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Document 61994CC0166

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 26 ottobre 1995.
Pezzullo Molini Pastifici Mangimifici SpA contro Ministero delle Finanze.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Corte d'appello di Salerno - Italia.
Regime di perfezionamento attivo - Normativa nazionale che prevede l'applicazione di interessi moratori sui prelievi agricoli e dell'IVA per il periodo compreso tra l'importazione temporanea e l'importazione definitiva.
Causa C-166/94.

European Court Reports 1996 I-00331

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1995:359

61994C0166

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 26 ottobre 1995. - Pezzullo Molini Pastifici Mangimifici SpA contro Ministero delle Finanze. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Corte d'appello di Salerno - Italia. - Regime di perfezionamento attivo - Normativa nazionale che prevede l'applicazione di interessi moratori sui prelievi agricoli e dell'IVA per il periodo compreso tra l'importazione temporanea e l'importazione definitiva. - Causa C-166/94.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-00331


Conclusioni dell avvocato generale


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1 Il presente procedimento, promosso dalla Corte d'appello di Salerno, verte sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2727, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (1), e della direttiva del Consiglio 4 marzo 1969, 69/73/CEE, relativa all'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti il regime del perfezionamento attivo (2). Il caso solleva anche una questione d'interpretazione della sesta direttiva IVA (3).

2 Il 21 maggio 1982 la società Pezzullo Molini Pastifici Mangimifici SpA (in prosieguo: la «Pezzullo») effettuava la temporanea importazione di 1 000 t di grano duro proveniente dal Canada allo scopo di trasformarlo in semola destinata a essere riesportata. Dopo aver riesportato la semola, la Pezzullo immetteva in consumo in Italia i sottoprodotti residuati della trasformazione del grano (semolino, crusca e farinetta), che venivano così definitivamente importati il 15 gennaio 1985.

3 In occasione dell'importazione definitiva di tali sottoprodotti, l'amministrazione doganale di Salerno esigeva il pagamento dei diritti di prelievo e dell'imposta sul valore aggiunto. Ai sensi dell'art. 191 della legge doganale italiana (DPR 23 gennaio 1973, n. 43) veniva inoltre intimato il versamento di interessi di mora per il periodo compreso tra la data della temporanea importazione e quella dell'importazione definitiva. Tali interessi di mora venivano quantificati in un totale di 18 315 610 LIT, vale a dire 17 382 352 LIT relativamente al prelievo e 933 258 LIT relativamente all'IVA.

4 La Pezzullo pagava il prelievo e l'IVA dovuti, maggiorati degli interessi di mora. Tuttavia, ritenendo le disposizioni della normativa italiana alla base della riscossione degli interessi in contrasto con il diritto comunitario, essa, il 18 ottobre 1988, adiva il Tribunale di Salerno chiedendo il rimborso degli interessi versati. A seguito del rigetto del ricorso, la Pezzullo adiva il giudice a quo.

5 In quella sede, la Pezzullo faceva valere che gli interessi di mora riscossi a norma dell'art. 191 della legge doganale italiana costituivano un dazio interno o una tassa di effetto equivalente incompatibile con gli artt. 9, 12, 13, 30 e 38 del Trattato, e deduceva inoltre la violazione del regolamento del Consiglio n. 19/62 (4) e del regolamento del Consiglio n. 120/67 (5), in quanto i detti regolamenti vietavano l'applicazione di qualsiasi dazio doganale o tassa di effetto equivalente agli scambi con i paesi terzi. L'amministrazione italiana delle Finanze ribatteva che, all'epoca dell'importazione temporanea, i regolamenti nn. 19/62 e 120/67 non erano più in vigore, essendo stati abrogati dal regolamento n. 2727/75 (6). Essa sosteneva inoltre che l'art. 191 della legge doganale italiana era conforme alla direttiva del Consiglio 69/73/CEE sul perfezionamento attivo (7).

