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Document 32013D1386

Decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 , su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» Testo rilevante ai fini del SEE

OJ L 354, 28.12.2013, p. 171–200 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

Legal status of the document In force

ELI: http://data.europa.eu/eli/dec/2013/1386/oj

28.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 354/171


DECISIONE N. 1386/2013/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 20 novembre 2013

su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta»

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 192, paragrafo 3,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

visto il parere del Comitato delle regioni (2),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),

considerando quanto segue:

(1)

L’Unione si è prefissata l’obiettivo di diventare un’economia intelligente, sostenibile e inclusiva entro il 2020, ponendo in essere una serie di politiche e di azioni intese a renderla un’economia efficiente nell’uso delle risorse e a basse emissioni di carbonio (4).

(2)

I programmi di azione per l’ambiente susseguitisi dal 1973 hanno formato il quadro per l’azione dell’Unione in materia ambientale.

(3)

Il Sesto programma di azione per l’ambiente (5) (6o PAA) si è concluso nel luglio 2012, ma molte delle misure e delle azioni avviate nell’ambito di quel programma sono tuttora in via di realizzazione.

(4)

La valutazione finale del 6o PAA ha concluso che il programma ha recato benefici all’ambiente e ha delineato un orientamento strategico generale per la politica ambientale. Nonostante questi risultati positivi, persistono tendenze non sostenibili nei quattro settori prioritari indicati nel 6o PAA: cambiamenti climatici; natura e biodiversità; ambiente, salute e qualità della vita; nonché risorse naturali e rifiuti.

(5)

La valutazione finale del 6o PAA ha evidenziato alcune carenze. Il conseguimento degli obiettivi fissati nel Settimo programma di azione per l’ambiente (7o PAA) richiede pertanto il pieno impegno degli Stati membri e delle istituzioni dell’Unione competenti e la volontà di assumersi la responsabilità per la realizzazione dei vantaggi previsti dal programma.

(6)

Secondo la relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente, intitolata «L’ambiente in Europa - Stato e prospettive nel 2010» (SOER 2010), restano ancora da affrontare grandi sfide in materia di ambiente e si avranno gravi ripercussioni se non si farà nulla per raccoglierle.

(7)

Le tendenze e le sfide sistemiche a livello mondiale, inerenti alle dinamiche demografiche, all’urbanizzazione, alle malattie e pandemie, alle trasformazioni tecnologiche in via di accelerazione e ad una crescita economica non sostenibile, rendono ancora più complicato affrontare le sfide ambientali e conseguire uno sviluppo sostenibile a lungo termine. Per assicurare la prosperità dell’Unione nel lungo periodo è necessario intraprendere ulteriori azioni che permettano di affrontare tali sfide.

(8)

È indispensabile che gli obiettivi prioritari dell’Unione per il 2020 siano fissati in linea con una chiara visione di lungo periodo per il 2050. Ciò creerebbe anche un contesto stabile per gli investimenti sostenibili e la crescita. Il 7o PAA dovrebbe portare avanti le iniziative politiche della strategia Europa 2020 (6), compreso il pacchetto dell’Unione su clima ed energia (7), la comunicazione della Commissione su una tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 (8), la strategia dell’UE per la biodiversità fino al 2020 (9), la tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse (10), l’iniziativa faro «L’Unione dell’innovazione» (11) e la strategia dell’Unione europea per lo sviluppo sostenibile.

(9)

Il 7o PAA dovrebbe contribuire a realizzare gli obiettivi in materia di ambiente e di cambiamenti climatici già approvati dall’Unione e ad individuare carenze nelle politiche per le quali occorre fissare obiettivi supplementari.

(10)

L’Unione si è prefissa di ridurre le emissioni di gas a effetto serra (GES) nell’Unione di almeno il 20 % entro il 2020 (30 % a condizione che altri paesi sviluppati si impegnino a realizzare riduzioni analoghe e che i paesi in via di sviluppo contribuiscano adeguatamente secondo le loro capacità e responsabilità), di portare al 20 % entro il 2020 la quota del consumo energetico proveniente da fonti di energia rinnovabili e di conseguire una riduzione del 20 % nel consumo di energia primaria rispetto ai livelli preventivati, grazie al miglioramento dell’efficienza energetica (12).

(11)

L’Unione si è prefissa di porre fine alla perdita di biodiversità e al degrado dei servizi ecosistemici nell’Unione entro il 2020, ripristinarli nei limiti del possibile e, al tempo stesso, intensificare il contributo dell’Unione per scongiurare la perdita di biodiversità a livello mondiale (13).

(12)

L’Unione sostiene l’obiettivo di porre fine alla perdita di copertura boschiva del pianeta entro il 2030 e quello di ridurre la deforestazione tropicale lorda di almeno il 50 % rispetto ai livelli del 2008 entro il 2020 (14).

(13)

L’Unione si è prefissa di raggiungere un buono stato di tutte le acque unionali entro il 2015, comprese le acque dolci (fiumi, laghi e acque sotterranee), le acque di transizione (estuari e delta) e le acque costiere nel limite di un miglio nautico dalla costa (15).

(14)

L’Unione si è prefissa di raggiungere un buono stato ecologico di tutte le acque marine dell’Unione entro il 2020 (16).

(15)

L’Unione si è prefissa di raggiungere livelli di qualità dell’aria che non presentino impatti o rischi significativi per la salute umana e l’ambiente (17).

(16)

L’Unione si è prefissa di raggiungere, entro il 2020, l’obiettivo di produrre e utilizzare le sostanze chimiche in modo tale da contenere entro livelli minimi gli effetti nocivi rilevanti per la salute umana e l’ambiente (18).

(17)

L’Unione si è prefissa di proteggere l’ambiente e la salute umana prevenendo o riducendo l’impatto negativo della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficienza, mediante l’applicazione della seguente gerarchia dei rifiuti: prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo e smaltimento (19).

(18)

L’Unione si è prefissa di incoraggiare la transizione verso un’economia verde e di addivenire a una completa dissociazione della crescita economica dal degrado ambientale (20).

(19)

L’Unione si è prefissa di realizzare l’obiettivo di un mondo esente dal degrado del suolo nel contesto dello sviluppo sostenibile (21).

(20)

A norma dell’articolo 191, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione e si fonda sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione dei danni causati all’ambiente, in via prioritaria alla fonte, nonché sul principio «chi inquina paga».

(21)

L’azione tesa a realizzare gli obiettivi prioritari del 7o PAA dovrebbe essere intrapresa a diversi livelli di governance, in conformità del principio di sussidiarietà.

(22)

La collaborazione trasparente con attori non governativi è importante per la buona riuscita del 7o PAA e per il conseguimento degli obiettivi prioritari dello stesso.

(23)

La perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi nell’Unione non hanno solo implicazioni considerevoli per l’ambiente e per il benessere umano, ma hanno anche un impatto sulle future generazioni e sono onerosi per la società nel suo insieme e in particolare per gli operatori economici dei settori che dipendono direttamente da servizi ecosistemici.

(24)

Nell’Unione resta ancora molto da fare per ridurre le emissioni di GES e promuovere un uso più efficiente dell’energia e delle risorse. Così facendo si allenterà la pressione sull’ambiente, si otterrà un aumento della competitività e si verranno a creare nuove fonti di crescita e di occupazione grazie ai risparmi derivanti dall’aumento dell’efficienza, dalla commercializzazione di soluzioni innovative e da una migliore gestione delle risorse nel corso del loro intero ciclo di vita. Al fine di realizzare questo potenziale, occorre che una politica dell’Unione in materia di cambiamenti climatici che persegua un approccio globale riconosca la necessità che tutti i settori dell’economia contribuiscano alla lotta ai cambiamenti climatici.

(25)

I problemi e gli impatti ambientali comportano tuttora rischi rilevanti per la salute e il benessere della popolazione, mentre misure volte a migliorare lo stato dell’ambiente possono essere benefiche.

(26)

La piena e uniforme attuazione dell’acquis ambientale in tutta l’Unione rappresenta un investimento oculato per l’ambiente, per la salute umana e per l’economia.

(27)

La politica ambientale dell’Unione dovrebbe continuare a fondarsi su solide basi cognitive e dovrebbe garantire che le basi scientifiche su cui si basano le decisioni politiche, compresi i casi in ci è stato invocato il principio di precauzione, possano essere meglio comprese a tutti i livelli.

(28)

Gli obiettivi ambientali e climatici dovrebbero tradursi in adeguati investimenti e i fondi dovrebbero essere spesi in modo più efficace in linea con tali obiettivi. Occorre incoraggiare l’uso di iniziative pubbliche-private.

(29)

L’integrazione ambientale in tutti i pertinenti settori politici è essenziale per allentare le pressioni sull’ambiente determinate dalle politiche e dalle attività condotte in altri settori e per il conseguimento degli obiettivi climatico-ambientali.

(30)

L’Unione è un territorio densamente popolato, in cui oltre il 70 % della sua popolazione vive in zone urbane e periurbane confrontate a specifiche sfide d’ordine ambientale e climatico.

(31)

Molte delle sfide ambientali si presentano su scala mondiale e possono essere affrontate soltanto attraverso un approccio d’insieme a livello planetario, mentre altre sono caratterizzate da una spiccata dimensione regionale. Ciò richiede una cooperazione con i paesi partner, tra cui i paesi vicini e i paesi e territori d’oltremare.

(32)

È opportuno che il 7o PAA sostenga, in seno all’Unione e a livello internazionale, l’attuazione degli esiti e degli impegni assunti alla conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile del 2012 (Rio + 20) intesi a trasformare l’economia mondiale in un’economia inclusiva e verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e della riduzione della povertà.

(33)

Un’opportuna combinazione di strumenti politici aiuterebbe gli operatori economici e i consumatori ad acquisire una migliore comprensione dell’impatto ambientale delle loro attività e a gestirlo. Tali strumenti politici consistono, tra l’altro, in incentivi economici, strumenti di mercato, obblighi di informazione, nonché in misure e strumenti volontari che impegnano i portatori d’interesse a vari livelli, ad integrazione dei quadri legislativi.

(34)

Tutte le misure, le azioni e gli obiettivi previsti nel nuovo 7o PAA dovrebbero essere portati avanti secondo i principi della «regolamentazione intelligente» (22) e, ove opportuno, sottoposti a una valutazione d’impatto generale.

(35)

I progressi compiuti nella realizzazione degli obiettivi del 7o PAA dovrebbero essere monitorati, analizzati e valutati sulla base di indicatori concordati.

(36)

A norma dell’articolo 192, paragrafo 3, TFUE gli obiettivi prioritari per quanto riguarda la politica dell’Unione in materia ambientale dovrebbero essere fissati in un programma generale d’azione.

(37)

Per gli obiettivi prioritari di cui alla presente decisione, nell’allegato sono individuate una serie di misure e di azioni definite dal 7o PAA e finalizzate al conseguimento di tali obiettivi,

(38)

Poiché l’obiettivo della presente decisione, vale a dire stabilire un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente che stabilisca obiettivi prioritari, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, può essere conseguito meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

È adottato un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente per il periodo fino al 31 dicembre 2020 («7o programma di azione per l’ambiente» o «7o PAA»), quale stabilito nell’allegato.

Articolo 2

1.   Il 7o programma di azione per l’ambiente persegue i seguenti obiettivi prioritari:

a)

proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione;

b)

trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva;

c)

proteggere i cittadini dell’Unione da pressioni e rischi d’ordine ambientale per la salute e il benessere;

d)

sfruttare al massimo i vantaggi della legislazione dell’Unione in materia di ambiente migliorandone l’applicazione;

e)

migliorare le basi cognitive e scientifiche della politica ambientale dell’Unione;

f)

garantire investimenti a sostegno delle politiche in materia di ambiente e clima e tener conto delle esternalità ambientali;

g)

migliorare l’integrazione ambientale e la coerenza delle politiche;

h)

migliorare la sostenibilità delle città dell’Unione;

i)

aumentare l’efficacia dell’azione unionale nell’affrontare le sfide ambientali e climatiche a livello internazionale.

2.   Il 7o PAA è fondato sul principio di precauzione, sui principi di azione preventiva e di riduzione dell’inquinamento alla fonte e sul principio «chi inquina paga»,

3.   Il 7o PAA contribuisce a un elevato livello di protezione ambientale e a una migliore qualità della vita e del benessere dei cittadini.

4.   Tutte le misure, le azioni e gli obiettivi previsti nel 7o PAA sono proposti e realizzati secondo i principi della «regolamentazione intelligente» e, ove opportuno, secondo una valutazione d’impatto generale.

Articolo 3

1.   Le istituzioni competenti dell’Unione e gli Stati membri sono responsabili per l’adozione delle azioni appropriate ai fini della realizzazione degli obiettivi prioritari stabiliti nel 7o PAA. Le azioni sono adottate tenendo in debita considerazione i principi di attribuzione, di sussidiarietà e di proporzionalità, in conformità dell’articolo 5 del trattato sull’Unione europea.

2.   Le autorità pubbliche a tutti i livelli attuano il 7o PAA in collaborazione con gli operatori economici, le parti sociali, i rappresentanti della società civile e i privati cittadini.

Articolo 4

1.   La Commissione garantisce che l’attuazione degli elementi pertinenti del 7o PAA sia monitorata nel contesto del normale processo di monitoraggio della strategia Europa 2020. Tale processo si basa sugli indicatori dell’Agenzia europea dell’ambiente sullo stato dell’ambiente nonché sugli indicatori utilizzati per monitorare i progressi compiuti nella realizzazione degli obiettivi e della legislazione esistenti in ambito ambientale e climatico, quali gli obiettivi in materia di clima e di energia, di biodiversità e le tappe miliari per il raggiungimento dell’efficienza nell’uso delle risorse.

2.   La Commissione procede anche a una valutazione del 7o PAA. Tale valutazione si basa, tra l’altro, sulla relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente sullo stato dell’ambiente e su una consultazione con i soggetti interessati. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione fondata su tale valutazione a tempo debito prima della fine del 7o PAA.

3.   Alla luce di detta valutazione e di altri sviluppi politici in materia, la Commissione presenta, se del caso, una proposta relativa a un 8o PAA in tempo utile al fine di evitare un vuoto tra il 7o PAA e l’8o PAA.

Articolo 5

La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013

Per il Parlamento europeo

Il presidente

M. SCHULZ

Per il Consiglio

Il presidente

V. LEŠKEVIČIUS


(1)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 77.

(2)  GU C 218 del 30.7.2013, pag. 53.

(3)  Posizione del Parlamento europeo del 24 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013.

(4)  COM(2010)2020 e conclusioni del Consiglio europeo del 17 giugno 2010 (EUCO 13/10).

(5)  Decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1).

(6)  COM(2010)2020.

(7)  Regolamento (CE) n. 443/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell’ambito dell’approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO 2 dei veicoli leggeri (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 1), direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16), direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 63), direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra e che modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto riguarda le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 88), direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e che modifica la direttiva 85/337/CEE del Consiglio e le direttive 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e il regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 114), decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).

(8)  COM(2011) 112. La tabella di marcia è stata rilevata dal Consiglio nelle sue conclusioni del 17 maggio 2011 ed è stata approvata dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 15 marzo 2012 [P7_TA(2012)0086].

(9)  COM(2011) 244.

(10)  COM(2011) 571.

(11)  COM(2010) 546.

(12)  Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007.

(13)  Conclusioni del Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2010 (EUCO 7/10); conclusioni del Consiglio del 15 marzo 2010 (7536/10); COM(2011) 244.

(14)  Conclusioni del Consiglio del 4 dicembre 2008 (16852/08).

(15)  Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1).

(16)  Direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) (GU L 164 del 25.6.2008, pag. 19).

(17)  Decisione n. 1600/2002/CE; direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU L 152 dell’11.6.2008, pag. 1).

(18)  Decisione n. 1600/2002/CE; piano di attuazione di Johannesburg (Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile 2002).

(19)  Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3).

(20)  Conclusioni del Consiglio dell’11 giugno 2012 (11186/12), COM(2011)571.

(21)  Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite A/Res/66/288 del 27 luglio 2012 sui risultati della conferenza Rio + 20 dal titolo «The Future We Want» (Il futuro che vogliamo).

(22)  COM(2010) 543.


ALLEGATO

SETTIMO PROGRAMMA DI AZIONE PER L’AMBIENTE FINO AL 2020 — «VIVERE BENE ENTRO I LIMITI DEL NOSTRO PIANETA»

1.

La seguente visione per il 2050 intende ispirare le azioni che saranno realizzate entro il 2020 e oltre tale data.

Nel 2050 vivremo bene nel rispetto dei limiti ecologici del nostro pianeta. Prosperità e ambiente sano saranno basati su un’economia circolare senza sprechi, in cui le risorse naturali sono gestite in modo sostenibile e la biodiversità è protetta, valorizzata e ripristinata in modo tale da rafforzare la resilienza della nostra società. La nostra crescita sarà caratterizzata da emissioni ridotte di carbonio e sarà da tempo sganciata dall’uso delle risorse, scandendo così il ritmo di una società globale sicura e sostenibile.

PROGRAMMA DI AZIONE FINO AL 2020

2.

Negli ultimi 40 anni grazie a un’intensa attività legislativa in materia ambientale sono stati raggiunti i più elevati standard moderni a livello internazionale, che hanno aiutato a fare fronte ad alcune delle principali preoccupazioni dei cittadini e degli operatori economici dell’Unione riguardo all’ambiente.

3.

Negli ultimi anni è stata registrata una diminuzione significativa delle emissioni di inquinanti nell’aria, nelle acque e nel suolo, cui negli ultimi anni si è affiancata una diminuzione delle emissioni di GES. La legislazione dell’Unione sulle sostanze chimiche è stata aggiornata e l’uso di numerose sostanze tossiche o pericolose come il piombo, il cadmio e il mercurio è stato limitato nei prodotti di uso comune. I cittadini dell’Unione hanno accesso a un’acqua tra le migliori al mondo in termini qualitativi e oltre il 18 % del territorio dell’Unione, nonché il 4 % dei mari che lo bagnano, è stato dichiarato area naturale protetta.

4.

La politica ambientale dell’Unione ha favorito l’innovazione e gli investimenti in prodotti e servizi legati all’ambiente, creando posti di lavoro e opportunità di esportazione (1). Gli allargamenti che si sono succeduti hanno esteso gli elevati standard di protezione ambientale a una buona parte del continente europeo e l’Unione ha contribuito al crescente impegno internazionale volto a contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, nonché al successo delle iniziative prese a livello globale per bandire le sostanze che riducono lo stato di ozono e i carburanti che contengono piombo.

5.

Sono stati raggiunti risultati notevoli anche nell’integrazione degli obiettivi ambientali in altre politiche e attività dell’Unione. Nel quadro della politica agricola comune (PAC), dal 2003 i pagamenti diretti ai contadini sono subordinati ai requisiti di mantenimento dei terreni in buone condizioni agricole e ambientali e di rispetto della legislazione ambientale pertinente. La lotta contro i cambiamenti climatici è diventata parte integrante della politica energetica e sono stati compiuti dei progressi nell’integrazione di aspetti legati all’efficienza delle risorse, ai cambiamenti climatici e all’efficienza energetica in altri settori fondamentali, come i trasporti e il settore immobiliare.

6.

