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Terza relazione sulla coesione economica e sociale: situazione socioeconomica dell'Unione e impatto delle politiche europee e nazionali

Sulla base del dibattito europeo avviato nel 2001, la terza relazione sulla coesione economica e sociale formula proposte concrete sul futuro della politica regionale dopo il 2006. Esso fonda la sua analisi sulla valutazione dell'impatto delle politiche comunitarie e nazionali sulla coesione. Esso aggiorna le informazioni disponibili sulla situazione socioeconomica dell'Unione europea.

ATTO

Comunicazione della Commissione - Terza relazione sulla coesione economica e sociale [COM(2004) 107 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].

SINTESI

La politica di coesione economica e sociale produce effetti positivi sui territori in difficoltà dell'Unione europea. Persistono tuttavia marcate disparità socioeconomiche tra gli Stati membri e tra le regioni. Queste disparità di reddito e di sviluppo sono sorte da lacune strutturali registrate in taluni fattori chiave di competitività quali gli investimenti in infrastrutture materiali, l'innovazione e le risorse umane. Gli Stati membri e le regioni contano pertanto sul sostegno delle politiche comunitarie per superare gli effetti negativi, sviluppare i vantaggi comparativi ed evolvere in maniera armoniosa in un ambiente sempre più concorrenziale.

L'allargamento al 1° maggio dell'Unione europea a 25 Stati membri costituisce una sfida senza precedenti per l'Unione europea. In particolare esso mette in pericolo l'attuale equilibrio della politica regionale. La terza relazione sulla coesione economica e sociale formula proposte concrete per la politica regionale dopo il 2006. La Commissione fonda le sue proposte sulla situazione socioeconomica dell'Unione e sull'analisi dell'impatto della politica regionale, delle altre politiche europee e delle politiche nazionali.

SITUAZIONE SOCIOECONOMICA DELL'UNIONE EUROPEA

Crescita economica

Dal 1994, le disparità di reddito diminuiscono a livello degli Stati membri e delle regioni. Il prodotto interno lordo (PIL) e la produttività aumentano più rapidamente nei quattro paesi (Spagna, Grecia, Irlanda, Portogallo) beneficiari del Fondo di coesione rispetto al resto dell'Unione europea. La crescita è particolarmente significativa in Spagna e in Irlanda e più modesta in Portogallo e in Grecia. Marcate disparità permangono tuttavia a livello nazionale. In Grecia e in Portogallo il PIL pro capite continua a mantenersi intorno al 70 % della media comunitaria. Una cosa è però certa e cioè l'apporto dei Fondi strutturali alimenta la crescita dei quattro paesi della coesione: dell'1,5 % in Spagna, del 2 % in Grecia, del 3 % circa in Irlanda e di più del 4,5 % in Portogallo. Nell'ultimo decennio gli scambi commerciali tra i paesi della coesione e il resto dell'Unione sono più che raddoppiati. In media, il 15 % circa delle spese strutturali rientra nell'Unione sotto forma di importazioni. La Germania ne è la prima beneficiaria.

A livello intrastatale, le regioni in ritardo di sviluppo, ammissibili all' Obiettivo 1 hanno beneficiato di una crescita annuale del 3 % contro un po' più del 2 % per l'Unione. Il processo di ripresa varia tuttavia sensibilmente da una regione all'altra. A prescindere dai quattro paesi della coesione, la modesta crescita nazionale rallenta lo sviluppo delle regioni dell'Obiettivo 1. Se la crescita del PIL dei nuovi Länder tedeschi equivale alla media comunitaria, quella delle regioni del Mezzogiorno è inferiore a tale media. Ciò è applicabile anche a vecchie regioni industriali. Pur non rientrando nel quadro dell'Obiettivo 1, dal 1994 talune regioni del Nord-Est dell'Inghilterra, le regioni settentrionali della Germania e le regioni scarsamente popolate del Nord della Svezia hanno visto il loro PIL annuale pro capite aumentare meno velocemente rispetto alla media comunitaria.

