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SSSE

1) OBIETTIVO

Definire obiettivi politici e principi generali di sviluppo territoriale a livello dell'Unione europea, al fine di garantire uno sviluppo sostenibile ed equilibrato dello spazio europeo che ne rispetti la diversità.

2) ATTO

SSSE - Schema di sviluppo dello spazio europeo. Verso uno sviluppo equilibrato e sostenibile del territorio dell'Unione europea.

3) SINTESI

Le politiche di sviluppo territoriale mirano a garantire uno sviluppo equilibrato e sostenibile del territorio dell'Unione in armonia con gli obiettivi fondamentali della politica comunitaria, ovvero la coesione economica e sociale, la competitività economica basata sulla conoscenza e conforme ai principi dello sviluppo sostenibile, la conservazione della diversità delle risorse naturali e culturali.

Senza prevedere nuove competenze comunitarie in materia di assetto territoriale, lo Schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE) costituisce un quadro di orientamento politico finalizzato a migliorare la cooperazione tra le politiche comunitarie settoriali che hanno un impatto significativo sul territorio. La sua elaborazione prende le mosse dalla constatazione che l'azione degli Stati membri si integra meglio se è basata su obiettivi di sviluppo territoriale definiti in comune. Si tratta di un documento di natura intergovernativa a carattere indicativo e non vincolante. Conformemente al principio di sussidiarietà, la sua applicazione avviene al livello di intervento più appropriato e a discrezione dei diversi protagonisti nell'ambito dello sviluppo territoriale.

Lo SSSE è il risultato di un lungo e intenso processo di preparazione. Le prime proposte in materia di sviluppo dello spazio europeo risalgono agli anni 1960-1970, e in particolare al documento del Parlamento europeo "Piano europeo di assetto territoriale". I documenti "Europa 2000" [COM(90)544, non pubblicato nella GU] e "Europa 2000+" [COM(94)354, non pubblicato nella GU] della Commissione europea hanno dato un impulso decisivo a favore dell'adozione di una politica concertata. Il Consiglio di Liegi del 1993 segna il punto di partenza dell'elaborazione dello Schema di sviluppo dello spazio europeo propriamente detto. A partire da quel momento, le presidenze successive, assistite da un Comitato per lo sviluppo territoriale composto da rappresentanti della Commissione e funzionari nazionali, hanno elaborato diversi progetti fino all'adozione definitiva dello SSSE a Potsdam nel maggio 1999 nel corso del Consiglio informale dei ministri responsabili dell'assetto territoriale.

Lo SSSE si suddivide in due parti: I) il contributo della politica di sviluppo del territorio in quanto nuova dimensione della politica europea e II) le tendenze, le prospettive e le sfide del territorio dell'Unione. Il presente documento riguarda esclusivamente la prima parte. Altri documenti (Seconda Relazione sulla coesione economica e sociale (esdeenfr) e prima relazione intermedia (esdeenfr)) presentano già dati più recenti sulle grandi tendenze connesse al territorio comunitario.

L'APPROCCIO AL TERRITORIO SU SCALA EUROPEA

Lo SSSE si basa sull'idea che la crescita economica e la convergenza di certi indicatori economici non siano sufficienti per conseguire l'obiettivo della coesione economica e sociale. Per rimediare alle disparità constatate è dunque auspicabile un intervento concertato in materia di sviluppo territoriale in grado di mediare tra i seguenti aspetti: un'integrazione economica in costante progressione (UEM, realizzazione del Mercato interno), l'importanza crescente del ruolo delle collettività locali e regionali, il prossimo allargamento dell'Unione europea verso l'Europa Centrale e Orientale e l'evoluzione delle relazioni tra i Quindici e i loro vicini.

