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Document 52014DC0199

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO sulla politica di rimpatrio dell'Unione europea

/* COM/2014/0199 final - 2014/ () */

52014DC0199

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO sulla politica di rimpatrio dell'Unione europea /* COM/2014/0199 final - 2014/ () */


COMUNICAZIONE SULLA POLITICA DI RIMPATRIO DELL'UNIONE EUROPEA

Parte I — Introduzione

Fin dal 1999 l'Unione europea si adopera per elaborare un approccio globale sulla migrazione, che riguardi sia l'armonizzazione delle condizioni di ammissione e i diritti dei cittadini di paesi terzi che soggiornano regolarmente sul suo territorio[1], sia lo sviluppo di misure giuridiche e di una cooperazione pratica per prevenire i flussi migratori irregolari.

La presente comunicazione è dedicata alla politica dell'UE sul rimpatrio dei migranti in situazione irregolare, che — insieme a una gestione efficiente delle frontiere, a sanzioni effettive contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in situazione di soggiorno irregolare, alla lotta contro il traffico di migranti e la tratta di esseri umani — costituisce uno strumento importante per affrontare la sfida della migrazione irregolare, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone coinvolte, in linea con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e tutte le altre convenzioni internazionali in materia di diritti umani. Il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi che non hanno motivi giuridici per soggiornare nell'UE né esigenze di protezione è essenziale per la credibilità della politica dell'Unione in materia di migrazione legale e di asilo.

La presente comunicazione illustra il modo in cui la politica di rimpatrio dell'UE è cambiata negli ultimi anni, analizza l'incidenza di questi cambiamenti e presenta alcune idee per i futuri sviluppi. Oltre ad ottemperare all'obbligo della Commissione di presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della direttiva rimpatri, che è l'elemento principale dell'acquis dell'UE in materia[2] (come illustra la parte IV della presente comunicazione), essa risponde all'impegno politico preso dalla Commissione, al momento dell'adozione del regolamento Frontex modificato nel 2011, di riferire in merito al monitoraggio delle operazioni di rimpatrio coordinate da Frontex (si veda la sezione II.4.2).

La politica di rimpatrio è strettamente intrecciata a quella della riammissione e del reinserimento, ed entrambe formano parte integrante dell'approccio globale in materia di migrazione e mobilità[3], che costituisce il quadro generale della politica esterna di asilo e migrazione. Tramite l'approccio globale, l'UE si adopera per rafforzare il dialogo politico e la cooperazione operativa con i paesi terzi su questioni attinenti alla migrazione, compresi il rimpatrio e la riammissione, in uno spirito di partenariato e sulla base di interessi comuni. Sebbene non sia questa la sede per approfondire la politica di riammissione dell'UE[4], resta di fatto che la dimensione esterna della politica di rimpatrio è fondamentale per garantirne l'efficacia e per affrontare questioni come la partenza volontaria e il reinserimento dei rimpatriati nei paesi di origine, nonché l'identificazione e la consegna di documenti ai medesimi.

Parte II — La politica di rimpatrio dell'UE fino a oggi

1. Fatti e cifre

Dal 2008 il numero di migranti irregolari fermati nell'UE diminuisce ogni anno, con un declino complessivo di quasi il 30% tra il 2008 e il 2012, essendo passato da circa 610 000 a circa 440 000. È difficile comprendere la ragione precisa di questa diminuzione, ma ha sicuramente contribuito una serie di fattori tra cui il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne, la crisi economica in Europa e il miglioramento della situazione economica in alcuni importanti paesi di origine. Nonostante tale declino, la migrazione irregolare continuerà indubbiamente a essere una sfida per l'Unione europea, data la natura complessa e sfaccettata del fenomeno. Per definizione, infatti, la migrazione irregolare è soggetta a fluttuazioni imprevedibili di tipo quantitativo (numero di migranti), geografico (paesi terzi e Stati membri interessati) e qualitativo (motivi delle migrazioni). Per quanto riguarda il rimpatrio delle persone non autorizzate a soggiornare nell'UE, le statistiche rivelano un divario notevole tra il numero di destinatari di una decisione di rimpatrio (all'incirca 484 000 nel 2012, 491 000 nel 2011 e 540 000 nel 2010) e quello di chi ha conseguentemente lasciato l'UE (all'incirca 178 000 nel 2012, 167 000 nel 2011 e 199 000 nel 2010)[5]. I dati provvisori relativi al 2013 confermano questa tendenza, indicando una lieve diminuzione del numero di persone fermate rispetto al 2012 e la persistenza di un ampio divario tra le decisioni di rimpatrio emesse e i rimpatri eseguiti.

Il divario ha molteplici ragioni, tra cui, in particolare, la mancanza di cooperazione del paese terzo di origine o di transito (ad esempio problemi nell'ottenimento della documentazione necessaria dalle autorità consolari del paese terzo) o dello stesso interessato (che, ad esempio, dissimula la propria identità o si rende irreperibile).

2. Il quadro giuridico dell'UE sui rimpatri

Negli ultimi anni è stato fatto molto per creare un quadro giuridico coerente, a livello dell'Unione, delle misure di rimpatrio adottate dagli Stati membri, soprattutto grazie all'adozione della direttiva rimpatri. Scopo della direttiva è garantire che il rimpatrio di cittadini di paesi terzi privi di motivi giuridici per soggiornare nell'UE si svolga in modo efficace, secondo procedure eque e trasparenti che rispettino pienamente i diritti fondamentali e la dignità degli interessati. Una serie di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea ha fatto luce su alcuni aspetti fondamentali della direttiva (ad esempio il trattenimento), con conseguenze importanti sull'attuazione della direttiva stessa negli Stati membri. Nella parte IV della presente comunicazione figura una valutazione dettagliata dell'impatto della direttiva rimpatri sulle politiche e sulle pratiche degli Stati membri in materia di rimpatrio[6], nonché una panoramica della giurisprudenza della Corte di giustizia.

Un ruolo importante nel settore del rimpatrio è poi svolto da altri strumenti giuridici "di accompagnamento" adottati a livello dell'UE. Il regolamento (CE) n. 767/2008 sul sistema di informazione visti (VIS) promette di divenire uno strumento importante per l'identificazione e la documentazione dei rimpatriati. Uno dei suoi obiettivi, a norma dell'articolo 2, lettera e), è "contribuire all'identificazione di qualsiasi persona che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d'ingresso, soggiorno o residenza nel territorio degli Stati membri". L'articolo 19, paragrafo 1, e l'articolo 20, paragrafo 1, permettono alle autorità competenti in materia di migrazione di accedere ad alcuni dati del VIS a scopi di verifica e identificazione. In virtù dell'articolo 31, paragrafo 2[7], tali dati possono essere trasmessi a un paese terzo o messi a sua disposizione per provare l'identità di cittadini di paesi terzi ai fini del rimpatrio. Secondo una recente indagine ad hoc della rete europea sulle migrazioni (REM),[8] alcuni Stati membri hanno già iniziato a utilizzare i dati del VIS a fini di rimpatrio e riammissione, il che avrebbe inciso positivamente sia sulla durata delle procedure di rimpatrio, sia sui tassi di rimpatrio. Il VIS è esplicitamente menzionato inoltre, in alcuni dei più recenti accordi di riammissione dell'UE, come uno dei possibili mezzi per dimostrare la cittadinanza.

Il sistema d'informazione Schengen (SIS) si è rivelato uno strumento utile per conferire piena efficacia all'aspetto europeo dei divieti d'ingresso previsti dalla direttiva rimpatri. I divieti d'ingresso nello spazio Schengen hanno innanzitutto uno scopo preventivo. Nel periodo 2008-2013 sono stati registrati nel sistema in media circa 700 000 divieti d'ingresso nello spazio Schengen. Eppure neanche un uso più efficiente di questi strumenti permetterà di risolvere tutti i problemi relativi all'identificazione e al rilascio di nuovi documenti ai migranti irregolari che sono giunti nell'Unione europea senza visto, o che sono semplicemente entrati senza documenti e dichiarano un'identità, reale o falsa, impossibile da verificare. Per questi casi — che richiedono molto tempo all'autorità competente in materia di migrazione e costituiscono un grave problema per la gestione dei rimpatri — occorre trovare soluzioni nuove e innovative, basate su una maggiore cooperazione con i paesi terzi e sul pieno rispetto dei diritti fondamentali.

3. Sostegno finanziario a livello dell'UE

Il Fondo per i rimpatri (2008-2013) prevedeva un meccanismo di sostegno finanziario, che ha consentito di destinare una notevole quantità di fondi dell'UE agli Stati membri per aiutarli a gestire i loro problemi nella gestione dei rimpatri. La dotazione totale a favore di tutti gli Stati membri nel periodo 2008-2013 è stata di 674 milioni di EUR. Dall'inizio del periodo di programmazione, nel 2008, i programmi annuali degli Stati membri si sono sviluppati in modo significativo: comprendono ora una gamma più ampia di misure, che attribuiscono un'importanza crescente ai programmi di rimpatrio volontario e al rispetto delle norme comuni previste dalla direttiva rimpatri, tra cui condizioni umane e dignitose di trattenimento e la promozione di un rimpatrio e di un reinserimento sostenibili[9]. Le ONG hanno svolto un ruolo importante realizzando azioni e progetti destinati ad assistere i rimpatriati. Con un accesso privilegiato alle comunità di diaspora dei migranti, una ricca esperienza di lavoro con i migranti irregolari e una posizione di mediatori che non rappresentano lo Stato, le ONG sono state spesso in grado di smorzare le tensioni, di stabilire fiducia e accrescere la cooperazione tra le autorità e i rimpatriati e di migliorare in generale la situazione dei migranti in posizione irregolare. Il futuro Fondo "Asilo, migrazione e integrazione" si baserà sull'esperienza maturata negli ultimi sei anni e continuerà a sostenere finanziariamente l'impegno per il raggiungimento degli obiettivi della politica di rimpatrio dell'UE, promuovendo fra l'altro misure alternative al trattenimento, l'assistenza sociale, la consulenza e l'assistenza legale, un'assistenza specifica alle persone vulnerabili, un monitoraggio indipendente ed efficace dei rimpatri forzati, il miglioramento delle infrastrutture, dei servizi e delle condizioni di accoglienza, nonché la formazione del personale.

Grazie ai suoi strumenti per la cooperazione esterna, l'UE ha inoltre favorito lo sviluppo di capacità dei paesi terzi su vari aspetti della gestione dei rimpatri, compresa l'integrazione dei rimpatriati. A partire dal 2005 la Commissione ha finanziato oltre 40 progetti mediante gli strumenti UE di cooperazione allo sviluppo, con una spiccata attenzione allo sviluppo delle capacità di rimpatrio e reinserimento, per un importo di più di 70 milioni di EUR.

