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Document 52001DC0715

Libro verde sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una procura europea

/* COM/2001/0715 def. */

52001DC0715

Libro verde sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una procura europea /* COM/2001/0715 def. */


LIBRO VERDE sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una procura europea

(presentato dalla Commissione)

Indice

1. Introduzione

1.1. Le origini della proposta della Commissione volta a creare una procura europea

1.2. Motivi per presentare in questa fase un libro verde

1.2.1. La frode ai danni degli interessi finanziari comunitari: un fenomeno da reprimere

1.2.2. Il problema della procura europea: un dibattito che va proseguito

1.3. Gli obiettivi del libro verde

1.3.1. Allargare il dibattito a tutti gli ambienti interessati

1.3.2. Studiare attentamente la fattibilità della proposta

2. Premesse al dibattito

2.1. Valore aggiunto della procura europea: riepilogo degli argomenti a sostegno della proposta formulata dalla Commissione nel 2000

2.1.1. Superare la compartimentazione dello spazio penale europeo

2.1.2. Superare la complessità e l'inadeguatezza dei metodi classici di cooperazione giudiziaria tra Stati membri

2.1.3. Dare un esito giudiziario alle inchieste amministrative condotte

2.1.4. Potenziare l'efficacia e la legittimità delle inchieste all'interno delle istituzioni comunitarie

2.2. Rispetto dei diritti fondamentali

2.3. Collocazione della procura europea rispetto alle priorità politiche europee in materia di giustizia e affari interni

2.3.1. Complementarità con gli obiettivi del Consiglio europeo di Tampere

2.3.2. Peculiarità della proposta rispetto agli obiettivi del Consiglio europeo di Tampere

2.4. Base giuridica

3. Impianto generale

3.1. Una competenza sostanziale limitata alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità

3.1.1. Una responsabilità particolare delle Comunità

3.1.2. Mantenere l'ambito attuale di tutela degli interessi finanziari comunitari

3.2. Verso uno spazio comune di attività investigativa e di azione penale

3.2.1. I poteri della procura europea: una direzione centralizzata dell'attività investigativa e dell'azione penale

3.2.2. Una buona articolazione con i sistemi penali nazionali

4. Status giuridico e organizzazione interna

4.1. Status del procuratore europeo

4.1.1. Principio di indipendenza

4.1.2. Condizioni di nomina e di destituzione

4.1.3. Ruolo gerarchico del procuratore europeo

4.2. Organizzazione decentrata della procura europea

4.2.1. Principio di decentramento vero i procuratori europei delegati

4.2.2. Principio di subordinazione al procuratore europeo

4.3. Mezzi di funzionamento della procura europea

5. Diritto penale sostanziale

5.1. Scelta del metodo legislativo: unificazione comunitaria o armonizzazione delle legislazioni nazionali

5.2. Fattispecie di reato comuni

5.2.1. Reati riguardanti la tutela degli interessi finanziari comunitari che hanno già formato oggetto di accordo tra gli Stati membri

5.2.2. Altri reati presi in considerazione in fatto di tutela degli interessi finanziari comunitari

5.2.3. Fattispecie di reato che è possibile prospettare al di là della tutela degli interessi finanziari comunitari

5.3. Sanzioni comuni

5.4. Responsabilità delle persone giuridiche

5.5. Regimi di prescrizione

6. Procedura

6.1. Modalità per informare e adire la procura europea

6.2. Fase istruttoria

6.2.1. Diritti fondamentali

6.2.2. Avvio delle indagini e dell'azione penale

6.2.3. Conduzione delle indagini

6.2.4. Esito dell'azione penale

6.3. Fase di giudizio

6.3.1. Scelta dello Stato membro di rinvio a giudizio

6.3.2. Esercizio dell'azione penale

6.3.3. Le Comunità europee, vittime di diritto comune

6.3.4. Disciplina delle prove

6.3.5. Cause di estinzione dell'azione penale

6.3.6. Esecuzione della sentenza

6.4. Garanzia dell'intervento di un giudice

6.4.1. Funzioni del giudice

6.4.2. Designazione del tribunale della libertà

6.4.3. Designazione del giudice del rinvio a giudizio

7. Relazioni con gli altri soggetti

7.1. Cooperazione con le autorità degli Stati membri

7.2. Relazioni con i soggetti istituzionali della cooperazione penale nell'ambito dell'Unione europea

7.2.1. Eurojust

7.2.2. Europol

7.2.3. Rete giudiziaria europea

7.3. Relazioni con le istituzioni, gli organi e gli organismi comunitari

7.3.1. Caso generale

7.3.2. Ruolo futuro dell'OLAF

7.4. Relazioni con i paesi terzi

8. Controllo giurisdizionale degli atti della procura europea

8.1. Atti della procura europea contro i quali è possibile formare ricorso

8.1.1. Atti istruttori che comportano una restrizione o una privazione di libertà delle persone

8.1.2. Altri atti istruttori

8.1.3. Decisione di archiviazione o di non luogo a procedere

8.1.4. Rinvio a giudizio

8.2. Diritti di ricorso

8.2.1. Ricorso di diritto interno

8.2.2. Ricorso dinanzi alla Corte di giustizia

9. Conclusione

ALLEGATO 1 Contributo complementare della Commissione alla Conferenza intergovernativa sulle riforme istituzionali del 29 settembre 2000 81

Allegato 2 Schemi semplificati di procedura 90

Allegato 3 Caso fittizio di frode trattato dalla procura europea 94

ALLEGATO 4 Riepilogo delle domande formulate 99

1. Introduzione

La necessità di perseguire efficacemente in giudizio gli autori dei reati che ledono gli interessi finanziari della Comunità europea, ha indotto la Commissione a proporre in questo campo la creazione di una procura europea. La proposta, che andava approfondita e nel contempo ampiamente discussa, giustifica oggi la presentazione di un libro verde ad opera della Commissione.

Quantunque si basi su una proposta di principio già adottata dalla Commissione, il presente documento costituisce uno strumento di consultazione, come ogni libro verde. Uno sforzo di riflessione preliminare sulle possibilità di attuazione della proposta dovrà consentire, in un secondo tempo, di pronunciarsi con maggiore cognizione di causa sul principio medesimo sotteso alla proposta.

1.1. Le origini della proposta della Commissione volta a creare una procura europea

In occasione della conferenza intergovernativa di Nizza, la Commissione ha proposto, per contrastare il fenomeno delle frodi ai danni delle finanze europee, di ovviare al frazionamento dello spazio penale sul territorio dell'Unione creando una procura europea [1]. La tutela degli interessi finanziari comunitari esige infatti, per la sua stessa specificità, una risposta specifica che permetta di trascendere i limiti della cooperazione giudiziaria classica.

[1] Contributo complementare della Commissione alla conferenza intergovernativa sulle riforme istituzionali, La tutela penale degli interessi finanziari comunitari: un procuratore europeo, 29.9.2000, COM(2000)608, ripreso nell'allegato 1. Tale contributo completa il parere della Commissione ai sensi dell'articolo 48 TUE sulla convocazione di una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri mirante a modificare i trattati, La riforma istituzionale al servizio dell'allargamento, 26.1.2000, COM (2000) 34, 5 b).

Storicamente, l'idea di approfondire la problematica della tutela penale degli interessi finanziari comunitari è emersa in seguito all'assegnazione di risorse proprie alla Comunità, con un primo progetto di modifica del trattato in data 6 agosto 1976 [2]. Essa ha preso corpo con la firma di strumenti convenzionali, in particolare la convenzione 26 luglio 1995, adottati nel quadro della cooperazione in fatto di "giustizia e affari interni" (qui di seguito chiamata terzo pilastro), ma non ancora ratificati da tutti gli Stati membri [3]. Questa tutela penale è stata sancita una prima volta dal trattato di Amsterdam, nel quale è stata inserita una base giuridica che consente al legislatore comunitario di legiferare in misura limitata in materia di tutela penale degli interessi finanziari comunitari. Su tale base, la Commissione ha adottato di recente una specifica proposta di direttiva [4]. E questa stessa peculiarità della tutela penale degli interessi finanziari è sottesa alla proposta di creare una procura europea.

[2] Vecchio progetto di trattato recante modifica dei trattati che istituiscono le Comunità europee, per adottare una normativa comune sulla tutela penale degli interessi finanziari delle Comunità, nonché sulla repressione delle infrazioni alle disposizioni dei trattati COM(76)418, (GU C 222 del 22.9.1976).

[3] Convenzione 26 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU C 316 del 27.11.95, pag. 48) e relativi protocolli aggiuntivi (GU C 313 del 23.10.1996, pag. 1 ; GU C 221 del 19.7.1997, pag. 11 ; GU C 151 del 20.5.1997, pag. 1).

[4] Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla tutela penale degli interessi finanziari della Comunità, presentata dalla Commissione in data 23.5.2001 (COM(2001)272).

La proposta è stata preceduta da un approfondito lavoro preparatorio. Da quasi dieci anni, su richiesta del Parlamento europeo e della Commissione, gruppi di esperti di diritto penale di tutti gli Stati membri lavorano sul tema della tutela degli interessi finanziari della Comunità [5]. I risultati dei loro lavori, accolti con grande favore dal Parlamento europeo [6] e dalla Commissione, sono sfociati nella proposta di un corpo di norme relative alla tutela penale degli interessi finanziari comunitari, il cosiddetto Corpus juris. Essi si fondano su un ampio studio comparato dei sistemi penali nazionali, dal quale è emerso che il progetto di una procura europea è realizzabile [7].

[5] Analisi comparata dei rapporti degli Stati membri relativi ai provvedimenti presi a livello nazionale per contrastare lo spreco e la distrazione dei fondi comunitari e Documento di sintesi, Commissione europea, 13.11.1995, COM(95)556 ; si vedano altresì vari studi commissionati dalla Commissione: Studio comparato sulla tutela degli interessi finanziari della Comunità, 3 volumi, 1992-1994 ; Studio sui sistemi di sanzioni amministrative e penali negli Stati membri delle Comunità europee, 2 volumi, 1994; Il patteggiamento nell'Unione europea, 1995.

[6] Risoluzione sulla creazione di uno spazio giuridico e giudiziario europeo per tutelare gli interessi finanziari dell'Unione europea contro la criminalità internazionale, Parlamento europeo, 12.6.1997 (GU C 200 del 30.6.1997, pag. 157).

[7] Corpus juris recante disposizioni penali sulla tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea, a cura di M. Delmas-Marty, Economica, Paris, 1997. In seguito a tali raccomandazioni, più di recente gli esperti hanno riveduto il Corpus juris (http://www.law.uu.nl/wiarda/corpus/index1.htm) e ultimato un importante studio comparato relativo all'esame della necessità, della legittimità e della fattibilità di una procura europea, nel quale si analizza l'incidenza che quest'ultima può avere sui sistemi nazionali di azione penale in vigore negli Stati membri: L'attuazione del Corpus juris negli Stati membri, M. Delmas-Marty / J.A.E. Vervaele, Intersentia, Utrecht, 2000, 4 volumi. Ai fini del libro verde, salvo diversa indicazione, viene costantemente fatto riferimento a questa seconda versione, detta "di Firenze", del Corpus juris (CJ).

La riflessione non può tuttavia limitarsi a questi studi. La Commissione ha presentato nel 2000 il suo contributo sulla base di una propria riflessione, che non si ispira a nessun modello nazionale particolare, ma tenta di definire il sistema più adeguato alle esigenze specifiche della tutela degli interessi finanziari comunitari, nel rigoroso rispetto della massima protezione dei diritti fondamentali.

1.2. Motivi per presentare in questa fase un libro verde

Il contributo sottoposto dalla Commissione alla conferenza intergovernativa mirava a una revisione del trattato CE per introdurre una base giuridica che consentisse di creare la procura europea [8], ma esso non è stato accolto dai capi di Stato e di governo riuniti a Nizza nel dicembre 2000. Da un lato la conferenza non ha potuto disporre del tempo necessario per esaminare la proposta. Dall'altro è stato auspicato che venissero approfondite le sue implicazioni.

[8] COM(2000)608, già citato.

La proposta resta comunque fondata e alcune reazioni sono state incoraggianti. Conformemente al suo piano d'azione 2001-2003, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità [9], la Commissione si è quindi impegnata ad adottare il presente libro verde per affinare la propria riflessione e allargare il dibattito.

[9] COM(2000)254.

Si tratta di rispondere allo scetticismo con cui troppo spesso la proposta è stata accolta, illustrando in termini pragmatici e discutendo le possibilità di concreta attuazione di una soluzione che sembra ambiziosa, ma è prima di tutto innovativa.

1.2.1. La frode ai danni degli interessi finanziari comunitari: un fenomeno da reprimere

La frode resta inequivocabilmente un fenomeno da reprimere. Nel contesto generale attuale, contraddistinto da un intensificarsi a livello internazionale della lotta contro la criminalità finanziaria, l'ampiezza delle attività illecite che arrecano pregiudizio ai fondi comunitari merita, in questa sede, di essere rammentata.

Sul totale di casi di irregolarità individuati dalla Commissione e dagli Stati membri, la percentuale di quelli che hanno rilevanza penale per il loro carattere intenzionale, nel 1999 è stata valutata al 20% circa dei casi noti, per un valore complessivo di quasi metà delle somme in causa. Applicando questi criteri, la frode ai danni degli interessi finanziari comunitari individuata dagli Stati membri non meno che dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), nell'anno in questione, avrebbe totalizzato 413 milioni di euro [10].

[10] Commissione europea, Tutela degli interessi finanziari delle Comunità - Lotta contro le frodi, relazione annuale 1999, COM (2000) 718, 4 e 5.

>SPAZIO PER TABELLA>

Complessivamente, questi casi corrispondevano a frodi dell'ordine di 122 milioni di euro a livello di risorse proprie europee (pari allo 0,9% delle risorse proprie tradizionali), e di 291 milioni di euro nel quadro delle spese (pari allo 0,3% del bilancio), laddove 170 milioni di euro interessavano le spese agricole, 73 milioni le spese dirette delle Comunità e 48 milioni le spese per le azioni strutturali.

Dal 1991, la Commissione pubblica ogni anno un resoconto sul fenomeno della frode, corredato di statistiche ed esempi, nella sua Relazione annuale sulla tutela degli interessi finanziari comunitari e sulla lotta contro le frodi [11].

[11] L'ultima in ordine di tempo, COM (2001) 255, riguarda l'esercizio 2000.

I mezzi posti in essere a livello comunitario per individuare in sede amministrativa i casi di frode, nel corso degli anni sono stati perfezionati [12]. Contestualmente sono state notevolmente intensificate le misure preventive, nel quadro della riforma della gestione della Commissione, cui la strategia antifrode dell'OLAF contribuisce.

[12] I capi di Stato e di governo, riuniti a Colonia nel giugno 1999, si sono rallegrati della rapida istituzione dell'OLAF e del relativo dispositivo normativo, che avevano chiesto in occasione del Consiglio europeo di Vienna, nel dicembre 1998.

Prevenzione e individuazione delle frodi, da sole tuttavia non bastano. Resta la necessità di un'efficace repressione. Il coinvolgimento della criminalità organizzata è infatti comprovato in numerosi casi venuti da anni a conoscenza dei servizi della Commissione, in particolar modo dell'Unità di coordinamento e di lotta contro le frodi (UCLAF), creata nel 1988 e diventata undici anni dopo Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), che nei suoi compiti di indagine amministrativa opera in tutta indipendenza.

La frode ai danni degli interessi finanziari comunitari deriva principalmente da casi di notevole entità, i cui risvolti penali si diramano in più Stati membri. Si tratta di casi complessi con una netta impronta transnazionale.

Non è immaginabile che a un problema di tale ampiezza non venga data una risposta adeguata. Questa criminalità presenta tratti peculiari cui deve corrispondere una soluzione specifica. Tenuto conto del problema, occorre che la risposta comporti un aspetto repressivo, che deve essere conforme ai requisiti fissati dal trattato di Amsterdam. L'articolo 280 del trattato CE fa infatti obbligo, fin d'ora, di garantire una tutela degli interessi finanziari delle Comunità che risulti effettiva, dissuasiva ed equivalente nei vari Stati membri. In quest'ambito, la Comunità deve dare agli Stati membri e ai contribuenti europei la garanzia che contro i casi di frode e corruzione si proceda in modo efficace, anche sul piano penale. Diversamente, agli occhi dell'opinione pubblica potrebbe risultare gravemente compromessa la stessa credibilità della costruzione europea.

1.2.2. Il problema della procura europea: un dibattito che va proseguito

La discussione relativa alla creazione di una procura europea non ha aspettato la pubblicazione del libro verde per mostrare un certo fervore.

A livello europeo, da vari anni gli operatori, siano essi magistrati, forze di polizia o avvocati, denunciano i limiti degli spazi giudiziari nazionali di fronte alla criminalità economica e finanziaria transnazionale. Dall'appello lanciato a Ginevra il 1° ottobre 1996 alla recente dichiarazione di Treviri, del 15 settembre 2001, a favore di un rilancio della procura europea nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione, passando per il manifesto di Strasburgo del 20 ottobre 2000, le categorie interessate hanno fatto propria questa rivendicazione in vari Stati membri. In modo più latente, questa preoccupazione comincia a figurare tra le aspettative generali dei cittadini europei e a trascendere quindi le ristrette cerchie degli specialisti o dell'Università [13].

[13] Stando, per esempio, a un sondaggio annuale realizzato nel dicembre 2000 in otto Stati membri, dall'Istituto Haris per il quotidiano Le Monde, il 68% degli intervistati si dichiara favorevole all'armonizzazione degli ordinamenti giudiziari degli Stati membri.

Il Parlamento europeo ha svolto una funzione trainante auspicando a più riprese, fin dagli anni Novanta, la concretizzazione di un progetto del genere per rendere possibile, non solo l'azione penale, ma la prevenzione e l'individuazione a livello amministrativo della frode [14].

[14] Si veda in particolare: risoluzione del Parlamento europeo sulla Relazione annuale 1996 della Commissione (GU C 339 del 10.11.1997 pag. 68); risoluzione sull'azione penale nell'Unione europea (Corpus Juris), 13.4.1999; risoluzione 19 gennaio 2000 sull'istituzione di una tutela penale degli interessi finanziari dell'Unione (GU C 304 del 24.10.2000, pag. 126); risoluzione 13.4.2000 ai fini della Conferenza intergovernativa; risoluzione 16.5.2000 sulla relazione annuale 1998 della Commissione concernente la tutela degli interessi finanziari delle Comunità; risoluzione 13.12.2000 sulla strategia antifrode della Commissione (GU C 232 del 17.8.2001, pag. 191); risoluzione 14.4.2001 sulla relazione annuale 1999 della Commissione concernente la tutela degli interessi finanziari delle Comunità.

Più di recente, il comitato degli esperti indipendenti [15], il comitato dei saggi [16], nonché il comitato di vigilanza dell'OLAF [17], nel 1999 hanno raccomandato - ciascuno per quanto di sua competenza - la creazione di una procura europea competente in questa materia.

[15] Secondo rapporto sulla riforma della Commissione, 10.9.1999, raccomandazione 59.

[16] Rapporto dei sigg. Dehaene, Simon e Von Weizsäcker, 18.10.1999, 2.2.6..

[17] Pareri 5/99 e 2/2000 del comitato di vigilanza dell'OLAF, in Rapporto d'attività luglio 1999 - luglio 2000 (GU C 360 del 14.12.2000).

A livello nazionale, la discussione si è arricchita di interventi politici, quantomeno in alcuni Stati membri. Senza avere minimamente la pretesa di renderne conto in modo esauriente, è istruttivo ricordare alcune delle opinioni espresse.

Nel Regno Unito, la Camera dei Lord ha pubblicato l'audizione relativa all'azione penale contro le frodi ai danni delle finanze comunitarie, condotta dalla sua commissione parlamentare competente per le Comunità europee [18]. Il presidente di tale commissione, senza peraltro condividere le conclusioni del Corpus juris, ammette che l'instaurazione di un regime speciale per perseguire le frodi andrebbe presa in considerazione qualora gli sforzi per intensificare la cooperazione giudiziaria a livello intergovernativo subissero ritardi o non avessero esito.

[18] Prosecuting fraud on the Communities' finances - The Corpus juris, 8.5.1999, Select committee on the European Communities, House of Lords, Londra.

In Francia, la delegazione dell'Assemblea nazionale per l'Unione europea, nell'esaminare il problema della lotta contro le frodi in Europa, presenta la creazione di una procura come una delle possibili strategie [19]. Il relatore della delegazione, nel concludere che l'efficacia della repressione in questo settore costituisce un autentico problema, si dichiara favorevole all'istituzione di una procura europea.

[19] Rapport d'information sur la lutte contre la fraude dans l'Union européenne, Délégation de l'Assemblée nationale pour l'Union européenne, Parigi, 22.6.2000, n. 2507.

In Germania, in risposta alla richiesta di un gruppo di parlamentari del Bundestag, il governo federale ha illustrato i possibili sviluppi a livello comunitario in materia penale, con particolare riferimento alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità [20]. Nonostante riserve di rilievo sulla parte generale dello studio Corpus juris, la creazione di una procura europea andrebbe presa in considerazione nell'ambito di un'eventuale unificazione settoriale del diritto penale sostanziale e procedurale, sulla scorta dell'esperienza acquisita grazie a Eurojust, che il governo tedesco considera l'embrione di una futura procura europea.

[20] Bundestagsdrucksache 14/4991, 14.12.2000, pag. 32 seg.

Nei Paesi Bassi, il ministro della giustizia definisce interessante il contributo della Commissione alla conferenza intergovernativa. Egli reputa che tale contributo sia utile per far progredire una discussione sui provvedimenti necessari per migliorare la lotta contro le frodi ai danni delle Comunità, discussione alla quale egli si dichiara disponibile [21].

[21] Lettera alla commissione "Giustizia" del Parlamento olandese sulla cooperazione giudiziaria in materia penale, 5.7.2001.

Alcuni capi di governo vedono addirittura, nel futuro dell'Europa, una procura impegnata nella lotta contro la criminalità su un fronte molto più ampio, seppure la terminologia che usano non è uniforme [22].

[22] Mozione dell'SPD sull'Europa, presentata il 30.4.2001, dal cancelliere tedesco Schröder, adottata nel novembre 2001; discorso sul futuro dell'Unione europea del primo ministro francese Jospin, del 23.5.2001.

Posizioni del genere attestano quantomeno sia l'interesse destato dall'argomento sia la necessità di un dibattito sulle modalità di funzionamento di quel che potrebbe essere una procura europea. Da parte sua, la Commissione propone, su un terreno al tempo stesso più circoscritto e più specifico, una soluzione innovativa destinata a rispondere a un'esigenza tipicamente comune. Ecco la ragion d'essere del presente libro verde.

1.3. Gli obiettivi del libro verde

Per sua stessa natura, il libro verde si differenzia dai lavori preparatori svolti finora. Esso mira ad ampliare e approfondire la discussione sulle proposte della Commissione, affinché la Convenzione che preparerà la revisione dei trattati possa esaminarle.

1.3.1. Allargare il dibattito a tutti gli ambienti interessati

In quest'ottica, il primo obiettivo che il libro verde si prefigge è quello di avviare, nell'arco di tutto il 2002, la più ampia consultazione possibile di tutti gli ambienti interessati: parlamenti, pubbliche autorità comunitarie e nazionali, operatori del diritto penale, docenti universitari, organizzazioni non governative, ecc. La discussione dovrà vertere sui possibili compiti e sul funzionamento di una procura europea con competenze di tutela delle finanze comunitarie. Il libro verde deve permettere di organizzare il dibattito attorno ad alcuni temi portanti, e dargli la massima diffusione, in uno spirito di sana trasparenza.

I temi scelti in questa sede sono i seguenti:

- Premesse del dibattito (capitolo 2)

- Impianto generale (capitolo 3)

- Status giuridico e organizzazione interna (capitolo 4)

- Diritto sostanziale (capitolo 5)

- Diritto procedurale (capitolo 6)

- Relazioni con gli altri soggetti (capitolo 7)

- Controllo giurisdizionale (capitolo 8)

Su ciascuno degli argomenti, la Commissione illustra innanzitutto gli elementi utili a chiarire i termini della discussione. Essa delinea quindi alcune possibili scelte esprimendo talvolta una preferenza nella fase attuale della sua riflessione. Infine essa solleva le questioni sulle quali desidera avere almeno un parere degli ambienti interessati. Se le preferenze della Commissione, nella loro globalità, delineano un sistema coerente, di sicuro esso non è l'unico possibile né intende in alcun modo predeterminare il dibattito.

1.3.2. Studiare attentamente la fattibilità della proposta

Il libro verde offre altresì alla Commissione l'opportunità di precisare la propria riflessione, al di là degli approfonditi studi preparatori condotti da vari anni. Nella sua comunicazione del 29 settembre 2000, infatti, la Commissione ha proposto di integrare nel trattato solo gli aspetti essenziali che interessano la figura del procuratore europeo (nomina, destituzione, mandato, indipendenza), rinviando invece al diritto derivato per le norme e modalità relative al funzionamento della procura.

Il libro verde tratteggia per l'appunto quello che il diritto derivato potrebbe prevedere al riguardo. Il diritto derivato dovrebbe fissare segnatamente, a livello comunitario, delle fattispecie di reato (frode, corruzione, riciclaggio, ecc.) e delle pene in ordine alle attività lesive degli interessi finanziari delle Comunità. Esso dovrebbe determinare in quale modo il dispositivo comunitario si articoli in particolare con gli ordinamenti penali nazionali. Dovrebbe definire le modalità per adire la procura europea, i suoi poteri investigativi, l'apertura e l'esito degli atti istruttori, oltre a stabilire a chi spetti il controllo giurisdizionale sull'operato della procura.

Se nel 2000 la riflessione verteva sulla legittimità e sulle ragioni dell'istituzione di un organo del genere, nella fase del libro verde essa si allarga quindi alle modalità in grado di garantire effettivamente il funzionamento della procura europea. Al di là del principio che la Commissione ha già esposto nella sua precedente comunicazione, in questa sede - nell'intento di dare massima trasparenza ai lavori preparatori - si tratta di prospettare le condizioni concrete per attuare la proposta.

La Commissione desidera riunire i vostri commenti sul presente libro verde, in particolare su ciascuna delle domande evidenziate in grassetto e riprese nell'allegato 4.

Per agevolare gli scambi di opinioni, è stato allestito un sito Internet sul quale sono accessibili il contributo presentato dalla Commissione nel 2000 alla conferenza intergovernativa, il presente libro verde e una serie di collegamenti utili:

http://europa.eu.int/olaf/livre_vert

Fino al 1° giugno 2002, è possibile trasmettere le risposte, preferibilmente per via elettronica all'indirizzo seguente:

olaf-livre-vert@cec.eu.int

o per posta a:

Commissione europea

Ufficio europeo per la lotta antifrode (Unità A.2)

Risposta al Libro verde sulla procura europea

Rue Joseph II, 30

B-1049 Bruxelles

I commenti pervenuti saranno pubblicati sul sito, salvo espressa richiesta di trattamento confidenziale da parte dell'autore.

Nel 2002 verrà organizzata una audizione pubblica con gli interlocutori interessati. Sulla scorta di tutte le risposte ottenute, la Commissione presenterà delle conclusioni, ed eventualmente un nuovo contributo, fin dal 2003, nel quadro della preparazione della revisione dei trattati.

2. Premesse al dibattito

Nel suo contributo alla conferenza intergovernativa di Nizza, la Commissione ha illustrato per la prima volta perché la procura europea rappresenterebbe un mezzo di tutela penale efficace degli interessi finanziari delle Comunità. La proposta è legata a varie condizioni che vale la pena di rammentare prima di intavolare la discussione. Attraverso una revisione dei trattati ( 2.4), essa costituisce un "valore aggiunto" rispetto alla situazione attuale ( 2.1), nel rispetto dei diritti fondamentali ( 2.2), oltre a configurarsi come uno strumento specifico che viene ad affiancare le priorità politiche europee in materia di giustizia ( 2.3).

2.1. Valore aggiunto della procura europea: riepilogo degli argomenti a sostegno della proposta formulata dalla Commissione nel 2000

Poter svolgere gli atti istruttori ed esercitare l'azione penale a livello comunitario, rappresenterebbe un miglioramento rispetto alla situazione attuale. Per quanto legittimi e insostituibili, infatti, i dispositivi esistenti, in mancanza di una struttura istituzionale specifica a livello comunitario, costituiscono altrettanti ostacoli a un'azione penale transnazionale che presenti sufficiente efficacia. Sono temi che la Commissione ha già sviluppato nella sua comunicazione del 29 settembre 2000, e che per questo motivo vengono qui ricordate in forma più sintetica [23].

[23] Per l'intero testo della comunicazione, si veda l'allegato 1.

2.1.1. Superare la compartimentazione dello spazio penale europeo

Il coinvolgimento della criminalità organizzata nella frode ai danni degli interessi comunitari e il carattere transnazionale della frode stessa, attualmente costringono a una cooperazione tra 17 ordinamenti giudiziari che applicano regole di fondo e di procedura diverse [24]. Con l'allargamento dell'Unione queste difficoltà sono destinate ad aumentare per l'incremento del numero degli Stati membri e del numero di operatori e amministrazioni coinvolti nella gestione dei fondi comunitari.

[24] Alcuni Stati membri comportano vari ordinamenti giuridici al loro stesso interno, per esempio nel Regno Unito gli ordinamenti sono diversi in Inghilterra e nel Galles, in Scozia nonché nell'Irlanda del Nord.

Le carenze del dispositivo attuale sostanzialmente sono imputabili al frazionamento dello spazio penale europeo. È vero che varie convenzioni internazionali hanno introdotto anche tra gli Stati membri eccezioni sempre più numerose al principio di territorialità [25]. Resta nondimeno che, di massima, le autorità di polizia e giudiziarie degli Stati membri hanno competenze per intervenire solo sul proprio territorio. La compartimentazione tra queste autorità conduce a indagini e azioni penali che, quando non sono in concorrenza tra loro, risultano parziali o addirittura inesistenti.

[25] Per esempio: convenzione d'applicazione dell'accordo di Schengen del 19 giugno 1990 (articoli 39 segg.: osservazione e inseguimento transfrontiera); convenzione 18 dicembre 1997 relativa alla reciproca assistenza e alla cooperazione tra le amministrazioni doganali (Napoli II); convenzione 29 maggio 2000 relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale (consegne sorvegliate, squadre investigative comuni, operazioni di infiltrazione).

Ne offre un'illustrazione l'esempio citato dalla Commissione nel paragrafo 1.1 della sua comunicazione alla conferenza intergovernativa di Nizza (si veda l'allegato 1).

Precedentemente all'adozione del trattato di Amsterdam, la firma della convenzione del 26 luglio 1995 e dei suoi protocolli aggiuntivi aveva rappresentato un primo passo di rilievo verso la protezione penale degli interessi finanziari comunitari. Queste disposizioni a tutt'oggi non sono però in vigore, non essendo state ratificate da tutti gli Stati membri [26]. Proprio per questo motivo la Commissione ha presentato la proposta di direttiva del 23 maggio 2001, citata in precedenza, volta a far adottare, in base all'articolo 280 del trattato CE, le disposizioni di diritto penale sostanziale contenute negli strumenti del terzo pilastro [27].

[26] Alla fine del settembre 2001, la ratifica della convenzione sulla tutela degli interessi finanziari comunitari e del protocollo del 19.6.1997 non era ancora stata notificata, rispettivamente, da tre e otto Stati membri.

[27] COM(2001)272.

Tuttavia, queste disposizioni non basteranno da sole ad annullare il frazionamento dello spazio penale europeo, in quanto l'azione penale continuerà a essere esercitata a livello nazionale.

Per questo motivo, pur mantenendo 17 sistemi giudiziari penali diversi, il presente libro verde mostra che la Comunità, grazie alla creazione della procura europea e alla direzione centralizzata degli atti istruttori e dell'azione penale, disporrebbe del mezzo per garantire una tutela dei suoi interessi finanziari effettiva ed equivalente sull'intero territorio dell'Unione europea, quale è prevista dal trattato.

2.1.2. Superare la complessità e l'inadeguatezza dei metodi classici di cooperazione giudiziaria tra Stati membri

Già ora esistono forme di cooperazione penale internazionale, che l'intensificarsi della cooperazione giudiziaria nel quadro del terzo pilastro permette di consolidare. Nessuno dei testi attualmente in vigore, proposto o negoziato offre però una risposta sufficiente alla questione specifica dell'azione penale per il pregiudizio arrecato agli interessi finanziari comunitari.

L'espandersi della criminalità organizzata che lede tali interessi rende obsoleti gli strumenti classici della mutua assistenza giudiziaria e i progressi segnati in fatto di cooperazione giudiziaria sono limitati. Queste lacune provocano ritardi, ricorsi dilatori o addirittura impunità. Ciò risulta particolarmente pregiudizievole alla ricostituzione dei circuiti finanziari a valle delle frodi.

Al riguardo è emblematico l'esempio di ricorsi successivi che la Commissione cita nel paragrafo 1.2 della sua comunicazione alla conferenza intergovernativa di Nizza (si veda l'allegato 1).