Tuttavia molte tendenze in materia ambientale nell’Unione continuano a destare preoccupazione, non da ultimo a causa di un’attuazione insoddisfacente della vigente legislazione ambientale dell’Unione. Solo il 17 % delle specie e degli habitat contemplati dalla direttiva habitat (2) sono in buono stato di conservazione e il degrado e la perdita di capitale naturale stanno compromettendo gli sforzi intesi a raggiungere gli obiettivi dell’Unione in materia di biodiversità e di cambiamenti climatici. Tale stato delle specie e degli habitat, nonché il degrado e la perdita di capitale naturale comportano costi elevati non ancora debitamente valutati nel nostro sistema economico e sociale. Il 30 % del territorio dell’Unione è fortemente frammentato incide sulla connettività e sulla salute egli ecosistemi e sulla loro capacità di offrire servizi e costituire un valido habitat per diverse specie. Mentre a livello di Unione sono stati compiuti dei progressi nel dissociare la crescita dalle emissioni di gas a effetto serra, l’uso delle risorse e dagli impatti ambientali, l’uso delle risorse è tutt’ora in gran parte insostenibile e inefficiente, mentre i rifiuti non sono gestiti al meglio. Di conseguenza, gli operatori economici dell’Unione non sfruttano appieno le opportunità che l’efficienza nell’uso delle risorse può offrire in termini di competitività, riduzioni dei costi, aumento di produttività e sicurezza di approvvigionamento. I livelli di qualità dell’acqua e di inquinamento atmosferico sono tutt’ora problematici in diverse parti d’Europa e i cittadini dell’Unione continuano ad essere esposti a sostanze pericolose e potenzialmente nocive per la loro salute e il loro benessere. L’uso non sostenibile dei terreni porta a un consumo di suolo fertile, e il degrado del suolo continua, con risvolti sul piano della sicurezza alimentare globale e del raggiungimento degli obiettivi in favore della biodiversità.

7.

I cambiamenti ambientali e climatici nell’Unione sono prevalentemente dovuti a evoluzioni di portata globale, anche in rapporto ai dati demografici, legati a prassi produttive e commerciali e alla rapidità dei progressi tecnologici. Tali sviluppi potrebbero aprire interessanti prospettive di crescita economica e di benessere sociale ma implicano problematiche e incertezze per l’economia e la società unionali, creando un degrado ambientale che assume dimensioni globali (3).

8.

Gli attuali sistemi di produzione e di consumo dell’economia globale generano molti rifiuti e assieme alla domanda crescente di beni e servizi e all’esaurimento delle risorse contribuiscono ad aumentare i costi di materie prime fondamentali, minerali ed energia, generando ancora più inquinamento e rifiuti, aumentando le emissioni globali di GES e inasprendo il degrado del suolo, la deforestazione e la perdita di biodiversità. Quasi due terzi degli ecosistemi mondiali sono in declino (4) ed è comprovato che i limiti del pianeta per la biodiversità, i cambiamenti climatici e il ciclo dell’azoto sono già stati superati (5). È realistico ritenere che entro il 2030 si dovrà far fronte a una riduzione del 40 % delle risorse idriche, a meno che non siano compiuti progressi considerevoli per un uso più efficiente delle risorse. Vi è inoltre il rischio che i cambiamenti climatici aggravino ulteriormente questi problemi e che comportino costi ingenti (6). Nel 2011 le catastrofi dovute in parte ai cambiamenti climatici hanno causato danni economici globali per oltre 300 miliardi di EUR. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha lanciato un monito affermando che il degrado e l’erosione costanti del capitale naturale rischiano di provocare cambiamenti irreversibili che potrebbero mettere a repentaglio due secoli di miglioramenti del nostro standard di vita e implicare costi significativi (7).

9.

Per affrontare alcune di queste problematiche complesse è necessario sfruttare appieno il potenziale in termini di tecnologie ambientali e garantire che le industrie sviluppino costantemente e diffondano le migliori tecniche disponibili e le innovazioni emergenti, come pure un maggiore ricorso agli strumenti di mercato. Sono inoltre necessari progressi rapidi in ambiti dall’elevato potenziale scientifico e tecnologico. Tutto ciò dovrebbe essere realizzato facendo leva sulla ricerca e creando condizioni che spianino la strada ad investimenti privati nella ricerca. Al contempo c’è bisogno di una maggiore comprensione dei potenziali rischi per l’ambiente e per la salute umana associati alle nuove tecnologie nonché di una migliore valutazione e gestione di tali tecnologie. Questa è una precondizione per l’accettazione pubblica delle nuove tecnologie, così come per la capacità dell’Unione di individuare gli sviluppi tecnologici e contrastare i potenziali rischi ad essi associati in maniera efficace e puntuale. Le principali innovazioni tecnologiche dovrebbero essere accompagnate da dialoghi politici e da processi partecipativi.

10.

Per vivere un futuro nel benessere occorre agire ora, in maniera coordinata e con urgenza, per migliorare la resilienza ecologica e sfruttare al massimo i potenziali vantaggi delle politiche ambientali per l’economia e la società, nel rispetto dei limiti ecologici del pianeta. Il 7o PAA riflette l’impegno dell’Unione di trasformarsi in un’economia verde inclusiva che garantisca crescita e sviluppo, tuteli la salute e il benessere dell’uomo, crei posti di lavoro dignitosi, riduca le ineguaglianze, investa sulla biodiversità, compresi i servizi ecosistemici che presta (il capitale naturale) per il suo valore intrinseco e per il suo contributo essenziale al benessere umano e alla prosperità economica e sulla sua protezione.

11.

La trasformazione in un’economia verde inclusiva richiede l’integrazione degli aspetti ambientali in altre politiche, come l’energia, i trasporti, l’agricoltura, la pesca, gli scambi commerciali, l’economia e l’industria, la ricerca e l’innovazione, l’occupazione, lo sviluppo, gli affari esteri, la sicurezza, l’istruzione e la formazione, nonché la politica sociale e il turismo, in modo tale da dare vita a un approccio coerente e comune. Le azioni realizzate all’interno dell’Unione dovrebbero essere inoltre affiancate da azioni rafforzate sul piano internazionale e da una cooperazione con i paesi vicini volta ad affrontare le sfide comuni.

12.

L’Unione ha avviato questa trasformazione attraverso strategie integrate e a lungo termine finalizzate ad arginare la perdita di biodiversità (8), a rendere più efficiente l’impiego delle risorse (9) e ad accelerare il processo di transizione verso un’economia a bassa intensità di carbonio sicura e sostenibile (10). La Commissione ha ulteriormente integrato le problematiche e gli obiettivi in materia ambientale nelle recenti iniziative in altre aree strategiche fondamentali, tra cui l’energia (11) e i trasporti (12), e si è impegnata per ottenere benefici ancora maggiori per l’ambiente procedendo alla riforma delle politiche dell’Unione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la pesca e la coesione, sulla base dei progressi finora compiuti. A tale riguardo, la condizionalità è particolarmente importante per contribuire alla sostenibilità dell’agricoltura, promuovendo la protezione degli ecosistemi vulnerabili come i corpi idrici, il suolo e gli habitat per le specie.

13.

L’Unione ha aderito a un gran numero di impegni giuridicamente vincolanti nell’ambito di accordi internazionali multilaterali in materia ambientale, nonché a impegni ambientali politicamente vincolanti, compreso l’impegno assunto nel quadro della conferenza della Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (Rio + 20) (13). Il documento conclusivo di Rio + 20 riconosce che l’economia sostenibile e verde è un importante strumento per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile. Il documento delinea un quadro d’azione che copre le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (ambientale, sociale ed economica), molti aspetti delle quali si riflettono negli obiettivi prioritari del 7o PAA. In occasione di Rio + 20 è stato inoltre deciso di elaborare obiettivi di sviluppo sostenibile che siano coerenti con l’agenda di sviluppo delle Nazioni Unite post-2015 e integrati in essa, al fine di rafforzare il quadro istituzionale e definire una strategia di finanziamento per lo sviluppo sostenibile. Rio + 20 ha inoltre adottato un quadro globale decennale di programmi sulla produzione e sul consumo sostenibili. È ora opportuno che l’Unione e i suoi Stati membri garantiscano l’attuazione di tali impegni nell’Unione e che ne promuovano l’attuazione a livello mondiale.

14.

Il 7o PAA integra tali impegni definendo degli obiettivi prioritari per l’Unione da raggiungere entro il 2020. Il 7o PAA sostiene l’attuazione e favorisce l’azione a tutti i livelli, oltre a promuovere gli investimenti in materia di ambiente e di clima anche in una prospettiva che va oltre il 2020.

15.

In molti casi le azioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi prioritari saranno di natura prevalentemente nazionale, regionale o locale, in linea con il principio di sussidiarietà. In altri casi sarà necessario intervenire con misure supplementari a livello di Unione e internazionale. Occorre che anche il pubblico svolga un ruolo attivo e sia adeguatamente informato sulla politica ambientale. Poiché nell’Unione la politica ambientale è un ambito di competenza concorrente, uno dei fini del 7o PAA è creare un senso di identificazione nei traguardi e negli obiettivi comuni e garantire condizioni paritarie a operatori economici e autorità pubbliche. La determinazione di traguardi e obiettivi comuni fornisce inoltre un orientamento e un chiaro quadro di riferimento per le azioni ai responsabili politici e ad altri portatori d’interesse, comprese le regioni e i comuni, gli operatori economici e le parti sociali, nonché i cittadini.

16.

Lo sviluppo, integrato e coerente, della politica ambientale e climatica può contribuire a garantire che l’economia e la società dell’Unione siano ben preparate ad affrontare le sfide summenzionate. Tale azione richiederà di concentrarsi su tre obiettivi tematici:

a)

proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione;

b)

trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva;

c)

proteggere i cittadini dell’Unione da pressioni e rischi d’ordine ambientale per la salute e il benessere.

Detti tre obiettivi tematici sono correlati e dovrebbero essere perseguiti parallelamente. Le azioni intraprese in relazione a un obiettivo spesso contribuiscono al conseguimento degli altri obiettivi. Ad esempio, un impiego più efficiente delle risorse allenterà la pressione sul capitale naturale, mentre l’aumento della resilienza del capitale naturale dell’Unione apporterà benefici alla salute e al benessere umani. Gli interventi per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici aumenteranno la resilienza dell’economia e della società dell’Unione, stimolando l’innovazione e proteggendo le risorse naturali dell’Unione.

PRIORITÀ TEMATICHE

Obiettivo prioritario 1:   proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione

17.

La prosperità economica e il benessere nell’Unione dipendono dal suo capitale naturale, vale a dire la sua biodiversità, compresi gli ecosistemi da cui trarre beni e servizi essenziali, il suolo fertile e le foreste multifunzionali, i terreni e i mari produttivi, le acque dolci di buona qualità e l’aria pura, l’impollinazione, la regolazione del clima e la protezione dalle catastrofi naturali. L’Unione ha adottato un solido corpus legislativo per proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale, tra cui la direttiva quadro sulle acque (14), la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (15), la direttiva sulle acque reflue urbane (16), la direttiva sui nitrati (17), la direttiva sulle alluvioni (18), la direttiva sulle sostanze prioritarie (19), la direttiva sulla qualità dell’aria e le direttive ad essa correlate (20) nonché la direttiva Habitat e la direttiva Uccelli (21). Anche la legislazione in materia di cambiamenti climatici, sostanze chimiche, emissioni industriali e rifiuti contribuiscono ad allentare la pressione cui sono esposti il suolo e la biodiversità, compresi gli ecosistemi, le specie e gli habitat, nonché la riduzione del rilascio di nutrienti.

18.

Tuttavia, valutazioni recenti dimostrano che nell’Unione il problema della perdita di biodiversità non è stato ancora risolto e che la maggior parte degli ecosistemi è colpita da un forte degrado (22) a causa di pressioni di vario tipo. Ad esempio, le specie esotiche invasive comportano rischi maggiori rispetto a quanto si ritenesse in precedenza per la flora, la salute umana e animale, l’ambiente e l’economia. La strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020 stabilisce gli obiettivi e le azioni necessari per invertire queste tendenze negative, arrestare la perdita di biodiversità e il degrado dei servizi ecosistemici entro il 2020 e ripristinarli nei limiti del possibile (23). È pertanto necessario accelerare l’attuazione di tale strategia e conseguire gli obiettivi in essa contenuti per permettere all’Unione di raggiungere il suo obiettivo principale sulla biodiversità entro il 2020. Essa comprende misure volte all’attuazione delle direttive Uccelli e Habitat, compresa la rete Natura 2000, ma il raggiungimento dell’obiettivo principale richiederà la piena attuazione dell’intera legislazione esistente finalizzata alla protezione del capitale naturale.

19.

Nonostante l’obbligo previsto dalla direttiva quadro sulle acque di proteggere, potenziare e ripristinare tutti i corpi idrici delle acque di superficie e sotterrane, e nonostante i considerevoli sforzi profusi finora, entro il 2015 verosimilmente solo circa il 53 % dei corpi idrici superficiali dell’Unione sarà conforme all’obiettivo del «buono stato ecologico» (24). L’obiettivo di «buono stato ambientale» entro il 2020 stabilito dalla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino è esposto a pressioni notevoli, tra l’altro a causa di un costante sovrasfruttamento delle risorse ittiche, di fattori inquinanti (tra cui anche l’inquinamento acustico sottomarino e la presenza di rifiuti marini), unitamente agli effetti del surriscaldamento globale quali l’acidificazione, nei mari europei. In particolare nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero, dove la maggior parte degli stati costieri non sono Stati membri dell’Unione, una stretta collaborazione in seno all’Unione e con i paesi limitrofi sarà essenziale per fronteggiare tali sfide in modo efficace. Se da un lato le politiche dell’Unione in materia di emissioni aeree ed emissioni industriali hanno contribuito a ridurre molte forme di inquinamento, dall’altro lato gli ecosistemi sono tutt’ora colpiti da depositi eccessivi di azoto e zolfo e inquinamento da ozono associati alle emissioni del settore dei trasporti, alla produzione energetica e a pratiche agricole non sostenibili.

20.

Pertanto per proteggere, conservare, migliorare e valorizzare il capitale naturale dell’Unione è necessario affrontare i problemi alla radice mirando, tra l’altro, a una migliore integrazione degli obiettivi relativi al capitale naturale nello sviluppo e nell’attuazione di altre politiche per garantire che le politiche siano coerenti e che diano mutui benefici. Gli elementi legati all’ambiente contenuti nelle proposte di riforma della Commissione, in particolare per le politiche unionali in materia di agricoltura, pesca e politica di coesione, sono ripresi anche nelle proposte di «inverdimento» del bilancio dell’Unione nel quadro del quadro finanziario pluriennale 2014-2020 e sono intesi a sostenere tali obiettivi. Poiché rappresentano insieme il 78 % della copertura del suolo nell’Unione, l’agricoltura e la silvicoltura svolgono un ruolo importante nella preservazione delle risorse naturali, in particolare dell’acqua e del suolo di buona qualità, come pure della biodiversità e dei diversi paesaggi culturali. L’«inverdimento» della PAC incoraggerà pratiche agricole e forestali favorevoli all’ambiente quali la diversificazione delle colture, la protezione dei pascoli permanenti e delle praterie e l’agrosilvicoltura sostenibile, nonché promuoverà, la creazione e la conservazione di zone agricole e forestali di interesse ecologico, anche attraverso pratiche estensive e tradizionali. Esso rafforzerà altresì la capacità del settore dell’utilizzazione dei suoli, del cambiamento della destinazione dei suoli e della silvicoltura di fungere da «pozzo di assorbimento del carbonio». Un’agricoltura sostenibile è caratterizzata essenzialmente da una gestione responsabile nei confronti delle generazioni future, vale a dire una produttività unita a un risparmio delle risorse.

21.

L’Unione possiede il più grande territorio marino del mondo e pertanto ha una significativa responsabilità nel garantire la protezione dell’ambiente marino. Nel caso dell’ambiente marino, il settore offre opportunità economiche nella pesca, nei trasporti marittimi e nell’acquacoltura, così come nelle materie prime, nell’energia offshore e nelle biotecnologie marine, ma bisogna fare in modo che tale sfruttamento sia compatibile con la conservazione e la gestione sostenibile degli ecosistemi marini e costieri. Insieme, la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere all’interno degli Stati membri e tra di essi può svolgere un ruolo efficace nel coordinamento dell’uso sostenibile delle acque marine e delle zone costiere, se si applica l’approccio basato sugli ecosistemi alla gestione delle diverse attività settoriali in queste zone. L’ambiente marino non è protetto in modo adeguato in parte a causa del ritardo nel completamento della rete Natura 2000, che necessita di ulteriori sforzi da parte degli Stati membri. Le aree marittime protette devono essere gestite in modo più efficiente.

22.

La politica dell’Unione sui cambiamenti climatici dovrebbe tenere maggiormente in considerazione gli approcci basati sugli ecosistemi volti alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento agli stessi e che hanno risvolti positivi anche per la biodiversità e per la prestazione di altri servizi ecosistemici. Altri obiettivi ambientali, invece, come la conservazione della biodiversità e la protezione delle acque e del suolo, dovrebbero essere presi debitamente in considerazione nelle decisioni legate alle energie rinnovabili. Infine, dovrebbero essere adottate misure per contrastare l’inquinamento atmosferico dovuto ai trasporti e le emissioni di CO2  (25).

23.

Il degrado, la frammentazione e l’uso non sostenibile del suolo nell’Unione stanno compromettendo la fornitura di diversi servizi ecosistemici importanti, minacciando la biodiversità e aumentando la vulnerabilità dell’Europa rispetto ai cambiamenti climatici e alle catastrofi naturali, oltre a favorire il degrado del suolo e la desertificazione. Oltre il 25 % del territorio dell’Unione è colpito dall’erosione del suolo dovuta all’acqua, un fenomeno che compromette le stesse funzionalità del suolo e si ripercuote sulla qualità dell’acqua dolce. Un ulteriore problema è dato dalla contaminazione e dall’impermeabilizzazione del suolo. Si stima che oltre mezzo milione di siti in tutta l’Unione siano contaminati e finché non saranno individuati e valutati, continueranno a costituire rischi potenzialmente gravi per l’ambiente, l’economia, la società e la salute. Ogni anno più di 1 000 km2 di terreni vengono destinati a usi edilizi, industriali, di trasporto o ricreativi. È difficile e costoso invertire queste tendenze a lungo termine, e quasi sempre ciò richiede dei compromessi tra le varie esigenze di ordine sociale, economico ed ambientale. Le considerazioni ambientali, inclusa la protezione delle acque e la conservazione della biodiversità, dovrebbero essere integrate nelle decisioni che riguardano la pianificazione dell’uso dei terreni in modo da renderli più sostenibili, per progredire verso il conseguimento dell’obiettivo del «consumo netto di suolo pari a zero» entro il 2050.

24.