Occupazione e coesione sociale

Le disparità regionali in termini di occupazione continuano ad essere marcate. In dieci anni, l'occupazione nei paesi della coesione è progredita sensibilmente, in Spagna e in Irlanda, e, in misura minore, in Portogallo e in Grecia. La percentuale delle persone in età lavorativa, occupate nel 2002 nelle regioni del Mezzogiorno, era soltanto del 43 %. Nei dieci nuovi Stati membri, per contro, la ristrutturazione economica dell'agricoltura e delle industrie tradizionali comporta un aumento della disoccupazione: la percentuale delle persone in età lavorativa, che risultano occupate, è del 56 %, rispetto al 64 % nell'attuale Unione europea.

Nel 2000, 55 milioni circa di persone, pari al 15 % della popolazione europea, erano esposte al rischio di povertà. La povertà colpisce in particolare gli anziani (oltre i 65 anni) e le famiglie monoparentali, i disoccupati di lunga durata, le minoranze etniche e i disabili. Questa proporzione è elevata nei paesi del Sud dell'Europa, nel Regno Unito e in Irlanda. Essa è superiore alla media comunitaria in vari nuovi Stati membri.

Nei prossimi decenni, la progressione dell'invecchiamento della popolazione porterà ad una progressiva riduzione della popolazione attiva e inciderà in maniera rilevante sul potenziale di crescita. Entro il 2010, la contrazione interesserà la Germania, i quattro Stati membri del Sud e la maggior parte dei nuovi Stati membri. Nel 2025 si conteranno, in media, meno di tre persone in età lavorativa per anziano. Di fronte a prospettive demografiche siffatte, sono necessarie una crescita economica sostenuta, un forte tasso di occupazione e un calo delle partenze in pensione. L'immigrazione dovrebbe inoltre costituire una fonte significativa di manodopera supplementare.

Riduzione delle disparità nell'ambito dei fattori di competitività regionale

La sfida della politica di coesione consiste nell'investire nei fattori di competitività, per permettere agli Stati membri e alle regioni di superare i loro rispettivi problemi strutturali. I principali fattori di competitività identificati sono i seguenti:

  • le infrastrutture materiali: reti di trasporto e di telecomunicazioni.Dal 1994, i collegamenti di trasporto nell'ambito della coesione e tra i paesi della coesione e il resto dell'Unione migliorano. Nel 1991, la densità della rete autostradale in questi paesi era del 20 % inferiore alla media comunitaria. Con gli aiuti dei Fondi strutturali, dal 2001 essa è superiore del 10 % a tale media. La Spagna e il Portogallo ne sono i principali beneficiari. Nell'insieme delle regioni dell'Obiettivo 1, la densità autostradale raggiunge soltanto l'80 % della media comunitaria ed è molto più modesta (meno del 20 %) nei nuovi Stati membri. Nel settore ferroviario, se c'è stata una modernizzazione della rete sull'insieme del territorio dell'Unione, il gap tra le regioni dinamiche e quelle in ritardo di sviluppo resta importante. Nei futuri Stati membri, la costruzione di strade accelera il trasferimento dei passeggeri dal binario alla strada. Gli investimenti per rimettere in sesto le ferrovie saranno rilevanti.Nel settore delle telecomunicazioni, il numero di linee telefoniche fisse rispetto alla popolazione è nettamente più modesto nei paesi della coesione e nei nuovi Stati membri. L'utilizzo crescente della telefonia mobile tende a compensarlo. Primordiale per l'utilizzo ad alta velocità di internet e lo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (NTIC), l'accesso alla banda larga è caratterizzato da marcate disparità nell'ambito dell'Unione. Queste disparità corrispondono ai vari livelli di prosperità;
  • le risorse umane: adattabilità e qualificazione della manodopera.In materia di investimenti nelle risorse umane, sussistono grosse carenze strutturali sia nell'Unione dei Quindici che nei nuovi Stati membri. La proporzione di persone con un livello di istruzione superiore al ciclo elementare permane di gran lunga inferiore nelle regioni dell'Obiettivo 1 e soprattutto, fatti salvi i nuovi Länder tedeschi, in Spagna, Italia, Portogallo. Nei nuovi Stati membri questa proporzione supera nettamente la media europea. In questi paesi, per contro, il numero medio di giovani che completano una carriera universitaria è inferiore alla media dei Quindici. Nonostante i progressi manifesti, ciò si verifica anche nelle regioni dell'Obiettivo 1. Le stesse tendenze si osservano in materia di formazione permanente;
  • la capacità di innovazione.L'innovazione è una delle chiavi della competitività regionale. Orbene, la capacità di innovazione varia fortemente da una regione all'altra in uno stesso Stato membro, nell'Unione a 15 e nell'Unione a 25. Otto tra le 213 regioni europee contribuiscono per un quarto delle spese totali di ricerca e sviluppo (RST);
  • lo sviluppo sostenibile.In materia di ambiente, il fabbisogno in investimenti è rilevante nei paesi della coesione e ancor più nei nuovi Stati membri. I settori interessati sono principalmente il trattamento delle acque, la gestione dei rifiuti e il controllo delle emissioni inquinanti.

