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Document 52000DC0495

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale

/* COM/2000/0495 def. */

52000DC0495

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale /* COM/2000/0495 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO Riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale

Introduzione

L'articolo 31, lettera a) del trattato sull'Unione europea stabilisce che l'azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale comprende "la facilitazione e l'accelerazione della cooperazione tra i ministeri competenti e le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione [...] all'esecuzione delle decisioni". La cooperazione giudiziaria tradizionale in materia penale si basa su diversi strumenti internazionali, caratterizzati essenzialmente da quello che può essere definito il principio della "richiesta": uno Stato sovrano presenta una richiesta ad un altro Stato sovrano, che decide di dare o non dare seguito a tale domanda. Le norme che regolano il seguito da dare ad una richiesta sono a volte piuttosto rigide, e non lasciano molta scelta; tuttavia, in altre occasioni, lo Stato richiesto è relativamente libero nell'adozione delle sue decisioni. In quasi tutti i casi, lo Stato richiedente deve attendere la risposta alla sua richiesta prima di ottenere gli elementi necessari alle sue autorità per avviare un procedimento penale.

Tale sistema tradizionale presenta lo svantaggio di essere non solo lento, ma anche complesso. Inoltre, gli esiti di una richiesta formulata da un giudice o da una procura sono spesso incerti. Di conseguenza, sulla base di concetti che sono stati molto utili per la creazione del mercato unico, è nata l'idea che la cooperazione giudiziaria potrebbe anch'essa trarre vantaggio dalla nozione del riconoscimento reciproco che, in parole povere, significa che una determinata misura, per esempio, una decisione adottata da un giudice nell'esercizio dei suoi poteri ufficiali in uno Stato membro, sarebbe automaticamente accettata in tutti gli Stati membri - nella misura in cui abbia implicazioni transnazionali - esplicandovi effetti identici o almeno analoghi. La Commissione è perfettamente consapevole del fatto che ciò che può sembrare semplice può, in seguito ad un esame più approfondito, rivelarsi una materia molto complessa, e uno dei principali obiettivi della presente comunicazione è di indicare come, secondo la Commissione, l'Unione europea potrebbe superare tali difficoltà.

È opportuno ricordare la seguente dichiarazione del Consiglio europeo di Tampere: "Il rafforzamento del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze e il necessario ravvicinamento delle legislazioni faciliterebbero la cooperazione tra le autorità, come pure la tutela giudiziaria dei diritti dei singoli". Il riconoscimento reciproco dovrebbe pertanto garantire non solo che le sentenze siano applicate, ma anche che lo siano in maniera tale da tutelare anche i diritti dei singoli. Al riguardo sarebbe, per esempio, opportuno dare esecuzione ad una sentenza in un altro Stato membro, se ciò consente un migliore reinserimento sociale del condannato.

Il principio del riconoscimento reciproco è utile sia per quanto riguarda le decisioni adottate prima di una decisione definitiva, in particolare una sentenza, sia per quanto riguarda le decisioni definitive stesse. La presente comunicazione si concentra sul riconoscimento reciproco delle decisioni definitive.

Essa presenta il parere della Commissione per quanto riguarda il reciproco riconoscimento delle decisioni definitive in materia penale. Si tratta di un argomento nuovo e complesso. In molti casi, la comunicazione non ha l'intenzione di fornire risposte definitive alle questioni che solleva, bensì cerca solo d'identificare possibili soluzioni.

Il secondo obiettivo principale della presente comunicazione è di contribuire al programma di misure destinate ad applicare il principio di reciproco riconoscimento, come richiesto, nell'ottobre 1999, dal Consiglio europeo di Tampere sulla giustizia e gli affari interni.

La Commissione invita il Parlamento europeo ed il Consiglio a prendere nota della presente comunicazione e a trasmetterle le loro osservazioni sulle misure proposte.

1. Contesto storico

Il 15/16 giugno 1998, il Consiglio europeo di Cardiff ha chiesto al Consiglio di determinare in quale misura si debba estendere il riconoscimento reciproco delle decisioni dei tribunali degli Stati membri [1].

[1] Conclusione della presidenza n. 39.

Il Piano d'azione del 3 dicembre 1998 del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia [2] fa anche riferimento al riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale. Il punto 45, lettera f chiede di avviare un processo inteso a facilitare il reciproco riconoscimento delle decisioni e l'esecuzione delle sentenze in materia penale, entro due anni dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam.

[2] Gazzetta ufficiale (GU) C 19 del 23 gennaio 1999.

I lavori sul riconoscimento reciproco delle decisioni adottate in materia penale sono iniziati nel 1999 in numerosi sottogruppi del Consiglio. Il 15 e 16 ottobre 1999, nella riunione straordinaria del Consiglio europeo di Tampere, sulla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea, il Consiglio ha dichiarato che il principio del reciproco riconoscimento dovrebbe diventare il fondamento della cooperazione giudiziaria nell'Unione tanto in materia civile quanto in materia penale [3]. In particolare, il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio e la Commissione ad adottare, entro il dicembre 2000, un programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento. Tale programma dovrebbe anche prevedere l'avvio di lavori sugli aspetti del diritto procedurale per i quali sono reputate necessarie norme minime comuni per facilitare l'applicazione di detto principio, nel rispetto dei principi giuridici fondamentali degli Stati membri [4].

[3] Conclusione della presidenza n. 33.

[4] Conclusione della presidenza n. 37.

Negli ultimi mesi, i lavori dei sottogruppi del Consiglio si sono concentrati su due aspetti del riconoscimento reciproco: 1) l'adozione di un programma di misure concernenti il riconoscimento reciproco e 2) il riconoscimento reciproco di decisioni relative al sequestro di beni. Tenendo conto che molti tipi di beni in generale, ed in particolare il denaro depositato in conti bancari, sono trasferibili molto rapidamente a livello nazionale, della Comunità europea ed anche a livello mondiale, la rapidità d'azione in tale settore è della massima importanza per garantire il successo dell'azione dei servizi incaricati dell'applicazione della legge. La necessità di disporre di norme internazionali che consentano di agire rapidamente è pertanto grande ed il principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie contribuirà in ampia misura a soddisfare tal esigenza.

2. L'approccio della Commissione

La Commissione si compiace molto che i lavori concernenti le questioni sopra citate siano già in corso. Tuttavia, il riconoscimento reciproco delle decisioni relative al sequestro di beni costituisce solo uno degli aspetti del campo d'applicazione globale del riconoscimento reciproco: di conseguenza, è opportuno non solo completare i lavori in corso, elaborando norme sul riconoscimento di decisioni definitive relative alla questione di liberare i beni sequestrati, oppure confiscarli definitivamente, bensì è anche necessario che il principio del riconoscimento reciproco sia stabilito in via generale per quanto riguarda le decisioni procedurali e sostanziali. La presente comunicazione ha lo scopo di coprire una parte di tale settore, ossia il riconoscimento reciproco delle decisioni definitive sostanziali.

La presente comunicazione non si propone di coprire il settore delle procedure di estradizione in quanto tale. A lungo termine, l'estradizione tra gli Stati membri potrebbe diventare superflua, qualora le decisioni adottate in un altro Stato membro siano semplicemente riconosciute in tutti gli altri Stati membri. Sino a tale momento, sarà necessario compiere un ulteriore sforzo. In ogni caso, conformemente alla conclusione n. 35 del Consiglio europeo di Tampere, l'estradizione dovrà essere oggetto di un'attenzione speciale nel quadro di un intervento separato.

Per preparare la presente comunicazione, i servizi della Commissione hanno tenuto due riunioni su tale argomento, rispettivamente il 10 ed il 31 maggio 2000, con esperti indipendenti e governativi. L'obiettivo di tali riunioni era di fornire alla Commissione informazioni relative ad un documento d'orientamento che era stato redatto su tale argomento. La comunicazione si basa sulle informazioni fornite dagli esperti e sulle proposte elaborate dai servizi stessi della Commissione.

3. Il concetto di "Riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale"

3.1. "Riconoscimento reciproco"

In generale, si considera che il riconoscimento reciproco sia un principio basato sull'idea che, nonostante un altro Stato possa non trattare una specifica questione in maniera uguale o simile a quella dello Stato stesso, la decisione adottata sarà tale da essere accettata come equivalente alla decisione che avrebbe adottato lo Stato interessato. La reciproca fiducia, non solo nell'adeguatezza della normativa dei propri partner, bensì anche nella corretta applicazione di tale normativa, è un fattore importante del riconoscimento reciproco.

Sulla base di tale idea d'equivalenza e della fiducia reciproca, le conclusioni alle quali è giunto un altro Stato membro possono avere effetto sulla sfera d'influenza giuridica dello Stato membro interessato. Di conseguenza, una decisione adottata da un'autorità in uno Stato membro potrebbe essere accettata in quanto tale in un altro Stato, anche nell'ipotesi in cui in tale Stato non esista un'autorità analoga, o in grado di adottare tali decisioni, oppure nel caso in cui tale autorità avesse adottato una decisione totalmente differente in un caso comparabile.