Vari livelli di progressi sono stati compiuti a livello di Stati membri per garantire la protezione del suolo, inclusa l’identificazione dei siti contaminati, la sensibilizzazione, la ricerca e lo sviluppo di sistemi di monitoraggio, variano alquanto, i progressi degli sforzi basati sui rischi e di altri sforzi di risanamento sono disomogenei e i risultati in materia di informativa a livello di Unione sono limitati. In risposta alle preoccupazioni quali le incidenze negative sul ciclo naturale dell’acqua, la Commissione ha elaborato linee guida sull’impermeabilizzazione dei suoli (26). Ulteriori sforzi per rafforzare il contesto regolamentare, sviluppare reti, condividere conoscenze, elaborare linee guida e individuare esempi di prassi corrette possono contribuire a una migliore protezione del suolo. La Commissione ha presentato una proposta di direttiva che istituisce un quadro per la protezione del suolo e che modifica la direttiva 2004/35/CE (27).

25.

Al fine di ridurre le pressioni più forti che l’uomo esercita sui terreni, sul suolo e su altri ecosistemi in Europa, si interverrà per garantire che le decisioni relative all’uso dei terreni a tutti i livelli di pertinenza tengano debitamente conto degli impatti ambientali, sociali ed economici. Le conclusioni di Rio + 20, riconoscendo l’importanza economica e sociale di una buona gestione del territorio, hanno invocato un mondo esente dal degrado del suolo. L’Unione e i suoi Stati membri dovrebbero riflettere sul modo migliore per concretizzare questo impegno nei limiti delle rispettive competenze. L’Unione e i suoi Stati membri dovrebbero altresì riflettere quanto prima su come affrontare le problematiche legate alla qualità del suolo all’interno di un quadro giuridico vincolante utilizzando un approccio basato sui rischi mirato e proporzionato. Dovrebbero inoltre essere stabiliti degli obiettivi per un uso sostenibile dei terreni e del suolo.

26.

Nonostante gli apporti di azoto e fosforo nell’ambiente dell’Unione siano diminuiti sostanzialmente negli ultimi 20 anni, il rilascio eccessivo di nutrienti continua a gravare sulla qualità dell’aria e dell’acqua e a ripercuotersi negativamente sugli ecosistemi, causando problemi significativi alla salute dell’uomo. In particolare, il problema del rilascio di ammoniaca dovuto a una gestione inefficiente e a un trattamento inadeguato delle acque reflue deve essere affrontato con urgenza al fine di ridurre considerevolmente tali sostanze. È inoltre necessario impegnarsi maggiormente per una gestione del ciclo dei nutrienti più efficace ed efficiente e sostenibile nell’impiego delle risorse e di migliorare l’efficienza d’impiego dei fertilizzanti. Tali sforzi richiedono investimenti nella ricerca e miglioramenti nella coerenza e attuazione della legislazione dell’Unione in materia ambientale, al fine di affrontare le sfide in questione, rendere più stringenti le norme laddove necessario e disciplinare il ciclo dei nutrienti nel quadro di un approccio di natura più olistica che integri e si intrecci con le politiche dell’Unione in vigore e che contribuisca a contrastare l’eutrofizzazione e l’eccessivo rilascio di nutrienti ed eviti situazioni in cui le emissioni di nutrienti sono spostate tra comparti ambientali.

27.

Le azioni intraprese nell’ambito della strategia dell’UE per la biodiversità sono volte a ripristinare almeno il 15 % degli ecosistemi degradati nell’Unione e a diffondere l’uso delle infrastrutture verdi (uno strumento per creare vantaggi ecologici, economici e sociali attraverso soluzioni naturali, incorporando spazi verdi, ecosistemi acquatici e altre caratteristiche fisiche nelle zone terrestri e marine) contribuiranno a contrastare il fenomeno della frammentazione dei terreni. Tali azioni, in combinazione con la piena attuazione delle direttive Uccelli e Habitat, supportate dai quadri d’azione prioritaria, miglioreranno ulteriormente il capitale naturale e rafforzeranno la resilienza dell’ecosistema, oltre ad offrire diverse opzioni efficienti sotto il profilo dei costi per mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi agli stessi nonché per gestire il rischio di catastrofe. Nel frattempo gli sforzi degli Stati membri volti alla mappatura e alla valutazione degli ecosistemi e dei relativi servizi miglioreranno la disponibilità di dati e, assieme all’iniziativa intesa a garantire che non vi siano perdite nette negli ecosistemi, prevista per il 2015, contribuiranno a preservare le riserve di capitale naturale a vari livelli. L’integrazione del valore economico dei servizi ecosistemici nei sistemi di contabilità e rendicontazione a livello di Unione e nazionale entro il 2020 migliorerà la gestione del capitale naturale dell’Unione.

28.

Al fine di proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione, il 7o PAA garantisce che entro il 2020:

a)

la perdita di biodiversità e il degrado dei servizi ecosistemici, compresa l’impollinazione, siano stati debellati, gli ecosistemi e i relativi servizi siano preservati e almeno il 15 % degli ecosistemi degradati sia stato ripristinato;

b)

l’impatto delle pressioni sulle acque di transizione, costiere e dolci (comprese le acque di superficie e le acque sotterranee) sia considerevolmente ridotto per raggiungere, preservare o migliorare il buono stato, così come definito nella direttiva quadro sulle acque;

c)

l’impatto delle pressioni sulle acque marine sia ridotto per raggiungere o preservare il buono stato, così come richiesto dalla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, e le zone costiere siano gestite in modo sostenibile;

d)

l’inquinamento atmosferico e i suoi impatti sugli ecosistemi e la biodiversità siano ulteriormente ridotti con l’obiettivo di lungo termine di non superare carichi e livelli critici;

e)

i terreni siano gestiti in maniera sostenibile all’interno dell’Unione, il suolo sia adeguatamente protetto e la bonifica dei siti contaminati sia ben avviata;

f)

il ciclo dei nutrienti (azoto e fosforo) sia gestito in maniera più sostenibile ed efficiente nell’impiego delle risorse;

g)

la gestione delle foreste sia sostenibile, le foreste, la loro biodiversità e i servizi che offrono siano protetti e rafforzati nei limiti del fattibile, e la resilienza delle foreste verso i cambiamenti climatici, gli incendi, le tempeste, le infestazioni di parassiti e le malattie sia migliorata.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

accelerare senza indugi l’attuazione della strategia dell’UE per la biodiversità, onde realizzarne gli obiettivi;

ii)

dare piena attuazione al Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee (28), tenendo pienamente conto delle situazioni specifiche degli Stati membri e garantendo che gli obiettivi relativi alla qualità dell’acqua siano adeguatamente supportati da misure strategiche applicabili alla fonte;

iii)

intensificare urgentemente, tra l’altro, l’impegno volto a garantire riserve ittiche sane in linea con la politica comune della pesca, la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e gli obblighi internazionali. Contrastare l’inquinamento e quantificare un obiettivo principale di riduzione dei rifiuti marini a livello di Unione supportato da misure applicabili alla fonte, e tenere conto delle strategie per l’ambiente marino definite dagli Stati membri; completare la rete di aree marine protette Natura 2000 e garantire che le zone costiere siano gestite in modo sostenibile;

iv)

stabilire e attuare una strategia dell’Unione per l’adattamento ai cambiamenti climatici (29) che preveda, tra l’altro, l’integrazione di questo tema nei principali settori d’intervento e nelle iniziative politiche chiave dell’Unione;

v)

rafforzare l’impegno per raggiungere il pieno rispetto della legislazione dell’Unione sulla qualità dell’aria e definire azioni e obiettivi strategici oltre il 2020;

vi)

intensificare gli sforzi per ridurre l’erosione del suolo e aumentare la materia organica presente al suo interno, per bonificare i siti contaminati e migliorare l’integrazione degli aspetti legati all’uso del suolo in processi decisionali coordinati, coinvolgendo le istanze decisionali a tutti i livelli pertinenti e integrandoli con l’adozione di obiettivi relativi al suolo e ai terreni in quanto risorsa nonché di obiettivi di pianificazione territoriale;

vii)

avviare ulteriori iniziative per eliminare le emissioni di azoto e di fosforo, nonché le emissioni dovute alle acque reflue urbane e industriali e all’uso di fertilizzanti, tra l’altro attraverso un migliore controllo alla fonte e il recupero dei residui di fosforo;

viii)

sviluppare e attuare una strategia rinnovata per le foreste dell’Unione che tenga conto sia delle numerose esigenze, sia dei vantaggi delle foreste e che contribuisca a un approccio più strategico alla protezione e al miglioramento delle stesse, anche attraverso una loro gestione sostenibile;

ix)

migliorare la trasmissione di informazioni ai cittadini dell’Unione e la loro sensibilizzazione ed educazione in materia di politica ambientale.

Obiettivo prioritario 2:   trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva

29.

La strategia Europa 2020 ha lo scopo di promuovere una crescita sostenibile sviluppando un’economia a basse emissioni di carbonio più competitiva che faccia un uso efficace e sostenibile delle risorse. La sua iniziativa faro per un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse è volta a sostenere la transizione verso un’economia che usi in maniera efficiente tutte le risorse, dissoci imperativamente la crescita economica dall’uso delle risorse e dell’energia e dai relativi impatti ambientali, che riduca le emissioni di gas a effetto serra, che aumenti la competitività grazie all’efficienza e all’innovazione e che promuova una maggiore sicurezza nell’ambito energetico e delle risorse, anche attraverso un uso globale ridotto di queste ultime. La tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse e la tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio (30) sono elementi cardine dell’iniziativa faro, poiché stabiliscono il quadro per le azioni future volte a raggiungere tali obiettivi, e dovrebbero essere supportate dallo scambio di migliori prassi fra Stati membri. Inoltre, un partenariato tra l’Unione, i suoi Stati membri e l’industria, nel quadro della politica industriale integrata dell’Unione, consentirà di accelerare gli investimenti e l’innovazione in sei mercati in crescita connessi all’economia verde (31).

30.

In tutti i settori economici è necessario puntare sull’innovazione per migliorare l’efficienza delle risorse e migliorare la competitività in un contesto caratterizzato da un aumento del prezzo delle risorse, dalla carenza di risorse, da restrizioni sul fronte dell’offerta di materie prime e dalla dipendenza dalle importazioni. Gli operatori economici sono il principale motore dell’innovazione, compresa l’eco-innovazione. Tuttavia, i mercati da soli non daranno i risultati desiderati e, ai fini di un miglioramento delle loro prestazioni ambientali, le piccole e medie imprese (PMI), in particolare, necessitano di un’assistenza specifica per l’adozione di nuove tecnologie, anche attraverso partenariati di ricerca e innovazione nel settore dei rifiuti (32). È pertanto essenziale un intervento governativo a livello di Unione e di Stati membri, al fine di fornire il giusto quadro di riferimento per gli investimenti e l’eco-innovazione, favorendo lo sviluppo di un commercio e di soluzioni tecnologiche sostenibili in risposta alle sfide ambientali e promuovendo modelli sostenibili di uso delle risorse (33).

31.

Detto requisito fondamentale per fare fronte alle sfide ambientali comporta anche dei vantaggi socio-economici e può stimolare la competitività. La potenziale crescita in termini di occupazione dovuta alla trasformazione in un’economia a basse emissioni di carbonio, sicura e sostenibile nell’impiego efficiente delle risorse è essenziale per il raggiungimento degli obiettivi sull’occupazione di Europa 2020 (34). Negli ultimi anni l’occupazione nel settore delle tecnologie e dei servizi in ambito ambientale nell’Unione ha segnato una crescita di circa il 3 % annuo (35). Si stima che il valore del mercato globale delle eco-industrie sia di almeno 3 000 miliardi di EUR (36) e, secondo le previsioni, tale valore dovrebbe almeno raddoppiarsi nel prossimo decennio. Gli operatori economici europei primeggiano già a livello internazionale nel riciclaggio e nell’efficienza energetica e dovrebbero essere incoraggiati a beneficiare della crescita della domanda globale con il sostegno del piano d’azione per l’eco-innovazione (37). Ad esempio, si prevede che entro il 2020 già il solo settore delle energie rinnovabili in Europa genererà più di 400 000 nuovi posti di lavoro (38). Una bio-economia sostenibile può altresì contribuire a una crescita intelligente e verde in Europa e, al tempo stesso, trarrà vantaggio da una maggiore efficienza nell’uso delle risorse.

32.

La piena attuazione del pacchetto dell’Unione su clima ed energia è essenziale per raggiungere le tappe previste per il 2020 e per creare un’economia competitiva, sicura e sostenibile, e a basse emissioni di carbonio entro il 2050. Se da un lato l’Unione sta attualmente rispettando l’impegno di ridurre, entro il 2020, le emissioni di gas a effetto serra interne del 20 % rispetto ai livelli del 1990, il raggiungimento dell’obiettivo legato all’efficienza energetica richiederà che i miglioramenti in questo ambito, così come i cambiamenti di comportamento, avvengano in tempi molto più rapidi. Ci si aspetta che la direttiva sull’efficienza energetica (39) dia un contributo significativo a questa causa; essa potrebbe essere integrata da requisiti di efficienza per il consumo energetico dei prodotti immessi sul mercato dell’Unione. Una valutazione globale della disponibilità di biomassa sostenibile è importante anche alla luce della domanda energetica in continua crescita e del dibattito in corso sui conflitti tra l’uso dei terreni per la produzione di alimenti e per la bioenergia. È altresì essenziale assicurare che la biomassa in tutte le sue forme sia prodotta e utilizzata in modo sostenibile ed efficace durante tutto il suo ciclo di vita, così da ridurre al minimo o da evitare impatti negativi sull’ambiente e il clima, e tenendo debitamente conto del contesto economico dei diversi usi della biomassa quale risorsa. Ciò contribuirebbe alla creazione di un’economia a basse emissioni di carbonio.

33.

Se l’Unione deve dare il giusto contributo a livello internazionale, tutti i settori economici dovranno concorrere alla riduzione delle emissioni di GES. L’Unione deve ora concordare i prossimi passi per il suo quadro per il clima e l’energia oltre il 2020 per prepararsi ai negoziati internazionali su un nuovo strumento giuridicamente vincolante, ma anche per dare agli Stati membri, all’industria e ad altri settori un quadro e uno (o più) obiettivi chiari e giuridicamente vincolanti per effettuare i necessari investimenti, a medio e a lungo termine, nella riduzione delle emissioni, l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile. È pertanto necessario che l’Unione valuti delle opzioni strategiche per effettuare la transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio in modo graduale ed efficiente sotto il profilo dei costi, e rispettando le tappe indicative di cui nella tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio entro il 2050, che dovrebbe servire da base per i lavori futuri. Il Libro verde «Un quadro per le politiche dell’energia e del clima all’orizzonte 2030» (40) rappresenta un passo importante al riguardo. La tabella di marcia per l’energia 2050 e il Libro bianco sui trasporti devono essere avallati da un solido quadro politico. Inoltre, è necessario che gli Stati membri elaborino e mettano in pratica strategie di sviluppo a lungo termine, efficienti nell’utilizzo delle risorse e a basse emissioni di carbonio intese a raggiungere l’obiettivo dell’Unione di ridurre le emissioni di gas a effetto serra tra l’80 % e il 95 % rispetto ai valori del 1990 entro la metà del secolo, nel quadro dell’impegno globale di limitare l’aumento medio delle temperature a un valore inferiore a 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e nel contesto delle riduzioni che, secondo le risultanze fornite dal gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), i paesi sviluppati devono realizzare in gruppo. Il sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione continuerà a costituire un pilastro fondamentale della politica dell’Unione in materia di clima anche dopo il 2020 e dovrebbe essere strutturalmente riformato per incentivare gli investimenti nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio. Per coerenza con i suoi impegni internazionali, l’Unione, unitamente ad altre parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), dovrebbe sostenere i paesi in via di sviluppo nei loro sforzi volti a mitigare i cambiamenti climatici attraverso il rafforzamento delle capacità, l’assistenza finanziaria e il trasferimento di tecnologia.

34.

La diffusione nell’industria delle migliori tecniche disponibili previste dalla direttiva sulle emissioni industriali (41) consentirà di migliorare i modelli di utilizzo delle risorse e di ridurre le emissioni degli oltre 50 000 principali impianti industriali dell’Unione. Ciò darà un forte impulso allo sviluppo di tecniche innovative, all’inverdimento dell’economia e alla riduzione dei costi industriali a lungo termine. Tale evoluzione può essere ulteriormente incoraggiata con la messa in atto di sistemi di gestione ambientale, come l’EMAS (42), da parte dell’industria.

35.

Alcuni strumenti di politica esistenti in materia di produzione e di consumo sono di portata limitata. Vi è la necessità di un quadro che fornisca segnali adeguati ai produttori e ai consumatori per promuovere l’efficienza nell’uso delle risorse e l’economia circolare. Saranno adottate misure volte a migliorare ulteriormente la prestazione ambientale di beni e servizi sul mercato dell’Unione nel corso del loro intero ciclo di vita, comprese iniziative che mirano ad aumentare l’offerta di prodotti sostenibili per l’ambiente e a stimolare una transizione significativa nella domanda di tali prodotti da parte dei consumatori. Ciò sarà raggiunto grazie una combinazione equilibrata di incentivi per i consumatori e per gli operatori economici (comprese le PMI), nonché di strumenti di mercato e norme finalizzati alla riduzione degli impatti ambientali delle proprie operazioni e dei propri prodotti. I consumatori dovrebbero ricevere informazioni precise, facilmente comprensibili e affidabili sui prodotti che acquistano, attraverso un’etichettatura chiara e coerente, anche in relazione alle asserzioni ambientali. È opportuno ottimizzare gli imballaggi per ridurre al minimo gli impatti ambientali nonché sostenere modelli commerciali efficienti nell’uso delle risorse come i sistemi di prodotto-servizio, compreso il leasing di prodotti. La legislazione sui prodotti in vigore, tra cui figurano le direttive sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica (43) nonché il regolamento sull’Ecolabel (44) saranno riviste con l’obiettivo di migliorare la performance ambientale e l’efficienza nell’impiego delle risorse dei prodotti nel corso del loro intero ciclo di vita e di affrontare le disposizioni in vigore attraverso un quadro politico e legislativo più coerente per la produzione e il consumo sostenibili nell’Unione (45). Questo quadro supportato da indicatori del ciclo di vita dovrebbe affrontare la frammentazione e i limiti della portata dell’attuale acquis in materia di consumo e produzione sostenibili (CPS), e identificare e, se necessario, colmare le lacune in termini di politica, incentivi e legislazione per garantire che siano fissati requisiti minimi relativi alla performance ambientale dei prodotti e dei servizi.

36.

Visto che l’80 % di tutti gli impatti ambientali associati a un prodotto nel suo ciclo di vita si decide in fase di progettazione, il quadro politico dell’Unione dovrebbe garantire che i prodotti prioritari commercializzati nel mercato dell’Unione siano progettati in maniera ecocompatibile e nell’ottica di un’ottimizzazione dell’efficienza delle risorse e dei materiali, tenendo conto anche di aspetti quali la sostenibilità, la riparabilità, la riusabilità, la riciclabilità, la presenza di contenuto riciclato e la durata di vita dei prodotti. I prodotti dovrebbero essere di provenienza sostenibile e progettati per essere riusabili o riciclabili. Queste prescrizioni dovranno essere tali da poter essere attuate e rispettate. A livello unionale e nazionale saranno profusi sforzi intesi a rimuovere le barriere all’eco-innovazione (46) e a sfruttare appieno il potenziale delle eco-industrie, con vantaggi in termini di posti di lavoro e crescita «verdi».

37.

