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Document 62007CO0439

Ordinanza della Corte (Quinta Sezione) del 4 giugno 2009.
Belgische Staat contro KBC Bank NV (C-439/07) e Beleggen, Risicokapitaal, Beheer NV contro Belgische Staat (C-499/07).
Domande di pronuncia pregiudiziale: Hof van Beroep te Brussel e Rechtbank van eerste aanleg te Brugge - Belgio.
Art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura - Artt. 43 CE e 56 CE - Direttiva 90/435/CEE - Art. 4, n. 1 - Normativa nazionale mirante a sopprimere la doppia imposizione degli utili distribuiti - Deduzione dell’importo dei dividendi ricevuti dalla base imponibile della società madre unicamente in quanto quest’ultima ha realizzato utili imponibili.
Cause riunite C-439/07 e C-499/07.

European Court Reports 2009 I-04409

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2009:339

ORDINANZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

4 giugno 2009 ( *1 )

Nei procedimenti riuniti C-439/07 e C-499/07,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hof van beroep te Brussel (Belgio) (causa C-439/07) e dal Rechtbank van eerste aanleg te Brugge (Belgio) (causa C-499/07), con decisioni 13 settembre e 5 novembre 2007, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 24 settembre e il 16 novembre 2007, nelle cause

Belgische Staat (C-439/07)

contro

KBC Bank NV,

e

Beleggen, Risicokapitaal, Beheer NV(C-499/07)

contro

Belgische Staat,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dal sig. M. Ilešič, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet e E. Levits (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. R. Grass

intendendo statuire con ordinanza motivata in conformità dell’art. 104, n. 3, primo comma, del suo regolamento di procedura,

sentito l’avvocato generale,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1

Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6), nonché degli artt. 43 CE e 56 CE.

2

Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie che oppongono il Belgische Staat (Stato belga) alla KBC Bank NV (in prosieguo: la «KBC», causa C-439/07) e la Beleggen, Risicokapitaal, Beheer NV (in prosieguo: la «BRB») al Belgische Staat (causa C-499/07), in merito alla determinazione del reddito imponibile di tali società ai sensi dell’imposta sulle società per i periodi d’imposta 2000 e 2001 nel caso della KBC, nonché per i periodi 2003 e 2004 nel caso della BRB.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3

Ai sensi del suo terzo ‘considerando’ la direttiva 90/435 mira, in particolare, ad eliminare gli svantaggi fiscali gravanti su raggruppamenti di società di Stati membri diversi rispetto ai raggruppamenti di società di uno stesso Stato membro.

4

In forza dell’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 90/435, la qualità di società madre è riconosciuta almeno ad ogni società di uno Stato membro che soddisfi le condizioni di cui all’art. 2 di tale direttiva e che detenga nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi le medesime condizioni una partecipazione minima del 25%.

5

L’art. 4, nn. 1 e 2, di detta direttiva prevede quanto segue:

«1.   Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione di quest’ultima, lo Stato della società madre:

si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;

o li sottopone a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l’importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui è residente la società figlia in applicazione delle disposizioni derogatorie dell’articolo 5, nel limite dell’importo dell’imposta nazionale corrispondente.

2.   Ogni Stato membro ha tuttavia la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre. In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia».

La normativa nazionale

6

La direttiva 90/435 è stata recepita nel diritto belga con la legge 23 ottobre 1991 (Belgisch Staatsblad del 15 novembre 1991, pag. 25619), che ha modificato il regime vigente dei redditi definitivamente tassati (in prosieguo: il «regime RDT») e ha fissato al 95% l’importo dei dividendi ricevuti che possono essere dedotti dalla base imponibile della società madre.

7

A seguito della codificazione intervenuta nel 1992, le pertinenti disposizioni relative al regime RDT sono state riunite negli artt. 202, 204 e 205 del codice delle imposte sui redditi, coordinato con regio decreto del 10 aprile 1992 e confermato con la legge 12 giugno 1992 (Supplemento al Belgisch Staatsblad del 30 luglio 1992; in prosieguo: il «CIR 1992»), quale attuato con il regio decreto d’attuazione del codice delle imposte sui redditi del 1992 (Belgisch Staatsblad del 13 settembre 1993; in prosieguo: il «regio decreto di attuazione del CIR 1992»).

8

Conformemente alle dette disposizioni, una società può dedurre dal suo risultato il 95% dei dividendi ricevuti dalle sue società figlie ai sensi della direttiva 90/435, a titolo dei redditi definitivamente tassati (in prosieguo: la «deduzione RDT»).

9

Il funzionamento del regime RDT può essere descritto in breve come segue. Inizialmente il dividendo distribuito dalla società figlia dev’essere incluso nella base imponibile della società madre. Successivamente, tale dividendo è dedotto da detta base imponibile, ma soltanto nella misura in cui, per il periodo d’imposta considerato, un saldo attivo sussiste previa deduzione degli altri utili esentati.

10

Così, l’art. 202 del CIR 1992 enuncia quanto segue:

«1.   Sono del pari dedotti gli utili del periodo d’imposta, nella misura in cui vi figurano:

i dividendi, ad eccezione dei redditi ottenuti in occasione della cessione di una società delle proprie azioni o quote, o all’atto della divisione totale o parziale del patrimonio sociale di una società;

(…)

2.   Gli utili di cui al n. 1, 1° (…), sono deducibili solo qualora la società beneficiaria, alla data dell’attribuzione o del pagamento, detenga una partecipazione nel capitale della società distributrice non inferiore al 5(%) o il cui valore d’investimento sia pari ad almeno [EUR] 1200000».

11

L’art. 204, primo comma, del CIR 1992 è redatto come segue:

«Si ritiene che i redditi deducibili ai sensi dell’art. 202, n. 1, 1° (…) figurino negli utili del periodo d’imposta fino a concorrenza del 95[%] dell’importo incassato od ottenuto, eventualmente maggiorato delle ritenute mobiliari reali o fittizie (…)».

12

L’art. 205, n. 2, del CIR 1992 così dispone:

«La deduzione di cui all’art. 202 è limitata all’importo degli utili del periodo d’imposta, quale sussiste dopo l’applicazione dell’art. 199, ridotto:

delle liberalità non deducibili a titolo di spese professionali, ad eccezione delle liberalità dedotte dagli utili in applicazione degli artt. 199 e 200;

(…)

delle imposte di cui all’art. 198, commi 1, 4, 8 e 9».