4. Cooperazione pratica e operativa

4.1. Programmi che promuovono le partenze volontarie

La consulenza relativa al rimpatrio volontario, i programmi di rimpatrio ad hoc, un'efficace assistenza al reinserimento e l'informazione sulle possibilità di migrazione legale sono fattori fondamentali per un rimpatrio sostenibile. Gli enti governativi e non governativi competenti, prima fra tutti l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), hanno svolto un ruolo importante nell'agevolare le partenze volontarie mediante programmi di rimpatrio volontario assistito che prevedono un'assistenza completa per il rimpatrio, comprendente attività intese a favorire un reinserimento sostenibile nei paesi di origine. Attualmente l'OIM gestisce più di 70 progetti di questo tipo in 26 Stati membri dell'UE. Negli ultimi sei anni, circa 148 000 migranti sono stati aiutati a rimpatriare volontariamente. In questo contesto, l'OIM ha sottolineato l'importanza della cooperazione con i paesi di origine e del collegamento con i tentativi dell'UE e dei suoi Stati membri di affrontare questioni attinenti al rimpatrio e alla migrazione tramite i partenariati. Nel 2012 il rapporto tra partenze volontarie e rimpatri forzati (secondo i dati annuali di Frontex di analisi del rischio per il 2013[10]) nell'UE era di circa 44 a 56. Promuovere ulteriormente le partenze volontarie continuerà a essere uno dei principali obiettivi strategici della politica di rimpatrio dell'UE.

4.2. Operazioni di rimpatrio congiunte coordinate da Frontex

Nell'ambito delle misure di cooperazione operativa tra gli Stati membri, sono utilizzati in misura crescente i voli congiunti a fini di allontanamento. In tale contesto, l'agenzia Frontex ha avuto una funzione importante in quanto strumento di promozione delle operazioni di rimpatrio congiunte: tra il 2006 e il dicembre 2013 ha coordinato 209 operazioni congiunte che hanno permesso il rimpatrio di 10 855 persone.[11] Fin dal 2007 Frontex impartisce formazioni standardizzate per funzionari incaricati dei rimpatri, che si concentrano sulla tutela dei diritti fondamentali e della dignità dei rimpatriati durante le operazioni di rimpatrio forzato[12]. Dal 2010, anno in cui è diventata vincolante la direttiva rimpatri il cui articolo 8, paragrafo 6, prevede il monitoraggio dei rimpatri forzati, la metà delle operazioni di rimpatrio congiunte è stata sottoposta al monitoraggio di esperti indipendenti che erano fisicamente presenti dall'inizio dell'operazione fino all'arrivo all'aeroporto di destinazione. Finora da tali operazioni non sono emerse violazioni dei diritti fondamentali dei rimpatriati.

Tabella 1: Monitoraggio delle operazioni di rimpatrio congiunte coordinate da Frontex

|| Numero di operazioni + numero totale di rimpatriati || Numero di operazioni con controllori presenti a bordo || Percentuale di operazioni in presenza di controllori || Percentuale di rimpatriati in operazioni monitorate || Cittadinanza dei controllori (NB: in alcune operazioni erano presenti 2 o 3 controllori)

2011 || 39 operazioni con 2 059 rimpatriati || 23 operazioni con 1 147 rimpatriati || 59% || 56% || AT: 15; NL: 7; UK: 4; LV: 3; BE: 2; DK: 1; FR: 1; LU: 1

2012 || 38 operazioni con 2 110 rimpatriati || 23 operazioni con 1 059 rimpatriati || 60% || 50% || AT: 21; NL: 3; LV: 2; LU: 1; NO: 1

2013 || 39 operazioni con 2 152 rimpatriati || 20 operazioni con 937 rimpatriati || 51% || 44% || AT: 10; DE: 3; NL: 3; IE: 1; UK: 1; CH: 1; BE:2; ES:1; IS: 1

Il 7 ottobre 2013 è stato adottato il codice di condotta Frontex sulle operazioni di rimpatrio congiunte, inteso soprattutto a definire procedure efficaci di monitoraggio dei rimpatri forzati e a garantire il rispetto dei diritti umani e della dignità dei rimpatriati. Il codice prevede che il controllore (un osservatore esterno indipendente, che spesso rappresenta una ONG o un altro organo indipendente di monitoraggio incaricato da uno Stato membro di eseguire compiti di controllo dei rimpatri forzati ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 6, della direttiva) ottenga prima dell'operazione tutte le informazioni necessarie e partecipi alla procedura di rimpatrio dalla fase precedente al rimpatrio (documenti informativi interni) a quella successiva (resoconti), che possa ricevere qualsiasi informazione e possa accedere fisicamente a qualunque luogo desideri. Le osservazioni/relazioni del controllore saranno incluse nella relazione sull'operazione di rimpatrio congiunta. Anche se la normativa vigente non lo prevede, la Commissione ritiene che, data la visibilità e il carattere sensibile delle operazioni di rimpatrio congiunte, ogni operazione debba svolgersi alla presenza di un controllore indipendente. Di conseguenza, la revisione del codice di condotta è considerata prioritaria.

Un progetto finanziato dall'UE e gestito dal Centro internazionale per lo sviluppo delle politiche migratorie (CIDM)[13] cerca di armonizzare ulteriormente i diversi metodi di monitoraggio disposti dagli Stati membri, sviluppando criteri obiettivi e trasparenti e regole comuni in materia di monitoraggio e fornendo agli Stati membri un gruppo di controllori indipendenti che possano essere impiegati anche nelle operazioni di rimpatrio congiunte.

Nel 2012 è stato istituito presso Frontex un responsabile dei diritti fondamentali indipendente e il 17 dicembre 2012 è stato nominato il primo responsabile. Il suo ruolo è monitorare, valutare e formulare raccomandazioni in merito alla protezione e alle garanzie dei diritti fondamentali in tutte le attività e le operazioni di Frontex, comprese quelle legate alle operazioni di rimpatrio congiunte. Il responsabile dovrebbe avere accesso a tutte le informazioni su questioni che incidono sui diritti fondamentali per tutte le attività di Frontex.

Parte III — Futuri sviluppi

La politica di rimpatrio dell'UE si è sviluppata notevolmente negli ultimi anni, soprattutto grazie al recepimento e all'attuazione negli Stati membri della direttiva rimpatri che ha migliorato e reso più coerenti le prassi in questo settore. La relazione sull'attuazione, che è parte della presente comunicazione, riferisce di carenze in vari Stati membri che riguardano tra l'altro alcuni aspetti delle condizioni di trattenimento e la mancanza di sistemi indipendenti di monitoraggio dei rimpatri forzati; in molti Stati membri è inoltre auspicabile un ricorso più sistematico ad alternative al trattenimento e una promozione delle partenze volontarie.

La Commissione vigilerà su tutte le carenze individuate nella relazione, con particolare attenzione all'attuazione negli Stati membri delle norme della direttiva che disciplinano il trattenimento dei rimpatriandi, le garanzie e i mezzi di ricorso, il trattamento dei minori e di altre persone vulnerabili nelle procedure di rimpatrio. Il sistema di valutazione istituito nell'ambito del nuovo meccanismo di valutazione Schengen, coordinato e sorvegliato dalla Commissione, offrirà nuove opportunità per esaminare e valutare le prassi concretamente applicate dagli Stati membri in tali settori, e verificare se questi rispettino pienamente la direttiva e le norme internazionali in materia di diritti umani.

La politica di rimpatrio non può, da sola, gestire efficacemente i flussi migratori irregolari in direzione dell'UE, ma dev'essere inserita in un'impostazione più generale, come l'approccio globale in materia di migrazione e mobilità, che prevede:

un dialogo e una cooperazione rafforzati con i paesi terzi di origine e di transito sulle questioni migratorie, con l'obiettivo di fondare partenariati sulla base degli interessi comuni; una più intensa cooperazione pratica tra gli Stati membri, con Frontex e con le organizzazioni internazionali e le ONG; il parallelo potenziamento di altri strumenti e politiche, quali la gestione efficace delle frontiere, la lotta contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti; l'integrazione degli aspetti di politica estera nella politica migratoria dell'UE e la creazione di collegamenti tra la dimensione interna e quella esterna. Andrebbero sfruttati i vantaggi offerti dalla visione generale del complesso delle relazioni esterne dell'UE di cui beneficia il SEAE.

Ogni futura azione destinata a sviluppare la politica di rimpatrio dell'UE dovrà quindi tener conto di tutti questi aspetti ed elementi.

Le prossime iniziative dovranno concentrarsi sulle questioni e sui suggerimenti elencati qui di seguito.

1. Provvedere a un'attuazione adeguata ed efficace della direttiva rimpatri

Una delle priorità per il futuro sarà rafforzare il monitoraggio dell'attuazione della direttiva rimpatri. La Commissione procederà a un follow up sistematico di tutte le carenze individuate. Sono state già avviate numerose procedure EU Pilot in ambiti coperti dalla presente relazione, e altre seguiranno a breve. I giudici nazionali svolgono già un ruolo molto positivo in questo processo: oltre a fungere da primo punto di riferimento per la concreta attuazione del diritto dell'Unione negli Stati membri, essi chiedono, ove necessario, alla Corte di giustizia di esprimere interpretazioni tramite pronunce pregiudiziali.

Per migliorare l'attuazione della direttiva rimpatri più parti svolgono un ruolo attivo :

Þ prima fra tutte la Commissione, in quanto custode del diritto dell'Unione, in conformità dei poteri che le conferisce l'articolo 258 del TFUE;

Þ la Commissione e gli Stati membri, impegnandosi maggiormente a rispettare l'acquis dell'UE in materia di rimpatrio nel quadro del nuovo meccanismo di valutazione Schengen;

Þ gli organismi nazionali competenti per il monitoraggio dei rimpatri forzati ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 6, della direttiva, adempiendo il loro compito relativo al meccanismo di controllo integrato per le quotidiane prassi di rimpatrio.

2. Promuovere pratiche più coerenti e compatibili con i diritti fondamentali

Oltre ad adoperarsi per garantire un'adeguata attuazione dell'acquis, la Commissione intende elaborare una serie di orientamenti e raccomandazioni sulle questioni illustrate qui di seguito, allo scopo di promuovere prassi di rimpatrio più coerenti e pienamente conformi alle norme sui diritti fondamentali.

Þ Entro un anno la Commissione adotterà un "manuale sul rimpatrio", previa consulenza del gruppo di contatto sul rimpatrio. Il manuale conterrà orientamenti comuni, le migliori pratiche e raccomandazioni destinate alle autorità nazionali competenti per lo svolgimento delle attività relative al rimpatrio e per le valutazioni Schengen connesse al rimpatrio. Farà riferimento all'acquis dell'UE in materia di rimpatrio e alle norme internazionali — come quelle stabilite dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dall'osservazione generale n. 14 (2013) del comitato sui diritti dei minori delle Nazioni Unite — sul diritto del minore di ottenere che il suo interesse superiore sia considerato prioritario. Oggetto del manuale saranno — fra l'altro — la promozione delle partenze volontarie, l'uso proporzionato di misure coercitive, il monitoraggio dei rimpatri forzati, il rinvio dell'allontanamento, il rimpatrio dei minori, i mezzi di ricorso effettivi, le garanzie in attesa del rimpatrio, condizioni di trattenimento umane e dignitose e le garanzie per le persone vulnerabili.

Þ Pratiche di arresto compatibili con i diritti fondamentali: la Commissione continuerà a esaminare la questione in seno al gruppo di contatto e inserirà raccomandazioni in materia nel manuale sul rimpatrio, sulla base di uno studio pubblicato nel 2012 dall'Agenzia per i diritti fondamentali.

Þ Promozione di alternative al trattenimento: nel 2014 la rete europea sulle migrazioni svolgerà uno studio sulle alternative al trattenimento allo scopo di identificare e diffondere le migliori prassi applicate in questo settore.

Þ "Criminalizzazione" del soggiorno irregolare dei rimpatriandi: nel manuale sul rimpatrio la Commissione terrà conto della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa alle limitazioni e ai vincoli imposti agli Stati membri per quanto riguarda l'irrogazione di sanzioni penali ai rimpatriandi.

