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Document 52012AE0930
Opinion of the European Economic and Social Committee on the ‘Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions — The External Dimension of EU Social Security Coordination’ COM(2012) 153 final
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea» — COM(2012) 153 final
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea» — COM(2012) 153 final
GU C 11 del 15.1.2013, pp. 71–76
(BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)
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15.1.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 11/71 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea»
COM(2012) 153 final
2013/C 11/15
Relatore: ZUFIAUR
Con lettera datata 18 aprile 2012, la Commissione europea ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di elaborare un parere in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea
COM(2012) 153 final.
La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 ottobre 2012.
Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 137 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni.
1. Sintesi e raccomandazioni
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1.1 |
Il CESE ritiene che la globalizzazione dell'economia, con il conseguente incremento degli scambi commerciali e dei flussi migratori, richieda un approfondimento del processo di internazionalizzazione delle norme sociali per far sì che i cittadini in generale e i lavoratori – migranti o sedentari che siano – in particolare, indipendentemente dalla loro nazionalità, non vengano danneggiati nei loro diritti e possano beneficiare di quella che potremmo chiamare "globalizzazione sociale". È opportuno ricordare che questi danni e benefici riguardano anche le imprese. |
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1.2 |
Di conseguenza, il CESE si rallegra della pubblicazione della comunicazione La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea. Detta comunicazione sottolinea l'importanza di una strategia comune dell'UE in materia di coordinamento dei regimi di protezione sociale di fronte a paesi terzi, che rispetti le competenze nazionali e assicuri il necessario coordinamento tra le convenzioni bilaterali concluse in materia con detti paesi, nonché la loro compatibilità con il diritto dell'Unione. Il CESE invoca altresì un rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri, al fine di dar loro le informazioni e i mezzi per poter mettere a punto una politica di coordinamento internazionale in quest'ambito. Sottolinea infine come sia le imprese che i cittadini originari di paesi terzi sono consapevoli che ciascuno Stato membro ha un proprio regime di sicurezza sociale, il che può comportare determinati ostacoli all'atto di stabilirsi nell'Unione europea. |
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1.3 |
Il CESE esprime il proprio sostegno alla dimensione esterna delle norme di coordinamento delineata nella comunicazione, che prevede una complementarità tra la prospettiva nazionale e quella europea al fine di evitare squilibri, lacune o vuoti giuridici. |
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1.4 |
Il CESE mette in risalto il salto di qualità compiuto con l'adozione delle decisioni sul coordinamento in materia di sicurezza sociale con Marocco, Algeria, Tunisia, Israele, ex Repubblica jugoslava di Macedonia e Croazia, ed esorta il Consiglio ad approvare le analoghe proposte di decisione riguardanti il Montenegro, San Marino, l'Albania e la Turchia. |
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1.5 |
Il CESE sottolinea infine l'opportunità di estendere l'approccio globale europeo attraverso accordi dell'UE che, nel rispetto delle competenze nazionali, riducano alcune delle disfunzioni dovute agli approcci nazionali e offrano maggiori possibilità a tutti gli Stati membri. |
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1.6 |
Il CESE invita il Consiglio a dare mandato alla Commissione europea affinché, nel quadro giuridico dei trattati, faccia progredire i negoziati sia con le potenze emergenti (i "BRIC", Brasile, Russia, India e Cina) che con i paesi balcanici, i vicini dell'Europa orientale e altri Stati che abbiano comunità significative di cittadini che lavorano nel territorio dell'Unione (1) e concluda accordi internazionali in materia di sicurezza sociale tali da garantire la protezione reciproca dei cittadini dell'UE e di quelli degli Stati terzi firmatari. Il CESE ricorda altresì la necessità di proteggere i cittadini di quegli Stati che, per la loro situazione geopolitica ed economica, non sono considerati di importanza strategica per l'Unione, i quali cittadini, di conseguenza, rischiano di essere maggiormente svantaggiati. |