13

L’art. 77 del regio decreto di attuazione del CIR 1992 dispone:

«Gli importi di cui agli artt. 202-205 del [CIR] 1992 deducibili a titolo di redditi definitivamente tassati (…) sono dedotti sino a concorrenza degli utili restanti dopo l’applicazione dell’art. 76; tale deduzione si effettua tenuto conto della provenienza degli utili, con precedenza rispetto a quelli nei quali i detti importi sono compresi».

Cause principali e questioni pregiudiziali

La causa C-439/07

14

La KBC, una società con sede in Belgio, ha percepito, durante il periodo d’imposta 2000, dividendi sulle sue partecipazioni in società stabilite in Belgio, in altri Stati membri nonché in Svizzera, per un importo totale di EUR 261571848,56. Secondo la KBC, essi soddisfacevano i requisiti per la deduzione previsti dagli artt. 202 e 203 del CIR 1992 e potevano essere soggetti all’applicazione del regime RDT dei dividendi per un importo di EUR 254225662,61. Quest’ultima somma era suddivisa in dividendi percepiti dalle società figlie della KBC stabilite in Belgio (EUR 157024873,74), in altri Stati membri (EUR 96887457,38) nonché in Svizzera (EUR 313331,49).

15

La KBC riteneva che, in applicazione dell’art. 204 del CIR 1992, un importo pari a EUR 241514379,48, vale a dire il 95% dei dividendi, potenzialmente soggetto all’applicazione del regime RDT, doveva essere dedotto dai suoi utili relativi al periodo d’imposta considerato.

16

Conformemente agli artt. 205, n. 2, del CIR 1992 e 77 del regio decreto di attuazione del CIR 1992, la deduzione RDT è stata limitata agli utili che residuano prima dell’applicazione della stessa, cioè a un importo di EUR 156116633,08, dal quale è stato inoltre dedotto l’importo di EUR 13137573,78 corrispondente alle spese non ammissibili alla deduzione RDT ai sensi dell’art. 205, n. 2, 1° e 8°, del CIR 1992.

17

Di conseguenza, su un importo di dividendi percepiti e potendo beneficiare della deduzione RDT pari a EUR 241514379,48, si poteva dedurre dagli utili imponibili della KBC unicamente la somma di EUR 142979079,30.

18

Considerando che una perdita trasferibile equivalente a tale importo non deducibile di EUR 98535300,18 a titolo di reddito definitivamente tassato le era stata ingiustamente negata, la KBC ha formulato nella sua dichiarazione del 28 settembre 2000, relativa al periodo d’imposta 2000, una riserva sulla compatibilità degli artt. 205, n. 2, del CIR 1992 e 77 del regio decreto di attuazione del CIR 1992 con la direttiva 90/435 nonché con la libertà di stabilimento.

19

Poiché l’autorità fiscale non ha accolto la tesi della KBC, quest’ultima ha presentato un reclamo avverso la cartella esattoriale relativa al periodo d’imposta 2000. A seguito del rigetto di tale reclamo, la KBC ha adito il rechtbank van eerste aanleg te Brussel (Tribunale di primo grado di Bruxelles).

20

Anche nella sua dichiarazione del 27 luglio 2001, relativa al periodo d’imposta 2001, la KBC ha formulato le stesse riserve menzionate al punto 18 della presente ordinanza.

21

La KBC ha chiesto, in particolare, di beneficiare della possibilità di compensare gli utili del periodo d’imposta 2001 con la perdita di EUR 98535300,18 subita durante il periodo d’imposta precedente e che, a suo parere, doveva poter essere trasferita. Essa riteneva che i suoi utili imponibili per il periodo d’imposta 2001 fossero stati completamente assorbiti dalla perdita trasferita e ha chiesto che la perdita restante, dell’ammontare di EUR 53219495,46, fosse considerata quale perdita trasferibile al periodo d’imposta 2002.

22

Poiché l’autorità fiscale non ha accolto tale argomento, la KBC ha presentato un reclamo avverso la cartella esattoriale relativa al 2001. A seguito del rigetto di tale reclamo, la KBC ha nuovamente proposto ricorso dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg te Brussel.

23

Con sentenza 25 aprile 2003, detto giudice ha accolto le domande della KBC e ha annullato le cartelle esattoriali impugnate.

24

Il Belgische Staat, ritenendo che la KBC non disponesse di una perdita trasferibile, né per il periodo d’imposta 2000 né per quello 2001, e che l’autorità fiscale avesse agito in conformità con il diritto belga nonché con il diritto comunitario, ha interposto appello dinanzi allo Hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles), che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la direttiva [90/435], segnatamente il suo art. 4, n. 1, primo trattino, debba essere interpretata nel senso che essa osta al fatto che uno Stato membro applichi l’esenzione degli utili distribuiti ad una società di questo Stato membro da una società figlia con sede in un altro Stato membro, in occasione diversa dalla liquidazione, includendo in prima istanza tutti tali utili distribuiti nella base imponibile per poi dedurli da quest’ultima sino alla concorrenza del 95%, ma limiti siffatta deduzione all’importo degli utili del periodo d’imposta in cui ha avuto luogo la distribuzione degli utili (previa deduzione di determinati elementi elencati dalla legge) (art. 205 n. 2 [del CIR 1992] in combinato disposto con l’art. 77 [del regio decreto di attuazione del CIR 1992]), in quanto siffatta limitazione della deduzione di utili distribuiti ha come risultato che la società madre è soggetta ad imposizione in un periodo d’imposta successivo per le distribuzioni di utili percepiti ove essa non abbia realizzato utili imponibili, o abbia realizzato utili imponibili insufficienti nel corso del periodo d’imposta in cui gli utili sono stati distribuiti, a condizione che le perdite di quel periodo non vengano compensate con distribuzioni di utili che, ai sensi dell’art. 4, n. 1, primo trattino, in combinato disposto con l’art. 4, n. 2, della menzionata direttiva, devono restare esonerati nella misura del 95% e che queste perdite di conseguenza non siano trasferibili ad un periodo d’imposta successivo sino alla concorrenza dell’importo dei dividendi distribuiti.

2)

Se, nel caso in cui la direttiva [90/435] debba essere interpretata nel senso che la normativa belga è in contrasto con l’art. 4, n. 1, primo trattino, [di tale direttiva] relativamente agli utili distribuiti alla società madre belga da una società figlia con sede nell’Unione europea, si debba allora dichiarare che la citata disposizione della direttiva osta anche all’applicazione della normativa belga vertente sugli utili distribuiti ad una società madre belga da una società figlia belga allorché, come nella fattispecie in esame, il legislatore belga, in sede di trasposizione della direttiva in diritto belga, ha deciso di trattare situazioni puramente interne allo stesso modo delle situazioni disciplinate dalla direttiva ed ha pertanto adattato la normativa belga alla direttiva per situazioni puramente interne.