Riconoscere una decisione estera in materia penale significa attribuire a tale decisione effetti al di fuori dello Stato in cui è stata adottata, sia attribuendole gli effetti giuridici stabiliti dal diritto penale dello Stato estero, sia tenendone conto affinché esplichi gli effetti stabiliti dal diritto penale dello Stato che ha riconosciuto tale decisione.

Il principio del riconoscimento reciproco procede spesso, ma non sempre, di pari passo con un determinato grado di armonizzazione dell'attività degli Stati membri, che spesso consente, in effetti, di accettare più facilmente i risultati raggiunti in un altro Stato. D'altro canto, il riconoscimento reciproco può in certa misura rendere inutile tale armonizzazione.

3.2. "Decisioni definitive"

La definizione di tale concetto, in particolare del termine "definitivo", è risultata difficile. S'intende per decisione, in quanto tale, un atto tramite il quale una determinata questione è risolta in modo vincolante. La Commissione propone di includere nella definizione di lavoro di decisione definitiva tutte le decisioni adottate sul merito in un procedimento penale che non sono più impugnabili tramite un mezzo ordinario di ricorso, oppure, nel caso in cui tale ricorso sia ancora proponibile, qualora esso non abbia effetto sospensivo [5].

[5] Una definizione di tale natura corrisponde in parte ad una disposizione già in vigore, relativa al riconoscimento reciproco di decisioni in materia civile e commerciale, nella Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Convenzione di Bruxelles del 1968, versione consolidata, GU C 27 del 26.01.1998).

Lo scopo di tale definizione di lavoro è di coprire non solo le decisioni adottate dai tribunali, ma anche le altre decisioni che soddisfino i criteri stabiliti. Per esempio, a norma della legislazione di uno Stato membro, i risultati della mediazione tra vittima e autore del reato, oppure i patteggiamenti conclusi tra una persona indagata e i pubblici ministeri, sarebbero anch'essi inclusi in tale definizione, qualora abbiano l'effetto di impedire la presentazione di ulteriori accuse per lo stesso atto.

Una questione importante da esaminare in tale contesto concerne l'eventuale riconoscimento reciproco di decisioni adottate da autorità amministrative. Per esempio, l'articolo 25 della Convenzione di Bruxelles del 1968 limita la portata delle sue disposizioni in materia di riconoscimento ed esecuzione alle decisioni rese da un organo giurisdizionale. Tuttavia, per quanto riguarda le decisioni adottate "in materia penale", come definite in appresso, esistono molti Stati membri dell'UE che hanno deciso di autorizzare anche le autorità amministrative ad adottare talune decisioni. Di conseguenza, una normativa in materia di riconoscimento reciproco non sarebbe completa qualora non includesse tali decisioni. Ciò corrisponde inoltre a quanto disposto dalla Convenzione europea del 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali (articolo 1, lettera b)) e dalla Convenzione del 1991 sull'esecuzione delle condanne penali straniere (articolo 1, paragrafo 1, lettera a)). Inoltre, tale approccio è suffragato da considerazioni operative: ad esempio, in numerosi Stati membri, la responsabilità delle persone giuridiche per reati commessi per loro conto o interesse non ha (ancora) natura penale. Una distinzione basata sull'autorità competente ad adottare una decisione potrebbe avere un effetto distorsivo.

3.3. "In materia penale"

Per tradizione, s'intende per diritto penale (sostanziale) una normativa tramite la quale uno Stato infligge delle sanzioni a seguito di un comportamento considerato incompatibile con le sue norme sociali, allo scopo di impedire che il condannato ripeta i reati commessi e come deterrente nei confronti di altri eventuali autori di reato.

Di recente, tale interpretazione si è ampliata per includere anche elementi di riabilitazione (per esempio, ordinanze relative al trattamento clinico di drogati).

Inoltre, sono state adottate misure, perlomeno a livello dell'Unione europea, che stabiliscono la responsabilità delle persone giuridiche per attività criminali [6]. Tale responsabilità, tuttavia, può essere di natura penale. Si suggerisce che anche le misure di natura non penale siano considerate misure relative a "materie penali", in quanto esse sono indispensabili per considerare le persone giuridiche responsabili dei reati commessi nel loro interesse da persone fisiche che detengono cariche importanti in seno a tali persone giuridiche.

[6] Vedasi, per esempio, l'articolo 3 del secondo protocollo relativo alla Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU C 221 del 19 luglio 1997), l'articolo 3 dell'azione comune del 21 dicembre 1998, relativa alla punibilità della partecipazione ad un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea (GU L 351 del 29 dicembre 1998) e l'articolo 8 della decisione quadro del Consiglio del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro (GU L 140 del 14 giugno 2000).

4. Strumenti giuridici internazionali in vigore

Per quanto riguarda il riconoscimento delle decisioni definitive, sono già in vigore numerosi atti normativi. In materia penale, è stata elaborata dal Consiglio d'Europa, ed aperta alla firma, la Convenzione dell'Aia del 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali. Gli Stati membri della Comunità europea hanno inoltre adottato a Bruxelles, in data 13 novembre 1991, la Convenzione sull'esecuzione delle condanne penali straniere. Tuttavia, per entrambi tali strumenti internazionali, le ratifiche sinora intervenute sono scarse. Un terzo esempio, la Convenzione relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida del 1998, adottata a norma del trattato di Maastricht, non è sinora stata ratificata da nessuno Stato membro dell'UE. La Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (Schengen, 19 giugno 1990) contiene nel titolo III, capitolo 3, norme sull'applicazione del principio ne bis in idem (articoli 54-58). Sempre nell'ambito dell'accordo di Schengen è stato adottato l'accordo concernente la cooperazione nel quadro dei procedimenti per infrazioni al codice della strada e l'esecuzione delle sanzioni pecuniarie comminate per tali infrazioni [7] [8].

[7] Decisione del 28 aprile 1999 (SCH/Com-ex (99) 11 Riv. 2).

[8] In materia civile e commerciale, per esempio, la Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale istituisce un meccanismo in base al quale le decisioni, pur necessitando di un procedimento d'exequatur per essere eseguite, non possono essere riesaminate nel merito (articolo 29) e devono essere riconosciute automaticamente (articolo 26).

Attualmente, nessuno degli strumenti giuridici citati è in vigore negli Stati membri dell'UE. Inoltre, è probabile che il loro contenuto non sarebbe sufficiente per stabilire un sistema completo di riconoscimento reciproco.

5. Conoscenza dei procedimenti pendenti e delle decisioni adottate in altri Stati membri

Al fine di riconoscere una decisione adottata in un altro Stato membro, è necessario innanzi tutto essere a conoscenza dell'esistenza di tale decisione e del suo contenuto. In talune situazioni, è possibile che l'imputato informi le autorità dell'esistenza di tale decisione, in particolare quando ciò è a suo vantaggio, come nei casi in cui trova applicazione il principio ne bis in idem. Esistono, tuttavia, altri casi, in cui non è possibile ricorrere a tali informazioni. Anche quando la persona interessata informa le autorità, esse devono innanzi tutto verificare se le informazioni ricevute sono corrette. In tale contesto, alla luce del fatto che molte decisioni adottate da un altro Stato membro saranno state redatte in una lingua diversa dalla lingua di lavoro dell'autorità interessata, sarà anche necessario disporre di una traduzione della decisione.

Sembra che non sia possibile utilizzare nessun casellario giudiziario europeo di sentenze a tale scopo [9]. Sarebbe molto utile istituire tale registro europeo di sentenze penali definitive, nonché di procedimenti pendenti davanti ad autorità che decideranno sul merito della fattispecie [10]. Si potrebbe pensare ad un approccio in due fasi: la prima sarebbe limitata all'elaborazione di questionari europei comuni plurilingui, da utilizzare per richiedere informazioni sui precedenti penali esistenti. Tramite tali questionari, le autorità giudiziarie potrebbero inviare una richiesta d'informazioni alle autorità competenti (centrali, se possibile) di tutti gli altri Stati membri dell'UE per scoprire se l'imputato ha dei precedenti penali in tali paesi.

[9] Nell'ambito dell'elaborazione di una strategia dell'UE per la prevenzione ed il controllo della criminalità organizzata all'inizio del nuovo millennio (GU C 124 del 3 maggio 2000), è stata raccomandata l'istituzione, nel pieno rispetto delle norme sulla protezione dei dati, di una base di dati unica sugli autori di reati connessi a questa forma di criminalità. Tale proposta si fonda su precedenti raccomandazioni contenute nel piano di azione contro la criminalità organizzata, adottato dal Consiglio il 28 aprile 1997 (GU C 251 del 15 agosto 1997), che esige l'esclusione degli autori di siffatti reati dalla partecipazione a gare d'appalto e dalla fruizione di aiuti o licenze pubbliche (raccomandazione n. 7). Analogamente, la comunicazione della Commissione del 1997 su una politica dell'Unione per la lotta contro la corruzione, prevedeva l'istituzione di un sistema generale di elenchi negativi nei settori che presentano rischi per le finanze comunitarie. L'idea di costituire una base di dati ha, tuttavia, incontrato forti riserve da parte degli Stati membri e l'espressione "base di dati" è stata sostituita con "un meccanismo che consenta la tempestiva individuazione" degli autori di reati.