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1.7 |
L'azione esterna dell'Unione in quest'ambito può essere completata attraverso lo sviluppo di una politica multilaterale che stabilisca legami con altre organizzazioni internazionali o entità regionali sovranazionali. Un chiaro esempio di questa cooperazione interregionale è costituito dalla Convenzione iberoamericana di sicurezza sociale, cui aderiscono i paesi latinoamericani, la Spagna e il Portogallo. In questo senso, il CESE appoggia le iniziative della Commissione europea e della presidenza cilena del prossimo vertice dei capi di Stato e di governo della UELAC volte a migliorare la cooperazione tra le due parti in materia di sicurezza sociale. |
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1.8 |
Il CESE esorta i Consigli di associazione tra l'UE e i rispettivi paesi terzi a concludere i lavori volti all'approvazione definitiva delle decisioni in materia di coordinamento dei regimi di protezione sociale nell'ambito degli accordi di associazione e stabilizzazione con Israele, Tunisia, Algeria, Marocco, Croazia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia. |
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1.9 |
IL CESE auspica che gli accordi commerciali, di associazione e di partenariato economico esistenti o futuri includano clausole bilaterali di sicurezza sociale, riferite, in particolare, alla parità di trattamento, all'esportazione dei diritti a pensione e all'eliminazione del doppio versamento dei contributi. |
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1.10 |
Il CESE propone che la politica europea di cooperazione sia rivolta, nel campo della sicurezza sociale, in particolare a quegli Stati che desiderino conseguire gli obiettivi proposti dall'iniziativa dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) riguardo al livello minimo di protezione sociale e che a tal fine necessitino di assistenza che sia per il raggiungimento dei livelli minimi previsti o per il superamento degli stessi. In tal modo sarà inoltre possibile sottoscrivere strumenti bilaterali di sicurezza sociale basati sui principi di parità di trattamento, conservazione dei diritti acquisiti e di quelli in corso di acquisizione e collaborazione amministrativa. A tal fine potranno servire da modello, previi gli adeguamenti del caso, oltre al regolamento (CE) n. 883/2004 (2), la convenzione n. 157 (3) e la raccomandazione n. 167 (4) dell'OIL. |
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1.11 |
Il CESE esorta la Commissione a vigilare su tutte le convenzioni bilaterali in vigore concluse dagli Stati membri con paesi terzi, aggiornando periodicamente un elenco di detti strumenti e verificando che l'applicazione degli stessi sia conforme ai principi dell'UE e alla giurisprudenza esistente in materia. |
2. Introduzione
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2.1 |
Il CESE è al corrente del fatto che, in materia di coordinamento dei sistemi di protezione sociale, gli Stati membri hanno sviluppato, attraverso convenzioni internazionali, politiche bilaterali o multilaterali con paesi terzi. Queste iniziative, tuttavia, rischiano di risultare frammentarie e incomplete, in quanto spesso si concentrano esclusivamente sulla protezione dei cittadini degli Stati firmatari o rispondono a interessi concreti che non sempre sono condivisi da tutti gli Stati membri. |
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2.2 |