6 Alla luce degli argomenti sopra esposti, il giudice a quo ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'imposizione di interessi di mora, prevista dall'art. 191 della legge doganale italiana per il caso di definitiva importazione, fosse, nell'epoca dell'importazione considerata nella controversia (1982) in contrasto con disposizioni di diritto comunitario preminenti sulla norma nazionale».

7 La Commissione, nelle sue osservazioni, prospetta la possibilità che la domanda pregiudiziale sottoposta alla Corte sia inammissibile, in quanto il giudice nazionale non ha chiaramente indicato le disposizioni comunitarie pertinenti nel caso di specie. Essa sottolinea anche che il giudice a quo si riferisce solo in maniera concisa agli argomenti delle parti, senza esaminarli in dettaglio.

8 E' vero che l'ordinanza di rinvio è laconica. Sarebbe stato utile che il tribunale nazionale fornisse maggiori dettagli. Ritengo comunque che la questione formulata sia sufficientemente precisa e vada risolta. Considerata la natura della domanda, le informazioni contenute nell'ordinanza di rinvio e nelle osservazioni scritte sottoposte alla Corte dal governo italiano e dalla Commissione sono sufficienti a consentire alla Corte di dare una risposta utile al giudice a quo. Il caso di specie può essere distinto da altri analoghi in cui la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile (8). La domanda formulata nel presente procedimento è chiara, è facile vedere l'importanza della soluzione di questa per l'esito del procedimento nazionale ed è possibile fornire una soluzione utile senza che sia necessario disporre di ulteriori informazioni in merito ai fatti. Nelle circostanze del caso di specie non ritengo che la concisione dell'ordinanza di rinvio sia idonea a pregiudicare la facoltà di presentare osservazioni, ai sensi dell'art. 20 dello Statuto della Corte, degli Stati membri e degli altri aventi diritto. La questione sollevata va dunque risolta. Un simile approccio è confermato dalla sentenza della Corte nella causa Vaneetveld (9).

9 Il fatto che la questione pregiudiziale non specifica quali disposizioni del diritto comunitario siano applicabili è irrilevante. L'ordinanza di rinvio si riferisce alle disposizioni del diritto comunitario invocate dalle parti nel procedimento principale. Inoltre, la Corte ha dichiarato che in un procedimento di rinvio pregiudiziale la Corte, per aiutare il giudice nazionale, può prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione (10). Passo dunque ad esaminare la questione formulata.

10 Come abbiamo visto, le autorità italiane hanno riscosso interessi di mora calcolati sia sul prelievo sia sull'IVA esigibili. Esaminerò in primo luogo il quesito se sia compatibile con il diritto comunitario la riscossione di interessi di mora sul prelievo. Passerò poi al quesito se sia del pari compatibile la riscossione di interessi di mora sull'IVA.

Interessi di mora sull'importo del prelievo all'importazione

11 E' chiaro che nel caso di specie gli artt. 12, 13 e 30 del Trattato, invocati dalla Pezzullo nel procedimento principale, non sono applicabili in quanto si riferiscono agli scambi intracomunitari e non al commercio con i paesi terzi. Analogamente, gli artt. 9 e 38 del Trattato, anch'essi invocati dalla Pezzullo nel procedimento principale, non sono direttamente rilevanti nel caso di specie.

12 Il provvedimento comunitario di base applicabile, all'epoca dei fatti, ai prodotti di cui trattasi nel caso di specie è il regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2727, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (in prosieguo: il «regolamento») (11). Il regolamento, che ha sostituito il regolamento (CEE) del Consiglio n. 120/67, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (12), istituisce un regime unico di prezzi coadiuvato da un regime di protezione esterna. In particolare, esso prevede la riscossione di un prelievo sulle importazioni provenienti dai paesi terzi, volto a coprire la differenza fra i prezzi praticati nei paesi terzi e i prezzi comunitari (13).

