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Document 52001DC0162(04)

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo - Piano d'azione a favore della biodiversità pesca

/* COM/2001/0162 def. */

52001DC0162(04)

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo - Piano d'azione a favore della biodiversità pesca /* COM/2001/0162 def. */


Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Piano d'azione a favore della biodiversità - Pesca

INDICE

1. Introduzione

2. Il concetto di biodiversità

3. Obiettivi complessivi del piano d'azione

4. Piano d'azione relativo alla pesca.

4.1. Rilevanza per il settore della pesca

4.2. Il quadro giuridico relativo alla pesca

4.2.1. Il quadro giuridico comunitario

4.2.2. Il quadro giuridico internazionale

4.3. Misure per la protezione della biodiversità

4.3.1. Conservazione ed uso sostenibile di stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale mediante una riduzione complessiva della pressione esercitata dalla pesca

4.3.2. Misure tecniche per gli stock ittici sfruttati a fini commerciali

4.3.3. Misure tecniche relative ad altri organismi ed habitat

4.4. Ricerca, indicatori di rendimento, monitoraggio e valutazione

4.4.1. Ricerca e consulenza integrata

4.4.2. Raccolta dei dati

4.4.3. Indicatori, monitoraggio e valutazione

5. Acquacoltura

5.1. Introduzione

5.2. Il quadro giuridico relativo all'acquacoltura

5.2.1. Il quadro giuridico comunitario

5.2.2. Il quadro giuridico internazionale

5.3. Misure volte a tutelare la biodiversità

5.3.1. Riduzione dell'impatto ambientale

5.3.2. Introduzione di nuove specie, sicurezza zoosanitaria e animali geneticamente modificati in acquacoltura

5.4. La ricerca nel campo dell'acquacoltura.

6. Informazione, istruzione, formazione e sensibilizzazione

7. Attuazione e scadenze

Allegato 1 : Elenco delle abbreviazioni utilizzate nel piano d'azione

Allegato II : Attuazione delle misure necessarie per il conseguimento delle priorità previste dal piano d'azione: traguardi e scadenze

1. Introduzione

1. Il presente documento propone alcuni obiettivi e misure di gestione relativi alla conservazione e all'uso sostenibile della diversità nell'ambito delle attività di pesca e di acquacoltura. La strategia comunitaria europea per la biodiversità prevede l'elaborazione e l'attuazione di strategie che consentano la conservazione e l'uso sostenibile della diversità in tutte le politiche settoriali. Il settore della pesca, che comprende l'acquacoltura, esercita impatti sulla biodiversità marina, costiera, degli estuari e in parte terrestre in molti modi ed è pertanto chiamato in particolare a rispettare tale requisito. La strategia comunitaria per la diversità biologica [1] è stata adottata sotto forma di comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento del febbraio 1998 che l'anno rispettivamente approvata nel febbraio e nell'ottobre dello stesso anno.

[1] Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su una strategia comunitaria per la diversità biologica COM(1998)42 def.

2. La maggior parte delle preoccupazioni circa gli impatti della pesca e dell'acquacoltura sulla diversità biologica riguardano gli effetti del sovrasfruttamento delle risorse ittiche, l'impatto fisico sugli habitat, il carico eccessivo di nutrienti e la diffusione di malattie. Minori preoccupazioni sono state sollevate circa eventuali conseguenze a livello genetico provocate da decenni di pesca intensiva e selettiva rispetto alle dimensioni dei pesci.

3. L'attività, di pesca esercitata a lungo in maniera molto intensiva ha portato lo stock riproduttivo di molte specie demersali a livelli critici o in alcuni casi addirittura ad un crollo come nel caso delle riserve di merluzzo e di nasello. Una pesca molto intensiva può dare luogo ad una riduzione della variabilità genetica e a reti alimentari semplificate e meno efficaci con grave perturbazione del flusso energetico all'interno dell'ecosistema. Possibili conseguenze sono una minore resilienza ed una minore stabilità dell'ecosistema. Inoltre in tali condizioni gli ecosistemi possono mostrare una minore capacità di adeguamento alle modifiche naturali dell'ambiente.

4. Non vi è certezza sulla gravità del fenomeno poiché le conoscenze sull'entità degli impatti esercitati dalla pesca, compresa l'acquacoltura, sulla biodiversità sono ancora limitate, in particolare per quanto riguarda la diversità a livello genetico, funzionale e di ecosistema. Vi è pertanto il rischio di provocare gravi danni inconsapevolmente. Il lento recupero di alcuni stock dell'Atlantico settentrionale e la scomparsa di aree riproduttive sembrano indicare che tali cambiamenti sono avvenuti.

5. Tuttavia sono sempre più numerose le ricerche su questi ed altri aspetti della biodiversità e ciò contribuisce ad una loro maggiore conoscenza e all'elaborazione delle future politiche in materia di pesca e biodiversità. Di seguito si tratta della biodiversità, della sua rilevanza per la pesca, della dipendenza da essa di tale settore e delle potenziali minacce che la riguardano, inoltre si propongono interventi per rimediare ai potenziali impatti provocati dalla pesca e dall'acquacoltura.

6. La presente comunicazione ha rappresentato un passo importante verso l'integrazione degli aspetti ambientali nel settore della pesca. Un passo successivo è stato descritto nella comunicazione sulla gestione alieutica e la conservazione della natura in ambiente marino [2] che descrive i principali problemi relativamente alle interazioni tra pesca e ambiente e propone una politica quadro comunitaria per un uso sostenibile della pesca e della biodiversità.

[2] Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - gestione alieutica e conservazione della natura in ambiente marino COM(1999)363 def.

2. Il concetto di biodiversità

7. La convenzione delle NU sulla diversità biologica [3] dà all'articolo 2 una definizione ampia del concetto: "con l'espressione 'diversità biologica' si intende la variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia, gli ecosistemi terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici ed i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò include la diversità nell'ambito delle specie e tra le specie e quella tra gli ecosistemi."

[3] La convenzione delle NU sulle diversità biologica è stata adottata il 5 giugno 1992, ed è entrata in vigore il 29 dicembre 1993.

8. La definizione fa un chiaro riferimento alla complessità della diversità biologica e ne esclude semplificazioni eccessive come la sua riduzione al numero delle specie presenti in un ecosistema o solo di quelle sfruttate commercialmente. La biodiversità non può pertanto essere limitata al concetto di specie ma dovrebbe comprendere anche:

* la variabilità genetica all'interno della specie,

* la variabilità nella struttura delle dimensioni e dell'età e la qualità riproduttiva delle specie

* la diversità delle specie

* la diversità degli ecosistemi (in termini di comunità, di habitat e funzionali).

9. Le conoscenze scientifiche su tali fattori sono limitate, specialmente per quanto riguarda la capacità di comprendere, misurare e prevedere la risposta degli ecosistemi all'impatto antropico e ai cambiamenti naturali. Mentre nell'arco di diversi decenni si sono accumulate notevoli conoscenze sulle specie ittiche importanti dal punto di vista commerciale sull'idrografia ecc., mancano dati completi su altri e su parametri e specie importanti che possano descrivere la complessa funzionalità e le interazioni tra le diverse specie e tra queste e il loro ambiente.

10. I progressi recentemente ottenuti nell'elaborazione di un approccio precauzionale alla gestione degli stock ittici importanti dal punto di vista commerciale ha dimostrato che in molti casi quando si dispone di dati adeguati e di analisi dei rischi affidabili è possibile elaborare un concetto operativo di sostenibilità del singolo stock basato su quadro quantitativo che comprende limiti e punti di riferimento biologici e modelli di gestione. In alcune zone per le quali si dispone di modelli multispecifici è possibile elaborare strategie di sfruttamento che comprendano considerazioni multispecifiche. L'applicazione di un approccio precauzionale dovrebbe assicurare la sostenibilità ma non necessariamente anche dal punto di vista genetico.

11. Le conoscenze scientifiche non sono ancora tali da consentire di assicurare la sostenibilità dell'ecosistema, almeno per quanto riguarda l'ambiente marino, in misura analoga a quella dei singoli stock. Ciò nonostante le sempre più numerose ricerche contribuiscono a migliorare le conoscenze e ad individuare i dati che occorre raccogliere. Si sta inoltre lavorando all'elaborazione di un più ampio ventaglio di obiettivi ecologici (obiettivi di qualità ecologica) e all'individuazione di indicatori ambientali.

12. Sappiamo per esperienza che gli ecosistemi o parte di essi, come gli stock ittici, possono tornare in condizioni ottimali qualora le pressioni antropiche si riducano, purché gli habitat (e, ancor più importante, le risorse genetiche) non siano stati danneggiati irreversibilmente. Per lo più allorché una modifica degli impatti antropici consente un miglioramento delle condizioni, gli stock ittici possono reintegrarsi e tornare a popolare habitat precedentemente impoveriti, ma il processo può richiedere tempi notevolmente lunghi.

13. Assicurare la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità deve pertanto avere come obiettivo la conservazione delle risorse genetiche naturali per gli usi attuali e futuri.

3. Obiettivi complessivi del piano d'azione

14. La Comunicazione della Commissione del 1998 prevede che i piani d'azione per la biodiversità diventino strumenti concreti attraverso i quali integrare la biodiversità nelle politiche settoriali ed intersettoriali. Alcuni piani d'azione possono prendere la forma di strumenti giuridici ma dovrebbero costituire inoltre parte integrante di politiche settoriali esistenti e tenere conto degli accordi in vigore e delle imprese internazionali.

15. L'obiettivo complessivo dovrebbe pertanto essere quello di definire ed individuare nell'ambito del vigente quadro legislativo misure coerenti che consentano la conservazione o il ripristino della biodiversità dove questa risulti minacciata a causa di attività di pesca o acquacoltura [4]. La comunicazione della Commissione per quanto riguarda la pesca individuava quattro campi in cui intervenire:

[4] In questo contesto i termini "pesca", e "stock ittici" si riferiscono, ove opportuno, non solo alle specie ittiche ma anche ai crostacei, ai molluschi e ad altri organismi acquatici.

(1) favorire la conservazione e l'utilizzazione sostenibile degli stock ittici e delle zone di alimentazione attraverso il controllo dei tassi di sfruttamento e l'introduzione di provvedimenti tecnici a sostegno della conservazione e dell'uso sostenibile degli stock ittici. I provvedimenti applicabili prevedono tra l'altro la designazione di zone precluse alla pesca (soprattutto per proteggere zone fittamente popolate da novellame) e la regolamentazione delle dimensioni delle maglie delle reti. Ciascun provvedimento dovrebbe essere applicato in funzione dei suoi meriti e della sua efficacia ai fini della conservazione;

(2) ridurre l'impatto delle attività di pesca e di altre attività umane sulle specie non bersaglio e sugli ecosistemi marini e costieri ai fini di uno sfruttamento sostenibile della biodiversità marina e costiera;

(3) evitare attività di acquacoltura che potrebbero compromettere la conservazione degli habitat se ubicate in aree sensibili, ad esempio le zone in cui crescono le mangrovie nei paesi terzi e le zone di oscillazione delle maree in territorio comunitario, inquinare mediante le sostanze utilizzate nella piscicoltura e provocare contaminazione genetica a seguito della liberazione o fuga di specie o varietà di allevamento.

16. Nella fase iniziale emergerà una chiara convergenza di interessi tra le attività di pesca e la conservazione della biodiversità poiché una moderata riduzione dell'intensità dello sfruttamento avrà come conseguenza attività di pesca più sostenibili e remunerative ed una maggiore conservazione della biodiversità. Grazie all'introduzione di limiti per le specie non obiettivo e alla protezione degli habitat i tassi sfruttamento risulteranno non solo adeguati allo stato delle specie obiettivo, ma saranno anche determinati dallo stato di altre specie o habitat. Ciò comporterà uno sfruttamento minore, minori opportunità di pesca e una riduzione dell'occupazione in tale settore. Insorgeranno pertanto notevoli conflitti tra obiettivi impliciti del settore della pesca e quelli imposti dalle considerazioni in materia di biodiversità.