Al fine di stabilire un quadro d’azione per il miglioramento degli aspetti legati all’efficienza delle risorse che vadano oltre le emissioni di gas a effetto serra saranno stabiliti degli obiettivi volti a ridurre l’impatto ambientale globale dei consumi nell’arco del ciclo di vita, in particolare nel settore alimentare, dell’edilizia e della mobilità (47). Insieme, essi costituiscono circa l’80 % degli impatti ambientali relativi al consumo. Occorre altresì prendere in considerazione a tale riguardo indicatori e obiettivi per l’impronta sulla terra, l’impronta idrica, l’impronta sui materiali e l’impronta di carbonio, come anche il loro ruolo nel quadro del semestre europeo. Dalla conferenza di Rio + 20 è emersa la necessità di ridurre considerevolmente le perdite post-raccolto e altre perdite relative agli alimenti nonché gli sprechi in tutta la catena di approvvigionamento. La Commissione dovrebbe quindi presentare una strategia globale per combattere gli sprechi alimentari inutili e cooperare con gli Stati membri nella lotta contro la produzione eccessiva di rifiuti alimentari. In tal senso sarebbero utili misure intese ad aumentare, se del caso, il compostaggio e la digestione anaerobica degli scarti alimentari.

38.

Oltre ai requisiti vincolanti in materia di appalti pubblici verdi per determinate categorie di prodotti (48), la maggior parte degli Stati membri ha adottato piani d’azione facoltativi e molti di essi hanno stabilito degli obiettivi per specifici gruppi di prodotti. Tuttavia, per le amministrazioni a tutti i livelli vi è ancora un considerevole margine di azione per ridurre l’impatto ambientale grazie alle loro decisioni di acquisto. È auspicabile che gli Stati membri e le regioni intraprendano ulteriori iniziative per raggiungere l’obiettivo di applicare i criteri sugli appalti pubblici verdi ad almeno il 50 % delle gare pubbliche. La Commissione valuterà la possibilità di proporre atti legislativi specifici per settore al fine di stabilire requisiti vincolanti in materia di appalti pubblici verdi per ulteriori categorie di prodotti e la portata di un monitoraggio periodico dei progressi compiuti dagli Stati membri sulla base di dati adeguati forniti da questi ultimi, tenendo conto nel contempo della necessità di ridurre al minimo il livello dell’onere amministrativo. Dovrebbero inoltre essere sviluppate reti volontarie di acquirenti verdi.

39.

Vi è inoltre un grande potenziale di miglioramento della prevenzione e della gestione dei rifiuti nell’Unione per giungere a un miglior utilizzo delle risorse, aprire nuovi mercati, creare nuovi posti di lavoro e ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime, consentendo di ridurre gli impatti ambientali (49). Ogni anno nell’Unione si generano 2,7 miliardi di tonnellate di rifiuti, di cui 98 milioni di tonnellate (il 4 %) sono rifiuti pericolosi. Nel 2011 la produzione pro capite di rifiuti urbani in tutta l’Unione è stata in media di 503 kg, mentre per quanto riguarda i singoli Stati membri è compresa fra 298 e 718 kg. In media solo il 40 % dei rifiuti solidi è preparato per il riutilizzo o riciclato, mentre alcuni Stati membri raggiungono un tasso del 70 %, dimostrando così che è possibile utilizzare i rifiuti come una risorsa fondamentale nell’Unione. Al contempo in molti Stati membri il 75 % dei rifiuti urbani è destinato alle discariche (50).

40.

Trasformare i rifiuti in una risorsa, come invocato nel quadro della tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse, richiede una piena applicazione della legislazione unionale sui rifiuti in tutta l’Unione, basata su un’applicazione rigorosa della gerarchia dei rifiuti e che disciplini i diversi tipi di rifiuti (51). Sono pertanto necessari ulteriori sforzi per ridurre la produzione di rifiuti pro capite e la produzione di rifiuti in termini assoluti. Per raggiungere gli obiettivi di efficienza nell’uso delle risorse, è altresì necessario limitare il recupero energetico di materiali non riciclabili (52), dismettere le discariche di rifiuti riciclabili o recuperabili (53), garantire un riciclaggio di elevata qualità laddove l’uso del materiale riciclato non ha complessivamente impatti negativi sull’ambiente e la salute umana, e sviluppare dei mercati per materie prime secondarie. I rifiuti pericolosi dovranno essere gestiti in modo tale da minimizzare gli effetti dannosi per la salute umana e l’ambiente, così come concordato in occasione di Rio + 20. Per raggiungere tale proposito è auspicabile che in tutta l’Unione si ricorra in maniera più sistematica a strumenti di mercato e ad altre misure che favoriscano la prevenzione, il riciclaggio e il riutilizzo, compresa la responsabilità ampliata del produttore, mentre andrebbe sostenuto lo sviluppo di cicli di materiali non tossici. È opportuno rimuovere gli ostacoli alle attività di riciclaggio nel mercato interno dell’Unione e riesaminare gli obiettivi esistenti in materia di prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero e di alternative alla discarica per progredire verso un’economia «circolare» basata sul ciclo di vita, con un uso senza soluzione di continuità delle risorse e rifiuti residui che sia quasi inesistente.

41.

Anche l’efficienza delle risorse nel settore idrico sarà trattata come una priorità al fine di garantire un buono stato delle acque. Sebbene siccità e carenze idriche siano fenomeni in continua espansione in Europa, si stima che ad oggi il 20-40 % dell’acqua disponibile in Europa sia sprecata, ad esempio, a causa di perdite nel sistema di distribuzione o dell’adozione inadeguata di tecnologie di efficienza idrica. Dai modelli disponibili emerge un potenziale di miglioramento considerevole in termini di efficienza idrica nell’Unione. Inoltre, si prevede che l’aumento della domanda e gli impatti dei cambiamenti climatici aggraveranno significativamente la pressione cui sono esposte le risorse idriche europee. Viste tali premesse, occorre che l’Unione e gli Stati membri intervengano per garantire che, entro il 2020, i cittadini abbiano accesso a un’acqua pulita e che le attività di estrazione idrica avvengano nel rispetto dei limiti delle risorse idriche rinnovabili, allo scopo di preservare, raggiungere o migliorare il buono stato delle acque in conformità della direttiva quadro sulle acque, migliorando, tra l’altro, l’efficienza idrica attraverso il ricorso a meccanismi di mercato quali una tariffazione delle acque che rispecchi l’effettivo valore dell’acqua, come anche altri strumenti educativi e di sensibilizzazione (54). I principali settori di consumo, vale a dire l’energia e l’agricoltura, dovrebbero essere incoraggiati a dare la priorità ad un uso più efficiente dell’acqua. Il progresso sarà agevolato da una dimostrazione e una diffusione accelerati di tecnologie nonché di sistemi e modelli commerciali innovativi che si basano sul piano strategico di attuazione del partenariato europeo per l’innovazione relativo all’acqua.

42.

La realizzazione di un chiaro quadro politico a lungo termine in tutti questi ambiti contribuirà a stimolare gli investimenti e le azioni necessarie per sviluppare appieno i mercati delle tecnologie più verdi e promuovere soluzioni commerciali sostenibili. Indicatori e obiettivi relativi all’efficienza delle risorse, basati su una raccolta di dati solidi, fornirebbero gli orientamenti del caso alle istanze decisionali pubbliche e private per trasformare la nostra economia. Non appena saranno concordati a livello di Unione, tali indicatori e obiettivi diventeranno parte integrante del 7o PAA. Per contribuire a tale processo, entro il 2015 dovrebbero essere messe a punto metodologie di misurazione dell’efficienza d’uso dell’acqua, del suolo, dei materiali e del carbonio.

43.

Al fine di trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva, il 7o PAA garantisce che entro il 2020:

a)

l’Unione abbia raggiunto i propri obiettivi sul clima e l’energia e si stia adoperando per ridurre entro il 2050 le emissioni di GES dell’80-95 % rispetto ai livelli del 1990, nel quadro dell’impegno generale di limitare l’aumento della temperatura media sotto i 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, con la definizione di un quadro per il clima e l’energia per il 2030 come passo fondamentale del processo;

b)

l’impatto ambientale globale di tutti i principali settori dell’economia dell’Unione sia stato ridotto sensibilmente a fronte di una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e della messa a punto di metodologie di riferimento e di misurazione e siano messi in atto incentivi commerciali e strategici che promuovano gli investimenti degli operatori economici nell’efficienza a livello dell’uso delle risorse, e la crescita verde sia stimolata attraverso misure volte a promuovere l’innovazione;

c)

i cambiamenti strutturali a livello di produzione, tecnologia e innovazione nonché di modelli di consumo e stili di vita abbiano ridotto l’impatto ambientale globale della produzione e del consumo, in particolare nei settori dell’alimentazione, dell’edilizia e della mobilità;

d)

i rifiuti siano gestiti responsabilmente alla stregua di una risorsa e così da evitare pregiudizi alla salute e all’ambiente, la produzione di rifiuti in termini assoluti e i rifiuti pro capite siano in declino, le discariche siano limitate ai rifiuti residui (vale a dire non riciclabili e non recuperabili), in linea con i rinvii di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva relativa alle discariche di rifiuti (55) e il recupero energetico sia limitato ai materiali non riciclabili, tenuto conto dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva quadro sui rifiuti (56);

e)

si prevenga o si sia significativamente ridotto lo stress idrico nell’Unione.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

dare piena attuazione al pacchetto su clima ed energia e accordarsi urgentemente sul quadro unionale di politiche per il clima e l’energia 2030, tenendo debitamente conto della relazione di valutazione più recente dell’IPCC e delle tappe indicative di cui nella tabella di marcia verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio, come anche degli sviluppi intervenuti nel quadro dell’UNFCCC e di altri processi pertinenti;

ii)

applicare a tappeto le migliori prassi disponibili nel quadro della direttiva sulle emissioni industriali e intensificare gli sforzi intesi a promuovere la diffusione di tecnologie, processi e servizi innovativi emergenti;

iii)

dare un nuovo impulso alla ricerca e all’innovazione necessarie per lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie, sistemi e modelli commerciali innovativi che consentiranno di ridurre i tempi e diminuire i costi della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, sicura e sostenibile; sviluppare ulteriormente l’approccio stabilito nel piano d’azione per l’eco-innovazione, individuare priorità per un’innovazione incrementale come anche modifiche del sistema, promuovere una quota di mercato più ampia per le tecnologie verdi nell’Unione e rafforzare la competitività dell’eco-industria europea; stabilire indicatori e fissare obiettivi realistici e raggiungibili in materia di efficienza nell’impiego delle risorse;

iv)

mettere a punto entro il 2015 metodologie di misurazione e di riferimento per l’efficienza d’uso del suolo, del carbonio, dell’acqua e dei materiali, e valutare se sia opportuno introdurre un indicatore e un obiettivo principale nell’ambito del semestre europeo;

v)

stabilire un quadro di politica più coerente per la produzione e il consumo sostenibili che includa, se del caso, il consolidamento degli strumenti esistenti in un quadro giuridico coerente; sottoporre a revisione la legislazione sui prodotti al fine di migliorare la performance ambientale e l’efficienza nell’impiego delle risorse dei prodotti nel corso del loro intero ciclo di vita; stimolare la domanda da parte dei consumatori di prodotti e servizi sostenibili sul piano ambientale attraverso politiche che ne aumentino la disponibilità, l’accessibilità, la funzionalità e l’attrattività; sviluppare indicatori e determinare obiettivi realistici e realizzabili per ridurre l’impatto globale dei consumi;

vi)

sviluppare programmi di formazione miranti ai mestieri verdi;

vii)

intensificare gli sforzi in vista del raggiungimento degli obiettivi esistenti e rivedere gli approcci agli appalti pubblici verdi, compreso il loro ambito di applicazione, al fine di aumentarne l’efficacia; istituire una rete volontaria di acquirenti verdi per gli operatori economici dell’Unione;

viii)

dare piena attuazione alla legislazione dell’Unione in materia di rifiuti. Tale attuazione richiederà anche l’applicazione della gerarchia dei rifiuti in conformità della direttiva quadro sui rifiuti e un uso efficace degli strumenti e di altre misure di mercato per garantire che: 1) le discariche siano limitate ai rifiuti residui (vale a dire non riciclabili e non recuperabili), tenuto conto dei rinvii di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva relativa alle discariche di rifiuti; 2) il recupero energetico sia limitato ai materiali non riciclabili, tenuto conto dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva quadro sui rifiuti; 3) i rifiuti riciclati siano usati come fonte principale e affidabile di materie prime per l’Unione, attraverso lo sviluppo di cicli di materiali non tossici; 4) i rifiuti pericolosi siano gestiti responsabilmente e che ne sia limitata la produzione; 5) i trasporti di rifiuti illegali siano sradicati, con il supporto di un monitoraggio rigoroso; e 6) i rifiuti alimentari siano ridotti. Si sta procedendo a un riesame della legislazione in vigore sui prodotti e i rifiuti, compreso un riesame dei principali obiettivi delle principali direttive sui rifiuti, basandosi sulla tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse, così da orientarsi verso un’economia circolare e far sì che gli ostacoli presenti sul mercato interno alle attività di riciclaggio ecocompatibili siano rimossi; È necessario che si organizzino campagne pubbliche di informazione in vista di una maggiore consapevolezza e comprensione della politica in materia di rifiuti nonché per stimolare un cambiamento di comportamento;

ix)

migliorare l’efficienza idrica stabilendo degli obiettivi a livello di bacini idrografici e monitorandoli, sulla base di una metodologia comune per lo sviluppo degli obiettivi di efficienza idrica nel contesto del processo della strategia comune di attuazione, e adottando meccanismi di mercato come la tariffazione delle acque, come previsto all’articolo 9 della direttiva quadro sulle acque e, se del caso, altre misure di mercato; sviluppare approcci per gestire l’uso delle acque reflue trattate.

Obiettivo prioritario 3:   proteggere i cittadini dell’Unione da pressioni legate all’ambiente e da rischi per la salute e il benessere

44.

La legislazione dell’Unione in materia di ambiente ha comportato benefici considerevoli in termini di salute e benessere dei cittadini. Tuttavia l’inquinamento dell’acqua, atmosferico e chimico sono tutt’ora tra i principali problemi legati all’ambiente nell’Unione (57). L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stima che i fattori di stress per l’ambiente sono responsabili per il 15-20 % delle morti in 53 paesi europei (58). Secondo l’OCSE entro il 2050, in tutto il mondo, l’inquinamento atmosferico urbano diventerà la prima causa di mortalità legata all’ambiente.

45.

Una buona parte della popolazione dell’Unione è tutt’ora esposta a livelli di inquinamento atmosferico, compreso l’inquinamento atmosferico negli ambienti chiusi, che superano i valori di riferimento raccomandati dall’OMS (59). Ad esempio, il riscaldamento a carbone locale e i motori e gli impianti a combustione rappresentano un’importante fonte di idrocarburi policiclici e aromatici mutageni e cancerogeni (IPA) e di emissioni pericolose di particolato (PM 10, PM 2.5 e PM 1). È necessario intervenire soprattutto in ambiti, come all’interno di agglomerati urbani, in cui la popolazione, in particolare le categorie sociali sensibili o vulnerabili, e gli ecosistemi sono esposti a livelli elevati di agenti inquinanti. Al fine di garantire un ambiente sano per tutti, occorre completare le misure locali con una politica adeguata a livello sia nazionale che unionale.

46.

L’accesso a risorse idriche di qualità soddisfacente è ancora problematico in diverse zone rurali nell’Unione. Tuttavia, garantire una buona qualità delle acque di balneazione europee giova sia alla salute umana, sia all’industria del turismo dell’Unione. Sempre più spesso le alluvioni e la siccità hanno ripercussioni negative sulla salute umana e le attività economiche, in parte riconducibili a cambiamenti al ciclo idrologico e all’uso del suolo.

47.

L’attuazione lacunosa delle politiche adottate fa sì che nell’Unione non si raggiungano adeguati standard di qualità dell’aria e dell’acqua. L’Unione aggiornerà gli obiettivi in base alle più recenti scoperte scientifiche e si impegnerà più attivamente a creare sinergie con altri obiettivi politici in settori come i cambiamenti climatici, la mobilità e i trasporti, la biodiversità e l’ambiente marino e terrestre. Ad esempio, ridurre determinati inquinanti atmosferici, fra cui quelli climatici di breve durata, può contribuire considerevolmente alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Gli ulteriori impegni in questa direzione si baseranno su un riesame approfondito della legislazione dell’Unione sulla qualità dell’aria e sulla messa in atto del Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee.

48.

Affrontare il problema dell’inquinamento alla radice rimane una priorità e l’attuazione della direttiva sulle emissioni industriali comporterà un’ulteriore riduzione delle emissioni generate dai principali settori industriali. Il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nella tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti aumenterà anche la mobilità sostenibile nell’Unione, contrastando così un’importante fonte di inquinamento acustico e atmosferico a livello locale.

49.

Dai dati disponibili riguardo all’esposizione media a lungo termine risulta che il 65 % degli europei che vivono in grandi zone urbane è esposto a livelli elevati di rumore (60) e che più del 20 % è esposto a livelli di rumore notturno che hanno spesso effetti negativi per la salute.

50.

La legislazione orizzontale sulle sostanze chimiche (REACH (61) e i regolamenti sulla classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio (62)) nonché la legislazione sui biocidi (63) e i prodotti fitosanitari (64) costituiscono una protezione di base per la salute umana e l’ambiente, assicurano la stabilità e la prevedibilità per gli operatori economici e promuovono la diffusione di metodi emergenti non testati sugli animali. Tuttavia permane una certa incertezza sugli impatti complessivi sulla salute umana e sull’ambiente derivanti dagli effetti combinati di diverse sostanze chimiche (miscele), nanomateriali, sostanze chimiche che interferiscono con il sistema endocrino (perturbatori endocrini) e le sostanze chimiche contenute nei prodotti. La ricerca indica che alcuni prodotti chimici hanno proprietà di interferenza endocrina che possono causare un certo numero di effetti negativi sulla salute e sull’ambiente, nonché sullo sviluppo dei bambini, potenzialmente anche a dosi molto basse, e che tali effetti giustificano la presa in considerazione di un’azione preventiva.

In considerazione di ciò, occorre intensificare gli sforzi per garantire che, entro il 2020, tutte le sostanze pertinenti che destano forti preoccupazioni, comprese quelle con proprietà di interferenza endocrina, siano inserite nell’elenco REACH di sostanze «candidate». Vi è la necessità di intervenire per affrontare queste sfide, in particolare visto l’impegno che l’Unione ha assunto in occasione del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile del 2002, riaffermato a Rio + 20 e accolto anche quale obiettivo dell’Approccio strategico alla gestione internazionale dei prodotti chimici, in particolare per garantire che entro il 2020 siano contenuti entro livelli minimi gli effetti negativi significativi delle sostanze chimiche sulla salute umana e l’ambiente e per rispondere a problematiche e sfide nuove ed emergenti in maniera efficace, efficiente, coerente e coordinata. L’Unione continuerà a sviluppare e ad adottare diversi approcci volti a contrastare gli effetti combinati delle sostanze chimiche e ad affrontare i problemi di sicurezza legati ai perturbatori endocrini in tutta la pertinente legislazione dell’Unione.