Þ Rimpatriandi "non allontanabili": esaminando le situazioni nazionali, la Commissione raccoglierà le migliori pratiche applicate allo scopo di evitare situazioni protratte e di garantire che coloro che non possono essere allontanati non siano privati indefinitamente dei diritti fondamentali e non rischino di essere trattenuti nuovamente in modo illegittimo.

Þ Norme codificate del Consiglio d'Europa in materia di trattenimento: la Commissione sostiene la dichiarazione dei meccanismi nazionali di prevenzione europei contro la tortura rilasciata durante la conferenza sul trattenimento degli immigrati in Europa (Strasburgo, 21-22 novembre 2013), in cui si invita il Consiglio d'Europa a codificare una serie di norme dettagliate sul trattenimento degli immigrati in base alle norme internazionali e regionali sui diritti umani applicabili alla privazione della libertà per motivi di status relativo all'immigrazione.

3. Rafforzare il dialogo e la cooperazione con i paesi terzi

La cooperazione con i paesi terzi di origine e di transito dei migranti è essenziale per migliorare la capacità di gestione dei flussi migratori e per affrontare i problemi connessi al rimpatrio dei cittadini di paesi terzi che non hanno (o non hanno più) il diritto di soggiornare nell'UE.

L'UE è impegnata in numerosi quadri bilaterali e regionali per il dialogo e la cooperazione con i paesi terzi, finalizzati a costruire una cooperazione reciprocamente vantaggiosa in questo settore. Tali quadri riguardano una vasta gamma di questioni, dallo sviluppo istituzionale e delle capacità e dall'integrazione effettiva dei migranti in posizione regolare alla gestione dei rimpatri e all'efficace applicazione degli obblighi di riammissione. Conformemente all'approccio globale in materia di migrazione e mobilità, i paesi di origine e di transito dovrebbero inoltre essere incoraggiati a fornire protezione internazionale a coloro che ne hanno bisogno nel rispetto delle norme internazionali, a migliorare le proprie capacità di asilo e accoglienza e a sviluppare sistemi funzionanti in materia di migrazione, nonché a proteggere i diritti fondamentali dei migranti con particolare attenzione alle persone vulnerabili, quali i minori non accompagnati, le vittime della tratta, le donne e i minori. Per sostenerne l'impegno, occorre offrire a questi paesi assistenza cooperativa; l'UE dovrebbe ampliare la sua cooperazione con i paesi terzi interessati per svilupparne le capacità nel campo del rimpatrio e della riammissione e assistere i paesi partner nei loro negoziati di accordi di riammissione con altri paesi terzi.

Þ La politica di rimpatrio continuerà a essere sistematicamente inserita nell'attuazione e nello sviluppo dell'approccio globale, compresi i partenariati per la mobilità e le agende comuni su migrazione e mobilità con i paesi terzi.

Þ Incentivi: si cercherà di inserire la cooperazione su questioni di rimpatrio, riammissione e reinserimento in una politica equilibrata e consolidata dell'UE nei confronti dei paesi terzi sulla base dell'interesse comune, ad esempio collegandola a disposizioni rafforzate in materia di mobilità e in altri settori strategici come il commercio, l'impresa e l'industria.

Þ Sviluppo delle capacità: saranno potenziati gli sforzi per sviluppare le capacità dei paesi terzi nel settore del rimpatrio e della riammissione, ad esempio migliorando la capacità delle autorità competenti di tali paesi di rispondere tempestivamente alle domande di riammissione, di identificare le persone da rimpatriare e di fornire assistenza adeguata e sostegno per il reinserimento a coloro che vengono rimpatriati.

Þ Nell'ambito del Fondo "Asilo, migrazione e integrazione" sarà prestata particolare attenzione al rimpatrio e al reinserimento sostenibili dei migranti irregolari nei loro paesi di origine, anche sviluppando la capacità di tali paesi di gestire meglio il rimpatrio e il reinserimento.

Þ La Commissione seguirà attentamente le questioni sollevate nella valutazione del 2011 degli accordi di riammissione UE e darà seguito alle raccomandazioni ivi formulate, tra cui la preferenza per i rimpatri volontari (raccomandazione n. 13) e l'avvio di un progetto pilota per monitorare la situazione delle persone dopo il rimpatrio (raccomandazione n. 15).

4. Migliorare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di rimpatrio

Procedure di rimpatrio compatibili con i diritti fondamentali e politiche di rimpatrio coerenti trarranno diretto giovamento dalla cooperazione pratica e operativa in settori quali:

la promozione delle partenze volontarie; il rispetto dell'interesse superiore del minore nelle procedure di rimpatrio; l'interazione tra gli organismi di monitoraggio nazionali; il miglioramento delle statistiche; lo scambio di dati personali; il rilascio di documenti di viaggio.

Þ La Commissione ricorrerà alla rete europea sulle migrazioni in qualità di piattaforma per favorire una migliore cooperazione tra Stati e parti interessate, specialmente nel settore delle partenze volontarie, come strumento cruciale per la raccolta e la condivisione delle informazioni.

Þ Il Fondo "Asilo, migrazione e integrazione" si concentrerà su misure destinate a incoraggiare le partenze volontarie, evitando nel contempo che gli incentivi ai rimpatri volontari esercitino un indesiderato effetto di richiamo. Saranno inoltre promosse, in stretta cooperazione con i paesi terzi, misure per agevolare il rilascio dei necessari documenti di viaggio ai rimpatriandi.

Þ Per quanto riguarda il transito via terra delle persone che scelgono il rimpatrio volontario, potrebbero essere introdotti miglioramenti grazie al ricorso all'allegato 39 del manuale Schengen (Modulo standard per il riconoscimento di una decisione di rimpatrio ai fini del transito per via terrestre). Gli Stati membri che non lo utilizzano ancora sono incoraggiati a farlo.

Þ È opportuno promuovere ulteriori forme di cooperazione tra gli Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi, nell'attuazione dei processi di rimpatrio e reinserimento per i minori non accompagnati, e incoraggiare la cooperazione tra i sistemi di protezione dei minori degli Stati membri e quelli dei paesi terzi, utilizzando al meglio le opzioni di finanziamento del Fondo "Asilo, migrazione e integrazione".

Þ Particolare attenzione sarà dedicata al miglioramento dei dati statistici relativi ai rimpatri, in particolare utilizzando le informazioni dettagliate che Frontex ha iniziato a ottenere dagli Stati membri, studiando modi per migliorare le informazioni sulle partenze volontarie e promuovendo una raccolta di dati più coerente.

Þ La Commissione incoraggerà un più intenso scambio delle migliori prassi tra gli organismi nazionali competenti per il monitoraggio dei rimpatri forzati ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 6, della direttiva, al fine di rendere più coerente il monitoraggio, specialmente nel contesto delle operazioni congiunte coordinate da Frontex.

Þ Occorre inoltre rafforzare il potenziale del VIS e del SIS nel settore dei rimpatri. In particolare, la revisione del SIS II prevista per il 2016 offrirà l'opportunità di migliorare la coerenza tra il sistema stesso e la politica di rimpatrio e di proporre l'introduzione di un obbligo, a carico degli Stati membri, di inserire nel SIS II la segnalazione dei respingimenti alla frontiera per i divieti d'ingresso emanati ai sensi della direttiva rimpatri.

Þ Sarà promossa la cooperazione operativa tra Stati membri e paesi terzi, con particolare attenzione all'identificazione e al rilascio di documenti di viaggio, nel rispetto degli obblighi in materia di protezione dei dati.

Þ Nel 2014 la rete europea sulle migrazioni svolgerà uno studio sulle "Buone prassi di rimpatrio e reinserimento dei migranti irregolari: divieti d'ingresso, politica e uso negli Stati membri degli accordi di riammissione", allo scopo di rendere più efficaci le politiche di rimpatrio raccogliendo e confrontando le esperienze degli Stati membri su questi aspetti specifici del processo di rimpatrio.

5. Potenziare il ruolo di Frontex nel settore del rimpatrio

Affrontare congiuntamente alcuni aspetti operativi del rimpatrio a livello dell'Unione presenta un chiaro valore aggiunto. In questo campo Frontex ha un importante ruolo di coordinamento, che dovrebbe continuare a svolgere in maniera proattiva. Nello svolgimento dei suoi compiti Frontex deve fare anche in modo che le operazioni siano eseguite nel rispetto dell'acquis dell'Unione e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Þ Frontex dovrebbe aumentare ulteriormente il coordinamento delle operazioni di rimpatrio congiunte in modo da garantire che, al di là della pura osservanza degli obblighi giuridici, esse rispettino in modo esemplare le norme comuni sul trattamento umano e dignitoso dei rimpatriati. La Commissione chiede pertanto, in via prioritaria, che Frontex adegui il suo codice di condotta sulle operazioni di rimpatrio congiunte e precisi espressamente che ogni operazione sarà soggetta a un monitoraggio indipendente.

Þ L'agenzia è incoraggiata a sostenere di più gli Stati membri offrendo una formazione in materia di rimpatrio, con particolare attenzione alla salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone oggetto di una procedura di rimpatrio.

Parte IV — Relazione sull'attuazione: l'incidenza della direttiva rimpatri 2008/115/CE sulle politiche e sulle prassi degli Stati membri in materia di rimpatrio

Il termine per l'attuazione della direttiva rimpatri è scaduto il 24 dicembre 2010. Tutti gli Stati membri, tranne il Regno Unito e l'Irlanda, e i quattro Stati associati a Schengen sono vincolati dalla direttiva. Quattro Stati membri (EE, ES, PT, SK) hanno notificato il completo recepimento prima della scadenza del termine. 19 Stati membri hanno notificato il recepimento nel 2011 e cinque (BE, LT, NL, PL e SE) nel corso del 2012. La Commissione ha avviato 20 procedimenti di infrazione per mancata comunicazione delle misure nazionali di recepimento, che sono stati chiusi dopo che gli Stati membri hanno notificato, in ritardo, le misure in questione[14]. Soltanto l'Islanda non ha ancora comunicato il completo recepimento.

Da quando è stata adottata la direttiva, i servizi della Commissione hanno tenuto 14 riunioni del gruppo di contatto[15] con esperti degli Stati membri. Scopo del gruppo di contatto è agevolare l'identificazione precoce di eventuali problemi e dubbi residui e offrire l'opportunità di una discussione aperta e informale. Queste riunioni hanno contribuito notevolmente ad applicare in modo coerente la direttiva a livello nazionale. Sulla base delle discussioni svolte dal gruppo di lavoro, sono stati redatti sei studi comparativi[16] sui seguenti argomenti:

i minori nelle procedure di rimpatrio, il monitoraggio dei rimpatri forzati, il reinserimento dei rimpatriati, la situazione dei rimpatriandi non allontanabili, l'adeguato recepimento giuridico della direttiva rimpatri negli Stati membri, l' incidenza pratica della direttiva rimpatri.

Fondandosi sui risultati dello studio sul recepimento della direttiva rimpatri negli ordinamenti nazionali, la Commissione ha svolto un programma di lavoro strutturato sul recepimento della direttiva rimpatri (2012-2013), durante il quale ha interrogato gli Stati membri circa eventuali problemi residui che ostacolino tale recepimento. Nelle riunioni tecniche bilaterali sono state discusse dettagliatamente le carenze identificate e le possibili soluzioni. Tali riunioni e discussioni si sono rivelate molto utili e hanno permesso di risolvere la maggior parte dei problemi di recepimento. Le questioni rimanenti riguardavano soprattutto le seguenti disposizioni:

· l'effetto dei divieti d'ingresso a livello dell'UE;

· la definizione del rischio di fuga;

· i criteri per il prolungamento del periodo di partenza volontaria;

· le norme da rispettare negli allontanamenti per via aerea;

· il monitoraggio dei rimpatri forzati;

· i criteri per imporre il trattenimento;

· le condizioni di trattenimento.