17. Le limitate conoscenze scientifiche di cui si dispone su aspetti intrinseci della biodiversità ed in particolare sull'impatto esercitato su di essa dalla pesca restringe per forza di cose il campo d'applicazione dei provvedimenti applicabili nella fase attuale. Entro i limiti delle conoscenze scientifiche attualmente disponibili si richiede tuttavia un approccio realistico e positivo. Nel piano d'azione si propongono misure che consentiranno di raggiungere un livello iniziale adeguato di protezione. Inoltre gli effetti dei provvedimenti adottati dovranno essere misurabili e venire controllati in modo da consentire un'adeguata valutazione della loro efficacia. Inoltre i provvedimenti adottati nel quadro del piano d'azione dovranno essere aggiornati in base alle nuove informazioni scientifiche ed ulteriormente elaborati nel corso del tempo. Il sostegno alle attività di ricerca, di monitoraggio e di valutazione svolgerà pertanto un ruolo cruciale per l'ulteriore sviluppo del piano.

18. Non sarà possibile conseguire tutti gli obiettivi contemporaneamente ma, in base alle conoscenze attuali si possono realizzare notevoli miglioramenti. Una simile azione favorirà ulteriori iniziative da adottare quando saranno disponibili i risultati delle ricerche in corso e di quelle proposte. L'applicazione di obiettivi in materia di biodiversità alle attività di pesca richiede una strategia a lungo termine.

19. Vi è una distinzione più o meno chiara tra gli aspetti connessi con le attività di pesca e quelli connessi con l'acquacoltura. Il capitolo 4 del presente documento fa riferimento al piano d'azione rispetto alle attività di pesca e all'ambiente naturale (organismi selvatici), mentre il capitolo 5 riguarda il piano d'azione relativo all'acquacoltura. Nell'allegato 1 è riportata la spiegazione delle numerose sigle utilizzate nel testo.

20. La presente comunicazione si incentra sulle attività di pesca ed acquacoltura in zone marittime e costiere, ma tali attività presentano rilevanza anche per gli ambienti d'acqua dolce. Inoltre alcuni stock ittici migrano attraverso zone di acqua dolce, costiere e marine. Misure compatibili dovrebbero essere applicate anche nelle acque dolci alle specie che migrano tra acque marine ed acque dolci, come ad esempio i salmonidi e le anguille. Ciò potrebbe essere ottenuto più efficacemente attraverso misure di gestione e conservazione relative a tale specie nel quadro della politica comune della pesca. Analogamente gli interventi proposti per l'acquacoltura potrebbero essere applicati anche all'ambiente marino, costiero e d'acqua dolce.

21. Tuttavia, per quanto riguarda le specie ittiche e le attività di pesca esclusivamente presenti in ambienti d'acqua dolce l'elaborazione dei piani d'azione per la biodiversità dovrebbe rimanere di competenza dei singoli Stati membri. Il maggiore isolamento geografico e la maggiore eterogeneità degli habitat delle acque dolci rende necessario un adeguamento dei piani locali o regionali alla specificità dei singoli sistemi. Gli Stati membri dovrebbero pertanto riesaminare i piani esistenti o elaborarne di propri e a tal fine il presente piano d'azione può costituire un utile orientamento. Si può anche prendere in considerazione la necessità di dare un seguito a livello comunitario ai piani nazionali per la pesca. La Commissione potrebbe pertanto riesaminare i piani elaborati dagli Stati membri.

4. Piano d'azione relativo alla pesca.

4.1. Rilevanza per il settore della pesca

22. La situazione attuale in cui numerosi stock ittici sono soggetti ad un eccessivo sfruttamento in termini di potenziale di crescita e, ancor più allarmante, in termini di minore rinnovamento della popolazione, indica chiaramente che gli attuali livelli di prelievo per molti stock non sono sostenibili. Gli eccessivi prelievi hanno fatto sì che le popolazioni in età riproduttiva abbiano raggiunto minimi storici e siano dominate da poche classi d'età. Di conseguenza la produzione si è ridotta ed è possibile effettuare solo prelievi ben al di sotto del quantitativo massimo sostenibile a lungo termine. Il problema fondamentale è lo squilibrio tra la capacità delle flotte pescherecce e le risorse ittiche che esse sfruttano.

23. A parte gli effetti negativi diretti a livello economico e biologico provocati dalla pesca eccessiva praticata nei confronti delle specie obiettivo, sono sorte preoccupazioni circa gli effetti sulle altre componenti dell'ecosistema. A causa del prelievo selettivo di alcune specie e dei cambiamenti indotti nella struttura delle popolazioni relativamente alle dimensioni, possono verificarsi cambiamenti nelle interazioni predatore-preda ed anche la mappa dei flussi di energia nella rete alimentare può risultare in vario modo alterata. Pur in assenza di alterazioni del flusso di energia e di gravi modifiche a livello funzionale, potrebbero verificarsi modifiche nella struttura delle comunità ittiche. Ciò potrebbe portare alla sostituzione di specie con un elevato valore di mercato con altre che presentano un valore minore.

24. Un recente studio dell'ICES ha rivelato che laddove si verificano cambiamenti rilevanti di questo tipo nella rete alimentare la causa non va individuata nella pesca in sé ma nella pesca eccessiva generalmente accompagnata da altri eventi rilevanti per l'ambiente. Ciò rende difficile isolare il ruolo svolto dalla pesca in eccesso rispetto alle modifiche della rete alimentare. Pertanto, anche se i fattori ambientali svolgono un ruolo importante per quanto riguarda la struttura della rete alimentare, evitare uno sfruttamento eccessivo delle risorse può aumentare notevolmente la capacità dell'ecosistema di resistere a traumi ambientali. I rischi di gravi danni irreversibili all'ecosistema sarebbero notevolmente ridotti da una gestione sostenibile della pesca.

25. La pesca esercita inoltre un effetto fisico sull'habitat. La pesca effettuata con reti da traino con buttafuori o con reti a strascico divergenti danneggia i fondali riducendo la diversità degli habitat e provocando la dispersione dei nutrienti contenuti nei sedimenti lungo la colonna d'acqua. Ciò può provocare una maggiore produzione locale e una maggiore disponibilità di energia a livelli inferiori della rete alimentare. Le conoscenze scientifiche suggeriscono l'ipotesi che tali variazioni nella disponibilità di risorse influiscano sul trasferimento di energia verso l'alto e modifichino la numerosità delle specie predatrici. Le conseguenze di tali cambiamenti sono incerte e richiedono ulteriori ricerche, tuttavia non è da escludere il rischio che si possano provocare modifiche involontarie nella numerosità delle specie di pesci, con effetti negativi per la pesca.

26. Mentre gli effetti legati agli impatti a breve e medio termine e gli interventi necessari per porvi rimedio possono essere individuati, maggiori difficoltà si possono incontrare nell'individuare e porre rimedio alle modifiche della biodiversità che si verificano nel lungo periodo, come quelle che interessano la diversità genetica.

27. Vi è una sempre maggiore consapevolezza del fatto che avere esercitato per decenni pressioni eccessive sulle risorse può avere influito sulla diversità genetica per lo meno di alcuni stock sfruttati a livello commerciale. Una volta verificatisi, tali cambiamenti sono irreversibili o, qualora siano reversibili, richiedono tempi molto lunghi. Esiste potenzialmente il rischio che in tali casi gli stock non rispondano nella maniera prevista agli interventi di gestione o che presentino una ridotta capacità di adeguarsi alle modifiche naturali dell'ambiente.

28. Il settore dell'acquacoltura dipende a sua volta dalla conservazione della biodiversità che costituisce la base per l'ulteriore sviluppo e lo sfruttamento di nuove specie.

29. Sia la pesca che l'allevamento ittico dipendono dalla qualità degli ecosistemi acquatici poiché sia i pesci selvatici che quelli allevati sono esposti agli inquinanti presenti nell'acqua o contenuti nel cibo. Inquinanti persistenti e soggetti a bioaccumulazione possono costituire una minaccia per gli animali lungo la catena alimentare, esercitando impatti sui pesci, gli uccelli marini, le foche e i cetacei e in casi gravi possono arrivare a limitare il consumo da parte dell'uomo. La pesca è una delle più importanti fra le attività umane che esercitano impatti sull'ambiente acquatico, ma ci sono anche altri fattori rilevanti come l'inquinamento, le modifiche o la riduzione degli habitat, l'eutrofizzazione e l'introduzione di specie non indigene.

30. La sostenibilità del futuro sviluppo del settore della pesca dipende pertanto in larga misura da un ecosistema acquatico sostenibile e quindi dalla conservazione della sua diversità e produzione biologica.

4.2. Il quadro giuridico relativo alla pesca

4.2.1. Il quadro giuridico comunitario

31. Il quadro giuridico relativo alla politica europea della pesca comprende il concetto di conservazione delle risorse acquatiche marine vive ed è andato evolvendo di pari passo con l'accumulazione di prove scientifiche sugli effetti della pesca sugli stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale e con una maggiore chiarezza su come applicare praticamente una politica capace di affrontare un tema di questa complessità.

32. In tale contesto, l'articolo 2 dello strumento normativo di base relativo alla politica comunitaria della pesca, il regolamento CEE n. 3760/92 [5], stabilisce che: "La politica comune della pesca si prefigge l'obiettivo generale di proteggere e conservare le risorse acquatiche e marine vive disponibili e accessibili nonché di assicurarne lo sfruttamento razionale e responsabile su base sostenibile, in condizioni economiche e sociali appropriate per tale settore, tenendo conto delle relative implicazioni per l'ecosistema marino e tenendo presenti in particolare l'esigenza dei produttori e dei consumatori".

[5] Regolamento CEE n. 3790/92 del Consiglio che istituisce un regime comunitario della pesca e dell'acquicoltura, GU L 389 del 31.12.1992, pag. 14.

33. Il regolamento CEE n. 3760/92 prevede anche il ricorso a strumenti di gestione per assicurare un ulteriore protezione alla biodiversità marina. In particolare l'articolo 4 del suddetto regolamento stabilisce che il Consiglio può:

(1) istituire zone ed aree protette in cui le attività di pesca sono vietate o limitate;

(2) limitare i tassi di sfruttamento (ulteriori indicazioni su come stabilire le limitazioni necessarie sono riportate nell'articolo 8 dello stesso regolamento);

(3) fissare limiti quantitativi per le catture (in relazione al precedente punto 2) del suddetto articolo);

(4) limitare il tempo trascorso in mare (in relazione al precedente punto 2) del suddetto articolo);

(5) determinare il numero e il tipo dei pescherecci autorizzati a operare (in relazione al precedente punto 2);

(6) definire misure tecniche per gli attrezzi da pesca con le relative modalità d'uso;

(7) determinare le dimensioni minime o il peso minimo degli esemplari che possono essere catturati;

(8) istituire incentivi anche economici al fine di promuovere una pesca più selettiva.

34. Tuttavia il Consiglio può adottare in linea di principio qualsiasi altra misura volta a "proteggere e conservare le risorse acquatiche marine vive disponibili e accessibili nonché di assicurarne lo sfruttamento razionale e responsabile su base sostenibile", comprese misure volte a tutelare la biodiversità, che rientrino nei concetti di "sfruttamento responsabile" e di "sostenibilità" di cui all'articolo 2 del regolamento CEE n. 3760/92.

