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Document 52013IE6638

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Strumenti di mercato per un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio nell'UE» (parere d'iniziativa)

OJ C 226, 16.7.2014, p. 1–9 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

16.7.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 226/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Strumenti di mercato per un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio nell'UE» (parere d'iniziativa)

2014/C 226/01

Relatore: Martin Siecker

Correlatore: Lutz Ribbe

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 18 settembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Strumenti di mercato per un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio nell'UE.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 marzo 2014.

Alla sua 497a sessione plenaria, dei giorni 25 e 26 marzo 2014 (seduta del 25 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 123 voti favorevoli, 2 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il passaggio a un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio non sta avanzando con lo slancio necessario. Se l'UE vuole raggiungere gli obiettivi fissati per il 2050 in un modo che sia efficiente sotto il profilo dei costi nonché socialmente accettabile, come stabilito dagli Stati membri e raccomandato da diversi pareri del CESE, occorre accelerare il processo. Ciò si può realizzare combinando un quadro normativo chiaro, efficace, solido ed efficiente con l'impiego di strumenti di mercato prevedibili. Gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio concordati dagli Stati membri sono intesi a rallentare l'esaurimento delle risorse e il riscaldamento globale, evitando così una futura crisi ambientale. L'obiettivo a medio termine per raggiungere questo fine dovrà prevedere una significativa espansione delle energie rinnovabili accompagnata da una sostanziale riduzione del carbone, a meno che la cattura del carbonio non si riveli economicamente praticabile e socialmente accettabile.

1.2

In seguito all'attuale crisi finanziaria ed economica le tariffe dell'energia si ritrovano al centro dell'attenzione, dato il loro impatto sui costi energetici sostenuti dalle famiglie nel contesto dell'austerità e sulla competitività industriale. L'energia è vista come un ostacolo alla ripresa invece che come una parte della soluzione. Mentre è necessario dare risposta a queste preoccupazioni concrete, è essenziale che il settore energetico in particolare lavori a un programma di transizione a lungo termine in cui figuri l'impegno di dare un orientamento chiaro e stabilità alle diverse politiche e ai relativi meccanismi di sostegno. L'importanza degli strumenti di mercato risiede nel fatto che essi possono sia far progredire il passaggio a un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio sia sostenere la ripresa economica.

1.3

La riforma della fiscalità ambientale è volta ad applicare i meccanismi di mercato per correggere le esternalità negative collegate all'utilizzo delle risorse naturali: ciò avviene in modo neutrale in termini di bilancio, riducendo gli oneri fiscali sul lavoro. Allo stesso tempo, essa applica il principio «chi inquina paga» in modo più sistematico, attraverso l'eliminazione graduale delle sovvenzioni dannose per l'ambiente e operando uno spostamento dall'imposizione sul lavoro verso la tassazione dell'utilizzo delle risorse. Di conseguenza, tale riforma può correggere le disfunzioni del mercato, rafforzare l'efficienza economica, contribuire a sviluppare nuove industrie che forniscono posti di lavoro sostenibili e a livello locale, creare un ambiente chiaro e prevedibile per gli investimenti ecoinnovativi e concorrere al ripristino della stabilità di bilancio dopo la recessione creando un gettito addizionale.

1.4

I prezzi dell'energia sono aumentati in tutti i settori, e questo sta suscitando una reazione negativa da parte delle famiglie e delle imprese di molti Stati membri. Occorre compiere uno studio approfondito per individuare l'origine di questo aumento dei prezzi (produzione, distribuzione, imposte) e per capire dove le energie rinnovabili hanno contribuito all'aumento delle tariffe dell'energia elettrica e dove invece alla loro stabilità o diminuzione. Il Comitato incoraggia gli Stati membri a proseguire in modo ragionevole nella riforma della fiscalità ambientale, specialmente in tempi di crisi, anticipando una riforma più sostanziale dei loro sistemi fiscali da effettuare a tempo debito. La garanzia di prezzi del carbonio adeguati nell'UE, e di conseguenza anche a un livello globale concordato, deve essere un aspetto centrale di tale riforma. Il Comitato esorta la Commissione a fare della riforma della fiscalità ambientale un elemento integrante e permanente del semestre europeo, con particolare enfasi sulla promozione dell'efficienza energetica.

1.5

L'utilizzo di strumenti di mercato nell'UE non è attualmente abbastanza uniforme e coerente. Gli Stati membri non sfruttano appieno le opportunità che il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio offre in termini di innovazione e ammodernamento dell'industria nonché di rilancio dell'occupazione. Il settore automobilistico costituisce un buon esempio di come l'obiettivo di ridurre l'uso di carburanti idrocarburici sia stato raggiunto con successo grazie ad una giusta combinazione di strumenti normativi e di mercato. È necessario potenziare e migliorare gli strumenti di mercato, così da inviare un segnale forte ai mercati. Il Comitato esorta gli Stati membri a seguire e applicare i principi di buone pratiche adottati nella recente comunicazione della Commissione in merito ai mercati interni dell'energia e nel documento di orientamento che la accompagna (1). Non vi è alcun dubbio che il completamento del mercato unico dell'energia eliminerebbe le principali differenze di prezzo tra Stati membri. Inoltre, il completamento delle reti energetiche interstatali ridurrebbe il costo del passaggio alle energie rinnovabili facilitando lo sfruttamento della capacità delle centrali elettriche in stand-by.

1.6

Oltre alle politiche in materia di energia, il CESE osserva che un maggiore impiego degli strumenti di mercato può applicarsi ad altre strategie volte a migliorare un uso efficiente delle risorse naturali e a ridurre le emissioni di carbonio, come il riciclaggio, una gestione più sostenibile dei rifiuti e un'agricoltura più sostenibile.