Come verrà esposto qui di seguito, la procura europea permetterebbe di risolvere queste difficoltà. Essa offrirebbe infatti un'interfaccia tra il livello comunitario e le autorità giudiziarie nazionali. Sarebbe in tal modo più agevole evitare, nei casi di frodi finanziarie transnazionali, la distruzione di prove e la fuga di persone sospette, che attualmente sono favorite dalla la scarsa cooperazione giudiziaria verticale fra la Comunità e gli Stati membri.

2.1.3. Dare un esito giudiziario alle inchieste amministrative condotte

L'esperienza operativa accumulata mostra quanto sia difficile far approdare le inchieste amministrative a livello di azione penale. Nell'attuale configurazione del cosiddetto "acquis" comunitario [28], per quanto efficace possa essere il coordinamento amministrativo consentito dall'Ufficio europeo di lotta antifrode (OLAF), dotato ormai di una unità di magistrati che svolgono una funzione di consulenza giudiziaria, l'azione penale resta aleatoria. La Comunità non dispone infatti di uno strumento in grado di completare l'azione di prevenzione e di inchiesta amministrativa con l'azione penale.

[28] Regolamento (CE) n. 1073/99 del Parlamento europeo e del Consiglio, e regolamento (Euratom) n. 1074/99 del Consiglio, del 25.5.1999, relativi alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (GU L 136 del 31.5.1999); decisione 28.4.1999 della Commissione che istituisce l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (GU L 136 del 31.5.1999); regolamento Euratom, CE n. 2185/96 del Consiglio, dell'11.11.1996 relativo ai controlli e alle verifiche in loco effettuate dalla Commissione per tutelare gli interessi finanziari delle Comunità europee dalle frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996); regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio del 18.12.1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 312 del 23.12.1995).

La trasmissione di informazioni tra Stati membri e a questi ultimi da parte dell'Ufficio europeo di lotta antifrode si scontra con ostacoli dovuti alle differenze nelle normative che disciplinano l'azione penale nei singoli Stati membri. Se, per gli stessi fatti, l'inchiesta in alcuni paesi membri viene affidata a un magistrato e in altri a un'autorità amministrativa, il contatto diretto tra gli uni e gli altri perlopiù risulta impossibile, nei fatti non meno che in diritto. Le autorità nazionali interessate, a loro volta, non tutte dispongono dello stesso accesso all'informazione, in applicazione delle varie normative nazionali riguardanti segnatamente il segreto fiscale [29], le cause o le istruttorie penali. Il fatto di integrare la funzione investigativa e l'azione penale, come sarebbe possibile con la creazione della procura europea, permetterebbe di superare queste difficoltà.

[29] Relazione finale sul primo esercizio di valutazione dell'assistenza giudiziaria in materia penale, approvata dal Consiglio del 28.5.2001 (GU C 216 del 1.8.2001), III e): "Le valutazioni hanno dimostrato che la questione dei reati fiscali resta talmente delicata da comportare la limitazione, il rallentamento o, nella peggiore delle ipotesi, il rifiuto dell'assistenza giudiziaria".

Infine, la diversità delle norme nazionali che disciplinano la produzione delle prove svuota spesso di qualsiasi effetto utile dinanzi ai tribunali di uno Stato membro gli elementi raccolti in un altro paese.

Al paragrafo 1.3 della sua comunicazione alla conferenza intergovernativa di Nizza (si veda l'allegato 1), la Commissione riporta un classico esempio di non ammissibilità delle prove.

Qualsiasi tribunale chiamato a giudicare nel merito applica le norme in vigore nella sua giurisdizione (in base al principio: locus regit actum), soprattutto con riferimento all'ammissibilità delle prove. Esso non riconosce necessariamente le regole del luogo nel quale gli atti istruttori sono stati compiuti, ove esse siano diverse, con il risultato di rendere inammissibili le prove che l'attività investigativa ha permesso di riunire. Si tratta di una situazione rovinosa per gli sforzi investigativi dispiegati nei casi di frode transnazionale.

Un caso tipico di frode quando le prove non formano oggetto di reciproco riconoscimento

In un caso recente, un importare d'olio di oliva era sospettato di aver presentato false dichiarazioni ai servizi doganali, per evitare il pagamento di dazi agricoli (elusione di risorse comunitarie). Egli si era servito di una serie di società insediate in più Stati membri, rispettivamente per il trasporto, la distribuzione, la vendita e il finanziamento. In tal modo le prove erano state disperse sul territorio delle Comunità. Nel caso di specie, per essere completo il fascicolo penale avrebbe dovuto includere i risultati di inchieste amministrative - una delle quali avviata dall'OLAF - e di inchieste giudiziarie, compresi vari elementi ottenuti tramite rogatorie internazionali.

In sede di giudizio, il tribunale dello Stato membro investito del caso ha dichiarato inammissibile la massima parte delle prove, per il fatto che erano state ottenute da un'autorità amministrativa (l'OLAF) o dai servizi di polizia giudiziaria, e non da un pubblico ministero o da un giudice di istruzione. Anche le dichiarazioni di privati (i conducenti degli automezzi) debitamente verbalizzate dalle autorità giudiziarie sono state respinte.

Si tratta solo di un esempio fra tanti altri. In alcuni Stati membri la disciplina delle prove è ancora più rigorosa per quel che riguarda le prove documentali ed esige una prova orale diretta dinanzi ai tribunali, il che ostacola notevolmente la cooperazione giudiziaria.

Il presente libro verde mostra che la creazione di uno spazio comune di attività investigativa e di azione penale, fondata sul principio del reciproco riconoscimento [30], permetterebbe di superare quest'ultimo ostacolo. Gli elementi acquisiti tramite atti istruttori compiuti dalle autorità amministrative e giudiziarie, sotto la direzione della procura europea, e - se del caso - previa autorizzazione del tribunale della libertà, verrebbero riconosciuti come prove ammissibili dai tribunali penali sull'intero territorio comunitario.

[30] Si veda il 2.3.1 (complementarità con le conclusioni di Tempere).

2.1.4. Potenziare l'efficacia e la legittimità delle inchieste all'interno delle istituzioni comunitarie

Per il momento, non esiste un organo giudiziario europeo competente per condurre indagini all'interno delle istituzioni comunitarie. L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) resta un servizio amministrativo d'inchiesta, a dispetto dell'assistenza che è in grado fin d'ora di offrire alle autorità giudiziarie. L'azione penale nei casi individuati all'interno dei servizi comunitari resta soggetta alla buona volontà delle autorità nazionali responsabili dell'azione penale nello Stato membro in cui un'istituzione o un organismo hanno sede.

Un esempio: la frode interna alle istituzioni comunitarie

Un esempio di inchiesta interna, che è stata avviata dall'OLAF e ha avuto esiti giudiziari in più Stati membri, riguardava un caso in cui dei funzionari erano sospettati di intervenire nell'assegnazione di fondi europei a imprese presso le quali avevano degli interessi. Le imprese erano stabilite in vari Stati membri, o addirittura su piazze finanziarie al di fuori del territorio comunitario.

In questo tipo di casi ci si scontra con numerosi ostacoli. Le prerogative prettamente amministrative dell'OLAF non sono sufficienti per trattare tutti i fatti, che possono rendere necessario il ricorso a interrogatori, a perquisizioni domiciliari, a indagini bancarie o addirittura alla trasmissione di rogatorie internazionali.

Il problema di individuare le giurisdizioni nazionali da adire per l'esercizio dell'azione penale in un medesimo caso, nel quale possano essere competenti le autorità di più paesi, attualmente è di difficile soluzione. La disparità tra le legislazioni nazionali in causa determina una situazione molto complessa, se si vogliono poter usare in dibattimento testimonianze raccolte dall'OLAF, qualora per esempio le norme di procedura di uno Stato membro vengano considerati insufficienti per tutelare i diritti individuali, nel quadro della procedura penale di un altro Stato membro. La diversità dei regimi di prescrizione può a sua volta essere causa di superamento dei termini. Inoltre, è possibile che un'autorità giudiziaria sia indotta a decidere l'archiviazione del caso, considerando che le sanzioni disciplinari e la partenza del funzionario incriminato cessino di far ritenere opportuna l'azione penale.

La creazione di una procura europea potrebbe solo rafforzare l'organizzazione e l'efficacia delle indagini all'interno delle istituzioni [31]. Più in particolare, la proposta della Commissione recepisce la richiesta del Parlamento europeo, formulata a più riprese, di un'iniziativa relativa alla creazione di una procura europea competente all'interno delle istituzioni dell'Unione [32].

[31] Si veda al riguardo il parere 3/2001 del 6.9.2001, del comitato di vigilanza dell'OLAF, in merito all'eventuale istituzione di una procura europea competente in materia di inchieste interne.

[32] Risoluzione del Parlamento europeo, del 16.5.2000 sulla relazione annuale 1998 della Commissione in materia di tutela degli interessi finanziari delle Comunità e lotta contro le frodi, 2; risoluzione del 13.12.2000 sulla strategia antifrode della Commissione, 12 (GU C 232 del 17.8.2001, pag. 192); considerando 14 della proposta di direttiva sulla tutela penale degli interessi finanziari della Comunità già citata, quale modificata dal Parlamento europeo in data 29.11.2001 (PE 305.612).

2.2. Rispetto dei diritti fondamentali

Nell'espletamento dei suoi compiti, la procura europea sarebbe soggetta al rispetto dei diritti fondamentali, quali garantiti in particolare dall'articolo 6 del trattato UE, dai principi fondamentali del diritto comunitario sanciti dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (qui di seguito chiamata Corte di giustizia), dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea [33] e dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

[33] GU C 364 del 18.12.2000.

In particolare, come verrà illustrato più oltre, tutti i provvedimenti coercitivi posti in essere dalla procura europea dovrebbero essere controllati e anzi disposti da un tribunale della libertà, designato a livello nazionale" [34].

[34] Si veda il 6.4 (garanzia dell'intervento di un giudice).

Certo l'istituzione di una procura europea permetterebbe - e si tratta di uno degli obiettivi perseguiti - di avviare l'azione penale e di condurre davanti alla giustizia persone che oggi agiscono ancora nell'impunità. Nondimeno, il dispositivo proposto contribuirebbe altresì a migliorare la sorte degli imputati [35]. Per definizione verrebbe in tal modo ridotto il sovrapporsi di azioni penali diverse avviate ai livelli nazionali. Risulterebbe possibile accelerare la fase istruttoria, e di conseguenza il processo medesimo. In questo modo si dovrebbero poter inoltre indurre le autorità nazionali a moderare il ricorso alla custodia cautelare e ai provvedimenti restrittivi della libertà allo scopo di mantenere l'imputato sul proprio territorio, in quanto l'efficacia dell'azione nell'intera Comunità risulterebbe notevolmente potenziata.

[35] Ai sensi del presente libro verde il termine "imputato" viene usato in modo generico e può corrispondere, a seconda della terminologia giuridica in uso nei vari Stati membri, al concetto di incolpato o accusato. Per imputato si intende in questa sede la persona sospettata alla quale la procura europea abbia notificato i capi di imputazione a suo carico.

2.3. Collocazione della procura europea rispetto alle priorità politiche europee in materia di giustizia e affari interni

Il trattato di Amsterdam prevede tra gli obiettivi dell'Unione europea il fatto che essa si sviluppi quale «spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia in cui sia garantita la libera circolazione delle persone, insieme a misure appropriate per quanto concerne [...] la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima» [36].

[36] Articolo 2 TUE.

I capi di Stato e di governo riuniti a Tampere il 15 e il 16 ottobre 1999 hanno assegnato una forte priorità politica alla creazione di questo spazio.

Il contributo della Commissione alla conferenza intergovernativa 2000 costituiva a suo modo una proposta volta a conseguire lo stesso obiettivo generale, che non contraddice in nulla lo spirito di Tampere. Essa integra gli sforzi compiuti per intensificare la cooperazione giudiziaria generale - l'ultimo dei quali in ordine cronologico è l'istituzione prevista di Eurojust [37] -, cercando di approfondire l'esercizio comune di competenze condivise dalla Comunità e dagli Stati membri (articolo 280 CE) in un determinato ambito.

[37] Si veda più oltre il 7.2.1 (Eurojust).

2.3.1. Complementarità con gli obiettivi del Consiglio europeo di Tampere

Su vari punti la proposta di creare una procura europea trova presupposti favorevoli negli orientamenti di Tampere.

La diagnosi su cui la Commissione fonda la sua proposta è, nelle sue linee generali, la stessa. Il Consiglio europeo ha infatti riconosciuto che "i criminali non devono poter sfruttare le differenze esistenti tra i sistemi giudiziari degli Stati membri" [38].

[38] Conclusione n. 5 della presidenza del Consiglio europeo di Tampere, 15-16 ottobre 1999.

Anche determinati obiettivi generali sono comuni, dato che si tratta in ogni caso di contribuire allo "spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia" previsto dal trattato di Amsterdam. La proposta di creare uno spazio comune per gli atti istruttori e l'azione penale contribuirebbe a questo obiettivo in misura significativa, nello specifico ambito della tutela degli interessi finanziari delle Comunità. La garanzia dei diritti fondamentali, la cui importanza è già stata richiamata in precedenza, deve fare da contrappeso alla maggiore incisività dell'azione penale che si può conseguire istituendo un pubblico ministero europeo; per citare le conclusioni di Tampere "Si dovrebbe raggiungere l'obiettivo dell'elaborazione equilibrata di misure a livello dell'Unione contro la criminalità, proteggendo nel contempo la libertà e i diritti giuridici delle persone e degli operatori economici" [39].

[39] Conclusione n. 40.

Uno dei principali mezzi che possono permettere di creare un sistema di azione penale in materia di tutela degli interessi finanziari delle Comunità, pur mantenendo integralmente la funzione giudiziaria a livello nazionale, è il principio di reciproco riconoscimento degli atti giurisdizionali tra Stati membri. Esso presuppone la reciproca fiducia negli ordinamenti giuridici nazionali e un nucleo fondamentale comune. Ciò implica che non si ricorra più a decisioni supplementari di convalida o di exequatur. Ed è proprio il principio di reciproco riconoscimento che il Consiglio europeo erge a "fondamento della cooperazione giudiziaria" all'interno dell'Unione, precisando che esso deve "altresì applicarsi alle ordinanze preliminari, in particolare a quelle che permettono alle autorità competenti di procedere rapidamente al sequestro probatorio e alla confisca di beni facilmente trasferibili" [40].

[40] Conclusioni nn. 33 e 36.

Inoltre, uno degli strumenti discussi in questa sede in grado di potenziare l'azione della procura europea sarebbe un mandato d'arresto europeo. Individuato come una priorità a Tampere, questo strumento forma sin d'ora oggetto, in un contesto più ampio, di una proposta di decisione-quadro presentata dalla Commissione [41] e di un rinnovato interesse da parte di tutte le istituzioni europee, le quali hanno dichiarato che "l'Unione europea accelererà l'attuazione di un autentico spazio giudiziario europeo comune, il che implica tra l'altro la creazione di un mandato europeo d'arresto e d'estradizione, conformemente alle conclusioni di Tampere nonché il reciproco riconoscimento delle decisione giudiziarie e delle sentenze" [42]. La proposta di creare una procura europea si inquadra in questa dinamica.

[41] Proposta di decisione-quadro relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri dell'Unione, COM(2001)522.

[42] Dichiarazione comune dei capi di Stato e di governo dell'Unione europea, della presidente del Parlamento europeo, del presidente della Commissione, dell'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, 14.9.2001.

2.3.2. Peculiarità della proposta rispetto agli obiettivi del Consiglio europeo di Tampere

Per altri versi, tuttavia, la proposta completa gli orientamenti politici adottati a Tampere. Essendo circoscritta, non rivaleggia in nessun modo con le iniziative più generali che nascono nel quadro del terzo pilastro. Anzi, essa ne costituisce un prolungamento attraverso altri mezzi nel contesto comunitario del primo pilastro, permettendo un adeguamento alle esigenze specifiche della tutela penale degli interessi finanziari comunitari.

Se per esempio Eurojust è destinato, secondo le conclusioni di Tampere, a vedersi affidare prerogative in materia di cooperazione giudiziaria, in un campo di competenza molto ampio, la procura europea, da parte sua, costituirebbe un organo comunitario dotato di poteri propri di azione penale nel settore molto specifico della tutela degli interessi finanziari comunitari.

Per quel che riguarda poi più in generale la giustizia, il Consiglio europeo ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di avviare lavori "sugli aspetti del diritto procedurale per i quali sono reputate necessarie norme minime comuni" [43]. Per quel che riguarda i mezzi, la Commissione si spinge oltre, con riferimento alla fase preparatoria dei processi contro pratiche specificamente lesive degli interessi finanziari comunitari, in quanto propone una parziale armonizzazione delle procedure. Gli atti della procura europea - sotto il controllo del cosiddetto tribunale nazionale della libertà, al quale verrebbe affidato questo compito - risulterebbero in tal modo validi in tutti gli Stati membri, in quanto atti di un organo comune.

[43] Conclusione n. 37 della presidenza del Consiglio europeo di Tampere.

Fondamentalmente, la creazione di uno spazio comune per le attività investigative e l'azione penale in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari non costituisce una prima iniziativa sperimentale, destinata a prefigurare un qualche futuro dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. Essa forma piuttosto il compimento logico dell'integrazione comunitaria. Il mercato interno e le politiche comunitarie che lo accompagnano hanno portato le Comunità a dotarsi di mezzi finanziari propri e tutelare questi ultimi contro la criminalità, rendendo possibile l'esercizio dell'azione penale a livello comunitario permetterebbe ora di completare il processo di integrazione. A interessi fondamentalmente comuni deve infatti corrispondere una comune tutela.

In definitiva, la procura europea per la tutela penale degli interessi finanziari delle Comunità, per restare nell'ambito dell'"Europa della giustizia", rappresenta non tanto la giustizia in "Europa", quanto la giustizia "per l'Europa".

2.4. Base giuridica

La proposta qui discussa presuppone che si determini una base giuridica. L'articolo 280 del trattato CE stabilisce che le misure adottate dal legislatore comunitario e destinate a contrastare le attività illecite ai danni degli interessi finanziari della Comunità "non riguardano l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri". Il trattato CE - a fortiori il tratto Euratom le cui disposizioni al riguardo sono rimaste invariate dopo Maastricht - non permette quindi allo stato dei fatti di porre in essere uno spazio penale europeo che comprenda un organo giudiziario comune come una procura.

La revisione dei trattati istitutivi delle Comunità europee risulta quindi una necessità. Solo essa può sancire la legittimità politica della proposta. La Commissione ha proposto di inserire nel trattato CE un articolo 280 bis. Stando a questa proposta, la necessaria modifica del trattato dovrebbe limitarsi a prevedere le condizioni di nomina e di destituzione del procuratore europeo e a definire i suoi compiti oltre alle principali caratteristiche della sua funzione. Qualora si procedesse a una revisione siffatta del trattato CE, sarebbe inoltre opportuno completare le disposizioni dell'articolo 183 A del trattato Euratom con disposizioni analoghe a quelle dell'articolo 280 bis CE proposto.

Si tratta di una questione che potrebbe essere opportunamente esaminata dalla Convenzione incaricata di preparare la prossima revisione dei trattati.

I trattati riveduti secondo questi orientamenti rinvierebbero al diritto derivato per le disposizioni relative allo statuto e al funzionamento della procura europea. Ecco perché, l'articolo 280 bis proposto prevede che le norme seguenti vengano adottate dal Consiglio dell'Unione europea, deliberando a maggioranza qualificata, in codecisione col Parlamento.

"2. (...) Il Consiglio, conformemente alla procedura di cui all'articolo 251 fissa lo statuto del procuratore europeo.

3. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251, fissa le condizioni d'esercizio delle funzioni di procuratore europeo, adottando in particolare

a) un regolamento che fissi gli elementi costituitivi dei reati penali per frode e per qualsiasi attività illegale lesiva degli interessi finanziari della Comunità, nonché le pene previste per ciascuna di esse;

b) regole di procedura applicabili alle attività del procuratore europeo, nonché le norme che disciplinano l'ammissibilità delle prove;

c) regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti di procedura disposti dal procuratore europeo nell'esercizio delle sue funzioni."

Queste norme di diritto derivato, sulle quali verte per l'appunto il presente libro verde, dovrebbero determinare in tal modo come il dispositivo comunitario si articoli con i sistemi penali nazionali. In quest'ambito, il libro verde deve consentire di discutere due aspetti centrali: stabilire come creare la procura europea senza istituire, per garantirne il controllo, una giurisdizione speciale a livello comunitario, nonché decidere quale grado di armonizzazione del diritto penale sostanziale e procedurale sia necessario al buon funzionamento della procura europea.

3. Impianto generale

Ai sensi dell'articolo 280 bis CE proposto dalla Commissione, la procura europea avrebbe il compito di «ricercare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori o i complici dei reati che ledono gli interessi finanziari della Comunità e di esercitare dinanzi ai tribunali competenti degli Stati membri l'azione penale relativa a questi reati, nel quadro delle regole» fissate dal legislatore comunitario.

Affinché la proposta possa essere compresa correttamente, è opportuno delinearne innanzitutto l'impianto generale. La Commissione si è fissata i quattro orientamenti seguenti: la procura europea deve avere solo una competenza di attribuzione, circoscritta all'ambito definito qui di seguito. Nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, questa competenza deve limitarsi al minimo necessario per esercitare in modo efficace ed equivalente l'azione penale contro le attività illecite che ledono gli interessi finanziari comunitari sull'intero territorio delle Comunità europee (articolo 280 CE).

Nell'ambito del presente libro verde, la Commissione propone di stabilire nel diritto comunitario solo lo stretto necessario al buon funzionamento della procura europea. Il principio è quindi quello di rinviare al diritto nazionale, e solo in casi eccezionali - debitamente giustificati dalla necessità di garantire l'efficacia dell'azione della procura europea - si ricorrerebbe al diritto comunitario.

In questo spirito viene qui delineato la possibile sfera di competenza sostanziale del procuratore europeo ( 3.1), operante all'interno di uno spazio comune di attività investigative e azione penale ( 3.2). Vengono tratteggiati in particolare i suoi principali poteri ( 3.2.1.) e la sua posizione rispetto agli ordinamenti giuridici nazionali ( 3.2.2.).

3.1. Una competenza sostanziale limitata alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità

Le competenze che la Commissione propone di attribuire alla procura europea sono limitate all'ambito della tutela degli interessi finanziari comunitari, quale è già oggi circoscritto dalle disposizioni dell'articolo 280 del trattato CE.

Esistono naturalmente altri interessi fondamentalmente comuni, quali la moneta unica, la funzione pubblica europea, il marchio comunitario, ecc. Restando comunque rigorosamente nella logica del suo contributo del settembre 2000, la Commissione non propone alcuna estensione della competenza della procura europea ad altri reati, al di fuori della stretta tutela degli interessi finanziari comunitari, che si tratti di altri illeciti commessi dagli agenti comunitari nell'esercizio delle loro funzioni [44] o ancora della falsificazione dell'euro, problema nuovo e non meno cruciale [45]. Il presente libro verde evoca questi argomenti in meri termini di ipotesi, affinché la discussione possa svilupparsi in piena cognizione di causa.

[44] Si veda più oltre il 5.2.3 (fattispecie di reato che trascendono la tutela degli interessi finanziari comunitari).

[45] Articoli 3 e 4 della decisione-quadro 29.5.2000 del Consiglio, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e di altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro (GU L 140 del 2.6.2000).

3.1.1. Una responsabilità particolare delle Comunità

Alle Comunità europee sono affidate maggiori responsabilità in fatto di tutela degli interessi finanziari comunitari. Il trattato di Amsterdam ha previsto esplicitamente questa responsabilità, accanto a quella degli Stati membri, ai sensi dell'articolo 280 CE.

Le Comunità sono dotate di un bilancio fin dalle origini della costruzione europea. A norma degli articoli 274 e 276 del trattato CE, la Commissione europea è responsabile dell'esecuzione del bilancio dinanzi all'autorità di bilancio formata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione europea.

Per quel che riguarda più in particolare la tutela degli interessi finanziari comunitari, il trattato CE fissa criteri assai rigorosi. La tutela deve essere effettiva, dissuasiva e garantita in modo equivalente nei vari Stati membri. L'effettività presuppone che, al di là della individuazione amministrativa delle frodi, vengano realmente pronunciate e applicate delle sanzioni. L'esperienza dimostra che, affinché la dissuasione risulti credibile, è necessario opporre, nei casi più gravi, una risposta non solo amministrativa ma anche penale, che comprenda atti istruttori coercitivi e pene che possano arrivare fino alla privazione di libertà. Infine, l'equivalenza implica che la repressione penale sia omogenea in qualunque punto della Comunità.

Questo livello particolarmente elevato di esigenza si giustifica appieno per il fatto che i fondi comunitari costituiscono, fin dalle origini della costruzione europea, interessi fondamentalmente comuni.

Proprio questi interessi sono presi di mira dalla criminalità finanziaria, che nei casi più gravi è organizzata. Tale criminalità opera servendosi delle più recenti tecniche di comunicazione. Aggirando le frontiere, essa presenta uno spiccato carattere transnazionale. In quest'ambito le Comunità devono garantire che i fatti di frode e di corruzione vengano effettivamente perseguiti sul piano giudiziario. Gli interessi finanziari comunitari giustificano mezzi speciali di tutela.

3.1.2. Mantenere l'ambito attuale di tutela degli interessi finanziari comunitari

Con la procura europea, non si tratta di ampliare le competenze sostanziali delle Comunità. L'ambito degli interessi finanziari comunitari rimarrebbe quello già definito dall'articolo 280 del trattato CE.

È quindi opportuno rammentare che gli interessi finanziari delle Comunità da proteggere comprendono il bilancio generale, i bilanci gestiti dalle Comunità o per loro conto e determinati fondi non iscritti in bilancio [46], gestiti per conto proprio da organismi comunitari che non hanno il rango di istituzione [47]. La tutela degli interessi finanziari riguarda non solo la gestione degli stanziamenti di bilancio, ma si estende anche ai beni patrimoniali delle Comunità, per esempio ai beni immobili.

[46] Per esempio il Fondo europeo di sviluppo, gestito dalla Commissione e dalla Banca europea per gli investimenti.

[47] Relazione esplicativa della convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, approvato dal Consiglio il 26 maggio 1997, parte III, 1.1 (GU C 191 del 23.6.1997, pag. 1).

Sul fronte delle spese, interessano soprattutto quelle gestite dagli Stati membri: sovvenzioni erogate nel quadro delle garanzie agricole [48] e delle azioni strutturali [49]. In secondo luogo vi sono le spese direttamente gestite dalle Comunità [50].

[48] Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola - sezione garanzia.

[49] Fondo sociale europeo, Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola - sezione orientamento, Strumento finanziario di orientamento della pesca, Fondo di coesione.

[50] Politiche che interessano vari settori quali la formazione, i giovani, la cultura, l'informazione, l'energia, l'ambiente, il mercato interno, le reti transeuropee, la ricerca, le azioni esterne, ecc.

Un esempio di caso che comporta un risvolto interno: distrazione di fondi destinati ai programmi di aiuti esterni

In seguito a sospetti circa la destinazione finale dell'aiuto umanitario previsto da quattro contratti assegnati dall'Ufficio umanitario ECHO, l'UCLAF aveva avviato un'inchiesta amministrativa [51]. Uno dei contratti riguardava la regione africana dei Grandi Laghi, gli altri tre l'ex-Iugoslavia, nell'arco del periodo 1993-1995. L'importo dei finanziamenti assegnati alla società X incaricata della gestione dei contratti e alle società off-shore collegate, ammontava a 2,4 milioni di ECU.

[51] Questo esempio ha già formato oggetto di pubblicazione. Si veda Commissione europea, Protezione degli interessi finanziari della Comunità e lotta contro la frode - Relazione annuale 1998, COM(1999)590, 2.2.5.2.

Da una prima verifica negli Stati membri A e B, condotta nel 1997, è emerso che una parte dei fondi era stata utilizzata per finanziare in modo irregolare personale esterno che lavorava presso la Commissione, sia all'interno che al di fuori dei suoi locali.

Nel 1988, inoltre, una missione di controllo nell'ex-Iugoslavia ha dimostrato che i tre contratti per quella regione non erano stati eseguiti sul campo e che né le persone né l'attrezzatura previste erano state impiegate conformemente a quanto stabilito dal contratto.

Sul piano disciplinare, vari funzionari comunitari sono stati oggetto di sanzioni, in quanto avevano percepito denaro da società direttamente coinvolte nel caso, per lavori non effettuati o effettuati solo in parte. Le sanzioni andavano dalla retrocessione alla destituzione con perdita di una parte dei diritti alla pensione.

Nonostante i tentativi per ricostituire le spese in questione, l'inchiesta amministrativa non ha permesso di ottenere risultati sufficienti a spiegare l'uso di tutti i fondi. Un controllo in loco, per esempio, condotto in base al regolamento n. 2185/96 presso la società X, nel 1998, non ha permesso individuare alcuna registrazione contabile che giustificasse gli importi versati per l'esecuzione dei contratti.

Gli elementi passibili di sanzioni penali sono stati trasmessi alla magistratura inquirente negli Stati membri A e C, ma il procedimento giudiziario a tutt'oggi non è ancora concluso.

Sul lato delle risorse, l'attenzione va rivolta verso i proventi dai dazi sugli scambi con i paesi terzi nel quadro della politica agricola comune e verso i contributi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero [52], da un lato, e verso i dazi doganali sugli scambi con i paesi terzi, dall'altro. La procura dovrebbe inoltre essere competente in materia di entrate derivanti dall'applicazione di un'aliquota uniforme alla base imponibile IVA degli Stati membri, nonché nei casi transnazionali che sembra particolarmente logico trattare a livello comunitario. La procura europea non avrebbe invece competenze sulle entrate derivanti dall'applicazione di un'aliquota uniforme alla somma dei prodotti nazionali lordi (PNL) degli Stati membri.

[52] Ovvero le prime due categorie di risorse proprie di cui all'articolo 2, 1 della decisione 94/728/CE Euratom del Consiglio, del 31 ottobre 1994, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee.

Un esempio di caso esterno: frodi sull'IVA

Oltre a determinati tipi correnti di frode (elusione dell'imposta sulle vendite o recupero dell'imposta su acquisti fittizi), esiste una frode collegata all'attuale sistema comunitario transitorio di imposta sul valore aggiunto (IVA), fondato sul principio dell'imposizione nel paese di destinazione. Queste transazioni fraudolente sono possibili attraverso caroselli di merci e società create per brevi periodi, che consistono solo di una casella postale. Organizzazioni criminali hanno montato complesse transazioni per approfittare del regime di esenzione IVA in materia di forniture intracomunitarie, nonché dei regimi di favore concessi per le esportazioni. Il tutto allo scopo di ottenere, attraverso false dichiarazioni, la restituzione dell'IVA senza averla neppure preventivamente corrisposta.

I metodi operativi per frodare l'IVA a livello internazionale sono noti. Per un'unica autorità nazionale è però difficile individuare questi casi nella pratica, dato che la situazione contabile in uno Stato membro preso individualmente appare sempre in ordine. La maggior parte degli Stati membri riconoscono che la frode internazionale sull'IVA è un problema di rilievo, anche solo a voler supporre che il volume delle frodi sull'IVA ai danni dell'erario nazionale sia più significativo, in termini di minori entrate fiscali, della percentuale dell'imposta frodata sul piano transnazionale. Quest'ultima colpisce soprattutto i prodotti a forte valore aggiunto, che è agevole trasportare rapidamente (per esempio: componenti di calcolatori, telefoni cellulari, metalli preziosi).

Le difficoltà attuali

Si è ben lungi dal riuscire a individuare per tempo - e di conseguenza a trattare correttamente - tutti i casi di frode sull'IVA. L'OLAF può intervenire in funzione di coordinamento solo se le autorità nazionali ne fanno esplicita richiesta, caso per caso [53]. Accade sovente che l'azione penale contro questo tipo di casi venga abbandonata, a causa del notevole impegno che richiede in termini di investigazioni transnazionali e di coordinamento a livello europeo. Anche con l'insediamento di Eurojust non si potrà raggiungere un coordinamento sufficiente, dato che Eurojust non verrà sistematicamente investito di ogni caso [54]. Informare la procura europea di tutti i casi e adirla in via prioritaria permetterebbe di affrontare il fenomeno in modo molto più sistematico.

[53] COM(1999)590, 2.3.

[54] Si veda il 7.2.1 (Eurojust).

In quest'ambito, la cooperazione tra l'OLAF e i servizi giudiziari in alcuni Stati membri è stata intensificata per agevolare l'acquisizione delle testimonianze necessarie a promuovere l'azione penale. L'utilità della procura europea consisterebbe tuttavia nella possibilità di stabilire un collegamento tra le autorità giudiziarie e quelle amministrative, soprattutto le autorità fiscali. Nessuna autorità giudiziaria nazionale è infatti in grado di lavorare direttamente con tutte le autorità fiscali degli Stati membri, come potrebbe invece fare la procura europea.

In base a questa definizione, gli interessi finanziari comunitari necessitano di un dispositivo efficace di tutela a livello penale. Con la procura europea, la Commissione propone di creare un nuovo strumento che permetta alla Comunità di esercitare effettivamente una delle sue responsabilità più importanti e più impegnative, entro un ambito sostanziale già definito.

