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Document 62016CJ0225

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 26 luglio 2017.
Procedimento penale a carico di Mossa Ouhrami.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden.
Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115/CE – Articolo 11, paragrafo 2 – Decisione di divieto d’ingresso adottata prima dell’entrata in vigore di tale direttiva e vertente su un periodo più lungo di quello previsto da detta direttiva – Dies a quo del periodo di divieto d’ingresso.
Causa C-225/16.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:590

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

26 luglio 2017 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115/CE – Articolo 11, paragrafo 2 – Decisione di divieto d’ingresso adottata prima dell’entrata in vigore di tale direttiva e vertente su un periodo più lungo di quello previsto da detta direttiva – Dies a quo del periodo di divieto d’ingresso»

Nella causa C‑225/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), con decisione del 29 marzo 2016, pervenuta in cancelleria il 22 aprile 2016, nel procedimento penale contro

Mossa Ouhrami,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič (relatore), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Seconda Sezione, A. Prechal, C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 marzo 2017,

considerate le osservazioni presentate:

per M. Ouhrami, da S. J. van der Woude, advocaat;

per il governo dei Paesi Bassi, da C. S. Schillemans, M. Gijzen e M. Bulterman, in qualità di agenti;

per il governo danese, da C. Thorning e M. Wolff, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da C. Cattabriga e R. Troosters, in qualità di agenti;

per il governo svizzero, da C. Bichet, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 maggio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale avviato nei confronti del sig. Mossa Ouhrami, nato in Algeria nel 1979 e che sarebbe cittadino di tale paese terzo, per aver soggiornato nei Paesi Bassi negli anni 2011 e 2012, pur sapendo di essere stato dichiarato persona non gradita con decisione adottata nel 2002.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

I considerando 2, 4, 6, 10, 11 e 14 della direttiva 2008/115 enunciano quanto segue:

«(2)

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha sollecitato l’istituzione di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.

(…)

(4)

Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d’immigrazione correttamente gestita.

(…)

(6)

È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. In conformità dei principi generali del diritto dell’Unione europea, le decisioni ai sensi della presente direttiva dovrebbero essere adottate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non limitandosi quindi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare. Quando utilizzano modelli uniformi per le decisioni connesse al rimpatrio, vale a dire le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d’ingresso e le decisioni di allontanamento, gli Stati membri dovrebbero rispettare tale principio e osservare pienamente tutte le disposizioni applicabili della presente direttiva.

(…)

(10)

Se non vi è motivo di ritenere che ciò possa compromettere la finalità della procedura di rimpatrio, si dovrebbe preferire il rimpatrio volontario al rimpatrio forzato e concedere un termine per la partenza volontaria. (…)

(11)

Occorre stabilire garanzie giuridiche minime comuni sulle decisioni connesse al rimpatrio per l’efficace protezione degli interessi delle persone interessate. (…)

(…)

(14)

Occorre conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio istituendo un divieto d’ingresso che proibisca l’ingresso e il soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri. La durata del divieto d’ingresso dovrebbe essere determinata alla luce di tutte le circostanze pertinenti per ciascun caso e, di norma, non dovrebbe superare i cinque anni. In tale contesto, si dovrebbe tenere conto in modo particolare del fatto che il cittadino di un paese terzo interessato sia già stato destinatario di più di una decisione di rimpatrio o provvedimento di allontanamento o sia entrato nel territorio di uno Stato membro quando era soggetto a un divieto d’ingresso».

4

L’articolo 1 della direttiva 2008/115, intitolato «Oggetto», così recita:

«La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».