IMPATTO E VALORE AGGIUNTO DELLA POLITICA REGIONALE

Nel periodo 2000-2006, il bilancio della politica regionale è di 215 miliardi di euro. Gli importi trasferiti alle regioni dell'Obiettivo 1 rappresentano una proporzione importante degli introiti dei paesi della coesione. Essi raggiungono lo 0,9 % del PIL nazionale in Spagna, più del 2,5 % in Grecia e in Portogallo. Tali importi provocano un vero e proprio effetto di leva per gli investimenti pubblici. Secondo le stime, l'incremento degli investimenti è del 3 % in Spagna, del 4 % nei nuovi Länder tedeschi, del 7 % nel Mezzogiorno e dell'8-9 % in Grecia e in Portogallo. Questo effetto di coinvolgimento si estende perlopiù anche ai finanziamenti privati, come lo dimostrano le cifre riguardanti l'Austria, la Germania, i Paesi Bassi e il Belgio. Lo sforzo finanziario del settore privato permane nondimeno modesto in Francia, nel Regno Unito e nei paesi della coesione. Prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) integrano inoltre il sostegno dei Fondi strutturali, in particolare nei settori dei trasporti e dell'ambiente. Dal 2000 essi si elevano ad un importo annuale pari a 20 miliardi di euro. Più della metà è stata destinata alle regioni dell'Obiettivo 1 e 3 miliardi di euro ai nuovi Stati membri.

Durante il periodo 1994-1999, 82 regioni di dodici Stati membri hanno ottenuto aiuti a titolo dell' Obiettivo 2. Questo obiettivo sostiene la riconversione delle regioni che presentano forti handicap naturali o strutturali. Le spese si sono concentrate per metà sulla riconversione di vecchi siti industriali e sui servizi alle imprese. In misura minore, esse sono state destinate a favore dello sviluppo delle risorse umane e degli aiuti alla RST. Il sostegno comunitario ha permesso di creare 700 000 posti di lavoro, di modernizzare 300 000 PMI e di riconvertire 115 milioni di m² di siti industriali all'abbandono. In dieci anni si è registrata una diminuzione della disoccupazione, leggermente più marcata nelle regioni dell'Obiettivo 2 rispetto al resto dell'Unione europea.

Vari settori di attività rendono visibile il valore aggiunto della politica regionale

Per quanto riguarda l'agricoltura e lo sviluppo rurale, i Fondi strutturali hanno mantenuto le attività economiche nelle campagne. Essi hanno promosso la diversificazione economica delle zone rurali attraverso l'agriturismo e la protezione dell'ambiente. Il settore della pesca è presente in un numero limitato di regioni dell'Unione europea. Le misure strutturali mirano in particolare a promuovere la loro riconversione economica.

Durante il periodo 1994-1999, il Fondo sociale europeo (FSE) ha contribuito allo sviluppo delle risorse umane per un terzo degli investimenti dei Fondi strutturali. Gli interventi effettuati nel quadro dell' Obiettivo 3 hanno mirato ad inserire sul mercato del lavoro i giovani, i disoccupati di lunga durata e altre categorie sociali che rischiano l'esclusione. Essi hanno inoltre sostenuto le eguali opportunità tra uomini e donne. Le misure più fruttuose sono quelle che combinano orientamento, formazione ed assistenza nella ricerca di un posto di lavoro. Il FSE procura inoltre fondi per adeguare i sistemi in materia di occupazione, istruzione e formazione. Dal 2000, esso finanzia per 60 miliardi di euro i piani nazionali elaborati dalla strategia europea per l'occupazione (esdeenfr) (SEO).