3)

Se, nel caso in cui direttiva [90/435] debba essere interpretata nel senso che la normativa belga è incompatibile con l’art. 4, n. 1, primo trattino, [di tale] direttiva relativamente agli utili che una società madre belga ha ricevuto da una società figlia con sede nell’Unione europea e, estendendo questa interpretazione conformemente alla sentenza [della Corte 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem, Racc. pag. I-4161] agli utili ricevuti da una società figlia con sede in Belgio, sia contrario all’art. 56, n. 1, CE che il Belgio continui ad applicare la normativa controversa senza variazioni a dividendi provenienti da società figlie stabilite in Stati terzi in quanto siffatti dividendi in tal caso ricevono un trattamento meno favorevole rispetto ai dividendi interni o a quelli europei.

4)

Se l’art. 43 CE osti ad un regime normativo di uno Stato membro ai sensi del quale, per le imposizioni a cui è assoggettato il reddito societario, l’esenzione applicabile agli utili distribuiti ad una società in un periodo d’imposta dalla sua società figlia, avente sede in un altro Stato membro, viene limitata nel primo Stato all’importo degli utili realizzati nel periodo d’imposta in cui ha avuto luogo la distribuzione degli utili (previa deduzione di determinati elementi elencati dalla legge), mentre sarebbe possibile un’esenzione totale degli utili distribuiti ove siffatta società avesse istituito un centro d’attività stabile in un altro Stato membro».

La causa C-499/07

25

Durante il periodo d’imposta 2003, la BRB, una società con sede in Belgio, ha percepito un dividendo da una società parimenti situata in Belgio per un ammontare di EUR 445000, di cui, ai sensi dell’art. 204 del CIR 1992, un importo di EUR 422750 veniva dedotto in forza del regime RDT.

26

Per il periodo d’imposta 2003 il reddito imponibile non era sufficientemente elevato da consentire la deduzione integrale dei dividendi percepiti. Nella sua dichiarazione per il detto periodo d’imposta tale società ha pertanto denunciato una perdita da trasferire di EUR 123300,86, costituita da una perdita per il periodo d’imposta pari a EUR 103194,38, corrispondente all’importo dei dividendi non deducibili ai sensi del regime RDT, nonché una perdita trasferibile dal periodo d’imposta 2002 per un importo di EUR 20106,48.

27

Con avviso di rettifica in data 20 aprile 2004, l’autorità fiscale ha comunicato di non accettare la perdita trasferibile in quanto i redditi definitivamente tassati non possono mai determinare una perdita trasferibile. A suo giudizio, essi devono essere limitati al risultato del periodo d’imposta, vale a dire EUR 319555,62, ridotto di EUR 187,50 a titolo di spese non ammesse. Pertanto, i redditi definitivamente tassati dovrebbero essere limitati a EUR 319368,12 e il risultato imponibile della BRB ammontava dunque a EUR 187,50, senza che vi fossero perdite trasferibili. Detta società non ha accettato tali rettifiche.

28

Nella sua dichiarazione fiscale per il periodo d’imposta 2004, la BRB ha trasferito una perdita di EUR 123300,86, che l’autorità fiscale, con avviso di rettifica in data 11 febbraio 2005, ha rifiutato di computare. Detta società non ha accettato neanche questa rettifica.

29

Poiché l’autorità fiscale aveva calcolato le cartelle esattoriali relative agli esercizi fiscali 2003 e 2004 in conformità con le rettifiche notificate, la BRB ha presentato avverso tali cartelli due reclami, respinti da tale stessa autorità.

30

La BRB ha dunque adito il Rechtbank van eerste aanleg te Brugge (Tribunale di primo grado di Bruges), che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la direttiva [90/435], segnatamente il suo art. 4, n. 1, debba essere interpretata nel senso che essa osta al fatto che uno Stato membro applichi l’esenzione degli utili distribuiti ad una società di questo Stato dalla società figlia con sede in un altro Stato membro, in occasione diversa dalla liquidazione di quest’ultima, includendo in prima istanza nella base imponibile tutti gli utili distribuiti per poi dedurli dalla stessa sino alla concorrenza del 95%, ma limitando siffatta deduzione all’importo degli utili del periodo d’imposta in cui ha avuto luogo la distribuzione di tali utili (previa deduzione di determinati elementi elencati dalla legge) (art. 205, n. 2, del [CIR] 1992, in combinato disposto con l’art. 77 [del] regio decreto di attuazione del [CIR] 1992), di modo che, se gli utili del periodo d’imposta sono inferiori all’importo dei menzionati utili distribuiti, non si produce una perdita trasferibile.

2)

In caso di risposta affermativa, se la direttiva [90/435], segnatamente il suo art. 4, n. 1, debba essere interpretata nel senso che essa obbliga detto Stato membro a considerare integralmente deducibili gli utili, distribuiti ad una società di questo Stato membro dalla società figlia con sede in un altro Stato membro, dall’importo degli utili del periodo d’imposta e a considerare la perdita che ne deriva trasferibile ad un periodo d’imposta successivo.

3)

Se, nel caso in cui la direttiva [90/435] debba essere interpretata nel senso che il regime belga è in contrasto con il suo art. 4, n. 1, per gli utili distribuiti alla società madre belga da una società figlia con sede nell’Unione europea, ne consegua che la citata disposizione della direttiva osta anche all’applicazione del regime belga agli utili distribuiti ad una società madre belga da una società figlia belga allorché, come nella fattispecie in esame, il legislatore belga, in sede di trasposizione della direttiva in diritto belga, ha deciso di trattare situazioni puramente interne allo stesso modo delle situazioni disciplinate dalla direttiva ed ha pertanto adattato la normativa belga alla direttiva anche per situazioni puramente interne.

4)

Se l’art. 43 CE osti alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale, per le imposizioni a cui è assoggettato il reddito societario, l’esenzione applicabile agli utili distribuiti ad una società in un periodo d’imposta dalla sua società figlia, avente sede in un altro Stato membro, viene limitata nel primo Stato membro sino alla concorrenza dell’importo degli utili realizzati nel periodo d’imposta in cui ha avuto luogo la distribuzione degli utili (previa deduzione di determinati elementi elencati dalla legge), mentre sarebbe possibile un’esenzione totale per gli utili distribuiti ove siffatta società avesse istituito un centro d’attività stabile nell’altro Stato membro».