Riguardo a questi problemi residui, sette Stati membri hanno già modificato le rispettive leggi nazionali al fine di rispettare le richieste della Commissione, mentre tredici Stati membri le stanno attualmente modificando e sei Stati membri si sono impegnati formalmente a modificarle nel prossimo futuro, sotto la stretta vigilanza (con relazioni bimestrali) della Commissione.

Questo programma strutturato ha già prodotto risultati tangibili, soprattutto in ordine al trattenimento:

— sei Stati membri dei sette che non avevano pienamente recepito l'articolo 3, paragrafo 7, e l'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva hanno modificato le loro leggi allo scopo di definire giuridicamente criteri obiettivi per valutare se vi siano motivi per ritenere che un immigrato irregolare possa fuggire, il che contribuisce a limitare il numero di migranti trattenuti;

— sei Stati membri dei sette che non avevano pienamente recepito l'articolo 15, paragrafo 4, della direttiva, hanno modificato o stanno modificando le rispettive leggi nazionali per prevedere che il trattenimento cessi qualora non esistano prospettive ragionevoli di allontanamento;

— quattro dei sei Stati membri che non avevano finora autorizzato le ONG e le organizzazioni internazionali a visitare i centri di trattenimento hanno modificato o stanno modificando le disposizioni in materia;

— quattro dei sei Stati membri che non lo avevano ancora fatto hanno modificato le loro norme sull'accesso all'assistenza legale gratuita (articolo 13, paragrafo 4);

— tredici dei sedici Stati membri che non avevano recepito l'articolo 8, paragrafo 6, hanno già adottato o stanno adottando norme per istituire un sistema di monitoraggio dei rimpatri forzati;

— undici dei quattordici Stati membri che non lo avevano ancora fatto hanno ufficializzato o stanno ufficializzando l'impegno a effettuare ogni allontanamento per via aerea in conformità degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza applicabili all'allontanamento congiunto per via aerea allegati alla decisione 2004/573/CE.

Nei casi rimanenti, in cui non è stato possibile trovare un accordo e ottenere dagli Stati membri l'impegno a cambiare le rispettive normative secondo le richieste della Commissione, sono stati già avviate varie procedure EU Pilot.

Per quanto riguarda l'attuazione pratica della direttiva rimpatri negli Stati membri, nel periodo 2012-2013 è stato condotto uno studio, ultimato nell'ottobre 2013, definito "meta-studio" poiché basato su diversi tipi di informazioni e studi già esistenti e sui contributi di tutte le parti interessate[17].

Per ottenere una visione generale della situazione sul terreno, la Commissione ha inoltre esaminato studi e relazioni specifici, ad esempio dell'Agenzia per i diritti fondamentali, di organi del Consiglio d'Europa, dell'UNHCR e di ONG (fra cui Amnesty International, Human Rights Watch, Pro-Asyl), sulla situazione concreta negli Stati membri. Una delle principali difficoltà incontrate in questo esercizio di raccolta delle informazioni consiste nello scarso numero dei dati che vengono sistematicamente raccolti a livello degli Stati membri sulla maggior parte delle questioni indagate nello studio. Ad esempio, i dati su parametri di base quali la durata media del trattenimento, i motivi del trattenimento, il numero di rimpatri falliti e l'uso dei divieti d'ingresso erano disponibili solo in un numero limitato di Stati membri. Inoltre mancano spesso definizioni e approcci comuni sulla raccolta dei dati, il che rende difficile confrontare tali dati a livello dell'UE.

Come si è indicato sopra, la Commissione eserciterà un follow up sistematico di tutte le carenze individuate nella presente relazione di attuazione. Sono state già avviate numerose procedure EU Pilot attinenti a questioni contemplate dalla presente relazione, e altre saranno iniziate a breve.

1. Trattenimento dei rimpatriandi ai fini dell'allontanamento

a) Motivi e durata del trattenimento (articolo 15)

In virtù dell'articolo 15 della direttiva, il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio può essere trattenuto soltanto — per una "durata quanto più breve possibile" e "per il tempo necessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio" — quando sussiste un rischio di fuga o quando il cittadino evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento. Il trattenimento, che è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie, dev'essere "riesaminato ad intervalli ragionevoli" e deve cessare "quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi". Ciascuno Stato membro deve stabilire un periodo massimo di trattenimento, che non può superare i sei mesi in generale e i 18 mesi complessivi in casi eccezionali. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha chiarito vari aspetti delle disposizioni della direttiva in materia di trattenimento. Nella sentenza emessa nella causa C-357/09 (Kadzoev), la Corte ha esplicitamente confermato gli elementi di protezione degli articoli della direttiva rimpatri relativi al trattenimento, sottolineando che il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata dev'essere immediatamente rilasciata quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento verso un paese terzo entro il periodo massimo di trattenimento autorizzato. La Corte ha inoltre chiarito che non si possono invocare motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza per giustificare il trattenimento ai sensi della direttiva rimpatri. La sentenza nella causa C 534-11 (Arslan), esaminando la relazione fra il trattenimento collegato al rimpatrio e il trattenimento collegato all'asilo (a norma della direttiva 2003/9), ha precisato che l'esistenza di due regimi giuridici distinti non implica l'obbligo per gli Stati membri di rilasciare automaticamente i rimpatriandi trattenuti quando presentano una domanda di asilo, purché gli Stati membri adottino prontamente, in conformità della legge nazionale, la decisione di mantenere il trattenimento nel rispetto dell'acquis in materia di asilo.

La valutazione ha mostrato che, sebbene gli Stati membri abbiano in generale modificato le loro normative per conformarle all'articolo 15, sussistono tra loro ampie differenze per quanto riguarda l'attuazione pratica. Ad esempio, varia notevolmente l'interpretazione della nozione di "intervalli ragionevoli" per il riesame del trattenimento: in alcuni Stati membri il riesame è effettuato su base settimanale, in altri è garantito solo alla fine del periodo di trattenimento (che può durare fino a sei mesi). Occorre perciò maggiore coerenza in questo settore; molti interessati hanno chiesto ulteriori orientamenti sull'interpretazione della nozione di "intervalli ragionevoli".

Le prassi sono più uniformi per quanto riguarda i motivi per imporre il trattenimento ai rimpatriandi: nella maggior parte degli Stati membri i motivi principali sono i rischi che l'interessato fugga e/o ostacoli il rimpatrio. Un'altra ragione invocata di frequente è la necessità di ottenere una chiara documentazione e identificazione dell'interessato in collaborazione con i paesi terzi. La nozione di "rischio di fuga", di cui all'articolo 3, paragrafo 7, della direttiva, ha influenzato la definizione e l'uso dei criteri su cui gli Stati membri basano le decisioni di trattenimento, contribuendo così — in misura variabile — ad aumentare la certezza giuridica. Nella maggior parte degli Stati membri, il fatto che i rimpatriandi "non forniscono documentazione" o "usano false identità" sono i principali motivi in base ai quali è valutato il rischio di fuga. Altri criteri frequentemente invocati per tale valutazione sono:

l'uso di documenti falsi o la distruzione di documenti; la mancanza di domicilio; l'espressione esplicita dell'intenzione di non ottemperare al rimpatrio; l'esistenza di condanne penali.

Tabella 2: Criteri per valutare il "rischio di fuga"

Criteri frequenti di valutazione del "rischio di fuga" || Numero di Stati membri che applicano i criteri

Mancanza di documentazione || 13

Mancanza di collaborazione per determinare l'identità || 11

Mancanza di domicilio || 7

Uso di documentazione falsa o distruzione di documenti esistenti || 7

Mancato rispetto, per più volte, dell'obbligo di presentarsi alle autorità competenti || 7

Dichiarazione esplicita dell'intenzione di non ottemperare al rimpatrio || 6

Precedenti condanne penali || 6

Mancato rispetto di un divieto d'ingresso in vigore || 5

Violazione di una decisione di rimpatrio || 5

Precedente condotta (ad esempio fuga) || 4

Mancanza di risorse finanziarie || 4

Il rimpatriando è oggetto di una decisione di rimpatrio emessa da un altro Stato membro || 4

Mancato rispetto di un obbligo di partenza volontaria || 3

Fonte: estratto da MATRIX 2013

Va notata la tendenza sistematica, negli Stati membri esaminati, a un più ampio ricorso ad alternative al trattenimento. Numerosi Stati membri prevedono ora tali alternative nelle legislazioni nazionali. Le ricerche hanno dimostrato che queste soluzioni possono presentare molti vantaggi rispetto al trattenimento e, a certe condizioni, possono anche permettere risparmi notevoli. In pratica, però, molti Stati membri applicano le alternative al trattenimento solo in casi rari. Le principali alternative applicate, nella prassi, sembrano essere l'obbligo di "presentarsi regolarmente alle autorità" e l'"ordine di alloggiare in luoghi indicati dalle autorità". Un'altra alternativa frequente è l'"obbligo di consegnare passaporti e documenti".

Tabella 3: Applicazione giuridica e pratica di alternative al trattenimento

|| Restrizioni della residenza || Presentazione periodica alle autorità || Obbligo di consegna dei documenti || Deposito di una garanzia finanziaria || Sorveglianza elettronica

|| Applica-zione giuridica || Applica-zione pratica || Applica-zione giuridica || Applica-zione pratica || Applica-zione giuridica || Applica-zione pratica || Applica-zione giuridica || Applica-zione pratica || Applica-zione giuridica || Applica-zione pratica

AT: || sì || sì || sì || sì || no || no || sì || sì || no || no

BE[18] || no || no || no || no || no || no || no || no || no || no

BG || no || no || sì || n.d. || sì || n.d. || no || no || no || no

CY || no || no || no || no || no || no || no || no || no || no

CZ || no || no || sì || sì || no || no || sì || no || no || no

DE || sì || n.d. || sì || sì || sì || sì || no || no || no || no

DK || sì || sì || sì || sì || sì || sì || sì || no || sì || no

EE || sì || sì || sì || sì || sì || sì || no || no || no || no

EL || sì || no || sì || no || sì || no || sì || no || no || no

ES || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || sì || no || no || no || no

FI || no || no || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || no || no

FR || sì || n.d. || sì || no || sì || sì || no || no || sì || n.d.

HU || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || no || no || no || no

IT || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || no || no

LT || sì || sì || sì || sì || no || no || no || no || no || no

LU || sì || no || sì || no || no || no || no || no || no || no

LV || no || no || sì || sì || sì || sì || no || no || no || no

MT || no || no || sì || sì || no || no || sì || sì || no || no

NL || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || sì || no || no

PL || sì || no || sì || no || no || no || no || no || no || no

PT || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d.