13 L'art. 18, n. 2, che fa parte del titolo II del regolamento, intitolato «Regime degli scambi con i paesi terzi», dispone quanto segue:

«Salvo disposizioni contrarie del presente regolamento o deroga decisa dal Consiglio, che delibera su proposta della Commissione a maggioranza qualificata, sono vietate:

- la riscossione di qualsiasi dazio doganale o tassa di effetto equivalente,

- l'applicazione di restrizioni quantitative o di misure di effetto equivalente (...)».

14 Il giudice nazionale s'interroga soltanto sulla compatibilità con il diritto comunitario degli interessi di mora riscossi per il periodo compreso tra l'importazione temporanea e quella definitiva. Esso non discute della compatibilità con il diritto comunitario del prelievo, che l'amministrazione doganale italiana ha chiesto alla Pezzullo di pagare in occasione dell'importazione definitiva dei sottoprodotti di lavorazione. La questione che sorge dalla domanda pregiudiziale è se la riscossione di interessi di mora costituisca una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale e, in tal caso, se sia coperta dalla deroga prevista dall'art. 18, n. 2, del regolamento.

15 La Corte ha interpretato la nozione di tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, di cui agli artt. 9 e seguenti del Trattato, in maniera estensiva. Essa ha dichiarato che un onere pecuniario, sia pur minimo, imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, e che colpisce le merci in ragione del fatto che esse varcano la frontiera, se non è un dazio doganale propriamente detto, costituisce una tassa di effetto equivalente, anche se non sia riscosso a profitto dello Stato, non abbia alcun effetto discriminatorio o protezionistico e il prodotto colpito non sia in concorrenza con un prodotto nazionale (14).

16 Secondo la giurisprudenza della Corte, nei regolamenti agricoli la nozione di tassa di effetto equivalente ha lo stesso significato che negli articoli del Trattato (15). Inoltre, la nozione va interpretata nello stesso modo, sia che gli scambi in questione avvengano all'interno della Comunità, sia che avvengano con paesi terzi (16). La Corte ha tuttavia dichiarato (17) che, allorché riguarda gli scambi con i paesi terzi, l'abolizione delle tasse di effetto equivalente a dazi doganali persegue obiettivi diversi ed ha un diverso fondamento giuridico rispetto a quelli propri del divieto di riscuotere dette tasse negli scambi intracomunitari; per quanto riguarda gli scambi intracomunitari, si tratta di un divieto sancito dal Trattato stesso, all'art. 9, divieto incondizionato e assoluto in quanto inteso all'instaurazione della libera circolazione delle merci nell'ambito della Comunità; per quanto riguarda gli scambi con i paesi terzi, invece, il problema della necessità di abolire, mantenere in vigore, modificare o istituire tasse di effetto equivalente va posto in relazione sia con le esigenze della politica commerciale comune, sia con quelle, derivanti dall'istituzione della tariffa doganale comune, del livellamento delle condizioni d'importazione dai paesi terzi. Pertanto, il divieto non è assoluto per quanto riguarda il commercio con i paesi terzi e, imponendo tale divieto, il Consiglio può prevedere eccezioni o deroghe. Come abbiamo visto, l'art. 18, n. 2, si riferisce espressamente a tali deroghe.

17 Anche se si ammettesse che gli interessi di mora di cui trattasi costituiscono una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, essi sarebbero ancora compatibili con il diritto comunitario in quanto coperti dalla deroga formulata dall'art. 18, n. 2, nei seguenti termini «salvo (...) deroga decisa dal Consiglio, che delibera su proposta della Commissione, a maggioranza qualificata». Questo perché la direttiva (CEE) del Consiglio 4 marzo 1969, 69/73/CEE, relativa all'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti il regime del perfezionamento attivo (18) (la «direttiva»), applicabile all'epoca dei fatti, autorizza gli Stati membri a riscuotere interessi di mora.