5

L’articolo 3 della citata direttiva, intitolato «Definizioni», enuncia quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

2)

“soggiorno irregolare” la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso di cui all’articolo 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;

3)

“rimpatrio” il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:

nel proprio paese di origine, o

in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o

in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui sarà accettato;

4)

“decisione di rimpatrio” decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio;

5)

“allontanamento” l’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio, vale a dire il trasporto fisico fuori dallo Stato membro;

6)

“divieto d’ingresso” decisione o atto amministrativo o giudiziario che vieti l’ingresso e il soggiorno nel territorio degli Stati membri per un periodo determinato e che accompagni una decisione di rimpatrio;

(…)

8)

“partenza volontaria”: l’adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il termine fissato a tale scopo nella decisione di rimpatrio;

(…)».

6

L’articolo 6 della direttiva 2008/115, rubricato «Decisione di rimpatrio», prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.

(…)

6.   La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l’allontanamento e/o il divieto d’ingresso in un’unica decisione o atto amministrativo o giudiziario in conformità della legislazione nazionale, fatte salve le garanzie procedurali previste dal capo III e da altre pertinenti disposizioni del diritto [dell’Unione] e nazionale».

7

L’articolo 7 della medesima direttiva, rubricato «Partenza volontaria», così dispone:

«1.   La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. (…)

(…)

2.   Gli Stati membri prorogano, ove necessario, il periodo per la partenza volontaria per un periodo congruo, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso individuale, quali la durata del soggiorno, l’esistenza di bambini che frequentano la scuola e l’esistenza di altri legami familiari e sociali.

(…)

4.   Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni».

8

L’articolo 8 di tale direttiva, rubricato «Allontanamento», prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7.

(…)

3.   Gli Stati membri possono adottare una decisione o un atto amministrativo o giudiziario distinto che ordini l’allontanamento.

(…)».

9

L’articolo 11 della stessa direttiva, intitolato «Divieto d’ingresso», ha il seguente tenore:

«1.   Le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto d’ingresso:

a)

qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, oppure

b)

qualora non sia stato ottemperato all’obbligo di rimpatrio.

In altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d’ingresso.

2.   La durata del divieto d’ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera di norma i cinque anni. Può comunque superare i cinque anni se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.

3.   Gli Stati membri valutano la possibilità di revocare o sospendere un divieto d’ingresso qualora un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto d’ingresso disposto in conformitaà del paragrafo 1, secondo comma, possa dimostrare di aver lasciato il territorio di uno Stato membro in piena ottemperanza di una decisione di rimpatrio.

(…)».

10

L’articolo 12 della direttiva 2008/115, rubricato «Forma», al paragrafo 1, primo comma, dispone quanto segue:

«Le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d’ingresso e le decisioni di allontanamento sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto e contengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili».

11

Ai termini dell’articolo 20 della direttiva 2008/115, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla stessa entro il 24 dicembre 2010.

Diritto dei Paesi Bassi

12

In forza dell’articolo 67, paragrafo 1, della Vreemdelingenwet 2000 (legge del 2000 sugli stranieri; in prosieguo: la «Vw»), nella sua versione in vigore nel 2002, uno straniero poteva, in particolare, essere dichiarato persona non gradita:

«a)

qualora non soggiorn[asse] regolarmente nei Paesi Bassi ed a[vesse] ripetutamente commesso fatti perseguibili a norma della presente legge;

b)

qualora [fosse] stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per un reato punibile con pena detentiva non inferiore a tre anni;

c)

qualora rappresent[asse] un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale;

d)

in forza di un trattato, ovvero

e)

nell’interesse delle relazioni internazionali dei Paesi Bassi».

13

Ai sensi dell’articolo 68 della Vw, nella sua versione in vigore nel 2002, la decisione che dichiarava lo straniero persona non gradita era revocata su richiesta di quest’ultimo se egli aveva soggiornato al di fuori dei Paesi Bassi per 10 anni consecutivi durante i quali non si era configurato alcuno degli impedimenti di cui all’articolo 67, paragrafo 1, della stessa legge.

14

Successivamente, la Vw è stata modificata ai fini del recepimento della direttiva 2008/115.

