devono includere, salvo diversamente convenuto, tutte le fasi della catena di approvvigionamento, dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, alla produzione, alla distribuzione, allo stoccaggio, all’utilizzo e al trattamento di fine vita del portafoglio di prodotti (ossia dalla culla alla tomba). Devono essere presi in considerazione tutti i processi rientranti nei confini definiti dell’OEF. Se sono escluse le attività a valle (indirette), come per esempio la fase di utilizzo di prodotti intermedi o di prodotti con una sorte incerta, occorre fornire una giustificazione esplicita.

Nell’analisi deve essere incluso il trasporto dei dipendenti, anche se si tratta di attività indirette.

Se i rivenditori forniscono prodotti fabbricati da altre organizzazioni, i processi produttivi devono essere inclusi come processi a monte.

Devono essere prese in considerazione le sostituzioni necessarie per conformarsi alla durata definita (cfr. OEFSR nella sezione 4.3). Il numero di sostituzioni equivale a “periodo/durata di vita -1”. Poiché ciò presuppone una situazione media, il numero di sostituzioni non deve essere un numero intero. I processi produttivi futuri per tali sostituzioni devono essere ritenuti identici ai processi dell’anno di riferimento. Se un periodo di tempo fisso non è pertinente per un determinato settore (cfr. OEFSR nella sezione 4.3), la fase di utilizzo deve comprendere la durata di vita dei prodotti inclusi nel portafoglio di prodotti dell’organizzazione (senza sostituzioni).

Le OEFSR devono specificare il confine dell’OEF, precisando anche le fasi della catena di approvvigionamento da includere e i processi/le attività diretti (da cancello a cancello) e indiretti (a monte e a valle) da inserire nello studio sull’OEF. Qualsiasi deviazione dal criterio predefinito dalla culla alla tomba deve essere specificata e giustificata in modo esplicito. Le OEFSR devono anche prevedere la giustificazione per le esclusioni di processi/attività.

Le OEFSR devono specificare i periodi di tempo e gli scenari da considerare per le attività a valle. Se per un determinato settore (per esempio alcuni prodotti di consumo) non è opportuno o pertinente un periodo di tempo fisso, le OEFSR devono specificarne e giustificarne i motivi.

4.4.4

Compensazioni

Le compensazioni non devono essere incluse in uno studio sull’OEF.

 

4.5

Selezione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale

Per uno studio sull’OEF occorre applicare tutte le categorie di impatto dell’impronta ambientale, nonché i modelli e gli indicatori di valutazione di impatto dell’impronta ambientale predefiniti (cfr. Tabella 2). Qualsiasi esclusione deve essere esplicitamente documentata, giustificata e comunicata nella relazione sull’OEF, nonché comprovata da documenti adeguati. Nella fase di interpretazione deve essere comunicata e discussa l’influenza di qualsiasi esclusione sui risultati finali, soprattutto per quanto riguarda le limitazioni in termini di comparabilità rispetto ad altri studi sull’OEF. Tali esclusioni sono sottoposte a revisione.

Le OEFSR devono specificare e giustificare qualsiasi esclusione delle categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite, specialmente per quanto riguarda gli aspetti della comparabilità.

4.6

Selezione delle ulteriori informazioni ambientali

Se la serie predefinita di categorie di impatto dell’impronta ambientale o i modelli predefiniti di valutazione di impatto dell’impronta ambientale non comprendono in maniera adeguata i possibili impatti ambientali dell’organizzazione, tra le ulteriori informazioni ambientali devono essere inclusi anche tutti i relativi aspetti ambientali pertinenti (qualitativi/quantitativi). Le ulteriori informazioni ambientali devono essere comunicate separatamente dai risultati della valutazione predefinita di impatto dell’impronta ambientale. Tuttavia, questi non devono sostituire i modelli di valutazione obbligatori delle categorie predefinite di impatto dell’impronta ambientale. I modelli a sostegno delle categorie aggiuntive con gli indicatori corrispondenti devono essere chiaramente identificati e documentati.

Le ulteriori informazioni ambientali devono essere:

basate su dati comprovati, esaminati o verificati (conformemente ai requisiti della norma ISO 14020 e alla clausola 5 della norma ISO 14021:1999);

specifiche, accurate e non fuorvianti;

pertinenti per il settore particolare;

sottoposte al processo di revisione;

chiaramente documentate.

Le emissioni dirette nelle acque marine devono essere incluse nelle ulteriori informazioni ambientali (a livello di inventario).

Se si utilizzano le ulteriori informazioni ambientali a sostegno della fase di interpretazione di uno studio sull’OEF, tutti i dati necessari per ottenere tali informazioni devono rispettare gli stessi requisiti qualitativi stabiliti per i dati impiegati per il calcolo dei risultati dell’OEF.

Le ulteriori informazioni ambientali devono riguardare unicamente questioni ambientali. Dello studio sull’OEF non devono far parte informazioni e istruzioni, come per esempio le schede di sicurezza dell’organizzazione, che non hanno alcuna relazione con l’impronta ambientale dell’organizzazione. Analogamente, non devono essere incluse le informazioni relative a obblighi legali.

Le OEFSR devono specificare:

le ulteriori informazioni ambientali che devono essere incluse nello studio sull’OEF. Tali ulteriori informazioni ambientali devono essere comunicate separatamente dai risultati della valutazione predefinita di impatto dell’impronta ambientale (cfr. Tabella 2). Tutti i modelli e le ipotesi delle ulteriori informazioni ambientali devono essere comprovati da documentazione adeguata, chiaramente documentati e sottoposti al processo di revisione. Le ulteriori informazioni ambientali possono includere (elenco non esaustivo):

altre categorie di impatto ambientale pertinenti per il settore;

altri sistemi pertinenti per la caratterizzazione dei flussi del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, quando nel metodo predefinito non sono disponibili fattori di caratterizzazione per taluni flussi (per esempio, gruppi di sostanze chimiche);

indicatori ambientali o indicatori di responsabilità di prodotto [per esempio, gli indicatori fondamentali dell’EMAS o la Global Reporting Initiative (GRI)];

il consumo di energia nel ciclo di vita di una fonte energetica primaria, che rappresenta separatamente l’uso di energia “rinnovabile”;

il consumo di energia diretto di una fonte energetica primaria, che rappresenta separatamente l’uso di energia “rinnovabile”;

per le fasi da cancello a cancello, il numero di specie della lista rossa dell’IUCN e di specie degli elenchi di conservazionenazionali con habitat in zone interessate da operazioni, per livello di rischio di estinzione;

descrizione di impatti di attività e prodotti significativi sulla biodiversità in zone protette e zone con un elevato valore di biodiversità al di fuori delle zone protette;

peso totale dei rifiuti per tipo e metodo di smaltimento;

peso dei rifiuti trasportati, importati, esportati o trattati ritenuti pericolosi ai sensi degli allegati I, II, III e VIII della convenzione di Basilea e percentuale di rifiuti trasportati trasferiti a livello internazionale;

informazioni delle valutazioni di impatto ambientale e delle valutazioni di rischio chimico;

giustificazioni per inclusioni/esclusioni.

Le OEFSR devono inoltre definire l’unità adeguata per i criteri di misurazione basati sull’intensità richiesti per scopi di comunicazione specifici.

4.7

Ipotesi/Limitazioni

Tutte le limitazioni e le ipotesi devono essere comunicate in maniera trasparente.

Le OEFSR devono indicare le limitazioni specifiche del settore e definire le ipotesi necessarie per superare tali limitazioni.

5

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associate alle fasi del ciclo di vita inclusi complessivamente nei confini definiti del sistema devono essere inclusi nel “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni”. Questi flussi devono essere raggruppati in “flussi elementari” e “flussi non elementari (cioè complessi)”. Tutti i flussi non elementari presenti in “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni” devono essere quindi trasformati in flussi elementari.

 

5.2

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni – fase di valutazione

Se si svolge una fase di analisi (altamente raccomandata), devono essere utilizzati dati specifici e/o generici facilmente disponibili conformi ai requisiti in materia di qualità dei dati di cui alla sezione 5.6. L’eventuale esclusione di fasi della catena di approvvigionamento è esplicitamente giustificata e presentata al processo di revisione, e la loro influenza sui risultati finali sarà oggetto di discussione.

Per le fasi della catena di approvvigionamento per le quali una valutazione di impatto quantitativa EF non è prevista, la fase di valutazione si riferisce alla letteratura esistente e ad altre fonti al fine di sviluppare descrizioni qualitative dei processi aventi un impatto potenzialmente rilevante sull’ambiente. Tali descrizioni qualitative sono incluse nelle ulteriori informazioni ambientali.

Le OEFSR indicano quali processi includere. Le OEFSR indicano altresì per quali processi sono necessari dati specifici e per quali l’uso di dati generici o è ammesso o richiesto.

5.4

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni - dati

Il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni rappresenta i flussi di input e output documentati associati a tutte le attività e a tutti i processi all’interno dei confini definiti dell’OEF.

I seguenti elementi sono presi in considerazione per l’inserimento nel profilo di uso delle risorse e di emissioni:

attività e impatti diretti delle fonti possedute e/o gestite dall’organizzazione;

attività a monte indirettamente imputabili;

attività a valle indirettamente imputabili.

L’ammortamento lineare deve essere utilizzato per i beni strumentali. La durata prevista dei beni di investimento è presa in considerazione (e non il tempo necessario per passare a un valore contabile economico pari a 0).

Le OEFSR indicano ulteriormente i requisiti di fonti, qualità e revisione per i dati utilizzati in uno studio sull’OEF.

Le OEFSR dovrebbero fornire uno o più esempi per la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, comprese le specifiche per quanto riguarda:

Elenchi di sostanze per attività/processi inclusi;

unità;

nomenclatura per flussi elementari.

Possono applicarsi a una o più fasi della catena di approvvigionamento, dei processi o delle attività, al fine di garantire standard di raccolta e comunicazione di dati. Le OEFSR possono specificare requisiti di dati più rigorosi per le fasi principali a monte, da cancello a cancello o a valle rispetto a quelli definiti nella presente guida sull’OEF.

Per la modellazione dei processi/delle attività entro il confine definito dell’organizzazione (ossia la fase da cancello a cancello), le OEFSR devono anche specificare quanto segue:

processi/attività inclusi;

specifiche per la compilazione di dati per i processi fondamentali, ivi compresi i dati di calcolo delle medie tra gli impianti;

la durata prevista dei beni strumentali;

eventuali dati specifici del sito richiesti da comunicare come “ulteriori informazioni ambientali”;

requisiti specifici in materia di qualità dei dati, per esempio per la misurazione di dati di attività specifiche.

Se le OEFSR richiedono/consentono deviazioni rispetto al confine predefinito del sistema dalla culla alla tomba (per esempio, se prescrivono l’utilizzo di un confine dalla culla al cancello), esse devono specificare il modo in cui occorre tener conto degli equilibri di materiali/energia nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

5.4.4

Computo dell’uso di energia elettrica (compreso l’uso di energie rinnovabili)

Per quanto riguarda l’energia elettrica proveniente dalla rete consumata a monte o entro il confine definito di un’organizzazione, devono essere utilizzati i dati specifici dei fornitori, se disponibili. In caso contrario, occorre impiegare i dati relativi al mix di consumi a livello nazionale del paese in cui si verificano le fasi del ciclo di vita. Per l’energia elettrica consumata nella fase di utilizzo dei prodotti, il mix energetico deve tenere conto del rapporto delle vendite tra paesi o regioni. Qualora tali dati non siano disponibili, deve essere utilizzato il mix di consumi medio dell’Unione europea o il mix più rappresentativo.

Per l’energia elettrica rinnovabile proveniente dalla rete consumata a monte o entro il confine definito di un’organizzazione, occorre garantire che sia evitato un doppio conteggio dell’energia elettrica rinnovabile (e degli impatti associati). Una dichiarazione del fornitore viene allegata alla relazione sull’OEF per garantire che la fornitura di elettricità è effettivamente generata da fonti rinnovabili e non viene venduta ad altre organizzazioni.

 

5.4.4

Emissioni di carbonio biogenico

Le eliminazioni e le emissioni per le fonti di carbonio biogenico devono essere individuate separatamente nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

 

5.4.4

Produzione di energia rinnovabile

I crediti associati all’energia rinnovabile prodotta dall’organizzazione devono essere calcolati rispetto ai dati relativi al mix di consumi medio rettificato (ossia sottraendo l’energia rinnovabile fornita dall’esterno) del paese al quale viene fornita l’energia elettrica. Qualora tali dati non siano disponibili, deve essere utilizzato il mix di consumi medio dell’Unione europea rettificato o il mix più rappresentativo. Se non sono disponibili dati sul calcolo dei mix rettificati, devono essere utilizzati i mix medi non rettificati. Devono essere chiaramente indicati i mix energetici considerati per il calcolo dei benefici, nonché la loro avvenuta o mancata rettifica.

 

5.4.4

Stoccaggio temporaneo (di carbonio) ed emissioni ritardate

I crediti connessi allo stoccaggio temporaneo (di carbonio) o alle emissioni ritardate non devono essere considerati nel calcolo delle categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite. Inoltre, devono essere comunicati come “ulteriori informazioni ambientali” se previsto dalle OEFSR.

 

5.4.4

Modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo (impatto sui cambiamenti climatici)

Le emissioni di gas a effetto serra derivanti da modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo SONO assegnate ai prodotti i) per 20 anni successivamente alla modifica della destinazione del suolo o ii) per un periodo unico di raccolta del prodotto valutato (anche se questo periodo è superiore a 20 anni), scegliendo il periodo più lungo tra questi due. Per maggiori informazioni, cfr. allegato VI.

 

5.4.4

Modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo (impatto sui cambiamenti climatici)

Le emissioni di gas a effetto serra derivanti da modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo non devono essere incluse, a meno che non sia previsto dai PEFCR. In tal caso la modifica indiretta deve essere segnalata separatamente in quanto informazione ambientale aggiuntiva, ma non se ne terrà conto nel calcolo della categoria d’impatto del gas serra. Le OEFSR devono specificare gli scenari di trasporto, distribuzione e stoccaggio da includere nello studio sull’OEF, se disponibili.

Le OEFSR devono specificare gli scenari di trasporto, distribuzione e stoccaggio da includere nello studio sull’OEF, se disponibili.