Con più di 370 milioni di abitanti su un territorio di 3,2 milioni di km2 e un prodotto interno lordo (PIL) di 6800 miliardi di euro (1996), l'Unione europea fa parte delle zone economiche più importanti e più forti del mondo. Si osservano però squilibri economici notevoli che frenano la realizzazione di un modello di sviluppo equilibrato e sostenibile. Il cuore dell'Europa, delimitato dalle metropoli di Londra, Parigi, Milano, Monaco di Baviera e Amburgo, rappresenta solo il 20 % della superficie e il 40 % della popolazione comunitaria, ma contribuisce per il 50 % al prodotto interno lordo europeo (PIL). Inoltre, se è vero che a livello di efficienza economica il divario tra regioni "ricche" e regioni "povere" si riduce leggermente è anche vero che aumentano le disparità regionali all'interno della maggior parte degli stati. Alla fine del 1998 il tasso di disoccupazione corrispondeva a circa il 10 % della popolazione attiva (di cui la metà erano disoccupati di lunga durata e più del 20 % giovani), con variazioni rilevanti a seconda delle regioni e degli Stati membri.

Lo SSSE incorpora quattro ambiti di grande importanza che interagiscono ed esercitano una pressione notevole sullo sviluppo territoriale dell'Unione europea.

  • L'evoluzione delle zone urbane: Circa l'80 % della popolazione europea vive oggi in città. Vengono ristrutturati o emergono centri urbani, nascono reti di città che cooperano al di là delle frontiere. Inoltre, un nuovo rapporto città/campagna è necessario per rispondere alle sfide alle quali sono confrontati i territori.
  • L'evoluzione delle zone rurali: Le zone rurali dell'Unione europea si ritrovano spesso ad essere marginalizzate a causa di una concomitanza di fattori quali la distanza dalle grandi metropoli, le difficili condizioni climatiche, la ridotta densità della popolazione, la scarsità di infrastrutture o la mancanza di diversificazione economica provocata dal peso eccessivo dell'agricoltura. A fronte dei problemi tali zone possono contare però su una grande ricchezza dell'ambiente, che impone di tutelare le risorse naturali e gli ecosistemi come pure di sfruttarne in modo alternativo le potenzialità economiche (turismo verde e culturale, diversificazione agricola).
  • I trasporti: Con la realizzazione del mercato interno l'aumento costante del traffico stradale e aereo crea congestionamenti e pressioni sull'ambiente. L'Unione europea è uno dei principali responsabili delle emissioni di biossido di carbonio nel mondo. Inoltre, la ripartizione disomogenea delle infrastrutture sul territorio europeo può provocare squilibri notevoli in termini di investimenti economici e rimettere in questione i principi della coesione territoriale.
  • Il patrimonio naturale e culturale: La diversità del patrimonio naturale e culturale è una grande ricchezza per l'Europa. Tuttavia, questo patrimonio è minacciato da taluni processi di modernizzazione economica e sociale. La flora, la fauna, l'acqua, il suolo e i paesaggi tradizionali subiscono le conseguenze di squilibri dovuti a uno sfruttamento eccessivo dell'ambiente da parte dell'uomo. Nel quadro dello sviluppo sostenibile, la politica dell'assetto territoriale in Europa ha l'obiettivo di porre un freno a tali pratiche e a promuovere un utilizzo ragionevole delle risorse.

L'IMPATTO DELLE POLITICHE COMUNITARIE SUL TERRITORIO DELL'UNIONE

Benché nel trattato di Amsterdam sia dedicato un titolo specifico alla coesione economica e sociale, le politiche settoriali dell'Unione non contengono obiettivi chiaramente definiti in materia territoriale. Tuttavia, diverse di queste politiche incidono fortemente sul territorio comunitario in quanto spazio geografico di intervento. Il loro impatto territoriale dipende dalla natura degli interventi, che possono essere di tipo finanziario (Politica agricola comune, politica regionale per il tramite dei Fondi strutturali, aiuti specifici alla ricerca e all'innovazione), di tipo giuridico (politica della concorrenza, dell' ambiente) o di pianificazione (politica dell' energia e dei trasporti). Da un punto di vista finanziario, la politica agricola comune (PAC) e i Fondi strutturali hanno rappresentato nel 1997 l'83 % del bilancio comunitario.