In particolare, l’Unione svilupperà criteri armonizzati basati sul rischio per l’individuazione dei perturbatori endocrini. L’Unione metterà altresì a punto un approccio globale per minimizzare l’esposizione alle sostanze pericolose, tra cui le sostanze chimiche contenute nei prodotti. La gestione responsabile e sostenibile dei nanomateriali e dei materiali con proprietà simili sarà garantita nel quadro di un approccio globale che terrà conto anche della valutazione e della gestione dei rischi, dell’informazione e del monitoraggio. Si nutrono preoccupazioni anche riguardo al potenziale impatto sull’ambiente e sulla salute umana di materiali che contengono particolato le cui dimensioni li escludono dalla definizione di nanomateriali, ma che possono avere proprietà simili a questi ultimi. Tali preoccupazioni dovrebbero essere approfondite al momento nel contesto del riesame della definizione di nanomateriali previsto dalla Commissione per il 2014, alla luce dell’esperienza e dell’evoluzione scientifica e tecnologica. L’azione congiunta di questi approcci aumenterà la base di conoscenze in ambito chimico e fornirà un quadro di riferimento per l’elaborazione di soluzioni più sostenibili.

51.

Nel frattempo l’espansione del mercato dei prodotti, delle sostanze chimiche e dei materiali a base biologica può offrire dei vantaggi dati, ad esempio, da una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e da nuove opportunità commerciali, ma bisogna garantire che l’intero ciclo di vita di tali prodotti sia sostenibile e far sì che non inasprisca la concorrenza relativa ai terreni o alle risorse idriche o non aumenti i livelli di emissione.

52.

I cambiamenti climatici graveranno ulteriormente sui problemi ambientali provocando siccità prolungate e ondate di caldo, alluvioni, tempeste, incendi boschivi, erosione del suolo e delle coste, così come nuove e più virulente forme di patologie umane, animali o vegetali. È necessario intervenire in maniera mirata per fare in modo che l’Unione abbia i mezzi per affrontare le pressioni e le nuove situazioni derivanti dai cambiamenti climatici, rafforzando la resilienza ambientale, economica e sociale. Poiché diversi settori sono e saranno sempre più soggetti agli impatti dei cambiamenti climatici, le considerazioni legate all’adeguamento e alla gestione del rischio di catastrofe dovranno essere maggiormente integrate nelle politiche dell’Unione.

53.

Inoltre, le misure volte ad aumentare la resilienza ecologica e climatica, come il ripristino dell’ecosistema e le infrastrutture verdi, possono comportare importanti vantaggi socioeconomici, tra l’altro in termini di salute pubblica. È necessario che le sinergie e i potenziali compromessi tra obiettivi climatici e altri obiettivi ambientali, legati ad esempio alla qualità dell’aria, siano gestiti correttamente. Ad esempio, il passaggio a determinati combustibili a basse emissioni di carbonio deciso in ragione di considerazioni climatiche o di sicurezza di approvvigionamento potrebbe comportare aumenti considerevoli di particolato e di emissioni nocive, soprattutto in mancanza di appropriate tecnologie di abbattimento delle emissioni.

54.

Al fine di proteggere i cittadini dell’Unione da pressioni legate all’ambiente e da rischi per la salute e il benessere, entro il 2020 il 7o PAA garantisce:

a)

un significativo miglioramento della qualità dell’aria esterna nell’Unione, che si avvicini ai livelli raccomandati dall’OMS, accompagnato da un miglioramento della qualità dell’aria interna, sulla base dei pertinenti orientamenti dell’OMS;

b)

una significativa riduzione dell’inquinamento acustico nell’Unione che lo avvicini ai livelli raccomandati dall’OMS;

c)

standard elevati per l’acqua potabile e per le acque di balneazione per tutti i cittadini dell’Unione;

d)

una risposta efficace, in tutta la pertinente legislazione dell’Unione, agli effetti combinati delle sostanze chimiche e alle preoccupazioni legate ai perturbatori endocrini, nonché una valutazione e una limitazione entro livelli minimi dei rischi per l’ambiente e la salute associati all’uso di sostanze pericolose, in particolare per i bambini, tra cui le sostanze chimiche contenute nei prodotti; l’individuazione di azioni a lungo termine nell’ottica di conseguire l’obiettivo di un ambiente non tossico;

e)

un uso dei prodotti fitosanitari che non comporti alcun effetto negativo per la salute umana o che non abbia incidenze inaccettabili sull’ambiente, nonché l’uso sostenibile di detti prodotti;

f)

una risposta efficace delle preoccupazioni di sicurezza relative ai nanomateriali e ai materiali con proprietà simili nel quadro di un approccio coerente e trasversale tra le diverse legislazioni;

g)

il conseguimento di progressi decisivi nell’adeguamento agli impatti dei cambiamenti climatici.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

dare attuazione alla politica dell’Unione sulla qualità dell’aria, in base alle più recenti conoscenze scientifiche, e definire e attuare misure per affrontare il problema dell’inquinamento dell’aria alla radice, tenendo conto delle differenze tra le fonti di inquinamento dell’aria interna ed esterna;

ii)

dare attuazione alla politica dell’Unione sull’inquinamento acustico già oggetto di revisione, in base alle più recenti conoscenze scientifiche, e intraprendere misure per affrontare il problema dell’inquinamento acustico alla radice, includendo miglioramenti a livello della progettazione urbana;

iii)

intensificare gli sforzi intesi a dare attuazione alla direttiva quadro sulle acque, alla direttiva sulle acque di balneazione (65) e alla direttiva sull’acqua potabile (66), in particolare per i piccoli fornitori di acqua, nonché alla direttiva sulle acque di balneazione;

iv)

proseguire la messa in atto di REACH con lo scopo di garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente, come anche la libera circolazione delle sostanze chimiche nel mercato interno, migliorando nel contempo la competitività e l’innovazione tenendo conto delle esigenze specifiche delle PMI; sviluppare, entro il 2018, una strategia dell’Unione per un ambiente non tossico, che si traduca in innovazione e nello sviluppo di alternative sostenibili fra cui soluzioni non chimiche, sulla base di misure orizzontali da intraprendere entro il 2015 con lo scopo di garantire: 1) la sicurezza dei nanomateriali di sintesi e dei materiali con proprietà simili; 2) la riduzione al minimo dell’esposizione ai perturbatori endocrini; 3) approcci normativi adeguati volti a contrastare gli effetti combinati delle sostanze chimiche e 4) la riduzione al minimo dell’esposizione alle sostanze chimiche contenute nei prodotti, ivi compresi i prodotti importati, nell’ottica di promuovere cicli di materiali non tossici e di ridurre l’esposizione a sostanze dannose in ambienti chiusi;

v)

monitorare l’attuazione della legislazione dell’Unione sull’uso sostenibile dei biocidi e dei prodotti fitosanitari e, se del caso, riesaminarla per aggiornarla sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche;

vi)

adottare e attuare una strategia dell’Unione per l’adattamento ai cambiamenti climatici, che preveda, tra l’altro, l’integrazione di questo tema e di considerazioni relative alla gestione del rischio di catastrofe nei principali settori d’intervento e nelle iniziative politiche chiave dell’Unione.

IL QUADRO DI SOSTEGNO

55.

Il raggiungimento dei succitati obiettivi prioritari tematici richiede la realizzazione di un quadro di sostegno delle azioni concrete. Saranno adottate misure volte a migliorare i quattro pilastri fondamentali di tale quadro di sostegno: migliorare le modalità di attuazione generali della normativa dell’Unione in materia ambientale; migliorare le conoscenze e gli elementi scientifici alla base delle politiche ambientali; garantire investimenti e creare i giusti incentivi per la protezione dell’ambiente e migliorare l’integrazione ambientale e la coerenza delle politiche sia nel quadro della politica ambientale, e tra la politica ambientale e le altre politiche. I benefici di natura orizzontale della politica dell’Unione in materia di ambiente si estenderanno oltre l’ambito di applicazione e l’orizzonte temporale del 7o PAA.

Obiettivo prioritario 4:   sfruttare al massimo i vantaggi della legislazione dell’Unione in materia di ambiente migliorandone l’attuazione

56.

Oltre ai vantaggi significativi per la salute e l’ambiente, i vantaggi dati dall’effettiva attuazione della legislazione dell’Unione in materia di ambiente sono triplici: la creazione di parità di condizioni per i soggetti economici che operano nel mercato interno, lo stimolo all’innovazione e la promozione dei vantaggi «del primo arrivato» nei diversi settori per le imprese europee. I costi associati alla mancata attuazione della legislazione, per contro, sono elevati e secondo le stime ammontano a circa 50 miliardi di EUR all’anno, comprensivi dei costi legati all’avvio di procedimenti d’infrazione (67). Già nel solo 2009 erano in corso 451 procedimenti d’infrazione legati alla legislazione dell’Unione in materia ambientale, mentre nel 2011 ne sono stati riportati altri 299 cui se ne sono poi aggiunti altri 114 (68), cifre che fanno dell’acquis ambientale quello che ha dato origine a più procedimenti d’infrazione. La Commissione riceve inoltre diverse denunce direttamente dai cittadini dell’Unione, che in molti casi sarebbe più indicato rivolgere al proprio Stato membro o alle autorità locali.

57.

Pertanto nei prossimi anni sarà data priorità assoluta a una migliore attuazione dell’acquis dell’Unione in materia ambientale a livello di Stati membri. Si registrano differenze significative in termini di attuazione tra i diversi Stati membri e al loro interno. È necessario fornire ai soggetti coinvolti nell’attuazione della legislazione ambientale a livello di Unione e a livello nazionale, regionale e locale le conoscenze, gli strumenti e le capacità per trarre maggiori vantaggi dalla legislazione in oggetto e migliorare la governance del processo di attuazione.

58.

Il numero elevato di infrazioni, denunce e petizioni in materia ambientale evidenzia la necessità di mettere in atto un sistema efficace e pragmatico di controlli e contrappesi a livello nazionale che contribuisca a individuare e a risolvere i problemi di attuazione, così come la necessità di adottare misure che prevengano il problema a monte, ad esempio instaurando un collegamento tra le amministrazioni incaricate della messa in atto e gli esperti durante la fase di elaborazione della politica. A tale proposito gli sforzi fino al 2020 saranno incentrati sui miglioramenti in quattro ambiti fondamentali.

59.

In primo luogo, sarà migliorato il modo in cui sono raccolte e divulgate le conoscenze sull’attuazione, in modo tale da aiutare i cittadini e chi opera in campo ambientale a comprendere appieno lo scopo e i vantaggi della normativa legislazione dell’Unione, nonché le modalità con cui le amministrazioni nazionali e locali danno effetto agli impegni assunti a livello di Unione (69). L’uso appropriato degli strumenti disponibili online potrebbe contribuire al raggiungimento di tale obiettivo. Le problematiche legate all’attuazione all’interno di uno specifico Stato membro saranno affrontate al fine di fornire un adeguato sostegno, analogamente all’approccio personalizzato seguito nel processo del semestre europeo. Ad esempio, saranno concordati contratti di partenariato per l’attuazione che coinvolgeranno la Commissione e i singoli Stati membri e che saranno finalizzati a trattare aspetti legati al reperimento di un sostegno finanziario per l’attuazione e a migliori sistemi di informazione per valutare i progressi. Al fine di massimizzare l’efficacia di tale approccio, gli Stati membri dovrebbero, se del caso e in conformità delle rispettive disposizioni amministrative, incoraggiare la partecipazione delle autorità locali e regionali. La piattaforma tecnica per la cooperazione ambientale, istituita dal Comitato delle regioni e dalla Commissione, faciliterà il dialogo e lo scambio di informazioni onde migliorare l’attuazione della legislazione a livello locale.

60.

In secondo luogo, l’Unione estenderà gli obblighi relativi alle ispezioni e alla sorveglianza all’insieme del diritto dell’Unione in materia ambientale, e svilupperà ulteriormente la capacità di supporto delle ispezioni a livello di Unione, facendo ricorso a strutture esistenti, fra l’altro per soddisfare le richieste di assistenza degli Stati membri, per affrontare situazioni di legittima preoccupazione e per agevolare la cooperazione in tutta l’Unione. Devono essere incoraggiati il rafforzamento della procedura di valutazione inter pares e la condivisione delle migliori prassi, come anche accordi relativi a ispezioni congiunte all’interno degli Stati membri su loro richiesta.

61.

In terzo luogo, saranno migliorate, se del caso, le modalità di gestione e il seguito dato a livello nazionale alle denunce sull’attuazione del diritto ambientale dell’Unione.

62.

In quarto luogo, i cittadini dell’Unione beneficeranno di un accesso effettivo alla giustizia per le tematiche ambientali e di una tutela giuridica efficiente, in linea con la Convenzione di Aarhus e gli sviluppi subentrati grazie all’entrata in vigore del trattato di Lisbona e della recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Si promuoverà inoltre la risoluzione stragiudiziale delle controversie per evitare vertenze.

63.

Il livello generale di governance ambientale in tutta l’Unione sarà ulteriormente migliorato rafforzando la cooperazione a livello di Unione, come anche a livello internazionale, tra i professionisti che lavorano nell’ambito della protezione dell’ambiente – compresi avvocati dello Stato, pubblici ministeri, difensori civici, giudici e ispettori – come la rete dell’Unione europea per l’attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell’ambiente (IMPEL), e incoraggiandoli a condividere le buone prassi.

64.

Oltre ad aiutare gli Stati membri a migliorare l’applicazione (70), la Commissione continuerà a dare il proprio contributo per garantire che la legislazione rifletta le più recenti conoscenze scientifiche, tenga conto delle esperienze a livello di Stato membro in materia di esecuzione degli impegni dell’Unione e sia coerente e proporzionata al suo scopo. Come regola generale, se un’applicazione armonizzata in tutti gli Stati membri è ritenuta il modo più efficace per realizzare gli obiettivi dell’Unione, gli obblighi giuridici sufficientemente chiari e precisi saranno racchiusi in regolamenti, che hanno effetti diretti e misurabili e che danno meno spazio a incoerenze in sede di attuazione. La Commissione ricorrerà maggiormente a schede di valutazione e ad altri mezzi per monitorare i progressi compiuti dagli Stati membri nell’attuazione di determinati aspetti della legislazione.

65.

Per sfruttare al massimo i vantaggi della legislazione dell’Unione in materia di ambiente migliorandone l’attuazione, entro il 2020 il 7o PAA garantisce che:

a)

il pubblico abbia accesso a informazioni chiare, da cui si evincano le modalità con cui si attua il diritto ambientale dell’Unione, in linea con la Convenzione di Aarhus;

b)

sia migliorato il rispetto della legislazione specifica in materia di ambiente;

c)

sia messo in atto il diritto ambientale dell’Unione a tutti i livelli amministrativi e che siano garantite condizioni paritarie nel mercato interno;

d)

sia rafforzata la fiducia dei cittadini nel diritto ambientale dell’Unione e nella relativa applicazione;

e)

sia facilitato il principio di una protezione giuridica efficace per i cittadini e le loro organizzazioni.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

assicurare che sistemi a livello nazionale divulghino attivamente le informazioni in merito alle modalità con cui è data attuazione alla legislazione dell’Unione in materia ambientale, insieme ad una visione generale dei risultati conseguiti dai singoli Stati membri a livello di Unione;

ii)

redigere contratti di partenariato per l’attuazione su base volontaria tra Stati membri e Commissione, includendo se del caso la partecipazione locale e regionale;

iii)

estendere gli obblighi vincolanti per le ispezioni e la sorveglianza degli Stati membri sull’insieme della legislazione dell’Unione in materia ambientale, e sviluppare ulteriormente la capacità di supporto delle ispezioni a livello di Unione, facendo ricorso a strutture esistenti, con il sostegno a reti di professionisti come l’IMPEL, il rafforzamento della procedura di revisione inter pares e la condivisione delle migliori prassi, al fine di accrescere l’efficienza e l’efficacia delle ispezioni;

iv)

garantire meccanismi coerenti ed efficaci a livello nazionale per la gestione delle denunce relative all’attuazione del diritto dell’Unione sull’ambiente;

v)

garantire che le disposizioni nazionali sull’accesso alla giustizia siano in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e promuovere la risoluzione stragiudiziale delle controversie per trovare soluzioni efficaci in via amichevole per le controversie in ambito ambientale.

Obiettivo prioritario 5:   migliorare le basi di conoscenza e le basi scientifiche della politica ambientale dell’Unione

66.

La politica ambientale dell’Unione si basa sul monitoraggio ambientale, nonché su dati, valutazioni e indicatori connessi all’attuazione della legislazione dell’Unione, ai quali si aggiungono i risultati della ricerca scientifica convenzionale e delle iniziative scientifiche promosse dai cittadini. Queste basi di conoscenza sono state notevolmente rafforzate e hanno portato sia i responsabili politici sia i cittadini ad acquisire maggiore consapevolezza e ad avere fiducia negli elementi giustificativi che sono il fondamento della politica, comprese le politiche in cui è stato applicato il principio di precauzione. Ciò ha facilitato una migliore comprensione delle sfide complesse in ambito ambientale e a livello sociale.

67.

È opportuno intraprendere azioni a livello internazionale e dell’Unione per rafforzare e migliorare ulteriormente l’interfaccia tra scienza e politiche ambientali nonché il coinvolgimento dei cittadini, ad esempio attraverso la nomina di consulenti scientifici di rilievo, come hanno già provveduto a fare la Commissione e alcuni Stati membri, oppure utilizzando meglio le istituzioni o gli organismi specializzati nell’adeguamento del sapere scientifico per le politiche pubbliche, quali le agenzie nazionali dell’ambiente e l’Agenzia europea dell’ambiente, nonché la rete europea d’informazione e monitoraggio dell’ambiente (EIONET).

68.

Tuttavia, l’incalzare degli sviluppi attuali e le incertezze che caratterizzano alcune probabili tendenze future richiedono ulteriori azioni che mantengano e rafforzino la presenza di queste basi scientifiche e cognitive per assicurare che le politiche dell’Unione continuino a fondarsi su una solida consapevolezza riguardo allo stato dell’ambiente, le possibili risposte in materia e le conseguenze che ne derivano.

69.

Negli ultimi decenni è migliorato il modo in cui sono raccolte e utilizzate le informazioni e le statistiche ambientali, sia a livello unionale e nazionale, regionale e locale che a livello mondiale. Tuttavia, i metodi di raccolta dei dati e la loro qualità continuano a essere eterogenei e la presenza di una molteplicià di fonti li rende difficilmente accessibili. Occorre provvedere quindi a investimenti continui per assicurare a tutti coloro che sono coinvolti nella definizione e nell’attuazione delle politiche la disponibilità e l’accessibilità di dati credibili, confrontabili e di qualità certa. È necessario progettare sistemi di informazione ambientale nei quali possano essere facilmente inserite nuove informazioni sui temi emergenti. È opportuno sviluppare ulteriormente lo scambio elettronico di dati a livello di Unione, con un grado di flessibilità tale da abbracciare anche nuovi ambiti.

70.