15

Conformemente all’articolo 61, paragrafo 1, della Vw, come attualmente in vigore, lo straniero che non si trovi, o non si trovi più, in situazione di soggiorno regolare deve lasciare i Paesi Bassi di propria iniziativa entro il termine previsto all’articolo 62 di tale legge, i cui paragrafi 1 e 2 recepiscono l’articolo 7, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2008/115.

16

L’articolo 66 a della Vw, volto a recepire l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/115, prevede, al paragrafo 1, che nei confronti dello straniero che non abbia lasciato i Paesi Bassi di propria iniziativa entro il termine impartito venga adottata una decisione di divieto di ingresso.

17

Ai sensi dell’articolo 66 a, paragrafo 4, della Vw, il divieto d’ingresso ha durata determinata di un massimo di cinque anni, salvo il caso in cui lo straniero costituisca una grave minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale. La durata deve essere calcolata con decorrenza dalla data in cui lo straniero ha effettivamente lasciato i Paesi Bassi.

18

A norma dell’articolo 66 a, paragrafo 7, della Vw, lo straniero soggetto a un divieto d’ingresso non può in alcun caso soggiornare regolarmente:

«a)

qualora sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per reato punibile con pena detentiva non inferiore a tre anni;

b)

qualora rappresenti un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale;

c)

qualora costituisca una grave minaccia ai sensi del paragrafo 4 oppure

d)

qualora debba essergli negato il soggiorno in forza di un trattato, ovvero nell’interesse delle relazioni internazionali dei Paesi Bassi».

19

In forza dell’articolo 197 del Wetboek van Strafrecht (codice penale), nella sua versione risultante dalla legge del 10 marzo 1984 (Stb. 1984, n. 91), applicabile al procedimento principale, lo straniero che soggiorna nei Paesi Bassi, mentre sa o dovrebbe ragionevolmente sapere di essere stato dichiarato persona non gradita in forza di una disposizione di legge, è punibile, tra l’altro, con pena detentiva massima di sei mesi.

20

Tale articolo 197, nella sua versione attualmente in vigore, risultante dalla legge del 15 dicembre 2011 (Stb. 2011, n. 663), stabilisce che lo straniero che soggiorna nei Paesi Bassi, mentre sa o dovrebbe ragionevolmente sapere di essere stato dichiarato persona non gradita in forza di una disposizione di legge o che gli è stato imposto un divieto d’ingresso a norma dell’articolo 66 a, paragrafo 7, della Vw, è, in particolare, punibile con pena detentiva massima di sei mesi.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21

Con una decisione del Minister van Vreemdelingenzaken en Immigratie (Ministro degli Affari Esteri e dell’Immigrazione, Paesi Bassi) del 22 ottobre 2002, il sig. Ouhrami è stato dichiarato persona non gradita. Con tale decisione, detto Ministro ha constatato che, negli anni dal 2000 al 2002, il sig. Ouhrami era stato condannato cinque volte dal giudice penale a pene detentive complessivamente superiori a tredici mesi, per furto con circostanze aggravanti, ricettazione e possesso di droghe pesanti. Su tale fondamento, il Ministro degli Affari Esteri e dell’Immigrazione ha ritenuto che il sig. Ouhrami costituisse un pericolo per l’ordine pubblico e, per tale motivo, lo ha dichiarato persona non gradita. Per il sig. Ouhrami ciò ha comportato l’obbligo, da un lato, di lasciare i Paesi Bassi, pena un’eventuale espulsione, e, dall’altro, di soggiornare al di fuori dei Paesi Bassi per dieci anni consecutivi, essendo stato dichiarato persona non gradita, tra l’altro, per un reato in materia di stupefacenti. In base a detta decisione, tale termine di dieci anni decorreva dal momento in cui il sig. Ouhrami avesse effettivamente lasciato i Paesi Bassi.