[10] Vedasi anche la raccomandazione 49, lettera e, del Piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, adottato dal Consiglio Giustizia e affari interni a Vienna il 3 dicembre 1998 (GU C 19 del 23.01.1999).

In una seconda fase, dovrebbe essere istituito un registro penale europeo centralizzato. Ciò consentirebbe non solo di adottare azioni immediate nei casi di recidiva, ma permetterebbe agli inquirenti di controllare in maniera rapida e semplice se sono già state avviate procedure contro una determinata persona. A sua volta, tale strumento consentirebbe alle autorità giudiziarie di evitare la formulazione di accuse, suscettibili di essere in seguito annullate a causa del principio ne bis in idem e fornirebbe loro anche valide informazioni relative ad inchieste su reati che l'imputato potrebbe avere commesso. Un registro centralizzato di tale natura darebbe inoltre un contributo sostanziale all'applicazione, a livello comunitario, di decisioni in materia d'interdizione. L'istituzione di un siffatto sistema di registrazione europeo delle condanne penali e dei procedimenti pendenti richiede l'esame di varie questioni di natura pratica e giuridica, tra le quali figura essenzialmente quella relativa alla competenza per l'iscrizione e l'aggiornamento delle informazioni contenute nei registri. Inoltre, sarebbe anche necessario garantire la protezione dei dati, che include la questione dell'accesso alle informazioni, del diritto alla rettifica dei dati, ecc. Si dovrà, inoltre, prevedere un'adeguata dotazione finanziaria per le relative spese correnti. Il registro europeo dovrebbe essere accessibile tramite un collegamento elettronico, allo scopo di aumentarne la velocità e la facilità di accesso. Tale registro centralizzato non richiederebbe necessariamente un computer centrale contenente tutti i dati rilevanti, bensì potrebbe essere sufficiente creare un collegamento tra i registri nazionali [11].

[11] L'iniziativa recentemente adottata dalla Germania relativa all'istituzione di un'unita incaricata di agevolare il buon coordinamento tra le autorità nazionali responsabili dell'azione penale e di prestare assistenza nelle indagini riguardanti i casi di criminalità organizzata (EUROJUST) prevede un ruolo per EUROJUST per quanto riguarda il registro penale europeo (progetto di articolo n. 6).

È opportuno tenere conto del fatto che le legislazioni nazionali relative ai casellari giudiziari penali variano in misura notevole. Diversi Stati membri possono, per esempio, avere regole differenti in merito al tipo di reati da inserire in tale registro, alla durata di tale registrazione, nonché alle persone autorizzate all'accesso al registro, ecc. Non sembra necessario armonizzare completamente tali regole. Tuttavia, sarà probabilmente opportuno stabilire talune norme minime, in particolare per quanto riguarda la natura dei dati da registrare nel sistema. Inoltre, è necessario garantire che le autorità che richiedono informazioni ad un altro Stato membro abbiano gli stessi diritti d'accesso di cui godono le autorità che richiedono informazioni nello Stato membro interessato. Sarà anche necessario garantire la compatibilità elettronica dei sistemi operativi dei registri nazionali con quello del registro europeo.

6. I differenti aspetti del riconoscimento reciproco

6.1. Esecuzione delle decisioni

Riconoscere una decisione significa, essenzialmente, attuare quanto ordinato in tale provvedimento al fine di darvi esecuzione.

Alcuni degli strumenti giuridici internazionali in vigore stabiliscono che ciò avvenga in maniera indiretta, tramite conversione del provvedimento straniero in una nuova decisione nazionale, che a sua volta può essere sia una decisione formale, che riproduce integralmente il provvedimento originale, sia una decisione che "recepisce" quella che le autorità avrebbero pronunciato se avessero esaminato per prime la fattispecie in questione.

Sia la Convenzione sull'esecuzione delle condanne penali straniere, adottata nel 1991 nell'ambito della cooperazione politica europea, che la Convenzione relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida, offrono in proposito alcune possibili soluzioni.

Dal contesto risulta tuttavia che le conclusioni di Tampere danno una chiara preferenza all'esecuzione diretta. In effetti, il punto 34 (relativo alle materie civili) mira all'abolizione delle procedure intermedie ed il punto 35 (relativo alle estradizioni) propone la sostituzione dell'estradizione con il semplice trasferimento delle persone che si sottraggono alla giustizia dopo una condanna definitiva.

Si può quindi ragionevolmente presumere che l'obiettivo generale del reciproco riconoscimento dovrebbe essere - per quanto possibile - quello di conferire efficacia piena e diretta ad una decisione definitiva nell'intera Unione europea.

In concreto, è necessario operare una distinzione, da un lato, tra l'esecuzione di sanzioni, applicabili negli altri Stati membri sulla base di una richiesta bilaterale (quali le pene detentive, pecuniarie oppure le sanzioni alternative) e, d'altro lato, le interdizioni (vedasi il capitolo 9 per un'analisi particolareggiata delle questioni rilevanti ai fini dell'esecuzione dei vari tipi di sanzioni).

6.2 "Ne bis in idem"

Riconoscere una sentenza significa anche tenerne conto. In merito vale il cosiddetto principio "ne bis in idem" [12], secondo cui, qualora una decisione relativa a determinati fatti e norme sia stata pronunciata nei confronti di certe persone, esse non devono essere nuovamente giudicate con la medesima imputazione.

[12] Tale principio costituisce l'oggetto della Convenzione del 1987, sottoscritta a Bruxelles nell'ambito della cooperazione politica europea. Tuttavia, tale convenzione è stata ratificata solamente da nove Stati membri. Anche la Convenzione del 1970 del Consiglio d'Europa sulla validità internazionale delle sentenze e la Convenzione del 1972 sul trasferimento dei procedimenti penali contengono norme sul principio ne bis in idem. Detto principio si ritrova anche in alcuni strumenti dell'UE, in particolare nella Convenzione del 1995, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee e nella Convenzione del 1997, relativa alla lotta contro la corruzione. Anche la Convenzione d'applicazione dell'accordo di Schengen, del 16 giugno 1990, reca, nel titolo III, capitolo 3, articoli 54-58, talune disposizioni relative al principio ne bis in idem, che vietano alle autorità di pronunciare sentenze ed anche di avviare un procedimento, nei casi in cui una decisione sia già stata adottata.

L'attuale legislazione degli Stati membri sembra basarsi su una delle due forme seguenti di tale principio: in taluni casi, in cui esiste già una precedente condanna per lo stesso atto in un altro paese, si deve tenere conto di tale decisione in modo da ridurre la pena inflitta nella seconda sentenza ("Anrechnungsprinzip", principio del tener conto della sentenza) [13]. Il principio di esaurimento dei procedimenti ("Erledigungsprinzip") vieta in generale l'adozione di una seconda decisione sullo stesso reato (e rispetto alla stessa(e) persona(e)).

[13] Come nel caso di una persona che, per esempio, è stata condannata per un certo reato nello Stato A ad una pena detentiva di due anni. Qualora anche lo Stato B sia competente nella fattispecie in esame, la condanna sarebbe di cinque anni. Se lo Stato B accoglie il principio di tener conto della decisione, la pena effettivamente inflitta sarebbe di cinque meno due, ossia di tre anni di detenzione.

Il pieno riconoscimento reciproco, nella forma da attuare tra gli Stati membri, dovrebbe essere basato sul principio che una decisione adottata da qualsiasi autorità nell'UE conclude l'iter giudiziario relativo a tale reato, rendendo inutile l'adozione di un'ulteriore decisione, sulla base del detto principio di esaurimento dei procedimenti.

In altri termini, una persona condannata o assolta [14] per un reato penale commesso nello Stato membro A, non dovrebbe essere processata per gli stessi fatti, a prescindere dalla loro definizione, nello Stato membro B, anche se quest'ultimo Stato è competente in merito a detti fatti (ad esempio, perché l'imputato è cittadino dello Stato B), né quando in tale Stato sia stata eventualmente pronunciata una sentenza diversa (ad esempio, perché il reato in questione è punibile in tale Stato con una pena detentiva superiore).

[14] Gli attuali ordinamenti giuridici e gli strumenti giuridici vigenti non prevedono di applicare sempre il principio ne bis in idem anche ai casi di decisioni di proscioglimento. Talvolta essi stabiliscono una distinzione tra l'assoluzione per mancanza di prove (in tal caso, il principio ne bis in idem è in generale accettato) e i casi in cui l'atto commesso non costituisce reato per lo Stato che ha reso la decisione (in tal caso, il principio ne bis in idem spesso non è accolto).

Nonostante il principio ne bis in idem sembri in linea di massima semplice, esistono numerosi problemi da risolvere in particolare, relativi essenzialmente all'interpretazione da attribuire ai termini "idem", "gli stessi fatti", oppure "lo stesso reato". È probabile che, per quanto riguarda le relazioni tra gli Stati membri dell'UE, gli strumenti giuridici internazionali vigenti debbano essere completati, ed eventualmente sostituiti, da uno strumento che regoli in maniera più chiara il principio ne bis in idem.