Il CESE ritiene che questo quadro normativo internazionale bilaterale, del quale va riconosciuta l'importanza, possa condurre a una situazione in cui non tutti i cittadini di paesi terzi godano degli stessi diritti e garanzie nello spazio UE. Potrebbe accadere che in un determinato Stato gli stranieri provenienti da un paese terzo abbiano accesso alla sicurezza sociale e all'esportazione dei diritti a pensione solo in presenza di una convenzione bilaterale che stabilisca il principio della parità di trattamento. Di conseguenza, il cittadino di uno Stato che abbia concluso una convenzione bilaterale si vedrebbe riconoscere il diritto alla sicurezza sociale mentre quello di un paese non firmatario non godrebbe di detto diritto, anche qualora entrambi lavorassero nella stessa impresa con la stessa categoria professionale. Potrebbe inoltre accadere che un cittadino di un paese terzo fosse protetto in uno Stato membro e in un altro no, per effetto dell'applicazione delle diverse legislazioni nazionali, il che potrebbe alterare la leale concorrenza tra Stati. In questo modo, nel primo caso si pagherebbero i contributi per il cittadino dello Stato terzo, mentre nel secondo caso no. Ciò comporterebbe un vantaggio economico per il secondo Stato, che risparmierebbe costi sociali. Si rischierebbe quindi di pregiudicare la concezione dell'Europa come spazio di uguaglianza dal quale sia assente o esclusa la discriminazione. |
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2.3 |
Risulterebbe inoltre violato il principio, propugnato dalla direttiva sul distacco dei lavoratori, per cui il lavoratore distaccato ha diritto allo stesso trattamento di cui godono i cittadini di uno Stato membro. |
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2.4 |
A giudizio del CESE, inoltre, la dimensione esterna delle norme sul coordinamento deve servire anche a difendere i diritti dei cittadini europei quando questi ultimi si trovino al di fuori dell'ambito geografico dell'Unione oppure abbiano svolto o svolgano un'attività lavorativa in un paese terzo. |
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2.5 |
Il CESE ritiene che la negoziazione, da parte dei diversi Stati membri dell'UE, di convenzioni bilaterali separate con tutti i paesi terzi sia un'iniziativa positiva e lodevole, e tuttavia incompleta. Lo sforzo da realizzare sarebbe ingente, smisurato e sproporzionato, e non sempre sarebbe coronato da successo, e per di più esiste il rischio che dette convenzioni abbiano contenuti diversi e persino contraddittori tra loro. Inoltre, al momento di negoziare – in particolare con alcuni paesi emergenti di grande potenza e vitalità (per esempio i BRIC), può verificarsi uno squilibrio di forza se gli Stati membri non agiscono di concerto, con interessi e posizioni comuni. Si dovrebbe quindi valutare la possibilità che l'Unione europea in quanto tale possa negoziare in materia di sicurezza sociale con Stati o associazioni di Stati terzi, e, se del caso, prevederla, in conformità con i trattati. |
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2.6 |
Attraverso questi strumenti sarebbe possibile evitare, in particolare nel caso dei lavoratori distaccati, il doppio versamento dei contributi sociali, sia nello Stato di occupazione sia in quello di provenienza. In questo senso, occorre sottolineare che con l'eliminazione del doppio versamento si ottiene una significativa riduzione dei costi, con vantaggi per la mobilità geografica dei lavoratori e per la competitività delle nostre imprese in ambito internazionale, incoraggiando nel contempo le imprese di paesi terzi a stabilirsi sul territorio dell'UE. Si potrebbe inoltre stabilire una regola unica volta a evitare tanto l'applicazione discrezionale e arbitraria della legge del luogo di lavoro o di quella dello Stato di provenienza, a seconda degli interessi, quanto la disomogeneità degli obblighi fiscali e di sicurezza sociale all'interno di uno stesso Stato. |
3. Osservazioni generali
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3.1 |
Il CESE ha espresso il suo parere sui regolamenti in materia di coordinamento, che hanno visto un'estensione dei loro campi di applicazione personale (nuove categorie) e materiale (nuove prestazioni) nell'ambito dell'UE. Questi regolamenti, che sono serviti da base e da modello per altri strumenti multilaterali, si applicano altresì ad alcuni paesi europei che pure non appartengono all'Unione (Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera). Il miglior esempio di detti strumenti multilaterali è costituito dalla Convenzione iberoamericana di sicurezza sociale, elaborata sul modello delle norme europee di coordinamento. Di conseguenza, il CESE ritiene che le norme in materia di coordinamento internazionale, tanto degli Stati membri quanto dell'UE, dovrebbero essere ispirate e influenzate dai grandi principi e tecniche di cui al regolamento (CE) n. 883/2004 dell'Unione. |
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3.2 |