18 La direttiva è stata abrogata, con decorrenza 1_ gennaio 1987, dal regolamento (CEE) del Consiglio 16 luglio 1985, n. 1999, relativo al regime di perfezionamento attivo (19). Questo regolamento, a sua volta, è stato abrogato con decorrenza 1_ gennaio 1994 dal codice doganale comunitario (20). All'epoca dei fatti all'origine del presente procedimento non erano applicabili né il regolamento n. 1999/85 né il codice doganale comunitario.

19 La direttiva prevede regole comuni che riguardano il regime del perfezionamento attivo, allo scopo di raggiungere un livello minimo di armonizzazione che garantisca un'applicazione uniforme della Tariffa doganale comune (21). L'art. 2 definisce il regime del perfezionamento attivo come il regime doganale che consente di sottoporre a perfezionamento, senza il pagamento dei dazi doganali, tasse di effetto equivalente e prelievi agricoli, merci importate che non soddisfano alle condizioni previste agli artt. 9 e 10 del Trattato, a condizione che tali merci siano destinate ad essere esportate al di fuori del territorio doganale della Comunità, in tutto o in parte, sotto forma di prodotti compensatori (22).

20 Ai sensi dell'art. 3, l'esenzione dai dazi doganali, dalle tasse di effetto equivalente e dai prelievi agricoli deve effettuarsi secondo una delle due modalità previste. Le merci possono essere sottoposte a una procedura doganale in base alla quale il pagamento di tutti gli oneri è sospeso per il periodo durante il quale le merci permangono nel territorio doganale della Comunità. In alternativa, l'importo corrispondente agli oneri applicabili alle merci importate va depositato, nel qual caso il rimborso avverrà al momento dell'esportazione dei prodotti compensatori ottenuti. La scelta della procedura da seguire spetta alle autorità competenti dello Stato membro; qualora optino per la prima modalità, esse possono esigere la prestazione di una garanzia.

21 L'art. 15 dispone che, quando le circostanze lo giustificano e in particolare quando si tratta di imprese che hanno correnti continue di fabbricazione destinate al tempo stesso al mercato della Comunità ed ai mercati esterni, le autorità competenti possono consentire che i prodotti compensatori o le merci vincolate al regime di perfezionamento attivo siano immesse in consumo (23). L'art. 16 dispone quanto segue:

«In caso di immissione in consumo autorizzata alle condizioni previste all'art. 15, n. 1, lett. a), oppure lett. b), primo trattino, i dazi doganali, le tasse di effetto equivalente e i prelievi agricoli da riscuotere sui prodotti compensatori, sui prodotti intermedi o sulle merci tal quali sono quelli afferenti alle merci importate, in base all'aliquota o ammontare applicabili alla data in cui le autorità competenti hanno accettato il relativo documento doganale, nonché in base al valore in dogana e agli altri elementi di tassazione riconosciuti o ammessi a tale data, fatti salvi gli interessi di mora eventualmente esigibili» (24) (il corsivo è mio).

22 Così, l'art. 16 della direttiva autorizza espressamente gli Stati membri a riscuotere interessi di mora sul pagamento dei dazi all'importazione e dei prelievi agricoli sui prodotti soggetti al regime di perfezionamento attivo. Osservo che, secondo quanto risulta da una relazione speciale della Corte dei conti sul regime comunitario del perfezionamento (25), in cui si è esaminata la situazione di otto Stati membri, soltanto l'Italia applica in maniera coerente la disposizione, utilizzando nel far ciò un tasso d'interesse inferiore a quelli di mercato (26).