1.7

La riforma della fiscalità ambientale incoraggia lo spostamento dell'onere fiscale dal lavoro all'utilizzo delle risorse, facilitando così il mantenimento degli attuali posti di lavoro e la creazione di nuovi posti in molti settori economici. Alternativamente, entro un determinato settore, come quello dell'energia, consente di tassare le emissioni nocive di CO2 prodotte dai combustibili fossili e utilizzare i proventi per sovvenzionare l'introduzione di nuove tecnologie più pulite, come le energie rinnovabili e l'efficienza energetica, con l'obiettivo di ottenere un mix energetico molto più sostenibile mantenendo al tempo stesso le tariffe o le bollette energetiche a livelli più abbordabili. Essa può contribuire al risanamento di bilancio con un impatto meno negativo sulla crescita economica e sull'occupazione rispetto ad altre imposte dirette o indirette. La Commissione dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento e di guida nella promozione di tale riforma.

1.8

Per il Comitato è inaccettabile che attività che risultano, senza alcuna giustificazione, dannose per l'ambiente siano ancora sovvenzionate nell'UE, direttamente dai bilanci pubblici e indirettamente sotto forma di «costi esterni», che non sono internalizzati nei prezzi dei prodotti a causa di un'insufficiente applicazione del principio «chi inquina paga». Tali sovvenzioni distorcono i segnali del mercato e impediscono il passaggio a un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio. Per anni, l'UE si è impegnata a ridurre progressivamente le sovvenzioni dannose per l'ambiente e a promuovere l'internalizzazione dei costi esterni. Visto l'obiettivo dell'UE di eliminare tali sovvenzioni entro il 2020, il Comitato è preoccupato per la scarsità degli interventi intrapresi a tal fine. Il CESE invita gli Stati membri a elaborare inventari e piani d'azione per abolire le sovvenzioni dannose per l'ambiente, come previsto dall'obiettivo. Anche in questo settore, la Commissione dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento e di guida, ad esempio integrando questo aspetto nel processo del semestre europeo.

1.9

L'energia solare e quella eolica hanno un impatto ambientale notevolmente inferiore a quello dell'energia da combustibili fossili. Le forme migliori di produzione di energia pulita tengono conto degli interessi sociali e ambientali e dei bisogni delle future generazioni, mantengono la produzione nel paese e riducono la dipendenza dalle importazioni energetiche, oltre a creare nuovi posti di lavoro. Eppure, l'energia pulita non può competere nel mercato su un piano di parità, perché l'energia basata sui combustibili fossili e quella nucleare sono sovvenzionate (direttamente o indirettamente) in misura assai maggiore rispetto all'energia ottenuta da fonti rinnovabili. L'energia pulita ha bisogno di un'equa opportunità di sviluppo. Ciò impone di garantire condizioni di parità per la produzione di energia.

1.10

Benché l'obiettivo generale di un passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio sia ampiamente accettato, la rapidità in cui tale transizione debba avvenire e i metodi da applicare sono ancora oggetto di vivace dibattito. Sono state espresse delle preoccupazioni sul mancato riconoscimento dell'impatto della recessione e della crisi del debito sulla capacità portante dell'economia europea. Si teme anche che l'accelerazione delle misure di transizione danneggi la capacità competitiva nel breve e medio periodo. Infine, vi è ancora disaccordo sui benefici economici che saranno apportati dalle misure di transizione e l'idea che gli effetti negativi non vengano presi in considerazione. Il parere riconosce queste preoccupazioni e ammette che esse saranno al centro di ulteriori dibattiti. Ciononostante, il Comitato invita l'UE e gli Stati membri a infondere un maggiore senso di urgenza alla necessità di realizzare un futuro a basse emissioni di carbonio.

2.   Introduzione

2.1

Gli Stati membri dell'UE non sono stati abbastanza determinati nell'adeguare le loro economie ai cambiamenti climatici. Si è discusso ampiamente e seriamente, a livello UE, se sia necessario adattare la società allo sviluppo sostenibile e ai cambiamenti climatici. L'esito di tali discussioni è stato univoco: la direzione prescelta è stata quella dello sviluppo sostenibile, che comprende l'ecologizzazione (greening) dell'economia. Tale orientamento politico è confermato in diversi documenti: la strategia per lo sviluppo sostenibile, adottata nel 2001 e riveduta nel 2006, il Settimo programma d'azione per l'ambiente, l'iniziativa faro «Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse» nel quadro della strategia Europa 2020, la tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse e la tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050. Il Comitato ha sostenuto tale ambizione in diversi pareri.

2.2

Negli ultimi cinque anni gli Stati membri hanno affrontato tutti — seppur in misura diversa — delle sfide derivanti dalla crisi bancaria e dalla crisi del debito sovrano, entrambe aggravate da una gravissima crisi economica. L'andamento dei prezzi dell'energia per uso domestico e industriale nel quadro dell'austerità e a fronte di una concorrenza globale basata su prezzi bassi hanno suscitato degli interrogativi sul modo in cui la politica ambientale ed energetica dell'UE viene attuata alla luce dei suoi potenziali effetti collaterali negativi. Si tratta di una situazione critica che va affrontata. Gli strumenti di mercato vanno applicati in modo da essere utili sia per ecologizzare l'economia che per sostenere la ripresa economica.