22

La decisione che dichiarava il sig. Ouhrami persona non gradita gli è stata trasmessa il 17 aprile 2003. Tale decisione, non essendo stata impugnata, è divenuta definitiva il 15 maggio 2003. Tuttavia, il sig. Ouhrami non ha lasciato i Paesi Bassi, sostenendo di non essere titolare dei documenti di viaggio richiesti.

23

Negli anni 2011 e 2012 si è constatato, in sette occasioni, che il sig. Ouhrami, in violazione della suddetta decisione, aveva soggiornato ad Amsterdam (Paesi Bassi), nonostante sapesse di essere stato dichiarato persona non gradita; tale reato era punibile in forza dell’articolo 197 del codice penale.

24

Essendo stato condannato in primo grado per tali fatti ad una pena detentiva, il sig. Ouhrami ha proposto appello dinanzi al Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam, Paesi Bassi), sostenendo che l’irrogazione di tale pena violava la direttiva 2008/115, per il motivo che la procedura prevista da quest’ultima non era stata pienamente completata.

25

Il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha rilevato che l’irrogazione di una pena detentiva senza sospensione a un cittadino di un paese terzo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, dichiarato persona non gradita, e che, senza un valido motivo per non rimpatriare, soggiorni irregolarmente nei Paesi Bassi, è contraria a tale direttiva se le fasi della procedura di rimpatrio previste da quest’ultima non sono state ancora completate. Infatti, l’irrogazione di tale pena potrebbe compromettere il raggiungimento dell’obiettivo perseguito da tale direttiva, vale a dire l’adozione di una politica efficace di allontanamento di cittadini di paesi terzi che soggiornano irregolarmente in uno Stato membro.

26

Detto giudice ha poi dichiarato che, nel caso di specie, la procedura di rimpatrio era stata seguita integralmente. In proposito, esso ha rilevato quanto segue:

il Dienst Terugkeer en Vertrek (Servizio per il rimpatrio e la partenza, Paesi Bassi) aveva avuto con il sig. Ouhrami 26 colloqui relativi al suo rimpatrio;

il sig. Ouhrami era stato più volte presentato alle autorità algerine, marocchine e tunisine, senza che alcuno dei paesi interessati rispondesse in modo positivo;

tramite l’Interpol erano state avviate diverse indagini, in particolare relative alle impronte digitali;

si era cercato di sottoporre l’interessato ad un’analisi linguistica;

erano state seguite tutte le procedure relative all’allontanamento, previste dal Servizio per il rimpatrio e la partenza;

tuttavia, ciò non aveva comportato l’allontanamento del sig. Ouhrami, essendosi quest’ultimo rifiutato di cooperare.

27

Su tale base, il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha considerato che le autorità competenti si erano sufficientemente impegnate per determinare l’identità del sig. Ouhrami e allontanarlo verso il suo paese di origine. Di conseguenza, detto giudice ha dichiarato che, nel caso di specie, la procedura di rimpatrio poteva considerarsi perfezionata, per cui l’irrogazione di una pena detentiva per i fatti contestati non era contraria alla direttiva 2008/115. Avendo respinto l’argomentazione del sig. Ouhrami, detto giudice ha condannato quest’ultimo a una pena detentiva di due mesi.

28

Il sig. Ouhrami ha proposto ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi).

29

Nell’ambito della sua impugnazione, il sig. Ouhrami non contesta la conclusione del Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam), secondo cui nel caso di specie la procedura di rimpatrio prevista dalla direttiva 2008/115 è stata integralmente seguita. Tuttavia, egli contesta a quest’ultimo giudice di averlo ingiustamente condannato, poiché la decisione del 22 ottobre 2002 che lo aveva dichiarato persona non gradita aveva, a suo parere, cessato di produrre effetti giuridici alla data dei fatti di cui trattasi nel procedimento principale. In proposito, il sig. Ouhrami fa valere che tale decisione doveva essere equiparata a una decisione di divieto d’ingresso, che ha acquisito efficacia al momento della sua adozione, o al più tardi quando egli ne ha preso conoscenza, e che, in forza dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/115, la validità di tale divieto d’ingresso non poteva eccedere, nel caso di specie, cinque anni, cosicché esso non era più in vigore negli anni 2011 e 2012.