È peraltro probabile che il numero di casi che potrebbero suscitare difficoltà relative all'applicazione del principio ne bis in idem diminuirà a seguito dell'istituzione di un registro giudiziario europeo di procedimenti penali pendenti e di decisioni penali definitive, che consentirà un migliore coordinamento dei procedimenti tra gli Stati membri. Inoltre, l'istituzione di un sistema di attribuzione di competenze giurisdizionali a livello comunitario avrebbe per effetto di rendere superfluo il principio ne bis in idem in quanto, per ogni fattispecie, solo uno Stato membro sarebbe competente.

6.3. Altri effetti su decisioni ulteriori

Un altro modo di adottare una decisione definitiva consiste nel tenere conto dei precedenti penali di un soggetto, quando una nuova decisione relativa ad un altro reato è adottata in un momento successivo, ossia nel constatare che l'imputato è recidivo e deve dunque essere punito più severamente a causa di tale circostanza aggravante. Non esiste alcuna convenzione che tratti di tale aspetto e, probabilmente, non sono necessarie regole giuridiche internazionali in materia, poiché a norma delle legislazioni nazionali il giudice ha eventualmente la facoltà di tenere conto non solo delle circostanze della fattispecie in esame, ma anche dei precedenti penali dell'imputato. Tuttavia, è opportuno garantire che le autorità vengano a conoscenza dei precedenti, in quanto è poco verosimile che l'imputato stesso attiri la loro attenzione su di essi (vedasi il capitolo 5).

Il fatto di "tener conto della sentenza" non dovrebbe esplicare solo effetti negativi rispetto all'imputato: molti ordinamenti penali nazionali prevedono sistemi che garantiscono, nel caso di reati multipli, che le sanzioni non siano cumulate in modo meccanico. Un ladro professionista di autovetture, per esempio, arrestato dopo il furto di 15 autovetture in uno Stato membro, non sarebbe condannato a 45 anni anche se per ogni singolo furto è prevista come sanzione una pena detentiva di tre anni. Anche se la maggior parte degli ordinamenti giuridici degli Stati membri sembrano stabilire meccanismi che in caso di recidiva potrebbero sfociare in una pena più severa rispetto ad un imputato che abbia commesso solo un reato, è probabile che un cumulo meccanico di pene sarebbe escluso.

Si potrebbe anche immaginare che lo stesso numero di reati sia effettuato non in un singolo Stato membro, bensì in quindici differenti Stati membri. Tali Stati membri potrebbero tutti, allo stesso tempo ma indipendentemente, processare il "loro" imputato, condannandolo alla fine del processo ad una pena detentiva di tre anni. In base al sistema attualmente vigente, ciò potrebbe sin d'ora portare alla seguente situazione: dopo aver scontato la pena inflittagli nel primo Stato membro, l'autore del reato potrebbe essere estradato in un altro Stato membro al fine di scontarvi la pena comminatagli da quest'ultimo Stato membro e in seguito essere nuovamente estradato in un altro Stato membro, ecc. Solo grazie ad un'applicazione flessibile degli strumenti d'estradizione si potrebbe evitare di trasformare una condanna a una pena detentiva di tre anni in una di 45 anni. Tuttavia, con un sistema di riconoscimento reciproco, tutte le sentenze pronunciate da tali Stati membri dovrebbero essere riconosciute da tutti gli altri Stati membri, inclusa quella che per la prima volta ha incarcerato l'imputato. La pena globale che lo Stato membro dovrebbe eseguire rispetto al ladro di auto diventerebbe pertanto pari a 45 anni.

Di conseguenza, è necessario trovare un meccanismo che consenta di evitare tali risultati, che sono incompatibili con uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Una possibilità potrebbe essere offerta dal coordinamento dei procedimenti, non diversamente da quanto realizzabile nell'ordinamento nazionale. Ciò consentirebbe di registrare immediatamente in un registro penale europeo l'avvio di un procedimento penale da parte di uno Stato membro. Il procedimento in corso sarebbe, pertanto, portato a conoscenza di tutti gli altri Stati membri, che potrebbero, di conseguenza, rinunciare in parte alla loro competenza in merito ai "loro" casi, a favore di un altro Stato membro. Tale Stato non dovrebbe nemmeno essere quello che ha inizialmente avviato il procedimento. Per consentire agli Stati membri di agire in maniera siffatta, il loro sistema giurisdizionale dovrebbe stabilire disposizioni che consentono tale trasferimento L'intera fattispecie sarebbe di conseguenza esaminata e decisa da un tribunale di uno Stato membro, che sarebbe l'unico competente in materia. Tale tribunale potrebbe anche applicare opportuni meccanismi allo scopo di evitare un cumulo meccanico delle pene.

7. La portata del riconoscimento reciproco in relazione all'autore del reato

Le regole di diritto penale relative al trattamento dei minori e delle persone portatrici di un handicap mentale sono molto diverse negli Stati membri. Alla luce di tale situazione, sarebbe molto difficile riconoscere le decisioni relative a tali persone, che pertanto dovrebbero, almeno per il momento, essere escluse dal campo di applicazione del principio di riconoscimento reciproco.

In merito alla questione di sapere chi deve essere considerato minore, non è realistico ritenere che gli Stati membri accettino una soluzione semplice, come la definizione di minori per tutte le persone di età inferiore a 18 anni. Sembra invece più ragionevole prevedere una soluzione più flessibile, garantendo, per esempio, agli Stati membri il diritto di non riconoscere le decisioni relative ai minori, nonché il diritto, per lo Stato membro interessato, di definire la nozione di minore. Tuttavia, potrebbe essere necessario introdurre un'età massima.

8. La portata del riconoscimento reciproco per quanto riguarda il reato

Il riconoscimento di decisioni definitive adottate nei settori armonizzati, o ravvicinati, del diritto penale sostanziale, come la corruzione, la tratta degli esseri umani o la partecipazione ad un'organizzazione criminale, non dovrebbe suscitare difficoltà. Anche al di fuori di tali settori, non esistono motivi, a priori, per non applicare il riconoscimento reciproco. Le conclusioni di Tampere non escludono l'eventuale necessità di norme minime comuni, ma solo per quanto riguarda taluni aspetti del diritto procedurale e non del diritto sostanziale [15]. L'attuale tendenza è di migliorare la cooperazione giudiziaria, tramite l'assistenza reciproca o le procedure di estradizione in maniera orizzontale. I meccanismi agevolativi della cooperazione forniti negli strumenti che trattano settori specifici sono stati percepiti come precursori di un'impostazione più generale.

[15] Conclusione della presidenza numero 37.

Gli attuali strumenti giuridici internazionali sul riconoscimento delle decisioni straniere prevedono spesso la facoltà di rifiutare il riconoscimento nei casi in cui il reato non sussiste in entrambi i paesi interessati [16]. Qualora si mantenesse tale principio, qualsiasi procedura di convalida dovrebbe verificare il rispetto di tale condizione, non solo aggiungendo un'ulteriore fase alla procedura, ma anche, in taluni casi, aumentandone in modo considerevole la durata. Potrebbe, per esempio, essere necessario ricostruire i fatti imputati all'autore del reato. Taluni fatti potrebbero non essere stati rilevanti - e, di conseguenza, non esaminati - ai sensi dell'ordinamento penale dello Stato membro che ha pronunciato la sentenza, ma essere essenziali per lo Stato membro d'esecuzione. In tali fattispecie, sarebbe necessarie adottare misure che in pratica equivalgono alla riapertura del caso, al riesame di ulteriori elementi di prova, ecc. Una soluzione per superare tali difficoltà potrebbe essere di escludere dall'ambito del riconoscimento reciproco determinati comportamenti incriminati in alcuni Stati membri, ma non in altri. Probabilmente, gli esempi di tale natura sono scarsi, e relativi a settori particolarmente sensibili (come l'aborto, l'eutanasia, i reati di stampa, i reati connessi alle droghe leggere). Anche tale approccio, tuttavia, può causare difficoltà considerevoli, quando è necessario determinare se un determinato caso è coperto da un'eccezione o no. Se, al contrario, il principio della doppia punibilità fosse abbandonato, e non fosse istituito un sistema che consente di attribuire la competenza esclusiva ad un solo Stato membro, potrebbe verificarsi una delle due situazioni seguenti: uno Stato membro potrebbe sanzionare un comportamento che non costituisce un reato in un altro Stato membro. Quest'ultimo sarebbe in tal caso obbligato a riconoscere la decisione adottata dal primo Stato membro e, a determinate condizioni, a dare esecuzione ad una decisione che reprime un atto che non costituisce un reato ai sensi della propria legislazione. Potrebbe inoltre verificarsi anche la situazione contraria, ossia che uno Stato membro che considera un determinato atto un reato penale, sia obbligato a riconoscere una sentenza di assoluzione pronunciata in uno Stato membro, in cui tale atto è legittimo. [17]

[16] Vedasi l'articolo 5, lettera b, della Convenzione di Bruxelles sull'esecuzione delle condanne penali straniere e l'articolo 4, paragrafo 1 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla validità internazionale delle sentenze penali (ETS 70).