2.3

Sebbene il dibattito sia stato in parte innescato dal cambiamento climatico, i temi in discussione comprendono anche il progresso economico e sociale. L'Europa ha molto da guadagnare mettendosi alla guida del passaggio a un'economia verde e inclusiva. Uno studio recentemente condotto dalla Commissione ha confermato che finora l'industria europea ha mantenuto la propria posizione globale di mercato grazie a livelli relativamente bassi di intensità energetica e a un'elevata penetrazione delle energie rinnovabili (2). Da parte sua, il Comitato ha messo in risalto l'opportunità che l'economia a basse emissioni di carbonio offre in termini di nuovi modelli di attività economica sostenibile e di trasformazioni industriali (3). Un passaggio veloce e riuscito non è soltanto una sfida: tale modello di economia verde, infatti, offre all'Unione anche la sua migliore occasione per rimanere una potenza economica a livello mondiale. Al tempo stesso, vi è il timore che, nel breve periodo, il prezzo dell'energia sia uno dei fattori che portano alla deindustrializzazione: questa preoccupazione deve essere affrontata. I prezzi bassi del gas praticati negli Stati Uniti e in Russia colpiscono in particolare le industrie ad alta intensità energetica. Tuttavia, per la grande maggioranza delle industrie, i costi dell'energia restano un fattore meno significativo in termini di competitività rispetto alla produttività generale e al costo del lavoro. La Commissione ha posto il passaggio a un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio al centro della sua iniziativa faro volta a promuove il rafforzamento dell'industria dell'Europa (4), ma ha anche sottolineato che la transizione deve avvenire in modo da tenere conto della realtà economica e politica del momento (5).

2.4

È certo che il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio aumenterebbe la sicurezza energetica dell'Europa. Attualmente, l'Europa importa gas e petrolio, di cui una parte da regioni instabili sotto il profilo politico, per oltre 500 miliardi di euro. Sostituire le importazioni di combustibile con energie a bassa emissione di carbonio prodotte nell'UE rafforzerebbe la resilienza dell'economia europea e contribuirebbe a mantenere le catene del valore in Europa. Se tale passaggio avviene per tempo, con una gestione intelligente del ritmo di cambiamento e con il giusto equilibrio tra interessi economici, ecologici e sociali, esso può svolgere un ruolo cruciale nel superamento della crisi economica.

2.5

Questo passaggio non può andare a detrimento della competitività europea, e il requisito essenziale è costituito da un'attività economica più vivace che coinvolga un maggior numero di imprese in un maggior numero di settori, con un maggior numero di posti di lavoro. A questo proposito, è impossibile ignorare l'impatto della disponibilità di energia a basso costo, ottenuta per lo più da gas di scisto, che ha prodotto una ripresa della produzione manifatturiera statunitense. L'economia dell'UE chiede a gran voce una rinascita industriale paragonabile a quella americana per poter offrire nuovamente posti di lavoro e far crescere il gettito fiscale. In parte, tale rinascita esigerà dalla politica energetica dell'UE una maggiore certezza e capacità di rispondere alle pressioni globali nonché, al tempo stesso, il mantenimento del programma generale di un'economia a basse emissioni di carbonio.

2.6

L'obiettivo dell'UE è ridurre entro il 2050 le emissioni di CO2 dell'80-95 % rispetto al 1990. Secondo le stime della Commissione, per realizzare tale obiettivo occorrerebbe investire ogni anno una percentuale supplementare del PIL dell'UE pari all'1,5 % nel passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio. La Commissione valuta che i costi dell'inazione si attesterebbero a 50 miliardi di euro l'anno. Tuttavia, per le decine di milioni di cittadini dell'UE attualmente disoccupati o che hanno subito un abbassamento del tenore di vita, questi «costi futuri» sono molto meno reali delle loro attuali difficoltà. Se non si supera questa tensione apparente, i costi e i tempi necessari al raggiungimento dell'obiettivo possono rivelarsi di gran lunga maggiori.

2.7

Gli obiettivi dichiarati e la legislazione consistono soprattutto di parole; la politica, invece, si basa sui fatti. Per conseguire gli obiettivi stabiliti non si è fatto abbastanza, per molte ragioni: la crisi finanziaria, l'inazione o un'inversione di politica da parte degli Stati membri, come pure l'opposizione delle industrie del petrolio e del gas. Oltre a questo, però, alcune reali incertezze o aggiustamenti delle politiche sono dipesi dall'impatto imprevisto di nuovi sviluppi o eventi, ad esempio la rapida ascesa del gas di scisto statunitense e l'incidente nucleare di Fukushima. Le politiche a singhiozzo che ne sono risultate non creano il quadro stabile e prevedibile che è necessario. Per continuare il processo di transizione senza ulteriori ritardi, dobbiamo trovare un equilibrio tra la flessibilità delle politiche e l'impegno necessario in investimenti a lungo termine e in una serie di strumenti di mercato che li sostengano. Ciò richiede un intenso dialogo tra tutte le parti interessate nella catena dell'energia, le istituzioni europee, gli Stati membri, l'industria e i cittadini in generale.

2.8

Come tutti i mercati, anche quello dell'energia risponde a segnali di prezzo nell'ambito del quadro normativo vigente. Se il mercato dell'energia non fornisce il mix energetico previsto nel piano di transizione, significa che i segnali di prezzo sono errati. I segnali possono essere modificati, ma occorre garantire che le parti economiche e sociali non subiscano dei gravi svantaggi.

2.9

Il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio deve tenere conto degli effetti sociali, in particolare sull'occupazione. La Commissione ha dichiarato che l'andamento dell'occupazione nell'economia verde ha registrato risultati positivi durante l'intero periodo della recessione e si prevede che tale crescita resti piuttosto sostenuta. I settori dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili potrebbero da soli creare 5 milioni di posti di lavoro entro il 2020 (6).