3.2. Verso uno spazio comune di attività investigativa e di azione penale

L'idea della procura europea è nata dalla necessità di risolvere una contraddizione non più giustificabile tra, da un lato il frazionamento del territorio delle Comunità europee in diciassette spazi penali nazionali, dall'altro i gravi pregiudizi arrecati a interessi comuni, specificamente comunitari.

La Commissione propone che la procura europea eserciti i poteri che potrebbero esserle affidati sull'intero territorio delle Comunità quale definito dall'articolo 299 del trattato CE.

Su questo territorio la procura europea agirebbe all'interno di uno spazio comune di attività investigativa e di azione penale, dato che i suoi atti avrebbero valore identico in tutti gli Stati membri. Si tratta del minimo necessario affinché la procura europea sia in grado di funzionare. La costituzione di questo spazio comune segna un salto qualitativo rispetto al semplice coordinamento tra spazi nazionali differenziati.

Al di là di questo primo passo indispensabile, la "consistenza" di tale spazio comune potrebbe variare a seconda delle opzioni illustrate nel presente libro verde. Essa dipende infatti dal grado di armonizzazione scelto per le procedure, in particolare per quel che riguarda gli atti istruttori e il riconoscimento delle prove.

3.2.1. I poteri della procura europea: una direzione centralizzata dell'attività investigativa e dell'azione penale

Specializzata in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari, ma competente sull'intero territorio delle Comunità europee, la procura dovrebbe essere dotata di un complesso coerente di prerogative. Prima di illustrare più in dettaglio le procedure che si potrebbero prospettare, per chiarire i termini della discussione è necessario presentare, schematicamente, la funzione della procura [55]. Degli schemi di procedura figurano in allegato [56].

[55] Si veda più oltre il capitolo 6 per una presentazione di questi poteri sotto il profilo procedurale.

[56] Si veda l'allegato 2.

L'originalità della proposta è data dal fatto che essa intende affidare a un organo comunitario la direzione centralizzata dell'attività investigativa e dell'azione penale, entro uno spazio comune. Gli atti della procura europea avrebbero validità in ogni punto di questo spazio. La fase del giudizio verrebbe comunque mantenuta interamente a livello nazionale. La creazione della procura europea lascia impregiudicati, da un lato l'intensificarsi della cooperazione giudiziaria generale, dall'altro la prevenzione a livello comunitario della criminalità finanziaria internazionale.

* La procura europea dovrebbe riunire le prove, a carico e a favore, per permettere - se del caso - di avviare l'azione penale nei confronti degli autori dei reati comuni definiti per tutelare gli interessi finanziari delle Comunità [57]. Essa dovrebbe quindi essere incaricata di dirigere e coordinare l'azione penale [58]. La procura europea disporrebbe di una competenza specialistica che prevale su quelle delle autorità nazionali responsabili dell'azione penale, con le quali è però necessario trovare forme di coordinamento per evitare doppioni [59].

[57] Si veda più avanti il capitolo 5 (diritto sostanziale).

[58] Questo principio, che nel quadro comunitario appare come un'innovazione, è già acquisito nell'ordinamento giuridico internazionale. Lo statuto della corte penale internazionale adottato a Roma il 17.7.1998 ha previsto la creazione di una procura internazionale, dotata di poteri investigativi sul territorio dei paesi aderenti. I quindici Stati membri dell'Unione europea hanno già firmato questa convenzione e il Consiglio ha auspicato che essa possa rapidamente entrare in vigore, ai sensi della sua posizione comune dell'11.6.2001 concernente la corte penale internazionale (GU L 155 del 12.6.2001, pag. 19).

[59] Si veda il 6.2.2.2 per i casi misti.

* Ricorrendo alle autorità investigative esistenti (polizia) per svolgere le indagini, la procura europea dirigerebbe le inchieste nei casi che lo interessano [60]. In tal modo sarebbe possibile rafforzare maggiormente la garanzia giudiziaria sulle indagini condotte all'interno delle istituzioni europee [61].

[60] Si veda il 6.2.3.2 (relazioni di lavoro coi servizi investigativi nazionali).

[61] Si veda il 7.3 (ruolo futuro dell'OLAF).

* Gli atti eseguiti sotto l'autorità della procura europea, nella misura in cui potrebbero mettere in causa le libertà individuali e i diritti fondamentali, dovrebbero essere soggetti al controllo del tribunale nazionale che funge da tribunale della libertà [62]. Il controllo esercitato in tal modo in uno Stato membro verrebbe riconosciuto nell'intera Comunità, per consentire l'esecuzione degli atti autorizzati e affinché le prove raccolte siano ammissibili in qualunque altro Stato membro.

[62] Si veda il 6.4 (garanzia delle libertà ad opera del giudice).

* La procura europea sarebbe competente, sotto il controllo del giudice, per rinviare a giudizio, dinanzi alle giurisdizioni nazionali, gli autori dei fatti per i quali si procede [63].

[63] Si veda il 6.3.1 (scelta del paese di rinvio a giudizio).

* La procura dovrebbe esercitare l'azione penale essa stessa dinanzi ai giudici nazionali, per difendere gli interessi finanziari delle Comunità. La Commissione reputa essenziale che la funzione giudicante resti a livello nazionale. Non si tratta di creare un organo giurisdizionale comunitario per giudicare nel merito [64].

[64] Si veda il 6.3.2 (esercizio dell'azione penale).

3.2.2. Una buona articolazione con i sistemi penali nazionali

I sistemi nazionali costituiscono il fondamento della tutela penale contro la criminalità transnazionale e restano indispensabili. La proposta di una procura europea mira soltanto a colmare una lacuna specifica. In nessun caso essa intende istituire un sistema penale comunitario completo e autonomo.

Al contrario, la proposta si propone di istituire uno strumento supplementare che si articoli in modo armonico con gli ordinamenti giuridici nazionali, grazie alla designazione di procuratori europei delegati ubicati negli Stati membri (si veda il capitolo successivo). Essa si prefigge di mettere i tribunali nazionali in grado di giudicare effettivamente una parte della criminalità transnazionale in un settore nel quale l'integrazione comunitaria (fondi comuni, risorse proprie) rende sempre più vani interventi repressivi isolati. In tal modo i tribunali nazionali, in quanto giudici di diritto comunitario, applicherebbero a questa particolare categoria di reati le stesse norme integrate nell'ordinamento giuridico nazionale, analogamente a come già oggi applicano le regole di diritto comunitario in tutti i settori del trattato CE.

Accentrare la direzione dell'azione penale non implica uno sconvolgimento dei sistemi giudiziari nazionali. Da parecchi decenni le varie tradizioni giuridiche presenti in Europa registrano un indubbio ravvicinamento. Le funzioni investigative e l'azione penale, con le stesse finalità, esistono in tutti gli Stati membri. Anche a livello delle strutture, quantunque restino differenti, vi è stato un certo ravvicinamento. Questo fenomeno è dovuto a molteplici cause, ma in gran parte dipende dal fatto che gli Stati membri devono conformarsi alle garanzie di un processo equo propugnate dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo. Gli esperti dei vari sistemi penali nazionali, siano essi improntati al diritto continentale o al "common law", nei loro lavori giungono alle stesse conclusioni [65]. La proposta mira soltanto a rendere i sistemi nazionali più efficaci in una materia che intrinsecamente comporta implicazioni comuni. Ecco perché la creazione di una procura europea va vista più come un'attribuzione di competenze comuni che come un trasferimento di competenze nazionali che già preesistevano in toto.

[65] Si veda in particolare La mise en oeuvre du Corpus juris dans les États membres, cit., volume 1, pag. 42 seg.: «Il risultato di questa evoluzione è che, sotto il profilo giuridico, gli ordinamenti nazionali vigenti in Europa presentano una compatibilità nettamente superiore a quella che avevano un tempo. [...] è quel che rende possibile la sintesi costituita dalla proposta di un pubblico ministero europeo, che sancisce il principio di un'azione penale di carattere pubblico e non privato (ereditato dalla tradizione del sistema inquisitorio), escludendo però il ricorso a un giudice istruttore, al quale subentra «tribunale della libertà» che esercita la garanzia giudiziaria in modo imparziale e neutro (secondo la tradizione del sistema accusatorio)».

Domanda generale - Quale è la vostra valutazione circa l'impostazione generale proposta per la procura europea, ovvero

per il suo campo d'azione (limitato alla mera dimensione finanziaria degli interessi comunitari)*

per i suoi poteri*

per il modo in cui si articola con i sistemi penali nazionali*

4. Status giuridico e organizzazione interna

Lo status e l'organizzazione interna di quel che potrebbe essere la procura europea meritano di essere qui precisati. Il termine "procuratore europeo" usato nella comunicazione della Commissione, si riferiva, a seconda del contesto, all'organo proposto o alla persona posta al suo vertice ( 4.1). Nel primo caso era sinonimo di pubblico ministero o di procura europea se si include il personale amministrativo ( 4.3); nel secondo caso esso si estende ai procuratori europei delegati ( 4.2).

4.1. Status del procuratore europeo

Essendo il procuratore europeo destinato a esercitare poteri giudiziari, il suo status e più in particolare le condizioni della sua nomina, nonché della sua eventuale destituzione, devono conferirgli piena legittimità per esercitare le proprie funzioni.

4.1.1. Principio di indipendenza

Ispirandosi a determinate disposizioni previste per garantire l'indipendenza dei membri della Corte di giustizia, la Commissione ha proposto di sancire nel trattato CE che «il procuratore europeo viene scelto tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e riuniscano le condizioni richieste per l'esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali. Nell'adempimento dei suoi doveri, egli non sollecita né accetta istruzioni di sorta» [66].

[66] 2 del progetto di articolo 280 bis.

Questa indipendenza è una caratteristica essenziale del procuratore europeo. Essa si giustifica nella misura in cui la procura europea costituirebbe un organo giudiziario specialistico. La sua indipendenza va intesa sia con riferimento alle parti, nel quadro di un procedimento contraddittorio [67], sia nei confronti degli Stati membri e delle istituzioni, degli organi e degli organismi comunitari.

[67] Si veda il 6.2. (fase istruttoria)

In questa veste, il procuratore europeo dovrebbe disporre di tutte le competenze richieste ed essere visto come effettivamente competente. Egli dovrebbe esercitare le sue funzioni in modo imparziale ed essere guidato solo dall'intento di rispettare la legalità [68].

[68] Si veda il 6.2.2.1. (obbligatorietà o discrezionalità dell'azione penale).

4.1.2. Condizioni di nomina e di destituzione

Sia la nomina che l'eventuale destituzione del procuratore europeo devono rispecchiare i principi di indipendenza e legittimità.

4.1.2.1. Nomina del procuratore europeo

La Commissione ha proposto che il procuratore europeo, inteso come persona al vertice della procura europea, venga nominato dal Consiglio a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo [69]. Una procedura del genere ricalca alcuni aspetti della procedura che il trattato di Nizza prevede per la nomina della Commissione (maggioranza qualificata in Consiglio, voto del Parlamento europeo). Essa sembra in grado di garantire la piena legittimità del procuratore europeo.

[69] 1 del progetto di articolo 280 bis.

Il ruolo propositivo che spetterebbe alla Commissione nella procedura di nomina del procuratore europeo deriva dalla sua particolare responsabilità in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari.

Quanto alla durata di validità della nomina, la Commissione ha proposto un mandato di sei anni non rinnovabile [70]. Il procuratore europeo disporrebbe quindi di un mandato lungo, la cui durata supera per esempio quella di una legislatura del Parlamento europeo o quella del mandato della Commissione. Il carattere non rinnovabile del mandato contribuirebbe ad accrescere in modo esplicito l'indipendenza del procuratore europeo [71].

[70] 1 del progetto di articolo 280 bis.

[71] A mo' di raffronto, gli stessi motivi hanno giustificato la proposta di conferire al procuratore presso la futura corte penale internazionale un mandato di nove anni non rinnovabile (articolo 42 dello statuto della corte penale internazionale).

Resta da stabilire se il procuratore europeo debba o no essere soggetto allo statuto dei funzionari e altri agenti delle Comunità.

4.1.2.2. Destituzione e altre circostanze che pongono fine all'esercizio delle funzioni del procuratore europeo

La Commissione ha proposto che il procuratore europeo risponda dei propri atti in caso di grave inadempienza nell'esercizio delle sue funzioni. Le condizioni per un'eventuale destituzione disciplinare del procuratore europeo devono tuttavia rispecchiare, a giudizio della Commissione, il principio della sua indipendenza. In ogni caso, la decisione di destituirlo può spettare solo a una giurisdizione a livello comunitario, vale a dire alla Corte di giustizia.

Ecco perché la proposta di articolo 280 bis del trattato CE prevede che, se il procuratore europeo «cessa di soddisfare i requisiti necessari all'esercizio delle sue funzioni o se ha commesso una colpa grave, può essere destituito dalla Corte di giustizia su richiesta del Parlamento, del Consiglio o della Commissione» [72].

[72] 2 del progetto di articolo 280 bis.

Inoltre, lo statuto della procura europea dovrebbe prospettare altri tre casi che pongono fine alle funzioni del procuratore europeo: il decesso, le dimissioni spontanee del procuratore europeo e l'arrivo a scadenza del suo mandato.

4.1.3. Ruolo gerarchico del procuratore europeo

Il procuratore europeo, capo del pubblico ministero europeo, verrebbe incaricato di dirigere e coordinare le attività investigative e l'azione penale, per tutti i reati di sua competenza, sull'intero spazio comune definito a tal fine.

Questa responsabilità dovrebbe comportare il potere di decidere l'organizzazione interna del suo servizio, di impartire istruzioni ai procuratori europei delegati, nonché di definire linee di condotta in materia criminale, nei limiti fissati dal legislatore comunitario [73].

[73] Si veda il 6.2.2.1 (obbligatorietà o discrezionalità dell'azione penale).

4.2. Organizzazione decentrata della procura europea

La struttura complessiva della procura europea si fonderebbe si una ripartizione dei compiti tra un procuratore europeo, che centralizza il minimo necessario a livello comunitario, e procuratori europei delegati, che appartengono ai sistemi giudiziari nazionali e che eserciterebbero in concreto l'azione penale.

4.2.1. Principio di decentramento vero i procuratori europei delegati

Nello spirito del principio di sussidiarietà, la Commissione propone che l'organizzazione della procura europea sia decentrata, onde garantire che il suo operato si integri negli ordinamenti giuridici nazionali, senza provocarne uno sconvolgimento. Il procuratore europeo si appoggerebbe negli Stati membri su procuratori europei delegati, per garantire che il dispositivo comunitario si raccordi ai sistemi giudiziali nazionali [74].

[74] COM(2000)608 già citato.

4.2.1.1. Status dei procuratori europei delegati

A seconda del volume di casi da trattare e dell'organizzazione giudiziaria interna degli Stati membri, in ciascuno Stato membro potrebbero essere designati uno o più procuratori europei delegati. Questi ultimi sarebbero abilitati dal procuratore europeo, su proposta del loro Stato membro d'origine, che li sceglie tra i funzionari nazionali che esercitano nel proprio paese mansioni di azione penale e possono far valere al riguardo una provata esperienza. A seconda degli Stati membri, potrebbe trattarsi di procuratori nazionali, che abbiano o no lo status di magistrato, o di funzionari designati a tale scopo, ove non esista l'istituto del pubblico ministero.

La Commissione non intende quindi necessariamente proporre uno status europeo autonomo per i procuratori delegati. Questi potrebbero mantenere il loro status nazionale per tutti gli aspetti relativi all'assunzione, alla nomina, alla promozione, alla retribuzione, alla previdenza sociale, alla gestione corrente, ecc. Solo il loro regime gerarchico e disciplinare cambierebbe per la durata del loro mandato, secondo quanto precisato qui di seguito. Questa sembra essere la soluzione che presenta le implicazioni di minore entità per il diritto degli Stati membri. Il regime statutario applicabile ai procuratori europei andrebbe in ogni caso esaminato in stretto collegamento con gli Stati membri, in particolare per garantire che possano esercitare le loro funzioni in piena indipendenza.

I procuratori europei delegati verrebbero designati per un mandato a tempo determinato. A differenza del procuratore europeo, questo mandato potrebbe essere rinnovabile, per tener conto dell'offerta di potenziali candidati negli Stati membri. Si permetterebbe in tal modo anche una certa specializzazione degli interessati nel settore degli interessi finanziari comunitari, pur con la garanzia della loro conoscenza pratica e aggiornata del sistema nazionale di azione penale.

Quanto alla possibilità di cumulare il mandato europeo con un mandato nazionale, vi sono varie ipotesi.

In una prima ipotesi, il mandato dei procuratori europei delegati escluderebbe un altro mandato, per eliminare in partenza conflitti di interesse e di priorità in termini di politica criminale, nonché garantire piena efficacia alla loro azione.

In una seconda ipotesi, il mandato dei procuratori europei delegati potrebbe comportare una semplice specializzazione («doppio incarico»). Essi sarebbero tenuti a procedere contro le attività illegali lesive degli interessi finanziari comunitari, e in via sussidiaria a svolgere le loro mansioni ordinarie, comprese quelle di tipo repressivo. In caso di sollecitazioni concorrenti determinate dalla loro duplice funzione, dovrebbero prevalere gli interessi comunitari. Questa soluzione ha il vantaggio di agevolare la soluzione dei casi misti - che verranno esaminati più avanti [75] -, nei quali occorre procedere contro reati ai danni degli interessi sia comunitari sia nazionali.

[75] Si veda il 6.2.2.2 (casi misti).

Secondo una terza ipotesi, la scelta tra le due possibilità precedenti potrebbe essere lasciata alla discrezione di ciascuno Stato membro.

La responsabilità disciplinare dei procuratori europei delegati, nell'esercizio del loro mandato europeo o allorché svolgono tale ruolo, dovrebbe essere prevista dinanzi alla Corte di giustizia, analogamente al regime applicabile al procuratore europeo medesimo [76]. Quest'ultimo, in quanto capo gerarchico della procura europea, avrebbe un ruolo da svolgere nella procedura disciplinare. La massima sanzione disciplinare per un procuratore delegato sarebbe la perdita del suo mandato europeo.

[76] Si veda il 4.1.2.2. (destituzione del procuratore europeo).

Nell'ipotesi evocata in precedenza di un cumulo dei mandati, i procuratori europei delegati resterebbero responsabili sul piano disciplinare in ordine al loro mandato nazionale, fermo restando che la loro indipendenza deve essere garantita nei fatti. Occorre quindi prevedere quale relazione debba esistere tra gli effetti delle due procedure disciplinari. La perdita del mandato europeo sarebbe senza conseguenze, in base al diritto comunitario, sullo status nazionale del procuratore europeo delegato. Qualora venisse invece destituito dal suo mandato nazionale, un procuratore europeo delegato non soddisferebbe più uno dei requisiti per esercitare il suo mandato europeo, dal quale decadrebbe automaticamente.

4.2.1.2. Ruolo dei procuratori europei delegati

Il ruolo dei delegati del procuratore europeo risulterebbe essenziale, in quanto verrebbero abilitati dal procuratore europeo a compiere qualsiasi atto per il quale il procuratore europeo abbia ottenuto la competenza. In pratica, essi costituirebbero il braccio esecutivo della procura europea, in quanto perlopiù spetterebbe a loro esercitarne in concreto le competenze, sia nella fase istruttoria sia nell'azione penale.

Il campo d'azione di ciascun procuratore europeo delegato verrebbe naturalmente definito dal suo Stato membro. Ciascuno potrebbe però essere autorizzato dal procuratore europeo anche ad agire sul territorio di qualsiasi altro Stato membro, in cooperazione con il procuratore europeo ivi delegato. I procuratori europei delegati sarebbero quindi tenuti tra di loro a un obbligo di assistenza.

Questa forma decentrata di organizzazione si inquadra nella logica sottesa all'organizzazione in rete dei mezzi giudiziari degli Stati membri (magistrati di collegamento, rete giudiziaria europea, ...) [77]. Lungi dal creare un sistema comunitario autonomo, l'organizzazione proposta si fonda principalmente sulle capacità giudiziarie degli Stati membri, in uno spirito di integrazione comunitaria.

[77] Si veda il 7.2 (soggetti istituzionali della cooperazione penale nell'ambito dell'Unione europea).

4.2.2. Principio di subordinazione al procuratore europeo

Tuttavia, per ovvi motivi di coerenza e unità d'azione, la procura europea sarebbe organizzata secondo un principio gerarchico. Al vertice, spetterebbe al procuratore europeo dirigere e coordinare l'azione dei procuratori delegati, in funzione delle esigenze dell'istruttoria e dell'esercizio dell'azione penale. I procuratori delegati, per la durata del loro mandato, sarebbero gerarchicamente soggetti al procuratore pubblico europeo - in via esclusiva o no a seconda dell'ipotesi scelta - e tenuti a obbedire alle sue istruzioni, generali non meno che particolari. In nessun caso potrebbero ricevere istruzioni di sorta dalle rispettive autorità nazionali, con riferimento alla tutela degli interessi finanziari comunitari.

Secondo la Commissione, la procura europea dovrebbe essere soggetta a un principio di indivisibilità, analogo a quello in base al quale sono organizzate le procure nazionali, il che implica che qualsiasi atto compiuto da un procuratore delegato impegna la procura europea nel suo complesso. Sotto il controllo del procuratore europeo, i procuratori delegati dovrebbero pertanto essere di diritto sostituibili.

Domanda n. 1 - Cosa pensate della struttura e dell'organizzazione interne proposte per il pubblico ministero europeo* Il mandato europeo conferito ai procuratori europei delegati dovrebbe essere esclusivo o potrebbe essere combinato con un mandato nazionale*

4.3. Mezzi di funzionamento della procura europea

Spetterebbe naturalmente al diritto comunitario derivato precisare lo statuto della procura europea, in particolare per gli aspetti più concreti (bilancio, personale, ecc.), secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato CE (maggioranza qualificata in Consiglio e codecisione col Parlamento).

Dato che la procura europea è organizzata su base decentrata, il nuovo organo da creare avrà una sede la cui struttura dovrebbe essere ridotta al minimo necessario per il suo corretto funzionamento. I servizi centrali della procura europea sarebbero più snelli dei servizi dei procuratori delegati europei, presso i quali si concentrerebbe l'essenziale delle risorse umane e dei mezzi di funzionamento. Le forma di sinergia con mezzi già esistenti a livello nazionale dovrebbero in particolare contribuire all'efficienza dell'intero dispositivo.

La gestione delle risorse umane e dei mezzi di funzionamento della procura, presso la sede, sarebbero sottoposti all'autorità del procuratore europeo, al quale per queste mansioni verrebbero affiancati uno o più aggiunti [78].

[78] A titolo di confronto, il personale della procura presso la Corte penale internazionale verrà assunto, nominato e gestito dal procuratore, con l'ausilio di uno o più procuratori aggiunti (articoli 42 e 44 dello statuto di detta corte).

La procura europea dovrebbe disporre di un proprio bilancio, imputato sul bilancio generale delle Comunità europee. Esso verrebbe gestito in completa indipendenza dalla procura europea, nel quadro dei trattati e delle regole finanziarie adottate per la loro applicazione. Ciascun procuratore europeo delegato, restando soggetto al proprio statuto nazionale, continuerebbe a essere retribuito dal suo Stato membro. Tuttavia, gli eventuali sovraccosti nelle spese di funzionamento a carico degli Stati membri, per i compiti inerenti alla procura europea, potrebbero essere imputati sul bilancio proprio della procura europea stessa.

Il personale della procura europea potrebbe essere assunto, nominato e gestito dalla procura europea stessa per quel che riguarda il personale della sede, e dallo Stato membro, secondo le proprie regole, per quel che riguarda il personale decentrato. L'autorità sul personale della procura europea verrebbe esercitata nel rispetto delle norme comunitarie previste al riguardo, in particolare dello statuto dei funzionari e altri agenti delle Comunità.

Se la sede del procuratore europeo sembra dover essere fissata secondo la procedura prevista per gli organi comunitari, i procuratori europei delegati, a discrezione degli Stati membri, sarebbero basati nelle rispettive capitali nazionali o regionali, o in qualunque altra località ritenuta idonea all'esercizio pratico della loro funzione, tenuto conto della ripartizione territoriale delle giurisdizioni nazionali competenti.

5. Diritto penale sostanziale

La Commissione ha proposto di iscrivere nel trattato CE che il Consiglio, in codecisione col Parlamento europeo, fissi «le condizioni d'esercizio delle funzioni del procuratore europeo, adottando in particolare [...] a) un regolamento che fissi gli elementi costitutivi dei reati penali per frode e per qualsiasi attività illegale lesiva degli interessi finanziari della Comunità, nonché le pene previste per ciascuna di esse [...]».

È infatti necessario prevedere regole specifiche circa la definizione delle fattispecie di reato ( 5.2) e le sanzioni corrispondenti ( 5.3). Quanto poi a prevedere per il buon funzionamento della procura europea norme sostanziali più generali, in fatto di responsabilità penale ( 5.4) o di prescrizione ( 5.5), occorre valutarne l'opportunità facendo salvo l'acquis comunitario. Per ciascuno di questi ambiti sorge il problema del metodo legislativo più idoneo ( 5.1).

5.1. Scelta del metodo legislativo: unificazione comunitaria o armonizzazione delle legislazioni nazionali

A giudizio della Commissione, la creazione di uno spazio comune di attività investigativa e di azione penale nel settore specifico della tutela degli interessi finanziari delle Comunità non richiede una "codificazione generale del diritto penale" fra gli Stati membri.

Per funzionare, la procura europea avrà bisogno di un complesso di regole di diritto sostanziale, sulla falsariga di quelle applicate dalle autorità nazionali responsabili dell'azione penale.

In teoria, la definizione di queste regole può essere ottenuta combinando metodi diversi:

- un rimando puro e semplice al diritto interno degli Stati membri (senza armonizzazione di sorta);

- un'armonizzazione parziale di determinate disposizioni nazionali, il cui livello può essere più o meno elevato, completata per gli aspetti rimanenti con un rimando al diritto nazionale;

- un'armonizzazione totale di determinate disposizioni nazionali, in forza della quale le norme comunitarie sostituiscono quelle nazionali interessate;

- un'unificazione, vale a dire la creazione di un corpus giuridico comunitario autonomo, distinto dal diritto degli Stati membri.

Nei fatti, fino ad oggi l'acquis potenziale in materia di tutela penale degli interessi finanziari comunitari si è fondato su un'armonizzazione, più o meno forte, a seconda degli ambiti. È proprio questo il metodo sotteso alle disposizioni della convenzione 26 luglio 1995, e dei relativi protocolli aggiuntivi, da un lato, e alla suddetta proposta di direttiva del 23 maggio 2001, dall'altro.

Per il resto, la scelta del metodo più consono per definire il diritto sostanziale comune necessario al buon funzionamento della procura europea viene esaminata nel presente libro verde secondo un'impostazione inedita.

In linea generale, occorre conciliare due logiche distinte. La prima è quella dell'armonizzazione totale, ovvero dell'unificazione. Più si armonizza o addirittura si unifica il diritto sostanziale, più l'azione della procura europea risulta agevolata. Inoltre, un'armonizzazione totale o un'unificazione del diritto garantirebbe per antonomasia quell'equipollenza della tutela sull'intero territorio della Comunità che il trattato CE esige. Infine, nei confronti delle parti, questa logica contribuirebbe a creare una maggiore certezza del diritto, semplificando l'accesso alle regole applicabili. Essa può tuttavia ritenersi legittima solo ove risulti proporzionata all'obiettivo specifico perseguito: la tutela penale degli interessi finanziari comunitari. La si potrà quindi ammettere più facilmente ove trovi applicazione per settori di precisa competenza della procura europea, ad esempio la definizione delle fattispecie costitutive di reato soggette alla sua giurisdizione o il relativo termine di prescrizione.

La seconda logica è quella del rimando, parziale o totale, al diritto nazionale. Essa sembra il metodo più consono per determinare norme generali che travalichino la tutela degli interessi finanziari comunitari, nonostante la diversità che in tal modo si è costretti a conciliare coll'obiettivo di una tutela equivalente in tutta la Comunità. La procura europea sarà indotta a tener conto dei vari ordinamenti nazionali, a seconda dello Stato membro in cui agisce, e in questo modo si eviterà di esporre i singoli ordinamenti giuridici a sconvolgimenti.

L'auspicabile coniugazione di queste due logiche suppone che si riesca a rispondere, per ogni aspetto relativo al diritto sostanziale, a due quesiti: quali norme unificate o armonizzate* E nel secondo caso, fino a quale grado di specificazione* Sono due interrogativi che riaffiorano nelle sezioni successive.

Da parte loro, gli autori del Corpus juris hanno proposto un'armonizzazione più spinta in materia di diritto penale generale. La Commissione reputa però che un'armonizzazione del genere debba restare commisurata all'obiettivo specifico di tutelare penalmente gli interessi finanziari comunitari e variare in funzione dei vari ambiti affrontati qui di seguito ( 5.2-5.5).

Infine, nelle pagine seguenti non si dovrà mai perdere di vista che l'operato della procura europea dovrebbe inquadrarsi in una dinamica evolutiva. Da un lato, col presente libro verde la Commissione cerca di innescare un dibattito sul minimo necessario al buon funzionamento della procura europea. Una volta che quest'ultima sarà insediata e potrà fondarsi su una base comune sufficiente, sarà l'esperienza, dopo il periodo necessario all'adozione dei fondamenti e del quadro giuridici, a dire se sia opportuno completare o no il minimo necessario affinché la procura sia in grado di agire.

Dall'altro, la diversità dei sistemi penali nazionali dovrebbe tendenzialmente ridursi al ritmo dei progressi compiuti nell'ambito più vasto dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, il che di rimando renderà il compito della procura europea più agevole. La fiducia che la Commissione ripone nel metodo dell'armonizzazione nasce proprio da qui: l'armonizzazione specifica proposta per la procura europea sarà parzialmente completata da un'evoluzione generale del contesto giuridico, improntata al principio del reciproco riconoscimento.

5.2. Fattispecie di reato comuni

Quanto alla definizione delle fattispecie di reato, la Commissione potrebbe dare la propria preferenza a un elevato grado di armonizzazione che comporti una precisione pari o superiore a quella delle disposizioni figuranti nella sua proposta di direttiva del 23 maggio 2001.

In applicazione del principio di obbligatorietà dell'azione penale, infatti, la procura può essere incaricata di procedere solo per determinate fattispecie, definite con estrema esattezza. Poiché essa sarebbe competente per l'intero territorio comunitario, una definizione comune dei reati perseguiti sembra un presupposto indispensabile per il suo funzionamento.

Conformemente al principio di specializzazione della procura europea, benché sia possibile ipotizzare altre fattispecie di reato ( 5.2.3), queste definizioni comuni dovrebbero prefiggersi esclusivamente di tutelare gli interessi finanziari comunitari. Al riguardo, alcune fattispecie hanno già formato oggetto di accordo tra gli Stati membri ( 5.2.1). Altre potrebbero essere ipotizzate, in particolare sulla scorta dei lavori del Corpus juris ( 5.2.2).

5.2.1. Reati riguardanti la tutela degli interessi finanziari comunitari che hanno già formato oggetto di accordo tra gli Stati membri

Tra gli Stati membri esiste già un accordo di fondo sul contenuto di quello che potrebbe essere il nucleo di base di un diritto penale speciale in questo campo. Le disposizioni di diritto penale sostanziale della convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995, sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, coi relativi protocolli aggiuntivi [79], riprese integralmente nella proposta di direttiva del 23 maggio 2001 [80], costituiscono il riferimento per eccellenza per definire reati che possono ricadere nella sfera di competenza della procura europea. Questi reati sono la frode, la corruzione e il riciclaggio di capitali che a esse è connesso.

[79] GU C 316 del 27.11.95, pag. 48; GU C 313 del 23.10.1996, pag. 1; GU C 221 del 19.7.1997, pag. 11; GU C 151 del 20.5.1997, pag. 1, già citate. Si vedano altresì le relazioni esplicative sulla convenzione (GU C 191 del 23.6.1997, pag. 1) e sul secondo protocollo (GU C 91 del 31.3.1999, pag. 8).

[80] COM(2001)272.

5.2.1.1. Frode

L'articolo 3 della proposta di direttiva, ricalcando le disposizioni dell'articolo 1 della convenzione 26 luglio 1995, definisce frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee, in materia di spese, «qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità stesse o per loro conto; alla mancata comunicazione di un'informazione, in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; alla distruzione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi».

Gli stessi testi definiscono frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee, in materia di entrate, «qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità stesse o per loro conto; alla mancata comunicazione di un'informazione, in violazione di un obbligo specifico, cui consegue lo stesso effetto; alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegue lo stesso effetto».

Atti del genere devono essere passibili di sanzioni quale reato principale o a titolo di complicità, istigazione alla frode o tentata frode.

Al di là di questo potenziale precedente, la definizione potrebbe essere unificata (spese e risorse) e ampliata. Prendendo spunto dalla proposta del Corpus juris, sarebbe possibile adottare un'unica definizione della frode, a prescindere dal suo oggetto, sia essa ai danni delle spese o delle risorse delle Comunità [81]. L'effetto della frode potrebbe essere esteso ai casi in cui gli interessi finanziari comunitari vengono messi in pericolo, per evitare che una condizione necessaria per procedere contro comportamenti fraudolenti sia il loro buon esito. Infine, l'aspetto dell'intenzionalità potrebbe essere completato prendendo in considerazione i casi di grave negligenza.