31

Con ordinanza del presidente della Corte 15 aprile 2008, le cause C-439/07 e C-499/07 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

32

Ai sensi dell’art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, qualora una questione pregiudiziale sia identica ad una questione sulla quale la Corte ha già statuito, o qualora la soluzione di tale questione possa essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, dopo aver sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

Sull’art. 4, n. 1, della direttiva 90/435

Sulla prima questione nelle due cause

33

Con la loro prima questione nelle due cause, i giudici a quo chiedono in sostanza se l’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 debba essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che, ai fini dell’esenzione dei dividendi distribuiti ad una società madre stabilita in questo Stato da una società figlia con sede in un altro Stato membro, prevede che detti dividendi siano inclusi nella base imponibile della società madre per poi dedurli sino alla concorrenza del 95%, nella misura in cui, per il periodo d’imposta considerato, sussiste un saldo attivo dopo la deduzione degli altri utili esentati, e comporta che:

la società madre è sottoposta ad imposizione in un periodo d’imposta successivo per quanto riguarda la distribuzione degli utili ricevuti ove essa non ha realizzato utili imponibili, o ha realizzato utili imponibili insufficienti nel corso del periodo d’imposta in cui tali utili sono stati distribuiti (causa C-439/07),

o che

le perdite di tale periodo vengono compensate con le distribuzioni di utili e non sono trasferibili ad un periodo d’imposta successivo sino alla concorrenza dell’importo di tali distribuzioni (cause C-439/07 e C-499/07).

34

Tale questione è sostanzialmente analoga a quella sottoposta alla Corte nella causa C-138/07, che ha dato luogo alla sentenza 12 febbraio 2009, Cobelfret (non ancora pubblicata nella Raccolta). Del pari, le fattispecie oggetto della causa principale e quella che ha dato luogo alla citata sentenza Cobelfret riguardano l’applicazione della stessa normativa nazionale. Pertanto, la soluzione fornita dalla Corte in quest’ultima sentenza è pienamente trasponibile alla prima questione sollevata nelle presenti controversie.

35

Nella citata sentenza Cobelfret, la Corte ha dichiarato che l’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che prevede che i dividendi percepiti da una società madre siano inclusi nella sua base imponibile, e poi dedotti dalla stessa sino alla concorrenza del 95% nella misura in cui, per il periodo d’imposta considerato, sussiste un saldo attivo dopo la deduzione degli altri utili esentati.

36

In primo luogo, la Corte ha rilevato, da un lato, che l’obbligo dello Stato membro che ha scelto il sistema previsto dall’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 di astenersi dal sottoporre ad imposizione gli utili che la società madre riceve, a titolo di socio, dalla sua società figlia non è subordinato a nessuna condizione ed è formulato con la sola riserva dei nn. 2 e 3 dello stesso articolo, nonché con quella prevista dall’art. 1, n. 2, di detta direttiva e, dall’altro, che nessuna condizione è in particolare prevista dall’art. 4, n. 1, primo trattino, della detta direttiva per quanto concerne l’esistenza di altri utili imponibili perché i dividendi percepiti dalla società madre non siano soggetti ad imposizione (sentenza Cobelfret, cit., punti 33 e 34).

37

La Corte ha parimenti considerato che un regime, il quale prevede che i dividendi percepiti dalla società madre siano aggiunti alla base imponibile di questa e che, in seguito, un importo corrispondente al 95% di tali dividendi sia detratto da tale base soltanto qualora vi siano utili imponibili per la società madre, comporta che quest’ultima può interamente beneficiare di tale vantaggio solo a condizione di non avere subìto, per quanto attiene ai suoi altri redditi imponibili, un risultato negativo per lo stesso periodo (sentenza Cobelfret, cit., punto 35).

38

Orbene, gli Stati membri non possono istituire unilateralmente provvedimenti restrittivi, quali il requisito dell’esistenza di utili imponibili per la società madre, e subordinare così a condizioni la possibilità di usufruire dei vantaggi previsti dalla direttiva 90/435 (sentenza Cobelfret, cit., punto 36).

39

In secondo luogo, la Corte ha rilevato che, per quanto risultava dal fascicolo a sua disposizione, in via di principio, la normativa tributaria belga ammette il trasferimento delle perdite ai periodi d’imposta successivi; la riduzione delle perdite della società madre che possono beneficiare di tale trasferimento nella misura dei dividendi percepiti produce un effetto sulla base imponibile di questa società in occasione del periodo d’imposta seguente a quello durante il quale tali dividendi sono percepiti e la detta base imponibile risulta quindi più elevata (sentenza Cobelfret, cit., punto 39).

40

La Corte ha di conseguenza statuito che, anche se i dividendi percepiti dalla società madre non sono soggetti ad imposta sulle società per il periodo d’imposta nel quale tali dividendi sono stati distribuiti, la detta riduzione delle perdite della società madre può comportare che quest’ultima subisca indirettamente un’imposizione su tali dividendi in occasione dei periodi d’imposta successivi, quando il suo risultato è positivo e siffatto effetto della limitazione della detrazione RDT non è compatibile né con il testo né con gli obiettivi e il sistema della direttiva 90/435 (sentenza Cobelfret, cit., punti 40 e 41).

41

La Corte ha anzitutto dichiarato che non si può evincere dall’uso, all’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435, dei termini «si astiene dal sottoporre (…) a imposizione» invece del verbo «esenta» che quest’ultima ammette tale effetto della limitazione della deduzione RDT sulle perdite della società madre, in quanto nulla nel sistema o negli scopi di tale direttiva consente di concludere per l’esistenza di una differenza sostanziale fra il fatto di «astenersi dal sottoporre ad imposizione» e quello di «esentare» gli utili percepiti dalla società madre, dal momento che la Corte si riferisce a volte all’«esenzione», a volte all’obbligo di «astensione dal sottoporre ad imposizione» ai sensi del detto art. 4, n. 1 (sentenza Cobelfret, cit., punti 42 e 43).

42

Inoltre, dopo aver rilevato che, quando la società madre non ha realizzato altri utili imponibili durante il periodo in cui i dividendi sono percepiti, il regime RDT non consente di raggiungere interamente l’obiettivo della prevenzione della doppia imposizione economica, quale previsto dall’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435, la Corte ha dichiarato che, benché applicando il detto regime ai dividendi distribuiti tanto dalle società figlie residenti quanto da quelle stabilite in altri Stati membri, il Regno del Belgio cerchi di eliminare qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro, ciò non giustifica l’applicazione di un regime che non è compatibile con il sistema della prevenzione della doppia imposizione economica previsto dall’art. 4, n. 1, primo trattino (sentenza Cobelfret, cit., punti 45 e 46).