5.4.5

Modellazione degli scenari di trasporto

I parametri di trasporto da considerare sono: tipo di trasporto, tipo di veicolo e consumo di carburante, tasso di carico, numero di ritorni a vuoto eventualmente applicabili e pertinenti, distanza di trasporto, allocazione per il trasporto di prodotti sulla base di un fattore di limitazione del carico (ossia la massa per i prodotti ad alta densità e il volume per i prodotti a bassa densità) e la produzione di combustibile.

Gli impatti dovuti al trasporto devono esser espressi in unità di riferimento predefinite, ossia tkm per il trasporto di prodotti e persona, km per il trasporto di passeggeri. Qualsiasi deviazione da tali unità di riferimento predefinite deve essere comunicata e giustificata.

L’impatto ambientale dovuto al trasporto deve essere calcolato moltiplicando l’impatto per unità di riferimento per ciascuno dei tipi di veicolo per a) relativamente ai prodotti: la distanza e il carico e b) relativamente alle persone: la distanza e il numero di persone sulla base degli scenari di trasporto definiti.

Le OEFSR devono specificare:

gli eventuali scenari di utilizzo da includere nello studio;

il periodo di tempo da considerare per la fase di utilizzo.

Per la definizione degli scenari della fase di utilizzo occorre prendere in considerazione le informazioni tecniche pubblicate. Per la definizione del profilo di utilizzo è necessario tenere conto anche dei modelli di utilizzo/consumo, dell’ubicazione, del momento (giorno/notte, estate/inverno, settimana/fine settimana), nonché della durata presunta per la fase di utilizzo dei prodotti. Se disponibile, deve essere utilizzato il modello di utilizzo effettivo.

5.4.6

Modellazione degli scenari per la fase di utilizzo

Se nello studio sull’OEF devono essere incluse le fasi a valle, occorre specificare i profili di utilizzo (ossia gli scenari associati e la durata presupposta) relativamente ai prodotti/servizi rappresentativi per il settore. Devono essere documentate tutte le ipotesi pertinenti per la fase di utilizzo. Qualora non sia stato definito alcun metodo per determinare la fase di utilizzo dei prodotti secondo le tecniche specificate nella presente guida, le modalità di determinazione di tale fase devono essere stabilite dall’organizzazione che effettua lo studio. È necessario fornire la documentazione dei metodi e delle ipotesi. Devono essere incluse le influenze pertinenti su altri sistemi dovute all’utilizzo dei prodotti.

Le OEFSR devono definire gli eventuali scenari di fine vita da includere nello studio sull’OEF. Tali scenari devono essere basati sulle prassi, sulle tecnologie e sui dati attuali (anno dell’intervallo di tempo analizzato).

5.4.7

Modellazione degli scenari di fine vita

I flussi di rifiuti derivanti da processi inclusi nei confini del sistema devono essere modellati a livello di flussi elementari.

 

5.5

Nomenclatura

Tutti gli utilizzi delle risorse e le emissioni associati alle fasi del ciclo di vita inclusi nei confini definiti del sistema devono essere documentati utilizzando la nomenclatura e le proprietà del sistema internazionale sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD). Se nell’ILCD non sono disponibili la nomenclatura e le proprietà per un determinato flusso, l’utilizzatore deve creare una nomenclatura adeguata e documentare le proprietà del flusso.

Le OEFSR forniscono ulteriori chiarimenti sul punteggio relativo alla valutazione della qualità dei dati per quanto concerne la rappresentatività temporale, geografica e tecnologica. Esse specificano, per esempio, che il punteggio della qualità dei dati relativo alla rappresentatività temporale deve essere assegnato a un set di dati che rappresenta un determinato anno.

Le OEFSR possono specificare ulteriori criteri per la valutazione della qualità dei dati (rispetto ai criteri predefiniti).

Le OEFSR possono indicare requisiti più stringenti in materia di qualità dei dati per quanto riguarda, ad esempio:

processi di foreground;

processi di background (sia per la fase a monte, sia per la fase a valle);

processi/attività fondamentali della catena di approvvigionamento per il settore;

categorie di impatto dell’impronta ambientale fondamentali per il settore.

5.6

Requisiti in materia di qualità dei dati

I requisiti in materia di qualità dei dati devono essere soddisfatti da uno studio sull’OEF destinato alla comunicazione esterna. I requisiti in materia di qualità dei dati si applicano sia ai dati specifici che ai dati generici.

Per una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati negli studi sull’OEF occorre adottare i sei criteri illustrati di seguito:

rappresentatività tecnologica;

rappresentatività geografica;

rappresentatività temporale;

completezza;

incertezza dei parametri;

adeguatezza e coerenza metodologiche.

Nella fase di analisi opzionale (se del caso) è richiesta una valutazione soddisfacente (“fair”) minima sulla qualità dei dati in relazione a quei dati che rappresentano almeno il 90 % dell’impatto stimato per ciascuna categoria dell’impronta ambientale, come valutato qualitativamente da un esperto.

Nel profilo definitivo di utilizzo delle risorse e di emissioni, per i processi e/o le attività che rappresentano almeno il 70 % dei contributi per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale, sia i dati specifici che quelli generici conseguono almeno un livello generale di buona qualità (“good quality”). Per questi processi deve essere effettuata e comunicata una valutazione semiquantitativa della qualità dei dati. Almeno 2/3 del restante 30 % (ossia dal 70 % al 90 %) devono essere modellati con dei dati che abbiano almeno una qualità soddisfacente (“fair quality”), conformemente alla valutazione qualitativa di un esperto. I dati residui [utilizzati per l’approssimazione e l’intento di colmare le lacune individuate (oltre il 90 % di contributo per gli impatti ambientali)] si basano sulle migliori informazioni disponibili.

I requisiti in materia di qualità dei dati per la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale sono soggetti a revisione nell’ambito dello studio sull’OEF. I requisiti in materia di qualità dei dati riguardanti la completezza, l’adeguatezza e la coerenza metodologiche, nonché l’incertezza dei parametri vengono soddisfatti ricavando i dati generici esclusivamente da fonti di dati conformi ai requisiti della guida sull’OEF.

In relazione al criterio della qualità dei dati “Adeguatezza e coerenza metodologiche”, i requisiti definiti nella tabella 6 si applicano fino alla fine del 2015. A partire dal 2016 è richiesta piena conformità alla metodologia dell’OEF.

Relativamente al livello in cui la valutazione della qualità dei dati viene effettuata:

per dati generici, a livello dei flussi in ingresso;

per dati specifici, a livello di un singolo processo o processi combinati, o a livello di singoli flussi in ingresso.

Le OEFSR devono specificare:

1.

i processi per i quali sono raccolti dati specifici;

2.

requisiti per la raccolta di dati specifici per ogni processo/attività;

3.

i requisiti per la raccolta di dati relativamente ai seguenti aspetti per ciascun sito:

fasi interessate e ambito della raccolta di dati;

luogo in cui avviene la raccolta dei dati (per esempio, a livello nazionale, internazionale o presso fabbriche rappresentative);

termine della raccolta dei dati (per esempio, anno, stagione, mese, ecc.);

Se il luogo o il termine per la raccolta dei dati si limita a un certo intervallo, fornire una giustificazione e mostrare che i dati raccolti serviranno da campioni sufficienti.

Nota: la regola di base è che il luogo della raccolta dei dati è rappresentato da tutte le aree interessate, mentre il termine di tale raccolta è pari o superiore a un anno.

5.7

Raccolta di dati specifici

Dati specifici sono ottenuti per tutti i processi/tutte le attività di foreground e per i processi/le attività di background, se del caso. Tuttavia, se i dati generici sono più rappresentativi o appropriati rispetto ai dati specifici (da comunicare e giustificare) per i processi di foreground, anche per i processi di foreground sono utilizzati i dati generici.

Le OEFSR devono specificare:

i casi in cui è consentito l’uso di dati generici come approssimazione per una sostanza per la quale i dati specifici non sono disponibili;

il livello di somiglianze richiesto tra la sostanza effettiva e la sostanza generica;

la combinazione di più di un set di dati generico, se necessario.

5.8

Raccolta di dati generici

Se disponibili, i dati generici di un settore specifico sono utilizzati al posto dei dati generici multisettoriali.

Tutti i dati generici devono soddisfare i requisiti in materia di qualità dei dati specificati.

Le fonti dei dati utilizzati devono essere chiaramente documentate e riportate nella relazione sull’OEF.

Le OEFSR specificano potenziali lacune nei dati e forniscono orientamenti dettagliati per colmare le lacune a livello dei dati.

5.9

Lacune a livello di dati

Eventuali lacune nei dati devono essere colmate utilizzando i migliori dati generici o estrapolati (104). Il contributo di tali dati (comprese le lacune nei dati generici) non deve rappresentare più del 10 % del contributo complessivo per ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale considerata. Questo si riflette nei requisiti in materia di qualità dei dati, secondo cui il 10 % dei dati può essere scelto fra i migliori dati disponibili (senza ulteriori requisiti in materia di qualità dei dati).

Le OEFSR specificano ulteriormente le soluzioni riguardanti la multifunzionalità per l’applicazione entro i confini definiti di un’organizzazione e, se del caso, per le fasi a monte e a valle. Se possibile/opportuno, le OEFSR possono prevedere scenari o fattori di sostituzione specifici da utilizzare in caso di soluzioni di allocazione. Tutte queste soluzioni per la multifunzionalità specificate nelle OEFSR devono essere chiaramente giustificate con riferimento alla gerarchia multifunzionale delle soluzioni sull’OEF.

Laddove è applicata la suddivisione, le OEFSR specificano quali processi devono essere suddivisi e secondo quali principi.

Se deve essere applicata l’allocazione sulla base del rapporto fisico, le OEFSR devono specificare il rapporto fisico sottostante pertinente da considerare e stabilire i fattori di allocazione pertinenti.

Se deve essere applicata l’allocazione sulla base di altri rapporti, le OEFSR specificano il rapporto e stabiliscono i fattori di allocazione pertinenti. Per esempio, nel caso di un’allocazione economica, le OEFSR specificano le regole per la determinazione dei valori economici dei coprodotti.

Per la multifunzionalità in situazioni di fine del ciclo di vita, le OEFSR specificano come calcolare le diverse parti all’interno della formula obbligatoria fornita.

5.11

Gestione della multifunzionalità

La gerarchia di decisione multifunzionale OEF si applica per la risoluzione di tutti i problemi di multifunzionalità sia a livello di processo che di impianto: 1) suddivisione o espansione di sistema, 2) allocazione sulla base di un rapporto fisico sottostante pertinente [fra cui a) sostituzione diretta o b) rapporti fisici sottostanti pertinenti), 3) allocazione sulla base di altri rapporti [fra cui a) sottostazione indiretta o b) altro rapporto sottostante pertinente].

Tutte le scelte effettuate in questo contesto devono essere comunicate e giustificate rispetto all’obiettivo generale di garantire risultati fisicamente rappresentativi e di rilevanza ambientale.

Se i coprodotti sono in parte coprodotti e in parte rifiuti, tutti i flussi in entrata e in uscita devono essere assegnati solo ai coprodotti.

Le procedure di allocazione devono essere applicate in modo uniforme a flussi in entrata e in uscita simili.

Per problemi di multifunzionalità, fra cui il riciclaggio o il recupero di energia a fine vita o per i flussi di rifiuti all’interno dei confini del sistema, deve essere applicata l’equazione descritta nell’allegato V.

 

6

Valutazione di impatto dell’impronta ambientale

La valutazione di impatto dell’impronta ambientale comprende:

classificazione;

caratterizzazione.

 

6.1.1

Classificazione

Tutti i flussi in entrata/uscita inventariati durante la compilazione del profilo di utilizzo di risorse e di emissioni devono essere assegnati alle categorie di impatto dell’impronta ambientale a cui contribuiscono (“classificazione”) usando il sistema di classificazione reperibile all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/projects.

Se i dati relativi al profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni sono tratti dalle banche dati esistenti dell’inventario del ciclo di vita, pubbliche o commerciali, - in cui la classificazione è già stata realizzata - è necessario garantire che la classificazione e i percorsi della valutazione dell’impatto ambientale correlati corrispondano ai requisiti della presente guida sull’OEF.

 

6.1.2

Caratterizzazione

Tutti i flussi in entrata/uscita classificati in ciascuna categoria di impatto dell’impronta ambientale devono essere assegnati fattori di caratterizzazione che rappresentano il contributo per unità di ingresso/uscita per la categoria, utilizzando gli apposti fattori di caratterizzazione (disponibile online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/projects). La valutazione di impatto dell’impronta ambientale è successivamente calcolata per ciascuna categoria di impatto di tale impronta moltiplicando il quantitativo di ogni ingresso/uscita per il suo fattore di caratterizzazione e sommando i contributi di tutti i flussi in ingresso/uscita all’interno di ogni categoria, al fine di ottenere una singola misura espressa in termini di un’unità di riferimento appropriata.

Se i fattori di caratterizzazione dei metodi predefiniti non sono disponibili per determinati flussi (per esempio, un gruppo di sostanze chimiche) delprofilo di utilizzo delle risorse e di emissioni, è possibile quindi ricorrere ad altri approcci per la caratterizzazione di questi flussi. In questi casi, occorre riportare tale informazione alla voce “Ulteriori informazioni ambientali”. I modelli di caratterizzazione devono essere scientificamente e tecnicamente validi, e basarsi su meccanismi distinti, meccanismi ambientali identificabili o osservazioni empiriche riproducibili.

 

6.2.1

Normalizzazione (se applicata)

La normalizzazione non è una fase obbligatoria ma consigliata per gli studi sull’OEF. Se applicata, i risultati OEF normalizzati sono inclusi nella voce “Ulteriori informazioni ambientali”, con tutti i metodi e tutte le ipotesi documentati. I risultati normalizzati non devono essere combinati dal momento che viene applicata implicitamente la ponderazione. I risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale prima della normalizzazione devono essere comunicati unitamente ai risultati normalizzati.

 

6.2.2

Ponderazione (se applicata)

La ponderazione non è una fase obbligatoria ma facoltativa per gli studi sull’OEF. Se applicata, i risultati ponderati sono inclusi nella voce “Ulteriori informazioni ambientali”, con tutti i metodi e tutte le ipotesi documentati. I risultati della valutazione di impatto dell’impronta ambientale prima della ponderazione devono essere comunicati unitamente ai risultati ponderati.