[81] Articolo 1 CJ.

5.2.1.2. Corruzione

Ai sensi dell'artico 4, 1, della proposta di direttiva, che riprende le disposizioni dell'articolo 2 del protocollo 27 settembre 1996, aggiunto alla convenzione del 1995 [82], costituisce corruzione passiva «il fatto che un funzionario deliberatamente, direttamente o tramite un terzo, solleciti o riceva vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetti la promessa per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell'esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d'ufficio, che leda o possa ledere gli interessi finanziari delle Comunità europee».

[82] Quanto al concetto di funzionario, esso è definito all'articolo 2 della proposta di direttiva che riprende le disposizioni dell'articolo 1 del protocollo 27 settembre 1996.

Quanto alla corruzione attiva, l'articolo 4, 2 della proposta di direttiva, riprendendo le disposizioni dell'articolo 3 del protocollo suddetto, la definisce come «il fatto che una persona deliberatamente prometta o dia, direttamente o tramite un terzo, un vantaggio di qualsiasi natura a un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell'esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d'ufficio, che leda o possa ledere gli interessi finanziari delle Comunità europee».

La corruzione passiva e quella attiva devono essere entrambe passibili di sanzioni penali quale reato principale o a titolo di complicità o istigazione (articolo 5 del protocollo suddetto).

5.2.1.3. Riciclaggio di capitali

L'articolo 6 della proposta di direttiva, riprendendo le disposizioni dell'articolo 1 del protocollo 19 giugno 1997, relativo alla convenzione del 1995, per la definizione del riciclaggio di capitali connesso col provento della frode - quantomeno nei casi più gravi - e della corruzione attiva e passiva, rimanda al concetto generale di riciclaggio di capitali, quale precisato dalla direttiva modificata del 10 giugno 1991 [83].

[83] Articolo 1, terzo trattino, della direttiva 91/308/CEE del Consiglio modificata, del 10.6.1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio di capitali (GU L 166 del 28.6.1991, pag. 77).

In base a quest'ultima, commette il riciclaggio di capitali chi intenzionalmente converte o trasferisce beni «essendo a conoscenza del fatto che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni», oppure «occulta o dissimula la reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o diritti sugli stessi, essendo a conoscenza del fatto che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività», o ancora acquista, detiene o utilizza beni «essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività». Inoltre, si è in presenza di riciclaggio di capitali anche ove le attività all'origine dei beni da riciclare siano ubicate sul territorio di un altro Stato membro o di un paese terzo.

La partecipazione a uno degli atti testé citati, l'associazione per commettere tale atto, i tentativi per perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcun altro a farlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione costituiscono altrettanti illeciti.

5.2.2. Altri reati presi in considerazione in fatto di tutela degli interessi finanziari comunitari

Dato che la creazione di una procura europea costituisce un salto di qualità verso lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, in questa sede la riflessione non può limitarsi a una mera riconduzione, tal quale, dell'acquis dell'Unione. La procura europea dovrebbe avere competenze per esercitare l'azione penale nei confronti di altri reati connessi con la tutela degli interessi finanziari comunitari, reati che sono appena stati specificati.

La definizione di questi reati comuni potrebbe in particolare ispirarsi ai progressi segnati nel quadro del terzo pilastro e delle proposte del citato studio Corpus juris, vuoi per allargare le fattispecie di reato già previste, vuoi per completarle con nuove disposizioni. La Commissione esprime qui il proprio interesse per un'impostazione del genere.

5.2.2.1. Frode in materia di aggiudicazione di appalti

L'idea di introdurre a livello comunitario un'infrazione per frode ai danni della normativa sui pubblici appalti sembra giustificata, tenuto conto degli importi in ballo e delle notevoli lacune individuate nella legislazione di più Stati membri [84]. In particolare, l'incriminazione per truffa risulta poco efficace, in quanto è difficile addurre la prova del pregiudizio materiale.

[84] La mise en oeuvre du Corpus juris dans les États membres, cit., tomo 1, parte II, capitolo 1, I-2.

Ecco perché il fatto di far accettare una determinata offerta a un ente aggiudicatario, quale che sia, con mezzi contrari alle norme comunitarie relative ai pubblici appalti, quali per esempio un accordo o anche solo un tentativo di accordo, potrebbe essere assimilato a reato penale comune, qualora l'offerta accettata leda o rischi di ledere gli interessi finanziari delle Comunità.

5.2.2.2. Associazione a delinquere

Come dimostra da vari anni l'esperienza operativa della Commissione e degli Stati membri, spesso la criminalità organizzata è all'origine delle pratiche lesive degli interessi finanziari comunitari. Potrebbe quindi risultare utile prendere di mira specificatamente la partecipazione a un'organizzazione criminale in funzione preventiva, per evitare che altri reati comuni vengano commessi [85].

[85] Si veda segnatamente l'articolo 4 CJ.

Non è infatti necessario aspettare che l'azione lesiva dell'interesse finanziario comunitario vada a segno per reprimere le attività di quanti progettano siffatte azioni e si danno i mezzi, in modo strutturato, per condurle a buon fine. Inoltre, un capo d'accusa del genere può contribuire a smantellare un'organizzazione criminale risalendo fino ai suoi dirigenti. Questa soluzione permetterebbe di dare concreata attuazione in un settore specifico alla ferma risoluzione espressa a Tampere dal Consiglio europeo «di potenziare la lotta contro le forme gravi di criminalità organizzata e transnazionale» [86].

[86] Conclusione n. 40.

La partecipazione a un'associazione a delinquere [87], intesa come organizzazione perenne composta da almeno tre persone per realizzare atti di frode, di corruzione, di riciclaggio o di qualsiasi altro tipo, potrebbe costituire quindi una delle fattispecie di reato comuni da definire in quanto tale, oppure una circostanza aggravante delle fattispecie comuni fin qui evocate.

[87] Si veda in particolare l'azione comune del 21.12.1998, adottata dal Consiglio sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea, relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea (GU L 351 del 29.12.1998).

5.2.2.3. Abuso d'ufficio

Gli illeciti commessi da funzionari ai danni degli interessi finanziari delle Comunità non sempre comportano per i funzionari stessi un vantaggio, come nel caso della corruzione. Ecco perché si potrebbe eventualmente prendere in considerazione l'illecito più generale, in via sussidiaria, dell'abuso d'ufficio lesivo degli interessi finanziari comunitari [88].

[88] Si veda segnatamente l'articolo 7 CJ.

Si tratterebbe di assimilare a illecito penale il fatto che un funzionario incaricato della gestione di interessi finanziari comunitari arrechi intenzionalmente pregiudizio a questi ultimi, abusando dei poteri che gli sono conferiti nell'ambito delle sue mansioni.

5.2.2.4. Rivelazione di un segreto d'ufficio

Nella relazione introduttiva del progetto di trattato del 1976 sulla responsabilità e la tutela in materia penale degli agenti delle Comunità europee, la Commissione già sottolineava che né le autorità nazionali né gli organismi privati devono esitare a fornire informazioni confidenziali utili alle autorità comunitarie, adducendo che la violazione del segreto non è passibile di sanzioni penali [89].

[89] Vecchio progetto di trattato recante modifica del trattato che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unica delle Comunità europee, al fine di adottare una normativa comune sulla responsabilità e la tutela in materia penale dei funzionari e altri agenti delle Comunità europee (GU C 222 del 22.9.1976).

Per questo motivo potrebbe essere assimilata a illecito penale comunitario la rivelazione, da parte di un pubblico agente, in violazione di un segreto d'ufficio, di un'informazione ottenuta nell'esercizio delle sue funzioni o grazie alle sue funzioni, qualora tale rivelazione arrechi pregiudizio o rischi di arrecarlo agli interessi finanziari comunitari [90].

[90] Si veda segnatamente l'articolo 8 CJ.

5.2.3. Fattispecie di reato che è possibile prospettare al di là della tutela degli interessi finanziari comunitari

Affinché la discussione possa avvenire in piena cognizione di causa, è utile rammentare che la proposta della Commissione avrebbe potuto travalicare la tutela penale degli interessi finanziari, per prevedere in particolare una tutela penale generale della funzione politica europea, che era stata presa in considerazione fin dall'inizio degli anni 1970 [91]. Una scelta del genere avrebbe potuto per esempio portare a prendere di mira in termini generali - ovvero senza un necessario nesso con gli interessi finanziari delle Comunità - l'abuso di funzione e la rivelazione di segreto d'ufficio, o ancora ad attribuire alla procura europea competenze per procedere indistintamente contro il semplice furto di effetti personali all'interno delle istituzioni, le violazioni della protezione dei dati o le forme di favoritismo nell'applicazione del diritto comunitario.

[91] GU C 222 del 22.9.1976.

La proposta della Commissione non si prefigge però questo obiettivo e si limita invece agli interessi finanziari comunitari (articolo 280 bis proposto).

Domanda n. 2 - Per quali fattispecie di reato la procura europea dovrebbe essere competente* Le definizioni di fattispecie di reato già acquisite nel quadro dell'Unione europea andrebbero completate*

5.3. Sanzioni comuni

Occorre inoltre stabilire a livello comunitario le regole relative alle sanzioni penali corrispondenti agli illeciti che ricadono nella sfera di competenza della procura europea.

Un'iniziativa prioritaria per un'armonizzazione in quest'ambito sembra giustificata e per nulla in contrasto con le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere in base alle quali, «per quanto riguarda le legislazioni penali nazionali, gli sforzi intesi a concordare definizioni, fattispecie di reato e sanzioni comuni dovrebbero incentrarsi in primo luogo su un numero limitato di settori di particolare importanza, come la criminalità finanziaria (riciclaggio di proventi illeciti, corruzione, falsificazione dell'euro)...» [92].

[92] Conclusione della presidenza n. 48.

Il rispetto dell'acquis in materia di tutela degli interessi finanziari delle Comunità implica che non si fissi il livello delle sanzioni penali al di sotto di quanto già previsto dalla proposta di direttiva del 23 maggio 2001 e dalle disposizioni convenzionali che essa riprende. Questi testi stabiliscono che i reati di frode, di corruzione e di riciclaggio di capitali ivi contemplati debbano essere passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, che almeno nei casi gravi comprendano pene privative della libertà che possono condurre all'estradizione. Essi prevedono la confisca degli strumenti usati e dei proventi ottenuti.

L'articolo 3 della proposta di direttiva, che riprende le disposizioni dell'articolo 2 della convenzione 26 luglio 1995, precisa inoltre che va considerata frode grave qualsiasi frode per un importo minimo che non può essere superiore a 50 000 euro. Ai sensi dell'articolo 11, che riprende le disposizioni dell'articolo 4 del protocollo 19 giugno 1997, la proposta prevede inoltre sanzioni, se del caso anche penali, nei confronti delle persone giuridiche dichiarate responsabili di frode, corruzione attiva o riciclaggio di capitali.

Nel rispetto dei principi di legalità e proporzionalità tra i delitti e le pene richiamati dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea [93], la Commissione ritiene che sarebbe utile segnare ulteriori progressi sulla via dell'armonizzazione delle sanzioni penali corrispondenti alle fattispecie di reato definite. Questo sforzo di armonizzazione dovrebbe sì essere intensificato vista la natura comune delle fattispecie in questione, ma restare coerente coi termini del dibattito più generale in corso nell'Unione europea, sull'armonizzazione delle pene.

[93] Articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Il livello massimo delle sanzioni - siano esse pene privative della libertà o ammende - dovrebbe essere determinato dal legislatore comunitario, lasciando al giudice nazionale la facoltà, entro questo limite, di valutare l'entità della sanzione che commina. Andrebbe prospettata anche la possibilità di ricorrere a pene alternative o complementari. Si potrebbe in particolare prevedere un tipo comunitario di pene complementari, che offra per esempio la possibilità di pronunciare un'esclusione dalla funzione pubblica europea, dall'accesso alle sovvenzioni o ancora dall'ammissibilità a gare d'appalto ove intervengano finanziamenti comunitari [94].

[94] Si veda segnatamente l'articolo 14 CJ.

Se gli effetti sul livello massimo delle pene di circostanze aggravanti o attenuanti potessero essere previste a livello comunitario, sarebbe possibile lasciare che queste circostanze vengano definite in sede di legislazione nazionale. Analogamente, sarebbe opportuno prevedere il regime delle pene applicabile in caso di concorso di reati.

Si dovrebbe poi prevedere che la procura europea possa chiedere la confisca degli strumenti e dei proventi dei reati di sua competenza, nello spirito dell'acquis comunitario in questo campo [95]. Infine, si potrebbe ideare un dispositivo che permetta di pubblicare le decisioni giudiziarie definitive.

[95] Decisione-quadro del Consiglio, del 26.6.2001, concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintraccio, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti o proventi di reato (GU L 182 del 5.7.2001, pag. 1).

5.4. Responsabilità delle persone giuridiche

Per quel che riguarda la responsabilità penale, la Commissione reputa che il principio di proporzionalità risulterebbe rispettato applicando l'acquis e il grado di armonizzazione che essa suggerisce nella sua proposta di direttiva del 23 maggio 2001. Eccettuando le regole già vigenti in ordine alla responsabilità dei dirigenti d'impresa e delle persone giuridiche, si rimanderebbe quindi in modo generale alle legislazioni degli Stati membri. Questa soluzione, per la quale la Commissione esprime una preferenza, sembra sufficiente per garantire il minimo necessario al funzionamento della procura europea [96].

[96] Per un diverso parere, favorevole a un'armonizzazione più spinta delle norme penali generali in fatto di responsabilità, si vedano gli articoli 9-13 CJ, che propongono di completare le norme convenzionali in materia di responsabilità delle imprese e porre le basi per una definizione comunitaria del risvolto morale, dell'errore, della responsabilità penale individuale e dei tentativi di illecito.

Più esattamente, gli articoli 8 e 9 delle proposta di direttiva del 23 maggio 2001, che riprendono le disposizioni dell'articolo 3, rispettivamente della convenzione del 26 luglio 1995 e del protocollo del 19 giugno 1997, prevedono già una certa armonizzazione delle norme in fatto di responsabilità, con riferimento da un lato ai dirigenti d'impresa, dall'altro alle persone giuridiche.

Su questa base, i dirigenti d'impresa o qualsiasi persona che disponga del potere decisionale o del controllo all'interno di un'impresa, andrebbe dichiarata penalmente responsabile secondo i principi definiti dalla legislazione nazionale, in caso di frode o corruzione, nonché di riciclaggio dei proventi dalle medesime, ove tali reati siano commessi da una persona soggetta alla loro autorità e per conto dell'impresa.

Parimenti, le persone giuridiche dovrebbero essere ritenute responsabili di qualsiasi frode, corruzione attiva e riciclaggio di capitali che una persona che esercita un potere di direzione al loro interno abbia commesso o tentato per loro conto, o ancora alle quali abbia partecipato, in veste di complice o di istigatore [97]. La loro responsabilità dovrebbe essere prevista anche ove tali atti abbiano potuto essere commessi per conto della persona giuridica a causa dell'insufficiente vigilanza o controllo esercitati da coloro che dispongono di un potere direttivo.

[97] Ciò deve valere a prescindere dal fatto che la persona agisca individualmente o in quanto membro di un organo della persona giuridica. Il potere direttivo cui si fa qui riferimento può essere un potere di rappresentanza della persona giuridica o l'autorità per prendere decisioni a nome della persona giuridica o per esercitare un controllo all'interno della stessa.

La responsabilità della persona morale testé definita non esclude la responsabilità penale delle persone fisiche che commettono o istigano a commettere gli atti di frode, di corruzione attiva o di riciclaggio di capitali, o ancora se ne rendono complici.

5.5. Regimi di prescrizione

Con la prescrizione dei reati che ricadono nella sfera di competenza della procura europea, l'azione di quest'ultima cessa. Le regole in materia di prescrizione variano però notevolmente da uno Stato membro all'altro, e più ancora varieranno con l'allargamento dell'Unione. Ecco perché la parità di trattamento delle parti in giudizio rende necessario un effettivo sforzo di armonizzazione di tali regole.

Mantenere un'eccessiva diversità, nel momento stesso in cui si vuole rendere incisivo l'esercizio dell'azione penale nei confronti comportamenti lesivi degli interessi finanziari comunitari, sarebbe fonte di difficoltà. Se più persone, implicate negli stessi fatti, vengono perseguite penalmente in più Stati membri, si rischia di avere una disparità di trattamento. Per fatti identici, che riguardano una medesima persona, l'azione penale potrebbe entrare in prescrizione in uno Stato membro ma essere ancora possibile in un altro nel quale rischierebbe di andarsi a concentrare, per questo solo motivo, l'intera procedura.

L'azione penale esercitata dalla procura europea non dovrebbe inoltre essere ostacolata da un termine di prescrizione troppo breve. L'esperienza acquisita dalla Commissione e dagli Stati membri in materia d'individuazione amministrativa delle frodi dimostra quanto siano lunghe le indagini necessarie. La complessità della materia finanziaria, il carattere transnazionale delle trame, la gravità di fatti in cui in determinati casi è coinvolta la criminalità organizzata, moltiplicano infatti le difficoltà nella fase investigativa. A titolo indicativo, lo studio Corpus juris si pronuncia, per tutte le fattispecie che esso definisce, a favore di un termine di 5 anni su un periodo massimo di 10 anni.

La Commissione preferirebbe che quanto meno i termini di prescrizione per reati di competenza della procura europea vengano definiti a livello comunitario. In mancanza di acquis su questo punto, essa desidera riflettere sul periodo da fissare per la prescrizione, e prevedere un termine identico per tutte le fattispecie di reato non sembra una scelta che si debba ritenere pacifica. Infine, per tutte le altre norme attinenti, in particolare per l'interruzione della prescrizione, occorrerebbe valutare la possibilità di un rimando al diritto nazionale, fermo restando il reciproco riconoscimento tra gli Stati membri.

Domanda n. 3 - La creazione di una procura europea dovrebbe comportare l'adozione di determinate regole comuni supplementari, in materia di:

- sanzioni*

- responsabilità*

- prescrizione*

- altri aspetti*

In caso affermativo, in quale misura*

6. Procedura

La Commissione ha proposto di prevedere nel trattato CE che il Consiglio dell'Unione europea, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251, ovvero in codecisione con il Parlamento europeo, «fissi le condizioni d'esercizio delle funzioni di procuratore europeo, adottando in particolare [...] b) regole di procedura applicabili alle attività del procuratore europeo, nonché le norme che disciplinano l'ammissibilità delle prove; c) regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti di procedura disposti dal procuratore europeo nell'esercizio delle sue funzioni».

Affinché la procura europea possa esercitare le sue funzioni, occorre definire un quadro specifico di procedura, che si articoli con i sistemi giudiziari nazionali. Tale quadro di procedura andrebbe definito al livello più consono, ovvero europeo o nazionale a seconda dei casi, in base ai principi di sussidiarietà e di efficacia.

Al riguardo, è possibile combinare i metodi illustrati nel capitolo precedente. Nella misura in cui ciò risulti essenziale per il buon funzionamento della procura europea, potrebbe rivelarsi indispensabile definire specifiche norme procedurali europee. Può però essere sufficiente anche un ravvicinamento, totale o parziale, delle procedure nazionali, dato che il funzionamento della procura europea ha bisogno soltanto di un'equivalenza tra gli Stati membri. Per il resto, nella massima parte dei casi dovrebbe essere possibile rinviare al diritto nazionale. Per quel che riguarda la procedura penale, nel quadro del libro verde la Commissione parte dal presupposto di un riconoscimento reciproco.

A questo punto è opportuno specificare, per ciascuna fase della procedura, i poteri del procuratore europeo già illustrati in termini generali [98], nonché le garanzie corrispondenti sotto il profilo delle libertà fondamentali. La questione dei mezzi di ricorso verrà esaminata in un secondo tempo, nel capitolo 8.

[98] Si veda il 3.2.1 (poteri della procura europea).

La procura europea dovrebbe dirigere e coordinare l'attività investigativa e l'azione penale, al fine di tutelare gli interessi finanziari comunitari. A tale scopo, dopo essere stata debitamente informata ( 6.1), la procura dovrebbe poter effettuare direttamente o delegare attività investigative ( 6.2). Essa dovrebbe altresì decidere in merito al rinvio a giudizio di un imputato e scegliere quale giurisdizione nazionale adire a tale scopo ( 6.3). Tenuto conto però della loro incidenza sui diritti fondamentali delle persone, alcuni di questi atti dovrebbero essere soggetti al controllo preventivo di un giudice, affinché vengano in particolare rispettati i principi di legalità, di garanzia giurisdizionale e di proporzionalità ( 6.4).

6.1. Modalità per informare e adire la procura europea

Mentre chiunque ha la facoltà di informare la procura europea, senza che ciò comporti obbligo di risposta, quando la procura europea viene adita ovvero - ai sensi del presente libro verde - riceve un'informazione ufficiale da un'autorità pubblica, affinché avvii l'azione penale, essa sarebbe tenuta a dare una risposta motivata, quale che sia, alla richiesta che le viene rivolta.

La procura europea dovrebbe poter essere informata o adita per qualsiasi fatto che possa configurarsi come una delle fattispecie comunitarie di reato [99]. Sorge il problema di stabilire chi sarebbe abilitato a informare o adire la procura europea e in quale misura la seconda eventualità dovrebbe essere obbligatoria o facoltativa.

[99] Si veda il 5 (diritto sostanziale).

I cittadini europei hanno il diritto di esigere un livello elevato di tutela degli interessi finanziari comunitari. Qualsiasi persona, fisica o giuridica, residente o no, potrebbe informare, mediante qualunque mezzo, la procura europea dei fatti di cui è a conoscenza. La procura potrebbe in tal modo tener conto di qualsiasi informazione ottenuta [100].

[100] Si vedano, a mo' di raffronto su questo aspetto, gli articoli 17 dello statuto del Tribunale penale internazionale per il Ruanda (TPIR) e l'articolo 18 del Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (TPIY).

Determinate autorità, nazionali o comunitarie, che dispongono di competenze particolari, dovrebbero inoltre avere l'obbligo specifico di adire la procura europea [101].

[101] Fermi restando gli obblighi di comunicazione alla Commissione dei casi di irregolarità già contemplati dalla legislazione comunitaria nel quadro della gestione e del controllo amministrativi e finanziari.

Ricalcando gli obblighi analoghi che si riscontrano frequentemente negli ordinamenti nazionali, la Commissione preferirebbe che fosse fatto obbligo di adire o informare la procura europea alle autorità e agli agenti comunitari [102], nonché alle autorità nazionali - quali che siano - nell'esercizio delle loro funzioni: agenti delle amministrazioni, in particolare doganali e fiscali [103], servizi di polizia, autorità giudiziarie.

[102] Si veda in particolare il 7.3 in merito al ruolo dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode.

[103] Le autorità fiscali hanno un dovere esteso di confidenzialità, il quale tuttavia contempla delle eccezioni. Sarebbe quindi opportuno completare queste ultime, per rendere possibile informare la procura europea.

La stessa proposta di creare una procura europea nasce dall'idea secondo cui a interessi specificamente comunitari debba corrispondere, a livello europeo, un organo che esercita l'azione penale nei confronti degli autori di atti che ledono questi interessi. Se quindi si considerasse facoltativo adire la procura europea, di fatto si contraddirebbe questo principio. Le autorità nazionali che esercitano l'azione penale, non dispongono di elementi per vedere le connessioni su scala comunitaria dei casi che vengono loro sottoposti. Un fatto che esse possono reputare anodino, al di là della loro sfera giurisdizionale può risultare rivelatore di un complesso di circostanze di estrema gravità. Ecco perché la Commissione giudica importante il principio di adire sistematicamente la procura europea, non appena siano in causa gli interessi finanziari comunitari.

La procura europea potrebbe essere quindi adita dalle autorità nazionali o comunitarie competenti, oppure agire motu proprio in base alle informazioni di cui dispone [104].

[104] Si veda l'allegato 2, primo schema.

Domanda n. 4 - In quali casi e a opera di chi la procura europea dovrebbe essere obbligatoriamente adita*

6.2. Fase istruttoria

Ai sensi dell'articolo 280 bis CE proposto dalla Commissione, il procuratore europeo sarebbe «incaricato di ricercare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori o i complici dei reati che ledono gli interessi finanziari della Comunità [...], nel quadro delle regole» fissate dal legislatore comunitario. La fase istruttoria inizia dai primi atti di indagine condotti dalla procura europea e si estende fino alla decisione di archiviazione o di rinvio a giudizio [105].

[105] Si veda l'allegato 2, secondo schema.

6.2.1. Diritti fondamentali

Come prima considerazione, è pacifico che la procura europea dovrebbe agire nel pieno rispetto dei diritti fondamentali, quali sono garantiti segnatamente dall'articolo 6 del trattato UE, dalla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Questi principi comprendono in particolare il diritto di proprietà, il rispetto della vita privata e la segretezza della corrispondenza delle comunicazioni.

La procura europea dovrebbe altresì agire in conformità dei trattati, e più in particolare del protocollo sui privilegi e sulle immunità, nel rispetto dello Statuto dei funzionari e altri agenti delle Comunità europee.

6.2.1.1. Diritti della difesa e tutela dell'imputato

Benché non sia possibile essere esaustivi, occorre sottolineare la rilevanza che assumono determinati principi generali nella fase preparatoria del processo, durante la quale la procura europea condurrebbe le indagini necessarie all'acclaramento della verità, raccogliendo qualsiasi elemento utile per istruire il caso. Le sue indagini verrebbero condotte assiduamente, a carico e a favore [106].

[106] Articolo 6, 1, della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e articolo 47, secondo comma della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (ragionevolezza dei termini).

Da quel momento in poi, gli atti compiuti dalla procura europea per incriminare l'imputato sarebbero soggetti al principio della presunzione d'innocenza [107], nonché al principio del procedimento contraddittorio. Quest'ultimo implica, ai sensi del libro verde, il diritto per le parti e i loro legali di accedere al fascicolo detenuto dalla procura europea. Esso implica altresì, per quel che riguarda più in particolare l'imputato, il rispetto dei diritti della difesa e soprattutto il diritto di esprimersi pienamente sui fatti che lo concernono [108]. L'azione della procura europea dovrebbe essere soggetta altresì al principio di equità e al rispetto del diritto a che le conclusioni possano essere fondate esclusivamente sugli elementi che hanno valore probante.

[107] Articolo 6, 2 della Convenzione e articolo 48, 1 della Carta suddette.

[108] Articolo 6, 3, della Convenzione e articolo 48, 2 della Carta suddette.

6.2.1.2. Diritto a non essere perseguito penalmente due volte per il medesimo reato

La carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riconosce, ai sensi dell'articolo 50, che «nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva, conformemente alla legge». Si tratta del cosiddetto principio «ne bis in idem», ampiamente riconosciuto da numerose convenzioni internazionali [109].

[109] Si vedano altresì le disposizioni dell'articolo 7 della convenzione 25 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, già citata, e dell'articolo 54 della convenzione d'applicazione di Schengen.

L'importanza di applicare questo principio all'azione della procura europea è fuor di dubbio. Sorge però il problema di stabilire da quale momento, nel corso della fase istruttoria, il principio trovi applicazione. La giurisprudenza su questo punto non è consolidata [110].

[110] Causa C 187/01 pendente dinanzi alla Corte di giustizia.

Ai fini della riflessione avviata nel quadro del presente libro verde, è tuttavia possibile formulare l'ipotesi seguente. La procura europea non dovrebbe poter avviare l'azione penale nei confronti di una persona già assolta o condannata da una sentenza penale definitiva per uno stesso reato. Essa dovrebbe però potersi accertare che si tratti effettivamente della stessa persona e dei medesimi fatti. Per questo si potrebbe immaginare che la procura europea possa ordinare un'indagine preliminare, che non costituisca l'avvio di un'azione penale affinché sia salvaguardato il principio «ne bis in idem». Qualora dall'indagine risulti che il caso è già passato in giudicato, la procura europea deve rinunciare all'azione penale. Il principio «ne bis in idem» dovrebbe valere altresì per altre decisioni definitive che ostano all'esercizio ulteriore dell'azione penale, quali il patteggiamento. Se però dall'inchiesta emerge che il caso è stato archiviato dalle autorità inquirenti nazionali per insufficienza di prove, la procura europea può procedere al proprio livello, purché disponga di elementi nuovi.

6.2.2. Avvio delle indagini e dell'azione penale

Le indagini potrebbero iniziare solo dopo l'avvio dell'azione penale, su istruzioni della procura europea. Questo avvio presupporrebbe che i fatti noti possano costituire, o quanto meno facciano sospettare, un reato comunitario di competenza della procura europea.

6.2.2.1. Obbligatorietà o discrezionalità dell'azione penale

Una volta riunite queste condizioni, sorge un interrogativo fondamentale: la procura europea avrebbe a quel punto la facoltà o l'obbligo di procedere* Il primo caso si configurerebbe come un sistema di «discrezionalità dell'azione penale»; nel secondo vi sarebbe invece «obbligatorietà dell'azione penale». I sistemi nazionali offrono risposte diverse, solitamente combinate.

Per quel che riguarda la procura europea, la scelta va operata a livello comunitario. La creazione di una procura europea deve permettere di potenziare e unificare la tutela degli interessi finanziari comunitari. Ciò implica, in linea di principio, un'azione penale uniforme nell'intero spazio giudiziario europeo, senza lasciare quindi margini di valutazione alla procura europea. L'indipendenza della procura europea trova inoltre un giusto contrappeso nell'applicazione senza fallo del diritto. La Commissione, per questi motivi, esprime una preferenza per un sistema di obbligatorietà dell'azione penale, temperato da una serie di eccezioni.

Una soluzione del genere dovrebbe risultare agevolata dal ravvicinamento in atto tra i vari sistemi nazionali. La combinazione tra i sistemi di obbligatorietà, da un lato, e di discrezionalità, dall'altro, è ormai la situazione generale negli Stati membri. I sistemi basati su considerazioni di opportunità sono soggetti a determinati condizioni, per esempio l'esigenza di motivare le decisioni di archiviazione e la possibilità di presentare ricorso avverso le decisioni. I sistemi basati sull'obbligatorietà, a loro volta, sono temperati da varie possibilità di archiviazione condizionale.

La procura europea, soggetta al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, dovrebbe avere la facoltà di archiviare, non solo per motivi tecnici [111] ma altresì per ragioni di opportunità, come quelle esposte qui di seguito.

[111] Si veda il 6.2.4.1 (archiviazione dell'azione penale o non luogo a procedere).

Innanzitutto, le eccezioni al principio di obbligatorietà potrebbero avere quale principale obiettivo quello di non intasare l'attività della procura europea con casi minori sotto il profilo della tutela degli interessi finanziari comunitari, in base all'adagio «de minimis non curat praetor». Per conseguire questo obiettivo si possono immaginare varie modalità. Si potrebbe per esempio prevedere un criterio, a discrezione del procuratore europeo e sotto il controllo delle giurisdizioni, di «scarsa gravità con riferimento agli interessi finanziari delle Comunità». In termini più precisi, si potrebbe fissare una soglia finanziaria, corrispondente all'ammontare del reato sotto il quale la procura europea sarebbe libera di procedere o no. Il primo metodo sembra quello più elastico; il secondo, più rigoroso, comporta il rischio di banalizzare illeciti per un ammontare che non superi la soglia, rischio che la discrezionalità del procuratore permetterebbe comunque di tenere sotto controllo.

In secondo luogo, si potrebbe prevedere di derogare al principio di obbligatorietà dell'azione penale in funzione dell'utilità dell'azione stessa sull'esito del processo. In particolare, si potrebbe lasciare alla procura europea la facoltà di procedere contro una medesima persona solo per una parte sufficiente dei capi di imputazione a suo carico. Questa disposizione potrebbe rivelarsi utile qualora le indagini già condotte su alcuni capi di imputazione risultassero sufficienti per ottenere una sentenza e si potesse ragionevolmente considerare che il proseguimento delle indagini non produrrebbe una modificazione significativa della sentenza finale.

Un terzo obiettivo che si potrebbe perseguire mediante una deroga al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale è quello di una maggiore efficacia nel recupero delle somme corrispondenti agli interessi finanziari lesi. Si tratta della tecnica del patteggiamento praticato in alcuni Stati membri, del quale vale la pena che si esamini almeno la praticabilità. In questa ipotesi l'imputato, a condizione di aver riparato il danno arrecato restituendo - d'accordo con l'ordinatore comunitario - i fondi irregolarmente percepiti o versando i diritti e le tasse elusi, avrebbe la possibilità di concludere con la procura europea un accordo sull'estinzione di qualsiasi azione penale, presente o futura. Mediante il pagamento spontaneo di una somma, l'imputato beneficerebbe della mancata pronuncia di una sentenza. Una possibilità del genere potrebbe rivelarsi utile qualora le prospettive di giungere a una condanna risultassero esigue. Essa può tuttavia ritenersi accettabile solo nel caso di reati per un importo finanziario modesto. In linea di massima, le condizioni del patteggiamento andrebbero concepite in modo da non costituire una scappatoia o da non provocare un'iniquità.

Quale che sia il motivo di eccezione all'esercizio dell'azione penale, si potrebbe sempre prevedere che nessuna eccezione sia ammessa in presenza di determinate aggravanti, che verrebbero definite rimandando alla legislazione nazionale.