Passiamo a esaminare le diverse politiche settoriali che hanno un impatto sul territorio:

  • I Fondi strutturali: Le varie relazioni sulla coesione dimostrano che le disparità diminuiscono a livello di Stati membri ma hanno la tendenza ad aumentare tra le regioni.I Fondi strutturali perseguono l'obiettivo della coesione economica e sociale. Essi intervengono soprattutto nelle zone ammissibili (obiettivo 1 per le regioni in ritardo di sviluppo, obiettivo 2 per le regioni in fase di riconversione) e, in misura minore, secondo una tipologia territoriale che serve da base alle iniziative comunitarie (INTERREG III per le regioni frontaliere, URBAN II per le zone urbane, LEADER+ per i territori rurali).Il sistema di programmazione dei Fondi strutturali offre la possibilità di elaborare progetti di sviluppo integrati con la partecipazione dell'insieme degli operatori locali riuniti in un partenariato rappresentativo e trasparente.
  • La politica agricola comune: All'inizio l'obiettivo pricipale della PAC era quello della produttività. Le riforme di tale politica che si sono succedute nel tempo confermano una costante attenzione ai legami tra agricoltura e spazio rurale. Ormai, tuttavia, gli obiettivi prevalenti sono altri: la sicurezza alimentare e il rispetto dell'ambiente.Un migliore coordinamento delle diverse politiche di sviluppo rurale è tanto più necessario in quanto l'allargamento dell'Unione europea e l'evoluzione del commercio mondiale mettono le zone rurali di fronte a sfide impegnative: la ristrutturazione del settore agricolo, soprattutto nei paesi candidati, la diversificazione economica dei territori, la definizione di un nuovo rapporto tra città e campagna.
  • La politica della concorrenza: Operando a favore dell'integrazione dei mercati nazionali nel mercato interno, la politica della concorrenza impedisce in particolare le intese tra società e gli abusi di posizione dominante, controlla le fusioni e le acquisizioni e disciplina gli aiuti di Stato. Tali misure incidono sulla ripartizione geografica dell'economia.La Commissione riconosce inoltre la necessità dell'intervento delle autorità pubbliche per assicurare l'equilibrio tra la concorrenza e la realizzazione di obiettivi di interesse generale e mantenere un servizio universale minimo e uniforme sull'insieme del territorio. Pur se in linea generale gli aiuti di Stato a finalità regionale sono considerati incompatibili con il mercato comune, la Commissione li autorizza però in casi debitamente giustificati, come il sostegno specifico alle regioni in ritardo di sviluppo, in fase di riconversione o che presentano svantaggi naturali (condizioni climatiche, distanza).
  • Le reti transeuropee (RTE): La Comunità partecipa alla realizzazione delle reti transeuropee nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'approvvigionamento energetico. Per le loro ripercussioni dirette sull'utilizzo del territorio, tali reti contribuiscono alla realizzazione del mercato interno oltre che al rafforzamento della coesione economica e sociale, migliorando i collegamenti tra zone centrali e zone insulari, senza sbocchi al mare e/o periferiche.Le reti di trasporto assorbono l'80 % del bilancio comunitario destinato alle RTE. L'obiettivo è la creazione di un sistema efficace e sostenibile, rispettoso dell'ambiente: alleggerimento del traffico sulla rete stradale mediante creazione di linee ferroviarie ad alta velocità e promozione delle vie navigabili, sviluppo dei trasporti pubblici e dell'uso della bicicletta in ambiente urbano.Grazie, in particolare, al telelavoro o alla formazione a distanza, le reti di telecomunicazione contribuiscono a superare gli handicap geografici.Nel settore dell'energia (gas, elettricità), l'impatto territoriale si traduce in termini di effetti sull'utilizzo del suolo e di cambiamento dei comportamenti dei consumatori.
  • La politica ambientale: Il trattato di Amsterdam assegna un ruolo di rilievo a questa politica, in quanto integra le esigenze di tutela dell'ambiente nell'attuazione di tutte le politiche comunitarie. Gli studi sull'impatto ambientale sono ora obbligatori e costituiscono un prerequisito per la realizzazione dei grandi progetti di investimento.L'impatto territoriale della politica ambientale interessa inoltre la definizione di zone protette (rete " Natura 2000 ") per la fauna e la flora, la riduzione dell'uso di sostanze nocive (nitrati) in agricoltura, la normativa sul trattamento dei rifiuti, la limitazione dell'inquinamento atmosferico o sonoro, la promozione delle energie rinnovabili (energia eolica).
  • Ricerca e sviluppo tecnologico (RST): La politica comunitaria in materia di RST favorisce la cooperazione tra le imprese, i centri di ricerca e le università. La scelta dei progetti non è subordinata a criteri regionali, ma un marketing territoriale mirato e basato sulle risorse specifiche consente alle regioni meno prospere di attirare gli investimenti in materia di RST.Il programma quadro pluriennale sostiene le ricerche sullo sviluppo territoriale in ambiti quali "La città del futuro e il patrimonio culturale", "Gestione sostenibile dell'agricoltura e della pesca" e "Gestione sostenibile e qualità delle acque".