30

Lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) osserva che, secondo la propria giurisprudenza, dalla sentenza del 19 settembre 2013, Filev e Osmani (C‑297/12, EU:C:2013:569), si può dedurre che una decisione che dichiari una persona non gradita, adottata prima dell’entrata in vigore della direttiva 2008/115 o prima della scadenza del termine di recepimento di quest’ultima, dev’essere equiparata a un divieto d’ingresso, ai sensi dell’articolo 3, punto 6, di tale direttiva. Pertanto, a decorrere dalla scadenza di tale termine, detta decisione sarebbe, in linea di principio, soggetta alla durata massima di cinque anni prevista all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva sopracitata. Tenuto conto di tale equiparazione, si porrebbe la questione del dies a quo del periodo di divieto di ingresso.

31

Il giudice del rinvio rileva, in tale contesto, che l’articolo 197 del codice penale, nella sua versione applicabile al procedimento principale, non punisce l’inosservanza di una decisione di rimpatrio come tale, bensì il soggiorno nei Paesi Bassi, quando lo straniero di cui trattasi sa o dovrebbe ragionevolmente sapere di essere stato dichiarato persona non gradita.

32

Ciò premesso, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva [2008/115] debba essere interpretato nel senso che il termine di cinque anni in esso previsto viene calcolato:

a)

dal momento in cui è stato emesso il divieto d’ingresso (o, con efficacia retroattiva, la dichiarazione di persona non grata ad esso assimilata), oppure

b)

con decorrenza dalla data in cui l’interessato è effettivamente uscito dal territorio – in sintesi – degli Stati membri dell’Unione, oppure

c)

da un momento diverso.

2)

Se l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva [2008/115], al fine dell’applicazione del diritto transitorio, debba essere interpretato nel senso che da esso discende che decisioni adottate prima dell’entrata in vigore di tale direttiva, il cui effetto giuridico è che il destinatario deve soggiornare al di fuori dei Paesi Bassi per dieci anni consecutivi, mentre il divieto di ingresso è stato fissato tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e contro le decisioni era disponibile un mezzo di ricorso, non possono avere più effetto se, nel momento in cui la direttiva doveva essere attuata o nel momento in cui è stato accertato che il destinatario della decisione soggiornava nei Paesi Bassi, la durata di tale divieto d’ingresso superava la durata stabilita in detta disposizione».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

33

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/115 debba essere interpretato nel senso che la durata del divieto d’ingresso prevista in tale disposizione, che non supera di norma i cinque anni, debba essere calcolata a decorrere dalla data di emanazione di tale divieto d’ingresso o dalla data in cui l’interessato ha effettivamente lasciato il territorio degli Stati membri oppure da una data diversa.

34

Tale questione si pone, nell’ambito del procedimento principale, con riferimento a una decisione che è stata adottata prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva 2008/115 e con la quale il sig. Ouhrami è stato dichiarato persona non gradita, e i cui effetti giuridici consistono nell’obbligo, da parte dell’interessato, da un lato, di lasciare i Paesi Bassi e, dall’altro, di soggiornare al di fuori di tale Stato membro per dieci anni consecutivi. È pacifico che, a seguito dell’adozione di detta decisione, il sig. Ouhrami non ha mai lasciato i Paesi Bassi e che, dopo la scadenza di tale termine di recepimento, egli è stato condannato in primo grado e in appello a una pena detentiva per inosservanza della stessa decisione.