23 La direttiva è un provvedimento di deroga ai sensi dell'art. 18, n. 2, del regolamento. Il fatto che la direttiva sia stata adottata prima del regolamento non impedisce che essa abbia tale natura. Questa opinione è suffragata dalla sentenza della Corte Land Berlino/Wigei (27). Nel detto procedimento la Corte si è pronunciata sulla questione se i diritti destinati a coprire il costo dei controlli sanitari riscossi all'importazione di carni fresche di volatili da cortile provenienti dall'Ungheria costituissero tasse di effetto equivalente a dazi doganali, incompatibili con l'art. 11, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio n. 2777/75, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame (28). La formulazione dell'art. 11, n. 2, era identica a quella dell'art. 18, n. 2, del regolamento. La Corte ha sottolineato che benché l'art. 11, n. 2, vietasse la riscossione di dazi doganali diversi da quelli indicati nella Tariffa doganale comune o di tributi nazionali di effetto equivalente, questo divieto faceva salve sia le eventuali disposizioni contrarie contenute nel regolamento n. 2777/75, sia ogni altra deroga decisa dal Consiglio, deliberante su proposta della Commissione a maggioranza qualificata. La Corte ha dichiarato che una disposizione di una direttiva precedente, vale a dire l'art. 15 della direttiva del Consiglio 71/118/CEE, relativa a problemi sanitari in materia di scambi di carni fresche di volatili da cortile (29), costituiva una deroga, ai sensi dell'art. 11, n. 2, del regolamento n. 2777/75, al divieto per gli Stati membri di riscuotere tasse di effetto equivalente a dazi doganali.

24 Va osservato che l'art. 18, n. 2, del regolamento fa riferimento a deroghe decise dal Consiglio «a maggioranza qualificata», mentre la direttiva è stata adottata all'unanimità, in base all'art. 100 del Trattato. Tuttavia, poiché a norma dell'art. 18, n. 2, il Consiglio può decidere deroghe a maggioranza qualificata, a fortiori esso può deciderne all'unanimità. Nella causa Land Berlino/Wigei, la Corte ha ammesso che la direttiva 71/118/CEE prevedeva una deroga ai sensi dell'art. 11, n. 2, del regolamento n. 2777/75 anche se la detta direttiva era stata adottata dal Consiglio, all'unanimità, a norma degli artt. 100 e 43 del Trattato.

25 In ogni caso, anche se per qualunque motivo si dovesse negare che la direttiva è un provvedimento di deroga ai sensi dell'art. 18, n. 2, essa potrebbe pur sempre costituire una valida eccezione al divieto di dazi all'importazione e di misure di effetto equivalente, sancito dal regolamento. Indipendentemente dalla deroga esplicita prevista dall'art. 18, n. 2, tale divieto va interpretato alla luce degli altri provvedimenti comunitari. Il regolamento è un provvedimento a carattere generale che istituisce un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali e non può essere interpretato in maniera tale da rendere inapplicabile l'art. 16 della direttiva, la quale prevede regole specifiche per il regime di perfezionamento attivo.

26 Ne concludo che, anche ammesso che gli interessi di mora di cui è causa costituiscano una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, essi non sono vietati dal regolamento e quindi le autorità italiane, chiedendo alla Pezzullo il versamento di interessi di mora, non hanno infranto il diritto comunitario.

27 Alla luce delle conclusioni testé esposte, non è strettamente necessario esaminare se gli interessi di mora di cui trattasi costituiscano una tassa di effetto equivalente. Riguardo a tale problema sono sufficienti le osservazioni che seguono.

28 A mio parere, è dubbio se, nel caso in cui talune merci vengano importate temporaneamente nella Comunità nell'ambito del regime di perfezionamento attivo e i loro sottoprodotti di lavorazione vengano poi immessi in libera pratica, gli interessi di mora calcolati sul prelievo all'importazione esigibile per il periodo compreso tra l'importazione temporanea e quella definitiva possano essere considerati una tassa di effetto equivalente.

29 Il regolamento andrebbe interpretato nel senso che l'obbligo di corrispondere il prelievo all'importazione sorge al momento dell'importazione dei prodotti nella Comunità. Ne deriva che, in via di principio, nel caso in cui il prelievo all'importazione non venga pagato al momento dell'importazione, gli interessi di mora sono esigibili. Come sottolinea il governo italiano, l'obbligo di pagare interessi di mora è la naturale conseguenza del pagamento differito del prelievo, e la loro finalità è quella di eliminare il vantaggio finanziario goduto dall'importatore a causa di tale ritardo e di garantire il conseguimento degli obiettivi del prelievo all'importazione. Pertanto gli interessi di mora non possono essere considerati una tassa di effetto equivalente. Potrebbe essere diverso nel caso di tasso di interesse eccessivo.