35. Numerosi atti normativi di applicazione della PCP relativi a misure quantitative, tecniche o strutturali di conservazione mirano a tradurre in pratica tali concetti mentre il regolamento di base costituisce uno strumento adeguato per integrare gli obiettivi relativi alla biodiversità nella politica comunitaria in materia di conservazione. Inoltre, la Corte europea di giustizia ha confermato che le misure volte ad assicurare la protezione delle zone di pesca, la conservazione, e lo sfruttamento equilibrato delle risorse e a limitare lo sforzo di pesca possono integrare in larga misura le componenti ambientali [6]. Il quadro giuridico della CPC risulta pertanto favorevole ad un'ampia integrazione delle preoccupazioni ambientali nel settore della pesca come auspicato dalle pertinenti disposizioni del trattato CE, modificato dal trattato di Amsterdam (articolo 6) e del cosiddetto processo di Cardiff.

[6] Cfr. sentenza della Corte del 24 novembre 1993 (Etablissements Armand Mondiet SA contro Armement Islais SARL), Causa C-405/92, Raccolta della giurisprudenza della Corte 1993 pag. I-6133.

36. Il "processo di Cardiff" è un meccanismo volto ad integrare gli aspetti ambientali e legati allo sviluppo sostenibile nelle politiche comunitarie. In questo contesto il Consiglio pesca è invitato ad elaborare una strategia complessiva per lo sviluppo sostenibile. Il settore della pesca deve a sua volta elaborare una strategia settoriale particolareggiata e individuare obiettivi e indicatori con i quali verificare i progressi ottenuti. Le consultazioni sul piano d'azione per la biodiversità per il settore della pesca offrono una prima opportunità di contribuire al processo in questione e di elaborare un approccio sistematico all'integrazione della biodiversità nella politica della pesca.

4.2.2. Il quadro giuridico internazionale

37. Oltre alla Convenzione sulla diversità biologica, il Mandato di Giacarta e altri accordi internazionali sulla flora e la fauna selvatiche quali la Convenzione di Bonn, la Comunità è tenuta a rispettare norme internazionali sulla pesca previste da strumenti quali la Convenzione delle NU sul diritto del mare del 1982, ha firmato l'Accordo delle NU sugli stock ittici transzonali ed ha inoltre dichiarato di applicare il Codice internazionale di condotta per una pesca responsabile della FAO [7]. In tale codice, in particolare l'articolo 6, sono presenti i riferimenti all'integrazione della protezione della biodiversità nel concetto di pesca responsabile. La Comunità coopera con diverse organizzazioni regionali per la pesca come l'IBSFC, la NASCO, la NEAFC, la NAFO e la CCAMLR che riguardano anche aspetti quali la conservazione degli ecosistemi, la biodiversità e l'applicazione dell'approccio precauzionale alla pesca. La Comunità è inoltre stata particolarmente attiva nell'ambito dell'iniziativa dell'Agenda 21 per la regione del mar Baltico [8] attraverso l'IBSFC in rappresentanza del settore della pesca. Il Baltico 21 è uno dei primi tentativi di definire obiettivi e indicatori finalizzati al conseguimento dello sviluppo sostenibile e della conservazione della biodiversità. Tra i suoi principi guida, vi è quello della "ulteriore integrazione della pesca e della protezione ambientale e delle misure di gestione e di conservazione adottando, entro i limiti delle conoscenze scientifiche, un approccio ecosistemico". La Comunità partecipa inoltre attivamente all'elaborazione in seno alla FAO dei piani internazionali d'azione per la difesa degli squali e degli uccelli marini [9] ed applica le raccomandazioni CITES.

[7] Codice internazionale di condotta per una pesca responsabile, FAO 1995.

[8] Report from the Extraordinary Session "Baltic 21" Sector fisheries, Varsavia 16-20 febbraio 1998.

[9] Piano internazionale d'azione e per la conservazione e la gestione degli squali. FAO 1999.

38. Vi sono inoltre altre convenzioni che riguardano la protezione dell'ambiente e degli ecosistemi in tre regioni europee, il mar Baltico, il mar Mediterraneo e l'Atlantico nord orientale. Ad esempio la convenzione per la protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico nord orientale (Convenzione OSPAR) e quella relativa al Baltico (HELCOM) che richiedono alle parti di proteggere, conservare e ripristinare gli ecosistemi e la diversità biologica della zona marittima attraverso il controllo e la riduzione degli impatti antropici diversi da quello della pesca nelle aree in questione.

4.3. Misure per la protezione della biodiversità

39. In pratica il piano d'azione dovrebbe portare ad applicare il principio di precauzione, come indicato nella Comunicazione della Commissione sull'applicazione del principio precauzionale e i meccanismi pluriennali di determinazione dei TACs [10] , e le disposizioni del codice internazionale di condotta per una pesca responsabile della FAO. Il piano potrebbe inoltre applicare le disposizioni pertinenti così come indicato nella comunicazione della Commissione sul principio precauzionale [11]. Aspetto centrale di tali accordi è evitare danni irreversibili quali una riduzione della variabilità genetica di una determinata popolazione. Altro aspetto fondamentale è che non ci si potrà appellare alla mancanza di conoscenze scientifiche complete per rinviare azioni ritenute necessarie qualora una valutazione scientifica preliminare obiettiva indichi l'esistenza di preoccupazioni ragionevolmente fondate circa effetti potenzialmente irreversibili sull'ambiente. All'applicazione dei principi ispirati alla precauzione è stato dato il nome di approccio precauzionale (AP) alla gestione della pesca. Tale approccio si è andato sempre più affermando e si è ormai accumulata una notevole esperienza sia all'interno dell'UE sia nell'ambito delle organizzazioni della pesca regionali ed internazionali. Sulla base di tali esperienze appare evidente che l'AP costituisce uno strumento adeguato per conseguire gli obiettivi indicati dalla presente comunicazione.

[10] Comunicazione della Commissione - Applicazione del principio precauzionale e meccanismi pluriennali di determinazione dei TAC. COM(2000) 803 def., del 1°.12.2000.

[11] Comunicazione della Commissione sul principio di precauzione, COM(2000) 1 def., del 2.2.2000.

40. Le azioni da adottare possono comprendere:

* obiettivi di gestione in conformità dell'approccio precauzionale per gli stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale e le specie e gli habitat non obiettivo;

* misure volte ad evitare l'esaurimento di stock locali geneticamente distinti;

* elaborare nuove misure tecniche di conservazione e dare maggiore applicazione a quelle esistenti al fine di ridurre gli impatti della pesca sulle componenti degli ecosistemi che presentano scarsa o nessuna importanza commerciale;

* ricerca di base al fine di sostenere, fornire informazioni e far progredire l'integrazione della considerazione degli aspetti legati alla biodiversità nelle politiche della pesca.

41. È inoltre importante:

* aumentare il livello di coerenza tra gli strumenti della PCP e quelli ambientali e la relativa applicazione;

* assicurare che le politiche e gli strumenti della pesca non provochino danni all'ambiente di paesi terzi o di aree al di fuori dei limiti della giurisdizione nazionale e fornire assistenza ai paesi terzi in materia di conservazione ed uso sostenibile della biodiversità;

* coinvolgere maggiormente i pescatori negli interventi volti a ripristinare gli habitat e a ridurre l'immissione di inquinanti persistenti e di nutrienti in eccesso nei fiumi, negli estuari e in mare;

42. Ciascuna di queste azioni viene discussa in seguito.

4.3.1. Conservazione ed uso sostenibile di stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale mediante una riduzione complessiva della pressione esercitata dalla pesca

Motivazione

Stock ittici sfruttati commercialmente

43. Diversi fattori incidono sulle possibilità di conservare e utilizzare in maniera sostenibile gli stock ittici, il più importante è tuttavia costituito dall'intensità e dalla natura della pesca eventualmente effettuata. Ridurre la pressione esercitata dalla pesca comporterà in un primo periodo una diminuzione della quantità pescata rispetto ai livelli attuali, mentre a medio e lungo termine farà sì che gli stock ittici presentino in media una maggiore proporzione di individui di età e dimensioni maggiori ed una maggiore biomassa. Ciò dovrebbe portare inoltre ad una maggiore diversità genetica all'interno dei singoli stock ittici ed avrà come conseguenza una maggiore stabilità dei livelli di pescato con benefici economici per il settore della pesca favorendo così lo sviluppo sostenibile.

Altri organismi ed habitat

44. Una riduzione complessiva delle pressioni esercitate dalla pesca contribuirà alla protezione di altri elementi degli ecosistemi marini, poiché non andrà a beneficio unicamente delle specie rilevanti dal punto di vista commerciale ma anche di quelle che non lo sono, o lo sono in termini ridotti, e che vengono catturate assieme alle prime. Ad esempio una minore pressione esercitata dalle attrezzature di pesca trascinate lungo i fondali marini comporterà un minore impatto sulla comunità bentonica e i rispettivi habitat, grazie ad una minore frequenza di passaggio di tali attrezzature. Alcuni habitat ed alcune specie, tuttavia, sono estremamente fragili, rari o rappresentativi e possono subire impatti gravi nonostante una riduzione generalizzata dello sforzo di pesca. È pertanto necessario individuare le aree in cui occorre proteggere habitat ed alcune specie, così come richiesto dalla direttiva habitat. Il piano d'azione potrà pertanto avvalersi dello sviluppo dell'iniziativa NATURA 2000 per conseguire tale obiettivo.

45. Le zone chiuse o "precluse alla pesca" sono state utilizzate a lungo nella gestione della pesca sia nell'UE che altrove. È importante stabilire qual è lo scopo che si prefiggono tali zone poiché essi variano a seconda che si tratti di un fermo a fini di gestione della pesca tradizionale o a fini ecologici. Nell'ambito della gestione della pesca le zone chiuse sono state utilizzate principalmente per i seguenti scopi:

* in situazioni di emergenza per evitare tassi elevati di mortalità che si verificano quando i pesci sono molto vulnerabili a causa della formazione di aggregazioni di particolare densità;

* aumentare la protezione del novellame qualora gli attrezzi da pesca non siano sufficientemente selettivi;

* nei casi in cui tali misure costituiscono l'unico mezzo possibile, proteggere la popolazione riproduttiva locale dall'esaurimento e dall'estinzione.

46. In tali situazioni si ritiene che le zone chiuse siano efficaci anche se vi sono scarse prove scientifiche a sostegno di questa tesi. Ciò vale anche per le specie non obiettivo e per quelle oggetto delle catture accessorie.

47. L'esperienza maturata con le zone chiuse dimostra che gli effetti sono molto difficili da valutare e che le zone precluse alla pesca non costituiscono una panacea per tutti i problemi ecologici e di gestione della pesca. Le zone chiuse sono meno efficaci quando si tratta di ridurre la pressione complessiva della pesca rispetto a una riduzione dello sforzo di pesca poiché il loro oggetto può essere quello di redistribuire il suddetto sforzo su aree o periodi praticabili. Per prevenire tali effetti le zone chiuse devono interessare una porzione molto ampia dell'area di distribuzione degli stock di cui si intende assicurare la protezione, e ciò porta a chiedersi se il ricorso ad altri strumenti di gestione (TAC inferiori, una maggiore selettività ecc.) o loro combinazioni non sia più efficace e meno discriminatorio nei confronti dei pescatori che operano in prossimità delle zone chiuse.

48. Minore è l'esperienza maturata rispetto all'applicazione di zone chiuse per scopi ecologici in ambiente marino, nonostante in molti casi siano utilizzate da anni. Alcune zone chiuse avevano lo scopo di proteggere singoli stock ma vi sono stati anche casi di ampie zone chiuse stabilite intorno ad impianti marittimi quali piattaforme per l'estrazione di petrolio e gas, nelle quali la pesca era proibita.

49. Si noti che rispetto agli organismi terrestri, quelli marini sono relativamente meno mobili e le zone chiuse possono pertanto risultare più appropriate per quanto riguarda la protezione di habitat sensibili o rappresentativi come le barriere coralline e aree di alimentazione importanti per gli uccelli marini durante le stagioni riproduttive.