Per essere equo, tale passaggio richiede politiche attive in materia di occupazione al fine di garantire posti di lavoro dignitosi. Fondamentale a questo proposito è la rinascita economica, con la creazione delle relative condizioni in termini di politica energetica e di infrastrutture e mercati dell'energia. Le ripercussioni sulle famiglie a basso reddito e sulle tariffe dell'energia devono essere considerate con attenzione. Inoltre, nel mercato dell'energia, spesso le tariffe dell'energia non riflettono correttamente i costi reali delle diverse fonti di energia. Diversamente da quanto accade per le energie rinnovabili, numerosi costi dell'energia convenzionale non sono specificati separatamente nelle tariffe e non compaiono nella bolletta: essi assumono invece la forma di sovvenzioni a carico del bilancio nazionale o sono dissimulati sotto forma di costi esterni prodotti dagli effetti negativi sulla salute e sull'ambiente.

2.10

La complessa tematica dei prezzi dell'energia e dell'impatto dei costi sul consumo sia domestico che industriale è stata riesaminata nella comunicazione della Commissione Costi e prezzi dell'energia in Europa  (7). Una delle conclusioni è che le misure finanziate dalla «componente fiscale dei prezzi determinata dalle politiche energetiche», che negli ultimi anni ha subito il maggiore aumento, devono essere applicate per quanto possibile in maniera efficiente sotto il profilo dei costi.

3.   Strumenti di mercato

3.1   Osservazioni generali

3.1.1

Una buona parte della regolamentazione dell'UE è stata elaborata al fine di ottenere una riduzione delle emissioni di carbonio. Tuttavia, un quadro normativo, da solo, non serve allo scopo: sono necessari incentivi finanziari ed economici basati sul principio del bastone e della carota per sostenere il processo del passaggio a un'economia verde. In tale processo un ruolo importante spetta agli strumenti di mercato, come le imposte ambientali, lo scambio di quote di emissioni e la riforma delle sovvenzioni (8).

3.1.2

Questi strumenti possono modificare l'esito delle attività di mercato in quanto migliorano il sistema dei segnali di prezzo internalizzando i costi esterni, offrono maggiore flessibilità e sostegno alle imprese per raggiungere i loro obiettivi e incoraggiano l'efficienza e l'innovazione.

3.1.3

L'UE e gli Stati membri hanno sviluppato determinati strumenti, come la riforma della fiscalità ambientale, l'eliminazione progressiva delle sovvenzioni dannose, lo scambio di quote di emissioni, la promozione dell'energia rinnovabile e gli appalti pubblici «verdi». Gli strumenti disponibili possono in linea di principio servire allo scopo. I problemi riguardano il recepimento nella legislazione, come pure un'osservanza, un controllo e un'applicazione corretti, e per questi occorre poter contare sul sostegno dei cittadini. Se tale catena non è sufficientemente sviluppata, vi è il rischio reale che gli strumenti non funzionino adeguatamente e diano risultati di livello inferiore a quello accettabile, imponendo al tempo stesso costi eccessivi alle famiglie e alle imprese. Come esempio di questa incoerenza, saltano agli occhi le differenze nei costi dell'energia tra Stati membri.

3.1.4

Se l'UE intende raggiungere gli obiettivi che si è prefissa in termini di riduzione del carbonio, deve accelerare il processo e conquistare l'adesione dei cittadini. Si deve stimolare il risparmio energetico e sostituire l'approvvigionamento di energia da fonti combustibili fossili con energia da fonti rinnovabili, entrambi fattori chiave nel passaggio verso un'economia verde. Nel passaggio dall'energia basata sul carbonio alle energie rinnovabili bisogna anche prevedere l'impiego di combustibili ausiliari e fasi intermedie in cui si faccia ricorso, ad esempio, al gas o al nucleare. Il modo in cui gli Stati membri applicano gli strumenti disponibili non fornisce uno stimolo sufficientemente forte perché il mercato dia risultati migliori. Strumenti importanti come le imposte ambientali non vengono utilizzati in misura adeguata.

In larga misura, ciò dipende dal fatto che il mix energetico a disposizione di ciascuno Stato membro varia sensibilmente in funzione della geografia, del clima, delle risorse naturali e della storia: anche i piani d'azione nazionali per la riduzione delle emissioni e l'impiego degli strumenti di mercato varieranno di conseguenza.

3.1.5

A giudizio del Comitato, le energie rinnovabili devono fare parte del mix energetico con un ruolo di primo piano, in modo da garantire che le politiche energetiche sostengano sia lo sviluppo economico che il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio. Tuttavia, benché le situazioni degli Stati membri differiscano tra loro, il CESE è impaziente di assistere quanto prima al completamento delle reti energetiche transeuropee. Tali connessioni possono costituire una preziosa risorsa aggiuntiva per ogni strategia nazionale.

3.1.6

La politica ambientale dovrebbe essere strettamente collegata ad altri settori d'intervento. La produzione decentrata di energia elettrica nelle aree rurali può creare numerosi nuovi posti di lavoro. Il collegamento della politica ambientale con la politica regionale può, attraverso l'uso dei loro fondi, migliorare sensibilmente la qualità della vita nelle aree rurali.

3.2   Imposte ambientali

3.2.1

L'idea alla base di queste imposte è stabilire un prezzo per le attività economiche che inquinano l'ambiente al fine di rivelare i costi reali della produzione e del consumo non riflessi nei prezzi di mercato, in linea con il principio «chi inquina, paga». Ciò è avvenuto ad esempio in Polonia, dove le imprese inquinanti devono contribuire a un fondo nazionale per la protezione dell'ambiente e la gestione delle acque, il quale serve a finanziare gli incentivi destinati a programmi di sostenibilità. Nell'UE, il diritto di imporre imposte dirette e indirette spetta agli Stati membri. Soltanto un numero limitato di Stati membri ha introdotto specifiche imposte ambientali; vi sono alcuni esempi positivi (ossia Finlandia, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Slovenia ed Estonia). La portata degli spostamenti dell'onere fiscale varia da uno Stato membro all'altro, e si stima che il loro ammontare complessivo equivalga a oltre 25 miliardi di euro l'anno (9).