RO || sì || n.d. || sì || n.d. || no || no || no || no || no || no

SE || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || no || no || no || no

SI || sì || sì || sì || sì || sì || no || sì || no || no || no

SK || sì || no || sì || no || no || no || sì || no || no || no

CH || sì || no || sì || sì || sì || no || sì || no || no || no

IS || sì || n.d. || sì || sì || sì || n.d. || no || no || no || no

LI || sì || sì || no || no || sì || sì || no || no || no || no

NO || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || no || no || no || no

IE || sì || n.d. || sì || sì || sì || n.d. || sì || no || no || no

UK || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d. || sì || n.d.

n.d.: nessun dato disponibile.

Fonte: estratto da MATRIX 2013

Nella maggioranza degli Stati membri mancano strutture pubbliche di sostegno per i migranti irregolari ai quali viene revocato il trattenimento perché non esiste alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento. In mancanza di un concreto obbligo giuridico che imponga agli Stati membri di fornire loro sostegno materiale, questo gruppo di persone si trova in una situazione di "limbo giuridico" e deve affidarsi al settore privato o al volontariato, oppure rischia di dover ricorrere a forme di occupazione non autorizzate per mantenersi. Sono pochi gli Stati membri che danno l'esempio, fornendo un'indennità mensile e aiutando queste persone a trovare un alloggio.

Prima della direttiva rimpatri, la durata massima del trattenimento variava notevolmente tra gli Stati membri e in almeno nove Stati non esisteva un termine massimo di trattenimento dei rimpatriandi. La direttiva rimpatri ha contribuito alla convergenza — e, nel complesso, alla riduzione — della durata massima del trattenimento nell'UE.

Tabella 4: Durata massima del trattenimento prima e dopo il recepimento della direttiva rimpatri

Fonte: MATRIX 2013.

La durata massima del trattenimento è aumentata in otto Stati membri, ma è diminuita in 12 Stati membri. Occorre tenere presente che la durata media del trattenimento applicata nella pratica è notevolmente inferiore alla durata massima prevista.

Tabella 5: Durata del trattenimento nella pratica

SM || Durata del trattenimento nella pratica (in giorni) || Fonte || Periodo ||

AT: || 16,6* || Statistiche nazionali || 2012 ||

BG || 64* || Studio di una ONG || 2011 ||

DE || Inferiore a 42*** || Statistiche nazionali || 2011 ||

DK || 31* || Studio di una ONG || 2011 ||

EE || 85* || Statistiche nazionali || 2011 ||

EL || Almeno 180** || Organizzazione internazionale || 2012 ||

FI || 5-6** || Autorità pubbliche nazionali || — ||

FR || 13* || Autorità pubbliche nazionali || — ||

IT || 31* || Autorità pubbliche della città di Bologna || — ||

LU || 16* || Autorità pubbliche nazionali || — ||

NL || 120-180** || ONG e organizzazione internazionale || — ||

RO || 50* || Statistiche nazionali || 2012 ||

SE || Inferiore a 14** || Ministero della Giustizia || — ||

IS || 1** || Autorità pubbliche e ONG || — ||

LI || 1-2** || Autorità pubbliche e ONG || — ||

UK || 7** || Autorità pubbliche nazionali || —

* Media calcolata in base ai dati disponibili. La fonte dei dati figura nella terza colonna da sinistra.

** Durata massima del trattenimento applicata con maggior frequenza secondo le stime degli interessati consultati.

*** In Germania il 73% dei trattenimenti dura meno di 42 giorni, secondo le statistiche ufficiali.

Fonte: MATRIX 2013.

b) Condizioni di trattenimento, compreso il trattenimento di minori e famiglie (articoli 16 e 17)

La direttiva stabilisce alcune condizioni di base da rispettare per il trattenimento dei rimpatriandi, i quali devono alloggiare in centri appositi (non istituti penitenziari) o per lo meno devono essere tenuti separati dai detenuti ordinari. Ai rimpatriandi trattenuti si devono assicurare le prestazioni sanitarie d'urgenza e il trattamento essenziale delle malattie, e si devono consentire i contatti con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari. Le organizzazioni e gli organismi non governativi devono essere autorizzati a visitare i rimpatriandi, fatti salvi eventuali obblighi di autorizzazione preliminare stabiliti dagli Stati membri. I rimpatriandi devono essere adeguatamente informati dei loro diritti e obblighi. Per quanto riguarda i minori (non accompagnati o accompagnati da familiari) — che devono essere trattenuti solo "in mancanza di altra soluzione" e "per un periodo adeguato il più breve possibile"— le loro esigenze devono essere oggetto di particolare attenzione ("l'interesse superiore del bambino costituisce un criterio fondamentale"); i minori devono avere la possibilità di svolgere attività di svago e (in funzione della durata della permanenza) devono avere accesso all'istruzione.

La direttiva non disciplina nei dettagli questioni quali le dimensioni dei locali, l'accesso a strutture sanitarie, l'accesso a spazi all'aria aperta, il vitto ecc., durante il trattenimento, ma prevede al considerando 17 che i trattenuti siano trattati in "modo umano e dignitoso", nel rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità del diritto internazionale. Quando gli Stati membri impongono il trattenimento in forza degli articoli da15 a 17 della direttiva, devono applicarlo secondo condizioni conformi all'articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che vieta i trattamenti inumani o degradanti. L'effetto pratico di tale obbligo imposto agli Stati membri è illustrato dettagliatamente nelle norme stabilite dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura (gli "Standard del CPT"[19]). Tali Standard costituiscono una descrizione generalmente riconosciuta degli obblighi minimi in materia di trattenimento che gli Stati membri devono rispettare per qualsiasi trattenimento al fine di garantire il rispetto degli obblighi previsti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e di quelli che derivano dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE nell'applicazione del diritto dell'Unione. La Commissione sorveglierà attentamente la situazione e, in particolare, ricorrerà alle possibilità offerte dal nuovo meccanismo di valutazione Schengen per valutare le strutture utilizzate dagli Stati membri per il trattenimento prima dell'allontanamento, al fine di garantire che tutti gli Stati membri rispettino tali criteri. Per affrontare i casi più eclatanti di condizioni inumane di trattenimento, la Commissione ha già avviato negli ultimi mesi delle procedure EU Pilot nei confronti di vari Stati membri.

Nove Stati membri dispongono di normative non pienamente conformi all'articolo 16, paragrafo 1, che prevede l'obbligo rigoroso di separare i cittadini di paesi terzi trattenuti dai detenuti ordinari: due di questi Stati membri si sono impegnati a modificare le rispettive leggi, mentre nei confronti degli altri sono state aperte o saranno aperte procedure EU Pilot. In pratica, soltanto la metà degli Stati membri mette sempre a disposizione appositi centri di permanenza, mentre nell'altra metà i migranti irregolari sono tuttora trattenuti, occasionalmente o frequentemente, in istituti penitenziari. A tale proposito, i giudici tedeschi hanno presentato alla Corte di giustizia tre domande di pronuncia pregiudiziale nel 2013. Nelle cause C 473-13 (Bero) e C 514-13 (Bouzalmate) è stato chiesto alla Corte se uno Stato membro sia tenuto, ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva, a trattenere i rimpatriandi in appositi centri soltanto se tali centri sono presenti in alcune delle sue divisioni regionali (ma non in altre). La causa C-474/13 (Thi Ly Pham) riguarda la compatibilità con l'articolo 16, paragrafo 1, della prassi amministrativa nazionale di trattenere i cittadini di paesi terzi in attesa di allontanamento insieme a detenuti ordinari se esprimono il loro accordo. Queste tre cause sono tuttora pendenti dinanzi la Corte di giustizia.

Quanto all'obbligo previsto dall'articolo 16, paragrafo 2, di autorizzare i trattenuti a entrare in contatto con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari, tutti gli Stati membri lo hanno recepito in modo adeguato. Dai dati raccolti risulta però che due Stati membri non offrono sempre, nella pratica, questa opportunità. Anche l'obbligo previsto dall'articolo 16, paragrafo 3, di provvedere a che sia garantito l'accesso a prestazioni sanitarie d'urgenza è stato recepito da tutti gli Stati membri, sebbene risulti da alcune segnalazioni che in sei Stati membri l'accesso a questo diritto è talvolta ostacolato nella pratica. La Commissione sorveglierà tutte le carenze individuate.

In sette Stati membri è tuttora problematico il recepimento giuridico del diritto di accedere autonomamente e pienamente ai centri di trattenimento di cui godono gli organismi e le organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi, ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 4. Tre di questi Stati membri si sono già impegnati a modificare le loro legislazioni, negli altri quattro la prassi non risulta del tutto conforme agli obblighi.

In tutti gli Stati membri la legislazione è conforme alle norme previste dall'articolo 17 sul trattenimento di minori e famiglie. In pratica però, sono state segnalate lacune per quanto riguarda la sistemazione separata delle famiglie in due Stati membri, l'accesso alle attività di svago in tre Stati membri e l'accesso all'istruzione in cinque Stati membri. In riferimento all'applicazione pratica della disposizione prevista all'articolo 17, ossia l'obbligo di trattenere i minori soltanto in mancanza di altra soluzione, la valutazione rivela che 17 Stati membri trattengono — almeno in certi casi — i minori non accompagnati e 19 Stati membri trattengono — almeno in certi casi — le famiglie con minori. Poiché l'espressione "in mancanza di altra soluzione" nella direttiva rimpatri dà adito a varie interpretazioni, alcune parti interessate hanno suggerito di incoraggiare gli Stati membri a inserire nelle leggi nazionali una presunzione contro il trattenimento dei minori, e a ricorrere ad alternative al trattenimento per i minori non accompagnati e le famiglie con minori.

Per quanto riguarda l'assistenza ai minori non accompagnati (articolo 10), la valutazione ha mostrato che tale assistenza è fornita in modi molto diversi e da un'ampia gamma di organismi.

Tabella 6: Autorità competenti per l'assistenza ai minori non accompagnati (MNA)

Paesi || ONG || Organizzazione internazionale per le migrazioni || Istituzioni specializzate per i MNA irregolari || Amministrazione pubblica || Servizi generali sociali o per la gioventù || Amministrazione locale || Servizi generali per l'asilo o l'immigrazione || Pubblico ministero o giudice || Polizia o guardie di frontiera || Nessuna istituzione formalmente competente

AT || || || || || P || || || || ||

BE || || || || P || || || || || ||

BG || || || || || P || || || || ||

CZ || || P || || || P || || || || ||

CY || || || || || P || || || || ||

DE || || || || || P || || || || ||

DK || P || P || || || || || P || || ||

EE || || || || || P || P || || || ||

EL || P || P || || || || || || P || ||

ES || || || || || || P || || || ||

FI || || || || || || || || || || P

FR || || || || || P || || || || ||

HU || || || P || || || || || || ||

IT || || P || || || || || || || ||

LT || || || || || || || P || || ||

LU || || P || || || || || || || ||

LV || || || || || || || || P || P ||

MT || || || || || || || P || || ||

NL || P || || || || P || || || || ||

PL || || P || || || || || || P || P ||

PT || P || || || || P || || || || ||

RO || P || || || || || || || || ||

SI || || || || || P || || || || ||

SK || || || || P || || || || || ||

SE || || || || || P || || || || ||

CH || || || || || || P || || || ||

IS || || || || P || P || || || || ||

LI || || || || P || || || || || ||

NO[20] || || P || P || P || || || || || ||

IE || || || || || P || || || || ||

UK || || || || || P || P || || || ||

Fonte: MATRIX 2013.

Se la maggior parte degli Stati membri effettua, in pratica, rimpatri di minori, soltanto sette riferiscono di aver utilizzato l'opzione di rimpatriare i minori non accompagnati presso centri di accoglienza o servizi sociali del rispettivo paese di origine.