35

In proposito, occorre ricordare che la Corte ha dichiarato che la direttiva 2008/115 si applica agli effetti, successivi alla sua data di applicazione nello Stato membro interessato, di decisioni di divieto d’ingresso adottate in forza di norme interne applicabili prima di tale data. Infatti, sebbene tale direttiva non contenga alcuna disposizione che preveda un regime transitorio per le decisioni di divieto d’ingresso adottate prima che essa sia applicabile, da una giurisprudenza consolidata risulta, tuttavia, che una nuova norma si applica immediatamente, salvo deroghe, agli effetti futuri delle situazioni sorte sotto l’impero della vecchia norma (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2013, Filev e Osmani, C‑297/12, EU:C:2013:569, punti da 39 a 41).

36

Ne consegue che le disposizioni della direttiva 2008/115 sono applicabili alla decisione di divieto d’ingresso di cui trattasi nel procedimento principale.

37

In forza dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/115, la durata del divieto d’ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera di norma i cinque anni. Può comunque superare i cinque anni se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.

38

Ai fini dell’interpretazione di tale disposizione, si deve anzitutto ricordare che, conformemente alla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza, una disposizione di tale diritto, la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, deve di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto, in particolare, del contesto della disposizione stessa e della finalità perseguita dalla normativa in questione (v., per analogia, sentenza del 17 luglio 2008, Kozłowski, C‑66/08, EU:C:2008:437, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

39

Orbene, come risulta dal considerando 14 della direttiva 2008/115, l’istituzione di un divieto d’ingresso che proibisca l’ingresso e il soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri mira a conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio.

40

Sebbene la direttiva 2008/115 non stabilisca espressamente il momento a decorrere dal quale la durata del divieto d’ingresso dev’essere calcolata, da tale finalità e, più in generale, dall’obiettivo di tale direttiva, consistente nel fissare norme e procedure comuni al fine di garantire l’effettivo rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali, nonché dall’assenza di qualsiasi rinvio al diritto nazionale risulta tuttavia che, contrariamente a quanto fa valere il governo danese, la determinazione di tale momento non può essere lasciata alla discrezionalità di ciascuno Stato membro.

41

Infatti, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, ammettere che i divieti d’ingresso, la cui base giuridica è costituita da un insieme di norme armonizzate a livello europeo, debbano iniziare a produrre e/o a cessare i loro effetti in momenti diversi a seconda delle diverse scelte operate dagli Stati membri attraverso la loro normativa nazionale comprometterebbe l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2008/115 nonché da siffatti divieti d’ingresso.

42

Riguardo alla questione di quale sia, in definitiva, il momento a decorrere dal quale un divieto d’ingresso inizia a produrre effetti e a partire dal quale deve calcolarsi la durata di tale divieto, essa dev’essere risolta tenendo conto del tenore letterale, della sistematica e dell’obiettivo della direttiva 2008/115.

43

L’articolo 3, punto 6, della direttiva 2008/115 definisce il «divieto d’ingresso» come «una decisione o atto amministrativo o giudiziario che vieti l’ingresso e il soggiorno nel territorio degli Stati membri per un periodo determinato e che accompagni una decisione di rimpatrio». Quest’ultima decisione è definita all’articolo 3, punto 4, di tale direttiva come «una decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio».

44

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto d’ingresso qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria oppure per inottemperanza all’obbligo di rimpatrio. Negli altri casi, le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d’ingresso.

45

Dal tenore letterale di tali disposizioni nonché dall’utilizzo dell’espressione «divieto d’ingresso» risulta che tale divieto è diretto a completare una decisione di rimpatrio, vietando all’interessato per un determinato periodo di tempo dopo il suo «rimpatrio», così come definito all’articolo 3, punto 3, della direttiva 2008/115, e quindi dopo la sua partenza dal territorio degli Stati membri, di fare nuovamente ingresso in tale territorio e di soggiornarvi successivamente. L’efficacia di tale divieto presuppone, pertanto, che l’interessato abbia precedentemente lasciato detto territorio.

46

Tale constatazione è corroborata dall’impianto sistematico della direttiva 2008/115.