[17] Ciò potrebbe avere conseguenze difficili da accettare per taluni. A titolo di esempio, nello Stato membro A, l'eutanasia è un reato, mentre nello Stato membro B essa è legale qualora la persona che desidera morire dia il suo consenso per iscritto. I due Stati membri sono entrambi competenti nella fattispecie in esame a norma delle rispettive regole nazionali non coordinate. Una persona, che abbia effettuato un'eutanasia, dopo aver ottenuto il consenso scritto dell'interessato, e che desideri ottenere l'immunità per tale atto nello Stato membro A, potrebbe farsi processare nello Stato membro B, senza rivelare di avere ottenuto un consenso scritto. Dopo l'avvio del processo, tale persona potrebbe presentare tale consenso scritto e sarebbe certa di ottenere l'assoluzione, che dovrebbe pertanto essere riconosciuta dallo Stato membro A.

Di conseguenza, se si esaminano i reati che dovrebbero essere coperti dal riconoscimento reciproco, esistono ulteriori validi motivi a favore dell'istituzione di un sistema di attribuzione di competenza comunitario.

Un altro interrogativo riguarda l'opportunità di limitare il riconoscimento reciproco alle forme più gravi di reato. La definizione di un reato grave non è, tuttavia, totalmente omogenea nei differenti strumenti giuridici [18]. Tenuto conto del fatto che il riconoscimento reciproco ha un duplice scopo, non vi è, tuttavia, motivo di limitare l'applicazione di tale principio ai reati gravi (almeno per quanto concerne le decisioni definitive). Al contrario, i condannati per reati considerati non gravi, dovrebbero essere ammessi all'esecuzione della pena nello Stato membro d'origine, alla stessa stregua dei delinquenti "maggiori". Ciò consentirebbe di aumentare in maniera sostanziale la loro possibilità di reinserimento nella società. Inoltre, quando si adotta un'altra decisione, non sembrano esservi motivi validi per non tener conto di decisioni relative a forme meno gravi di criminalità, sia nel caso di aggravanti, sia nel caso di applicazione del principio ne bis in idem, sia per altri motivi.

[18] Vedasi l'articolo 2 della Convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea; l'articolo 1, lettera b) dell'azione comune sul riciclaggio di denaro del 1998 e l'articolo 2, paragrafo 1 della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee del 1995.

9. I differenti tipi di sanzioni

La questione relativa all'opportunità di applicare il principio del riconoscimento reciproco, a prescindere dalla sanzione applicata, è più difficile, ma costituisce uno dei problemi essenziali [19].

[19] La Convenzione dell'Aia del 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali copre la privazione della libertà, le multe o la confisca e le interdizioni (articolo 2), ma lo Stato membro interessato ha il diritto di rifiutare l'esecuzione dell'interdizione. La Convenzione di Bruxelles del 1991, sull'esecuzione delle condanne penali straniere, copre solamente le pene pecuniarie o le pene restrittive della libertà personale. La Convenzione del 1998 relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida copre, per definizione, solo la terza categoria di pene.

9.1. Pene detentive

In questo settore, devono essere conciliati due tipi d'interessi: l'interesse dello Stato membro, in cui la condanna è stata pronunciata, alla sua esecuzione e l'interesse del condannato ad una reale possibilità di reinserimento sociale [20].

[20] È questo il motivo per cui sia la Convenzione dell'Aia del 1970 sulla validità internazionale delle condanne penali, sia la Convenzione del 1991 sull'esecuzione delle sentenze penali straniere, limitano la possibilità di eseguire la condanna in un altro Stato membro ai casi in cui il condannato sia cittadino di questo Stato o risieda in esso o stia già espiandovi un'altra condanna. Inoltre, la Convenzione del 1991 sull'esecuzione delle sentenze penali straniere consente allo stesso Stato di residenza o appartenenza di chiedere il trasferimento dell'esecuzione. È indicativo che nessuno di tali atti internazionali preveda che il condannato sia sentito in merito al luogo in cui dovrà scontare la pena.

Tale ultima considerazione porta alla conclusione che le pene detentive dovrebbero, in generale, essere eseguite nel luogo più vicino all'ambiente sociale in cui il condannato dovrà essere reinserito. Nella maggior parte dei casi, si tratterà dello Stato membro in cui il condannato risiede.

Quando una sentenza è pronunciata in uno Stato membro ed eseguita in un altro, è necessario determinare quale Stato è competente per adottare decisioni connesse a tale esecuzione, come la liberazione condizionale [21]. La fiducia reciproca dovrebbe valere nei due sensi: se lo Stato membro che esegue la pena riconosce la validità della decisione pronunciata dall'altro Stato membro, quest'ultimo deve avere fiducia nei provvedimenti adottati dall'altro Stato membro per dare esecuzione alla pena. Di conseguenza, è opportuno che le decisioni connesse all'esecuzione, che si basano sul comportamento del detenuto, siano di competenza dello Stato membro che esegue la pena. Esistono, inoltre, motivi di natura pratica a favore di tale soluzione: in effetti, le autorità dello Stato membro che dà esecuzione alla decisione sono in contatto diretto con il detenuto e pertanto in grado di giudicare nel modo migliore la sua condotta. Non bisogna escludere la possibilità che le autorità dello Stato membro che ha pronunciato la sentenza siano consultate, o perlomeno informate, prima dell'adozione di un provvedimento. Un'altra opzione potrebbe essere l'imposizione, da parte dello Stato membro che pronuncia la sentenza, di limiti o condizioni al momento del trasferimento (per esempio, al fine di proteggere o informare la vittima).

[21] La Convenzione del 1991 sull'esecuzione delle sentenze penali straniere non diverge in maniera sostanziale dalla Convenzione dell'Aia del 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali per quanto riguarda la competenza in merito all'esecuzione della condanna in seguito al trasferimento. È importante, in particolare, rilevare che entrambe attribuiscono allo Stato membro in cui è eseguita la condanna la competenza a decidere in merito alle procedure ed ai provvedimenti connessi. Tuttavia, solo la Convenzione dell'Aia cita esplicitamente la liberazione condizionale tra tali provvedimenti.

La concessione della grazia, amnistia o altri provvedimenti, non connessi al comportamento del condannato durante la detenzione, deve, al contrario, restare di competenza dello Stato che ha pronunciato la sentenza.

Un'ulteriore questione da esaminare riguarda il costo della detenzione [22], che può essere ingente. Al riguardo, sarebbe possibile basarsi sul principio secondo cui l'onere finanziario ricade su chiunque abbia un interesse all'adozione di un determinato provvedimento. Quando uno Stato membro adotta una decisione di condanna dell'imputato ad una pena detentiva, esso agisce in conformità al suo ordinamento penale. Di conseguenza, è lecito presumere che tale provvedimento è adottato nell'interesse di tale Stato membro. Ovviamente, può sussistere anche un interesse di un altro Stato membro o piuttosto, della società nel suo insieme, ad una condanna di taluni criminali ad una pena detentiva di una certa durata, in particolare con riferimento alla prevenzione, ma non sembra opportuno addossare i costi della detenzione all'insieme della società. Di conseguenza, la regola di base potrebbe consistere nello stabilire che i costi della detenzione sono a carico dello Stato membro che adotta la decisione.

[22] Il problema relativo alle spese inerenti alla detenzione non è affrontato nelle convenzioni vigenti, né l'onere economico è considerato come un motivo rilevante per negare l'esecuzione della condanna pronunciata in un altro Stato.

Tuttavia, il sistema attuale sembra basarsi sul principio secondo cui, quando uno Stato accetta di dare esecuzione ad una pena detentiva inflitta da un altro Stato, esso non chiede il rimborso dei costi sostenuti. Il mantenimento di tale sistema sarebbe meno complicato nella pratica, in quanto consentirebbe di evitare le procedure amministrative connesse alla richiesta di rimborso ed alla riscossione dei pagamenti.

9.2. Sanzioni pecuniarie

In generale, il riconoscimento reciproco delle decisioni definitive che infliggono una multa dovrebbe essere applicato a tutte le decisioni in questione, sia quando l'importo dell'ammenda è molto elevato, sia quando è relativamente trascurabile.

È in particolare in tale ultimo caso, quando sono sanzionate infrazioni di minore entità, come le piccole infrazioni al codice della strada, che un sistema semplificato e rapido di reciproco riconoscimento presenta i suoi vantaggi. L'esecuzione internazionale convenzionale implicherebbe costi spesso superiori alla multa inflitta. Tuttavia, la non esecuzione in altri Stati membri di multe di scarsa entità invierebbe un segnale sbagliato: ciò potrebbe, in effetti, dare l'impressione che le ammende inflitte per reati commessi all'estero non saranno riscosse qualora si riesca ad attraversare la frontiera, e ciò non sarebbe conforme all'idea di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. D'altra parte, un cittadino che abbia commesso un reato minore accetterebbe con difficoltà il pagamento di spese processuali che superino in maniera sostanziale l'importo stesso dell'ammenda. Un sistema di raccolta delle ammende basato sul reciproco riconoscimento sarebbe semplice da gestire e causerebbe probabilmente spese processuali di scarsa entità.