L’ulteriore attuazione del principio «produrre una volta, riutilizzare molte volte», presente all’interno del Sistema comune di informazioni ambientali (71), nonché gli approcci e le norme condivise sull’acquisizione e la raccolta di informazioni territoriali nell’ambito dei sistemi INSPIRE (72) e Copernicus (73), nonché di altri sistemi europei di informazione sull’ambiente (quali il sistema europeo di informazione sulla biodiversità (BISE) e il sistema europeo di informazione sull’acqua (WISE)], saranno d’aiuto per evitare una sovrapposizione degli sforzi ed eliminare ogni inutile onere amministrativo sulle autorità pubbliche, come lo saranno gli sforzi per razionalizzare gli obblighi di comunicazione imposti a norma dei diversi atti legislativi pertinenti. È opportuno realizzare progressi in materia di disponibilità e armonizzazione dei dati statistici, anche per quanto riguarda i rifiuti. Gli Stati membri dovrebbero rendere più accessibili al pubblico le informazioni raccolte (ad esempio tramite valutazioni ambientali strategiche o valutazioni di impatto ambientale) per la valutazione degli impatti di piani, programmi e progetti.

71.

Continuano a sussistere gravi lacune nelle conoscenze, alcune di queste particolarmente rilevanti rispetto agli obiettivi prioritari del 7o PAA. È quindi essenziale investire ulteriormente nella raccolta dati e la ricerca per colmarle al fine di garantire che le pubbliche autorità e gli operatori economici siano in grado di formulare le loro decisioni a partire da solide basi, in modo che riflettano pienamente costi e benefici sociali, economici e ambientali. Cinque lacune meritano particolare attenzione:

1)

le lacune che riguardano dati e conoscenze, che necessitano di una ricerca più avanzata per colmarle, e strumenti di modellizzazione adeguati per una migliore comprensione delle problematiche complesse pertinenti ai cambiamenti ambientali, ad esempio rispetto all’impatto dei cambiamenti climatici e delle catastrofi naturali, oppure alle implicazioni della perdita di biodiversità per i servizi ecosistemici, gli effetti soglia e i punti di non ritorno sotto il profilo ecologico. Sebbene i dati concreti giustifichino pienamente azioni preventive in tali ambiti, per trovare le risposte più appropriate in materia è necessario promuovere ulteriori ricerche che esplorino i limiti del pianeta per la biodiversità, i rischi sistemici e la capacità della nostra società di affrontarli. Per farlo sono necessari investimenti che permettano di colmare le lacune inerenti a dati e conoscenze, di procedere a una mappatura e a una valutazione dei servizi ecosistemici, di capire come la biodiversità possa sostenere questi ultimi, nonché di capire come la biodiversità si adatti ai cambiamenti climatici e come la perdita della biodiversità incida sulla salute umana;

2)

il passaggio a un’economia verde inclusiva richiede che si tenga debitamente conto dell’interazione tra fattori socio-economici e ambientali. Capire meglio i modelli di consumo e produzione sostenibile, tenere in considerazione più attentamente i costi e i benefici dell’agire o i costi del non agire, capire come i cambiamenti nei comportamenti a livello individuale o della società possono contribuire a ottenere risultati ambientali e come le megatendenze globali possano incidere sull’ambiente europeo: tutto ciò può essere d’aiuto per definire iniziative politiche più mirate con l’obiettivo di migliorare l’uso efficiente delle risorse e alleviare la pressione sull’ambiente;

3)

esistono ancora incertezze riguardo alla salute umana e alle implicazioni ambientali degli interferenti endocrini, gli effetti combinati di diverse sostanze chimiche, di talune sostanze chimiche contenute nei prodotti e di taluni nanomateriali. Se verranno colmate le restanti lacune cognitive, il processo decisionale può risultarne accelerato e sarà possibile sviluppare ulteriormente le norme riguardanti le sostanze chimiche e affrontare più puntualmente le preoccupazioni in questo ambito, contribuendo altresì a incentivare un approccio più sostenibile all’impiego delle sostanze in questione. È opportuno prendere in considerazione una banca dati a livello di Unione al fine di rafforzare la trasparenza e la vigilanza normativa dei nanomateriali. Una migliore comprensione dei fattori ambientali e dei livelli di esposizione che incidono sulla salute umana e sull’ambiente consentirebbe di intraprendere un’azione politica preventiva. Un biomonitoraggio umano mirato, se giustificato da preoccupazioni specifiche, può offrire alle autorità un quadro più esaustivo dell’effettiva esposizione della popolazione alle sostanze inquinanti, in particolare dei gruppi sensibili della popolazione, come ad esempio i bambini, e fornire gli elementi di prova per orientare le risposte adeguate;

4)

al fine di mettere a punto un approccio globale per ridurre al minimo l’esposizione alle sostanze pericolose, in particolare dei gruppi sensibili della popolazione, tra cui bambini e donne in stato di gravidanza, sarà creata una base cognitiva sull’esposizione alle sostanze chimiche e sulla loro tossicità. Ciò, unitamente all’elaborazione di una documentazione di orientamento sui metodi di sperimentazione e sulle metodologie di valutazione del rischio, accelererà il processo decisionale in maniera adeguata ed efficiente, contribuendo all'innovazione e allo sviluppo di alternative sostenibili, tra cui soluzioni non chimiche;

5)

per garantire che tutti i settori contribuiscano agli sforzi necessari a combattere i cambiamenti climatici è necessario avere un quadro chiaro delle misurazioni pertinenti alle emissioni di gas a effetto serra, del monitoraggio e della raccolta di dati, che è però attualmente carente per alcuni settori essenziali.

L’iniziativa Orizzonte 2020 fornisce l’opportunità di concentrare gli sforzi della ricerca e di mobilitare il potenziale innovativo europeo, in quanto può rappresentare un punto d’incontro tra risorse e conoscenze in diversi settori e discipline, sia all’interno dell’Unione che a livello mondiale.

72.

La nascita di problematiche nuove ed emergenti a seguito di sviluppi tecnologici che avvengono così rapidamente da non permettere alle politiche di tenersi al passo con i tempi, come ad esempio i nanomateriali e materiali con proprietà analoghe, le fonti energetiche non convenzionali, la cattura e lo stoccaggio del carbonio e le onde elettromagnetiche, costituiscono una sfida per la gestione del rischio e possono far sorgere conflitti d’interesse, bisogni e aspettative. A sua volta, ciò può suscitare preoccupazioni sempre maggiori presso i cittadini e, potenzialmente, generare ostilità nei confronti delle nuove tecnologie. È quindi necessario garantire un dibattito pubblico sempre più ampio riguardo ai rischi ambientali e agli eventuali compromessi che, in quanto cittadini, siamo disposti ad accettare alla luce di informazioni a volte incomplete e incerte sui rischi emergenti e su come affrontarli. Un approccio sistematico alla gestione del rischio ambientale migliorerà la capacità dell’Unione di seguire gli sviluppi tecnologici, agire tempestivamente su di essi e contemporaneamente rassicurare i cittadini a riguardo.

73.

Per migliorare le basi cognitive e scientifiche delle politiche ambientali dell’Unione, entro il 2020 il 7o PAA dovrà fare in modo che:

a)

i responsabili politici e i soggetti interessati dispongano di informazioni più adeguate per sviluppare e attuare politiche ambientali e in materia di clima, incluse la comprensione delle incidenze ambientali delle attività umane e la misurazione dei costi e benefici dell’agire e dei costi del non agire;

b)

sia notevolmente migliorata la nostra comprensione dei rischi ambientali e climatici emergenti e la nostra capacità di valutarli e gestirli;

c)

l’interfaccia tra politica ambientale e scienza risulti rafforzata, inclusa l’accessibilità dei dati per i cittadini e il contributo del coinvolgimento del pubblico nella ricerca scientifica («citizens’ science»);

d)

sia rafforzata l’incidenza dell’Unione e dei suoi Stati membri nei forum internazionali di scienza-politica allo scopo di migliorare la base cognitiva per la politica ambientale internazionale.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

coordinare, condividere e promuovere gli sforzi della ricerca a livello dell’Unione e degli Stati membri, in modo da affrontare le lacune critiche in materia di conoscenze ambientali, compresi il rischio di superamento del punto di non ritorno e dei limiti planetari;

ii)

adottare un approccio sistematico e integrato in materia di gestione del rischio, con particolare riferimento alla valutazione e gestione di settori d’intervento nuovi ed emergenti e dei relativi rischi, come pure all’adeguatezza e coerenza delle risposte normative. Ciò potrebbe incentivare ulteriori ricerche sui pericoli rappresentati dai nuovi prodotti, processi e tecnologie;

iii)

semplificare, razionalizzare e modernizzare i dati pertinenti all’ambiente e ai cambiamenti climatici nonché la raccolta, gestione, diffusione e il reimpiego, tra cui lo sviluppo e l’attuazione di un Sistema comune di informazioni ambientali;

iv)

sviluppare un’ampia base cognitiva sull’esposizione alle sostanze chimiche e sulla loro tossicità, alimentata dai dati ottenuti possibilmente senza il ricorso alla sperimentazione sugli animali. Proseguire l’approccio coordinato a livello di Unione alla biovigilanza umana e ambientale inclusa, se del caso, la normalizzazione dei protocolli di ricerca e dei criteri di valutazione;

v)

intensificare la cooperazione a livello internazionale, unionale e nazionale riguardo all’interfaccia tra scienza e politiche ambientali.

Obiettivo prioritario 6:   garantire investimenti a sostegno delle politiche in materia di ambiente e clima e tener conto delle esternalità ambientali;

74.

Gli sforzi richiesti per raggiungere gli obiettivi precedentemente esposti nel 7o PAA necessiteranno di investimenti adeguati da fonti private e pubbliche. Contemporaneamente occorre evidenziare che, sebbene molti paesi trovino difficile fronteggiare la crisi economico-finanziaria, la necessità di operare riforme economiche e ridurre il debito pubblico rappresenta un’opportunità per transitare rapidamente verso un’economia a basse emissioni di carbonio, più efficiente nell’impiego delle risorse, sicura e sostenibile.

75.

Attualmente è difficile attrarre finanziamenti destinati ad alcuni settori, soprattutto a causa dell’assenza di segnali di prezzo dal mercato, o della loro distorsione, imputabile a un’incapacità di dare adeguatamente conto dei costi ambientali o dalla presenza di sovvenzioni per attività dannose per l’ambiente.

76.

L’Unione e i suoi Stati membri dovranno mettere a punto condizioni giuste per garantire che si tenga adeguatamente conto delle esternalità ambientali, anche assicurando che pervengano i giusti segnali di mercato al settore privato, facendo attenzione ad eventuali impatti sociali negativi. Per far ciò, occorrerà applicare il principio «chi inquina paga» in modo più sistematico, in particolare attraverso l’eliminazione graduale delle sovvenzioni dannose per l’ambiente a livello di Unione e di Stati membri e sotto la guida della Commissione, avvalendosi di un strategia d’azione, anche nell’ambito del semestre europeo, e prendere in considerazione misure fiscali a sostegno di un impiego sostenibile delle risorse, ad esempio operando uno spostamento sostanziale dalla tassazione della manodopera verso la tassazione sull’inquinamento. La sempre maggiore scarsità delle risorse naturali potrebbe determinare un incremento della loro redditività economica e dei profitti associati al loro possesso o uso esclusivo. Un intervento pubblico che garantisca che tali rendite non siano eccessive e che le esternalità siano prese in considerazione porterà a un uso più efficiente di tali risorse e contribuirà a evitare distorsioni del mercato, generando al contempo entrate pubbliche. Le priorità in materia di ambiente e clima saranno perseguite nel quadro del semestre europeo, anche attraverso indicatori chiave qualora tali priorità siano particolarmente rilevanti per le prospettive di crescita sostenibile dei singoli Stati membri ai quali vengono rivolte raccomandazioni specifiche. Occorre far maggiore ricorso, a livello dell’Unione e nazionale, ad altri strumenti di mercato quali i pagamenti per i servizi ecosistemici, per incentivare il coinvolgimento del settore privato e la gestione sostenibile del capitale naturale.

77.

Il settore privato, in particolare le PMI, dovrebbe venir incoraggiato anche a cogliere le opportunità offerte nel contesto del nuovo quadro finanziario dell’Unione, al fine di aumentarne il coinvolgimento negli sforzi intrapresi per raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici, in particolare riguardo alla partecipazione ad attività eco-innovative e all’adozione di nuove tecnologie. Le iniziative pubblico-privato per l’ecoinnovazione dovrebbero essere promosse nell’ambito dei partenariati europei per l’innovazione, ad esempio il partenariato europeo per l’innovazione relativo all’acqua (74). Grazie al nuovo quadro per gli strumenti finanziari innovativi (75), l’accesso del settore privato a finanziamenti destinati all’ambiente, in particolare nell’ambito della biodiversità e dei cambiamenti climatici, dovrebbe risultare più facile. Le imprese europee dovrebbero essere ulteriormente incoraggiate a divulgare informazioni ambientali all’interno dei loro rendiconti finanziari, spingendosi oltre a quanto stabilito ai sensi dell’attuale legislazione dell’Unione (76).

78.

Nelle proposte relative al quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, la Commissione ha integrato maggiormente gli obiettivi in materia di ambiente e clima in tutti gli strumenti unionali di finanziamento, offrendo agli Stati membri l’opportunità di raggiungere obiettivi pertinenti a questi ambiti. La Commissione ha inoltre proposto di incrementare la spesa pertinente al clima fino ad arrivare ad almeno il 20 % dell’intero bilancio. Per settori politici critici quali l’agricoltura, lo sviluppo rurale e le politica di coesione, dovrebbero essere rafforzati gli incentivi alla fornitura di beni e servizi pubblici con effetti positivi sull’ambiente, nonché i finanziamenti connessi a condizionalità ex ante a carattere ambientale, tra cui misure di sostegno («di accompagnamento»). Ciò dovrebbe garantire una maggiore efficacia nell’impiego dei finanziamenti, conformemente agli obiettivi in materia di ambiente e clima. Tali proposte prevedono di abbinare le politiche dell’Unione a risorse finanziarie adeguate per la loro attuazione e ulteriori fondi per l’ambiente e i cambiamenti climatici, in modo da garantire, nella pratica, benefici coerenti e concreti a livello locale e regionale.

79.

Oltre all’integrazione di cui sopra, il programma LIFE (77) consentirà di combinare i finanziamenti allineandoli meglio con le priorità politiche e fornendo un sostegno più strategico e più attento ai costi per le misure in materia di ambiente e clima, e ciò grazie all’avvio di una serie di progetti, anche di tipo «integrato».

80.

L’aumento del capitale messo a disposizione della Banca europea per gli investimenti (BEI) nel quadro del patto per la crescita e l’occupazione del 2012 rappresenta un’ulteriore fonte di finanziamenti (78), che dovrebbe essere utilizzata in linea con gli obiettivi dell’Unione in materia di ambiente e clima.

81.

Le esperienze acquisite nel corso del periodo di programmazione 2007-2013 dimostrano che, nonostante le numerose fonti di finanziamento a disposizione dell’ambiente, l’assorbimento degli stanziamenti a tutti i livelli nel corso dei primi anni è stato molto disomogeneo, compromettendo almeno potenzialmente la possibilità di raggiungere gli obiettivi e i traguardi concordati. Per evitare il ripetersi della situazione, gli Stati membri dovrebbero integrare gli obiettivi in materia di ambiente e clima nelle strategie di finanziamento e nei programmi di coesione economica e sociale, nonché nelle politiche marittime e di sviluppo rurale; dovrebbero inoltre dare priorità all’assorbimento tempestivo degli stanziamenti destinati all’ambiente e ai cambiamenti climatici, e rafforzare la capacità degli organismi di esecuzione di fornire investimenti sostenibili ed economicamente efficienti, in modo da garantire il supporto finanziario adeguato, nonché necessario, per gli investimenti in questi ambiti.

82.

Inoltre, l’individuazione delle spese connesse alla biodiversità e al clima si è dimostrata un compito arduo. Per valutare i progressi relativi a questi obiettivi, dovrebbe essere istituito un sistema di rilevamento e rendicontazione a livello dell’Unione e degli Stati membri. Stabilire un tale sistema è un passo importante per lo sforzo globale dell’Unione in materia di accordi multilaterali sulla biodiversità e i cambiamenti climatici. In tale contesto, l’Unione contribuirà al processo intergovernativo varato nel corso del vertice Rio + 20, che mira a valutare il fabbisogno finanziario e a proporre opzioni per una strategia finanziaria efficace e sostenibile.

83.

Occorre continuare a lavorare allo sviluppo di indicatori per il monitoraggio dei progressi economici: si tratta di indicatori che integrano e vanno oltre il prodotto interno lordo (PIL). Una corretta valutazione dei beni ambientali è essenziale al fine di garantire la disponibilità di finanziamenti trasparenti e sostenibili. Sarà necessario un ulteriore sforzo per misurare il valore da attribuire ai nostri ecosistemi e i costi associati al loro esaurimento, nonché gli incentivi corrispondenti, in modo da poter formulare di conseguenza le decisioni in materia di politiche e investimenti. Occorre aumentare gli sforzi per sviluppare un sistema di conti ambientali, che comprenda conti fisici e monetari per il capitale naturale e i servizi ecosistemici. Ciò andrà a sostegno delle conclusioni raggiunte al vertice Rio + 20, che ha riconosciuto la necessità di introdurre misure più ampie al fine di una migliore valutazione degli indici di benessere e sostenibilità, per integrarli nel dato relativo al PIL di un paese.

84.

Per essere in grado di garantire investimenti a favore delle politiche in materia di ambiente e clima e tener conto delle esternalità ambientali, entro il 2020 il 7o PAA dovrà fare in modo che:

a)

gli obiettivi delle politiche in materia di ambiente e clima siano ottenuti in modo efficiente sotto il profilo dei costi e siano sostenuti da finanziamenti adeguati;

b)

aumentino i finanziamenti provenienti dai settori pubblico e privato destinati alle spese collegate all’ambiente e al clima;

c)

il valore del capitale naturale e dei servizi ecosistemici, nonché i costi del loro degrado, siano opportunamente valutati e presi in considerazione ai fini della definizione delle politiche e delle strategie di investimento.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

eliminare gradualmente le sovvenzioni dannose per l’ambiente a livello unionale e degli Stati membri e riferire sui progressi compiuti grazie ai programmi nazionali di riforma; fare maggiore ricorso a strumenti di mercato, quali ad esempio le misure fiscali, nonché prezzi e tariffe degli Stati membri, ed espandere i mercati per i beni e i servizi ambientali facendo però attenzione agli eventuali impatti sociali negativi, avvalendosi di un strategia d’azione sostenuta e verificata dalla Commissione, anche nell’ambito del semestre europeo;

ii)

agevolare lo sviluppo di strumenti finanziari innovativi e di finanziamenti per l’ecoinnovazione, come pure l’accesso agli stessi;

iii)

rispecchiare adeguatamente le priorità ambientali e climatiche nelle politiche e nelle strategie di finanziamento, a sostegno di una coesione economica, sociale e territoriale;

iv)

operare uno sforzo particolare per assicurare l’utilizzo completo ed efficiente dei finanziamenti messi a disposizione dall’Unione per le misure ambientali, anche attraverso il miglioramento significativo della capacità di assorbimento tempestiva degli stanziamenti a titolo del quadro finanziario pluriennale dell’Unione per il periodo 2014-2020 e la destinazione del 20 % del bilancio alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento ai medesimi, attraverso l’integrazione delle azioni per il clima e collegando tali investimenti a parametri di riferimento chiari, obiettivi definiti, monitoraggio e rendicontazione;

v)

sviluppare e attuare, entro il 2014, un sistema di rendicontazione e tracciabilità delle spese relative all’ambiente nel bilancio dell’Unione, in particolare per le spese in materia di cambiamenti climatici e biodiversità;

vi)

integrare le considerazioni sull’ambiente e sul clima nel semestre europeo, in quanto contesto in cui esse assumono importanza nelle prospettive dei singoli Stati membri in materia di crescita sostenibile e sono appropriate per le raccomandazioni specifiche per paese;

vii)

sviluppare e applicare indicatori alternativi che integrino e contemporaneamente vadano oltre il PIL per monitorare l’effettiva sostenibilità dei progressi e continuare a lavorare affinché gli indicatori economici vengano integrati con quelli ambientali e sociali, anche mediante la contabilizzazione del capitale naturale;

viii)

sviluppare ulteriormente e incoraggiare i pagamenti per i regimi di servizi ecosistemici;

ix)

porre in essere incentivi e metodologie che incoraggino le imprese a misurare i costi ambientali delle loro attività e gli utili derivanti dal ricorso ai servizi ambientali e divulgare informazioni ambientali nell’ambito della reportistica annuale. Incoraggiare le imprese all’esercizio del dovere di diligenza, anche attraverso la loro catena di approvvigionamento.