L’applicazione delle fasi di normalizzazione e ponderazione negli studi sull’OEF devono essere coerenti con gli obiettivi definiti e la portata dello studio, comprese le applicazioni previste.

 

7

Interpretazione dei risultati

La fase di interpretazione di uno studio sull’OEF comprende le seguenti fasi: valutazione della solidità del modello OEF; identificazione dei punti critici, stima dell’incertezza; e conclusioni, limitazioni e raccomandazioni.

 

7.2

Solidità del modello

La valutazione della solidità del modello OEF include una valutazione della misura in cui le scelte metodologiche, come i confini del sistema, le fonti di dati, le scelte di allocazione e ambito delle categorie di impatto dell’impronta ambientale influenzano i risultati. Queste scelte devono corrispondere ai requisiti specificati in questa guida ed essere compatibili con il contesto.

Le OEFSR individuano le più importanti categorie di impatto dell’impronta ambientale per il settore. La normalizzazione e la ponderazione possono essere utilizzate per conseguire tale schema di priorità.

7.3

Punti critici

I risultati OEF devono essere analizzati per valutare i punti critici/deboli della catena di approvvigionamento a livello di ingresso/uscita, e la fase della catena di approvvigionamento, nonché valutare il potenziale di miglioramento.

Le OEFSR descrivono le incertezze comuni al settore e individuano l’intervallo in cui i risultati potrebbero essere visti come non significativamente diversi nei raffronti o nelle dichiarazioni comparative.

7.4

Stima dell’incertezza

Almeno una descrizione qualitativa delle incertezze dei risultati OEF è trasmessa separatamente per le incertezze relative ai dati e le incertezze relative alle scelte, al fine di favorire una valutazione complessiva delle incertezze dei risultati dello studio.

 

7.5

Conclusioni, raccomandazioni e limitazioni

Le conclusioni, raccomandazioni e limitazioni devono essere descritte in base agli obiettivi definiti e all’ambito dello studio sull’OEF. Gli studi sull’OEF a sostegno delle dichiarazioni comparative destinati a essere divulgati al pubblico si basano questa guida sull’OEF e sulle OEFSR correlate.

Come richiesto dalla norma ISO 14044:2006, per le dichiarazioni comparative destinate a essere divulgate al pubblico, deve essere attentamente valutato se eventuali differenze in tema di qualità dei dati e scelte metodologiche utilizzate per modellare le organizzazioni messe a confronto possono influenzare la comparabilità degli esiti. Eventuali divergenze nella definizione dei confini del sistema, nella qualità dei dati di inventario o nella valutazione di impatto dell’impronta ambientale sono prese in considerazione e documentate/comunicate.

Le OEFSR devono specificare e motivare eventuali scostamenti dai requisiti di comunicazione predefiniti e da ulteriori obblighi di comunicazione e/o differenziare gli obblighi di comunicazione che dipendono, per esempio, dal tipo di applicazioni dello studio sull’OEF e dal tipo di organizzazione sottoposta a valutazione.

Le OEFSR devono specificare se i risultati OEF sono comunicati separatamente per ciascuna delle fasi del ciclo di vita selezionate.

8

Comunicazione

Qualsiasi studio sull’OEF destinato alle comunicazioni esterne comprende una relazione sullo studio sull’OEF recante un resoconto pertinente, esaustivo, coerente, preciso e trasparente dello studio e degli impatti ambientali calcolati associati all’organizzazione. Le informazioni riportate devono altresì fornire una solida base per la valutazione, il monitoraggio e il tentativo di miglioramento delle prestazioni ambientali dell’organizzazione nel corso del tempo. La relazione OEF comprende, come minimo, una sintesi, una relazione principale, e un allegato. Queste parti devono contenere tutti gli elementi di comunicazione indicati in questa guida sull’OEF (sezione 8.2).

 

9.1

Revisione

Qualsiasi studio sull’OEF destinato a una comunicazione interna e dichiarato in linea con la guida sull’OEF e qualsiasi studio sull’OEF per la comunicazione esterna è sottoposto a revisione critica, onde garantire che:

i metodi utilizzati per la realizzazione dello studio sull’OEF siano in linea con la guida sull’OEF;

i metodi utilizzati per la realizzazione dello studio sull’OEF siano validi sul piano tecnico e scientifico;

i dati utilizzati siano adeguati, ragionevoli e corrispondenti ai requisiti definiti concernenti la qualità dei dati;

l’interpretazione dei risultati tenga conto dei limiti individuati;

la relazione sullo studio sia trasparente, precisa e coerente.

La OEFSR prescrive i requisiti di revisione per gli studi sull’OEF da utilizzare per le dichiarazioni comparative destinate a essere divulgate al pubblico (per esempio, se è sufficiente una revisione di almeno tre revisori esterni indipendenti e qualificati).

9.2

Tipo di revisione

Salvo diversa disposizione indicata negli strumenti politici pertinenti, uno studio sull’OEF destinato a una comunicazione esterna è sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di revisori). Per corroborare una dichiarazione comparativa destinata a essere divulgata al pubblico, uno studio sull’OEF si basa sugli OEFSR pertinenti ed è sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno tre revisori esterni indipendenti e qualificati. Uno studio sull’OEF destinato a una comunicazione interna e dichiarato in linea con la guida sull’OEF è sottoposto a una revisione critica effettuata da almeno un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di revisori).

 

9.3

Qualifiche del revisore

Una revisione critica dello studio OEF viene condotta in funzione dei requisiti dell’applicazione prevista. Salvo diversa indicazione, il punteggio minimo necessario per qualificarsi come revisore o entrare a far parte di un gruppo di revisione è di sei punti, fra cui almeno un punto per ciascuno dei tre criteri obbligatori (cioè la verifica e l’esercizio di audit, metodologia ed esercizio in materia di EF o LCA, e conoscenze delle tecnologie o di altre attività riguardanti lo studio OEF). I punti per criterio devono essere raggiunti dai singoli, mentre possono essere sommati per tutti i criteri a livello di gruppo. I revisori o i gruppi di revisori devono presentare un’autocertificazione delle loro qualifiche, indicando quanti punti hanno raggiunto per ciascun criterio e il totale dei punti ottenuti. Detta autocertificazione forma parte dell’allegato obbligatorio della relazione OEF.

 

(DATI INFORMATIVI)

Allegato II

Piano di gestione dei dati (adattamento dall’iniziativa del protocollo sui gas a effetto serra  (105))

Se viene sviluppato un piano di gestione dei dati, è opportuno avviare e documentare le seguenti fasi.

1.

Assegnare una persona/un gruppo alla qualità contabile dell’organizzazione. Questa persona/questo gruppo dovrebbe occuparsi dell’attuazione e del mantenimento del piano di gestione dei dati, migliorando costantemente la qualità degli inventari dell’organizzazione, coordinando gli scambi di dati interni ed eventuali interazioni esterne (per esempio con i relativi programmi di contabilità dell’organizzazione e i revisori).

2.

Sviluppare un piano di gestione dei dati e il relativo elenco di controllo . Lo sviluppo del piano di gestione dei dati deve iniziare prima che i dati vengano raccolti per garantire che tutte le informazioni pertinenti circa l’inventario siano documentate in corso d’opera. Il piano dovrebbe evolvere nel corso del tempo, man mano che la raccolta dei dati e i processi vengono ottimizzati. Nel piano, i criteri di qualità e i sistemi di valutazione/a punteggio sono da definire. L’elenco di controllo per il piano di gestione dei dati delinea quali componenti dovrebbero essere inclusi in un piano di gestione dei dati e quali possono essere utilizzati come guida per la realizzazione di un piano o per accorpare i documenti esistenti affinché costituiscano il piano.

3.

Eseguire i controlli sulla qualità dei dati. I controlli si applicano a tutti gli aspetti del processo di inventario, in particolare sulla qualità dei dati, sul trattamento dei dati, sulla documentazione e sulle procedure di calcolo. I criteri di qualità definiti e i sistemi a punteggio costituiscono la base per i controlli sulla qualità dei dati.

4.

Revisione dell’inventario e delle relazioni dell’organizzazione. I revisori indipendenti esterni selezionati dovrebbero rivedere lo studio - idealmente dalle fasi iniziali.

5.

Stabilire anelli di retroazione formali per migliorare la raccolta e il trattamento di dati, e i processi di documentazione. Gli anelli di retroazione sono necessari per migliorare la qualità dell’inventario dell’organizzazione nel tempo e correggere eventuali errori o incongruenze individuate nel processo di revisione.

6.

Instaurare procedure di informativa, documentazione e archiviazione. Instaurare processi di tenuta dei registri indicanti quali dati archiviare e in che modo; quali informazioni riportare nell’ambito delle relazioni di inventario interne ed esterne; e ciò che deve essere documentato a sostegno della raccolta di dati e delle metodologie di calcolo. Il processo può riguardare anche l’allineamento o lo sviluppo di sistemi di banche dati pertinenti per il mantenimento dei registri.

Il piano di gestione dei dati potrebbe essere un documento in continua evoluzione che viene aggiornato in funzione delle modifiche alle fonti dei dati, dell’ottimizzazione delle procedure di trattamenti dei dati, del miglioramento delle metodologie di calcolo, del cambiamento delle responsabilità in fatto di inventario in seno all’organizzazione, o di una modifica agli obiettivi aziendali per quanto concerne l’inventario dell’organizzazione.

(DATI INFORMATIVI)

Allegato III

Elenco di controllo per la raccolta di dati

Un elenco di controllo per la raccolta di dati è utile per organizzare le attività e i risultati della raccolta dei dati durante la compilazione del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni. Il seguente elenco di controllo non esaustivo può essere utilizzato come punto di partenza per la raccolta dei dati e l’organizzazione di un modello di raccolta dei dati:

introduzione allo studio sull’OEF, compresa una panoramica degli obiettivi riguardanti la raccolta dei dati e il modello/questionario impiegato;

informazioni sui soggetti giuridici o sulle persone fisiche responsabili delle procedure di misurazione e di raccolta dei dati;

descrizione del sito in cui i dati sono raccolti (per esempio, capacità massima e normale di funzionamento, rendimento annuo di produttività, ubicazione, numero di dipendenti, ecc.);

data/anno della raccolta dei dati;

descrizione dell’organizzazione;

descrizione del portafoglio di prodotti;

diagrammi di flusso generali (106) per gli impianti di proprietà/gestito entro i confini definiti dell’organizzazione;

flussi in ingresso/uscita per impianto;

informazioni sulla qualità dei dati(rappresentatività tecnologica, rappresentatività geografica, rappresentatività temporale, completezza e incertezza dei parametri).

Esempio: Elenco di controllo semplificato per la raccolta dei dati

Panoramica tecnica

Figura 6

Diagramma della panoramica dei processi per la fase di produzione di una società che realizza T-shirt

Image

Elenco dei processi presenti nei confini del sistema: produzione di fibre, filatura, torcitura, testurizzazione, tessitura, pretrattamento, tintura, stampa, rivestimento e finissaggio.

Raccolta dei dati riguardanti l’unità di processo “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni”

Nome del processo: processo di finissaggio

Diagramma del processo: il finissaggio si riferisce ai processi eseguiti sul filato o tessuto dopo la tessitura o la lavorazione a maglia per migliorare l’aspetto e le prestazioni del prodotto tessile finito.

Figura 7 il diagramma di flusso riguarda un impianto all’interno del confine definito dell’organizzazione.

Figura 7

Diagramma di flusso di un impianto rientrante nel confine definito dell’organizzazione

Image

Totale flussi in ingresso nell’impianto

Codice

Nome

Quantità

Unità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Totale uscite dall’impianto

Codice

Nome

Quantità

Unità

 

 

 

 

 

 

 

 


Esempio di profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni di un impianto (sostanze selezionate)  (107)

Parametro

Unità

Quantità

Consumo di energia (non elementare)

GJ

115,5

Elettricità (elementare)

GJ

34,6

Combustibile fossile (elementare)

GJ

76

Gas naturale (elementare)

Mg

0,59

Gas naturale, materia prima (elementare)

Mg

0,16

Petrolio greggio (elementare)

Mg

0,57

Petrolio greggio, materia prima (elementare)

Mg

0,48

Carbone (elementare)

Mg

0,66

Carbone, materia prima (elementare)

Mg

0,21

LPG (elementare)

Mg

0,02

Energia idroelettrica (elementare)

GJ

5,2

Acqua (elementare)

Mg

12 400

Emissioni nell’atmosfera (flussi elementari)

CO2

Mg

5,132

CH4

Mg

8,2

SO2

Mg

3,9

Nox

Mg

26,8

CH

Mg

25,8

CO

Mg

28

Emissioni in acqua (flussi elementari)

COD Mn

Mg

13,3

BOD

Mg

5,7

Tot-P

Mg

0,052

Tot-N

Mg

0,002

Prodotti finiti (flussi non elementari)

Pantaloni

#

20 000

T-shirt

#

15 000

Allegato IV

Individuazione di nomenclatura e proprietà adeguate a flussi specifici

I principali destinatari di questo allegato sono esperti professionisti e revisori in materia di impronta ambientale. Il presente allegato si basa su “International Reference Life Cycle Data System (ILCD) Handbook – Nomenclature and other conventions” (EC – JRC – IES, 2010f). Se sono necessarie ulteriori informazioni e chiarimenti riguardanti la nomenclatura e le convenzioni di denominazione, si prega di fare riferimento al documento summenzionato, disponibile al seguente indirizzo: http://lct.jrc.ec.europa.eu/.

Diversi gruppi usano spesso una nomenclatura e altre convenzioni notevolmente diverse. Di conseguenza, i profili di utilizzo delle risorse e di emissioni [per i professionisti della valutazione del ciclo di vita: set di dati riguardanti l’inventario del ciclo di vita (LCI)] non sono compatibili su diversi livelli, in modo da limitare fortemente l’uso combinato dei set di dati riguardanti i profili di utilizzo delle risorse e di emissioni provenienti da fonti diverse o un efficiente scambio elettronico di dati fra i professionisti. Ne consegue anche l’impossibilità di esaminare e di comprendere in maniera chiara e non ambigua le relazioni sull’OEF.

Lo scopo del presente allegato è quello di sostenere la raccolta dei dati, la documentazione e l’uso in relazione ai profili di utilizzo delle risorse e di emissioni negli studi sull’OEF, fornendo una nomenclatura comune e disposizioni in materia di argomenti correlati. Il documento costituisce anche la base per un elenco di riferimento comune di flussi elementari da utilizzare negli studi sull’OEF.