47

Occorre rilevare, in proposito, che dalle disposizioni citate ai punti 43 e 44 della presente sentenza nonché, in particolare, dal considerando 6, dall’articolo 6, paragrafi 1 e 6, dall’articolo 8, paragrafi 1 e 3, dall’articolo 11, paragrafo 3, primo comma, e dall’articolo 12, paragrafo 1, della suddetta direttiva risulta che quest’ultima effettua una chiara distinzione tra, da un lato, la decisione di rimpatrio e un’eventuale decisione di allontanamento e, dall’altro, il divieto d’ingresso.

48

In tal senso, in forza dell’articolo 3, punto 4, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, è con la decisione di rimpatrio che il soggiorno irregolare iniziale dell’interessato è dichiarato illegittimo e che a quest’ultimo è imposto un obbligo di rimpatrio. Tale decisione, in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della suddetta direttiva e fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4, di quest’ultima, prevede un termine adeguato per la partenza volontaria dell’interessato. Nell’ipotesi in cui un siffatto termine non sia stato concesso o se l’obbligo di rimpatrio non è stato rispettato entro il termine concesso, gli Stati membri, conformemente all’articolo 8, paragrafi 1 e 3, di detta direttiva, prendono tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio, adottando, se del caso, una decisione di allontanamento, vale a dire una decisione o un atto distinto, di natura amministrativa o giudiziaria, che ordini l’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio.

49

Ne consegue che, fino al momento dell’esecuzione volontaria o forzata dell’obbligo di rimpatrio e, pertanto, del rimpatrio effettivo dell’interessato nel suo paese d’origine, in un paese di transito o in un altro paese terzo, ai sensi dell’articolo 3, punto 3, della direttiva 2008/115, il soggiorno irregolare dell’interessato è disciplinato dalla decisione di rimpatrio, e non dal divieto d’ingresso, che produce i suoi effetti solo a partire da tale momento, vietando all’interessato, per un determinato periodo dopo il suo rimpatrio, di fare ingresso e di soggiornare nuovamente sul territorio degli Stati membri.

50

Di conseguenza, sebbene la direttiva 2008/115, in forza del suo articolo 6, paragrafo 6, offra agli Stati membri la possibilità di adottare contemporaneamente la decisione di rimpatrio e il divieto d’ingresso, dall’impianto sistematico di tale direttiva risulta tuttavia chiaramente che tali due decisioni sono distinte, poiché la prima trae le conseguenze dall’illegittimità del soggiorno iniziale, mentre la seconda riguarda un eventuale soggiorno successivo, rendendo quest’ultimo illegittimo.

51

Un eventuale divieto d’ingresso costituisce quindi uno strumento diretto ad aumentare l’efficacia della politica dell’Unione in materia di rimpatrio, garantendo che, per un certo periodo dopo l’allontanamento di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare, quest’ultimo non potrà più ritornare legalmente sul territorio degli Stati membri.

52

Tale finalità dell’articolo 11 della direttiva 2008/115 e l’obiettivo generale da questa perseguito, richiamato al punto 40 della presente sentenza, sarebbero compromessi se il rifiuto di tale cittadino di ottemperare all’obbligo di rimpatrio e di cooperare nell’ambito di una procedura di allontanamento gli consentisse di sottrarsi, in tutto o in parte, agli effetti giuridici di un divieto d’ingresso, ipotesi che ricorrerebbe se il periodo durante il quale si applica siffatto divieto d’ingresso potesse decorrere e scadere nel corso di tale procedura.

53

Dal tenore letterale, dall’impianto sistematico e dall’obiettivo della direttiva 2008/115 risulta quindi che il periodo di divieto d’ingresso decorre solo dalla data in cui l’interessato ha effettivamente lasciato il territorio degli Stati membri.