Pieno successo della cooperazione e della costituzione di reti

Le quattro iniziative comunitarie permettono di attuare strategie innovative di sviluppo regionale. Attraverso tali iniziative, la cooperazione tra i territori e la costituzione di reti rappresentano un valore aggiunto importante della politica strutturale:

  • per il periodo 2000-2006, INTERREG III sostiene la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e lo scambio di esperienze tra regioni europee per 5 miliardi di euro. Nell'Unione allargata, le regioni frontaliere (esdeenfr) svolgeranno un ruolo più rilevante;
  • URBAN II sostiene i progetti innovativi di 70 città. Esso intende soprattutto sostenere la vita economica di quartieri urbani in crisi;
  • EQUAL mira a lottare contro qualsiasi tipo di ineguaglianza e di discriminazione sul mercato del lavoro. Esso sottolinea in particolare la cooperazione, lo scambio di esperienze e di buone pratiche;
  • LEADER+ interviene nelle zone rurali. Con una dotazione annuale di 300 milioni di euro, l'iniziativa sostiene le PMI e lo sviluppo del turismo.

Nel 2001 sono state attuate nuove azioni pilota innovative (esdeenfr). Con una dotazione in bilancio di 400 milioni di euro circa, esse aumentano la competitività regionale grazie all'innovazione, alla diffusione delle tecnologie e alla promozione dello sviluppo sostenibile. Tre regioni su quattro hanno già postulato per questi programmi.

Progressione della gestione dei Fondi strutturali e possibili miglioramenti

La gestione della politica regionale obbedisce a quattro principi generali:

  • la programmazione equivale alla pianificazione delle spese su un dato numero di anni. Essa ha portato una maggiore stabilità e coerenza ma, in controparte, i termini necessari per l'adozione dei documenti sono risultati più lunghi;
  • il partenariato si è rafforzato in sede di elaborazione ed attuazione dei programmi.Esso implica la mobilizzazione di una serie di parti interessate: le autorità regionali e locali, il settore privato, i partner sociali e la società civile. Un partenariato efficace migliora la destinazione e la valutazione dei progetti nonché la diffusione dell'informazione;
  • la concentrazione dei fondi traduce l'orientamento del sostegno finanziario verso le regioni meno prospere. Anche se le valutazioni mostrano che gli interventi sono troppo disseminati, essa si è rafforzata;
  • l'addizionalità implica che, per un dato progetto, i fondi comunitari integrano altri finanziamenti pubblici e privati.Nel quadro dell'Obiettivo 1, questo criterio è ampiamente soddisfatto. È più difficile verificarlo per gli Obiettivi 2 e 3.

Il miglioramento e l'efficacia dei programmi permangono una sfida di fondo. Sul terreno, gli operatori locali criticano il ritardo nell'adottare i criteri normativi, che ha comportato pressioni sull'utilizzo dei fondi. Soltanto un terzo dei progetti dell'Obiettivo 1 è stato, per esempio, ultimato nei tempi previsti, e un altro terzo ha accumulato un ritardo di un anno. Due terzi dei progetti hanno superato il bilancio previsto. Imponendo un utilizzo dei fondi entro due anni dalla loro programmazione, la regola "N+2" sostiene una maggiore disciplina. Il periodo 2000-2006 introduce per di più un incentivo finanziario sotto forma di una riserva di efficacia a metà percorso. Essa ricompensa il 90 % dei programmi sulla base di criteri quali il tasso di assorbimento finanziario e una gestione sana.

Il controllo costituisce una componente essenziale del sistema di attuazione dei Fondi strutturali. A seguito dei problemi di raccolta di informazioni, esso non è stato efficace come previsto. La valutazione dei programmi si effettua in tre fasi: prima dell'attuazione, a metà percorso e alla fine del periodo. Un maggiore coinvolgimento di tutti gli interessati permetterà di affinare maggiormente le analisi.