Riguardo alle pene pecuniarie, possono sorgere tre questioni fondamentali: in primo luogo la pena pecuniaria irrogata può talvolta eccedere il massimo previsto nello Stato dell'esecuzione per lo stesso reato - tale aspetto riguarda fondamentalmente la scelta tra l'esecuzione piena e diretta e la conversione in un nuovo provvedimento nello Stato dell'esecuzione. Nella maggior parte dei casi ciò equivale a decidere se la parità di trattamento [23] tra i soggetti che hanno commesso il reato nello stesso Stato membro debba prevalere sulla parità di trattamento tra i condannati aventi la stessa cittadinanza o residenti nello stesso Stato membro.

[23] L'uso in tale contesto del termine "parità di trattamento" non esclude la possibilità di adottare una decisione che tenga conto della situazione dell'autore del reato, ossia della sua capacità finanziaria, dei suoi obblighi nei confronti di altre persone, come nel caso di corresponsione degli alimenti, ecc.

La seconda difficoltà attiene all'eventuale differenza intrinseca esistente tra le decisioni che infliggono sanzioni pecuniarie. Talvolta, possono essere necessari procedimenti amministrativi o civili per la riscossione dell'importo dovuto. La Convenzione del 1991 sull'esecuzione delle sentenze penali straniere tenta di risolvere tale problema nei casi di sanzioni inflitte a persone giuridiche, offrendo allo Stato membro la possibilità di indicare la propria disponibilità a procedere, a norma delle proprie disposizioni di procedura civile in materia di esecuzione, alla riscossione dell'importo della sanzione (articolo 9, paragrafo 2).

In terzo luogo, è opportuno esaminare la questione relativa alla ripartizione delle ammende riscosse dai due Stati interessati. Al riguardo, esistono tre possibilità: lo Stato membro che esegue la decisione può conservare gli importi incassati, oppure trasferirli allo Stato membro che ha adottato la decisione, oppure i due Stati membri si ripartiscono l'importo incassato. Nella prima ipotesi, l'iter amministrativo sarebbe minimo, nella seconda molto superiore, mentre la terza sarebbe la più difficile da gestire nella pratica. A favore della seconda alternativa potrebbe essere fatto valere un argomento, ossia che la decisione iniziale prevede, nella maggior parte dei casi, il pagamento delle ammende allo Stato le cui autorità hanno adottato le decisioni. Se si desidera riconoscere anche tale elemento della decisione, gli importi incassati devono, in tal caso, essere versati allo Stato membro che ha adottato la decisione. A prescindere dall'opzione scelta, sarà probabilmente necessario trovare un meccanismo per indennizzare lo Stato membro che ha eseguito la decisione, al fine di rimborsargli i costi sostenuti per incassare l'ammenda. Una soluzione potrebbe essere che lo Stato membro che ha dato esecuzione alla decisione abbia il diritto di addossare tali costi alla persona sanzionata, analogamente a quanto già avviene con la riscossione di un'ammenda inflitta nel corso di un procedimento nazionale.

9.3. Confisca

Relativamente alla confisca, dovrebbero essere applicabili i principi stabiliti per il riconoscimento e l'esecuzione delle pene pecuniarie, quanto meno per la confisca di somme di denaro, siano esse costituite da contanti o da conti bancari. Per la confisca di altri beni, sarà probabilmente necessario adattare tali principi, pur conservandone le linee fondamentali.

Un fattore che potrebbe richiedere una particolare attenzione è la protezione dei diritti delle vittime di reati e dei terzi in buona fede.

9.4. Sanzioni alternative

Alcuni ordinamenti giuridici hanno elaborato sanzioni differenti da quelle "classiche", come le ordinanze relative alla prestazione di servizi sociali a favore della comunità danneggiata.

In proposito, possono sorgere due tipi di difficoltà: la prima è relativa al fatto che le sanzioni alternative sono spesso caratterizzate da un elemento di risarcimento, come quando l'autore di un reato è obbligato, per esempio, ad agire a favore della comunità danneggiata nel suo insieme, oppure a beneficio della(e) vittima(e) del reato. In proposito, è necessario compensare il potenziale vantaggio per la comunità o la vittima del reato con il beneficio concesso all'autore del reato di rendere tale servizio nello Stato membro in cui è socialmente integrato. Eseguire, per esempio, un servizio d'interesse generale in un altro Stato membro, non sarebbe di nessuna utilità per la comunità i cui valori fossero stati lesi dal reato. D'altra parte, l'obbligo di eseguire un servizio d'interesse generale lontano dal proprio domicilio renderebbe la pena più severa.

In secondo luogo, può accadere che taluni Stati membri, il cui sistema di pene alternative è meno sviluppato, non dispongano di un adeguato contesto sociale e dei necessari organismi di vigilanza: il trasferimento dell'esecuzione della pena alternativa in tali Stati potrebbe quindi avere per effetto di non consentire la realizzazione dello scopo educativo della pena. Alla luce di tale potenziale difficoltà, è preferibile effettuare un'analisi comparativa, al fine di istituire, eventualmente in una fase successiva, un sistema di cooperazione che agevoli il raggiungimento di un'intesa tra gli Stati membri interessati.

Di conseguenza, anche se in linea di massima il riconoscimento reciproco delle sanzioni alternative dovrebbe seguire gli stessi orientamenti stabiliti per le pene detentive o pecuniarie, sembra legittimo - tenendo conto della vasta gamma di tipi e modalità di misure che possono rientrare in tale categoria - lasciare maggiore discrezionalità agli Stati membri interessati. Ciascuno di essi avrà pertanto la facoltà di chiedere il trasferimento, ma lo Stato membro richiesto non sarà tenuto ad accogliere la richiesta.

9.5. Interdizioni

Qualora una persona che sia stata, a seguito di una decisione, come previsto al punto 3.2, interdetta dall'esercizio di determinate funzioni o professioni, iscritta in un elenco di soggetti esclusi dalla percezione di fondi pubblici, interdetta da attività che implicano il contatto con minorenni, o comunque interdetta in altro modo, attraversi il confine ed eserciti le funzioni citate, si candidi all'attribuzione di un contratto pubblico o riceva una sovvenzione negli Stati membri confinanti, l'effetto della sanzione sarebbe in gran parte neutralizzato. La Commissione si rende conto che l'estensione dell'effetto delle interdizioni al di fuori dello Stato membro nel quale sono state pronunciate potrebbe essere considerata come un'aggravante della situazione della persona condannata, ma tale misura sembra necessaria per evitare le conseguenze sopra descritte, che sarebbero incompatibili con uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Di conseguenza, è necessario compiere uno sforzo particolare per superare gli ostacoli che si oppongono al riconoscimento reciproco delle interdizioni.

Il riconoscimento reciproco delle interdizioni (o di provvedimenti analoghi, come il divieto di esercitare determinate attività) solleva problemi pratici completamente diversi rispetto alle sanzioni sopra descritte. Molte interdizioni e sanzioni analoghe - come quelle pronunciate con riferimento al diritto di esercitare determinate attività professionali - per essere efficaci nell'ambito del mercato interno devono essere riconosciute ed eseguite in tutta l'Unione. Il riconoscimento reciproco in tale settore deve essere multilaterale o, più precisamente, comunitario ed il rispetto della decisione adottata deve essere controllato fino alla sua scadenza. L'unica via per ottenere tali risultati è probabilmente quella della costituzione di registri, nei quali le decisioni sarebbero iscritte non appena adottate (o divenute definitive), secondo uno schema predeterminato che indichi, quanto meno, le generalità della persona interdetta, le attività vietate e la durata della sanzione. Si tratta di un obiettivo assai impegnativo, che implica le stesse difficoltà sollevate dalla base di dati relativa agli autori di reati connessi alla criminalità organizzata, che è stata inclusa nella strategia recentemente elaborata dall'Unione europea contro la criminalità organizzata [24]. I temi connessi alla protezione dei dati, in particolare, costituiscono l'aspetto centrale dei lavori in tale materia e l'accesso ad un tale registro è un problema di natura complessa: come informare, per esempio, le autorità di regolamentazione incaricate di vigilare sulle attività citate (ad esempio, nel settore finanziario oppure dell'istruzione, a seconda della natura dell'interdizione)-

[24] La prevenzione ed il controllo della criminalità organizzata: una strategia dell'Unione europea per l'inizio del millennio (GU C 124 del 3 maggio 2000). Vedasi anche il punto 5 precedente.

10. Protezione dei diritti individuali

Nella conclusione n. 33 del vertice di Tampere, il Consiglio europeo ritiene che il rafforzamento del principio del riconoscimento reciproco faciliterebbe la protezione giudiziaria dei diritti individuali. Di conseguenza, è necessario garantire che il trattamento degli indagati ed i diritti della difesa non siano pregiudicati dall'applicazione del principio in esame e che, anzi, le garanzie siano rafforzate. In tale settore, il punto di partenza per ogni riflessione, è tuttora costituito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e, in particolare, dagli articoli 5, 6 e 7. Alcuni aspetti particolari di diritto procedurale dovrebbero, tuttavia, essere analizzati in modo più dettagliato, ad esempio le modalità della consulenza ed interpretazione giuridica. Lo stesso vale per determinati procedimenti specifici e segnatamente per i procedimenti sommari promossi in caso di flagranza di reato, nonché i procedimenti in contumacia [25].