Il documento il lavoro efficiente sull’OEF e lo scambio di dati fra i diversi strumenti e le diverse banche dati.

L’obiettivo è orientare le attività di raccolta dati, denominazione e documentazione di modo tale che i dati:

siano sensati, precisi e utili per ulteriori valutazioni di impatto dell’impronta ambientale e interpretazioni e informative;

possano essere compilati e forniti in modo economico;

siano completi senza sovrapporsi;

possano essere efficacemente scambiati fra i professionisti che dispongono di diverse banche dati e sistemi software, di modo da ridurre la probabilità di errori.

Questa nomenclatura e altre convenzioni si concentrano su flussi elementari, proprietà di flusso e relative unità, e presentano suggerimenti per la denominazione di set di dati riguardanti i processi, flussi di prodotti e rifiuti, per una migliore compatibilità fra i diversi sistemi di banche dati. Sono contenuti anche raccomandazioni e requisiti fondamentali relativamente alla classificazione di set di dati di fonti e di contatto.

La Tabella 10 elenca le regole del manuale sull’ILCD necessarie negli studi sull’OEF. La Tabella 11 specifica la categoria-regole e relativi capitoli manuale sull’ILCD.

Tabella 10

Regole obbligatorie per ciascun tipo di flusso.

Voci

Regole obbligatorie dalla nomenclatura ILCD (108)

Materia prima, ingresso

2, 4, 5

Emissione, uscita

2,4,9

Flusso dei prodotti

10,11,13,14,15,16,17


Tabella 11

Regola sulla nomenclatura ILCD  (109)

Regola n.

Categoria di regola

Capitolo nel manuale del sistema ILCD - Nomenclatura e altre convenzioni

2

“categorie di flusso elementari” per la ricezione/fornitura del comparto ambientale

Capitolo 2.1.1

4

Ulteriore differenziazione di ricezione/fornitura dei comparti ambientali

Capitolo 2.1.2

5

Classificazione supplementare non identificativa per i flussi elementari “Risorse del suolo”

Capitolo 2.1.3.1

9

Consigliato per tecnici o e non tecnici: classificazione supplementare non identificativa per le emissioni

Capitolo 2.1.3.2

10

Classificazione di alto livello per flussi di prodotti, flussi di rifiuti e processi

Capitolo 2.2

11

Classificazioni di secondo livello per i flussi di prodotti, flussi di rifiuti e processi (per precedente classificazione di alto livello)

Capitolo 2.2

13

Campo “Denominazione di base”

Capitolo 3.2

14

Campo di denominazione “Trattamento, standard, vie”

Capitolo 3.2

15

Campo di denominazione “Tipo di mix e tipo di ubicazione”

Capitolo 3.2

16

Campo di denominazione “Proprietà di flusso quantitativa”

Capitolo 3.2

17

Denominazione di modelli di flussi e processi

Capitolo 3.2

Esempio di individuazione di nomenclatura e proprietà adeguate a flussi specifici

Materia prima, ingresso: petrolio greggio (regole 2, 4, 5)

(1)

Specificare “categorie di flusso elementari” per la ricezione/fornitura del comparto ambientale

Esempio

:

Risorse - Risorse del suolo

(2)

Ulteriore differenziazione di ricezione/fornitura dei comparti ambientali

Esempio

:

Risorse del suolo di energia non rinnovabile

(3)

Classificazione supplementare non identificativa per i flussi elementari “Risorse del suolo”

Esempio

:

Risorse del suolo di energia non rinnovabile (per es., “Petrolio greggio”; 42,3 MJ/kg di potere calorifico netto”)

Set di dati di flussi: petrolio greggio: 42,3 MJ/kg di potere calorifico netto

Image

Emissione, uscita: Esempio Biossido di carbonio (regole 2, 4, 9)

(1)

Specificare “categorie di flusso elementari” per la ricezione/fornitura del comparto ambientale

Esempio

:

Emissioni - Emissioni nell’atmosfera - Emissioni nell’atmosfera, non specificato

(2)

Ulteriore differenziazione di ricezione/fornitura dei comparti ambientali

Esempio

:

“Emissione nell’atmosfera, DE”

(3)

Classificazione supplementare non identificativa delle emissioni

Esempio

:

“Composti covalenti inorganici” (per es., “Biossido di carbonio, fossile”, “Ossido di carbonio”,“Anidride solforosa”,“Ammoniaca”, ecc.)

Image

Flusso dei prodotti: Esempio T-shirt (regole 10-17)

(1)

Classificazione di alto livello per flussi di prodotti, flussi di rifiuti e processi

Esempio

:

“Sistema”

(2)

Classificazioni di secondo livello per i flussi di prodotti, flussi di rifiuti e processi (per precedente classificazione di alto livello)

Esempio

:

“Tessili, mobili e altri interni”

(3)

Campo “Denominazione di base”

Esempio

:

“Denominazione di base: T-shirt bianca in poliestere”

(4)

Campo di denominazione “Trattamento, standard, vie”

Esempio

:

“”

(5)

Campo di denominazione “Tipo di mix e tipo di ubicazione”

“Mix di produzione, nel punto vendita”

(6)

Campo di denominazione “Proprietà di flusso quantitative”

Esempio

:

“160 grammi di poliestere”

(7)

Convenzione di denominazione dei flussi e dei processi.

<“Denominazione di base”; “Trattamento, standard, vie”; “Tipo di mix e tipo di ubicazione”; “Proprietà di flusso quantitative”>.

Esempio

:

“T-shirt bianca in poliestere; mix di produzione, nel punto vendita; 160 grammi di poliestere”

Allegato V

Gestione della multifunzionalità in situazioni di fine vita

Gestire la multifunzionalità dei prodotti è particolarmente difficile quando il riciclaggio o il recupero di energia di uno (o più) di questi prodotti, in quanto i sistemi tendono a diventare piuttosto complessi.

Il profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni (RUaEP) generale risultante per unità di analisi può essere stimato utilizzando la formula riportata di seguito, e che:

è applicabile per il riciclaggio sia ad anello aperto che ad anello chiuso;

se pertinente/applicabile, è in grado di predisporre il riutilizzo del prodotto in fase di valutazione. Questo è modellato come avviene nel riciclaggio;

se pertinente/applicabile, può predisporre il downcycling, vale a dire eventuali differenze di qualità tra il materiale secondario (riciclato o riutilizzato) e il materiale primario (cioè vergine);

se pertinente/applicabile, può predisporre il recupero di energia;

Attribuisce gli impatti e i benefici dovuti al riciclaggio in parti uguali tra il produttore con materiali riciclati e il produttore che fabbrica un prodotto riciclato: 50/50 di ripartizione (110)

Occorre raccogliere i dati quantitativi per i singoli parametri coinvolti al fine di utilizzare la formula indicata di seguito per stimare il RUaEP generale per unità di analisi. Se possibile, ciò va stabilito sulla base di dati associati ai processi effettivi coinvolti. Tuttavia, questo non sempre è possibile/fattibile e i dati potrebbero essere reperibili altrove (si prega di notare che la spiegazione fornita di seguito per ciascun termine della formula contiene una raccomandazione su come/dove trovare i dati mancanti).

Il RUaEP per unità di analisi  (111) è calcolato mediante la formula seguente.

Formula

La suddetta formula può essere suddivisa in 5 blocchi:

Formula

Questi sono interpretati come segue (i diversi parametri sono spiegati in dettaglio in appresso):

Formula rappresenta il RUaEP dall’acquisizione del materiale vergine e dal pre-trattamento.

Formula rappresenta il RUaEP associato all’ingresso del materiale riciclato ed è proporzionale alla frazione dell’ingresso del materiale che è stato riciclato in un sistema precedente.

Formula rappresenta il RUaEP dal processo di riciclaggio (o riutilizzo) da cui viene sottratto il credito dall’ingresso del materiale vergine evitato (rappresenta qualsiasi eventuale downcycling).

Formula rappresenta il RUaEP derivante dal processo di recupero di energia da cui sono state sottratte le emissioni evitate derivanti dalla fonte di energia sostituita.

Formula rappresenta il RUaEP netto dallo smaltimento della frazione del materiale che non è stato riciclato (o riutilizzato) a fine vita o consegnato a un processo di recupero di energia.

In cui:

—   EV= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti da materiale vergine (cioè l’acquisizione e il pretrattamento di materiale vergine). Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   E*V= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti da materiale vergine (acquisizione e pretrattamento) presumibilmente sostituito con materiali riciclabili:

Se ha luogo solamente il riciclaggio ad anello chiuso: E*V = EV;

Se ha luogo solamente il riciclaggio ad anello aperto: E*V = E’V rappresenta l’ingresso del materiale vergine che si riferisce al materiale vergine effettivo sostituito attraverso il riciclaggio ad anello aperto. Se queste informazioni non sono disponibili, occorre ipotizzare in merito a quale materiale vergine sostituire o quali dati medi utilizzare che devono essere estrapolati alla fonte in base alle fonti dei dati generici di cui alla sezione 5.8. Se altre informazioni pertinenti non sono disponibili è possibile ipotizzare che E’V = EV, come se avesse avuto luogo il riciclaggio ad anello chiuso.

—   Erecycled= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dal processo di riciclaggio (112) (o riutilizzo) del materiale riciclato (o riutilizzato), compresi i processi di raccolta, smistamento e trasporto. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   ErecyclingEoL= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dal processo di riciclaggio nella fase di fine vita, compresi i processi di raccolta, smistamento e trasporto. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

Nota: nei casi di riciclaggio ad anello chiuso Erecycled = ErecyclingEoL ed E*V = EV

—   ED= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dallo smaltimento dei rifiuti in fase di fine vita del prodotto analizzato (per esempio discarica, incenerimento, pirolisi). Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   E*D= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dallo smaltimento dei rifiuti (per esempio discarica, incenerimento, pirolisi) in fase di fine vita del materiale da cui viene ricavato il contenuto riciclato. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

Se ha luogo solamente il riciclaggio ad anello chiuso: E*D = ED

Se ha luogo solamente il riciclaggio ad anello aperto: E*D = E’D rappresenta lo smaltimento del materiale da cui viene ricavato il contenuto riciclato. Se queste informazioni non sono disponibili, occorre ipotizzare in merito a come questo materiale sarebbe stato smaltito se non fosse stato riciclato. Se altre informazioni pertinenti non sono disponibili è possibile ipotizzare che E’D = ED, come se avesse avuto luogo il riciclaggio ad anello chiuso.

—   EER= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) derivanti dal processo di recupero di energia. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   ESE,heat and ESE,elec= emissioni specifiche e risorse consumate (per unità di analisi) che sarebbero derivate dalla fonte di energia sostituita, calore ed energia elettrica, rispettivamente. Se queste informazioni non sono disponibili, dovrebbero essere utilizzati dati generici estrapolati alle fonti dei dati generici elencate nella sezione 5.8.

—   R1 [adimensionale]= “contenuto di materiale riciclato (o riutilizzato)”, è la proporzione del materiale in ingresso alla produzione che è stato riciclato in un precedente sistema (0=<R1<=1). Se questa informazione non è disponibile, completa e regolarmente aggiornata, informazioni statistiche sui tassi di riciclaggio e di altri parametri rilevanti possono essere ottenute da fornitori come Eurostat (113).

—   R2 [adimensionale]= “frazione di materiale di riciclaggio (o riutilizzo)”, è la proporzione del materiale nel prodotto che verrà riciclata (o riutilizzata) in un sistema successivo. R2 deve pertanto tener conto delle inefficienze nei processi di raccolta e riciclaggio (o riutilizzo) (0=<R2=<1). Se questa informazione non è disponibile, completa e regolarmente aggiornata, informazioni statistiche sui tassi di riciclaggio e di altri parametri rilevanti possono essere ottenute da fornitori come Eurostat (83).

—   R3 [adimensionale]= la proporzione di materiale nel prodotto che viene utilizzato per il recupero di energia (per esempio incenerimento con recupero di energia) in fase di fine vita (0=<R3=<1). Se questa informazione non è disponibile, completa e regolarmente aggiornata, informazioni statistiche sui tassi di riciclaggio e di altri parametri rilevanti possono essere ottenute da fornitori come Eurostat (83).

—   LHV= potere calorifico inferiore [per esempio MJ/kg] del materiale nel prodotto che viene utilizzato per il recupero di energia. Questo dovrebbe essere stabilito con un metodo di laboratorio adeguato. Se questo non è possibile o fattibile, andrebbero utilizzati dati generici (vedere, per esempio, i “flussi elementari di riferimento ELCD” (114), e la banca dati ELCD nell’ambito del trattato/riciclaggio energetico in fase di fine vita (115)).

—   XER,heat e XER,elec [adimensionale]= l’efficienza del processo di recupero di energia (0 <XER<1) di calore e elettricità, cioè il rapporto tra il contenuto di energia di uscita (per esempio uscita di calore o elettricità) e il contenuto di energia del materiale nel prodotto che viene utilizzato per il recupero di energia. XER deve quindi tenere conto delle inefficienze del processo di recupero di energia (0=<XER<1). Se queste informazioni non sono disponibili, occorre utilizzare i dati generici (si veda, per esempio il trattamento/riciclaggio energetico in fase di fine vita nella banca dati ELCD).

—   Qs= qualità del materiale secondario, cioè la qualità del materiale riciclato (o riutilizzato) (si veda la nota in basso).

—   Qs= qualità del materiale primario, cioè la qualità del materiale vergine (si veda la nota in basso).

Nota: Qs/Qp è un rapporto adimensionale preso come approssimazione per le eventuali differenze di qualità tra il materiale secondario e il materiale primario (“downcycling”). Seguendo la gerarchia multifunzionale EF (cfr. la sezione 5.11), sarà valutata la possibilità di individuare un pertinente rapporto fisico sottostante come base per il coefficiente di correzione della qualità (il fattore limitante è determinante). Se questo non è possibile, sarà utilizzato un altro rapporto, come per esempio il valore economico. In questo caso, i prezzi dei materiali primari rispetto a quelli secondari sono assunti per servire come proxy per la qualità. In questo contesto, Qs/Qp corrisponderà al rapporto tra il prezzo di mercato del materiale secondario (Qs) e il prezzo di mercato del materiale primario (Qp). I prezzi di mercato delle materie primarie e secondarie sono reperibili in fonti online (116). Gli aspetti della qualità da prendere in considerazione per il materiale primario e secondario devono essere specificati nelle OEFSR.