30 Nel caso in cui le merci vengano importate nella Comunità nell'ambito del regime di perfezionamento attivo, si debbono applicare considerazioni diverse? A mio parere, la risposta è negativa. Gli obiettivi del regime di perfezionamento attivo suffragano la conclusione che gli interessi di mora non costituiscono una tassa di effetto equivalente. Il fine sotteso al detto regime, indipendentemente dal fatto che sia istituito a livello nazionale o a livello comunitario, è quello di garantire che le barriere tariffarie nazionali, intese a proteggere i mercati nazionali, non finiscano col creare ostacoli alle industrie esportatrici. In particolare, il regime del perfezionamento attivo cerca di far sì che gli esportatori che utilizzano beni provenienti da paesi terzi per fabbricare i loro prodotti destinati all'esportazione non siano svantaggiati a livello nazionale, dando all'esportatore la possibilità di acquistare tali beni alle stesse condizioni delle imprese estere (30). Chiaramente, il regime del perfezionamento attivo non si propone di consentire all'importatore di immettere in libera pratica nella Comunità prodotti provenienti da paesi terzi, evitando di pagare integralmente i prelievi all'importazione previsti dal regolamento, che ha lo scopo di proteggere i mercati agricoli della Comunità.

31 Anche la direttiva lo chiarisce. Come abbiamo visto, la direttiva consente, a talune condizioni, l'immissione in libera pratica delle merci importate nell'ambito del regime di perfezionamento attivo o dei relativi prodotti compensatori. Essa prevede l'immissione in libera pratica «quando le circostanze lo giustificano», ma non specifica alcun criterio né limitazione. La relazione speciale della Corte dei conti sul regime comunitario del perfezionamento mette in evidenza che, nello spirito della direttiva, l'immissione in libera pratica doveva costituire una circostanza eccezionale qualora ciò fosse giustificato dalle mutevoli condizioni di mercato (31). Nella relazione si legge:

«E' difficilmente pensabile che col concedere loro, a detrimento della Comunità, una dilazione di diversi mesi nel pagamento degli oneri all'importazione, si siano voluti favorire quei beneficiari del regime di perfezionamento che vendono sul mercato comunitario impiegando materie prime in provenienza da paesi terzi. Per evitare un tale esito sarebbe opportuno introdurre una regolamentazione più severa per ridurre al minimo i deviamenti oppure, in alternativa, prevedere l'imposizione di interessi (...)» (32).

32 E' degno di nota il fatto che, secondo la Corte dei conti, nel caso di immissione in libera pratica di prodotti compensatori, andrebbe resa obbligatoria la riscossione di interessi ai tassi di mercato. Ciò compenserebbe i benefici del flusso di tesoreria inerenti al sistema sospensivo (33), e i beneficiari del regime di perfezionamento si troverebbero su un piano di parità rispetto agli altri produttori in caso di vendita sul mercato comunitario, ma non ne risentirebbero in caso di esportazione al di fuori della Comunità, come voluto dalla direttiva (34).

Interessi di mora sull'IVA

33 A mio parere la Commissione sostiene giustamente che, in merito a questo aspetto, la normativa IVA differisce da quella applicabile ai dazi all'importazione. L'art. 10, n. 3, della sesta direttiva IVA (35) così dispone:

«All'importazione, il fatto generatore si verifica e l'imposta diventa esigibile, all'atto dell'introduzione del bene all'interno del paese ai sensi dell'art. 3.

Quando i beni importati sono soggetti a dazi doganali, a prelievi agricoli o a tasse di effetto equivalente, instaurati nel quadro di una politica comune, il fatto generatore e l'esigibilità dell'imposta possono essere assimilati dagli Stati membri ai termini stabiliti per questi diritti comunitari.