Il CESE ricorda che le norme sociali, e in particolare le disposizioni in materia di sicurezza sociale, possono trascendere lo spazio geografico europeo ed essere applicabili anche al di fuori dello stesso. In questo senso, principi come la parità di trattamento tra i lavoratori degli Stati membri possono proteggere il lavoratore europeo e avere effetti giuridici anche al di fuori dello spazio UE. Di fatto, le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea nelle cause Boukhalfa, C-214/94 (un lavoratore belga che percepiva un salario inferiore a quello dei suoi colleghi tedeschi in una rappresentanza consolare della Germania in Algeria), Hirardin, 112/75, Fiège, 110/73, Horst,C-247/96 e van Roosmalen, 300/84 (riconoscimento dei periodi assicurativi in Algeria e in Congo belga, da parte, rispettivamente, della Francia e del Belgio, a tutti i cittadini europei e non soltanto ai francesi e ai belgi) dimostrano che il principio di non discriminazione può avere applicazione extraterritoriale benché si tratti di situazioni che esulano dall'ambito territoriale dell'UE. Questa interpretazione è stata confermata con le sentenze nelle cause Prodest, 237/83 e Aldewered, C-60/93, nelle quali la Corte ha riconosciuto la fondatezza dell'applicazione del regolamento (CE) n. 1408/1971 (5) in situazioni di trasferimento temporaneo di lavoratori europei in paesi terzi. |
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3.3 |
Il CESE si rallegra e dell'approvazione delle decisioni in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale nell'ambito degli accordi di associazione e stabilizzazione con Israele, Tunisia, Algeria, Marocco, Croazia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia, decisioni con le quali si stabilisce la posizione che dovrà adottare l'Unione europea in seno ai consigli di associazione. Con questi strumenti si realizza un cambiamento qualitativo nella politica di sicurezza sociale dell'UE, in quanto si stabilisce e si disciplina a livello bilaterale (Unione europea/Stato associato) il principio della parità di trattamento e dell'esportabilità dei diritti a pensione. Si tratta quindi di obblighi e diritti reciproci che riguardano tanto i cittadini dell'UE che lavorino o abbiano lavorato in uno dei suddetti paesi quanto i cittadini degli Stati associati che facciano o abbiano fatto lo stesso sul territorio europeo. Non si tratta più di norme unilaterali dell'Unione europea applicabili in una sola direzione, ma di impegni internazionali che comportano vantaggi reciproci per le due parti contraenti. Inoltre, con questo tipo di accordo e con le corrispondenti decisioni di applicazione, si realizza un'economia di sforzi in quanto si raccoglie in un unico atto giuridico quanto equivarrebbe a un gran numero di convenzioni bilaterali. |
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3.4 |
Il CESE si rallegra dell'iniziativa dell'OIL riguardo al livello minimo di protezione sociale che, a giudizio del Comitato, non può essere unico né uniforme, né deve risultare una "camicia di forza" per lo sviluppo dei sistemi di protezione sociale, ma va considerato come una soglia minima con ambizioni di ulteriore sviluppo. Di fatto, il livello minimo di protezione sociale deve costituire una sfida permanente di progresso e perfezionamento, in costante evoluzione e con un obiettivo definito: la protezione integrale dei lavoratori e dei cittadini. |
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3.5 |
Il CESE concorda sull'opportunità che l'Unione europea si doti di un meccanismo di cooperazione tra gli Stati membri (gruppo di lavoro) atto a scambiare informazioni, presentare buone pratiche nell'ambito del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, riflettere in maniera approfondita sul modo migliore di coordinare e integrare le politiche nazionali ed europee e definire future azioni UE nei confronti dei paesi terzi. |
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3.6 |
Il CESE è convinto che in questo processo riguardante la dimensione esterna delle norme di coordinamento occorre tener conto delle organizzazioni della società civile e in particolare, tra queste ultime, delle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori. L'incidenza di queste disposizioni sui rapporti di lavoro e la diversità delle categorie interessate dovrebbero indurre a prendere in considerazione le proposte sia degli interlocutori governativi che di quelli non governativi. Nel Sesto incontro della società civile organizzata UE-America Latina, organizzato dal CESE a Madrid dal 5 al 7 maggio 2010, già si ponevano alcune domande relative alla dimensione esterna della sicurezza sociale, e si manifestava la necessità di una maggiore collaborazione tra i paesi dell'UE e quelli dell'America Latina e dei Caraibi, in particolare i paesi con i quali l'Unione ha concluso partenariati strategici, come il Brasile e il Messico. |