Allegato VI

Orientamenti per la contabilizzazione delle emissioni a seguito di modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo che hanno un impatto sui cambiamenti climatici

Il presente allegato fornisce orientamenti per il calcolo delle emissioni di stock di carbonio relativi alla modifica della destinazione del suolo che hanno un impatto sui cambiamenti climatici.

L’impatto sul clima è il risultato delle emissioni e delle rimozioni biogeniche di CO2, causati dal mutamento degli stock di carbonio, e da emissioni biogeniche e non biogeniche di CO2, N2O e CH4 (per es., combustione di biomassa). Le emissioni biogeniche includono quelle derivanti dalla bruciatura (combustione) o dalla degradazione di materiali biogenici, dal trattamento delle acque reflue e dalle fonti biologiche nel suolo e nell’acqua (fra cui CO2, CH4 e N2O), mentre gli rimozioni biogeniche corrispondono all’assorbimento di CO2 durante la fotosintesi. Le emissioni non biogeniche corrispondono a tutte le emissioni derivanti da fonti non biogeniche, come per esempio materiale a base di fossili, mentre le rimozioni non biogeniche corrispondono a CO2 che viene rimosso da un’atmosfera da una fonte non biogenica (WRI e WBCSD 2011b).

Le modifiche riguardanti la destinazione del suolo potrebbero essere classificate in dirette o in indirette:

 

Le modifiche dirette riguardanti la destinazione del suolo (dLUC) si verificano in seguito a una trasformazione da un tipo di destinazione del suolo a un altro, che avviene in un’unica superficie, che causa eventualmente variazioni nello stock di carbonio di tale suolo specifico, ma che non comporta un cambiamento in un altro sistema.

 

Le modifiche indirette riguardanti la destinazione del suolo (iLUC)si verificano quando una determinata modifica della destinazione del suolo induce cambiamenti al di fuori dei confini dell’OEF, ossia in altri tipi di destinazione del suolo.

La Figura 8 mostra la rappresentazione schematica delle modifiche sia dirette che indirette di destinazione del suolo legate alla produzione di biocarburanti.

Figura 8

Rappresentazione schematica delle modifiche dirette e indirette riguardanti la destinazione del suolo [adattamento da (CE Delft 2010)]

Image

Image

La parte rimanente del presente allegato riguarda il cambiamento diretto di destinazione del suolo che è l’unico elemento di cui tener conto nel PE, in quanto il metodo non consente di tenere conto delle modifiche indirette (cfr. sezione 5.4.4).

SEZIONE 1:   RIFERIMENTI PER IL CALCOLO DELLE EMISSIONI DOVUTE AL CAMBIAMENTO DIRETTO DI DESTINAZIONE DEL SUOLO

La decisione C(2010) 3751 della Commissione contiene le linee direttrici per il calcolo degli stock di carbonio nel terreno sia per la destinazione di riferimento del suolo che per la destinazione del suolo effettiva. Propone valori per gli stock di carbonio associati a quattro diverse categorie di destinazione: terreni coltivati e colture perenni, terreni erbosi e terreni forestali. Per le modifiche di destinazione del suolo di queste categorie, si applicheranno le linee direttrici di cui alla decisione C(2010) 3751. Per le emissioni che risultano dalla conversione in altre categorie di destinazione dei suoli, come le zone umide, gli insediamenti e altri tipi di suoli che non figurano nella decisione, occorre attenersi agli orientamenti IPPC 2006 per gli inventari nazionali dei gas a effetto serra.

Per il rilascio o l’assorbimento di CO2 causato dalla modifica diretta riguardante la destinazione del suolo, occorre utilizzare i fattori di emissione più recenti di IPCC CO2 (come indicato nella decisione C(2010) 3751 della Commissione), a meno che non siano disponibili dati specifici più accurati. Altre emissioni conseguenti alla modifica riguardante la destinazione del suolo (per es. NO3- perdite in acqua, emissioni da combustione di biomassa, erosione del suolo, ecc.) andrebbero misurate o modellate in funzione del caso di specie o facendo ricorso a fonti autorevoli.

SEZIONE 2:   ORIENTAMENTI PRATICI SECONDO IL METODO PAS 2050:2011

Per indicazioni pratiche su aspetti specifici (ad esempio quando non si conosce la destinazione del suolo precedente si raccomanda l’applicazione del metodo PAS 2050:2011 (BSI 2011) (conformemente alle indicazioni del “European Food Sustainable Consumption and Production Roundtable” – Food SCP e del protocollo ENVIFOOD pubblicato) integrato da PAS2050-1 (BSI 2012), per la valutazione delle emissioni di gas a effetto serra dalla culla al cancello (ossia, dall’estrazione della materia prima alla fabbricazione) del ciclo di vita dei prodotti orticoli. Il PAS 2050-1:2012 prende in considerazione le emissioni e le rimozioni coinvolte nel processo di coltivazione di un prodotto orticolo e (più che sostituire) integra il PAS 2050:2011. Un documento aggiuntivo in formato Excel è anche messo a disposizione dal British Standard Institution (BSI) per i calcoli del PAS 2050-1:2012.

Precedente categoria relativa alla destinazione del suolo e alla localizzazione della produzione

Stando al PAS 2050:2011 (BSI 2011), è possibile individuare tre distinte situazioni (e relativi orientamenti), a seconda della disponibilità di informazioni sulla localizzazione della produzione e della categoria relativa alla precedente destinazione del suolo:

Paese di produzione e precedente destinazione del suolo sono noti: Le emissioni di gas a effetto serra provenienti dalla modifica riguardante la destinazione del suolo, ossia una precedente destinazione del suolo convertita in quella attuale sono trattate nell’allegato C, PAS 2050:2011 (BSI 2011). Per le emissioni non elencate nell’allegato C, consultare il documento 2006 IPCC Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories” (BSI 2011).

Paese di produzione noto e precedente destinazione del suolo ignota: Le emissioni di gas a effetto serra costituiscono la stima delle emissioni medie della modifiche riguardante la destinazione del suolo per quel vegetale in quel paese” (BSI 2011).

Paese di produzione e precedente destinazione del suolo ignoti: Le emissioni di gas a effetto serra costituiscono la media ponderata delle emissioni dovute alla modifica riguardante la destinazione del suolo di quella materia prima specifica nei paesi in cui essa è coltivata” (BSI 2011).

Emissioni e rimozioni di gas serra generali da inserire nella valutazione

Secondo il PAS 2050:2011 (BSI 2011), le emissioni e le rimozioni da inserire nella valutazione sono le seguenti:

Gas inclusi nell’allegato A del PAS 2050:2011 (BSI 2011);

Nota: Alcune eccezioni sono previste per le emissioni e le rimozioni biogeniche di carbonio relative ai prodotti alimentari e ai mangimi animali. Nel caso di prodotti alimentari e dei mangimi animali, le emissioni e le rimozioni derivanti da fonti biogeniche che diventano parte del prodotto possono essere escluse. Tale esclusione non vale per:

Le emissioni e rimozioni di carbonio biogenico utilizzato nella produzione di prodotti alimentari e mangimi (ad esempio quando si brucia biomassa per ottenere combustibile) quando questo carbonio biogenico non diventa parte del prodotto;

le emissioni diverse dal CO2 derivanti dalla degradazione di rifiuti di prodotti alimentari e mangimi e dalla fermentazione enterica;

qualsiasi componente biogenica presente in un materiale che è parte del prodotto finale ma non è destinata all’ingerimento (ad esempio, l’imballaggio)”(BSI 2011, pag. 9).

Per le emissioni di metano (CH4) derivanti dalla combustione dei rifiuti con recupero di energia, si rimanda alla sezione 8.2.2, pagina 22, PAS 2050:2011.

Allegato VII

Mappatura della terminologia utilizzata nella presente guida sull’OEF con la terminologia ISO

Il presente allegato fornisce una mappatura dei termini principali utilizzati in questa guida sull’OEF con termini corrispondenti usati secondo la norma ISO 14044:2006. Le differenze rispetto alla terminologia ISO mirano a rendere la guida sull’OEF più accessibile al relativo pubblico di riferimento, in cui rientrano anche gruppi che non necessariamente dispongono di una forte conoscenza pregressa in materia di valutazione ambientale. Le tabelle sottostanti forniscono una mappatura dei termini divergenti.

Tabella 12

Mappatura dei termini principali

Termini utilizzati in ISO 14044:2006

Termini corrispondenti utilizzati nella presente guida sull’OEF

Unità funzionale

Unità di analisi

Analisi di inventario del ciclo di vita

Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni

Valutazione di impatto del ciclo di vita

Valutazione di impatto dell’impronta ambientale

Interpretazione del ciclo di vita

Interpretazione dell’impronta ambientale

Categoria di impatto

Categoria di impatto dell’impronta ambientale

Indicatore della categoria di impatto

Indicatore della categoria di impatto dell’impronta ambientale


Tabella 13

Mappatura dei criteri riguardanti la qualità dei dati

Termini utilizzati in ISO 14044:2006

Termini corrispondenti utilizzati nella presente guida sull’OEF

Copertura temporale

Rappresentatività temporale

Copertura geografica

Rappresentatività geografica

Copertura tecnologia

Rappresentatività tecnologica

Precisione

Incertezza dei parametri

Completezza

Completezza

Coerenza

Adeguatezza e coerenza metodologiche

Fonti dei dati

Presente in “Profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni”

Incertezza delle informazioni

Presente in “Incertezza dei parametri”

Allegato VIII.

Guida sull’OEF e manuale sull’ILCD: differenze principali

Questo allegato evidenzia gli aspetti più importanti in termini di differenze tra guida sull’OEF e il manuale sull’ILCD, e fornisce una giustificazione concisa di tali scostamenti.

1.

Destinatari

A differenza del manuale sull’ILCD, la guida sull’OEF si rivolge a persone che hanno una conoscenza limitata in tema di valutazione del ciclo di vita. Pertanto risulta redatto in modo più accessibile.

2.

Controllo di completezza

Il manuale sull’ILCD offre due opzioni per il controllo di completezza: 1) controllo di completezza a livello di ogni impatto ambientale e 2) controllo di completezza a livello di impatto ambientale generale (cioè combinato). La guida sull’OEF considera la completezza solo a livello di ciascun impatto ambientale. Infatti, poiché la guida sull’OEF non raccomanda alcuna serie specifica di fattori di ponderazione, l’impatto ambientale generale (cioè combinato) non può essere stimato.

3.

Estensione della definizione degli obiettivi

La guida sull’OEF è destinata a un utilizzo in applicazioni specifiche; pertanto, le estensioni della definizione degli obiettivi non sono previste.

4.

La definizione di campo di applicazione comprende anche le “limitazioni”

La definizione del campo di applicazione della guida sull’OEF comprende anche le specifiche delle limitazioni dello studio. In effetti, sulla base dell’esperienza acquisita con il manuale sull’ILCD, la limitazione può essere correttamente definita solo quando i professionisti dispongono di informazioni che riguardano tutti gli aspetti relativi alla definizione degli obiettivi e alla funzione di analisi.

5.

La definizione di procedura di revisione rientra in quella di obiettivo

La procedura di revisione è essenziale per migliorare la qualità di uno studio sull’OEF; pertanto essa deve essere definita nella prima fase del processo, ossia al momento della definizione degli obiettivi.

6.

Fase di analisi anziché approccio iterativo

La guida sull’OEF raccomanda una fase di analisi da effettuare per ottenere una stima approssimativa di ciascun impatto ambientale per le categorie di impatto dell’impronta ambientale predefinite. Questa fase è simile all’approccio iterativo descritto nel manuale sull’ILCD.

7.

Valutazione della qualità dei dati

La guida sull’OEF si avvale di cinque livelli di valutazione per valutare la qualità dei dati (eccellente, ottimo, buono, soddisfacente, scarso), rispetto ai tre livelli utilizzati nel manuale sull’ILCD. Ciò consentirà di raffrontare l’uso di dati con livelli inferiori di qualità dei dati nello studio sull’OEF con quelli richiesti dal manuale sull’ILCD. Inoltre, la guida sull’OEF utilizza una formula semiquantitativa per valutare la qualità dei dati, agevolando ad esempio il raggiungimento di una “buona” qualità dei dati.

8.

Gerarchia di decisione multifunzionale

La guida sull’OEF fornisce una gerarchia decisionale per risolvere la multifunzionalità di prodotti/organizzazioni che si discosta dall’approccio approvato dal manuale sull’ILCD. La guida sull’OEF fornisce anche un’equazione per risolvere la multifunzionalità in situazioni di riciclaggio e recupero energetico, nella fase di fine vita.

9.

Analisi di sensibilità

L’analisi di sensibilità dei risultati è facoltativa nella guida sull’OEF. Questo dovrebbe ridurre il carico di lavoro per gli utenti di detta guida.

Allegato IX

Confronto tra i requisiti principali relativi all’impronta ambientale delle organizzazioni e altri metodi

Sebbene metodi di contabilità ambientale delle organizzazioni e documenti di orientamento simili e ampiamente accettati siano strettamente allineati in merito alla maggior parte degli orientamenti metodologici che forniscono, occorre sottolineare alcune discrepanze e/o un’assenza di chiarezza su vari aspetti decisivi, che rendono meno coerenti e comparabili i risultati delle analisi. Il presente allegato fornisce un riepilogo dei requisiti chiave selezionati della presente guida sull’OEF confrontandoli con alcuni metodi esistenti. Esso si basa sul documento “Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment”, reperibile all’indirizzo Internet http://ec.europa.eu/environment/eussd/corporate_footprint.htm. (EC-IES-JRC, 2011b)

Confronto dei requisiti principali: guida sull’OEF e altri metodi

 

Guida sull’OEF

Norma ISO 14064 (2006)

Norma ISOWD/TR 14069

(progetto 2, 2010):

ILCD (2011)

Protocolli sui gas a effetto serra (2011)

Metodo Bilan Carbone (versione 5.0)

DEFRA CDP (2009)

CDP – water (2010)

GRI (versione 3.0)

Principio del ciclo di vita (LCT)

Ambito 1, 2 (non LCT) e ambito 3 facoltativo (117) (LCT).

Ambito 1, 2 (non LCT) e ambito 3 facoltativo (LCT).

Sì.

Ambito 1, 2 (non LCT) e 3 (LCT).