43

Infine, relativamente all’argomento secondo il quale la limitazione della detrazione RDT consegue almeno lo stesso risultato conseguito dal sistema dell’imputazione, previsto dall’art. 4, n. 1, secondo trattino, della direttiva 90/435, e che nulla lascia intendere che il sistema indicato al primo trattino dello stesso n. 1 dovrebbe conseguire un risultato più favorevole rispetto a quello previsto dal secondo trattino, la Corte ha rammentato che, da un lato, la scelta tra il sistema dell’esenzione e il sistema dell’imputazione non comporta necessariamente lo stesso risultato per la società beneficiaria dei dividendi e, dall’altro, che uno Stato membro, il quale ha optato, in sede di recepimento di una direttiva, per uno dei sistemi alternativi previsti da quest’ultima, non può invocare gli effetti o i limiti che avrebbero potuto discendere dall’attuazione dell’altro sistema (sentenza Cobelfret, cit., punti 48 e 50).

44

Di conseguenza, alla luce delle suesposte osservazioni, si deve risolvere la prima questione nelle cause C-439/07 e C-499/07 dichiarando che l’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro la quale, ai fini dell’esenzione dei dividendi distribuiti ad una società madre stabilita in questo Stato da una società figlia con sede in un altro Stato membro, prevede che detti dividendi siano inclusi nella base imponibile della società madre e poi dedotti dalla stessa sino a concorrenza del 95% nella misura in cui, per il periodo d’imposta considerato, sussiste un saldo attivo dopo la deduzione degli altri utili esentati, e la quale comporta che:

la società madre è sottoposta ad imposizione in un periodo d’imposta successivo per quanto riguarda la distribuzione degli utili ricevuti ove essa non ha realizzato utili imponibili, o ha realizzato utili imponibili insufficienti nel corso del periodo d’imposta in cui tali utili sono stati distribuiti,

o che

le perdite di tale periodo vengono compensate con le distribuzioni di utili e non sono trasferibili ad un periodo d’imposta successivo sino a concorrenza dell’importo di tali distribuzioni.

Sulla seconda questione nella causa C-499/07

45

Con la sua seconda questione nella causa C-499/07, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro è obbligato a consentire ad una società madre ivi stabilita di dedurre integralmente gli utili ricevuti dalla propria società figlia con sede in un altro Stato membro dall’importo degli utili del proprio periodo d’imposta e di trasferire la perdita che ne deriva ad un periodo d’imposta successivo.

46

Occorre rammentare che spetta ad ogni Stato membro organizzare, in osservanza del diritto comunitario, il proprio sistema d’imposizione di utili distribuiti e definire, in tale ambito, la base imponibile nonché il tasso d’imposizione che vengono applicati, in capo all’azionista beneficiario (v., in tal senso, sentenze 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, Racc. pag. I-11673, punto 50, e causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I-11753, punto 47, nonché 20 maggio 2008, causa C-194/06, Orange European Smallcap Fund, Racc. pag. I-3747, punto 30).

47

In merito alle distribuzioni di utili che rientrano nel suo ambito di applicazione, l’art. 4, n. 1, della direttiva 90/435 prevede che, quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla figlia utili distribuiti, lo Stato membro della madre si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione o autorizza detta figlia a detrarre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società madre a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l’importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui ha sede la società figlia, nel limite dell’importo dell’imposta nazionale corrispondente (sentenze 3 aprile 2008, causa C-27/07, Banque Fédérative du Crédit Mutuel, Racc. pag. I-2067, punto 25, e Cobelfret, cit., punto 30), lasciando esplicitamente agli Stati membri la scelta tra il sistema di esenzione e quello d’imputazione (v. citate sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 44, e Cobelfret, punto 31).

48

L’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 costituisce una disposizione incondizionata e sufficientemente precisa per poter essere invocata dinanzi ai giudici nazionali (sentenza Cobelfret, cit., punto 65), senza tuttavia prescrivere il modo in cui gli Stati membri che hanno optato per il sistema dell’esenzione devono attuarlo.

49

Infatti, secondo la formulazione stessa dell’art. 249, terzo comma, CE, gli Stati membri possono scegliere la forma e i mezzi di attuazione delle direttive che meglio permettono di garantire il risultato che queste ultime devono raggiungere (v., in tal senso, sentenze 16 giugno 2005, causa C-456/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I-5335, punto 51; 5 luglio 2007, causa C-321/05, Kofoed, Racc. pag. I-5795, punto 43, e 8 maggio 2008, causa C-491/06, Danske Svineproducenter, Racc. pag. I-3339, punto 27).

50

Di conseguenza, gli Stati membri sono liberi di determinare, tenuto conto delle necessità del loro ordinamento giuridico interno, le modalità per conseguire il risultato prescritto dall’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 (v., per analogia, in merito all’art. 3, n. 2, della direttiva 90/435, sentenza 17 ottobre 1996, cause riunite C-283/94, C-291/94 e C-292/94, Denkavit e a., Racc. pag. I-5063, punto 33).

51

Inoltre, in forza dell’art. 4, n. 2, della direttiva 90/435, ogni Stato membro ha la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione nella società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della madre, tenendo presente, nella fattispecie, che, se le spese di gestione relative alla detta partecipazione sono fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia (sentenza Banque Fédérative du Crédit Mutuel, cit., punto 28).

52

Occorre parimenti osservare che l’art. 4, n. 2, della direttiva 90/435 consente ad uno Stato membro di fissare l’ammontare delle spese di gestione non deducibili ad un importo forfettario non superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia, senza distinguere tra la situazione in cui tale Stato membro ha optato per un sistema di esenzione e quella in cui esso ha optato per un sistema di imputazione (sentenza Banque Fédérative du Crédit Mutuel, cit., punto 45).

53

Di conseguenza, si deve risolvere la seconda questione nella causa C-499/07 dichiarando che l’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435, letto in combinato disposto con il n. 2 dello stesso articolo, dev’essere interpretato nel senso che esso non obbliga detto Stato membro a considerare integralmente deducibili gli utili distribuiti alla società madre stabilita in questo Stato dalla sua società figlia con sede in un altro Stato membro dall’importo degli utili del periodo d’imposta della società madre e a considerare la perdita che ne deriva trasferibile ad un periodo d’imposta successivo. Spetta agli Stati membri determinare, tenuto conto delle necessità del loro ordinamento giuridico interno e della facoltà di cui al detto art. 4, n. 2, della direttiva 90/435, le modalità per conseguire il risultato prescritto dal n. 1, primo trattino, dello stesso articolo.