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3.7 |
Il CESE mette altresì in risalto l'incontro tra l'Unione europea, l'America Latina e i Caraibi a livello di ministri e massimi responsabili della sicurezza sociale, svoltosi ad Alcalá de Henares nel maggio 2010, che può essere considerato il nucleo e il punto di partenza degli sforzi a livello di UE tesi a coordinare la dimensione esterna della sicurezza sociale e che è all'origine della comunicazione oggetto del presente parere. |
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3.8 |
Il CESE sottolinea l'opportunità di continuare a estendere l'approccio globale europeo attraverso accordi dell'UE con altri Stati e organizzazioni regionali, dato che questa formula risulta più adeguata ed efficace rispetto alla linea strettamente nazionale, in base alla quale gli Stati membri agiscono in modo unilaterale. In questo senso occorre ricordare, come esempio, la Convenzione iberoamericana (6). A tale proposito, il CESE auspica che l'Organizzazione iberoamericana di sicurezza sociale esamini la possibilità di consentire ad altri Stati membri dell'UE (oltre a Portogallo e Spagna) di aderire in futuro alla convenzione affinché, con un unico atto di ratifica, si possano stabilire relazioni con diversi Stati latinoamericani in materia di sicurezza sociale, evitando il moltiplicarsi dei negoziati e delle convenzioni bilaterali. |
4. Potenzialità e punti deboli della situazione attuale
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4.1 |
È necessario un approccio globale a livello di UE nel campo della sicurezza sociale internazionale, al fine di integrare le politiche che gli Stati membri stanno mettendo a punto con paesi terzi, perché altrimenti non sarà possibile rispettare pienamente gli obblighi previsti dalla normativa europea. Un chiaro esempio che conferma questa constatazione è costituito dalla sentenza Gottardo, C-55/00, con la quale la Corte di giustizia, in base al principio della parità di trattamento, estende il campo d'applicazione personale di tutte le convenzioni bilaterali sottoscritte da uno Stato dell'UE con un paese terzo a tutti i cittadini europei, benché lo strumento giuridico in questione includa esclusivamente, nell'ambito soggettivo, i cittadini degli Stati firmatari. |
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4.1.1 |
Nel contempo, il mandato giurisdizionale riconosce che la suddetta sentenza vincola esclusivamente gli Stati membri e non i paesi terzi, sui quali la Corte non ha alcuna competenza. Qui infatti si manifesta la difficoltà di applicare la sentenza stessa, in quanto un paese terzo può rifiutarsi di estendere il campo d'applicazione personale della convenzione a tutti i cittadini dell'UE e quindi di compilare un certificato o riconoscere il diritto a prestazioni in caso di malattia oppure, più semplicemente, di trasmettere dati relativi a persone che non rientrano nell'ambito soggettivo della convenzione. |
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4.1.2 |
In questo senso, il merito della sentenza Gottardo è precisamente che, pur sviluppando la dimensione esterna delle norme UE, essa ne stabilisce anche i limiti e le carenze, in quanto rende necessario contare sulla cooperazione di altri Stati o altre organizzazioni regionali sovranazionali. |
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4.1.3 |
Il CESE chiede pertanto di aprire una fase di riflessione sulla necessità di rafforzare una prospettiva UE congiunta nell'ambito della sicurezza sociale internazionale attraverso accordi dell'Unione o politiche di cooperazione reciproca con altri attori a livello mondiale. |
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4.2 |