Ambito 1, 2 (non LCT) e 3 (LCT).

Ambito 1 e 2 (non LCT) raccomandato come requisito minimo e discrezionale per le emissioni significative dell’ambito 3 (LCT).

No.

Non esplicito. Per alcuni indicatori, devono essere presi in considerazione impatti diretti e indiretti.

Applicazioni ed esclusioni

Le applicazioni interne possono comprendere il sostegno alla gestione ambientale, l’identificazione delle aree sensibili sotto il profilo ambientale, il rilevamento e il miglioramento delle prestazioni ambientali

Le applicazioni esterne (per es., B2B, B2C) comprendono un’ampia serie di possibilità, fra cui le risposte alle esigenze del cliente e del consumatorela commercializzazione, le valutazioni comparative, l’etichettatura ambientale, ecc.

Progettazione, sviluppo, gestione e informazione da parte delle organizzazioni in merito alle emissioni di gas a effetto serra per la gestione di rischi aziendali, iniziative volontarie, mercati di gas a effetto serra o comunicazioni normative.

Cfr. la norma ISO 14064.

Analisi a livello di organizzazione (progettazione, sviluppo, gestione, informazione e monitoraggio da parte delle organizzazioni).

Per sostenere la contabilità e la divulgazione di applicazioni per uso interno ed esterno.

Possibilità di applicazione alla contabilità e alla divulgazione di gas a effetto serra per organizzazioni industriali, persone giuridiche, territori o strutture territoriali, progetti o attività specifiche. È concepito per l’applicazione all’uso nei quadri per l’informativa fornita dalla norma ISO 14064, dal protocollo sui gas a effetto serra e dal Carbon Disclosure Project.

Per favorire la divulgazione di gas a effetto serra per le imprese e altre organizzazioni del settore pubblico o privato, comprese le PMI, le organizzazioni di volontariato e le autorità locali.

Per contribuire alla divulgazione societaria nei confronti degli investitori.

Per guidare la contabilità della sostenibilità ai fini della divulgazione societaria a tutte le parti interessate.

Destinatari

B2B e B2C.

B2B e B2C.

B2B e B2C.

B2B e B2C.

B2B, B2C, dall’azienda alla parte interessata attraverso l’informativa pubblica.

interno

B2B, B2C, settore interno, pubblico, del volontariato e privato.

investitori istituzionali

B2B e B2C.

Ambito

Dalla culla alla tomba predefinito

Ambito 1, 2 e facoltativo per ambito 3

Ambito 1, 2 e facoltativo per ambito 3

Contabilità integrale del ciclo dalla culla alla tomba

Ambito 1, 2 (principio per le imprese) e ambito (principio per la catena del valore delle imprese)

Ambito 1, 2 e 3.

Ambito 1, 2 raccomandati come requisito minimo e discrezionale per le emissioni significative dell’ambito 3.

Non fa riferimento agli ambiti (non basato sul ciclo i vita).

L’ambito è un concetto cui non viene fatto riferimento (piuttosto, gli utenti ricevono istruzioni per tenere conto degli impatti delle attività su cui l’azienda ha il controllo o un’influenza notevole).

Confini del sistema

Approccio relativo al controllo (finanziario e/o operativo).

Scelta dell’approccio relativo alla quota di capitale, al controllo finanziario o al controllo operativo

Scelta dell’approccio relativo alla quota di capitale, al controllo finanziario o al controllo operativo

Non specificato.

Confini definiti in base ai criteri della quota di capitale o di controllo.

Scelta dell’approccio relativo alla quota di capitale, al controllo finanziario o al controllo operativo

Scelta dell’approccio relativo alla quota di capitale, al controllo finanziario o al controllo operativo

Scelta dell’approccio relativo alla quota di capitale, al controllo finanziario o al controllo operativo

Controllo finanziario/operativo E capacità di esercitare un’influenza notevole

Unità funzionale

Concetto di unità funzionale (organizzazione come fornitore di beni/servizi) e flusso di riferimento (portafoglio di prodotti = la somma di beni/servizi forniti dall’organizzazione nel periodo di riferimento)

Non prevede il concetto di unità funzionale e flusso di riferimento

Applica il concetto di unità funzionale per le analisi dell’organizzazione (che cosa, quanto, per quanto tempo).

Non prevede il concetto di unità funzionale e flusso di riferimento

Criteri limite

Non consentito.

Sulla base di considerazioni di rilevanza, fattibilità e di efficacia dei costi.

Da stabilire rispetto agli obiettivi di studio.

Da stabilire rispetto ai requisiti di studio.

Non raccomandato.

Non raccomandato.

Non raccomandato.

Possibile in assenza di dati.

Sulla base di controllo/influenza/rilevanza.

Categorie di impatto e metodi di valutazione di impatto ambientale

Una serie predefinita di 14 categorie di impatto medie e taluni modelli di valutazione di impatto con indicatore di impatto corrispondente

L’esclusione deve essere esplicitamente motivata e la loro influenza sui risultati finali deve essere discussa. Tali esclusioni sono sottoposte a valutazione.

Emissioni di gas a effetto serra

Emissioni di gas a effetto serra

15 categorie di impatto (12 medie e 3 finali) con modelli di valutazione di impatto raccomandate e indicatori di impatto corrispondenti.

Emissioni di gas a effetto serra

Emissioni di gas a effetto serra

Emissioni di gas a effetto serra

Utilizzo idrico.

Tutti gli impatti pertinenti in ambito sociale, economico e ambientale.

Approccio di modellazione (attributivo e consequenziale)

Usa elementi da approcci di modellazione sia attributivi che consequenziali.

Nessun orientamento.

Fornisce 23 categorie per ambito 3.

Modellazione attributiva e sostituzione media di settore per i processi di fine vita.

Fornisce fogli di calcolo per la modellazione con fattori di emissione predefiniti integrati (ma personalizzabili) che vengono applicati a dati di attività.

Fornisce 15 categorie, per es., viaggi aziendali, investimenti per modellare le emissioni dell’ambito 3, con inclusioni consigliate per ciascuna categoria.

Fornisce fogli di calcolo per la modellazione con fattori di emissione predefiniti integrati (ma personalizzabili) che vengono applicati a dati di attività.

Il metodo Bilan Carbone intende fornire fattori medi di emissione che siano accurati all’interno di un ordine di grandezza

Fornisce fogli di calcolo per la modellazione con fattori di emissione predefiniti integrati che vengono applicati a dati di attività. Inoltre fornisce uno strumento di alto livello diagnostico per le emissioni indirette della catena di approvvigionamento.

Questi fattori di emissione sono aggiornati annualmente.

Nessun orientamento.

Nessun orientamento.

Requisiti in materia di qualità dei dati

La qualità dei dati è valutata a fronte di 6 criteri (rappresentatività tecnologica, geografiche e temporale, completezza, incertezza dei parametri e adeguatezza e coerenza metodologiche).

I requisiti in materia di qualità dei dati sono obbligatori per gli studi sull’OEF destinati alla comunicazione esterna, e consigliati per gli studi destinati ad applicazioni interne.

Per i processi che rappresentano almeno il 70 % per ciascuna categoria di impatto, “buona qualità” necessaria per i dati specifici e generici sulla base di una valutazione semi-quantitativa. […]

Richiede piano di gestione dei dati + valutazione dell’incertezza. Si riferisce alla norma ISO 14064-3 per i requisiti di convalida/verifica.

Cfr. la norma ISO 14064-1.

Adotta la norma ISO 14044.

Raccomanda un punteggio qualitativo sulla qualità dei dati per i calcoli dell’ambito 3. Specifica i criteri per un piano di gestione dei dati. Orientamenti sul sito Internet dei gas a effetto serra per le valutazioni dell’incertezza.

Raccomanda il calcolo degli intervalli di fiducia al 95 %. Fogli di calcolo previsti per le stime dell’incertezza.

Nessun requisito. Si riferisce al protocollo sui gas a effetto serra per le stime dell’incertezza

Nessun orientamento. Richiede percentuale dei prelievi e degli scarichi idrici che sono stati verificati o assicurati.

Nessun orientamento. Raccomanda la valutazione dell’incertezza.

Dati specifici

Obbligatori per tutti i processi di foreground e per i processi di background, se del caso. Tuttavia, se i dati generici sono più rappresentativi o appropriati rispetto ai dati specifici (da comunicare e giustificare) per i processi di foreground, anche per i processi di foreground sono utilizzati i dati generici.

Obbligatori per le attività dell’impresa all’interno del confine del sistema.

Contiene un elenco di 23 categorie per le quali dovrebbero essere raccolti i dati primari “attività” per la modellazione dell’ambito 3.

Vengono forniti orientamenti per diversi approcci alla raccolta dei dati.

Scelto per il sistema di foreground e i principali processi di background.

Vengono forniti orientamenti sulla raccolta di dati specifici per le attività delle imprese relative all’ambito 3.

Obbligatori per le attività dell’impresa all’interno del confine del sistema.

Obbligatori per le attività dell’impresa all’interno del confine del sistema.

Nessun orientamento.

Nessun orientamento.

Dati generici

Dovrebbero essere usati solamente per i processi di background.

I dati generici, se disponibili, sono estrapolati da:

I dati elaborati in linea con i requisiti delle pertinenti OEFSR

I dati elaborati in linea con i requisiti per gli studi sull’OEF;

ILCD Data Network

ELCD

Modello di raccolta dei dati: il modello fornito è informativo

Dovrebbero essere estrapolati da una fonte riconosciuta ed essere attuali e appropriati.

Descrive una serie di situazioni in cui i dati secondari possono essere estrapolati.

Per tutte le altre esigenze di dati.

Fornisce una descrizione dei dati generici per ogni categoria nell’ambito 3. Fonti favorite: governo riconosciuto a livello internazionale o fonti valutate tra pari.

Fornisce fattori di emissione ei dati relativi alle attività media. Altri dati generici dovranno provenire dall’ELCD e da dati valutati tra pari.

Fornisce fattori di emissione (maggiori dati specifici in loco dovrebbero essere utilizzati, se disponibili). Possono essere usati dati EUTS, CCA e CRC.

Nessuna disposizione fornita.

Nessuna disposizione fornita.

Allocazione/Gerarchia multifunzionale

Gerarchia multifunzionale OEF: (1) suddivisione o espansione del sistema; (2) allocazione basata su un rapporto fisico sottostante pertinente (in questo caso è possibile applicare la sostituzione); (3) allocazione sulla base di altri rapporti

Nessun orientamento.

Nessun orientamento. Per i trasporti, l’allocazione deve essere basata sulla massa, sul volume o sul valore economico.

Adotta la norma ISO 14044.

Adotta la norma ISO 14044. Lo strumento di calcolo per la combustione stazionaria offre 2 opzioni di allocazione.

Adotta la norma ISO 14044, eccetto per l’allocazione economica.

Nessun orientamento. Gli orientamenti supplementari per il trasporto e la logistica forniscono dettagli sull’allocazione.

Nessun orientamento.

Nessun orientamento.

Allocazione per il riciclaggio

Orientamenti specifici forniti (compresa la formula!), che tengono conto anche del recupero di energia.

Nessun orientamento.

Nessun orientamento.

Adottano la norma ISO 14044.

Adottano la norma ISO 14044.Lo strumento di calcolo per la combustione stazionaria offre 2 opzioni di allocazione.

Metodo per evitare impatti per il riciclaggio ad anello aperto,metodo degli stock per il riciclaggio ad anello chiuso.

Nessun orientamento.

Nessun orientamento.

Nessun orientamento.

Compensazione delle emissioni

Non vanno inserite nella valutazione.

Le riduzioni dal credito acquistato o da altri progetti esterni devono essere documentate e indicate separatamente.

Fa riferimento alla norma ISO 14064-1.

Non vanno inserite nella valutazione.

Metodo di inventario.

Esclude le riduzioni delle emissioni ottenute dall’acquisizione di compensazioni e progetti di attenuazione simili.

Emissione lorde (prima delle riduzioni), emissioni nette da riferire separatamente. Si riferisce ai criteri “buona qualità” per compensazioni e tariffe verdi. Orientamenti sulle riduzioni da investimenti nella creazione di boschi in ambito nazionale.

Nessun orientamento.

Nessun orientamento.

Fissazione di obiettivi e monitoraggio dei progressi

Nessun requisito.

Richiede la giustificazione della scelta dell’anno di riferimento e lo sviluppo di una politica di ricalcolo annuo di riferimento.

Nessun ulteriore orientamento oltre la norma ISO 14064-1.

Nessun requisito.

Richiede la giustificazione della scelta dell’anno di riferimento. Raccomanda la fissazione di obiettivi specifici all’ambito.

Foglio di calcolo per gestire gli obiettivi di riduzione. Favorisce l’uso di obiettivi assoluti anziché basati sull’intensità.

Suggerisce fasi specifiche per fissare gli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra. Orientamento sul ricalcolo degli anni di riferimento.

Nessun orientamento. Possibilità di informativa su base economica o fisica.

Nessun orientamento fornito relativa all’anno di riferimento + raccomanda 2 anni di riferimento precedenti.

Informativa

La relazione sullo studio comprende, come minimo, una sintesi, una relazione principale e un allegato. Ogni ulteriore informazione di supporto può essere inclusa, per esempio una relazione di carattere riservato.

Il contenuto segue strettamente i requisiti della norma ISO 14044 in materia di informativa.

Per le dichiarazioni comparative (destinate a essere divulgate al pubblico), i requisiti di informativa ISO vanno oltre i requisiti di informativa OEF.

Modello di riferimento informativo fornito.

Elenco dettagliato dei contenuti raccomandati riguardanti la relazione. Per la comunicazione al pubblico in conformità con la norma ISO 14064-1, una relazione disponibile al pubblico deve essere fornita (conforme alla norma). Fa riferimento alla norma ISO 14064-3

Darà ulteriori orientamenti sull’informativa.

3 livelli di obblighi di informativa a seconda dell’applicazione (per es., uso interno terzi, dichiarazione comparativa)

Modello di relazione fornito.

Nessun orientamento, ma raccomandazioni sul contenuto della relazione.

Modello di relazione fornito.

Il documento in sé è una guida all’informativa.

Stabilisce il contenuto di base della relazione. 3 tipi di divulgazione. Modello di relazione fornito.

Specificità settoriale

Fornisce indicazioni per lo sviluppodi OEFSR.

No.

No, eccetto per le autorità locali.