[25] La Convenzione sulla validità internazionale delle sentenze penali contiene un'intera sezione dedicata alle sentenze pronunciate in contumacia.

11. Aspetti di diritto procedurale per i quali la fissazione di norme minime è considerata necessaria

La conclusione n. 37 del vertice di Tampere invita la Commissione ad avviare i lavori relativi agli aspetti del diritto procedurale per i quali la fissazione di norme minime comuni è considerata necessaria per facilitare l'applicazione del principio del riconoscimento reciproco, nel rispetto dei principi giuridici fondamentali degli Stati membri. Il Consiglio europeo ha pertanto riconosciuto che il riconoscimento reciproco non può interamente sostituire il ravvicinamento delle legislazioni, ma che i due sistemi dovrebbero coesistere.

Di conseguenza, sarà in primo luogo necessario determinare in quali settori tali norme minime comuni sono necessarie per garantire la fiducia reciproca necessaria all'applicazione del riconoscimento reciproco e, in un secondo momento, adottare le norme stesse.

I settori in cui potrebbe essere necessario adottare norme comuni sono i seguenti:

- la tutela dell'imputato nel corso della procedura, con riferimento ai diritti della difesa, come l'accesso alla consulenza giuridica ed il diritto ad essere rappresentato, l'interpretazione e la traduzione quando l'accusato non conosce sufficientemente la lingua del procedimento, l'accesso ai tribunali (nel caso di procedure amministrative, in appello);

- la tutela della vittima del reato per quanto riguarda la possibilità di essere ascoltata nell'ambito di una procedura penale, di presentare elementi di prova, ecc.

12. La procedura di convalida ("Exequatur")

In teoria, tale procedura dovrebbe essere superflua, in quanto il riconoscimento reciproco sarebbe applicato in maniera diretta ed automatica, senza necessità di avviare un'ulteriore fase procedurale. In pratica, ciò sembra essere impossibile nella maggior parte dei casi. Quando la decisione è resa in una lingua diversa da quella(e) utilizzata(e) dalla o dalle persone ed autorità interessate, sarà necessario tradurne almeno il testo. Inoltre, sembra che sia necessario assicurarsi che tale decisione sia effettivamente una decisione ai sensi della definizione stabilita al punto 3.2 e che essa emani da un'autorità competente per adottare tale tipo di decisioni.

Se si decidesse di limitare il campo d'applicazione del riconoscimento reciproco, la procedura di convalida (autenticazione) dovrebbe includere una fase che consenta di verificare che la decisione adottata rientra in tale campo d'applicazione. Se il riconoscimento è in funzione del rispetto di talune salvaguardie procedurali, sarà forse necessario introdurre delle verifiche a tal fine. In realtà, la verifica di ogni elemento supplementare, prima che la decisione sia riconosciuta dallo Stato membro di esecuzione della decisione, rende la procedura di convalida più complessa e lunga e priva il riconoscimento reciproco dei suoi principali vantaggi, ossia la rapidità e la semplicità. Una procedura di convalida troppo complessa avrebbe come effetto di autorizzare solo un regime di riconoscimento reciproco che, in pratica, sarebbe molto simile al regime classico della "richiesta".

Le osservazioni di natura pratica formulate in merito ai differenti tipi di sanzioni mostrano che potrebbe essere necessario prevedere procedure di convalida diverse per differenti decisioni. Per esempio, nei casi in cui il tipo di sanzione inflitta non esiste nello Stato membro di esecuzione, potrebbe essere necessaria una procedura di conversione più elaborata.

13. Prevenzione dei conflitti di giurisdizione tra Stati membri

L'articolo 31, lettera d) del trattato sull'Unione europea stabilisce che l'azione comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale comprende la prevenzione dei conflitti di giurisdizione tra Stati membri.

Attualmente, le legislazioni penali di molti paesi prevedono differenti criteri di competenza, come dimostrano le disposizioni dei vari strumenti comunitari [26]. Il problema diventa particolarmente acuto nei casi in cui si applica una competenza universale, come previsto da numerosi strumenti giuridici [27]. Di conseguenza, non è raro che più Stati membri siano competenti per una stessa fattispecie penale. Non esistono né regole di litispendenza, né di gerarchia dei livelli giurisdizionali, ma solamente un invito, a volte, a coordinare e, nella misura del possibile, centralizzare i procedimenti [28].

[26] Vedasi, per esempio, l'azione comune del 24 febbraio 1997 relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, Titolo II/A/f (GU L 63 del 4 marzo 1997); la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti i funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, articolo 7 (GU C 195 del 25 giugno 1997); l'azione comune del 21 dicembre 1998 relativa alla punibilità della partecipazione ad un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, articolo 4 (GU L 351 del 29 dicembre 1998); l'azione comune del 22 dicembre 1998 relativa alla corruzione nel settore privato, articolo 7 (GU L 358 del 31 dicembre 1998).

[27] Per esempio, l'azione comune del 1997 relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini.

[28] Come nell'articolo 6 della Convenzione del 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, oppure nell'articolo 4 dell'azione comune del 1998 relativa alla punibilità della partecipazione ad un'organizzazione criminale.

I punti di contatto della rete giudiziaria europea hanno già per compito di facilitare il coordinamento dei procedimenti, nell'ipotesi di una serie di richieste formulate da autorità giudiziarie locali [29]. Inoltre, il piano d'azione di Vienna del 1998, adottato dal Consiglio e dalla Commissione [30], prevede di esaminare, entro cinque anni dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, la possibilità di istituire un registro di casi pendenti, allo scopo di prevenire i conflitti di competenza tra Stati membri. In assenza di una gerarchia tra le giurisdizioni competenti, l'unica soluzione possibile sarebbe di derogare al principio del riconoscimento reciproco quando lo Stato membro che riconosce la decisione è competente ed avvia effettivamente un procedimento, oppure quando tale Stato era competente, ma ha deciso di non avviare un procedimento [31]. In tal caso, tuttavia, si pregiudica in maniera grave il principio del riconoscimento reciproco.

[29] Vedasi l'articolo 4, paragrafo 3 dell'azione comune relativa alla creazione di una rete giudiziaria europea (GU L 191 del 7 luglio 1998). Il miglioramento delle capacità operative della rete è attualmente oggetto di discussione.

[30] Piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (GU C 19 del 23 gennaio 1999). Vedasi il punto 49, lettera e) del piano d'azione.

[31] L'articolo 6, lettere e) e f) della Convenzione del 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali stabilisce tali motivi per la non esecuzione di una decisione.

13.1. Coordinamento

Una soluzione utile per dirimere i conflitti di competenze tra Stati membri e per evitare, di conseguenza, procedimenti molteplici, sarebbe di elaborare dei criteri di priorità relativi all'attribuzione della competenza e d'incaricare un organismo, già esistente o da istituire, di decidere caso per caso quale Stato membro è competente in funzione di tali criteri. Tale compito potrebbe per esempio essere assunto da EUROJUST, la Corte di giustizia o un altro organismo.

Tuttavia, nel caso tale elenco di criteri lasciasse un margine d'apprezzamento all'organismo che decide, quest'ultimo si troverebbe in una situazione particolarmente difficile nell'esaminare casi politicamente sensibili. L'uso del proprio margine d'apprezzamento lo esporrebbe a severe critiche, a prescindere dalla decisione adottata. Se potesse dimostrare che tale decisione si basa su regole stabilite, esso sarebbe comunque criticato da coloro che ritengono possibile una diversa interpretazione di tali norme, ma potrebbe far fronte a tale critica con maggiore facilità che nel primo caso.

13.2. Regole comunitarie sulla giurisdizione esclusiva

A seguito dell'introduzione del riconoscimento reciproco, sarebbe opportuno completare il sistema esistente - che consentirebbe a più Stati membri di essere competenti per lo stesso reato - con norme che attribuiscono chiaramente la competenza ad un unico Stato membro. Le regole di competenza dovrebbero non solo prevenire i conflitti positivi di competenza (quando due o più Stati membri desiderano giudicare una determinata fattispecie), ma anche quelli negativi (quando nessuno Stato membro vuole giudicare una determinata fattispecie).

Quando la competenza per giudicare una determinata fattispecie sarà attribuita esplicitamente alle autorità di un (unico) Stato membro, sulla base di regole comuni, gli altri Stati membri potranno riconoscere ed accettare tale decisione più facilmente rispetto ad una situazione in cui anche le loro autorità avrebbero potuto essere competenti. Tale procedura sarebbe utile anche nei casi in cui le disposizioni degli ordinamenti degli Stati sono differenti, sia in materia di diritto penale sostanziale, sia di diritto processuale penale. In effetti, anche quando non sussiste un reato per entrambi i paesi interessati, lo Stato membro richiesto di dare esecuzione ad una decisione, relativa ad un atto che a norma della propria legislazione non costituisce un reato, potrebbe accogliere con maggiore facilità tale richiesta, poiché la decisione si basa su norme, accettate di comune accordo, che stabiliscono quale Stato é competente per una determinata fattispecie. In materia di diritto processuale, i sistemi legislativi sono differenti per quanto riguarda, per esempio, il "principe d'opportunité des poursuites" (principio d'opportunità). Negli Stati membri che aderiscono a tale principio, spetta al pubblico ministero decidere, quando gli elementi di prova raccolti indicano che è stato commesso un reato, se è necessario avviare un procedimento. In altri Stati membri, l'avvio di un procedimento è obbligatorio in presenza di tali condizioni. Anche in tal caso, quando le procure di uno Stato membro, il cui sistema processuale si basa sul principio di opportunità, sono competenti a norma di regole stabilite di comune accordo e decidono di non avviare il procedimento, sarà più facile per gli altri Stati membri, la cui competenza sarebbe esclusa, accettare tale decisione, nonché essere privati della possibilità di avviare essi stessi un procedimento.