IMPATTO DELLE ALTRE POLITICHE COMUNITARIE

Contrariamente alla politica strutturale, le politiche comunitarie elencate qui di seguito non mirano principalmente a lottare contro le disparità regionali, ma hanno un forte impatto territoriale:

  • la politica aziendale, d'innovazione e d'istruzione.Le politiche comunitarie in materia aziendale e d'innovazione mirano a rafforzare la competitività in Europa. Le regioni sono ben lungi dal disporre della stessa capacità di innovazione, come lo dimostrano le disparità di accesso ai fondi comunitari per la ricerca. Per sopperire a tale fenomeno, i centri di collegamento innovazione e la rete delle regioni europee innovative (EN) contribuiscono a diffondere la cultura d'innovazione. Taluni settori del sesto programma d'azione per la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione sostengono per di più il ravvicinamento tra i centri di ricerca delle regioni dinamiche dell'Unione e quelli della periferia. Nel settore dell'istruzione, il programma "Istruzione e formazione 2010" mira ad assicurare un livello di formazione e di istruzione permanente;
  • la politica sociale e occupazionale.Nel marzo 2001, il Consiglio europeo di Lisbona (DE), (EN), (FR) ha definito una strategia globale per assicurare la crescita economica a lungo termine, la piena occupazione, la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile. La strategia europea per l'occupazione sostiene gli Stati membri nelle loro riforme del mercato del lavoro. In materia di inserimento sociale, occorre lottare in maniera trasversale contro l'esclusione. L'impegno dell'Unione europea a favore della parità tra uomini e donne fa parte anch'esso di una misura globale. Le azioni mirano in particolare ad incoraggiare le donne a mantenersi attivamente sul mercato del lavoro, conciliando carriera professionale e vita familiare;
  • i trasporti, l'energia, le telecomunicazioni e le loro reti transeuropee .L'apertura alla concorrenza dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'energia ha favorito un aumento dell'efficacia e una diminuzione dei prezzi. Per taluni gruppi sociali o zone geografiche, tale tendenza ha tuttavia amplificato la minaccia dell'esclusione. L'Unione europea ha pertanto instaurato prestazioni sociali- o servizi di interesse economico generale (SIG) - che garantiscono l'accesso a servizi essenziali di qualità ragionevole e ad un prezzo accessibile. La realizzazione delle reti transeuropee (RTE) di trasporto, energia e telecomunicazione favorisce inoltre una migliore accessibilità delle regioni più lontane. Le RTE previste per collegare l'Unione europea dei Quindici ai nuovi Stati membri avranno lo stesso effetto;
  • l'ambiente, l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la pesca.Il sesto programma quadro per l'ambiente mira a lottare contro gli effetti nocivi della crescita e contro lo sfruttamento fino ad esaurimento delle risorse naturali. Per il periodo 2000-2006, gli aiuti allo sviluppo rurale sono superiori nelle regioni dell'Obiettivo 1 (56 % delle spese) rispetto al resto dell'Unione. Tali aiuti sostengono l'emergenza di un'agricoltura europea fondata sulla qualità, la valorizzazione dei paesaggi e del patrimonio rurale e la diversificazione economica dei territori rurali. Dopo il 2007, le spese a titolo della politica agricola comune (PAC) saranno ridotte, in particolare con la diminuzione del sostegno ai prezzi e la promozione dello sviluppo rurale. Nel settore della pesca, la politica comune mira a preservare le riserve di pesci e a ristrutturare l'industria. Le recenti misure d'urgenza avranno conseguenze sociali ed economiche importanti in talune regioni spagnole e portoghesi. Nei nuovi Stati membri, la pesca interessa la Polonia e le tre Repubbliche baltiche;
  • la politica di concorrenza.Nel pieno rispetto del diritto europeo della concorrenza, gli aiuti di Stato contribuiscono alla coesione perché esercitano un impatto sulla ripartizione geografica dell'attività economica. Dal 1997, le spese totali nazionali destinate agli aiuti di Stato sono fortemente diminuite. Nel 2001, le spese sotto forma di aiuti alle regioni dell'Obiettivo 1 e dell'Obiettivo 2 hanno rappresentato rispettivamente il 9 % e il 6 % del totale degli aiuti di Stato. Esse permangono nondimeno più rilevanti negli Stati membri relativamente prosperi che nei paesi della coesione. Nel contesto dell'allargamento, esse svolgeranno un ruolo di primo piano. E in futuro, la riforma dei criteri normativi applicabili mirerà ad un aiuto più modesto ma meglio mirato.