3.2.2

Nonostante il successo delle imposte ambientali in alcuni Stati membri, la riforma della fiscalità ambientale non è all'altezza del suo pieno potenziale di determinare un vasto cambiamento nelle politiche fiscali. Occorre sottolineare che questa riforma offre opportunità enormi, soprattutto nell'ambito delle misure tese alla ripresa dell'occupazione. Se si mettesse in pratica il motto del commissario Hedegaard «tassa ciò che bruci, non ciò che guadagni» e si spostasse l'onere fiscale dal lavoro all'utilizzo delle risorse, i costi del lavoro per i datori di lavoro verrebbero ridotti e si faciliterebbe la creazione di occupazione, non solo nelle «nicchie verdi» ma in molti altri settori economici. La riforma della fiscalità ambientale dovrebbe costituire un elemento centrale della necessaria ristrutturazione generale delle finanze pubbliche intesa a risanare i bilanci. Ovviamente, una riforma di questo tipo non può aumentare l'onere fiscale complessivo, dovrebbe essere efficace sotto il profilo dei costi ed efficiente sul piano ambientale. Si dovrebbero evitare aumenti dei costi dell'energia che superino i risparmi ottenuti tramite l'efficienza.

3.2.3

La riforma può anche contribuire a sanare i disavanzi di bilancio. Le imposte ambientali possono contribuire al risanamento di bilancio con un impatto sulla crescita economica e l'occupazione meno negativo rispetto ad altre imposte dirette o indirette, come l'imposta sul reddito o l'IVA (10). La Commissione dovrebbe intensificare l'approccio adottato, che prevede di valutare i benefici prodotti dalle riforme della fiscalità ambientale nell'analisi annuale della crescita e nel semestre europeo.

3.3   Eliminazione progressiva delle sovvenzioni dannose

3.3.1

L'UE mira a eliminare progressivamente le sovvenzioni dannose per l'ambiente entro il 2020 (11). La Commissione lo ha promesso nel 2006 e nel 2009. Sempre nel 2009 il vertice del G-20 ha convenuto di avviare l'eliminazione progressiva delle «sovvenzioni inefficaci ai combustibili fossili che incoraggiano gli sprechi». Tale impegno è stato incluso anche nel quadro della cooperazione economica Asia-Pacifico e nei risultati della conferenza Rio+20. Nonostante tutte queste promesse, non è stato fatto abbastanza.

3.3.2

A livello mondiale, secondo quanto riportato dall'OCSE sulle sovvenzioni dannose per l'ambiente negli Stati membri, il sostegno di bilancio diretto e le agevolazioni fiscali per i combustibili fossili ammontano a una cifra totale compresa tra i 55 e i 90 miliardi di dollari l'anno (12). L'Agenzia internazionale per l'energia calcola che le sovvenzioni per i combustibili fossili a livello mondiale ammontino a 523 miliardi di dollari, e definisce tali sovvenzioni «il nemico pubblico numero uno» (13). La Banca mondiale stima che le sovvenzioni annuali ai combustibili fossili arrivino a una cifra pari a 775 miliardi di dollari ogni anno. Salvo un cambiamento delle politiche, le sovvenzioni per i combustibili fossili saliranno alle stelle entro pochi anni, e causeranno molti altri problemi. Una progressiva eliminazione delle sovvenzioni fino al 2020 ridurrà in modo sostanziale la domanda di energia, e ridurrà le emissioni di CO2 di 1,7 gigatonnellate, generando nel contempo un gettito addizionale per gli Stati.

3.3.3

In merito alle sovvenzioni ai combustibili fossili nell'UE non esistono finora dati esaustivi; le cifre provenienti da diverse fonti differiscono infatti tra loro. Dal quadro generale emerge che questi combustibili sono fortemente sovvenzionati. A livello dell'UE, essi beneficiano di 68,8 miliardi di euro l'anno, di cui 26 miliardi di euro sotto forma di sovvenzioni dirette e fino a 42,8 miliardi che gli Stati membri e i cittadini devono pagare per compensare le conseguenze sociali e sanitarie negative (14). Le sovvenzioni dannose per l'ambiente non sono state introdotte con l'intento deliberato di nuocere alla salute o all'ambiente: esse si prefiggevano invece altri obiettivi positivi, come fornire energia a basso prezzo da fonti locali o creare posti di lavoro. Il CESE esorta gli Stati membri a valutare se intendono continuare a sostenere quegli obiettivi e, in caso affermativo, a capire come farlo in maniera compatibile con l'ambiente. Un punto di partenza potrebbe essere un inventario UE che offra una rassegna completa di tali sovvenzioni.

3.3.4

Oltre alle sovvenzioni dirette provenienti dai bilanci pubblici e ai costi esterni a carico della sanità, occorre tenere conto di ulteriori costi derivanti dagli effetti negativi della combustione di combustibili fossili sull'ambiente, quali i costi collegati ai danni ambientali e alle violente tempeste e inondazioni causate dal riscaldamento climatico. Questi costi esterni sono la conseguenza di un'applicazione insufficiente del principio «chi inquina paga». L'Agenzia federale tedesca dell'ambiente stima che i costi ambientali esterni della generazione del carbonio ammontino a 80 euro per tonnellata di emissioni di CO2  (15), con un onere aggiuntivo pari a 290 miliardi di euro dovuto al fatto che le attività legate alla combustione di combustibili producono 3  652 milioni di tonnellate di CO2  (16). Nell'UE, le centrali nucleari ricevono sovvenzioni per 35 miliardi di euro, senza contare i costi necessari a fronteggiare i rischi di incidenti e lo smaltimento dei rifiuti. L'energia rinnovabile riceve annualmente sovvenzioni dirette pari a 30 miliardi di euro.