Il CESE considera molto positivamente l'adozione del regolamento (UE) n. 1231/2010 (7) che estende le disposizioni del regolamento (CE) n. 883/2004 ai cittadini di paesi terzi. A giudizio del Comitato, tuttavia, permangono lacune e vuoti giuridici, che il nuovo approccio proposto nella comunicazione della Commissione intende per l'appunto colmare. Di fatto, il suddetto regolamento si applica soltanto quando si presenta l'elemento transfrontaliero all'interno dell'UE. Di conseguenza, il principio della parità di trattamento sancito dal regolamento si applica esclusivamente, in maniera generale, nei casi in cui il lavoratore di un paese terzo abbia realizzato un'attività lavorativa in più di uno Stato membro. Ne consegue che la maggior parte degli immigrati di paesi terzi che hanno lavorato in un unico Stato UE non rientra nel campo d'applicazione personale del regolamento (UE) n. 1231/2010. Ciò significa che i suddetti lavoratori non possono contare sulla garanzia dell'UE rispetto alla parità di trattamento o alla non discriminazione e dipendono da quanto stabilisce in materia la normativa nazionale. Il regolamento, inoltre, non prevede il cumulo dei periodi assicurativi con lo Stato di origine del lavoratore né la possibilità di esportare diritti a pensione verso lo Stato stesso. Infine, il già citato strumento UE non esige né prevede la reciprocità per i cittadini dell'Unione, che non otterranno alcuna contropartita dai paesi terzi. |
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4.3 |
Il CESE ritiene inoltre che si sia fatto un importantissimo passo avanti nella dimensione esterna dell'Unione europea con le direttive (8) adottate in materia di migrazione e con le proposte dalla Commissione in fase di discussione al Consiglio e al Parlamento europeo. In effetti, nelle direttive già adottate, il principio della parità di trattamento nel campo della sicurezza sociale è esteso, con alcune precise limitazioni, ai lavoratori migranti provenienti da paesi terzi. È prevista inoltre l'esportabilità e la trasferibilità dei diritti a pensione verso paesi terzi a parità di condizioni con i cittadini dello Stato membro in questione, senza necessità di convenzioni o accordi bilaterali. Permangono tuttavia alcuni aspetti non regolamentati, come la reciprocità, il cumulo dei periodi assicurativi fuori dall'UE o l'esportazione di diritti a pensione quando la normativa nazionale di uno Stato non preveda questa possibilità per i propri cittadini. Il CESE auspica inoltre che, per quanto riguarda la protezione sociale, le direttive già adottate in materia di migrazione possano servire da modello generale, adeguandole alle diverse situazioni e categorie protette, per le direttive in corso di negoziazione. |
5. Concetti
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5.1 |
Coordinamento internazionale della sicurezza sociale. Il coordinamento dei regimi di sicurezza sociale ha il fine di proteggere i lavoratori che abbiano svolto attività lavorativa in due o più Stati e siano stati soggetti a sistemi previdenziali diversi. A questo fine gli Stati concludono convenzioni che, spesso, contengono clausole in materia di parità di trattamento, unicità della legislazione applicabile, conservazione dell'affiliazione e dei diritti di sicurezza sociale nello Stato d'origine nel caso dei lavoratori distaccati, esportazione dei diritti a pensione e cumulo dei periodi assicurativi coperti negli Stati firmatari. Il regolamento (CEE) n. 1408/71 e il successivo regolamento (CE) n. 883/2004 sono gli strumenti dell'Unione che stabiliscono le norme per la regolamentazione e l'applicazione di questi principi in ambito europeo, oltre a fungere da base per gli accordi con i paesi terzi. |
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5.2 |
La prospettiva nazionale della dimensione esterna della sicurezza sociale si concretizza in convenzioni concluse dagli Stati membri con paesi terzi, attraverso le quali si intende proteggere i lavoratori che abbiano svolto attività lavorativa in due Stati. In alcuni casi il campo d'applicazione personale di dette convenzioni include soltanto i cittadini degli Stati firmatari. |
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5.3 |
La prospettiva unionale della dimensione esterna della sicurezza sociale tiene conto degli interessi di tutta l'UE e si riferisce alla negoziazione di accordi con uno o più paesi terzi oppure ad altre azioni tese alla protezione dei lavoratori in materia di sicurezza sociale. In linea di principio riguarda tutti i cittadini europei. |
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5.4 |