54

Riguardo alla questione se la direttiva 2008/115 osti, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, all’irrogazione di una pena detentiva per violazione di una decisione che dichiara l’interessato persona non gradita, i cui effetti sono stati menzionati al punto 34 della presente sentenza, si deve ricordare che la Corte ha dichiarato che uno Stato membro può sanzionare penalmente la violazione di un divieto d’ingresso rientrante nell’ambito di applicazione di detta direttiva soltanto a condizione che la conservazione degli effetti di tale divieto sia conforme all’articolo 11 di tale direttiva (v., in tal senso, sentenze del 19 settembre 2013, Filev e Osmani, C‑297/12, EU:C:2013:569, punto 37, nonché del 1o ottobre 2015, Celaj, C‑290/14, EU:C:2015:640, punto 31).

55

Tuttavia, poiché il sig. Ouhrami non ha lasciato i Paesi Bassi a seguito dell’adozione della decisione che lo ha dichiarato persona non gradita e l’obbligo di rimpatrio, imposto da quest’ultima, non è quindi mai stato eseguito, l’interessato si trova in una situazione illegittima risultante da un soggiorno irregolare iniziale, e non da un soggiorno irregolare successivo, che sia la conseguenza di un’infrazione a un divieto d’ingresso ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2008/115.

56

In proposito, occorre ricordare che da una giurisprudenza consolidata risulta che la direttiva 2008/115 osta alla normativa di uno Stato membro che reprima il soggiorno irregolare iniziale mediante sanzioni penali, laddove detta normativa consenta la reclusione di un cittadino di un paese terzo che, pur soggiornando in modo irregolare nel territorio di detto Stato membro e non essendo disposto a lasciare tale territorio volontariamente, non sia stato sottoposto alle misure coercitive di cui all’articolo 8 di tale direttiva. Tuttavia, la Corte ha precisato che tale direttiva non osta a una normativa nazionale che consenta la reclusione di un cittadino di un paese terzo cui sia stata applicata la procedura di rimpatrio stabilita dalla medesima direttiva e che soggiorni in modo irregolare in detto territorio senza che sussista un giustificato motivo che preclude il rimpatrio (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2011, Achughbabian, C‑329/11, EU:C:2011:807, punto 50, e del 7 giugno 2016, Affum, C‑47/15, EU:C:2016:408, punti 5254).

57

Orbene, dagli atti di cui dispone la Corte risulta, da un lato, che, nell’ambito del procedimento principale, il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha dichiarato che, nel caso di specie, la procedura di rimpatrio poteva considerarsi conclusa, cosicché l’irrogazione di una pena detentiva per i fatti di cui trattasi non era contraria alla direttiva 2008/115, e, dall’altro, che tale constatazione, da cui sembra emergere che le condizioni stabilite dalla giurisprudenza richiamata al punto precedente siano soddisfatte nel caso di specie, non era stata contestata nell’ambito dell’impugnazione proposta dinanzi al giudice del rinvio, aspetto che, tuttavia, spetta a quest’ultimo verificare.

58

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/115 dev’essere interpretato nel senso che la durata del divieto d’ingresso prevista in tale disposizione, che non supera di norma i cinque anni, dev’essere calcolata a decorrere dalla data in cui l’interessato ha effettivamente lasciato il territorio degli Stati membri.

Sulla seconda questione

59

Come rilevato dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, la seconda questione è posta unicamente per il caso in cui la Corte dovesse rispondere alla prima questione dichiarando che la durata del divieto d’ingresso, prevista all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/115, non dev’essere calcolata a partire dalla data in cui l’interessato ha effettivamente lasciato il territorio degli Stati membri, ma a decorrere da una data precedente, come quella di emanazione di tale divieto. Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, è solo in questo caso che tale questione sarebbe pertinente ai fini della risoluzione del procedimento principale.

60

Pertanto, tenuto conto della risposta data alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda.

Sulle spese

61

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

L’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, dev’essere interpretato nel senso che la durata del divieto d’ingresso prevista in tale disposizione, che non supera di norma i cinque anni, dev’essere calcolata a decorrere dalla data in cui l’interessato ha effettivamente lasciato il territorio degli Stati membri.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.

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