3.3.5

Nonostante tali disparità, la tecnologia dell'energia rinnovabile si sviluppa velocemente; il prezzo delle rinnovabili è diminuito rapidamente negli ultimi anni (il prezzo dei pannelli solari è diminuito dell'85 %) e il settore ha generato molti posti di lavoro, laddove il prezzo dell'energia ottenuta da combustibili fossili resta invariabilmente alto. Nell'ottobre 2013 gli interessi costituiti nel settore energetico hanno chiesto di cessare le sovvenzioni per l'energia rinnovabile e di incrementare le sovvenzioni per l'energia nucleare. Se tali richieste vengono accolte, l'energia rinnovabile non potrà competere con altri sistemi di approvvigionamento energetico, data la mancanza di un contesto uniforme per tutti gli attori.

3.3.6

Non tutte le sovvenzioni sono dannose. In situazioni in cui devono essere sviluppate nuove tecnologie per promuovere l'economia più sostenibile del futuro, può essere utile dare sovvenzioni per sostenere la ricerca iniziale, lo sviluppo e l'infrastruttura fino a quando le nuove tecnologie possano affermarsi sul mercato. Tale sostegno è stato cruciale per le prime fasi dello sviluppo delle energie rinnovabili e dovrà continuare fino a quando le energie rinnovabili assumeranno pienamente il carattere di fonti di energia competitive per il futuro.

3.3.7

Secondo la tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, entro il 2012 gli Stati membri avrebbero dovuto individuare le principali sovvenzioni dannose per l'ambiente, conformemente alle metodologie stabilite, e preparare piani e calendari per eliminare progressivamente le sovvenzioni e riferire in proposito nel quadro nei rispettivi programmi di riforma nazionali. L'attuazione di queste misure è stata insufficiente. Uno studio elaborato dalla DG Ambiente nel 2012 fornisce una rassegna delle sovvenzioni e di altri tipi di sussidi (17) dannosi per l'ambiente nell'UE e propone una tabella di marcia per la revisione di tali sovvenzioni. La Commissione dovrebbe valutare questo strumento nell'attuale semestre europeo.

3.4   Sistema di scambio di quote di emissioni

3.4.1

Il sistema di scambio di quote di emissioni dell'UE (ETS dell'UE) è il principale strumento economico europeo basato sul principio cap-and-trade e volto a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Il sistema intende dare alle imprese un forte incentivo a investire nella prevenzione dei gas a effetto serra, lasciando loro la flessibilità di farlo nel modo più efficiente.

3.4.2

L'ETS dell'UE si trova ad affrontare uno squilibrio tra l'offerta e la domanda che rende l'incentivo di prezzo insufficiente per i necessari investimenti nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio. Il surplus sul lato dell'offerta di quote di emissione è in gran parte dovuto all'imprevista gravità della crisi economica e al diffuso utilizzo di crediti internazionali. È urgente una riforma strutturale dell'ETS al fine di trasformarlo in un forte incentivo a investire nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio. Le quote in eccedenza devono essere ritirate dal mercato, e i restanti diritti devono essere collegati ai futuri obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 che occorrerà realizzare affinché l'UE possa passare entro il 2050 a un'economia a basse emissioni di carbonio. Tale riforma deve anche tenere conto della fattibilità tecnologica e della sostenibilità economica per le imprese e valutare attentamente le potenziali conseguenze future indesiderate.

3.5   Adeguamento del carbonio alla frontiera

3.5.1

Sono necessarie ulteriori misure per affrontare il problema della rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, come l'adeguamento del carbonio alla frontiera: un sistema volto a ridurre le emissioni di CO2 ma che al contempo garantisca condizioni uniformi. In un sistema siffatto, il prezzo dei beni importati sarà incrementato alla frontiera sulla base di un calcolo delle emissioni espresse in flusso di massa relative a tali beni. I modelli esaminati in un recente studio (18) mostrano che l'adeguamento del carbonio alla frontiera può ridurre in maniera sostanziale la rilocalizzazione delle emissioni nei settori pertinenti.

3.5.2

Tuttavia, gli adeguamenti alla frontiera, nella configurazione attualmente oggetto di discussione, non sono ben accolti da alcuni dei principali partner commerciali dell'Europa. Tale questione deve essere negoziata in seno all'OMC. Il Trattato consente di prendere in considerazione queste questioni «non commerciali». Non va però sottovalutata la difficoltà di procedere in tal senso in assenza di un accordo globale sul prezzo del carbonio. Tali preoccupazioni possono essere affrontate con una migliore progettazione dell'adeguamento del carbonio alla frontiera. In sostanza, l'adeguamento fiscale del carbonio alla frontiera non è uno strumento anti-dumping, ma, se correttamente progettato, rappresenta un contributo a una politica del clima sostenibile a livello mondiale.

3.6   Promuovere l'energia sostenibile

3.6.1

La promozione dell'energia rinnovabile è uno degli elementi essenziali del passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio; gli strumenti di mercato possono svolgere un ruolo importante a questo riguardo. L'introduzione di tali strumenti spetta agli Stati membri, e alcuni di questi hanno scelto diverse opzioni per sovvenzionare l'energia rinnovabile: il sostegno agli investimenti e il sostegno operativo, incluso un sistema di prezzi per l'immissione di energia nella rete. Le esperienze compiute in diversi Stati membri mostrano che il secondo sistema ha portato ai maggiori incrementi della produzione di energia rinnovabile, spesso offrendo tassi garantiti e consistenti di rendimento degli investimenti.