Gli accordi di associazione e/o stabilizzazione possono contemplare l'applicazione del principio della parità di trattamento e l'esportazione di diritti a pensione e sono applicabili ai cittadini dell'UE e a quelli dello Stato firmatario. Detti accordi vengono conclusi attraverso decisioni. |
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5.5 |
Gli accordi dell'Unione con paesi terzi in materia di sicurezza sociale, attualmente inesistenti, potrebbero iniziare dall'introduzione della legislazione applicabile al fine di evitare il doppio versamento dei contributi e dall'esportabilità dei diritti a pensione, e completarsi con il cumulo dei periodi. Questi accordi differiscono in modo sostanziale da quelli precedenti, che sono molto più generali e trattano soltanto marginalmente di temi concernenti la sicurezza sociale. |
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5.6 |
Gli accordi commerciali, di associazione o di partenariato economico disciplinano materie economiche e commerciali, o anche politiche, di sviluppo sostenibile e di cooperazione tra l'Unione europea e Stati (o regioni) terzi. Alcuni di essi includono clausole riguardanti la sicurezza sociale. |
6. Esempi
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6.1 |
Parità di trattamento ed esportazione dei diritti a pensione
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6.2 |
Reciprocità. Lavoratore cittadino dello Stato terzo B attivo nello Stato membro A, nel quale, per effetto della legislazione interna in materia di sicurezza sociale o dell'ordinamento UE, è riconosciuto il principio della parità di trattamento. Lavoratore dello Stato membro A che svolge la propria attività lavorativa nello Stato terzo B, ove non è riconosciuto il principio della parità di trattamento. Dato che detto principio non è condizionato alla reciprocità né dalla normativa nazionale né da quella dell'UE, si verifica un'evidente disuguaglianza. Un accordo negoziato dall'UE risolverebbe il problema in quanto obbligherebbe le parti a tale reciprocità. |
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6.3 |
Conseguenze della sentenza Gottardo. Lavoratore cittadino dello Stato membro A, che ha lavorato nello Stato membro B e nello Stato terzo C. Lo Stato B e lo Stato C hanno concluso una convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale che si applica soltanto ai cittadini degli Stati firmatari, mentre tra lo Stato A e lo Stato C non esiste alcuna convenzione. Il lavoratore afferma di aver versato contributi per 8 anni nello Stato B e per 10 nello Stato C. Lo Stato B richiede 15 anni di contributi per poter accedere alla pensione di vecchiaia. Ai sensi della sentenza Gottardo, lo Stato membro B dovrebbe cumulare i periodi di versamento dei contributi da parte dal lavoratore nello Stato C, ma per fare ciò dovrebbe poter contare sulla collaborazione dello Stato C, il quale dovrebbe notificare formalmente tali periodi. Non essendo vincolato dalla sentenza Gottardo, tuttavia, lo Stato C può respingere la richiesta. Pertanto, la sentenza non può essere applicata senza la buona volontà dello Stato C. Per colmare a questa lacuna e rendere applicabile la sentenza sarebbe quindi necessaria una collaborazione diretta tra l'Unione europea e gli Stati terzi. Si dovrebbe inoltre riconoscere alla Commissione un ruolo di monitoraggio e di coordinamento affinché le convenzioni bilaterali negoziate o rinegoziate dagli Stati membri si applichino a tutti i cittadini dell'UE. |
Bruxelles, 14 novembre 2012
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Oltre 20 milioni di cittadini di paesi terzi lavorano nei diversi Stati membri dell'Unione europea.
(2) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).
(3) Convenzione sull'istituzione di un sistema internazionale per la conservazione dei diritti di sicurezza sociale, Ginevra, 68a riunione della Conferenza generale dell'OIL (21 giugno 1982).
(4) Raccomandazione sull'istituzione di un sistema internazionale per la conservazione dei diritti di sicurezza sociale, Ginevra, 69a riunione della Conferenza generale dell'OIL (20giugno 1983).
(5) Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2 EE capitolo 5, tomo 1, pagg. 98-146).
(6) Convenzione multilaterale iberoamericana sulla sicurezza sociale del 10 novembre 2007.
(7) Regolamento (UE) n. 1231/10 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU L 344 del 29.12.2010).
(8) In particolare la direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro (GU L 343 del 23.12.2011, pag. 1).