Qualora la procura europea decidesse di non procedere, dovrebbe chiudere il fascicolo o, ove l'azione penale sia in corso, decidere l'archiviazione [112]. A questo punto, il fascicolo verrebbe trasmesso per informazione alle autorità nazionali responsabili dell'azione penale, alle quali spetterebbe valutare se un caso sfuggito all'obbligatorietà dell'azione penale a livello comunitario non abbia comunque rilievo sotto il profilo nazionale, per procedere eventualmente contro altri tipi di reato (si veda più oltre) [113]. Sempre nel rispetto del principio «ne bis in idem», ciò potrebbe applicarsi in particolare ove l'autore di un reato sia già noto ai servizi investigativi per aver commesso anche reati di rilevanza nazionale.

[112] Ibidem.

[113] Questa informazione a opera della procura europea va distinta dal rinvio alle autorità nazionali responsabili dell'azione penale per i casi comunitari che verrebbero loro affidati (si veda più avanti il 6.2.2.2 a).

Domanda n. 5 - La procura europea dovrebbe seguire il principio di obbligatorietà dell'azione penale come propone la Commissione o essere guidata da considerazioni di opportunità* Quali eccezioni dovrebbero essere previste in ciascuno dei casi*

6.2.2.2. Ripartizione dei casi tra la procura europea e le autorità nazionali responsabili dell'azione penale

Dato che le rispettive sfere di competenza sostanziale sono definite, è essenziale organizzare chiaramente la ripartizione dei casi nella pratica tra la procura europea e le autorità nazionali. Per una questione di coerenza, in quanto vanno limitati i casi in cui uno stesso comportamento forma oggetto di azioni penali parallele. Per economia di mezzi, nell'intento di limitare doppioni nell'uso delle risorse. Per rispetto della giustizia, giacché occorre evitare sia che si venga meno al principio «ne bis in idem» sia, all'opposto, che sorgano conflitti di competenza negativi, nei quali nessuno si reputa competente per procedere. Risolvere questo aspetto agevola inoltre la decisione successiva su chi debba rappresentare l'accusa dinanzi al giudice competente.

a) I casi comunitari

Il principio sotteso alla procura europea è che i reati definiti per la tutela degli interessi finanziari comunitari siano di sua competenza. Resta da stabilire in quale misura a questa competenza sostanziale debba corrispondere un'attribuzione esclusiva dei casi alla procura europea stessa oppure una ripartizione con le autorità nazionali.

All'esclusiva è da preferire il riconoscimento di un principio duplice per permettere alla procura europea di svolgere il proprio ruolo: l'obbligo di adirla sistematicamente, nonché la supremazia di tale obbligo. Innanzitutto, come esposto in precedenza, la procura dovrebbe essere adita sistematicamente ove ricorrano elementi che consentano di stabilire il collegamento con un reato ai danni degli interessi finanziari comunitari. In secondo luogo, una volta che essa sia stata investita di un caso, le autorità inquirenti nazionali dovrebbero essere logicamente dichiarate incompetenti, applicando la regola «ne bis in idem» alla fase istruttoria.

Fermo restando il duplice principio dell'obbligo di adire sistematicamente la procura europea e della primazia della sua azione sull'azione penale a livello nazionale, i casi comunitari potrebbero formare oggetto di una ripartizione tra la procura europea e le autorità responsabili dell'azione penale nazionale. In virtù del principio di sussidiarietà, infatti, determinati casi relativi alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità potrebbero essere affidati alle autorità nazionali:

- in applicazione di una soglia fissata a priori dal legislatore, espressa per esempio come importo del reato; la procura europea verrebbe però tenuta al corrente, per poter continuare ad avere un quadro complessivo dei crimini commessi;

- in base a una facoltà della procura europea di rinvio alle autorità inquirenti nazionali; questo potere potrebbe essere adattato in funzione dell'esperienza pratica, in base a determinati orientamenti, e prevedere per esempio il rinvio sistematico qualora un caso sia circoscritto al territorio di un unico Stato membro;

- in tutti i casi, in applicazione di una delle eccezioni evocate in precedenza al principio di obbligatorietà dell'azione penale, tranne in caso di patteggiamento.

b) I casi misti

Diversa è la problematica dei casi misti, nei quali intervengono sia un reato comunitario sia un reato nazionale. Al riguardo, è necessario stabilire in quale modo verranno trattati i casi che richiedono l'intervento della procura europea, ma travalicano la sua sfera di competenza.

Questa tipologia mista è alquanto diffusa nella pratica, in quanto la massima parte dei fondi europei vengono versati alle autorità nazionali e da queste gestiti.

Gli esempi di casi misti sono numerosi, come la distrazione di un aiuto comunitario mediante la corruzione di un agente nazionale o ancora il contrabbando di una merce, che permette di eludere al tempo stesso i diritti d'accisa (entrate nazionali), l'IVA e i dazi doganali (risorse proprie).

Il caso più semplice è quello in cui i reati, e di conseguenza l'azione penale, possono essere scissi. La procura europea, informata o adita per la totalità dei fatti, si limiterebbe a procedere per il reato comunitario, rinviando il resto alle autorità nazionali.

Tuttavia, l'intreccio può essere più complesso ove si presentino veri e propri casi misti. Si possono distinguere due casi di specie: a) un medesimo comportamento ricade sotto due fattispecie di reato, nazionale e comunitaria, riguardanti un medesimo interesse da tutelare; b) due comportamenti connessi (ovvero distinti ma strettamente collegati) corrispondono rispettivamente a due reati penali, nazionale e comunitario. In entrambi i casi, concentrare l'azione può presentare un interesse operativo.

I casi misti non potrebbero essere trattati solo dalle autorità nazionali responsabili dell'azione penale, perché in tal modo si vanificherebbe la funzione della procura europea. L'istituzione di procuratori europei delegati, in particolare nell'ipotesi in cui essi cumulino funzioni europee e nazionali, dovrebbe agevolare il trattamento di casi del genere, come pure - per quanto di sua competenza - la creazione dell'unità Eurojust [114]. Resta nondimeno il problema di limitare i rischi di conflitto tra le politiche criminali comunitaria e nazionale o ancora tra la procedura comunitaria, d'applicazione nei confronti del reato comunitario, e la procedura nazionale che si applica al reato nazionale.

[114] Si veda più oltre il 7.2.1 (Eurojust).

c) L'organizzazione del dialogo tra la procura europea e le autorità nazionali responsabili dell'azione penale

Per risolvere il problema testé evocato, oltre che per considerazioni più generali, sarebbe opportuno organizzare un meccanismo di consultazioni tra la procura europea e le autorità nazionali, il quale, con le esperienze mano a mano accumulate, progressivamente consoliderebbe in legami di reciproca fiducia. L'instaurazione dell'obbligo di adire la procura europea, che incombe in particolare alle autorità nazionali responsabili dell'azione penale, dovrebbe costituire il fondamento di questo dialogo [115]. Il dialogo tra procura europea e procure nazionali dovrebbe essere soggetto al principio del pieno rispetto della certezza del diritto. In ogni caso, i procuratori europei delegati potrebbero accedere ai casellari giudiziari [116].

[115] Si veda altresì l'articolo 18- 5 CJ. Contrariamente all'obbligo di cooperazione degli Stati, nella fase delle indagini, con i procuratori delle giurisdizioni penali internazionali di più recente istituzione (articolo 29 dello statuto del TPIY; articolo 28 dello statuto del TPIR; articolo 93 dello statuto della CPI), in questo caso l'assistenza tra la procura europea e le autorità inquirenti nazionali sarebbe di tipo diretto.

[116] Si veda inoltre il Titolo VI, "Registro relativo all'azione penale per frode", del progetto presentato dalla Commissione al Consiglio per l'adozione del protocollo 19.6.1997 alla convenzione 26.7.1995 (GU C 83 del 20.3.1996, pag. 10).

Tenuto conto dell'obbligo di adire la procura europea per qualsiasi caso che investa gli interessi finanziari comunitari, spetterebbe poi eventualmente alla procura decidere di demandare alle autorità nazionali i reati che ledono "principalmente" interessi nazionali [117]. Per precisare come vada interpretato il termine "principalmente", il legislatore comunitario potrebbe fissare criteri più precisi e la procura europea potrebbe definire degli orientamenti, i quali dovrebbero tener conto dei principi di primazia del diritto comunitario su quello nazionale e di prevalenza della lex specialis sulla legge generale.

[117] Si veda altresì l'articolo 19 CJ.

Viceversa, nei casi in cui la procura europea non demanda il caso misto alle autorità nazionali, essa potrebbe ricorrere a un dispositivo di azione penale comune, che associ il procuratore europeo delegato e le autorità nazionali, sotto la guida della procura europea.

In ogni caso, non appena uno dei livelli dell'azione penale, nazionale o comunitario, dovesse trasferire all'altro un caso misto nella sua integralità, il secondo dovrebbe esercitare l'azione penale tenendo conto dell'esigenza di tutelare altresì gli interessi del primo.

In ultima analisi, se giurisdizioni diverse dovessero essere adite in parallelo, sarebbe opportuno ricorrere a un meccanismo di composizione dei conflitti di competenza dinanzi alla Corte di giustizia, come verrà esposto più avanti [118].

[118] Si veda segnatamente l'articolo 28- 1 CJ e il capitolo 8 del presente libro verde (controllo giurisdizionale).

Domanda n. 6 - Tenuto conto delle ipotesi tratteggiate nel presente libro verde, come andrebbero ripartite le attribuzioni tra la procura europea e le autorità inquirenti nazionali, in particolare per consentire il trattamento dei casi misti*

6.2.3. Conduzione delle indagini

6.2.3.1. Provvedimenti istruttori

Nella sfera di sua competenza, alla procura europea spetterebbe dirigere e coordinare le indagini. In virtù della presunzione di innocenza essa sarebbe tenuta a fornire la prova della colpevolezza dell'accusato, istruendo a carico e a favore. Essendo competente per reati che possono essere gravi, sembra legittimo che, nei limiti del necessario, la procura europea possa avvalersi dell'intera gamma dei provvedimenti istruttori previsti a livello nazionale per contrastare le forme di criminalità finanziaria [119].

[119] Ai sensi del presente libro verde, il termine "provvedimenti investigativi" designa una categoria generale di singoli "atti di indagine".

A tal fine, si può immaginare che la procura europea abbia la facoltà, sotto il controllo di un giudice qualora siano in causa diritti fondamentali, di riunire e acquisire qualsiasi informazione utile, di sentire testimoni e interrogare sospetti, di costringere questi ultimi a comparire, di procedere a perquisizioni o a misure di sequestro - anche della corrispondenza -, di congelare beni, di ricorrere a intercettazioni telefoniche e di altre forme di comunicazione che si avvalgono delle più recenti tecnologie informatiche, di usare tecniche investigative speciali, utili in campo finanziario e ammesse dal diritto convenzionale [120] (operazioni di infiltrazione, consegne controllate), di chiedere un mandato d'arresto, la libertà vigilata o ancora la custodia cautelare.

[120] Convenzione 18.12.1997 relativa alla mutua assistenza e alla cooperazione tra le amministrazioni doganali (Napoli II); convenzione 29.5.2000 relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea (GU C 197 del 12.7.2000, pag. 1).

In proposito il presente libro verde dovrebbe offrire il quadro per approfondire la riflessione sulla garanzia giurisdizionale nella fase istruttoria del processo e su quale sia il livello più consono, quello nazionale o eventualmente quello europeo, per disciplinare e controllare provvedimenti del genere.

La procura europea non sarebbe in grado di funzionare se dovesse ricorrere a provvedimenti coercitivi definiti esclusivamente a livello nazionale e senza reciproco riconoscimento. In un'ipotesi del genere, il sistema delle rogatorie internazionali e le pratiche per le richieste di estradizione determinerebbero una compartimentazione. Ne risulterebbe notevolmente svilita la consistenza dello spazio comune di indagine e di azione penale.

D'altro canto, occorre evitare una "codificazione penale europea", che non sembra proporzionata all'obiettivo perseguito. In definitiva si tratta solo di rendere efficace l'azione penale contro reati lesivi degli interessi finanziari comunitari, non già di creare un intero sistema giudiziario europeo.

Il reciproco riconoscimento dei provvedimenti coercitivi nazionali potrebbe bastare al funzionamento della procura europea, purché esista un fondamento comune di sufficiente ampiezza tra gli Stati membri. In proposito, oltre al fatto che ciascun paese è tenuto a rispettare i diritti fondamentali, gli strumenti adottati o in via di elaborazione nel quadro del terzo pilastro (congelamento dei beni [121], trasferimento temporaneo a fini istruttori di persone detenute, audizione in videoconferenza o teleconferenza, consegne sorvegliate, intercettazione delle telecomunicazioni [122], mandato d'arresto europeo [123]...) inducono a ritenere che questo fondamento si stia consolidando, anche se è troppo presto per pronunciarsi sul suo contenuto preciso.

[121] Iniziativa dei governi della Repubblica francese, del Regno di Svezia e del Regno del Belgio volta a far adottare al Consiglio una decisione-quadro relativa all'esecuzione nell'Unione europea delle decisioni di congelamento dei beni o delle prove (GU C 75 del 7.3.2001, pag. 3.).

[122] Convenzione 29.5.2000.

[123] COM(2001)522.

Il reciproco riconoscimento automatico da parte degli Stati membri dei provvedimenti coercitivi posti in essere dalla procura europea sotto il controllo del tribunale nazionale della libertà permetterebbe di superare i limiti delle rogatorie internazionali e delle procedure di estradizione, in quanto conferirebbe a tali provvedimenti una validità sull'intero territorio delle Comunità, entro uno spazio comune.

Più in particolare, con riferimento ai provvedimenti investigativi nazionali, di cui si avvarrebbe la procura europea - si vedano più oltre i punti b) e c) -, il reciproco riconoscimento significherebbe che in caso di esecuzione in uno Stato membro di un atto istruttorio autorizzato dal tribunale della libertà di un altro Stato membro, la procura europea non sarebbe tenuta a chiedere una nuova autorizzazione.

Un esempio emblematico può essere quello della perquisizione di tre filiali di una stessa impresa, ubicata negli Stati membri A, B, e C. (Supponiamo che, nel caso di specie, la perquisizione dell'impresa sia soggetta all'autorizzazione preventiva di un giudice solo nei primi due Stati membri, in applicazione delle rispettive legislazioni nazionali). La procura europea potrebbe chiedere l'autorizzazione a perquisire presso il tribunale della libertà dello Stato membro A, fondarsi su di essa anche nello Stato membro B - senza una seconda autorizzazione - e procedere in tal modo alle perquisizioni simultaneamente nelle tre filiali in A, B e C.

Inoltre, interverrebbe l'idea di una reciproca ammissibilità, con riferimento alle prove raccolte mediante questi atti istruttori, come esposto più avanti [124].

[124] Si veda il 6.3.4 (disciplina delle prove).

Per quel che riguarda invece provvedimenti investigativi comunitari, vale a dire gli atti della procura europea - descritti qui di seguito al punto a) -, essi avrebbero la stessa portata giuridica nell'intero spazio comune d'indagine e d'azione penale, per la loro stessa natura comunitaria.

a) I provvedimenti istruttori comunitari a discrezione della procura europea: raccolta o sequestro di informazioni, audizione o interrogatorio di persone...

I provvedimenti istruttori comunitari posti in essere dalla procura europea non richiedono alcun potere coercitivo: copia o sequestro di informazioni, audizione di testimoni o interrogatorio di un imputato consenziente. Essi dovrebbero quindi essere lasciati alla discrezionalità del procuratore. Sorge il problema di stabilire se non sarebbe opportuno includervi anche ispezioni presso le imprese, per le quali non in tutti gli Stati membri è necessaria l'autorizzazione di un giudice.

Ad ogni buon conto, questi provvedimenti dovrebbero essere regolamentati da una procedura precisa, fissata a livello comunitario. A tale scopo, andrebbero pienamente garantiti i diritti della difesa. I diritti dell'imputato potrebbero ricalcare le disposizioni previste dagli statuti delle giurisdizioni penali internazionali di più recente istituzione, nell'intento di tutelare l'imputato: assistenza di un legale, traduzione, facoltà di non rispondere, diritto di non riconoscersi colpevole, informazione preventiva sui propri diritti (uso delle sue dichiarazioni come prove, notificazione dei capi d'imputazione...).

b) I provvedimenti istruttori soggetti al controllo del tribunale della libertà: comparizione forzata, perquisizione del domicilio, sequestro, congelamento dei beni, intercettazione delle comunicazioni, operazioni di infiltrazione, consegne controllate o sorvegliate...

La procura europea dovrebbe poter ricorrere altresì a provvedimenti coercitivi validi ed eseguibili nello spazio comunitario di indagine e di azione penale. Questi atti dovrebbero tuttavia essere soggetti al controllo del tribunale della libertà o di un altro giudice nazionale [125]. Essi verrebbero quindi eseguiti sotto la direzione della procura europea, dalle autorità competenti [126].

[125] Si veda il 6.4 (garanzia delle libertà ad opera del giudice).

[126] Si veda il 6.2.3.2. (relazioni di lavoro con i servizi investigativi nazionali) e 7.3. (ruolo futuro dell'OLAF).

Il diritto nazionale applicabile, in sede di autorizzazione, sarebbe quello dello Stato membro del tribunale della libertà, invece di quello dello Stato membro in cui avviene l'atto istruttorio, in sede di esecuzione - sempreché si tratti di uno Stato membro diverso. Tra gli Stati membri, l'autorizzazione dovrebbe essere reciprocamente riconosciuta e le prove legalmente raccolte su questa base dovrebbero essere reciprocamente ammissibili.

Preventivamente è opportuno accertarsi che il diritto interno dei singoli Stati membri contempli la possibilità dei medesimi provvedimenti coercitivi. Il reciproco riconoscimento presuppone che esista un minimo di omogeneità tra le disposizioni nazionali relative ai provvedimenti istruttori. Non si tratta di armonizzare le varie normative nazionali in materia, ma di accertare l'esistenza in ciascuno Stato membro almeno di una normativa che disciplini i provvedimenti istruttori ai quali la procura europea potrebbe ricorrere. Per esempio, affinché sia lecito prevedere nel diritto comunitario derivato la possibilità per la procura europea di avvalersi dell'intercettazione delle comunicazioni, è necessario quantomeno che ciascuno Stato membro disponga di una legislazione su questa materia.

Per quel che riguarda le modalità di autorizzazione da parte del tribunale della libertà (autorizzazione preventiva a o posteriori, procedura normale o di urgenza, ecc.), esse saranno conformi al diritto nazionale invocato. Il reciproco riconoscimento si applicherebbe alla forma, non al principio stesso del controllo da parte del tribunale nazionale della libertà.

Nell'esempio precedente, si potrebbe immaginare che l'autorizzazione ottenuta dal tribunale della libertà nello Stato membro A sia stata concessa con una procedura semplificata, che non esiste nello Stato membro B, ma che in virtù del reciproco riconoscimento verrebbe tuttavia riconosciuta. La procura europea non potrebbe invece esimersi da qualsiasi forma di autorizzazione negli Stati membri A e B, per il solo fatto che lo Stato membro C autorizza, sul proprio territorio, la perquisizione di un'impresa senza l'autorizzazione di un giudice.

c) I provvedimenti istruttori emessi dal tribunale della libertà, su richiesta della procura europea: mandato d'arresto, libertà vigilata o custodia cautelare.

Quanto appena illustrato varrebbe a fortiori per i provvedimenti istruttori restrittivi o privativi della libertà. Questi ultimi, tuttavia, contrariamente ai provvedimenti precedenti, verrebbero eseguiti mediante atti, non già della procura europea, ma del tribunale della libertà, data la gravità dei loro effetti.

Per ottenere l'emissione di un mandato d'arresto, un provvedimento di libertà vigilata o di custodia cautelare, la procura europea dovrebbe pertanto farne richiesta al giudice.

In particolare, la Commissione è del parere che la procura europea dovrebbe poter chiedere a qualsiasi autorità giudiziaria nazionale competente un mandato d'arresto, alle condizioni previste - mutatis mutandis - dalle disposizioni della proposta della Commissione di decisione-quadro sul mandato d'arresto europeo [127].

[127] COM(2001)522.

Quest'ultimo, eseguibile nell'intero spazio comune di indagine e di azione penale, permetterebbe alla procura europea di chiedere che venga ricercata, arrestata e consegnata la persona individuata, in base a fondati sospetti di coinvolgimento in un reato presunto. Ciascun mandato d'arresto europeo dovrebbe formare oggetto di una menzione nel Sistema di informazione Schengen (SIS). Al fine di tutelare i propri diritti, la persona arrestata potrebbe impugnare il mandato di arresto dinanzi al tribunale della libertà dello Stato membro di esecuzione.

Il mandato d'arresto europeo renderebbe superata la procedura di estradizione nelle materie di competenza della procura europea. Segnatamente non dovrebbero più trovare applicazione in quest'ambito i principi di duplice incriminazione e di rifiuto di estradare cittadini del proprio paese. Questa evoluzione si inquadra nello spirito delle conclusioni di Tampere che mirano a ridurre i casi di ricorso all'estradizione e a mettere a punto un titolo esecutorio europeo [128].

[128] Conclusioni nn. 35 e 37.

Domanda n. 7 - L'elenco dei provvedimenti istruttori di cui la procura europea si potrebbe avvalere vi sembra sufficiente, in particolare per superare il frazionamento dello spazio penale europeo* Quale disciplina (diritto applicabile, controllo - si veda il 6.4) va prevista per provvedimenti del genere*

6.2.3.2. Relazioni di lavoro coi servizi investigativi nazionali

La proposta di creare una procura europea non implica l'istituzione di un apparato giudiziario a livello comunitario per eseguire i vari atti istruttori necessari negli Stati membri [129]. La procura europea dovrebbe poter fare affidamento sui servizi investigativi nazionali - forze di polizia e personale giudiziario - eventualmente costituiti in squadre investigative comuni [130], per la concreta esecuzione degli atti autorizzati o ordinati dal tribunale della libertà [131].

[129] Si veda il 7.3 per quel che riguarda l'aspetto più specifico degli atti istruttori all'interno delle istituzioni comunitarie.

[130] Articolo 13 della citata convenzione 29.5.2000, relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale.

[131] Benché ciò esuli dall'oggetto del presente libro verde, vale la pena di rilevare che in determinati casi, rigorosamente limitati in virtù del principio di sussidiarietà, l'esistenza di poteri investigativi esercitati a livello europeo potrebbe accrescere l'efficacia della procura europea. Si tratta in particolare di casi transnazionali che coinvolgono le spese dirette (spese gestite dalle Comunità, senza passare per le amministrazioni degli Stati membri), per esempio ove i coappaltatori e subappaltatori della Commissione in causa siano ubicati in più Stati membri. Si veda anche più oltre il 7.3 (ruolo futuro dell'OLAF).

Le loro relazioni potrebbero essere impostate secondo varie modalità.

In una prima ipotesi, la procura europea verrebbe abilitata a impartire istruzioni direttamente, nel quadro dell'esercizio delle proprie funzioni, ai servizi investigativi degli Stati membri.

Una seconda ipotesi potrebbe contemplare un più generale obbligo di assistenza da parte dei servizi nazionali nei confronti della procura europea. Quest'ultima avrebbe la facoltà di chiedere per esempio l'aiuto della polizia dello Stato membro interessato per procedere a una perquisizione, e la polizia non potrebbe rifiutare di accedere a tale richiesta.

In una terza ipotesi, in ciascuno Stato membro ci si dovrebbe conformare al sistema di relazioni vigente tra autorità nazionali responsabili dell'azione penale e autorità investigative.

A mo' d'esempio, in quest'ultima ipotesi il procuratore europeo delegato di uno Stato membro A potrebbe chiedere direttamente l'ausilio della polizia alla stregua di qualsiasi procuratore nazionale in quel paese, mentre in uno Stato membro B, nel quale le autorità responsabili dell'azione penale non dispongono del potere di impartire istruzioni alla polizia, quest'ultima riceverebbe solo suggerimenti dal procuratore europeo delegato.

La preferenza della Commissione va piuttosto a questa terza soluzione, purché la libertà di organizzazione interna che essa rispetterebbe non rimetta in causa i principi comunitari di efficacia e di equivalenza. I procuratori europei delegati disporrebbero in tal caso nei confronti delle autorità investigative nazionali di poteri identici a quelli delle autorità nazionali responsabili dell'azione penale.

Domanda n. 8 - Quali soluzioni si possono prospettare per garantire l'esecuzione degli atti istruttori richiesti dalla procura europea*

6.2.4. Esito dell'azione penale

6.2.4.1. Archiviazione o non luogo a procedere

Qualora rinunci a procedere, la procura europea dovrebbe adottare una decisione formale di archiviazione o di non luogo a procedere. In tutti i casi, ciò dovrebbe essere possibile in ogni momento della fase istruttoria. In qualunque momento, anche nella fase istruttoria, può inoltre intervenire una causa di estinzione dell'azione penale, del tutto indipendente dalla volontà del procuratore europeo [132].

[132] Si veda il 6.3.5 (cause di estinzione dell'azione penale)

Si è già evocato [133] che la procura europea può decidere di archiviare un fascicolo in applicazione di una delle eccezioni al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, nel qual caso la decisione interverrebbe senza che l'azione penale sia stata neppure necessariamente avviata.

[133] Si veda il 6.2.2.1 (obbligatorietà o discrezionalità dell'azione penale).

La procura europea può essere indotta altresì a prendere una decisione di archiviazione o di non luogo a procedere mentre l'azione penale è in corso.

- Ciò sarebbe un atto dovuto per qualsiasi causa di estinzione dell'azione penale: scadenza dei termini di prescrizione [134], decesso o scomparsa dell'autore dei fatti, o ancora provvedimento nazionale generale, come l'adozione di un'amnistia o di un atto di clemenza.

[134] Si veda il 5.5 (regimi di prescrizione).

- L'archiviazione dovrebbe inoltre essere possibile in una serie di casi espressamente previsti: il fatto non costituisce reato, insufficienza di prove oppure l'autore dei fatti resta ignoto.

La forma di questa decisione dovrebbe essere determinata secondo una procedura comunitaria. Si potrebbe prevedere per il procuratore europeo l'obbligo di motivare la propria decisione. Essa verrebbe notificata all'imputato, alla vittima - nella fattispecie la Commissione che rappresenta le Comunità - e alle autorità nazionali preposte all'azione penale, nel quadro del dialogo evocato in precedenza.

Come già esposto, sempreché il principio "ne bis in idem" lo consenta, la decisione discrezionale del procuratore europeo di archiviare un fascicolo non impedirebbe alle autorità nazionali la possibilità di avviare a loro volta l'azione penale per reati di rilevanza nazionale [135]. Resta da valutare invece quali conseguenze avrebbe per queste ultime la decisione della procura europea di archiviare l'azione penale al termine della procedura. Potrebbe essere logico prevedere che, ove emerga un fatto nuovo, le autorità nazionali ne informino la procura europea.

[135] Si veda il 6.2.2.2 b) e c) (ripartizione dei casi tra la procura europea e le autorità nazionali responsabili dell'azione penale).

6.2.4.2. Rinvio a giudizio

Al termine della fase delle indagini, l'altra possibilità è che la procura europea decida un rinvio a giudizio. Per optare a favore di questa scelta, dopo aver proceduto con imparzialità e diligenza, essa dovrebbe aver acquisito elementi di prova sufficienti per sostenere che l'imputato ha commesso un reato che ricade nella sua sfera di competenza. Tenuto conto delle prove a carico raccolte, in questo caso una condanna dovrebbe risultare più probabile di un'assoluzione.

Per quel che riguarda gli adempimenti formali per il rinvio a giudizio, spetterebbe al procuratore europeo delegato competente conformarsi a tutte le esigenze fissate dalla procedura penale nazionale. In genere, nei sistemi penali, un atto d'accusa precisa l'identità dell'imputato, i fatti e gli elementi addotti a suo carico [136]. La forma, il contenuto e il controllo dell'atto a opera del giudice sarebbero determinati interamente dal diritto nazionale [137]. Lo stesso vale per l'intera fase processuale.

[136] Si veda per esempio l'articolo 58, 3 dello statuto della Corte penale internazionale.

[137] Si veda il 6.4 (giudice del rinvio a giudizio).

Domanda n. 9 - In quali condizioni la procura europea dovrebbe poter prendere una decisione di archiviazione o di rinvio a giudizio*

6.3. Fase di giudizio

Ai sensi dell'articolo 280 bis CE proposto dalla Commissione, il procuratore europeo sarebbe "incaricato [...] di esercitare dinanzi ai tribunali competenti degli Stati membri l'azione penale relativa [ai reati che ledono gli interessi finanziari della Comunità], nel quadro delle regole" fissate dal legislatore comunitario [138].

[138] Si veda l'allegato 2, terzo schema.

6.3.1. Scelta dello Stato membro di rinvio a giudizio

Per i casi complessi che coinvolgono più Stati membri, la procura europea dovrebbe determinare in quale o in quali di questi Stati sia opportuno chiedere il rinvio a giudizio.

Anche quando la citata convenzione 25 luglio 1995 e i relativi protocolli saranno stati ratificati [139], la competenza per giudicare uno stesso caso di reato ai danni degli interessi finanziari comunitari potrà sempre essere rivendicata da più Stati membri. I criteri di competenza giurisdizionale adottati dagli Stati dell'Unione nel quadro del terzo pilastro mirano principalmente a garantire che esista sempre almeno uno Stato membro competente per giudicare i reati definiti [140]. Questi criteri non determinano però uno Stato membro unico che la procura europea potrebbe scegliere automaticamente per il rinvio a giudizio.

[139] La citata proposta di direttiva del 23.5.2001 non riprende le disposizioni della convenzione e dei relativi protocolli che rientrano nel quadro dell'eccezione di cui all'articolo 280 CE, 4, circa l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri. Queste disposizioni entreranno in vigore solo dopo la loro ratifica da parte di tutti gli Stati membri.

[140] Articolo 4 della convenzione 25.7.1995 e articolo 6 del suo protocollo aggiuntivo del 27.9.1996.

Il principio di direzione centralizzata dell'azione penale porta logicamente a lasciare alla procura europea la scelta, tra gli Stati membri competenti in base agli strumenti convenzionali, quello di rinvio a giudizio. In tal modo si eviterebbe qualsiasi conflitto positivo di competenze, con una situazione in cui più Stati membri conducono ognuno il proprio processo. Ecco perché la procura europea dovrebbe poter concentrare il rinvio a giudizio in un unico Stato membro. Essa dovrebbe altresì scindere l'azione penale per rinviare a giudizio parti distinte di un caso complesso nel necessario numero di Stati membri. Le due possibilità dovrebbero poter essere combinate.

La scelta tuttavia dello Stato membro di rinvio a giudizio, all'interno di uno spazio giudiziario parzialmente armonizzato, non è neutra, in quanto determina non solo il regime linguistico, la fattibilità pratica del processo (audizione dei testimoni, trasporti in loco...) o il tribunale competente, ma altresì, al di là di un fondamento giuridico comune, il diritto nazionale applicabile. Per questo sono essenziali due aspetti, ovvero i criteri per la scelta dello Stato membro di rinvio a giudizio e il controllo della stessa.

Questa scelta dovrebbe essere improntata a determinati criteri, pur lasciando un margine discrezionale alla procura europea per tener conto delle esigenze legate al caso. Questi criteri, che spetterebbe al legislatore comunitario fissare, potrebbero essere in particolare il luogo in cui viene commessa l'infrazione, la nazionalità dell'imputato, il suo luogo di residenza (per le persone fisiche), oppure la sede o il luogo di stabilimento (per le persone giuridiche), il luogo in cui si trovano le prove o ancora quello in cui l'imputato è detenuto. In ogni caso, la scelta di un tribunale nazionale della libertà nella fase istruttoria non dovrebbe determinare a priori lo Stato membro di rinvio a giudizio [141].

[141] Si veda il 6.4 (garanzia dell'intervento di un giudice).

Questi criteri dovrebbero essere ponderati, giacché uno stesso criterio può designare vari luoghi. Anziché stabilire tra essi un ordine gerarchico, si dovrebbe combinarli alla stregua di un fascio di indizi. Per principio andrebbe stabilito un nesso tra il reato commesso e la giurisdizione scelta, lasciando però un margine di flessibilità alla procura europea, che dovrebbe scegliere il foro che sembra più consono a una buona amministrazione della giustizia [142].

[142] Il concetto di buona amministrazione della giustizia contribuisce all'applicazione dei principi di ragionevolezza dei termini, equità ed efficacia del processo.

Quanto al problema del controllo della scelta dello Stato membro di rinvio a giudizio, secondo una prima ipotesi è possibile lasciare alla procura europea l'intera responsabilità di scegliere tale Stato membro. Il principio di reciproco riconoscimento si fonda ormai, all'interno dell'Unione europea, su una fiducia nei confronti di tutti i sistemi giudiziari nazionali. Questi ultimi sono basati su un saldo fondamento di principi comuni, tra i quali figurano in particolare, oltre alla norma "non bis in idem" - applicata questa volta alla fase processuale -, i principi di legalità, di non retroattività e di proporzionalità tra i delitti e le pene [143].