54

Tuttavia, qualora uno Stato membro abbia optato per il sistema dell’esenzione di cui all’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 e qualora, in linea di principio, la normativa di detto Stato membro consenta di trasferire le perdite a periodi d’imposta successivi, detta disposizione osta ad una normativa di uno Stato membro che produca l’effetto di ridurre le perdite della società madre che possono beneficiare di un tale trasferimento sino a concorrenza dell’importo dei dividendi percepiti.

Sulla seconda questione nella causa C-439/07 e sulla terza questione nella causa C-499/07

55

Con la sua seconda questione nella causa C-439/07, nonché con la terza questione nella causa C-499/07, i giudici a quo chiedono in sostanza se, nel caso in cui il legislatore di uno Stato membro, in sede di trasposizione della direttiva 90/435, abbia deciso di trattare situazioni puramente interne allo stesso modo delle situazioni disciplinate da tale direttiva, l’art. 4, n. 1, primo trattino, della stessa debba essere interpretato nel senso che osta all’applicazione di una normativa come quella oggetto della causa principale a dette situazioni interne.

56

Come risulta dal suo art. 1, la direttiva 90/435 riguarda le distribuzioni di utili percepiti da società di uno Stato membro e provenienti dalle loro società figlie aventi sede in altri Stati membri. Inoltre, l’art. 2 della stessa direttiva definisce l’ambito di applicazione di questa in funzione dei tipi di società quali elencati nell’allegato della stessa direttiva, mentre l’art. 3, n. 1, di quest’ultima stabilisce la partecipazione minima in base alla quale una società può essere considerata come società madre e un’altra come sua figlia ai sensi della stessa direttiva (sentenza Cobelfret, cit., punto 20).

57

Di conseguenza, l’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 non disciplina le situazioni che non soddisfano tali requisiti, segnatamente la situazione in cui la sede della società che distribuisce i dividendi si trova nello stesso Stato membro in cui si trova la società beneficiaria di tale distribuzione. Ne consegue che detta disposizione non può di per sé ostare all’applicazione di una normativa nazionale a siffatte situazioni puramente interne.

58

Come indicato dai giudici a quo, il legislatore belga avrebbe deciso, in sede di trasposizione della direttiva 90/435, di trattare situazioni puramente interne allo stesso modo delle situazioni disciplinate da tale direttiva.

59

Orbene, emerge dalla giurisprudenza della Corte che, quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto comunitario, solo il giudice nazionale è competente, nell’ambito della ripartizione delle funzioni giurisdizionali tra i giudici nazionali e la Corte prevista dall’art. 234 CE, a pronunciarsi sulla portata esatta di tale rinvio al diritto comunitario, assunto che la competenza della Corte è limitata all’esame delle sole disposizioni di tale diritto (sentenze 18 ottobre 1990, cause riunite C-297/88 e C-197/89, Dzodzi, Racc. pag. I-3763, punti 41 e 42; 25 giugno 1992, causa C-88/91, Federconsorzi, Racc. pag. I-4035, punto 10, nonché Leur-Bloem, cit., punti 32 e 33). Infatti, la presa in considerazione dei limiti fissati dal legislatore nazionale all’applicazione del diritto comunitario a situazioni puramente interne rientra nella sfera del diritto nazionale e, di conseguenza, nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato membro interessato (sentenze Dzodzi, cit., punto 42; 12 novembre 1992, causa C-73/89, Fournier, Racc. pag. I-5621, punto 23; Leur-Bloem, cit., punto 33, e 22 dicembre 2008, causa C-48/07, Les Vergers du Vieux Tauves, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27).

60

In considerazione di quanto esposto, si devono risolvere la seconda questione nella causa C-439/07 e la terza questione nella causa C-499/07 dichiarando che, quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto comunitario, solo il giudice nazionale è competente, nell’ambito della ripartizione delle funzioni giurisdizionali tra i giudici nazionali e la Corte prevista dall’art. 234 CE, a pronunciarsi sulla portata esatta di tale rinvio al diritto comunitario, dato che la presa in considerazione dei limiti fissati dal legislatore nazionale all’applicazione di tale diritto a situazioni puramente interne rientra nella sfera del diritto dello Stato membro interessato e, di conseguenza, nella competenza esclusiva dei giudici di quest’ultimo.

Sull’art. 56 CE (terza questione nella causa C-439/07)

61

Con la sua terza questione nella causa C-439/07, il giudice del rinvio chiede se, nel caso in cui l’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 osti all’applicazione di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, a situazioni in cui le società madri e le società figlie siano stabilite in Stati membri diversi, nonché a situazioni in cui tali società abbiano la loro sede nello stesso Stato membro, anche l’applicazione di detta normativa nazionale ai dividendi provenienti da società figlie stabilite in Stati terzi sia contraria all’art. 56, n. 1, CE.

62

Come ricordato sia al punto 20 della citata sentenza Cobelfret sia al punto 56 della presente ordinanza, risulta dall’art. 1 della direttiva 90/435 che quest’ultima riguarda le distribuzioni di utili percepiti da società di uno Stato membro e provenienti dalle loro società figlie aventi sede in altri Stati membri.

63

Di conseguenza, l’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 non disciplina le situazioni che non soddisfano tali requisiti e, segnatamente, la situazione in cui la sede della società che distribuisce i dividendi si trova nello stesso Stato membro in cui si trova la società beneficiaria di tale distribuzione (v. punto 57 della presente ordinanza) o quella in cui la società distributrice ha sede in uno Stato terzo.

64

Per il resto, si deve rammentare che le misure vietate dall’art. 56, n. 1, CE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di questo Stato membro dal farne in altri Stati membri (sentenze 23 febbraio 2006, causa C-513/03, van Hilten-van der Heijden, Racc. pag. I-1957, punto 44; 25 gennaio 2007, causa C-370/05, Festersen, Racc. pag. I-1129, punto 24; 18 dicembre 2007, causa C-101/05, A, Racc. pag. I-11531, punto 40, nonché ordinanza 23 aprile 2008, causa C-201/05, The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, Racc. Pag. I-2875, punto 53).