3.6.2

È tuttavia importante che le tariffe di riacquisto per incoraggiare l'installazione di forme rinnovabili di energia non siano finanziate soltanto da un aumento dei prezzi dell'energia in generale perché altrimenti esse rischiano di provocare una reazione negativa dell'opinione pubblica contro la tariffa e contro le energie rinnovabili stesse. Purtroppo, però, questo è già accaduto in molti luoghi, e la reazione dei cittadini è ormai reale. È urgente adottare misure correttive per consolidare il sostegno dei cittadini nei confronti della rivoluzione verde.

3.6.3

Il fatto che gli Stati membri dispongano di regimi di sostegno diversi contribuisce alla frammentazione del mercato europeo dell'energia. Il Comitato appoggia l'impiego di strumenti di mercato che favoriscano l'integrazione dei regimi nazionali in un mercato europeo dell'energia. Il ricorso a meccanismi di cooperazione come quelli definiti dalla direttiva del 2009 sulla promozione delle energie rinnovabili è fondamentale anche per un maggiore utilizzo delle sinergie generate dall'UE attraverso il mercato dell'energia elettrica (19).

3.7   Strumenti di mercato nel settore automobilistico

3.7.1

In generale, il settore automobilistico costituisce un buon esempio di una corretta applicazione degli strumenti di mercato. L'obiettivo provvisorio è ridurre, per poi eliminare, l'impiego di combustibili idrocarburici nel settore. La strategia comprende quattro elementi: regolamentazione, tecnologia, infrastrutture e strumenti di mercato. La regolamentazione serve ad aumentare l'efficienza dei combustibili e a ridurre le emissioni dei nuovi veicoli con motore a combustione interna (ICV). La tecnologia rende possibile il rispetto delle normative in materia di idrocarburi e la messa a punto di veicoli elettrici. Di pari passo con la diffusione dei veicoli elettrici, un'infrastruttura comprendente punti di ricarica a pagamento, stazioni di cambio di batterie, ecc., sarà necessaria per affiancare, e infine sostituire, l'attuale infrastruttura di approvvigionamento di idrocarburi. Mentre la regolamentazione, la tecnologia e l'infrastruttura compiono progressi, gli strumenti di mercato possono svolgere un ruolo decisivo nella transizione.

3.7.2

L'applicazione più evidente degli strumenti di mercato è stata l'aumento delle imposte sui combustibili idrocarburici. Questa misura ha avuto come effetto quello di indurre i proprietari di ICV ad acquistare veicoli più piccoli e più efficienti nel consumo di carburante, oppure ad utilizzare i mezzi di trasporto pubblici e la bicicletta. La tassazione degli ICV è stata anche modificata per incoraggiare l'acquisto e l'uso di veicoli a basso consumo, tramite imposte sui prezzi di acquisto oppure imposte annuali sull'uso del veicolo. Lo stesso sistema di tassazione differenziata dei veicoli viene applicato per favorire i veicoli elettrici, benché restino ancora molte altre barriere a una loro più ampia diffusione.

3.8   Appalti pubblici «verdi»

3.8.1

Con un contributo pari al 16 % del PIL dell'UE, il settore degli appalti pubblici è un grande operatore sul mercato. Gli appalti pubblici «verdi», pertanto, sono uno strumento importante per promuovere prodotti e servizi ecologici. Con il piano d'azione «Produzione e consumo sostenibili» e la comunicazione sugli appalti pubblici verdi, negli ultimi anni la Commissione ha lavorato in vista di un sistema globale di orientamento e sostegno. Sulla base di una valutazione delle prestazioni degli Stati membri, la Commissione aveva stabilito indicativamente che entro il 2010 il 50 % del totale della spesa avrebbe dovuto essere «verde». A tale obiettivo, che è ben lungi dall'essere raggiunto, i piani d'azione nazionali dovrebbero attribuire maggior priorità.

3.9   Investimenti del settore privato

3.9.1

La trasformazione nel senso di un modello più sostenibile di produzione e consumo nel settore dell'energia e in altri settori comporta una ristrutturazione fondamentale dell'economia. Ciò non può essere realizzato solo dai governi e dalle loro politiche, bensì richiede che la società si faccia ampiamente carico di tali questioni e che tutti gli interessi coinvolti realizzino un vasto dialogo collaborativo per costruire un consenso e un impegno nei confronti dei cambiamenti che si rendono necessari. Secondo la tabella di marcia verso un'economia a basse emissioni di carbonio, nei prossimi 40 anni il settore pubblico e quello privato dovranno aumentare i loro investimenti di circa 270 miliardi di euro l'anno. Un terzo di questi investimenti può essere finanziato con denaro pubblico, mentre il resto deve provenire dal settore privato. Si tratta di investimenti a lungo termine; la Commissione ritiene tali investimenti una sfida cruciale per riportare l'UE nella direzione di un'economia intelligente, sostenibile e inclusiva, per esempio attraverso i fondi di investimento a lungo termine dell'UE (ELTIF) e il Meccanismo per collegare l'Europa (CEF).

3.9.2

Come raccomandato dall'OCSE in un documento di lavoro sull'ambiente del 2012, per consentire gli investimenti nelle infrastrutture a basse emissioni di carbonio e di adattamento ai cambiamenti climatici e nella crescita «verde», i governi dovrebbero elaborare piani strategici globali in materia di infrastrutture, strettamente legati agli obiettivi nazionali riguardanti i cambiamenti climatici. La Commissione, inoltre, dovrebbe perseguire le possibilità di creare un clima di investimento di questo tipo per gli ELTIF ai fini di uno sviluppo sostenibile. A tale riguardo, le priorità di investimento del CEF e degli ELTIF dovrebbero essere coerenti con gli obiettivi per il 2050 della tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio e della tabelle di marcia per l'energia, nonché con quelli della strategia di adeguamento ai cambiamenti climatici e del pacchetto su clima ed energia per il 2030, attualmente in discussione.