50. A livello generale tuttavia sembra che le zone chiuse, purché ben definite, possano costituire un utile strumento aggiuntivo per rafforzare la protezione degli stock e degli habitat sensibili. Il piano propone pertanto il ricorso alle zone chiuse per proteggere pesci e habitat, ma occorrerebbe definirne chiaramente gli obiettivi e documentare le basi biologiche di tali misure. Altrettanto importante è promuovere la ricerca allo scopo di valutare e monitorare gli effetti ed occorre pertanto avviare studi pilota come parte integrante dell'azione.

51. È convinzione diffusa che lo sfruttamento intensivo di stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale comporti effetti più ampi quali una riduzione delle reti alimentari e una diminuzione della loro complessità dando luogo, in termini generali, ad ecosistemi caratterizzati da una minore diversità biologica. Gli habitat marini sono a loro volta colpiti dal fenomeno. Pur esistendo dubbi sulla reversibilità di tali effetti in caso di ampie alterazioni della situazione "originaria", si ritiene in genere che una riduzione della pressione della pesca sugli stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale contribuirebbe a medio termine ad un aumento della biodiversità complessiva degli ecosistemi marini.

52. In alcuni casi, tuttavia, l'effetto delle operazioni di pesca sull'ambiente può essere ritenuto positivo su alcune popolazioni o dar luogo ad una maggiore produttività. Ad esempio, elevati tassi di rigetto in mare degli scarti in talune aree ha portato ad un aumento delle popolazioni di uccelli marini detritivori. Una minore numerosità di predatori provocata dalla pesca può favorire l'aumento delle specie ittiche preda. Una perturbazione fisica moderata può inoltre rafforzare la biodiversità e la produttività dell'ecosistema. Tali effetti possono essere ritenuti positivi fintanto che la pesca non abbia esercitato effetti tanto gravi sulle popolazioni da ridurne le capacità di ripresa. Va pertanto tenuto presente che gli effetti di un cambiamento nelle modalità di esercizio della pesca e nella sua distribuzione vanno esaminati in maniera completa senza pregiudizi di carattere positivo o negativo.

Misure per ridurre complessivamente la pressione esercitata dalla pesca

53. Una riduzione della pressione esercitata dalla pesca può essere ottenuta:

(1) fissando limiti di cattura per le specie sfruttate commercialmente ai livelli opportuni o

(2) riducendo la capacità di pesca (dimensioni ed efficienza della flotta e/o degli attrezzi da pesca) o

(3) riducendo l'attività della flotta o

(4) una qualsiasi combinazione di a), b) e c).

54. I limiti di pesca sotto forma di TAC (totale delle catture ammesse) sono stati applicati nell'ambito della politica comune della pesca fin dal 1983. In pratica, tuttavia, fino ad anni recenti i TAC sono spesso stati stabiliti in risposta a fluttuazioni annue delle dimensioni dello stock prendendo in considerazione solo in misura limitata una riduzione a livelli sostenibili della pressione esercitata dalla pesca. Nel 1996 è stata introdotta per la prima volta, relativamente ad alcuni stock sfruttati dall'Unione europea, la limitazione delle catture in base a piani di gestione a lungo termine redatti in conformità dell'approccio precauzionale. Da allora sono stati interessati circa 11 stock e il processo proseguirà nel quadro del piano d'azione. I TAC verranno ulteriormente stabiliti nell'ambito di un approccio pluriennale in conformità con l'obiettivo della sostenibilità in base ai limiti e ai punti di riferimento.

55. Analogamente è stata attuata una serie di piani di orientamento pluriennale (POP) per ridurre la capacità di pesca e sono stati inoltre fissati i limiti all'attività delle flotte relativamente alla parte occidentale delle acque comunitarie (sottozone CIEM da VI a IX). Nonostante questi sforzi l'eccesso di capacità costituisce ancora un problema fondamentale per lo sviluppo sostenibile del settore della pesca [12]. L'eccesso di capacità crea problemi a livello di controllo e di osservanza delle norme, eccessivi tassi di sfruttamento e, di conseguenza, il declino degli stock riproduttivi e una riduzione della struttura delle dimensioni delle popolazioni. L'eccesso di capacità costituisce pertanto una minaccia per la biodiversità. La PCP si è dimostrata in grado di stabilizzare i tassi di mortalità provocati dalla pesca, ma ad un livello troppo elevato. Di conseguenza, più della metà degli stock ittici dell'UE è sfruttata al di sopra del potenziale a lungo termine e diversi stock, come quelli di merluzzo, versano in condizioni critiche. È stato possibile evitare una riduzione drammatica e duratura degli stock e ricostituirli ma non il ripetersi delle crisi. Una simile situazione non può continuare e la pressione della pesca deve essere ridotta in maniera permanente limitando le catture e riducendo la capacità attraverso gli strumenti disponibili. Il riesame del POP nel 2001 offre una possibilità di affrontare il problema della capacità delle flotte a breve e a medio termine e di ristabilire il necessario equilibrio tra risorse e capacità.

[12] Relazione della Commissione al Consiglio - Preparazione del riesame intermedio dei programmi di orientamento pluriennali (POP); COM(2000) 272 def. del 10.5.2000.

56. Visti gli strumenti giuridici a disposizione si può concludere che è possibile conseguire gli obiettivi desiderati qualora le azioni di seguito illustrate vengano opportunamente effettuate e fatte rispettare. Nel 2002 la revisione in corso della PCP offrirà l'opportunità di valutare la necessità o meno di un ulteriore rafforzamento degli strumenti esistenti, compresi quelli finanziari, o del dispiegamento di una più ampia gamma di strumenti di gestione in un diverso quadro strutturale o istituzionale.

Azione I - Riduzione complessiva della pressione della pesca al fine di promuovere la conservazione e l'uso sostenibile degli stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale

Attuazione di piani di gestione a lungo termine in conformità dell'approccio precauzionale per gli stock sfruttati a fini commerciali:

* definizione dei limiti e dei punti di riferimento precauzionali in termini di tassi di mortalità alieutica e di biomassa degli stock;

* qualora i dati disponibili siano insufficienti a definire i livelli precauzionali per un determinato stock, occorre fissare norme per lo sfruttamento dei medesimi che tengano conto dei dati storici relativi allo sfruttamento, al pescato e alle probabili conseguenze biologiche dello sfruttamento;

* definire ove necessario azioni complementari di gestione a fini di recupero;

* integrare in tutti i casi possibili le considerazioni multispecifiche nei piani di gestione;

* evitare in tutti i casi possibili l'esaurimento locale degli stock ittici che possono essere considerati unità distinte dal punto di vista funzionale in termini genetici o di comportamento;

* riduzione dell'eccesso di capacità e dello sforzo di pesca delle flotte.

4.3.2. Misure tecniche per gli stock ittici sfruttati a fini commerciali

Motivazione

57. Le misure tecniche, come la definizione delle dimensioni delle maglie delle attrezzature di pesca e l'istituzione di zone chiuse alla pesca sono ampiamente utilizzate come strumenti aggiuntivi per regolare lo sfruttamento e assicurare una maggiore conservazione di specie ittiche e di molluschi importanti dal punto di vista commerciale. Tali misure sono attualmente definite per le acque comunitarie dal regolamento (CE) n. 850/98 [13], che costituisce una importante modifica di regolamenti preesistenti ed è entrato in vigore il 1° gennaio 2000. Misure analoghe sono definite per le zone del Baltico [14] e del Mediterraneo [15]. È in corso un processo volto a perfezionare tali misure e il piano d'azione eserciterà un'ulteriore pressione in tal senso.

[13] Regolamento CE n. 850/98 del Consiglio per la conservazione delle risorse della pesca attraverso misure tecniche per la protezione del novellame. GU L 125, del 27.4.1998, pag. 1.

[14] Regolamento CE n. 88/98 del Consiglio che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nelle acque del mar Baltico, dei Belts e del Oresund. GU L 9, del 15.1.1998, pag.1.

[15] Regolamento CE n. 1626/94 del Consiglio che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel Mediterraneo. GU L 171, del 6.7.94, pag.1.

58. L'obiettivo principale di tali misure è proteggere il novellame e gli esemplari in età riproduttiva delle specie ittiche e ridurre pertanto gli scarti, attraverso restrizioni dei tipi di attrezzi che possono essere utilizzati, la definizione delle caratteristiche delle reti che possono essere impiegate e delle aree in cui le specie possono essere pescate e la fissazione di dimensioni minime delle specie che possono essere pescate per fini commerciali, nonché la chiusura di determinate zone (in tempo reale, per periodi stagionali o in permanenza) al fine di evitare l'uccisione indesiderata di novellame o di esemplari in età riproduttiva. Si tratta di misure aggiuntive logiche per la gestione a lungo termine della pesca degli stock commerciali a beneficio della conservazione della biodiversità e dell'uso sostenibile delle risorse.

59. Alcuni stock vengono gestiti utilizzando principalmente TAC e norme sulle quote che si applicano ad un gruppo di specie o ad un gruppo di popolazioni che costituiscono sottopopolazioni distinte. Un altro obiettivo è quello di conservare la diversità genetica e funzionale in tali casi, evitando l'esaurimento locale di tali sottopopolazioni. A tal fine verranno utilizzate misure quali limitazioni delle aree destinate alla pesca, zone chiuse e fermi stagionali.

Azione II - Misure tecniche volte ad assicurare una migliore conservazione e l'uso sostenibile degli stock ittici sfruttati a fini commerciali.

* Maggiore selettività in base alle dimensioni, allo scopo di ridurre i rigetti in mare di novellame;

* maggiore selettività in base alla specie;

* limitazioni territoriali o temporanee per favorire la sopravvivenza del novellame o la concentrazione di esemplari in età riproduttiva, comprese le sottopopolazioni;

* ove opportuno stabilire nuove dimensioni minime di sbarco per i pesci ed i molluschi o modificare quelle esistenti;

* limitazioni territoriali o temporanee per favorire la sopravvivenza delle popolazioni locali in modo da conservare la diversità genetica.

4.3.3. Misure tecniche relative ad altri organismi ed habitat

60. Tutte le attività di pesca esercitano impatti sugli ecosistemi. Tuttavia, la gravità ed il tempo probabilmente necessario per neutralizzare gli effetti di tali impatti sulle specie non obiettivo spesso non sono definiti con sufficiente precisione.

61. Gli effetti sugli ecosistemi rientrano in quattro categorie:

(1) effetto della pesca sull'andamento demografico degli stock ittici sfruttati a fini commerciali (cfr. il capitolo precedente);

(2) perturbazione e danni fisici agli organismi marini;

(3) danni fisici ai fondali marini e alle strutture connesse;

(4) perturbazione delle reti alimentari marine.

62. Dato che diversi aspetti della PCP si prefiggano una riduzione dello sforzo di pesca e della mortalità, è evidente che una riduzione dell'impatto ambientale della pesca si verificherà anche in assenza di altre misure. Tuttavia, andrebbero prese in considerazione misure aggiuntive per ridurre ulteriormente il potenziale impatto sulle specie non obiettivo e sugli habitat. Particolare attenzione andrebbe prestata alla riduzione dell'impatto sulle specie elencate nelle direttive 79/409/CEE (uccelli) e 92/43/CEE (habitat).

Azione III - Misure tecniche volte a ridurre l'impatto sulle specie non obiettivo e sugli habitat.