65

L’art. 56, n. 1, CE attua la libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e gli Stati terzi. A tal fine, esso stabilisce che, nell’ambito delle disposizioni del capo del Trattato CE intitolato «Capitali e pagamenti», sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi (sentenze 14 dicembre 1995, cause riunite C-163/94, C-165/94 e C-250/94, Sanz de Lera e a., Racc. pag. I-4821, punto 19; van Hilten-van der Heijden, cit., punto 37; A, cit., punto 20, nonché ordinanza The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, cit., punto 90).

66

Inoltre, la Corte ha già dichiarato che, quanto ai movimenti di capitali tra gli Stati membri e i paesi terzi, l’art. 56, n. 1, CE, in combinato disposto con gli artt. 57 CE e 58 CE, può essere invocato dinanzi al giudice nazionale e comportare l’inapplicabilità delle norme nazionali con esso contrastanti, indipendentemente dalla categoria di movimenti di capitali controversi (sentenza A, cit., punto 27, e ordinanza The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, cit., punto 91).

67

Spetta al giudice nazionale verificare preventivamente se l’art. 56 CE sia applicabile qualora, in forza dell’applicazione della normativa nazionale, i dividendi provenienti da una società stabilita in uno Stato terzo siano trattati in modo meno favorevole dei dividendi provenienti da una società con sede in Belgio.

68

A tale proposito si deve ricordare che, per accertare se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra delle libertà di circolazione, risulta da una giurisprudenza allo stato consolidata che occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in questione (v. sentenza 24 maggio 2007, causa C-157/05, Holböck, Racc. pag. I-4051, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

69

La Corte ha anche statuito che una normativa nazionale, la cui applicazione non dipende dall’entità della partecipazione ai dividendi detenuta dalla società beneficiaria nella società distributrice, rientra nell’ambito di applicazione sia dell’art. 43 CE relativo alla libertà di stabilimento sia dell’art. 56 CE relativo alla libera circolazione dei capitali (v., in tal senso, sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 36, e 26 giugno 2008, causa C-284/06, Burda, Racc. pag. I-4571, punto 71).

70

Tuttavia, qualora si tratti di partecipazioni che conferiscono al loro detentore una sicura influenza sulle decisioni delle società interessate e gli consentono di indirizzarne le attività, trovano applicazione le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento (sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 81).

71

Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio stabilire, in considerazione dell’oggetto della normativa nazionale nonché dei fatti della controversia di cui è adito, se si possa far valere l’art. 56 CE. Se del caso, ad esso spetta verificare se tale articolo osti ad un diverso trattamento dei dividendi provenienti da società figlie stabilite in uno Stato terzo e di quelli provenienti da società figlie con sede in Belgio.

72

A tal fine si deve rammentare, da un lato, come dalla giurisprudenza della Corte risulti che, per determinare i limiti in cui gli Stati membri sono autorizzati ad applicare talune misure restrittive relative ai movimenti di capitali, occorre necessariamente tenere conto della circostanza che i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti si svolgono in un contesto giuridico diverso da quelli che hanno luogo in seno alla Comunità europea. Così, in ragione del grado di integrazione giuridica esistente tra gli Stati membri della Comunità, in particolare dell’esistenza di atti legislativi comunitari in favore della cooperazione tra autorità fiscali nazionali, quali la direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15), l’assoggettamento ad imposta da parte di uno Stato membro di attività economiche con aspetti transfrontalieri situate in seno alla Comunità non è sempre paragonabile a quello di attività economiche relative a relazioni tra gli Stati membri e i paesi terzi (sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 170, e ordinanza The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, cit., punto 92).

73

D’altro lato, non si può neanche escludere che uno Stato membro possa dimostrare che una limitazione dei movimenti di capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi sia giustificata da un determinato motivo in circostanze in cui tale motivo non potrebbe costituire una giustificazione valida per una restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri (sentenza A, cit., punti 36 e 37, nonché ordinanza The Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, cit., punto 93).

74

Alla luce delle considerazioni suesposte, si deve risolvere la terza questione nella causa C-439/07 dichiarando che, nel caso in cui, in forza di una normativa nazionale di uno Stato membro, i dividendi provenienti da una società stabilita in uno Stato terzo siano trattati in modo meno favorevole di quelli provenienti da una società che ha sede in detto Stato membro, spetta al giudice nazionale accertare, in considerazione dell’oggetto della normativa nazionale nonché dei fatti della controversia di cui è adito, se sia applicabile l’art. 56 CE e, eventualmente, se esso osti a detto trattamento differenziato.

Sull’art. 43 CE (quarta questione nelle cause C-439/07 e C-499/07)

75

Con la loro quarta questione nelle cause C-439/07 e C-499/07, i giudici a quo chiedono in sostanza se l’art. 43 CE osti ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nella causa principale, ai sensi della quale una società madre stabilita in uno Stato membro che percepisca utili distribuiti dalla sua società figlia avente sede in un altro Stato membro può dedurli dai propri redditi imponibili solo sino a concorrenza dell’importo degli utili realizzati nel periodo d’imposta in cui ha avuto luogo la distribuzione degli utili, mentre sarebbe possibile un’esenzione totale di questi ultimi ove siffatta società avesse istituito un centro d’attività stabile nell’altro Stato membro.

76

Conformemente ad una giurisprudenza consolidata, la libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro implica l’accesso alle attività non subordinate e il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di aziende secondo quanto stabiliscono le leggi del paese di stabilimento per i loro cittadini. L’abolizione delle restrizioni della libertà di stabilimento si estende alle restrizioni per la costituzione di agenzie, di succursali o di affiliate da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti nel territorio di un altro Stato membro (v., in particolare, sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 13; 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland, Racc. pag. I-2651, punto 22, e 23 febbraio 2006, causa C-253/03, CLT-UFA, Racc. pag. I-1831, punto 13).

77

Relativamente al trattamento nello Stato membro ospitante, la Corte ha deciso che l’art. 43, primo comma, seconda frase, CE consente espressamente agli operatori economici la possibilità di scegliere liberamente la forma giuridica appropriata per l’esercizio delle loro attività in un altro Stato membro e tale libera scelta non dev’essere limitata da disposizioni tributarie discriminatorie (v. sentenze Commissione/Francia, cit., punto 22, CLT-UFA, cit., punto 14, e 18 luglio 2007, causa C-231/05, Oy AA, Racc. pag. I-6373, punto 40).

78

La libertà di scegliere la forma giuridica appropriata per l’esercizio di attività in un altro Stato membro mira, in particolare, a consentire alle società aventi la loro sede in uno Stato membro di aprire una succursale in un altro Stato membro per esercitarvi le loro attività alle stesse condizioni che si applicano alle società figlie (sentenza CLT-UFA, cit., punto 15).