Qualora i beni importati non siano soggetti ad alcuna di tali imposizioni comunitarie, gli Stati membri, per quanto riguarda il fatto generatore e l'esigibilità dell'imposta, possono applicare le disposizioni in vigore per i dazi doganali.

Quando i beni sono assoggettati, sin dalla loro importazione, a uno dei regimi previsti dall'art. 16, paragrafo 1, punto A, o ad un regime di ammissione temporanea o di transito, il fatto generatore e l'esigibilità dell'imposta intervengono soltanto al momento in cui i beni cessano di essere assoggettati a tale regime e vengono dichiarati per l'immissione al consumo».

34 In forza dell'art. 16, n. 1, punto A, lett. e), nel caso del regime di perfezionamento attivo si applica l'ultimo comma dell'art. 10, n. 3 (36).

35 Quindi, la direttiva IVA prevede espressamente che il fatto generatore e l'esigibilità dell'imposta intervengono soltanto al momento in cui i beni cessano di essere assoggettati a tale regime e vengono dichiarati per l'immissione al consumo. In forza dell'art. 10, n. 1, lett. b), il momento in cui l'imposta diviene esigibile corrisponde al momento in cui l'amministrazione fiscale acquista la legittimazione a chiedere il pagamento della tassa da parte del soggetto passivo, nonostante il momento del pagamento possa essere differito. Si tratta perciò del primo momento a partire dal quale possono maturare interessi per il mancato pagamento della tassa stessa.

36 Il fatto che l'IVA non divenga esigibile fino al momento in cui i beni cessano di essere assoggettati al regime del perfezionamento attivo, può forse spiegarsi alla luce delle caratteristiche del sistema dell'IVA. Diversamente dai dazi all'importazione, l'IVA non rappresenta, per gli importatori, un costo non recuperabile. In forza dell'art. 17, n. 2, della direttiva IVA, il soggetto passivo che utilizza i beni ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, è autorizzato a recuperare l'IVA pagata su tali merci mediante una detrazione. L'art. 17, n. 1, dispone che il diritto a detrazione sorge quando l'imposta detraibile diventa esigibile. Pertanto, un importatore che assolve la tassa all'atto dell'importazione ha il diritto di detrarla integralmente e immediatamente, a condizione che utilizzi le merci per la produzione di beni soggetti ad imposta. L'importatore che si avvale del regime del perfezionamento attivo non ha il diritto di effettuare la detrazione finché la tassa non divenga esigibile, all'uscita dal regime di perfezionamento attivo. Calcolare gli interessi dal momento della prima importazione sarebbe pertanto ingiustificato.

Conclusione

37 Di conseguenza, ritengo che la questione sottoposta alla Corte vada risolta nei seguenti termini:

All'epoca in cui sono avvenute le importazioni in esame nel procedimento, il diritto comunitario non impediva la riscossione di interessi di mora sui dazi all'importazione, per il periodo compreso tra l'importazione temporanea e quella definitiva, ma escludeva la possibilità d'imporre tali interessi sull'IVA percepita all'importazione.

(1) - GU L 281 dell'1.11.1975, pag. 1.

(2) - GU L 58 dell'8.3.1969, pag. 1.

(3) - Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145 del 13.6.1677, pag. 1).

(4) - GU 30 del 20.4.1962, pag. 933.

(5) - Regolamento (CEE) del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (GU L 117 del 19.6.1967, pag. 2269).

(6) - V. supra, nota 1.

(7) - V. supra, nota 2.

(8) - V. cause riunite C-320/90 - C-322/90, Telemarsicabruzzo e a. (Racc. 1993, pag. I-393); cause C-157/92, Pretore di Genova/Banchero (Racc. 1993, pag. I-1085); causa C-378/93, La Pyramide (Racc. 1994, pag. I-3999); ordinanza 23 marzo 1995, causa C-458/93, Saddik (Racc. 1995, pag. I-511); ordinanza 7 aprile 1995, modificata dall'ordinanza 6 giugno 1995, causa C-167/94, Grau Gomis (Racc. 1995, pag. I-1023).