Il sostegno finanziario della Banca europea per gli investimenti (BEI) esterno al bilancio comunitario, svolge peraltro un ruolo importante a favore delle azioni strutturali dell'Unione. Oltre al loro effetto implicito a livello di motivazione, i prestiti della BEI si adattano in modo particolare alle operazioni nelle regioni svantaggiate. Nel quadro del prossimo allargamento dell'Unione tale possibilità appare particolarmente indicata per il finanziamento dei progetti di lunga durata, quali gli investimenti per infrastrutture.

Senza coordinamento, le politiche comunitarie possono spesso involontariamente aggravare le disparità di sviluppo regionale in quanto nel perseguire obiettivi settoriali slegati dalla dimensione territoriale, i loro effetti rispettivi rischiano di annullarsi a vicenda. Insieme alla Commissione, gli Stati membri concepiscono lo schema di sviluppo dello spazio europeo come uno strumento che può contribuire a migliorare il coordinamento tra le politiche comunitarie. In tale contesto, è urgente che i servizi della Commissione rafforzino la collaborazione per garantire la coerenza con la dimensione territoriale e la valutazione dell'impatto territoriale delle politiche che sono di loro competenza.

OBIETTIVI POLITICI E OPZIONI PER IL TERRITORIO EUROPEO

Lo SSSE, che è rivolto all'insieme dei protagonisti dello sviluppo dello spazio a livello europeo, nazionale, regionale e locale, persegue i seguenti obiettivi e le seguenti linee politiche: A) l'istituzione di un sistema urbano policentrico ed equilibrato; B) la promozione di modelli di trasporti e di comunicazione integrati, che favoriscono l'equivalenza di accesso alle infrastrutture e alle conoscenze nell'intero territorio dell'Unione; C) lo sviluppo e la tutela della natura e del patrimonio culturale.

A) Sviluppo policentrico dello spazio e nuovo rapporto tra città e campagna

Attualmente, il cuore dell'Europa - delimitato dalle metropoli di Londra, Parigi, Milano, Monaco di Baviera e Amburgo - è la sola zona dinamica di integrazione nell'economia mondiale. Nell'Unione le attuali tendenze territoriali sono però caratterizzate dalla costante concentrazione di funzioni globali molto efficienti in tale area e in qualche altra metropoli (Barcellona, regione dell'Øresund).

Nella prospettiva dell'allargamento e di una crescente integrazione delle economie nazionali nel mercato interno e nell'economia mondiale, il modello di sviluppo policentrico previsto permetterà di evitare un'eccessiva concentrazione della popolazione e del potere economico, politico e finanziario in un'unica zona dinamica. Lo sviluppo di una struttura urbana relativamente decentrata permetterà di valorizzare il potenziale di tutte le regioni europee e quindi di ridurre le disparità regionali.

Anziché limitarsi a favorire, come in passato, il semplice collegamento della periferia al centro attraverso nuove infrastrutture, il modello di sviluppo policentrico dello spazio propone:

  • di creare più zone di integrazione economica mondiale;
  • di promuovere un sistema equilibrato di regioni metropolitane e di grappoli di città;
  • di promuovere strategie integrate di sviluppo urbano all'interno degli Stati membri che inglobano gli spazi rurali adiacenti;
  • di rafforzare la cooperazione tematica (trasporti locali, legami tra università e centri di ricerca, gestione del patrimonio culturale, integrazione dei nuovi migranti) nell'ambito di reti transfrontaliere e transnazionali che coinvolgono i paesi del Nord Europa, dell'Europa dell'Est e del bacino del Mediterraneo.