Promuove gli orientamenti settoriali.

Fornisce strumenti di calcolo specifici per il settore.

Forniscono orientamenti per più di un settore.

Sono forniti orientamenti settoriali per il trasporto merci.

No.

Serie di supplementi specifici per settore agli orientamenti generali.

Rapporti con gli orientamenti sull’impronta ambientale dei prodotti

L’OEF è in linea con la PEF in quanto comprende anche il portafoglio dei prodotti dell’organizzazione.

La norma ISO 14067 fa riferimento alla norma ISO 14064-3.

Fa riferimento alla norma ISO 14067.

Fornisce un coerente punto di riferimento metodologico per i metodi relativi all’impronta ambientale delle organizzazioni e dei prodotti.

No. Può fungere da strumento per individuare gli hotspot dei prodotti.

Nessun rapporto diretto con BP X30-323, ma esistono somiglianze. Le comuni regole metodologiche per il carbonio biogenico e l’allocazione per il riciclaggio sono in fase di sviluppo.

No.

No.

No.

Revisione, convalida/verifica

Gli studi sull’OEF destinati alla comunicazione esterna richiedono una valutazione effettuata da un revisore esterno indipendente e qualificato (o da un gruppo di valutazione). Gli studi sull’OEF destinati a corroborare una dichiarazione comparativa richiedono una valutazione da parte di 3 revisori esterni indipendenti.

Si applicano requisiti minimi per le qualifiche del revisore.

La relazione sulla valutazione o la dichiarazione di verifica di terzi devono essere disponibili per le dichiarazioni pubbliche. Il livello richiesto di convalida e verifica dipende da diversi criteri.

Fornirà orientamenti sulla verifica.

Requisiti sulla base di applicazione prevista.

Fornisce orientamenti dettagliati, ma non un requisito.

Promuove revisioni critiche per dichiarazioni comparative e altre applicazioni esterne.

Richiede verifica da parte di terzi per i progetti di riduzione esterni allo scopo di garantire una buona qualità. Fa riferimento alla norma ISO 14064.

Richiede informazioni per il% dei prelievi sono verificati da terzi

Nessun requisito.

Guida per le PMI

No.

No.

No.

No.

No.

Usata principalmente dalle PMI.

Sì.

Orientamenti limitati.

No.


(1)  In letteratura la catena di approvvigionamento viene spesso definita “catena del valore”. Tuttavia, nel presente documento è stata preferita l’espressione “catena di approvvigionamento”, per evitare la connotazione economica di “catena del valore”.

(2)  COM(2011) 571 definitivo, http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:DKEY=615217:IT:NOT

(3)  Consiglio dell’Unione europea: conclusioni del Consiglio sulla gestione sostenibile dei materiali e una produzione e un consumo sostenibili, 3061a riunione del Consiglio “Ambiente”, Bruxelles, 20 dicembre 2010.

(4)  Commissione europea - Centro comune di ricerca - Istituto per l’ambiente e la sostenibilità (2011b). Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment. http://ec.europa.eu/environment/eussd/corporate_footprint.htm

(5)  http://ec.europa.eu/environment/eussd/product_footprint.htm

(6)  Per esempio, un’impresa produce 40 000 T-shirt e 20 000 pantaloni all’anno con un’impronta ambientale dei prodotti pari rispettivamente a X / T-shirt e Y / pantaloni. L’OEF dell’impresa è pari a Z / anno. In teoria, Formula.

(7)  Il ciclo di vita comprende le fasi consecutive e interconnesse di un sistema produttivo, dalle materie prime allo smaltimento finale (ISO 14040:2006).

(8)  Si definiscono rifiuti le sostanze o gli oggetti che il detentore intende o è tenuto a smaltire (ISO 14040:2006).

(9)  In letteratura la catena di approvvigionamento viene spesso definita “catena del valore”. Tuttavia, nel presente documento è stata preferita l’espressione “catena di approvvigionamento”, per evitare la connotazione economica di “catena del valore”.

(10)  Commissione europea - Centro comune di ricerca - Istituto per l’ambiente e la sostenibilità (2011b). Analysis of Existing Environmental Footprint Methodologies for Products and Organizations: Recommendations, Rationale, and Alignment. http://ec.europa.eu/environment/eussd/corporate_footprint.htm

(11)  Significativa sotto il profilo ambientale è l’espressione utilizzata per descrivere qualsiasi processo o attività che rappresenta almeno il 90 % dei contributi a ogni categoria di impatto dell’impronta ambientale (cfr. il glossario per la definizione) considerata.

(12)  ISO. (2006a). ISO 14025. Etichette e dichiarazioni ambientali - Dichiarazioni ambientali di tipo III - Principi e procedure. Organizzazione internazionale di normalizzazione, Ginevra.

(13)  Un aspetto ambientale è un elemento delle attività o dei prodotti di un’organizzazione che ha o può avere un impatto sull’ambiente (ivi compresa la salute umana).

(14)  Per prodotto si intende un qualsiasi bene o servizio (ISO 14040:2006).

(15)  Il flusso di riferimento è una misura dei flussi in uscita dei processi in un determinato sistema che devono svolgere la funzione espressa dall’unità di analisi (in base alla norma ISO 14040:2006).

(16)  Dati generici – Sono i dati non direttamente raccolti, misurati o valutati, ma provenienti da una banca dati di inventari del ciclo di vita di terzi o da un’altra fonte conforme ai requisiti sulla qualità dei dati della guida sull’impronta ambientale delle organizzazioni. È un sinonimo di “dati secondari”.

(17)  Se svolge più di una funzione, ossia se fornisce più prodotti e/o servizi (“coprodotti”), un processo o un impianto è “multifunzionale”. In tali situazioni, tutti i flussi in ingresso e le emissioni connessi al processo devono essere ripartiti tra il prodotto interessato e altri coprodotti basandosi su una serie di principi. Analogamente, qualora un impianto di proprietà comune e/o gestito congiuntamente fabbrichi più prodotti, può essere necessario ripartire i flussi in ingresso e le emissioni associati tra i prodotti dei portafogli di prodotti definiti di varie organizzazioni. Le organizzazioni che intraprendono uno studio sull’OEF possono pertanto trovarsi di fronte a problemi di multifunzionalità a livello di prodotto e di impianto (cfr. sezione 5.11 e Allegato V).

(18)  Serie e quantità di prodotti/servizi forniti nel periodo di riferimento.

(19)  (NACE Rev. 2 2008, pag. 15).

(20)  (NACE Rev. 2 2008, pag. 15) http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/product_details/publication?p_product_code=KS-RA-07-015

(21)  Il codice alfabetico delle sezioni non compare nel codice numerico in base alla classificazione NACE e pertanto in questo caso non è rilevante.

(22)  Flusso in ingresso – Flusso di prodotti, materiale o energia che entra in un’unità di processo. I prodotti e i materiali comprendono materie prime, prodotti intermedi e coprodotti. (ISO 14040:2006)

(23)  Parte della catena di approvvigionamento di un’organizzazione: dall’estrazione di materie prime (culla) al “cancello” del fabbricante. Sono omesse le fasi di distribuzione, stoccaggio, utilizzo e fine vita della catena di approvvigionamento.

(24)  Parte della catena di approvvigionamento di un’organizzazione, che comprende soltanto i processi di un’organizzazione o di un sito specifici e i processi che si verificano nella catena di approvvigionamento come le fasi di distribuzione, stoccaggio, utilizzo e smaltimento o riciclaggio.

(25)  L’unità di analisi definisce gli aspetti qualitativi e quantitativi delle funzioni e/o dei servizi forniti dall’organizzazione oggetto di valutazione; la definizione dell’unità di analisi risponde alle domande “cosa?”, “quanto?”, “quale livello di qualità?”, e “per quanto tempo?”.

(26)  Valutazione del ciclo di vita – elencazione e valutazione dei flussi in ingresso, dei flussi in uscita e dei possibili impatti ambientali di un sistema produttivo in tutto il suo ciclo di vita (ISO 14040:2006).

(27)  I flussi in uscita sono i flussi di prodotti, materiali o energia che escono da un’unità di processo. I prodotti e i materiali comprendono le materie prime, i prodotti intermedi, i coprodotti e le emissioni (ISO 14040:2006).

(28)  “Quale livello di qualità” e “per quanto tempo” sono caratteristiche importanti che determinano l’impronta ambientale dei processi a valle durante la fase di utilizzo.

(29)  Si possono distinguere tre modi per definire i confini dell’organizzazione. Il primo, basato sulla partecipazione, è quello in cui i confini dell’organizzazione comprendono tutte le attività in cui esiste una quota di proprietà. Il secondo, basato sul controllo finanziario, è quello in cui le organizzazioni comprendono nei loro confini definiti solo le attività sulle quali detengono un controllo finanziario. Il terzo, basato sul controllo operativo, è quello in cui nei confini definiti sono incluse soltanto le attività sulle quali un’organizzazione ha un controllo operativo.

(30)  Il metodo del “controllo” si preferisce a quello della “quota di partecipazione” in quanto è più adatto per la misurazione e la gestione delle prestazioni ambientali, com’è esplicitamente riconosciuto nei documenti di orientamento esistenti tra cui la norma ISO 14069 e il protocollo sui gas a effetto serra. Inoltre, si ritiene necessaria un’interpretazione inclusiva del metodo del controllo (ossia una definizione dei confini dell’organizzazione tenendo conto del controllo finanziario e del controllo operativo) per garantire modelli con il massimo grado di rappresentatività che favoriscano una differenziazione nel contesto delle possibili applicazioni obbligatorie.

(31)  Per dati specifici s’intendono i dati direttamente misurati o raccolti che sono rappresentativi delle attività in un impianto specifico o in una serie di impianti. È un sinonimo di “dati primari”.

(32)  Prodotto intermedio – Prodotto in uscita da un’unità di processo che è un prodotto in entrata in altre unità di processo, il quale richiede un’ulteriore trasformazione nel sistema (ISO 14040:2006).

(33)  Materia prima – materiale primario o secondario utilizzato per la fabbricazione di un prodotto (ISO 14040:2006).

(34)  In tutta la guida si ricorre all’espressione “categoria di impatto dell’impronta ambientale” anziché all’espressione “categoria di impatto” utilizzata nella norma ISO 14044:2006.

(35)  Stando alla presente guida, gli impatti ambientali comprendono gli effetti sulla salute umana e sulle risorse.

(36)  In tutta la guida si ricorre all’espressione “indicatore di categoria di impatto dell’impronta ambientale” anziché all’espressione “indicatore di categoria di impatto” utilizzata nella norma ISO 14044:2006.

(37)  È possibile distinguere tra metodi di valutazione di impatto “intermedi” e “finali”. I metodi intermedi valutano gli impatti nelle prime fasi della catena causa-effetto. Per esempio, i metodi intermedi esprimono il riscaldamento globale come equivalenti di CO2 mentre i metodi finali lo esprimono, per esempio, come anni di vita vissuti al netto della disabilità [anni di perdita di (qualità della) vita in seguito a malattie o morte dovute ai cambiamenti climatici].

(38)  Commissione europea - Centro comune di ricerca - Istituto per l’ambiente e la sostenibilità (2011a). Manuale sul sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) - Raccomandazioni per la valutazione del ciclo di vita nel contesto europeo - basate sui modelli e i fattori di valutazione di impatto ambientale esistenti. ISBN 978-92-79-17451-3, doi: 10.278/33030. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo.

(39)  In tutta la presente guida si ricorre all’espressione “valutazione di impatto dell’impronta ambientale” anziché all’espressione “valutazione di impatto del ciclo di vita”, utilizzata nella norma ISO 14044:2006. Si tratta della fase relativa all’analisi dell’OEF volta a comprendere e a valutare le dimensioni e il significato dei possibili impatti ambientali per un sistema in tutto il ciclo di vita [in base alla norma ISO 14044:2006]. I metodi di valutazione di impatto dell’impronta ambientale impiegati forniscono i fattori di caratterizzazione dell’impatto per i flussi elementari, al fine di aggregare l’impatto per ottenere un numero limitato di indicatori intermedi e/o dei danni.

(40)  Per ulteriori informazioni su specifiche categorie e modelli di valutazione di impatto dell’impronta ambientale, si rimanda al manuale sull’ILCD “Framework and requirements for LCIA models and indicators” e ai documenti “Analysis of existing environmental assessment methodologies for use in LCA” e “Recommendations for life cycle impact assessment in the European context”. (Commissione europea – CCR – IAS 2010c, 2010e, 2011a). Tali documenti sono disponibili online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/.

(41)  CFC-11 = triclorofluorometano, noto anche come freon-11 o R-11, è un clorofluorocarburo.

(42)  PM2,5 = particolato con un diametro pari o inferiore a 2,5 μm.

(43)  NMVOC = composti organici volatili non metanici

(44)  Sb = antimonio

(45)  In questa categoria di valutazione di impatto non sono incluse le emissioni dirette nell’acqua di mare, che tuttavia devono essere comunicate separatamente nelle ulteriori informazioni ambientali (cfr. sezione 4.6).

(46)  CTUe fornisce una stima della frazione di specie potenzialmente interessata integrata nel tempo e del volume per massa unitaria di una sostanza chimica emessa (PAF m3 al giorno kg-1) (Rosenbaum et al. 2008, 538).

(47)  CTUh fornisce una stima dell’aumento della morbilità nella popolazione umana totale per massa unitaria di una sostanza chimica emessa (casi per chilogrammo), presupponendo una ponderazione uguale tra gli effetti cancerogeni e gli effetti non cancerogeni dovuta una mancanza di informazioni più precise sull’argomento (Rosenbaum et al. 2008, 538).

(48)  Si intende la quantità di acqua consumata (non includendo l’acqua piovana o le acque grigie recuperate) o quindi il consumo netto di acqua dolce.

(49)  WRI e WBCSD 2011a, https://www.globalreporting.org

(50)  Qualità dei dati - Caratteristiche dei dati che riguardano la loro capacità di soddisfare i requisiti stabiliti (ISO 14040:2006). La qualità dei dati riguarda vari aspetti, come la rappresentatività tecnologica, geografica e temporale, nonché la completezza e la precisione dei dati di inventario.

(51)  Sono i dati non direttamente raccolti, misurati o stimati, ma provenienti da una banca dati di inventari del ciclo di vita di terzi o da un’altra fonte conforme ai requisiti in materia di qualità dei dati del metodo di calcolo dell’OEF.