La creazione di un tale sistema di riconoscimento reciproco, connesso a regole di competenza giurisdizionale, consentirebbe di compensare la perdita di sovranità subita dagli Stati membri nel riconoscere le decisioni di altri Stati membri con l'attribuzione di un ambito di competenza in cui gli Stati avrebbero la facoltà di stabilire le norme penali. Tale sfera di competenza sarebbe ampliata dal fatto che gli altri Stati membri riconoscerebbero le decisioni adottate a norma di tali regole. Il principio di territorialità, in quanto espressione di sovranità, sarebbe sostituito da altri criteri, che peraltro continueranno probabilmente a basarsi sulla territorialità. Per esempio, uno dei criteri principali per l'attribuzione della competenza potrebbe essere il luogo in cui è stato commesso il reato.

Un altro argomento a favore di una serie di regole di competenza chiaramente definite è dato dall'esigenza di escludere che le parti possano scegliere il tribunale più favorevole ("forum-shopping"). Ciò dovrebbe essere impedito ad entrambe le parti del procedimento, ossia sia all'accusa che alla difesa.

Nella maggior parte dei casi, le autorità competenti degli Stati membri (potenzialmente) interessate potrebbero accertare se la fattispecie è di competenza del loro Stato membro, interpretando esse stesse le regole sulla competenza. Solo nell'ipotesi in cui tali norme non fossero chiare in merito ad una specifica fattispecie, oppure nel caso in cui gli Stati membri dovessero - per qualsiasi motivo - insistere sulla loro competenza, sarebbe necessario deferire tale questione ad un organismo europeo, incaricandolo di dirimere tale conflitto di competenza. Tale compito potrebbe essere affidato alla Corte europea di giustizia [32], a EUROJUST, oppure ad un organismo simile. A prescindere dalla soluzione scelta, la capacità di adottare rapidamente una decisione sulle questioni di accertamento della competenza costituirà un fattore essenziale.

[32] Eventualmente, in maniera analoga a quanto previsto dal Protocollo relativo all'interpretazione della Convenzione di Bruxelles del 1968, firmata a Lussemburgo il 3 giugno 1971 (GU L 204 del 2 agosto 1975, versione consolidata nella GU C 27 del 26 gennaio 1998).

Uno degli svantaggi dell'elaborazione di una serie di norme di attribuzione della competenza giurisdizionale tra gli Stati membri dell'UE è costituito dal fatto che sarà probabilmente necessario fare un considerevole sforzo di negoziato per raggiungere un accordo su tali regole. Tuttavia, è opportuno considerare che si tratta di uno sforzo "una tantum", che renderebbe superfluo determinare, caso per caso, la competenza di uno Stato membro nell'ipotesi di un conflitto di competenza tra le giurisdizioni di due o più Stati membri. Tuttavia, qualsiasi procedura di convalida dovrebbe verificare se lo Stato membro che ha reso la decisione e ne richiede il riconoscimento era effettivamente competente ad adottare tale decisione. Nella maggior parte dei casi, tale accertamento non sarà un onere troppo gravoso, in particolare se le regole sulla competenza sono redatte in modo chiaro e ben definito. Ciononostante, è probabile che in taluni casi si verifichino casi più complessi che richiederanno uno sforzo considerevole [33].

[33] L'elaborazione di un sistema che attribuisce la competenza giurisdizionale per una determinata fattispecie ad uno Stato membro specifico, escludendo, di conseguenza, quella di tutti gli altri Stati membri, potrebbe avere conseguenze anche sugli obblighi internazionali che gli Stati membri hanno eventualmente assunto. Gli Stati membri dell'UE potrebbero, in effetti, aver accettato, nei confronti di paesi terzi o organizzazioni internazionali, la competenza giurisdizionale in merito a determinati casi. A norma di un sistema comunitario di giurisdizione esclusiva, la competenza potrebbe tuttavia essere attribuita ad un altro Stato membro ed il primo Stato membro non sarebbe dunque competente. La necessità di un'eventuale modifica degli strumenti in vigore, che impongono obblighi agli Stati membri nei confronti di paesi terzi o di organizzazioni internazionali, dipende in ampia misura dalla maniera in cui tali strumenti regolano i loro rapporti con altri strumenti.

In determinati casi, gli Stati membri vorranno continuare ad essere competenti, a prescindere dal luogo in cui gli atti sono stati commessi, come per esempio, nel caso di reati contro il loro interesse nazionale, come gli attentati contro i loro funzionari, oppure nel caso di violazione della legislazione in materia di segreti di Stato/sicurezza nazionale. Nei casi in cui tali deroghe al principio di territorialità sono autorizzate, esse devono corrispondere ad una perdita di competenza dello Stato membro sul cui territorio l'atto è stato commesso, al fine di evitare le difficoltà connesse alla combinazione di un cumulo di competenze con il riconoscimento reciproco, descritte in precedenza. Qualora non sia possibile determinare una competenza unica di tale natura, tali questioni potrebbero eventualmente essere escluse dal riconoscimento reciproco.

Contributo della Commissione ai lavori relativi al programma di misure destinate ad applicare il principio del riconoscimento reciproco

I lavori relativi al riconoscimento reciproco delle decisioni finali in materia penale potrebbero essere articolati in pacchetti di misure relativi a questioni che sono suscettibili di sollevare interrogativi identici o analoghi. Ogni pacchetto potrebbe dare origine ad uno o più strumenti giuridici. Nell'esaminare tali pacchetti, sarà necessario tener conto di talune questioni fondamentali in materia di riconoscimento reciproco, in particolare per quanto riguarda la doppia punibilità, il riconoscimento totale o solo parziale, la procedura di convalida e le condizioni processuali che devono essere soddisfatte nello Stato membro che ha emanato la decisione, affinché essa sia riconoscibile nello Stato membro richiesto.

Tali pacchetti riguardano i seguenti punti:

- Riconoscimento reciproco delle decisioni che infliggono sanzioni pecuniarie in generale (ad eccezione delle infrazioni al codice della strada).

- Misure relative al casellario giudiziale. In un primo tempo, sarebbe opportuno elaborare dei formulari europei che consentano ai tribunali ed alle procure di trasmettere facilmente una domanda alle competenti autorità (centrali, se possibile) di tutti gli altri Stati membri dell'UE, per verificare se l'indagato ha precedenti penali. Successivamente, si dovrebbe istituire un registro penale europeo.

- Norme comunitarie sulla giurisdizione esclusiva in merito a decisioni definitive in materia penale. In alternativa, qualora si decidesse di non definire a livello comunitario norme comuni sulla competenza giurisdizionale, sarà necessario esaminare le questioni connesse ad un chiarimento del principio ne bis in idem, nonché al coordinamento dei procedimenti. Tale analisi dovrebbe essere fatta in parallelo ai lavori in corso su EUROJUST, per i quali il Consiglio europeo di Tampere ha fissato come scadenza la fine del 2001.

- Interdizioni, sanzioni alternative, controllo giudiziale delle persone fisiche. Potrebbe essere necessario elaborare un inventario delle sanzioni esistenti, nonché prevedere una cooperazione con il futuro Forum europeo sulla prevenzione del crimine.

- Confisca successiva al sequestro dei beni. I risultati dei lavori sul sequestro dei beni dovranno essere tenuti presenti al fine di assicurare la compatibilità di tali due fasi.

- Esecuzione delle decisioni relative a pene detentive adottate in un altro Stato membro. Tale punto dovrebbe essere trattato nel contesto delle misure relative al trasferimento di persone (in luogo di un'estradizione formale). Potrebbe essere necessario effettuare un'analisi dell'attuale situazione in materia di estradizione tra gli Stati membri dell'UE, inclusi gli strumenti giuridici esistenti.

Dato che la presente comunicazione affronta solo una parte del settore generale del riconoscimento reciproco, la Commissione non ritiene opportuno stabilire delle scadenze in merito alle misure sopra citate. La fissazione di scadenze per le misure individuali presenterà un interesse solamente nell'ambito dell'elaborazione del programma che coprirà tutte le misure da adottare in materia di riconoscimento reciproco.

La Commissione invita tutte le parti interessate a formulare (per iscritto) le loro osservazioni in merito alla presente comunicazione entro il 31 ottobre 2000, inviandole all'indirizzo seguente:

Al Direttore generale Direzione generale Giustizia e affari interni

Commissione europea

Rue de la Loi 200 B-1049 Bruxelles

Fax: (+32 2) 296 74 81

E-mail: Adrian.Fortescue@cec.eu.int

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