* Introduzione e promozione dell'uso di dispositivi selettivi per ridurre o eliminare le catture accessorie di specie non obiettivo;

* introduzione e promozione di metodi di pesca che presentano un ridotto impatto fisico sull'ambiente;

* nei casi opportuni stabilire fermi temporanei della pesca o la chiusura di determinate zone per rafforzare la protezione delle specie e degli habitat, compresa l'istituzione di zone "precluse alla pesca";

* introduzione, ove opportuno, di limiti relativamente alle catture accessorie o accidentali specialmente per quanto riguarda le specie elencate nella normativa ambientale.

63. Lo SFOP offre già l'opportunità di finanziare progetti sperimentali per la pesca con l'obiettivo di proteggere le risorse e di utilizzare tecniche più selettive (articolo 17 del regolamento del Consiglio 2792/1999). Questo tipo di azioni va incoraggiato poiché può contribuire anche a procurare maggiori informazioni, aumentare la sensibilità e coinvolgere ulteriormente l'industria nel processo.

4.4. Ricerca, indicatori di rendimento, monitoraggio e valutazione

4.4.1. Ricerca e consulenza integrata

64. La PCP è probabilmente una delle politiche dell'UE che fa maggiore affidamento sulla consulenza scientifica. Per poter svolgere il suo lavoro la Commissione dipende in larga misura dalla buona qualità e dalla tempestività delle consulenze scientifiche. I principali organismi utilizzati come consulenti dalla Commissione sono l'ICES, il Consiglio scientifico della NAFO e l'ICCAT. Per quanto riguarda il Mediterraneo la GFCM dovrebbe assumere un maggior ruolo in materia. Le indicazioni di tali organismi vengono valutate e completate dal parere dello STECF. Tradizionalmente le consulenze riguardano considerazioni sulle singole specie ma in alcuni casi possono comprendere anche considerazioni multispecifiche.

65. Finora sono stati fatti limitati passi in avanti verso la realizzazione di una consulenza che integri gli aspetti ambientali economici e sociali. Ciò è dovuto in gran parte alla complessità che una consulenza di questo tipo comporta ma anche alla mancanza di un quadro adeguato e all'insufficienza delle metodologie e dei dati necessari. Vi è l'evidente necessità di una consulenza maggiormente integrata capace di contribuire al passaggio ad una gestione a livello dell'ecosistema. Il modo migliore per pervenire a questo risultato è quello di basarsi sull'attuale organizzazione della consulenza scientifica e assicurare un maggiore coordinamento delle ricerche e delle informazioni esistenti tra le discipline ambientali e la pesca.

66. La spesa pubblica destinata alla ricerca sulla pesca è elevata e va giustificata. Per salvaguardare la ricerca a beneficio della futura PCP vi è la crescente necessità di fornire risultati all'altezza dei costi e, di conseguenza, di definire più accuratamente le priorità di ricerca. Attualmente si manifesta la tendenza ad attribuire alla ricerca sulla pesca un minor grado di priorità. Di conseguenza l'interesse della comunità scientifica per questo campo sta diminuendo poiché altri settori di ricerca appaiano più remunerativi o più stimolanti.

67. Il funzionamento corrente della PCP richiede il continuo monitoraggio dello stato degli stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale, compresa la raccolta di dati e la valutazione di routine. Gli Stati membri sono tenuti a finanziare tali attività, cui contribuisce anche la Commissione. Solo di recente si è cominciato ad utilizzare le serie storiche delle ricerche ed altri dati a sostegno della ricerca sulla pesca tradizionale per affrontare temi concernenti la biodiversità, come le modifiche della comunità e della struttura delle specie. Pertanto è importante dal punto di vista della biodiversità assicurare il monitoraggio e la valutazione della pesca tradizionale.

Azione IV - Priorità di ricerca necessaria a garantire il tradizionale sostegno alla PCP.

* Ricerca sulle metodologie necessarie per programmi più efficienti (più economici) di valutazione e campionamento;

* ricerca su metodi più selettivi di pesca con minori impatti ambientali;

* ricerca su sistemi di gestione alternativi, comprese altre misure in materia di controllo e osservanza.

68. Occorre sviluppare la PCP in modo da fare fronte alle sfide future come quella dell'integrazione degli aspetti ambientali, economici e sociali. La PCP attualmente contempla l'obbligo di soddisfare le necessità della società, compresa l'integrazione degli aspetti ambientali quali quelli della biodiversità, dello sviluppo sostenibile e della gestione degli ecosistemi, ed anche la richiesta da parte dei consumatori di prodotti della pesca e dell'acquacoltura di qualità garantita. Le nuove sfide comportano una maggiore richiesta di valutazioni dei costi, dell'efficacia ambientale e degli effetti economici e sociali. Ciò darà maggiore impulso alla raccolta di nuovi dati e alle relative analisi.

69. Per affrontare efficacemente il tema della biodiversità acquatica sono necessarie ricerche sulle tecniche molecolari esistenti e le loro applicazioni al fine di studiare le risorse genetiche naturali. Ciò contribuirà a valutare le conseguenze genetiche e potenzialmente irreversibili delle azioni di gestione e una migliore conservazione di tali risorse. Ricorrendo a tali metodi sarà possibile monitorare le variazioni degli stock nel tempo e nello spazio con risultati significativamente migliori in termini di gestione e conservazione. Esiste un ampio quantitativo di campioni biologici conservati e sembra possibile estendere l'analisi indietro nel tempo di diversi decenni in modo da affrontare questioni relative ai potenziali cambiamenti della variabilità genetica.

70. Gli effetti immediati della pesca su organismi che non appartengono a specie ittiche rilevanti dal punto di vista commerciale non sono ancora ben definiti né quantificati. È necessario effettuare una valutazione quantitativa degli impatti diretti ed indiretti della pesca sulle interazioni a livello della rete alimentare. Inoltre gli effetti di pressioni antropiche quali l'inquinamento, l'eutrofizzazione e la distruzione degli habitat non sono chiaramente definiti né per gli stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale né per gli altri organismi.

71. Le seguenti priorità di ricerca hanno come obiettivo fornire maggiori conoscenze sulla variabilità genetica nel tempo ed una maggiore disponibilità di consulenze integrate a sostegno della conservazione della biodiversità.

Azione V. Ricerca finalizzata ad una maggiore conoscenza in materia di biodiversità.

* Elaborazione ed applicazione di tecniche molecolari per l'identificazione degli stock, la quantificazione della variabilità genetica e delle modifiche inter e intra popolazione ed il monitoraggio dei cambiamenti genetici;

* elaborazione di modelli quantitativi sugli effetti delle pressioni antropiche sulle popolazioni di specie di valore commerciale scarso o nullo compresi gli effetti della distruzione di habitat;

* elaborazione di indicatori della biodiversità relativi allo stato di salute degli ecosistemi marini relativamente agli stock ittici e ad altre specie. Tali indicatori potrebbero essere utilizzati come elementi di paragone o livelli di riferimento in materia di gestione rispetto ai quali valutare l'impatto della pesca o di altre attività umane sull'ambiente;

* individuazione di nuovi dati da raccogliere su base regolare;

* individuazione di habitat e biotopi importanti e delle misure di conservazione e di gestione necessaria per ridurre al minimo l'impatto della pesca su di essi;

* studio delle interazioni tra specie e della relazione predatore-preda per meglio comprendere gli impatti delle attività della pesca.

72. Alcune di queste priorità di ricerca figurano già nel Quinto programma quadro. Il programma contempla già tali priorità di ricerca nell'ambito del Programma tematico 1 "Qualità della vita e gestione delle risorse biologiche" azione chiave 5 "Gestione sostenibile dell'agricoltura, della pesca e della silvicoltura e sviluppo integrato delle zone rurali, incluse le zone montane". Priorità di ricerca importanti ai fini della comprensione della biodiversità si ritrovano anche nel Programma tematico 4 "Energia, ambiente e sviluppo sostenibile" nell'ambito dell'azione chiave 3 "Gestione sostenibile degli ecosistemi marini".

73. È troppo presto per valutare in maniera completa i risultati del Quinto programma quadro ma è probabile che vi sia necessità di ulteriore ricerca strategica a sostegno del piano d'azione. L'elaborazione del Sesto programma quadro è stata avviata e offrirà ulteriori opportunità di valutare i progressi ottenuti e di rafforzare le priorità di ricerca a sostegno del piano d'azione.

4.4.2. Raccolta dei dati

74. La Commissione ha riconosciuto la necessità di garantire la raccolta dei dati di base a sostegno della PCP. Il Consiglio, in base ad una proposta della Commissione, ha istituito nel giugno 2000 un quadro per la raccolta e la gestione dei dati a sostegno della PCP [16]. Il nuovo quadro per la raccolta e l'analisi dei dati economici e biologici si incentrerà principalmente sugli stock ittici commerciali e sui pescherecci. Il nuovo programma di raccolta sarà realizzato nel corso del 2001.

[16] Regolamento CE n. 1543/2000, del 29.6.2000, che istituisce un quadro comunitario per la raccolta e la gestione dei dati essenziali all'attuazione della politica comune della pesca, GU L 176 del 15.07.2000, pag.1.

75. I dati ambientali non rientrano nel regolamento in questione. È essenziale standardizzare le serie dei dati e i rilevamenti in modo da assicurarne la compatibilità e la comparabilità. Informazioni di questo tipo sono di cruciale importanza per valutare gli impatti ambientali delle politiche della pesca e l'efficacia delle iniziative volte a promuovere l'integrazione ambientale. Il piano d'azione propone pertanto di riesaminare nel 2003 il quadro relativo alla raccolta dei dati. Nel frattempo sarà importante stabilire quali altri dati vadano raccolti.

4.4.3. Indicatori, monitoraggio e valutazione

Stock ittici sfruttati a livello commerciale

76. L'effetto delle attività della pesca sulle principali specie obiettivo nelle acque europee da anni oggetto di studio. Grazie al monitoraggio e alla valutazione continui dello status delle specie obiettivo, delle tendenze della biomassa e della mortalità dei pesci sarà possibile valutare l'effetto delle azioni proposte dal piano. Tali specie obiettivo potrebbero pertanto venire utilizzate assieme ad altre serie di dati a lungo termine come le indagini sulle ricerche e, ove possibile, alle serie sui benthos come approssimazioni rispetto agli effetti più ampi fin quando non siano disponibili indicatori più specifici. È pertanto assolutamente necessario proseguire e ampliare tali studi.

77. L'intensità dell'attività di pesca viene misurata in termini di tasso di prelievo, inteso come tasso di mortalità per pesca, direttamente connesso alla proporzione di esemplari prelevati dallo stock annualmente. Il tasso di mortalità per pesca è connesso con lo sforzo complessivo di pesca (definito dalla normativa comunitaria come "kilowatt-giorni di pesca") generato dalle flotte e costituisce pertanto un adeguato indicatore della pressione esercitata dalla pesca.

78. I tassi di mortalità per pesca vengono valutati ogni anno per numerosi stock ittici rispetto alle acque interne (ed esterne) dell'UE da scienziati impegnati nel Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare (ICES) e in altri organismi scientifici. Oltre ad una stima dei tassi di mortalità vengono elaborate anche stime della biomassa di pesci maturi (biomassa riproduttiva) e del novellame. Tali informazioni sono disponibili per gli stock che costituiscono il maggior volume di pescato o che generano la maggior parte alle entrate per la pesca.