(9) - Causa C-316/93 (Racc. 1994, pag. I-763).

(10) - V., ad esempio, causa C-315/92, Verband Sozialer Wettbewerb/Clinique Laboratories e Estée Lauder (Racc. 1994, Pag. I-317, punto 7 della sentenza).

(11) - V. supra, nota 1. Il regolamento è stato nel frattempo modificato.

(12) - V. supra, nota 5.

(13) - V. il preambolo, decimo `considerando', e gli artt. 13-20.

(14) - Cause riunite 2/69 e 3/69, Diamantarbeiders/Brachfeld (Racc. pag. 211, punti 15-18 della sentenza); causa 46/76, Bauhuis/Paesi Bassi (Racc. 1977, pag. 5, punto 10).

(15) - V. causa 34/73, Variola/Amministrazione italiana delle Finanze (Racc. pag. 981, punto 3 della sentenza).

(16) - Causa C-125/94, Aprile/Amministrazione delle Finanze dello Stato (punti 39-41 della sentenza).

(17) - Causa 70/77, Simmenthal/Amministrazione delle Finanze dello Stato (Racc. 1978, pag. 1453, punti 21-23 della sentenza).

(18) - V. supra, nota 2.

(19) - GU L 188, pag. 1. V. anche regolamento (CEE) della Commissione 26 giugno 1991, n. 2228, che fissa talune disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 1999/85, relativo al regime di perfezionamento attivo (GU L 210 del 31.7.1991, pag. 1).

(20) - Regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1).

(21) - V. preambolo, secondo `considerando' della direttiva.

(22) - I prodotti compensatori sono definiti dagli artt. 2, n. 3, e 24 della direttiva, e comprendono i prodotti ottenuti dalla lavorazione delle merci, ivi compresi il loro montaggio, il loro assiemaggio o il loro adattamento ad altre merci.

(23) - V. art. 15, n. 1, lett. a) e b), primo trattino.

(24) - Mediante deroga, l'art. 18 prevede che il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, stabilisce l'elenco dei prodotti compensatori e dei prodotti intermedi la cui immissione in consumo deve effettuarsi mediante l'applicazione dei dazi doganali, delle tasse di effetto equivalente e dei prelievi agricoli ad essi relativi e non di quelli afferenti alle merci importate.

(25) - GU C 88 del 30.3.1983, pag. 3.

(26) - Op. cit., paragrafo 19.

(27) - Causa 30/79 (Racc. 1980, pag. 151).

(28) - GU L 282 dell'1.11.1975, pag. 77.

(29) - GU L 55 dell'8.3.1971, pag. 23.

(30) - V. relazione della Corte dei conti, supra, nota 22, al paragrafo 2 e v. anche sentenza 29 giugno 1995, causa C-437/93, Hauptzollamt Heilbronn/Temic Telefunken Microelectronic GmbH (punti 18 e 19).

(31) - V. supra, nota 22, al paragrafo 17 della relazione.

(32) - Ibidem.

(33) - Nel sistema previsto dalla direttiva l'esenzione dai dazi doganali, dalle tasse di effetto equivalente e dai prelievi agricoli deve effettuarsi conformemente al sistema sospensivo o al sistema del rimborso, e la scelta della modalità è lasciata alle autorità nazionali: v. art. 3.

(34) - Relazione della Corte dei conti, supra, nota 25, al paragrafo 19. V. tuttavia le risposte della Commissione alle osservazioni della Corte dei conti sul regime comunitario del perfezionamento attivo, GU C 88 del 30.3.1983, pag. 9, punti 17-19.

(35) - Citata supra, nota 3.

(36) - Il testo inglese è ambiguo, ma altre versioni linguistiche della disposizione non consentono dubbi.

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