Obiettivo prioritario 7:   migliorare l’integrazione ambientale e la coerenza delle politiche

85.

Sebbene già a partire dal 1997 l’integrazione delle considerazioni in materia ambientale nelle politiche e nelle attività dell’Unione sia una condizione sancita dal trattato, lo stato globale in cui si trova l’ambiente in Europa indica che i progressi compiuti finora, anche se apprezzabili in alcuni ambiti, non sono stati sufficienti a invertire tutte le tendenze negative. Il raggiungimento degli obiettivi prioritari contenuti nel programma sarà necessario integrare più incisivamente le considerazioni ambientali e climatiche nelle altre politiche, accompagnandole ad approcci più coerenti e condivisi in grado di determinare molteplici vantaggi. In questo modo sarà possibile gestire tempestivamente i difficili compromessi che si presentano, invece di affrontarli nella fase di attuazione, e mitigare più efficacemente gli inevitabili impatti. Occorre che le misure richieste siano definite a tempo debito, onde garantire il conseguimento degli obiettivi previsti. La direttiva sulla valutazione ambientale strategica (79) e la direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale (80), se correttamente applicate, sono strumenti efficaci per assicurare che i requisiti per la protezione dell’ambiente siano integrati nei piani e nei programmi e non solo nei progetti.

86.

Le autorità locali e regionali, generalmente responsabili delle decisioni in materia di uso del suolo e delle zone marine, giocano un ruolo particolarmente importante nella valutazione degli impatti ambientali e per proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale in tal modo aumentando inoltre la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici e delle catastrofi naturali.

87.

La prevista espansione delle reti energetiche e dei trasporti, comprese le infrastrutture offshore, dovrà essere compatibile con l’obiettivo di proteggere la natura e con i bisogni e gli obblighi derivanti dall’adattamento ai cambiamenti climatici. Incorporando le infrastrutture verdi in piani e programmi pertinenti è possibile contribuire a superare la frammentazione degli habitat e salvaguardare o ripristinare la connettività ecologica, migliorare la resilienza degli ecosistemi e di conseguenza assicurare la continuità nella fornitura di servizi ecosistemici, compreso il sequestro del carbonio e l’adattamento ai cambiamenti climatici, offrendo allo stesso tempo ai cittadini ambienti sani e spazi ricreativi godibili.

88.

Il 7o PAA comprende un certo numero di obiettivi prioritari intesi a migliorare l’integrazione. La Commissione nelle proposte di riforma in merito alla politica agricola comune, alla politica comune di pesca, alle reti transeuropee e alla politica di coesione, ha incluso ulteriori misure a sostegno dell’integrazione ambientale e della sostenibilità. Perché il programma ottenga i risultati sperati, queste politiche dovrebbero contribuire ulteriormente al conseguimento di obiettivi e traguardi relativi all’ambiente. Allo stesso modo, anche gli sforzi tesi in primo luogo a ottenere miglioramenti ambientali dovrebbero essere progettati, ogniqualvolta possibile, in modo da dare luogo a benefici trasversali per altri settori politici. Ad esempio, le azioni volte a ripristinare gli ecosistemi possono essere progettate anche per fornire benefici ad habitat e specie o per assorbire anidride carbonica, e allo stesso tempo per migliorare la fornitura di servizi ecosistemici vitali per molti settori economici, quali l’impollinazione o la depurazione delle acque nel settore agricolo, nonché per la creazione di posti di lavoro «verdi».

89.

Per migliorare l’integrazione ambientale e la coerenza delle politiche, entro il 2020 il 7o PAA dovrà garantire che:

a)

le politiche settoriali a livello di Unione e di Stati membri siano sviluppate e attuate in modo da sostenere obiettivi e traguardi importanti in relazione all’ambiente e al clima.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

integrare le condizionalità e gli incentivi legati all’ambiente e al clima nelle iniziative politiche, senza dimenticare il riesame e la riforma della politica esistente nonché il varo di nuove iniziative, a livello di Unione e di Stati membri;

ii)

effettuare valutazioni ex ante dell’impatto ambientale, sociale ed economico delle iniziative politiche all’idoneo livello dell’Unione e degli Stati membri, al fine di garantire la loro coerenza ed efficacia;

iii)

dare piena attuazione alla direttiva sulla valutazione ambientale strategica e alla direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale;

iv)

utilizzare le informazioni sulle valutazioni ex post riguardo all’esperienza acquisita nell’attuazione dell’acquis in materia ambientale, allo scopo di migliorarne l’attinenza e la coerenza;

v)

tenere conto dei potenziali compromessi in tutte le politiche al fine di massimizzare le sinergie ed evitare, ridurre e, possibilmente, ovviare agli effetti negativi involontari sull’ambiente.

AFFRONTARE LE SFIDE A LIVELLO LOCALE, REGIONALE E GLOBALE

Obiettivo prioritario 8:   migliorare la sostenibilità delle città dell’Unione

90.

Il territorio dell’Unione è densamente popolato e si prevede che, entro il 2020, l’80 % della sua popolazione vivrà in zone urbane o periurbane. La qualità di vita dipenderà direttamente dallo stato in cui si trova l’ambiente urbano. Gli impatti ambientali dovuti alle città arrivano ben oltre i loro confini fisici, in quanto le città dipendono in modo sostanziale dalle regioni periurbane e rurali che devono provvedere alle loro esigenze in termini di cibo, energia, spazio e risorse, nonché gestire i loro rifiuti.

91.

La maggior parte delle città deve affrontare un insieme di problemi ambientali di base simili, che comprendono la qualità dell’aria, i livelli di rumore alti, la congestione del traffico, le emissioni di gas a effetto serra, la perdita e il degrado della biodiversità, la scarsità d’acqua, le alluvioni e tempeste, la scomparsa degli spazi verdi, i siti contaminati, le aree industriali dismesse e una gestione inadeguata dei rifiuti e dell’energia. Contemporaneamente, le città dell’Unione sono all’avanguardia nello stabilire norme per la sostenibilità urbana e spesso esplorano soluzioni pionieristiche per affrontare le sfide ambientali (81), anche per l’efficienza nell’uso delle risorse e l’economia verde attinenti alla strategia Europa 2020. Un numero sempre maggiore di città europee sta mettendo la sostenibilità ambientale al centro delle proprie strategie di sviluppo urbano.

92.

La crescente urbanizzazione dell’Unione ha suscitato una presa di coscienza circa l’importanza dell’ambiente naturale nelle zone urbane. La conservazione della biodiversità mediante interventi quali la reintroduzione della dimensione naturale nell’ambiente urbano e interventi di riassetto urbano, risulta sempre più evidente. Occorre valutare e migliorare le prestazioni delle città europee in termini di biodiversità. Tale valutazione potrebbe fondarsi su uno specifico parametro di biodiversità, come ad esempio l’indice di Singapore presentato alla Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità di Nagoya, nel 2010.

93.

I cittadini dell’Unione, che vivano in città o in zone rurali, traggono vantaggio da una serie di politiche e iniziative dell’Unione a favore dello sviluppo sostenibile delle aree urbane. Tuttavia, tale sviluppo sostenibile richiede una coordinazione efficace ed efficiente tra i diversi livelli dell’amministrazione, al di là dei confini amministrativi e il coinvolgimento sistematico delle autorità regionali e locali nella programmazione, formulazione e sviluppo di politiche che hanno un impatto sulla qualità dell’ambiente urbano. Il meccanismo di coordinamento rafforzato a livello nazionale e regionale proposto nell’ambito del quadro strategico comune per il prossimo periodo di finanziamento e la creazione di una rete sullo sviluppo urbano (82) sono iniziative che possono contribuire a perseguire questo obiettivo, coinvolgendo allo stesso tempo un maggior numero di gruppi di portatori d’interesse e i cittadini in generale in decisioni che li riguardano direttamente. Le autorità locali e regionali trarrebbero beneficio anche dall’ulteriore sviluppo di strumenti che semplifichino la raccolta e la gestione dei dati ambientali e che facilitino lo scambio di informazioni e migliori prassi; esse beneficeranno inoltre degli sforzi in corso per migliorare l’attuazione del diritto ambientale a livello locale, regionale, nazionale e dell’Unione (83). Tutto ciò è in sintonia con l’impegno preso al vertice Rio + 20 di promuovere un approccio integrato per programmare, costruire e gestire città e insediamenti urbani sostenibili. Per poter assicurare che le comunità urbane siano luoghi di vita e di lavoro sostenibili, efficienti e sani è essenziale ricorrere ad approcci integrati alla pianificazione urbana e del territorio nei quali, contemporaneamente alle sfide economiche, sociali e territoriali, siano prese pienamente in conto le considerazioni ambientali a lungo termine.

94.

L’Unione dovrebbe promuovere ancora più a fondo e, dove appropriato, espandere le iniziative già esistenti a sostegno dell’innovazione e delle migliori prassi urbane nonché del collegamento in rete e degli scambi, e incoraggiare le città a dimostrare la loro capacità di agire in prima linea per lo sviluppo urbano sostenibile (84). Le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri dovrebbero facilitare e incoraggiare l’assorbimento dei finanziamenti dell’Unione a titolo della politica di coesione e di altri stanziamenti, a sostegno degli sforzi intrapresi dalle città per uno sviluppo urbano più sostenibile, per sensibilizzare l’opinione pubblica e incoraggiare il coinvolgimento delle realtà locali (85). Lo sviluppo di una serie di criteri di sostenibilità per le città, sui quali venga raggiunto un accordo, in base a consultazioni con gli Stati membri e altri soggetti interessati, può rappresentare una base di riferimento per simili iniziative e promuovere un approccio coerente e integrato in materia di sviluppo urbano sostenibile (86).

95.

Per migliorare la sostenibilità delle città dell’Unione, entro il 2020 il 7o PAA deve garantire che:

a)

la maggioranza delle città dell’Unione attuino politiche in materia di pianificazione e progettazione urbana sostenibile, tra cui approcci innovativi ai trasporti e alla mobilità pubblici nell’ambiente urbano, agli edifici sostenibili, all’efficienza energetica e alla conservazione della biodiversità urbana.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

definire una serie di criteri per valutare le prestazioni ambientali delle città, tenendo presente gli impatti economici, sociali e territoriali;

ii)

assicurare che le città abbiano un migliore accesso alle informazioni riguardo ai finanziamenti disponibili per interventi di miglioramento della sostenibilità urbana nonché ai finanziamenti stessi;

iii)

condividere prassi eccellenti tra le città, sia all’interno dell’Unione che a livello internazionale, riguardo alle innovazioni e allo sviluppo urbano sostenibile;

iv)

nel contesto delle iniziative in corso e delle reti esistenti dell’Unione europea, creare e promuovere una comprensione comune del modo in cui contribuire a migliorare l’ambiente urbano, concentrandosi sull’integrazione dell’urbanistica agli obiettivi connessi all’efficienza delle risorse, a un’economia a basse emissioni di carbonio, innovativa, sicura e sostenibile, all’uso sostenibile del territorio urbano, alla mobilità urbana sostenibile, alla gestione e alla conservazione della biodiversità urbana, alla resilienza degli ecosistemi, alla gestione delle risorse idriche, alla salute umana, alla partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e all’educazione e alla sensibilizzazione ambientale.

Obiettivo prioritario 9:   aumentare l’efficacia dell’azione unionale nell’affrontare le sfide ambientali e climatiche a livello regionale e internazionale

96.

Assicurare l’uso sostenibile delle risorse costituisce oggi una delle sfide più urgenti su scala mondiale e riveste un’importanza centrale nella lotta per debellare la povertà e garantire al mondo un avvenire sostenibile (87). Nel corso del vertice Rio + 20 i leader mondiali hanno riaffermato il loro impegno per lo sviluppo sostenibile e per la promozione di un avvenire sostenibile del pianeta da un punto di vista economico, sociale e ambientale per le generazioni presenti e future. Hanno riconosciuto altresì che l’importanza di un’economia verde e inclusiva quale strumento per raggiungere lo sviluppo sostenibile. Il vertice di Rio + 20 ha evidenziato che, alla luce dell’aumento della popolazione e in un mondo sempre più urbanizzato, queste sfide richiedono azioni internazionali in diversi ambiti, quali ad esempio l’acqua, gli oceani, il territorio e gli ecosistemi sostenibili, l’efficienza nell’uso delle risorse (in particolare riguardo ai rifiuti), la corretta gestione delle sostanze chimiche, l’energia sostenibile e i cambiamenti climatici. Anche l’eliminazione graduale delle sovvenzioni dannose per l’ambiente, ivi comprese quelle ai combustibili fossili, richiede un intervento supplementare. Oltre a tradurre questi impegni in azioni a livello locale, nazionale e unionale, l’Unione parteciperà in modo proattivo agli sforzi intrapresi a livello internazionale per sviluppare le soluzioni necessarie a garantire uno sviluppo sostenibile a livello mondiale.

97.

Il vertice Rio + 20 ha deciso di sostituire la commissione delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile con un forum politico ad alto livello, incaricato di rafforzare l’integrazione delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile, nonché di seguire ed esaminare i progressi compiuti verso l’attuazione delle conclusioni di Rio + 20 e delle pertinenti conclusioni di altri vertici e conferenze delle Nazioni Unite, contribuendo in tal modo alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile nell’ambito del quadro generale post 2015.

98.

Molti degli obiettivi prioritari indicati nel 7o PAA possono essere pienamente raggiunti solo all’interno di un approccio globale e cooperando con paesi partner e con paesi e territori d’oltremare. Per questa ragione l’Unione e gli Stati membri dovrebbero impegnarsi in maniera risoluta, precisa, coerente e unitaria nei pertinenti processi internazionali, regionali e bilaterali. È opportuno prestare particolare attenzione al Mar Nero e alle regioni artiche, per le quali si ravvisa la necessità di intensificare la cooperazione e rafforzare la partecipazione dell’Unione, anche mediante l’adesione alla convenzione sulla protezione del Mar Nero contro l’inquinamento e l’ottenimento dello status di osservatore permanente in seno al Consiglio artico, allo scopo di affrontare nuove sfide ambientali comuni. L’Unione e i suoi Stati membri dovrebbero continuare a promuovere un efficace quadro normativo per una politica ambientale globale, al quale affiancare un approccio più efficace e strategico in cui il dialogo e la cooperazione politica, a livello sia regionale che bilaterale, siano costruiti in funzione, rispettivamente, dei partner strategici dell’Unione, dei paesi candidati e vicini e dei paesi in via di sviluppo, con un sostegno finanziario adeguato.

99.

Il periodo su cui si estende il 7o PAA corrisponde alle fasi cruciali della politica internazionale in materia di clima, biodiversità e sostanze chimiche. Per rispettare il limite dei 2 °C, le emissioni globali di gas a effetto serra devono essere ridotte di almeno il 50 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Tuttavia, gli impegni assunti finora dai paesi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra permetteranno di conseguire soltanto un terzo delle riduzioni richieste entro il 2020 (88). In assenza di un’azione globale più incisiva, è improbabile che si riescano a ridurre i cambiamenti climatici. Anche nella migliore delle ipotesi, le nazioni si troveranno a dover fronteggiare sempre più gli inevitabili impatti dei cambiamenti climatici a causa delle emissioni storiche di gas a effetto serra e dovranno sviluppare strategie di adattamento a tali cambiamenti. Nel quadro della piattaforma di Durban per un’azione rafforzata, occorre arrivare a un accordo globale e solido, applicabile universalmente, adottato entro il 2015 e da attuare a partire dal 2020. L’Unione continuerà a restare coinvolta proattivamente in questo processo, anche partecipando a discussioni su come colmare il divario esistente tra gli attuali impegni a ridurre le emissioni sottoscritti rispettivamente dai paesi industrializzati e dai paesi in via di sviluppo, nonché su quali azioni intraprendere in materia di emissioni per proseguire su una strada che sia compatibile con l’obiettivo del limite di 2 °C, sulla scorta degli ultimi risultati della IPCC. L’attuazione delle conclusioni di Rio + 20 deve garantire altresì la coerenza e la complementarietà con tale processo in modo da rafforzarsi reciprocamente. Il seguito di Rio + 20 dovrebbe inoltre contribuire a ridurre le emissioni di GES, sostenendo così la lotta ai cambiamenti climatici. Parallelamente, l’Unione dovrebbe perseguire e intensificare ulteriormente i partenariati in materia di cambiamenti climatici che coinvolgono partner strategici e dovrebbe intraprendere ulteriori azioni per integrare le considerazioni sull’ambiente e sui cambiamenti climatici nelle sue politiche commerciale e di sviluppo, tenendo presenti gli impegni e i vantaggi reciproci.

100.

Gli obiettivi mondiali in materia di biodiversità (89) stabiliti nel quadro della convenzione sulla diversità biologica (CDB) devono essere conseguiti entro il 2020, come punto di partenza per arrestare ed eventualmente invertire la tendenza della perdita di biodiversità a livello mondiale. L’Unione contribuirà quanto più possibile a questi sforzi, anche relativamente al raddoppio dei flussi totali delle risorse in materia di biodiversità verso i paesi in via di sviluppo entro il 2015, mantenendoli come minimo allo stesso livello fino al 2020, conformemente a quanto previsto tra gli obiettivi preliminari concordati nel contesto della strategia per la mobilitazione di risorse della CDB (90). Occorre altresì che l’Unione contribuisca attivamente alla piattaforma scientifica intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES) non appena ne sarà membro a pieno titolo, al fine di istituire un collegamento tra articolazione locale, regionale e internazionale in materia di governance della biodiversità. L’Unione continuerà a sostenere l’attuazione della convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione (UNCCD), in particolare adottando provvedimenti intesi a realizzare un mondo esente dal degrado del suolo come concordato nella conferenza Rio + 20. Intensificherà inoltre gli sforzi per conseguire l’obiettivo concernente la corretta gestione delle sostanze chimiche durante il loro ciclo di vita, e dei rifiuti pericolosi, come ribadito alla conferenza di Rio + 20, nonché per sostenere le altre convenzioni correlate. L’Unione continuerà a svolgere un ruolo attivo e costruttivo, aiutando i processi in corso a raggiungere i loro obiettivi.

101.