79. Tutte le stime attuali del tasso di mortalità per pesca o della biomassa riproduttiva possono essere comparate con punti di riferimento scientificamente individuati come livelli precauzionali. In conformità di tale procedura gli stock ittici sono stati classificati come segue dalla decisione 97/413/CE del Consiglio del 26 giugno 1997:

(1) sottosfruttati, se a lungo termine sono possibili aumenti delle catture con un tasso di mortalità alieutica superiore purché, in corrispondenza di tale tasso, la biomassa dei riproduttori resti al di sopra del livello al quale la ricostituzione degli stock è messa in pericolo, con un ridotto impatto sulla biodiversità;

(2) completamente sfruttati, se nessun aumento [o diminuzione] delle catture è possibile in caso di un lieve aumento del tasso di mortalità alieutica e la biomassa dei riproduttori resta al di sopra dei livelli ai quali la ricostituzione degli stock è messa in pericolo, con un moderato impatto sulla biodiversità;

(3) sovrasfruttati, se sono possibili aumenti moderati o sostanziali a lungo termine delle catture nel caso di una riduzione del tasso di mortalità alieutica e se tale riduzione riduce significativamente la probabilità che la biomassa dei riproduttori scenda a livelli ai quali la ricostituzione degli stock è messa in pericolo con un possibile impatto sulla biodiversità;

(4) esauriti, se il tasso di mortalità alieutica è talmente elevato che la biomassa dei riproduttori è attualmente al di sotto dei livelli ai quali la ricostituzione degli stock è messa in pericolo o potrebbe trovarsi in tale situazione nel futuro prossimo e comporta una minaccia per la biodiversità.

80. Tuttavia sono possibili anche altre classificazioni altrettanto valide basate sui punti di riferimento precauzionali. Il Comitato scientifico, tecnico ed economico della pesca fornisce alcuni orientamenti per la classificazione degli stock nella decima relazione [17].

[17] Decima relazione del Comitato scientifico, tecnico ed economico della pesca (SEC(2000, in preparazione) 3-7 aprile 2000.

Azione VI - Monitoraggio e valutazione dello stato degli stock ittici rilevanti dal punto di vista commerciale

* Monitoraggio dei parametri chiave relativi a stock di pesci e molluschi importanti, compreso il prosieguo delle rilevazioni;

* valutazione delle tendenze di tali stock nel tempo.

Altri organismi ed habitat

81. L'Agenzia europea dell'ambiente sta elaborando un sistema su scala europea per il monitoraggio delle condizioni e delle tendenze della biodiversità. Inoltre una recente relazione redatta nell'ambito del codice internazionale di condotta per una pesca responsabile della FAO presenta una valutazione relativamente esauriente delle iniziative internazionali in corso riguardanti gli indicatori della pesca, compresi indicatori sociali, ambientali ed economici. La relazione sottolinea la necessità di indicatori della sostenibilità che vadano oltre i tradizionali dati sui singoli stock e sottolinea gli sviluppi limitati registratisi finora in questo campo. Il piano d'azione intende giovarsi di tali sviluppi. Tuttavia nel frattempo altri indicatori sono necessari per monitorare l'impatto potenziale e controllare l'efficacia delle azioni intraprese nell'ambito del piano d'azione, come indicato in precedenza.

82. La raccolta di dati sulla distribuzione degli impatti menzionati in precedenza (pesca, eutrofizzazione, inquinamento, distruzione di habitat ecc.) sulle acque dell'UE porterà ad un approccio più obiettivo e quantitativo per quanto riguarda l'attribuzione di priorità alle misure destinate a tutelare la biodiversità.

Azione VII - Monitoraggio di altri organismi ed habitat.

* Monitoraggio degli indicatori della biodiversità (individuati dalla AEA) relativamente alle condizioni degli ecosistemi marini riguardanti gli stock ittici ed altre specie. Tali indicatori potrebbero essere utilizzati a scopo comparativo o come livelli di riferimento nell'ambito della gestione rispetto ai quali valutare l'impatto della pesca o di altre attività antropiche sull'ambiente;

* prosecuzione delle indagini sulla pesca tradizionale con un maggiore prelievo di campioni delle specie non commerciali;

* monitoraggio a lungo termine del cambiamento climatico ed ambientale e dei rispettivi effetti sulle popolazioni ittiche, gli habitat e le comunità.

5. Acquacoltura

5.1. Introduzione

83. L'Agenzia europea dell'ambiente nella seconda relazione di valutazione ambientale dal titolo "Environment in the European Union at the turn of the century" ("L'ambiente nell'Unione europea alla fine del secolo") afferma che: "l'acquacoltura marina costituisce un'industria in espansione che interessa zone costiere in cui la biodiversità è elevata (estuari, paludi costiere) sulle quali vengono esercitate complesse e crescenti pressioni antropiche. Pur considerato inizialmente trascurabile, l'impatto sulla biodiversità esercitato dall'alimentazione (nutrienti aggiuntivi), dalle specie nocive e da quelle fuggitive (con conseguenti modifiche genetiche delle popolazioni selvatiche) è ritenuto grave a livello locale."

84. L'aquacoltura [18] viene esercitata principalmente in aree costiere e in acque dolci. Essa comprende sia la produzione intensiva in gabbie o in ambienti chiusi sia l'acquacoltura estensiva di molluschi naturali e l'allevamento in mare come nel caso del salmone del Baltico. Pur esistendo diversi tipi di impatti potenziali, tra i principali impatti ambientali figurano i seguenti:

[18] A differenza della definizione data dal regolamento (CE) n. 2792/1999 del Consiglio, l'allevamento in mare ai fini della presente comunicazione rientra nell'acquacoltura.

* impatti fisici sugli habitat, modifiche degli habitat naturali o seminaturali;

* impatto chimico sulle acque e i sedimenti, compresa l'eutrofizzazione, la riduzione dell'ossigeno, derivante inoltre dall'uso di prodotti medicinali e di antivegetativi;

* introduzione di organismi portatori di malattie, compresi virus, batteri, funghi e parassiti;

* introduzione di organismi non indigeni e eventualmente geneticamente modificati.

85. La maggior parte degli impatti fisici esercitati dall'acquacoltura è limitata a perturbazioni locali in prossimità del sito. Analogamente la diffusione nell'ambiente di nutrienti provenienti dagli allevamenti ittici avviene a livello locale ed è relativamente poco importante rispetto al flusso regionale naturale di nutrienti che interessano i corpi idrici aperti. Di conseguenza l'effetto che ne può derivare per la biodiversità è localizzato nella zona di attività e nelle immediate vicinanze. L'impatto complessivo dipende pertanto dal numero, dall'estensione dei siti e dalla loro ubicazione. In genere tali impatti possono essere mitigati integrando l'acquacoltura nella gestione delle coste e del bacino idrografico e grazie ad un impiego efficiente dell'alimentazione. In tale contesto occorre riconoscere che notevoli sforzi sono stati fatti per ridurre la quantità di mangime utilizzato e quindi ridurne la dispersione nell'ambiente.

86. Maggiori preoccupazioni per l'ambiente sollevano le fughe e la diffusione di malattie e parassiti. In particolare l'acquacoltura del salmone presenta minacce per la diversità per numerosi stock fluviali di salmone atlantico, che in parte si mescolano e in parte vengono sostituiti dalle specie fuggite da allevamenti. Tuttavia, gli esemplari sfuggiti sembrano essere meno adatti alla riproduzione dei pesci selvatici.

87. Un'altra grave minaccia per i salmonidi è la presenza della noplura nelle zone in cui si effettua l'allevamento del salmone, poiché i giovani esemplari selvatici di specie migratrici (principalmente trote di mare) possono venire gravemente infettati da tali ectoparassiti. Va tuttavia sottolineato che la riduzione delle popolazioni di salmonidi selvatici è certamente collegata anche ad altri fattori quali la pesca eccessiva, l'inquinamento e il cambiamento climatico, che non hanno alcun legame con gli allevamenti ittici. L'importanza relativa di ciascun fattore non è ancora ben chiara.

88. L'introduzione di specie esotiche in Europa a fini di allevamento ha creato minacce per la diversità attraverso l'introduzione di malattie (Bonamia nelle ostriche; Gaffkemia nelle aragoste) o di competitori (grancevola e granchio reale nel mare di Barents).

89. L'acquacoltura ha anche effetti benefici sulla biodiversità ad esempio per il fatto di rifornire il mercato con specie di pesci e molluschi allevati ad un prezzo e ad una qualità tali da comportare una riduzione della pressione della pesca sulle stesse specie che vivono allo stato selvatico. Il contributo alla riduzione dell'eccesso di pesca può contrastare una delle minacce alla biodiversità marina. D'altro canto la crescita della produzione dell'acquacoltura ha comportato un aumento della domanda di mangime e quindi della domanda di materie prime di origine ittica (anche se l'acquacoltura costituisce un consumatore relativamente ridotto della produzione complessiva di farine di pesce). Le azioni proposte riportate di seguito riflettono sia gli aspetti negativi che quelli positivi dell'allevamento di pesci e molluschi.

5.2. Il quadro giuridico relativo all'acquacoltura

5.2.1. Il quadro giuridico comunitario

90. La normativa specifica europea relativa alla limitazione degli effetti dell'acquacoltura sulla biodiversità è meno sviluppata di quella che disciplina le attività di pesca. Tra la normativa comunitaria pertinente vi è quella relativa alla salute degli animali acquatici [19] e la normativa sulla valutazione dell'impatto ambientale (VIA) [20] mentre un'utile pubblicazione di riferimento è "Aquaculture and the Environment in the European Community", pubblicata dalla Commissione nel 1995 (CU-88-95-993-EN-C).

[19] Direttiva n° 91/67/CEE del Consiglio modificata.

[20] Direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, del 5.7.1985, pag. 40) modificata dalla direttiva 97/11/CE (GU L 73, del 14.3.1997, pag. 5).

91. La maggior parte degli aspetti dell'acquacoltura è disciplinata da normative nazionali, influenzate da numerose direttive comunitarie orizzontali che disciplinano le acque (ad es. la normativa sugli scarichi idrici è in via di consolidamento e d'aggiornamento attraverso la direttiva quadro sulle acque), gli habitat e la fauna avicola. Tali direttive richiedono che la realizzazione di diversi progetti, compresi i nuovi allevamenti ittici, sia sottoposta in via preliminare ad una valutazione per stabilire se sono suscettibili di esercitare effetti significativi sull'ambiente. Tra gli strumenti che contribuiscono all'attuazione del presente piano d'azione vi sono gli strumenti finanziari di orientamento della pesca che, quando si tratta di finanziare progetti di acquacoltura prevedono disposizioni più severe in termini di VIA rispetto a quelle della direttiva 85/337/CEE del Consiglio20 e che consentono una quota più elevata di sussidi pubblici (fino al 10% in più) per tali progetti qualora gli investimenti riguardino l'uso di tecniche che riducono sostanzialmente l'impatto ambientale [21].

[21] Regolamento (CE) n. 2792/1999 del Consiglio.

92. La direttiva 90/220/CEE sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati disciplina l'emissione di organismi geneticamente modificati vivi a fini sperimentali e per l'immissione nel mercato, in cui sono comprese le emissioni di pesci o molluschi geneticamente modificati (il loro uso come alimento è soggetto ad autorizzazione ai sensi del regolamento n. 258/97 del Parlamento e del Consiglio sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari). La direttiva 90/219/CEE disciplina l'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati, anche se la maggior parte degli Stati membri ha esteso l'applicazione della direttiva a piante ed animali nelle rispettive normative nazionali.

5.2.2. Il quadro giuridico internazionale

93. Diverse convenzioni internazionali quali la Convenzione Oslo-Parigi (OSPAR), la Convenzione di Berna e la Convenzione di Helsingfors (HELCOM) stabiliscono norme in materia di acquacoltura. Inoltre, la Comunità è impegnata a rispettare i principi dell'approccio precauzionale, gli orientamenti in materia di acquacoltura previsti dal Codice internazionale per una pesca responsabile della FAO (l'articolo 9 della quale disciplina lo sviluppo dell'acquacoltura) e di altri accordi o orientamenti internazionali quali il Codice di pratica sull'introduzione e il trasferimento di organismi marini dell'ICES. La NASCO e la stessa industria si stanno occupando di temi connessi con la biodiversità. Questi protocolli e risoluzioni non sono giuridicamente vincolanti ma sono utili come orientamenti per le "migliori pratiche ambientali" come il Codice di condotta della FEAP [22], le iniziative della NASCO e la Risoluzione di Oslo. Quest'ultima riguarda anche l'introduzione, i trasferimenti e i pesci transgenici.