(52)  La revisione critica è un processo inteso a garantire la coerenza tra uno studio sull’OEF e i principi e i requisiti della presente guida e delle regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni associate (se disponibili) (in base alla norma ISO 14040:2006).

(53)  La presente sezione è basata sul capitolo 4 del protocollo sui gas a effetto serra relativo a un principio contabile e di informativa per le imprese (WRI e WBCSD 2004) e sul capitolo 5 dello stesso protocollo relativo al principio contabile e di informativa per la catena del valore delle imprese (ambito 3) (WRI e WBCSD 2011a).

(54)  I rilasci sono le emissioni nell’aria e gli scarichi nell’acqua e nel suolo. (ISO 14040:2006)

(55)  Per acquistato si intende acquistato o altrimenti introdotto nel confine organizzativo dell’impresa che ha l’obbligo di comunicare i dati, ivi compresi i beni locati.

(56)  Unione europea 2009: Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16).

(57)  Il fattore di caratterizzazione (CF) è un fattore derivato da un modello di caratterizzazione applicato per convertire un risultato del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni assegnato nell’unità comune dell’indicatore di categoria di impronta ambientale (in base alla norma ISO 14040:2006).

(58)  Un inventario separato delle emissioni/eliminazioni di fonti di carbonio biogenico implica che per la categoria di impatto dell’impronta ambientale relativa ai cambiamenti climatici devono essere assegnati i seguenti fattori di caratterizzazione (cfr. sezione 6.1.2): “-1” per le eliminazioni di una sostanza biogenica contenente biossido di carbonio; “+1” per le emissioni di una sostanza biogenica contenente biossido di carbonio; “+25” per le emissioni di metano.

(59)  Se non è possibile includere le informazioni sul periodo, occorre scegliere una delle due possibilità seguenti per quanto riguarda la data della modifica della destinazione del suolo, ossia a) “il 1o gennaio del primo anno nel corso del quale si può dimostrare che sia intervenuta la modifica della destinazione del suolo” o b) “il 1o gennaio dell’anno in cui viene effettuata la valutazione delle emissioni e delle eliminazioni di gas serra” (BSI 2011).

(60)  Il tasso di carico è il rapporto del carico effettivo rispetto al carico pieno o la capacità (cioè la massa o il volume) di trasporto di un veicolo per ogni viaggio.

(61)  Il metodo dell’allocazione serve a risolvere i problemi di multifunzionalità. Si riferisce alla ripartizione dei flussi in entrata di un processo, di un sistema di prodotti o di un impianto tra il sistema in esame e uno o più altri sistemi (in base alla norma ISO 14040:2006).

(62)  Per maggiori informazioni sulla considerazione degli aspetti relativi al trasporto, cfr. la sezione 7.9.3 del manuale sul sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) relativa agli orientamenti dettagliati della guida generale per la valutazione del ciclo di vita.

(63)  http://lca.jrc.ec.europa.eu/lcainfohub/datasetArea.vm

(64)  Questa sezione si basa sulla sezione 7.3.1 del protocollo sui gas a effetto serra relativa ai principi contabili e di informativa per il ciclo di vita dei prodotti, 2011.

(65)  Commissione europea - Centro comune di ricerca - Istituto per l’ambiente e la sostenibilità (2010f). Manuale sul sistema internazionale di riferimento sui dati relativi al ciclo di vita (ILCD) – Nomenclatura e altre convenzioni. Prima edizione. EUR 24 384. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo. http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(66)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “rappresentatività tecnologica” anziché l’espressione “copertura tecnologica” utilizzata nella norma ISO 14044.

(67)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “rappresentatività geografica” anziché l’espressione “copertura geografica” utilizzata nella norma ISO 14044.

(68)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “rappresentatività temporale” anziché l’espressione “copertura temporale” utilizzata nella norma ISO 14044.

(69)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “incertezza dei parametri” anziché il termine “precisione” utilizzato nella norma ISO 14044.

(70)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “adeguatezza e coerenza metodologiche” anziché il termine “coerenza” utilizzato nella norma ISO 14044.

(71)  In base ai termini dell’OEF, l’inventario del ciclo di vita equivale al profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni.

(72)  Questo requisito si applica fino alla fine del 2015. A partire dal 2016, sarà richiesta la piena conformità alla metodologia dell’OEF e quindi si può presumere che sia di ottima qualità per calcolare il DQR nella formula 1 (ossia, M = 1).

(73)  Si riferisce ai processi della catena di approvvigionamento delle organizzazioni per i quali non è possibile accedere direttamente alle informazioni. Per esempio, la maggior parte dei processi della catena di approvvigionamento a monte e in genere tutti i processi più a valle saranno considerati parte del sistema di background.

(74)  Specifica per ogni singolo caso significa che la rappresentatività dei dati può variare a seconda dell’organizzazione. Le regole settoriali relative all’impronta ambientale delle organizzazioni devono definire i criteri di rappresentatività.

(75)  Attributivo - si riferisce a una modellazione basata su processi intesa a fornire una rappresentazione statica di condizioni medie.

(76)  Ciò significa che non tutti i dati del set devono raggiungere un livello di “buona qualità” per consentire al set di dati di raggiungere un indice complessivo di “buona qualità”. Al contrario, due possono essere classificati “soddisfacenti”. Se più di due sono classificati “soddisfacenti” o uno è classificato “scarso” e uno “soddisfacente”, la qualità dei dati complessiva del set di dati è abbassata alla classe di qualità vicina, ossia “soddisfacente”.

(77)  È stata scelta la soglia del 70 % per conciliare l’obiettivo di una valutazione attendibile con la necessità di mantenerla fattibile e accessibile.

(78)  Per processi di foreground si intendono i processi del ciclo di vita dell’organizzazione per i quali è disponibile un accesso diretto alle informazioni. Per esempio, il sito del produttore e altri processi gestiti dall’organizzazione o dai contraenti (per esempio, trasporto di merci, servizi della sede principale e così via) appartengono al sistema principale.

(79)  Ivi compresi i dati medi che rappresentano più siti. I dati medi si riferiscono alla media ponderata di produzione di dati specifici.

(80)  Nella sezione relativa al glossario è fornita una definizione di processi “di foreground” e “di background”.

(81)  http://lca.jrc.ec.europa.eu/lcainfohub/datasetArea.vm

(82)  http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/data

(83)  Per dati estrapolati si intendono i dati di un determinato processo utilizzati per rappresentare un processo simile per il quale i dati non sono disponibili, partendo dal presupposto che detto processo sia ragionevolmente rappresentativo.

(84)  Un’unità di processo è Il più piccolo elemento considerato nel profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni per cui vengono quantificati i flussi in entrata e in uscita. (in base alla norma ISO 14040:2006).

(85)  Per direttamente attribuibile si intende un processo, un’attività o un impatto che si verifica all’interno del confine definito dell’organizzazione.

(86)  Cfr. sotto per un esempio di sostituzione diretta.

(87)  Un sistema di prodotti è la raccolta di unità di processo con flussi elementari e di prodotti, che svolgono una o più funzioni definite, e che modella il ciclo di vita di un prodotto (norma ISO 14040:2006).

(88)  Si ha sostituzione indiretta quando un prodotto viene sostituito, ma non si sa esattamente da quale prodotto.

(89)  Si definisce meccanismo ambientale un sistema di processi fisici, chimici e biologici per una determinata categoria di impatto dell’impronta ambientale che collega i risultati del profilo di utilizzo delle risorse e di emissioni agli indicatori di categoria dell’impronta ambientale (in base alla norma ISO 14040:2006).

(90)  Per maggiori informazioni sui metodi di ponderazione esistenti nella valutazione del ciclo di vita, cfr. le relazioni redatte dal CCR e dal CML intitolate “Background review of existing weighting approaches in LCIA” e “Evaluation of weighting methods for measuring the EU-27 overall environmental impact”. Tali documenti sono disponibili online all’indirizzo http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(91)  Va sottolineato che la norma ISO 14040 (ISO 2006b) e la norma 14044 (ISO 2006c) non consentono di utilizzare la ponderazione a sostegno delle dichiarazioni comparative divulgate al pubblico.

(92)  In tutta la presente guida si utilizza l’espressione “interpretazione dell’impronta ambientale” anziché l’espressione “interpretazione del ciclo di vita” utilizzata nella norma ISO 14044:2006. Nell’allegato VII è inclusa una mappatura della terminologia utilizzata nella presente guida con la terminologia ISO.

(93)  Le dichiarazioni comparative riguardano la superiorità o l’equivalenza di un’organizzazione rispetto a un’organizzazione concorrente che fornisce gli stessi prodotti, sulla base dei risultati di uno studio sull’OEF e di regole settoriali giustificative relative all’impronta ambientale delle organizzazioni (in base alla norma ISO 14040:2006).

(94)  La relazione principale, definita nella presente guida, è per quanto possibile in linea con i requisiti della norma ISO 14044:2006 in materia di informativa per gli studi che non contengono dichiarazioni comparative da divulgare al pubblico.

(95)  Le analisi di sensibilità sono procedure sistematiche per la valutazione degli effetti delle scelte fatte in materia di metodi e dati sul risultato di uno studio sull’OEF (in base alla norma ISO 14040: 2006)

(96)  Questa sezione si basa sul protocollo relativo ai gas a effetto serra - standard contabile e di rendicontazione del ciclo di vita dei prodotti, 2011 - sezione 12.3

(97)  Anni di esperienza nel campo dell’analisi e dell’audit ambientale.

(98)  Numero di revisioni per la conformità alla norma ISO 14040/14044, ISO 14025 [Dichiarazioni ambientali di organizzazioni (EPD)] o per set di dati LCI.

(99)  Anni di esperienza nell’ambito di lavori EF o LCA, a partire dal diploma universitario o dalla laurea.

(100)  Anni di esperienza in un settore connesso all’organizzazione o alle organizzazioni. La qualifica delle conoscenze sulle tecnologie o su altre attività viene assegnata in base alla classificazione di codici NACE [Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2]. È possibile utilizzare anche classificazioni equivalenti di altre organizzazioni internazionali. L’esperienza acquisita con tecnologie o processi in ciascun sottosettore è ritenuta valida per l’intero settore.

(101)  Anni di esperienza nel settore pubblico, per esempio centro di ricerca, università, istituzioni governative con riferimento ai prodotti in esame

(*)

Il candidato deve calcolare gli anni di esperienza sulla base di contratti di lavoro. Per esempio, il prof. A lavora presso l’Università B a tempo parziale da gennaio 2005 fino a dicembre 2010 e a tempo parziale presso una raffineria. Di conseguenza, il prof. A possiede 3 anni di esperienza nel settore privato e 3 anni nel settore pubblico (università).

(102)  I punti aggiuntivi sono accessori.

(103)  In tutta la presente guida si usa l’espressione “unità d’analisi” anziché l’espressione “unità funzionale” utilizzata nella norma ISO 14044:2006.

(104)  Dati estrapolati – Si riferisce ai dati di un determinato processo che viene utilizzato per rappresentare un processo simile per cui i dati non sono disponibili, sull’ipotesi che detto processo sia ragionevolmente rappresentativo.

(105)  WRI e WBCSB - Allegato 3 al protocollo sui gas a effetto serra - principio contabile e di informativa per la catena del valore delle imprese (ambito 3), 2011.

(106)  Un diagramma di flusso è una rappresentazione schematica del sistema modellato (sistemi di foreground e collegamenti al sistema di background), compresi tutti i flussi in ingresso/uscita principali.

(107)  Esiste una distinzione tra“flussi elementari” (ossia. (ISO 14044, 3.12) “i materiali o l’energia in entrata nel sistema oggetto di studio che sono stati prelevati dall’ambiente senza alcuna preventiva trasformazione operata dall’uomo, o i materiali o l’energia in uscita dal sistema oggetto di studio che vengono scaricati nell’ambiente senza alcuna ulteriore trasformazione operata dall’uomo.”) e “flussi non elementari” tutti i restanti flussi in ingresso (per esempio, energia elettrica, materiali, processi di trasporto) e flussi in uscita (per esempio, rifiuti, sottoprodotti) di un sistema che richiedono ulteriori operazioni di modellazione per essere trasformati in flussi elementari.

(108)  Manuale del sistema ILCD – Nomenclatura e altre convenzioni. http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(109)  Idem.

(110)  Questo approccio si basa sull’anello aperto in cui il mercato non mostra un disquilibrio visibile (ripartizione 50/50) di BPX 30-323-0. (ADEME 2011) Alcuni adattamenti sono stati fatti per l’attribuzione degli impatti di smaltimento (evitati) al fine di ottenere un corretto equilibrio fisico nei sistemi costituiti da diversi prodotti.

(111)  L’unità di analisi può variare a seconda del prodotto/materiale oggetto di valutazione. In molti casi riguarderà 1 kg di materiale, ma tale cifra può cambiare, se del caso. Per il legno, per esempio, è più comune l’uso di 1 m 3come unità di analisi (perché il peso varia in base al contenuto di acqua).

(112)  “Riciclato” va interpretato in senso lato. Per esempio, comprende anche il compostaggio e la metanizzazione.

(113)  I dati sulla produzione e il trattamento dei rifiuti per ogni Stato membro sono disponibili all’indirizzo: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/waste/data/main_tables;

(114)  http://lct.jrc.ec.europa.eu/assessment/publications

(115)  http://lca.jrc.ec.europa.eu/lcainfohub/datasetList.vm?topCategory=End-of-life+treatment&subCategory=Energy+recycling

(116)  Per esempio: http://data.worldbank.org/data-catalog/commodity-price-data; http://www.metalprices.com/; http://www.globalwood.org/market/market.htm; http://www.steelonthenet.com/price_info.html; http://www.scrapindex.com/index.html.

(117)  Le emissioni sono classificate in tre “ambiti”. L’ambito 1 si riferisce alle emissioni dirette (per esempio, le emissioni provenienti da fonti possedute o controllate dall’organizzazione di riferimento). L’ambito 2 si riferisce alle emissioni indirette (per esempio, le emissioni che sono una conseguenza delle attività dell’organizzazione di riferimento, ma si verificano presso fonti di proprietà o sono controllate da un’altra organizzazione) dalla generazione di energia acquistata consumata dall’organizzazione, mentre le emissioni dell’ambito 3 sono tutte le altre emissioni indirette che si verificano nella catena del valore dell’organizzazione (WRI e WBCSD 2011a)


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