Per permettere uno sviluppo sostenibile, le strategie integrate di sviluppo delle città e delle regioni urbane devono cogliere alcune sfide di rilievo:

  • rafforzare il ruolo strategico delle regioni metropolitane e delle "città porta" che danno accesso al territorio dell'Unione (grandi porti, aeroporti intercontinentali, città in cui hanno sede fiere e esposizioni internazionali, centri culturali di fama mondiale), riservando una particolare attenzione alle regioni periferiche;
  • controllare l'espansione delle città ispirandosi al principio di "città compatta" (città dalle brevi distanze), in particolare nelle regioni costiere;
  • migliorare la base economica sfruttando le potenzialità peculiari del territorio e insediandovi attività innovative, diversificate e creatrici di occupazione;
  • favorire la plurifunzionalità e la pluralità dei gruppi sociali, soprattutto nelle metropoli, per lottare contro l'esclusione sociale di parte della popolazione, ristrutturare e valorizzare i quartieri in crisi e riurbanizzare i siti industriali dismessi;
  • gestire con intelligenza risorse come l'acqua, il suolo, l'energia e i rifiuti, salvaguardare la natura e il patrimonio culturale, ampliare gli spazi naturali;
  • migliorare l'accessibilità di tali zone grazie a mezzi di trasporto efficaci e non inquinanti.

Vivere e produrre in campagna di per sé non è contrario ad uno sviluppo economico competitivo né alla crescita dell'occupazione. I territori rurali, molto diversi tra loro, si sono riconvertiti (o hanno cominciato a farlo) per dare una risposta alle loro debolezze strutturali e concentrarsi sullo sviluppo endogeno. Per ovviare alla scarsità della popolazione e ad un impiego dei suoli sostanzialmente agricolo, le zone rurali sono infatti costrette a diversificare le loro attività applicando strategie basate su specificità ed esigenze proprie. La riscoperta della multifunzionalità di un'agricoltura orientata alla qualità (sicurezza alimentare, prodotti locali, agriturismo, valorizzazione del patrimonio e dei paesaggi, impiego di energie rinnovabili), lo sviluppo di attività connesse alle nuove tecnologie dell'informazione e lo scambio di esperienze su tematiche mirate permetteranno alle zone rurali di sfruttare in maniera ottimale il loro potenziale di sviluppo.

D'altro canto, riflettere a un nuovo partenariato tra città e campagna significherà incoraggiare un approccio integrato su scala regionale per poter risolvere insieme difficoltà insormontabili se affrontate separatamente. Tale partenariato permetterà di definire strategie originali di sviluppo e di conservare un'offerta minima di servizi e trasporti pubblici, nonché di rafforzare efficacemente la pianificazione territoriale. Esso favorirà inoltre gli scambi di esperienze attraverso reti di cooperazione che coinvolgono autorità locali e imprese urbane e rurali.

B) Parità di accesso alle infrastrutture e alla conoscenza

Pur non potendo conseguire da sole gli obiettivi della coesione economica e sociale, le infrastrutture dei trasporti e delle telecomunicazioni costituiscono senza dubbio strumenti importantissimi che permettono l'interconnessione tra i territori, in particolare tra le zone centrali e quelle periferiche e tra i centri urbani e la provincia.

Il futuro ampliamento delle reti transeuropee dovrà ispirarsi al concetto di sviluppo policentrico. Innanzitutto occorrerà designare e servire in via prioritaria le zone economiche di integrazione mondiale, riservando una particolare attenzione alle regioni con svantaggi di tipo geografico e ai collegamenti secondari all'interno delle regioni. Inoltre, è necessario che tutte le regioni possano beneficiare di un accesso equilibrato ai nodi intercontinentali (porti e aeroporti).