[22] FEAP: Federation of Europeo Acquacoltura Producers (Federazione europea degli acquacultori).

Il codice della FEAP condanna esplicitamente l'uso di OGM nell'acquacoltura.

5.3. Misure volte a tutelare la biodiversità

94. Il piano d'azione per l'acquacoltura applicherà ove opportuno un approccio precauzionale.

95. Le principali misure precauzionali in materia di acquacoltura riguardano:

* orientamenti in materia di emissioni provenienti dall'acquacoltura, che comprendono criteri chimici, fisici e biologici;

* orientamenti sull'uso, il confinamento e il trasporto di organismi allevati;

* integrazione dell'acquacoltura nella gestione del bacino idrografico e della zona costiera tra i diversi utilizzatori settoriali delle risorse naturali;

* ricorso a procedure accurate di VIA per individuare la corretta ubicazione delle attività di allevamento;

* un aumento dell'efficienza dell'uso delle risorse e della produttività in generale a livello dell'impresa, riducendo così i potenziali effetti;

* valutazione degli impatti.

5.3.1. Riduzione dell'impatto ambientale

96. Sono necessari interventi per ridurre i problemi a livello locale (come ad esempio lo strato anossico sul fondale marino che può provocare localmente gravi riduzioni della biodiversità) e misure intese a ridurre al minimo l'uso di prodotti veterinari nell'acquacoltura (tenendo conto degli aspetti legati al benessere degli animali).

97. Le misure preventive possono beneficiare di sussidi pubblici per quanto riguarda i costi legati alla raccolta di informazioni sull'ambiente. Ad esempio, lo SFOP può finanziare i costi della raccolta di dati e della modellizzazione per lo sviluppo di piani di gestione integrata delle zone costiere e quelli connessi con la VIA, ove occorra effettuarla prima dell'autorizzazione di un progetto di acquacoltura.

98. Il ripristino del parco molluschi naturale, nei casi in cui lo sforzo di pesca sia limitato a livelli sostenibili, darà luogo ad un miglioramento della situazione per quanto riguarda l'eutrofizzazione delle acque costiere provocata dalle attività antropiche; questo tipo di coltivazione di molluschi assieme all'espansione della coltivazione delle alghe marine aumenterà l'effetto di drenaggio dell'azoto che a sua volta limiterà la formazione di fioriture algali nocive.

99. Gli elementi del piano d'azione volti ad assicurare una maggiore armonizzazione tra lo sviluppo dell'acquacoltura e la conservazione ambientale come mezzo per promuovere la biodiversità sono i seguenti:

Azione VIII - Riduzione dell'impatto ambientale

Promuovere misure per ridurre l'impatto diretto sull'ambiente degli scarti degli impianti di acquacoltura.

* Promuovere le migliori pratiche di VIA per i progetti di acquacoltura con il requisito che i progetti di allevamento ittico siano sottoposti alla procedura di VIA.

* Promuovere la coltivazione dei molluschi e ripristinare i parchi molluschi naturali. La coltivazione dei molluschi non richiede la somministrazione aggiuntiva di mangimi né un apporto energetico diretto a sostegno della crescita.

* Promuovere metodi di sfruttamento dei parchi di molluschi che non siano dannosi per l'ambiente.

* Promuovere lo sviluppo di tecnologie off-shore e di sistemi di ricircolazione dell'acqua sicuri.

5.3.2. Introduzione di nuove specie, sicurezza zoosanitaria e animali geneticamente modificati in acquacoltura

100. Il Codice internazionale di condotta della FAO prevede la necessità di conservare le risorse genetiche e ridurre al minimo gli effetti dannosi dell'introduzione di specie esotiche o di stock modificati geneticamente utilizzati nell'acquacoltura. (articolo 9.3.1).

101. Queste azioni, promuovendo il rigoroso rispetto del codice di pratica sull'introduzione e il trasferimento degli organismi marini dell'ICES (versione del 1994 e future revisioni), mirano a prevenire il movimento simultaneo di organismi nocivi, riducendo l'impatto ecologico ed ambientale e l'impatto genetico dannoso; esse promuovono inoltre le migliori pratiche per gli impianti di quarantena utilizzati in tale contesto. Il codice ICES consente controlli dei trasferimenti degli stock all'interno delle regioni. Tuttavia il numero di malattie di cui è previsto il monitoraggio potrebbe risultare troppo limitato per impedire il trasferimento di malattie e parassiti in Europa. Un simile elenco potrebbe pertanto non riconoscere in maniera completa le variazioni geografiche esistenti all'interno dell'Europa. Il trasferimento di animali vivi allevati in sistemi acquatici aperti (mari, laghi e fiumi) ha provocato e provocherà l'aumento delle malattie e dei parassiti. Tali organismi indesiderati potrebbero esercitare un impatto negativo sulla biodiversità naturale a livello locale e regionale. Un riesame della normativa zoosanitaria acquatica deve pertanto prestare particolare attenzione alla prevenzione del trasferimento di parassiti assieme alle specie oggetto di acquacoltura che possono essere spostate in altro modo all'interno della Comunità.

102. Infine ben poco è noto circa i rischi di malattie che i pesci allevati comportano per quelli selvatici. Esistono forti indicazioni di effetti nocivi relativamente ad alcuni parassiti (Gyrodactylus, Martelia refringes, anoplura marina), e potrebbe essere necessario aggiornare la normativa veterinaria. Tuttavia sembra verificarsi più spesso il contrario, ovvero i pesci selvatici sono portatori di malattie ma queste non sembrano arrecare loro particolari danni, tuttavia quando entrano nell'alimentazione dei pesci allevati, già sottoposti a "stress" questi ultimi si ammalano.

103. La perdita di diversità genetica a molteplici livelli nelle specie selvatiche può essere esemplificata dai salmonidi che presentano genotipi locali ben distinti. La pesca eccessiva, l'inquinamento, i cambiamenti climatici, la costruzione di dighe e i programmi di rifornimento dei centri d'incubazione sono tutti fattori che hanno contribuito ad una riduzione della diversità genetica di tali pesci. Per prevenire ulteriori riduzioni della diversità genetica del salmone atlantico si potrebbe applicare un approccio precauzionale nell'elaborazione di orientamenti volti a ridurre al minimo le fughe dagli impianti di acquacoltura. Il processo avviato nel febbraio 2000 dalla NASCO e dall'industria dell'allevamento del salmone dell'Atlantico del nord per elaborare tali orientamenti merita in particolar modo di essere sostenuto.

104. Nell'UE le richieste di autorizzazione all'emissione deliberata di OGM ai sensi della direttiva 90/220/CEE sono sottoposte in via preliminare ad una valutazione completa dei rischi per la salute umana e l'ambiente e vengono valutate caso per caso. Per quanto riguarda le emissioni deliberate di pesci sarebbe chiaramente necessaria una valutazione relativa al tipo di ambiente (acque) in cui essi vengono immessi. Un'autorizzazione potrebbe essere concessa unicamente qualora non vi fosse motivo di ritenere che l'emissione eserciterà un effetto negativo sull'ambiente o la salute umana. Alla data attuale non vi sono state richieste relative ad emissioni di pesci e molluschi geneticamente modificati per l'immissione nel mercato e nessuna autorizzazione è stata concessa o presa in considerazione a tal fine.

105. Attualmente si sta riesaminando la direttiva 90/220/CEE ed è stata proposta l'introduzione di diverse nuove norme che permetterebbero di delineare un quadro normativo più efficace, efficiente e trasparente in materia di emissione deliberata di OGM nell'ambiente. Tali nuove norme, qualora adottate e recepite negli ordinamenti nazionali, si applicheranno alle emissioni di OGM a scopi sperimentali e per l'immissione nel mercato, pesci e molluschi geneticamente modificati compresi.

106. La normativa UE è ampia e si fonda sul principio che un'attività può essere svolta purché sia in linea di principio sicura. Poiché è difficile trattenere in cattività gli organismi acquatici, soprattutto nell'ambiente marino, è probabile che la procedura di valutazione dei rischi impedisca l'emissione deliberata nell'ambiente di prodotti costituiti da OGM.

Azione IX - Limitare l'introduzione di nuove specie e sicurezza zoosanitaria

* Valutare accuratamente l'impatto di nuove specie non indigene nell'acquacoltura e promuovere l'applicazione del codice ICES/EIFAC.

* Riesaminare la normativa zoosanitaria vigente delle Comunità relativa agli animali acquatici allo scopo di assicurarne l'aggiornamento e contribuire alla conservazione della biodiversità in ambiente acquatico.

* Promuovere l'elaborazione di orientamenti sul confinamento dei pesci allevati in acquacoltura.

5.4. La ricerca nel campo dell'acquacoltura.

107. Il Quinto programma quadro affronta la necessità della ricerca in materia di acquacoltura nel programma tematico 1 "Qualità della vita e gestione delle risorse biologiche" azione chiave 5 "Gestione sostenibile dell'agricoltura, della pesca e della silvicoltura e sviluppo integrato delle zone rurali incluse le zone montane". Le priorità di ricerca rilevanti ai fini della comprensione della biodiversità sono elencate nell'ambito del programma tematico 4: "Energia, ambiente e sviluppo sostenibile" nell'azione chiave 3 "Gestione sostenibile degli ecosistemi marini".

108. La ricerca si incentrerà sui metodi e le strategie per valutare o ridurre, qualora indesiderati, gli effetti delle interazioni tra ambiente, pesca e acquacoltura. L'obiettivo generale è una maggiore conoscenza circa l'impatto dei cambiamenti ambientali (indotti dalle attività antropiche o meno) sulle dinamiche delle risorse biologiche sfruttate commercialmente e sull'acquacoltura, con particolare riguardo per gli effetti delle alghe tossiche. Per quanto riguarda l'acquacoltura si incentrerà sugli effetti degli effluenti degli allevamenti e sulle interazioni tra pesci selvatici, allevati e ornamentali, con speciale riguardo per gli aspetti genetici, compresi gli OGM, e le malattie.

109. Il programma darà inoltre priorità alle ricerche pluridisciplinari che abbracciano diversi campi della genetica in acquacoltura, comprese le relative basi genetiche e l'ereditarietà. Dallo sviluppo di strumenti che facilitino l'individuazione di popolazioni che possono costituire fonti adeguate e presentare caratteristiche remunerative, compresa l'applicazione della mappa del genoma, possono derivare benefici anche in rapporto alla conservazione e all'uso sostenibile della biodiversità.

110. Oltre alle summenzionate attività di ricerca il piano di azione sottolinea la necessità di una maggiore conoscenza circa i seguenti aspetti.

Azione X - Ricerca volta a rafforzare le conoscenze nel campo dell'acquacoltura

* Impatto genetico sulle popolazioni selvatiche esercitato dalle specie fuggitive e da quelle immesse nell'ambiente accidentalmente o a fini di ripopolamento nell'ambito delle attività di allevamento.

* Modellizzazione quantitativa del trasferimento di malattie e parassiti tra quelle allevate e quelle selvatiche.

* Pratiche di allevamento perfezionate in modo da ridurre lo stress e rendere quindi minima la necessità di ricorrere al trattamento veterinario.

* Miglioramento tecnologico degli impianti di allevamento in modo da ridurre le fughe dagli impianti di acquacoltura marini (compresi quelli in mare aperto) e da quelli ubicati a terra.

* Alternative alle farine e agli oli di pesce nell'alimentazione dei pesci.

* Sono inoltre necessarie ricerche per valutare gli effetti potenziali sulla biodiversità dell'uso in acquacoltura di animali geneticamente modificati.