L’Unione può contare su buoni risultati per quanto concerne l’appartenenza ad accordi multilaterali sull’ambiente (AMA), sebbene un certo numero di Stati membri non abbia ancora ratificato gli accordi più importanti. Questo fatto compromette la credibilità dell’Unione nei negoziati pertinenti. Gli Stati membri e l’Unione dovrebbero garantire, rispettivamente, una ratifica ed un’approvazione tempestiva di tutti gli accordi multilaterali sull’ambiente dei quali sono firmatari.

102.

L’Unione e i suoi Stati membri dovrebbero impegnarsi in modo proattivo nell’ambito dei negoziati internazionali su questioni nuove ed emergenti, in particolare su nuove convenzioni, accordi e valutazioni e, in tale contesto, affermare con forza la loro determinazione a continuare a perseguire l’apertura, nel più breve tempo possibile, di negoziati, nell’ambito dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, su un accordo di attuazione, nel quadro della UNCLOS (Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare), relativo alla conservazione e all’uso sostenibile della biodiversità marina di aree non soggette alla giurisdizione nazionale e sostenere il completamento della prima «valutazione mondiale degli oceani».

103.

L’Unione dovrebbe anche far valere la propria posizione, in quanto mercato tra i più grandi del mondo, per promuovere politiche e approcci che limitino la pressione sulle risorse naturali mondiali. Può farlo modificando i modelli del consumo e della produzione, anche adottando le misure necessarie a promuovere una gestione sostenibile delle risorse a livello internazionale e ad attuare il quadro decennale di programmi sulla produzione e sul consumo sostenibili, ma anche assicurandosi che le politiche commerciali e quelle relative al mercato interno sostengano il raggiungimento degli obiettivi ambientali e climatici e forniscano incentivi ad altri paesi per aggiornare e applicare il loro quadro regolamentare e le norme in materia di ambiente, allo scopo di contrastare il dumping ambientale. L’Unione continuerà a promuovere lo sviluppo sostenibile negoziando e applicando disposizioni specifiche nei propri accordi in materia di commercio internazionale e degli accordi di partenariato su base volontaria per l’applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale, che garantiscono che solo il legname prodotto legalmente possa entrare nel territorio dell’Unione in provenienza da paesi partner. In tale contesto, il regolamento dell’Unione in materia di legno (91) serve da base giuridica per un’azione dell’Unione intesa ad affrontare il problema mondiale del disboscamento illegale attraverso la propria domanda di legname e prodotti del legname. Saranno esaminate anche altre opzioni politiche per ridurre l’impatto dei consumi dell’Unione sull’ambiente a livello globale, tra cui la deforestazione e il degrado delle foreste.

104.

L’Unione dovrebbe inoltre rafforzare ulteriormente il proprio contributo alle iniziative che facilitano la transizione verso un’economia verde e inclusiva a livello internazionale, quali la promozione di adeguate condizioni favorevoli e lo sviluppo di strumenti e indicatori di mercato che vadano oltre il PIL, coerentemente con le sue politiche interne.

105.

L’Unione dovrebbe continuare a promuovere pratiche commerciali rispettose dell’ambiente. I nuovi obblighi definiti nel quadro dell’iniziativa dell’Unione in materia di responsabilità sociale d’impresa (92) per le imprese del settore estrattivo e del settore del legname che operano in foreste primarie, siano esse quotate oppure non quotate ma di grandi dimensioni, impongono una rendicontazione per i pagamenti versati ai governi e porteranno a maggiore trasparenza e responsabilità riguardo alle modalità di sfruttamento delle risorse naturali. Essendo uno dei principali fornitori di beni e servizi ambientali, l’Unione dovrebbe promuovere norme «verdi» a livello globale, il libero scambio di beni e servizi ambientali, una maggior diffusione delle tecnologie rispettose dell’ambiente e attente ai cambiamenti climatici, la tutela degli investimenti e dei diritti di proprietà intellettuale e lo scambio delle migliori prassi a livello internazionale.

106.

Per aumentare l’efficacia dell’Unione nell’affrontare le sfide ambientali e climatiche a livello internazionale, entro il 2020 il 7o PAA deve garantire che:

a)

i risultati di Rio + 20 siano pienamente integrati nelle politiche esterne e interne dell’Unione e che quest’ultima contribuisca efficacemente agli sforzi su scala mondiale per attuare gli impegni assunti, inclusi quelli nel quadro delle convenzioni di Rio, e alle iniziative intese a promuovere la transizione a livello planetario verso un’economia verde e inclusiva nel contesto dello sviluppo sostenibile e dell’eliminazione della povertà;

b)

l’Unione sostenga efficacemente gli sforzi intrapresi a livello nazionale, regionale e internazionale per far fronte alle sfide ambientali e climatiche e per assicurare uno sviluppo sostenibile;

c)

venga ridotto l’impatto dei consumi interni dell’Unione sull’ambiente al di fuori dei confini unionali.

A tal fine è necessario, in particolare:

i)

impegnarsi, nell’ambito di un approccio post 2015 coerente e di ampio respiro alle sfide universali del debellamento della povertà e dello sviluppo sostenibile, e mediante un processo inclusivo e collaborativo, per l’adozione di obiettivi per lo sviluppo sostenibile che:

siano coerenti con gli attuali obiettivi e indicatori concordati a livello internazionale riguardo, tra l’altro, alla biodiversità, al cambiamento climatico, all’inclusione sociale e alle piattaforme in materia di protezione sociale,

affrontino, a livello nazionale e internazionale, gli ambiti prioritari, quali energia, risorse idriche, sicurezza alimentare, oceani, nonché consumo e produzione sostenibili, lavoro dignitoso, buon governo e stato di diritto,

siano universalmente applicabili e coprano tutte e tre le dimensioni dello sviluppo sostenibile,

vengano valutati e siano corredati da obiettivi e indicatori, tenendo conto nel contempo delle diverse circostanze, capacità e livello di sviluppo nazionali e

siano coerenti agli altri impegni internazionali, e di sostegno agli stessi, quali il cambiamento climatico e la biodiversità,

ii)

contribuire a creare un più efficace programma dell’ONU per lo sviluppo sostenibile, in particolare la sua dimensione ambientale:

rafforzando ulteriormente il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), secondo le conclusioni raggiunte al vertice Rio + 20; partendo dalla decisione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di modificare la denominazione del consiglio di amministrazione dell’UNEP in Assemblea ambientale dell’UNEP (93), pur continuando a impegnarsi per riconoscere all’UNEP lo status di agenzia specializzata,

sostenendo gli sforzi per aumentare le sinergie tra i diversi accordi multilaterali sull’ambiente, in particolare sulle sostanze chimiche e i rifiuti e sui poli di biodiversità; nonché

contribuendo a garantire che le questioni ambientali siano portate avanti con una voce forte e autorevole nell’ambito dei lavori del forum politico ad alto livello sullo sviluppo sostenibile,

iii)

aumentare l’impatto delle diverse fonti di finanziamento, anche attraverso misure fiscali e il reperimento di risorse interne, investimenti privati, nuovi partenariati e fonti di finanziamento innovative, nonché sviluppare soluzioni per l’utilizzo degli aiuti allo sviluppo in modo da catalizzare queste e altre fonti di finanziamento nel quadro sia della strategia di finanziamento di uno sviluppo sostenibile, sia delle stesse politiche dell’Unione e anche all’interno degli impegni internazionali in materia di finanziamenti per il clima e la biodiversità;

iv)

cooperare più strategicamente con i paesi partner. Si tratta di sviluppare la cooperazione con:

partner strategici, per promuovere le migliori prassi nelle politiche e nella legislazione interne sull’ambiente nonché la convergenza nei negoziati multilaterali in materia di ambiente,

paesi che rientrano nella politica europea di vicinato, per un graduale ravvicinamento alle principali politiche e norme ambientali e climatiche dell’Unione e una maggiore cooperazione per affrontare le sfide ambientali e climatiche a livello ragionale,

paesi in via di sviluppo, per sostenere i loro sforzi nella protezione dell’ambiente, nella lotta ai cambiamenti climatici e nella riduzione delle catastrofi naturali, nonché per onorare gli impegni internazionali sull’ambiente assunti quali contributo alla riduzione della povertà e allo sviluppo sostenibile,

v)

impegnarsi in modo più proattivo, coerente ed efficace negli attuali e nuovi processi multilaterali in materia di ambiente e altri progetti pertinenti, tra cui la tempestiva instaurazione di contatti con paesi terzi e altri soggetti interessati, in modo da assicurare che gli impegni per il 2020 siano rispettati a livello unionale e promossi a livello mondiale, nonché per arrivare a un accordo sulle azioni da intraprendere a livello internazionale dopo il 2020 e ratificare e intensificare gli sforzi per attuare tutti i principali accordi multilaterali in materia di ambiente con largo anticipo rispetto al 2020. Attuare il quadro decennale di programmi sulla produzione e sul consumo sostenibili;

vi)

valutare l’impatto sull’ambiente, in un contesto globale, dei consumi di cibo e beni non alimentari all’interno dell’Unione e, se de caso, formulare proposte d’intervento per tener conto degli esiti di tali valutazioni, nonché prendere in esame lo sviluppo di un piano d’azione dell’Unione in materia di deforestazione e degrado delle foreste;

vii)

promuovere l’ulteriore sviluppo e l’attuazione di sistemi di scambio di quote di emissioni su scala mondiale e agevolare i collegamenti tra di essi;

viii)

garantire il conseguimento del progresso economico e sociale nel rispetto della capacità di sostentamento della Terra, attraverso una sensibilizzazione ai limiti del pianeta, anche per quanto riguarda lo sviluppo del quadro post-2015, al fine di garantire benessere e prosperità a lungo termine.


(1)  «The economic benefits of environmental policy», (IES, Libera università di Amsterdam, 2009); COM(2012)173; «Implementing EU legislation for Green Growth» (BIO Intelligence Service 2011).

(2)  Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7).

(3)  SEC(2011)1067; «The European Environment - State and Outlook 2010: Assessment of Global Megatrends» («SOER 2010»).

(4)  Relazione del gruppo di alto livello sulla sostenibilità mondiale del segretariato generale dell’ONU dal titolo «Resilient People, Resilient Planet: A future worth choosing», 2012.

(5)  Sono state individuate le soglie associate a nove «limiti del pianeta» che, una volta superati, rischiano di generare cambiamenti irreversibili con conseguenze potenzialmente disastrose per gli esseri umani, tra cui: cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, uso globale dell’acqua potabile, acidificazione degli oceani, cambiamenti dei cicli dell’azoto e del fosforo e cambiamenti dell’uso del suolo (Ecology and Society, volume 14, n. 2, 2009).

(6)  Secondo il rapporto Stern sull’economia dei cambiamenti climatici, in assenza d’intervento, i costi complessivi dei cambiamenti climatici saranno equivalenti almeno a una perdita annuale del 5 % del prodotto interno lordo (PIL) mondiale. Includendo una più vasta gamma di rischi e impatti, tale quota potrebbe giungere sino al 20 % del PIL.

(7)  OCSE Environmental Outlook al 2050: Le conseguenze dell’inerzia (relazione 2012).

(8)  COM(2011) 244.

(9)  COM(2011) 571.

(10)  COM(2011) 112.

(11)  COM(2011) 885.

(12)  COM(2011) 144.

(13)  Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite A/Res/66/288.

(14)  Direttiva 2000/60/CE.

(15)  Direttiva 2008/56/CE.

(16)  Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40).

(17)  Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dell’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375 del 31.12.1991, pag. 1).

(18)  Direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (GU L 288 del 6.11.2007, pag. 27).

(19)  Direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE del Consiglio e che abroga la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 84).

(20)  Direttiva 2008/50/CE e direttiva 2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente l’arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell’aria ambiente (GU L 23 del 26.1.2005, pag. 3).

(21)  Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7) e direttiva 92/43/CEE.

(22)  Relazione tecnica dell’Agenzia europea dell’ambiente, 12/2010.

(23)  Il paragrafo 14 delle conclusioni del Consiglio europeo del 26 marzo 2010 (EUCO 7/10) recita: «C’è una necessità urgente di invertire le tendenze di perdita di biodiversità e degrado dell’ecosistema. Il Consiglio europeo è impegnato nella visione a lungo termine in materia di biodiversità 2050 e nell’obiettivo 2020 fissati nelle conclusioni del Consiglio del 15 marzo 2010.»

(24)  COM(2012) 673.

(25)  COM(2011) 144.

(26)  SWD(2012)101.

(27)  COM(2006) 232.

(28)  COM(2012) 673.

(29)  COM(2013)216.

(30)  COM(2011) 112.

(31)  COM(2012) 582 dal titolo «Un’industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica».

(32)  Il principio IX dello «Small Business Act» per l’Europa propone azioni intese a permettere alle PMI di trasformare le sfide ambientali in opportunità [COM(2008) 394].

(33)  «Fostering Innovation for Green Growth» (OCSE 2011) e «The Eco-Innovation Gap: An economic opportunity for business» (EIO 2012).

(34)  COM(2012) 173.

(35)  Il settore dell’eco-industria dell’Unione occupava circa 2,7 milioni di persone nel 2008, mentre nel 2012 la percentuale potrebbe attestarsi attorno ai 3,4 milioni (Ecorys, 2012).

(36)  «The number of Jobs dependent on the Environment and Resource Efficiency improvements» (ECORYS 2012).

(37)  COM(2011) 899.

(38)  «The impact of renewable energy policy on economic growth and employment in the EU» (Employ-RES 2009).

(39)  Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).

(40)  COM(2013) 169.

(41)  Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).

(42)  Regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) (GU L 342 del 22.12.2009, pag. 1).

(43)  Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10) e direttiva 2010/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all’energia, mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (GU L 153 del 18.6.2010, pag. 1).

(44)  Regolamento (CE) n. 66/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, relativo al marchio di qualità ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) (GU L 27 del 30.1.2010, pag. 1).

(45)  Per la legislazione sulla progettazione ecocompatibile, sull’etichettatura energetica, sull’Ecolabel, sul piano di aiuti per la gestione dell’energia e sulle pratiche commerciali sleali è prevista una revisione entro il 2015.

(46)  COM(2011) 899.

(47)  Ogni anno nell’Unione sprechiamo circa 89 milioni di tonnellate di cibo, ossia 179 kg a testa (BIO Intelligence Service 2010). Gli impatti aggregati dell’edilizia e delle infrastrutture costituiscono circa il 15-30 % delle pressioni ambientali complessive associate al consumo in Europa e generano circa 2,5 tonnellate equivalenti di CO2 a testa all’anno [SEC(2011)1067].

(48)  Regolamento (CE) n. 106/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente un programma comunitario di etichettatura relativa a un uso efficiente dell’energia per le apparecchiature per ufficio (GU L 39 del 13.2.2008, pag. 1); direttiva 2009/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada (GU L 120 del 15.5.2009, pag. 5) e la direttiva sull’efficienza energetica.

(49)  Ad esempio, la piena attuazione della legislazione dell’Unione sui rifiuti consentirebbe di risparmiare 72 miliardi di EUR l’anno, di aumentare il fatturato annuo dell’Unione di 42 miliardi di EUR nel settore della gestione e del riciclaggio dei rifiuti e di creare oltre 400 000 posti di lavoro entro il 2020.

(50)  Eurostat Stat 13/33 — Rifiuti urbani 2011.

(51)  Direttiva 2008/98/CE.

(52)  Il «riciclaggio» è definito all’articolo 3, punto 17, della direttiva 2008/98/CE come «qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento».

(53)  Il «recupero» è definito all’articolo 3, punto 15, della direttiva 2008/98/CE come «qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale, […]».

(54)  COM(2012) 673.

(55)  Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1).

(56)  Direttiva 2008/98/CE.

(57)  Speciale sondaggio Eurobarometro 365 (2011).

(58)  SOER 2010.

(59)  SOER 2010.

(60)  Per «livelli elevati di rumore» si intendono quelli superiori a 55dB Lden e a 50dB Lnight.

(61)  Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche e che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione così come la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE della Commissione (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1).

(62)  Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU L 353 del 31.12.2008, pag. 1).

(63)  Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU L 167 del 27.6.2012, pag. 1).

(64)  Regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU L 309 del 24.11.2009, pag. 1).

(65)  Direttiva 2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e che abroga la direttiva 76/160/CEE (GU L 64 del 4.3.2006, pag. 37).

(66)  Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32).

(67)  I costi della non attuazione dell’acquis in materia ambientale (COWI 2011).

(68)  29a relazione annuale sul controllo dell’applicazione del diritto dell’Unione europea (2011) [COM(2012) 714].

(69)  COM(2012) 095.

(70)  COM(2008) 773.

(71)  COM(2008) 046.

(72)  Direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2007, che istituisce un’Infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità europea (Inspire) (GU L 108 del 25.4.2007, pag. 1).

(73)  Regolamento (UE) n. 911/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, relativo al programma europeo di monitoraggio della terra (GMES) e alla sua fase iniziale di operatività (2011-2013) (GU L 276 del 20.10.2010, pag. 1) e COM(2013) 312 su una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Copernicus e abroga il regolamento (UE) n. 911/2010.

(74)  COM(2012) 216.

(75)  COM(2011) 662.

(76)  COM(2011) 681.

(77)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’istituzione di un programma per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE) [COM(2011) 874, 2011/0428(COD)].

(78)  Conclusioni del Consiglio europeo del 29 giugno 2012 (EUCO 76/2012).

(79)  Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30).

(80)  Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 26 del 28.1.2012, pag. 1).

(81)  Cfr. ad esempio la relazione «Cities of tomorrow» (Commissione europea, 2011) e SWD(2012)0101.

(82)  COM(2011) 615.

(83)  Ad esempio il sistema di informazione sulle acque per l’Europa (Water Information System for Europe — WISE), il sistema informativo europeo sulla biodiversità (Biodiversity Information System for Europe — BISE) e la piattaforma europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici (Climate — ADAPT).

(84)  Alcuni esempi: il Partenariato europeo per l’innovazione su «Città e comunità intelligenti», COM(2012)4701, il premio «Capitale verde europea» e l’iniziativa di programmazione congiunta nel settore della ricerca «Europa urbana».

(85)  La Commissione ha proposto di accantonare un minimo del 5 % degli stanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) in ogni Stato membro per finanziare lo sviluppo urbano sostenibile integrato.

(86)  Tale approccio dovrebbe basarsi su iniziative analoghe, quali ad esempio l’Agenda locale 21, e su altre prassi eccellenti.

(87)  Rapporto sullo sviluppo umano (UNDP, 2011).

(88)  Il rapporto «Bridging the Emissions Gap» (Colmare il divario delle emissioni), del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) sottolinea che gli impegni incondizionati comportano riduzioni di circa 4 GtCO2e a fronte di una media stimata di 14 GtCO2e di riduzioni necessarie per rimanere al di sotto della soglia dei 2 °C.

(89)  CBD Strategic Plan for Biodiversity 2011-2020.

(90)  Decisione CDB XI/4.

(91)  Regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati (GU L 295 del 12.11.2010, pag. 23).

(92)  Proposte di modifica della direttiva sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza [COM(2011) 683, 2011/0307(COD)] e le direttive relative ai bilanci [COM(2011) 684, 2011/0308(COD)].

(93)  Decisione adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, A/67/784, del 7 marzo 2013, sulla raccomandazione inerente al consiglio di amministrazione dell’UNEP.


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