IMPATTO DELLE POLITICHE NAZIONALI

Le spese pubbliche degli Stati membri si elevano in media al 47 % del PIL dell'Unione europea, mentre il bilancio destinato alla politica di coesione è inferiore allo 0,4 %. Le politiche degli Stati membri garantiscono soprattutto un sostegno al reddito e servizi di base: istruzione, cure sanitarie, protezione sociale. Le spese pubbliche destinate ad essere investite nel capitale umano e fisico, per contro, superano di poco il 2 % del PIL comunitario. Esse permangono inferiori nei settori del sostegno aziendale, dell'istruzione superiore, dell'innovazione e della RST. Rispetto ai bilanci nazionali destinati alle spese strutturali, il bilancio della politica europea di coesione non appare più, in questo caso, trascurabile. Esso si focalizza soprattutto sulle regioni meno prospere.

Negli Stati membri, il contributo delle spese pubbliche per sostenere il reddito è in linea di massima più elevato nelle regioni meno prospere. Ciò è dovuto al fatto che il livello del reddito è generalmente più modesto. Gli introiti pubblici sono per contro proporzionali al reddito, principalmente perché, negli Stati membri, le imposte sono perlopiù riscosse sul reddito e sulle spese, a livello centrale. Meccanismi di ridistribuzione intervengono poi per ridurre le disparità regionali in materia di reddito. Attualmente, la tendenza generale consiste nel delegare la responsabilità dei servizi pubblici alle autorità regionali o locali senza che si delinei una tendenza similare in termini di raccolta di fondi necessari a finanziare taluni servizi. La principale eccezione a tale tendenza è costituita dall'Italia, dove l'autorità regionale responsabile per la riscossione delle imposte non è accompagnata da un rafforzamento dei trasferimenti tra le regioni.

L'investimento diretto all'estero (IDE) può svolgere un ruolo chiave nella riduzione delle disparità economiche tra le regioni. Esso costituisce non solo una fonte di reddito ma favorisce anche il trasferimento di tecnologie. Gli investitori stranieri non si orientano tuttavia necessariamente verso le zone geografiche che presentano bisogni cruciali. A prescindere da Berlino, il 2 % soltanto degli IDE in Germania sono stati effettuati nei nuovi Länder e il 4 % in Italia a beneficio delle regioni del Mezzogiorno. Gli investimenti all'estero si concentrano principalmente nelle zone urbane dinamiche. Nei nuovi Stati membri, le capitali attirano il numero maggiore di investitori. Nel 2001, i due terzi degli IDE in Ungheria sono stati effettuati a Budapest. Lo stesso vale per Praga nella Repubblica ceca e per Bratislava in Slovacchia.

Per ulteriori informazioni consultare il sito IINFOREGIO della Direzione generale "Politica regionale":

  • la terza relazione sulla coesione economica e sociale nella sua integralità;

ATTI CONNESSI

Seconda relazione intermedia sulla coesione economica e sociale [COM(2003) 34 def.- Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Cfr. la scheda SCADPlus (esdeenfr)specifica.

Prima relazione intermedia sulla coesione economica e sociale [COM(2003) 46 def.- Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Cfr. la scheda SCADPlus (esdeenfr) specifica.

"Unità dell'Europa, solidarietà dei popoli, diversità dei territori" - Seconda relazione sulla coesione economica e sociale [COM(2001) 24 def.- Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Cfr. le schede SCADPlus specifiche: situazione e tendenze (esdeenfr), conclusioni e raccomandazioni (esdeenfr), 10 domande per il dibattito.

Ultima modifica: 07.05.2007

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