[143] Articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e articolo 7 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

I fondamenti di un dibattimento contraddittorio sono accolti da tutti gli Stati membri. Tutti riconoscono il diritto di «ricorso effettivo dinanzi a un giudice [...] indipendente e imparziale» [144], preventivamente stabilito dalla legge. Ai diritti fondamentali rammentati in precedenza per la fase istruttoria, si aggiungono, nella fase di giudizio vera e propria, in particolare i principi del dubbio a vantaggio dell'imputato e del grado di certezza - oltre ogni ragionevole dubbio - necessario per pronunciare una condanna.

[144] Articolo 47, primo e secondo comma della Carta e articolo 6, 1 della Convenzione suddette.

I diritti dell'imputato, della vittima e dei testimoni sono garantiti in tutti i sistemi nazionali, i quali sanciscono in particolare la facoltà di non rispondere per non contribuire a farsi mettere sotto accusa [145], nonché il diritto di farsi consigliare, difendere e rappresentare [146].

[145] Il diritto di non contribuire alla propria incriminazione presuppone in particolare che la procura europea non ricorra a elementi di prova ottenuti con la forza o le pressioni, in spregio della volontà dell'imputato (Corte europea dei diritti dell'uomo, causa Funke c/ Francia, 25.2.1993, 44). La procura europea potrebbe tuttavia servirsi di dati esistenti a prescindere dalla volontà del sospetto, ottenuti mediante l'esercizio di poteri coercitivi (Corte europea dei diritti dell'uomo, causa Saunders c/ Regno Unito, 17.12.1996, 69).

[146] Articolo 47, secondo comma della Carta dei diritti fondamentali e articolo 6, 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.

Tuttavia, alcuni argomenti possono deporre a favore di un controllo sulla scelta dello Stato membro di rinvio a giudizio. Anche se il diritto penale generale non è totalmente armonizzato e la procura europea deve beneficiare di un indispensabile margine di valutazione, non per questo essa deve procedere a una selezione abusiva del foro, ovvero evitare sistematicamente di rinviare a giudizio negli Stati membri il cui sistema giudiziario le sembri meno praticabile. Di conseguenza, se si reputasse necessario esercitare un controllo sulla scelta del foro, esso potrebbe essere affidato solo a un giudice.

Nella seconda ipotesi, pertanto, la scelta dello Stato membro di rinvio a giudizio operata dalla procura europea viene controllata da un giudice nazionale. Il giudice cui spetta controllare l'atto d'accusa, eserciterebbe naturalmente un controllo della legalità sotto il profilo del diritto nazionale, in particolare per quanto di sua competenza. Ci si può chiedere se sarebbe opportuno allargare questo controllo all'errore manifesto nella scelta dello Stato membro di rinvio a giudizio, sotto il profilo del diritto comunitario (in base ai criteri suddetti). Anche senza conferire al giudice nazionale il potere di censurare la scelta discrezionale del foro da parte della procura europea, in via del tutto ipotetica il controllo dell'abuso o dell'errore manifesto potrebbe indirettamente permettere che uno stesso caso venga ricusato, interamente o in parte, da uno o più Stati membri. I criteri di competenza giurisdizionale desunti dalla convenzione 25 luglio 1995, in teoria dovrebbero rendere impossibile una situazione del genere. Con questa seconda ipotesi, è tuttavia possibile prevedere in pratica alcuni casi in cui verrà declinata la competenza e si potrà arrivare fino a conflitti negativi di competenza. Tali casi potrebbero essere risolti da una giurisdizione a livello comunitario, che allo stato può essere soltanto la Corte di giustizia [147].

[147] Si veda il 8 (controllo giurisdizionale).

Potrebbe esistere una terza ipotesi, che però travalicherebbe l'intento della proposta della Commissione: creare una giurisdizione speciale a livello comunitario, per controllare la scelta ad opera della procura europea dello Stato membro di rinvio a giudizio. Essa viene comunque discussa più oltre, in connessione con il problema del controllo dell'atto di rinvio a giudizio medesimo, al fine di offrire tutti gli elementi per una discussione approfondita [148].

[148] Si veda il 6.4.3 (designazione del giudice che controlla il rinvio a giudizio).

Domanda n. 10 - Secondo quali criteri scegliere lo o gli Stati membri di rinvio a giudizio* È necessario controllare la scelta al riguardo della procura europea* In caso affermativo, a chi andrebbe affidato questo controllo*

6.3.2. Esercizio dell'azione penale

Il compito di esercitare l'azione penale dinanzi alle giurisdizioni nazionali, e in conformità del diritto nazionale, spetterebbe alla procura europea.

La proposta della Commissione, non solo non implica la creazione di una giurisdizione europea, ma non presuppone neppure l'istituzione di un'azione penale europea in senso proprio. Essa è inoltre perfettamente neutra rispetto all'organizzazione della magistratura giudicante. Naturalmente la complessità delle inchieste finanziarie e transnazionali può far sorgere un dubbio circa la perfetta idoneità di giudici non togati a pronunciare una sentenza [149]. La Commissione reputa tuttavia che questo aspetto vada regolato dai singoli Stati membri in conformità del principio di sussidiarietà.

[149] Si veda in particolare l'evoluzione nella redazione dell'articolo 26, 1.

La procura europea, vale a dire in pratica il procuratore europeo delegato nello Stato membro di rinvio a giudizio, eserciterebbe l'azione penale conformemente all'ordinamento giudiziario e alle procedure nazionali. Benché infatti le fonti del diritto di procedura penale varino da uno Stato membro all'altro, le differenze tra gli Stati membri sono molto inferiori nella fase di giudizio rispetto alla fase istruttoria.

L'esigenza di una direzione centralizzata, per motivi di efficienza, non riguarda quindi la fase di giudizio. In linea di massima resterebbe d'applicazione il diritto nazionale, salvo alcuni emendamenti circoscritti intesi a prevedere l'esercizio dell'azione penale ad opera della procura europea nei casi che investono gli interessi finanziari delle Comunità.

6.3.3. Le Comunità europee, vittime di diritto comune

La posizione della vittima nel processo penale varia notevolmente da uno Stato membro all'altro. Alcuni prevedono il suo intervento sotto forma di costituzione di parte civile, per ottenere riparazione del danno arrecato, e questa procedura può arrivare fino all'avvio dell'azione penale su iniziativa della vittima. La costituzione di parte civile presenta il vantaggio di non obbligare ad avviare un secondo processo sul piano civile. Altri Stati membri permettono alla vittima di esporre la propria esperienza in sede processuale, in veste di "amicus curiae".

Nel caso di specie, l'avvio dell'azione penale spetterebbe soltanto alla procura europea, ma le Comunità potrebbero nondimeno avere interesse a partecipare al processo, in quanto la procura europea agisce in piena indipendenza. Per la difesa delle finanze comunitarie possono risultare interessanti varie ipotesi, quali la costituzione come parte civile delle Comunità rappresentate dalla Commissione, il ruolo di esperto o ancora quello di testimone, ruoli che possono essere svolti dagli agenti dell'OLAF o di altri servizi comunitari.

La Commissione non prende in considerazione l'ipotesi di un ruolo uniforme delle Comunità in quanto vittima in tutti i processi nei quali fossero in causa gli interessi finanziari comunitari. Essa auspicherebbe più semplicemente che alle Comunità, in ciascuno Stato membro, venissero garantiti gli stessi diritti di cui beneficia una vittima ordinaria.

6.3.4. Disciplina delle prove

Il fatto che manchi un riconoscimento automatico all'interno di tutta l'Unione delle prove legalmente assunte in uno Stato membro, troppo spesso vanifica l'azione penale nei casi transnazionali. Questo stato di cose nuoce allo sfruttamento dei riscontri investigativi in sede penale. Lasciare la situazione inalterata renderebbe inutile ogni tentativo di centralizzare l'esercizio dell'azione penale con la creazione di una procura europea. Affinché quest'ultima possa procedere efficacemente, ovvero usare nel corso del processo gli elementi di prova che è riuscita a riunire, occorre quindi superare questa difficoltà.

6.3.4.1. Ammissibilità delle prove

Rimandare semplicemente al diritto nazionale, ovviamente non può risolvere il problema dell'ammissibilità delle prove nel quadro di uno spazio europeo di indagine e di azione penale. Le prove assunte in uno Stato membro devono infatti poter essere ammesse dalle giurisdizioni di qualsiasi altro paese dell'Unione, se si vuole rendere praticabile la concentrazione dell'azione penale nello Stato membro scelto per il rinvio a giudizio. Le varie discipline della prova, al di là di una serie di principi comuni, nei dettagli risultano troppo diverse perché su esse possa fondarsi il lavoro della procura europea.

Quest'ultima verrebbe a trovarsi inoltre nella spiacevole situazione di dover scegliere tra selezione abusiva del foro (concentrare i rinvii a giudizio nello o negli Stati membri più elastici in materia di produzione delle prove), azione penale non equa, o addirittura impunità degli autori di reati (a seconda della disciplina che la legislazione nazionale prevede in materia di prove, gran parte dei procedimenti avviati potrebbe risultare priva di effetto).

Ciononostante, questa difficoltà non può ragionevolmente spingere a optare per un'unificazione a livello comunitario della disciplina della prova. Un'ipotesi del genere, che equivarrebbe ad avventurarsi in una codificazione penale europea generale, sarebbe sproporzionata rispetto all'obiettivo specifico perseguito, ovvero cercare di dare la massima efficacia all'azione penale contro certi comportamenti lesivi di interessi sostanzialmente comuni. Essa comporterebbe inoltre rischi di estrema complessità delle procedure, dato che dovrebbero coesistere due discipline parallele della prova, su scala comunitaria e su scala nazionale.

Sono quindi da escludere sia l'unificazione in un codice completo delle norme in materia di ammissibilità delle prove sia il semplice rimando al diritto nazionale; la soluzione più realistica e soddisfacente sembra il reciproco riconoscimento dei criteri di ammissibilità delle prove. Per qualunque tribunale nazionale investito nel merito di una causa penale nella quale sono coinvolti interessi finanziari comunitari, ciò comporterebbe l'obbligo di ammettere nel caso di specie qualsiasi prova legalmente acquisita in base al diritto nazionale di un altro Stato membro. In virtù del concetto di reciproca ammissibilità formulato dal Consiglio europeo a Tampere, "le prove legalmente raccolte dalle autorità di uno Stato membro dovrebbero essere ammissibili dinanzi ai tribunali degli altri Stati membri, tenuto conto delle norme ivi applicabili" [150].

[150] Conclusione n. 36 della presidenza del Consiglio europeo di Tampere.

Si potrebbe inoltre valutare l'opportunità di creare un verbale europeo, che possa fungere da modello per la procura europea nei casi in cui procedesse direttamente a un interrogatorio o un'audizione, senza ricorrere alle autorità investigative nazionali. Nel rispetto dei diritti dell'imputato, il diritto comunitario dovrebbe quindi prevedere la possibilità che per le inchieste transnazionali la procura europea definisca modalità apposite: verbale europeo di audizione stilato in base a una testimonianza e verbale europeo di interrogatorio per le dichiarazioni dell'imputato, in entrambi i casi anche tramite videoconferenza [151].

[151] Si veda segnatamente l'articolo 32 CJ.

6.3.4.2. Esclusione delle prove acquisite illegalmente

La condizione preliminare per ogni forma di reciproca ammissibilità delle prove è che esse siano acquisite legalmente nello Stato membro nel quale si trovano. Vale quindi la pena di riflettere sull'esclusione delle prove ottenute in violazione delle norme di diritto.

L'ordinamento da rispettare, pena l'invalidamento delle prove, sarebbe principalmente quello nazionale del luogo nel quale le prove sono ubicate, ordinamento che in tutti gli Stati membri include i principi dell'articolo 6 TUE, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Il diritto nazionale terrebbe poi conto di determinate norme comunitarie come quelle che disciplinano il mandato di arresto o il verbale europeo, nella misura in cui essi intervengano nella produzione della prova.

La decisione di esclusione spetterebbe, in base alle preferenze della Commissione espresse in precedenza, al giudice che esercita il controllo sul rinvio a giudizio (giudice ad hoc o giudice di merito, a seconda degli Stati membri) [152]. Le norme di esclusione sarebbero quelle dello Stato membro nel quale le prove sono state acquisite. Ne consegue che qualunque giurisdizione nazionale competente per casi inerenti alla tutela penale degli interessi finanziari comunitari dovrebbe conoscere la disciplina della prova vigente negli altri Stati membri interessati. Questa situazione è ben nota in materia di diritto internazionale privato. Le difficoltà pratiche al riguardo dovrebbero essere superabili grazie ai progressi segnati nell'organizzazione in rete degli ordinamenti giudiziari degli Stati membri (magistrati di collegamento, rete giudiziaria europea).

[152] Si veda il 6.4.3 (designazione del giudice del rinvio a giudizio).

Parimenti, l'uso nel processo penale delle prove ottenute nel quadro di una procedura amministrativa comunitaria è subordinato al rispetto - fin dalla fase amministrativa, ove esistano elementi che permettano di stabilire la connessione con un reato penale - dei principi di procedura penale (diritti della difesa). In tal modo le prove raccolte nell'ambito di un'inchiesta amministrativa interna alle istituzioni comunitarie potrebbero essere dichiarate obbligatoriamente ammissibili dinanzi alle giurisdizioni nazionali, purché siano state acquisite senza ledere i diritti fondamentali [153].

[153] Per esempio, l'obbligo fatto agli agenti comunitari di cooperare con l'OLAF nel quadro delle inchieste amministrative interne deve intendersi come non in contrasto col diritto fondamentale, già evocato, di non contribuire alla propria incriminazione (Corte europea dei diritti dell'uomo, causa Saunders citata).

Quanto al valore probante delle prove, ovvero alla loro capacità di convincere il giudice, è pacifico che spetti alla giurisdizione valutarlo liberamente, alla luce del diritto nazionale applicabile.

Domanda n. 11 - Il principio in base al quale le prove legalmente acquisite in uno Stato membro dovrebbero essere ammissibili dinanzi ai tribunali di qualsiasi altro Stato membro potrebbe permettere di superare, con riferimento alla procura europea, l'ostacolo costituito dalla diversità delle norme in materia di ammissibilità delle prove*

6.3.5. Cause di estinzione dell'azione penale

Salvo in caso di archiviazione da parte della procura europea [154], l'azione penale avviata troverebbe logicamente la sua conclusione nella sentenza pronunciata dal tribunale, sia essa di condanna o di assoluzione.

[154] Si veda il 6.2.4.1. (archiviazione dell'azione penale).

Tuttavia, nel corso della fase processuale, l'azione penale può sempre estinguersi per i motivi già evocati a proposito della fase istruttoria. Ricordiamo che il termine di prescrizione per l'azione penale può risultare scaduto [155], l'imputato può decedere, nel caso di una persona fisica, o sparire, nel caso di una persona giuridica. L'azione penale può cessare anche per effetto di un provvedimento nazionale generale come un'amnistia o un atto di clemenza. In linea di generale, le cause di estinzione dell'azione penale nella fase di giudizio sarebbero determinate dal diritto nazionale applicabile al processo.

[155] Si veda il 5.5 (termine di prescrizione).

6.3.6. Esecuzione della sentenza

La Commissione non intende conferire alla procura europea un ruolo nella fase di esecuzione della sentenza di merito, a differenza della funzione generalmente affidata in proposito alle procure nazionali [156]. Il rimando al diritto nazionale a questo riguardo dovrebbe risultare agevolato dai progressi resi possibili dal Consiglio europeo di Tampere.

[156] Per l'ipotesi opposta, si veda segnatamente l'articolo 23 CJ.

6.4. Garanzia dell'intervento di un giudice

Gli atti posti in essere dalla procura europea hanno un'incidenza sui diritti fondamentali delle persone, motivo per cui dovrebbero essere soggetti alla valutazione preventiva di un giudice, del quale è opportuno precisare il ruolo. In proposito, la Commissione ha proposto di iscrivere nel trattato CE che il legislatore comunitario possa fissare «le condizioni d'esercizio delle funzioni di procuratore europeo, adottando in particolare [...] c) regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti di procedura disposti dal procuratore europeo nell'esercizio delle sue funzioni».

6.4.1. Funzioni del giudice

In linea generale, qualsiasi giudice cui spetti controllare gli atti della procura europea dovrebbe offrire tutte le garanzie di un organo giurisdizionale. Dovrebbe trattarsi di un giudice competente, indipendente e imparziale, conformemente ai principi generali riconosciuti da tutti gli Stati membri [157].

[157] Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; articolo 6- 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Al giudice incaricato di controllare gli atti della procura europea spetta esercitare la garanzia giurisdizionale. Al riguardo è opportuno distinguere due funzioni.

- Durante la fase istruttoria, il giudice che esercita la funzione di controllo degli atti coercitivi, presso il tribunale delle libertà, deve emettere o autorizzare, in base a un controllo della legalità e della proporzionalità, gli atti rispettivamente richiesti o disposti dalla procura europea, comportanti una restrizione dei diritti fondamentali (si veda il 6.4.2.).

- Al termine della fase istruttoria, in base alla decisione della procura europea, il giudice che esercita la funzione di controllo del rinvio a giudizio, deve confermare le imputazioni in base alle quali la procura europea intende procedere, oltre a convalidare la scelta della giurisdizione di rinvio a giudizio. Occorre esaminare se le prove siano sufficienti e ammissibili, se la procedura seguita sia regolare, onde evitare un processo illegittimo e il conseguente pregiudizio per l'onorabilità dell'imputato (si veda il 6.4.3.).

6.4.2. Designazione del tribunale della libertà

Sotto il profilo organico è teoricamente immaginabile che, contestualmente alla creazione della procura europea, si possa istituire una giurisdizione comunitaria incaricata di fungere da tribunale della libertà. Ma alla luce di quale diritto, se non di un diritto europeo* Questa soluzione comporterebbe infatti l'obbligo di creare una legislazione comune in materia di provvedimenti istruttori, ovvero di prevedere un diritto europeo completo in materia di perquisizione, sequestro, intercettazione delle comunicazioni, ordine di comparizione, arresto, libertà vigilata, custodia cautelare, ecc. Non è questa l'ottica scelta dalla Commissione.

Dopo tutto, il tribunale della libertà potrebbe situarsi a livello nazionale [158]. Non è necessario creare all'uopo una camera preliminare europea. Gli Stati membri rimarrebbero liberi di stabilire il numero e l'organizzazione dei tribunali della libertà. I giudici potrebbero essere designati da ciascuno Stato membro, per esempio presso i tribunali delle sedi nelle quali sono stabiliti i procuratori europei delegati. Conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, le funzioni di giudice presso il tribunale della libertà dovrebbero essere rese incompatibili con quelle della giurisdizione di giudizio [159].

[158] Fermo restando il rispetto delle disposizioni dell'articolo 234 CE e della giurisprudenza della CGCE "Foto-Frost" (Causa C-314/85, Racc. 1987, pag. 4199).

[159] Si veda in particolare la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 24.5.1989, nella causa Hauschildt c/ Danimarca, serie A n. 54, nonché la sua sentenza del 24.8.1993, nella causa Nortier c/ Paesi Bassi, serie A n. 267.

Da un punto di vista funzionale, il tribunale nazionale della libertà adito sarebbe quello dello Stato membro del procuratore europeo delegato competente. In uno stesso caso potrebbero quindi intervenire vari tribunali nazionali della libertà, se esso implica l'azione della procura europea in più Stati membri.

Al riguardo sono possibili tre formule. Secondo la prima formula, la procura europea dovrebbe rivolgersi al tribunale della libertà di ciascuno Stato membro al cui interno desidera eseguire un atto istruttorio.

Secondo la seconda formula, la procura europea potrebbe rivolgersi a un unico tribunale nazionale della libertà, che emetterebbe o autorizzerebbe tutti gli atti necessari alle indagini, eseguibili sull'intero territorio delle Comunità in virtù del principio di reciproco riconoscimento.

La terza formula, infine, consisterebbe nel lasciare alla procura europea la facoltà, nei limiti previsti dal diritto derivato, di combinare le due formule precedenti. Per chiedere al tribunale della libertà di emettere o autorizzare atti di cui sia noto in anticipo il luogo di esecuzione, la procura europea dovrebbe rivolgersi al tribunale nazionale della libertà nello Stato membro del luogo di esecuzione. Se invece si tratta di atti il cui luogo d'esecuzione non sia preventivamente determinato, la procura europea potrebbe scegliere di concentrare le proprie richieste dinanzi a un unico tribunale nazionale della libertà, il quale prenderebbe una decisione riconosciuta sull'intero territorio delle comunità.

Supponiamo per esempio che la procura europea abbia la necessità di procedere, nei confronti dell'accusato, da un lato alla perquisizione del suo veicolo e del suo domicilio in uno Stato membro A, dall'altra a intercettare alcune delle sue chiamate da un telefono cellulare. A tale scopo, la procura potrebbe chiedere al tribunale della libertà dello stato membro A l'autorizzazione di tutti i provvedimenti indicati e perquisire l'edificio ubicato sul territorio di A. Essa potrebbe inoltre fondarsi sulla stessa autorizzazione, reciprocamente riconosciuta, per perquisire il veicolo e intercettare le comunicazioni telefoniche dell'imputato, anche se questi si è nel frattempo spostato verso un altro Stato membro B.

La Commissione esprime la propria preferenza per la seconda o la terza formula. Solo esse sono conformi al principio della creazione di uno spazio comune di indagine e di azione penale. Per l'efficacia delle indagini, le decisioni del tribunale della libertà di qualsiasi Stato membro dovrebbero essere riconosciute ovunque entro questo spazio, in virtù del principio di reciproco riconoscimento. Affinché i provvedimenti istruttori della procura abbiano una territorialità europea, gli atti emessi o autorizzati dai tribunali nazionali della libertà dovrebbero essere esecutori all'interno dell'intero spazio europeo.

Ancora una volta, il reciproco riconoscimento è reso possibile dal fondamento giuridico comune agli Stati membri. I provvedimenti istruttori qui prospettati esistono nelle procedure penali di tutti gli Stati membri, le quali sono soggette ovunque al rispetto dei principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La coesistenza dei vari ordinamenti nazionali non osta quindi al reciproco riconoscimento delle decisioni dei tribunali nazionali della libertà.

La rogatoria internazionale non avrebbe più ragion d'essere in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari. Il diritto europeo si limiterebbe a estendere la validità degli atti del tribunale nazionale della libertà al territorio dell'Unione. Per il resto, il diritto interno disciplinerebbe l'intera procedura di autorizzazione e controllo degli atti.

A mo' d'esempio, se si dovesse eseguire una perquisizione in uno Stato membro A in applicazione del mandato impartito da un tribunale nazionale della libertà di un altro Stato membro B, esso non potrebbe essere rifiutato ma dovrebbe essere obbligatoriamente eseguito secondo il diritto nazionale di A.

Domanda n. 12 - A chi va affidata la funzione di controllo degli atti investigativi eseguiti sotto l'autorità della procura europea*

6.4.3. Designazione del giudice del rinvio a giudizio

Da un punto di vista organico, vi sono almeno due possibilità per scegliere il giudice che controlla l'atto di rinvio a giudizio, a seconda che esso si situi a livello europeo o a livello nazionale.

La prima possibilità per organizzare la funzione di controllo del rinvio a giudizio consiste nell'istituire una camera preliminare europea. Questa via è già stata evocata in precedenza con riferimento al controllo della scelta dello Stato membro [160]. Essa potrebbe trovare riscontro nei dispositivi adottati per alcune giurisdizioni penali internazionali (il giudice del rinvio presso il Tribunale penale internazionale dell'ex-Iugoslavia [161], che deve convalidare le imputazioni, e soprattutto la "camera preliminare" della futura Corte penale internazionale [162]).

[160] Si veda il 6.3.1 (scelta dello Stato membro di rinvio a giudizio).

[161] Articolo 65 ter del regolamento di procedura e di prova del TPIY dell'11.2.1994, modificato il 10.7.1998.

[162] Articolo 56 seg. dello statuto della Corte penale internazionale.

Una camera del genere sarebbe competente per esaminare la decisione della procura europea di rinviare a giudizio. Il controllo della camera preliminare europea potrebbe vertere non solo sulla scelta del Foro, ma anche sul carattere sufficiente delle prove. Essa potrebbe essere adita d'ufficio o solo su ricorso dell'imputato.

La creazione di una giurisdizione comunitaria competente per la messa in stato d'accusa, eventualmente sotto forma di camera specializzata della Corte di giustizia, avrebbe il vantaggio di affidare il controllo del rinvio a giudizio a una giurisdizione unica e specializzata, nonché di garantire direttamente l'uniformità nell'applicazione del diritto. La necessità di rivedere il trattato per istituire una camera del genere travalica tuttavia il contributo della Commissione alla conferenza intergovernativa, e porta a prospettare quindi un'altra soluzione.

In base alla seconda possibilità, il giudice che esercita il controllo sul rinvio a giudizio sarebbe un giudice nazionale, designato e investito di questa competenza da ciascuno Stato membro. Si tratta di una soluzione che non costringe pertanto a creare una nuova giurisdizione. Da uno Stato membro all'altro, il tipo di giurisdizione designata potrebbe essere molto diverso. A seconda degli Stati membri, infatti, il giudice che controlla in maniera generale l'atto d'accusa e che invalida se del caso alcuni atti istruttori, può essere un giudice ad hoc o il giudice di merito. Questa soluzione, che rispetta la varietà degli ordinamenti giudiziari, consente di investire del controllo del rinvio a giudizio le più svariate giurisdizioni, a seconda degli Stati membri.

La Commissione esprime la propria preferenza per questa seconda possibilità. Le sembra che si possa evitare di creare una giurisdizione comunitaria nuova, fermo restando, come esposto in precedenza, che spetterebbe alla Corte di giustizia risolvere i conflitti di competenza, che nella pratica sembrano destinati a essere rari. In ogni caso, è opportuno prevedere una flessibilità nella scelta del giudice del giudizio, in quanto esso deve poter appartenere a uno Stato membro diverso da quello in cui è situato il tribunale della libertà.

Sotto il profilo funzionale, la procura europea si rivolgerebbe al giudice del rinvio nello Stato membro nel quale intende procedere. La sua scelta deve soddisfare i requisiti comunitari, evocati in precedenza, per la scelta dello Stato membro in cui si svolge il processo, eventualmente integrati dal diritto nazionale applicabile, sotto il controllo a posteriori della Corte di giustizia [163].

[163] Si veda più oltre il capitolo 8 (controllo giurisdizionale).

Domanda n. 13 - A chi affidare la funzione di controllare l'atto di rinvio a giudizio*

***

Domanda n. 14 - I diritti fondamentali della persona sembrano sufficientemente tutelati, lungo l'intero iter della procedura proposta per la procura europea* In particolare, è sufficientemente garantito il diritto a non essere perseguiti penalmente due volte per la stessa infrazione (si veda il paragrafo 6.2.1.)*

7. Relazioni con gli altri soggetti

L'inserimento della procura europea nell'attuale contesto istituzionale merita grande attenzione, in particolare alla luce degli sviluppi in corso all'interno dell'Unione europea.

7.1. Cooperazione con le autorità degli Stati membri

La creazione della procura europea non sconvolgerebbe per nulla i sistemi nazionali in materia di indagini e azione penale. È opportuno ricordare che, in sintesi, resterebbero a livello nazionale:

- le forze di polizia giudiziaria,

- il controllo giudiziario (tribunale della libertà e, eventualmente, giudice del rinvio a giudizio),

- la fase di giudizio,

- l'esecuzione della sentenza.

Ecco perché, al di là della ripartizione delle competenze illustrata fin qui, sarebbe necessaria una cooperazione permanente tra la procura europea e le autorità degli Stati membri. Il diritto comunitario derivato dovrebbe prevedere la natura della relazione tra la procura europea e le autorità nazionali, di polizia e giudiziarie.

Da un lato, il dialogo già evocato tra la procura europea e le autorità nazionali responsabili dell'azione penale dovrebbe essere organizzato a livello pratico e intensificato, in particolare nel trattamento dei casi misti, per agevolare le consultazioni reciproche, lo scambio di informazioni e l'assistenza giudiziaria [164].

[164] Si veda il 6.2.2.2 (ripartizione dei casi)

Dall'altro, per quel che riguarda l'esecuzione degli atti istruttori emessi o autorizzati dal tribunale della libertà, le varie possibilità esposte in precedenza [165] hanno l'identico obiettivo di permettere che la procura europea possa contare sull'aiuto degli organi investigativi nazionali.

[165] Si veda il 6.2.3.2 (lavoro con i servizi investigativi nazionali).

7.2. Relazioni con i soggetti istituzionali della cooperazione penale nell'ambito dell'Unione europea

Dato che le competenze per la procura europea si limitano alla tutela degli interessi finanziari comunitari, non dovrebbero esistere difficoltà per garantire la complementarità delle sue funzioni, più integrate e al tempo stesso più specialistiche, con quelle degli altri organi che cooperano in materia penale. In questa fase, tenuto conto degli sviluppi in corso all'interno dell'Unione europea (terzo pilastro), è possibile delineare solo alcune considerazioni preliminari. In particolare è opportuno riflettere con gli interlocutori seguenti su un sistema equilibrato e coerente.

7.2.1. Eurojust

Una Unità europea di cooperazione giudiziaria (Eurojust) dovrebbe diventare operativa quanto prima nel quadro del terzo pilastro, in particolare per agevolare la cooperazione tra le autorità giudiziarie degli Stati membri e contribuire a un buon coordinamento dell'azione penale in materia di crimini gravi, e soprattutto di criminalità organizzata. La creazione di Eurojust è prevista dalle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere [166] e dal trattato di Nizza [167]. Con decisione 14 dicembre 2000 del Consiglio, è stata insediata fin d'ora una unità provvisoria (Pro-Eurojust), entrata in funzione il 1° marzo 2001 [168]. L'esatto ruolo che spetterà a Eurojust esula naturalmente dal presente libro verde, il quale può tutt'al più formulare le riflessioni seguenti.

[166] Conclusioni della presidenza n. 46

[167] Articoli 29 e 31 TUE modificati (GU C 80 del 10.3.2001).

[168] GU L 324 del 21.12.2000, pag. 2.

Mentre la procura europea dovrebbe essere un organo comunitario dotato di poteri autonomi di azione penale nel settore specifico della tutela degli interessi finanziari comunitari, le attribuzioni di Eurojust rientreranno nella cooperazione giudiziaria e si estenderanno su una sfera di competenza assai ampia [169]. A rigor di logica, la creazione della procura europea non esclude che Eurojust mantenga eventualmente una competenza in materia di criminalità finanziaria, purché si preveda che la competenza della procura prevale per quanto attiene alla tutela degli interessi finanziari comunitari. Questa ripartizione chiara di competenze dovrebbe essere accompagnata da una fattiva cooperazione per i casi transpilastri [170]. Le funzioni dei due organi sarebbero pertanto complementari, giacché sia la procura europea sia Eurojust contribuiscono a realizzare, ciascuno per quel che lo riguarda e secondo il metodo rispettivamente del primo e del terzo pilastro, l'obiettivo generale di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia.

[169] Comunicazione della Commissione in merito alla costituzione di Eurojust, 22.11.2000 (COM(2000)746); progetto di decisione del Consiglio che istituisce Eurojust del 19.10.2001 (documento EUROJUST 12 n. 12727).

[170] Ai sensi del presente libro verde, si opera una distinzione tra, da un lato i casi misti - che interessano i reati definiti nel quadro della tutela degli interessi finanziari comunitari ma anche i reati nazionali -, dall'altro i casi transpilastri - che riguardano gli interessi finanziari comunitari ma anche le imputazioni che rientrano nel quadro del terzo pilastro e per le quali sarebbe competente Eurojust. I casi transpilastri formano quindi una speciale categoria di casi misti. Tutti richiedono una cooperazione con le autorità nazionali responsabili dell'azione penale, ma in aggiunta a ciò per i casi transpilastri interviene anche una cooperazione nell'ambito di Eurojust.

Questa complementarità implica in concreto che la procura europea ed Eurojust cooperino strettamente e regolarmente nel quadro delle rispettive competenze, in particolare per scambiare ogni informazione utile. Tale scambio dovrebbe avvenire nel rispetto dei principi relativi alla protezione dei dati.

È fuor di dubbio che si presenteranno casi transpilastri, per esempio un traffico combinato di droga (terzo pilastro) e di sigarette di contrabbando che arreca pregiudizio alle risorse proprie delle Comunità (primo pilastro).

In presenza di casi transpilastri che travalichino la sfera della tutela degli interessi finanziari comunitari, ciascuno dovrebbe quindi dare il proprio contributo specifico in base a uno scambio di informazioni, e il dialogo tra la procura europea e le autorità nazionali responsabili dell'azione penale verrebbe in tal caso allargato all'unità Eurojust [171].

[171] Si veda il 6.2.2.2. c) (dialogo tra la procura europea e le autorità nazionali responsabili dell'azione penale).

7.2.2. Europol

L'Ufficio europeo di polizia (Europol), istituito nel quadro del terzo pilastro dalla convenzione Europol del 26 luglio 1995 [172] ed è entrato in funzione il 1° luglio 1999, è incaricato di intensificare la prevenzione e la lotta contro la criminalità organizzata, in particolare mediante lo scambio e l'analisi di informazioni provenienti dalle autorità di polizia degli Stati membri. Sono in corso discussioni per ampliare la sfera di competenza di Europol e conferire all'ufficio poteri di natura più operativa. Anche nel caso di Europol, quindi, in questo momento non è possibile definire con esattezza il suo ruolo futuro.