La seguente tabella illustra i principali campi in cui, grazie all'attuazione della direttiva, si sono verificati cambiamenti nel settore del trattenimento.

Tabella 7: Principali settori di cambiamento in materia di trattenimento in seguito all'attuazione della direttiva

Cambiamento || Stato membro

Riduzione della durata del trattenimento || BG, CZ, DK, EE, LT, LV, RO, SI, SK, NO

Aumento della durata del trattenimento || EL, ES, FI, FR, IT, LU

Politica specifica in materia di minori e famiglie con minori (e persone vulnerabili) || AT, CZ, SI

Miglioramento delle condizioni nei centri di trattenimento || DK, LU, LV, RO

Strutture di trattenimento separate / separazione dai detenuti ordinari || DE, DK, LU

Ricorso ad alternative || BE, DE, LV, NL

Consulenza legale || AT, SK

Imposizione di un termine per il controllo giurisdizionale / la decisione del giudice || CZ, SK

Possibilità d'impugnazione || LV

Decisione scritta || DK

Fonte: MATRIX 2013.

2. Partenza volontaria (articolo 7) e monitoraggio dei rimpatri forzati (articolo 8, paragrafo 6)

L'introduzione della direttiva rimpatri ha influenzato positivamente le legislazioni e le prassi nazionali in materia di partenza volontaria. L'articolo 7 impone agli Stati membri di concedere un periodo congruo per la partenza volontaria, di durata compresa tra sette e 30 giorni. In alcuni Stati membri il diritto nazionale non prevedeva in precedenza un periodo per la partenza volontaria, o non ne specificava la durata, mentre oggi tutti gli Stati membri hanno introdotto tale limite. Nella maggior parte degli Stati membri esaminati, il periodo è stabilito automaticamente; soltanto tre Stati membri hanno fatto ricorso all'opzione prevista dall'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva, di concedere tale periodo unicamente su richiesta. Nell'ottobre 2013 un giudice olandese ha presentato alla Corte di giustizia una domanda di pronuncia pregiudiziale (causa C-554/13) relativa alla disposizione, prevista dall'articolo 7, paragrafo 4, di non concedere un periodo per la partenza volontaria per motivi di ordine pubblico.

Lo studio dimostra altresì che la direttiva rimpatri è stata un fattore di cambiamento per il monitoraggio dei rimpatri forzati. Come conseguenza diretta della direttiva, è aumentato il numero degli Stati membri che hanno istituito organi di monitoraggio, spesso con il sostegno del Fondo europeo per i rimpatri. Nei confronti di sette Stati membri, che non si erano conformati all'obbligo di istituire un sistema di monitoraggio dei rimpatri forzati, la Commissione ha già avviato (o avvierà tra breve) le apposite procedure EU Pilot. Negli Stati membri in cui esiste un organo di monitoraggio, si osserva una vasta scissione tra il monitoraggio esercitato dalla società civile (ONG per i diritti umani), dal difensore civico o da autorità collegate a un ministero nazionale. I sistemi di monitoraggio sono istituiti o per legge o tramite accordi di cooperazione. La valutazione dimostra che la direttiva rimpatri ha esercitato un impatto sostanziale sulla creazione di organi di monitoraggio dei rimpatri e che è in corso un'evoluzione, man mano che i sistemi di monitoraggio diventano più stabili. Tali organi di monitoraggio sono destinati a svolgere un ruolo importante in quanto meccanismi di controllo integrato per le prassi comuni di rimpatrio a livello nazionale.

Tabella 8: Organi di monitoraggio dei rimpatri forzati

Paese || Organo di monitoraggio || Tipo di organo di monitoraggio

AT || √ || Difensore civico e ONG

BE || √ || Organo affiliato alla polizia belga

BG || √[21] || Difensore civico e ONG

CY || √ || Difensore civico

CZ || √ || Organo affiliato al parlamento ceco

DE || Informale || ONG

DK || √ || Difensore civico e ONG

EE || √ || ONG

EL || √ || Difensore civico

ES || √ || Difensore civico

FI || √ || Difensore civico

FR || No || —

HU || √ || Difensore civico

IT || No || —

LT || √ || ONG

LU || √ || ONG

LV || √ || Difensore civico

MT || √ || Organo affiliato al ministero degli Interni e della Sicurezza nazionale

NL || √ || Organo affiliato al ministero della Sicurezza e della Giustizia

PL || √ || Difensore civico e ONG

PT || √ || Organo affiliato al ministero degli Interni

RO || √ || ONG

SE || No || I giudici, il Mediatore parlamentare e il Cancelliere di giustizia svolgono in parte la funzione di organi di monitoraggio.

SI || No[22] || —

SK || √ || Difensore civico e ONG

CH || √ || Organo affiliato al dipartimento generale di giustizia e polizia

IS || No || —

LI || No || —

NO || √ || Difensore civico

IE || No || —

UK || √ || Organo affiliato al ministero della Giustizia

Fonte: MATRIX 2013.

3. Garanzie (articoli 12 e 14) e mezzi di ricorso (articolo 13)

Dalla valutazione risulta che la maggior parte degli Stati membri esaminati ricorre all'opzione di applicare le deroghe all'ambito di applicazione della direttiva previste all'articolo 2, paragrafo 2.[23] Risulta inoltre che gli obblighi di protezione previsti all'articolo 4, paragrafo 4, sono rispettati nella maggior parte dei casi e che il livello di protezione dei cittadini di paesi terzi cui si applica la direttiva è analogo a quello applicato nelle "situazioni di frontiera" che gli Stati membri escludono da tale ambito di applicazione.

La valutazione ha rivelato che le garanzie procedurali relative ai diritti dei migranti irregolari durante il processo di rimpatrio sono ampiamente applicate nelle legislazioni nazionali degli Stati membri. Dai risultati della ricerca emerge che le garanzie di cui all'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva, riguardanti la forma della decisione di rimpatrio (adottata in forma scritta, motivata in fatto e in diritto e contenente informazioni sui mezzi di ricorso disponibili) sono anch'esse applicate nella prassi. Alcuni interessati hanno tuttavia sollevato preoccupazioni relative alla formulazione delle ragioni della decisione (mancanza di particolari e di motivazione). Quasi nella metà degli Stati membri che applicano la direttiva, gli interessati hanno segnalato la possibilità di introdurre miglioramenti per quanto riguarda la traduzione (dei principali elementi della decisione di rimpatrio) e, in misura minore, l'interpretazione.

La valutazione non è riuscita a individuare tendenze generali né a misurare i cambiamenti avvenuti nel corso del tempo per quanto riguarda le garanzie in attesa di un allontanamento differito. (L'articolo 14 della direttiva riguarda l'unità del nucleo familiare, le prestazioni sanitarie, l'accesso al sistema educativo, le esigenze delle persone vulnerabili e il diritto di ottenere conferma scritta in caso di rinvio dell'allontanamento). Le garanzie fondamentali risultano assicurate soprattutto grazie all'applicazione delle convenzioni internazionali e della legislazione generale in materia di accesso a tali servizi (in particolare le prestazioni sanitarie d'urgenza e l'istruzione).

Per quanto riguarda l'obbligo imposto agli Stati membri, in virtù dell'articolo 13, di concedere ai rimpatriandi mezzi di ricorso effettivo, la valutazione conclude che, nonostante tutti gli Stati membri prevedano nei loro ordinamenti una disposizione giuridica relativa al ricorso, in pratica entra in gioco una serie di fattori in grado di compromettere il diritto ad autentici mezzi di ricorso. Innanzitutto — malgrado l'adeguato recepimento giuridico della direttiva — non sempre e non in tutti gli Stati membri le informazioni sui mezzi di ricorso disponibili sono sufficientemente comunicate, nella pratica, ai cittadini di paesi terzi in una lingua a loro comprensibile (traduzione e spiegazione/assistenza legale). In secondo luogo, e in collegamento con il punto precedente, la possibilità di un ricorso effettivo può essere ridotta a causa dell'inefficace fornitura di assistenza legale, nei casi in cui gli Stati membri ricorrono ampiamente alla disposizione, prevista all'articolo 13, paragrafo 4, della direttiva, che li autorizza a rendere l'assistenza legale gratuita soggetta alle condizioni di cui all'articolo 15, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2005/85/CE. Di conseguenza, secondo la valutazione, in vari Stati membri le decisioni di rimpatrio spesso non sono impugnate nella pratica, o lo sono in misura minore del previsto. La Commissione seguirà attentamente questo problema.

La direttiva autorizza gli Stati membri a decidere se il ricorso eserciti un effetto sospensivo automatico, o se tale effetto possa essere concesso soltanto caso per caso dall'organo di ricorso. Dalla valutazione risulta che soltanto in nove Stati membri il ricorso sospende automaticamente, in linea generale, l'esecuzione del rimpatrio e/o della decisione di allontanamento. Nella maggior parte degli Stati membri, l'immigrato deve chiedere l'applicazione di un effetto sospensivo temporaneo, che può essere rifiutata (o concessa) dal giudice in circostanze specifiche.

Tabella 9: Effetto sospensivo del ricorso

Effetto sospensivo temporaneo dell'esecuzione della decisione di rimpatrio impugnata ||

Sì: automatico || AT, CZ, DK, FR, LT, MT, PL, RO, SI, UK

Talvolta: per decisione di un'autorità giudiziaria o amministrativa competente || BE, BG, CY, DE, EE, EL, ES, FI, HU, IT, LU, LV, NL, PT, SE, SK, CH, LI, IS, NO, IE

Fonte: MATRIX 2013.

Da questo punto di vista è importante sottolineare che la Corte di giustizia, nella sentenza della causa C-383/13 PPU (G e R),[24] ha confermato che i diritti della difesa di cui all'articolo 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali (il diritto di ogni persona di essere ascoltata e di accedere al fascicolo la riguarda) devono essere rispettati nelle decisioni adottate in virtù della direttiva rimpatri, anche qualora non siano espressamente previsti dalla direttiva stessa.

4. Criminalizzazione dell'ingresso e del soggiorno irregolari

Dalla valutazione e da un recente studio svolto dalla FRA, risulta che nella maggior parte degli Stati membri esistono leggi che, in diverse forme, perseguono penalmente l'ingresso e/o il soggiorno irregolari. Né la direttiva rimpatri né altri strumenti giuridici dell'UE impediscono agli Stati membri di considerare reato l'ingresso e/o il soggiorno irregolare, ai sensi del diritto penale nazionale. Tuttavia, varie sentenze della Corte di giustizia hanno limitato e ristretto la capacità degli Stati membri di trattenere i rimpatriandi in carcere in conseguenza di tali disposizioni. In particolare, nella causa C-61/11 (El Dridi) la Corte di giustizia ha dichiarato che la direttiva rimpatri osta a una normativa nazionale che sanzioni penalmente il soggiorno irregolare nella misura in cui tale normativa compromette l'efficacia della direttiva stessa. A tale proposito, la Corte ha giudicato che l'irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi ha violato l'ordine di lasciare il territorio nazionale è contraria alla direttiva. Una sentenza in una causa simile (C-329/11 Achoughbabian) ha confermato le conclusioni della sentenza El Dridi, dichiarando incompatibile con la direttiva rimpatri una norma nazionale che prevede l'irrogazione della pena della reclusione a un cittadino di paese terzo esclusivamente in ragione del suo soggiorno irregolare. La sentenza nella causa C-430/11 (Sagor) ha confermato che l'applicazione, in seguito ad azione penale, di una pena pecuniaria sostituibile con un provvedimento di espulsione è possibile purché il procedimento di espulsione rispetti tutte le garanzie procedurali previste dalla direttiva rimpatri, e che una pena di permanenza domiciliare può essere irrogata soltanto a condizione che esistano garanzie atte ad assicurare che essa non ritardi il rimpatrio.