79

Sempre secondo una giurisprudenza costante, inoltre, sebbene, così come formulate, le norme relative alla libertà di stabilimento mirino ad assicurare il beneficio della disciplina nazionale dello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato d’origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria legislazione (v., in particolare, sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI, Racc. pag. I-4695, punto 21; 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, Racc. pag. I-7995, punto 42; 6 dicembre 2007, causa C-298/05, Columbus Container Services, Racc. pag. I-10451, punto 33, nonché 15 maggio 2008, causa C-414/06, Lidl Belgium, Racc. pag. I-3601, punto 19).

80

Così, in merito agli obblighi in capo allo Stato membro d’origine, la Corte ha rilevato che l’autonomia fiscale, di cui godono gli Stati membri allo stato attuale del diritto comunitario, implica altresì che essi sono liberi di determinare i presupposti ed il livello di imposizione delle diverse forme di centri di attività delle società nazionali operanti all’estero, purché sia accordato loro un trattamento che non sia discriminatorio rispetto ai centri di attività nazionali comparabili (sentenza Columbus Container Services, cit., punti 51 e 53).

81

Orbene, nelle cause principali, non emerge dai fascicoli trasmessi alla Corte dai giudici a quo che una società madre stabilita in Belgio sia trattata in modo meno favorevole qualora gli utili che percepisce siano distribuiti da una società figlia avente sede in un altro Stato membro, salvo se tali utili sono distribuiti da una società comparabile stabilita anch’essa in Belgio. Allo stesso modo, non si fa valere neanche che siffatta società madre subisca un trattamento meno favorevole qualora percepisca redditi da centri di attività stabili situati in un altro Stato membro rispetto ai redditi percepiti da un analogo centro di attività stabile situato in Belgio.

82

Di conseguenza, si deve risolvere la quarta questione nelle cause C-439/07 e C-499/07 dichiarando che l’art. 43 CE non osta ad una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale una società madre stabilita in uno Stato membro, che percepisca utili distribuiti dalla sua società figlia avente sede in un altro Stato membro, può dedurli dai propri redditi imponibili solo sino a concorrenza dell’importo degli utili realizzati nel periodo d’imposta in cui ha avuto luogo la distribuzione degli utili, mentre sarebbe possibile un’esenzione totale di questi ultimi ove siffatta società avesse istituito un centro d’attività stabile nell’altro Stato membro, a condizione che gli utili provenienti dalle entità istituite in un altro Stato membro non siano soggetti ad un trattamento discriminatorio rispetto a quelli provenienti dalle entità nazionali comparabili.

Sulle spese

83

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

1)

L’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro la quale, ai fini dell’esenzione dei dividendi distribuiti ad una società madre stabilita in questo Stato da una società figlia con sede in un altro Stato membro, prevede che detti dividendi siano inclusi nella base imponibile della società madre e poi dedotti dalla stessa sino a concorrenza del 95% nella misura in cui, per il periodo d’imposta considerato, sussiste un saldo attivo dopo la deduzione degli altri utili esentati, e la quale comporta che:

la società madre è sottoposta ad imposizione in un periodo d’imposta successivo per quanto riguarda la distribuzione degli utili ricevuti ove essa non ha realizzato utili imponibili, o ha realizzato utili imponibili insufficienti nel corso del periodo d’imposta in cui tali utili sono stati distribuiti,

o che

le perdite di tale periodo vengono compensate con le distribuzioni di utili e non sono trasferibili ad un periodo d’imposta successivo sino a concorrenza dell’importo di tali distribuzioni.

 

2)

L’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435, letto in combinato disposto con il n. 2 dello stesso articolo, dev’essere interpretato nel senso che esso non obbliga detto Stato membro a considerare integralmente deducibili gli utili distribuiti alla società madre stabilita in questo Stato dalla sua società figlia con sede in un altro Stato membro dall’importo degli utili del periodo d’imposta della società madre e a considerare la perdita che ne deriva trasferibile ad un periodo d’imposta successivo. Spetta agli Stati membri determinare, tenuto conto delle necessità del loro ordinamento giuridico interno e della facoltà di cui al detto art. 4, n. 2, della direttiva 90/435, le modalità per conseguire il risultato prescritto dal n. 1, primo trattino, dello stesso articolo.

Tuttavia, qualora uno Stato membro abbia optato per il sistema dell’esenzione di cui all’art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva 90/435 e qualora, in linea di principio, la normativa di detto Stato membro consenta di trasferire le perdite a periodi d’imposta successivi, detta disposizione osta ad una normativa di uno Stato membro che produca l’effetto di ridurre le perdite della società madre che possono beneficiare di un tale trasferimento sino a concorrenza dell’importo dei dividendi percepiti.

 

3)

Quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate nel diritto comunitario, solo il giudice nazionale è competente, nell’ambito della ripartizione delle funzioni giurisdizionali tra i giudici nazionali e la Corte prevista dall’art. 234 CE, a pronunciarsi sulla portata esatta di tale rinvio al diritto comunitario, dato che la presa in considerazione dei limiti fissati dal legislatore nazionale all’applicazione di tale diritto a situazioni puramente interne rientra nella sfera del diritto dello Stato membro interessato e, di conseguenza, nella competenza esclusiva dei giudici di quest’ultimo.

 

4)

Nel caso in cui, in forza di una normativa nazionale di uno Stato membro, i dividendi provenienti da una società stabilita in uno Stato terzo siano trattati in modo meno favorevole di quelli provenienti da una società che ha sede in detto Stato membro, spetta al giudice nazionale, tenuto conto sia dell’oggetto della normativa nazionale sia dei fatti della controversia di cui è adito, accertare se sia applicabile l’art. 56 CE e, eventualmente, se esso osti a detto trattamento differenziato.

 

5)

L’art. 43 CE non osta ad una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale una società madre stabilita in uno Stato membro, che percepisca utili distribuiti dalla sua società figlia avente sede in un altro Stato membro, può dedurli dai propri redditi imponibili solo sino a concorrenza dell’importo degli utili realizzati nel periodo d’imposta in cui ha avuto luogo la distribuzione degli utili, mentre sarebbe possibile un’esenzione totale di questi ultimi ove siffatta società avesse istituito un centro d’attività stabile nell’altro Stato membro, a condizione che gli utili provenienti dalle entità istituite in un altro Stato membro non siano soggetti ad un trattamento discriminatorio rispetto a quelli provenienti dalle entità nazionali comparabili.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’olandese.

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