L'aumento del traffico di persone e di merci a cui oggi assistiamo costituisce una crescente minaccia per l'ambiente e per l'efficacia dei sistemi di trasporto. Attraverso una politica adeguata di sviluppo territoriale (trasporti pubblici in città, intermodalità, condivisione di infrastrutture), sarà possibile affrontare in maniera integrata le pressioni esercitate sull'ambiente dalla crescente mobilità, dal congestionamento del traffico e dall'occupazione dei suoli.

L'accesso alle conoscenze e alle infrastrutture ha una grandissima importanza in una società basata sul sapere. I mercati dell'occupazione e le imprese hanno bisogno di sistemi dinamici di innovazione, di un trasferimento efficace di tecnologie e devono potersi avvalere di un sistema di istruzione e di formazione efficiente. L'accesso al sapere e il potenziale innovativo attualmente restano però male ripartiti nell'Unione europea e concentrati nelle regioni dove l'economia è più dinamica. L'innalzamento del livello di istruzione e di formazione degli abitanti delle regioni in difficoltà, in particolare attraverso la diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione (servizio di base, politica tariffaria adeguata, formazione e sensibilizzazione) contribuirà a contrastare gli squilibri esistenti.

C) Gestione prudente della natura e del patrimonio culturale

Lo sviluppo dello spazio potrà svolgere un ruolo di primo piano a favore del mantenimento della biodiversità e della sua utilizzazione sostenibile su scala locale e regionale. Se talora si giustificano misure rigorose di protezione, spesso appare più indicato inserire la gestione dei siti minacciati in strategie di pianificazione territoriale che prendono di mira zone più vaste. Se rispettate e valorizzate, la natura e la cultura costituiscono infatti un fattore economico non trascurabile ai fini dello sviluppo regionale.

La ricchezza del patrimonio e dei paesaggi culturali dell'Europa è l'espressione della sua identità e riveste un'importanza universale. Per invertire la tendenza all'abbandono e al degrado e trasmettere tale patrimonio alle generazioni future nelle condizioni migliori è indispensabile affrontare questo problema con un approccio creativo: occorre definire strategie integrate di tutela e di valorizzazione dei paesaggi e del patrimonio naturale e sensibilizzare il pubblico sul contributo delle politiche di pianificazione territoriale in termini di difesa del retaggio per le generazioni future.

Nell'Unione europea lo sviluppo delle risorse naturali è fondato anche sulla pianificazione di strategie integrate che garantiscano la gestione sostenibile dei fattori ambientali (acqua, aria e suolo) e una protezione mirata di zone specifiche:

  • in base agli impegni del protocollo di Kyoto la riduzione delle emissioni di CO2 è indispensabile per contrastare l'effetto serra, in particolare attraverso la promozione di strutture abitative che consumano meno energia, che generano meno traffico e che fanno maggiore ricorso a energie rinnovabili;
  • l'acqua è una risorsa vitale: anche se in Europa la disponibilità d'acqua si considera spesso un'ovvietà, in futuro sarà sempre più difficile garantire un livello equivalente di approvvigionamento, in termini sia qualitativi che quantitativi, a causa dell'eccessivo consumo e dell'inquinamento. Sono quindi indispensabili politiche concertate per la gestione del patrimonio idrico (acqua di superficie, di falda e di mare), imperniate principalmente sulla prevenzione, su una migliore occupazione dei suoli, sulla gestione delle crisi (inondazioni, siccità), la sensibilizzazione e la cooperazione al di là delle frontiere;
  • la creazione della rete "Natura 2000" di zone protette costituisce un approccio pertinente di sviluppo sostenibile. Altre zone sensibili (montagne, zone umide, isole) possiedono una grande diversità biologica che, attraverso un'idonea strategia integrata, offre prospettive di sviluppo. La gestione integrata delle zone costiere (GIZC) dovrà affrontare le molteplici problematiche con le quali devono fare i conti ben 90 000 chilometri di litorale.

L'APPLICAZIONE DELLO SSSE

Anche se lo SSSE non è un documento vincolante, gli Stati membri auspicano che produca risultati nel lungo periodo. La cooperazione auspicata ai diversi livelli, tra quanti sono coinvolti in prima persona nell'assetto del territorio, permetterà di evitare contraddizioni o il reciproco annullamento delle azioni intraprese.