[172] GU C 316 del 27.11.1995, pag. 1.

Nella fase attuale è prevista una cooperazione tra Europol e la Commissione, compreso l'OLAF, per garantire lo scambio di informazioni e una complementarità tra le rispettive funzioni. Andrebbe presa in esame altresì la complementarità tra la procura europea e Europol.

Sarebbe opportuno definire un metodo appropriato di scambio di informazioni, nel rispetto dei principi relativi alla protezione dei dati. Una buona cooperazione dovrebbe permettere alla procura europea di accedere a tutti i dati pertinenti in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari.

Per offrire un esempio è possibile immaginare il caso di un'organizzazione criminale individuata da Europol, dedita ad attività illegali quali il traffico di esseri umani ma anche il contrabbando di alcool; la procura europea dovrebbe poter disporre di informazioni relative agli aspetti del caso pregiudizievoli alle risorse proprie comunitarie.

A sua volta, la procura europea dovrebbe trasmettere qualsiasi informazione relativa ad aspetti di competenza di Europol.

Per esempio, in occasione di un caso di contrabbando di prodotti agricoli combinato con un sistema di raccolta e riciclaggio di proventi illeciti, la procura europea dovrebbe informare l'Ufficio europeo di polizia dell'esistenza di un sistema siffatto, qualora si sospetti che esso venga utilizzato ad altri fini illegali, quali un traffico europeo di automobili rubate.

7.2.3. Rete giudiziaria europea

Attraverso i procuratori europei delegati, la procura europea dovrebbe costituire una rete giudiziaria specializzata, in grado di rispondere alle sue esigenze. Andrebbe tuttavia cercata ogni possibile forma di sinergia con i dispositivi generali esistenti. In singoli casi la procura europea potrebbe cooperare con i magistrati di collegamento, la cui attività è disciplinata dall'azione comune del 22 aprile 1996 [173].

[173] Azione comune del Consiglio, del 22 aprile 1996, che disciplina lo scambio tra Stati membri di magistrati o funzionari particolarmente esperti nel campo delle procedure riguardanti la cooperazione giudiziaria, sulla base di accordi bilaterali o multilaterali (GU L 105 del 27.4.1996, pag. 1.).

Ove necessario, un ravvicinamento con la rete giudiziaria europea potrebbe rivelarsi ancora più utile. Questa rete ha sostanzialmente il compito di agevolare i contatti e la cooperazione tra le autorità direttamente e localmente competenti, contribuendo alla circolazione dell'informazione generale sul diritto e sulle procedure applicabili nell'ambito di inchieste transnazionali. Creata nel quadro del terzo pilastro da un'azione comune del Consiglio del 29 giugno 1998 [174], la rete è composta da punti di contatto. Questi ultimi sono agenti delle autorità competenti negli Stati membri, e coprono l'intero territorio del rispettivo paese o parte di esso.

[174] GU L 191 del 7.7.1998, pag. 4.

Dato che la rete giudiziaria europea mira principalmente a favorire le relazioni bilaterali dirette tra le autorità competenti, le sue funzioni sono diverse da quelle della procura europea ma complementari a esse. I punti di contatto della rete giudiziaria europea potrebbero essere interlocutori utili della procura europea, in particolare dei procuratori europei delegati, soprattutto per i casi misti in cui sono coinvolti interessi comunitari e interessi nazionali [175]. Nella pratica, è possibile ipotizzare che i procuratori europei delegati partecipino a determinate riunioni della rete, su invito della stessa.

[175] Si veda il 6.2.2.2. (ripartizione dei casi).

Domanda n. 15 - Quali dovrebbero essere le modalità per una buona articolazione dei rapporti tra la procura europea e i soggetti della cooperazione penale istituiti nel quadro dell'Unione europea*

7.3. Relazioni con le istituzioni, gli organi e gli organismi comunitari

7.3.1. Caso generale

Le istituzioni [176], gli organi e gli organismi previsti dai trattati CE ed Euratom, nonché i loro agenti, dovrebbero avere l'obbligo, rispettivamente, di adire la procura europea o di informarla in ordine a qualsiasi fatto, venuto a loro conoscenza, che potrebbe costituire un reato rientrante nella sfera di competenza della procura stessa.

[176] Ai sensi dell'articolo 7 TCE, sono istituzioni il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione, la Corte di giustizia e la Corte dei conti.

Resta da stabilire in quale misura l'OLAF dovrebbe continuare ricevere questa informazione, come previsto attualmente dalla legislazione [177].

[177] Articolo 7 dei regolamenti n. 1073/99 e n. 1074/99; articolo 2 della decisione - tipo acclusa all'accordo interistituzionale del 25.5.1999, già citato.

7.3.2. Ruolo futuro dell'OLAF

Il legislatore ha affidato all'Ufficio europeo di lotta antifrode la salvaguardia degli interessi comunitari contro comportamenti irregolari passibili di sanzioni amministrative o penali. L'OLAF è stato dotato fin dalla sua creazione di poteri di inchiesta amministrativa, ed è tenuto a trasmettere parte dei risultati del suo lavoro operativo alle autorità giudiziarie nazionali. Ai sensi della decisione di creazione dell'OLAF: «L'Ufficio è l'interlocutore diretto delle autorità di polizia e giudiziarie» [178].

[178] Articolo 2, 6 della decisione della Commissione del 28.4.1999.

La creazione di una procura europea competente in materia di protezione degli interessi finanziari comunitari avrebbe dunque un'incidenza evidente sull'attuale ruolo dell'OLAF, in quanto le indagini e l'azione penale in questo campo verrebbero gestite a livello comunitario. Le sfere di competenza sostanziale («raccolta degli elementi di fatto») dell'OLAF e della procura europea verrebbero in parte a coincidere, motivo per cui sarebbe opportuno articolarle molto attentamente [179].

[179] Si veda il 6.1 (modalità per informare e adire la procura europea).

L'obbligo attuale di informare l'OLAF dell'obbligo di adire la procura europea. Per evitare inoltre che le indagini subiscano effetti dispersivi, la procura europea dovrebbe poter sfruttare per i propri fini i risultati del lavoro investigativo dell'OLAF [180]. Ciò implica che all'OLAF venga fatto obbligo di trasmettere le informazioni necessarie alla procura europea.

[180] Si veda il 6.3.4 (disciplina delle prove).

Pur salvaguardando l'acquis comunitario in materia di controlli amministrativi, lo status e le funzioni dell'OLAF andrebbero quindi riesaminati, alla luce dei poteri conferiti alla procura europea. Si possono ipotizzare varie soluzioni, che non è possibile illustrare in dettaglio nel presente libro verde. La Commissione desidera infatti procedere in via preventiva a una valutazione del dispositivo attuale, come previsto dalla legislazione [181]. In questa sede vengono quindi semplicemente delineate alcune indispensabili scelte di base.

[181] Il presente libro verde non anticipa il rapporto di valutazione dell'applicazione dei regolamenti n. 1073/99 e 1074/99, previsto dall'articolo 15 dei regolamenti stessi, che la Commissione stilerà tenendo conto della probabile creazione di una procura europea.

In primo luogo, varrebbe la pena prendere in esame la possibile attribuzione all'OLAF dei poteri di indagine istruttoria all'interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi europei, giacché la creazione di una procura europea operante sotto la garanzia di un tribunale nazionale della libertà o di una camera speciale presso la Corte di giustizia aprirebbe la strada all'esercizio di un controllo giudiziario sull'operato dell'OLAF stesso.

In quest'ambito, si potrebbe esaminare se il dualismo sotteso al funzionamento dell'OLAF - che attualmente è un servizio della Commissione ma beneficia di un'indipendenza nelle sue funzioni investigative - vada mantenuto o se, invece, non sarebbe opportuno staccare interamente dalla Commissione una parte dell'OLAF. In ogni caso, a questi interrogativi non sarà possibile rispondere prima di aver valutato il funzionamento dell'attuale dispositivo dell'OLAF, valutazione alla quale la Commissione procederà in conformità della legislazione vigente.

Domanda n. 16 - Nella prospettiva della valutazione dello statuto dell'OLAF cui la Commissione dovrà procedere, quali elementi vi sembrano pertinenti per definire la possibile articolazione tra l'OLAF e la procura europea*

7.4. Relazioni con i paesi terzi

Nei limiti della sua sfera di competenza, la procura europea dovrebbe essere l'interlocutore diretto, in materia di assistenza giudiziaria, delle autorità competenti dei paesi terzi.

Tuttavia, l'assistenza giudiziaria con i paesi terzi è disciplinata da convenzioni che vincolano gli Stati membri, non le Comunità. L'ipotesi di convenzioni dirette tra le Comunità e quei paesi non è da respingere. Accordi del genere avrebbero il vantaggio di permettere alla procura europea di introdurre presso le autorità giudiziarie dei paesi firmatari rogatorie internazionali.

Allo stato, comunque, la soluzione più semplice potrebbe consistere nel prevedere per la procura europea il diritto di chiedere alle autorità responsabili dell'azione penale negli Stati membri di rivolgere direttamente una richiesta di assistenza giudiziaria al paese terzo interessato, conformemente alle norme del diritto internazionale applicabile. Si potrebbe altresì prevedere al riguardo, per le autorità nazionali, l'obbligo di farsi parte diligente per rispondere alla richiesta della procura europea.

Inoltre, ove la cooperazione con determinati paesi terzi presenti un carattere regolare, la procura europea avrebbe tutto da guadagnare nel disporre presso quei paesi di un punto di contatto centrale per tutti i casi inerenti alla tutela degli interessi finanziari comunitari.

Tra i paesi terzi, le relazioni con i singoli paesi candidati all'adesione assumono una rilevanza speciale. Questi beneficiano e beneficeranno infatti di cospicui aiuti del bilancio comunitario. Per questo gli attuali paesi candidati sono stati coinvolti dalla Commissione nel lavoro preparatorio per elaborare la proposta di creazione della procura europea [182].

[182] Étude sur les sanctions pénales et administratives, le recouvrement, la dénonciation et le Corpus juris dans les pays candidats, rapporto generale, Ch. Van den Wingaert, 19.9.2001, (di prossima pubblicazione).

Domanda n. 17 - Quali dovrebbero essere le relazioni della procura europea con i paesi terzi, in particolare con i paesi candidati, per migliorare la lotta contro le attività lesive degli interessi finanziari comunitari*

8. Controllo giurisdizionale degli atti della procura europea

La Commissione ha proposto di iscrivere nel trattato CE che il legislatore comunitario possa fissare "le condizioni di esercizio delle funzioni di procuratore europeo, adottando in particolare [...] c) regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti di procedura disposti dal procuratore europeo nell'esercizio delle sue funzioni".

Come illustrato in precedenza, la procura europea sarà soggetta a vari tipi di controllo distinti. Da un lato alla garanzia giurisdizionale provvederà il controllo a priori del tribunale nazionale della libertà e del giudice che esercita il controllo sul rinvio a giudizio [183]. Dall'altro, potrebbe essere aperto un procedimento disciplinare in caso di responsabilità del procuratore europeo [184]. Restano da esaminare ora le vie di ricorso giurisdizionale.

[183] Si veda il 6.4.2 (tribunale della libertà).

[184] Si vedano il 4.1.2.2 e il 4.2.1.1 (regimi disciplinari, rispettivamente del procuratore europeo e dei procuratori europei delegati).

Una via di ricorso giurisdizionale dovrebbe essere prevista contro qualsiasi provvedimento della procura europea che costituisca una restrizione dei diritti fondamentali della persona.

8.1. Atti della procura europea contro i quali è possibile formare ricorso

8.1.1. Atti istruttori che comportano una restrizione o una privazione di libertà delle persone

Fa tutti gli atti istruttori posti in essere dalla procura europea, dovrebbero poter formare oggetto di ricorso giurisdizionale quelli che implicano una restrizione o una privazione di libertà delle persone. Questi sono per l'appunto gli atti che il tribunale della libertà, su richiesta della procura europea, dovrebbe autorizzare: mandato d'arresto, custodia cautelare, libertà vigilata.

In tutti gli Stati membri, qualunque imputato ha già oggi il diritto di formare ricorso contro atti del genere, secondo modalità previste dal diritto interno, conformemente a quanto fissato dall'articolo 5, paragrafo 4 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La creazione della procura europea non renderebbe quindi necessaria alcuna nuova disposizione al riguardo, giacché è sufficiente il rimando al diritto nazionale.

8.1.2. Altri atti istruttori

Quanto agli atti istruttori effettuati dalla procura europea su autorizzazione del tribunale della libertà (sequestro, congelamento dei beni, intercettazione delle comunicazioni, operazioni di infiltrazione, consegne controllate...), la Commissione è del parere che la creazione della procura europea non dovrebbe offrire l'occasione né per aumentare le possibilità di manovre dilatorie, aprendo nuove vie di ricorso, né per sopprimere determinati mezzi di ricorso nazionali esistenti.

I mezzi nazionali di ricorso previsti contro i provvedimenti in questione variano da uno Stato membro all'altro. Ove esistano, possono continuare a essere usati anche per la procura europea.

A mo' d'esempio, se in uno Stato membro A si dovesse procedere a una perquisizione in base all'autorizzazione data alla procura europea dal tribunale della libertà di un altro Stato membro B, se le legislazioni di B e di A prevedono mezzi di ricorso, sarebbe possibile impugnare sia l'autorizzazione medesima (contestazione del diritto di perquisire) sia i provvedimenti presi per la sua esecuzione (orario e modalità).

Nondimeno, affinché la procura europea possa operare efficacemente, sarebbe preferibile prevedere, quale armonizzazione minima delle vie interne di ricorso, il principio del carattere non sospensivo di ricorsi del genere.

Quanto agli atti istruttori autonomi della procura europea (documentazione, audizione, interrogatorio...), in linea di principio essi non sarebbero impugnabili in quanto tali.

8.1.3. Decisione di archiviazione o di non luogo a procedere

Giuridicamente, spetterebbe alla procura europea valutare se decidere l'archiviazione di un caso. Occorre però chiedersi se alla Comunità, in quanto vittima, non andrebbe riconosciuta la facoltà di proporre ricorso contro un'archiviazione per decisione discrezionale della procura europea, quantomeno in determinati casi.

Dato che infatti la procura europea agisce in piena indipendenza, le Comunità potrebbero essere del parere che sia opportuno procedere in un caso nel quale la procura europea ha optato invece per l'archiviazione.

Questa divergenza di valutazione potrebbe vertere, per esempio, sul carattere sufficiente delle prove raccolte. Oppure le Comunità potrebbero ritenere abusive le modalità di patteggiamento accettate dalla procura europea, nei casi in cui il patteggiamento fosse praticabile [185].

[185] Si veda il 6.2.2.1 (patteggiamento).

Dato che i diritti delle Comunità, in quanto vittime, nel caso di un'azione penale [186] sarebbero sempre determinati dal sistema penale nazionale dello Stato membro di rinvio a giudizio, occorre chiedersi quali siano i diritti delle Comunità in assenza di azione penale in un qualche Stato membro. Se comunque si dovesse riconoscere alle Comunità un interesse per impugnare una decisione di archiviazione della procura europea, sarebbe opportuno stabilirne le modalità: ricorso amministrativo di volontaria giurisdizione* ricorso giurisdizionale* e in quest'ultimo caso dinanzi a quale giurisdizione*

[186] Si veda il 6.3.3 (le Comunità, vittime di diritto comune).

8.1.4. Rinvio a giudizio

L'atto di rinvio a giudizio sarebbe soggetto alle stesse possibilità di ricorso, dinanzi alle giurisdizioni nazionali, che il diritto di uno Stato membro prevede per un atto di rinvio a giudizio deciso dall'autorità nazionale responsabile dell'azione penale. Al riguardo, in linea di principio ogni giudice di merito adito accerta la propria competenza alla luce delle norme di competenza internazionali.

L'unico interrogativo specifico che sorge per un rinvio a giudizio da parte della procura europea è se la scelta discrezionale di uno Stato membro tra tutti quelli che potrebbero essere competenti per il rinvio a giudizio debba essere o no soggetta a una possibilità di ricorso da parte dell'imputato. Quest'ultimo potrebbe infatti far valere un diritto soggettivo di impugnativa, nella misura in cui la scelta dello Stato membro determina il luogo, il diritto e la lingua del processo [187].

[187] Al riguardo, si veda l'articolo 28 - 1 d) CJ.

A queste varie obiezioni è comunque possibile controbattere. Per quel che riguarda la lontananza geografica, se ne può relativizzare la portata, considerando che l'imputato si è egli stesso esposto a questa eventualità, agendo in più Stati membri. Quanto al diritto applicabile, vale la pena di ricordare il principio di reciproco riconoscimento e i diritti fondamentali comuni sottesi alle procedure penali degli Stati membri. Per la lingua, infine, l'articolo 6, paragrafo 3, lettera e) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo riconosce espressamente il diritto dell'imputato a disporre di un interprete.

Viceversa, offrire una via di ricorso all'imputato contro la scelta discrezionale dello Stato membro di giudizio presenta vari inconvenienti. Occorrerebbe determinare a tal fine il giudice competente, il che ci riporta al problema della creazione di una giurisdizione comunitaria speciale. Non è scontato considerare che l'atto di rinvio a giudizio riguardi direttamente e individualmente l'imputato - che è il presupposto generale per l'ammissibilità di un ricorso individuale. Fondamentalmente, istituire una via di ricorso del genere sminuirebbe il principio di uno spazio comune di inchiesta e di azione penale. Si aprirebbe la strada a una contestazione sistematica da parte della difesa, a fini che potrebbero essere dilatori. Per questi motivi, un'ipotesi del genere dovrebbe essere disciplinata giuridicamente col massimo rigore.

Domanda n. 18 - Quali dovrebbero essere i mezzi di ricorso offerti contro gli atti cui la procura europea procede nell'esercizio delle sue funzioni o eseguiti sotto la sua autorità*

8.2. Diritti di ricorso

Quale premessa generale, è opportuno collocare l'intero dispositivo (procura europea, tribunale della libertà, giudice del rinvio, giudice di merito) all'interno dei sistemi giurisdizionali esistenti, a livello sia nazionale che comunitario.

8.2.1. Ricorso di diritto interno

8.2.1.1. Nella fase istruttoria

Logicamente, un'eventuale impugnazione delle decisioni del tribunale nazionale della libertà avverrebbe per le vie di ricorso interne. Altrettanto dicasi se la contestazione riguarda non il provvedimento istruttorio autorizzato dal tribunale, ma le sole modalità di attuazione da parte della procura europea. Sarebbe inoltre opportuno prevedere una possibilità di ricorso per terzi colpiti da provvedimenti del genere che non abbiano avuto la possibilità di essere preventivamente intesi dal tribunale della libertà (per esempio l'autore di corrispondenza sequestrata).

Le vie di ricorso contro le decisione del giudice che esercita il controllo sul rinvio a giudizio sarebbero, a seconda dei casi, le vie di ricorso interne se si opta per il controllo da parte di un giudice nazionale, oppure delle vie comunitarie nell'ipotesi di una camera preliminare europea.

In base alle preferenze espresse dalla Commissione, il principio generale sarebbe il rinvio al diritto nazionale.

8.2.1.2. Nella fase di giudizio

La proposta di creare una procura europea non deve sconvolgere gli ordinamenti giudiziari nazionali. La Commissione è pertanto del parere che l'istituzione di questo nuovo organo dovrebbe lasciare impregiudicate le vie interne di ricorso.

È pur vero che l'equivalenza della tutela degli interessi finanziari delle Comunità potrebbe giustificare, in quest'ambito, un ravvicinamento nell'organizzazione delle possibili vie di ricorso nei vari Stati membri. Si potrebbe per esempio immaginare di proclamare a livello europeo determinati principi comuni [188]. Gli Stati membri potrebbero impegnarsi per esempio a prevedere una possibilità di interporre appello contro una sentenza di primo grado o a escludere, in caso di ricorso in appello formato da un imputato, che la pena pronunciata in primo grado possa essere inasprita. Tuttavia, delineare orientamenti del genere non sarebbe indispensabile al buon funzionamento della procura europea; la Commissione desidera pertanto concentrare le sue proposte sulla fase istruttoria.

[188] Si veda segnatamente l'articolo 27 CJ.

Rispetto all'obiettivo perseguito, risulterebbe più consono integrare l'azione della procura europea nei sistemi giurisdizionali nazionali. Questa esigenza dovrebbe portare a prevedere per la procura europea le stesse possibilità di ricorso offerte alla pubblica accusa nel diritto interno. In linea di principio, la procura europea dovrebbe soprattutto poter interporre appello contro qualsiasi decisione di assoluzione.

8.2.2. Ricorso dinanzi alla Corte di giustizia

Per rispettare l'attuale equilibrio tra le competenza comunitarie e quelle nazionali, la Commissione ritiene che la Corte di giustizia non dovrebbe disporre di alcuna competenza per contestare le decisioni pronunciate in materia penale dalle giurisdizioni nazionali. Occorre comprendere come il dispositivo proposto si collochi rispetto al sistema giurisdizionale comunitario, giacché l'uno non è totalmente estraneo all'altro [189].

[189] COM (2000) 34, 5 "il sistema giurisdizionale dell'Unione" già citato.

A norma del trattato, la Corte di giustizia ha il compito di garantire il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione del diritto comunitario. Ne deriva che, con riferimento alla procura europea, la Corte di giustizia dovrebbe essere competente, alle condizioni stabilite dall'articolo 234 CE, per interpretare in via pregiudiziale l'articolo 280 bis CE e le norme comunitarie adottate per l'applicazione dello stesso.

La creazione della procura europea lascerebbe impregiudicate le vie di ricorso per inadempienza (articolo 226-228 CE) e per omissione (articolo 232 CE), nella misura in cui, da un lato la procura europea fosse considerata non un'istituzione ma un organo comunitario, e dall'altro la Commissione resta la custode dei trattati. Di conseguenza, solo la Commissione o gli Stati membri potrebbero investire la Corte di giustizia di una controversia relativa all'applicazione dell'articolo 280 bis CE e delle norme comunitarie adottate per l'applicazione dello stesso, nelle condizioni di diritto comune attualmente vigenti.

Infine, in base alle attuali disposizioni degli articoli 178 e 288 in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità, questa sarebbe tenuta a risarcire i danni causati dalla procura europea o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni [190].

[190] Sentenza 2.12.1992 della GJCE, causa. C-370/89, SGEEM e Etroy / BEI, Racc. 1992, pag. 6211.

Se si dovesse estendere ad alcuni atti della procura europea il ricorso per annullamento ai sensi dell'articolo 230 CE, sarebbe necessario procedere su questo punto a una revisione del trattato. La Commissione è tuttavia del parere che la garanzia giurisdizionale dovrebbe invece esercitarsi per quanto possibile a livello degli Stati membri e che pertanto i mezzi di ricorso contro gli atti della procura europea andrebbero organizzati dinanzi al giudice nazionale [191].

[191] Si veda il 6.4.2 (tribunale della libertà).

Ciò non toglie che, a seconda delle ipotesi per cui si opta, la competenza della Corte di giustizia potrebbe per esempio essere estesa a determinati tipi di controversie. Ricordiamo una prima ipotesi già formulata, che consisteva nell'offrire all'imputato la possibilità di impugnare la scelta dello Stato membro di giudizio operata dalla procura europea, nel qual caso occorrerebbe prevedere un ricorso diretto, probabilmente dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee.

In una seconda ipotesi - già evocata anch'essa - si potrebbe conferire alla Corte di giustizia la competenza per conoscere delle questioni di competenza sollevate dalla procura europea o dalle giurisdizioni nazionali, sia che questi conflitti sorgano tra Stati membri sia che sorgano tra questi ultimi e la Comunità. In particolare, qualora si conferisse al giudice nazionale del rinvio la competenza per dichiarare l'errore manifesto nella scelta del foro da parte della procura europea, quest'ultima dovrebbe poter eccepire dinanzi alla Corte di giustizia l'incompetenza o un conflitto negativo di competenza, nel rispetto del principio di ragionevolezza dei termini processuali.

In ogni caso, ognuna di queste ipotesi lascerebbe impregiudicato il principio secondo cui la competenza giurisdizionale di merito in materia penale spetta ai tribunali nazionali.

9. Conclusione

In conclusione, la Commissione desidera conoscere il parere di tutti gli ambienti interessati sulle modalità di attuazione della sua proposta, per trarne delle conclusioni e, se del caso, presentare un nuovo contributo nel quadro della preparazione della prossima revisione dei trattati.

Dal presente libro verde, la proposta fatta dalla Commissione nel 2000 emerge con contorni un po' più precisi. Le preferenze che essa esprime in questa fase per determinate ipotesi potrebbero indurla a proporre di completare le disposizioni attuali del trattato con una base giuridica che consenta:

* la nomina di un procuratore europeo, indipendente, che centralizzi la direzione degli atti investigativi e istruttori, ed eserciti l'azione penale dinanzi alle giurisdizioni competenti degli Stati membri, in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari, nonché

* l'adozione di un quadro di norme specifiche a tal fine, che definiscano in particolare:

- lo statuto della procura europea, caratterizzato da un'organizzazione molto decentrata, fondata su procuratori europei delegati e sull'ausilio delle autorità investigative nazionali negli Stati membri;

- le norme di diritto sostanziale materiale che la procura applica, tendenti piuttosto all'unificazione per quelle più specifiche (reati di sua competenza, pene corrispondenti, termini di prescrizione) o semplicemente armonizzate (responsabilità delle persone giuridiche), mentre tutti gli altri aspetti, in numero ben maggiore, sono regolati da un rimando alle legislazioni nazionali;

- la procedura penale seguita dalla procura europea, nel rispetto dei diritti fondamentali, basata in via principale sul reciproco riconoscimento dei provvedimenti istruttori previsti dal diritto nazionale (perquisizione, ecc.) e di quelli eventualmente armonizzati a livello europeo (mandato d'arresto europeo, ecc.), tutti soggetti al controllo del tribunale nazionale della libertà, e in via sussidiaria su alcune regole specificamente comunitarie (apertura, archiviazione, verbale europeo, ecc.);

- le eccezioni al principio di obbligatorietà dell'azione e la ripartizione dei casi, in particolare di quelli misti, con le autorità nazionali responsabili dell'azione penale;

- il regime di ammissibilità delle prove, basato sul principio secondo cui le prove acquisite legalmente in uno Stato membro devono essere ammesse dalle giurisdizioni di ogni altro Stato membro;

- le relazioni tra la procura europea e gli altri soggetti, a livello europeo e internazionale, in particolare le possibilità di scambio di informazioni nel rispetto della protezione dei dati;

- le vie di ricorso offerte avverso atti disposti sotto l'autorità della procura europea, vale a dire principalmente le vie interne e sussidiariamente quelle da prevedere, se del caso, dinanzi alla Corte di giustizia.

L'organizzazione delle giurisdizioni (tribunale della libertà, giudice del rinvio, giudice di merito) e la fase del processo, nonché l'esecuzione delle pene, resterebbero interamente disciplinate dal diritto nazionale, fermo restando il principio di esercizio dell'azione penale da parte della procura europea.

A questo punto, la proposta di centralizzare a livello comunitario la direzione degli atti istruttori e dell'azione penale nel settore specifico della tutela degli interessi finanziari comunitari, nell'intento di garantire una repressione efficace ed equivalente all'interno di uno spazio comune, può formare oggetto della più ampia discussione, senza altro limite alla riflessione che il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.

Allegato 1 Contributo complementare della Commissione alla Conferenza intergovernativa sulle riforme istituzionali del 29 settembre 2000

La tutela penale degli interessi finanziari comunitari: un procuratore europeo [192]

[192] COM(2000) 608

Introduzione

Nel suo parere del 26 gennaio 2000, "La riforma istituzionale al servizio dell'allargamento" [193], in ordine alla tutela degli interessi finanziari della Comunità la Commissione suggeriva di prevedere nel trattato una base giuridica che permettesse di istituire un quadro normativo riguardante le infrazioni e le relative sanzioni penali, le disposizioni procedurali necessarie per perseguire tali infrazioni e le disposizioni concernenti le attribuzioni e i compiti di un procuratore europeo incaricato, per tutto il territorio dell'Unione, di individuare i casi di frode e di perseguirli in giudizio dinanzi alle giurisdizioni nazionali. Nel quadro della nuova strategia antifrode, la Commissione ha ribadito che auspicava un rafforzamento della tutela degli interessi finanziari comunitari in tal senso.

[193] COM(2000)34, http://europa.eu.int/comm/igc2000/offdoc/opin_igc_it.pdf.

Secondo stime degli Stati membri e della Commissione, nel 1998 la frode e le altre irregolarità ai danni degli interessi finanziari comunitari hanno superato 1 miliardo di euro [194]. Il coinvolgimento della criminalità organizzata nelle frodi ai danni degli interessi finanziari comunitari, e il carattere transnazionale di questa criminalità, presuppongono infatti una cooperazione con quindici ordinamenti giudiziari che applicano norme sostanziali e procedure differenti. Gli attuali metodi di cooperazione si rivelano spesso insufficienti per superare le difficoltà che le autorità giudiziarie e di polizia incontrano nella loro lotta contro le frodi.

[194] Tutela degli interessi finanziari delle Comunità - Lotta contro la frode - Relazione annuale 1998, 1.3, COM(1999)590 def.

Queste difficoltà sono destinate ad accrescersi con l'aumento del numero di Stati membri e del numero di operatori e amministrazioni coinvolti nella gestione dei fondi comunitari.

Le competenze che la presente comunicazione propone di conferire al procuratore europeo si limitano rigorosamente alla tutela degli interessi finanziari della Comunità, quali definiti e circoscritti già nell'attuale articolo 280, paragrafo 1 del trattato CE.

La comunicazione propone inoltre di integrare nel trattato solo le caratteristiche essenziali del procuratore europeo (nomina, destinazione, missione, indipendenza), rinviando a disposizioni di diritto derivato per tutto ciò che concerne l'esercizio delle sue funzioni.

1. Le complessità da superare, tenuto conto delle responsabilità specifiche della Comunità in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari

Le carenze del dispositivo attuale provengono sostanzialmente dal frazionamento dello spazio penale europeo, dovuto al fatto che le autorità di polizia e giudiziarie nazionali hanno competenze solo per intervenire sul proprio territorio. I metodi classici di cooperazione giudiziaria e tra forze di polizia continuano a essere onerosi e si rivelano spesso inadeguati a una lotta efficace contro le frodi transnazionali. L'esperienza mostra inoltre quanto sia difficile portare le eventuali inchieste amministrative fino al livello dell'azione penale.

Gli interessi finanziari comunitari richiedono invece un grado di tutela particolarmente elevato, che venga applicato in modo uniforme dagli Stati membri, dato che i fondi in causa sono comuni. La Comunità condivide del resto con gli Stati membri la responsabilità di tutelare tali interessi finanziari. In quest'ambito l'Unione europea deve garantire agli Stati membri e ai loro cittadini che i casi di frode e di corruzione vengano effettivamente perseguiti in giudizio.

1.1. Il frazionamento dello spazio penale europeo

L'articolo 280 prevede che le misure adottate in codecisione e destinate a combattere le attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità "non riguardano l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri". Il trattato CE, nella situazione attuale, non permette di istituire uno spazio penale europeo che comporti un organo giudiziario comune come una procura.

La firma della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, del 26 luglio 1995, e i relativi protocolli aggiuntivi, costituisce un primo passo verso la tutela penale degli interessi finanziari comunitari. Questi testi, elaborati in sede di cooperazione intergovernativa nel quadro del "terzo pilastro", rappresentano una conquista importante, in quanto fanno dei comportamenti fraudolenti, della distrazione di fondi e della corruzione infrazioni passibili di sanzioni penali in ciascuno Stato membro.

La convenzione e i relativi protocolli non sono però ancora entrati in vigore, mancando la ratifica di tutte le parti contraenti. Quando saranno d'applicazione, sussisterà un'incertezza circa il modo in cui le varie parti ne recepiranno le disposizioni nelle rispettive legislazioni penali nazionali. Quel che più conta, queste disposizioni non basteranno da sole a superare il frazionamento dello spazio penale europeo, in quanto l'azione penale continuerà a esercitarsi a livello nazionale.

Di conseguenza, di fronte a quindici sistemi penali differenti, la Comunità dispone solo di mezzi alquanto limitati per garantire una tutela degli interessi finanziari comunitari efficace ed equivalente negli Stati membri, come previsto dal trattato. Nella situazione attuale, per quanto efficace possa essere il coordinamento amministrativo offerto dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode, l'azione penale resta incerta. La Comunità non dispone infatti di strumenti che completino l'azione di prevenzione e di inchiesta amministrativa mediante un organo di azione penale.

Esempio

La compartimentazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri porta ad azioni penali in concorrenza tra loro, parziali o inesistenti.

Il divieto di esportare carne bovina da alcuni territori della Comunità, a causa dell'epidemia di BSE, in occasione di esportazioni verso un paese terzo è stata aggirata da operatori di tre Stati membri. L'intervento della Commissione e la scoperta di questo giro di frodi a danno delle sovvenzioni agricole hanno successivamente portato ad avviare azioni penali concorrenti in vari Stati membri, per gli stessi fatti e a carico delle stesse persone. Mentre l'avvio dell'inchiesta giudiziaria risale alla metà del 1997, in uno solo di questi Stati membri si è arrivati alla fase processuale.