Le sentenze di cui sopra hanno condotto a una vasta gamma di modifiche delle legislazioni nazionali nei paesi esaminati: molti Stati membri hanno recentemente modificato le rispettive leggi in seguito a questa giurisprudenza. La Commissione segue attentamente la situazione e ha già avviato procedure EU Pilot nei confronti di alcuni Stati membri.

Tabella 10: Criminalizzazione dell'ingresso irregolare

Fonte: FRA 2014.

Tabella 11: Criminalizzazione del soggiorno irregolare

Fonte: FRA 2014.

5. Avvio di procedure di rimpatrio (articolo 6) e divieti d'ingresso (articolo 11)

Rispetto all'articolo 6 della direttiva rimpatri, gli Stati membri presentano un alto livello di coerenza sulla definizione di soggiorno irregolare. Nella maggior parte degli Stati membri, la normativa nazionale fornisce un elenco dettagliato di circostanze in cui un cittadino di paese terzo può essere considerato in situazione di soggiorno irregolare. Le cinque categorie principali sono: visto scaduto; permesso di soggiorno scaduto; permesso di soggiorno revocato; status di rifugiato revocato; ingresso irregolare. La maggior parte degli Stati membri applica norme più favorevoli ai cittadini che abbiano iniziato una procedura per l'ottenimento o il rinnovo di un permesso o di un visto. La maggior parte degli Stati membri ha optato per una procedura a fase unica in cui la decisione di rimpatrio e la decisione di allontanamento sono emesse in un unico atto (amministrativo); soltanto nove Stati membri (IT, LT, LV, MT, PL, SE, IS, IE, UK) hanno adottato una procedura in due fasi. La direttiva ha inoltre introdotto nell'UE una maggiore armonizzazione sulla questione dei permessi di soggiorno o di altre autorizzazioni che offrano un diritto di soggiorno per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio dell'Unione è irregolare: tutti gli Stati membri prevedono questa possibilità nei loro ordinamenti. L'obbligo di avviare una procedura di rimpatrio non ha alterato in sostanza la prassi dell'arresto di cittadini di paesi terzi né il numero di arresti. Il fatto che uno Stato membro ricerchi i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare tramite azioni generali di polizia o con iniziative ad hoc non è determinato dalla direttiva, ma da fattori e considerazioni di ordine interno. Poiché la direttiva non definisce esplicitamente la nozione di arresto né fornisce orientamenti sul modo di condurre tali procedure, gli Stati membri hanno lasciato praticamente inalterati i sistemi istituzionali vigenti. Esistono due tipi principali di pratiche di arresto negli Stati membri: in primo luogo, l'arresto sulla base di controlli ordinari di polizia o di operazioni mirate in luoghi nei quali si sospetta ragionevolmente che siano presenti migranti privi di documenti; in secondo luogo, l'arresto effettuato su richiesta delle autorità competenti in materia di immigrazione nei confronti di persone che non rispettano un ordine di lasciare il territorio, o una decisione di partenza volontaria.

La direttiva rimpatri impone agli Stati membri di corredare di un divieto d'ingresso le decisioni di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo di partenza volontaria[25] o qualora non sia stato ottemperato all'obbligo di rimpatrio. Negli altri casi, l'emissione di un divieto d'ingresso è facoltativa. La durata del divieto d'ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti e la durata massima di cinque anni può essere superata soltanto se l'interessato costituisce una grave minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale. Dalla valutazione risulta che, nel complesso, la direttiva rimpatri ha contribuito alla convergenza tra gli Stati membri per quanto riguarda la durata (massima) di cinque anni dei divieti d'ingresso collegati al rimpatrio, prevista dall'articolo 11, paragrafo 2, della direttiva. La maggior parte degli Stati membri stabilisce inoltre una durata massima dei divieti d'ingresso per i casi in cui il rimpatriando è considerato una minaccia per la pubblica sicurezza e in cui, conformemente alla direttiva, la durata può eccezionalmente superare i cinque anni. In otto Stati membri, l'applicazione della direttiva ha comportato una riduzione della durata dei divieti d'ingresso. La ricerca ha però rivelato che in sei Stati membri il numero di divieti d'ingresso emessi nei confronti dei rimpatriandi è aumentato. In pratica, tutti gli Stati membri offrono ai migranti irregolari l'opportunità di chiedere la revoca o la sospensione del divieto d'ingresso per motivi eccezionali di ordine umanitario. Ogni decisione di divieto d'ingresso è introdotta nel sistema d'informazione Schengen, in modo da impedire ai migranti di rientrare nello spazio Schengen. Nella sentenza nella causa C-297/12 (Filev/Osmani), la Corte di giustizia ha ribadito che la durata massima dei divieti d'ingresso prevista dalla direttiva si applica anche ai divieti d'ingresso "storici" emessi prima dell'entrata in vigore della direttiva.

Tabella 12: Divieti d'ingresso

Motivi del ricorso ai divieti d'ingresso || Stati membri che applicano questi motivi

Il divieto d'ingresso è imposto automaticamente per tutte le decisioni di rimpatrio || AT, CY, DE, EE, EL, ES, IT, LT, MT, PL, PT, IS, IE, UK

Il divieto d'ingresso non è imposto in tutti i casi ma è emesso automaticamente (almeno) a) qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria b) qualora non sia stato ottemperato all'obbligo di rimpatrio || BE, BG, CZ, DK, FI, HU, LU, LV, NL, RO, SE, SK, CH, NO

Il divieto d'ingresso è emesso caso per caso (per diversi motivi) || FR, SI, LI

Cambiamenti dovuti alla direttiva rimpatri || Stato membro

Riduzione della durata dei divieti d'ingresso || DE, ES, IT, LV, PL, PT, CH, NO

Aumento del numero dei divieti d'ingresso || AT, BE, DK, FI, NL, CH

Disciplina specifica dei divieti d'ingresso / standardizzazione in tutto il paese || LT, MT, SI

Possibilità di revoca || ES, PL

Comunicazione scritta del divieto d'ingresso || LU, PL

Riduzione del numero dei divieti d'ingresso || SK

Fonte: MATRIX 2013.

6. Giurisprudenza della Corte di giustizia connessa alla direttiva rimpatri

Negli ultimi cinque anni, i giudici nazionali hanno presentato alla Corte di giustizia numerose domande di pronuncia pregiudiziale legate all'interpretazione della direttiva rimpatri.

Sul trattenimento

Nella sentenza nella causa C-357/09 (Kadzoev) del 30 novembre 2009, la Corte di giustizia ha esplicitamente confermato gli elementi protettivi delle disposizioni della direttiva rimpatri in materia di trattenimento, in particolare l'obbligo di rilasciare immediatamente la persona interessata qualora non sussistano più i motivi previsti dalla direttiva.

Nell'estate 2013 i giudici tedeschi hanno presentato le tre seguenti domande di pronuncia pregiudiziale. Nelle cause C-473/13 (Bero) e C-514/13 (Bouzalmate) (tuttora pendenti) è stato chiesto alla Corte se uno Stato membro sia tenuto, ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva, a trattenere i rimpatriandi in appositi centri soltanto se tali centri sono presenti in alcune delle sue divisioni regionali (ma non in altre). La causa C-474/13 (Thi Ly Pham) (pendente) riguarda la compatibilità con l'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva della prassi amministrativa nazionale di trattenere i cittadini di paesi terzi in attesa di allontanamento insieme a detenuti ordinari se esprimono il loro accordo.

Sulle sanzioni penali per il soggiorno irregolare

Il 28 aprile 2011 la Corte di giustizia ha emesso, nella causa C-61/11 (El Dridi), una sentenza lungimirante nella quale ha dichiarato che la direttiva rimpatri osta a una normativa nazionale che sanzioni penalmente il cittadino di paese terzo il cui soggiorno è irregolare che non ottempera a un ordine di lasciare il territorio nazionale, in quanto tale sanzione penale può compromettere l'obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali. Una sentenza in una causa analoga (causa C-329/11 Achoughbabian) collegata alla situazione francese, emessa nel dicembre 2011, ha confermato le conclusioni della sentenza El Dridi dichiarando che una norma nazionale che sanzioni il soggiorno irregolare con una pena di reclusione è incompatibile con la direttiva rimpatri. La sentenza nella causa C-430/11 (Sagor) (relativa alla compatibilità con la direttiva di disposizioni del diritto italiano che impongono la sanzione penale dell'obbligo di permanenza domiciliare e l'espulsione immediata in caso di soggiorno irregolare), emessa nel dicembre 2012, ha ulteriormente precisato la giurisprudenza della Corte di giustizia in materia. Nell'ordinanza del 21.3.2013 nella causa C-522/11 (Mbaye) la Corte di giustizia ha fatto riferimento alla giurisprudenza di cui sopra e ne ha ribadito le conclusioni. La causa C-189/13 (Da Silva) (pendente) si iscrive nella scia della causa Achoughbabian e riguarda la compatibilità con la direttiva rimpatri di norme nazionali che sanzionano l'ingresso irregolare con la pena della reclusione.

Sulla relazione tra la direttiva rimpatri e l'acquis in materia di asilo

La sentenza del maggio 2013 nella causa C-534/11 (Arslan) riguarda la relazione tra il trattenimento connesso al rimpatrio (ai sensi della direttiva 2008/115/CE) e il trattenimento connesso all'asilo (ai sensi della direttiva 2003/9/CE) in una situazione in cui un cittadino di paese terzo trattenuto in forza della direttiva rimpatri presenta una domanda di asilo con l'obiettivo di rimandare il rimpatrio. La sentenza conferma che il trattenimento dei richiedenti asilo e il trattenimento di un cittadino sottoposto a procedura di rimpatrio sono disciplinati da due distinti regimi giuridici, con garanzie giuridiche adeguate, rispettivamente, alla situazione specifica dei richiedenti asilo e a quella dei rimpatriandi. La Corte ha chiaramente stabilito che l'esistenza di questi due regimi distinti non implica l'obbligo per uno Stato membro di rilasciare automaticamente i rimpatriandi trattenuti che presentano domanda di asilo: il trattenimento può continuare — purché lo Stato membro adotti immediatamente, ai sensi del diritto nazionale, la decisione di mantenere il trattenimento in conformità con l'acquis in materia di asilo.

Sui divieti d'ingresso

La sentenza del 19.9.2013 nella causa C-297/12 (Filev/Osmani) si riferisce alla validità dei divieti d'ingresso "storici" emessi prima dell'entrata in vigore della direttiva rimpatri, e alle norme sulla durata dei divieti d'ingresso. Nella sentenza, la Corte di giustizia

— ha confermato che l'articolo 11, paragrafo 2, osta a una disposizione di diritto nazionale che subordini la limitazione della durata di un divieto d'ingresso alla presentazione di una domanda volta a ottenere il beneficio di tale limitazione;

— ha chiarito che un divieto d'ingresso emesso più di cinque anni prima dell'entrata in vigore della normativa nazionale che attua la direttiva non può produrre effetti, a meno che la persona costituisca una grave minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale;

— ha stabilito che gli Stati membri non possono escludere, a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva, persone che nel corso del periodo compreso tra la data in cui la direttiva avrebbe dovuto essere attuata e la data in cui è stata effettivamente attuata, hanno beneficiato dell'effetto più favorevole della direttiva.