Gli Stati membri esprimono una serie di raccomandazioni:

  • Su scala comunitaria: a) si raccomanda alla Commissione di valutare sistematicamente e periodicamente l'impatto territoriale delle politiche comunitarie;b) per un'attuazione coerente si preconizza una cooperazione tra organizzazioni e istituzioni internazionali (Consiglio d'Europa, OCSE);c) misure che favoriscano la raccolta e lo scambio di informazioni: la creazione di indicatori comparabili (posizione geografica, potenza economica, integrazione sociale e territoriale, ricchezze naturali e culturali), la realizzazione di studi sulle grandi tendenze territoriali in Europa (tendenze demografiche, localizzazione delle attività e mondializzazione dell'economia, sviluppi tecnologici, allargamento e relazioni con i paesi terzi), lo scambio di esperienze innovative in materia di assetto territoriale;d) la creazione di un "osservatorio in rete dell'assetto territoriale europeo (ORATE) (DE), (EN), (FR) dovrebbe essere varata quanto prima. Gli istituti di ricerca specializzati degli Stati membri potranno in questo modo accompagnare la cooperazione politica attraverso la realizzazione di studi comuni sullo sviluppo territoriale.
  • La cooperazione transnazionale: nel quadro dell'iniziativa comunitaria INTERREG III, si propone agli Stati membri e alla Commissione di portare avanti la cooperazione transnazionale incentrata su progetti di sviluppo territoriale. A tal fine, occorre mantenere sedi appropriate di cooperazione, incoraggiare la creazione di strutture amministrative comuni, superando gli ostacoli di ordine giuridico, rafforzare la partecipazione delle collettività territoriali, sostenere la cooperazione con i paesi non membri, in particolare nella prospettiva dell'allargamento, avvalendosi degli strumenti esistenti (INTERREG III, programma Phare, TACIS, MEDA, CARDS).
  • A livello degli Stati membri: si propone ai quindici attuali Stati membri di tener conto maggiormente della dimensione europea dell'assetto territoriale nelle rispettive politiche nazionali e di informare il pubblico sulla cooperazione in materia di sviluppo dello spazio europeo.
  • La cooperazione transfrontaliera e interregionale: si propone agli Stati membri e alle collettività territoriali, regionali e locali, di proseguire la realizzazione di progetti a carattere transfrontaliero. Alcuni esempi pertinenti sono: l'elaborazione di schemi di assetto e pianificazione dell'occupazione dei suoli, migliore articolazione dei sistemi regionali di trasporto con gli snodi nazionali ed internazionali, l'attuazione di strategie di sviluppo sostenibile in ambiente rurale e di programmi intesi a valorizzare il patrimonio naturale e culturale, la creazione di reti di città sui temi dello sviluppo urbano.

ALLARGAMENTO DELL'UNIONE E POLITICA DELLO SVILUPPO DELLO SPAZIO EUROPEO

L'allargamento, oltre a costituire una vera e propria sfida per l'Unione europea, avrà un impatto socioeconomico e territoriale senza precedenti. Con la futura adesione di dieci paesi candidati dell'Europa centrale ed orientale (PECO), più Cipro e Malta, la popolazione e la superficie dell'Unione aumenterà di circa un terzo, mentre il PIL crescerà soltanto del 5 %.

L'allargamento determinerà un'evoluzione dello spazio di riferimento dello SSSE per vari aspetti:

  • Popolazione: gli Stati baltici, la Slovenia e Cipro hanno una popolazione di meno di 4 milioni di abitanti, mentre la Polonia e la Romania possono considerarsi grandi paesi in termini di popolazione e di superficie. Nei paesi candidati, l'urbanizzazione è più concentrata, nell'insieme, rispetto agli Stati membri. Poiché il 60 % degli abitanti dei paesi candidati abita in regioni frontaliere, la cooperazione transfrontaliera si rivela uno strumento privilegiato di integrazione europea.
  • Economia:la prosperità economica (dati del 1995) dei paesi candidati è ovunque inferiore a quella degli Stati membri e varia moltissimo da un paese all'altro. Il più ricco dei paesi candidati, la Slovenia, ha lo stesso livello della Grecia, lo Stato membro meno prospero, mentre i paesi baltici, la Bulgaria e la Romania sono i paesi meno prosperi. A livello interno, le capitali e le regioni transfrontaliere sono le più dinamiche. Da una lettura delle disparità regionali emerge che i paesi candidati sono quindi comparabili ai paesi della coesione e i divari regionali rischiano di aggravarsi ulteriormente.Lo sviluppo dell'occupazione, oltre che di forti disparità regionali risente delle importanti ristrutturazioni - tuttora in corso - nei settori dell'industria e dell'agricoltura.
  • Trasporti: in questo settore, nei paesi candidati si è assistito a mutamenti spettacolari: l'orientamento geografico è passato da Est a Ovest, il modo di trasporto dalla ferrovia alla strada e l'economia dal pubblico al privato.Nonostante la carenza di risorse, uno sviluppo equilibrato e sostenibile dei trasporti e l'ammodernamento delle infrastrutture costituiscono la sfida per il futuro.
  • Ambiente: la situazione dell'ambiente è ambivalente: mentre nella maggior parte dei paesi candidati sussistono paesaggi culturali e vasti ecosistemi relativamente intatti, nelle zone più industriali si concentra però un forte inquinamento sia dell'aria che dell'acqua.

Nei PECO affrontare le sfide poste dal processo di trasformazione economica è sempre stata considerata una missione di importanza nazionale. Le politiche regionali e di pianificazione del territorio risentono dell'assenza di tradizione che si traduce in una carenza di strumenti e strutture e - spesso - nell'assenza di un livello regionale autonomo all'interno della ripartizione amministrativa del territorio. La Polonia, la Slovenia e l'Ungheria sono i paesi più avanzati in termini di riforme miranti ad adeguare le rispettive politiche regionali al modello comunitario attuale (strategia regionale, programmazione, partenariato, attuazione, sorveglianza e valutazione). Cfr. Orientamenti indicativi complementari per i futuri Stati membri (esdeenfr) e la rispettiva preparazione all'attuazione della politica regionale (esdeenfr).

L'allargamento richiede la riforma delle attuali politiche regionale e agricola. La Commissione aveva presentato le proprie proposte in materia nel quadro dell'Agenda 2000 (esdeenfr) ed è già stato avviato il dibattito sul futuro della politica regionale dopo il 2006. I precedenti allargamenti ci hanno insegnato che l'aumento del numero dei paesi meno prosperi all'interno dell'Unione tende a ridurre il margine di manovra in materia di politica regionale. Quali saranno quindi le priorità della futura politica di coesione? Nel frattempo, sono necessari studi più approfonditi sull'impatto territoriale dell'allargamento. È inoltre necessario coinvolgere il più rapidamente possibile i paesi candidati e le loro collettività territoriali nella gestione dei fondi comunitari. A questo proposito, gli strumenti finanziari di cui si avvalgono la politica regionale (INTERREG III) e la politica esterna (Programma PHARE, TACIS, MEDA, CARDS) incentivano la formazione dei funzionari, nazionali e territoriali, dei paesi candidati e la creazione di reti tematiche nell'ambito degli spazi transnazionali di cooperazione.

Per maggiori informazioni sullo SSSE, si invita a consultare il testo completo SDEC (DE), (FR), (EN) nel sito della direzione generale REGIO.

4) disposizioni d'applicazione

5) altri lavori

Risoluzione del Parlamento europeo concernente l'assetto territoriale e lo Schema di sviluppo dello spazio comunitario [Gazzetta ufficiale C 226, 20.07.1996].

Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE) - Prima bozza ufficiale" [Gazzetta ufficiale C 407 del 28.12.1998].

Parere del Comitato delle regioni sullo Schema di sviluppo dello spazio comunitario [Gazzetta ufficiale C 93 del 06.04.1999].

Ultima modifica: 05.01.2004

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