Questo stato di cose è inaccettabile, in particolare nei settori comunitari che comportano sovvenzioni, come la politica agricola comune.

1.2. Il carattere gravoso e inadeguato dei metodi classici della cooperazione giudiziaria fra Stati membri

I dispostivi nazionali costituiscono il fondamento della protezione penale contro la criminalità transnazionale e restano indispensabili. Fin d'ora esistono forme di cooperazione penale internazionale, che il rafforzamento della cooperazione giudiziaria nel quadro del terzo pilastro permetterà sempre più di consolidare.

L'espandersi della criminalità organizzata che lede gli interessi finanziari comunitari rende però inadeguati gli strumenti classici di assistenza giudiziaria, e i progressi segnati in materia di cooperazione giudiziaria risultano insufficienti. Attualmente, infatti, nell'ambito del trattato non esiste un'interfaccia possibile tra il livello comunitario e le autorità giudiziarie nazionali.

Esempio

Le carenze della cooperazione fra Stati membri in campo penale provocano ritardi, ricorsi dilatori e impunità. Troppo spesso, nei casi di frodi finanziarie transnazionali, esse favoriscono la distruzione di prove e la fuga di sospetti. Ciò pregiudica in particolar modo la ricostituzione dei circuiti finanziari a valle della frode contro gli interessi finanziari comunitari.

In occasione di un'audizione pubblica dinanzi al Parlamento europeo, per esempio, il procuratore di uno Stato membro ha sottolineato di aver dovuto far fronte fino a 60 ricorsi contro le rogatorie presentate in un altro Stato membro, per uno stesso caso che poteva coinvolgere interessi finanziari comunitari. I ricorsi sono stati introdotti l'uno dopo l'altro, per beneficiare ogni volta del termine necessario al giudice per respingerli. In una situazione del genere, quando la commissione rogatoria internazionale in questione viene eseguita, generalmente è diventata inutile.

1.3. Le difficoltà di far seguire azioni penali alle inchieste amministrative

Numerosi casi, desunti dall'esperienza comunitaria di questi ultimi anni, mostrano il permanere di notevoli ostacoli in un settore nel quale la speciale responsabilità della Comunità e degli Stati membri richiederebbe per l'appunto una percezione chiara degli interessi da proteggere e una maggiore efficacia delle azioni penali sul territorio della Comunità.

Esempio

La trasmissione di informazioni tra Stati membri, nonché a questi ultimi da parte dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), si scontra con ostacoli dovuti alle differenze del quadro normativo che nei vari paesi regola l'azione penale. Se, per gli stessi fatti, in alcuni Stati membri l'inchiesta viene affidata a un magistrato e in altri è competente un'autorità amministrativa, il rapporto diretto tra gli uni e gli altri risulta perlopiù impossibile, nella pratica come sul piano giuridico. Le autorità nazionali interessate non dispongono inoltre tutte dello stesso tipo di accesso all'informazione, giacché nei vari paesi vigono norme diverse, soprattutto in materia di segreto fiscale o bancario, o ancora di istruzione dei procedimenti penali.

Esempio

Un tentativo di perseguire in giustizia gli organizzatori di un importante traffico transnazionale fraudolento, ai danni delle risorse proprie della Comunità, avvenuto in due Stati membri A e B, al riguardo costituisce un caso reale emblematico. Il giudice di un terzo Stato membro (C), nel quale l'imputato ha la residenza, adito dalle autorità doganali nazionali ha dichiarato il caso non ammissibile, in particolare perché l'attestato fornito dalle autorità dello Stato membro A risultava insufficiente ai fini dell'azione penale nello Stato membro C. Eppure, questo attestato confermava che l'infrazione constatata era perseguibile in forza del diritto dello Stato membro A e precisava le pene cui gli autori di tali reati si esponevano in quello Stato membro. In base al diritto di procedura dello Stato membro C, il giudice non ha potuto ammettere la validità dell'attestato prodotto dalle autorità doganali dello Stato membro A.

***

2. Il dispositivo proposto

Per quanto legittimi e insostituibili, i dispositivi esistenti, in assenza di una struttura istituzionale specifica sul piano comunitario, costituiscono altrettanti ostacoli all'azione delle forze di polizia e dei giudici, e vantaggi per i criminali. Tenuto conto della forma in cui è redatto il trattato CE, la Commissione raccomanda quindi, per far fronte a questo stato di cose di completare le disposizioni di diritto primario per permettere la creazione di una procura europea, la cui organizzazione e il cui funzionamento verrebbero fissati in sede di diritto derivato. Questa modifica si limiterebbe al settore degli interessi finanziari comunitari.

2.1. Una riflessione preparatoria matura e approfondita

La proposta della Commissione alla Conferenza intergovernativa si fonda su un lavoro preparatorio approfondito. Da quasi dieci anni, su richiesta del Parlamento europeo e della Commissione, un gruppo di studiosi di diritto penale di tutti gli Stati membri lavora sul tema della tutela degli interessi finanziari della Comunità. I risultati dei loro lavori si sono concretati nella proposta di un complesso di norme relative alla tutela penale degli interessi finanziari comunitari, solitamente noto come Corpus juris [195]. Vi si raccomanda la creazione di uno spazio giudiziario comunitario per la fase preparatoria del processo, integrando armonicamente nei sistemi nazionali una procura europea, escludendo però qualsiasi ipotesi di conferire alla Comunità competenze in materia di processo penale [196].

[195] Corpus juris portant dispositions pénales pour la protection des intérêts financiers de l'Union européenne, a cura della sig.ra M. Delmas-Marty, Economica, Paris, 1997. Il testo del Corpus juris è disponibile anche su Internet (http://www.law.uu.nl/wiarda/corpus/index1.htm).

[196] In seguito a queste raccomandazioni, di recente gli esperti hanno ultimato un importante studio comparato relativo all'esame della necessità, della legittimità e della fattibilità del Corpus juris, che analizza l'incidenza che una procura europea può avere sui sistemi nazionali di azione penale: La mise en oeuvre du Corpus juris dans les États membres, a cura della sig.ra M. Delmas-Marty / J.A.E. Vervaele, Intersentia, Utrecht, 2000.

Gli autori del Corpus juris hanno precisato secondo quale struttura potrebbe funzionare un pubblico ministero europeo, indipendente, incaricato di dirigere le indagini e di esercitare l'azione penale dinanzi ai tribunali nazionali competenti, solo in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari, specificando anche in quale modo la sua azione potrebbe articolarsi con le procedure nazionali.

Dovrebbe trattarsi di un'organizzazione molto decentrata. Il procuratore europeo negli Stati membri si appoggerebbe su procuratori europei delegati, per garantire il raccordo tra il dispositivo comunitario e i sistemi giurisdizionali nazionali.

2.2. L'oggetto della riforma

In questo spirito, la Commissione raccomanda l'istituzione di una procura europea indipendente, per proteggere gli interessi finanziari delle Comunità.

Questa aggiunta andrebbe a completare la riforma della giurisdizione comunitaria, quale è stata proposta dalla Commissione nel suo contributo complementare per la Conferenza intergovernativa del 1° marzo 2000 [197], tramite un organo giudiziario cui spetterebbe promuovere l'azione penale dinanzi alle giurisdizioni competenti degli Stati membri, e che dovrebbe essere in grado di esercitare un controllo penale continuo, all'interno del territorio comunitario, sulle attività d'indagine, nell'intento di far rispettare il diritto e di tutelare le finanze comunitarie. Non si tratta in alcun modo di assegnare alla Comunità competenze in materia di processo penale, che resta soggetto alla competenza nazionale.

[197] Contributo complementare della Commissione per la Conferenza intergovernativa sulle riforme istituzionali - La riforma della giurisdizione comunitaria (COM/2000/0109 def.).

2.3. Le modalità della riforma

Secondo la Commissione, la necessaria modifica del trattato può limitarsi a stabilire i criteri di nomina e di revoca, nonché le mansioni e le principali caratteristiche di un procuratore europeo, con l'aggiunta di un nuovo articolo 280 bis. Il trattato rimanderebbe per la definizione dello statuto e del modo di operare del procuratore europeo a disposizioni di diritto derivato.

2.3.1. La nomina del procuratore europeo (paragrafi 1 e 2 del nuovo articolo 280 bis)

La Commissione propone che sia il Consiglio a nominare il procuratore europeo, a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo. La proposta, che dovrebbe spettare alla Commissione tenuto conto della sua particolare responsabilità in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari, verrebbe per esempio presentata sotto forma di un elenco di candidati, tra i quali il Consiglio potrebbe scegliere il procuratore europeo. La Commissione reputa opportuno fissare altresì le condizioni per un eventuale revoca del procuratore europeo (paragrafo 2 del nuovo articolo 280 bis). Quanto alla durata del mandato, la Commissione propone un mandato non rinnovabile di sei anni (paragrafo 1 del nuovo articolo 280 bis). Occorre in particolare sottolineare una caratteristica essenziale del procuratore europeo: la sua indipendenza in quanto organo giudiziario (paragrafo 2 del nuovo articolo 280 bis). Al di fuori di questi elementi indispensabili, il trattato riveduto lascerebbe al diritto comunitario derivato il compito di precisare lo statuto del procuratore (composizione, sede, ecc.), secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato CE (maggioranza qualificata del Consiglio e codecisione del Parlamento).

2.3.2. Le condizioni per l'esercizio delle funzioni di procuratore europeo (paragrafo 3 del nuovo articolo 280 bis)

Per permettere l'esercizio delle funzioni di procuratore europeo in condizioni soddisfacenti, sul piano sia del diritto penale sostanziale che processuale, è necessario un dispositivo specifico limitato però alle attività che ledono gli interessi finanziari comunitari. Queste norme dovrebbero essere adottate dal Consiglio in base alla procedura di codecisione.

Per consentire al procuratore di disporre di competenze chiare, sarebbe opportuno stabilire, in termini più espliciti e a livello comunitario, le incriminazioni (frode, corruzione, riciclaggio, ecc.) e le pene relative alle attività lesive degli interessi finanziari della Comunità. Il rigore del diritto penale, infatti, mal si concilia con l'esistenza di norme divergenti sul territorio della Comunità, se si vuole garantire una protezione efficace ed equivalente - nei singoli paesi - degli interessi finanziari comunitari. Si dovrebbero quindi fissare incriminazioni comuni, applicabili uniformemente nell'ordinamento giuridico nazionale ad opera delle giurisdizioni penali nazionali, che operano in quanto giudici di diritto comune del diritto comunitario, il che presuppone l'adozione di norme specifiche. In quest'ottica, il contenuto degli strumenti negoziati nel quadro della suddetta convenzione del 26 luglio 1995 e dei relativi protocolli offre fin d'ora una buona base che riscuote l'assenso degli Stati membri.

È poi indispensabile fissare norme di procedura (modalità per adire il procuratore europeo, poteri d'indagine, avvio e chiusura delle indagini, ecc.) e di controllo giurisdizionale (per esempio il controllo degli atti del procuratore, su mandato o no del tribunale della libertà nazionale) concernenti l'esercizio delle funzioni del procuratore. Al riguardo, il Corpus juris formula determinate ipotesi - non esaustive - di norme procedurali e di forme di coordinamento con le autorità nazionali competenti. In ogni caso, queste norme dovranno formare oggetto di proposte di diritto derivato, nel rispetto delle tradizioni e degli ordinamenti giuridici nazionali. Ne consegue la necessità di prevedere l'adozione, conformemente alla procedura di cui all'articolo 251 del trattato CE:

- delle regole relative alle infrazioni (paragrafo 3, lettera a) del nuovo articolo 280 bis);

- delle regole di procedura applicabili alle attività del procuratore, nonché regole che disciplinino l'ammissibilità delle prove (paragrafo 3, lettera b) del nuovo articolo 280 bis);

- delle regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti del procuratore, indispensabili per lo svolgimento delle sue funzioni (paragrafo 3, lettera c) del nuovo articolo 280 bis).

Queste norme di diritto derivato dovrebbero precisare anche se e come il dispositivo comunitario si articoli coi sistemi giurisdizionali nazionali.

***

In conclusione, la Commissione propone alla Conferenza di completare le attuali disposizioni del trattato relative alla tutela degli interessi finanziari della Comunità con una base giuridica che consenta

* la nomina di un procuratore europeo indipendente, il quale eserciti l'azione penale dinanzi alle giurisdizioni competenti degli Stati membri, in materia di tutela degli interessi finanziari comunitari e nel quadro di apposite norme specifiche emanate a tale scopo,

* nonché l'adozione successiva, in sede di diritto derivato:

- dello statuto del procuratore,

- delle norme di diritto sostanziale relative alla tutela degli interessi finanziari ad opera del procuratore europeo (infrazioni, pene),

- delle regole di procedura penale e di ammissibilità delle prove,

- delle regole relative al controllo giurisdizionale degli atti disposti dal procuratore nell'esercizio delle sue funzioni.

Testo attuale del Trattato CE

Articolo 280

1. La Comunità e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri.

2. Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari.

3. Fatte salve altre disposizioni del presente trattato, gli Stati membri coordinano l'azione diretta a tutelare gli interessi finanziari della Comunità contro la frode. A tale fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti.

4. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251, previa consultazione della Corte dei conti, adotta le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri. Tali misure non riguardano l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri.

5. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate ai fini dell'attuazione del presente articolo.

//

Testo proposto

Nuovo articolo 280

1. La Comunità e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri.

2. Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari.

3. Fatte salve altre disposizioni del presente trattato, gli Stati membri coordinano l'azione diretta a tutelare gli interessi finanziari della Comunità contro la frode. A tale fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti.

4. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251, previa consultazione della Corte dei conti, adotta le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 280 bis, tali misure non riguardano l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri.

5. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate ai fini dell'attuazione del presente articolo.

Articolo 280 bis

1. Onde contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 280, paragrafo 1, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo, nomina per un periodo di sei anni, non rinnovabile, un procuratore europeo. Il procuratore europeo è incaricato di ricercare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori o i complici delle infrazioni che ledono gli interessi finanziari della Comunità e di esercitare dinanzi ai tribunali competenti degli Stati membri l'azione penale relativa a queste infrazioni, nel quadro delle regole di cui al paragrafo 3.

2. Il procuratore europeo viene scelto tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza e riuniscano le condizioni richieste per l'esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giurisdizionali. Nell'adempimento dei suoi doveri, egli non sollecita né accetta istruzioni di sorta. Se cessa di soddisfare i requisiti necessari all'esercizio delle sue funzioni o se ha commesso una colpa grave, può essere dimesso dalla Corte di giustizia su richiesta del Parlamento, del Consiglio o della Commissione. Il Consiglio, conformemente alla procedura di cui all'articolo 251, fissa lo statuto del procuratore europeo.

3. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251, fissa le condizioni d'esercizio delle funzioni di procuratore europeo, adottando in particolare

a) un regolamento che fissi gli elementi costitutivi delle infrazioni penali per frode e per qualsiasi attività illegale lesiva degli interessi finanziari della Comunità, nonché le pene previste per ciascuna di esse;

b) regole di procedura applicabili alle attività del procuratore europeo, nonché le norme che disciplinano l'ammissibilità delle prove;

c) regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti di procedura disposti dal procuratore europeo nell'esercizio delle sue funzioni.

Allegato 2 Schemi semplificati di procedura

Gli schemi seguenti permettono di visualizzare alcuni elementi salienti della procedura che potrebbe seguire la procura europea. Essi non rispecchiano tutti i casi di specie né tutte le ipotesi evocate nel libro verde. Possono essere di ausilio alla buona comprensione del testo, ma in nessun caso sostituirlo.

>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

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Allegato 3 Caso fittizio di frode trattato dalla procura europea

L'esempio di frode qui di seguito - compresi i nomi e i fatti indicati - è meramente fittizio ed è stato ideato solo per offrire un'illustrazione del presente libro verde.

I fatti

Supponiamo che esista un'impresa "Meat International", con sede a Londra, operante da anni nel settore dell'import-export di carni. In seguito a una crisi sanitaria nel settore, essa ha sensibilmente incrementato le proprie importazioni di carne dall'America Latina, provenienti in particolare dal Brasile e dall'Argentina. Contestualmente, ha esportato ingenti quantitativi di carne comunitaria verso la Russia. Le importazioni sono transitate per i porti di Anversa e Lisbona, le esportazioni da quello di Rotterdam.

Importazione di carne

In materia di importazioni, l'impresa "Meat International" ha dato prova di inventiva per eludere al massimo i dazi doganali (risorsa comunitaria).

* In primo luogo, ha ingannato sulla natura della merce. Essa ha dichiarato il 20% della carne di qualità come importazioni di «frattaglie», soggette a un dazio molto esiguo.

* Inoltre, l'impresa ha indicato un'origine falsa della merce, per approfittare abusivamente del regime tariffario preferenziale. L'Argentina ha infatti il diritto di esportare nella Comunità un contingente di carne di qualità "Hilton Beef" a una tariffa preferenziale (dazi nulli o estremamente ridotti). Per beneficiare di questo vantaggio tariffario, l'operatore deve ottenere attestati di autenticità dal ministero argentino dell'agricoltura. L'impresa "Meat International" ha importato sistematicamente carne di qualità inferiore, proveniente dal Paraguay, al posto della carne "Hilton Beef". Essa si è avvalsa, per giungere ai propri fini, di attestati ottenuti illegalmente, contro il versamento di un importo di 5 000 US$ per container al funzionario responsabile in Argentina.

* I container corrispondenti sono stati importati e immessi in libera circolazione nell'Unione europea attraverso i porti di Anversa e di Lisbona. Le imprese "Meat International Antwerp" e "Meat International Lisboa" hanno provveduto a fare le dichiarazioni in dogana in qualità di spedizionieri. La distribuzione da Anversa e da Lisbona ai clienti in tutta Europa era affidata all'impresa di trasporti "Transeurope", con sede a Madrid.

Esportazione di carne

Sul fronte delle esportazioni, «Meat International» ha beneficiato indebitamente di sovvenzioni (spese comunitarie).

* L'impresa ha acquistato nel Regno Unito carni britanniche che era vietato introdurre sul mercato comunitario o esportare verso paesi terzi (in quanto sottoposte a embargo), in grandi quantitativi e a prezzi simbolici. Queste carni sono state surgelate, trasportate illegalmente ad Anversa e ivi etichettate dall'impresa "Label International" come carni di origine belga. Successivamente la carne è stata esportata in Russia, esportazione che beneficia di sovvenzioni della Comunità sotto forma di restituzioni all'esportazione.

* Le dichiarazioni doganali sono state fatte dallo spedizioniere "Meat International Antwerp". Una parte è stata esportata in Russia via mare dal porto di Rotterdam, l'altra è stata inoltrata su strada con "Transeurope".

Pregiudizio finanziario

L'impresa ha guadagnato somme cospicue, grazie ai dazi elusi e alle restituzioni ottenute. Per dissimularne l'entità, essa ha creato in Argentina, in Europea e nei Caraibi una serie di società senza reale attività, che procedono a fatturazioni senza contropartita. Tramite queste società l'impresa ha tra l'altro acquistato azioni in borsa sulla piazza di Londra e beni immobiliari a Lugano. In questo modo è possibile eludere alla grande le imposte sulle società.

Esito penale: senza la procura europea

* I doganieri scoprono ad Anversa un container di carne di qualità di origine argentina, anziché le frattaglie dichiarate. Nasce in loro il sospetto di false dichiarazioni doganali per eludere i dazi. Da una verifica della contabilità di "Meat International Antwerp" emerge che questo traffico dura da qualche tempo.

* Il giudice d'istruzione belga, investito del caso dall'amministrazione doganale, chiede alla polizia giudiziaria di interrogare i dirigenti dell'impresa "Meat International", a Londra, nonché i dirigenti e gli autisti dell'impresa "Transeurope", a Madrid; egli desidera altresì una perquisizione presso queste imprese. Vengono trasmesse rogatorie internazionali. Cinque mesi dopo il giudice d'istruzione ottiene i risultati. Scopre che "Transeurope" e "Meat International Antwerp" appartengono alla società "Meat International" e che si tratta quindi di una rete costituita su base permanente al fine di un'attività criminale.

* Le autorità giudiziarie belghe avviano un'istruzione penale contro "Meat International Antwerp" e "Meat International". Il tribunale di Anversa condanna i direttori delle due imprese a pesanti ammende penali, nonché a pene detentive con la condizionale.

* L'esecuzione delle sanzioni si annuncia però difficile, o addirittura impossibile. Messa in allarme dalle indagini condotte, infatti, l'impresa "Meat International" vende i suoi titoli azionari a Londra e li fa reinvestire, tramite le sue società off-shore, in beni immobiliari a Lugano. Il suo direttore, che dispone anche della nazionalità svizzera, dopo la perquisizione si è stabilito a Lugano. Quanto al direttore di "Meat International Antwerp", è in fuga e ha portato con sé i fondi disponibili dell'impresa.

* Parallelamente, le autorità olandesi di polizia scoprono su un automezzo dell'impresa "Transeurope", durante un controllo di routine, della carne con etichette belghe destinata alla Russia, e trovano la cosa sospetta. Tenuto conto delle circostanze, procedono al sequestro della carne. Controlli di laboratorio confermano che si tratta in realtà di carne di origine britannica, sottoposta a embargo.

* Le autorità giudiziarie olandesi trasmettono rogatorie internazionali in Belgio e in Spagna, per raccogliere maggiori prove presso le imprese "Meat International", "Meat International Antwerp" e "Transeurope". Dagli elementi raccolti emerge che la società "Transeurope" ha collegamenti con la società "Meat International Lisboa" e che le false etichette sono state apposte dall'impresa "Label International".

* Le prove vengono comunicate alle autorità giudiziarie portoghesi, le quali vengono informate in merito al caso tramite la rete giudiziaria europea o Eurojust. Le autorità olandesi decidono l'archiviazione, tenuto conto dell'esiguo nesso con i Paesi Bassi e del fatto che non vi sono antecedenti.

* In Portogallo, il pubblico ministero deve purtroppo constatare che, in sede di esecuzione delle rogatorie internazionali, le prove non sono state acquisite in conformità dei requisiti del codice portoghese di procedura penale. Esse sono state infatti raccolte da ufficiali di polizia giudiziaria, e non da un pubblico ministero o da un giudice d'istruzione, il che invalida la loro ammissibilità in Portogallo.

* Le autorità di polizia e giudiziarie in Inghilterra, infine, si limitano a eseguire le richieste di rogatorie internazionali, ma non aprono alcuna inchiesta nei confronti di "Meat International".

Esito penale con la procura europea (in base alle ipotesi per le quali la Commissione europea ha espresso una preferenza)

* Le autorità doganali belghe adiscono la procura europea, in base ai loro sospetti nei confronti delle imprese che hanno presentato dichiarazioni false per eludere i dazi. Da parte loro, le autorità olandesi di polizia si rivolgono nello stesso momento alla procura europea, per la vicenda della carne scoperta, che induce a sospettare una frode ai danni del regime di restituzioni all'esportazione. In entrambi i casi, le imprese coinvolte nel caso sono «Transeurope», il trasportatore, «Meat International Antwerp», quale spedizioniere, e la società «Meat International».

* Grazie al coordinamento e alla centralizzazione di queste informazioni, la procura europea è in grado, riunendo elementi sparsi, di avere una visione più globale di quello che costituisce in realtà un medesimo caso. Da un lato si rende conto della connessione esistente tra le due vicende, non foss'altro perché coinvolgono le stesse imprese. Dall'altro, dispone a questo punto di informazioni sufficienti per capire che si tratta di un grosso caso di frode comunitaria, transnazionale, che comporta operazioni in più paesi e legittima quindi l'avvio, da parte sua, di indagini. Essa non rimanda quindi il caso alle autorità giudiziarie nazionali.

* In primo luogo, la procura europea chiede ai procuratori europei delegati negli Stati membri interessati informazioni complementari sulle imprese in causa. Lo scambio delle informazioni disponibili presso le autorità di polizia e giudiziarie completa il fascicolo. Emerge allora chiaramente che l'impresa «Meat International» realizza altresì operazioni di importazione, attraverso il porto di Lisbona dove si serve di «Meat International Lisboa» quale spedizioniere. Le informazioni scambiate mettono inoltre in evidenza che le imprese «Meat International Antwerp», «Meat International Lisboa» e «Transeurope» appartengono tutte alla società «Meat International».

* La procura europea sospetta pertanto l'esistenza di un'organizzazione criminale che si prefigge di commettere delitti economici e finanziari ai danni del bilancio della Comunità. Per suffragare la propria tesi, essa decide di procedere a intercettazioni delle comunicazioni dell'organizzazione (telefono, fax, posta elettronica) e sottopone questa decisione al controllo del tribunale della libertà nel Regno Unito, paese in cui ha sede l'impresa principale. Ottenuta l'autorizzazione del tribunale della libertà, le intercettazioni vengono eseguite, sotto la direzione della procura europea, dalle autorità competenti negli Stati membri interessati. L'autorizzazione del tribunale della libertà britannico è infatti reciprocamente riconosciuta nello spazio comune di attività investigative e azione penale. Ben presto le intercettazioni forniscono prove convincenti dell'esistenza della rete, della portata dell'attività criminale, dei flussi finanziari in ballo e del fatto che il direttore di «Meat International» è l'autore principale dei reati.

* Responsabile del coordinamento e della direzione dell'istruttoria giudiziaria, la procura europea chiede un'indagine transnazionale per: 1) interrogare i principali protagonisti nelle imprese in causa; 2) sequestrare la contabilità delle imprese; 3) congelare i loro beni e 4) far arrestare i dirigenti di «Meat International». I procuratori delegati eseguono questi vari atti istruttori.

* Per il congelamento dei beni e per il mandato d'arresto viene adito il tribunale della libertà britannico, che autorizza il congelamento e spicca un mandato d'arresto europeo contro il direttore di«Meat International». L'autorizzazione e il mandato d'arresto sono esecutivi nell'intero spazio comune di indagine e d'azione penale, a prescindere da dove si trovino i beni e la persona in causa.

* Gli atti istruttori effettuati in più Stati membri forniscono prove documentali relative al montaggio fraudolento delle importazioni ed esportazioni, alla divisione del lavoro tra le imprese, alla ripartizione dei profitti tra i rispettivi dirigenti e ai flussi finanziari per riciclare i proventi illeciti. A quel punto vengono congelati attivi cospicui a Londra, e somme assai più modeste ad Anversa e a Lisbona. Le prove documentali dimostrano che «Meat International» possiede immobili a Lugano. Per porre questi beni immobiliari sotto sequestro, il procuratore europeo delegato a Londra trasmette alle autorità elvetiche una rogatoria internazionale, in base alla convenzione del Consiglio d'Europa di assistenza giudiziaria in materia penale e del suo protocollo aggiuntivo, oppure (supponendo che esista) in base a una convenzione europea di assistenza giudiziaria tra la procura europea e la Svizzera.

* Al termine della fase istruttoria, la procura europea decide di rinviare a giudizio i principali autori, ovvero le persone giuridiche («Meat International», «Meat International Antwerp», «Meat International Lisboa», «Transeurope» e «Label International») e determinate persone fisiche alle loro dipendenze. Esse vengono accusate di frode comunitaria e riciclaggio di capitali, con l'aggravante dell'associazione per delinquere.

* Considerando che l'autore principale è sottoposto a custodia cautelare nel Regno Unito, dove ha sede l'impresa madre ed è anche congelata la massima parte dei beni, la procura europea, in applicazione dei criteri di priorità di giurisdizione, decide il rinvio a giudizio dinanzi al tribunale penale di Londra. Un giudice nazionale, designato dalla legislazione britannica, esercita il controllo del rinvio a giudizio. Egli esamina i tre interrogativi seguenti. 1) Le prove sono state ottenute in modo legale* 2) Quelle ottenute nel rispetto della legalità, sono sufficienti per un rinvio a giudizio* 3) Il tribunale di Londra è competente* Nel caso di specie, il giudice nazionale del rinvio risponde affermativamente a tutti e tre gli interrogativi. Poiché si è in presenza di uno spazio comune di indagine e azione penale, la procura europea può quindi investire il tribunale penale di Londra dell'intero caso.

* La procura europea rappresenta la pubblica accusa in ordine ai reati comunitari. L'autorità nazionale responsabile dell'azione penale ha la facoltà di procedere per la frode fiscale in materia di imposta sulle società. Il tribunale inglese condanna le imprese in causa a pesanti ammende penali e confisca i loro beni. Esso condanna inoltre i dirigenti di "Meat International" a 4 anni di reclusione, e i dirigenti delle altre imprese a 2 anni.

* Le sanzioni pronunciate dal tribunale di Londra sono valide nell'intero spazio comune di indagine e d'azione penale. Esse vengono eseguite nel Regno Unito e, in base al principio di reciproco riconoscimento, in Belgio, Portogallo e Spagna. Per la confisca degli immobili a Lugano, viene trasmessa alle autorità svizzere una richiesta di esecuzione, in applicazione delle convenzioni internazionali vigenti.

ALLEGATO 4 Riepilogo delle domande formulate

Domanda generale - Quale è la vostra valutazione circa l'impostazione generale proposta per la procura europea, ovvero

- per il suo campo d'azione (limitato alla mera dimensione finanziaria degli interessi comunitari)*

- per i suoi poteri*

- per il modo in cui si articola con i sistemi penali nazionali*

Domanda n. 1 - Cosa pensate della struttura e dell'organizzazione interne proposte per il pubblico ministero europeo* Il mandato europeo conferito ai procuratori europei delegati dovrebbe essere esclusivo o potrebbe essere combinato con un mandato nazionale*

Domanda n. 2 - Per quali fattispecie di reato la procura europea dovrebbe essere competente* Le definizioni di fattispecie di reato già acquisite nel quadro dell'Unione europea andrebbero completate*

Domanda n. 3 - La creazione di una procura europea dovrebbe comportare l'adozione di determinate regole comuni supplementari, in materia di:

- sanzioni*

- responsabilità*

- prescrizione*

- altri aspetti*

In caso affermativo, in quale misura*

Domanda n. 4 - In quali casi e a opera di chi la procura europea dovrebbe essere obbligatoriamente adita*

Domanda n. 5 - La procura europea dovrebbe seguire il principio di obbligatorietà dell'azione penale come propone la Commissione o essere guidata da considerazioni di opportunità* Quali eccezioni dovrebbero essere previste in ciascuno dei casi*

Domanda n. 6 - Tenuto conto delle ipotesi tratteggiate nel presente libro verde, come andrebbero ripartite le attribuzioni tra la procura europea e le autorità inquirenti nazionali, in particolare per consentire il trattamento dei casi misti*

Domanda n. 7 - L'elenco dei provvedimenti istruttori di cui la procura europea si potrebbe avvalere vi sembra sufficiente, in particolare per superare il frazionamento dello spazio penale europeo* Quale disciplina (diritto applicabile, controllo - si veda il 6.4) va prevista per provvedimenti del genere*

Domanda n. 8 - Quali soluzioni si possono prospettare per garantire l'esecuzione degli atti istruttori richiesti dalla procura europea*

Domanda n. 9 - In quali condizioni la procura europea dovrebbe poter prendere una decisione di archiviazione o di rinvio a giudizio*

Domanda n. 10 - Secondo quali criteri scegliere lo o gli Stati membri di rinvio a giudizio* È necessario controllare la scelta al riguardo della procura europea* In caso affermativo, a chi andrebbe affidato questo controllo*

Domanda n. 11 - Il principio in base al quale le prove legalmente acquisite in uno Stato membro dovrebbero essere ammissibili dinanzi ai tribunali di qualsiasi altro Stato membro potrebbe permettere di superare, con riferimento alla procura europea, l'ostacolo costituito dalla diversità delle norme in materia di ammissibilità delle prove*

Domanda n. 12 - A chi va affidata la funzione di controllo degli atti investigativi eseguiti sotto l'autorità della procura europea*

Domanda n. 13 - A chi affidare la funzione di controllare l'atto di rinvio a giudizio*

Domanda n. 14 - I diritti fondamentali della persona sembrano sufficientemente tutelati, lungo l'intero iter della procedura proposta per la procura europea* In particolare, è sufficientemente garantito il diritto a non essere perseguiti penalmente due volte per la stessa infrazione (si veda il paragrafo 6.2.1.)*

Domanda n. 15 - Quali dovrebbero essere le modalità per una buona articolazione dei rapporti tra la procura europea e i soggetti della cooperazione penale istituiti nel quadro dell'Unione europea*

Domanda n. 16 - Nella prospettiva della valutazione dello statuto dell'OLAF cui la Commissione dovrà procedere, quali elementi vi sembrano pertinenti per definire la possibile articolazione tra l'OLAF e la procura europea*

Domanda n. 17 - Quali dovrebbero essere le relazioni della procura europea con i paesi terzi, in particolare con i paesi candidati, per migliorare la lotta contro le attività lesive degli interessi finanziari comunitari*

Domanda n. 18 - Quali dovrebbero essere i mezzi di ricorso offerti contro gli atti cui la procura europea procede nell'esercizio delle sue funzioni o eseguiti sotto la sua autorità*

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