111. Oltre alle attività di ricerca in corso nell'ambito del Quinto programma quadro, è stata avviata l'elaborazione del Sesto programma quadro che fornirà ulteriori opportunità di delineare con maggior forza le priorità di ricerca a sostegno del piano d'azione.

6. Informazione, istruzione, formazione e sensibilizzazione

112. L'istruzione, la formazione e la sensibilizzazione sono essenziali ai fini del successo dell'azione proposta dal piano. Nella pesca vi è la particolare necessità di una sensibilizzazione ai benefici per le industrie e per l'ambiente che possono derivare dalla conservazione e dall'uso sostenibile della biodiversità. Le necessità in questo campo riguardano la sensibilizzazione del pubblico ed una maggiore conoscenza tecnica in materia di pesca e biodiversità a livello della comunità scientifica, degli organi amministrativi, dell'industria e delle organizzazioni ambientali.

113. È inoltre necessario definire e spiegare in cosa consistano l'approccio precauzionale, la sostenibilità, lo sviluppo sostenibile, la biodiversità e la gestione degli ecosistemi, ecc., sia all'interno del settore sia ai cittadini in generale.

114. Alcune iniziative intese a soddisfare la necessità di informazioni chiare ed obiettive sono già state lanciate. La DG Pesca ha inoltre perfezionato le modalità di elaborazione delle politiche, in particolare grazie ad una maggiore informazione del pubblico e inserendo le ONG attive nei campi dell'ambiente e dello sviluppo nel processo ufficiale di consultazione. Tuttavia, è necessario un maggiore scambio di informazioni tra i responsabili delle politiche, i soggetti attivi nel settore e le altri parti interessate. Tra le opzioni percorribili nell'ambito delle diverse politiche vi sono le seguenti:

* finanziare campagne informative e di sensibilizzazione sul tema della pesca e dell'ambiente;

* un maggior ricorso alle TI per diffondere informazioni e le ragioni che stanno alla base delle azioni di gestione e favorire l'integrazione degli aspetti ambientali nella PCP;

* una comunicazione sull'applicazione dell'approccio precauzionale alla gestione della pesca;

* favorire la formazione professionale e l'istruzione in modo da aumentare la sensibilità e la capacità necessarie per una migliore gestione degli ecosistemi;

* migliorare le capacità in materia di monitoraggio e valutazione, comprese le risorse, la formazione e lo scambio di conoscenze tra diversi gruppi tecnici.

115. La DG Pesca partecipa all'attività della Commissione per l'elaborazione di una strategia complessiva a favore dello sviluppo sostenibile della Comunità. Il presente piano d'azione costituirà un importante elemento di tale processo.

7. Attuazione e scadenze

116. Le azioni proposte nell'ambito del piano rientrano in una strategia a breve e medio termine, che potrebbe produrre significativi miglioramenti della conservazione della biodiversità basandosi sulle conoscenze attuali circa la pesca e gli ecosistemi marini.

117. È inoltre emersa la necessità di una consulenza integrata e di definire le priorità della ricerca in modo da contribuire ad una strategia che porti ad un approccio più olistico. Occorre definire limiti e punti di riferimento anche per le specie non obiettivo e gli habitat in modo da offrire adeguate garanzie a tutela della struttura e della funzione dell'ecosistema. Il piano d'azione prevede pertanto un graduale sviluppo verso un sistema di gestione degli ecosistemi. L'applicazione dell'approccio precauzionale nella prima fase alle specie rilevanti dal punto di vista commerciale e successivamente a quelle non obiettivo costituirà uno strumento fondamentale ai fini del conseguimento delle più vaste finalità del piano.

118. La normativa di base e quella derivata nell'ambito della PCP offrono già strumenti adeguati all'attuazione della maggior parte delle azioni proposte nell'ambito del presente piano d'azione. I principali ostacoli non consistono pertanto nella mancanza di strumenti di gestione ma nella scarsa sensibilizzazione e nella carenza di conoscenze scientifiche. Disponiamo di sempre maggiori conoscenze sui processi di base che governano le interazioni tra le specie, le variazioni naturali e l'impatto della pesca sulle specie non obiettivo e l'ambiente. Tuttavia, gli organismi consultivi interessati non sono ancora stati in grado di tradurre tali conoscenze in indicazioni operative per i manager della pesca. Si spera che le più ampie conoscenze scientifiche possano offrire una base più solida ai responsabili delle diverse politiche affinché possano far uso degli strumenti già esistenti nella gestione degli ecosistemi e crearne di nuovi.

119. La possibilità di effettuare valutazioni di impatto ambientale (VIA) utili e realistiche in grado di orientare i manager della pesca non coincide pertanto con lo scopo più ampio del piano. Inoltre, in mancanza di metodi di monitoraggio e valutazione degli effetti delle misure adottate rispetto alla biodiversità, come ad esempio l'effetto a livello ecologico delle zone marittime e costiere di divieto di pesca proposte nell'ambito di Natura 2000, sarà necessario procedere gradualmente alla loro attuazione definendo in modo realistico priorità e scadenze. È pertanto importantissimo individuare e selezionare tali aree in modo da effettuare studi pilota.

120. Tuttavia un migliore coordinamento delle conoscenze esistenti potrebbe offrire una base scientifica sufficiente per un maggiore ricorso temporaneo o permanente alle zone chiuse in modo da proteggere specie ed habitat fragili, sensibili o rappresentativi. Il piano propone pertanto di ricorrere più frequentemente a tali misure al fine di assicurare una maggiore protezione e conservazione delle specie non obiettivo e degli habitat. La chiusura a determinate condizioni per talune attività di pesca di un'area al largo della costa del Regno Unito per consentire maggiori possibilità di riproduzione degli uccelli marini costituisce un esempio di tali misure. Inoltre è stato chiesto all'ICES di valutare l'impatto ambientale delle attività di pesca in acque profonde e di formulare un parere circa possibili misure volte a ridurne o eliminarne gli effetti.

121. Vi sono tuttavia prove indiscutibili (sia biologiche che economiche) del fatto che la pressione esercitata dalla pesca è eccessiva rispetto a diversi stock ittici e che occorre ridurla in maniera significativa e permanente. Come descritto in precedenza al capitolo 4.3.1 tali azioni dovrebbero contribuire ad un miglioramento della biodiversità in senso ampio e ad una maggiore sostenibilità del settore della pesca.

122. La prima priorità consiste pertanto nel creare piani di gestione a più lungo termine per gli stock esclusivi dell'UE e continuare il processo avviato a livello internazionale nell'ambito della NEAFC, dell'IBSFC e degli accordi bilaterali. Tali piani di gestione devono essere istituiti per circa 11 stock. Ambizione del piano d'azione è elaborare piani di sfruttamento e gestione a lungo termine entro cinque anni per tutti i principali stock, compresi i salmonidi e le anguille.

123. Inoltre, occorre assumere obiettivi più ambiziosi rispetto alla riduzione della capacità delle flotte in modo da contribuire all'attuazione dei piani di gestione grazie ad una eliminazione permanente della capacità in eccesso. La revisione del POP prevista per il 2001 costituisce in tale contesto una occasione di grande importanza. Non è possibile ridurre la capacità delle flotte a breve termine ma è di grande importanza per la strategia a medio termine ridurre la pressione della pesca e quindi l'impatto sull'ambiente.

124. La seconda priorità consiste nell'applicare l'approccio precauzionale alle specie non obiettivo e definire limiti e punti di riferimento in modo analogo a quanto già fatto per gli stock rilevanti dal punto di vista commerciale. L'applicazione di tale principio deve comprendere la definizione delle migliori pratiche di pesca e l'eventuale limitazione dei metodi di pesca inaccettabili. L'accordo sulla graduale eliminazione di talune reti da posta derivanti ne costituisce un esempio. È difficile delineare un orizzonte temporale per questo tipo di azione ma entro i prossimi cinque anni gli scienziati saranno probabilmente in grado di fornire informazioni sufficienti all'applicazione di ulteriori misure soprattutto per quanto riguarda le specie e gli habitat individuati dalla direttiva habitat.

125. Inoltre, l'esperienza maturata nell'ambito della PCP conferma la necessità di combinare diversi strumenti di gestione per ottenere una riduzione della pressione della pesca. Le aree chiuse e le zone vietate alla pesca non costituiscono una panacea per tutti i problemi ecologici e legati alla pesca. L'esperienza dimostra inoltre che cambiamenti drastici dei sistemi di gestione in periodi brevi sono probabilmente destinati al fallimento ed a creare ulteriori problemi a livello di rispetto delle norme. Le misure devono essere ad hoc e tener conto delle specificità della biologia delle specie e della pesca. I tempi necessari per ridurre i tassi di sfruttamento a livelli sostenibili potranno variare.

126. A tali misure vanno affiancati altri strumenti complementari. Il processo innescato dall'impegno a migliorare la selettività è in corso e si prevedono ulteriori miglioramenti della selettività degli attrezzi una volta che i risultati di alcune ricerche attualmente in corso siano disponibili. Inoltre, si propone un maggior ricorso alle opportunità già esistenti di offrire sostegno finanziario alla pesca sperimentale con l'obiettivo di introdurre metodi ed attrezzi di pesca più selettivi. Le azioni proposte daranno luogo a significative riduzioni della pressione esercitata dalla pesca e influiranno notevolmente sul settore soprattutto per quanto riguarda l'intensità e la natura delle attuali attività di pesca con ripercussioni sulla redditività e l'occupazione a breve termine. La riduzione della pressione della pesca porterà in un primo momento a catture inferiori fin quando gli stock non siano stati ricostituiti per poi divenire più stabili e mantenersi a livelli sostenibili. Con l'introduzione di ulteriori obiettivi a livello dell'ecosistema è molto probabile che sia necessario ridurre ulteriormente la pressione della pesca.

127. Occorre trovare un ragionevole equilibrio tra gli aspetti relativi alla biodiversità e gli interessi dell'industria della pesca. A tal fine sarà necessario valutare oltre all'efficacia ambientale anche gli effetti sociali ed economici delle diverse azioni.

128. I cambiamenti strutturali e finanziari necessari per adeguare la futura PCP costituiscono oggetto del processo di revisione in corso della PCP la cui conclusione è prevista per il 2002. Tali aspetti saranno pertanto affrontati più opportunamente nell'ambito di tale processo.

129. Una sintesi delle azioni proposte è illustrata nell'allegato 2.

Allegato 1 : Elenco delle abbreviazioni utilizzate nel piano d'azione

CCAMLR // Convenzione sulla conservazione delle risorse marine viventi in Antartide

FAO // Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura

FEAP // Federazione degli acquacultori europei

HELCOM // Commissione di Helsinki per la tutela ambientale del Mar Baltico

IBSFC // Commissione internazionale della pesca del Mar Baltico

ICCAT // Commissione internazionale per la conservazione di tonni dell'Atlantico

ICES // Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare

MGM // Microrganismi geneticamente modificati

NAFO // Organizzazione della pesca dell'atlantico nordoccidentale

NASCO // Organizzazione per la conservazione nell'Atlantico settentrionale

NEAFC // Convenzione sulla pesca nell'Atlantico nordorientale

OGM // Organismi geneticamente modificati

ONG // Organizzazione non governativa

OSPAR // Convenzione di Oslo e Parigi sulla prevenzione dell'inquinamento marino

PCP // Politica comune della pesca

POP // Piano di orientamento pluriennale

SFOP // Strumento finanziario di orientamento della pesca

STECF // Comitato scientifico, tecnico ed economico della pesca

TAC // Totale delle catture ammesse

VIA // Valutazione d'impatto ambientale

Allegato II : Attuazione delle misure necessarie per il conseguimento delle priorità previste dal piano d'azione: traguardi e scadenze

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