Sulla partenza volontaria

Nell'ottobre 2013 il Raad van State olandese ha presentato una domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C-554/13 (Zh. e O.) (pendente), relativa all'interpretazione della nozione di "pericolo per l'ordine pubblico" in quanto ragione per non concedere un periodo per la partenza volontaria nel contesto dell'articolo 7.

Sul diritto di essere ascoltati (articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali) nel contesto della direttiva rimpatri

— Nella primavera 2013 i giudici francesi hanno presentato le due seguenti domande di pronuncia pregiudiziale. Nelle cause C 166/13 (Mukarubega) e C 249/13 (Boudjilida) (pendenti) è stato chiesto alla Corte se il diritto di una persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento, di cui all'articolo 41, paragrafo 2, della Carta si applichi alle procedure di rimpatrio (Mukarubega) e di specificare la portata precisa di tale diritto (Boudjilida).

Nella sentenza del 10.9.2013 nella causa C-383/13 PPU (G e R), la Corte ha confermato che i diritti della difesa devono essere rispettati al momento di decidere la durata del trattenimento. Ha però chiarito che un'irregolarità nel rispetto dei diritti della difesa non determina di per sé l'annullamento del provvedimento: tale effetto si produce soltanto se il giudice nazionale ritiene che, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

Parte V — Conclusioni

La presente comunicazione mostra che lo sviluppo di un acquis dell'UE in materia di rimpatrio nell'ultimo decennio ha prodotto cambiamenti legislativi e pratici di rilievo in tutti gli Stati membri. La direttiva rimpatri ha inciso positivamente sulle legislazioni e sulle prassi nazionali relative alle partenze volontarie ed è stata un fattore di cambiamento nel monitoraggio dei rimpatri forzati. Ha contribuito alla convergenza — e a una riduzione complessiva — della durata massima del trattenimento in tutta l'UE, e al contempo ha comportato un notevole cambiamento in direzione di una più ampia applicazione di alternative al trattenimento nei vari Stati membri. Ha inoltre limitato la capacità degli Stati membri di perseguire penalmente il soggiorno irregolare di per sé, e le sue garanzie procedurali hanno contribuito ad aumentare la sicurezza giuridica.

La preoccupazione, espressa da alcuni Stati membri al momento dell'adozione della direttiva, che le sue disposizioni protettive potessero rendere meno efficaci le procedure di rimpatrio non ha trovato riscontri: l'esperienza conferma che le procedure da essa stabilite permettono un'azione decisa. Le principali ragioni del mancato rimpatrio sono i problemi pratici che ostacolano l'identificazione dei rimpatriandi e la difficoltà di ottenere la documentazione necessaria dalle autorità dei paesi terzi.

La titolarità congiunta e il sostegno ai principali obiettivi strategici di questa nuova politica dell'UE si sono gradualmente sviluppati e oggi tutti gli Stati membri condividono in linea generale i seguenti obiettivi:

rispetto dei diritti fondamentali, procedure eque ed efficaci, riduzione dei casi in cui i migranti rimangono privi di un chiaro status giuridico, promozione delle partenze volontarie, promozione del reinserimento e delle alternative al trattenimento.

Questa condivisione è emersa chiaramente durante i recenti dialoghi politici con gli Stati membri, svolti nel 2013. I cambiamenti positivi trovano altresì conferma nell'ottava relazione della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto internazionale sull'espulsione degli stranieri, nella quale il Relatore speciale delle Nazioni Unite riconosce che la direttiva dell'UE sui rimpatri contiene disposizioni estremamente progressiste in materia, che sono molto più avanzate delle norme vigenti in altre regioni del mondo.

Nonostante questi sviluppi e malgrado gli Stati membri abbiano generalmente provveduto a recepire la direttiva rimpatri, occorre migliorare ulteriormente l'attuazione pratica della direttiva e delle politiche di rimpatrio in generale, garantendo il rispetto delle norme relative ai diritti fondamentali (per quanto riguarda, ad esempio, le condizioni di trattenimento e mezzi di ricorso efficaci) e l'efficacia (ad esempio, promuovendo procedure più rapide e percentuali più elevate di rimpatrio, anche volontario).

L'azione proposta nella presente comunicazione mira ad assicurare un'attuazione adeguata ed effettiva delle norme esistenti, la promozione di prassi compatibili con i diritti fondamentali, la cooperazione tra gli Stati membri e quella con i paesi terzi. Quest'azione migliorerà l'attuazione e l'applicazione pratica delle politiche di rimpatrio, consolidando e approfondendo le conquiste della politica di rimpatrio dell'UE nel corso dei prossimi anni, nel pieno rispetto dei diritti inalienabili e della dignità di ogni persona, qualunque sia il suo status migratorio.

[1] Per "cittadini di paesi terzi" si intende coloro che non sono cittadini dell'UE e che non godono del diritto di libera circolazione in virtù del diritto dell'Unione.

[2] Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98).

[3] Comunicazione "L'approccio globale in materia di migrazione e mobilità" — COM(2011) 743.

[4] Per approfondire la questione si veda la comunicazione sulla valutazione degli accordi di riammissione dell'UE, COM(2011) 76 del 23.2.2011.

[5] Dati Eurostat. Le statistiche possono però offrire un quadro distorto, in quanto non esiste attualmente alcun obbligo per gli Stati membri di raccogliere dati sui rimpatri volontari, che non sono neanche registrati adeguatamente su base volontaria. Questo scarto statistico potrà essere colmato soltanto quando le partenze volontarie saranno registrate sistematicamente. Il sistema di ingressi/uscite attualmente oggetto di negoziato può facilitare in misura significativa tale raccolta di dati.

[6] Ai fini della direttiva rimpatri, l'espressione "Stati membri" si riferisce a 30 Stati: i 28 Stati membri dell'UE tranne il Regno Unito e l'Irlanda, più la Svizzera, la Norvegia, l'Islanda e il Liechtenstein. Spiegazione: la direttiva rimpatri è uno strumento ibrido che, da un lato, fa parte dell'acquis di Schengen e pertanto si applica alla Svizzera, alla Norvegia, all'Islanda e al Liechtenstein, e non già al Regno Unito né all'Irlanda che, in conformità del protocollo n. 19, non partecipano all'acquis di Schengen; d'altro lato, costituisce uno sviluppo dell'acquis che rientra nell'ambito del titolo V della parte terza del trattato, a cui il Regno Unito e l'Irlanda potrebbero decidere di partecipare in conformità del protocollo n. 21. I due Stati membri, tuttavia, non hanno ancora esercitato tale opzione.

[7] L'articolo 31, paragrafo 2, del regolamento VIS prevede una deroga al principio generale secondo cui i dati trattati nel VIS non sono trasmessi a paesi terzi od organizzazioni internazionali, né messi a loro disposizione: alcuni tipi di dati possono, ove necessario, essere trasmessi a un paese terzo o messi a sua disposizione in casi specifici allo scopo di provare l'identità di cittadini di paesi terzi, anche ai fini del rimpatrio, purché siano rispettate determinate condizioni a garanzia del rispetto delle norme in materia di protezione dei dati nell'UE.

[8] Disponibile nella sezione "ad-hoc query" del sito web della REM: http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/networks/european_migration_network/index_en.htm

[9] Una valutazione dettagliata dei primi anni di esperienza del Fondo per i rimpatri figura nella "Relazione sui risultati compiuti e sugli aspetti qualitativi e quantitativi dell'attuazione del Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008-2010", che la Commissione pubblicherà nella primavera del 2014.

[10] Pubblicati al seguente indirizzo: http://frontex.europa.eu/publications ("FRAN").

[11] Dal 2010 la relazione annuale della Commissione sull'immigrazione e l'asilo riferisce regolarmente sulle operazioni di rimpatrio congiunte coordinate da Frontex.

[12] Tra il 2007 e il 2013 sono stati formati 225 responsabili di scorte.

[13] Si veda http://www.icmpd.org/Ongoing-Projects.1570.0.html.

[14] Si può accedere alle misure nazionali di recepimento consultando la sezione "Misure nazionali di recepimento" di EUR-Lex al seguente indirizzo:

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:72008L0115:EN:NOT

[15] I verbali di tali riunioni (in forma di domanda e risposta) sono accessibili tramite il registro dei gruppi di esperti della Commissione.

[16] La maggior parte di questi studi è disponibile al pubblico nella biblioteca online del sito web della DG HOME Europa al seguente indirizzo: ec.europa.eu/dgs/home-affairs/e-library/documents/categories/studies.

[17] I contraenti incaricati dello studio hanno consultato:

1. le autorità giudiziarie/i giudici competenti a monitorare / conoscere dei ricorsi sulla politica di rimpatrio (tramite associazioni nazionali e internazionali di giudici);

2. gli avvocati e le istituzioni che forniscono aiuto legale ai rimpatriati (tramite associazioni nazionali e internazionali di avvocati);

3. gli organi competenti per il monitoraggio dei rimpatri (istituiti a norma dell'articolo 8, paragrafo 6, della direttiva rimpatri);

4. gli organi che assistono i migranti o ne rappresentano gli interessi (ONG, organi di difesa dei diritti dei migranti ecc.);

5. parti interessate che commentano o studiano la politica di rimpatrio (ONG, università ecc.);

6. organizzazioni internazionali (UNHCR, OIM, Croce Rossa ecc.) che si interessano alle questioni del rimpatrio.

[18] Il Belgio non applica nessuna alternativa al trattenimento tra quelle elencate, ma dal 2008 offre appositi alloggi e consulenza alle famiglie, pratica che è stata segnalata tra le migliori in una recente pubblicazione di una ONG.

[19] Documento CPT/Inf/E (2002) 1 — Rev. 2013, disponibile sul sito www.cpt.coe.int/en/docsstandards.htm (in italiano: http://www.cpt.coe.int/italian.htm).

[20] Commissione europea (2013), Valutazione della conformità alla direttiva 2008/115/CE, Norvegia. Versione 3.0 — 20.6.2013. Articolo 10, paragrafo 1, non pubblicato.

[21] Soltanto proposto (dati 2012 tramite FRA)

[22] Il governo discute attualmente un sistema duale di monitoraggio e prevede un controllo esercitato dal Difensore civico insieme a ONG

[23] L'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), autorizza gli Stati membri a non applicare la direttiva in determinate "situazioni di frontiera" (persone cui è stato rifiutato l'ingresso alla frontiera e persone fermate in occasione dell'attraversamento irregolare di una frontiera). In tali casi, comunque, continua ad applicarsi una serie di garanzie minime fondamentali elencate all'articolo 4, paragrafo 4. L'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), autorizza gli Stati membri a non applicare la direttiva in determinate "situazioni di diritto penale" (persone sottoposte a rimpatrio come sanzione penale o sottoposte a procedure di estradizione).

[24] Sono pendenti altre due domande di pronuncia pregiudiziale — C-166/13 (Mukarubega) e C-249/13 (Boudjilida) — relative a questioni analoghe.

[25] Questo potrebbe verificarsi qualora sussista un rischio di fuga o qualora sia stata respinta una domanda di soggiorno regolare in quanto manifestamente infondata o fraudolenta, o se l'interessato costituisce un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.

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