3.9.3

Tali fondi potrebbero facilitare questo tipo di investimenti. Dal momento che la scadenza a lungo termine delle attività da finanziare è in linea con la struttura delle passività degli investitori istituzionali, questi tipi di fondi possono anche contribuire ad attirare risorse dal mercato dei capitali. La condizione, naturalmente, è che tali investimenti siano interessanti perché i rischi (specialmente sul piano regolamentare) sono limitati, perché esistono buone prospettive di sufficiente rendimento e perché i progetti in cui si investe sono solidi dal punto di vista finanziario e tecnico.

3.9.4

I fondi e gli strumenti finanziari innovativi capaci di attirare risorse del mercato dei capitali sono da accogliere con favore. Tuttavia, il settore bancario continuerà a finanziare gran parte dell'economia europea con strumenti di debito tradizionali. L'ecologizzazione degli standard bancari rappresenta pertanto un requisito essenziale per spostare il finanziamento privato dagli investimenti convenzionali a quelli in progetti a basse emissioni di carbonio e di adattamento ai cambiamenti climatici. Per realizzare gli obiettivi in materia di clima ed energia, occorrono strumenti finanziari innovativi capaci di mobilitare il finanziamento privato di investimenti che altrimenti non verrebbero realizzati.

Bruxelles, 25 marzo 2014

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  SWD(2013) 439 final.

(2)  Commissione europea, Energy Economic Developments in Europe, European Economy 1/2014.

(3)  Parere CESE sul tema Modelli di attività economica per una crescita sostenibile, un'economia a basse emissioni di carbonio e le trasformazioni industriali, GU C 133 del 9.5.2013, pag. 8.

(4)  Comunicazione — Un'industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica (COM(2012) 582 final).

(5)  Comunicazione - Quadro per le politiche dell’energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030 (COM(2014) 15 final).

(6)  Comunicazione — Verso una ripresa fonte di occupazione (COM(2012) 173 final).

(7)  Comunicazione — Costi e prezzi dell'energia in Europa (COM(2014) 21 final).

(8)  Libro verde sugli strumenti di mercato utilizzati a fini di politica ambientale e ad altri fini connessi (COM(2007) 140 final).

(9)  IEEP (Istituto per la politica ambientale europea), Reforming environmental taxes and harmful subsidies: challenges and opportunities («Riformare la fiscalità ambientale e le sovvenzioni dannose: sfide e opportunità»), pag. 6.

(10)  Vivid Economics, Carbon taxation and fiscal consolidation: the potential of carbon pricing to reduce Europe’s fiscal deficits («Tassazione sul carbonio e risanamento di bilancio: il potenziale della fissazione del prezzo del carbonio nel ridurre i disavanzi di bilancio dei paesi europei»), relazione elaborata per la Fondazione europea per il clima e la piattaforma Green Budget Europe, maggio 2012.

(11)  Decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 2013 su un programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020.

(12)  http://oecdinsights.org/2013/02/11/fossil-fuel-subsidies-billions-up-in-smoke.

(13)  http://ewea-copy.devisu.be/press-releases/detail/2013/02/04/eu-wind-industry-faces-tough-challenge-and-politicians-should-not-make-it-worse/.

(14)  Le cifre relative alle sovvenzioni dirette sono tratte dai seguenti studi: OCSE (2013), Inventory of Estimated Budgetary Support and Tax Expenditures for Fossil Fuels ("Inventario stimato degli incentivi di bilancio e delle agevolazioni fiscali ai combustibili fossili 2013, e IVM Institute for Environmental Studies (2013), Budgetary support and tax expenditures for fossil fuels: an inventory for six non-OECD EU countries («Incentivi di bilancio e agevolazioni fiscali ai combustibili fossili: un inventario relativo a sei paesi dell'UE non aderenti all'OCSE»). Le cifre riguardanti l'impatto sulla salute sono ricavate dalla relazione: HEAL (Health and Environment Alliance), The unpaid health bill — how coal power plants make us sick («Il conto non pagato della sanità: come le centrali a carbone ci fanno ammalare»), relazione pubblicata nel 2013. Cfr. anche l'articolo del 14.10.2013 pubblicato nella Süddeutsche Zeitung http://www.sueddeutsche.de/wirtschaft/foerderung-der-energiebranche-oettinger-schoent-subventionsbericht-1.1793957.

(15)  Agenzia federale tedesca dell'ambiente, Schätzung der Umweltkosten in den Bereichen Energie und Verkehr («Stima dei costi ambientali nei settori dell'energia e dei trasporti»).

(16)  Fonte: EU energy in figures — statistical pocketbook 2013 («Le cifre dell'energia nell'UE — Prontuario statistico 2013»): 1  412 milioni di tonnellate nel settore delle attività energetiche, 577 milioni in quello delle industrie manifatturiere e delle costruzioni.

(17)  Institute for European Environmental Policy, Study supporting the phasing-out of environmental harmful subsidies («Studio a sostegno dell'eliminazione graduale delle sovvenzioni dannose per l'ambiente»), ottobre 2012.

(18)  Vivid Economics, Carbon taxation and fiscal consolidation: the potential of carbon pricing to reduce Europe’s fiscal deficits («Tassazione sul carbonio e risanamento di bilancio: il potenziale della fissazione del prezzo del carbonio nel ridurre i disavanzi di bilancio dei paesi europei»), relazione elaborata per la Fondazione europea per il clima e la piattaforma Green Budget Europe, maggio 2012.

(19)  SWD(2012) 164 final.


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